"Mafie D'italia Nel Nuovo Millennio" (Pdf)
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Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie e Magistratura Democratica in collaborazione con Narcomafie e Questione Giustizia MAFIE D’ITALIA NEL NUOVO MILLENNIO: Analisi e Proposte I VOLUME 3 PREMESSA In occasione dell’edizione 2004 della Carovana nazionale antimafie e del de- cennale di Libera, sono stati organizzati da Libera e Magistratura Democratica, in collaborazione con le riviste Narcomafie e Questione Giustizia, sei incontri per fare il punto della lotta alle organizzazioni mafiose in Italia, all’inizio del nuovo millennio. Nuovi e vecchi traffici, mutamenti nella composizione dei livelli dirigenti, collusioni con la società e l’economia, analisi sulla legislazione antimafia in Italia, sulla sua efficacia di contrasto e sui suoi limiti e lacune: questi sono stati in sintesi gli approfondimenti fatti. In particolare, a Padova il 25 ottobre 2004, l’appuntamento per verificare lo stato delle mafie nel nord del nostro paese ha visto la partecipazione del Procuratore della Repubblica di Trieste Nicola Maria Pace, del Procuratore della Repubblica di Venezia Vittorio Borraccetti, della dott.ssa Anna Canepa della Direzione Distrettuale Antimafia di Genova, del prof. Rocco Sciarrone dell’Università di Torino e dei ricercatori del Gruppo Abele Lorenzo Frigerio e Pierpaolo Romani, in rappresentanza di Libera. È stata analizzata soprattutto la situazione in Piemonte, Liguria, Veneto, Lombardia e Friuli Venezia Giulia, con un focus sulla tratta degli esseri umani e l’immigrazione clandestina. A Roma il 17 novembre 2004 si è analizzata la situazione dell’Italia centrale, con focus sull’Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Sardegna, Basilicata e un approfondimento specifico sulle illegalità nel mondo del lavoro e sulla pre- senza mafiosa nelle aree non tradizionali. Le relazioni sono state affidate a Paolo Nerozzi della CGIL, a Monica Massari, ricercatrice del Gruppo Abele, al dott. Mario Mura della Procura di Cagliari, al dott. Enzo Ciconte storico e consulente della Commissione parlamentare antimafia, al dott. Giovanni Melillo della Direzione Nazionale Antimafia, al dott. Vincenzo Montemurro della Procura di Potenza e al sociologo Maurizio Fiasco. 4 Successivamente si sono avuti quattro incontri nelle regioni a tradizionale presenza mafiosa, per studiare strutture, attività e nuovi scenari della Camorra, della Sacra corona unita, della ‘Ndrangheta e di Cosa nostra, ri- spettivamente in Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. In questi quattro incontri sono intervenuti rappresentanti delle istituzioni, magistrati, forze dell’ordine, avvocati, studiosi e ricercatori, sindacalisti, as- sociazioni. In occasione, infine, dell’organizzazione della giornata della memoria e del- l’impegno in ricordo delle vittime delle mafie del 21 marzo 2005, a Roma, lo scorso 28 febbraio, si è svolto il seminario su “Le mafie nel Lazio”. In questo primo volume sono riportati gli interventi di alcuni dei relatori agli incontri predetti, il resto delle relazioni verrà stampato con il secondo volume. Sono stati inseriti anche quattro articoli pubblicati negli ultimi numeri di Narcomafie, la lezione introduttiva del Dott. Enzo Ciconte al Corso sulla storia della criminalità organizzata della facoltà di Giurisprudenza dell’Università Roma Tre, alcuni stralci della relazione della Direzione Investigativa Antimafia per il secondo semestre 2004, una sintetica biblio- grafia non del tutto esaustiva e un documento che racconta l’evoluzione le- gislativa in materia di beni confiscati. Roma, 27 giugno 2005 5 PER LA MAFIA C’È SVILUPPO E SVILUPPO di Livio Pepino* Due fatti di cronaca recente, tra loro eterogenei, ripropongono il tema del rapporto tra sviluppo e mafie. Il primo è la (opportuna) scelta delle organiz- zazioni sindacali di celebrare la festa del 1° maggio a Scampia, in terra di Camorra. Il secondo è la (incredibile) richiesta, formulata dal Presidente del Consiglio a margine del dibattito parlamentare sulla fiducia al nuovo Governo, di abbandonare atteggiamenti pessimistici e disfattisti, dato che l’Italia, pur nel difficile contesto internazionale, è un Paese baciato dallo svi- luppo, come dimostra il primato in Europa per il possesso pro capite di tele- foni cellulari e automobili... La coincidenza dei fatti sollecita alcune consi- derazioni: non sulla gravità della crisi economica (che solo il Presidente del Consiglio e qualche suo stretto collaboratore ignorano o fingono di ignora- re), ma in ordine alle sue ricadute sulla già compromessa situazione delle mafie e della legalità.Primo. Le mafie – lo abbiamo detto e scritto più volte – non sono figlie del sottosviluppo e la loro rappresentazione come metafo- ra dell’arretratezza culturale, sociale ed economica rappresenta una visione a dir poco parziale della realtà. Le mafie sono state sempre (e sono) strutture di potere capaci di coniugare tradizione e modernità e, soprattutto, di inse- rirsi nelle dinamiche economiche e di piegarle o controllarle a proprio van- taggio. L’idea di una mafia sconfitta dal progresso in quanto tale, indipen- dentemente dalle modalità e dalle caratteristiche che questo assume, è un’in- genua illusione o un’abile bugia: la prospettiva di una mafia spazzata via dal * Magistratura Democratica e Condirettore di Narcomafie. Editoriale tratto da Narcomafie maggio 2005 6 fischio della ferrovia ha da tempo lasciato il posto all’amara realtà di una mafia capace di convivere (e di prosperare) – com’è stato scritto – non solo con il rumore dei treni ad alta velocità, ma anche con il frastuono dei jet e il click dei computer. Sono stati, in anni recenti (e sono tuttora), il sacco delle città, la speculazione edilizia, gli appalti pubblici (ancor più dopo grandi o piccole catastrofi) alcuni tra i principali luoghi di insediamento di una Camorra e di una mafia imprenditrici da sempre. E i boss rozzi e semianal- fabeti sono una parte soltanto della realtà mafiosa che mostra al loro fianco, con un sorprendente interscambio di ruoli, tipi d’autore di tutt’altra caratu- ra culturale e di ben diverso status sociale. Secondo. Le dinamiche economi- che e, in particolare, la povertà e il sottosviluppo sono, dunque, indifferenti per le vicende delle organizzazioni mafiose? Certamente no, anzi. Soprattutto in un sistema caratterizzato da profonde e intollerabili diversità sociali e da insufficiente presenza delle istituzioni, il sottosviluppo e la po- vertà sono, per le mafie, un formidabile terreno di coltura e un inesauribile serbatoio di manovalanza: quando la disoccupazione giovanile supera – co- me accade in alcuni quartieri napoletani – il 50 o il 60 per cento, l’attrazio- ne (non già del guadagno facile, ma) del guadagno tout court diventa irresi- stibile. E c’è di più: quando l’arretratezza economica si accompagna a una si- tuazione di profondo e visibile squilibrio, sono gli stessi valori che vengono intaccati e feriti mortalmente, a cominciare dal senso della legalità. La cultura mafiosa (quella della Camorra come quella di Cosa Nostra) è sempre stata omogenea nel proporre il miraggio di una società giusta e soli- dale, resa possibile dalla propria capacità di realizzare quello che le istituzio- ni non sanno fare. La rete di protezione è, da sempre, uno degli elementi di forza delle organizzazioni mafiose, tradotta in messaggi di grande efficacia mediatica, come quello di un vecchio boss dell’agrigentino: «Sono nato e morirò mafioso, se per mafia si intende, come io intendo, fare bene al pros- simo, dare qualcosa a chi ne ha bisogno, trovare il lavoro a chi è disoccupa- to». Se ciò – anche solo in piccola parte – accade, è facile dimenticare le pre- varicazioni e gli orrori che accompagnano la rete di solidarietà. Terzo. Il sottosviluppo e la povertà sono, dunque, potenti alleati delle mafie; ma lo sviluppo non è, automaticamente, il toccasana. Sta qui il nodo della 7 questione mafia. Quale sviluppo? Uno sviluppo che persegua l’eguaglianza e non alimenti gli squilibri sociali, che rispetti la vita e la dignità delle perso- ne, che guardi ai beni e ai bisogni fondamentali, che salvaguardi l’ambiente e le condizioni di vita di tutti, che non continui a togliere ai poveri per dare ai ricchi... Senza uscita dalla crisi in atto sarà difficile, se non impossibile, una seria e credibile politica antimafia. Ma l’uscita dalla crisi richiede obiet- tivi adeguati. Se anche fossero esatti i dati forniti dal Presidente del Consiglio, si può seriamente pensare che il misuratore di uno sviluppo equo e sostenibile sia il numero dei telefoni cellulari o quello delle grandi opere progettate (dal ponte sullo Stretto alle linee ferroviarie ad alta velocità) con le distruzioni di ambienti e di culture ad esse connesse? Non è necessario es- sere luddisti per dubitarne. 9 STORIA DELLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA di Enzo Ciconte* La storia della criminalità organizzata è storia di vari soggetti criminali che, in diverse epoche storiche e per molteplici ragioni, hanno deciso di fuoriuscire dalla legalità e di commettere dei crimini in forma organizzata ed associata. Tra le ragioni più frequenti della scelta criminale c’era il fatto che solo così si riteneva possibile accumulare ricchezze e modificare il proprio status sociale. Quando parliamo di criminalità organizzata dobbiamo avere la consapevo- lezza che affrontiamo un concetto molto vasto, che comprende varie forme delinquenziali associative. Non dobbiamo quindi pensare che criminalità organizzata significhi esclusi- vamente riferirsi alle organizzazioni criminali che in Italia definiamo comu- nemente con il termine mafia, vale a dire: cosa nostra siciliana,