uomini e sport Uomini&Sport - Trimestrale - Numero 3 Gennaio 2011 - Pubblicazione gratuita

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1 uomini e sport Lo Snowboard Per Me di Giacomo Margutti | pag. 4

L’INTERVISTA: Con Umiltà di Fabio Palma | pag. 8

The Abbot’s Way di Gianluca Maggioni | pag. 12

33a Pizzo Tre Signori di | pag. 18

Tatiana Bianconi, Maratona Di New York di Tatiana Bianconi | pag. 22

OGNI VOLTA UN NOME DA NON DIMENTICARE: Paolo Crippa di Giorgio Spreafico | pag. 24

ACCADEVA NELL’ANNO...: Vittoria Sul Sarmiento a cura del Prof. G. Morandini | pag. 26

L’INTERVISTA: Delfino Formenti, L’Artista Delle Falesie

INDICE di Marco Milani | pag. 30

Recensioni Libri di Fabio Palma | pag. 34

Fondata da: Sergio Longoni Redazione: Daniela Longoni, Fabio Palma Collaboratori: Renato Frigerio, Marco Milani

Per mandare notizie o proposte articoli [email protected] soggetto: UOMINI&SPORT oppure DF SPORT SPECIALIST Redazione Uomini&Sport VIA FIGLIODONI 14 23891 BARZANO’ ( Lc) Numeri arretrati su www.df-sportspecialist.it

in copertina: FREERIDE. Foto archivio DAINESE 2 EDITORIALE uomini e sport Non posso fare a meno di approfittare del nuovo nu- mero di “Uomini e Sport”, che inaugura le uscite del 2011 proprio ad inizio dell’anno, per rivolgere a tutti coloro che simpatizzano con le iniziative di df Sport Specialist il mio augurio vivo e sincero per un anno davvero felice. E già questa privilegiata possibilità di riuscire ad accostarmi con la parola a tantissima gente mi riempie di soddisfazione, pensando di aver intrapreso, con la pubblicazione di un proprio periodico da parte di df Sport Specialist, una ini- Igor Koller, prossimo ospite ziativa impegnativa e protesa verso importanti prospettive. Questa neonata rivista, dopo il sorprendente affacciarsi Gli incontri... dei due numeri usciti nel 2010, sta già da ora acquisendo una sua specifica fisionomia. So di rivolgermi sia a persone che mi conoscono da tempo e con molte delle quali Dean Potter, uomo dell’anno National Geographic si è addirittura instaurato un rapporto di amicizia e di reciproca stima, sia a lettori e sportivi che non conosco personalmente ma che ogni trimestre vorranno dedicare la loro attenzione a questo periodico. Sarò grato pertanto ad ognuno che verrà a collaborare con me, attraverso l’offerta di articoli consoni, di proposte e di consigli, formulati pure in senso critico, perché tutto consenta di migliorare “Uomini e Sport”, in modo che riesca a presentarsi come un periodico interessante ed appetibile. Mi attendo che insieme con la sua diffusione si avvantaggino e si consolidino pure quelle amicizie che già si formano con naturale spontaneità in occasione degli incontri “A tu per tu con i grandi dello sport”, che sono diventati un elemento ormai imprescindibile dello stile di df Sport Specialist. Rinnovo di cuore i miei auguri di Buon Anno, anche sportivo.

Leo Houlding, la giovane famosissima star inglese Sergio Longoni Prossimi incontri 17 FEBBRAIO: Igor Koller 17 MARZO: Alex Bellini 14 APRILE: Dean Potter 12 MAGGIO: Leo Houlding

3 LO SNOWBOARD PER ME Giacomo Margutti

Lorenzo Buzzoni, Cardrona, Nuova Zelanda

Mi chiedono di parlare di snowboard, argomento che seguo per passione, per diletto e per lavoro da 15 anni. Cos’è lo snow- board? Difficile dirlo. Veramente. Prendo a prestito le parole di uno dei più famosi rider del pianeta, l’americano Travis Rice, protagonista del video di snowboard più bello di sempre (“That’s It That’s All”): “Cos’è lo snowboard? Non lo chiamerei nemmeno ‘sport’. É un modo di vivere.” Manuel Pietropoli, Cardrona, Nuova Zelanda

4 Manuel Pietropoli

5 5 LO SNOWBOARD PER ME Giacomo Margutti

Luka Jeromel, Les2Alpes

Ecco come si potrebbe definire una cosa che và al di là dell’es- ta in televisione da miliardi di persone in tutto il mondo, evento senza dello sport, generalmente inteso come agonismo e tentati- olimpico secondo solo alla finalissima di hockey tra Canada e vo di superare i propri limiti. Lo snowboard è difficile da descrive- USA. Shaun White, diversamente da Travis Rice, ha intrapreso re perchè può essere inteso e praticato in numerosi modi. I rider la strada più generalmente facile da spiegare al grande pubblico: che praticano lo snowboard di mestiere, infatti, diversamente dai è un atleta, fa gare, inventa nuovi trick, è forse il migliore rider professionisti di altri sport più tradizionali (come il calcio, il ten- “da contest” che sul pianeta si sia mai visto. Anche se è difficile nis, il basket), non esercitano la loro professione nel solo campo dire se Shaun White sia il più grande di sempre: ci sono rider puramente agonistico: la gara di snowboard (o come viene chia- che, come detto in precedenza, le gare non le hanno mai fatte. Si mato in gergo, il “contest”), con il conseguente “arrivare primi”, sono specializzati in altro. Lo snowboard è un prisma con infinite non è il solo obiettivo degli allenamenti. Oserei dire che alcuni facce interpretative, per questo non può essere delimitato in una rider non si allenano nemmeno, nel senso più comune del termi- definizione. A partire dal mio lavoro di fotografo, posso dire che è ne. Tanto per continuare con l’esempio di Travis Rice, il 28enne un vero e proprio Difficilmente vedremo uno sciatore in fotogra- americano non credo si alleni propriamente, né partecipa a mol- fie diverse da quelle scattate durante una gara tra i paletti, o un te gare durante la stagione, anzi. Il suo obiettivo è fare quel che calciatore o un tennista e così via. più gli piace, cioè snowboardare in neve fresca, viaggiando per Lo snowboard è “freestyle”, è portare il proprio stile (come dice il mondo, collezionando parti video e fotografie che finiranno sui un mio amico, “lo stile è fare una cosa difficile facendola sem- migliori mensili di settore di tutto il mondo. E così fanno numero- brare facile”) e la propria personalità sulla tavola: in qualunque si altri professionisti di snowboard, propriamente detti “rider”. È forma esso si incarni, che sia una gara in Giappone, come una strano per noi europei, o italiani, abituati a pensare alla “partita” curva in fresca in Alaska, una photosession al sole di mezzanotte come ultimo scopo di un lavoro di uno sportivo. Come fotografo norvegese o un attraversamento del laghetto di un ghiacciaio a e come direttore editoriale di una rivista del settore (“Snowboar- metà luglio. dMag”), da anni mi sono abituato a viaggiare per il mondo alla Quindi, prendete la vostra tavola e divertitevi ad usarla - in sicu- ricerca di posti in cui fare fotografie interessanti non solo dal rezza - come volete: non c’è maniera migliore per apprezzare lo punto di vista dello sport, ma anche del suo “lifestyle”. snowboard. Le gare sono solo una delle cose che contribuiscono a fare dello snowboard uno sport sempre più seguito, specialmente dai più Giacomo Margutti giovani. Alle ultime Olimpiadi di Vancouver 2010, per esempio la [email protected] finale di Halfpipe vinta da Shaun White (uno che ha addirittura il Snowboard Mag Italy proprio gioco per Playstation, tanto per intenderci) è stata segui- Editor in Chief

6 Luka Jeromel, Les2Alpes

Simon Gruber, Nuova Zelanda

7 L’ INTERVISTA CON UMILTA’

Intervista a Roberto Donati di Fabio Palma

Roberto Donati BARCELLONA, 1 agosto 2010 - Erano vent’anni che l’Italia non presentava agli europei di atletica una staffetta 4x100 maschile così forte. E l’ha dimostrato: medaglia d’argento e record italiano con 38”17. Il precedente record italiano (38”37) venne ottenuto da Tilli, Simionato, Pavoni e Mennea ai mondiali di Helsinki 1983. L’impresa, è il caso di dirlo, è stata realizzata da Roberto Donati, Simone Collio, Emanuele Di Gregorio e Maurizio Checcucci: si sono piazzati secondi dietro alla Francia che con 38”11 ha stabilito la miglior pre- stazione europea stagionale. Così, nell’era dei jet mondiali USA e Jamaica e della super- sonica Francia, 4 ragazzi italiani dimostrano che con l’intesa e il sacrifico si può arrivare insieme ai migliori, e addirittura batterli. La Francia, sulla carta, individualmente, nettamente superiore, prevale sull’Italia soltanto sul filo del traguardo, e negli ultimi centimetri, rincorrendola per 399 metri. Tutti gli appassionati di sport saltarono sulla sedia, a quell’arrivo, e siamo andati a intervistare uno dei protagonisti

8 Se ti va, partiamo da domande extrasportive. E ci mancherebbe, come no. Cosa fa, allora, un vicecampione europeo, atleta di alto li- vello, durante il resto del giorno? Dove trova ispirazione e motivazione? Mi sto laureando in fisioterapia, mi manca un anno. La mattina mi alleno, il pomeriggio spesso studio. Perché ti piace o per assicurarti un futuro? O tutte e due? Voi siete professionisti, spero. Sì, siamo tutti militari, professionisti 24 ore su 24, insomma. Per forza, a questi livelli non puoi che esserlo. Quindi, finita la car- riera sportiva, ognuno potrebbe continuare per quello in cui si è arruolato, finanziere, oppure soldato. A me ha interessato la L’ INTERVISTA INTERVISTA L’ fisioterapia. Ti alleni tutti i giorni, suppongo. Come sono gli allenamenti per un centometrista, oggi? Lontano dalle gare facciamo tanto carico, mattina molti pesi, po- meriggio ripetute. Quando si avvicinano le gare lavoriamo più sulla brillantezza, quindi meno ripetute ma più ”sparate” Voi in poco tempo siete diventati una staffetta di grande va- lore. Cosa è successo? Che molla è scattata? In realtà eravamo convinti delle nostre potenzialità, mancava il risultato, ecco, ma c’erano i presupposti per un progetto. Siamo Com’è il rapporto coi media? Vi stanno dietro? Vi suppor- arrivati sesti ai mondiali, con 38”52 in semifinale, vinta davanti tano? alla Jamaica, poi due centesimi più in finale, c’eravamo, insom- Mah, sai, i giornalisti sono giornalisti, amplificano un po’ tutto, ma. Ed è partito il progetto. sia le vittorie che le difficoltà. Non abbiamo problemi con i grandi Cosa vuol dire, esattamente? Anche a livello personale, in- media, più con le riviste specializzate. Molte ci remano contro, tendo. c’è una certa invidia, scrivono che siamo privilegiati. Eppure Beh, devi essere umile, sacrificare molte ambizioni personali. abbiamo fatto qualcosa di importante, no? All’estero non è as- Sai, devi saltare i meetings, per allenarti insieme, devi vincere solutamente così, chi ha delle potenzialità viene incoraggiato e anche la rivalità che è ovvia e insita in noi, perchè nelle prove protetto. Comunque noi siamo forti, la voglia di fare bene è più individuali siamo rivali, devi fare delle rinunce. Per dire, io sono forte anche di queste piccole cose, e abbiamo dato un esempio, campione italiano in carica dei 200, e a Berlino ho rinunciato anche, che la voglia di fare bene è più importante della rivalità. alla prova individuale sui 200, la mia distanza, perchè due giorni E di Howe, che mi dici? Potrebbe entrare nel gruppo? dopo avevo la staffetta. Dall’anno precedente ci siamo guardati Andrew è un bravo ragazzo, sicuramente può dare un aiuto, tutti intorno, ci siamo detti, siamo forti, e ora anche gli altri ci ve- valido, è una grande risorsa. E ora si sta allenando anche lui, dono così. Siamo stati legittimati anche pubblicamente, i france- con noi. Certo, a livello personale deve anche lui rinunciare a si, alla premiazione, hanno detto che sono andati così forte per- qualcosa. Forse a molto, ma si sta prestando. ché sapevano che solo così ci avrebbero vinto. E sono cose che E dietro? Giovani? ti dicono di continuare, che sei sulla buona strada. Sai, abbiamo Sì, giovani interessanti ce ne sono, ma certamente non molti. fatto 150 cambi a testa in pochi mesi, per affinare la tecnica. Niente a che vedere con l’estero, e bisogna farsi delle domande, Come nelle curve, per esempio. come mai da loro nascono i fenomeni e da noi no. Esatto. Io faccio i 200, e quindi ho già una certa attitudine. Ma Beh, io ho un figlio di 11 anni, posso dirti che occasioni di bisogna sempre lavorarci, sempre, per farla bene, per non in- fare sport ce ne sono, ma l’atletica proprio non è neppure fortunarsi, per perfezionare la tecnica. Ci siamo detti, ok, siamo presente, nelle scuole. Nessuno te la propone. A differenza sesti al mondo, partiamo da questo, e puntiamo agli europei. di basket, calcio, nuoto, rugby perfino… E ora, ai mondiali. USA e JAMAICA sono irraggiungibili? Esatto. Mi confermi la sensazione. La federazione non fa niente, Beh, se sono ai loro massimi livelli, sì, direi di sì. Ma non devono in tal senso. Siamo in pochi, come atleti. Io proprio non vedo sbagliare neppure loro, insomma, devo anche loro essere per- ragazzi, nelle piste, o comunque ne vedo pochissimi. Ma dimmi fetti,. lo sanno. tu se è possibile che in una città come Roma, 4 milioni e mezzo

9 CON UMILTA’ Intervista a Roberto Donati

da Sx a Dx: Maurizio Checcucci, Simone Collio, Emanuele Di Gregorio , Roberto Donati L’ INTERVISTA INTERVISTA L’

di abitanti, non esce fuori nessuno. Dai, non è possibile. E Mila- Un commento all’intervista. no uguale. D’altronde, non ci sono neanche allenatori. Ho fatto Roberto si è dimostrato ragazzo intelligente e disponibile, un presente che avevamo bisogno di un allenatore il pomeriggio, al vero e proprio manifesto per l’atletica. Ho avuto l’occasione di federazione ha detto che non dovevamo pensarci, non era com- conoscere personalmente Simone Collio due anni fa, e ne ricavai pito nostro pensarci. Beh, ti dico che in federazione sono in 120 la stessa impressione. Ragazzi umili, intelligenti, estremamente assunti, e ci sono in giro 8-10 tecnici nazionali. In Francia ci sono disponibili. Sarebbero, davvero, da far conoscere meglio al gran- 150 tecnici, e meno di 15 persone in federazioni… de pubblico, un po’ distratto dalla valanga di mediaticità che cir- Fra l’altro, come mai i grandi ex non ci sono? conda il calcio. Non dimentichiamo, mai che, dietro anche solo Eh, vedi. Me lo sono chiesto anch’io. Mennea, Pavoni, Tilli, la un piazzamento di un atleta, ci sono dietro mesi di sacrifici e di Simeoni…e non credere che loro non verrebbero, ogni tanto si allenamenti massacranti, ed entrare a far parte anche solo di una vedono, ai bordi delle piste, hanno entusiasmo, figurati. Ma non batteria di un mondiale in certi sport, come atletica e nuoto, signi- sono degli yes man, questo è il fatto. fica essere un grandioso protagonista di quello sport. Anche il fatto che non vedo atleti di colore… Appunto, la dice lunga sul reclutamento. E’ vero che in Francia e Inghilterra hanno le colonie, in un attimo naturalizzano uno delle Antille francesi, però trovano elementi di valore anche nelle piste locali. Da noi chi c’è che va in giro? Che scopre i ragazzi? Siamo in balia degli eventi. Tu come hai iniziato? Beh, la mia è una storia un po’ particolare. Avevo avuto una de- lusione dal calcio, ai 14 anni, poi sai che mio fratello, Massimilia- no Donati, era un numero uno. Mi ha detto, vieni e prova, e dopo sei mesi ero campione italiano cadetto… Beh, direi che il talento c’era e che hai fatto bene Sì, direi di sì. Sono felice di questa scelta.

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Atletica e Running, i nostri atleti. Li trovate nei nostri negozi, nei reparti Running.

Enrico Ardesi

Marco Mar sadri

Antonio Arnuzzi

Marco Redaelli DAI NOSTRI TESTIMONIALS 1-2 MAGGIO 2010 THE ABBOTS WAY (Il Sentiero degli Abati) Pontremoli – Bardi – Bobbio di Gianluca “Jessy” Maggioni, ASD FALCHI LECCO (Il resoconto è tratto dall’Almanacco 2010 dei Falchi). il Ponte Gobbo e Bobbio (Foto R. Ghislanzoni)

Gennaio 2010. La solita compagnia ultra–trailer si ritrova come Sotto allora con gli allenamenti, più o meno mirati, e in men che di consueto per programmare la stagione che va a cominciare. non si dica eccoci in partenza verso Bobbio con un solo ramma- La mia idea è di iscriversi ad alcune gare mai disputate, per pro- rico: ci tocca rinunciare al Trofeo “Dario e Willy” organizzato da- vare nuove sfide ma soprattutto per poter vedere e vivere am- gli amici di Valmadrera, gara veramente bella, con un dopo gara bienti ed emozioni diversi dal solito. ancor di più. Ma tanto sappiamo che sarà solo un arrivederci e L’Abbots Way rientrava nella mia personale lista, sia perché poi ci penseranno gli altri Falchi a tener alto l’onore. Ricky ne aveva parlato più che bene, avendola terminata l’an- Sono carico. Come al solito non allenato come vorrei ma con no prima, sia perché l’idea di toccare, seppur brevemente, tre una voglia straripante di correre e di farlo in ambienti che nella regioni (Toscana, Emilia, Liguria), era una cosa già di per sè mia testa scorrono già sotto forma di boschi, di castani e faggi, stimolante. prati e fattorie, paesini medievali. L’idea viene accolta con entusiasmo anche da Giampy, Ale, Piz- Solo che mai avrei immaginato che la corsa diventasse di tre tap- za, Luca e lo stesso Ricky, e l’amico Popo di Torrevilla. L’iscrizio- pe!! Sembra una barzelletta ma il pullman che da Bobbio, dove ne scatta quindi automatica. Per motivi vari poi Ricky, Ale e Popo lasciamo le auto, ci porterà a Pontremoli, nel tragitto bucherà la non saranno dei nostri, almeno fisicamente. gomma non una ma ben due volte!! Se questo è il preambolo, al Il percorso è di 125 km, ovviamente “collinare”, da Pontremoli a domani c’è di che preoccuparsi. Qualche imprecazione è d’ob- Bobbio, passando da Borgotaro e Bardi. Tre le possibilità di per- bligo ma il morale resta alto e per rafforzarlo ulteriormente niente correnza: tappa unica, due tappe (65 km il 1° giorno, 60 il 2° gior- di meglio di un’abbondate cena a base di pasta (all’arrabbiata!!), no) e staffetta, sempre in due giorni, ma in coppia, percorrendo tagliata di manzo con patate, dolce, buon vino e grappetta, ma 30 km a testa. Si opta per la 65 + 60 in due giorni anche perché solo per digerire meglio visto che il letto ci attende dopo il solito di ultra 100 tutte filate ne ho già provate, ma farne 60, dormirci rito di preparazione zaino, abbigliamento e vivande per il mattino sopra e ripartire per altri 60 sarebbe una novità e, pensando che seguente. non sia così semplice, ne sono, manco a dirlo, incuriosito. Nemmeno il tempo di concludere il sogno ed è già gara.

12 1-2 MAGGIO 2010 THE ABBOTS WAY (Il Sentiero degli Abati) Pontremoli – Bardi – Bobbio

non sia poi così male e così, preso un po’ dall’euforia, la sosta si riduce a pochissimi minuti e riparto con rinnovato entusiasmo verso la nuova e dura salita che, minacciosa, mi attende. La ripidità della stessa smorza un poco l’euforia ma le gambe non mollano. Bardi si avvicina sempre più ma fatica, caldo e voglia di rilassarsi mi costringono ad una concentrazione ancora maggiore: dosare le forze, bere regolarmente, non esagerare nei tratti in discesa per non “imballare” le gambe. Ormai dovrebbe mancare poco ma non chiedo conferma a nes- suno per evitare risposte non veritiere e pertanto letali per l’ani- mo (come sa bene ogni corridore) e invidio Giampy là davanti che immagino già con birra in mano sadicamente in attesa dei suoi compagni. Tratto veramente duro questo finale: un’alternanza di ripidi sa- liscendi che spezzano il ritmo e confondono le idee su quanta distanza hai percorso, ma sono lucido a sufficienza per capire che, dopo sette e più ore a questa andatura, Bardi non può es- Partiamo dalla piazza di Pontremoli all’alba e in modo quasi fur- San Colombano, abate irlandese, fondatore dell’Abbazia di Bobbio (Foto R. Ghislanzoni) tivo; la città ancora dorme e sembra quasi che i partecipanti non vogliano arrecare disturbo a chi le feste più razionalmente prefe- risce passarle riposando. I primi stretti vicoli limitano l’andatura e permettono di riscaldare i muscoli ma, appena la strada lo consente, il variopinto serpen- tone sembra impaziente e mi dico: “O sono proprio scoppiato o questi sono tutti fenomeni”. No problem. Come sempre la regola è quella: fai il tuo passo e goditela che tanto è lunga. Previsione azzeccata. Con le prime salite dopo pochi km gambe e fiato prendono il ritmo e mi tolgo le prime sadiche soddisfazioni di passare agevolmente qualche personaggio già visibilmente in affanno. Tra questi purtroppo c’è anche Luca, il nostro compa- gno, che incrocio di contromarcia avendo deciso di ritirasi quasi subito. Non le gambe ma la testa oggi non c’è (donne?). Inoltre mi rendo presto conto che stavo tralasciando un partico- lare; buona parte dei razzi là davanti sono di sicuro staffettisti, per cui correranno per metà distanza! Mi rincuoro ed entro pie- namente in sintonia con il mio corpo e l’ambiente circostante. Nuove e vecchie conoscenze con cui si scambiano rapide bat- tute e, soprattutto, la natura e il paesaggio che sempre più ti appartengono, essendosi ormai il gruppo diradato, ti permettono di assaporare momenti di apparente solitudine dove la mente può spaziare tra più o meno inconfessabili pensieri. Con i chilometri aumenta però anche la fatica e la voglia di un buon ristoro, per cui i sopraccitati pensieri si fossilizzano alla conquista del 1° traguardo a Borgotaro. Quaranta chilometri sono alla spalle, ne mancano ancora ven- ticinque a Bardi dove sosteremo, ma l’entrata in paese tra gli applausi di un nutrito gruppo di spettatori è energia vitale. Inoltre una pseudo intervista di un giornalista locale appostato al bancone delle vivande mi fa pensare che la mia posizione

13 1-2 MAGGIO 2010 THE ABBOTS WAY (Il Sentiero degli Abati) Pontremoli – Bardi – Bobbio scorcio sul Fiume Trebbia (Foto R. Ghislanzoni)

14 sere distante. E infatti all’uscita da un bosco eccolo! Il castello nobili della classifica, ma non gli do particolare peso. Ho una simbolo della città che si presenta maestoso. voglia pazza di una birra ma ovviamente è un piacere da assa- Solo che per raggiungerlo devo scendere a fondo valle e quindi porare con gli altri amici che presto arriveranno stremati quanto …risalire! noi, e con Luca, meno stanco di noi (ovviamente) ma ancora dei Ok, zolletta d zucchero, sorso d’acqua fino a svuotare la borrac- nostri dato che, nel frattempo, ci ha raggiunto con l’aiuto degli cia, così sono anche più leggero e via, ad attraversare il ponte organizzatori. che porterà all’ultima vera fatica. Bardi è veramente carina ma fortunatamente piccola, quindi la Forse però ho chiesto troppo al mio fisico: ho le allucinazio- sua visita si riduce a pochi passi nella ricerca di un buon ristoran- ni!?!? te per una pasta o pizza. Comunque qualcosa di caldo. Là, in fondo al ponte, vedo una sagoma con una divisa nota: è Superfluo dire che il sacco a pelo appostato sotto la rete del Giampy! campo di calcetto è il luogo più ambito da tutti noi. E’ incredibile Una ventata di orgoglio mi assale, sapendo quanto sia più forte come in certe situazioni le cose più semplici diventino infinita- di me, e do fondo anche alle energie di riserva per raggiungerlo mente preziose! Così, poco dopo le galline, andiamo a nanna e arrivare così insieme al primo traguardo. anche noi. Chiamarlo ad alta voce significa togliere preziosa aria ai polmoni Il risveglio è buono: ho dormito bene senza interruzioni e anche quindi spero solo che si volti e mi veda, cosa che accade poco il morale è alto nonostante il meteo prometta pioggia. dopo per una breve sosta ad una fontana. Un unico grande interrogativo, che poi è l’essenza di questa av- Entriamo così appaiati da buoni amici tra le mura del castello e ventura: come saranno le gambe una volta in piedi? Da sdraiato raggiungiamo la piazza dove il “bip” del cronometraggio pone sembra tutto ok, i limitati movimenti “simil-stretching” nel sacco a fine alle nostre odierne fatiche. pelo sembrano non rivelare spiacevoli sorprese ma la prova del Sono passate circa otto ore e qualcuno mi dice che siamo 7° e nove è quando ti metti in equilibrio sui piedi e cerchi di allacciarti 8°. La cosa mi appare strana, non essendo abituato alle zone il podio maschile. Da sinistra, Maggioni, Sartori e Crippa (Foto Organizzazione)

15 1-2 MAGGIO 2010 THE ABBOTS WAY (Il Sentiero degli Abati) Pontremoli – Bardi – Bobbio

le scarpe, oppure fare i primi tre gradini che portano al bagno. parte e che mi alterni davanti per fare l’andatura. Così è, ed al- Faccio tutto questo con un certo timore ma sembra tutto a posto: ternandoci raggiungiamo la fortissima e simpatica Cinzia, atleta certo meglio pensare alla colazione e non ai 60 km mancanti, ma dell’ “IZ” (1° staffettista della 30 + 30 km, che poi vincerà con la il più sembra fatto. Sembrerà assurdo ma per me è stato proprio compagna), che tra una battuta e un sorriso (ma come fa?) ci così: il più era fatto. Adesso ero certo che anche stavolta sarei accompagna fino al passo e quindi alla fine dell’asfalto. arrivato fino in fondo anche se ero sì e no a metà del percorso. Si ritorna così su terreni a noi più consoni tra prati, boschi, fattori Sotto un cielo plumbeo, all’interno del suggestivo castello, parte e che una lunga e discontinua discesa ci porterà fino al 38° km. così la seconda tappa. Cinzia, un missile in discesa, si invola solitaria verso il cambio, Causa condizioni climatiche la prima parte che prevede la salita Giampy sosta per problemi fisiologici e così rimango solo. Stra- al Monte Lama viene tagliata. Percorreremo per contro 12 km di namente solo. strada asfaltata in leggera salita fino a un passo, dopodichè ci ri- Passata poco più di un’ora, dovrebbero esserci ancora gruppetti collegheremo al percorso originale. Il dislivello sarà un po’ meno non defilati di atleti e invece percorro tutta la discesa solo dal mo- ma quel tratto d’asfalto tutto da correre mi preoccupa non poco. mento che anche Giampy, in evidente giornata no, non mi rag- Qui se cammini non arrivi più. Adotto allora una strategia peraltro giunge. Poco male, riprendo i pensieri interrotti ieri e vado avanti poco originale. Devo pedinare qualcuno che abbia un’andatura tranquillo; le gambe adesso girano bene e mi godo la discesa. non troppo veloce da farmi saltare ne troppo lenta che faccia La vista a fondo valle di un gruppo di case mi riporta di colpo alla sembrare questi 12 km eterni. Guarda caso l’uomo giusto si ri- gara e Cinzia in lontananza che mi porge una birra, il sorriso ma vela proprio lui: Giampy. A dire il vero in alcuni tratti ho pensato l’emozione più forte mista a incredulità arriva quando, sorseg- di aver osato troppo, ma vedendo che dove la pendenza era più giando, mi dice: dolce riuscivo anche a recuperare qualche metro mi convincevo - “Muoviti che sei secondo!”, sempre più che forse potevo tentare di fare gara con lui visto - “Sì, magari !”, anche l’esito della giornata precedente. - “Guada che è vero, della tua gara è passato solo Sartori (fortis- Se così deve essere allora bisogna che faccia anch’io la mia simo atleta plurivincitore di varie 100 km)”.

16 ALTIMETRIA CARTINA tappa 1 tappa 2

Mollo d’impulso la birra, mi avvento su di un più salutare inte- gratore e riparto a razzo eccitato e confuso come se mi fossi cacciato in una situazione più grande di me e pertanto incapace di gestirla. Mancano ancora 30 km: sicuramente ho esagerato senza volerlo e penso che ne pagherò le conseguenze, anche perché adesso comincia la parte più dura del percorso e dovrò essere pronto a bagni d’umidità quando gente di ogni sesso ed età comincerà a sverniciarmi senza pietà. E invece no. Sempre solo. Come prima salgo a passo costante, non velocissimo ma solo, l’adrenalina sale, comincio a crederci, la fatica c’è, la senti ma è un dettaglio. Buona parte della salita ormai è andata e l’unica persona che trovo è uno staffettista che supero agevolmente. Per la prima volta (e probabilmente l’ultima) sto provando la pia- cevole sensazione di essere non solo un partecipante ma uno E adesso birra! … anzi, due! La prima me la godo dedicata a dei più forti partecipanti. me stesso, la seconda come sempre con gli amici: Giampy, poi E’ una cosa a cui non bisogna farci l’abitudine perché si rischia terzo classificato, Pizza, anche lui ottimamente classificato, e di strafare, di perdere lucidità e non essere più in grado di gestire Luca, fedele all’arrivo ad accoglierci. le proprie emozioni e il proprio corpo. Bisogna mantenere la calma, non farsi prendere dall’ansia di ar- Jessy rivare al traguardo, ricordare i propri limiti e avvicinarli ma senza superarli. A questo punto una crisi o un malanno fisico sarebbero una delusione veramente forte. La cosa di cui sono più orgoglioso è proprio questa. L’aver sapu- to gestire un vortice di emozioni intensissime e diverse da altre mai provate sino ad ora. A questo punto sono alla fine della salita e la cronaca degli ultimi 15 km sostanzialmente di discesa ricalca come emozioni e per- corso quelli precedenti, almeno fino all’entrata di Bobbio. Veramente emozionante l’attraversamento del ponte romano tra gli applausi della gente e gli ultimi metri tra i vicoli del paese scortato da un bimbo in bicicletta, contento di sentirsi utile nell’in- dicarti la strada, e finalmente l’arrivo sotto lo striscione con lo speaker che annuncia prima la posizione e poi il nome, cosa per me inusuale. Sartori mi ha staccato ovviamente di un’eternità ma sono comun- que secondo.

17 33a PIZZO TRE SIGNORI SPETTACOLO PURO !!!

Sport Specialist segue attentamente tutte le manifestazioni organizzate a Premana, una delle comunità sportiva- mente più attive della Lombardia. L’entusiasmo e la perfetta capacità organizzativa fanno sì che le loro prove in varie discipline sportive si stanno affermando a livello internazionale. Eccone un esempio, una gara di sci alpinismo diventata ambita anche da fuoriclasse stranieri.

All’Alpe Paglio, la prima di Coppa Italia SkiAlp 2011 ha regalato Le temperature alte e le condizioni meteo degli ultimi giorni aveva- a chi ha voluto accettare l’invito dell’A.S. Premana una splendida no messo in dubbio il percorso programmato perché delle quattro giornata di sport. discese programmate solamente una risultava praticabile. Dopo una attenta promozione dell’evento, si aspettavano con I ragazzi dell’AS Premana settore Sci si sono letteralmente supe- ansia i risultati del lavoro dei mesi precedenti. Premana aspet- rati disegnando sulle creste a confine tra Alta Valsassina e Alta tava di conoscere i numeri della trentatreesima edizione di una Val Varrone un tracciato tecnico e spettacolare che appena dopo gara che ha seguito negli anni le evoluzioni dello sci alpinismo, lo start metteva già alla frusta le fibre dei campioni. mantenendosi sempre a livello nazionale. Da affrontare vi erano 1450 di dislivello positivo su 4 salite e con- Le premesse della vigilia sono state rispettate e, nella bella cor- seguenti discese per il settore assoluto, e 800m su due ascese nice dei monti dell’alta Valsassina, ecco numeri e livello con oltre per le categorie junior-cadetti. 300 partenti e i big azzurri schierati al gran completo. Che questo paese arroccato sulle montagne fosse abitato da gen- Al termine di una prova a dir poco battagliata, a spuntarla sono te a cui non manca certo lo spirito di iniziativa lo si è visto di prima stati (CSE) e Roberta Pedranzini (SCAV) tra i mattina; per la 33ª edizione della Pizzo Tre Signori è infatti stato senior e Michele Pedergnana (Scav) – Alessandra Cazzanelli proposto un marchingegno che ha definitivamente posto fine alle (SC Cervino) in gara giovani. partenze anticipate per le quali gli scialpinisti sono famosi.

18 19 33a PIZZO TRE SIGNORI Spettacolo puro !!!

Countdown rispettato, dunque, e già sulle prime rampe il filot- Per quanto riguarda la prova giovani, oltre al successo assoluto to dei migliori ha cercato di fare selezione. Nei vari passaggi di Pedergnana e Cazzanelli, vanno segnalate le prestazioni di in vetta, nei pressi della zona cambio posta in località Cimone, Nadir Maguet (2°junior), Alessandro Cioccarelli (3°junior), Silvia nessuna fuga. Ad alternarsi al comando erano , Piccagnoni (2ª juniores), Federico Nicolini (1° cadetto), Gianluca Denis Trento, , Matteo Eydallin e Lorenzo Vanzetta (2° cadetto), Luca Faifer (3° cadetto), Giorgia Dallazan- Holzknecht. A sgranarli non sono bastate 4 discese su neve ge- na (1ª cadetta) e Paola Bulanti (2ª cadetta). lata e un lungo canalino da affrontare a piedi. Tutti e cinque sono giunti praticamente insieme ai piedi dell’alpe Paglio. Il più veloce nel cambio pelli e il più rapido ad involarsi verso il traguardo è stato il piemontese Eydallin che ha così inciso per la seconda volta il proprio nome nell’albo d’oro di questa gara. Seconda piazza per Reichegger che negli ultimi metri ha ap- profittato di uno scivolone di Denis Trento. Giù dal podio, ma comunque in grande spolvero, il loro ex compagno di squadra Dennis Brunod ha preceduto nell’ordine , Friedl Mair, Pietro Lanfranchi, Matteo Pedergnana, Alessandro Follador e Filippo Beccari. Niente volata e successo con discreto margine nella gara in rosa. Gara sempre gestita e controllata dalla pluri iridata Rober- ta Pedranzini. Alle sue spalle, sul podio, la rientrante Gloriana Pellissier e la sempre competitiva Corinne Clos. Bene pure le valtellinesi Raffaella Rossi e laura Besseghini.

20 Dichiarazioni Post Race:

Matteo Eydallin: Sono soddisfatto di questo successo. E’ stata una gara tirata risoltasi solo negli ultimi 50m. L’organizzazione? Qui a Premana sempre impeccabile... Ogni volta trovo una gara che continua a crescere e migliorare.

Manfred Reichegger: Tracciato davvero bello e impegnativo. Questi giovani vanno fortissimo e ogni volta salite sul podio è sempre più difficile, io comunque ci provo e do il massimo. Oggi è andata bene.

Denis Trento: Dei tre sul podio, sulla carta, dovrei essere quello più in palla...Eppure sono arrivato terzo. Ben mi sta, quando si commettono stupidate in gara, poi si paga.

Roberta Pedranzini: Davvero una bella gara. Abbiamo trovato neve dura che ha reso il tutto più difficile,ma è andata bene. Il livello delle avversarie non consentiva distrazioni.Ho quindi spinto dall’inizio alla fine.

Gloriana Pellissier: Sono soddisfatta di questo secondo posto. Sarà il posto, sarà il tifo della gente, ma qui a Premana mi sento come a casa e vado sempre bene

Corinne Clos: Roberta e Gloriana erano imprendibili Ho quin- di provato a fare la mia gara tenendo un ritmo costante. Sono felice di questo terzo posto e completamente soddisfatta dell’or- ganizzazione gara.

Angelo Gianola (Direttore Gara): Organizzare gare in con- dizioni ottimali non è difficile. Farlo con troppa o poca neve è tutt’altra cosa. Oggi l’AS Premana ha dimostrato di saperlo fare ottenendo il pieno di consensi da parte di atleti e tecnici. Avrem- mo voluto un campionato italiano e, anche se ci è stato asse- gnata una tappa di Coppa Italia, sulle sponde dell’Alpe Paglio si sono visti sfilare tutti i migliori atleti italiani e quindi anche molti dei migliori al mondo. Che dire, siamo soddisfatti per avere ri- scosso il pieno di consensi e per avere dimostrato che la nostra gara è cresciuta molto e molto può ancora crescere.

21 TATIANA BIANCONI Maratona di New York

di Tatiana Bianconi

22 Nonostante alcune difficoltà quali il percorso piuttosto acci- dentato, questa maratona è stata un’ esperienza incredibile, in buona parte per via della gente in cui mi sono imbattuta; ad esempio, il pubblico era estremamente caloroso e gentile e inci- tava tutti i corridori, indipendentemente dalla nazionalità o dalla posizione in classifica di questi, poiché per i tifosi questo evento è una grande festa. Per non parlare delle band musicali lungo tutto il percorso! Inoltre mi è capitato di correre a fianco di gente con costumi car- nevaleschi e maschere spiritose che sollevavano lo spirito. Sono certa che questi quarantadue kilometri di pura adrenalina li ricorderò sempre e spero di poterli correre ancora!

Tatiana Bianconi

La gioia che provo quando corro mi ha portato, dopo pochi anni dall’inizio di questa attività che è diventata una vera e propria passione, a correre la maratona. La prima maratona fu un disastro: a metà strada volevo fermarmi ma, grazie all’ aiuto di mio marito, continuai sino alla fine. Subi- to dopo aver tagliato il traguardo pensai: ”Non è umanamente possibile portare a termine una competizione del genere!”. Un concorrente che aveva sentito ciò mi rispose: ”Ho detto così anch’ io la prima volta, poi me ne sono innamorato”. Così è stato anche per me: il mese successivo la ritentai e l’esito fu decisa- mente migliore. Così continuai a farne poiché le emozioni che mi trasmettevano erano molto forti. Per me infatti la maratona è analoga alla vita stessa: si provano gioie, dolori, a volte frustra- zioni a volte soddisfazioni, giungendo a conoscenza di capacità e risorse che si ignorava di avere. Per quanto riguarda la parte pratica, la preparazione alla mara- tona di New York cominciò verso la fine di luglio ed io sperai di portare a termine l’ allenamento senza infortuni; fortunatamente, nonostante qualche acciacco avuto poche settimane prima della partenza, non è accaduto nulla di grave. Così arrivò il grande giorno. La sveglia fu prevista per le 4:15 in quanto occorreva trovarsi nei pressi del ponte di Verrazzano tre ore prima della partenza. La temperatura si aggirava attorno ai 2°C e c’ era vento freddo. L’ atmosfera, invece, era serena, tanto che cominciai a chiac- chierare con due italiani conosciuti sul posto. Finalmente si sentì il colpo di cannone. Prima di metà gara ebbi qualche problema fisico legato al freddo, pertanto dovetti fermarmi. Tuttavia, una volta ripartita recuperai qualche posizione ma verso il trentesimo kilometro subii la tipica crisi, riprendendomi al trentacinquesimo kilometro. Alla fine, diedi tutta me stessa per concludere la gara al meglio.

23 OGNI VOLTA “UN NOME”: DA NON DIMENTICARE

Questo spazio inaugura una nuova rubrica, che prende forma e vita da un’idea precisa e da una decisione personale di Sergio Longoni. Non certamente una scimmiottatura di “Accadeva nel…”: là un fatto, un’impresa; qui è un personaggio lec- chese, di ogni tempo, che merita di essere ricordato nella sua specifica attività sportiva, per aver permeato della sua passio- ne gran parte della sua esistenza. Se potrà sembrare che la rubrica prenda in considerazione in forma preponderante quelle persone che si sono dedicate all’alpinismo, prendiamola pure come un dato di fatto. Né potrebbe essere diversamente, visto che l’alpinismo ha preso piede nel nostro territorio e che questa tradizione si è tanto radicata anche perché noi siamo circon- dati da tante irresistibili montagne. Non sfuggiranno ad ogni modo anche i campioni lecchesi che sono emersi in altri settori dello sport, e questo costituirà un motivo in più per apprezzare la funzione di questa rubrica. Paolo Crippa

L’articolo che segue ci perviene da un noto giornalista lecchese, appassionato e competente di cose d’alpinismo, che fu amico e ammiratore del giovane Ragno di Valmadrera, e che ha voluto tracciarne qui un sintetico profilo. Come lui, fummo tutti scioccati a Lecco vent’anni fa’, quando giun- se la notizia che un tragico inci- dente sulla parete di una monta- gna patagonica aveva stroncato l’esistenza di questo ragazzo, cui veniva riconosciuta la certezza di una carriera alpinistica prodigio- sa. Il ricordo di un alpinista come Paolo Crippa non può lasciare indifferenti i giovani che sono oggi, seriamente, affascinati dal- la montagna: per raggiungere gli obiettivi che contano veramente non esiste altra via che quella indicata dalla sua immensa pas- sione e dalla suaradicale forza di volontà. OGNI VOLTA “UN NOME”: DA NON DIMENTICARE “UN NOME”: DA OGNI VOLTA

Quel che non sapremo mai è cosa sarebbe diventato, perché il tempo per raccontarcelo gli è mancato. Ci è ben chiaro però chi è stato, perché la traccia che ha lasciato è nitida, tutta sua, e parla di lui come di uno dei più forti alpinisti italiani della sua generazione. Si chiamava Paolo Crippa, era un lecchese di Valmadrera, e i verbi sono al passato perché Cipo – così lo chiamavano gli amici – nel gennaio del 1990 non è tornato dalla Ovest della Torre Egger, la cima che in Patagonia svetta proprio accanto al leggendario Cerro Torre.

24 Il grande protagonista dell’alpinismo che stava nei cuori di tutti i lecchesi

della via franco-argentina al Fitz Roy. Un’impresa che dopo il tentativo di due anni prima alla Ovest della Egger aveva fat- to di Cipo un giovane veterano della Patagonia, già pronto per il nuovo visionario progetto che nel 1989 l’avrebbe riportato ai piedi della “sorellina” del Grido di Pietra, ancora sul versante occidentale, il più complicato, non a caso ancora oggi (ventuno anni dopo!) inviolato. La spedizione dalla quale Paolo Crippa – e con lui la bellunese Eliana De Zordo, la ragazza di Alleghe che amava e che aveva conosciuto in Civetta – non sarebbe tornato. Un altro degli straordinari sogni che ci ha lasciato e che ci dan- zano attorno, continuando a parlarci di lui.

Giorgio Spreafico

Aveva solo 24 anni, Paolo. Vestiva il maglione rosso dei Ragni, e fin lì era arrivato correndo a perdifiato, da cacciatore di emozioni al quale non mancavano mai nuovi sogni. Era figlio di una stagio- ne indimenticabile e rimpianta, nella quale ai piedi della Grigna i giovani avevano un bisogno di montagna che oggi pare essersi perduto, scorgevano attorno a sé i custodi del misterioso fuoco della passione, li riconoscevano come testimoni credibili in grado di parlare loro della bellezza e della gioia che li attendeva là dove il paesaggio si raddrizza verso il cielo. Aveva bruciato le tappe, Cipo. Lo aveva fatto senza saltarle, ma prendendole piuttosto d’infilata con cadenze frenetiche, con il talento e la voglia matta del fuoriclasse predestinato. A 17 anni era già su una parete mitica come la Civetta, alle prese con la prima ripetizione della grandiosa Via dei Cinque di Valmadrera, in cordata con Gianni Rusconi e Gian Battista Crimella (due degli apritori della salita) e Mosè Butti. Poi un fuoco di fila di exploit senza precedenti tra Alpi Centrali e Dolomiti: la solitaria della Di- rettissima del Pan di Zucchero e (nella stagione bianca) della Via della Speranza alla Cima di Castello, l’apertura della Via del

Sogno a Punta Civetta, l’invernale del mix tra Tempi Moderni e la NON DIMENTICARE “UN NOME”: DA OGNI VOLTA Messner sulla Sud della Marmolada. Non in Grigna ma sorprendentemente in Francia, nel Verdon, l’incontro di Paolo con Dario Spreafico, che sarebbe diventato suo compagno in tante formidabili ascensioni. Cordata perfetta, la loro, in assoluto la più forte schierata dall’alpinismo lecchese nell’ultimo scorcio del secolo scorso. C’è la sua firma sotto grandi realizzazioni come l’invernale di Soli di Ghiaccio alla Costiera dell’Averta, o come l’apertura di Polifemo al Cengalo, di Capitan Sky Hook in Civetta e Dixan al Pizzo Trubinasca. Poi, nell’inverno australe del 1988 (con un terzo compagno di avventura: l’altro lecchese Danilo Valsecchi), la clamorosa salita

25 ACCADEVA NELL’ANNO… archivio Ragni di Lecco

Se ogni pubblicazione riesce a caratterizzarsi per le sue specifiche rubriche, la neonata rivista di df Sport Specialist “Uomini e Sport” avverte con questo suo terzo numero l’esi- VITTORIA SUL SARMIENTO genza di iniziare a dotarsene di una propria, che le consenta a cura del prof. G. Morandini di assumere quella fisionomia che la renderà in seguito del (articolo pubblicato sull’Annuario 1958 del Club Alpino Italiano – Sezione di Lecco) tutto inconfondibile. “Accadeva nell’anno ….” è la rubrica fis- archivio Premio Carlo Mauri sa che guiderà il lettore a conoscere, o rievocare, i fasti delle imprese alpinistiche, e non solo quelle, dei protagonisti del nostro territorio così come furono raccontate dalla stampa al tempo in cui furono compiute. Niente di originale quindi, ma semplicemente la riproduzione ad litteram di articoli già pub- blicati: con il pregio attuale, però, di un valore storico e con la speranza che il ricordo di azioni sportive di importanza stra- ordinaria non serva solamente a far sorgere un sentimento di ammirazione e riconoscenza, ma possa pure indicare, ai più coraggiosi e motivati, un cammino sul quale valga decidersi ad intraprendere uno stimolante percorso.

Ci fa piacere che ad aprire la nuova rubrica sia uno degli NELL’ANNO… ACCADEVA alpinisti lecchesi che, benché fermato da un grave incidente che gli precluse in montagna ulteriori conquiste prestigiose che aveva a portata di mano, seppe esprimere in altri modi diversi l’ingente energia spirituale che gli riempiva il cuore. Ci Non conoscevo di persona Carlo Mauri, accademico e istruttore nazionale di alpinismo del C.A.I., dei Ragni di Lecco. fa ancora più piacere che l’articolo di apertura tracci, pure a Partendo dall’Italia, per raggiungere nella estrema parte dell’Ame- scapito della ricostruzione dettagliata di una grande vittoria, rica meridionale i compagni di spedizione, ne avevo davanti agli il ritratto fisico e morale di un Carlo Mauri giovanissimo, ma occhi i volti sia perché mi ero incontrato con loro più volte nella già tanto imponente, per doti e carattere, da impressionare fase dei preparativi, sia per il cordiale saluto scambiato a Geno- anche chi lo avvicinava per la prima volta. va, al momento della loro partenza dalla Patria. Ma Mauri era partito con un primo gruppo, insieme al Padre De Agostini e Bar- masse, e non avevo potuto salutarli sul molo genovese. Era il solo che non conoscessi pur sapendo, per sentito dire, quanto fosse forte ed entusiasta delle sue “patenti” di alpinista di primo rango. La mia era quindi legittima curiosità: l’incontro av- venne solo a Rio Gallegos, nella lontana cittadina patagonica, al momento in cui si ricongiunsero tutti i membri della spedizione. “Ecco Mauri”, mi disse qualcuno, ed io strinsi la mano cordiale ed energica che mi veniva tesa da un alto e bel giovane dal volto incorniciato da una folta barba di nuovo pelo, due occhi chiari e sinceri, un sorriso aperto.

26 ACCADEVA NELL’ANNO… nel fisico, preoccupato di perdere anche un briciolo di efficienza, scattante e allenato sempre uomo Un alpinistico. obiettivo solo, un uno, anche raggiungere di pur o morale materiale fisico, ficio sacri- qualsiasi di capace pezzo, d’un tutto alpinista un Anzitutto vita oalmenodialcunianni–e forseipiùbelli–diessa. della scopo lo fatto ha montagna della che uomo un ma – oggi vista in più alpinisti degli molti lui con e Mauri l’amico perdoni lo certi giudizi, con cui non sento di condividere certe opinioni – me su d’accordo perfettamente sento mi non io cui con alpinista Un Da quelle conversazioni mi cominciò ad apparire Mauri alpinista. scalata. Lecco e di quelli occasionali di o meno conosciuti vicini di questa o più quella compagni dei altri, degli discorrere preferendo sé, di parlava poco ben servizio di attività brillante una malgrado E interloquiva, cheeglinondimostrassediconoscereafondo. nel suo ambiente. Non vi era questione di alpinismo, su cui Mauri e tempo suo nel inquadrandolo che assoluta linea in sia valore il soppesare sapesse non cui di ma solo, non sconosciuto fosse gli che alpinista di nome era vi Non rilievo. maggior di imprese delle e e recente più conoscenza dell’alpinismo cose sua e uomini la di competenza Mauri: di lato primo un rivelato è si lì E gne. monta- di trattava si quando locali, amici degli o noi di chiunque con discorso attaccare ad pronto e spagnolo di parola qualche usare a imparare ad pronto ma solitamente, loquace poco gna, campa- aperta in e mare sul scorribande delle invece Amante ove all’altro, luogo facevano capoinostridoveri. un da città, la per andirivieni forzato del e regolata, assai poco amante dell’albergo del nostro bravo Travini e disciplinata un’attività a disposto poco organizzativi, trattempi con- dei insofferente po’ Un Punta Arenas. a “Angol” nave della arrivo ritardato il costrinse ci cui attesa, di giorni lunghi nei rente insoffe- poco un carattere suo nel conoscere a imparai lo Mauri archivio P. Castelnuovo prolungate ostilitàdellanatura. acuire quel senso di impossibilità di movimento che proviene da ad simpatici, meno lati i ognuno di emergere far a portava tutto -, amici gli amichevolmente definivano mi come – “Professore” tamente illustratidal i movimenti delle persone non sempre ben conosciuti e comple E poiipiani, scalata. di possibilità la pericoli, i difficoltà, la studiare poterne a stabilirne una via di attacco o di primo approccio in maniera da quindi e vedersi a impossibile nubi, le tra nascosta ammantata, circondata, invisibile, ma sovrastante, sempre montagna la E to perraggiungereiltraguardofinale. a rendere gli animi disposti alla tranquilla attesa del giorno adat- adatte più le erano non comune vita della esigenze ed richieste se meno pesante la tavola del campo base e inoltre altre piccole preoccupato di avere sempre quel poco di comfort, che rendes la monotonia dei cibi e la scarsa arrendevolezza del vivandiere, (legna, ecc.) di un campo di 15 persone, talvolta anche un poco servizi dei esigenze le piacere, certo un con indossare poterlo da tale igrometrico stato uno in corredo proprio il mantenere di soprattutto e indumenti gli tutti convenientemente asciugare di impossibilità la dell’arcobaleno, comparsa promettente e rotina se- dalla e serali schiarite dalle data altalena di specie Quella sato l’inclementeostilitàdellecondizionimeteoriche. pe- ha noi, di esperimentato più dall’uomo cominciare a tutti Su vita delcampobasenonèsemprestatafacile. spedizione che ad essa ha dato un largo contributo di attività. La di compagno il configurato essere può generali tratti questi Con cienza soggettiva. defi- per insuccesso un di dall’eventualità salvaguardarsi per archivio P. Castelnuovo - - 27 ACCADEVA NELL’ANNO… VITTORIA SUL SARMIENTO

archivio P. Castelnuovo ACCADEVA NELL’ANNO… ACCADEVA

Ma anche in questo disagio morale, che dopo tre tentativi falliti Stato d’animo sorretto da un entusiasmo cosciente e freddo cal- al Monte Sarmiento aveva finito per prendere un po’ tutti, siamo colatore degli ostacoli, vigile a predisporre nel sacco tutto quanto riusciti sempre a evadere, a tener di mira lo fosse necessario al momento buono. Momento colto a tempo, al scopo – per gli alpinisti – per il quale erano partiti dalla casa punto giusto, con una decisione pronta e accorta, così da con- lontana. Bisognava in qualche modo arrivare su quella cima, non cludere in una serie breve di ore un’attesa di giorni e giorni e da si poteva rinunciare solo per gli ostacoli frapposti dalla stagione portar a termine tutto insieme, esplorazione e conquista. Il tutto inclemente, dalla scarsa o nulla conoscenza dei luoghi impossi- sorretto dalla abnegazione e aiuto dell’amico Maffei, dalla fidu- bili ad essere riconosciuti. ciosa amicizia e sicurezza dei compagni cileni e italiani. Come noi del gruppo scientifico avevamo via via raccolta la mes- Che cosa sia intercorso tra Mauri e Maffei nei giorni dal 3 marzo se, anche gli alpinisti volevano tentare tutto per raccogliere il pomeriggio alle sera del 7 quando tornando al campo trovarono frutto più bello delle infinite piccole privazioni, per mantenere alto la cordata Decima – Ayla – Saavedra a riceverli non lo so. L’ho il nome degli alpinisti italiani, per tener fede alla promessa agli forse intuito sentendo Maffei che mi leggeva talora con voce rotta amici lontani. la sua relazione; l’ha sentito Sperti dalla voce di Mauri, udite tra Ecco, forse, lo stato d’animo di Mauri, che la consuetudine della lo scrosciare della pioggia quando dal campo I radio-telefonava tenda comune ha accostato a Maffei più che ad ogni altro tra gli la notizia, l’hanno sentito – credo – i soci del C.A.I., che sulla alpinisti della spedizione, che la venerazione per l’età rendeva nostra Rivista, hanno letto della spedizione. docile verso il Padre De Agostini, che il rispetto e l’innata bontà Ma ciò che posso dire di nuovo è quanto ho potuto provare io l’8 facevano ubbidiente anche se un poco mugognoso, verso il re- marzo 1956 quando lo scorsi procedere verso di me arrancando sponsabile delle operazioni, l’alpinista più anziano e ormai fuori faticosamente su per il ghiacciaio Blanca, nella corda di Sperti, uso. dopo aver infilato un paio di calze sopra le scarpe, perché…

28 archivio P. Castelnuovo i ramponi, anche quelli di ricambio, si erano spezzati e li aveva perduti! La faccia stanca, ma sguardo brillante e soddisfatto. Un abbrac- cio, poche parole: “Ecco, Professore! Peccato che non sia qui il Padre!”. E dopo poco tempo, mentre ormai il vento ci mordeva, ecco apparire Maffei, il modesto, buono, tenace “Gueret”, nella corda del buon Miguel Saavedra, promosso a guida alpina alla presenza del Magg. Ayala. Abbracci anche a lui, a tutti e due, cari compagni, che offrivano a noi tutti della spedizione, il frutto del loro ardire e della loro perizia: la vittoria sul Monte Sarmiento.

Nota esplicativa a completamento. Carlo Mauri e Clemente Maffei facevano parte della spedizione De Agostini che nella primavera del 1956, guidata dal prof. Morandini e composta dagli altri alpinisti Luigi Carrel, Camillo Pellissier e Luigi Barmasse, si era posta come obiettivo la conquista del Sarmiento (2404 m), montagna inviolata della Terra del Fuoco, non molto alta ma difficilissima per la forte verticalità dei suoi versanti ghiacciati e per l’inclemenza del clima. Dopo molti e sfortunati tentativi portati sulla parete Nord, che sembrava la più accessibile, Carrel, Pellissier e Barmasse decidono di desistere per raggiungere altri luoghi. Solo Mauri e Maffei rimangono con il prof. Morandini, e con estrema decisione, senza poter contare sull’appoggio dei compagni e quindi senza l’aiuto di campi intermedi, tentano direttamente da Sud, sfrut- tando un percorso in cresta, più sicuro anche se estremamente diffi- ACCADEVA NELL’ANNO… ACCADEVA cile. Partiti il pomeriggio del 6 marzo dal campo I, bivaccano in alto, sotto salti di ghiaccio verticali, che superano la mattina del giorno 7, fino a giungere in vetta nonostante l’inclemenza del tempo.

archivio P. Castelnuovo ACCADEVA NELL’ANNO… ACCADEVA

29 L’ INTERVISTA Delfino Formenti, l’artista delle falesie Quasi 500 vie realizzate: “Ormai preferisco più chiodare che arrampicare” di Marco Milani

Spesso, dietro alle cose più belle, c’è il sacrificio di persone che lavorano in silenzio per inseguire una passione. E’ il caso di Delfino Formenti, “ultimo e unico” chiodatore delle nostre falesie, che è stato premiato dall’Uoei di Lecco e dal Gruppo Gamma con un riconoscimento straordinario nell’ambito del Premio Natura per l’anno 2010. “Sicuramente è un riconosci- mento che mi fa molto piacere e spero possa servire a mostrare alle persone cosa c’è dietro alle quinte. Arrampicare è bello, ma c’è pure un altro lato della medaglia…” e allora andiamo a scoprirlo.

30 Delfino Formenti, in arte Delfix, è nato a Lecco e ora abita sagio. Mi è capitato di mettere alcuni cartelli di raccomandazio- Galbiate. Nel 1986 comincia l’attività di chiodatore: ne alla base delle pareti, per poi accorgermi che c’è parecchia “Avendo visto le falesie in giro per l’Italia e l’Europa è scattata gente che non sa nemmeno leggere… Ma fortunatamente la improvvisa questa passione. Lecco è un territorio che offre molto voglia di continuare nella ricerca di nuove falesie (e di fare ma- sotto questo punto di vista. La falesia di Versasio, proprio sotto nutenzione a quelle già chiodate) non mi ha mai abbandonato”. il Resegone, è stato il trampolino di lancio dove nel 1986 ho ini- Gli inizi furono da vero pioniere: ziato la mia carriera di chiodatore: 55 tiri di corda con vie lunghe “Ho dovuto scatenare la fantasia… Le prime piastrine le ho fino a quattro tiri… quella fu la svolta. In seguito mi sono rivolto fabbricate nell’azienda dove lavoravo, testandole con un alla parete del Melgone, la Corna Rossa di Valmadrera, la Val macchinario apposito prima di usarle. Poi, dopo aver cam- dell’Oro di Civate, il Corno Ratt (Corni di Canzo, ndr), la Parete biato lavoro ed essendo finito in un catenificio, staccavo le Stoppani, la Pala del Cammello e la Bastionata Sud, tutte nel maglie da una catena dopo averle scaldate, e quindi le tor- gruppo del Resegone. E ancora la Torre Marina al Moregallo, i cevo creando un angolo, così che quando le fissavo in pare- cinque settori del Lariosauro e la falesia della Discoteca, la mia te lavoravano in trazione verso il basso “come” una normale L’ INTERVISTA INTERVISTA L’ più recente creazione”. piastrina. Tutti questi aggeggi artigianali li facevo sempre ve- Cosa ti spinge? rificare in aziende specializzate del territorio dove lavoravano “Una grande passione. Individuare una struttura vergine, dise- alcuni amici. In seguito ho provato a guardarmi in giro per gnare con la mente nuovi itinerari, poi passare all’azione pulendo recuperare dei veri spit, trovando collaborazione da parte di la parete da erba e sassi mobili, trovare la linea più elegante e Longoni e Sciola Sport, due importanti negozi vicini a Lecco, i posizionare le protezioni, quindi salire dal basso i tiri realizzati cui proprietari (Sergio Longoni e Franco Sciola) erano grandi godendo del mio stesso “lavoro”... Alla fine la parete non mi ap- appassionati di montagna che avevano intuito l’importanza pare più solamente un bel pezzo di roccia, ma diventa un luogo di questo sport in piena espansione. In cambio io fornivo le diverso che ha subito una piccola metamorfosi che porta la mia relazioni dettagliate delle mie falesie, che loro pubblicavano firma. Purtroppo mi sono reso ben presto conto che il problema in depliant molto apprezzati dagli scalatori in tempi in cui In- è “il dopo”: quando la falesia viene frequentata dagli scalatori. ternet non esisteva ancora. Il loro contributo era doppio: da Se fortunatamente ci sono arrampicatori che hanno un giusto una parte materiale per la realizzazione delle vie, dall’altra approccio all’ambiente e all’attrezzatura delle falesie, purtroppo un’efficace informazione. In seguito, per alcuni anni, ottenni molti altri non hanno nessuna cura del luogo in cui vanno a di- l’appoggio di una ditta del territorio, il Centro Abbigliamento vertirsi, lasciando in giro rifiuti e non rendendosi conto della Lombardo di Malgrate, attraverso l’amico Pietro Corti che ha fatica che costa “preparare” la falesia. Questo è uno degli aspetti sempre creduto nei miei progetti. Il meccanismo era sempli- negativi della mia attività: attrezzare una parete ti espone al “giu- ce: io mi procuravo fix, corde statiche, trapani e quant’altro dizio” di chi poi la frequenta e non c’è nulla di male se eventuali serviva per i miei “cantieri”, e l’azienda copriva le spese. Al critiche sono fatte in maniera costruttiva e sono utili a migliorare. termine di questa proficua collaborazione ho dovuto riaffron- Al contrario, la consapevolezza che il mio lavoro porterà in quel tare il problema. Ora mi arrangio per gran parte a mie spese, determinato luogo gente non “all’altezza” mi mette davvero a di- per il resto chiedendo l’aiuto di alcuni amici”.

31 Delfino Formenti, l’artista delle falesie L’ INTERVISTA INTERVISTA L’

Ricordiamo che questo non è il tuo lavoro: conservano ancora tante sorprese per chi riesce a vederle. Ma “Assolutamente no. Alla sistemazione, alla chiodatura e alla ma- è un lavoro che richiede sacrifici: servono tempo, soldi e spesso nutenzione (sostituzioni di vecchi ancoraggi, catene, moschet- è rischioso”. toni) dedico quasi tutti i week-end dell’anno. Per il resto ho un Quindi l’arrampicata ha un grosso potenziale nel nostro ter- lavoro come tutti gli altri. Ho chiodato e richiodato (perché giu- ritorio? stamente le vie hanno bisogno di una manutenzione periodica, “Questo è certo e i numeri lo dimostrano. L’aver chiodato alcune ndr) quasi 500 vie, e facendo una media di 20 metri per via ho pareti nel lecchese ha permesso a molte più persone di avvici- realizzato una decina di chilometri di tiri”. narsi all’arrampicata. Diciamo che non ho creato vie in funzione Tutte vie che Delfino ha attrezzato e liberato personalmente. dell’innalzamento del grado come avveniva prima, ma ho lavo- Ma qual è la parete che ti porti nel cuore? rato per realizzare dei “centri di arrampicata”, magari di livello un “Una grossa struttura, con vie anche di più lunghezze, sopra po’ più basso, ma alla portata di un gran numero di scalatori. E il rifugio Stoppani al Resegone da me battezzata, ovviamente, negli ultimi anni questo incremento è stato sensibile. Avendo vis- “Parete Stoppani”. Mi ha impegnato intensamente per due anni suto il passaggio dall’arrampicata classica a quella con gli spit, in di fila, tanto da convincermi ad affittare un locale in un piccolo anni in cui l’arrampicata sportiva in Italia era un fenomeno poco nucleo di cascine a metà strada dal parcheggio della funivia dei conosciuto e molto discusso, credo di aver imparato a rispetta- Piani d’Erna e la base della parete. Per un’infinità di volte sono re tutte le mentalità. Curiosamente, però, c’è ancora chi critica andato su e giù a posare le corde fisse, pulire, chiodare… E’ ve- il concetto di arrampicata sportiva e l’uso dello spit-fix, anche nuto fuori un posto magnifico (a detta di tutti quelli che ci arram- se poi ti capita di trovare alcune di queste persone nelle falesie picano, ndr) per qualità della roccia, eleganza dell’arrampicata che tanto snobbano. Allo stesso tempo, ci sono scalatori delle e bellezza dell’ambiente. E’ un best seller, una parete specia- generazioni passate, che in montagna ne hanno viste di tutti i le che merita un viaggetto per gli arrampicatori di tutta Europa. colori, che apprezzano l’arrampicata sportiva come momento di Comunque, conservo un magnifico ricordo di tutti gli altri miei divertimento, e invece di sottovalutarla te li ritrovi in falesia con interventi, anche se per ora non ho troppo tempo di crogiolarmi un atteggiamento aperto e positivo. E’ una cosa che mi fa molto nei ricordi: l’ultima falesia è ancora in fase di completamento. Ma piacere”. i progetti sono tanti… a saper guardare bene, i dintorni di Lecco

32 Che il turismo a Lecco abbia un potenziale che non è sfrut- I PRIMI PASSI DI DELFINO tato è sotto gli occhi di tutti: Sono nato a Lecco il 1° aprile 1957 e il mio primo approccio alla montagna è “Sicuramente l’arrampicata può rivelarsi una grande risorsa, ba- avvenuto sulle cime che circondano la città. Nel 1979 la mia prima esperienza sti pensare che una famosa casa editrice svizzera ha chiesto la su roccia è stata la salita della Ferrata del Centenario al Resegone. L’idea mia collaborazione per scrivere una guida sulle nostre falesie. mi aveva entusiasmato e il giorno prima avevo prontamente acquistato tutta A dimostrazione che l’interesse per le nostre pareti esce perfi- l’attrezzatura necessaria pur essendo completamente a digiuno di materiali no dai confini italiani. Però serve l’appoggio delle istituzioni, dei da scalata. Il Resegone lo vedevo tutti i giorni guardando fuori dalle finestre commercianti e delle aziende del territorio. In Italia basta guar- di casa, ma fino a quel momento non mi aveva mai sfiorato l’idea di poterci dare ad Arco (Trento, ndr) che è diventata una vera e propria “mettere le mani”. Questa prima uscita verticale mi ha segnato profondamente risorsa per quel territorio. Non è azzardato dire che Lecco, po- e ricordo che guardando le pareti intorno alla ferrata mi chiedevo se fossero tenzialmente, a un turista può offrire molto di più. L’arrampicata percorse da altre vie di arrampicata. Ormai ero “in pista”. Avevo qualche ami- sportiva richiede una particolare attenzione: al di là della creazio- co che già andava in montagna e Danilo Valsecchi mi iniziò all’arrampicata. ne di un settore di arrampicata, servono la manutenzione, le in- Non ci pensai un secondo e cominciai a frequentare le falesie vicine a Lecco L’ INTERVISTA INTERVISTA L’ frastrutture, i servizi... Poi sarebbe fondamentale creare una cul- (allora si chiamavano “palestre di roccia”) come il Sasso di Introbio, il Nibbio, tura dell’arrampicata, magari portando questo sport, che dal mio la Medale... E siccome l’appetito vien mangiando, la voglia di arrampicare è punto di vista è estremamente formativo, nelle scuole. Qualcosa andata crescendo e cominciai a uscire dal lecchese. La prima esperienza si sta muovendo, ma si procede ancora lentamente. E infine non su una via nuova avvenne in Antimedale: con Danilo Valsecchi aprimmo dal bisogna scordare di aver grande rispetto verso chi ha aperto le basso in stile classico la via “Sentieri Selvaggi”. Poi, sempre con l’amico Da- vie. Le linee possiedono un spirito e rispecchiano l’animo di chi nilo, tentammo una via nuova in Medale fermandoci però dopo i primi due tiri. le ha chiodate perciò ogni intervento successivo va ponderato Successivamente, ancora in Antimedale, aprii un altro itinerario con Daniele molto bene. Purtroppo è facilissimo snaturare una parete con Chiappa, grande alpinista e profondo conoscitore delle pareti lecchesi. Su interventi sbagliati”. “Apache” superammo in libera uno strapiombo lungo una fessura utilizzando E magari sarebbe bello avere un aiuto da chi frequenta le le prime protezioni “veloci”. Daniele, nonostante la sua formazione classica, “tue” falesie: era molto aperto alle nuove tendenze e sapeva individuare le innumerevoli “L’arrampicatore in genere è una persona educata. Spesso però possibilità su strutture fino ad allora ignorate. Era infatti un periodo duran- ci si approccia alla roccia solamente come fruitore, senza chie- te il quale anche Lecco iniziava l’esplorazione delle pareti “minori”, periodo dersi da dove venga tutto il lavoro che ci permette di poter ar- che portò alla creazione di itinerari che sarebbero divenuti molto frequentati rampicare. Se ognuno di noi, quando gli capita, si premurasse di e apprezzati. Un “terreno di caccia” del tutto nuovo e molto promettente. Fu togliere la roccia pericolante, oppure di strappare il ciuffo d’erba proprio Daniele a suggerirci la compatta parete Ovest del Pizzo d’Erna al che dà fastidio, già sarebbe un gran bell’aiuto. E poi, è amaro Resegone, dove nel 1973 aveva aperto la via “Ninota Locatelli” con il fratello dirlo, non c’è un ricambio: sono poche, o addirittura nessuna, Roby e Carlo Duchini. L’idea ci aveva entusiasmato, così Danilo Valsecchi e le persone disposte a sacrificarsi per portare avanti questa pas- io salimmo “Maria la Rossa”, un bell’itinerario dedicato alla madre di Danilo. sione”. Lo stesso giorno, era il 1981, Daniele e Antonello Cardinale, un giovane molto Delfino è sicuramente una persona indispensabile, permette promettente, aprivano un’altra via intitolandola a Marco Riva. Ho arrampicato ai giovani di “alzare il grado”, di allenarsi in sicurezza e di con molte persone, ma Daniele è stata una figura speciale… godere di paesaggi stupendi. Col suo carattere schivo, quel- lo che vuole non è certamente un “grazie”, ma solamente un po’ di attenzione in più da parte di tutti. Quando andiamo a fare una via in falesia, ora sappiamo tutto quello che c’è die- tro, ed è un dovere almeno non dare tutto per scontato… “Alcune persone credono che io sia sponsorizzato da una azien- da piuttosto che un’altra. Non è così. Il tempo il denaro e la fatica che ho messo nell’aprire nuove falesie, sono unicamente il frutto della mia passione. Il mio desiderio è quello di poter trasmettere la mia esperienza ad altri appassionati. La soddisfazione di tro- vare persone che si divertono sui “tuoi” tiri, che ti ringraziano e apprezzano il tuo lavoro è enorme e ti spinge ad andare sempre avanti. Una solo cosa, però, mi permetto di chiedere a tutti: il rispetto e la pulizia per l’ambiente in cui ci si trova a scalare”.

33 RECENSIONI

Libri di Fabio Palma

L’arte di correre di Haruki Murakami David Foster Wallace Ed. Einaudi di David Foster Wallace, Roger Federer Ecco un altro grande della letteratura cimentarsi con lo sport. come esperienza religiosa Un giorno, assistendo a una partita di baseball, Murakami ha improv- visamente sentito il desiderio di scrivere, e come diretta conseguenza Ed. Casagrande, 2010 il bisogno di correre. Da allora, sono 26 le maratone cui ha partecipato e mentre preparava quella di New York del 2005 ha iniziato a scrivere “Tutto questo è vero, eppure niente di tutto ciò spiega veramente qual- questa «specie di diario incentrato sull’azione di correre» che mette in cosa, niente evoca l’ esperienza di guardare quest’ uomo che gioca. [...] parallelo la sua carriera di scrittore e l’esperienza del maratoneta. Esistono tre tipi di spiegazioni valide per dar conto dell’ ascendente di Perché tra le due attività Murakami trova molte correlazioni. Federer. Una ha a che fare con il mistero e la metafisica ed è, ritengo, Nel confrontarle disserta sul talento artistico e sulla creazione letteraria, quella che più si avvicina alla realtà. Le altre sono più tecniche e più espone le proprie idee sugli esseri umani e soprattutto parla di sé. praticabili per un testo giornalistico. La spiegazione metafisica è che Un grande libro. Roger Federer è uno di quei rari, soprannaturali atleti che sembrano es- sere esentati, almeno in parte, da certe leggi della fisica.” D. .F Wallace.

Cosa accomuna David Foster Wallace, lo scrittore americano morto suicida nel settembre del 2008, a Roger Federer, il tennista svizzero, vincitore di 16 tornei del Grande Slam e da tutti considerato il numero uno della storia di questo sport? In una parola si potrebbe dire: il genio. Wallace nella scrittura e Federer nel tennis sono quelle rare specie di individui dotati di elementi fuori dal comune, di forze inspiegabili che li rendono superiori ai loro simili. Tutto quello che DFW toccava diventava esperienza di vita e esperienza universale, perchè stiamo parlando di uno dei più grandi scrittori di tutti i tempi! Qui la penna geniale di Wallace incontra la racchetta di Federer, genio del tennis. E, ovviamente, per tutti gli amanti dello sport in generale è un libro indimenticabile. Su Ghiaccio Sottile di Mick Fowler Ed. Alpine studio, 2010

Quali sono i libri di montagna migliori degli ultimi cinque anni? Sorpassando titoli importanti ( e lontani dalla retorica, che troppo spesso trabocca da questo genere) come “Confessioni di un serial climber”, “So- litari”, “Senza ritorno”, questo libro di Mick Fowler entra in una dimensio- ne superiore, e quasi ( quasi...) mi viene da dire che stiamo parlando di un libro di letteratura nel senso universale del termine. Traduzione eccellente di Luca Calvi, che già conosciamo per le traduzio- ni da ogni possibile lingua straniera per Stile Alpino e per le serate Sport Specialist.

34 RECENSIONILibri

Lost Souls, Giordano Christian FIORI DI CILIEGIO Storie e miti del basket di strada. di Oreste Forno di Giordano Christian A.G. Bellavite – Missaglia – LC Ed. Bradipolibri 2010 Sono le persone più anziane che usano spesso, per iniziare un loro di- scorso o per dare una replica polemica, ricorrere alla tanto deprecata

Destroyer. Helicopter. Fly. Goat. Pee Wee. Ray Lew. Swee’Pea. Nick- introduzione “ai miei tempi…”. name mitici come i playground USA dove, ancora oggi, sono leggende. Oreste Forno non è un uomo anziano, anche se ha ormai raggiunto l’età Dai ghetti di New York, Los Angeles, Chicago, Detroit e altre metropoli matura: se viene perciò a parlarci dei “suoi tempi”, non intende farlo con disagiate, la vita spesso violenta di 35 “anime perdute” del basket di stra- il tono autoritario di chi si è messo sulla cattedra. Evidentemente, ad una da. Più brevi ritratti di altri idoli misconosciuti che meritavano di essere certa età, si è facilmente indotti a ripensare e a rivedere come in un film raccontati. gli anni commoventi della propria infanzia. Cosa che lui fa con incredibile Dagli anni 70 a oggi, tramandate per generazioni, le storie dei più grandi lucidità e con l’evidente nostalgia che adesso traspare nel suo ultimo ballers che non ce l’hanno fatta nei pro. Pro spesso umiliati, al Rucker- libro, stampato recentemente con i tipi di A. G. Bellavite. Park, al West 4th Street, al Foster Park di Flatbush, al “The Hole” di Bed- Conosciamo l’autore come un autentico innamorato della montagna, di Stuy, da ragazzi difficili cresciuti alla dura legge dello street basketball: cui è tuttora eccezionale interprete anche nelle più svariate forme della “no blood, no foul”. Niente sangue, niente fallo. Un viaggio fantastico per pratica sportiva, che hanno costituito l’oggetto interessante dei suoi vo- chi ama il basket più puro, l’America che non appare in tv e l’unico gior- lumi. nalismo credibile: quello sul campo. Adesso invece Oreste Forno si presenta in una diversa veste, perché- «Conosco Lost Souls, perché conosco le lost souls. Se lo state per leg- concretizzando il frutto di tanti pensieri e ispirazioni cui si è abbandonato gere è perché siete anche voi morbosamente attratti da chi è passato nell’intimità della solitudine, raccoglie in un centinaio abbondante di titoli col rosso nella vita. O magari perché – se Dio vuole – le loro storie non gli episodi, i personaggi, le consuetudini che hanno costituito il quadro si- si vedono su YouTube e ci costringono ancora a farsi immaginare» Dalla gnificativo dei suoi primi anni di vita. E siccome, insieme al protagonista, prefazione di Federico Buffa. a venire in chiaro nel “Fiori di ciliegio” sono le situazioni esistenziali ed ambientali, vissute in un tempo relativamente lontano, che non appar- tiene comunque più all’attuale società, ognuno potrà trovare nella loro descrizione motivi di particolare interesse, sempre validi pur nel modo di- verso con cui si confrontano, secondo le differenti posizioni anagrafiche. YUJI THE CLIMBER di Osamu Haneda Ed.Versante Sud Quando si parla dei grandi nomi dell’alpinismo e dell’arrampicata, non si ha ormai più il timore di interessare soltanto un pubblico marginale, quel- lo rappresentato unicamente dai cosiddetti intenditori. Questo mondo ri- esce a coinvolgere adesso in modo universale, ed anche in questo caso, che viene proposto è un personaggio nel quale si concentrano, assieme alle genialità specifica che lo esalta per le sue imprese entusiasmanti, anche le notevoli qualità ed elementi di carattere umano che riescono a catturare l’attenzione e ad appassionare anche chi abitualmente non si cura dell’arrampicata. Se poi ogni climber superlativo ha una sua storia irripetibile e inconfondibile, quella di Yuji Hirayama si avvale del valore aggiunto di riferirsi ad un giovane che ha alle spalle una cultura ben di- versa dalla nostra: ed è qui che l’autore, lui pure giapponese, ci viene in aiuto per farci comprendere il senso e la mentalità autentica di un ra- gazzo che si è imposto il compito di arrivare sul tetto del mondo. E come non potrebbe risultare allora avvincente anche per il lettore percorrere insieme alprotagonista uno stressante cammino che per Yuji Hirayama è iniziato con il sogno di salire l’Everest, per tramutarsi poi nella pretesa di diventare il miglior climber del suo paese, se non addirittura del mondo?

35 Vieni nei nostri negozi a prendere i supertecnici cataloghi FITNESS e SNOW, o sfogliali on line sul nostro nostro sul line on eSNOW, osfogliali FITNESS cataloghi isupertecnici aprendere negozi nostri nei Vieni Via delle Industrie, Provinciale Villasanta-Oggiono, Località Bevera -0399217591 Bevera Località Villasanta-Oggiono, Provinciale Industrie, delle Via Via Palmanova 65-ampio parcheggio-fermate MM Udine/Cimiano-0228970877 MM parcheggio-fermate 65-ampio Palmanova Via Centro Commerciale Cremona Po, Via Castelleone 108 -0372458252 108 Po, Castelleone Via Cremona Commerciale Centro Centro Commerciale Bennet, Viale Lombardia 264 -0392878080 264 Lombardia Viale Bennet, Commerciale Centro Parco Commerciale Grancia, Via Cantonale -+41-0919944030 Cantonale Via Grancia, Parco Commerciale Complesso Polifunzionale, Piazza Ottobre 2000, 1-037756145 2000, Ottobre Piazza Polifunzionale, Complesso www.df-sportspecialist.it nod-prseils.t sd tl 039.921551 tel: sede | [email protected] Centro UCI Multisala, Via Nuova Valassina -0392454390 Nuova Valassina Via Multisala, UCI Centro Centro Commerciale La Corte Lombarda -0295384192 Lombarda Corte La Commerciale Centro I NEGOZI DF SPORT SPECIALIST LI TROVI SPORT SPECIALIST DF I NEGOZI A: Via Portico 14 -035530729 -16 Center) Portico Via Orio (vicino Via S. Anna (vicino Esselunga) -0331679966 Esselunga) (vicino Anna S. Via Centro Commerciale Le Vele -0309911845 Le Commerciale Centro Lissone (MB)TEMPORARY STORE |Lissone Centro VIP Center, Via Valassina, 86 Valassina, Via Center, VIP Centro Via Indipendenza 97 -0362344954 Indipendenza Via Bellinzago Lombardo (MI) Lombardo Bellinzago Via Milano 62 -031271380 Milano Via S. RoccoS. (LO) Porto al NUOVA APERTURA NUOVA APERTURA Olgiate Olona (VA) Olona Olgiate Meda (MB)Meda -Outlet Orio al Serio (BG) Serio al Orio Desenzano (BS)Desenzano NEI NOSTRI NEI SCONTI EPROMOZIONI PREMIATO. SEI PIU’ SOMMI DA SPORT DF PIU’ SPECIALIST Brugherio (MB) Brugherio Lissone (MB)Lissone Sirtori (LC) Sirtori Cremona Lugano Milano Como

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