Collana In/Tigor 15
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Collana in/Tigor 15 Comitato scientifico Giuseppe Battelli - Università degli Studi di Trieste, Stefano Amadio - Università degli Studi di Trieste, Giliberto Capano - Università degli Studi di Bologna, Fabio Cossutta Università degli Studi Trieste, Marco Cossutta - Università degli Studi di Trieste, Giuseppe Longo - Università degli Studi di Trieste, Maurizio Manzin - Università degli Studi di Trento, Paolo Moro - Università degli Studi di Padova, Gisella Paoletti - Università degli Studi di Trieste, Marina Sbisà - Università degli Studi di Trieste, Roberto Scarciglia - Università degli Studi di Trieste, Valter Sergo - Università degli Studi di Trieste, Giacomo Todeschini - Università degli Studi di Trieste, Miriam Totis - Presidente dell’Ordine degli Assistenti Sociali del Friuli – Venezia Giulia Presentazione della collana in/Tigor Nell’immaginario collettivo l’Università viene percepita, in prevalenza, come una isti- tuzione e tutt’al più un luogo fisico. Andando oltre questa pur legittima e diffusa percezione, la chiave di volta per cogliere il senso della collana in/Tigor va piuttosto cercata nel significato originario del termineuniversità : a lungo attivo nella lingua italiana per designare le corporazioni e, quindi, più modernamente declinabile come comunità indivisa di coloro che, pur con funzioni e competenze diverse, condividono l’arte (intesa quale attività/lavoro) dello studio. Se la finalità operativa della collana è individuabile nella diffusione dei risultati di valide analisi scientifiche e dei frutti del migliore insegnamento e della più proficua collaborazione con le aree professionali dialoganti con la stessa università, il fonda- mento profondo della stessa sta nel voler proporsi come segno di una data concezione e conseguente sperimentazione di università. Quale? La collana, lo suggerisce lo stesso nome, trova la propria simbolica collocazione nell’e- dificio di via Tigor. Ma ciò non va affatto inteso come riferimento esclusivo e nega- tivamente identitario, bensì come ‘luogo’ che, se non nega le proprie concrete radici storiche, si apre e si offre in quanto agorà virtuale nella quale incontrare sia ciascuna delle specifiche comunità di studio e di lavoro che costituiscono l’insieme complessivo dell’Ateneo di Trieste e di altri Atenei, sia ciascuna delle aree professionali che operan- ti nella società civile dialogano con lo stesso mondo universitario. In tal senso, e in un momento di drammatica messa in discussione dello stesso si- gnificato fondativo dell’università, e di insidiosa deriva verso deformanti declinazioni aziendaliste o tecnoburocratiche, questa agorà intende proporsi come spazio che - ri- volgendosi a coloro che ancora credono al decisivo ruolo dell’università pubblica in quanto veicolo di scienza e conoscenza, crescita della formazione critica, educazione a una cittadinanza consapevole - invera l’inscindibile unità di studio, insegnamento, legame con la società civile, ribadendo con forza come né l’uno, né gli altri potrebbero esprimere integralmente la propria intrinseca potenzialità qualora, invece di realizzare un’armoniosa fusione, perseguissero l’obiettivo di uno sviluppo separato. Ecco allora che la collana in/Tigor si concepisce come una universitas di persone libe- ramente accomunate dall’amore per la conoscenza e liberamente operanti, a prescin- dere e nel superamento di ogni predefinita cristallizzazione di ruoli, secondo i princìpi sopra delineati. Per le immagini riportate in appendice si ringrazia Raoul Degrassi © copyright Edizioni Università di Trieste, Trieste 2017. Proprietà letteraria riservata. I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale e parziale di questa pubblicazione, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm, le fotocopie e altro) sono riservati per tutti i paesi. ISBN 978-88-8303-893-8 (print) ISBN 978-88-8303-894-5 (online) EUT - Edizioni Università di Trieste Via E. Weiss, 21 – 34128 Trieste http://eut.units.it DA LENIN A LENNON Come jazz, rock, beat & pop contribuirono alla caduta della Cortina di Ferro EUGENIO AMBROSI Edizioni Università di Trieste SOMMARIO 9 PREFAZIONE DI CESARE LA MANTIA 15 INTRODUZIONE 21 1. LA FINE DELLA II GUERRA MONDIALE E IL PATTO DI JALTA 25 2. IN ORIGINE CI FU IL JAZZ. POI ESPLOSE IL ROCK’N’ROLL 33 3. IL DOPOGUERRA, L’URSS, LE DEMOCRAZIE POPOLARI 37 4. LE POLITICHE CULTURALI DELLA CIA 49 5. LA GUERRA FREDDA SULLE ONDE CORTE: IL RUOLO DELLE RADIO OCCIDENTALI 65 6. LA OCCIDENTALIZZAZIONE DELLA CULTURA GIOVANILE NELL’EUROPA: IL RUOLO DELLA CULTURA POP, IL PROCESSO E GLI ATTORI 73 7. IL KOMSOMOL, L’ORGANIZZAZIONE DEI GIOVANI COMUNISTI SOVIETICI 79 8. 1962/1970: THE BEATLES, TO THE TOP OF THE TOP 85 9. URSS 119 10. DDR 153 11. POLONIA 171 12. CECOSLOVACCHIA 189 13. UNGHERIA 205 14. ROMANIA 221 15. BULGARIA 237 16. JUGOSLAVIA 257 17. ALBANIA 269 18. FIDEL E “LOS BEATLES” 277 19. A PROPOSITO DEI BEATLES & ROLLING STONES, SPUNTI DA UN QUESTIONARIO 301 POSTFAZIONE di Rolando Giambelli 305 APPENDICE 317 BIBLIOGRAFIA 320 EMEROGRAFIA 323 SITOGRAFIA PREFAZIONE Lo scenario in cui l’accurato studio dell’Autore è inserito è quello dell’Europa del c.d. blocco sovietico, dalla sua genesi dopo il secondo conflitto mondiale, alla sua fine ufficiale il 25 dicembre 1991, con l’am- mainamento della bandiera sovietica dal pennone più alto del Cremlino e la sua sostituzione con il tricolore russo. Fu la conclusione di un’epoca per tutti, di un sogno non realizzato per molti e di un regime crudele per molti altri. La poesia dedicata da Evgenij A. Evtušenko (1995) alla bandiera rossa ammainata rende in pieno lo stato d’animo dei cittadini sovietici durante quella notte di Natale così speciale. Inaspettata per gli spettatori più superficiali, la possibile fine dell’URSS aveva avuto delle avvisaglie precise e dei segnali di crisi che testimoniavano come il “migliore dei mondi possibili” costruito con tenacia e crudeltà avesse qualche serio problema: uno su tutti l’irrisolta questione agraria. L’edificazione dell’URSS necessitava dell’acquisizione di originali mo- delli politico-culturali e soprattutto della creazione di una tipologia uma- na fino a quel momento sconosciuta: l’uomo nuovo sovietico, sintesi ed espressione dell’era appena iniziata e in grado di superare con un pa- triottismo di stampo sovietico le differenze nazionali. Questa nuova tipo- logia umana sarebbe nata dalla rieducazione degli adulti, specialmente dei contadini, e dalla formazione/preparazione sin dalla nascita delle nuove generazioni per farle diventare pietra angolare della costruen- da civiltà sovietica da contrapporre con successo all’Occidente capitali- sta. La necessità della comparazione mantenne una relativa permeabi- lità di base della società sovietica ai modelli culturali occidentali, sulla 9 quale operarono una costante attività di monitoraggio e repressione gli organi di controllo governativo. Nel periodo della Guerra Fredda, quando la contesa tra i due mondi di- venne più aspra, ogni aspetto della vita dell’una e dell’altra parte ebbe, se adeguatamente utilizzato, una potenziale funzione destabilizzante verso la parte avversa. La cultura intesa nel suo significato più ampio e nel suo uso propagandistico divenne un utile strumento di lotta diretta del c.d. blocco occidentale contro l’uomo nuovo sovietico con il duplice fine di evidenziare le contraddizioni della società in cui viveva e tentare di minarne le fondamenta. Il cinema, la letteratura e la musica divenne- ro strumenti di una guerra atipica, ma non meno efficace. Il tradizionale legame tra la cultura russa e quella occidentale fece da sfondo a tale scontro. Il lavoro di Eugenio Ambrosi affronta l’aspetto legato alla musica nella lotta tra i due blocchi e si inserisce in un filone di studi volto ad ap- profondire gli aspetti culturali della Guerra Fredda e le caratteristiche culturali del tentativo di costruire una civiltà sovietica; un filone di studi quest’ultimo che nei lavori di Gian Piero Piretto ha trovato la migliore interpretazione. Con precisione e partecipazione emotiva l’Autore ri- costruisce il percorso storico della penetrazione della musica statuni- tense, poiché di questa si trattava, in URSS. Il fenomeno è inquadrato in una fase in cui la cultura degli Stati Uniti si andava affermando come prevalente nel mondo occidentale, poiché era espressione della nazione che aveva contribuito in maniera determinante alla sconfitta del nazifascismo in Europa e del Giappone in Estremo Oriente, ma an- che perché, semplicemente, piaceva. Ambrosi testimonia l’inizio della diffusione della musica statunitense in Europa dopo la Grande Guerra: jazz e fox-trot, nelle sue varianti slow fox-trot e quickstep, divennero me- lodie e balli alla moda e suscitarono l’attenzione per la cultura musicale “americana” che nel secondo dopoguerra sarebbe divenuta dominante. Il jazz si diffonderà nella Russia bolscevica dei primi anni con esibizioni di gruppi statunitensi e creazione di una band sovietica. L’essere una musica basata su una forte libertà espressiva, proveniente da un mondo contro il quale ideologicamente si combatteva, fece patire al jazz un tentativo di trasformazione in qualcosa di sovieticamente accettabile. Il rapporto con il jazz seguì i cambiamenti politici dell’URSS e, dopo aver 10 celebrato sulla Piazza Rossa la vittoria nella Grande Guerra patriottica anche con esibizioni di jazz band, l’inizio della Guerra Fredda segnò una lunga fase di persecuzione contro una musica considerata dal PCUS perversa nella sua essenza: l’uomo nuovo sovietico doveva essere difeso