L'inafferrabile MEDIUM Una Cartografia Delle Teorie Del Fumetto
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SALERNO DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE, SOCIALI E DELLA COMUNICAZIONE CORSO DI DOTTORATO IN SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE XXXI CICLO TESI DI DOTTORATO L’INAFFERRABILE MEDIUM Una cartografia delle teorie del fumetto dagli Anni Venti a oggi Tutor: Candidato: Prof. Luigi Frezza Lorenzo Di Paola Il Coordinatore: Prof. Annibale Elia ANNO ACCADEMICO 2017-2018 Se storie di mare, su arie marine, Burrasche e avventure, calori e geli, Se golette, isolotti e abbandonati, Tesori sepolti e pirati, Vecchio romanticismo rievocato Esattamente alla moda antica Può piacer, come a me piacque in passato, All'odierna gioventù rinsavita: Così sia e incominciamo! E se no, Se più non cura il giovane studioso Né di Kingston o Ballantyne il bravo Né di Cooper del bosco e del maroso E i suoi antichi appetiti oblió: Sia pure anche così! E possa io Dividere la tomba con tutti i miei pirati Dove questi e i lor sogni son passati! (Robert Louis Stevenson, L’Isola del Tesoro) 1 Sommario Introduzione. Un difficile inizio. .............................................................................................. 3 1 Un esordio a stelle e a strisce ............................................................................................. 14 2 Gli anni Sessanta e la rivendicazione culturale ................................................................. 34 3 Primi approcci teorici ......................................................................................................... 53 4 Avvio del modello strutturalista ........................................................................................ 87 5 L’eccezione alla regola ...................................................................................................... 105 6 Sequenzialità U.S.A. ......................................................................................................... 123 7 Il fumetto come territorio simbolico ............................................................................... 143 8 Sviluppi del modello strutturalista .................................................................................. 167 9 Nuove esigenze storiografiche ......................................................................................... 185 10 Ultime tendenze e nuovi orizzonti ................................................................................. 201 Conclusioni. Un tormentato cammino. .............................................................................. 229 Bibliografia ........................................................................................................................... 240 Sitografia .............................................................................................................................. 247 Ringraziamenti ..................................................................................................................... 249 2 Introduzione. Un difficile inizio. La riflessione teorica intorno al fumetto è un prodotto tardivo, non conosce intellettuali pronti a cogliere la novità e l’importanza del medium nel vivo del percorso che lo vede affermarsi tra le masse di consumatori statunitensi. Un vuoto di attenzioni, di mancate occasioni di riflessione davvero difficile da spiegare, soprattutto se si pensa al forte impatto che i comics ebbero sulla società americana e sulla stampa, tanto che in un solo personaggio, Yellow Kid, si trovarono i termini per ribattezzare (e denigrare) un intero filone del giornalismo americano: quel tipo di stampa scandalistica, di intrattenimento e abituata a un ampio uso di immagini: il cosiddetto Yellow Journalism. Nessuno scrittore proverà a romanzare paure, suggestioni e fascinazioni derivate dall’affermarsi del fumetto, nessun teorico rifletterà sulla relazione che intercorre tra immagini e tempo, sulle specificità del linguaggio o sul rapporto tra produzione e consumo, almeno fino alla seconda metà del ‘900; quando il fumetto ha già nel suo curriculum una capillare diffusione mondiale, una fitta ragnatela di generi e forme, una lunga schiera di artisti eccezionali, e ha messo in campo un complesso processo di produzione e consumo tipico delle industrie culturali. Sembra lecito domandarsi a questo punto da cosa dipenda questo lungo silenzio, se sia solo figlio di una snobistica indifferenza o di semplice discriminazione intellettuale. Sicuramente il cinema, sviluppatosi negli stessi anni, desta maggiore curiosità e interesse tra gli intellettuali, come dimostrano i numerosi interventi critici e teorici apparsi sin dalla sua nascita: forse è proprio in questa differenza di atteggiamento nei confronti dei due media che si nasconde la nostra risposta. Come il fumetto, il cinema non nasce all’improvviso ma è frutto di un lungo processo e dell’antico desiderio umano di creare l’illusione di un’immagine in movimento; il cinematografo dei Lumière rappresenta solo un passo di questo lungo cammino, ma l’impronta che i due fratelli lasciano è determinante: grazie a loro si aprono frontiere sconosciute alla visione popolare, vengono avviate rivoluzione profonde sul terreno della memoria, del sapere e dell’immaginario collettivo, muove i primi passi un linguaggio capace di agire su scala universale e 3 di unificare emozioni, percezioni del mondo, dello spazio e del tempo nel giro di pochissimi mesi in misura del tutto inedita.1 Questo scarto decisivo avvia una rivoluzione mediologica che molti intellettuali, affascinati e rapiti da una tecnologia capace di dare vita alle immagini, proveranno a interpretare e a capire. Una trasformazione spettacolare ed evidente quella del cinema, quanto quella del fumetto certo (che sfodera armi come il colore e si dota di nuove forme di riproduzione), ma forse più facile da cogliere rispetto a quest’ultima. Semplicemente, a mio parere, il fumetto non è stato avvertito come una novità, d’altro canto questa nuova specie di disegnatori non fa altro che rielaborare la lunga e ricca esperienza della caricatura, dell’illustrazione, di un certo tipo di ‘narrativa disegnata’ che già nell’Ottocento si riversa nelle riviste umoristiche e nei giornali. Insomma, forse non è stato colto quel piccolo e cruciale balzo che ha visto come trampolino di lancio un nuovo panorama sociale e nuove condizioni di produzione e distribuzione (quelle legate ai newspapers), e che ha portato una schiera di artisti a creare un inedito rapporto con il pubblico e a standardizzare una serie di convenzioni fino alla creazione dell’industria del fumetto. Pian piano però comincia a delinearsi un campo di studi grazie a un eterogeneo gruppo di pionieri composto da fumettisti e da fan, da collezionisti e accademici. L’atmosfera non è delle migliori, fino alla seconda metà del novecento sono apparsi negli U.S.A. solo occasionali cenni biografici su alcune strip e disegnatori, qualche riflessione (spesso negativa) sulle funzioni educative del fumetto e qualche capitolo in volume come l’analisi di Krazy Kat, in The Seven Lively Arts, di Gilbert Seldes in cui si elogia il geniale lavoro di George Herriman. Questa esitazione iniziale potrebbe anche dipendere dallo scandalo provocato dal fumetto in un mondo dominato dalla cultura alfabetica; la sua particolare natura ibrida e multimediale, secondo l’opinione di Sergio Brancato è alla radice di una lunga discriminazione intellettuale: 1 Gian Piero Brunetta, Storia del cinema italiano. Il cinema muto 1895-1921, Volume primo, Editori Riuniti, Roma, 1993, p.4. 4 Il fumetto […] era (ed è) la sinergia funzionale tra codice iconico e codice verbale, il compromesso tra letteratura e immagine. In quanto tale, si presentava ai critici – che sono quasi sempre faziosamente legati a un campo, a una purezza da difendere – come un ibrido paradossale, una indesiderabile via di mezzo, un “né carne né pesce” […]. E la storia ci insegna che un bastardo ha poche probabilità di essere accettato dai parenti del padre e della madre.2 In un articolo comparso sulla rivista “Studies in Comics”, e significativamente intitolato The winding, pot-holed road of comic art scholarship (che tradotto suona: la tortuosa e dissestata strada dello studio del fumetto), John A. Lent, fondatore dell’“International Journal of Comic Art”, prova a tracciare una breve storia del campo di studi e a decifrare i motivi del lungo silenzio di accademici e intellettuali. I motivi di questo lento procedere nel riconoscere la validità e i meriti dello studio sui comics, per lo studioso americano, sono tutti riconducibili allo snobismo intellettuale, alla scarsità di fondi e fonti, e alla tendenza tutta universitaria di proteggere il proprio campo di studio. Le colpe di questa cecità intellettuale, tutte attribuibili al sistema accademico, sono distribuite in sei punti: 1. Social science and humanities researchers burrowed in their comfortable academic holes did not dare to venture outside the boundaries of what would get them tenured, promoted, or otherwise accepted and recognized. In some instances, scholars were warned against entering comics scholarship […]. Perhaps this explains, in part, why so very few of the pioneering scholars came from an academic setting. 2. Very few grants for comic art scholarship exist, and though we may be reluctant to admit it, academicians are no different from other professional people in that they often follow the money. 3. Researchers had difficulties finding resources; scholarly books and articles on comic art were scarce, as were library comics collections, and access to cartoonists was not easy, as usually they