Quick viewing(Text Mode)

Maria Di Rohan F Ondazione T Eatro L a F Nc Di Enice V Enezia Fondazione Teatro La Fenice Di Venezia

Maria Di Rohan F Ondazione T Eatro L a F Nc Di Enice V Enezia Fondazione Teatro La Fenice Di Venezia

1 F ONDAZIONE T EATRO L A F NC DI ENICE V ENEZIA FONDAZIONE TEATRO DI VENEZIA

MARIA DI ROHAN FONDAZIONE TEATRO LA FENICE DI VENEZIA

MARIA DI ROHAN tragico in tre atti di SALVATORE CAMMARANO

musica di GAETANO DONIZETTI

PALAFENICE AL TRONCHETTO Sabato 30 gennaio 1999, ore 20.00, turno A Martedì 2 febbraio 1999, ore 20.00, turno D Venerdì 5 febbraio 1999, ore 20.00, turno E Sabato 6 febbraio 1999, ore 15.30, fuori abb. Domenica 7 febbraio 1999, ore 15.30, turno B Martedì 9 febbraio 1999, ore 17.00, turno C

3 Gaetano Donizetti. Litografia acquarellata. (Napoli, Istituto Suor Orsola Benincasa).

4 SOMMARIO

7 IL

44 STRUTTURA MUSICALE DELL’

46 MARIA DI ROHAN IN BREVE

48 ARGOMENTO - ARGUMENT - SYNOPSIS - HANDLUNG

57 LUCA ZOPPELLI I BURATTINI DEL CARDINALE MARIA DI ROHAN: SPAZIO PRIVATO E DRAMMATURGIA DELL’ANGOSCIA

73 MARIA DI ROHAN NELLA STAMPA DELL’EPOCA

87 GIANFRANCO CAPITTA INTERVISTA A GIORGIO BARBERIO CORSETTI

96 LUCA PELLEGRINI A COLLOQUIO CON GIANLUIGI GELMETTI

101 GIORGIO GUALERZI MARIA IN MANO AI BARITONI

105 GIANCARLO LANDINI «A MORIRE INCOMINCIAI» SUL TENORE E SUL BARITONO ROMANTICO NELL’ULTIMO DONIZETTI

115 VENEZIA 1974

123 LA LOCANDINA

125 BIOGRAFIE

I programmi di sala del Teatro La Fenice sono a cura di Cristiano Chiarot, collaborano Paolo Cecchi e Luca Zoppelli per la parte musicologica, Maria Teresa Muraro per la ricerca iconografica; cura redazionale Carlida Steffan.

5 Salvatore Cammarano. Litografia. (Sant’Agata, Villa Verdi).

6 IL LIBRETTO

MARIA DI ROHAN Melodramma tragico in tre atti di SALVATORE CAMMARANO

a cura di LUCA ZOPPELLI

7 Giuseppe Brioschi, Stanza nel palagio Chalais, scena per il secondo atto di Maria di Rohan. Prima rappresentazione assoluta, Vienna, Kärntnertortheater, 5 giugno 1843. Disegno a matita e acquarello. (Vienna, Theatermuseum).

8 Personaggi

RICCARDO, Conte di Chalais

ENRICO, Duca di Chevreuse

MARIA, Contessa di Rohan

Il VISCONTE de Suze

Armando di GONDI

DE FIESQUE

AUBRY, segretario di Chalais

Un FAMILIARE di Chevreuse

Cavalieri e Dame - Arcieri

Un Usciere del gabinetto del Re – Paggi Guardie – Domestici di Chevreuse

L’avvenimento ha luogo in Parigi, sotto il regno di Luigi XIII

9 Carlo Ferrario, Sala terrena del Louvre, scena per il primo atto di Maria di Rohan. Milano, Teatro alla Scala, 1864. Disegno a matita. (Milano, Museo Teatrale alla Scala).

10 ATTO PRIMO

Sala terrena del Louvre. A sinistra magnifica scala, che mette agli appartamenti del Re; altra simile a dritta, conducente a quelli della Regina; porte laterali: nel fondo intercolunnio, attraversato da seriche, effigiate cortine. Comincia la notte: ardono vaghi doppieri. SCENA PRIMA

CAVALIERI e DAME, giungendo da parti diverse.

QUALCHE DAMA Ed è ver! questa reggia, che pria Nel silenzio più tetro languia, Or, vestita di luce, s’appresta Alle gioje di subita festa!

UN CAVALIERE1 Ben lampeggia fra tanto mistero D’alte cose un baleno foriero!…

UN SECONDO Del ministro la stella declina! Sommessamente.

UN TERZO Ei dal seggio eminente rovina! c.s.

IL PRIMO Ma rimuover non giova tai veli…

UN ALTRO Quanto ardita opra saggia non è.

UN VECCHIO CAVALIERE S’abbandoni all’arbitrio de’ cieli, Il destino dei regni, e dei re. Si disperdono.

SCENA SECONDA

CHALAIS Egli viene dalle stanze del Re, guarda un istante verso l’appar- tamento della Regina, quindi trae un foglio e legge. «Non seguite la caccia: Pria che il Re torni, ch’io vi parli è d’uopo.» – Maria sì lungo tempo Fuggì la mia presenza, udir non volle Di mie querele il suono… Ed or!… Qual cangiamento!… – Ingiusto io sono! Quando il cor da lei piagato Sul mio labbro amor ponea, Quando al piede io le cadea, Ella udirmi, è ver, negò:

11 Ma di pianto mal frenato Le sue luci asperse intanto… Ogni stilla di quel pianto2 Una speme in me destò!

SCENA TERZA MARIA, dagli appartamenti della Regina, e detto.

MARIA Conte?…

CHALAIS Agitata siete!

MARIA Oh quanto! e voi potete Stornar funesto colpo.

CHALAIS Io?…

MARIA Stringe l’ora… M’udite. Sfida sanguinosa, il truce Nepote del ministro A Chevreuse intimò: spento cadea Chi provocò la pugna, E giusta legge a morte Condanna l’uccisor.

CHALAIS Pur troppo!

MARIA [Indarno Placar tentai col pianto L’inesorato Richelieu… Soltanto] Una speranza, e in voi riman.

CHALAIS Parlate.

MARIA Tutta la luce del regal favore Splende sul capo vostro. Ah! chiedete al Monarca Col massimo calore. Del reo la vita, e il reo vivrà.

CHALAIS [Congiunto Egli è di sangue a voi, pur… tanto affanno!… Sperda i sospetti miei Clemente il cielo.] Paventar dovrei Nel congiunto un rival?

MARIA Abbassando gli occhi. (Che dir?)

CHALAIS Tacete? [Oh silenzio tremendo!…]

12 Più non m’amate?

MARIA Nol degg’io!

CHALAIS Che intendo! Odesi un suono che annuncia il ri- torno del Re.

MARIA Il Re!… Fra poco ad onorar la festa Ei verrà della madre… [Il palco eretto All’alba fia!… – Brevi momenti avete, Ad implorar la grazia.]

CHALAIS È mio destino Ogni vostro desio!… Ah! della vita Che altrui difenderò, m’attende forse Crudo premio, la morte! Entra negli appartamenti del Re.

MARIA Rival! se tu sapessi!… Ei mi è consorte! Siede. – Qualche momento di silenzio. Cupa, fatal mestizia In questo core ha stanza… Qual entro un’urna gelida Qui muta è la speranza. Del viver mio son l’ore Contate dal dolore… Conforto ne’ miei gemiti Trovo al penar soltanto… E il pianto, ancora il pianto È grave error per me! – Si accosta alla porta che mena all’ap- partamento del Re, osservando nella massima agitazione.

SCENA QUARTA

DE FIESQUE, IL VISCONTE, DAME, CAVALIERI e detta, quindi un USCIERE.

VISCONTE Contessa! In tanto giubilo Mesta così!

DAME Perche?

MARIA Io, mesta? (Ciel, quai palpiti!)3 Quale incertezza orrenda!) FIESQUE Par che tremante e dubbia

13 Il suo destino attenda! Piano agli altri.

MARIA Chi giunge?… Agghiaccio ed ardo! Si avanza l’Usciere, e dopo essersi in- chinato a Maria, le porge un foglio, e rientra negli appartamenti del Re.

MARIA (Fia ver!… la grazia!… Il Re…) Con gli occhi sulla carta.

CAVALIERI Qual foglio mai!…

MARIA Riccardo, Ah! tutto io deggio a te!… (Ben fu il giorno avventurato Che a conoscerti imparai: Nobil cor, che tanto amai, Non invan ricorsi a te. Perché farti almen beato D’un accento non poss’io? Ma un arcano l’amor mio Dee restar fra il cielo e me.)

FIESQUE, VISCONTE, CORO Quale grazia, qual desio Appagò clemente il Re?4 Fra essi. Maria fa cenno alle Dame che la seguano nelle stanze della Regina.

SCENA QUINTA

GONDI e detti; quindi CHALAIS.

GONDI Cavalieri… Avanzandosi colla massima disinvoltura.

VISCONTE Chi veggio!…

CAVALIERI Armando!

FIESQUE È folle Costui!

GONDI Qual meraviglia!

FIESQUE E presentarti Osi alla Corte! di Chevreuse le parti Nell’infausto duello Tu sostenevi: ti circonda l’ira

14 Dell’offeso ministro! Chalais rientra in aria cupa e passeg- gia nel fondo della sala.

GONDI Ei volge or nella mente Cure più gravi! È certa, ed imminente La sua caduta.

FIESQUE Certa!

GONDI In tuono di beffarda ironia. Il cor mi piange, Dolce amico, per te, ch’ei destinava Capitan degli Arcieri.

FIESQUE Apertamente Altri non l’osa ancor, di sua rovina Tu sol gioisci!

GONDI Ei m’è rival.

FIESQUE Deliri?

GONDI Udite! Tutti a lui d’intorno. Chalais si arresta ad ascoltarlo, sempre in fondo alla sala. I miei sospiri Giammai non sepper dell’amata donna Scendere al cor: ne investigai l’occulta Ragion possente: del ministro il tetto, Entro un sol dì, l’accolse Ben tre volte!

GLI ALTRI, tranne CHALAIS Il suo nome?

GONDI A tutti è nota: Maria, Contessa di Rohan!

CHALAIS Balzando verso Gondi. Che ardisci!

GONDI Riccardo!…

CHALAIS Infame detrattor! Mentisci.

GLI ALTRI Conte!

GONDI Sguainando la spada. Ragion del fero Insulto dammi! [CHALAIS Ah! sì… c.s.

15 VISCONTE, CAVALIERI. Fermate!

FIESQUE Il senno Smarriste? Nella reggia!…]

VISCONTE5 Alcun s’avanza!…

CHALAIS Ebben, domani. Gettando il guanto che Gondi raccoglie.

FIESQUE È questa Opra d’incanto!… Il Duca!…

CAVALIERI Chevreuse!

SCENA SESTA

CHEVREUSE e detti.

CHEVREUSE Amici…

FIESQUE Tu alla Corte?

CHEVREUSE Il vedi.

FIESQUE E come?

CHEVREUSE Correndo nelle braccia di Chalais. Al mio liberator lo chiedi. Volgendosi ai Cavalieri. Gemea di tetro carcere Fra le pareti oscure, Pender vedea terribile Sul capo mio la scure! Quando parlar di grazia Odo una voce intorno… Sciolto dai ceppi, all’aure Di libertà ritorno… Qui, fra la gioia unanime, Schiera mi cinge amica… – Riccardo, questa lagrima Tutto il mio cor ti dica… Se posso un giorno spendere La vita in tuo favor, Grato mi fia di rendere

16 Il dono al donator.

CHALAIS (Nell’abbracciarlo, un aspide par ch’io mi stringa al cor!)

GLI ALTRI Furo i tuoi brevi palpiti Un sogno di terror.

CHEVREUSE (E tu Maria bell’Angiolo Tra sé. Di duol consolator. – Se anche ti posso stringere6 Su questo fido core, Dirti di quanto amore Ardo, mio ben, per te; Se nel tuo sguardo tenero Pascermi ancor m’è dato… Chi sarà mai beato In terra al par di me?)

CHEVREUSE Ma che! turbato sei?

CHALAIS Turbato!…

VISCONTE È vero. Corse fra lui poc’anzi, Ed Armando una sfida…

CHALAIS Mortal. Gettando verso Gondi una fiera occhiata.

CHEVREUSE. Qui giungo in tempo a secondarti.

CHALAIS Mercè, Duca: il Visconte7 Avrò seguace.

CHEVREUSE Due ne chiede il rito Quando a morte si pugna! – Ove? Volgendosi rapidamente a Gondi.

GONDI Alla Torre Di Nesle.

CHEVREUSE Prescrivi il giorno, accenna l’ora. GONDI Della vegnente aurora

1 Part.: Gli interventi dei singoli cavalieri sono affidati al coro. 2 Part.: «Ogni stilla del suo pianto».

17 Il sorger primo. La sala si riempie di altri Cavalieri e Dame.

VISCONTE È dover mio recarmi Dappresso al Re; ci rivedrem tra poco Alla festa. Entra nelle stanze del Re.

SCENA SETTIMA

MARIA e detti.

MARIA Le Danze Incominciaro, ed alte nuove apporto; Deposto è Richelieu.

FIESQUE Che?

MARIA L’annunziava La Regina, ella stessa.

GONDI Oh! Gioja!…

GLI ALTRI, tranne FIESQUE Viva il Re!

CHEVREUSE Felice appieno Mi rende oggi la sorte: Dame, Signori, alfin la mia consorte Presentarvi m’è dato. Maria si turba.

GLI ALTRI Che parli!…

CHEVREUSE Del nepote, Che il mio brando svenò, sposa il ministro Bramò la mia diletta; Le folgori a schivar di sua vendetta Io l’imene tacea.

CORO, FIESQUE Ma la Duchessa?

CHALAIS, GONDI La tua sposa?…

[MARIA (O cimento!…)]

CHEVREUSE Eccola! Presentando Maria.

18 CHALAIS Atterrito. Dessa! CHEVREUSE D’un anno il giro è omai compito, Che a lei mi strinse occulto rito, Che il viver mio seco diviso Beato riso – d’amor si fe’.

MARIA (Il suo tormento, le smanie io veggo, Tutto nel volto il cor gli leggo… Ah! gronda sangue quel cor piagato, Ma più squarciato – del mio non è.

CHALAIS (Di qual mistero s’infranse il velo!…8 Per me di lutto si veste il cielo!… Tranne la tomba che si disserra Beni la terra – non ha per me!)

GONDI, FIESQUE, CORO Di vostra gioja gode ogni core, Sì liete nozze fecondi amore. I beni tutti che il mondo aduna Rechi fortuna – al vostro piè.

SCENA OTTAVA

Il VISCONTE e detti.

VISCONTE Conte! A Chalais con profondo inchino.

CHALAIS Ebben?…

VISCONTE Di voi primiero Suo ministro, chiede il Re.

FIESQUE (Ei!)

CHEVREUSE Ministro!…

MARIA Ciel!

GONDI, CHEVREUSE, FIESQUE, CORO Fia vero!…

TUTTI Plauso al Conte di Chalais! Chevreuse stringe la mano di Chalais; gli altri si affollano intorno ad esso come per felicitarlo. Fiesque cerca dissimulare la

19 sua collera frammischiandosi alla comu- ne esultanza. TUTTI Sparve il nembo minaccioso Che atterria la Francia intera! Sorge un astro luminoso!… Qui ciascuno esulta e spera!

CHALAIS (Se d’onor desio mi prese, Se vaghezza ebb’io d’impero, Lei mertar che il cor m’accese, Era il solo mio pensiero:9 Or che unita altrui la scopro, Or che so che un altro ell’ama, Che mi cal d’onore e fama, Se più mio non è quel cor?)

MARIA (Deh! reggete voi quel core Patrio zelo, ardor di gloria… A turbar d’infausto amore Mai nol venga la memoria.)

CHALAIS, CHEVREUSE, GONDI Rammentate… come al cielo Tolto fia dell’ombre il velo!… Piano fra loro.

CHEVREUSE, MARIA , VISCONTE, GONDI, CORO Al piacer dischiuda il varco Ogni labbro, ed ogni cor.

FIESQUE (Il dispetto ond’io son carco10 Vela, o riso mentitor.)

[CHALAIS (Al suo brando io stesso il varco Schiuderò di questo cor.)]

GONDI, CHALAIS Sì, verrò.> Vengon tolte le cortine in fondo, lasciando vedere i giardini del Louvre, sfolgoreg- gianti per vivide faci e popolati da guardie, faci e nobili convitati alla festa, tra i quali molti chiusi in eleganti maschere. – Cha- lais, seguito dal Visconte, si avvia agli ap- partamenti del Re, ma giunto alla sommità della scala, si rivolge un istante verso Ma- ria. Tutti s’inchinano, quindi muovono per

3 Part.: «Io, mesta? (O Ciel, qual palpito!)». 4 Così WN1843. Part. riprende il testo di NA1839: «Di contento ne’ suoi rai / Vivo lampo scintillò».

20 entrare nella galleria della festa. ATTO SECONDO

Una stanza nel palagio Chalais. Sulla dritta in fondo, porta d’entrata: a sinistra veroni aperti, dai quali scorgesi una facciata del Louvre, tutta illuminata: lateralmente la porta d’un gabinetto d’arme, adorna di trofei: in contro ad essa altra porta che mette all’appartamento della Contessa, madre di Chalais.

SCENA PRIMA

CHALAIS, occupato a scrivere; sul tavolino, una spada leggera alla quale suggellerà le lettere. AUBRY nel fondo [Odesi dal Louvre il suono di liete danze.]

CHALAIS Soffermandosi dallo scrivere. Nel fragor della festa, ahi! la rividi L’ultima volta!… Oh mio destin crudele!… Me la rapiva un cenno Della Madre spirante!… L’oriuolo del Louvre suona le quattro: Chalais scrive ancora qualche linea, quindi chiude il foglio, si trae dal seno una medaglia, e l’attacca ad esso. Aubry!

AUBRY Avanzandosi. Signore!

CHALAIS Osserva! Apre un ripostiglio della scrivania e pone la lettera, rinchiude e ne serba la chiave. S’io non riedo, e il giorno muore, Con violenta mano Apri, ed il foglio reca… Ivi è segnato A cui. Né ad altri sia palese. Intendi?

AUBRY Il mio zel conoscete.

CHALAIS È vero. – [Attendi. Come risovvenendosi d’alcuna cosa. Pria di macchiar con la vietata pugna Il mio grado sublime, io lo ricuso. Segna un foglio e lo suggella. Al Re. Porgendolo ad Aubry che subito esce.] Egli entra nel gabinetto e ritorna con due pistole, che ripone sulla scrivania, accanto alla sua spada; poscia si avvi- cina alla porta conducente alle stanze

21 Giuseppe Bertoja, Stanza nel palagio Chalais, scena per il secondo atto di Maria di Rohan. Venezia, Teatro La Fenice, 1847. Disegno a matita e acquarello. (Venezia, Museo Correr).

22 della madre. Dorme affannosa!…11 Ah! Forse, o madre mia, Entrambi dormiremo, Pria del volger del giorno, il sonno estremo! Alma soave e cara, Che al tuo fattore ascendi, La dipartita amara Per poco ancor sospendi. Fra breve, in cor lo sento, Io pur sarò sotterra: Amor ci univa in terra, Ci unisca amor in Ciel. E tu, se cado esanime, Se il fato vuol ch’io mora, Versa un’amara lagrima Sulla mia tomba almen. Che t’amerò, bell’angelo12, Oltre la tomba ancora, Quando d’amore i palpiti Taccion di morte in sen.

SCENA SECONDA

AUBRY e detto.

AUBRY Donna, che il volto d’una larva cinge, A voi parlar desia. Eccola!

SCENA TERZA

I suddetti, e MARIA chiusa in dominò e coverta d’una maschera.

CHALAIS [Va. Ad Aubry che si ritira.] – Maria getta la maschera. Maria!…

O supremo piacer!… – Non mi destate…

5 Part.: Battuta affidata a Fiesque. 6 Part.: «Se ancor m’è dato stringerti».

23 CHALAIS È sogno, è sogno il mio!… MARIA Che favellate, Misero, di piacer? Vi sta d’innanzi La morte! Richelieu…

CHALAIS Finite.

MARIA In alto Ritorna.

CHALAIS Come?

MARIA Il Re l’udia: scolparsi Fu lieve a quell’accorto.

CHALAIS E voi?…

MARIA M’apprese La Regina il segreto… Altrui fidarsi Era periglio… Voi salvaste i giorni Del mio consorte, i vostri A salvar m’affrettai. D’uopo è fuggir.

CHALAIS Fuggir! Che intendo mai!…

MARIA E senza indugio alcun. Di nere trame Il ministro v’incolpa, e sorto appena Il dì, fra ceppi trascinar vi denno, E serbarvi alla scure…13

LA VOCE DI CHEVREUSE Ov’è costui!… [Chalais!] Riccardo!…

MARIA Qual persona tocca da fulmine. Il mio consorte!…

CHALAIS Oh cielo! Come ascondervi?… Ah! sì… Afferra d’un braccio Maria, che è rima- sta immobile, presa da tremito convul- so, e la spinge rapidamente nel gabi- netto d’armi. M’investe un gelo!14

7 Part.: «Perché, Duca? il Visconte». 8 Part.: «(Di qual mistero s’infrange il velo!… ».

24 SCENA QUINTA

CHEVREUSE e detto.

CHEVREUSE Ch’ei dorma!… Uscendo.

CHALAIS Muovendogli incontro, e simu- lando calma. Enrico!…

CHEVREUSE T’aspettai finora Nel tetto del Visconte… avanza l’ora Al duello prescritta, Chalais volge smarrito un rapido sguardo al gabinetto. e vengo io stesso…

CHALAIS Favella più sommesso… Potria la madre udir!

CHEVREUSE Abbassando la voce. Saggio consiglio! Prendiam l’armi, e si vada… Avvicinandosi alla scrivania. Che! [con] sì fragil spada!… Irne al ballo t’avvisi? Un ornamento Da festa io veggo… Eh! no: dieci migliori Lame possiedi, e la prudenza impone… A me la scelta, a me: [son] tuo campione… Incamminandosi verso il gabinetto.

CHALAIS Che fai? T’arresta! Nella più grande agitazione. Arrestati… Respingendolo.

CHEVREUSE Se tu non vuoi… Che vedo! Scorgendo la maschera e racco- gliendola. Or tutto è chiaro!

CHALAIS E credere Osi?…

CHEVREUSE Al [mio] sguardo io credo.

CHALAIS Ah! no, t’inganni… ascoltami… Qui non la trasse amore… Lo giuro al ciel, colpevole Non è, non è quel core…

CHEVREUSE Favella più sommesso… In tuono scherzevole. 25 Potria la madre udir!

[CHALAIS (Ah! fui vicino io stesso L’arcano a discoprir!)]

CHEVREUSE De’ tuoi segreti a frangere Io qui non venni il manto; Dell’onor tuo sollecito Io qui movea soltanto. Bruttarti di ludibrio Potria l’indugio.

CHALAIS È ver!…

CHEVREUSE In te ritorna, scuotiti A così reo pensier. Corriamo alla vittoria Che a noi prepara il fato; Desta l’ardire usato, Sorgi nel tuo valor. T’arriderà la gloria, Come t’arrise amor.

CHALAIS (A brani mi dilania Del suo terror l’imago. Un occhiata al gabinetto. Destino avverso, è pago L’ingiusto tuo furor?15 No, più tremenda smania Mai non oppresse un cor!)

CHEVREUSE Sul campo dell’onore Io ti precedo.

CHALAIS Ah! sì…

CHEVREUSE Ma tronca le dimore. Vedi, già spunta il dì.

CHALAIS E CHEVREUSE Chevreuse ridendo. Potria la madre udir.>

Chevreuse esce, Chalais chiude la porta, indi si accosta al gabinetto.

CHALAIS Maria!…

SCENA V

26 MARIA e detto; essa è pallida, e mal si regge in piedi.

CHALAIS Sedete…

MARIA Un altro istante ancora, Ed io morta cadea.

CHALAIS Tornate in calma; Il periglio cessò.

MARIA Cessò? ma crudo, Tremendo al paro altro ne insorge! Io tutto Udia, pugna fatal… Voi non v’andrete…

CHALAIS Che!…

MARIA No… Per quanto avete Sorgendo. Di caro in terra, e sacro in ciel, Parigi Abbandonar giurate… or, or, che morte D’ogni intorno vi stringe…

CHALAIS Che dite? L’onor mio!

MARIA Funesto errore! A suddito leal vieta l’onore Di trasgredir le leggi… e giusta e santa Legge i duelli condannò…

CHALAIS Maria!…16 Lottar col fato è vano!… Ei mi tragge, io lo seguo…

MARIA Ah! disumano… Il Louvre batte le cinque.

CHALAIS Ecco l’ora!… Disponendosi ad uscire.

MARIA O mio spavento! Con la forza della disperazione. Deh! m’ascolta…

CHALAIS S’io ritardo Un momento, un sol momento, Avrò nota di codardo!

MARIA Ah! per poco…

27 CHALAIS No…

MARIA Son io … Mira, io son che il chieggo a te!

[CHALAIS (Crudo istante!… Al par del mio Lacerato un cor non v’è!…)]

MARIA Con accento animato, ma sempre in- terrotto dalle lagrime. Che mai potrà commuoverti?… Quai sensi, quali accenti?… Non il mio duolo, i gemiti… Di me pietà non senti! La madre?… ah! di due cori, Del suo, del mio pietà… Riccardo, se tu muori La madre tua morrà! Cadendo ai piè di Chalais.

CHALAIS (Come frenar la lagrima Che pende sul mio ciglio?…) [Io son mortal, son figlio!…)] La sorte mia tremenda In Ciel segnata è già… Più fiera non la renda La tua crudel pietà. Sorgi o donna… il cor m’infrangi! Cercando di alzarla; Maria si avvitic- chia alle sue ginocchia.

MARIA Nella polvere, ai tuoi piedi Qui morrò, se non ti cangi…17

CHALAIS Ah! contrasto…

MARIA Con forza sempre crescente. Se non cedi Al mio pianto… alla mia prece.

CHALAIS Tu vincesti!… Sollevandola. – Odonsi frequenti colpi alla porta.

SCENA VI

I suddetti, ed il VISCONTE, sempre dentro.

28 VISCONTE Conte!

CHALAIS Amico!

VISCONTE Scorse l’ora, ed in tua vece A pugnar s’appresta Enrico.

CHALAIS Cielo! ed io!… Va’… lo rattieni… Io ti seguo… io volo… Prendendo le sue armi.

MARIA Ahimè!…

CHALAIS Non udisti? A Maria.

VISCONTE Vieni, ah vieni…

CHALAIS Corro…

MARIA A morte. – Arresta il piè…18

CHALAIS A morire incominciai Nell’udirti altrui consorte; Lascia, o donna, lascia omai Che si compia la mia sorte… – Deh! talvolta a gemer vieni Sulla pietra che m’accoglie… E le gelide mie spoglie Sentiranno e vita e amor.

MARIA Per l’amor che t’inspirai, Per la mesta genitrice, Va, t’invola, cedi omai Al terror d’un’infelice. Un rimorso a me risparmia, Te ne prego ai tuoi ginocchi… Deh! pietà di me ti tocchi, Deh! ti muova il mio dolor.

MARIA No, ah no, giammai!

CHALAIS Suonò l’ora!…

MARIA Di tua morte!> ATTO TERZOChalais parte correndo, Maria lo segue.

Sala nella dimora di Chevreuse. Ingresso nel prospetto; una porta laterale; grande oriuolo in fondo; un tavolino fra due sedie.

29 Carlo Ferrario, Sala nella dimora di Chevreuse, scena per il terzo atto di Maria di Rohan. Milano, Teatro alla Scala, 1864. Disegno a matita. (Milano, Museo Teatrale alla Scala).

30 SCENA PRIMA

CHEVREUSE, con un braccio avvolto da una benda, siede presso il tavolino, sul quale stanno le pistole di Chalais. MARIA in piedi da un lato, CHALAIS dall’altro, alcuni servi indietro.

CHEVREUSE A Maria, ch’è vivamente agitata. Ti rassicura!… la ferita è lieve, Più che nol mostri.

CHALAIS Ah! tardi, Mio malgrado, io giungea!… Perché non m’attendesti?…

CHEVREUSE Or di ben altra Sciagura i colpi riparar n’è d’uopo. L’aure di questo cielo Spiran morte per te!… Via di salvezza Io t’aprirò… Sorgendo.

CHALAIS Che fai?… Riposo chiede il tuo stato…

CHEVREUSE Riposo, Mentre in periglio qui staria l’amico?… Mal conosci, Riccardo, il cor d’Enrico! Accenna ai servi di seguirlo, ed esce per la porta laterale.

MARIA (Alzar non oso i lumi!)

SCENA SECONDA

Un familiare di CHEVREUSE , AUBRY e detti.

FAMILIARE19 Annunziando: Aubry si avanza, egli si ritira. Aubry!

AUBRY Ansante, con estremo turbamento. Lung’ora Indarno vi cercai… sull’orme vostre Mi ridusse il Visconte…

CHALAIS Apportator sei di sciagura?

9 Part.: «Era il solo mio desio».

31 AUBRY Invase Drappel d’arcieri il vostro albergo, e tutte Le più riposte carte Sorprese.

CHALAIS Oh fero evento!… Esci! Ad Aubry, che parte. Tu sei perduta! Con disperazione.

MARIA Io?… Ciel, che sento?

CHALAIS Pria che a pugnar movessi, a te vergava Note d’amor… quel foglio Or nelle mani è del Ministro, in breve Fia nelle mani del tuo sposo…

MARIA Ah! ch’egli Mi svenerà!

CHALAIS Dell’ira sua tu dei Fuggir l’impeto primo… I passi miei raggiungi.

MARIA No…

CHALAIS La tua virtù m’è sacra… Rispettarla [io] prometto, e fra le braccia Trarti del tuo germano, [Governator d’Alsazia…] Odesi scoccare una molla: s’apre un uscio segreto, di fronte alla porta late- rale.

MARIA Il Duca!… Taci.

SCENA TERZA

CHEVREUSE e detti.

CHEVREUSE Per quest’occulta via presso alle mura Della città si giunge; ivi t’aspetta Un rapido cavallo. Andiam… t’affretta. Mentre Chalais prende il cappello, egli esce il primo per la porta segreta. CHALAIS Rapidamente (Maria, se la vicina

32 Ora squilla, e non vieni, a morir teco Io riedo.) Segue Chevreuse.

MARIA Infausto Imene Stringer volesti, o madre! Con amarezza. Ah! l’averti obbedita, Lo vedi, a me costar dovrà la vita! Resta alquanto in silenzio. Poi, colpita da un pensiero, cade in ginocchio, ed i suoi lumi si riempiono di lagrime. Havvi un Dio che in sua clemenza Volge il guardo all’infelice, Che de’ figli l’obbedienza Scrive in cielo, e benedice. Il suo braccio salvatore Madre, invoca in mio favore… Ah! da morte acerba e fiera Involarmi sol puoi tu… D’una madre alla preghiera No, mai chiuso il ciel non fu.

SCENA QUARTA

CHEVREUSE e detta; poi il FAMILIARE.

CHEVREUSE Partì: brev’ora, ed egli fia lontano Da questa terra.

MARIA (Ah smania!)

FAMILIARE Il Capitano Degli Arcieri.

MARIA Con manifesto spavento. (Ah! la morte!…)

CHEVREUSE A Maria. (Onde tremar! Già salvo È Riccardo…) – S’avanzi! Al Familiare.

FAMILIARE La Regina Di voi chiese, Duchessa. Esce.

MARIA Con rapido movimento. Vado.

CHEVREUSE Ah! pria Ti calma.

33 MARIA Son tranquilla… Pur… se vuoi ch’io rimanga…

CHEVREUSE No.

MARIA Uscendo. (Vacilla Sotto al mio piede il suol!…) Maria s’incontra in De Fiesque, che le s’inchina; ella risponde confusamente al saluto, e si allontana con sollecitudi- ne. Chevreuse la osserva, non senza qualche stupore.

SCENA QUINTA

DE FIESQUE, in divisa militare, alcuni ARCIERI, che rimangono al di là dell’ingresso, e detti.

FIESQUE Spera il Ministro, Che a me svelar dell’accusato Conte L’Asil vi piaccia. Chevreuse vorrebbe rispondergli. Questo foglio innanzi Leggete, o Duca, la risposta quindi Dandogli la lettera di Chalais, a cui è unito il ritratto. Aspetterò. Si ritira con gli Arcieri.

CHEVREUSE Dopo aver spiegato il foglio. – Son cifre Di Riccardo! – Legge. «Fra poco estinto forse Cadrò per te: l’eterno Silenzio della tomba Covrirà l’amor mio… – Piangi, ma in cor soltanto… Ultimo addio Da me ricevi, e la tua dolce imago Riprendi.» – Apre la scatola, contenente il ritratto. Che!… Maria!… Dessa! E Riccardo… La scorsa notte… Oh rabbia!… – No, no… spirto maligno Illuse gli occhi miei… Esser non puote. Osserva nuovamente il ritratto. Ah! che pur troppo è lei! Cade annientato su una sedia. – Bella, e di sol vestita

34 Mi sorridea la vita! Amico il Ciel m’offria Quanto un mortal desia! Sorge smanioso. Ahi! fur mentite larve! Fu sogno che disparve!… [Tutto il tremendo vero S’affaccia al mio pensiero ! –] Funesto il giorno e squallido Agli occhi miei sì fe’… Per me veleno è l’aura… È tomba il suol per me.

SCENA SESTA

FIESQUE e detto; quindi il FAMILIARE.

FIESQUE Ebben?

CHEVREUSE Che mai bramate?

FIESQUE Duca, nol rammentate? Una risposta.

CHEVREUSE Il perfido Fuggì… pur troppo!… (Ed essa Avria seguito?… [Orribile Sospetto!…]) Suona un campanello: compari- sce il Familiare. La Duchessa Qui rieda…

FIESQUE Vana cura. Ella è fra queste mura.

CHEVREUSE [Fra queste mura!…] (Oh giubilo!)

FIESQUE Escirne un cenno mio Tolse ad ognun. Raggiungere Il Conte spero… Addio! Esce affrettatamente.

CHEVREUSE. Vanne… la mia consorte… Colei qui tragga il piè. Al Familiare che subito esce. Voce fatal di morte, Empia, t’appella a me! – Piangendo. Ogni mio bene in te sperai, Per me la luce fosti del dì, Del Cielo istesso io più t’amai…

35 Fu giusto il cielo, che mi punì! Ah! d’una lagrima il ciglio mio Asperge ancora stolta pietà!…20 Sì, ma fra poco di sangue un rio A questa lagrima succederà. Entra nella porta laterale.

SCENA SETTIMA

MARIA ed il familiare, quindi CHEVREUSE.

MARIA Si avanza con passo incerto e vacillan- te; il suo volto è cosparso di estremo pallore, ha gli occhi immobili e spaven- tati; ella resta lungamente in silenzio, come instupidita, quindi si scuote, guarda all’interno, ed esclama: Al supplizio fui tratta!…

CHEVREUSE Rientra, non visto da Maria, ch’è sul da- vanti della scena: egli ha un pugnale nella destra, e la rabbia sculta negli oc- chi, ma, osservando lo stato di Maria, si commove a pietà. (Ecco l’infida, Entro il mio cor piantarlo Lasciandosi cadere il pugnale sul ta- volino. Più lieve a me saria!) Si avanza, e fa sedere la moglie a lui d’accanto: ad un suo cenno il domestico si ritira. Momenti di silenzio. Maria vol- ge un guardo all’oriuolo. Come inquieta Misuri il tempo! Ah! n’hai ragion; t’aspetta… Scompiglio di Maria. La Regina.

MARIA (Ogni sguardo, ogni parola I miei spaventi accresce!…)

CHEVREUSE O rimaner t’incresce21 All’uom dappresso che t’amò… che t’ama Più di oggetto mortal? che in te ripose Cieca fidanza?

10 Part.: «Il dispetto ond’io son pieno». 11 Part.: «Dorme un sonno affannoso!»

36 MARIA Duca!… (Io tremo.) CHEVREUSE Il nome Infamar del consorte… Il proprio nome!… Orrida, spaventosa È quest’idea! pur traviata sposa Ad arrestar non vale…22 E quando noto sia l’oltraggio, è d’uopo Cancellarlo col sangue!…

MARIA Ah! basta, basta… (Ahi, qual destin tremendo ne sovrasta!)

CHEVREUSE Frenandosi e con ironia. So per prova il tuo bel core, La tua fé m’è nota assai; Non ha macchia il tuo candore, Il mentir che sia non sai. – Ben potei sicuro e franco L’onor mio riporre in te.

MARIA Cessa… Ohimè!… La tua ferita23 Gronda sangue…

CHEVREUSE Alzandosi impetuosamente. Io ne versai Maggior copia… la mia vita Per l’indegno avventurai!…

MARIA Deh! ti calma…

CHEVREUSE Ah! qual mi rende, Qual mercede il traditore!… E la sorte lo difende… Lo sottragge al mio furore…

MARIA Duca, Oh ciel…

CHEVREUSE Né a me fia dato Trucidar lo scellerato?…

MARIA (Tremo!)

CHEVREUSE Il cor squarciargli a brani Non potrò con queste mani? Squilla l’oriuolo.

MARIA Ah!

12 Part.: «Che t’amerò, bell’idolo» 13 Part.: «E serbato alla scure».

37 Con grido acutissimo, e volgendosi piena di terrore, e con moto involontario, al- l’uscio segreto.

CHEVREUSE Qual grido!… Tu volgesti Alla porta i rai! Perché? – Viva speme in cor mi desti! Forse… il vil…?

MARIA Pietà… di… me… Cadendo, quasi tramortita, ai suoi piedi.

CHEVREUSE Trascinandola verso l’uscio segreto, e tenendola sempre afferrata per un braccio. Sull’uscio tremendo lo sguardo figgiamo: Che alcun lo dischiuda, uniti attendiamo. Spavento mortale – o donna t’assale!… – È troppa la gioja!… mi toglie… il… respir! Traendo dalla paura di Maria la certez- za del ritorno di Chalais.

MARIA T’acqueta… m’ascolta… non credere all’ira…–24 Il detto… la prece… sul labbro… mi spira!… Ah! più non avanza – alcuna speranza… [Ad ogni momento] mi sembra morir!…

SCENA OTTAVA

L’uscio schiudesi ad un tratto, comparisce CHALAIS; i suddetti.

CHEVREUSE Ah!… Con espressione di gioia feroce.

MARIA Colmata è la misura!…

CHEVREUSE. Che ti guida in queste mura?

CHALAIS Il poter d’avverso fato, Brama ardente di morir. Gettando la spada.

CHEVREUSE Ben venisti.

MARIA Sciagurato!… A Chalais; un terribile sguardo di Che- vreuse le tronca la parola. (Ei mi fece abbrividir.)

14 Part.: «M’investe un gelo» attribuito a Maria.

38 SCENA NONA

Il FAMILIARE e detti.

FAMILIARE Duca ah Duca… stuol d’Arcieri Ha varcato il primo ingresso.

MARIA Ahi!…

CHEVREUSE Riccardo, i tuoi pensieri Volgi al Ciel: l’istante è presso.

CHALAIS Una vita si desìa Che m’è grave: io stesso… Movendosi per incontrare gli Arcieri.

CHEVREUSE Trattenendolo. È mia Questa vita – Or tu, brev’ora Li rattieni. Al familiare, che tosto esce; egli chiude la porta.

CHALAIS (Che farò?)

MARIA Non ti schiudi o terra ancora?)

CHEVREUSE Prendi. Ponendo nelle mani di Chalais una delle due pistole.

CHALAIS Che?…

CHEVREUSE Mi segui! Accennandogli la porta laterale.

CHALAIS No!

CHEVREUSE Vivo non t’è concesso Escir da queste porte… Vieni… per te di morte L’ora suonata è già. Invoca il ciel per esso, Ma sordo il ciel sarà.

CHALAIS Del tuo furor non tremo,25

15 Part.: »Il tuo furor?».

39 Se tutto in me s’appaga. Che tardi?… un core impiaga, Che speme più non ha… Un premio, un ben supremo La morte a me sarà.

MARIA Prima che sia compita26 Tragedia sì funesta, M’uccidi, se ti resta Un’ombra di pietà… Lasciarmi ancora in vita È troppa crudeltà. Odonsi ripetuti colpi alla porta in fon- do. Chevreuse, respingendo Maria, che cerca interporsi, tragge seco Chalais, per l’uscio laterale, e subito lo chiude per entro. Maria sull’una seggiola, pri- va di sentimento.

SCENA DECIMA

La porta in fondo è abbattuta: irrompono nella sala DE FIESQUE ed una compagnia d’ARCIERI.

FIESQUE Ove si cela il perfido?…

ARCIERI Sottrarsi ei tenta invano…

[S’ode lo scoppio di due pistole. Maria balza in piedi esterrefatta.]

SCENA ULTIMA

Apresi la porta laterale, da cui si mostra CHEVREUSE, le cui sembianze sono difformate: ha i capelli ritti sulla fronte, e l’occhio sfavillante di sanguigna luce: tal che meglio d’uomo, lo crederesti orribile spettro.

FIESQUE Il Conte?…

CHEVREUSE Del carnefice Ad evitar la mano, Egli s’uccise.

16 Part.: «Non sai!…».

40 MARIA Ah!… FIESQUE Veggasi… Entra seguito da qualche arciere; gli al- tri restano presso il limitare: mentre tutti gli sguardi son fissi a quella volta, Chevreuse si avvicina a Maria.

CHEVREUSE La morte a lui!

MARIA Piangendo. Crudel!

CHEVREUSE La vita coll’infamia Gettando a lei d’innanzi la lettera ed il ritratto. A te, donna infedel!

MARIA27 28 Onta eterna?… Io non t’amai!… Io ti resi un omicida…29 Per me infamia e morte avrai, E fu pura la mia fé. Cielo! or usa del tuo dritto, Questa vittima ti sfida… Se obbedirti fu delitto, È il tuo fulmine mercè.

17 Part.: «Se tu non cangi». 18 Part.: «A morte. – T’arresta!…». 19 Part.: Il Familiare non compare, e la battuta è assegnata a Chalais. 20 Part.: «asperge ancora vana pietà».

41 NOTA AL TESTO

La presente edizione segue il testo del li- Donizetti introdusse varianti più o meno bretto stampato in occasione della prima importanti, di cui è opportuno dare conto viennese del 5 giugno 1843 («Maria di in forma immediatamente accessibile al Rohan. / Melodramma tragico in tre parti lettore: può trattarsi di omissioni, aggiunte [sic]. / Poesia di / Salvadore Cammerano o sostituzioni. Nel libretto viennese del [sic]. / Musica del / cav. Gaetano Donizetti, 1843 le omissioni sono talvolta segnalate / maestro di cappella di camera e / compo- con le consuete virgolette, talatra no (per sitore di corte di S.M. / l’Imperatore d’Au- tacere dei casi in cui le virgolette colpisco- stria. / Da rappresentarsi / nell’I.R. Teatro no dei passi che invece Donizetti musicò). di Corte / alla porta di Carinzia in Vienna. / Abbiamo perciò rinunciato ad accogliere le Vienna. / Tipi Ferdinando Ullrich». Tale li- inattendibili differenziazioni tipografiche bretto, com’è noto, costituisce il rimaneg- dell’originale, e ci limitiamo a segnalare fra giamento, commissionato da Donizetti ad []tutte le sezioni di testo non musicate dal un ignoto poeta, de Il Conte di Chalais, compositore. Le aggiunte, invece, sono se- «melodramma tragico in tre atti» di Salva- gnalate fra <>. Nel casi in cui Donizetti al- dore Cammarano [musica di Giuseppe Lil- teri il verso con sostituzioni di parole o si- lo], «da rappresentarsi nel Real teatro S. gnificative inversioni nell’ordine delle stes- Carlo nell’Autunno del 1839», Napoli, tipo- se, la lezione della partitura compare in no- grafia Flautina. Nel musicare l’opera Doni- ta. Non si è dato conto delle piccole varian- zetti si basò sul libretto rimaneggiato, ma ti inevitabili nel processo di intonazione di in alcuni punti tornò al dettato dell’origina- un testo: ripetizioni, inserimento di interie- le, di miglior qualità letteraria. Il libretto zioni, uso di terminazioni piane anziché viennese è assai corrotto dal punto di vista tronche e viceversa, minime inversioni, tipografico: oltre a numerosi refusi e soleci- commutazione tra forme simili smi, raramente rispetta le convenzioni gra- (tipo:«egli»/«ei»), eccetera. Nelle note, la si- fiche atte ad evidenziare la struttura metri- gla «Part.» si riferisce ovviamente alla parti- ca e omette sezioni di testo per evidente di- tura musicata da Donizetti, «WN1843» al li- menticanza. Quando l’opera venne ripresa bretto della prima viennese, «NA1839» al li- a Napoli, nell’autunno 1844, il libretto bretto originale di Cammarano per Lillo, stampato fu verosimilmente rivisto, anche nella versione a stampa. nelle parti nuove rispetto all’originale del 1839, dallo stesso Cammarano. Pertanto la L.Z. presente edizione ricorre, nei numerosi passi dubbi o corrotti, alla lezione dei li- bretti napoletani, compreso il manoscritto (catalogato come autografo di Cammarano, il che potrebbe essere dubbio) conservato nella Biblioteca del Conservatorio S. Pietro a Maiella di Napoli. Come di consueto, nel musicare il testo

42 Giuseppe Brioschi, Sala nella dimora di Chevreuse, scena per il terzo atto di Maria di Rohan. Prima rappresentazione assoluta, Vienna, Kärntnertortheater, 5 giugno 1843. Disegno a matita e acquarello. (Vienna, Theatermuseum).

43 21 Part.: «Oh! Rimaner t’incresce». 22 Part.: «Ad arrestar non basta». 23 Part.: «Cessa omai!… La tua ferita». 24 Part.: «non cedere all’ira». 25 Part.: «Del tuo furor non temo». 26 Part.: «Ma pria che sia compita». 27 La finale di Maria è presente tanto nel libretto WN1843 quanto nella partitura, ma venne tagliata a ridosso della prima rappresentazione. 28 Didascalia non valida se l’opera viene, rappresentata con la cabaletta finale. 29 Part: «Io ti resi un parricida».

44 STRUTTURA MUSICALE DELL’OPERA a cura di ENRICO GIRARDI

Preludio n. 3 Finale I Allegro - Larghetto - Allegro «Ma che! Turbato sei? / Turbato!… / È vero» (Orchestra) (Chevreuse, Chalais, Visconte, Gondi, Maria, Coro)

Concertato del Finale ATTO I «D’un anno il giro è omai compito» (Chevreuse, Maria, Chalais, Gondi, Fiesque, Co- n. 1 Introduzione ro) «Ed è ver? Questa reggia che pria» (Coro) Stretta del Finale I «Sparve il nembo minacioso» (Maria, Gondi, Chevreuse, Fiesque, Coro, Chalais) Recitativo «Non seguite la caccia»

Cavatina «Quando il cor da lei piagato» (Chalais) ATTO II

Seguito dell’Introduzione n. 4 Preludio, Scena e Aria Chalais «Conte!.. / Agitata voi siete?» Maestoso - Allegro - Larghetto (Maria, Chalais) (Orchestra)

Cavatina «Cupa, fatal mestizia» Scena «Nel fragor della festa, ahi! la rividi» (Maria) (Chalais [Aubry])

Cabaletta della Cavatina Aria «Alma soave e cara» «Ben fu il giorno avventurato» (Visconte, Coro, Maria, Fiesque) Cabaletta dell’Aria «E tu, se cado esanime» (Chalais) n. 2 Scena dopo la Cavatina di Maria e Cavatina di Chevreuse n. 5 Finale II «Cavalieri... / Che veggio»? «Donna, che il volto d’una larva cinge» (Gondi, Visconte, Coro, Fiesque, Chevreuse) (Aubry, Chalais, Maria, Chevresue)

Cavatina «Gemea di tetro carcere» Duetto «Ah no... t’inganni... ascoltami» (Chevreuse [Gondi, Chalais, Visconte, Fiesque]) (Chalais, Chevreuse)

Seguito della Cavatina Seguito del Finale II «Se ancor m’è dato stringerti» «Sedete... / Un altro istante ancora» (Chevreuse [Gondi, Coro]) (Chalais, Maria [Visconte])

44 Duetto «Ecco l’ora! / O mio spavento!» Terzetto «Ah! / Colmata è la misura» (Chevreuse, Maria, Chalais, Un familiare) Stretta del Finale II «A morire incominciai» (Chalais, Maria) Stretta «Vivo non t’è concesso» (Chevreuse, Maria, Chalais)

Cabaletta del Finale II ATTO III «Onta eterna? Io non t’amai» (Maria) n. 6 Preludio Larghetto - Allegro * Il presente schema evidenzia le forme degli otto nu- meri che costituiscono quest’opera, l’incipit dei brani e (Orchestra) tra parentesi l’elenco dei personaggi che, in ordine di apparizione, sono impegnati nei singoli pezzi. Sono al- n. 7 Scena e Preghiera di Maria tresì riportati i tempi, limitatamente ai brani orchestra- e Aria di Chevreuse li. Scena «Ti rassicura!..la ferita è lieve» (Chevreuse, Chalais, Aubry, Maria)

Preghiera «Havvi un Dio che in sua clemenza» (Maria)

Scena «Partì: brev’ora, ed egli fia lontano» (Chevreuse, Maria, Un familiare, Fiesque)

Aria «Bella, e di sol vestita» (Chevreuse [Fiesque])

Cabaletta dell’Aria «Ogni mio bene in te sperai» (Chevreuse) n. 8 Gran scena e Terzetto Finale III «Al supplizio fui tratta» (Maria, Chevreuse)

Duetto «So per prova il tuo bel core»

Cabaletta del Duetto «Sull’uscio tramendo lo sguardo figgiamo» (Chevreuse, Maria) , prima interprete del ruolo di Maria di Rohan.

45 MARIA DI ROHAN IN BREVE a cura di ENRICO GIRARDI

Penultima opera di Donizetti, composta in tenuta in repertorio sino ai giorni nostri, una sorta di raptus creativo su un libret- costituisce un notevole stravolgimento del- to preesistente di Cammarano (e su un la drammaturgia dell’opera. La versione soggetto cui l’autore pensava da molti an- originale, ora ripristinata grazie all’edizio- ni), Maria di Rohan fu rappresentata al ne critica, si discosta da quella corrente per Kärntnertortheater di Vienna il 5 giugno circa un terzo della partitura, e conferisce 1843. Capolavoro assoluto del pieno ro- alla partitura un taglio nettamente diverso. manticismo italiano, costituisce all’epoca La breve invettiva finale di Maria «Onta lo stadio più avanzato nella sperimentazio- eterna? Io non t’amai», presente nella parti- ne di un nuovo dramma romantico borghe- tura e nel libretto viennesi, venne omessa se di aspra e frenetica espressività, ispirato alla vigilia della prima al Kärntnertorthea- al teatro francese, nel genere che di lì a po- ter: gli spettatori del PalaFenice potranno co distinguerà i capolavori verdiani. Di ca- ascoltarla in prima esecuzione assoluta. rattere colloquiale, privato e claustrofobico A Venezia, Maria di Rohan è andata in sce- (tutti e tre gli atti si svolgono in ambienti na per la prima volta al Teatro San Bene- interni), essenziale e continua nelle forme, detto, nel maggio del 1845; due anni dopo priva di concessioni decorative o belcanti- ebbe una sfortunata ripresa alla Fenice (il stiche, di atto in atto l’opera si svolge in mo- Duca di Chevreuse rimase improvvisa- do sempre più sintetico e incalzante, per ri- mente senza voce e lasciò la scena); ed è ri- specchiare una vicenda dominata dagli comparsa, sulla scia della Donizetti orologi, dall’angoscia del tempo, dal conti- Renaissance, nel 1974 ( e Re- nuo incombere di ore fatali, sino al trasci- nato Bruson tra gli interpreti, diretti da Gia- nante terzetto di scontro conclusivo, che nandrea Gavazzeni), con la regia di Alberto rimpiazza il tradizionale rondò della pri- Fassini e scene di Pierluigi Samaritani. madonna, e costituisce il diretto anteceden- Regista e scenografo di questo nuovo al- te di quello di . Maria di Rohan fu lestimento è Giorgio Barberio Corsetti, chiaramente scritta in funzione delle seve- esponente di punta dell’avanguardia tea- re esigenze drammaturgiche e musicali trale, e già applaudito nella passata stagio- dell’ambiente viennese; la stessa ouvertu- ne al PalaFenice per l’impianto scenico del re, nel taglio beethoveniano e nei toni che Fidelio di Stéphane Braunschweig. talora ricordano Schubert, rappresenta un omaggio alla tradizione musicale della ca- pitale imperiale. Ripresa nell’autunno successivo al Théâtre Italien di Parigi, in un contesto più tradizio- nale e disimpegnato, l’opera venne alterata con la sostituzione di alcuni numeri e l’ag- giunta di diversi pezzi brillanti, fra cui l’in- tera parte per en travesti del gio- vane Gondì. Questa versione, che si è man-

46 Scena finale della prima rappresentazione assoluta di Maria di Rohan. Incisione su rame a colori tratta da «Allgemeine Theaterzeitung» del 5 agosto 1843.

47 ARGOMENTO a cura di ENRICO GIRARDI

L’azione si svolge a Parigi, durante il regno conoscenza per il nobile gesto di Chalais, di Luigi XIII (c. 1630). che ella è condannata ad amare in silenzio [Cabaletta della Cavatina: «Ben fu il giorno avventurato»]. Armando di Gondì, giovane aristocratico ATTO PRIMO amante dei duelli e secondo di Chevreuse, giunge a corte fra lo stupore generale: si Sala terrena del Louvre. sente sicuro, poiché la caduta di Richelieu Nel vedere la reggia illuminata a festa, i è imminente. cortigiani discutono sommessamente le vo- La sua antipatia per il cardinale è comple- ci di una prossima destituzione dell’onni- tata dal fatto ch’egli corteggia inutilmente potente primo ministro, il Cardinale Riche- una dama che pare amante del Cardinale, lieu [Coro: «Ed è ver? Questa reggia che poiché è stata vista più volte recarsi presso pria»]. di lui: la contessa di Rohan. Sopraggiunge il conte di Chalais, già aman- All’udire questa calunnia, Chalais aggredi- te della contessa Maria di Rohan, poi da lei sce Gondì e lo sfida a duello per l’alba se- misteriosamente respinto: Maria gli ha fis- guente [Scena]. sato un appuntamento, ed egli spera che lei In quell’istante giunge Chevreuse, graziato l’ami ancora [Cavatina: «Quando il cor da dal Re: si getta nelle braccia di Chalais, alla lei piagato»]. cui intercessione deve la vita, e gli giura fe- Maria giunge trafelata, spiegando che il deltà sino alla morte [Cavatina: «Gemea di Duca di Chevreuse, amico di Chalais, è sta- tetro carcere»]. to sfidato a duello dal nipote di Richelieu, Udendo del duello fissato, Chevreuse si pro- l’ha ucciso, e per questo viene condotto al pone a Chalais come secondo. In quel men- patibolo: i duelli sono vietati sotto pena ca- tre, viene annunciata la destituzione di Ri- pitale. Essendo rimasti senza seguito i suoi chelieu: Chevreuse può quindi ufficialmen- appelli a Richelieu, prega Chalais di inter- te presentare Maria come propria sposa cedere presso il Re affinché il Duca sia gra- [Scena]. ziato. Stupore degli astanti, terrore e disperazione Chalais tenta invano di ottenere un segno di Chalais [Concertato del Finale I: «D’un d’amore da Maria, ma acconsente a recarsi anno il giro è omai compito»] Il Visconte di dal Re. Maria, in realtà, è sposata a Che- Suze viene, da parte del Re, a convocare vreuse per volere della famiglia: il matri- Chalais perché assuma la carica di Primo monio è rimasto segreto per sfuggire all’ira Ministro. Esultanza generale, ma prostra- di Richelieu [Scena]. zione ed angoscia di Chalais e Maria [Stret- La sua vita, ora, è trasformata in una gelida ta del Finale I: «Sparve il nembo minaccio- e disperata sofferenza [Cavatina: «Cupa, fa- so»]. tal mestizia»] Giunge un messo a conse- gnarle l’atto di grazia per Chevreuse firma- to dal Re: Maria esprime la propria muta ri-

48 ATTO SECONDO ATTO TERZO

Una stanza nel palazzo Chalais. Sala nella dimora di Chevreuse. Nel silenzio notturno, convinto di soccom- Chevreuse, ferito al braccio nel duello soste- bere nel duello, Chalais scrive una lettera nuto per conto di Chalais, tenta di organiz- d’addio a Maria, restituendole il suo ritrat- zare la fuga dell’amico, ricercato dagli to. [Scena]. sgherri del Cardinale: gli indica un passag- Nella stanza accanto agonizza la madre di gio segreto che conduce fuori città, ove l’at- Chalais: egli sente che morranno insieme tende un cavallo. Un servo di Chalais avver- [Aria: «Alma soave e cara»], e rivolge un te il padrone che gli arcieri di Richelieu han- pensiero a Maria, che amerà sin oltre la no fatto irruzione nel suo palazzo, seque- tomba [Cabaletta dell’Aria: «E tu, se cado strando tutti i documenti, compresa la lette- esanime»]. ra d’addio a Maria. Presto la lettera sarà nel- Sopraggiunge Maria, in domino nero e ma- le mani di Chevreuse, e la vita di Maria sarà scherata, per avvertire Chalais che Riche- in pericolo: fuggendo per l’uscio segreto lieu è tornato al potere, ed intende sbaraz- Chalais dice a Maria che l’attenderà fuori zarsi al più presto del suo rivale. In quell’i- città fino allo scoccare dell’ora, e se non la stante, si ode la voce di Chevreuse che vedrà comparire tornerà per morire insieme giunge per accompagnare Chalais al duel- a lei [Scena]. In lagrime, Maria si rivolge al- lo. la madre in Cielo affinché interceda per lei Chalais nasconde Maria nello sgabuzzino [Preghiera: «Havvi un Dio che in sua cle- delle spade e, imbarazzatissimo, prega l’a- menza»]. mico di parlare sottovoce, ufficialmente per Mentre Maria esce, giunge il capitano degli non farsi sentire dalla madre [Scena]; que- arcieri, che vuole sapere da Chevreuse ove sti intuisce una presenza femminile, ma si si nasconda Chalais, e gli consegna la lettera preoccupa solo di far fretta a Chalais affin- compromettente [Scena]. Apprendendo del- ché non arrivi tardi al duello [Duetto: «Ah l’amore di Maria e Chalais, Chevreuse vede no… t’inganni… ascoltami»]. crollare il sogno di felicità della sua vita Uscito Chevreuse, Chalais trae Maria dallo [Aria: «Bella, e di sol vestita»] e giura sangui- sgabuzzino: mentre scocca l’ora prefissa, nosa vendetta [Cabaletta dell’Aria: «Ogni ella tenta disperatamente di convincerlo, mio bene in te sperai»]. Rientra Maria, cui gli per amor suo e della madre, a non recarsi arcieri hanno impedito di lasciare il palazzo. al duello [Duetto Finale II: «Ecco l’ora! O Chevreuse le rinfaccia il tradimento con mio spavento!»] amara ironia [Duetto: «So per prova il tuo Il Visconte di Suze, da fuori, avverte Cha- bel core»]. L’orologio suona le sei, e Maria, lais che Chevreuse, come secondo, sta per terrorizzata, fissa la porta del passaggio se- combattere al posto suo; ultimi dispera- greto: Chevreuse comprende ch’ella attende ti tentativi di Maria per trattenere Chalais, il ritorno di Chalais, e pregusta la vendetta per il quale, avendo perduto Maria, la vita [Cabaletta del Duetto: «Sull’uscio tremendo non ha più alcun senso [Cabaletta del lo sguardo figgiamo»]. Giunge Chalais, ras- Duetto: «A morire incominciai»]. segnato a morire: inutilmente Maria tenta di placare il furore di Chevreuse [Terzetto Fi- nale III: «Vivo non t’è concesso»]. Chevreuse trascina l’amico entro l’uscio segreto: s’ode un colpo di pistola. Gli arcieri entrano in scena: Chevreuse ricompare annunciando che Chalais è morto, e con poche parole sprezzanti getta a Maria lettera e ritratto. Breve, disperata invettiva finale di Maria [Cabaletta: «Onta eterna? Io non t’amai»].

49 ARGUMENT a cura di ENRICO GIRARDI

L’action se déroule sous le règne de Louis Chevreuse, signé de la main du Roi : Marie XIII (1630 environ) exprime sa muette reconnaissance pour la noblesse du geste de Chalais qu’elle est condamnée à aimer en silence [Cabaletta PREMIER ACTE della Cavatina: «Ben fu il giorno avventura- to»]. Dans une salle du Louvre, située au rez-de- Armando di Gondi, jeune aristocrate pas- chaussée. sionné de duel et second de Chevreuse, ar- A la vue du château illuminé comme pour rive à la cour au milieu de la stupeur géné- une fête, les courtisans discutent à voix rale : il est plein d’assurance car la disgrâce basse de la prochaine destitution du tout- de Richelieu est imminente. Son antipathie puissant premier ministre, le Cardinal de envers le Cardinal est renforcée par le fait Richelieu [Coro: «Ed è ver? Questa reggia qu’il courtise en vain une dame qui passe che pria»]. pour son amante car on l’a vue plusieurs Arrive sur ces entrefaites le comte de Cha- fois se rendre à ses côtés : la comtesse de lais, ancien amant de la comtesse Marie de Rohan. Lorsque cette calomnie parvient à Rohan, qui l’a ensuite mystérieusement ses oreilles, Chevreuse agresse Gondi et le évincé. La comtesse lui a donné rendez- provoque en duel pour le lendemain à l’au- vous, et ce dernier espère qu’elle l’aime en- be [Scena]. A cet instant précis arrive Che- core [Cavatina: «Quando il cor da lei piaga- vreuse que le Roi a gracié : il se jette dans to»]. les bras de Chalais, auquel il doit la vie et il Marie arrive, bouleversée; elle explique lui jure fidélité jusqu’à sa mort [Cavatina: que le Duc de Chevreuse, ami de Chalais, a «Gemea di tetro carcere»]. été provoqué en duel par le neveu de Ri- Lorsqu’il apprend que le duel a été fixé, chelieu, qu’il l’a tué et que pour cette raison Chevreuse se propose à Chalais comme se- il est conduit à l’échafaud : les duels sont cond. On annonce entre temps la destitu- interdits et punis de la peine capitale. Com- tion de Richelieu : Chevreuse peut donc of- me ses appels auprès de Richelieu sont re- ficiellement présenter Marie comme son stés sans réponse, elle prie Chalais d’in- épouse [Scena] – à la grande stupeur du pu- tercéder auprès du Roi afin que le duc soit blic et au grand désespoir de Chalais [Con- gracié. Chalais tente en vain d’obtenir un certato del Finale I: «D’un anno il giro è signe d’amour de la part de Marie, mais il omai compito»]. Le Vicomte de Suze vient accepte tout de même de se rendre auprès convoquer Chalais, de la part du Roi, qui le du Souverain. En fait, Marie a épousé Che- nomme Premier Ministre. Exultation géné- vreuse sur la volonté de sa famille. Le ma- rale, mais prostration et anxiété de Chalais riage est resté secret pour ne pas encourir et de Marie [Stretta del Finale I: «Sparve il la colère de Richelieu. [Scena]. Mais sa vie nembo minaccioso»]. n’est plus que souffrance et désespoir [Ca- vatina: «Cupa, fatal mestizia»]. Survient un messager qui lui remet l’acte de grâce pour

50 DEUXIEME ACTE ami, que poursuivent les hommes d’armes du Cardinal. Il lui indique un passage se- Dans une salle du Palais de Chalais. cret qui conduit à l’extérieur de la ville où Dans le silence de la nuit, persuadé qu’il l’attend un cheval. Un domestique de Cha- succombera au duel, Chalais écrit une let- lais avertit son maître que les archers de tre d’adieu à Marie et il lui rend son portrait Richelieu ont fait irruption dans son palais [Scène]. Dans la pièce à côté, la mère de et qu’ils ont sequestré tous les documents, y Chalais est à l’agonie. Il sent qu’ils mour- compris sa lettre d’adieu à Marie. Cette let- ront ensemble [Aria: «Alma soave e cara»] tre sera bientôt dans les mains de Chevreu- et il adresse ses dernières pensées à Marie se et la vie de Marie sera en danger. Au mo- qu’il aimera même après sa mort [Cabalet- ment où il sort par la porte secrète, Chalais ta dell’Aria: «E tu, se cado esanime»]. dit à Marie qu’il l’attendra à l’extérieur de Arrive Marie, le visage masqué et enve- la ville jusqu’à l’heure dite et s’il ne la voit loppée d’une cape noire; elle vient prévenir pas arriver, il reviendra mourir à ses côtés Chalais que Richelieu est revenu au pou- [Scena]. Marie, en larmes, s’adresse à sa voir et qu’il entend se débarrasser au plus mère qui est au ciel pour qu’elle intercède vite de son rival. A cet instant on entend la en sa faveur [Preghiera: «Havvi un Dio che voix de Chevreuse qui s’apprête à accom- in sua clemenza»]. pagner Chalais au duel. Chalais cache Ma- Tandis que Marie sort de la pièce, arrive le rie dans la remise à épées et, en proie au capitaine des archers qui veut apprendre de plus profond malaise, il prie son ami de la bouche de Chevreuse où se cache Cha- parler à voix basse, sous prétexte qu’il ne lais et il lui remet la lettre compromettante doit pas se faire entendre de sa mère [Sce- [Scena]. Lorsqu’il vient à connaissance de na]. Ce dernier sent intuitivement la pré- l’amour de Marie et de Chalais, Chevreuse sence d’une femme mais son seul souci est voit s’écrouler tous ses rêves de bonheur de faire en sorte que Chalais arrive à l’heu- [Aria: «Bella, e di sol vestita»] et il jure que re au duel [Duetto: «Ah no… t’inganni… sa vengeance sera sanglante [Cabaletta del- ascoltami»]. l’Aria: «Ogni mio bene in te sperai»]. Retour Après le départ de Chevreuse, Chalais fait de Marie, que les archers ont empêchée de sortir Marie de la remise. Tandis que sonne quitter le palais. Chevreuse lui reproche sa l’heure fixée pour le duel, elle essaie dése- trahison, la voix emplie d’ironie amère spérément de le convaincre, par amour [Duetto: «So per prova il tuo bel core»]. Six pour elle et pour sa mère, de ne pas aller se heures sonnent et Marie, saisie d’effroi, fixe battre [Duetto Finale II: «Ecco l’ora! O mio la porte du passage secret. Chevreuse com- spavento!»]. Le Vicomte de Suze, depuis prend qu’elle attend le retour de Chalais et l’extérieur du palais, avertit Chalais que il savoure déjà sa vengeance [Cabaletta del Chevreuse, en qualité de second, est prêt à Duetto: «Sull’uscio tremendo lo sguardo fig- se battre à sa place. Marie tente désespéré- giamo»]. Arrive Chalais, décidé à mourir. ment de retenir une dernière fois Chalais Marie tente en vain de calmer la fureur de pour qui la vie, maintenant qu’il a perdu Chevreuse [Terzetto Finale III: «Vivo non t’è Marie, n’a plus aucun sens [Cabaletta del concesso»]. Chevreuse entraîne son ami Duetto: «A morire incominciai»]. vers la porte secrète. On entend un coup de pistolet. Les archers entrent en scène : Che- vreuse réapparaît et annonce que Chalais TROISIEME ACTE est mort. Il jette à Marie la lettre et son por- trait, qu’il accompagne de mots méprisants. Dans une pièce de la demeure de Chevreu- Brève invective finale de Maria, empreinte se. de désespoir [Cabaletta: «Onta eterna? Io Chevreuse, qui a été blessé au bras au non t’amai»]. cours du duel engagé pour le compte de Chalais, tente d’organiser la fuite de son

51 SYNOPSIS a cura di ENRICO GIRARDI

The events take place in Paris, during the tenced to love in silence [Cabaletta della reign of Louis XIII (c. 1630) Cavatina: «Ben fu il giorno avventurato»]. Armando di Gondì, a young nobleman, a lover of duels and Chevreuse’s second, ar- ACT ONE rives at court amid general astonishment: he feels safe since Richelieu’s fall from Ground-floor room in the Louvre. power is imminent. His hatred for the Car- On seeing the brightly lit palace, the cour- dinal is fuelled to a maximum by the fact tiers quietly discuss the rumours of an im- that he is in vain courting a lady - the minent dismissal of the all-powerful Prime Countess of Rohan - who appears to be the Minister, Cardinal Richelieu [Coro: «Ed è Cardinal’s lover, since she has been seen ver? Questa reggia che pria»]. going to visit him more than once. On hea- The Count of Chalais, once the lover of the ring this lie, Chalais assails Gondì and Countess Maria of Rohan and then inexpli- challenges him to a duel for the following cably rejected by her, appears: Maria has dawn [Scena]. asked him to meet her and he hopes that That exact moment sees the arrival of Che- she still loves him [Cavatina: «Quando il vreuse, now pardoned by the King: he th- cor da lei piagato»]. rows himself into the arms of Chalais who- Maria arrives out of breath, explaining that se intercession saved his life, and swears li- the Duke of Chevreuse, Chalais’ friend, fe-long fidelity to him [Cavatina: «Gemea di was challenged to a duel by Richelieu’s tetro carcere»]. nephew whom he killed, and for this he On hearing about the duel, Chevreuse of- has now been condemned to the scaffold: fers to be Chalais’ second. At that moment duels are forbidden under pain of death. Richelieu’s dismissal is announced: the- Since her own appeals to Richelieu have refore Chevreuse can officially introduce been in vain, Maria begs Chalais to interce- Maria as his wife [Scena]. de with the King for a pardon for the Duke. The onlookers are astonished, Chalais is In vain Chalais tries to obtain a sign of love horrified and stricken with despair [Con- from Maria, but he agrees to go and see the certato del Finale I: «D’un anno il giro è King. The truth is that, to comply with her omai compito»]. family’s wishes, Maria is married to Che- The Viscount of Suze, sent by the King, ar- vreuse: however, the marriage has been rives to summon Chalais to take on the of- kept a secret to avoid Richelieu’s anger fice of Prime Minister. There is general [Scena]. Her life has now become cold and rejoicing but Chalais and Maria are dejec- a continual act of suffering [Cavatina: «Cu- ted and distressed [Stretta del Finale I: pa, fatal mestizia»]. «Sparve il nembo minaccioso»]. A messenger arrives to give her the pardon for Chevreuse signed by the King: Maria expresses her voiceless gratitude for the noble gesture of Chalais whom she is sen-

52 ACT TWO secret passage which leads out of the city where a horse awaits him. One of Chalais’ A room in the Chalais palace servants warns his master that Richelieu’s In the silence of the night, convinced that archers have broken into his palace, confi- he will die in the duel, Chalais writes a fa- scating all documents including the fa- rewell letter to Maria, returning her por- rewell letter to Maria. trait to her. [Scena]. In the next room Cha- Soon the letter will be in Chevreuse’s lais’ mother is at death’s door: he feels that hands and Maria’s life will be in danger: as they will die together [Aria: «Alma soave e he flees through the secret passage, Chalais cara»], and he thinks of Maria whom he tells Maria that he will wait for her outside will love even after death [Cabaletta dell’A- the city until the hour strikes, and if she ria: «E tu, se cado esanime»]. does not appear, he will return to die with Dressed in a black cloak and wearing a ma- her [Scena]. In tears, Maria asks her sk, Maria arrives to warn Chalais that Ri- mother in Heaven to intercede for her [Pre- chelieu has returned to power and that he ghiera: «Havvi un Dio che in sua clemen- intends to rid himself of his rival as soon as za»]. possible. While Maria goes out, the captain of the ar- At that moment Chevreuse’s voice can be chers arrives: he wants to know from Che- heard: he has come to accompany Chalais vreuse where Chalais is hiding and to the duel. Chalais hides Maria in the he hands over the compromising letter sword cupboard and, in great embarras- [Scena]. sment, he begs his friend to speak quietly, Learning of the love between Maria and officially so as not to let his mother hear Chalais, Chevreuse sees his life’s hopes of [Scena]; his friend senses a female presen- happiness completely dashed [Aria: «Bella, ce but his only worry is to hurry Chalais e di sol vestita»] and swears bloody ven- along so that he does not arrive late for the geance [Cabaletta dell’Aria: «Ogni mio be- duel [Duetto: «Ah no... t’inganni... ascol- ne in te sperai»]. tami»]. Maria comes back; the archers will not let Once Chevreuse has gone, Chalais lets Ma- her leave the palace. With bitter irony Che- ria out of the cupboard: as the appointed vreuse confronts her with her un- hour strikes, she desperately tries to con- faithfulness [Duetto: «So per prova il tuo bel vince him, for love of herself and of his core»]. mother, not to go to the duel [Duetto Finale The clock strikes six and the terrified Maria II: «Ecco l’ora! O mio spavento!»]. From stares at the door of the secret passage. outside the Viscount of Suze informs Cha- Chevreuse understands that she is waiting lais that Chevreuse, as his second, is about for Chalais’ return and he already savours to fight in his place; Maria makes her final his revenge [Cabaletta del Duetto: «Sull’u- desperate attempt to stop Chalais for whom scio tremendo lo sguardo figgiamo»]. life no longer has any sense, now that he Chalais arrives, resigned to die: in vain Ma- has lost Maria [Cabaletta del Duetto: «A ria tries to placate Chevreuse’s anger [Ter- morire incominciai»]. zetto Finale III: «Vivo non t’è concesso»]. Chevreuse drags his friend into the secret passage: a pistol shot rings out. The archers come onto the scene: Chevreu- ACT THREE se reappears announcing that Chalais is dead, and with just a few scornful words he A room in the Chevreuse residence throws Maria both the letter and portrait. Chevreuse, wounded in the arm during the The act ends with Maria’s short, final and duel fought on behalf of Chalais, tries to or- desperate invective [Cabaletta: «Onta eter- ganize the flight of his friend who is sought na? Io non t’amai»]. by the Cardinal’s soldiers: he shows him a

53 HANDLUNG a cura di ENRICO GIRARDI

Ort und Zeit: Paris während der Herrschaft vreuse. Maria, verurteilt ihre Liebe zu Cha- Ludwig des XIII (um 1630) lais niemals kundtun zukönnen, dankt ihm im Stillen für die edle Geste [Cabaletta del- la Cavatina: «Ben fu il giorno avventura- 1. AKT to»]. Da die Absetzung Richelieus nahezuliegen Ein ebenerdiger Saal im Louvre. scheint und er sich daher in Sicherheit Der festlich erleuchtete Königspalast gibt wiegt, trifft der junge Aristokrat, Armando den Höflingen Anlaß untereinander über di Gondi, Liebhaber von Duellen und die Notiz einer möglichen, baldigen Abset- Sekundant Chevreuse, zum Erstaunen al- zung des allgewaltigen Premierministers, ler Anwesenden am Hofe ein. Seine Abnei- Kardinal Richelieu [Coro: «Ed è ver? Que- gung gegen den Kardinal wird durch die sta reggia che pria»] zu sprechen. Tatsache verstärkt, daß er vergeblich einer Der Graf von Chalais, einst Liebhaber der Dame den Hof macht, die die Geliebte des Gräfin Maria von Rohan, dann aber von Kardinals zu sein scheint: die Gräfin von derselben zurückgewiesen, erscheint: Ma- Rohan. ria hat ihn um ein Treffen gebeten, und er Als Chalais diese Verleumdung hört, greift hofft, daß sie ihn noch liebt [Cavatina: er Gondi an und fordert ihn für den folgen- «Quando il cor da lei piagato»]. den Morgen zum Duell [Scena]. Im glei- Atemlos erscheint Maria und erzählt, daß chen Augenblick trifft der vom König be- der Herzog von Chevreuse, Freund Cha- gnadigte Chevreuse ein, der sich in die Ar- lais, von dem Neffen Richelieus zum Duell me Chalais wirft, dessen Fürbitte er sein gefordert, denselben getötet hat und nun, Leben verdankt, und ihm Treue bis zum weil Duelle verboten sind und mit dem To- Tod schwört [Cavatina: «Gemea di tetro de bestraft werden, zum Schafott geführt carcere»]. wird. Da ihre Bitten an Richelieu ohne Fol- Als Chevreuse von dem Duell hört bietet er ge geblieben sind, bittet sie Chalais sich sich Chalais als Sekundant an, doch in beim König zu verwenden, um die Begna- demselben Moment wird die Absetzung Ri- digung des Herzogs zu erreichen. Chalais chelieus bekanntgegeben. Chevreuse kann erklärt sich bereit beim König vorstellig zu nun endlich Maria als seine Frau vorstel- werden, wartet aber vergebens auf ein Zei- len [Scena]. Verwunderung der Anwesen- chen der Zuneigung Marias, die in Wirkli- den, Entsetzen und Verzweiflung Chalais chkeit, auf Wunsch der Familie, Chevreuse [Concertato del Finale I: «D’un anno il giro geheiratet hat. Um dem Zorn Richelieus zu è omai compito»]. Vom König geschickt, er- entgehen ist diese Heirat immer geheim scheint der Visconte von Suze um Chalais gehalten worden[Szene]. Ihr Leben ist zu das Amt des Premierministers anzutragen einem unsaglichen, verzweifelten Leiden und ihn an den Hof zu laden. Allgemeiner geworden [Cavatina: «Cupa, fatal mesti- Jubel, aber Prostration und Angst von Cha- zia»]. Ein Bote überbringt ihr den vom Kö- lais und Maria [Stretta del Finale I: «Sparve nig unterzeichneten Gnadenerlaß für Che- il nembo minaccioso»].

54 2. AKT wird. Er zeigt ihm einen Geheimgang der ihn vor die Stadt führt wo ein Pferd für ihn Ein Raum im Palast Chalais. bereit steht. Ein Diener Chalais bringt die Bei nächtlicher Stille und überzeugt im Nachricht, daß die Schützen Richelieus sei- Duell zu unterliegen, schreibt Chalais eine nen Palast durchsucht und alle Dokumen- Abschiedsbrief an Maria, dem er auch ihr te, auch den Abschiedsbrief an Maria, be- Portrait beilegt [Scena]. Im Nebenzimmer schlagnahmt haben. In Kürze wird der liegt die sterbende Mutter Chalais. Er fühlt, Brief in den Händen Chevreuses sein und daß sie zusammen diese Welt verlassen damit das Leben Marias in Gefahr. Wäh- werden [Aria: «Alma soave e cara»]. In Ge- rend er sich durch den Geheimgang ent- danken wendet Chalais sich an Maria die er fernt vertraut er Maria an, daß er bis zum über den Tod hinaus lieben wird [Cabaletta Stundenschlag vor der Stadt auf sie warten dell’Aria: «E tu, se cado esanime»]. und wenn er sie nicht sieht zurückkehren Maskiert und in schwarzem Dominokostüm wird, um mit ihr zu sterben [Scena]. Maria, erscheint Maria um Chalais mitzuteilen, in Tränen, fleht ihre Mutter im Himmel an daß Richelieu wieder die Macht ergriffen ihr beizustehen [Preghiera: «Havvi un Dio hat und beabsichtigt sich so schnell wie mö- che in sua clemenza»]. glich seines Rivalen zu entledigen. Plötzlich Während Maria sich entfernt, trifft der hört man die Stimme Chevreuses der Hauptmann der Schützen ein der Chevreu- gekommen ist um Chalais, der Maria sch- se den kompromittierenden Brief aushän- nell in der Waffenkammer versteckt, zum digt und wissen will wo sich Chalais ver- Duell zu geleiten. In größter Verlegenheit, steckt [Scena]. Chevreuse sieht den Glück- bittet er den Freund, der die Anwesenheit ei- straum seines Lebens dahinschwinden als nes weiblichen Wesens spürt, aber nur be- er von der Liebe zwischen Maria und Cha- sorgt ist, daß Chalais pünktlich zum Duell lais erfährt [Aria: «Bella, e di sol vestita»], erscheint [Duetto: «Ah no… t’inganni… schwört aber blutige Rache [Cabaletta del- ascoltami»], leise zu sprechen um, so gibt er l’Aria: «Ogni mio bene in te sperai»]. Maria, vor, seine Mutter nicht zu stören [Scena]. der die Schützen das Verlassen der Resi- Nachdem Chevreuse den Raum verlassen denz verweigert haben, kehrt zurück. Mit hat holt er Maria aus der Kammer. Während bitterer Ironie beschuldigt Chevreuse sie die für das Duell festgesetzte Stunde schlägt, der Untreue [Duetto: «So per prova il tuo versucht sie, verzweifelt, ihn zu überzeugen bel core»]. Als die Uhr sechs schlägt, schaut aus Liebe zu ihr und zu seiner Mutter das Maria voller Angst auf die Tür des Geheim- Duell nicht auszutragen [Duetto Finale II: gangs. Chevreuse erkennt, daß sie die «Ecco l’ora! O mio spavento!»]. Der Visconte Rückkehr Chalais erwartet und freut sich di Suze unterrichtet Chalais, daß Chevreuse, schon auf seine Rache [Cabaletta del Duet- als Sekundant, an seiner Statt das Duell au- to: «Sull’uscio tremendo lo sguardo figgia- strägt. Die letzten Versuche Marias Chalais, mo»]. Bereit zu sterben, erscheint Chalais: für den das Leben durch den Verlust Marias vergebens versucht Maria den Zorn Che- jeglichen Sinn verloren hat, zurückzuhalten vreuses zu mäßigen [Terzetto Finale III: bleiben ohne Erfolg [Cabaletta del Duetto: «Vivo non t’è concesso»]. Chevreuse zieht «A morire incominciai»]. den Freund in den Geheimgang. Man hört den Schuß einer Pistole. Die Schützen er- scheinen. Chevreuse verkündet Chalais 3.AKT Tod. Mit wenigen verächtlichen Worten übergibt er Maria den Brief und das Por- Saal in der Residenz von Chevreuse. trait. Maria antwortet mit einer kurzen, Der im für Chalais ausgetragenen Duell verzweifelten Schmähung [Cabaletta: «On- am Arm verletzte Chevreuse, versucht die ta eterna? Io non t’amai»]. Flucht des Freundes zu organisieren, der von den Schergen des Kardinals gesucht

55 Philippe de Champaigne, ritratto del Cardinale Richelieu. (Parigi, Museo del Louvre).

56 LUCA ZOPPELLI I BURATTINI DEL CARDINALE MARIA DI ROHAN: SPAZIO PRIVATO E DRAMMATURGIA DELL’ANGOSCIA

1. dramma, attesissimo, per attriti con la cen- Il lettore che scorra oggi I tre moschettieri – sura). Ci troviamo insomma in quel limbo ormai diventati, chissà perché, un libro dorato del mélodrame popolare che da un d’avventura per ragazzi – difficilmente po- lato volgarizza e ripropone temi letterari trà rendersi conto di come il romanzo ap- alti, anche per sfruttarne la fama, dall’altro partenga ad un “sistema tematico” diffusis- costituisce una palestra di sperimentazioni simo nella letteratura francese del secondo teatrali di taglio nuovo e di forte efficacia quarto dell’Ottocento, quello centrato sul- drammatica, un repertorio a cui l’opera in l’intrigo di corte nella Parigi del primo Sei- musica attingeva con interesse crescente. cento, fra l’assassinio di Enrico IV e l’asce- Le potenzialità operistiche di questo sog- sa al trono di Luigi XIV. Un re imbelle (Lui- getto erano state intuite da Vincenzo Belli- gi XIII), due potentissimi ministri-cardinali ni, che lo dovette conoscere durante il sog- (Richelieu, poi Mazzarino), regine-madri giorno parigino del 1834-5: è infatti men- che abusano del proprio potere e dame di zionato con interesse, al pari del Gustave compagnia dedite ad oscure macchinazio- III di Scribe, in una lettera all’amico e con- ni, infine una sinistra commistione fra ga- sigliere Florimo. Si noti che i due soggetti lante società delle buone maniere e pauro- (il secondo dei quali destinato a penetrare so stato di polizia: c’erano tutti gli ingre- nell’universo operistico italiano col Reg- dienti per un affresco politico in cui la lette- gente di Mercadante, e soprattutto col ver- ratura liberale proiettava – ammantata di diano Ballo in maschera) hanno alcuni ele- fiction storica – la propria diffidenza nei menti in comune: l’ambientazione relativa- confronti di una gestione del potere tanto mente moderna presso una corte ove uno sporca quanto ipocritamente incline ad strato di brillante galanteria dissimula una ammantarsi di moralismo perbenista. Altri rete mortale di intrighi politici, e il motivo testi di questo sistema (come La marescial- drammatico dell’amicizia che, credendosi la d’Ancre di Alfred de Vigny o Marion de tradita, si trasforma in amarezza e deside- Lorme di Victor Hugo, composti intorno al rio di vendetta. Donizetti, giunto a Parigi 1830) sono oggi passabilmente ricordati nel ‘35 per darvi il , conobbe nelle storie letterarie grazie alla statura in- sia il dramma che le intenzioni di Bellini: discussa degli autori; comprensibilmente scomparso il collega catanese, nel 1837 dimenticato è invece Un duel sous le Cardi- propose il soggetto a Cammarano per l’ope- nal de Richelieu, un «drame melé de cou- ra programmata nella stagione di riapertu- plets» di Locroy e Badon andato in scena al ra del Teatro La Fenice, appena ricostruito Théâtre National du Vaudeville il 9 aprile (velocemente, allora) dopo l’incendio. Il 1832 con grande successo. Il testo si riallac- suo epistolario (a Vasselli, settembre) ci dà ciava alla voga del teatro di Victor Hugo, la la misura della chiarezza critica con cui cui Marion de Lorme, presentata sulle sce- Donizetti era in grado di formulare la pro- ne nel 1831, doveva in un primo tempo in- pria predilezione per una drammaturgia titolarsi proprio Un duel sous Richelieu romantica moderna, basata sulla commi- (nel 1829, com’è noto, Hugo aveva ritirato il stione degli stili; una drammaturgia che

57 egli, per primo, aveva realizzato nella Lu- immediatamente successivi. Proprio la Cri- crezia Borgia di quattr’anni prima: stina di Svezia, sempre appartenente al filo- ne secentesco/cortigiano, era stata offerta Ho scelto Un duel sous le Cardinal Riche- da Cammarano a Mercadante, e costui – lieu. È dramma di effetto, e specialmente ci sulla base di convinzioni estetiche impron- vedo buffo e tragico, cosa che m’importa tate ad una sorta di classicismo educativo moltissimo per Ronconi e per la Ungher. di marca neometastasiana – l’aveva rifiuta- ta perché uniforme e priva di personaggi È bello, e se ti bastasse la scelta di Bellini, positivi. Mercadante aveva addotto, come anch’egli lo volea trattare. Eppoi è adatto termine di riferimento negativo, un sogget- per tre soggetti: Ungher, Ronconi e Moria- to di analoga ambientazione, La Marescial- ni. Vi sarà spettacolo; la corte di Luigi XIII. la d’Ancre, libretto di Giovanni Prati da Vi- È originale e di lusso! gny, per Alessandro Nini (Padova 1839): «il maestro Nini è portato per quel gusto, Da una lettera successiva, tuttavia, appren- avendo composta La Marescialla d’Ancre, diamo che Cammarano – forse preoccupa- atrocissima rappresentazione, ma io vi ri- to di prevenire reazioni negative della cen- nunzio per sempre». È insomma evidente sura – trovò difficoltà a trattare il soggetto, la contrapposizione netta che divideva, in che venne infine abbandonato (l’opera per quel torno d’anni, sostenitori e avversari Venezia sarebbe poi stata la sfortunata Ma- del gusto romantico più moderno e radica- ria de Rudenz). Ma Cammarano, evidente- le. Nello stesso autunno 1839 il soggetto mente, non aveva dimenticato il Duello, se servì per un melodramma rappresentato due anni dopo lo girò a , gio- alla Scala, Un duello sotto Richelieu, musi- vane compositore salentino già ben intro- ca di Federico Ricci; tuttavia il libretto ano- dotto nell’ambiente teatrale napoletano, col nimo, oltre ad essere di pessima qualità titolo Il conte di Chalais – «melodramma poetica, smonta sistematicamente le prin- tragico in tre atti». Il libretto ha un taglio as- cipali caratteristiche drammaturgiche del- sai moderno ed efficace, dovuto in buona l’originale, facendo risaltare per contrasto parte al fatto che Cammarano ebbe il co- l’audacia dell’omologo napoletano. raggio di mantenersi estremamente fedele L’opera di Lillo, al contrario di quanto s’è alla scansione del dramma francese. spesso ripetuto, piacque: nel 1844 veniva Dramma e opera sono interamente condot- citata come «ben degna di ricordanza», e si ti in ambienti interni, con una sola muta- diceva che per essa l’autore aveva ricevuto zione scenica per atto, un ricorrente carat- «l’onore di meritatissimi applausi»; uscì tere dialogico, colloquiale, con elementi di tuttavia di repertorio per circostanze sfor- tradizione comica che generano un’amara tunate, e a questo punto si scatenò la gara ironia tragica. Modernissima è la tematiz- per rimettere in musica l’efficace libretto di zazione dello scorrere del tempo, rappre- Cammarano. Donizetti ci provò per primo sentato dal continuo incombere dei rintoc- nel 1840, proponendolo, per il carnevale chi di campanili e pendole che fungono da successivo, all’impresario romano Jaco- meccanismi scatenanti della catastrofe; e vacci: il progetto non andò in porto. L’anno modernissima, naturalmente, la forma del dopo fu il turno di Pacini, che tentò di pro- finale, che rifiuta la convenzione del rondò porlo, col nuovo titolo Maria contessa di per organizzarsi come una concatenazione Rohan, alla direzione della Fenice di Vene- stringente di gran scena, duetto e terzetto. zia. Dopo un’iniziale titubanza il Presiden- Non è, in assoluto, un caso isolato; elemen- te Mocenigo (lo stesso che qualche anno ti altrettanto sperimentali, sia pure in ordi- dopo consiglierà a Verdi il soggetto di Erna- ne sparso, si trovano ad esempio nei libret- ni) rifiutò il libretto, ufficialmente perché ti della Vestale, della Cristina di Svezia e non nuovo, in realtà perché non adatto alla della Fidanzata corsa, stesi da Cammarano compagnia già sotto contratto; Pacini la per Mercadante, Lillo e Pacini negli anni prese male, giacché se n’era perdutamente

58 Scena finale di Maria di Rohan. Parigi, Théâtre Italien, autunno 1843. Incisione riportata da «L’Illustration» del 25 novembre 1843.

59 innamorato («Non posso però ristarmi dal trapposta all’aspro “travaglio” creativo del- farle osservare – scriveva a Mocenigo – l’artista sperimentale germanico, alla che il libretto del Cammarano da me pre- Beethoven), altri hanno sottolineato che la scelto era di vero mio genio e che pel tra- maggiore consapevolezza drammaturgica sporto che ne sentia avrei quasi potuto ga- e musicale acquisita dal compositore nel rantirne l’esito...»). corso degli anni non si rifletteva sui suoi ritmi di lavoro, che restavano invariati. Lo stesso Donizetti, d’altronde, si preoccupava 2. che non si sapessero tali segreti di bottega, Ecco dunque che Donizetti torna alla cari- «perché, già, il pubblico o non li crede, od ca: siamo nell’autunno 1842, a Parigi, e il immagina che sia musica buttata giù. Figu- Nostro – ormai approdato ad una carriera ratevi se l’autore buttava giù per Parigi e di stampo perfettamente cosmopolita nei Vienna!». modi produttivi e nella stupefacente ric- La questione va rimessa nei suoi giusti chezza di stile – vuol mettere a punto l’ope- confini. Primo, quello che Donizetti ha «fat- ra prevista per la stagione successiva a to» in otto giorni non è una partitura com- Vienna. Dovrebbe essere la Caterina Cor- pleta, ma una cosiddetta partitura-schele- naro, ma all’ultimo momento si scopre che tro (voci, basso e poco altro), da orchestra- un’opera di Lachner sul medesimo sogget- re con cura nei mesi successivi. Secondo: a to è già in cartellone, e non se ne fa nulla. questo stadio mancano la grande Sinfonia, Diamo allora la parola al compositore, in il Preludio dell’atto terzo e ben tre cabalette due lettere datate 27 novembre 1842: (baritono, atto primo; tenore, atto secondo; , dopo il Finale terzo): si tratta in- Fo venire un libro fatto da Cammarano a somma di un torso estremamente sintetico Napoli con musica di nessun successo... sai e compatto, un’ora di musica o poco più. tu che in 24 ore ho fatto due atti? Quando il Scrivendo di seguito, quasi senza separare i soggetto piace, il core parla, la testa vola, la numeri fra loro, in preda ad una sorta di mano scrive. raptus creativo, Donizetti ha composto l’es- senziale; può dire che l’opera è «fatta», an- Avendolo domenica ricevuto [il libretto]... che se sa bene che per essere posta in sce- chiamai un poeta per piccoli aggiustamen- na ha bisogno di qualche ampliamento che ti...in otto giorni tutto fu fatto. venga incontro alle condizioni consuete dello spettacolo teatrale. Terzo, si ricordi Donizetti, dunque, si fa mandare il libretto che Donizetti pensava a quest’opera da al- da Napoli (senza chiedere nulla a Camma- meno cinque anni: probabilmente ci aveva rano: il quale, forse, verrà coinvolto in un meditato a lungo, e certamente aveva chia- secondo tempo per alcuni ritocchi) e se lo ra la «tinta», come avrebbe detto Verdi, del- fa sistemare da un anonimo poeta, forse lo la composizione, e il ritmo degli snodi stesso Giovanni Ruffini che gli aveva appe- drammatici essenziali. Per molti altri com- na riscritto il Ser Marcantonio di Anelli/Pa- positori dell’Ottocento, anche quelli “lenti” vesi per trarne ; il testo di come il tardo Verdi e Wagner, la maggior Cammarano è mantenuto con buona fe- parte del tempo necessario a «comporre» deltà, salvo qualche scena riformulata o ac- un’opera è in realtà destinata a cercare un corciata. I commentatori, leggendo queste soggetto congeniale, a convertirlo in una lettere, sono sempre stati colpiti dalla circo- scansione drammaturgico-musicale ido- stanza che la partitura di Maria di Rohan nea, a formarsi una sorta di immagine glo- abbia visto la luce in soli otto giorni: alcuni, bale delle sue caratteristiche: dopodiché, i più maldisposti, hanno letto in questa faci- stante il mestiere, la stesura vera e propria lità una prova della natura un po’ corriva e può essere sorprendentemente veloce, e il convenzionale dell’ispirazione donizettia- risultato tanto migliore se composto di get- na, e in generale dell’opera italiana (con- to (così, almeno, affermavano sia Donizetti

60 che Verdi). In questo senso, insomma, la dagli intellettuali più avvertiti, venne com- velocità d’esecuzione non è indice di tra- pletamente a cadere (anche se, alla fine, il scuratezza, ma è al contrario la spia di una favore popolare del pubblico viennese arri- preesistente concezione drammatica unita- se con più continuità a Linda di Chamou- ria, che garantisce logica e continuità alle nix, certo meno impegnativa all’ascolto). sezioni dell’opera che la incarnano. Il La volontà di Donizetti di rendere omaggio profondo interesse drammatico che muo- alla sensibilità locale dovette essere chiara veva Donizetti nei confronti delle sue crea- sin dall’inizio: la straordinaria Sinfonia, zioni più sentite lo portava anche ad occu- forse il brano orchestrale più complesso e parsi attivamente di questioni sceniche e ambizioso da lui composto, costituisce un gestuali: nel caso di Maria di Rohan lo ve- evidente richiamo alla tradizione beetho- diamo procurarsi delle incisioni d’epoca da veniana, col suo capillare lavorio tematico portare con sé a Vienna, per una miglior e lo sforzo titanico di costruire ampi archi definizione dei costumi, e compilare di per- di tensione a partire da incisi minimi e pre- sona la nota del vestiario, con l’indicazione gnanti. Preceduto da un’introduzione lenta del numero e del carattere dei costumi ri- che parafrasa temi dell’opera, l’Allegro af- chiesti. fianca un primo gruppo tematico di caratte- re tempestoso ad un secondo più rilassato e Biedermeier, che all’ascolto evoca irresisti- 3. bilmente (benché Donizetti difficilmente Giunto a Vienna all’inizio del 1843, Doni- potesse conoscerlo, essendo rimasto inedi- zetti ebbe tempo di fare gli aggiustamenti di to) il tema con variazioni dell’Ottetto di rito, inserendo i brani necessari a comple- Schubert; dopo una drammatica sezione di tare il torso parigino: l’opera andò in scena sviluppo e la ripresa, la sinfonia si conclu- il 5 giugno, con un pieno successo. Il terzet- de in un’apoteosi in dodici ottavi forse un to degli interpreti principali, cui si richie- po’ generica. Ovunque appare evidente il dono qualità attoriali non meno che vocali, controllo superbo dell’orchestrazione e la era costituito dalla splendida Eugenia Ta- volontà di far scaturire la logica musicale dolini, dal tenore e dall’impa- non già dall’autonomia della cantabilità te- gabile nei panni di Che- matica, bensì dall’incastro dialettico fra i vreuse, splendida e complessa figura di diversi incisi strumentali. amico/antagonista che per molti aspetti è il Quanto allo svolgimento del «melodramma vero personaggio principale dell’opera. Le tragico», esso costituisce probabilmente l’e- recensioni della stampa viennese (vedine sito più sperimentale di quel grandioso fe- alcune in questo stesso volume, da pag. 73) nomeno di sprovincializzazione, in senso furono entusiastiche: la critica vi ravvisò, moderno e borghese, romantico-frenetico quasi all’unanimità, una rigorosa aderenza ed europeo, del teatro musicale italiano, fe- al carattere tragico del dramma, una forma nomeno che Donizetti stesso aveva iniziato unitaria, coerente e compatta, un taglio as- dieci anni prima, e che troverà il suo cul- solutamente organico, nonché una serietà mine quasi un decennio più tardi con Rigo- ed un’accuratezza tecnico-compositiva in letto. Il nodo critico consisteva essenzial- tutto e per tutto “tedesche”, salutando Ma- mente nel fatto che l’opera seria italiana, ria di Rohan come il capolavoro di un com- pur assimilando sensibilità e temi di tipo positore finalmente affrancatosi dalla rou- romantico, continuava a mantenere – forse tine, di un artista che aveva saputo trarre i per mere ragioni di prestigio sociale – le migliori benefici dalle tendenze estetiche spoglie della classica «tragedia per musica» dominanti nella città che l’ospitava. Per un nell’ambientazione, nella tipologia aristo- giorno, insomma, la consueta diffidenza cratica dei personaggi e soprattutto nei mo- nei confronti del carattere “frivolo” ed di d’espressione, laddove invece la struttu- “edonistico” dell’opera italiana, apprezzata ra dei soggetti e le premesse antropologi- dal grande pubblico mondano ma criticata che erano radicalmente cambiate, in senso

61 moderno e borghese. L’avvento della cultu- mentato la possibilità e la drammaticità del ra romantica era coinciso infatti con la mutamento, e ragionava in base a rapporti morte della tragedia di taglio classico; nella di forza. L’individuo, dunque, vi è rappre- quale – si rilegga la splendida analisi di Pe- sentato non come protagonista isolato e re- ter Szondi – la catastrofe che annienta il sponsabile delle proprie scelte, ma come soggetto non deriva dall’arbitrio o dalla membro, generalmente come vittima, di persecuzione ad opera di qualcun altro, ma una rete sbilanciata di rapporti sociali, co- dall’interno, dalle contraddizioni che stan- me oggetto di costrizione o persecuzione. no nel soggetto stesso, e che inevitabilmen- Inoltre è un individuo concreto, irripetibile, te – presto o tardi – giungono alla loro logi- plasmato da circostanze storiche e geogra- ca, terribile conclusione. Il rapporto fra i fiche: quindi è sempre condizionato, privo personaggi, insomma, non ha carattere co- di una vera autonomia, determinato da strittivo, arbitrario, ma dialettico: è un con- qualcosa che sta fuori di lui. Talvolta la fronto tra individui socialmente pari, che pressione sociale viene trasfigurata mitica- condividono gli stessi valori di riferimento, mente sotto forma di destino oscuro e im- basato non sulla forza ma sull’affermazio- placabile, ma la sostanza strutturale non ne del diritto, attraverso il dialogo. Ne deri- cambia. Teorici come Hegel, formati sul vava un «dramma di forma chiusa», che concetto classico del tragico, ritenevano non tiene conto dei fattori spaziali e tempo- che la pura e semplice rappresentazione rali (eventi e dialoghi si svolgono, per così del patimento di un individuo sottoposto a dire, sotto vuoto, in un tempo e uno spazio persecuzione, non avendo carattere dialet- astratto, poiché le questioni dibattute sono tico, non fosse drammatica, e che rappre- di ordine essenzialmente morale) ed è inte- sentare questi conflitti fosse un affare pro- ramente affidato all’elaborazione verbale prio del genere comico o del dramma bor- dei personaggi: il dramma, insomma è una ghese. I nuovi letterati, però, erano ben specie di dibattito giudiziario, un duello fra consci del fatto che il teatro non poteva e discorsi in vitro, fra orazioni retoricamente non voleva più avere carattere dialettico: calibrate; una tribuna in cui a turno si avvi- Manzoni, ad esempio, rivendicava il diritto cendano i personaggi per dichiarare o di- a scrivere tragedie in cui i rapporti di forza fendere la propria posizione. Come dram- fossero chiari e l’esito evidente sin dall’ini- ma «per musica» esso si comporta allo stes- zio, ma che consentissero all’autore un so modo: è costituito cioè dalla somma e prolungato studio sulle reazioni della natu- dall’interazione di ciò che ciascun perso- ra umana sottoposta alla sofferenza e al- naggio afferma di sé mediante il canto, or- l’oppressione (personaggi come Carma- dinatamente espresso nei modi e nelle for- gnola, Adelchi o Ermengarda, in effetti, a me retoriche codificate, cioè nei numeri dispetto dello status sociale aristocratico, chiusi (arie, poi duetti, terzetti ecc.) fissati non possono far altro che patire la propria dalla tradizione. La parola nella tragedia, sorte: sono dei borghesi in costume). È come il canto nell’opera tradizionale, è ra- chiaro che in questo modo ogni personag- ramente una forma di espressione privata, gio, anche il più elevato in grado, viene immediata e personale: è piuttosto un’ora- considerato sotto l’aspetto privato: non co- zione recitata di fronte a qualcuno, una ma- me motore, al massimo come comparsa di schera sonora con cui il personaggio si ri- eventi sociali. L’allargamento shakespea- volge, consapevolmente, agli altri. riano a situazioni di tipo comico o grotte- Il mutare della sensibilità sociale e le tem- sco, teorizzato da Victor Hugo nella prefa- peste dei grandi eventi rivoluzionari ave- zione al Cromwell (1827), non fa che sanci- vano spazzato via quella gloriosa antropo- re questo processo: il comico, infatti, è sem- logia teatrale. Il nuovo teatro era espressio- pre stata la forma di rappresentazione delle ne di una società stratificata, che tematiz- classi inferiori, e gioca su situazioni di im- zava le differenze di ceto e i dislivelli di po- potenza, mancanza e imbarazzo che dimo- tere; di una generazione che aveva speri- strano l’assenza di controllo del personag-

62 gio sugli eventi. Sul piano tecnico, questa ministro); un’aristocraticità di facciata che nuova visione determina l’affermarsi della permette di mantenere il decoro e la spetta- cosiddetta forma «aperta» del dramma, colarità di costumi tuttora indispensabili quella in cui l’ambiente concreto, lo scorre- nel campo dell’opera seria. In realtà è evi- re incalzante del tempo e l’«accidentalità dente che a nessuno degli interlocutori esteriore delle circostanze» (per dirla con spetta la benché minima parte di potere, Hegel) sono componenti attive della vicen- giacché tutti (compreso il Re, che in questo da. I personaggi non sono responsabili del- dramma non compare, ma la cui inettitudi- le proprie scelte: le loro azioni sono etero- ne è rappresentata in una celebre scena di dirette, determinate da fuori, generate da Marion de Lorme) sono manovrati e con- costrizioni esterne. I loro rapporti reciproci trollati dall’esterno dall’onnipotente Riche- non si basano su una rete di discorsi retori- lieu. La condizione dei personaggi, quindi è camente ordinati (giacché nessuno li sta solo apparentemente pubblica: il loro agire più a sentire), ma sulla brutalità dei fatti: può esprimersi, come nel dramma borghe- essi parlano per sé – nel modo spontaneo e se, solo nel campo di rapporti privati (un informale con cui ciascuno si esprime nel critico si stupirà dell’intreccio definendolo proprio intimo – oppure non parlano pro- «un fatto domestico»), per giunta distorti e prio, lasciando che il profondo traspaia per condizionati dall’esterno; a ciò corrisponde altre vie. Non più orazioni calcolate ed ela- un’ambientazione claustrofobica, con sole borate, non più – nell’opera – numeri chiu- mutazioni sceniche interne, di cui due in si in cui il personaggio canta ufficialmente ambienti strettamente privati. Come in Ma- e ordinatamente, in bello stile e in forma rion de Lorme – ove pronuncia in tutto tre compiuta, ciò che dobbiamo pensare di lui, terribili parole, dall’interno di una mo- bensì forme di espressione spontanee ed ir- struosa portantina – Richelieu non compa- riflesse, non dichiarative (azioni, gesti, re mai, ma di fatto determina tutti gli even- sguardi, silenzi). La drammaturgia classica ti del dramma. Ripercorriamoli: è per sfug- fa parlare (cantare) i personaggi, quella gire alle trame del Cardinale che il matri- moderna li contempla agire e soffrire nel monio fra Maria e Chevreuse, ovviamente flusso degli eventi; la prima è il riflesso an- voluto dalle famiglie (Maria, invece, ricam- tropologico di una società (di una classe so- biava l’amore di Chalais), s’è dovuto com- ciale) in cui l’uomo sente di avere in mano piere in segreto. In conseguenza di ciò, le redini degli eventi; la seconda esprime Chevreuse ha dovuto sostenere un duello una visione borghese e postrivoluzionaria (vietato dalla legge, e punito con la pena dell’uomo come rottame alla deriva nell’in- capitale) col nipote del cardinale, l’ha ucci- sensatezza della storia. All’altezza del 1840 so ed è stato condannato a morte. Maria si è la nuova sensibilità premeva nel profondo, recata nottetempo da Richelieu per implo- ma era bloccata dal persistere di soggetti rare la grazia, e proprio queste visite scate- regali, di forme di rappresentazione rituale, nano a corte le maldicenze per le quali di consuetudini retoriche che manteneva- Chalais sfida Gondì a duello. Approfittando no i modi autodichiarativi della tradizione del suo momentaneo favore presso il Re, classica. Per fare il salto, era necessario ri- Chalais riesce a far liberare l’amico, che in volgersi ad una nuova drammaturgia: e cambio s’offre di far da “secondo” al duello. l’improvvisa frenesia suscitata dal Duel Velocemente reinsediatosi al potere, Riche- sous le Cardinal de Richelieu, che tutti vo- lieu decide di eliminare Chalais: ciò co- levano mettere in musica, indica che esso – stringe Maria, che ha appreso la notizia a nonostante i limiti di qualità letteraria – in- corte, a recarsi nottetempo da Chalais per carnava perfettamente le nuove tendenze. metterlo in guardia: appressandosi l’ora Riconsideriamo il dramma: l’ambientazio- del duello giunge però anche Chevreuse, il ne è aulica (la corte di Luigi XIII) e il rango che costringe Maria a nascondersi in un ar- dei personaggi nominalmente elevato (per madio e genera una scena di netto taglio qualche ora il tenore è addirittura primo comico ricontestualizzata in una situazione

63 tragica. (Il particolare dell’armadio ricorda (continuità drammatica, carattere dialogi- una celebre scena dell’Hernani di Hugo, co dell’intreccio, rimozione degli aspetti re- prudentemente omessa da Piave e Verdi torico-decorativi e così via) divengono ne- nella loro riduzione). Chalais, trattenuto cessari non già perché una drammaturgia dalle lacrime di Maria, arriva tardi al duel- musicale romantica sia, in sé, migliore di lo, cosicché Chevreuse combatte per lui, una drammaturgia musicale classica – ab- viene ferito, e trova pure tempo e forze per biamo superato da un pezzo questo inge- organizzarne la fuga: ma gli sbirri del Car- nuo evoluzionismo storico – ma semplice- dinale, perquisendo palazzo Chalais, han- mente perché è più adatta ad esprimere no trovato una lettera d’amore a Maria, che una certa visione del mondo. I punti fonda- viene prontamente recapitata al marito. mentali della nuova sensibilità, dicevamo, L’amicizia tradita si rovescia in furia, co- sono il carattere non dichiarativo, antireto- sicché di qui alla fine resta solo da decidere rico, dell’espressione individuale, il senso se Chalais sarà ammazzato dall’amico – co- di un’azione eterodiretta, determinata dal- me avviene – o decapitato per ordine di Ri- l’esterno, e la pertinenza di tempo e spazio chelieu. I personaggi, insomma, agiscono come elementi attivi del dramma. Al primo sempre trascinati da un destino fatale, i cui principio possono essere ricondotte diverse meccanismi sono avviati e controllati da un caratteristiche della partitura, ad esempio grande burattinaio esterno allo spazio sce- l’utilizzo limitato, e comunque particolare, nico. Non c’è, quindi, alcuna dialettica del coro, che compare solo nel primo atto drammatica, ma un’azione totalmente ete- dell’opera. All’inizio dell’introduzione esso rodiretta, che non procede dall’interno dei intona un brano di carattere dialogico e pri- personaggi, ma si abbatte su di loro da fuo- vato, non ufficiale, tenuto prevalentemente ri. Per questa ragione – e a differenza di al minimo livello dinamico: voci e sussurri quanto avviene nella tragedia classica – si di corridoio, insomma, secondo un model- tratta di un’azione «accidentale», che po- lo dialogato e non rituale sempre più fre- trebbe svolgersi diversamente se le circo- quente nel Donizetti maturo. In generale, stanze spaziali e temporali fossero diverse: Maria di Rohan è un’opera pensata “sotto- come nei film d’avventura, un minuto in voce”, adatta a forme di espressione priva- più o in meno può decidere l’esito dell’in- ta in ambiente chiuso e claustrofobico; an- treccio. Per questa ragione, il dramma è an- che le scelte orchestrali, come la frequenza che scandito dalla funzione attiva del tem- nell’uso dei pizzicati, lo testimoniano. Il co- po: nel secondo atto, la scena è dominata da ro torna ovviamente nel finale primo, che una pendola, che suona le cinque (all’ini- mantiene sullo sfondo la struttura consueta zio), e più tardi le sei (l’ora prevista per il del finale centrale, limitandone tuttavia le duello, cui Chalais non giungerà in tempo): dimensioni e puntando su una drastica ri- nel libretto Cammarano omette la pendola, duzione del livello di enfasi (manca un ma affida i rintocchi all’orologio del Lou- tempo d’attacco; il largo concertato ha ca- vre, intravisto sullo sfondo. Nel terzo atto, rattere parzialmente dialogico). Il carattere un grande orologio domina la scena: lo antiretorico, non dichiarativo, è fortissimo scoccare dell’ora segnerà il ritorno di Cha- anche e soprattutto nei numeri solistici. lais, che si offre volontariamente alla ven- Questo può avvenire attraverso la rimozio- detta di Chevreuse. ne dei tradizionali segnali fàtici, di quelle cornici destinate generalmente ad aprire e chiudere la comunicazione: la figurazione 4. dei bassi pizzicati che introduce la cavatina Una nuova drammaturgia richiede anche di Maria «Cupa, fatal mestizia», ad esempio, una nuova logica musicale. Gli elementi è percepita inizialmente come un passo di che siamo soliti associare all’innovazione transizione, e solo a posteriori, dopo che la verdiana, ma che sono già perfettamente voce è entrata e la figurazione è stata ripe- maturi nel Donizetti di Maria di Rohan tuta, ci rendiamo conto ch’essa appartene-

64 va alla struttura metrica del tema (in altre sprezzante; lei risponde con una breve, toc- parole, siamo entrati nel numero chiuso cante frase di disperazione. In seguito, Do- senza rendercene conto); viceversa, la ca- nizetti deve aver pensato di dare a Maria baletta marziale del duetto fra Chalais e una sorta di stretta o rondò finale, non sap- Chevreuse, anziché concludersi con caden- piamo quanto lungo; poi dovette eliminarlo ze formali, sfuma impercettibilmente verso quasi per intero e lasciare a Maria solo il recitativo seguente man mano che Che- un’invettiva, in forma di cabaletta senza ri- vreuse lascia la scena, operando lo sma- petizione, con alcuni vocalizzi di furore scheramento del carattere ironico ed arte- («Onta eterna? Io non t’amai»): questa stret- fatto della situazione. Il principio informale ta è presente nella partitura autografa, ed è e dialogico di questa drammaturgia fa sì ora disponibile nell’edizione critica. Imme- che Donizetti aggiri volentieri le conven- diatamente a ridosso della prima viennese zioni formali santificate: riduce il numero (il testo era già stampato nel libretto) essa di arie provviste di cabaletta (e anche quel- venne cassata, per ritornare quasi alla so- le poche hanno un carattere piuttosto lirico luzione iniziale, ulteriormente scorciata: e meditativo: quelle del baritono nel primo l’opera si chiude sulla sprezzante frase di atto e del tenore nel secondo emergono con Chevreuse, senza neppure una breve ri- poco stacco dai rispettivi tempi lenti, for- sposta di Maria. L’anno dopo, per l’edizione mandone la continuazione), oppure ne al- napoletana, Donizetti accorciò ulterior- tera radicalmente la forma per seguire man mente la chiusa e fece sì che il sipario ca- mano, sismograficamente, il trasalire della lasse nel momento in cui s’ode il colpo di psicologia individuale (come nell’aria di pistola fuori scena, con Maria che lancia un Chevreuse del terzo atto «Bella, e di sol ve- urlo e cade tramortita: soluzione di forte stita», un brano di impressionante audacia icasticità visiva, che accentua il carattere stilistica); omette sistematicamente, nei conclusivo del grande terzetto. Il taglio spe- duetti, le sezioni lente che potrebbero ral- rimentale di questo finale spiega le incer- lentare l’azione; e infine conclude l’opera tezze dimostrate da Donizetti nel trovare la con una straordinaria sequenza di duetto + forma soddisfacente. Nel suo insieme, gra- terzetto che mantiene aperto lo scontro zie alla continuità ed elasticità formale e al- drammatico, in un’angoscia soffocante, si- l’assoluta mancanza di elementi decorativi, no alle ultimissime battute, facendo seguire soprattutto il terzo atto costituisce una del- la catastrofe solo nelle misure conclusive. le più impressionanti sperimentazioni ten- L’opera seria degli anni Trenta aveva ten- tate sino ad allora, in qualsiasi contesto eu- tato diverse soluzioni per sbarazzarsi del ropeo, nella direzione del “dramma musi- classico rondò finale, tutto trilli e svolazzi, cale” (il contemporaneo Olandese volante cantato dalla primadonna ad azione ormai è, al confronto, ben più indebitato con le conclusa: una convenzione che andava be- strutture e i modi dell’opera tradizionale): ne per il lieto fine, ma era diventata sempre il recensore dell’«Illustration» poté ben af- più imbarazzante col prevalere del finale fermare che «tous ces éléments de terreur tragico. La soluzione tentata in Maria di et de pitié font du dénouement de Maria di Rohan (e sostanzialmente ripresa l’anno Rohan l’une des scènes les mieux conçues dopo da Verdi con Ernani, che si chiude et les plus vigoreusement exécutées du ugualmente con un angoscioso terzetto di théâtre contemporain». Naturalmente, que- confronto) costò a Donizetti molti ripensa- sta caratteristica risalta di più se si rappre- menti. Dall’autografo si evince che, in un senta l’opera nella sua versione originale, primo tempo, egli aveva pensato a conclu- senza l’interpolazione parigina della caba- dere in modo simile a quello che conoscia- letta brillante dopo la preghiera di Maria. mo: finito il duetto i due uomini escono, si Altrettanto nuova è la tipologia della scrit- ode il colpo di pistola, irrompono gli sbirri; tura vocale: nei numeri chiusi di Maria di Chevreuse rientra, dichiara che Chalais è Rohan ricorre una declamazione scavata e morto e liquida Maria con una battuta incisiva, sottolineata da numerose cesure

65 nella continuità metrica, e da un’emissione stro, segnato dal potere assoluto di un uo- talora non belcantistica, come nella grande mo della Chiesa (Richelieu come l’Inquisi- aria di Chevreuse nel terzo atto, dove si tore). prescrive una «voce soffocata». In generale, L’accenno al ruolo dell’orchestra chiama in la partitura autografa abbonda di minute causa un altro punto importante: quello del- indicazioni esecutive, in senso dinamico, l’azione “eterodiretta”. L’ascoltatore delle timbrico o agogico, che la tradizione ha poi opere di Donizetti conosce bene la sensazio- gradualmente trascurato: nel duetto fra ne, forse difficile da concettualizzare e legge- Chevreuse e Maria vi sono frasi intere che re tecnicamente, che i personaggi agiscano portano un rallentando e un «a tempo» per come trascinati da una forza esterna, dal- ciascuna battuta; in numerosi luoghi si ri- l’urgenza di un destino inoppugnabile, che chiede un canto espresso «con ironia». peraltro viene evocato con buona costanza Queste caratteristiche – che fanno presagi- anche dai personaggi stessi, nei testi dei li- re i celebri passi non belcantistici utilizzati bretti (Chalais: «Nol sai? Lottar col fato è cinque anni dopo da Verdi nel – vano!»). Molto spesso, la chiave di questa vanno anche collegate alla disponibilità di sensazione sta nel tipo di rapporto che in- un interprete eccezionale come Giorgio tercorre fra voci e orchestra. Nel corso di Ronconi, baritono di straordinarie doti sia tempi d’attacco e tempi di mezzo, ad esem- vocali che teatrali: interprete particolar- pio, Donizetti usa spesso forme di parlante mente dotato nell’incarnare personaggi in- melodico energico e declamato, che si ap- sani o dalla personalità sfrenata (era stato il poggia sullo scorrere inesorabile di figura- primo interprete, per Donizetti, di Cardenio zioni periodiche concitate, incisi modulari nel Furioso e di , ma anche o forme di perpetuum mobile. L’autonomia del recentissimo Nabucodonosor verdia- dell’individuo, espressa nel suo profilo vo- no), suscitò entusiasmi per la terrificante, cale, viene quindi trascesa e risucchiata da allucinata energia con cui rappresentava il una struttura estranea che lo trascina. Que- ruolo di Chevreuse. sti procedimenti sono ovviamente più fre- Il risultato di queste tecniche musicali è quenti nei numeri a carattere dialogico, che quello di illuminare il personaggio non tan- generalmente si addensano man mano che to attraverso le ordinate forme verbali e i nodi del dramma si sciolgono, e in situa- compositive del suo autodichiararsi, attra- zioni concitate: tendono quindi a moltipli- verso il canto spiegato e regolare, ma attra- carsi col procedere dell’opera, risultando in verso una penetrazione d’autore che scava un effetto di accelerazione drammatica ti- nella sua solitudine, cogliendone appunto picamente donizettiano. Passaggi orche- le forme irriflesse di trasmissione delle strali di questo tipo, tuttavia, possono an- emozioni. In questo senso, è notevole an- che accompagnare la presenza muta di un che l’inizio del secondo atto, con la lunga personaggio, assumendo un carattere mi- scena notturna di Chalais intento a scrivere mico o semplicemente una funzione ansio- (atto silenzioso per eccellenza) la lettera fa- gena: proprio in Maria di Rohan tenore e tale: le sue parole sono confinate a pochi soprano entrano in scena, per le rispettive interventi, mentre resta all’orchestra il cavatine nell’introduzione, su due motivi di compito di dipanare la folla dei pensieri, il questa fatta, come se una forza irresistibile filo interiore delle meditazioni, il processo li spingesse sul palcoscenico. Nel duetto-fi- del trasferimento sulla carta. Come avverrà nale II v’è, in tal senso, un passaggio rivela- in Don Carlos, un quarto di secolo dopo, la tore. Le disperate parole di Maria «Chi mai solitudine claustrofobica del personaggio, potrà commuoverti?» vanno intonate, se- sonorizzata dal “silenzio sonoro” affidato condo il libretto, «con accento animato»: all’orchestra, costituisce anche il riflesso di Donizetti, nell’autografo, annota la dida- uno spazio sociale ridotto al silenzio ed al scalia d’espressione sul rigo di Maria, ma sospetto dalla pervasività di un sistema non in corrispondenza della frase vocale, spionistico e poliziesco onnipresente e sini- bensì alcune battute prima, là dove si va

66 Il baritono Giorgio Ronconi nel ruolo di Chevreuse, di cui fu il primo interprete. Incisione riportata da «L’Illustration» del 22 dicembre 1849.

67 preparando la frase (portante) dell’orche- to di sorpresa, ma trova la sua radice nella stra. L’imprecisione, rivelatrice, sta ad in- convenzione, diffusa da decenni nell’opera dicare la percezione istintiva dell’autore: italiana, di connotare con simili transizioni secondo il quale, evidentemente, l’angoscia non preparate, magari da dietro le quinte, del personaggio, ridotto quasi al mutismo l’irruzione di un nuovo evento scenico, di dall’inestricabilità della situazione, è tra- un elemento inaspettato. Per quanto questo sferita al “doppio” dell’orchestra, al suono procedimento sia usato da Donizetti anche che parla per lui, che dà voce all’impotenza in base a valutazioni puramente musicali della sconfitta. (nella stretta della Sinfonia, ad esempio), Va inoltre detto che queste strutture musi- non si può negare che l’effetto, spesso, è cali autonome, che sembrano incarnare il quello di accrescere la tensione e rinforza- flusso dell’azione, sono tali da rendere per- re il senso di progressività temporale. Uno cepibile un’altra caratteristica importante splendido esempio è la cabaletta del duetto- di questa drammaturgia: lo scorrere del finale del secondo atto, una situazione sce- tempo avvertito come forza determinante nica probabilmente ispirata al duetto finale dell’intreccio. In particolare, Donizetti ren- del quarto atto degli Ugonotti, fra Raoul e de percepibile la qualità drammatica del Valentine: Maria tenta di trattenere Chalais tempo – non puro contenitore dell’azione, in procinto di recarsi a un duello forse fata- ma concetto ontologico, che la determina – le. La durata cronometrica della cabaletta sia, più raramente, col frammentare la con- si può intendere, secondo consuetudine, tinuità per evidenziare il mutamento, sia come l’espansione statica di un istante che soprattutto nel conferire allo scorrere del nella realtà dura assai poco: insomma, co- tempo, all’interno di certi numeri chiusi, me incarnazione dell’effetto «partiam, par- una qualità attiva e percepibile, che man- tiam» tante volte deriso dai critici del melo- tenga desta l’attesa dell’evento a venire. dramma tradizionale, e reso persino più ir- Può trattarsi di un’intensificazione della ritante dal carattere lirico e moderato del continuità metrica in senso parossistico ed brano, che sembra sospenderlo letteral- incandescente, come nella stretta del ter- mente fuori del tempo (qualche critico del- zetto conclusivo. L’attacco di Chevreuse l’epoca ne fu scandalizzato: vedi, a pag. 84 («Vivo non t’è concesso»), in tempo di mar- di questo volume, la reazione del napoleta- cia e in Si bemolle maggiore, sembra deli- no Vincenzo Torelli). In realtà, le nette neare una forma di controllo della volontà transizioni armoniche (re bemolle maggio- soggettiva sugli eventi, ma non appena en- re / la maggiore) mantengono percepibile il trano le altre voci, con l’accelerazione rit- senso dello scorrere del tempo, un tempo mica e l’intensificarsi della pulsazione sot- reale in virtù del quale, indugiando, Cha- tostante, si ha la sensazione nettissima che lais non giunge al duello entro l’ora prefis- il flusso degli eventi prenda il sopravvento sata, costringendo Chevreuse a combattere sulle volontà individuali, strappandoli dal per lui. In genere, il gioco dei piani armoni- piano di partenza e trascinandoli verso ci a distanza di terza, e soprattutto l’opposi- l’angosciosa modulazione a re minore, e zione fra re maggiore e si bemolle maggio- infine all’epilogo funesto. Altre volte si trat- re, sembra presiedere all’organizzazione di ta di un procedimento armonico tipica- tutta l’opera, forse anche – come sostiene mente donizettiano, quale la tendenza ad Anselm Gerhard – con intenti simbolici, ri- arricchire i numeri chiusi, in particolar ferendosi la prima tonalità al campo se- modo le cabalette, più spesso nelle sezioni mantico dell’onore e degli obblighi sociali, cadenzali, con improvvise transizioni a to- la seconda all’utopia amorosa. Anche per nalità in relazione di terza maggiore, o ter- questa ragione, secondo Gerhard, in Maria za minore diversa dalla relativa. Il senso di di Rohan la drammaturgia d’azione tipica riapertura, di riattivazione del tempo dei modelli francesi, basata sulla disconti- drammatico che questo procedimento ot- nuità, sui colpi di scena e sull’azione, sui tiene non è legato solo ad un generico effet- contrasti, viene attenuata nei suoi aspetti

68 più apertamente vicini al mélodrame popo- lare, e riformulata in una prospettiva, tipi- 5. camente viennese, di strutture compositive Dopo il debutto viennese, Donizetti pre- maturate nella tradizione della musica parò gli adattamenti per il progettato esor- strumentale classico-romantica, grazie al dio dell’opera al Théâtre Italien di Parigi, gioco dei piani tonali e delle scansioni me- previsto per l’autunno. Alcune modifiche triche. Ancora una volta quello che più col- (parziale riformulazione della cavatina di pisce è la sicurezza con cui Donizetti opera Chevreuse e del finale I, inserimento di una da dominatore nel gioco delle più disparate parentesi lenta nel duetto-finale II, un nuo- tradizioni musicali e drammatiche euro- vo duettino all’inizio del terzo atto) venne- pee, combinandole fra loro e al tempo stes- ro preparate durante l’estate, evidentemen- so rimettendo in discussione se stesso, rior- te sulla base di considerazioni drammatur- ganizzando i fondamenti stessi della pro- giche generali; altre, ben più numerose e pria logica musicale: una facoltà persino pesanti, vennero approntate in vista della inquietante se si pensa che, quasi parallela- prima parigina, e ancora lungo l’arco delle mente, nasceva Dom Sébastien, capolavoro rappresentazioni autunnali, fra novembre ancora diverso e per altre ragioni rivolu- e dicembre, per venire incontro ai desideri zionario, che solo da poche settimane è rie- degli interpreti e alle abitudini del pubblico merso a noi in tutta la sua impressionante (che di primo acchitto trovò l’opera troppo portata stilistica. La diffidenza con cui i ca- breve: bisognava pure restare a teatro per polavori dell’ultimo Donizetti sono stati ac- un tempo sufficiente a giustificare il prezzo colti, e in definitiva la loro esclusione dal del biglietto). Occorre ricordare che il repertorio, è facile da spiegare: nel casella- Théâtre Italien, pur operando nel contesto rio mentale del pubblico il loro posto è sta- della città teatralmente più avanzata d’Eu- to preso dalle opere di Verdi, che proseguo- ropa, era alla fin fine una vera roccaforte no essenzialmente sulla stessa strada (all’i- della conservazione musicale: frequentato nizio persino con minore audacia, ma alla da un pubblico aristocratico che sdegnava fine portando a compimento la stessa rivo- di mescolarsi alla borghesia dell’Opéra, in- luzione); mentre Donizetti è stato identifi- crollabilmente legato ad una poetica del cato come rappresentante, con Bellini, di teatro musicale come splendido e disimpe- un’epoca anteriore, quella in cui tutti i con- gnato intrattenimento vocale affidato alle flitti drammatici venivano sublimati e ri- più seducenti ugole d’Europa, si poneva solti in un appassionato ma rassicurante, quasi in relazione dialettica oppositiva con ordinatissimo, «bel canto all’italiana». Eb- quanto avveniva all’Opéra (per non parlare bene: misurare l’ultimo Donizetti sul metro dell’avanguardia teatrale propriamente di Lucia – in base a vuote formule come detta). Era consuetudine che i capolavori «ispirazione melodica» e «spontaneità crea- dell’opera italiana venissero normalizzati, tiva» – sarebbe, più o meno, come misurare al Théâtre Italien, in senso francamente la Missa solemnis di Beethoven sul metro reazionario: si pensi all’abitudine di sosti- del Settimino. Così si spiegano i fraintendi- tuire, in Lucia, la cavatina «Regnava nel si- menti cui non sfuggiva, un quarto di secolo lenzio» con qualche aria in stile fiorito trat- fa, neppure uno studioso di vaglia come ta da lavori dello stesso Donizetti (Rosmon- Guglielmo Barblan; e così si spiegano – ma da d’Inghilterra) o persino di Rossini. Nel sono meno scusabili, oggi – talune cose caso di Maria di Rohan, il nuovo cast com- scritte su Dom Sébastien, nel 1998, da colo- prendeva ancora Ronconi, la Grisi (sopra- ro che ad ogni partitura donizettiana si no con forte propensione alla coloratura), il aspettano tassativamente ed esclusivamen- tenore , nonché il contralto te di ritrovare l’ennesima Lucia, forse per , specializzato nei ruoli paura di riordinare il proprio casellario en travesti, per la quale fu necessario ri- mentale. scrivere ed espandere il ruolo di Gondì, da secondo tenore senza sbocchi solistici a

69 parte principale di adolescente brillante, tocchi, estate ‘43; prima parigina, 14 no- con due numeri tutti per sé (la Brambilla vembre ‘43; ultime rappresentazioni pari- aveva appunto cantato un Gondì in quello gine, dicembre ‘43; repliche viennesi, pri- sgangherato Duello di Federico Ricci, Mi- mavera ‘44; versione napoletana, autunno lano 1839, ricordato poc’anzi). I cambia- ‘44) permette di evidenziare un fenomeno menti intervenuti, poi rispecchiati nell’edi- interessante: i brani che appartenevano al zione Ricordi dello spartito, conferirono al- nucleo primitivo dell’autunno 1842 conti- l’opera la forma rimasta in circolazione si- nuano, in generale, a costituire il corpo no ai giorni nostri: due nuove arie per con- principale di tutte le versioni ulteriori (ven- tralto nel primo e nel secondo atto, una ca- gono eventualmente rimaneggiati, ma ri- baletta per tenore (certamente spuria, ope- mangono al loro posto); mentre i brani ag- ra di Matteo Salvi) nella cavatina iniziale, giunti, a più riprese, nelle tappe successive, al posto di quella del secondo atto; una in genere restano volatili, comparendo e nuova cabaletta di coloratura per soprano, scomparendo secondo l’occasione. Fanno assolutamente insostenibile sul piano eccezione (nel senso che, una volta entrate drammatico, dopo la preghiera del terzo at- in partitura, non ne escono più) la ballata to. Il calcolo era stato comunque esatto: an- di Gondì del primo atto, che evidentemente che a Parigi l’opera piacque, e anche in Donizetti riteneva utile a creare l’effetto di questo caso i recensori trovarono che il contrasto tra ambiente brillante e situazio- compositore aveva fruttuosamente assimi- ne tragica; e la cabaletta della preghiera di lato certi aspetti locali (la nuova ballata del Maria nel terzo atto, tributo forse inevitabi- contralto, in effetti, sa molto di opéra comi- le da pagare per un’opera che rinunciava al que). Donizetti, fedele all’atteggiamento di sacramentale rondò di chiusura. schietto empirismo spettacolare dell’uomo I principi estetici dell’integrità e della coe- di teatro che, pur avendo delle precise in- renza sono effettivamente presenti: non già tenzioni drammatiche, misura il proprio nella totalità della partitura, ma in quello operare anche in base alla reazione favore- che potremmo definire il suo “zoccolo du- vole del pubblico, parve essere contento ro”. L’organismo spettacolare si scinde, in- degli interventi; ma non c’è dubbio che somma, in due strati: uno profondo, essen- questa versione danneggi la logica dram- ziale, lo strato degli “organi vitali” della matica e la compattezza musicale della pri- concezione drammatica e musicale, corri- ma versione viennese, cosa che i critici da- spondente all’incirca a quella prima parti- nubiani non mancarono di rimproverargli tura che Donizetti schizzò in pochi giorni quando l’opera, appesantita («ingravidata», nel novembre 1842; e uno di superficie, scrisse Donizetti) dalle aggiunte parigine, funzionale, adattabile alle condizioni con- tornò a Vienna nella primavera successiva. crete, la cui presenza è comunque ritenuta In effetti la versione allestita da Donizetti a necessaria affinché lo spettacolo operistico Napoli nell’autunno 1844, profondamente sia “completo”, ma i cui componenti sono rimaneggiata non solo nella scelta dei bra- intercambiabili a piacere. In ogni caso, at- ni, ma anche e soprattutto nelle estese ri- traverso l’edizione critica dell’originale scritture che portano a rivedere orchestra- versione viennese, si recupera oggi un zione, profili melodici e sintattici e talora testo senza dubbio più stringente, logico e addirittura la forma stessa dei numeri in coerente, in quanto più fedele alle premes- comune, pur non ritornando interamente se drammaturgiche che avevano guidato alla versione iniziale mostra l’evidente de- l’intero approccio del compositore a questo siderio di recuperarne, almeno in parte, la soggetto. Un soggetto desiderato, inseguito sintesi e la continuità drammatica. Comun- e meditato per anni: tale, certamente, da que, uno sguardo comparato ai diversi sta- toccare le corde più profonde della sensibi- di nella storia dell’opera (prima stesura, lità umana e della sperimentazione dram- novembre ‘42; stesura intermedia, prima- matica donizettiana. vera ‘43; prima viennese, 5 giugno ‘43; ri-

70 NOTA BIBLIOGRAFICA

Informazioni dettagliate sulla gestazione dell’opera, sullo stato delle fonti, sulla storia del testo e delle sue varianti saranno ovviamente disponibili a stampa nel- l’Introduzione e nel Commento critico a GAETANO DO- NIZETTI, Maria di Rohan, edizione critica a cura di Lu- ca Zoppelli, edita da Casa Ricordi di Milano con la col- laborazione e il contributo del Comune di e della Fondazione Donizetti, in corso di pubblicazione; i testimoni principali dell’opera sono l’autografo (Mi- lano, Archivio Ricordi), corrispondente alla versione viennese, e la copia, con interventi autografi, conser- vata nella Biblioteca del Conservatorio di Napoli, che rispecchia la versione napoletana del 1844. Per qual- che ulteriore informazione, vedi la nota in calce all’e- dizione del libretto, in questo stesso volume, a pag. 42. Nel giro di pochi mesi dovrebbero essere disponibili gli atti di numerosi incontri di studio in cui il curatore, a margine dell’edizione critica, ha affrontato le que- stioni testuali e drammaturgiche riassunte in questo programma di sala: ad essi si rinvia per i rimandi bi- bliografici di rito, che altrimenti lo appesantirebbero oltremisura. Vedi dunque: LUCA ZOPPELLI, «Maria di Rohan» e le tipologie del finale tragico, in Gaetano Do- nizetti ed il teatro musicale europeo, negli atti del Convegno Internazionale, Venezia, Teatro La Fenice / Fondazione Cini / Università degli Studi, maggio 1997; ID., Il ritorno del Conte di Chalais, negli atti del Con- vegno Donizetti, Napoli, l’Europa, Napoli, Università degli Studi / Teatro S. Carlo, dicembre 1997; ID., La Maria ingravidata, negli atti del Convegno Internazio- nale Donizetti, Parigi e Vienna, Roma, Accademia Na- zionale dei Lincei, marzo 1998; ID., Una drammatur- gia borghese, negli atti del Convegno Internazionale sulla Drammaturgia delle Opere di Gaetano Donizetti «Voglio Amore e amor violento», Bergamo, Teatro e Fondazione Donizetti, ottobre 1998. Segnalo soltanto, in via generale, che le citazioni dall’epistolario del compositore sono ovviamente tratte da GUIDO ZAVADI- NI, Donizetti. Vita – Musiche – Epistolario, Bergamo, Istituto Italiano di Arti Grafiche, 1948; che per le rea- zioni critiche la maggior parte del materiale (non quello napoletano, tuttavia, né la recensione citata dell’»Illustration») è reperibile ne Le prime rappresen- tazioni delle opere di Donizetti nella stampa coeva, a cura di ANNALISA BINI e JEREMY COMMONS, Roma, Skira / Accademia Nazionale di Santa Cecilia, 1997, pp. 1152- 67; che il saggio di ANSELM GERHARD citato nel testo sarà pubblicato negli atti del convegno napoletano ci- tato poc’anzi. La documentazione (segnalatami dall’a- mico Paolo Cecchi) relativa alla mancata Maria con- tessa di Rohan di Pacini al Teatro La Fenice si trova nell’Archivio Storico del Teatro stesso, ospitato presso la Fondazione Levi; cfr. la Busta Autografi Composito- ri per le lettere di Pacini, Busta Autografi Diversi per quelle della Presidenza. Le definizioni del dramma «di forma chiusa» ovvero «aperta» rinviano ovviamente a VOLKER KLOTZ, Geschlossene und offene Form im Dra- ma, München, Carl Hanser Verlag, 1969; infine, il ma- gistrale Saggio sul tragico di PETER SZONDI, risalente al 1961, è stato tradotto in italiano da Einaudi nel 1996.

71 Il Kärntnertortheater di Vienna dove ebbe luogo la prima rappresentazione assoluta di Maria di Rohan (5 giugno 1843).

72 MARIA DI ROHAN NELLA STAMPA DELL’EPOCA

Il carattere sperimentale di Maria di Rohan vatore: nei fatti, certo (per ragioni soprat- è ben rispecchiato dal disorientamento che tutto censorie), ma non necessariamente si coglie, pur nella generale ammirazione, nella consapevolezza critica. scorrendo le critiche contemporanee. L’o- Le recensioni viennesi sono tratte dall’ap- pera ebbe, essenzialmente, tre versioni no- pendice B a RUDOLPH ANGERMÜLLER, Il pe- tevolmente diverse fra loro: Vienna (giu- riodo viennese di Donizetti, negli Atti del 1° gno 1843), Parigi (novembre 1843) e Napo- Convegno Internazionale di Studi Donizet- li (novembre 1844). La reazione critica tiani (1975), Bergamo, Azienda Autonoma viennese fu estremamente positiva, sottoli- di Turismo, 1983, pp. 683-92 (trad. di Piera neando soprattutto la qualità drammatica, Di Segni e Franco Piperno); quelle parigine la sobrietà e la concisione dell’opera: tutti da Le prime rappresentazioni delle opere vollero mettere in luce il carattere essen- di Donizetti nella stampa coeva, a cura di zialmente “tedesco” della sua drammatur- Annalisa Bini e Jeremy Commons, Roma, gia. La versione parigina andò incontro ai Accademia Nazionale di Santa Cecilia/Ski- gusti locali con interpolazioni e sostituzioni ra, 1997, pp. 1172-5 (trad. di Marinella Lai- di gusto cantabile e brillante: esattamente ni); la recensione napoletana, inedita in ciò che pubblico e critica del Théâtre Ita- tempi moderni, è tratta direttamente dalla lien chiedevano ad un’opera italiana. Da fonte. notare, nella recensione di Delécluze, l’ap- punto della eccessiva brevità dell’opera (cui Donizetti prontamente rispose attra- «Allgemeine Theaterzeitung» verso ulteriori interpolazioni) e la sottoli- Vienna, 7 giugno 1843 neatura del carattere cosmopolita della musica donizettiana, inevitabile «nel mo- I.R. Teatro di Corte al Kärntnerthore. mento in cui ci si preoccupa, in Europa, di L’altroieri, 5 giugno, lunedì di Pentecoste, è uniformare pesi, misure e monete» (anche stata rappresentata per la prima volta Ma- allora?). Notevole, nell’intervento di ria di Rohan, opera tragica in tre atti, testo Théophile Gautier, la difesa della sponta- di Salvatore Cammarano, musica del sig. neità creativa di un Donizetti contro quanti Donizetti, i.r. maestro di Cappella di Came- credono che, per produrre un capolavoro, ra e compositore di Corte. ci vogliano anni di ritocchi e sudore. La re- Il sig. Donizetti ha scritto quest’opera pro- censione napoletana, anonima, ma opera prio per questo teatro, e ha diretto perso- probabilmente del prestigioso critico e or- nalmente la prima rappresentazione. Il ganizzatore Vincenzo Torelli, dimostra pubblico lo ha accolto con plauso e giubilo qualche sconcerto, ma anche una sorpren- già al suo apparire sul podio ed è rimasto in dente adesione agli aspetti più sperimenta- questa lieta ed eccitata disposizione per tut- li di Maria di Rohan, tale da richiedere una ta la serata. Si volle far ripetere già l’ouver- riflessione sull’immagine, comunemente ture, quasi dopo ogni numero fu richiama- accettata, della Napoli ottocentesca come to il maestro e, dopo ogni atto, anche insie- centro musicale irrimediabilmente conser- me ai cantanti, ma alla fine dell’opera gli

73 applausi degli entusiasti non conobbero li- ideata e strumentata, deciderà dovunque, miti né misura. Questo in poche parole il com’è stato qui, il destino dell’opera. successo della prima rappresentazione che L’interesse in parte minore che l’ascoltatore a malapena avrebbe potuto onorare di più può prestare all’azione e la mancanza di si- tanto il compositore che i cantanti Ronconi, tuazioni musicali, provoca qualche caduta Tadolini e Guasco ai quali era affidata l’e- nei primi due atti. Il libretto è ripreso da un secuzione del lavoro. noto dramma di Alexander Dumas. Non c’è Se dobbiamo poi esprimere anche la nostra molto di nuovo nella storia dato che la sto- pochezza di critici sia che essa si accordi ria di una moglie infedele, del tiranno pazzo con questo giudizio del pubblico, sia che e dell’amante ucciso è già stata trattata pa- no, in questa ultima opera del sig. Donizet- recchie volte nell’opera seria; qui la trovia- ti essa troverà certamente molte cose su cui mo soltanto appena cambiata, e possiamo potersi esprimere solo nel modo più favo- però sempre ringraziare il “poeta” di averci revole. Però in particolare il terzo atto, re- risparmiato alla fine la pazzia della prima datto con una rara conoscenza degli effetti donna. I versi avrebbero talvolta potuto es- drammatici, offre così tanto spazio alle me- sere più belli, troppi pensieri poetici non se ritate lodi, da poterlo senz’altro porre tra il ne incontrano. La musica dei primi due atti, meglio che il maestro abbia prodotto nel pur non possedendo l’equilibrio del terzo, genere serio. Le tre scene più efficaci del li- contiene però parecchie cose che possono bretto finora non troppo interessante, for- rivendicare il diritto all’attenzione generale. mano il nucleo dell’atto, tre scene piene di Per esempio: una brillante aria per la prima passione e di ardenti affetti: l’aria di Ronco- donna, semplice, melodiosa e soave, nel mi- ni (Duca di Chevreuse) nella quale gli si glior stile del maestro. Il secondo atto, ac- rende nota l’infedeltà della moglie, e subito canto ad un’aria per il tenore, ha due duetti dopo il suo incontro con Maria, signora Ta- molto riusciti, dei quali in particolare il se- dolini, quando egli chiede ragione del suo condo, che chiude anche l’atto, ha un effetto tradimento, e poi l’entrata del Conte di stimolante sul pubblico. Chalais, l’odiato, ingrato rivale, Guasco, Il carattere dell’intera opera è vivo, passio- votato alla morte, con cui viene presentata nale, libero da mollezza e falso sentimenta- una situazione di effetto veramente com- lismo. È ricca di melodia, e anche nella movente. Ma in queste tre scene Donizetti strumentazione ha da mostrare splendidi ha impiegato tutto il suo talento ed ha scrit- effetti. Così anche l’ouverture è un pezzo to una musica che può certamente avere strumentale redatto in modo eccellente con un effetto radicale, ovunque non si abbiano una conclusione oltremodo entusiasmante pregiudizi contro la musica italiana. Il e vigorosa. I cori non sono utilizzati indi- compito di rendere musicalmente tre situa- pendentemente in questa opera, ma accom- zioni simili immediatamente susseguenti- pagnano gli a solo. Accanto ai pregi noti e si, tutte selvaggiamente passionali, non era numerosi, presentati da quest’ultimo lavoro certo facile, e in quest’occasione si può am- del compositore tanto amato, sarebbe pro- mirare il raro talento del compositore, che prio impensabile ed inopportuno elevare la in ogni scena successiva ha saputo sempre voce del biasimo contro i particolari. L’ope- superare la precedente, cosicché l’ultima, il ra, oltre a parecchi personaggi secondari in- terzetto «Vivo non t’è concesso» è allo stes- significanti, contiene soltanto tre parti prin- so tempo quella dell’effetto più drammati- cipali per soprano, tenore e basso, che ven- co. Fu molto opportuno chiudere l’opera gono qui cantate in modo magistrale dalla con questo numero e cancellare l’aria della sig.ra Tadolini, dal sig. Guasco e dal sig. prima donna che si trova nel libretto, per- Ronconi. ché qui non si sarebbe più potuta facilmen- Ronconi, che con questa opera ha avuto per te raggiungere un’ulteriore intensificazio- la prima volta in questa stagione l’opportu- ne. Questo atto, che tra l’altro contiene an- nità di mostrarsi in una gradevole parte se- che una preghiera della prima donna ben ria, è stato eccellente tanto nel canto quan-

74 to nell’interpretazione. È una delle sue più Maria di Rohan. Opera tragica in tre atti. perfette prestazioni, piena di spirito, piena Libretto di Cammarano, musica di Doni- di nobiltà artistica e di calore. L’impressio- zetti. D’un tratto ci si fa incontro il maestro ne che egli così produce è entusiasmante. ricco di melodia con un’opera che egli Persino il più freddo ascoltatore deve rima- chiama «Melodramma tragico». Già da un ner rapito dal modo in cui egli cantò anche certo tempo ho visto un libretto d’opera de- solo il terzo atto, e con quale passione. Se si nominato con questo epiteto di Melpome- fosse seguito il sentimento del pubblico, ol- ne, anche se le opere serie di oggi abitual- tre alla chiusa dell’aria si sarebbe fatto ri- mente sono piene dell’emblema «pugnale e petere certamente anche il numero se- maschera». Se non mi sbaglio la Medea di guente. Cherubini è l’ultima opera tragica che sia La sig.ra Tadolini è stata, per quel che con- stata scritta. Finora le tre diverse scuole cerne l’aspetto musicale del ruolo, irre- musicali drammatiche hanno abbastanza prensibile; nella recitazione, si sarebbe po- opere tristi da presentare; il tragico vero e tuto portare questa o quella scena a mag- proprio fu però offerto solo in singole sce- giori effetti. Con particolare maestria ella ne. Perciò nell’epoca moderna la critica, ha cantato l’aria del primo atto, per la qua- quasi imbarazzata, cerca modelli dai quali le il compositore aveva contato esclusiva- poter astrarre teorie attuali per questo im- mente sul suo virtuosismo. Non meno è portantissimo genere d’opera. Per fortuna i riuscita nel duetto finale del secondo atto. prosatori critici con le loro manovre dimo- Non è neanche da menzionare il fatto che il strative possono allungare ben bene le ma- suo contributo è tornato essenzialmente a ni sulla moderna opera tragica italiana. Già vantaggio del numero principale dell’ope- da anni dunque si configura una vecchia ra, il terzetto del terzo atto. tragedia matrimoniale ben confezionata, Il sig. Guasco deve in particolar modo sen- un’epilessia da gelosia che se le si toglie il tirsi obbligato verso il compositore, che gli mantello spagnolo, alcune altisonanti frasi ha scritto una parte che ha decisamente retoriche, un po’ di follia e di assassini, in volto in suo favore l’opinione del pubblico succum et sanguinem si rivela la solita cro- finora non molto favorevole a questo can- ce domestica borghese. In modo assai natu- tante. Il sig. Guasco in generale è piaciuto, rale in un simile “canovaccio”, come dice e a buon diritto. La sua esecuzione ha tro- Goethe, la musica non può e addirittura vato un tale riconoscimento, come la sua non deve venir fuori troppo decisamente. voce, nella quale neanche questa volta si è Ciò significherebbe proprio alzare un fa- notata stanchezza, pur essendo la parte scio di paglia con dei paranchi. piuttosto faticosa. Cammarano ci trasferisce alla Corte di Lui- Ciò basti per la prima serata di quest’opera gi XIII movimentata da intrighi, sommosse, che non dubito offrirà nuovo slancio al re- ambizioni di parte o, in realtà, fa muovere pertorio. La prima rappresentazione è stata su questo terreno le sue tre figure in un ben studiata non solo per quanto riguarda i passo di danza pieno di sentimento, tipico cantanti ma anche per quanto riguarda di tutti i drammi di questo genere, in amo- l’orchestra e il coro, che si intrecciano in rose piroette e appassionati battements, fin- modo efficace. In futuro otterrà certamente ché il tiranno-baritono ha soddisfatto la sua maggior sicurezza. L’opera è splendida- sete di vendetta, l’innamorato rivale-teno- mente corredata di nuovi costumi e decora- re, ingiustamente perseguitato, ha reso la zioni. sua anima e l’eroina-soprano, fortemente (Heinrich Adami) spinta da una parte e dall’altra dalla pro- messa fedeltà coniugale e dalla riconoscen- «Wiener Zeitschrift für Kunst, Literatur, za per il salvatore del marito, è abbandona- Theater und Mode», Vienna, 10 giugno 1843 ta alla disperazione. Come si vede questo libretto somiglia agli I.R. Teatro di Corte al Kärntnerthore. altri drammi della gelosia alla moda, come

75 una moderna fantasia somiglia alle altre. Si sitore, nei pezzi drammatici migliori, si al- deve inoltre concedere al poeta, che senza za improvvisamente di scatto, si libera del- dubbio lavora su materia francese, che vi- la platea tedesca e svelto compone qualco- vacità d’azione, situazioni gradevoli, anche sa nella bocca dei suoi contadini che risuo- se ricordano vivamente delle popolari sce- na nell’abituale modo affettuoso. Si viene ne principali di altre opere, alcuni graziosi veramente tentati di dividere i pezzi musi- colpi teatrali ed una dizione compatta che cali di quest’opera in due classi delle quali procede con semplicità, differenziano posi- una è destinata al dramma, l’altra ai can- tivamente il suo libretto da altri. Non si de- tanti. Questo non è del resto un fenomeno ve trascurare che Cammarano ci ha nuovo. Chi è esperto di partiture italiane, anche risparmiato la follia, il suono dell’or- riesce a trovare esempi simili cominciando gano, i cori da ubriachi ed altri usuali puti- da Carissimi e da Scarlatti, perfino durante feri operistici, cosa che non è affatto da va- l’intera epoca d’oro dell’opera italiana fino lutare negativamente quale cambiamento di all’epoca nostra, perché i compositori, ap- scarso rilievo. pena cominciarono a voler risplendere con Ancor più che il gusto dei parigini che vo- intelligente incanto melodico, ebbero da al- lentieri porta allo spigoloso, la musa conci- lora in poi anche bisogno di sacrificare par- liante di Vienna sembra influenzare i nuovi te delle loro più profonde convinzioni per lavori di Donizetti, quella musa che da cantanti sostenuti dalla massa in cerca di sempre ha mitigato gli eccessi e sostituito godimento, e comporre pezzi in cui il senso ciò che era troppo debole con un’espressio- artistico del maestro si indignava in silen- ne potente, e di cui la storia dell’arte di zio contro la vanità tirannica dei cantanti, Vienna può offrire una quantità di esempi ancor più spesso di quanto accadesse aper- interessanti. Già la Linda dispiegò una cer- tamente con discordie formali, come molti ta serietà di elaborazione, da ritrovare solo fatti dimostrano. in poche parti precedenti di questo fecondo E allora se quel compositore così pieno di compositore; il Don Pasquale proseguì con talento col suo stile attuale avesse rappre- successo questo sforzo di puntare sull’idea sentato musicalmente dei modelli seri, generale e non semplicemente sui singoli avrebbe reso un complimento più grande numeri musicali interessanti e la novità al gusto dei viennesi che se avesse rivolto, contenuta nel discorso scritto dal maestro come in precedenza, la sua attenzione ad per il nostro teatro italiano, a mio parere fu un arbitrario accostamento di fronzoli me- un passo avanti assai notevole, con l’ade- lodici graditi solo all’udito. In realtà la no- guato comportamento, con l’unitario lega- vità e lo splendore del pensiero melodico in me delle singole parti al tutto e con l’incre- quest’ultima opera di Donizetti hanno solo mento drammatico. Già il fatto che egli ri- un ruolo secondario. Incontriamo anzi al- nunciò a quei grandi pezzi concertanti che cune cose soltanto rielaborate e molte altre a lui, grazie ad un’elaborazione di solito copiate con abilità da altri modelli degni di briosa in tutte le opere serie, assicuravano fungere da esempio. Questo però può un effetto quasi inevitabile, rivela la sua smantellare solo la sua usuale popolarità preoccupazione di far impressione sugli nel mondo dei dilettanti, ma non il senso ascoltatori con mezzi semplici. Fa parte di artistico che questa volta il compositore ha questo atteggiamento anche il contenimen- conservato. Se l’invenzione melodica in to degli effetti del coro, l’uso parsimonioso quest’opera si fosse mantenuta alla stessa delle cabalette e della stereotipata ripetizio- altezza dell’intenzione drammatica, quasi ne del tema vocale di tutte le voci, l’intelli- dappertutto convincente, non esiterei pro- gente trattamento dei ritornelli, l’interru- prio a dichiararla l’opera meglio riuscita di zione delle arie strofiche, l’uso contenuto Donizetti, così come la ritengo una delle degli ottoni, l’evitare gli ottavini etc. Per lo migliori opere serie offerte dall’arte moder- più si ha un andamento più tranquillo, più na italiana. solido, e ben si nota come spesso il compo- Diamo un’occhiata dunque ai numeri mi-

76 gliori di quest’opera che ha una colorazio- tusiasmante come Mayerbeer, che proprio ne di fondo malinconica e nel corso dell’a- in questa scena ha posto la sua ispirazione zione si innalza fino alla passionalità. più bella, ha tuttavia dato prova, qui come Nell’atto I, dopo un già presentato lamento nella scena precedente, di una buona capa- del tenore, incontriamo una scena di Maria cità drammatica. A dire il vero, l’agitato di ben interpretata, che chiude con un allegro Maria «Che mai potrà commuoverli», eccel- gioioso per la salvezza del marito, il Duca di lentemente ritmizzato, si ricollega ai miglio- Chevreuse, ottenuta grazie al Conte di Cha- ri modelli antichi di questo genere. La stret- lais da lei segretamente amato. È scritto evi- ta conclusiva di questo atto, che ci richiama dentemente per la bravura della Tadolini e un momento uguale della Lucrezia, dovreb- per i soprani virtuosi, ed è nuovo nel motivo, be essere preso in un tempo più veloce, gua- all’uso italiano del pezzo di bravura. Il finale dagnando in espressione. La modulazione di questo atto contiene un terzetto in cui il te- di ampio respiro non la ritengo collocata fe- nore, adeguandosi alle parole, si pone in una licemente, a causa dell’unitarietà che deve melodia in minore, e questa si allontana dal- regnare in questa parte conclusiva. lo stile abituale del compositore quanto il L’atto III, incalzante per affrettarsi alla fine, successivo andante a 5 parti con coro. Lo ste- è il più vivace e più d’effetto sia per il poeta e reotipato effetto di culmine del crescendo è che per il compositore. Quest’ultimo dimo- qui sostituito da una pienezza armonica stra qui una piena padronanza della materia tranquillamente sviluppata. Non suscita per- e in giusta misura interrompe l’andamento ciò alcun «Bravo!» infuriato, è però buono. drammatico con elaborazioni melodiche so- La successiva chiassosa stretta all’unisono lo tanto quanto permettono gli eventi incal- ne strappa invece a sufficienza. Con essa vie- zanti. Chalais, protetto dai suoi inseguitori ne anche eliminato in quest’opera una volta nella casa di Chevreuse, vuole indurre Ma- per tutte il tributo all’idolo del rumore adora- ria alla fuga per sottrarla alla collera del ma- to dai maestri di oggi. rito. La sua preghiera subito seguente è pro- L’atto II accresce l’interesse con l’azione e la prio una preghiera. Chevreuse viene in pos- musica intorno a un fatto importante. La sesso di una lettera sospetta di Chalais e Ma- scena in cui Chevreuse cerca il suo salvato- ria. L’aria che si fonda su questo fatto contie- re Chalais per fargli da padrino in un duello ne un andante pieno di espressione; le paro- che vale a salvare l’onore di Maria, e trova le conclusive «Sì ma fra poco di sangue un poi la moglie mascherata che se ne sta na- rio a questa lagrima succederà» vengono di scosta nella stanza accanto mettendo in nuovo trattate, per amore del cantante, alla guardia Chalais dall’insidia, è di drammati- usuale maniera fulminante di cabaletta, e il co effetto, piena di mutevoli accenti, agitata brano invita a battere le mani. Essa però in e conciliante da parte di Chalais, impetuosa, parte mi pare un po’ troppo sfruttata e in infuocata di gelosia, e ironicamente amara parte delineata in modo troppo bellicoso; in- da parte di Chevreuse. Il duetto in La, poten- fatti annientare un rivale e volersi misurare temente cantato, ha molto effetto, solo mi col nemico sul campo, sono due cose diver- pare interpretato troppo eroicamente per se. La successiva scena con Maria, in cui si questa situazione. Un motus obliquus di- avvicina sempre più la sua rovina e quella scendente delle voci, qui contenuto, musi- del perseguitato Chalais, presenta una serie calmente ha un effetto eccellente e partico- di dettagli interessanti e un quadro generale lare. Chevreuse si allontana, Maria si preci- pieno di verità e di forza che fa molto onore pita dalla stanza accanto e assale Chalais in- al compositore. Cominciando dal discorso vitandolo a sfuggire con una rapida fuga il ironico di Chevreuse fino al dialogo a duet- pericolo ovunque in agguato. Questi si ap- to, l’espressione musicale e vocale cresce fi- pella al dovere di presentarsi al proprio ne- no ad un alto grado di passionalità dramma- mico. La situazione ne ricorda una simile tica. Maria piange e si dispera in forme vo- negli Hugenotten ed anche se Donizetti non cali periodiche mentre Chevreuse fa esplo- trova per essa una lingua musicale così en- dere la sua collera con frasi rotte, buttate

77 fuori con violenza. È eccellente la forza de- doppiamente piacevole per la materia tratta- clamatoria, decisiva in questa scena, che, ta, di evitare tutte le tirate larmoyant e le per completarsi musicalmente, finisce con lungaggini, e le scene, nonostante i monolo- l’ingresso di Chalais con un terzetto compo- ghi e i dialoghi usati quasi ininterrottamen- sto con molto ardore e che accende gli ap- te, si svolgono tuttavia con sufficiente fre- plausi. I due nemici, armati di pistole, vanno schezza e sono piene di cambiamenti nono- nella stanza accanto – parte un colpo – Che- stante la durata molto contenuta. vreuse torna indietro e con le parole rivolte Donizetti con questo lavoro ugualmente a Maria apprezzabile nella concezione e nella fattu- ra, che per lo più lascia dietro di sé tutto il La vita coll’infamia vuoto tintinnio, non solo ha fatto un note- A te, donna infedel! vole progresso nel suo cammino ma so- prattutto ha dimostrato, nel senso migliore, conclude l’opera. L’ouverture è la più com- un talento deciso per il genere serio. Il futu- pleta che abbiamo sentito finora da Donizet- ro ci si dovrebbe aspettare da lui qualcosa ti. Il motivo principale dell’allegro, comin- di ancora più valido se solo egli, sganciato ciando con violoncelli al registro acuto pre- dal peso dei contratti di consegna delle par- senta una reminiscenza antico-francese ben titure e dalle ambizioni dei cantanti, sarà caratterizzata. Le parti principali e seconda- nella condizione di scrivere come forse da rie sono accostate con simmetria ed in esse tempo desidera. domina chiarezza come in tutta l’opera. Do- Questa è la mia opinione personale. Per nizetti mostra di saper lavorare felicemente questo nessuna occhiata benevola alle voci anche in questo genere. critiche con la stessa opinione; a quelle con Le tre parti principali estremamente gradi- opinione diversa, nessun ordine di compa- te, che non devono essere solo cantate ma rizione! anche recitate, trovarono nella signora Ta- (Carl Kunt) dolini e nei signori Ronconi e Guasco degli interpreti che ottennero il plauso più gran- de. Eseguito con passione, il ruolo della «Le Journal des Débats» protagonista ottenne ancora maggior inte- Parigi, 24 novembre 1843 resse. Guasco, in questa parte più che in quelle sue precedenti, guadagna purezza, Théâtre Royal Italien. Prima rappresenta- melodiosità e pienezza di voce, usata in zione a Parigi di Maria di Rohan, melo- modo semplice e bello e che purtroppo non dramma tragico in tre atti, musica del Mae- ha ancora perduto del tutto il suo velo. stro Donizetti. Ronconi, su cui grava il peso maggiore, I libretti d’opera mi fanno sempre pensare a adeguandosi alle intensificazioni felice- quelle grandi strutture in legno che si innal- mente introdotte dal compositore, si mo- zano alla vigilia di certe feste pubbliche, at- stra in una concitazione di effetto dramma- torno alle quali si fissano dei sacchi di mor- tico e canoro dei più efficaci. È da deplora- taretti di tutte le forme, legati fra di loro per re soltanto il fatto che le sue oscillazioni di mezzo di lunghe micce. È però da queste intonazione, per lo più passeggere, proprio grandi intelaiature all’apparenza magre e in questa opera assumano un carattere co- patibolari, da questi miseri piccoli cartoni stante. chiusi da spaghi, che all’avvicinarsi della Al compositore che dirigeva personalmente notte si lanceranno mille getti di fuoco, soli e ai cantanti vennero tributati tutti gli onori volteggianti, fasci infiammati, ed infine an- che il pubblico artistico locale è abituato ad che la girandola che si innalzerà maestosa offrire di cuore ad ogni bella aspirazione come un’immenso cesto di fiori scintillante chiaramente dimostrata. Anche all’allesti- di mille fuochi colorati. Questa intelaiatura, mento esteriore non mancò nulla. questo canovaccio sul quale si applica o si ri- Questo lavoro presenta ancora il vantaggio, cama un’opera, cioè il libretto, mi causa

78 sempre una certa inquietudine, quando, ob- to il favore del pubblico che gli ha dato bligato a renderne conto, devo saltare di sce- quella sicurezza e quel certo grado di teme- na in scena come si oltrepassa, non senza pe- rarietà senza il quale il talento resta sempre ricolo e con la paura di mettere un piede nel al di sotto delle sue possibilità, è in grado di vuoto, lo spazio che separa le tavole di un pa- dare alla sua voce tutta l’intensità di cui è tibolo. […] Questo piccolo dramma che in suscettibile. fondo imita il delizioso vaudeville del Mae- Quanto a Ronconi, ha ottenuto e meritato un stro Lockroy intitolato Un Duel sous Riche- bel successo nel ruolo del duca di Chevreuse. lieu, offre, come si vede, delle situazioni forti Al suo brillante talento di cantante ha aggiun- e veramente drammatiche. to quello di attore. Nel terzo atto di Maria di Il Maestro Donizetti ha composto, per i due Rohan, quello dove vi è più interesse dram- primi atti, della musica gradevole e felice- matico e dove il compositore ha così felice- mente appropriata al talento dei cantanti, mente usato di tutte le risorse del suo talento, dove si sono particolarmente notati i cou- Ronconi ha superbamente messo in evidenza plets che la Signora Brambilla canta con sia la situazione sia la musica. Commuove fi- tanta arte e tanta grazia. Il terzo atto è il più no alle lacrime quando, dopo aver letto la let- importante di tutta l’opera, e tutta l’ultima tera che il conte di Chalais destinava a sua metà è riempita dalla scena più appassio- moglie, si sente diviso fra i teneri ricordi che nata e più drammatica, con un terzetto re- gli rammenta la moglie infedele e il furore citato e cantato con notevole bravura dalla geloso che gli ispira il conte. Le parole che di- Signorina Grisi, da Salvi e Ronconi. L’ou- ce a Maria, nelle quali si mescolano collera e verture è molto bella, composta con una tenerezza, la scoperta della connivenza dei cura e un’arte così ben dissimulate, che ci due amanti, e la gioia feroce che prova nel ve- si abbandona interamente e senza riflessio- dere Chalais entrare e offrirsi in qualche mo- ni al piacere di ascoltarla. Questo gradevo- do alla sua vendetta, tutti questi sentimenti le brano strumentale ha, a mio avviso, un profondi e vari, Ronconi li rende con una per- solo difetto, ma che segnalo tanto più vo- fezione rara. lentieri in quanto sarebbe molto facile eli- Le sue qualità d’attore sono tanto più note- minarlo. È la fine, la cauda, che sembra voli in quanto nulla di quello che si può esi- eterna a causa della sua lunghezza, e che gere da un cantante, in queste scene dove la assorda con il rumore che fa. Si potrebbero passione è così viva e dove i movimenti amputare una ventina di battute in piena bruschi sono inevitabili, è trascurato. Il sicurezza, e la sinfonia procederebbe più grande terzetto finale, che comprende tutte svelta e più leggera. Per quanto buono sia le scene che ho appena descritto, è, bisogna l’aquilone, se la sua coda è troppo lunga convenirne, molto bello; di conseguenza, avrà delle difficoltà ad elevarsi. Quest’anno non appena il sipario si è abbassato, lo si è la Signorina Grisi canta e recita con una dovuto rialzare per applaudire il composi- verve davvero notevole; come cantante e tore Donizetti e gli artisti che hanno così come attrice ha interpretato il ruolo di Ma- bene interpretato la sua opera, la Signora ria di Rohan guadagnandosi il plauso gene- Grisi, Salvi e Ronconi. rale. Nella cavatina e nei duetti che canta Poiché Armand de Gondi è ucciso in duello con Salvi e Ronconi, oltre all’energia al secondo atto, la Signora Brambilla non espressiva che dispiega quando la situazio- ha condiviso gli applausi tributati ai suoi ne lo richiede, ha dato anche frequenti pro- compagni alla fine dell’ultimo; se l’occasio- ve del delicato talento col quale vocalizza. ne è mancata, nondimeno il pubblico si è Il tenore Salvi è ampiamente all’altezza dimostrato ben disposto verso questa vir- delle lusinghiere speranze che il suo debut- tuosa. to aveva fatto concepire. Dotato di un tim- Il ruolo di questa abile cantante sembra un bro che tocca l’anima e piace all’orecchio, po’ breve, e l’opera stessa manca, nel secon- questo cantante, dal gusto sicuro e dalla do atto, di qualche sviluppo; per cui il Mae- tecnica rigorosa, da quando si è guadagna- stro Donizetti ha deciso di comporre un’aria

79 Il foyer del Théâtre Italien all’epoca della prima parigina di Maria di Rohan. Incisione riportata da «L’Illustration» del 30 marzo 1844.

80 per la Signora Brambilla, e un terzetto che stoffe di seta. […] canterà con la Signorina Grisi e con Ronconi. Quale ragione avremmo dunque di meravi- L’eccellenza con la quale canta i graziosi gliarci se il Maestro Donizetti, che lavora da couplets del secondo [primo] atto ha fatto de- sì lungo tempo su libretti tratti da drammi siderare a tutti gli amatori della buona musi- francesi, e che ha già scritto parecchie note- ca un complemento al suo ruolo, e fra qual- voli partiture su testi francesi, a volte confe- che giorno l’opera Maria di Rohan sarà rin- risce alla sua musica lo stile che è proprio novata con queste aggiunte. della nostra? È una conseguenza inevitabile Alla prima rappresentazione di Maria di della diffusione dei popoli, delle lingue e dei Rohan tutti gli spettatori sono stati colpiti gusti. Quanto all’arte stessa, come se la ca- dall’analogia, dalla somiglianza che si ri- verà? Non saprei dire. scontra fra l’economia musicale di quest’o- (Delécluze) pera e quella delle opere francesi dette opé- ras-comiques. In effetti, le arie che canta Salvi assomigliano alla romanza; la Signo- «La Presse» ra Brambilla canta tre couplets, piuttosto Parigi, 27 novembre 1843 graziosi, per la verità, anche se sono tre couplets dove lo stesso canto è ripetuto con Théâtre Royal Italien. parole diverse. Vi è un terzetto, quello che Maria di Rohan, opera seria in tre atti, del chiude così felicemente l’ultimo atto, ma Maestro Donizetti. Tutti hanno visto il pia- nessun quartetto né un ensemble finale cevole lavoro teatrale del Maestro Lockroy propriamente detto. Tutta la parte cantata intitolato: Un Duel sous Richelieu. Maria di da Ronconi è poco melodica e assomiglia Rohan ne è l’esatta riproduzione. È dunque piuttosto a una melopea, mentre l’espres- inutile farne l’analisi. sione drammatica esclude le frasi ritmiche Il maestro Gaetano Donizetti è un uomo e i tratti brillanti che caratterizzavano anti- d’incontestabile talento; ma possiede ancor camente la musica italiana. Infine l’ouver- più che talento. Una sola cosa gli nuoce se- ture, come ho già detto piena di spirito e di condo certi spiriti tetri: la sua facilità. Se im- grazia, per la forma e per l’effetto prodotto piegasse sette o otto anni per trovare le me- dal dialogo degli strumenti che si rispondo- lodie o la strumentazione di un’opera, pas- no variando gli interventi ed esprimendosi serebbe certamente per un genio; la puzza volta a volta in modi diversi, conferisce a di olio che diffonde la lampada del lavoro questa sinfonia una certa rassomiglianza notturno è un profumo gradevole per molta con le ouvertures composte per il teatro gente che non può immaginare come si pos- Feydeau da Méhul, Cherubini, Boyeldieu, e sa fare presto e bene. Gli uomini del Nord Berton. non comprendono queste nature italiane, Penso che questa fusione non favorisca l’ar- così meravigliosamente create per l’arte che te, ma poiché ai giorni nostri si fa sentire in sembra non costare loro quasi nessun lavo- tutti i campi, e su quasi tutta la superficie ro. Senza dubbio la cura e gli sforzi vanno del globo, non ci si deve meravigliare che lodati; ma lo slancio spontaneo non è prefe- essa avvenga anche in ambito musicale. In ribile? Ciò che è acquisito non vale mai ciò questo momento in Europa ci si preoccupa che è donato. Maria di Rohan, senza rivela- di adottare l’uniformità dei pesi, delle misu- re nulla di nuovo nella maniera di Donizet- re e delle monete, rapportati al sistema de- ti, è comunque un’opera piena di pregi che cimale per favorire le transazioni commer- avrà una lunga carriera. Le melodie, come ciali e le operazioni di banca. Tutti gli euro- tutte quelle che nascono dalla penna del pei portano lo stesso abito e fra poco i sarti maestro, sono simpatiche e naturali. Qual- parigini vestiranno l’Europa intera, poi i che volta vi si potrebbe desiderare una mag- turchi che hanno abbandonato le grandi gior rarità, ma, comunque, non vi si trovano scimitarre e i turbanti, ed infine i cinesi, per nè folli pretese nè stravaganze. i quali si stanno fabbricando a Lione delle È una musica sana e senza ambizioni esage-

81 rate - merito raro ai nostri giorni, dove ogni «L’Omnibus» arte sembra voler uscire dalle sue compe- Napoli, 14 Novembre 1844 tenze e cercare oltre i suoi limiti naturali ef- fetti e risorse che non gli appartengono. Do- Questa musica viene a palesare chiara- nizetti, con la sua abbondanza inesauribile, mente che un gran maestro, come Donizet- da più di dieci anni alimenta con le sue ope- ti, ed oggi in cui tutto si riduce a fatti non a re le scene liriche dell’Italia, della Germa- fole, non può innalzare componimenti so- nia, dell’Inghilterra e della Francia, e nessu- pra basi d’arena, e vice-versa sa creare bel- no, dopo Rossini, Achille musicale troppo lezze artistiche quando il fatto l’esige e presto ritiratosi nella sua tenda, ha ottenuto chiude elementi di grandi passioni. Così in successi più grandi e più numerosi. Si può questo dramma: nel primo e nel secondo dire di lui quello che Marziale diceva delle atto non vi sono che preparativi ed esposi- sue opere: Ma le buone sono la maggioran- zione, nel terzo v’è passione, dramma, tra- za. gedia. Il fatto è quasi domestico. Eccolo: Il primo [secondo] atto racchiude due note- […] E per quanto deboli il primo e il secon- voli duetti: quello fra Chalais e Chevreuse do atto pel poeta e pel maestro, tanto è sen- ha del calore e del movimento; l’altro, fra tito e sublime il terzo. Ma a’ particolari, se- Maria di Rohan e Chalais, si chiude con condo le mie deboli impressioni: una graziosa cabaletta. Atto primo: precede una bella sinfonia, che La preghiera di Maria ha un carattere tene- per altro pecca di lunghezza, in cui il Mae- ro e malinconico ben appropriato alla cir- stro, come espositore del suo gusto e della costanza; il ritornello del corno inglese che sua dottrina, ti diletta e desta meraviglia la introduce è di gradevole effetto. L’indi- nel tempo stesso, per la maestrevole con- gnazione, la santa collera dell’amicizia tra- dotta del pezzo e per le grazie dello stru- dita si respirano nell’aria di Chevreuse, mentale di cui è riccamente sparso. Un co- cantata da Ronconi con anima e ammire- ro, non merità né biasimo né lode – La ca- vole energia. Ma il pezzo più importante vatina del tenore (Fraschini), di un sol tem- dell’opera è il terzetto del finale che può es- po, non è cosa nuova né peregrina, ma Do- sere accostato ai migliori brani di Donizet- nizetti sì bellamente la propone, e l’accom- ti; le voci all’unisono vi producono dei po- pagna, e la conforma, e la svolge, che la fur- tenti effetti drammatici. beria dello strumentale vince il pensiere, e Salvi canta il ruolo di Chalais con la tecnica lo fa piacere – La cavatina del soprano (la rigorosa e la voce soave che gli conosciamo. Tadolini) è bella nel primo tempo. Un pen- Ronconi brilla per la purezza dello stile, siero mesto e appassionato susurra al cuo- l’ampiezza del canto, la chiarezza dell’arti- re di questa donna che l’amare altr’uomo colazione. che il marito non è virtù, ma il cuore si La Grisi è sempre la Grisi, benché la sua slancia oltre il dovere, e la conduce a tene- pettinatura sia riccia come esige il costume. ro conflitto. La frase musicale è chiara, te- I bandeaux all’antica si addicono meglio al- nera, appassionata, e piace molto. La stret- la sua nobile testa, che non sarebbe fuori ta, o secondo tempo, è felicissima. Un pen- posto sulle spalle della Venere di Milo. Una siero di speranza, mosso, agitato, ora man- dea ricciuta non è meno bella; ma sembra cante, ora crescente, è cara e bella dipintu- un poco strana. Il marmo di Paros non è ra di un animo, che né tutto spera, né tutto abituato ai bigodini. dispera; qui v’ha gran filosofia, bellezza e (Théophile Gautier) genio del Maestro. – Il poco canto, o ballata, del contralto (la L.) è una graziosità musi- cale, perché dopo il racconto di lei, bello fa- cile e piacevole, vi ha una specie di interca- lare, prima del contralto stesso, poi del co- ro, ch’è d’un effetto meraviglioso. Il Mae- stro qui non ha messa né una cosa di più né

82 una di meno di quanto esige cosa e gusto: e ne e sentimento e il maestro per conse- questo è privilegio di grande pratica e sa- guenza una frase affettuosa e piuttosto lar- pienza – Segue una cavatina del basso (Co- ga, per cui l’effetto è perduto. Questo è uno letti) che è di poco effetto – Il finale del pri- sbaglio imperdonabile per due valenti co- mo atto a qualcheduno è sembrato debole, me Cammarano e Donizetti. Bisognerebbe, sia per pensiero melodico, sia per lavoro o che l’orologio suonasse non a principio musicale; a me (e chi son io?) dispiacque del duetto, o che le parole fossero precipita- nella stretta (per grazia del Signore non sia te, e così la musica. E per addurre un esem- assordante!) udire di sorpresa forti e spessi pio, servono di stretta in tanta costernazio- colpi di gran cassa, che Iddio vorrà pel be- ne e disperazione le soavi parole: «A mori- ne degli uomini e dell’armonia forse levare re incominciai / Nell’udirti altrui consorte un giorno dal teatro. Ma si perdoni a me […]». Né debbo tacer che la cantilena di questo sfogo: facendolo io, che son zero, questa stretta è tenera e soave, bellissima, può tenersi come non detto. C’era un igno- ma distrutta dalla falsità della posizione rante che diceva deliziosa, anche ne’ forti scenica. affetti, un’armonia moderata, corrispon- Atto terzo – V’ha gusto, dottrina ed effetto in dente alla delicatezza de’ timpani umani, e tutto. Qui non vi son pezzi, non cabalette, doversi lasciare agli assalti guerrieri, alle non divisioni usate, o per dir meglio, vi so- marce militari, a’ temporali con tuoni fol- no ma non appariscono: tutto va a seconda gori ed aperte cateratte del cielo l’uso di della passione, e questa sempre crescente e tromba, tromboni, tamburi, fanfare, corni e tremenda. A taluni è sembrato che questa grancasse in tutta la forza di facchinesche condotta diminuisca il diletto, ma io stimo braccia e polmoni; ma quegli era un igno- esser somma bellezza la filosofia, di cui rante. Se i grandi maestri fanno il contrario dobbiam grande obbligazione all’illustre dev’essere una gran bella cosa! maestro. Chevreuse si è battuto per Chalais, Atto secondo. In generale è sempre degno e n’ha riportato una ferita, ed in qual punto? di Donizetti. Pensieri chiari, bella disposi- Quando costui lo tradiva! Una persecuzione zione di parti, bellissimo strumentale, ma di stato lo minaccia di morte; Chevreuse non è il più forte dell’opera – Una romanza pensa a salvarlo; lo fa fuggire da una porta del tenore (Fraschini) è poca cosa – Il duet- segreta, ed in questo frattempo il perfido to fra basso e tenore (Coletti e Fraschini) amico si fa quasi promettere dalla moglie quando cioè Chevreuse si offre secondo nel una fuga. La moglie, perplessa, abbattuta, duello di Riccardo è debole, e la stretta An- tra l’orrore della fuga e’l timore di veder ri- diamo alla vittoria, è forse sbagliata. Ma mi tornare l’amante, geme, prega, piange; e si perdoni l’ardimento: m’intendo che alle questo è il tema dell’aria di lei, di cui è bello parole generose e risolute Andiamo alla il canto […]. Tra le carte del traditore il ma- vittoria il pensiero musicale risponda fred- rito trova il ritratto di sua moglie, e scopre la damente, e chi sa che non guadagnerebbe loro perfidia! Aria del basso. Quale tremen- stringendo di più il tempo; la mia per altro do agitato del primo tempo! Quale largo af- è impressione; e mi si perdoni davvero l’ar- fettuoso e concitato pel nero tradimento del- dimento trattandosi di un Donizetti – Segue la moglie e dell’amico! Quale stretta viva, un duetto tra soprano e tenore [...]. La posi- efficace, fulminea, tra pensieri d’ira, vendet- zione è che principia il duetto quando scoc- ta, dispetto, disonore! Sublime, sublime! ca l’ora del duello e la donna non vuol la- Ma qui viene la moglie e succede il duetto sciar partire l’amante, e questi (nel dram- fra soprano e basso. Quanto colorito e gra- ma originale) è nella massima disperazio- dazione di affetti in questa passionata e tre- ne, e ragionevolmente, perché mancando menda scena! Un primo canto e del basso al convegno è disonorato, e nientemeno che ricorda con frenata ironia il dovere di che Chevreuse si deve battere per lui. moglie, la gelosia d’onore, e le vampe di Ebbene in tanto orgasmo, in tanta dispera- onorato sdegno, se quello venisse incendia- zione, il poeta mette parole di considerazio- to. Ma s’ode suonare un orologio – È l’ora

83 del ritorno dell’amante – Agitazione della donna – Rumore nella camera vicina – Tre- mendo sospetto del marito – afferra la don- na – la prostra – le sussurra all’orecchio con voce cupa e tremenda parole di vendet- ta e di morte – E s’apre la porta, e chi viene? L’amico, l’amante, il traditore. Non è a dir- si quanta sublimità musicale in questo mo- mento che apre il terzetto. Ansia, timore, terrore in tutti gli astanti. Grido di sfida tra i due rivali, intimato da Chevreuse con canto potente e quasi sovranaturale: «Vivo non t’è concesso / Escir da queste porte […]» e i due rivali s’armano, – vanno dentro – s’ode un colpo di pistola – ritorna il mari- to ed annunzia la morte dell’infido amico – La moglie sviene – Cala il sipario – Non si può avere un atto di maggior effetto di que- sto, e Donizetti starebbe, per esso solo, tra i divini maestri […]. [Vincenzo Torelli]

84 Il Teatro San Carlo di Napoli per il quale Donizetti rielaborò Maria di Rohan nell’autunno 1844. Disegno acquarellato di Antonio Niccolini. (Napoli, Museo San Martino).

85 Giorgio Barberio Corsetti, modellino dell’impianto scenico per Maria di Rohan. Venezia, PalaFenice, gennaio 1999.

86 GIANFRANCO CAPITTA INTERVISTA A GIORGIO BARBERIO CORSETTI

Giorgio Barberio Corsetti è uno degli auto- to esaurito anche a Roma e in Umbria). In ri di teatro più noti e affermati della sce- questa occasione erano anche gli spettato- na italiana. Ha elaborato fin da giovanis- ri a muoversi, sulle due tribune che li simo un linguaggio originale che pone i ospitavano, seguendo a differente distanza suoi spettacoli tra il teatro e la danza. Si è le azioni, e ridisegnando ulteriormente lo formato a Roma, ma già nei primi anni spazio scenico, accompagnati dalla musi- settanta ha fatto importanti esperienze di ca eseguita dal vivo. studio a New York. Ha stupito e affascina- to un pubblico molto vasto, in larga parte Maria di Rohan è la prima opera lirica di estraneo a quello delle sale tradizionali, cui Giorgio Barberio Corsetti cura la regia? con le prime creazioni del gruppo La Gaia No, in realtà ho messo in scena un’opera di Scienza, che fin dal nome di derivazione Lorenzo Ferrero, Mare Nostrum, anni fa, nicciana voleva mettere in discussione ad Alessandria. Poi ho realizzato la sceno- quanto avveniva sulla scena. Allo stesso grafia per il Fidelio messo in scena da modo i suoi primi titoli citavano famosi Stéphane Braunschweig che la scorsa sta- testi letterari del novecento, usandone gione è stato ripreso anche qui a Venezia. E però la sola forza evocatrice. Proprio a non posso però non pensare alla presenza Venezia, quindici anni fa in occasione di della musica nei miei spettacoli teatrali. una Biennale Teatro, è nata la Compagnia Giorgio Barberio Corsetti, un solido nucleo Possiamo dire però che è la prima volta che di attori e di specialisti di altre discipline hai l’intera responsabilità di un’opera del (come il compositore Daniel Bacalov) con repertorio classico, dalla partitura rigida, e cui nel tempo ha continuato a creare spet- per di più non troppo rappresentata. tacoli. In questi la fisicità degli attori, lo Negli ultimi venticinque anni l’opera ha spazio scenico, gli oggetti hanno spesso avuto solo due rappresentazioni in forma sopravanzato il «testo». Particolarmente scenica; ma quella che rappresentiamo è la significativo e inventivo è stato l’uso prima versione, quella viennese, un po’ più drammaturgico, che Barberio ha praticato “asciutta” di quella che solitamente si ese- tra i primi, delle riprese video e dei moni- gue, realizzata in un secondo tempo da Do- tor che trasmettevano in tempo reale. In nizetti per Parigi. È un’opera molto bella, in quegli spazi animati e precari, il regista ha qualche modo anomala, la trama è molto però realizzato, con grandissimo successo “romantica”. La vicenda si ispira in realtà a di pubblico e di critica, ben sei spettacoli una dama di corte dell’epoca di Richelieu, ispirati alla scrittura di Kafka, da una edi- che pare fosse molto amata e seduttiva. zione di America itinerante per le strade Nell’opera di Donizetti però diventa una ti- di Cividale in occasione del Mittelfest (poi pica eroina romantica. E tutta la storia che ripresa anche a Milano e Roma) al recen- ruota attorno a questa donna è da dramma tissimo Il processo, evento dell’ultimo romantico francese: lei, il marito, l’altro. È Festival sul Novecento palermitano (ma lo una sorta di triangolo, attorno a cui si muo- spettacolo ha continuato a registrare il tut- ve la corte di Francia, con i suoi riti e i suoi

87 Giorgio Barberio Corsetti, figurini per Maria di Rohan. Venezia, PalaFenice, gennaio 1999.

88 Giorgio Barberio Corsetti, bozzetto per Maria di Rohan. Venezia, PalaFenice, gennaio 1999.

89 Giorgio Barberio Corsetti, bozzetto per Maria di Rohan. Venezia, PalaFenice, gennaio 1999.

90 Giorgio Barberio Corsetti, figurino per Maria di Rohan. Venezia, PalaFenice, gennaio 1999.

91 intrighi. completamente astratto. La corte del resto, è in realtà il coro. Ci sono due o tre personag- È quindi un «romanzone» classico. gi che ne escono, come Gondì, il pettegolo di Sì, ma i riflettori sono tutti puntati su di lei corte che fa scatenare il duello, o de Fiesque, e su quello che le succede, e gli esiti saran- il poliziotto di Richelieu. Il coro è compatto, no quelli di una terribile tragedia. Anche la introduce e fa da commento, più vicino ad musica tende a narrare, in modo molto un coro classico che ad una raffigurazione aderente ai moti passionali che si agitano verista. sulla scena. Non c’è più l’astrazione che aveva caratterizzato la musica di Rossini, Par di capire che sotto l’aspetto dramma- per fare un esempio immediatamente pre- turgico, questa struttura settecentesca (con cedente. un intreccio che ricorda la commedia dei libertini) contenga al suo interno elementi Cosa fa allora Barberio Corsetti davanti a da commedia degli equivoci, da un secolo un racconto così poco «astratto»? all’altro di cultura francese. Prima di tutto ho scelto dei costumi che so- In parte sì, però l’intera opera è sostenuta da no ottocenteschi, anche se di un Ottocento una temperatura molto drammatica. Questi molto stilizzato. I costumi, originali, dise- personaggi vivono fino in fondo la propria gnati da me e da Christian Taraborrelli, so- «impossibilità», e la musica è pienamente ro- no l’elemento che dà la connotazione alla mantica, tanto da avere in certi momenti realtà (seppure secondo una linea estrema- perfino empiti verdiani. In ogni caso è molto mente essenziale) dei personaggi, che vivo- legata ai sentimenti, una musica emotiva che no nell’Ottocento. sfocia nei sentimenti: Maria e Chalais canta- no anche delle madri. Quella di lui è malata, Vivono quindi nell’epoca dell’autore. quella di lei l’ha obbligata a sposare Che- Vivono pienamente l’epoca dell’autore, così vreuse, ed entrambe si meritano delle belle come la musica, con tutte le innovazioni arie commoventi. In ogni caso il personaggio portate da Donizetti. Questa d’altra parte è di Maria è molto bello, musicalmente e una musica di respiro europeo, quasi drammaticamente. beethoveniano, come indica la lettura che Tutto si svolge in interni, prima la reggia, poi ne dà Gianluigi Gelmetti. Nello stesso tem- la casa di Chalais e infine nel terzo atto la ca- po però, quello che è lo sfondo storico, vie- sa di Chevreuse: per questo ho pensato di ne realizzato in scena dal condizionamento mettere in scena due muri, alti quattro metri che esercitano le due grandi pareti della e larghi nove, che si muovono a vista e com- scenografia. Lo spazio non è uno spazio pongono spazi diversi, assolutamente astrat- storico, ma funzionale al racconto. Uno ti. Si muovono su un pavimento bianco e spazio che racconta il rapporto tra i tre per- quasi «materico», e possono, secondo i mo- sonaggi fondamentali, e poi di conseguen- menti, aprirsi o stringersi attorno ai cantanti, za con la corte e tutto quello che vi avviene. quasi soffocandoli, unirli o dividerli. Richelieu, nel corso dell’opera, è il centro del potere, poi lo perde e poi lo riacquista, e Vuoi dire che i muri assolvono alla funzio- però se ne parla senza che appaia mai in ne di costituire la «psicologia» del dramma? scena. Così come si parla del Re e della Re- Sì, perché la componente psicologica è gina: ci sono le loro stanze, ma in realtà né molto forte. l’uno né l’altra appaiono mai. Sono i moto- ri invisibili della storia, creano e disfano le Viene da pensare al fatto che la psicologia è condizioni del dramma. invece normalmente assente nel tuo teatro. Sì, ma questa è una psicologia non «conse- Come si può definire, visivamente, questa guente», ma dovuta alla musica, e quindi scenografia? È uno spazio uniforme? tutta emotiva, e da questa motivata. Del re- Sì, è uno spazio completamente uniforme, e sto, nel momento in cui curo la regia di

92 un’opera lirica come Maria di Rohan, mi mato, quasi un enkuklema che porta al rac- sono impegnato fin dall’inizio non tanto a conto elementi risolutivi, come nella trage- rappresentare il dramma, quanto a rappre- dia greca. sentare la musica. E attraverso la musica il Ma la storia raccontata in questo modo si dramma. potenzia, perché quegli strumenti teatrali servono a dare conto del movimento delle Cosa vuol dire per un regista con la tua sto- passioni e della musica più che un conteni- ria e il tuo linguaggio teatrale (per di più tore descrittivo. La connotazione è data dai appartenente a una generazione che è fuo- costumi, anche storicizzati, quanto serve al ri della tradizione operistica) rappresenta- pubblico, per seguire la storia. I costumi re la musica? sono anche il colore, blu per il marito, l’im- La musica parla attraverso le emozioni, va pulsivo Enrico, nero per l’altro, lo scuro ro- direttamente ai centri emotivi: il punto è al- mantico Riccardo, rosso per la passionale lora di creare sulla scena un altro tipo di Maria. I personaggi di quest’opera sono for- convenzione, che faccia parlare soprattutto ti e ben disegnati, sono generosi e sfortuna- l’emozione. Quello che sto cercando di fare ti. è che sulla scena ci siano davvero dei rap- porti tra i cantanti, che tra di loro passino Spazi mentali? delle emozioni, cosa del resto che interessa Più che mentali sono spazi astratti, emotivi. anche la direzione musicale. Che ascoltino Nel secondo atto, quando tutto precipita in le parole che stanno cantando, le situazioni casa di Chalais, i due muri si chiudono e raccontate in scena dalla musica, e quindi i formano un angolo soffocante sulla scena. rapporti tra le loro emozioni. Lo spazio alla fine dell’atto si spalanca su Per rendere possibile questo ho inventato uno sfondo rosso, quando Chalais va al uno spazio che potenzia e rende visibile duello. In realtà, gli spazi oltre che descri- questo dato emotivo: oltre a questi muri, al vere i diversi ambienti, raccontano la con- centro della scena ci sono due cerchi con- dizione mentale del personaggio, e in que- centrici, uno esterno e l’altro interno, che sto senso possiamo dire che sono spazi girano anche molto lentamente, nella stes- mentali, anche se «raccontano» la storia. sa direzione o in quella opposta. Può capi- tare così che due personaggi siano in un Le opere, le trame e gli eroi di Donizetti (ma momento vicinissimi, e poi si allontanino soprattutto le eroine) erano una fonte privi- con un movimento che non è il loro, ma è legiata di molto teatro popolare italiano fino dato dal palcoscenico, ovvero dal dramma, alla seconda guerra mondiale, valga come da quanto succede fra di loro che li allonta- esempio per tutti la gloriosa Compagnia na. E allo stesso fine, c’è a metà della scena D’Origlia-Palmi. Per te che sei il più rigoro- un tapis roulant che serve per delle entrate so e «astratto» nel linguaggio, tra i registi e delle uscite, ma anche per far scorrere in importanti della scena italiana, questo nel alcuni casi dei personaggi dallo spazio che melodramma di Donizetti rischia di essere determina la stanza del Re e la stanza della un bagno purificatore, o penitenziale? Regina. E’ lo strumento che porta in scena i Spesso la rappresentazione di Donizetti soldati oppure il messaggero, o che porta vuol dire fiocchi, tendaggi, lampadari, Maria fuori della vista. astucci: tutte le cose dentro qualcosa d’al- tro. Nell’Ottocento noi, a differenza di tutto Questo vuol dire che tu, autore riconosciu- il resto d’Europa, non abbiamo una forte to di un teatro nitidamente astratto («La ca- tradizione drammaturgica. Tranne pochis- mera astratta» si intitolava anche un tuo simi nomi, c’è un vuoto che con una eti- spettacolo memorabile), fai ricorso sulla chetta si definisce “da Goldoni a Pirandel- scena lirica a strumenti e macchinerie che lo”. L’unica vera eredità che abbiamo di rappresentano la tradizione stessa del tea- quel secolo è il melodramma, ed un patri- tro classico: pareti mobili, pavimento ani- monio ricchissimo. Questo significa allora

93 non tanto «rinnovare» il melodramma, cosa che già è stata fatta, ma vedere quanto del Rispetto ai tuoi spettacoli, dove c’è la musi- melodramma ci riguarda ancora, al di là ca ma gli attori sono chiamati a performan- del «museo» o della bellezza della musica. ce fisicamente molto impegnative, qui hai E non si può trascurare che era un’espres- una partitura chiusa, e i cantanti hanno sione di alta cultura popolare, di largo im- delle esigenze rigide legate proprio al can- patto e di grande narratività. Anche il li- to. bretto di Cammarano non nasconde ovvia- Qui invece del corpo straordinario c’è la mente gli anni in cui è stato composto, ma voce straordinaria. Come dell’attore a me scopre all’ascolto con la musica un fascino interessa anche l’espressività fisica, qui i molto grande. cantanti devono essere messi in condizione di cantare al meglio, attraverso i rapporti Si può dire quindi che cerchi nel melo- tra di loro, le emozioni, le posizioni. Come dramma quegli elementi di struttura dram- creo per un attore il rapporto ottimale tra maturgica che nell’Ottocento si erano affie- lui e lo spazio e gli oggetti, così mi sono po- voliti nel teatro di prosa. sto il problema di non limitare, ma piutto- Sì. Basta pensare del resto che tutti i bei tea- sto potenziare il canto, attraverso tutti i mo- tri ottocenteschi che abbiamo nelle Mar- vimenti della scena. Non dovrebbe esserci che, in Umbria, in Toscana e in Emilia Ro- mai uno scontro tra la regia e le necessità magna, come anche in diverse altre parti del cantante. d’Italia, sono nati come teatri d’opera. Oggi sono i teatri dove noi lavoriamo di più, e so- Rispetto invece alla totalità dello spazio, no parte integrante della nostra cultura. che limiti pone lavorare dentro la struttura del PalaFenice, per cui nasce questa Maria Questa riappropriazione quindi è una vera di Rohan? necessità. Il PalaFenice ha un effetto particolare ed Forse non è stata programmata, ma certo fa esclusivo: la dimensione del cinemascope. parte della scommessa con la direzione Per conformazione dell’ambiente, ha una della Fenice: astrarre l’opera romantica grande larghezza frontale e poca altezza. dalla convenzione, portando gli elementi Invece di chiudere la scena, cerco di sfrut- all’essenziale, con leggerezza e semplicità. tare il respiro che offre l’ampiezza del boc- Io ho sempre sostenuto che è possibile far- cascena. La verticalità è data da questi due lo, senza però «andare contro» l’opera, per- muri che non sono molto alti, di cui gli ché certo sarebbe possibile, ma non giusto, spettatori vedono la fine dando concretezza svillaneggiarla. È evidente che c’è una a quei palazzi del potere. componente che può suonare «ridicola» al gusto contemporaneo, ma è proprio quella Tu andavi all’opera da bambino? che ne fa la forza, perché fa appello a senti- Mia madre ama l’opera, e mi ci portava menti primari. Il punto è di trovare un spesso. Poi a casa si ascoltava sempre musi- equilibrio tra il racconto e l’astrazione. E ca. Ora vado meno a vedere teatro perché questo è il mio tentativo. sono sempre a teatro per lavoro, ma conti- nuo ad ascoltare tantissima musica, i Porti- Tu hai avuto nella tua formazione una pre- shead come Verdi, Donizetti, Mozart, o Pärt, parazione musicale? o tutto quello che posso. In parte, perché all’Accademia d’arte dram- matica si studiava anche musica. E poi ho La tua occasione di mettere in scena un’o- una pratica quasi quotidiana del rapporto pera coincide con un’onda più ampia: que- tra la musica e la scena: i miei st’anno debuttano nella regia lirica altri spettacoli hanno sempre un musicista che esponenti importanti della tua generazio- compone durante la preparazione del lavo- ne teatrale, da Mario Martone a Toni Ser- ro scenico. villo. Tu però sei l’unico ad affrontare un

94 melodramma romantico, che forse è la par- Non è forse un po’ tardiva questa «carica» tita più rischiosa. dei nuovi registi? In fondo siamo già a fine Sicuramente, ma mi interessa molto andar- secolo, e ancora sembra un’operazione di vi a cercare quelle radici che costituiscono rottura. un «buco» nella evoluzione del teatro italia- È un ritardo ridicolo. Bisogna rendere atto no. del coraggio a coloro che ci hanno chiama- to, perché da parte degli enti lirici ci sono in Come vivi questo ricambio generazionale genere chiusure incomprensibili rispetto ai nell’invenzione dell’opera, che potrebbe in- risultati e al linguaggio che sono stati rag- timorire o infastidire qualcuno? giunti, ad esempio, nel teatro. In altri paesi Per la verità lo trovo un processo abbastan- è quasi automatico che si proponga di lavo- za naturale, e infatti mi trovo magnifica- rare nella lirica a chi ha portato delle inno- mente con l’ensemble con cui lavoro, dalla vazioni sul palcoscenico. Spero che questo direzione artistica ai cantanti a Gelmetti. sia solo l’inizio di una apertura più ampia, Forse è un’incoscienza un po’ sperimentale anche perché dopo la nostra non ci sono che mi porto dietro dai miei spettacoli, do- spazi per altre generazioni di registi, e an- ve i tentativi a volte procedono necessaria- che il teatro di prosa, nelle condizioni at- mente «al buio». Anzi questa mia “innocen- tuali, non sembra interessato a formarne di za” unita alla straordinaria disponibilità di nuovi. Gelmetti ci ha permesso di lavorare insie- me, come non avrei mai immaginato o spe- rato. In compagnia del Direttore e dei can- tanti, una compagnia giovane, dotata e apertissima, abbiamo intrapreso un viag- gio nella musica per me emozionante.

Giorgio Barberio Corsetti, bozzetto per Maria di Rohan. Venezia, PalaFenice, gennaio 1999.

95 LUCA PELLEGRINI A COLLOQUIO CON GIANLUIGI GELMETTI

Con Maria di Rohan Donizetti arriva a prattutto perché allora la musica era una Vienna nel 1842, una città contenitore arti- forma di consumo di massa. stico e sociale molto ben definito nelle sue I compositori vi si adeguavano: la loro era regole e nei suoi gusti musicali. musica che veniva consumata, sentita, messa da parte nell’attesa di rielaborazioni, È sorprendente come, con questa Maria di in un continuo divenire e trasformarsi del- Rohan, unico caso nelle opere donizettiane, l’opera. sia stata così spiccatamente voluta, cercata Quindi dobbiamo metterci nel giusto oriz- e realizzata, da parte del suo autore, un’a- zonte storico. Quando, dunque, affermo sciuttezza inusuale. che questa Maria di Rohan – ed è, attenzio- Certo il contesto creativo e produttivo in ne, una mia personale impressione, – è più cui si inserisce Donizetti a Vienna è diverso “sua”, significa che sento in essa, sin dalle da quelli da lui precedentemente speri- prime battute, la presenza di un composito- mentati. Infatti certe concessioni e certe re che di getto (il modo col quale lo stesso stratificazioni, di regola in altre città, forse Donizetti sosteneva che uscissero i suoi la- lì lo erano di meno. vori migliori) scrive e porta a termine un’o- Lo dimostra il fatto che, quando Donizetti pera stupenda. ha voluto proporre la medesima opera in Di getto non significa mancanza di rifles- altri teatri, ha subito aggiunto arie e caba- sione o di ripensamenti, tutt’altro: dobbia- lette, per accontentare tutti: pubblico, im- mo uscire da questi complessi mitteleuro- presario, interpreti o altri. pei che ci inducono a credere che ci deve Ma la prima stesura viennese, più scarna essere la macerazione continua per avere il ed essenziale, la trovo di grande impatto capolavoro. emotivo ed estremamente bella. Di getto significa il siblime “istinto” il mo- Ed è visceralmente donizettiana, scevra da mento dell’ispirazione, che in questo Doni- condizionamenti. Forse la più “sua”. zetti, non è una cosa casuale, ma anzi la fe- lice unione di un sentire, di un sapere e di un volere. Dire più “sua”, Maestro, significa anche af- Quindi, più “sua” significa che in Maria de fermare che le opere precedenti di Donizet- Rohan – senza, per carità, voler essere una ti erano meno “sue”? critica alle altre opere – non avverto alcun- ché di imposto, di scritto per compiacere Assolutamente no. questo o quella. Significa stabilire una differenza, non certo Anzi, addirittura qui sento il compositore qualitativa. Indubbiamente dover accettare indirizzarsi in senso opposto, volere cioè certe consuetudini, certi modi di far musi- caparbiamente seguire un’altra strada, ca, in altri contesti, non vuol dire perdere quella, essenziale delineatasi sin dalla in sincerità. Sinfonia iniziale. Accettare le regole produttive dell’epoca, oggi diremmo di mercato, era naturale, so-

96 Dunque, già dalla Sinfonia, il pubblico si campana del Louvre, nel terzo è un caril- dovrebbe accorgere di essere a contatto con lon, una notina acuta e inesorabile, che do- un Donizetti diverso. Ripulita e alleggerita vrebbe “creare” un effetto che oggi chiame- da imposizioni e convenzioni, Maria di remmo alla Dario Argento: il contrasto pro- Rohan testimonia una inusuale ricerca nel- prio nel momento del maggior dramma. In- la definizione psicologica dei pochi perso- somma, è quasi una serie di sequenze inse- naggi che la alimentano. Questi sono in- rite in un vortice che diventa sempre più dividuati e scandagliati grazie ai temi stringato, stretto, sino al finale. raccolti nella Sinfonia stessa, che prean- Con riflussi appunto vorticosi che sembra- nunciano il dramma con un intimo collega- no descrivere la spirale di un tempo che si mento drammaturgico e musicale. Non avvolge su se stesso, si apre e si richiude, pensa che Donizetti sia già inserito in pieno sino alla stretta drammatica di chiusura. nella tipologia dell’opera romantica? Il tempo, così valorizzato dalla drammatur- gia romantica. Il vortice delle passioni, del La Sinfonia è di rara forza: Beethoven, dolore e della vita. Pensiamo alla conclu- Schubert e Weber sono presenti sin dalle sione del secondo atto: aumenta inesorabil- prime battute. mente in velocità, finché questo circuito a Non significa, certo, che Donizetti sia anda- spirale diventa un autentico valzer. to a scopiazzare a destra e a sinistra, ma Uno stringere inesorabile sino alla fine, per che si sentiva inserito in un filone europeo. sfociare nella cabaletta conclusiva del terzo Qui sento un Donizetti libero e completa- atto un tempo tagliata forse anche perché mente se stesso: un uomo che conosce la non aveva più nulla delle tradizionali caba- musica perfettamente, che sente allentate lette donizettiane: anch’essa stringatissima, le pressioni. Qui le pressioni sono unica- brevissima, fulminante, per descrivere un mente quelle dell’Europa musicale. personaggio drammaticamente rapito dal Ed è vero che Donizetti sta, con quest’ope- vortice della tragedia ed ormai chiuso in se ra, nel cuore dell’Europa romantica, non stesso. solo geograficamente: la stringatezza della Scaturita da una accusa di infedeltà – «La narrazione che porta al tragico epilogo; i vita coll’infamia a te, donna infedel», grida luoghi, l’unità di tempo, stringatissimo, Chevreuse, – la cabaletta non è nemmeno perché tutto si svolge nel giro di una sola un’autodifesa della protagonista, come era giornata; il non cedere mai al manierismo accaduto altre volte: è, invece, una rivolta ottocentesco italiano, questo è un superbo, della donna vessata e accusata per colpe Donizetti, che cerca anche soluzioni ed ef- che rimangono anche oscure, e precedenti fetti nuovi. all’opera; è una maledizione, una sfida al Basti pensare agli orologi che sono disse- trascendente, a Chevreuse, un guizzo, un minati nella partitura per scandire sempre colpo di reni di Maria. Affascinante. il tempo verso la tragedia e la morte, in mo- Insomma, Donizetti diventa corrosivo, ag- do straniato e ossessivo. gressivo, davvero tragico, senza effettistica, Nel secondo atto suona in lontananza la ma con una rigorosa ricerca degli effetti

97 musicali tali da supportare una vicenda Rossini, dopo verrà Verdi che farà sua la le- stringata e l’agire di una protagonista assai zione donizettiana, poi superandola. Doni- più determinata, rompe le convenzioni, in zetti è il punto dinamicamente sospeso tra effetti Donizetti inizia a scardinare il bel le due polarità. Oserei dire il solstizio, non mondo della perfezione apollinea rossinia- so se d’estate o d’inverno, del melodramma na. italiano. Oggi siamo maturi per capire il Donizetti di La sua prima, grande innovazione, nel con- Maria di Rohan. testo della storia del melodramma italiano, Noi diamo corpo alle esigenze che cambia- è stata proprio quella di intaccare la perfe- no, all’evoluzione interpretativa, al cammi- zione degli ideali rossiniani. no della storia dell’interpretazione che spe- Sbagliamo se continuiamo erroneamente riamo fedele. ad associare Donizetti al belcanto, perché è invece proprio il compositore che comincia a metterne in discussione i presupposti. Infine, di quali strumenti deve dotarsi l’a- In lui la drammaturgia ha cominciato ad scoltatore per percepire queste novità? assumere un significato diverso, i senti- menti a trapelare, diventando loro, per il Lo ripeto sempre, per ogni opera: parteci- modo col quale sono esplicitati, i veri prota- pare sereni, senza preconcetti. Io non sug- gonisti. gerisco mai delle lenti con cui leggere od Fino a tutto Rossini – escludendo forse il ascoltare qualcosa. Guillaume Tell, che ha dato delle indica- La musica parla da sola. Quella di Donizet- zioni precise sul futuro che avrebbe dovuto ti chiede, oggi, uno sforzo di attualizzazio- raggiungere il mondo della musica, – sap- ne interpretativa che, ad esempio, bandisce piamo bene come si intendesse i “senti- gli usi di un tempo, come i tagli o le inter- menti”. polazioni, per seguire invece una pertinen- Mai in modo diretto, casomai sublimato: za donizettiana nella fedeltà al testo. anche le colorature, non sono solo una Le revisioni critiche servono a questo. Oggi somma di virtuosismi ma un modo per abbiamo mezzi e strumenti per avvicinarci esprimere sentimenti e passioni. Donizetti, ancor meglio a Donizetti. ripeto, interrompe questo bel mondo, que- Che mi affascina. Un Donizetti colto, euro- sto bel canto: un sentimento deve essere peo, che predilige l’essenziale, spande pro- per lui reale, immediato, quando occore fumi, è ricco di fermenti e di uno stile squi- anche violento. sito. Un Donizetti puro. Tra i personaggi comincia ad esserci il cat- tivo che ha la voce scura, l’eroe romantico che non può che essere tenore, si crea un rapporto creativo tra le voci e la realtà. Ma il fascino sta proprio in questo suo rap- porto di filiazione, seppur conflittuale, con

98 Gaetano Donizetti.

99 Trento Longaretti, bozzetto per il primo atto di Maria di Rohan. Bergamo, , 1957.

100 GIORGIO GUALERZI MARIAINMANOAIBARITONI

Anche a proposito di quest’opera donizet- autentico baritono grand-seigneur, è dimo- tiana verrebbe voglia, riprendendo ciò che strato dal fatto che egli non solo prese par- già scrissi intorno al rapporto /Oda- te ad almeno una cinquantina di edizioni bella, di affermare che si scrive Maria di dell’opera donizettiana, ma anche, a dimo- Rohan ma si pronuncia «Enrico di Che- strazione dell’importanza che egli le annet- vreuse». Anzi, poiché questo personaggio teva, scelse proprio essa come carta da visi- venne dall’autore affidato a un baritono, si ta da esibire presso molteplici pubblici3 ita- può – almeno per quanto riguarda l’ultimo liani (Parma, Bari, Genova, Firenze, oltre secolo di vita dell’opera (con una sosta qua- alla “sua” Rieti) e stranieri (Varsavia, Odes- si quarantennale) – tranquillamente sosti- sa, Kiev, Kharkov, Rostov, Ekaterinoslav, tuire il personaggio stesso con Mattia Batti- Vilnius, Riga, Minsk, Barcelona, Malaga, stini: ovvero colui che più di ogni altro a Praga, Parigi) o in particolari occasioni (ci- questo ruolo legò il proprio nome, pro- to fra tutte la stagione inaugurale del Poli- traendo addirittura artificiosamente la vita teama Chiarella di Torino nell’ottobre dell’opera ben al di là di ciò che i gusti del- 1908, e il ritorno sulla scena di Lisbona al l’epoca ne sopportassero fisiologicamente Coliseu dos Recreiros dopo ventisei anni di la permanenza in repertorio.1 assenza). È tanto vero ciò che fin dal 1907 Alberto Ciò spiega perché il congedo di Battistini da Cametti2 sottolineava come certo si doves- Chevreuse coincide con la scomparsa della se all’«arte squisita di un Battistini che può Maria di Rohan dalle scene.4 Toccherà ov- considerarsi oggi l’ultimo campione delle viamente alla Donizetti Renaissance propi- tradizioni del bel canto italiano», la possibi- ziarne il ritorno, che avviene infatti il 30 ot- lità «di gustare ancora [...] quest’opera» (al tobre 1957, sulla scia del successo ottenuto Costanzi nel novembre 1885, al Teatro l’anno precedente con . Natu- Adriano diciannove anni più tardi, e anco- ralmente siamo ben lontani da preoccupa- ra al Costanzi nel dicembre 1912). Ma c’è di zioni di ordine filologico, come del resto i più: Battistini che aveva cantato Maria di nomi degl’interpreti (il baritono Anselmo Rohan per la prima volta al Real di Madrid Colzani e il tenore Nicola Tagger, accanto nell’aprile 1885, dopo il 1904 – anno della agli sconosciuti soprano Roma Sitran e te- rappresentazione al Teatro Adriano (che nore Nello Romanato)5 s’incaricano ampia- segnava il suo trionfale ritorno alle scene mente di dimostrare. romane dopo quasi vent’anni di assenza) –, Il significato della “riesumazione” finisce terrà l’opera in repertorio per altri tre lu- quindi per esaurirsi in se stessa, ed egual- stri, fino al gennaio 1919, quando, nello mente accadrà per le riprese del San Carlo stesso teatro che ne aveva salutato l’esor- (marzo 1962) e della Scala (febbraio 1969), dio, Battistini si congederà dal Duca di rispettivamente con le coppie Zeani-Zanasi Chevreuse. e Cioni-Guelfi. È dunque soltanto alla Feni- Del resto, che questi, insieme ad Alfonso XI ce nel marzo 1974, e cioè in piena rinascita di Castiglia, Carlo V e Renato, fosse real- donizettiana, che Maria di Rohan, diretta mente una delle parti preferite da Battistini, da Gavazzeni con la regia di Fassini, tro-

101 verà finalmente una certa rispondenza sul versione originale e del valore dell’esecu- palcoscenico: qui il delicato lirismo di Re- zione, segna un fatto certamente singolare: nata Scotto in fase di evoluzione drammati- negli ultimi ottant’anni Venezia è la sola cheggiante sembra infatti sposarsi felice- città che abbia ospitato due volte Maria di mente al nobile accento del migliore Bru- Rohan, Un segnale incoraggiante per un’o- son. pera che era scomparsa del tutto dal reper- Chi però, da questa significativa ripresa ve- torio. neziana, si fosse atteso un rilancio in gran- de stile di Maria di Rohan, a somiglianza di ciò che stava accadendo (e più ancora sa- rebbe accaduto) con la “trilogia Tudor”, era NOTE destinato a subire una cocente delusione, resa più amara dal fatto che era logico pen- 1 A documentare in modo esauriente questo processo sare a quest’opera come a un punto fermo di totale identificazione di Battistini con il personaggio donizettiano valga per tutte la testimonianza, che qui della Donizetti Renaissance in corso. Nel- riproduciamo integralmente, di un critico di Kharkov, l’ultimo quarto di secolo le ulteriori edizio- in occasione dell’esordio del celebre baritono al Teatro ni di Maria di Rohan si contano infatti poco Municipale della città ucraina nell’aprile 1902. «Le succès d’un semblable opéra», si legge dunque nella più che sulle dita di una mano. recensione chiaramente ostile all’opera donizettiana Tanto per cominciare, dopo la poco memo- «ne peut être créé que par un soliste comme Battistini. rabile concert performance alla Queen Eli- Dès sa première apparition, dès sa première note, on sabeth Hall di Londra nel dicembre 1976, ci sent qu’on a affaire à un grand artiste. Taille haute, élancée, costume superbe et historiquement exact, ma- vorranno quasi vent’anni prima che, con nières calmes at nobles, voilà pour le côté exterieur. Il l’approssimarsi del biennio celebrativo do- chante son grand air du premier acte, et l’on ne sait ce nizettiano, Maria di Rohan riprenda il suo qu’il faut admirer davantage, de la voix ou de l’art scé- stentato cammino. Nel frattempo l’opera nique surprenant. La voix large et puissante remplit toute la salle, pénètre jusqu’au moindre recoin, étincel- viene rappresentata il 5 agosto 1988 a Mar- le et brille de mille chatoiements incomparables. On tina Franca nell’ambito del Festival della croit entendre tantôt une note profonde de violoncelle, Valle d’Itria, naturalmente secondo i crismi tantôt un mezza voce de ténor, tantôt un son riche du – per altro solo parzialmente tradotti in registre médian. Les sons croissent jusqu’au plus puis- sant forte, puis vont mourir dans le plus tendre piano. realtà – del gusto e dello stile donizettiani. Toutes ces modulations surprenantes ne sont qu’un Passeranno sette anni e nel novembre 1995 jeu pour l’artiste et lui viennent d’abondance. Les plus Linz ospita un’altra esecuzione in forma hautes notes de baryton, le la supérieur inclusivement concertistica che ha il (presunto) punto di lui viennent aussi facilement que le do inférieur. Le forte le plus accentué ne provoque aucune tension. forza in al suo (salvo erro- Battistini chante toujours et ne crie jamais, comme ont re) nono approccio donizettiano. l’habitude de le faire nos chanteurs russes. Puis, cet art Siamo all’inizio dell’“offensiva” del bicen- incomparable de rendre par des sons, tous les mouve- tenario: si parte il 6 dicembre 1996 con una ments de l’âme!... La rêverie mélancolique, una dou- leur profonde, une explosion de colère... l’artiste sait nuova concert performance alla Kon- peindre tout cela dans un langage compréhensible à zerthaus di Vienna, protagonista di spicco tout le monde, même à ceux», conclude il critico di Edita Gruberova; nel 19986 assistiamo al ri- Kharkov, «qui ne savent pas le contenu du libretto.» (in JACQUES CHUILON, Battistini. Le dernier divo, Paris, Edi- torno alle origini storiche dei Rohan con tions Romillat, 1996, p. 108). due recite – 29 e 30 agosto, direttore Elio 2 ALBERTO CAMETTI, Donizetti a Roma, Torino, Fratelli Boncompagni, protagonista insufficiente Bocca Editori, 1907, p. 224. l’ucraina Victoria Loukianetz – situate da- 3 Cfr. THOMAS G. KAUFMAN, Mattia Battistini Chrono- logy, in JACQUES CHUILON, op.cit., pp. 311-327. vanti al castello di Sychrov nei dintorni di 4 In effetti, se si prescinde dal miracoloso “effetto Batti- Liberec in Boemia (ma solo teoricamente, stini”, la prima fase della vita teatrale di Maria di poiché in realtà, a causa del maltempo, le Rohan praticamente non va oltre il mezzo secolo, arri- recite si svolsero al chiuso di un moderno vando a malapena, nel caso della provincia e dei teatri secondari delle grandi città, a sfiorare la fine dell’Otto- auditorio); conclusione, infine, con la pre- cento, mentre nei teatri più importanti ci si ferma mol- sente edizione veneziana che, al di là del si- to prima. A Torino, per esempio, non si va oltre le due gnificato racchiuso nella proposta della edizioni del , rispettivamente nel marzo

102 1851 e nel gennaio 1855, ma in compenso l’opera doni- CARDO DI CHALAIS Umberto Grilli - ENRICO DI zettiana durerà ancora una trentina d’anni sulle scene del Rossini e del Carignano, dello Scribe e del Vittorio CHEVREUSE Emanuele, del Balbo e del Nazionale. Alla Scala, inve- ce, tutto si esaurisce in sole otto recite nel gennaio 5 dicembre 1976 - London, Queen Elisa- 1851, riviando il seguito di oltre un secolo, al 1969. Peg- beth Hall - Direttore Leslie Head - in forma gio ancora andrà alla Fenice, dove ci si accontenta di una sola recita, il 20 marzo 1847; né d’altra parte si ha di concerto - MARIA DI ROHAN Lois Mc Do- notizia di ulteriori apparizioni in un teatro importante nall - ARMANDO DI GONDÌ Della Jones - RIC- come il San Benedetto (poi Gallo, poi Rossini). CARDO DI CHALAIS Anthony Roden - ENRICO 5 La presenza di un secondo tenore chiama diretta- DI CHEVREUSE Jonathan Sommers mente in causa l’edizione originale viennese di Maria di Rohan, ora adottata dalla Fenice. Sarà in occasione della ripresa parigina del novembre 1843 che Donizet- 6 agosto 1988 - Martina Franca, Palazzo ti non esiterà a trarre vantaggio dalla presenza nella Ducale - Direttore Massimo De Bernart - Re- compagnia di Marietta Brambilla per destinare la par- gia Filippo Crivelli - MARIA DI ROHAN Maria- te di Gondì all’illustre contralto, cui già si dovevano le “prime” di Maffio Orsini in e Pierotto na Nicolesco - ARMANDO DI GONDÌ Francesca in . Franci - RICCARDO DI CHALAIS Giuseppe Mori- 6 Un’altra esecuzione, a cura dell’Opera Camerata di no - ENRICO DI CHEVREUSE Paolo Coni Washington, prevista a maggio dello scorso anno, in realtà, secondo quanto risulta alla Donizetti Society, sarebbe stata annullata. 15 novembre 1995 - Linz - Direttore Elio Boncompagni - in forma di concerto - MA- RIA DI ROHAN Katia Ricciarelli - ARMANDO DI GONDÌ Gisella Pasino - RICCARDO DI CHALAIS Giuseppe Morino - ENRICO DI CHEVREUSE Ro- Maria di Rohan 1957-1999 berto Servile

30 ottobre 1957 - Bergamo, Teatro Doni- 6 dicembre 1996 - Wien/Konzerthaus - zetti - Direttore Ettore Gracis - Regia Enri- Direttore Elio Boncompagni - in forma di co Colosimo - MARIA DI ROHAN Roma Sitran concerto - MARIA DI ROHAN Edita Gruberova Just - ARMANDO DI GONDÌ Nello Romanato - - ARMANDO DI GONDÌ Ulrike Precht - RICCAR- RICCARDO DI CHALAIS Nicola Tagger - ENRICO DO DI CHALAIS Octavio Arévalo - ENRICO DI DI CHEVREUSE Anselmo Colzani CHEVREUSE Ettore Kim

24 marzo 1962 - Napoli, Teatro di San Car- 29 agosto 1998 - Castello di Sychrov - Di- lo - Direttore Fernando Previtali - Regia rettore Elio Boncompagni - in forma di Enrico Frigerio - MARIA DI ROHAN concerto - MARIA DI ROHAN Victoria Loukia- Zeani - ARMANDO DI GONDÌ Anna Maria Rota nez - ARMANDO DI GONDÌ Claudia Marchi - - RICCARDO DI CHALAIS Enzo Tei - ENRICO DI RICCARDO DI CHALAIS Octavio Arévalo - ENRI- CHEVREUSE Mario Zanasi CO DI CHEVREUSE Ettore Kim

30 gennaio 1999 - Venezia, PalaFenice -Di- 25 febbraio 1969 - Milano, Teatro alla Sca- rettore Gianluigi Gelmetti - Regia Giorgio la - Direttore Mario Gusella - Regia Franco Barberio Corsetti - MARIA DI ROHAN Giusi Enriquez - MARIA DI ROHAN Maria Luisa Devinu/Gabriella Costa - ARMANDO DI Cioni - ARMANDO DI GONDÌ Anna Maria Rota GONDÌ Gianluca Sorrentino - RICCARDO DI - RICCARDO DI CHALAIS Ottavio Garaventa - CHALAIS Jorge Lopez-Yanez/Fernando Por- ENRICO DI CHEVREUSE Giangiacomo Guelfi, tari - ENRICO DI CHEVREUSE Carlo Guel- Carlo Meliciani fi/

26 marzo 1974 - Venezia, Teatro La Fenice - Direttore Gianandrea Gavazzeni - Regia Alberto Fassini - MARIA DI ROHAN Renata Scotto - ARMANDO DI GONDÌ Elena Zilio - RIC-

103 Il baritono Giorgio Ronconi in una litografia del 1833. (Milano, Collezione Cavallari).

104 GIANCARLO LANDINI «A MORIRE INCOMINCIAI» SUL TENORE E SUL BARITONO ROMANTICO NELL’ULTIMO DONIZETTI

All’interno della produzione donizettiana già compiutamente incarnata in altri per- Maria di Rohan rappresenta un momento sonaggi della produzione del compositore privilegiato: una pagina di indubbio inte- bergamasco. Al contrario Chalais e Che- resse, di cui la critica ha adeguatamente vreuse costituiscono due figure per certi sottolineato l’importanza.1 Scritta nel 1843, versi inedite, che portano a maturazione quando la parabola verdiana era già inizia- esperimenti linguistici, in parte esperiti da ta (, conte di San Bonifacio risale al Donizetti nella vocalità di alcuni personag- 1839, lo sfortunato al gi delle opere precedenti. 1840, Nabucco al 1842 e i Lombardi alla Tra gli Anni Trenta e la metà degli Anni prima Crociata del 1843), Maria di Rohan Quaranta si vennero fissando le caratteri- declina ancora una volta il tema di “amore stiche del tenore e del baritono romantici. e morte”.2 Basti pensare all’incipit della Non solo il tenore, divenuto con il soprano stretta del duetto del II atto (facciamo riferi- il perno della drammmaturgia operistica, mento all’edizione parigina, quella tradi- incarnava l’ideale, dell’anima bella, legata zionalmente diffusa), «A morire incomin- da passioni travolgenti e tragiche. Anche il ciai/nell’udirti altrui consorte!», che po- baritono, chiarite ormai le caratteristiche trebbe essere assunto a sigillo dell’opera. della sua vocalità, che non era più quella Tale materia trova una suggestiva tradu- del basso-cantante, partecipava a questo zione musicale nella scrittura dei protago- mondo poetico. Rivale, certo, tremendo ed nisti che, specie nel canto del Conte di Cha- inesorabile. Ma di sentimenti sublimi. lais e del duca di Chevreuse, cioé del teno- Tra i lavori che maggiormente contribuiro- re e del baritono, si trasforma forse nel più no a fissare le caratteristiche del tenore ro- perfetto esempio italiano di vocalità ma- mantico italiano bisogna annoverare Lucia schile romantica: un canto fatto di soavità di Lammermoor (1835), (1835), Il belcantische e di brucianti declamazioni, Giuramento (1839), vale a dire Edgardo, tese a rappresentare i tormenti di queste Arturo e Viscardo.4 Donizetti, Bellini e Mer- anime belle che si muovono sull’abisso cadante dunque. Ma, mentre Bellini vedeva delle loro passioni. Un canto che, pur con- troncata dalla morte la sua sfolgorante pa- diviso da Verdi,3 non troverà più questa rabola artistica e Mercadante sembrava condizione che è propria del Donizetti ma- perdersi in una maturità non rischiarata da turo. L’attenzione dedicata a Chalais e a particolari illuminazioni, Donizetti ebbe a Chevreuse non significa che il personaggio disposizione nove anni (tanti gli furono di Maria, scritto per l’illustre Eugenia Ta- concessi dal destino, prima che il buio dolini, non meriti attenzione. Anzi, come è scendesse sulla sua mente) per inventare stato giustamente sottolineato, a comincia- compiutamente il linguaggio del tenore ro- re da William Ashbrook, il personaggio di mantico. Nei lavori successivi alla Lucia un Maria rappresenta un ulteriore approfondi- posto di assoluta preminenza spetta alla mento dell’animo femminile, compiuto da vocalità di Chalais. Donizetti. La sua vocalità è una nuova ico- Riccardo di Chalais fu scritto per Carlo na dell’eroina romantica, che però si era Guasco,5 che i frequentatori della produ-

105 zione romantica conoscono per essere sta- aristocratica raffinatezza, che avrebbe po- to il primo interprete di Ernani, nell’omoni- tuto ben figurare sulle labbra di un eroe da ma opera di . All’epoca del- opera seria.6 Tralasciamo però che la Maria di Rohan non aveva ancora sei an- non fu mai rappresentato vivente l’Autore e ni di carriera sulle spalle, dal momento che che per essere stato destinato a Adolphe aveva debuttato alla Scala di Milano il 26 Nourrit, (il re dell’Opéra, prima dell’avven- dicembre del 1836, quale Pescatore nella to di Duprez), un tenore eccentrico rispetto prima scaligera del Guglielmo Tell di Ros- ai cantanti italiani, meriterebbe una serie sini, ribattezzato Vallace. Per il giovane te- di osservazioni particolari, che esulano da nore era iniziata una carriera che lo avreb- questo contesto. be portato a Nizza, Marsiglia, Pavia, Reggio È noto che Donizetti modellò la vocalità dei Emilia, Udine, , Ancona, ecc., fino a suoi personaggi sulle caratteristiche dei ritornare alla Scala: nella stagione 1842-43 suoi interpreti (il musicista bergamasco partecipò alla prima assoluta dei Lombardi scriveva sempre ad personam). Il fatto di alla Prima Crociata, qualche mese prima di trarre il maggior partito possibile dal talen- cantare Maria di Rohan. Aveva avuto modo to dei suoi interpreti, non significa però che di frequentare alcuni titoli del vecchio re- egli si piegasse ai capricci o, semplicemen- pertorio rossiniano, bagaglio obbligato dei te ai comodi, dei cantanti che aveva a di- cantanti di scuola italiana, almeno fino alla sposizione. D’altronde un simile atteggia- fine del secolo scorso. Eccolo in , ov- mento di condiscendenza avrebbe trovato viamente nei panni di Rodrigo. Eccolo nel- una plausibile giustificazione in presenza la Cenerentola, quale Ramiro. Intanto però di mostri sacri come Giovan Battista Rubi- si era buttato sui personaggi del nuovo re- ni, che potevano fare a meno di Donizetti. pertorio romantico, Orombello nella Bea- Sarebbe però stato privo di ogni logica di trice di Tenda, Fernando nel Marin Faliero, fronte ad un Carlo Guasco, che fu tenore di Alamiro nel , Edgardo nella Lucia fama, ma non tale da determinare con la di Lammermoor, Leicester nella Maria sua presenza le scelte poetiche di un com- Stuarda, Tebaldo nei Capuleti e i Montec- positore ormai affermato come il Bergama- chi, Ubaldo nell’. Guasco sco, specie nel 1843. Semmai Guasco pote- veniva così ad inserirsi di diritto nell’ulti- va incarnarle con cognizione di causa. ma generazione di tenori donizettiani, dove È vero piuttosto che Salvi (tra l’altro il pri- – a tralasciare Rubini e Duprez, vale a dire mo Chalais nella versione parigina della l’alfa e l’omega del canto romantico, e a Maria di Rohan), Moriani (tenore donizet- considerare a parte Domenico Donzelli, tiano di ferro,7 che però aspettò solo il 1850 per via di quel colore francamente barito- per cantare Chalais al Théâtre Italien), Ma- nale che lo distingueva dagli altri – domi- rio, ma anche Enrico Calzolari (uno dei te- navano Ignazio Pasini, , Gio- nori donizettiani della generazione che de- vanni Basadonna, Napoleone Moriani, Lo- buttò negli Anni Quaranta), Francesco Pe- renzo Salvi, e Mario de drazzi, Antonio Poggi ben incarnavano il ti- Candia, detto più comunemente Mario. Es- po del tenore romantico di estrazione lirica si altro non sono che i tenori protagonisti (per distinguerlo da quello più vigorosa- delle prime assolute delle opere serie italia- mente drammatico e declamatorio alla ma- ne scritte da Donizetti dopo Lucia, compre- niera di Duprez, dopo il suo debutto al- so quell’Ignazio Pasini del Belisario, che fu l’Opéra, cioé non quello di o di Ro- tenore negletto nel pantheon dei grandi smonda, regina d’Inghilterra. Va comun- cantanti dell’Ottocento, con l’aggiunta di que osservato che anche nella vocalità più Mario, che fu il primo Ernesto del Don Pa- accentuamente coturnata, come fu quella squale, opera buffa. L’inclusione non è sen- del grand-opéra donizettiano, vi sono sem- za ragione: almeno la romanza del secondo pre momenti di lirico ripiegamento. Lo di- atto, «Cercherò lontana terra», e la succes- mostrano molto bene pagine sul tipo di siva cabaletta, presentano una vocalità di «Seule sur la terre» dal Dom Sébastien, roi

106 de Portugal o di «Ange si pur, que dans un rio», sul cui attacco Donizetti prescrive ap- songe» da ), il cui stile si riassu- punto «con passione»). Passione, cioè la ci- me in questi tre sostantivi: anima, finezza e fra distintiva della vocalità donizettiana di passione.8 Che sono le tre caratteristiche Gerardo quando ama e maledice nel Prolo- individuate nel canto di Guasco dal recen- go della , prima attaccan- sore dei Teatri, l’indomani del Corrado di do, «Spera in me, della tua vita» e poi esplo- Altamura di Federico Ricci, rappresentato dendo in «Va’, crudel: maledetto quel gior- alla Scala nel 1841. no» o quando nel secondo atto della stessa Anima cioé calore, energia, intensità di opera chiama i cavalieri alla lotta, «Morte, sentimenti, che nell’arroventarsi si spinge morte! Fur troppo gli insulti». È il trasporto fino alla passione (quella, ad esempio, cher di Oliviero nel secondo atto di , il tenore donizettiano è invitato ad espri- quando intona «Nelle tue braccia vivere...». mere nella prima parte dell’Aria di Enrico Se ci è permessa una parentesi verdiana, nella Maria di Rudenz, «Talor nel mio deli- proprio in virtù di Guasco, noteremo che è anche l’abbandono di Oronte nella Cavati- na del secondo dei Lombardi alla Prima Crociata, «La mia letizia infondere». Un ab- bandono che si sublima nella frase estatica del Terzetto, «Qual voluttà trascorrere», sintesi del canto romantico, ma a patto di dimenticare il turgore della celebre esecu- zione di Caruso. Lo stile romantico di Gua- sco, del primo Verdi, di Donizetti non era quello del tenore partenopeo. Quello stile infatti viveva di finezza, che poi qui signifi- ca belcanto. Un belcanto romantico si in- tende, che aveva lasciato decantare la colo- ratura, decisamente rarefattasi, ma non del tutto sparita dalla vocalità del tenore doni- zettiano. Era rimasta l’estasi, fatta di un canto morbido, soave, leggero nei centri, un’estasi piena di tensione e di virile slan- cio. A questo proposito può essere utile leg- gere la frase di Roggero nell’Adagio dal Duetto Roggero-Delizia del già nominato Corrado d’Altamura di Ricci, «Io t’ho amata e t’amo ognora». Non solo Roggero, cioé Guasco, preferisce evitare le semplici rou- lades, presenti invece nella scrittura di De- lizia, sostenuta dalla signora Luigia Abba- dia, ma impronta il suo canto a quella viri- le dolcezza, cui si accennava, espressa da una vocalità dove la tensione della decla- mazione si stempera nelle terzine di ottave. La tessitura è quella tipica di Guasco, com- presa tra il sol2 e il la3. Le puntature (per esempio il la bemolle in corrispondenza di «ah, il sol», il sol bemolle in corrispondenza di «amore») presentano segni di corona e si Il tenore Lorenzo Salvi, interprete del ruolo di Chalais alla prima parigina dell’autunno 1843. immaginano utilizzate per interpolare un (Bergamo, Museo Donizettiano). breve melisma, fiorendo la melodia, oppu-

107 re, complice l’indicazione «a piacere», per lienti, affidate al tenore nella Maria di filare la nota. Quello di costellare il canto Rohan. Nel Larghetto, «Quando il cor da lei del tenore con segni di corona è un partico- piagato», bisogna notare la presenza di al- lare lingustico che si incontra in più di un cuni brevi melismi, ma soprattutto del la tratto della vocalità dell’Oliviero dell’Ade- bemolle acuto con il segno di corona, oltre lia.9 Se ne distilla una vocalità di grazia, dai ai trilli di «speme in me destò». Se si pensa tratti angelici. Infatti i tenori donizettiani alla scrittura della Cabaletta di Ernani, «O fin qui nominati, specificatamente Salvi, tu, che l’alma adora», si deve concludere Mario, Poggi, Moriani (si può ricordare che Guasco gradiva i trilli, un abbellimento che, nella già citata Aria di Enrico dalla certo destinato a conferire una rara smalta- , la passione iniziale deve tura al canto del conte di Chalais. Della ce- tramutarsi in dolcezza, per esplicito invito lebre Aria, «Alma soave e cara», bisogna del compositore), Guasco, Calzolari si col- sottolineare la cantabilità, che è poi una locavano nel solco di Rubini. Come lui era- delle espressioni della vocalità romantica no tenori angelicati, ma di lui erano meno italiana. Non inganni la scrittura spoglia, in versati nelle tessiture acutissime ed espri- una tessitura scevra di difficoltà. Il segreto mevano la loro estasi con una passionalità di simili pagine è proprio nell’accento, nel più accentuata, più nervosa, più ripiegata, peso del suono, nelle tinte. Lo strazio dol- più umana e dolente. Ne nasceva dunque cissimo della passione di Chalais ritorna una vocalità che si identificava pienamente nel grande duetto del II atto con Maria (ver- con quella donizettiana. Nobile e purissi- sione parigina), che si sublima poi nella ma, eppure sofferente e piagata. Un canto frase della Stretta, «A morire incominciai». insomma che sta nel mezzo tra le siderali La sublime dolcezza del romanticismo di astrazioni di Bellini (per non parlare di Chalais ricompare ancora una volta nel Rossini) e i più decisi accenti verdiani (al- Duettino con Maria nel III atto.12 Vi trovia- meno del Verdi che si è liberato delle in- mo qualche breve tratto di coloratura, vi fluenze dell’ultimo Donizetti). Un canto di troviamo il canto a fior di labbro, richiesto cui qualche spunto si è visto recuperato esplicitamente dall’incazione «pp», vi tro- con autorevolezza stilistica in alcune ese- viamo l’invito ai portamenti, quest’ultimo cuzioni moderne10 e che rivelerà tutta la chiarissimo in quel frammento di frase sua anima, la sua passione, la sua finezza ascendente che corrisponde a «anzi che a solo quando anche nel teatro romantico si lui consorte». Nel Terzetto, che conclude inizierà seriamente una sperimentazione l’opera, Donizetti ribadisce invece che l’e- simile a quella che ha mutato il volto alle statica aristocrazia del suo tenore non è esecuzioni barocche e mozartiane.11 Un snervata debolezza, ma elegante virilità, canto che per essere ritrovato necessita del capace dunque di quell’elettrico nervosi- ripristino degli organici orchestrali e corali smo che il canto romantico scatenava negli originali, degli strumenti d’epoca e di un ascoltatori. fraseggio lontano da ogni benché minima La parte di Chevreuse fu scritta invece per contaminazione con lo stile realista che pu- Giorgio Ronconi,13 che possiamo definire re incrosta, al di là della sua piacevolezza e baritono, anche se nell’Ottocento la qualifica della sua soggiogante bellezza, interpreta- che gli spettava era quella di basso-cantante. zioni donizettiane illustri come quelle di È noto a tutti che le scene liriche del decen- Pavarotti, per non parlare di quelle di Gigli nio 1830-1840 non conoscevano ancora il e di Pertile. Un canto che richiederebbe de- baritono così come poi verrà identificato gli specialisti disposti a rinunciare al cliché dalla produzione verdiana. All’epoca di Do- del tenore assoluto che spazia da Idomeneo nizetti il baritono confondeva la sua voce a Andrea Chénier. Un canto che trova nella con quella del basso-cantante. L’esigenza di vocalità di Chalais la sua sublimazione. A dare una piena autonomia al baritono si fe- questo proposito sarà sufficiente ripercor- ce più acuta dopo il 1835. Ciò spiega l’indif- rere, seppure velocemente, le pagine sa- ferenza al problema da parte di Bellini. An-

108 che nella produzione di Donizetti anteriore sonaggi della produzione francese di Doni- al 1830 non ci sono tracce di questa neces- zetti. Sarà il primo Alphonse IX nella Favo- sità. Ancora all’epoca di Anna Bolena (1830) rite e poi Le Camoëns nel Dom Sébastien, e di Lucrezia Borgia (1833), Donizetti ac- roi de Portugal, contribuendo alla creazione cettò che il rivale del tenore, rispettivamente della tipologia del bariton grand-seigneur. Percy e Gennaro, fosse un basso, cui affidò Nel proseguo del nostro cammino incon- la parte di Enrico VIII e di Alfonso d’Este. triamo poi quattro tappe fondamentali: Ma- Con Parisina (partitura chiave per la com- ria de Rudenz, , Linda di Cha- prensione del canto romantico) l’esigenza mounix e Maria de Rohan. In tre di queste va delineandosi con maggiore evidenza. quattro partiture la parte del baritono fu Neppure il Cosselli, che fu il primo interpre- scritta per Giorgio Ronconi, che fu Corrado te della parte del geloso duca di Ferrara, Az- nella Maria de Rudenz, Don Pedro nella zo, era ancora un vero e proprio basso-bari- Maria Padilla e Chevreuse nella Maria de tono romantico. L’incontro con Giorgio Rohan. Nella Linda di Chamounix la parte Ronconi, uno dei cantanti storici del secolo di Antonio toccò a Felice Varesi che poi di- scorso, spinse Donizetti a compiere l’impre- venne uno dei più importanti baritoni ver- sa di inventare il baritono romatico.14 diani del suo tempo. Infatti fu il primo Mac- Sfruttò le possibilità di una voce che conser- beth, il primo e il primo Germont. vava le ombreggiature della corda del basso, Non va dimenticato però che nel periodo ma all’occasione era capace di innalzarsi fi- esaminato Ronconi fu anche il primo inter- no agli acuti del tenore, dimostrandosi dutti- prete della parte di Enrico nel Campanello le e in grado di reggere tessiture sempre più e di Nello nella Pia de’ Tolomei. Benché la elevate. Non si dimentichi infatti che Giorgio prima sia una farsa, pur tuttavia la vocalità Ronconi possedeva una voce che aveva di Enrico merita almeno un’osservazione. un’estensione tenorile. D’altronde gli illustri Donizetti, complice Ronconi, si diverte (lo teorici del secolo, come Enrico Delle Sedie, faceva spesso) a parodiare la vocalità del- confermano che la voce del baritono deve l’opera sera o meglio ad utilizzare in un potere toccare senza fatica il sol acuto.15 contesto comico, se non farsesco, la voca- Donizetti si era già avvalso di Ronconi, de- lità dell’opera seria. Il Duetto Enrico-Sera- stinandogli per ben due volte il ruolo del ti- fina presenta numerosi passi che starebbe- tolo. Era avvenuto nello stesso anno, il ro a pennello sulle labbra di un basso-bari- 1833, a pochi mesi di distanza. Nel gennaio tono o di un baritono romantico, a comin- al Valle di Roma era stato Cardenio nel Fu- ciare dalla frase iniziale dell’Allegro, «Non rioso all’Isola di Santo Domingo. Nel no- fuggir...t’arresta», per concludere con la vembre, sempre nello stesso teatro, aveva grande volata in corrispondenza di «estin- cantato Torquato Tasso nell’opera omoni- guerà». Essa non può che ricordarci certe ma. Se però, come nel caso del tenore, vo- soluzioni della vocalità di Enrico Asthon e, lessimo limitarci a seguire l’itinerario della persino, di Enrico VIII. La parte di Nello, creazione del baritono romantico nella pro- benché Pia de’ Tolomei sia opera negletta, duzione seria italiana di Gaetano Donizetti contiene interessanti indicazioni sulla psi- dalla alla Maria di cologia del baritono romantico donizettia- Rohan, vi incontreremmo tappe di indubbio no, che alterna momenti di dolente malin- interesse. È il caso del ruolo del titolo nel conia (è il caso di «Parea celeste spirto») al Belisario, cantato da Celestino Salvadori. È furore più acceso (è il caso di «Son cieco di il caso di Notthingam nel Roberto Deve- furor» oppure «L’empia cingete d’aspre ri- reux, cantato da Paolo Barroilhet. Sia l’una torte»). A queste due situazioni emotive che l’altra parte presentano però una scrit- corrispondono altrettanti comportamenti tura che ricorda ancora quella del basso-ba- linguistici della vocalità del baritono. Di ritono romantico, più che del baritono vero particolare interesse risulta il Quadro Se- e proprio. Non dimentichiamo che Bar- condo della Seconda Parte. Ronconi vi po- roilhet sarà interprete di alcuni grandi per- teva dispiegare un’ampia gamma di risorse

109 vocali e tutta la sua forza drammatica. La «inaridito», le brevi volate di «anima», di «ta- declamazione si mostrava incisiva e pene- cito», il gruppetto di «invase», i chiaroscuri trante nel Recitativo, «Sconfitte dal nemico dinamici fatti di sapienti alternanze di forti brando». Il canto accorato vi faceva la sua e di piani, il gioco agogico dei «rallentando», più completa apparizione nel dolente Can- come quello in corrispondenza di «rima- tabile, «Solo un’istante dubitar vorrei»: una se»). Una vocalità che ritroviamo in altre frase che sembra modellata apposta per as- pagine dell’opera, a cominciare dal Lar- secondare il fraseggio largo del celebre ghetto del duetto Corrado-Enrico nel primo cantante. Riappariva prepotente nella suc- atto, «Ah! non esprime il detto». Una voca- cessiva Aria, «Lei perduta, in core ascon- lità che senza dubbio teneva largo conto do». Una pagina ricca di contrasti, tutta un dell’arte di Ronconi, «d’une belle mise de chiaroscuro di accenti irosi e di dolenti ab- voix et d’une manière large de phraser».17 bandoni. Infine la Cabaletta, «Dio pietoso, Non dimentichiamo infatti che il celebre ba- un cor ti parla», intonata da Nello in uno ritono fu uno dei pochissimi cantanti a su- stato di agitazione che Donizetti dipinge scitare l’entusiasmo di Donizetti. Il fraseg- con una vocalità travolgente: perfetta raffi- gio ampio e nobile, che contraddistingueva gurazione delle possibilità espressive della il canto di Ronconi, caratterizza anche la voce di un baritono romantico. grande Aria di Don Pedro dall’ultimo atto Come il feroce e sfortunato marito di Pia, della Maria Padilla. «Ah! quello fu per me». anche Corrado, Don Pedro e Chevreuse so- In questo pezzo andrà notata anche la tessi- no piagati dall’amore, pur con diverse sfu- tura che si fa sempre più spiccatamente ba- mature. Ronconi infatti eccelleva nell’e- ritonale. Non solo la voce tocca ripetuta- spressione di questo sentimento e Donizetti mente il fa acuto, ma numerosi passaggi la riteneva che l’espansione dell’amore, spe- portano a fraseggiare con sicurezza sopra il cie di quello deluso, ripiegato in una tragica rigo. Nella Cabaletta, «Lasciar Maria», uno malinconica che poi si muta in furore, ben degli spunti melodici più felici di tutta l’ope- si addicesse alla corda del baritono. Si fissa ra, ritorna Ronconi baritono amoroso, capa- così una caratteristica peculiare della psico- ce di un canto morbido ed affettuoso, logia del baritono, destinata a ritornare an- espresso attraverso un’emissione leggera, che nella produzione verdiana. Basti pensa- legatissima, in grado di realizzare la versio- re al Riccardo di , pe- ne baritonale della mezza voce del tenore raltro accostabile al duca di Chevreuse an- romantico. Nel Larghetto del duetto Don che per la situazione drammatica che è co- Pedro-Maria, che chiude il primo atto, Ron- stretto a vivere. Il primo frutto di questa coni aveva mostrato un’altra volta il suo scelta è una vocalità che contiene molti pas- amore e la sua disponibilità al canto meli- si improntati ad una malinconica cantabi- smatico, espresso da una vocalità la cui li- lità. È un canto lene e triste, che ha i toni nea è fiorita di terzine, quartine di sedicesi- della nenia e che si sviluppa attraverso me- mi, senza dimenticare i gruppetti. Nella Ca- lodie che richiedono l’emissione morbida, baletta invece lo slancio porta di nuovo la omogenea, legatissima, tutta un trascolara- voce del baritono al fa acuto. Tutte queste re di tinte, dalle esacerbate esclamazioni al- caratteristiche si compongono in un canto le dolenti mezzevoci. Uno dei più compiuti aristocratico e nobile, lontano da ogni pre- esempi di questo stile è costituito dalla Ro- varicazione non solo verista, ma neppure manza del primo atto della Maria de Ru- realista, al tal punto che il Clément, sintetiz- denz, «Ah! non avea più lagrime» della qua- zando le impressioni suscitate dal Ronconi le giustamente il Clément scrive: «est em- nel pubblico parigino, scrive: «Ronconi a eu preinte de cette tendre mélancolie dont le un grand succès de chanteur tragique dans compositeur a donné tant de marques dans cette ouvrage». In questa frase andrà ap- ses ouvrages».16 Concorre al risultato una punto sottolineato quell’aggettivo tragico vocalità che mescola genialmente spunti di che ribadisce l’aspetto coturnato del canto scrittura sillabica ad altri fioriti (il trillo di del baritono romantico, un aspetto destina-

110 to a passare anche nella vocalità del barito- perdute». Qui come nelle mezzevoci estati- no verdiano. Un aspetto che sconsiglia non che di Chevreuse, cioè di Ronconi, il canto solo qualsiasi esagerazione, ma anche qual- a mezza voce del baritono romantico di- siasi cedimento verso atteggiamenti vocali venta epifania musicale del tema dell’infe- che riducano l’affettuosità di Corrado ad licità dell’uomo, del dolore che non può es- una colloquialità borghese, insomma alla sere più grande se non nel ricordarsi del lacrimuccia dei baritoni lirici della produ- tempo perduto nella miseria. zione naturalista.18 Va infine notato che nella vocalità di Che- Tanta bellezza di accenti si impone nel vreuse la tessitura vocale si spinge vieppiù canto di Chevreuse fin dalla Cavatina di verso la regione acuta, con numerose pun- sortita, con passi come «mio la scure», che tature al fa acuto, senza dimenticare il sol di sono un invito a portare il suono, con l’e- «t’appella a me». Può essere utile sottolinea- splicita richiesta di dolcezza in corrispon- re che spesso queste puntature sono enfatiz- denza di «Qui fra le gioie». Il canto affettuo- zate dal segno di corona e, nel caso di quel- so ed angelicato domina anche il Moderato la in corrispondenza di «empio», anche da Assai, «Se ancor m’è dato stringerti», ma due «ff». Questo particolare non solo sottoli- trova la sua sublimazione nel Cantabile nea, come ha già osservato Celletti,19 l’arte «Bella, e di sol vestita». La sapiente scrittu- di Ronconi nel trarre partito dai repentini ra vocale di questa pagina è uno degli contrasti, ma anche l’esplicita richiesta di esempi più illuminanti del partito che un potenza per connotare il furore dei perso- compositore come Donizetti sapeva trarre naggi affidati al baritono. Anche in questo dall’intelligente utilizzo del talento del suo caso però, come già in quello del tenore, l’e- interprete. Se l’attacco dell’Aria sfruttava secuzione della parte di Chevreuse richiede l’arte di Ronconi, baritono amoroso, la sua il ripristino della prassi esecutiva ottocente- abilità nel creare violenti e repentini chia- sca, che comincia con l’individuare il giusto roscuri veniva piegata all’espressione del- peso vocale e a non equivocare tra il furore l’urgere della rabbia, «Ah! fur mentite lar- di Chevreuse e quello dei sanguigni barito- ve!», che subito si abbandonava alla tristez- ni del repertorio naturalista, la cui rabbia za di «fu sogno che disparve». Allo stesso non ha nulla di aristocratico, ma è spesso modo l’arte di rallentare e di accellerare, una foia, dove l’amore si abbassa a livello di nella quale un fraseggiatore come Ronconi concupiscenza. Anche nel caso di Chevreu- doveva essere sublime, serviva per battere se, come quello di Chalais, non sono man- la sistole e la diastole del cuore piagato di cate illuminanti lezioni, da cui gli interpreti Chevreuse in frasi come «funesto il giorno dei nostri giorni possono iniziare il loro la- e squallido» (accellerando), «Per me veleno voro di approccio e di approfondimento.20 è l’aura» (rallentando). Il baritono donizet- 1 «La Maria di Rohan appare, dunque, particolarmen- tiano però era capace anche di furibonde te indicativa dell’ultimo Donizetti tragico: un’opera aristocratica ed intimista che sembra rifugiarsi fra le impennate. Lo aveva già ben dimostrato la pareti domestiche smussando gli apporti corali e ri- vocalità di Antonio nella Linda di Chamou- nunciando ad ogni pompa melodrammatica; una parti- nix, che dopo la dolcezza pastorale di «Am- tura concitata e pur strumentalmente trasparente, che rinnova dall’interno il melodramma serio adattando ai bo nati in questa valle» fa sentire tutta la personaggi tragici il rapido agire proprio della comme- sua rabbia in «perché siam nati poveri...»: dia musicale», cfr. GUGLIELMO BARBLAN, Gaetano Doni- uno slancio che ha il sapore di protesta del zetti. Vita e opere di un musicista romantico, Bergamo, socialismo di Victor Hugo ne Les Miséra- Società Assicurazione Liguria, 1983, p. 402. «È una par- titura che merita di essere conosciuta in modo più ap- bles. Per Chevreuse l’ergersi tremendo ed profondito di quanto non lo sia, se si vuole apprezzare inesorabile si sublima nella grande Caba- l’intera gamma delle risorse drammatiche di Donizet- letta, «Voce fatal di morte», che anticipa la ti», cfr. WILLIAM ASHBROOK, Donizetti. Le Opere, tradu- dimensione apocalittica della vendetta ver- zione di Luigi Della Croce, Torino, EDT, 1987, p. 263. Questi due autorevoli giudizi ribadiscono l’importanza diana di Renato, anche lui ondeggiante tra di Maria di Rohan nella produzione del musicista ber- il bronzeo incipit di «Eri tu» e il dolce, ma gamasco. tristissimo ripiegamento di «O dolcezze 2 Cfr. a questo proposito JOHN ALLITT, Donizetti and the

111 NOTE

Tradition of Romantic Love, Londra, Donizetti Society, Favorita e in gran parte nella Maria di Rohan, mentre 1975. Benché lo studioso inglese non faccia specifico fu sostituita nel Poliuto e nel Don Sebastiano, dalla pro- riferimento al mondo poetico di Maria di Rohan, la let- pensione a un canto più muscoloso e violento». È pur tura di questo saggio risulta interessante e suggestiva, vero però che nel Dom Sébastien, dove l’esigenza fu utile per approfondire un tema così importante nella dettata dal deteriorarsi della voce di Duprez, e nel Po- produzione donizettiana. liuto, dove l’esigenza fu dettata dal fatto che Nourrit 3 Cfr. EGIDIO SARACINO, Donizetti. Tutti i libretti, Mila- puntava a sfruttare le risorse della voix sombrée, la- no, Garzanti, 1993, p. 1246, «Sul piano vocale Maria di sciandosi alle spalle il suo passato di tenore contralti- Rohan rappresenterà un punto di riferimento per il no, non mancano passi che richiedono un’espressione Verdi della prima e della seconda maniera». soave, per esprimere i rapimenti dell’amore, sia esso 4 Se volessimo completare la galleria delle grandi figu- sacro o profano. Anche l’accentuato eroismo di Fra- re romantiche scritte per voce di tenore, bisognerebbe schini, epigono di Duprez ed anticipatore di Tamber- assolutamente aggiungervi quella di Raoul protagoni- lick, non andò mai esente dal canto morbido, a fior di sta de Les Huguenots di . Il perio- labbro, dall’estasi insomma. Non a caso, come Duprez, do storico, la situazione descritta, l’alto sentire del per- Fraschini fu interprete di riferimento del personaggio sonaggio, la sua vocalità fatta di soavi abbandoni, di di Edgardo, la cui vocalità (basti pensare a «Verranno a aeree puntature, ma anche di nobile declamazione ri- te sull’aure» e al finale dell’opera), esige un canto soa- mandano, pur con le inevitabili differenze linguistiche ve. Non dimentichiamo che tra l’altro Fraschini finì per dovute alla tradizione del grand-opéra, alla vocalità di essere il primo interprete di Riccardo in Un ballo in Chalais. Non a caso nell’Ottocento i tenori che poteva- maschera di Verdi, cioé di un personaggio che richiede no cantare l’opera di Donizetti erano gli stessi cui ben una vocalità capace di dolcezza e di elegia. si adattava la vocalità di Raoul. Sulla vocalità del teno- 9 Va da sè che una pagina come quella di Roggero deb- re romantico cfr. RODOLFO CELLETTI, La vocalità ro- ba essere eseguita con tutti gli interventi che la prassi mantica in Storia dell’Opera, Torino, Utet, 1977, Vol. esecutiva dell’epoca esigeva. Circa gli eventuali inter- III, p. 145. venti di Guasco ci si può aiutare osservando la vocalità 5 Sulla figura di Carlo Guasco si veda l’importante dell’Oronte verdiano. Ne «La mia letizia infondere» si contributo di GIORGIO GUALERZI, Carlo Guasco, tenore possono notare le interpolazioni di notine da cantarsi romantico fra mito e realtà, Alessandria, Cassa di Ri- «dolce». Sempre in questa pagina si possono notare i sparmio di Alessandria, 1976. contrasti dinamici , «con forza» e poi «dolcissimo» di 6 Cfr. FRANCESCO ATTARDI ANSELMO, Don Pasquale di «quanti pianeti» e ancora il la acuto, «dolcissimo» che Gaetano Donizetti, Torino, Mursia, 1998, p. 155, «Il se- conclude la pagina. Dal celebre Terzetto può bastare condo Atto del Don Pasquale si apre in una direzione ricavare l’indicazione «a mezza voce» posta sull’incipit emotiva del tutta opposta alla chiusa del primo atto. Li del canto di Oronte. È interessante considerare, come eravamo nel mezzo della commedia, con i suoi tipi e le osserva Claudio Gallico nel nell’Introduzione dell’edi- loro trame: qui, con Ernesto, preannunciato dal suono zione critica dell’Ernani, edita dalla University of Chi- melanconico della tromba, ci troviamo in pieno ro- cago Press e dalla Ricordi di Milano nel 1977, che Ver- manticismo». di, quindi i compositori del periodo, non annotavano 7 Cfr. di GIORGIO CELESTIA APPOLONIA, Napoleone Mo- sull’autografo tutte quelle indicazioni, che poi, aggiun- riani, in «Newsletter-Donizetti Society», n. 73, p. 16 e te dalla prassi esecutiva, si sono conservate e sono en- seguenti. trare di diritto in una tradizione che, pur con le oppor- 8 Va osservato che, anche quando nel periodo da noi tune rettifiche e gli aggiornamenti in fatto di gusto e esaminato Donizetti scrisse per tenori dalla voce più sensibilità, l’esecutore moderno dovrebbe essere in scura, dai riflessi baritonali, non mancò mai di spinge- grado di ristabilire. Ulteriori indicazioni sulla prassi re sul requisito del canto di grazia. Ciò vale anche per esecutiva dei tenori donizettiani si possono ricavare , bari-tenore, classificato come epi- dalla già citata Aria di Enrico della Maria de Rudenz. gono di Donzelli (cfr. R. CELLETTI, voce Basadonna Gio- Qui la figurazione di notine che compare in corrispon- vanni, in Enciclopedia dello Spettacolo, vol. II). Lo stes- denza di «stesso» e poi di «compiangi» è un evidente so Celletti però in «Roberto Devereux» e la vocalità ro- spunto che invita l’esecutore, pur nei limite del buon mantica, inserito nel Programma di Sala per l’edizione gusto, a procedere a questa sorta di ricamo vocale, che del Roberto Devereux, rappresentato alla Fenice di Ve- sottolinei l’estatica passione del personaggio. nezia nella stagione 1971/72, a p. 260 deve concludere: 10 Il problema del ripristino della prassi esecutiva del «In definitiva, Roberto Devereux, anche se non rientra tenore moderno è stato affrontato con cognizione di nello schema del tenore “contraltino”, è tuttavia un ti- causa da alcuni cantanti contemporanei durante pico tenore “soave” del secondo periodo vocale doni- performance teatrali o incisioni discografiche. Tra le zettiano; in seguito, questa formula fu conservata nella altre ricordiamo la recente esecuzione a Bergamo e a

112 Bologna del Dom Sébastien, roi de Portugal, dove Giu- scografica dell’, Orc 16. seppe Sabbatini ha fornito un’interessante lezione stili- 16 Cfr. Dictionnaire des Opéras par Félix Clément & stica ed un’esecuzione di «Seul sur la terre» destinata Pierre Larousse, revue et mis à jour par Arthur Pougin, ad essere presa da modello per studi ed approfondi- Paris, s.d., p. 702. menti sulla vocalità del tenore romantico. Nel caso del- 17 Cfr. voce Ronconi (Georges) Biographie universelle la Maria di Rohan costituisce elemento di riferimento des Musiciens et Bibliographie générale de la musique, la lezione di Giuseppe Morino offerta nel 1988 al Festi- deuxième édition, entièrement repondue et augmentée val di Martina Franca e raccolta da un’incisione live de plus de moitié par F.J. Fétis, Paris, 1864, tome sep- della Nuova Era. Non vanno inoltre dimenticati i re- tième, p. 305. centi approcci di Bruce Ford al repertorio donizettiano, 18 Non si equivochi mai la fiera dolcezza di Chevreuse testimoniati da una serie di preziose incisioni dell’Ope- con quella di personaggi come Cascart dalla Zazà o di ra Rara.In particolare si tratta della Maria de Rudenz, Silvio nei Pagliacci di Ruggero Leoncavallo o di Mi- Orc 16, e Rosmonda, regina d’Inghilterra, Orc 13. Nel chonnet nell’Adriana Lecouvreur di F. Cilea. primo caso il tenore inglese si cimenta con una voca- 19 Cfr. R. CELLETTI, op. cit., p. 181. lità, quella di Enrico, pensata per Moriani, mentre nel 20 A questo proposito sono da considerarsi fonda- secondo con un’altra, quella di Enrico II, pensata per mentali per la perfezione dello stile, per il colore del- Duprez, prima maniera, cioé prima del debutto a Pari- la voce, proprio di un autentico baritono romantico, gi a l’Opéra. per il fraseggio nobile e largo, per l’appropriatezza 11 A questo proposito riveste grande interesse la recen- della messa di voce, per la suggestione del cantabile, te edizione Sony, S2K 63174, della Lucia di Lammer- per la duttilità del registro acuto, esteso e svettante di moor, realizzata nel 1977 e pubblicata nel 1998. Sir uno slancio tenorile le due storiche incisioni realiz- Charles Mackerras, curatore dell’edizione critica adot- zate da Mattia Battistini. Si tratta dell’Aria di Che- tata per l’occasione, dirige un’orchestra formata da vreuse, «Bella e di sol vestita» e dell’Aria di Corrado strumenti d’epoca, il cui organico è ridotto rispetto alle dalla Maria de Rudenz, registrate a Milano nel 1913. esecuzioni tradizionali. Per quanto riguarda la vocalità In un’ideale galleria di importanti testimonianze del- tenorile di Edgardo, Bruce Ford, in perfetto accordo lo stile del baritono romantico donizettiano non può con il maestro concertatore, ripristina le cadenze scrit- essere taciuta l’ esecuzione di «Bella e di sol vestita», te per , interprete del personaggio alla offerta da Renato Bruson in Renato Bruson Gaetano prima assoluta del 1835. Donizetti, Ars Nova Anc 25007. Non può essere taciu- 12 La pagina ha certamente fornito l’esempio per l’An- ta, anche se di minore livello, la prova di Paolo Coni, dantino, «Ah morir potessi adesso», di Ernani e di Elvi- Chevreuse a Martina Franca, nella produzione del- ra nel II atto dell’Ernani. Verdi prescrive però un canto l’opera poi registrata dalla già citata edizione della a «mezza voce», elimina la coloratura, presente invece Nuova Era. nella pagina donizettiana. 13 Cfr. il fondamentale saggio di MARCELLO CONATI, L’avvento del “baritono”: Profilo di Giorgio Ronconi, sta in L’Opera Teatrale di Gaetano Donizetti, Atti del Convegno Internazionale di Studio, Bergamo, 17-20 settembre 1992 a cura di Francesco Bellotto, Bergamo, Comune di Bergamo, 1993, p. 281 e seguenti. Sulla vo- calità del baritono romantico si cfr. di R. CELLETTI, Il baritono in op. cit,, p. 175. 14 Cfr. R. CELLETTI, Canto e tipi vocali nella Maria de Rudenz, sta in Programma di Sala di Maria de Rudenz, rappresentata al Teatro La Fenice nella stagione 1980/81, in particolare le illuminanti pagine dedicate alla figura di Corrado, pg. 18 e sgg.. 15 Cfr. ENRICO DELLE SEDIE, Arte e fisiologia del canto, Milano, Ricordi, 1876, p. 241. Non si dimentichi che Enrico Delle Sedie era stato a sua volta apprezzato ba- ritono ed applaudito interprete donizettiano. Tra l’altro nel 1853 cantò la parte di Corrado della Maria de Ru- denz. A questo proposito cfr. JEREMY COMMONS, A performance history of Maria de Rudenz , sta nell’opu- scolo di presentazione che accompagna l’edizione di-

113 Renata Scotto e Renato Bruson nella scena finale di Maria di Rohan. Venezia, Teatro La Fenice, 1974. (Archivio Storico del Teatro La Fenice). 114 VENEZIA 1974

«Il Piccolo», 26 marzo 1974 nell’emblematico e marmoreo “decor” del secondo, nell’intarsiata ampiezza dell’ulti- In Maria di Rohan la poesia del presagio mo “interno”. Da parte sua, Alberto Fassini di Gianni Gori valorizza con un attento studio luministico i varchi di questa scenografia [...], Caso limite della frenesia compositiva di cogliendo quasi sempre efficacemente il Donizetti, la Maria di Rohan ha trovato alla climax drammatico dell’opera. Lo assecon- Fenice una splendida conferma dei propri dano con grande impegno gli interpreti fra valori, intesi non soltanto nell’arco creativo i quali primeggia Renata Scotto imprevedi- donizettiano, ma – quel che più conta – nel bile per compostezza ed incisività di azione più ampio panorama dell’opera romantica […]. Oltre al generoso e convincente Um- italiana. Merito di un’edizione equilibrata e berto Grilli (Riccardo), cresce in nobiltà salda in tutte le sue componenti. [...] L’a- espressiva, nel corso della rappresentazio- spetto preminente della Maria di Rohan, ne, il baritono Renato Bruson, che arricchi- dramma di un amore segreto e impossibile sce l’iniziale cupezza di un chiaroscuro di una dama di corte di Luigi XIV per il con- progressivamente più energico e profondo. te Riccardo di Chalais, compromesso in un […] Entusiasmo in ebollizione in un teatro intricato gioco politico-sentimentale [...], è gremito e scrosciante di applausi per tutti. proprio nell’affrancamento del nucleo sen- timentale dallo sfondo storico, o meglio il suo continuo intimistico isolarsi alla luce di «Il Giorno», 18 marzo 1974 una lirica introspezione: intrisa di una deli- cata poesia del presagio e dell’attesa dolen- Maria di Rohan: un addio sulle soglie del te, ombrata da turbamenti e da inquietudi- silenzio ni. [...] di Lorenzo Arruga Su questa linea Gavazzeni ha disciolto le strappate e i fraintendimenti di una “bruta- C’è Maria di Rohan di Donizetti alla Fenice. lità” troppo spesso attribuita alle opere sto- Opera rara, che si dà ogni tanto; ed è solita- riche di Donizetti, in un’interpretazione pe- mente apparsa come un affresco storico su- netrante, dall’intonazione presaga, attenta perficiale, un dramma passionale debole e a quel risalto strumentale inquieto, persino statico, un difficile e vano tentativo dell’au- allusivo che, dalla cavatina di Maria del tore nel suo ultimo anno di lucidità menta- primo atto ai suoi ultimi accenti, è l’ordito le. Bene, non è vero. Non che sia un’opera di una singolare inquietudine spirituale. animata, prorompente, rinnovatrice. Sol- [...] Quasi speculare all’interpretazione mu- tanto, però, non è un affresco storico, anche sicale, l’aspetto rappresentativo della sce- se tutto ruota intorno alle incerte fortune di na, sulla quale Pierluigi Samaritani ha rea- Riechelieu; ma una riflessione politica, lizzato un piccolo capolavoro architettoni- amara, di lontano. Non è nemmeno un me- co-pittorico di eccellente gusto e finezza, lodramma passionale […]; è invece un con- nello slancio prospettico del primo atto, fronto nudo di anime, oppresse dal destino

115 Locandina per Maria di Rohan. Venezia, Teatro La Fenice, 1974.

116 d’una sorte che le stringe, assorte in una di- no, non è un tentativo, è un addio. sperata e disarmata ricerca di qualcosa al di là di se stessi. […] Gavazzeni lo chiarisce fin dalle prime note, quando (tolta legitti- mamente l’ingombrante ed arruffata sinfo- «Il Gazzettino», 18 marzo 1974 nia) il coro commenta le vicende labili del- la vita di corte. […] È il clima dell’esecuzio- Maria di Rohan alla Fenice: nuove inclina- ne, che permette di leggere in chiave coe- zioni donizettiane rente tutta l’opera. Non cambierà nulla. An- di Mario Messinis che i drammi dei personaggi si sanno, an- che le situazioni, anche i grandi momenti Ancora un Donizetti minore alla Fenice, d’insieme. Ogni slancio si spezza, si ripie- con Maria di Rohan che non si dava nel ga. Le arie si interrompono, le melodie da- teatro veneziano dal 1847. [...] Eppure que- gli attacchi incantatori si sperdono in reci- sto tardo lavoro donizettiano [...] contem- tativi. I concertati insistono su frammenti poraneo al Don Pasquale, vale forse a ri- come immobili. La partitura si svela a poco proporre il problema dello sviluppo della a poco, l’orchestra offre un compianto liri- drammaturgia dell’autore. Naturalmente co, una compostezza struggente, una bel- sarebbe inutile richiedere a Donizetti una lezza tutta sua; e i personaggi si racchiudo- coerenza musicale e linguistica, quale si ri- no quasi in un dramma borghese, con il trova nella coeva cultura tedesca. Tutta la suo “fascino discreto”, col suo pudore ama- sua attività rispetta, né vuole confutare, i ro, e con il suo dolore. luoghi fissi della cucina melodrammatica Pier Luigi Samaritani, talento pittorico sem- quale è stata codificata nel decennio 1830- pre splendidaemnte comunicativo, qui va 40; e anche Maria di Rohan non fuoriesce più in fondo che mai come interprete. [...] E dallo standard del costume teatrale del veste i personaggi on costumi e parrucche tempo, in cui non si andava tanto per il sot- che li rendono come chiusi in se stessi e in- tile in fatto di articolazione strutturale dello sieme belli, nobili, credibili. Il regista Fassi- spettacolo. […] ni li compone in figurazioni eleganti, dolo- Ma affermare che Maria di Rohan è una rose, rivelatrici. Pochi gesti, pochi passi, semplice ripetizione di esperienze già col- poche luci: il ritratto interiore, di ciascuno: laudate, forse sarebbe eccessivo. […] Nel il senso della storia. E così Umberto Grilli, primo atto Donizetti non sembra porsi saldo e preciso professionista sempre nella troppi problemi, a parte la finezza del can- nitidezza del canto, era precisamente il no- tabile della protagonista. Ma dal secondo bile amante sventurato e generoso; e Rena- atto in avanti il discorso si approfondisce, to Bruson […] esprimeva fino in fondo nei oscillando tra un’ambiguità “ironica”, un brividi, nei trasalimenti, il potente gioco unicum in quel torno di anni, e il pateti- contraddittorio dello sposo di Maria; come co, intriso di venature funebri, che era la la sempre amabile Elena Zilio offriva quel traduzione italiana delle inclinazioni cimi- suo tipico contributo di classe, di chiarezza, teriali del romanticismo. Rispecchiano di ironia, e dove occorra di dolore. Renata questa duplice impostazione donizettiana Scotto, la protagonista, dominava splendi- da un lato il duetto tra tenore e il barito- damente, con quel suo timbro ammaliante, no, sulle cui galanterie mondane ed allu- quella sua concentrazione che trasforma, sioni comiche serpeggia una sottigliezza nella logica del personaggio, in un sospiro rabbrividente nell’analisi delle armonie; e che va dritto all’anima, indimenticabil- dall’altro l’apertura verso l’appassionata mente. Così l’opera è piaciuta, il successo si elegia dei due amanti, preannunciata da è mostrato caldo e riconoscente. [...] Sulle un aria mestissima del tenore, «Alma soa- soglie del silenzio della follia, di Donizetti, ve e cara» e poi allargata in un affannoso duetto. Esso si annoda a sua volta alla tra- gedia della gelosia in cui grandeggia una

117 Foto di scena di Maria di Rohan. Venezia, Teatro La Fenice, 1974. (Archivio Storico del Teatro La Fenice).

118 Foto di scena di Maria di Rohan. Venezia, Teatro La Fenice, 1974. (Archivio Storico del Teatro La Fenice).

119 figura in fondo nuova in Donizetti: quella «Oggi», 3 aprile 1974 del baritono preso tra la nostalgia del pas- sato e la violenta aspirazione alla vendet- Scotto frenata: Maria di Rohan salvata ta. [...] Questa nuova produzione della di Alfredo Mandelli Fenice è nel complesso attendibile e pog- gia principalmente su una eccellente Ai recuperi del Donizetti meno noto ormai impostazione spettacolare di Pierluigi siamo abituati. E scopriamo che fa sem- Samaritani e sullo smalto belcantistico di pre buona figura. […] Malgrado qualche Renata Scotto. Non ci sentiamo invece di segno di stanchezza, Renata Scotto tiene condividere del tutto l’idea di Gianandrea ancora in pugno uno scettro fatto di sicu- Gavazzeni, che pure di Donizetti è stato rezza vocalistica, di forza espressiva e tra i più fervidi chiarificatori, anche in anche di musicalità. Quest’ultima dote sede critica. Il direttore bergamasco è pro- (che la Scotto deve anche ad una prepa- babilmente ad una svolta della sua linea razione non frequente in Italia) viene mes- interpretativa e tende a conferire all’ese- sa a frutto completamente quando a con- cuzione una solennità meditativa ed ora- certare e a dirigere l’opera c’è un musici- toriale. Resta da chiedersi tuttavia se vale sta autorevole, capace di convincere, e in imporre, ad un’opera teatralmente non grado di allontanare la Scotto da certe esi- troppo efficiente, una stasi deliberatamen- bizioni che trasformano un’opera, cioè un te riflessiva […] e se non sarebbe piutto- organismo musicaldrammatico, in una sto preferibile sottolineare lo slancio melo- interminabile infilata di preziosità vocali- drammatico della partitura con una più stico-emotive. Stavolta la guida musicale è stringente e lucida dizione musicale. Nel in mano a Gianandrea Gavazzeni: e que- palcoscenico spicca ovviamente la Scotto, sta edizione veneziana della Rohan risul- quasi il prototipo dell’eroina romantica, ta una tra le più raffinate e centrate inter- anche nell’esibizione degli artifici vocali- pretazioni sue, unitamente ad una presta- stici (ma il melodramma è anche gioco zione della Scotto ammirevolmente cali- illusorio, e perciò accetteremo tutte le brata. Bello l’allestimento di Fassini lusinghe di questa cantante). Umberto (regia) e Samaritani, ispirato a grandi Grilli regge onorevolmente, nelle dolenti dipinti. Va detto, però, che la Rohan è espansioni liriche di Riccardo, ad un un’opera singolare. Giustamente è stata arduo confronto; mentre il baritono Rena- riferita “intimista”, perché mette in dispar- to Bruson, efficace della delineazione del- te gli aspetti, diciamo così pubblici della la figura di Enrico, risulta vocalmente vicenda, e si raccoglie intorno ai senti- appannato. Elena Zilio disegna garbata- menti e ai casi personali e tragici dei pro- mente i francesismi del ruolo di Arman- tagonisti. […] do, ma non si trova del tutto a suo agio in una tessitura contraltile. [...] Pier Luigi Samaritani ricostruisce molto felicemente la ambientazione parigina dell’opera, con sottili mediazioni schiettamente romanti- che. [...] La regia di Alberto Fassini posta di fronte alla necessità di lavorare sul per- sonaggio singolo – a causa della struttura eminentemente “intimistica” dell’opera – non riesce sempre a controllare il con- sueto gestire dei cantanti di melodramma. Successo cordiale.

120 Foto di scena di Maria di Rohan. Venezia, Teatro La Fenice, 1974. (Archivio Storico del Teatro La Fenice).

121 Gaetano Donizetti. Incisione dal disegno del Mosé Rigotti. (Venezia, Fondazione G. Cini).

122 LA LOCANDINA

MARIA DI ROHAN melodramma tragico in tre atti di SALVATORE CAMMARANO

musica di GAETANO DONIZETTI

Prima esecuzione in tempi moderni nella nuova revisione critica di Luca Zoppelli (versione Vienna 1843) con la collaborazione e il contributo del Comune di Bergamo e della Fondazione Donizetti di Bergamo

CASA RICORDI, MILANO

personaggi ed interpreti Riccardo, Conte di Chalais JORGE LOPEZ-YANEZ FERNANDO PORTARI (6/2) Enrico, Duca di Chevreuse CARLO GUELFI GIOVANNI MEONI (6/2) Maria, Contessa di Rohan GIUSY DEVINU GABRIELLA COSTA (6/2) Armando di Gondì GIANLUCA SORRENTINO De Fiesque ROBERT GIERLACH Aubry ENRICO COSSUTTA Visconte di Suze PAOLO RUMETZ Un domestico CESARE LANA

maestro concertatore e direttore GIANLUIGI GELMETTI

regia e scene GIORGIO BARBERIO CORSETTI

costumi GIORGIO BARBERIO CORSETTI eCRISTIAN TARABORRELLI

luci FABIO BARETTIN

ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO LA FENICE direttore del Coro GIOVANNI ANDREOLI nuovo allestimento

in collaborazione con OPÉRA DE NANCY ET DE LORRAINE

123 direttore degli allestimenti scenici LAURO CRISMAN direttore musicale di palcoscenico GIUSEPPE MAROTTA assistente del direttore MAURIZIO DONES direttore di palcoscenico PAOLO CUCCHI assistente musicale ALBERTO MALAZZI assistente alla regia LORENZO ZANONI assistente allestimenti scenici MASSIMO CHECCHETTO maestro di sala STEFANO GIBELLATO altro maestro di sala ROBERTA FERRARO maestro suggeritore PIERPAOLO GASTALDELLO maestri di palcoscenico ILARIA MACCACARO, SILVANO ZABEO maestro alle luci GABRIELLA ZEN capo macchinista VALTER MARCANZIN capo elettricista VILMO FURIAN capo attrezzista ROBERTO FIORI capo sarta MARIA TRAMAROLLO responsabile della falegnameria ADAMO PADOVAN capogruppo figuranti CLAUDIO COLOMBINI costumi realizzati dalla sartoria IL BAULE Venezia realizzazione scene LA BOTTEGA VENEZIANA Quarto d’Altino calzature POMPEI 2000 Roma parrucche B.S. STUDIO Trieste attrezzeria RANCATI Milano gioielli L.A.B.A. Roma

124 BIOGRAFIE a cura di PIERANGELO CONTE

GIANLUIGI GELMETTI Diplomatosi all’Accademia d’Arte Dram- È stato allievo di Sergiu Celibidache, Franco matica Silvio D’Amico, fonda dapprima la Ferrara ed Hans Swarowski. Il debutto con i compagnia teatrale «La gaia scienza» quin- Berliner Philharmoniker ha segnato l’inizio di un gruppo che porta il suo nome. Con della sua carriera internazionale che lo vede questa formazione debutta alla Biennale di regolarmente invitato nei maggiori festival Venezia con Il ladro di anime, avvia una ed ospite delle orchestre più prestigiose. Per sperimentazione sull’utilizzo del video dieci anni Direttore dell’Orchestra della Ra- nella drammaturgia teatrale, realizza dio di Stoccarda con la quale ha eseguito diversi spettacoli che raccolgono preziosi l’integrale sinfonico-corale di Beethoven, riconoscimenti da parte di pubblico e cri- Brahms e Mahler e gran parte della produ- tica specializzata. A partire da Descrizio- zione mozartiana nonché stretto collabora- ne di una battaglia (1988), Giorgio Barbe- tore dei Münchener Philharmoniker, Gian- rio Corsetti lavora sulla scrittura di Kafka luigi Gelmetti dirige in tutto il mondo. La e si propone inoltre nella doppia veste di sua vasta produzione discografica, spesso autore del testo e regista. Il 1993 è segna- premiata con riconoscimenti internazionali, to dalla collaborazione con il regista fran- rivela l’estensione e la complessità del suo cese Stéphane Braunschweig: nasce così repertorio: tra le incisioni più recenti ricor- Doctor Faustus o Il mantello del diavolo diamo l’integrale di Ravel, Guglielmo Tell, da Thomas Mann, prima tappa di un arti- Iris, La Fiamma, la Sinfonia n. 6 di Bruckner colato percorso intorno al Faust di Goethe e lo Stabat Mater di Rossini. Per commemo- che culminerà proprio in Faust presenta- rare i dieci anni dalla morte di Franco Fer- to a Roma nel 1995. Dopo Histoire du sol- rara, ha ripreso l’attività compositiva con In dat ad Avignone ed Il castello da Kafka a Paradisum deducant te angeli, eseguito in Rennes, lavora al «Progetto Acquario Tea- prima assoluta dall’Orchestra e dal Coro del tro Laboratorio» a Roma. Nel 1996 crea, Teatro dell’Opera di Roma e quindi a Lon- dirige ed interpreta Il corpo è una folla dra, Monaco, Francoforte, Sydney; attual- spaventata e La nascita della tragedia - un mente sta componendo diversi lavori sinfo- notturno. Nel 1997 «scopre» Pirandello e nico-corali commissionati da importanti firma la prima messa in scena assoluta in istituzioni europee. Docente all’Accademia Portogallo dei Giganti della montagna. Nel Chigiana di Siena, Gianluigi Gelmetti è stato 1998 adatta e mette in scena Il processo di insignito di numerose onorificenze tra cui Kafka per il Festival Novecento di Paler- quelle di Cavaliere delle Arti e delle Lettere mo e, insieme a Stéphane Braunschweig, della Repubblica Francese e Grande Ufficia- cura le scene per Fidelio al PalaFenice. le della Repubblica Italiana. Il suo debutto alla Fenice risale al 1978 con una memora- bile produzione di di Donizetti JORGE LOPEZ-YANEZ con Lejla Gencer e Renato Bruson. GIORGIO BARBERIO CORSETTI Il tenore messicano, conclusi gli studi uni-

125 versitari e musicali, si è perfezionato con varie produzioni operistiche (Gianni Schic- Curt Allen, Jack Metz e Jane Westsbruck. chi, Traviata, Carmen, Madama Butterfly, Vincitore in importanti concorsi americani, Iris, Puritani, Faust, Masnadieri), ponendo ha cantato nei maggiori teatri al mondo, in- particolare attenzione al repertorio doni- terpretando ruoli quali il Duca nel Rigolet- zettiano (Elisir d’amore, Lucia di Lammer- to, Alfredo in Traviata, Don Ramiro in Ce- moor, Roberto Devereux, La Favorita, Po- nerentola, Rodolfo nella Bohème, Pirro in liuto, Messa di ). All’interpretazio- Ermione, Percy in Anna Bolena, Nemorino ne di ruoli operistici affianca un’intensa at- in Elisir d’amore, Edgardo in Lucia di tività concertistica. Lammermoor, Tonio nella Figlia del reggi- mento, Ernesto in Don Pasquale. GIUSY DEVINU

FERNANDO PORTARI Diplomatasi in pianoforte e canto, Giusy Devinu ha incominciato il suo percorso ar- Formatosi alla scuola del padre, Fernando tistico a Spoleto vestendo i panni di Violetta Portari ha partecipato a produzioni operi- nella Traviata, opera che ha eseguito suc- stiche in Germania (Così fan tutte a Würz- cessivamente in altre trentadue edizioni nei burg, Orfeo ed Euridice di Haydn a Bay- maggiori teatri nazionali ed internazionali. reuth) ed in Brasile (Barbiere, Cenerento- Affermatasi brillantemente in prestigiosi la, Pescatori di perle, Don Pasquale, Don concorsi internazionali, il soprano cagliari- Giovanni, Turandot, Otello, Tannhäuser) tano ha interpretato numerosissimi ruoli cantando al fianco di artisti del calibro di belcantistici: Anna Bolena, , Renato Bruson ed Eva Marton. Insignito La figlia del reggimento, Don Pasquale, Eli- nel 1997 del premio «Carlos Gomes», lo sir d’amore, Lucia di Lammermoor, Capu- scorso anno ha debuttato in Italia, cantan- leti e Montecchi, Sonnambula, Nozze di Fi- do in Fidelio al PalaFenice. garo, Flauto magico. Interprete del reperto- rio rossiniano, belliniano e donizettiano, Giusy Devinu ha inoltre interpretato Rigo- CARLO GUELFI letto, Turandot, Bohème, La rondine, Amico Fritz. Ha studiato canto con lo zio paterno. Vinci- tore del Concorso «Aureliano Pertile» e pre- miato al «Giacomo Lauri Volpi» come «rive- GABRIELLA COSTA lazione lirica internazionale», ha avviato da subito varie collaborazioni con i più impor- Diplomata in pianoforte, ha intrapreso lo tanti teatri e le più significative istituzioni studio del canto con Sonja Stenhammar musicali sia in Italia che all’estero. Nel cor- perfezionandosi poi in Olanda ed in Fran- so della carriera ha affrontato con successo cia con Udo Reinemann ed Elly Ameling, in i principali capolavori melodrammatici ot- Italia con Carlo Bergonzi. Numerosi enti, tocenteschi, i più importanti testi del reper- festival e centri musicali hanno ospitato torio di matrice verista impegnandosi an- suoi recital. Si dedica alla musica moderna che nell’esecuzione di brani di autori con- e d’avanguardia e fa parte del Nouvel En- temporanei. Spesso diretto da Bernstein, semble Vocal de Lyon. Dal 1995 collabora Santi, Maag, Giulini, Pappano, Mehta e Si- insieme ad Henri Farge con l’Accademia nopoli, Carlo Guelfi ha cantato in Rigoletto «Amadeo Gibilaro», coro attivo in seno al- (1997) ed in Aida (1998) al PalaFenice. l’Orchestra Sinfonica Siciliana. GIOVANNI MEONI GIANLUCA SORRENTINO

Inizia la carriera lirica debuttando nella Ha debuttato nel Retablo de Maese Pedro, Bohème, successivamente ha cantato in proseguendo nei ruoli mozartiani di Fer-

126 rando in Così fan tutte e di Don Ottavio in musiche mozartiane. Successivamente, in Don Giovanni. Al Festival di Glyndebourne teatri italiani ed europei, interpreta nume- ha sostenuto la parte di Fenton nel Falstaff rosi ruoli, affrontando opere di diversa ap- diretto da Bernard Haitink. Ha cantato in partenenza storica (Elisir d’amore, L’oro diversi teatri, in Italia ed all’estero, in opere del Reno, Traviata, La pietra del paragone). quali Il barbiere di Siviglia, Cenerentola, Lo scorso anno ha cantato nell’Inganno fe- L’italiana in Algeri, Elisir d’amore, Don Pa- lice rappresentato al Teatro Verdi di Pado- squale, La rondine. va. Ha cantato inoltre in oratori (Praecur- sor Domini di Frescobaldi) ed operette (Boccaccio). ROBERT GIERLACH

Le vittorie nel «Viotti» di Vercelli e nel CESARE LANA «A. Kraus» di Las Palmas gli hanno spalan- cato le porte di un’interessante carriera. Dopo una lunga esperienza corale, su con- Dal 1993 il basso svolge infatti un’intensa siglio di Sesto Bruscantini s’avvia all’atti- attività in tutta Europa. Ha cantato nell’Ho- vità solistica. Vincitore di concorsi, debutta locaust Cantata diretta da Menuhin, in Krol con Rigoletto, nel ruolo di Monterone. In Roger con Dutoit a Parigi e con Rattle a seguito ha cantato nella Forza del destino, Londra e Salisburgo, in Otello a Bologna in Lucia di Lammermoor, Don Giovanni e sotto la bacchetta di Thielemann, nella IX Macbeth, collaborando con direttori quali Sinfonia di Beethoven diretta da Jurowski Bruno Bartoletti e Patrick Fournillier ed ar- (in seguito a Dresda con Plasson), in Don tisti del calibro di Leo Nucci. Giovanni a Marsiglia con Desderi, nell’O- rione al Teatro Goldoni di Venezia.

ENRICO COSSUTTA

La sua carriera si apre sotto il segno di Rossini (Barbiere di Siviglia e Ciro in Babilonia) e prosegue con Lucia di Lam- mermoor e con Il fanatico burlato di Cimarosa. Collabora con (Travia- ta diretta da Muti e successivamente Ido- meneo, Comte Ory e Manon Lescaut, que- st’ultima con la direzione di Maazel). Par- tecipa alle stagioni liriche di moltissimi teatri italiani e stranieri. Nel 1996 a Napo- li, Pesaro e Venezia ha interpretato rispet- tivamente Werther, e Tosca, quindi ha cantato al PalaFenice in Carmen (1997) e nella Gazza ladra (1998).

PAOLO RUMETZ

Inizia a Trieste lo studio del canto ed in se- guito si perfeziona a Monaco. Debutta nel Maestro di cappella e si esibisce al Festival dei Due Mondi di Spoleto in un pastiche di

127 FONDAZIONE TEATRO LA FENICE DI VENEZIA

, sovrintendente Mario Messinis, sovrintendente

Paolo Pinamonti, direttore artistico Isaac Karabtchevsky, direttore principale

CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE

presidente Massimo Cacciari

consiglieri: Giorgio Brunetti, vicepresidente

Ferdinando Camon

Giancarlo Galan

Pietro Marzotto

,,sovrintendente Mario Messinis, sovrintendente

segretario Tito Menegazzo segretario

COLLEGIO REVISORI DEI CONTI

presidente Caterina Criscuolo

Angelo Di Mico

Paolo Marchiori

Paolo Nardulli

128 segretario generale Tito Menegazzo

direttore del personale Paolo Libettoni

direttore di produzione Dino Squizzato

direttore dei servizi scenici e tecnici Lauro Crisman

capo ufficio stampa e relazioni esterne Cristiano Chiarot

Pubblicazione a cura dell’Ufficio Stampa del Teatro La Fenice

fotocomposizione e scansioni immagini Texto - Venezia

stampa Grafiche Zoppelli - Dosson di Casier (TV)

Supplemento a: LA FENICE Notiziario di informazione musicale e avvenimenti culturali della Fondazione Teatro La Fenice di Venezia dir. resp. C. CHIAROT, aut. Trib. di Ve 10.4.1997, iscr. n. 1252, Reg. stampa

finito di stampare nel mese di gennaio 1999

129 AREA ARTISTICA

MAESTRI COLLABORATORI direttore musicale di palcoscenico maestri di sala maestri di palcoscenico Giuseppe Marotta * Stefano Gibellato * Ilaria Maccacaro ◆ Roberta Ferrari ◆ Silvano Zabeo *

maestro suggeritore maestro alle luci responsabile archivio musicale Pierpaolo Gastaldello ◆ Gabriella Zen * Gianluca Borgonovi

ORCHESTRA DEL TEATRO LA FENICE

ISAAC KARABTCHEVSKY direttore principale

Violini primi Paolo Pasoli Clarinetti Gianfranco Busetto Roberto Baraldi • Stefano Pio Alessandro Fantini • Marco Bellini ◆ Mariana Stefan • Katalin Szabo Vincenzo Paci • Matteo Beschi ◆ Nicholas Myall Maurizio Trevisin Renzo Bello Piergiorgio Ricci ◆ Mania Ninova ◆ Roberto Volpato Federico Ranzato Eleonora Zanella ◆ Pierluigi Pulese Elena Battistella ◆ Agide Brunelli ◆ Mauro Chirico Rony Creter ◆ Ferrante Casellato ◆ Tromboni Pierluigi Crisafulli Valentina Giovannolli ◆ Stefano Cardo ◆ Andrea Maccagnan • Loris Cristofoli Francesca Levorato ◆ Federica Ceccherini ◆ Claudio Magnanini Roberto Dall’Igna Angelo De Angelis ◆ Graziano Capuzzi ◆ Marcello Fiori Violoncelli Annamaria Giaquinta ◆ Federico Garato ◆ Elisabetta Merlo Alessandro Zanardi • Claudio Tassinari ◆ Diego Giatti ◆ Sara Michieletto Nicola Boscaro Massimo La Rosa ◆ Annamaria Pellegrino Bruno Frizzarin Fagotti e controfagotti Gianluca Scipioni ◆ Daniela Santi Paolo Mencarelli Dario Marchi • Anna Tositti Mauro Roveri Roberto Giaccaglia • Bombardino Anna Trentin Renato Scapin Roberto Fardin Giovanni Caratti • Maria Grazia Zohar Marco Trentin Massimo Nalesso Elizabeta Rotari ◆ Elisabetta Volpi F. Dimitrova Ivanova ◆ Corni Tube Violini secondi Luca Pincini ◆ Andrea Corsini • Rudy Colusso ◆ Alessandro Molin • Konstantin Becker • ◆ Andrea Zennaro ◆ Gianaldo Tatone • Contrabbassi Enrico Cerpelloni Gisella Curtolo Matteo Liuzzi • Guido Fuga Basso tuba Enrico Enrichi Stefano Pratissoli • Adelia Colombo Alessandro Ballarin ◆ Luciano Crispilli Massimo Frison Loris Antiqua ◆ Alessio Dei Rossi Ennio Dalla Ricca Stefano Fabris ◆ Arpa Maurizio Fagotto Giulio Parenzan Alceo Zampa ◆ Brunilde Bonelli • ◆ Emanuele Fraschini Alessandro Pin Antonella Ferrigato Maddalena Main Denis Pozzan ◆ Flicorni Luca Minardi Marco Petruzzi ◆ Diego Cal ◆ Timpani e percussio- Marco Paladin Claudio Lotti ◆ ni Rossella Savelli Flauti e ottavini Enrico Roccato ◆ Roberto Pasqualato • Aldo Telesca Angelo Moretti • Lino Rossi • ◆ Johanna Verheijen Andrea Romani • ◆ Trombe Attilio De Fanti Muriel Volckaert Luca Clementi Fabiano Cudiz • Gottardo Paganin Roberto Zampieron Franco Massaglia Mirko Bellucco Lavinio Carminati ◆ Pietro Talamini ◆ Paolo Camurri ◆ Alberto Bardelloni ◆ Paolo Fazio ◆ Pianoforte e tastiere Viole Oboe e corno inglese Massimiliano Lombini◆ Carlo Rebeschini Ilario Gastaldello • Rossana Calvi • Simone Lonardi ◆ Stefano Passaggio • ◆ Marco Gironi • Renato Pante ◆ Antonio Bernardi Walter De Franceschi Ottone Cadamuro Renato Nason Trombe egizie • prime parti Anna Mencarelli Fabiano Maniero • ◆ a termine

130 CORO DEL TEATRO LA FENICE

GIOVANNI ANDREOLI direttore del Coro

Alberto Malazzi altro maestro del Coro

Soprani Alti Tenori Bassi Nicoletta Andeliero Valeria Arrivo Sergio Boschini Giampaolo Baldin Cristina Baston Lucia Berton Salvatore Bufaletti Julio Cesar Bertollo Lorena Belli Mafalda Castaldo Pasquale Ciravolo Roberto Bruna Piera Boano Marta Codognola Cosimo D’Adamo Antonio Casagrande Egidia Boniolo Chiara Dal Bo Gino Dal Moro Antonio S. Dovigo Lucia Braga Elisabetta Gianese Luca Favaron Alessandro Giacon Mercedes C. Cerrato Vittoria Gottardi Stefano Filippi Massimiliano Liva Emanuela Conti Lone Loëll Kirsten Marco Rumori Nicola Nalesso Anna Dal Fabbro Manuela Marchetto Salvatore Scribano Emanuele Pedrini Milena Ermacora Misuzu Ozawa Bernardino Zanetti Mauro Rui Susanna Grossi Gabriella Pellos Domenico Altobelli ◆ Claudio Zancopè Michiko Hayashi M. Laura Zecchetti Jacek Andrewsky ◆ Giuseppe Accolla ◆ M. Antonietta Lago Carla Carnaghi ◆ Ferruccio Basei ◆ Domenico Alleva Enrica Locascio Cristina Melis ◆ Roberto M. Bastianelli ◆ Carlo Agostini ◆ Loriana Marin Orietta Posocco ◆ Eduardo Bochiccio ◆ Mario Bartoli Antonella Meridda Antonio Ivano Costa ◆ Paolo Bergo Validia Natali Angelo Ferrari ◆ Salvatore Giacalone ◆ Bruna Paveggio Giuseppe Frittoli ◆ Giovanni La Commare◆ Andrea Lia Rigotti Enrico Masiero ◆ Simonsilvio Malusardi ◆ Rossana Sonzogno Stefano Meggiolaro ◆ Gionata Marton ◆ Tosca Bozzato ◆ Roberto Menegazzo ◆ Mario Piotto Ester Salaro ◆ Ciro Passilongo ◆ Roberto Spanò ◆ Luigi Podda ◆ Franco Zanette ◆ Marco Spanu ◆ Paolo Ventura ◆

◆ a termine

131 AREA TECNICO-AMMINISTRATIVA

direttore di palcoscenico responsabile ufficio regia responsabile tecnico Paolo Cucchi Bepi Morassi Vincenzo Stupazzoni

capo reparto elettricisti capo reparto macchinisti capo reparto attrezzisti Vilmo Furian Valter Marcanzin Roberto Fiori

capo reparto sartoria responsabile della falegnameria responsabile ufficio economato

Maria Tramarollo Adamo Padovan Adriano Franceschini

responsabile ufficio decentramento e promozione responsabile segreteria artistica Domenico Cardone Vera Paulini

Macchinisti Sarte Attrezzisti Impiegati Michele Arzenton Bernadette Baudhuin Sara Bresciani Luciano Aricci Massimiliano Ballarini Emma Bevilacqua Marino Cavaldoro Gianni Bacci Bruno Bellini Annamaria Canuto Diego Del Puppo Simonetta Bonato Vitaliano Bonicelli Rosalba Filieri Salvatore De Vero Marisa Bontempo Roberto Cordella Elsa Frati Oscar Gabbanoto Luisa Bortoluzzi Antonio Covatta Luigina Monaldini Nicola Zennaro Elisabetta Bottoni Giuseppe Daleno Tebe Amici ◆ Vittorio Garbin ◆ Andrea Carollo Dario De Bernardin Gabriela Del Gatto ◆ Romeo Gava ◆ Giovanna Casarin Paolo De Marchi Lucia Cecchelin Luciano Del Zotto Elettricisti Scenografia Giuseppina Cenedese Bruno D’Este Fabio Barettin Giorgio Nordio Antonella D’Este Roberto Gallo Alessandro Ballarin Sandra Tagliapietra Liliana Fagarazzi Sergio Gaspari Umberto Barbaro Marcello Valonta Lucio Gaiani Michele Gasparini Alberto Bellemo Alfredo Iazzoni Giorgio Heinz Michele Benetello Manutenzione Renata Magliocco Roberto Mazzon Marco Covelli Giancarlo Marton Santino Malandra Andrea Muzzati Stefano Faggian Maria Masini Pasquale Paulon Stefano Lanzi Addetti orchestra Luisa Meneghetti Mario Pavan Euro Michelazzi e coro Fernanda Massimo Pratelli Roberto Nardo Salvatore Guarino Elisabetta Navarbi Roberto Rizzo Maurizio Nava Andrea Rampin Giovanni Pilon Stefano Rosan Paolo Padoan Francesca Tondelli Francesca Piviotti Paolo Rosso Costantino Pederoda Cristina Rubini Francesco Scarpa Marino Perini Servizi ausiliari Susanna Sacchetto Massimo Senis Roberto Perrotta Stefano Callegaro Angelo Sbrilli Federico Tenderini Stefano Povolato Walter Comelato Daniela Serao Enzo Vianello Teodoro Valle Gianni Mejato Gianfranco Sozza Mario Visentin Giancarlo Vianello Gilberto Paggiaro Marika Tileti Fabio Volpe Massimo Vianello Wladimiro Piva Irene Zahtila Luca G. Mancini ◆ Roberto Vianello Roberto Urdich Stefano Morosin ◆ Marco Zen Cristiano Faè ◆ Biglietteria Andrea Benetello ◆ Rossana Berti Ivano Traverso ◆ Nadia Buoso Pietro Bellemo ◆ Lorenza Pianon

◆ a termine

132