PROVINCIA DI

CRITEVAT - Centro Reatino di Ricerche in Ingegneria per la Tutela e la Valorizzazione dell’Ambiente e del Territorio (Sapienza – Università di Roma)

Rapporto

SINTESI DEGLI STUDI RELATIVI ALL’ISTITUZIONE DEL PARCO DEL VELINO Proposta di perimetrazione del Parco del Velino

Rieti, Gennaio 2012

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Convenzione tra il Centro Reatino di Ricerche di Ingegneria per la Tutela e la Valorizzazione dell’Ambiente e del Territorio (CRITEVAT) e la Provincia di Rieti per una ricerca sul tema: “Tutela e valorizzazione del fiume Velino. Elementi per una proposta di area protetta.”

Provincia di Rieti dott.ssa Sabrina Ferroni dott.ssa Stefania Franceschini

Gruppo di lavoro CRITEVAT : prof. Carlo Cellamare (Responsabile scientifico), dott. ing. Alessia Ferretti (Coordinamento scientifico), ing. Dario Colozza (elaborazioni GIS). Compone il Rapporto Intermedio SINTESI DEGLI STUDI RELATIVI ALL’ISTITUZIONE DEL PARCO DEL VELINO, Proposta di perimetrazione del Parco del Velino ed, in generale, i documenti consegnati ai sensi dell’Allegato tecnico della Convenzione succitata:

1. Rapporto relativo alla SINTESI DEGLI STUDI RELATIVI ALL’ISTITUZIONE DEL PARCO DEL VELINO, Sintesi della proposta di perimetrazione del Parco del Velino;

2. Allegati: Gis relativo al tema oggetto della convenzione.

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Indice: Introduzione Indicazioni metodologiche dello studio

1. Parco Fluviale del Velino: inquadramento dell’area e delle risorse presenti 1.1 SIC e ZPS 1.2 Riserva Laghi Lungo e Ripasottile 1.3 Le indicazioni dei piani territoriali e dei programmi 1.4 La proposta di parco del 1998

2. Quadro di riferimento normativo 2.1 Quadro di riferimento internazionale 2.2 Quadro normativo comunitario 2.3 Quadro normativo nazionale 2.4 Quadro normativo regionale

3. Principali caratteri naturalistici dell’area interessata dalla proposta di parco 3.1 L’acqua e il reatino 3.2 Flora e Fauna 3.3 Descrizione delle principali aree omogenee e biotopi presenti nel parco 3.4 Rete Natura 2000 3.5 Rete Ecologica

4. Qualità delle acque e funzionalità ecologica del sistema Velino 4.1 LIM 4.2 Indice IBE 4.3 Indice IFF 4.4 Stato ecologico dei laghi 4.5 Risultati dello studio sulla qualità ambientale del fiume Velino

5. Sistemi insediativi e caratteri morfologici dell’area 5.1 Principali tipologie di uso del suolo 5.2 Caratteri morfologici dei principali centri abitati nell’area del parco 5.3 Infrastrutture 5.4 Elettrodotti e gasdotti

6. Vincoli e piani ambientali 6.1 Usi civici 6.2 Il vincolo idrogeologico, il PAI e il PS3 – Piano Stralcio di Piediluco 6.3 il vincolo paesistico e il Piano Territoriale paesistico Regionale (PTPR)

7. Patrimonio naturale e storico-architettonico del paesaggio 7.1 Il sistema delle sorgenti nella valle del Velino 3

7.2 Il sistema delle Gole del Velino 7.3 Il sistema della Piana di San Vittorino da Castel S. Angelo a Caporio 7.4 Tratto -Rieti 7.5 Il sistema della Piana Reatina e dei relitti del “lacus” 7.6 Censimento dei Beni Puntuali

8. Criticità e problematiche 8.1 Criticità ambientali: Problematiche idrauliche 8.2 Le problematiche idrauliche: rischio idraulico e difesa del territorio 8.3 Problematiche idrogeologiche: aree a rischio frana 8.4 Problematiche di inquinamento delle acque: Acquicoltura 8.5 Problematiche di inquinamento delle acque: attività agricole e attività zootecniche 8.6 Problematiche connesse ad altre pressioni antropiche 8.7 Sistema artificiale delle acque

9. Problematiche della gestione 9.1 Quadro degli Enti ed organismi collegati al parco

10. Conclusioni e proposte di perimetrazione 10.1 Stato della frammentazione ambientale lungo il Velino 10.2 Sintesi delle analisi 10.3 Questioni problematiche sulla perimetrazione del parco e proposte di ampliamento

Appendice: Tematismi GIS

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Introduzione

Il presente studio è stato elaborato con la finalità generale di verificare e strutturare le valenze che possono sostenere l’istituzione di un parco naturale nell’ambito fluviale del Velino. In questo senso, gli obiettivi sono di raccogliere e strutturare tutte le informazioni relative all’ambito di interesse, di verificare la valenza della perimetrazione proposta nel 1998 per l’istituzione del Parco del fiume Velino, e di fare il punto sull’evoluzione dei luoghi e sulla qualità dell’ambiente naturale nell’area compresa nella proposta di parco fluviale. In questa prospettiva, saranno sviluppate anche considerazioni sulle criticità e sulle problematiche esistenti (anche ai fini della tutela) ed, in un successivo sviluppo del lavoro, un’adeguata cartografia di supporto alla valutazione che porterà alla costruzione di un GIS specifico. L’ambito fluviale del Velino, anche se non presenta una continuità di valori ambientali unici nel territorio regionale, presenta sicuramente alcuni elementi di rilevanza nazionale ed internazionale e, soprattutto, risponde a funzioni ambientali e paesistiche locali fondamentali. Tali elementi costituiscono un’opportunità per ulteriori obiettivi di tutela e valorizzazione come: la riqualificazione ambientale, la valorizzazione del rapporto con le aree agricole, la gestione della difesa idraulica e del suolo, la fruizione turistica nelle sue varie forme, la promozione di attività sportive all’aria aperta, la riqualificazione delle aree urbane attraversate o lambite dal fiume, ecc. Sono da sottolineare alcuni aspetti teorici e pratici che hanno guidato l’analisi e l’interpretazione dei valori ambientali, storico-culturali, paesistici, turistici e fruitivi presenti, nonché delle principali dinamiche che hanno interessato il territorio reatino dal 1998 ad oggi, facendo emergere nuovi elementi da considerare nella perimetrazione: 1) una nuova concezione di parco fluviale : prendendo spunto dalle più recenti ed interessanti esperienze nazionali ed internazionali di parchi fluviali (il parco fluviale del Valdarno empolese, o al contratto di fiume-paesaggio del medio Panaro ) si possono pensare nuovi modi per la gestione e la tutela delle aree verdi fluviali che propongono modalità di fruizione più integrate con la vita urbana e con il territorio agricolo. Tali esperienze non solo riconfigurano i sistemi di gestione possibili (coinvolgendo diversi attori e competenze in un’ottica di governance delle scelte strategiche e delle azioni per sfruttare, valorizzare e tutelare la risorsa idrica), ma riconfigurano il rapporto fra ambiente costruito e ambiente naturale ampliando lo spazio d’influenza del fiume nelle dinamiche di sviluppo territoriale sotto diversi aspetti: ecologico, economico e socio- culturale. La manifestazione più evidente di questo complesso sistema di relazioni da reinterpretare è la difficoltà riscontrata a rendere efficaci gli interventi settoriali che, di volta in volta, si attivano per ricucire le problematiche connesse al rischio idraulico con quelle degli impatti della pressione antropica, con quelli della salvaguardia floro-faunistica e così via. Il sistema fiume-territorio è, infatti, da considerarsi un paesaggio particolare in cui risorse e vincoli dipendono tanto dalla qualità delle acque, quanto dalla sicurezza delle sponde e dall’accessibilità rispetto ai centri abitati limitrofi: aspetti che ne sanciscono l’inclusione o l’esclusione sia dalla vita quotidiana delle comunità presenti sul territorio, sia dalle mappe dei turisti di passaggio. L’acqua deve essere considerata come la matrice-base del territorio, il fattore identitario locale, capace di connettere le “storie insediative locali” (fatte di zone di tutela, zone agricole, zone selvatiche, zone urbane e così via) con le regole naturali del fiume: le portate stagionali, le esondazioni, le connessioni ecologiche che il suo corso e le sue sponde rappresentano per l’intero territorio 5

attraversato. La prima sfida raccolta dal nuovo modo di vivere e gestire i paesaggi d’acqua deve, dunque, superare la visione del fiume come rischio integrando le politiche di salvaguardia del suolo con le politiche di riqualificazione ambientale e territoriale. In tal senso, un parco fluviale di nuova concezione mira ad assecondare le diverse attitudini, i vincoli e le potenzialità dei territori molteplici che attraversa, diversificando il proprio ruolo – e con esso, le regole di fruizione e di gestione - in base agli usi esistenti: le zone umide di tutela, i paesaggi montani, i paesaggi agricoli, i parchi urbani. Tutte le funzioni che è possibile indicare per rinnovare-riscoprire-valorizzare il fiume mirano a trasformare i conflitti in opportunità: si pensi, ad esempio, all’ipotesi di trasformare il parco fluviale, in alcuni tratti, in parco agricolo proponendo modalità di gestione delle aree agricole volte a ridurre gli impatti delle attività produttive che causano l’erosione delle sponde o che compromettono sia la qualità delle acque fluviali, sia quelle dei canali d’irrigazione (si pensi all’esperienza del parco agricolo nel patto città-campagna della Regione Toscana).

2) la crisi dei sistemi urbani : tale aspetto costituisce da tempo un’opportunità ed un pericolo per il territorio reatino che ha, nel corso degli anni, visto il progressivo spopolamento dei centri storici accompagnato dall’espansione di insediamenti diffusi lungo le principali direttrici di collegamento infrastrutturale del territorio. La maggior parte di questa nuova conurbazione è di ridotta consistenza e densità ma, in alcuni casi (ad esempio nel caso di ormai saldato ad Antrodoco), incide profondamente sull’assetto del territorio riconfigurando il rapporto fra insediamento e paesaggio fluviale. Tale fenomeno ha motivazioni diverse a seconda che si guardi i piccoli centri o i grandi centri urbani. Anche Roma è stata in parte interessata da questo fenomeno e l’effetto principale è leggibile nei flussi, registrati in questi ultimi anni, di abitanti romani (i più giovani, per i quali le condizioni di affitto o l’acquisto di una casa nella capitale sono proibitive) diretti verso i centri dell’hinterland romano e del reatino, soprattutto quelli ben collegati con Roma come Passo Corese e la Sabina . Tali flussi sono motivati da diversi aspetti del vivere in città: un maggiore inquinamento ambientale che determina il peggioramento complessivo della qualità di vita e, di contro, una crescente domanda di qualità dell’abitare e di qualità ambientale. Tale considerazioni sottolineano l’importanza di fare del parco fluviale del Velino l’occasione per una riqualificazione diffusa del territorio reatino soprattutto per quei centri abitati, più a misura d’uomo, dotati di una migliore integrazione di servizi urbani con le risorse ambientali. In questo senso il Parco del Velino concorrerebbe a mantenere il ruolo di spina dorsale del processo storico di ri-territorializzazione che coinvolge la Provincia reatina, nel rispetto delle storie e dei paesaggi locali. 3) La messa a regime degli strumenti di pianificazione del territorio vigent i: la prima proposta del 1998 è stata redatta mentre erano in corso di elaborazione e di revisione, rispettivamente, il PTPG della provincia di Rieti ed il PTPR della Regione . Questi strumenti, di fatto, rafforzano il ruolo strategico del fiume Velino nello sviluppo territoriale (socioeconomico e ambientale) della Provincia di Rieti anche se, ad oggi, il parco del Velino è ancora lontano dalla realizzazione. C’è inoltre da sottolineare che tutto il corso del fiume è, inoltre , comprensorio quasi interamente sottoposto al vincolo idrogeologico, ad eccezione della piana reatina e dell’altopiano di , per l’entrata in vigore del PAI dell’Autorità di Bacino del fiume Tevere. A livello locale sono stati poi messi in gioco molti strumenti di gestione delle aree verdi (il Piano del Verde di Rieti, Piani di Gestione Territoriale, Piani di gestione delle aree SIC e ZPS, piani e programmi di valorizzazione ambientale e turistica, i progetti di navigabilità del fiume Velino, ecc. ) che mirano a valorizzare la 6

risorsa fiume sulla base delle peculiarità del territorio. Tuttavia, nonostante questo ritrovato interesse renda conto di una diffusa volontà di creare le condizioni favorevoli per una convivenza più intima fra fiume e città, si deve riscontrare che gli interventi previsti non rimandano ad una strategia complessiva di politiche per il fiume e non solo in ambito urbano. Tale quadro di riferimento sarebbe invece necessario non solo per potere dare maggiore forza ed incisività agli interventi previsti, ad esempio consentendone il coordinamento e la migliore resa dal punto di vista economico, ma anche per affrontare e risolvere il problema gravoso della gestione e della salvaguardia delle sponde del fiume. Un aspetto importante riguarda, invece, il coordinamento delle politiche locali e sovra locali con le indicazioni in materia di ambiente e paesaggio a livello europeo, indicazioni che si offrono come ulteriore opportunità di sviluppo per il territorio. 4) La presenza di una progettualità diffusa sul territorio : a testimoniare la vivacità e l’interesse dei diversi attori sul territorio, si segnala la molteplice presenza di soggetti istituzionali e non (associazioni e abitanti singoli) che hanno promosso e sollecitato interventi e iniziative per il riutilizzo o la rinaturalizzazione delle sponde del fiume. La frammentarietà degli interventi non consente, tuttavia, di poterne valutare adeguatamente gli effetti. C’è da tempo una crescita della sensibilità degli attori istituzionali e della società civile sul tema della valorizzazione dei sistemi fluviali che ha trovato espressione in numerose iniziative di particolare rilievo, tra cui il contributo partecipato alla redazione del Piano provinciale, il Bilancio Ambientale di Rieti e diverse iniziative promosse a livello locale. In particolare, si è riscontrato un grande interesse, da parte dei diversi soggetti locali coinvolti (Provincia, Comuni, Comunità Montane, Associazioni Ambientaliste, Associazioni sportive, Associazioni Culturali ed altre associazioni locali), a partecipare al processo d’istituzione del parco fluviale del Velino per l’intera fascia fluviale: dalle sorgenti al confine provinciale, comprendendo anche l’area dell’attuale riserva naturale dei laghi Lungo e Ripa Sottile. Anche in questo caso c’è però da sottolineare che, a valle della redazione del Piano Provinciale, non c’è stato un ulteriore coinvolgimento né un coordinamento continuo tra attori locali ed istituzionali, per la riattivazione del processo di istituzione del parco. Queste considerazioni rafforzano la convinzione che ci siano invece tutte le condizioni perché il parco del Velino possa affrontare le nuove sfide a cui è chiamato, a fronte di una buona qualità - paesistica-ambientale e delle acque - diffusa sul territorio con paesaggi integri o in buono stato migliorabili con interventi soft.

Indicazioni metodologiche dello studio Prima fase II percorso metodologico seguito nel corso dell'indagine ha preso l'avvio dalla raccolta delle informazioni sulle aree di interesse naturalistico-ambientale, segnalate da Enti ed altri organismi competenti in materia di ambiente e gestione territoriale. L'elenco delle aree d’interesse è stato compilato attraverso la consultazione di documenti regionali e nazionali (piani programmatici) ed attraverso le segnalazioni di organismi scientifici nazionali ed internazionali (Università, Enti di ricerca ed Associazioni ambientaliste). In particolare i documenti presi in esame sono i seguenti : • le aree naturali protette istituite dalla Regione Lazio e le aree di interesse individuate dalla Regione Lazio nell'ambito dello «Schema di Piano Regionale dei Parchi e delle Riserve, in cui in un prossimo futuro è previsto dovranno essere istituiti i nuovi parchi e riserve; 7

• i siti Natura 2000, previsti dalla Direttiva CEE 92/43 (SIC e ZPS); cioè quegli habitat di interesse comunitario che saranno il riferimento per la conservazione in Europa per i prossimi anni; in queste aree gli Stati membri, secondo la direttiva, sono obbligati ad adottare speciali misure di salvaguardia ed appropriati piani di gestione; • i siti di interesse regionale e nazionale proposti nell'ambito del Progetto Bioitaly realizzato dal Ministero dell'Ambiente (SIN e SIR); • i possibili nuovi siti ( Important Bird Areas , IBA) predisposti dall'associazione internazionale Bird Life International per il Lazio, che includono le aree chiave per la conservazione degli Uccelli in Europa. Il lavoro è coordinato a livello nazionale dalla Lega Italiana Protezione Uccelli (LIPU) ed a livello internazionale da Bird Life International, una prestigiosa associazione ambientalista non governativa. • i siti riconosciuti e inseriti nell'elenco d'importanza internazionale stilato ai sensi della Convenzione di Ramsar . Si tratta di aree acquitrinose, paludi, torbiere oppure zone naturali o artificiali d'acqua, permanenti o transitorie comprese zone di acqua marina la cui profondità, quando c'è bassa marea, non superi i sei metri. Viene così garantita la conservazione dei più importanti ecosistemi "umidi" nazionali, le cui funzioni ecologiche sono fondamentali, sia come regolatori del regime delle acque, sia come habitat di una particolare flora e fauna. • Direttiva Uccelli (79/409/CEE)sulla conservazione delle specie di uccelli viventi allo stato selvatico nel territorio dell’Unione Europea (art. 1.1) e si applica agli “uccelli, alle uova, ai nidi e agli habitat” (art. 1.2). La Direttiva Uccelli si pone dunque come obiettivo primario la tutela di determinate specie ornitiche, utilizzando come strumento prioritario, l’individuazione e la protezione di aree denominate ZPS, in cui tali specie hanno il proprio ambiente vitale.

A questa prima fase di raccolta bibliografica ne è seguita una successiva, svolta sul campo, con l'ausilio della cartografia IGM 1:25.000, di quella tecnica regionale in scala 1:10.000 e di alcune cartografie tematiche in scale diverse (Carte geologiche, idrogeologiche, geomorfologiche, botaniche e faunistiche) finalizzata: - alla valutazione dello stato delle sponde fluviali in alcuni tratti (valutazione IFF); - alla valutazione della continuità dei corridoi ecologici presenti e loro funzionalità ecologica; - alla valutazione delle criticità legate all’uso del suolo e alla salvaguardia del suolo; - all’inventario delle principali risorse ambientali (vegetazionali floro-faunistiche) presenti. Seguendo questi criteri è stato elaborato un elenco di ambiti omogenei o biotopi in cui ricadevano gran parte delle aree di interesse segnalate e/o individuate. Su questa base, ed attraverso le necessarie integrazioni, è stata redatta la cartografia 1:10.000 di perimetrazione del Parco Fluviale. In particolare nei confini dell'area protetta sono stati riportati le seguenti aree o biotopi: a) l'alveo del Fiume Velino e le sue aree golenali con una fascia esterna di almeno 150 metri per lato (tranne nei casi in cui è risultato più semplice individuare dei confini più ristretti ma più facilmente rintracciabili sul territorio per via della presenza di strade, ponti o corsi d'acqua); b) le aree di interesse segnalate dagli enti sopra citati adiacenti o contermini al fiume; c) le aree di pertinenza fluviale come pianure alluvionali ed aree di esondazione; d) le principali confluenze con almeno un tratto di 100 metri dell'affluente a monte della stessa; e) le sorgenti di rilevanza, laterali al fiume; 8

f) le zone umide palustri e lacustri, anche a carattere temporaneo; g) le principali emergenze geomorfologiche a ridosso del fiume (scarpate rocciose, doline); h) altre aree d’interesse individuate nel corso dell'indagine (Colle S.Mauro, Montecchio etc.).

Seconda fase Successivamente sono state analizzate e valutate le principali dinamiche territoriali, sociali e culturali che hanno interessato il territorio provinciale reatino al fine di evidenziare eventuali fattori determinanti che, dal 1998 ad oggi, potrebbero aver impattato negativamente sul rapporto sistema fluviale - sistema insediativo. Per le specifiche caratteristiche morfologico-ambientali il corso del Velino è stato dunque articolato in tre grandi ambiti di analisi e d’interpretazione: - Sistema Alto Corso : dell’Alto Velino, che si estende dalla sorgente fino alle gole del Velino. - Sistema Medio corso : Antrodoco - Rieti. - Sistema Piana Reatina : fino ai laghi Lungo e Ripasottile. Terza fase Sulla base di questa articolazione territoriale sono stati approfonditi diversi aspetti utili a valutare e, eventualmente, rivalutare la perimetrazione proposta del parco fluviale del Velino: 1) Principali caratteri naturalistici dell’area interessata dalla proposta di parco 2) Qualità delle acque e funzionalità ecologica del sistema Velino 3) Sistemi insediativi e caratteri morfologici dell’area 4) Vincoli 5) Patrimonio naturale e storico-architettonico del paesaggio 6) Criticità e problematiche 7) Problematiche della gestione

In ultimo, sulla base degli approfondimenti condotti, sono state valutate alcune questioni problematiche e le opportunità connesse ad una ridefinizione del perimetro del Parco fluviale ed è stata elaborata una prima proposte di perimetrazione del Parco del Velino.

La cartografia a disposizione, così come i dati a cui fa riferimento questa relazione, è disponibile sul GIS fornito in allegato. I tematismi disponibili sono riportati nell’Appendice del seguente rapporto.

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1. Parco Fluviale del Velino: inquadramento dell’area e delle risorse presenti

1.1 SIC e ZPS

Nel territorio della Provincia di Rieti sono presenti numerose zone caratterizzate da elevato valore ambientale e che sono, per questo motivo, destinate alla conservazione della biodiversità. In esse viene riconosciuta l’interdipendenza di elementi biotici, abiotici e antropici per il mantenimento dell’equilibrio naturale in tutte le sue componenti sia localmente, sia su scala territoriale formando corridoi ecologici importanti per le specie floro-faunistiche presenti. Il territorio è quindi in gran parte caratterizzato da aree di tutela ambientale anche lungo la fascia fluviale del Velino che rappresenta uno dei corridoi ecologici più significativi, attraversando tutta la provincia. La grande presenza di aree protette nella provincia di Rieti garantisce, però, solo in parte la tutela del territorio, in particolare del verde e del ricco patrimonio idrico presente. Tali aree rientrano nella rete europea “Natura 2000” e sono individuate dagli Stati membri dell’Unione Europea in base alla presenza degli habitat, delle specie vegetali e animali di interesse comunitario.

Lungo il corso del fiume Velino è da segnalare la presenza di un Sito di Importanza Nazionale nel tratto da al lago di Piediluco ( Asta fluviale del F. Velino dalla Piana di S.Vittorino al Lago di Piediluco SIN IT6020031) mentre nel territorio provinciale, seguendo il corso del fiume dalle sorgenti fino alla piana reatina, si segnalano numerosi biotopi d’interesse naturalistico. In particolare si riportano le seguenti aree che rientrano tra quelle di interesse comunitario in base alla Direttiva CEE 92/43: • SIC Gole del Velino , un complesso rupicolo di notevole estensione e continuità che delimita la valle del Velino tra Antrodoco e Sigillo. Numerose sono le specie d’interesse tra cui rondini montane e falconi rupicoli. • SIC Piana dì S. Vittorino e Sorgente del Peschiera : è un comprensorio costellato di sorgenti e canali, nonché dai corsi omonimi del Velino e del Peschiera. Sul versante sinistro della pianura sono localizzate le sorgenti del Peschiera con una portata di oltre 18 mc al secondo. Si tratta di una piana alluvionale con sorgenti carsiche di notevole valore per la presenza di habitat di ambiente acquatico e di specie di notevole valore floristico. L’area ricade nelle Comunità Montane V “Montepiano Reatino” e VI “Velino”. • SIC Complesso del Monte Nuria: ricade nei Comuni di Borgo Velino e Antrodoco. Si tratta di un comprensorio montano con tipiche formazioni steppiche e lacustri e numerosi endemismi vegetali. Il sito rientra nelle Comunità Montane V “Montepiano Reatino” e VI “Velino”. • ZPS Monti Reatini e il SIC Gruppo Monte Terminillo : aree vincolate “ex lege” ai sensi della L.1497/39 e del D.M.21/09/84 che ricadono in parte nel di Posta. Si tratta di due sistemi montuosi di fondamentale importanza per la Rete ecologica su scala territoriale. • SIC Monte Tancia e Monte Pizzuto : dove è rilevante la presenza di foreste mesofile e di specie faunistiche di rilievo. Il sito rientra nelle Comunità Montane IV “Sabina” e V “Montepiano Reatino”. • SIC Lago di Ventina : si tratta di un bacino lacustre relittuale con presenza di vasti canneti e di 10

avifauna acquatica svernante e nidificante di interesse naturalistico. Il Sito ricade nella Comunità Montana V “Montepiano Reatino”. • SIC Pareti rocciose del Salto e del Turano : Lungo l’asta fluviale del Salto, nel tratto tra Rieti e Cittaducale, è caratterizzato da un habitat poco diffuso in ambito laziale nonché dalla presenza di otto stazioni di specie vulnerabile. Il Sito ricade parzialmente nella Comunità Montana V “Montepiano Reatino”. • SIC e Zona di Protezione Speciale Laghi Lungo e Ripasottile : si tratta di un sito di notevole interesse per la presenza di habitat acquatici molto ben conservati e per le numerose specie vulnerabili o minacciate. Il Sito ricade parzialmente nella Comunità Montana V “Montepiano Reatino”. Altri habitat di pregio ricadenti in quest’ area sono: SIC “Formazioni a Busus Sempervirens del Reatino ”(IT6020027), di rilevante importanza per il mantenimento di un habitat unico nel territorio laziale; il SIC “Lecceta del Convento francescano di ” (IT6020024) caratterizzato dalla presenza di lecci con esemplari ad alto fusto e ricadente all’ interno della Comunità Montana V “Montepiano Reatino”.

Nelle tabelle che seguono sono riportate le diverse aree o biotopi d’interesse e l'Ente o l'Associazione che li ha segnalati.

Siti di importanza comunitaria (rete ecologica europea Natura 2000) presentì lungo il corso del Velino. Approvati e riportati con deliberazione della Giunta Regionale 19 marzo 1996, n.2146 (Boll. Uff. Regione Lazio del 29.06.1996, n 18). Denominazione e relativo codice Superficie Interesse prevalente (ha) Gole del Velino IT6002013 / Inte resse floristico, vegetazionale e faunistico Laghi Lungo e Ripasottile IT6002011 1000 Interesse floristico, vegetazionale e faunistico

Lago di Ventina IT6002010 30 Interesse floristico vegetazionale ed avifaunistico

Piana di S.Vittorino e Sorgent i del 480 Interesse flogistico vegetazionale ed Peschiera IT6002012 avifaunistico

Siti dì interesse naturalistico proposti nell'ambito del progetto Bìoìtaly, suddivisi in siti di interesse nazionale (N) e regionale (R). Denominazione Interesse preva lente Asta fluviale del F. Velino dalla Piana di S.Vittorino al Lago di Interesse faunistico Piediluco

Aree di interesse individuate lungo il corso del Fiume Velino nell'ambito dello « Schema di Piano Regionale dei Parchi e delle Riserve - Individuazione e salvaguardia delle aree protette» (Deliberazione della Giunta Regionale 29 settembre 1992, n. 8098).

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Aree secondo il loro livello di interesse Aree protette d'interesse regionale Monti Reatini e Cicolano (Terminillo Montagne della Duch essa) Aree protette d'interesse provinciale Fiume Velino Monte Boragine, Monte Cerasa

Possibili nuovi siti denominati «Important Bird Areas» (IBA) per il comprensorio in esame, a cura della LIPU (Lega Italiana per la Protezione degli Uccelli) Cicolano, Gole di Antrodoco, Monte Giano, Monte Cabbia, Valmalito, Piano di Rascino

Monti Reatini

Figura. 1 Carta dei SIC della Provincia di Rieti

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Figura. 2 Carta dei ZPS della Provincia di Rieti

Figura. 3 Carta delle aree protette della Provincia di Rieti

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1.2 Riserva Laghi Lungo e Ripasottile

La Riserva Naturale dei laghi Lungo e Ripasottile, sotto il profilo geografico, s’inquadra nel più generale contesto della Piana Reatina. La Piana Reatina si presenta come un’ampia valle, situata nel cuore degli Appennini centrali (tra i monti Reatini ed i monti Sabini) che si estende su una superficie di circa 90 km 2 degradando dolcemente da Sud verso Nord con quote comprese tra 372 e 380 m s.l.m. I monti Reatini, che delimitano la piana ad Est, presentano numerose vette intorno ai 2.000 metri (il Monte Rosato, la Cima d’Arme ) e culminano nel Monte Terminillo che raggiunge la quota di 2.216 metri; i Monti Sabini, che invece si trovano ad Ovest, raggiungono con il Monte Tancia la quota massima di 1.282 metri. A Nord e a Sud la Piana Reatina è chiusa da rilievi più modesti e dalla morfologia dolce che si elevano per alcune centinaia di metri mentre, al centro, emergono basse colline isolate come quella di S. Pastore, Terria, Colle Aluffi e Monticchio. Il Fiume Velino ha avuto un ruolo fondamentale per la formazione geo-morfologica della pianura, ed oggi scorre nella piana reatina con direzione Sud – Nord, formando numerosi meandri. Il fiume confluisce a valle del Fiume Nera con un salto di 180 metri, da cui hanno origine le Cascate delle Marmore.

La zona è caratterizzata da un sistema di laghi, tra cui spiccano i laghi Lungo e Ripasottile, che costituiscono la Riserva Naturale omonima. Il primo, detto anche Lago di , presenta una superficie di 44 ettari, un perimetro di 3.000 metri ed una profondità media di circa 6 metri ; il secondo è caratterizzato da una superficie di 80 ettari, un perimetro di 6.520 metri ed una profondità media di 6 metri.

Oltre a questi due laghi Figura. 4 I laghi Lungo e Ripasottile in una ripresa aerea zenitale sono presenti alcuni piccoli specchi d’acqua, localmente chiamati “ lame ”, particolarmente ricchi di vegetazione. I più importanti sono la Lama dei Santi, la lama della Casa Rossa, la lama dei Fausti e la lama Martorella.

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La Riserva, si estende su una superficie complessiva di 3.278 ettari e comprende, oltre alla zona umida, anche parte della fascia collinare che chiude a settentrione la Piana Reatina. Essa ha come confine naturale ad Ovest il corso del Fiume Velino, mentre negli altri lati è delimitata dalle infrastrutture viarie: la S.S. 79 a Nord, parte della strada provinciale per Cantalice ad Est, la via comunale delle Cese a Sud. I terreni posti all’interno dei confini dell’area tutelata sono per il 70% coltivati e per la restante parte acquitrinosi o coperti da formazioni forestali. Dal punto di vista amministrativo la maggior parte della Riserva è compresa nell’ambito del Comune di Rieti (65,8%), la parte residua è divisa tra i comuni di Cantalice ( 1,9% ), (8,8%), (16,7%), (3,4%) e (3,0%). Dal Regolamento di Attuazione (art.8) della Legge Regionale n.94 del 17 Giugno 1985, grazie alla quale è stata istituita la Riserva dei Laghi Lungo e Ripasottile, si evince che il territorio della Riserva è suddiviso in due zone indicate con le lettere A e B. In sintesi la “zona A” è geograficamente corrispondente all’intera area situata in prossimità dei laghi e risulta essere sottoposta ad un regime di tutela integrale. La “zona B” comprende, invece, la parte restante del territorio della Riserva ed è soggetta ad un grado di tutela meno rigorosa. il Regolamento di Attuazione, oltre quanto previsto dall’articolo 9 della Legge Regionale n. 46 del 28 Novembre 1977, deve indicare: a) le aree da sottoporre a tutela integrale da reperire con priorità nella zona indicata con la lettera A; b) le aree destinate alla fruizione pubblica, per fini didattici ed educativi, e i percorsi attrezzati con l’obbligo di non uscire dai suddetti percorsi (se non con l’accompagnatore). Tali percorsi devono essere segnalati, descritti e rappresentativi dei diversi ambienti tipici della Riserva denominati “sentieri natura”; c) le aree da destinare a fruizione pubblica per fini turistici, sportivi e le relative attrezzature, i punti di sosta, i parcheggi, i percorsi sportivi e pedonali da reperire nella zona indicata con la lettera B; d) le aree in cui incrementare e razionalizzare le attività agricole, nel rispetto delle esigenze di salvaguardia delle caratteristiche naturali della Riserva, con particolare riferimento alla incentivazione di tecniche e mezzi di conduzione per escludere l’impiego di fitofarmaci, antiparassitari, fertilizzanti chimici, da reperire nella zona indicata con la lettera B; e) la regolamentazione della pesca al fine della razionale utilizzazione delle riserve idrobiologiche.

La Riserva dei laghi Lungo e Ripasottile è stata anche dichiarata “Sito d’Importanza Comunitaria (S.I.C.) e Zona di Protezione Speciale (Z.P.S.), cioè un sito di notevole interesse per la presenza di habitat acquatici molto ben conservati e per le numerose specie vulnerabili o minacciate; l’ambiente lacustre è caratterizzato da una ricca avifauna stazionaria e migratoria.

Idrologia della riserva Il discorso sull’idrogeologia della pianura reatina, ed in particolar modo del quadrante Nord- orientale dove è ubicata la Riserva, è assai complesso. Alle situazioni originarie si sono sovrapposte le opere di bonifica, che a partire dal terzo secolo A.C. hanno ripetutamente e profondamente modificato il naturale assetto idraulico della zona. Certamente, per quanto

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riguarda il profilo idrografico ed idrogeologico, la zona si caratterizza per l’abbondanza di acque sia superficiali sia di falda. I contributi idrici più consistenti provengono dalla fascia pedemontana nel settore Nord-Est della Pianura, dove si trovano risorgive di notevole portata comprendenti le sorgenti di S. Susanna, S. Liberato, Vicenna Riara e numerose altre minori. In queste aree i grandi conoidi di Poggio Bustone e S. Liberato, intercalati alla copertura fluvio-lacustre, alimentano per mezzo delle acque di infiltrazione la falda freatica superficiale affiorante nei Laghi Lungo e Ripasottile. All’alimentazione di tale falda contribuisce, in misura decisiva, anche il fiume Velino che scorre dalla parte opposta della Pianura. In particolare, la sorgente di S. Susanna affiora a quota 390 metri s.l.m., circa 2 km a valle del centro abitato di Rivodutri, con una portata di oltre 5000 l/sec. Per la portata e per le caratteristiche del paesaggio, questa sorgente è stata dichiarata Monumento Naturale ai sensi della L.R. 46/77,. La sorgente di S. Liberato affiora, con una portata di circa 100 l/sec., dal calcare a quota 575 metri s.l.m., nei pressi di Cantalice sul versante occidentale delle pendici del monte Terminillo. Successivamente, le acque s’infiltrano nell’antistante conoide per riemergere più a valle, a quota 375 metri s.l.m., nella risorgiva della Vicenna Riara che defluisce nel vicino lago Lungo. Le opere di bonifica, soprattutto quelle realizzate a partire dal 1930, hanno nel tempo profondamente modificato le naturali condizioni di deflusso; le acque della sorgente di S. Susanna, sottratte alla zona umida, vengono immesse direttamente nel Velino tramite un canale scavato a mezza costa a Nord della Piana. Una fitta rete di canali e di scoline drena nel lago Lungo le acque stagnanti superficiali che, attraverso il canale della Vargara, passano nel lago di Ripasottile dove una centrale di pompaggio le immette poi nel Velino che scorre pensile rispetto ai due lati. Attraverso opere idrauliche di regimazione, il livello dei laghi e della falda viene mantenuto a quota 369 metri s.l.m. (due metri al di sotto del livello naturale) causando il prosciugamento dei terreni acquitrinosi che, prima della bonifica, circondavano gli specchi d’acqua. A seguito degli interventi descritti è venuto a scomparire quasi del tutto il lago di Fogliano, posto all’estremità meridionale del lago Lungo, che attualmente si presenta come una depressione coperta da fitta vegetazione di Cannuccia Palustre.

Vegetazione della riserva I dati riportati nel seguente paragrafo si basano su studi condotti dal Prof. Antonio Giusti (2001) relativi alla flora spontanea della Riserva dei laghi Reatini e, nello specifico, della vegetazione dei campi, dei complessi boscati e degli ambienti lontani dai corpi idrici. La vegetazione che caratterizza la massima parte dei territori compresi nella Riserva racchiude specie di dimensioni tra le più grandi della flora italica. Alcune piante sono state introdotte nel corso del tempo per usi legati alla produzione agricola; altre, invece, sono il residuo e la testimonianza dei grandi boschi di pianura che circondavano l’antico Lacus Velinus, che hanno colonizzato le terre lasciate libere dal lago prosciugato. Le specie vegetali presenti nel territorio della Riserva possono essere raggruppate in base agli ambienti in cui vivono. Si ha, così, il seguente raggruppamento: a) vegetazione acquatica b) vegetazione delle rive e zone perennemente umide o semiumide ad esse l limitrofe; c) vegetazione dei campi 16

d) vegetazione dei complessi boscati. Nell’ambito di ognuno di questi gruppi, le piante della stessa specie (quando particolarmente diffuse) vanno a costituire associazioni vegetali che prendono il nome della specie costituente tale popolamento. La distribuzione della vegetazione nei laghi della Riserva è qui di seguito riportata. Nel Lago di Ripasottile : a) piante acquatiche (idrofite sommerse); b) ninfeo; c) tifeto; d) scirpeto; e) cannetto; f) campi coltivati; g) vegetazione della zona umida; h) bosco planiziario (residuo); i) bosco di collina.

Nel Lago Lungo e di Fogliano: a) piante acquatiche sommerse; b) piante acquatiche emerse; c) ninfeo; d) scirpeto; e) tifeto; f) cannetto; g) bosco collinare.

Nel lago di Votone, canali vari ed altre lame: a) piante acquatiche emerse; b) cannetto; c) tifeto; d) cariceto; e) campi coltivati ed incolti.

Più in generale, sulle sponde dei laghi e degli stagni s’incontra la tipica distribuzione vegetativa delle zone umide. Procedendo dalla terra ferma verso l’acqua, s’incontra per primo il bosco palustre (igrofilo) costituito essenzialmente da salici, pioppi ed ontani. Possono incontrarsi anche i prati umidi (un altro ambiente tipico delle zone umide) che, insieme al bosco igrofilo, costituiscono paesaggi residuali confinati in spazi molto ristretti. La canna palustre circonda l’intera fascia costiera dei laghi e costituisce una sorta di collegamento tra l’ambiente acquatico e quello terrestre; qui nidificano e trovano riparo molte specie animali. Procedendo ancora verso l’acqua, troviamo il tifeto e lo scirpeto. Andando verso acque più profonde, subentrano le piante a foglia galleggiante (idrofite natanti) come la ninfea bianca e gialla. Oltre a queste, sono presenti altre piante come la lenticchia d’acqua e il potamogeno. Chiudono la serie le specie vegetali completamente sommerse (idrofite sommerse), rappresentate nei laghi quasi esclusivamente da ceratofillo comune, che forma vaste praterie 17

subacquee. Tutte queste fasce vegetazionali, ubicate in vario modo nella Riserva, formano il paesaggio vegetazionale immediatamente vicino al laghi mentre, nella maggior parte del territorio della Riserva, si presenta un paesaggio agricolo costituito da varie colture.

Fauna della riserva La fauna presente nell’area di studio è tipica dell’habitat di una zona umida; infatti troviamo uccelli migratori e stazionari acquatici e non, mammiferi ed insetti di varie specie, ittiofauna tipica delle acque dolci, rettili ed anfibi. La fauna della Riserva può essere divisa in quattro grandi gruppi: a) l’ittiofauna; b) anfibi e rettili; c) gli uccelli; d) i mammiferi.

Per quanto riguarda l’ ittiofauna , le specie presenti sono legati ai molti tipi di ambienti acquatici presenti nella Riserva: le sorgenti, i fiumi, i fossi ed i canali, i laghi e le lame. Per comprendere meglio questi differenti corpi idrici è bene illustrare i fattori che maggiormente ne influenzano le caratteristiche ambientali e la comunità ittiche presenti. I principali fattori caratterizzanti sono la temperatura e l’ossigeno disciolto nell’acqua. Possiamo così individuare specie ittiche che vivono bene in acque fredde ed ossigenate, ed altre che preferiscono le acque più calde, con una quantità minore di ossigeno disciolto. Sulla base di queste considerazioni possiamo individuare: a) un ambiente acquatico, caratterizzato dalle acque fredde e ben ossigenate delle sorgenti di S. Susanna ed i corsi d’acqua che si originano da queste sorgive. In questi è possibile osservare la presenza di due specie di pesci: la Trota di torrente, o Trota Fario, e la Trota Iridea. La prima specie è quella più importante e caratteristica in quanto autoctona dell’area; la seconda specie proviene, invece, dal Nord America ed è stata introdotta dai pescatori nel tempo. All’interno dell’ambiente delle acque fredde è poi presente una terza specie, lo Spinarello. Questo piccolo pesce, delle dimensioni di meno di dieci centimetri e unico pesce delle acque fredde a costruire un nido per la riproduzione, non è esclusivo di quest’ambiente, tuttavia è facilmente osservabile nelle acque limpide. b) Un secondo ambiente acquatico caratteristico della Riserva è quello delle acque calde e poco ossigenate. Tale ambiente coincide con gli specchi d’acqua lacustri, con i canali ed i fossi. Le acque sono poco mobili e questo permette al sole di scaldarle. L’ittiofauna di questo ambiente è caratterizzata dalla presenza della Tinca, del Persico Reale, del Persico Sole, del Luccio, della Rovella, della Carpa, della Scardola, del Cavedano, dell’Arborella, dell’Anguilla e della Gambusia. Alcune di queste specie non sono originarie delle acque della Riserva e sono state introdotte nel tempo; è il caso del Persico Sole (originario del Nord America), della Gambusia (originaria degli Stati Uniti orientali), della Carpa (introdotta in epoca romana), dell’Arborella e del Persico Reale (queste due specie occupavano originariamente soltanto le acque interne dell’Italia settentrionale). Tutte queste specie, caratteristiche di ambienti maggiormente caldi e poco ossigenati, le ritroviamo nelle acque dei due laghi della Riserva insieme alla Trota Fario ed Iridea.

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Gli anfibi ed i rettili rappresentano un importantissimo anello del complesso ecosistema delle zone umide. La conservazione degli anfibi e dei rettili, soprattutto in Italia, è sempre stata oggetto di scarsa attenzione. A differenza di altre classi animali “privilegiate”, è soltanto da pochi anni che nel nostro paese vengano portati avanti seri progetti per la salvaguardia dell’erpetofauna. Gli anfibi e i rettili popolano tutti gli habitat presenti nella Riserva: fossi, canali, terreni incolti e prati umidi. Molto diffusi sono le rane verdi e l’Ululone a ventre giallo mentre, tra gli anfibi urodeli (forniti di coda), si trovano il Tritone Punteggiato e il Tritone Crestato. Tra i rettili la specie più comune e tipica degli ambienti sono presenti l’Orbettino, il Ramarro, la Lucertola Campestre e la Lucertola Muraiola.

L’ avifauna della Riserva è uno dei motivi principali dei vincoli di tutela esistente nell’area dei laghi Lungo e Ripasottile. In questo ambiente, dove terra, acqua e piante sembrano confondersi, vivono numerosissime specie di uccelli. Nella Riserva è stato catalogato circa un terzo delle specie di volati, sia stanziali che migratori, del Nord Europa. Tra questi, ve ne sono alcuni che nidificano nella Riserva e sono presenti per tutto l’arco dell’anno - come la comune Gallinella d’acqua e la Folaga – mentre tra le cannucce costruiscono il loro nido due bellissimi uccelli tuffatori: il Tuffetto e lo Svasso Maggiore. La maggior parte degli uccelli sostano nella zona della Riserva nel periodo delle migrazioni. Il gruppo più numeroso e più conosciuto è quello delle anatre migratrici provenienti dal Nord. All’inizio dell’inverno i laghi si animano con centinaia di anatre: Germani Reali, Alzavole, Mestoloni, Fischioni, che rappresentano le anatre di superficie e le troviamo vicino al canneto o sui campi coltivati mentre, in mezzo ai laghi, troviamo le anatre tuffatrici (Moretta e Moriglione). L’ultima anatra che giunge nella Riserva è la Marzaiola presente nel mese di Marzo. Durante le migrazioni troviamo varie specie di Aironi, tra le più comuni sono il Tarabusino, che nidifica in mezzo al canneto; l’Airone Cenerino che si riposa sugli enormi salici del lago di Ripasottile insieme al Cormorano. Altri ardeidi sono la Garzetta e l’Airone Rosso che sostano durante la migrazione primaverile e la Nitticora che è presente nel corso delle migrazioni. Un altro gruppo di uccelli migratori è quello dei Limicoli, uccelli che frequentano in maggior parte l’ambiente dei prati allagati; tra questi troviamo il Piro-piro Boschereccio, il Beccaccino, il Combattente e i più rari Cavaliere d’Italia e la Pettegola. Tra le presenze straordinarie ed eccezionali ci sono quelle della Cicogna e dei Fenicotteri. Tra i passeriformi, le specie tipiche delle zone umide sono il Cannareccione, la Cannaiola, ambedue nidificano tra le cannucce, l’Usignolo di Fiume, il Forapaglie, il Basettino, il Migliarino di Palude, il Pendolino; quest’ultimo prende il nome da suo modo caratteristico di costruire il nido, appeso ai rami dei Salici. Presenze comunissime sono quella della Cornacchia Grigia, della Taccola, della Gazza, del Fagiano e, in inverno, dello Storno. Tra i rapaci, invece, il Falco di Palude ed il Nibbio Bruno. Di notte, invece, si possono sentire i richiami dell’Allocco e della Civetta e del Barbagianni.

Anche i mammiferi popolano le zone umide, anche se in minore numero di specie rispetto all’avifauna e gli insetti. Alcuni di essi sono strettamente legati agli ambienti acquatici e sono degli abili nuotatori. Purtroppo l’osservazione dei mammiferi è particolarmente problematica; alla

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naturale circospezione degli animali vanno aggiunte la caccia e il progressivo degrado dei loro habitat che hanno notevolmente ridotto le popolazioni. I mammiferi più facilmente osservabili nell’ambiente dei laghi reatini sono il Cinghiale, la Lepre e l’Arvicola Terrestre. È molto più difficile da osservare il Toporagno d’Acqua e l’istrice, presente in tutta la Pianura Reatina. Altri mammiferi presenti nel territorio della Riserva sono: la Puzzola, la Faina, il Moscardino e la Volpe. Ognuna di queste specie ha un ruolo ben preciso nella catena alimentare; la Donnola, ad esempio, svolge una efficace azione di controllo sulle popolazioni di Arvicole e di topi che rappresentano la componente principale della sua alimentazione. Un altro mammifero, che solo da pochi anni ha colonizzato le zone della Riserva, è la Nutria. Questo roditore è stato importato dal Sud America e, dopo aver colonizzato alcune zone umide limitrofe del Lazio, si è diffuso nei laghi della Riserva con una popolazione ridotta. La Lontra è un mustelide, ormai rarissimo in tutta Italia, che si è estinto nella zona dei laghi Lungo e Ripasottile una quindicina di anni fa; la caccia, l’eccessivo disturbo e la distruzione degli ambienti dove vive, sono le cause principali della sua scomparsa. Tuttavia, la Lontra è il mammifero più caratteristico degli ambienti umidi e nella Riserva dei laghi esistono ancora oggi le condizioni e l’ambiente ideale per una reintroduzione della specie.

1.3 Le indicazioni dei piani territoriali e dei programmi

Molteplici sono le indicazioni dei piani vigenti sulla tutela del fiume e delle sue sponde. Tale circostanza rafforza la scelta di trasformare il territorio che comprende il corso del Velino in parco fluviale. C’è, infatti, da sottolineare che l’entrata in vigore del nuovo Piano Provinciale (PTPG) e del nuovo Piano Paesistico (PTPR), di cui si parlerà più avanti, è stata determinante per riattivare il processo di istituzione del parco ponendo le migliori condizioni, dal punto di vista procedurale e di contenuto strategico delle indicazioni fornite. PTPG il Piano provinciale ha dato grande rilevanza al ruolo del Velino sia come elemento di ricomposizione ambientale e culturale dei molteplici quadri del paesaggio reatino, sia come motore di sviluppo territoriale locale dal punto di vista socio-economico. Questa duplice funzione è alla base del Progetto di Territorio Velino con cui il PTPG traccia le linee strategiche di valorizzazione dell’intero territorio provinciale e, in particolare, dell’area denominata Montepiano Reatino-Velino . In accordo con l’articolazione dei Progetti di Territorio in sistemi ed insiemi di beni ambientali e culturali, il Progetto di territorio Velino interessa principalmente cinque diversi sistemi ambientali e, solo marginalmente, un sesto sistema (F – sistema collinare interno): - il sistema della Piana Reatina, Bassa Valle del Velino, pendici della Valle Santa; - il sistema dei rilievi montuosi calcarei appenninici che comprende il Monte Giano (correlato con il sub-sistema dei Monti Giano e Calvo); - Il sistema delle Gole del Velino e di Antrodoco ; - Il sistema delle piane interne ; - Il sistema dei Rilievi Minori interni e di confine . Nel Piano Provinciale viene riconosciuta al fiume la funzione, simbolica e morfologica, di elemento strutturante il territorio: come matrice identitaria delle diverse realtà sociali e culturali, 20

che sul fiume si affacciano, e come segno sul territorio che ha inciso profondamente nella storia geomorfologica del reatino. E’ da sottolineare che il Progetto di Territorio Velino si sovrappone parzialmente al Progetto di Territorio “Piana reatina e Valle Santa” . Da questo punto di vista, può essere articolato in due tratti: il primo interessa i Comuni di , Posta, , , Antrodoco, Borgo Velino, Castel S. Angelo e Cittaducale; il secondo, interessato anche dal Progetto di Territorio “Piana Reatina” , attraversa la piana alluvionale reatina ed i Comuni di Rieti, Contigliano, Greccio, Colli sul Velino.

Dal punto di vista delle strategie complessive del piano, si può sinteticamente dire che la tutela e la valorizzazione del sistema delle acque proposto, imperniato sull’indicazione del parco fluviale del Velino, si fonda sulla considerazione di diversi aspetti: -il valore del Velino come connessione ecologica fra le diverse strutture ambientali del territorio: il sistema dei corridoi vallivi, il sistema montuoso, l’ampia conca dell’agro reatino e il sistema sabino nella valle del Tevere; - il valore del Velino come connessione funzionale (economica, sociale e culturale) fra le diverse strutture insediative presenti; - la necessità di interventi continui di difesa del suolo, come misura di salvaguardia dai consistenti fenomeni di erosione (presenti soprattutto nella Piana di S. Vittorino) e di esondazione del fiume; - la necessità di meccanismi di gestione delle acque per usi idropotabili, compatibili con il mantenimento della funzionalità ecologica del fiume: il deflusso minimo vitale , utile a garantire la sopravvivenza e la conservazione dell’ecosistema fluviale assicurando le condizioni necessarie per un normale svolgimento dei processi biologici vitali degli organismi acquatici; - la necessità di interventi di recupero e di bonifica dei suoli e delle acque dei fiumi e dei laghi, nei quali è forte l’impatto antropico dovuto agli usi agricoli dei terreni circostanti, delle attività zootecniche presenti e delle attività legate all’acquicoltura e all’ittiocoltura; - la necessità di rendere compatibile la tutela della aree protette con uno sviluppo economico locale legato al turismo e alla produzione agricola “di qualità” (prodotti DOP, biologici, ecc.); - la necessità di un riordino dell’insediamento diffuso presente sul territorio e del sistema infrastrutturale, che costituiscono un fattore di pressione antropica sul fiume.

Sulla base di queste analisi generali il Piano provinciale mira a costituire, attraverso alcune linee generali di azioni strategiche: a) la costruzione e il consolidamento di una rete ecologica provinciale che ha i suoi punti di forza proprio nella rete fluviale attraverso l’istituzione del Parco del Velino . Inoltre, viene auspicata la costituzione del parco non imposta d’autorità ma esito di un confronto, di un dibattito e di un’interazione progettuale con i diversi attori sul territorio: Provincia, Comuni, Comunità Montane, Associazioni Ambientaliste, Associazioni sportive, Associazioni Culturali ed altre associazioni locali. La proposta di perimetrazione riguarda l’intera fascia fluviale, dalle sorgenti al confine provinciale, comprendendo anche l’area dell’attuale riserva naturale dei laghi Lungo e Ripa Sottile. b) la promozione e realizzazione di interventi per aumentare la biodiversità degli agro- ecosistemi e dei paesaggi naturali, attraverso sistemi di gestione più sostenibile delle attività agricole e con interventi di rinaturalizzazione delle sponde del fiume e dei laghi;

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c) la promozione di processi di conoscenza e confronto sui temi dell’acqua e della sua gestione sostenibile; d) la promozione di sistemi di sviluppo economico (industriali, agricoli, turistici) compatibili con il mantenimento della funzionalità ecologica del fiume e degli altri corridoi ecologici presenti sul territorio; e) valorizzazione delle produzioni tipiche e “di qualità”, legate alle attività agricole e alla produzione della castagna, alla produzione del legno, ecc. f) recupero e valorizzazione a fini ludico-ricreativi (legati alla fruizione locale o turistica) del patrimonio edilizio in dismissione, soprattutto quello legato all’uso a fini turistici delle terme presenti nel tratto Antrodoco-Cittaducale, e alle altre emergenze di valore storico-architettonico presenti: centri storici, la Via del Sale, il sistema dei conventi sulla Via Francigena.

Altri piani e programmi di valorizzazione ambientale e turistica Il rinnovato interesse per il fiume Velino e per le sue potenzialità a fini turistici, è testimoniato dal grande numero di interventi messi in campo nella provincia di Rieti per valorizzarne il corso e le sponde. Tra i più rilevanti si riporta: a) Il Masterplan elaborato nell'ambito del Programma Integrato del Montepiano Reatino . Il Masterplan è stato approvato dalla Regione Lazio e finanziato per € 2,5 milioni di euro. Una parte dell’intera somma (1,5 milioni di euro) è stata già appaltata per dare il via alla realizzazione di un sistema di piste ciclabili e al recupero di Villa Battistini. b) Il progetto europeo EDEN 4 , eccellenza turistica riconosciuta al territorio sul tema delle acque per lo sviluppo del turismo termale. c) L’Accordo di Programma Rieti - Terni che prevede la richiesta di un finanziamento per valorizzare le eccellenze turistiche, anche sul territorio di Contigliano e Rieti, e l’organizzazione di un concorso di Progettazione per elaborare l'ipotesi preliminare di Piano D'Area sull'area Rieti - Terni . d) Il Piano D'Area Montepiano Reatino in cui la Provincia ha visto riconosciuta l'area integrata del Montepiano Reatino ed ha approvato, nel 2010 il Piano D'Area omonimo i cui contenuti dovrebbero essere allineati con quelli del PATTO di GESTIONE.

Nel tratto urbano della città di Rieti sono, inoltre, previsti: e) Interventi urgenti di Difesa e Riqualificazione delle sponde del fiume Velino nel Centro abitato di Rieti, promossi dalla Provincia di Rieti. L’intervento costituisce il primo stralcio relativo ai Progetti per la Rete Ecologica Regionale finanziato dalla Regione Lazio. Esso prevede la realizzazione di opere finalizzate alla ricostituzione della rete ecologica regionale. L’intervento prevede la realizzazione di un sentiero naturalistico nel tratto urbano del Velino da ponte Romano a Ponte Cavallotti, con interventi puntuali di ripristino ambientale (inserimento di alberature da frutto) e d’ingegneria naturalistica per garantire l’accessibilità e la fruibilità di alcuni luoghi di pregio delle sponde fluviali. f) Progetto “Rietinbici”, promosso dal Comune di Rieti, prevede il completamento della rete ciclopedonale sul fiume Velino di connessione con l’ambito urbano e con le principali centralità e servizi. Il circuito ciclopedonale sarà realizzato per essere ben integrato con il contesto naturale del lungofiume.

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g) Il Progetto del “Parco botanico forestale pubblico di Colle San Mauro” , promosso dal Comune di Rieti, per il recupero e la valorizzazione del Colle S. Mauro a fini ludico-ricreativi. L’intervento prevede la valorizzazione dei tracciati sentieristici esistenti, interventi di conservazione o rinaturalizzazione della vegetazione arborea di pregio presente, la predisposizione di aree attrezzate per il tempo libero, la connessione con il centro-città e con le sponde del fiume. h) il Progetto “Navigabilità del fiume Velino” , promosso dal Comune di Rieti, riguarda la navigabilità del fiume Velino a fini turistici nel tratto che va da Rieti-città fino al lago Piediluco (tratto, di competenza comunale, compreso fra le attuali opere idrauliche a valle del ponte Giovanni XXIII e il canale d’imbocco al fiume Velino, all’altezza delle opere di presa gestite dall’Ente Riserva naturale dei laghi Lungo e Ripasottile). I lavori riguarderanno la pulizia sommaria dell’alveo nei tratti non navigabili, l’acquisto di una o più imbarcazioni di ridotta stazza alimentate a motore elettrico, la posa in opera di elementi in legno prefabbricati utilizzati come punto di copertura in attesa dell’imbarcazione e/o punti di riparo da eventuali intemperie. Come struttura di rimessa barche si utilizzerà la piccola centrale idroelettrica presente a bordo alveo all’altezza della ex SNIA Viscosa. i) Il Progetto “Proposta di ambiti da sottoporre a programmazione integrata” , promosso dal Comune di Rieti, prevede alcune aree da rendere disponibili: 1. la Zona Borgo e Lungo Velino (all’altezza della fornace): con opere di riqualificazione ambientale e di riconnessione fiume-città; 2. La Zona Matteucci: da P.te Giovanni XXIII alla Questura con una zona di orti abbandonati da riqualificare; 3. Il Tratto zona Annonaria: con opere di messa in sicurezza e opere di valorizzazione. 4. La Zona termale Fonte Cottorella.

E’ in corso di elaborazione di un quadro più completo delle progettualità esistenti che verrà integrata al seguente rapporto e al Gis allegato, non appena disponibile.

1.4 La proposta di parco del 1998

Il fiume Velino è stato a lungo al centro del dibattito sull’ambiente da parte dell’Amministrazione Provinciale di Rieti. Già nella Delibera Programmatica del 1997 che ha avviato il processo di pianificazione provinciale, sono state espresse le linee di indirizzo in merito alla costituzione di una rete ecologica provinciale che avesse i suoi punti di forza nella rete fluviale. Inoltre, si affermava che la costituzione di un parco non potesse essere imposta d’autorità, ma dovesse essere l’esito di un confronto, di un dibattito e di un’interazione progettuale fra tutti i soggetti interessati sul territorio. Per dare corpo a questa intenzione nel 1998 la perimetrazione del parco fluviale è stata oggetto di uno studio commissionato ad un gruppo di esperti così articolato: - Relazione riguardante gli aspetti ambientali, paesaggistici e inerenti alla pianificazione urbanistica e territoriale; - Relazione riguardante gli aspetti naturalistici; - Relazione riguardante le problematiche idrauliche.

Lo studio ha prodotto una documentazione illustrativa, una relazione sintetica, una bozza di articolato normativo, una proposta di perimetrazione del parco individuata su cartografia in scala 1:10.000. Gli obiettivi specifici individuati per il parco sono: 23

a) la restituzione al fiume della fascia fluviale, con misure di salvaguardia massima della sua libertà di divagazione; la riduzione al minimo delle interferenze degli insediamenti con la dinamica evolutiva del fiume e degli ecosistemi fluviali; b) il mantenimento della qualità delle acque attraverso azioni di prevenzione degli inquinamenti, il riequilibrio del regime idrologico, il recupero ed il mantenimento delle condizioni di naturalità negli scambi idrici fiume-falda, la riduzione degli sprechi delle risorse idriche; c) la salvaguardia delle aree sensibili e la tutela integrale dei sistemi di specifico interesse naturalistico, il mantenimento della continuità ecologica della fascia fluviale; d) il recupero e la valorizzazione della riconoscibilità delle strutture storiche presenti sul territorio; e) la salvaguardia delle risorse agricole e lo sviluppo sostenibile delle loro potenzialità; f) il miglioramento della fruibilità sociale della fascia fluviale, dell’accessibilità e percorribilità delle sponde e del fiume ove possibile; g) la tutela, il recupero e la valorizzazione della struttura percettiva del paesaggio fluviale e le relazioni con le costanti paesaggistiche presenti nel territorio circostante.

L’analisi e la proposta di perimetrazione è articolata in sei ambiti territoriali: il sistema delle sorgenti nell’Alta Valle del Velino, il sistema delle Gole del Velino, i primi tratti Urbani tra Antrodoco e Borgo Velino, il sistema della Piana di S. Vittorino da Castel s. Angelo a Caporio, il nodo urbano di Rieti, il sistema della piana reatina e dei relitti del lacus .

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2. Quadro di riferimento normativo

2.1 Quadro normativo internazionale Convenzione di Bonn La Convenzione di Bonn, sottoscritta nel 1982, si pone come obiettivo lo sviluppo della cooperazione internazionale allo scopo di conservare le specie migratrici della fauna selvatica. La fauna selvatica deve essere oggetto di un’attenzione particolare per la sua importanza ambientale, ecologica, genetica, scientifica, ricreativa, culturale, educativa, sociale ed economica.

Convenzione di Rio de Janeiro La Convenzione sulla diversità biologica è stata firmata dalla Comunità Europea e da tutti gli Stati Membri nel corso della Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente e lo sviluppo, tenutasi a Rio de Janeiro dal 3 al 14 giugno 1992. La Convenzione si pone come obiettivo quello di anticipare, prevenire e attaccare alla fonte le cause della significativa riduzione o perdita della diversità biologica in considerazione del suo valore intrinseco e dei suoi valori ecologici, genetici, sociali, economici, scientifici, educativi, culturali, ricreativi ed estetici. Promuove, inoltre, la cooperazione internazionale tra gli Stati e le organizzazioni intergovernative e non governative.

2.2 Quadro normativo comunitario

Direttiva Habitat (92/43/CEE) Con l’adozione delle Direttive Habitat e Uccelli gli Stati Membri della UE hanno consentito l’istituzione di Natura 2000, ossia una rete ecologica di aree destinate alla conservazione della biodiversità sul territorio dell’Unione Europea attraverso la conservazione degli habitat, naturali e seminaturali, della flora e della fauna selvatiche. In particolare, la Direttiva Habitat (92/43/CEE) prevede che gli habitat e le specie di interesse comunitario presenti nei SIC siano mantenuti o riportati al loro “stato ottimale di conservazione” attraverso la definizione di strategie di tutela basate su criteri di gestione opportuni. Non è quindi richiesta necessariamente la tutela del SIC con l’istituzione di parchi o riserve, purché la biodiversità d’interesse comunitario non sia messa a rischio dalle attività umane o da una loro conduzione ecologicamente non sostenibile. L’iter istitutivo di Rete Natura 2000 prevede che i SIC, una volta valutata la loro proposta da parte dello Stato membro, perdano questa denominazione per acquisirne un’altra: Zone Speciali di Conservazione (ZPS). L’articolo 6 della Direttiva Habitat recita: “ per le Zone Speciali di Conservazione, gli Stati membri stabiliscono le misure di conservazione necessarie che implicano all’occorrenza appropriati piani di gestione specifici o integrati ad altri piani di sviluppo e le opportune misure regolamentari, amministrative o contrattuali che siano conformi alle esigenze

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ecologiche dei tipi di habitat naturali di cui all’allegato I e delle specie di cui all’allegato TI presenti nei siti ”.

Direttiva Uccelli (79/409/CEE) La Direttiva Uccelli (79/409/CEE) concerne la conservazione delle specie di uccelli viventi allo stato selvatico nel territorio dell’Unione Europea (art. 1.1) e si applica agli “ uccelli, alle uova, ai nidi e agli habitat ” (art. 1.2). La Direttiva Uccelli si pone come obiettivo primario la tutela di determinate specie ornitiche, utilizzando come strumento prioritario l’individuazione e la protezione di aree denominate ZPS, in cui tali specie hanno il proprio ambiente vitale.

Convenzione di Ramsar La Convenzione di Ramsar è una convenzione internazionale per la tutela delle zone umide di importanza internazionale, in quanto habitat degli uccelli acquatici. La convenzione è stata promossa dall'Ufficio Internazionale per le Ricerche sulle Zone Umide e sugli Uccelli Acquatici (IWRB - International Wetlands and Waterfowl Research Bureau ), con la collaborazione dell'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN - International Union for the Nature Conservation ) e del Consiglio Internazionale per la protezione degli uccelli (ICBP - International Council for bird Preservation ). I sottoscriventi la convenzione sono chiamati a: definire una lista dei siti da tutelare; promuovere un uso prudente delle zone in questione secondo azioni mirate alla salvaguardia degli ambienti; istituire riserve naturali in zone umide (che siano o no incluse nella lista di Ramsar); promuovere attività di formazione specifica in campi di ricerca; gestione e sorveglianza inerenti alle zone umide; promuovere azioni di cooperazione su zone umide transfrontaliere, sistemi acquiferi condivisi o specie comuni.

2.3 Quadro normativo nazionale

Decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997 n.357 Il recepimento della Direttiva Habitat in Italia è avvenuto con il DPR n.357/97: “Regolamento recante attuazione della Direttiva 92/43/CEE” che “disciplina le procedure per l’adozione delle misure previste dalla Direttiva ai fini della salvaguardia della biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali elencati nell’allegato A e delle specie della flora e della fauna indicate negli allegati B, D ed E.” Gli allegati A e B del Regolamento sono stati modificati e gli elenchi inclusi aggiornati dal Decreto Ministeriale del 20 gennaio 1999 “Modificazioni degli allegati A e B del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n.357, in attuazione della Direttiva 97/62/CE del Consiglio, recante adeguamento al progresso tecnico e scientifico della Direttiva 92/43/CEE”.

Decreto Ministeriale 3 settembre 2002 n. 224 Il D.M. n. 224/02 “Linee guida per la gestione dei siti Natura 2000” è finalizzato all’attuazione della strategia comunitaria e nazionale rivolta alla salvaguardia della natura e della biodiversità, oggetto delle Direttive comunitarie Habitat (92/43/CEE) e Uccelli (79/409/CEE).

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Le linee guida costituiscono un supporto tecnico-normativo all’elaborazione e promozione di misure per la conservazione funzionale e strutturale (compresa l’elaborazione di piani di gestione) per i siti della rete Natura 2000. Il decreto, in particolare, delinea l’iter logico-decisionale per la scelta del piano di gestione per un sito Natura 2000 e ne definisce la struttura, ai sensi dell’art. 6 della Direttiva Habitat.

2.4 Quadro normativo regionale

Legge Regione Lazio 2 maggio 1995 n. 17 La L.R. n. 17/95 “Norme per la tutela della fauna selvatica e la gestione programmata dell’esercizio venatorio” disciplina la tutela della fauna selvatica e l’attività venatoria secondo metodi di programmazione razionale dell’uso del territorio e dell’uso delle risorse naturali, al fine di ricostituire equilibri più stabili degli ecosistemi presenti. A tal fine la Regione provvede a: - promuovere la tutela degli habitat naturali in cui vivono le popolazioni di fauna selvatica; - coordinare la programmazione dell’uso del territorio; - disciplinare l’attività venatoria. Inoltre, in attuazione delle Direttive comunitarie Habitat (92/43/CEE) e Uccelli (79/409/CEE), la Regione deve provvedere ad istituire delle zone di protezione finalizzate al mantenimento e alla sistemazione degli ambienti esistenti, conformemente alle esigenze ecologiche degli habitat interni a tali zone e ad esse limitrofi.

Deliberazione della Giunta Regionale del Lazio del 19 marzo 1996, n. 2146 La Regione Lazio ha partecipato, come tutte le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano, alla realizzazione del Progetto Bioitaly individuando sul proprio territorio i siti con habitat e specie di importanza comunitaria. Quindi ha approvato l’elenco dei 199 siti, fra SIC e ZPS, con Deliberazione della Giunta Regionale n. 2146 “Approvazione della lista dei siti con valori di importanza comunitaria del Lazio ai fini dell’inserimento nella Rete Ecologica Europea Natura 2000”, coerentemente con le disposizioni della Direttiva 92/43/CEE.

Legge Regione Lazio 6 ottobre 1997 n.29 La L.R. n. 29/97 “Norme in materia di aree naturali protette regionali e successive modificazioni e integrazioni”, con cui la regione Lazio recepisce la Legge Quadro per le aree protette (L.394/91), promuove “la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale, costituito da formazioni fisiche, biologiche, geologiche e geomorfologiche che, assieme agli elementi antropici ad esse connessi, compongono nella loro dinamica interazione, un bene primario costituzionalmente garantito”.

Deliberazione della Giunta Regionale del Lazio del 2 agosto 2002, n. 1103 La DGR n. 1103/02 “Approvazione delle linee guida per la redazione dei piani di gestione e la regolamentazione sostenibile dei SIC e ZPS, ai sensi delle Direttive nn. 92/43/CEE (habitat) e 79/409/CEE (uccelli)” concernenti la conservazione degli habitat naturali e seminaturali della flora e della fauna selvatiche di importanza comunitaria presenti negli Stati membri, anche per 27

l’attuazione della Sottomisura 1.1.2 “Tutela e gestione degli ecosistemi naturali” (Docup Obiettivo 2 Lazio 2000-2006). Quest’ultima costituisce l’atto amministrativo più avanzato sulla conservazione delle specie e degli habitat e sulla conseguente gestione dei siti Natura 2000 della Regione Lazio. La deliberazione, che recepisce le “Linee guida per la gestione dei siti Natura 2000” contenute nel D.M. n.224/02, si pone l’obiettivo di approvare le linee guida per la redazione dei piani di gestione e per la “regolamentazione sostenibile” dei siti Natura 2000, in applicazione della Direttiva Habitat e per “fornire criteri metodologici per l’attuazione dei programmi di sistema” previsti nei SIC e ZPS inseriti nel Documento Unico di Programmazione 2000-2006. Le Linee guida hanno “valenza di supporto tecnico-normativo alla elaborazione di appropriate misure di conservazione funzionale e strutturale” per i siti Natura 2000: tali misure sono rappresentate da idonee forme di gestione rappresentate dai piani, dai regolamenti per la tutela dei valori di importanza comunitaria e da “interventi per la salvaguardia e il recupero di situazioni particolarmente vulnerabili e minacciate”.

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3. Principali caratteri naturalistici dell’area interessata dalla proposta di parco

3.1 L’acqua e il reatino

L'acqua è certamente per il territorio reatino un fattore identitario e riveste un'importanza fondamentale nell'organizzazione del territorio, configurandosi come elemento di connessione economica, ecologica e culturale. In generale, il sistema delle acque può pensarsi come rete di connessione, insostituibile, fra territori naturali e culturali frammentati. Sebbene, quindi, non ci sia formalmente un parco a delimitarne i confini, di fatto il sistema ecologico connesso al fiume, rappresenta la matrice territoriale che lega - funzionalmente e percettivamente - i diversi paesaggi del reatino. Il fiume è l'elemento portante della “infrastruttura ecologica”, su cui riorganizzare gli usi e le trasformazioni degli insediamenti contrastando la dispersione e la frammentazione degli habitat. Il sistema delle acque ha inoltre alimentato, anche in senso metaforico, la complessa realtà reatina stabilendo importanti connessioni fra le diverse strutture ambientali e culturali, costituendo un importante canale d’informazione e di scambio tra diversi ambiti economici e culturali. E’ dunque difficile semplificare il sistema di relazioni esistenti fra il fiume, l’ambiente naturale e l’ambiente costruito. In modo schematico si possono individuare lungo il corso del fiume tre ambienti principali: un Corso Alto che comprende le sorgenti fino alla confluenza con il fiume Peschiera; un Corso Medio del fiume, a valle di questa confluenza, compreso tra Cittaducale e Piano di Canale; il sistema della Piana Reatina che dalla frazione Chiesa Nuova di Rieti si estende fino alla Riserva dei laghi Lungo e Ripasottile. Questi tratti sono riconoscibili in base alle differenti caratteristiche del fiume e della geomorfologia del territorio che esso attraversa: il tratto alto è caratterizzato da acque turbolente che corrono nelle Gole del Velino e nella valle di Bacugno con una portata di 1 m3/s; il corso medio che, con una velocità della corrente più moderata e portate comprese tra 30 e 50 m3/s, attraversa il tratto da Antrodoco a Rieti; il tratto prevalentemente pianeggiante che da Rieti porta alle sorgenti di S. Susanna dove al fiume si aggiungono altri 5.500 l/sec.

Idrologia del sistema delle acque Il bacino del fiume Velino, affluente del Nera e sub-affluente del Tevere, copre un’area di circa 2324 kmq, cioè quasi il 15% di tutto il bacino idrografico del Tevere. I due terzi di quest’area sono costituiti dai bacini terziari dei due grandi affluenti di sinistra del Velino, cioè il Salto ed il Turano (899 e 700 kmq rispettivamente). Il Salto nasce nella Conca di Avezzano dalla confluenza del fiume Imele ed il fosso La Raffia, attraversa le province dell'Aquila e di Rieti e confluisce nel Velino poco prima di Rieti presso la frazione Casette. I suoi affluenti principali sono in riva destra: il torrente Apa ed il torrente Rio Torto. Il Turano è, invece, un fiume del Lazio e costituisce uno degli affluenti di sinistra del Velino. Nasce sul Monte Bove nel comune di Tagliacozzo e bagna le province dell'Aquila, Roma (di cui segna il confine per un breve tratto con l'Aquila) e Rieti. I suoi affluenti principali sono, sulla riva sinistra, il fosso Fiojo ed il rio Petescia, e sulla riva destra, il fosso Rapino ed il rio Ricetto. Questi due bacini presentano la maggior parte della loro superficie drenante sottesa dai due grandi invasi che portano il loro nome, le cui dighe controllano oltre il 63% di tutto il bacino imbrifero del Velino. Il fiume Velino nasce sulle falde del monte Pozzoni 29

(m.1.903) presso Cittareale, percorre una stretta valle lambendo le pendici del monte Terminillo (Gole del Velino). Bagna Antrodoco, presso cui riceve il tributo delle sorgenti del Peschiera (le seconde in Italia e le maggiori dell'Appennino) che apportano una portata media di oltre 20 m³/sec (con minime di 15 m³/sec) e che sono parzialmente deviate nell'acquedotto del Peschiera per raggiungere Roma. Dopo la confluenza con i fiumi Salto e Turano, il Velino entra nella piana di Rieti ove si arricchisce con numerosi altri affluenti, in parte provenienti dalle pendici del Terminillo e in parte dagli emissari del lago di Piediluco, del lago Lungo e del lago di Ripasottile. Presso Papigno (Terni), il fiume precipita nel Nera formando la cascata delle Marmore, alta 165 m su tre salti successivi. In epoca Romana il fiume rappresentava la principale causa delle aree paludose nella Piana di Rieti. Nel 271 a.C. il console Manlio Curio Dentato cominciò la bonifica realizzando un taglio sulla costa rocciosa dove oggi si trova il primo e maggiore salto. Tale opera, detta Cavo Curiano, fu poi successivamente ingrandita in epoca medievale a seguito delle proteste degli abitanti di Terni, periodicamente inondati dalla consistente massa d'acqua proveniente dal Velino. Dopo alterne vicende, per gli interessi contrapposti dei ternani e dei reatini e dopo alterne vicende che videro l'intervento d'illustri e famosi architetti (Antonio da Sangallo il Giovane, Carlo Maderno, Giovanni Fontana, ecc.), nel XVIII secolo l'architetto Andrea Vici realizzò la sistemazione definitiva della costa rocciosa delle Marmore. Successivamente, vennero realizzate rilevanti opere d'ingegneria idraulica per lo sfruttamento idroelettrico e industriale del Velino e del Nera (complesso idroelettrico di maggiore potenza dell'Appennino) al punto che, oggi, la Cascata è visibile solo in giorni prestabiliti poiché la sua massa d'acqua viene abitualmente deviata in condotte forzate.

Assetto geologico del bacino idrografico Alto Corso Nel tratto che va da Antrodoco fino alle terme di Cotilia il fiume segue la porzione forse più interessante della principale struttura geologica dell' Appennino centrale: la linea di faglia " Ancona - Anzio". Si tratta di una profonda frattura dalla quale si sono originati gli ambienti e le rocce che oggi caratterizzano i paesaggi del sistema fluviale del Velino. Questa discontinuità, ha accompagnato i complessi che a partire dalla remota era Triassica fino alla relativamente recente epoca Miocenica, hanno dato vita alle strutture geologiche dell’Italia centrale e, quindi, al sollevamento della catena Appenninica. Scendendo da Antrodoco, si trova sulla sinistra il monte Nuria e rilievi che si protendono verso Avezzano. Un tempo, in questa area vi era un ambiente marino con acque basse e clima subtropicale, con vaste aree di barriera corallina (per la piattaforma Carbonatica). Oggi le formazioni rocciose calcaree, frantumate dalle vicende geologiche trascorse, lasciano infiltrare gran parte dell' acqua delle precipitazioni atmosferiche impedendo lo sviluppo della vegetazione. Infatti nel gruppo montuoso del Nuria e dell' altipiano di Rascino, la vegetazione giunge raramente ad alte quote. Nel sottosuolo, per effetto del carsismo, le rocce si sciolgono dando vita ad inghiottitoi, grotte e lunghi reticoli carsici, impedendo la formazione di acquiferi sotterranei in quota. Al contrario, nel fondovalle si trova una grande concentrazione di sorgenti (prima fra tutte quelle del Peschiera). Sulla destra orografica della valle si trovano i monti Reatini che, pur essendo un massiccio sostanzialmente calcareo, presenta una diversa stratificazione geologica dovuta alla

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deposizione - in fondali marini più o meno profondi (bacino Pelasgico) - di sabbie, marne, selce e argille. Le rocce, qui meno uniformi, sono costituite da fanghi marini ricchissimi di gusci di organismi planctonici unicellulari mentre, altrove, vi sono livelli silicei, marne, o arenarie per uno spessore complessivo di oltre 4.000 m. Questa grande diversità del substrato geologico comporta un grado di permeabilità minore del terreno, permettendo la formazione acquiferi nel sottosuolo. Tal circostanza permette anche la presenza di una maggiore varietà del paesaggio vegetale comprese le faggete del Terminillo che giungono sino alla quota di 1700-1800 metri.

Medio Corso Dopo le gole del Velino, i versanti della valle si ampliano fino a dare spazio ad una piana alluvionale denominata di San Vittorino. In quest’area si concentra una grande quantità di acque, le più note sono quelle del Peschiera, insieme ad altre sorgenti dalle qualità minerali differenti: quelle solfuree di Cotilia utilizzate come acque termali, quelle ferruginose e le acque calcaree del Peschiera. A queste singolari caratteristiche si aggiungono fenomeni di sprofondamento e collassi del terreno - sia con substrato carsico, sia con substrato alluvionale - che si manifestano provocando spostamenti di sorgenti, subsidenze ed emanazioni gassose. Dai cedimenti del substrato superficiale è si originano piccole lame riempite dalle numerose falde che affiorano dal terreno. Questi fenomeni geodinamici hanno spesso origine dalle fratture indotte dalla faglia appenninica Ancona - Anzio e trovano nella geologia della piana di San Vittorino condizioni favorevoli. Al quadro geologico generale si aggiunge la presenza nell'area della Piana di S. Vittorino della faglia di Micciani. Questa frattura del sottosuolo costituisce una delle concause dello sprofondamento della valle e l’origine di molte delle trasformazioni geomorfologiche degli ultimi secoli. Tali fenomeni, ancora oggetto di studio, hanno modificato nel tempo l’idrografia della Piana di S. Vittorino che oggi si presenta costituita dai due corsi d' acqua principali il Velino e il Peschiera, dalle numerose sorgenti, dai laghi carsici come Paterno e da una costellazione di altre lame.

Sistema della Piana Reatina Dopo la città di Rieti, la valle del Velino si allarga nella pianura reatina delimitata a sud-ovest dai monti Sabini e a nord-est dai monti Reatini. La formazione geologica della pianura trae origine da una fase di distensione seguente all’orogenesi appenninica; successivamente le piene del fiume hanno sparso milioni di metri cubi di sabbie, limi e argille erose dai rilievi del bacino idrografico formando la vasta pianura. Su questi sedimenti l’azione prolungata degli agenti fisici, chimici e biologici ha prodotto i suoli fertili usati per l’attività agricola. Di queste trasformazioni rimane il sistema dei laghi Reatini e la fitta rete idrografica a testimoniare gli eventi geologici, climatici e le azioni dell’intervento dell’uomo nel tempo. Alla foce del fiume si trova la Cascata delle Marmore dovuta all’opera incrostante delle acque carbonati che del fiume e alle trasformazioni che, nel corso di migliaia di anni, hanno contribuito a creare il dislivello tra la valle del Velino e quella del fiume Nera.

Aree d’interesse naturalistico L’ambito naturale che caratterizza il corso del fiume è variegato e ricco di eterogeneità per la

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presenza di sorgenti importanti, zone umide, aree interessate dalla presenza di formazioni vegetali ripariali ed igrofile, aree interessate dalla presenza di siti riproduttivi di pesci ed uccelli, aree di sosta e di alimentazione per l’avifauna, aree ad elevata ricchezza specifica ed elementi naturali di elevato valore naturalistico. Lungo il corso del fiume Velino, oltre al corso d'acqua omonimo, sono state segnalate numerose aree di interesse naturalistico. In particolare le seguenti rientrano tra quelle d’interesse comunitario in base alla Direttiva CEE 92/43 :

• Sorgente del fiume Peschiera e Piana dì S. Vittorino : comprensorio costellato di una miriade di risorgive e canali, e dai corsi del Velino e del Peschiera. Sul versante sinistro della pianura sono localizzate le sorgenti del Peschiera con una portata di oltre 18 mc al secondo. • Laghi Lungo e Ripasottile : zona umida di elevato valore naturalistico, costituita da due bacini principali e da una serie di piccole lame, sorgenti canali e fossati, a pochi chilometri da Rieti. Durante l’inverno la zona umida ospita oltre 2000 individui tra cormorani, aironi , anatre, folaghe e gabbiani. Numerose le specie d’interesse floristico e faunistico. • Lago di Ventina : piccolo specchio d’acqua di appena 10 ettari di superficie, bordato da un fitto canneto, localizzato poco prima del lago di Piediluco. Tra le specie d’interesse, la presenza del Ranuncolo delle canne, del Tarabusino e dello Svasso maggiore.

3.2 Flora e Fauna

Alto corso Nell’alto corso il fiume presenta caratteristiche torrentizie. L’alveo si presenta composto da macigni e ciottoli e, lungo le sue rive, si sviluppa una fascia di vegetazione ripariale costituita da salici arbustivi come il Salice rosso (Salix purpurea) ed il Salice ripaiolo (Salix eleagnos), più sporadicamente da salici e pioppi arborei. I salici arborei sono essenzialmente rappresentati dal Salice bianco o comune (Salix alba) mentre, tra i pioppi, sono presenti il nero (Populus nigra) ed il Pioppo Boanco (Populus alba). Nelle acque, limpide ed ossigenate, il popolamento è costituito quasi esclusivamente dalla Trota di torrente (Salmo trutta). Tra gli uccelli riparali più caratteristici s’incontrano il Merlo acquaiolo (Cinclus cinclus) e la Ballerina gialla (Motacilla cinerea), due Passeriformi strettamente legati alle acque correnti. La presenza della prima specie in questo tratto è la prova della buona qualità delle acque e dell’abbondanza di insetti acquatici, soprattutto Tricotteri. In corrispondenza di alcuni sbarramenti artificiali (ad esempio presso Posta alla confluenza con il fiume Ratto presso Castel S. Angelo) il fiume si allarga a creare dei piccoli specchi lacustri dove si riproducono Gallinelle d’acqua (Gallinula chloropus) e Tuffetti (Tachybaptus ruficollis ), tra i banchi di folte alofite costituite da Cannuccia di palude (Phragmites australis ) e Lisca a foglie larghe (Typha latifoglia).

Medio corso Dopo la confluenza con il Peschiera, a valle della Piana di San Vittorino, il Velino assume l’aspetto di un fiume a tutti gli effetti. La vegetazione riparia, incalzata dai campi coltivati, si presenta con una stretta fascia di pioppi e salici arborei, costituita essenzialmente da Salici Bianchi ed in minore 32

misura da Salici da Ceste (Salix triandra), insieme a Pioppi neri e del Canadà (Populus canadensis), a cui spesso si accompagnano delle boscaglie a Robinia (Robinia pseudoacacia). Lungo le sponde nei pressi della città di Rieti, degna di segnalazione è la presenza del Salice a foglie amplessicauli (Salix amplexicaulis), pianta di elevato interesse fitogeografico, segnalata nel Lazio solo in questa zona. Nelle acque ancora trasparenti sono visibili banchi di macrofite radicanti, tra cui spiccano le Lingue d’acqua (Potamogeton natans). Tra i pesci, soprattutto lungo gli affluenti minori, si possono osservare piccoli gruppi di Vaironi (Leuciscus souffia) ed, in corrispondenza delle confluenze, compaiono banchi di Cavedani (Leuciscus cephalus). Anche tra gli invertebrati sono segnalati degli elementi di elevato interesse zoologico. Vale la pena di citare due insetti: Plecotteri, Nemoura flexuosa e Protonemura intricata, a status vulnerabile nella regione. Inoltre, un importante endemismo zoologico, il crostaceo Anfipode Niphargus elegans pasquinii. Tra gli uccelli più frequenti del tratto di pianura, si possono ricordare il Martin Pescatore (Alcedo atthis), il Germano Reale (Anas platyrhynchos) e la Gallinella d’acqua. Secondo numerose testimonianze è probabile che fino agli anni ’60 fosse presente nell’area anche la Lontra (Lutra lutra), ora purtroppo scomparsa a seguito della persecuzione a cui era sottoposta per la sua pelliccia. La stessa sorte, anche se in anni più recenti, ha subito il Gambero di fiume (Austropotamobius pallipeps) che probabilmente è scomparso dal corso d’acqua principale, sopravvissuto con piccole popolazioni relitte e localizzate in alcuni affluenti secondari del Velino.

Sistema della Piana Reatina Si veda a tal proposito il paragrafo 1.2 che descrive in dettaglio i caratteri ambientali della Riserva dei laghi Lungo e Ripasottile.

3.3 Descrizione delle principali aree omogenee e biotopi presenti nel parco

Di seguito vengono riportati sinteticamente alcuni stralci dello studio naturalistico del 1998 (curato da Stefano Sarrocco e Giancarlo Cammerini) per la perimetrazione oggetto di valutazione. Tale revisione si è ritenuta necessaria per valutare eventuali elementi nuovi, i vincoli e le opportunità per possibili revisioni del perimetro originario.

Alto corso Area del Monte Pizzuto: Sorgenti Quest’area cade sotto la giurisdizione di due comuni, quello di Cittareale e quello di Accumuli. In questo comprensorio sono incluse le sorgenti del fiume Velino (intorno a quota 1667 m s.l.m.) e parte del versante di Monte Pizzuto (1905 m s.l.m.) fino al confine regionale, i versanti di Monte Laghetto (1834 m s.l.m.) e Monte Prato (1813 m s.l.m.). I fondi valle comprendono Valle S.Rufo e Valle Pozzoni fino al confine regionale. Sulla destra orografica sono inserite anche le scarpate rocciose a ridosso di Valle Pozzoni. L'ambiente naturale è inserito nella fascia montana ed altomontana caratterizzato, quanto a paesaggio vegetale, da faggeti ceduati e discontinui, intervallati frequentemente da radure a cenosi erbacee e cespugliate. La portata del fiume è estremamente ridotta e la vegetazione

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igrofita e ripariale è costituita per buona parte da cespugli di Nocciolo (Coryhis avellana) ed individui isolati di Salice rosso (Salix purpurea). La fauna forestale rispecchia la situazione delle cenosi vegetali. Le specie rilevate di avifauna sono diverse: tra i Passeriformi, lo Zigolo giallo (Emberiza citrinella) e la Tordela (Turdus viscivorus); tra i rapaci diurni, la Poiana (Buteo buteo) ed il Gheppio (Falco tinmtnculus). Discreta è la presenza anche di altre specie di Accipitridae e Falconidae, soprattutto per la via del complesso rupicolo situato lungo la valle. Alcune segnalazioni, in parte datate, riportano la presenza di siti riproduttivi di Aquila reale (Aquila chrysaetos) e di Pellegrino (Falco peregrinus) attualmente non più attivi. L'area riveste con probabilità un ruolo importante come corridoio faunistico per il Lupo (Cani lupus), in quanto situata in posizione di ponte tra le aree del neo-costituito Parco Nazionale dei Monti della Laga-Gran Sasso e le dorsali dei Monti Reatini.

L’inclusione di questo comprensorio montano nel Parco fluviale trova una duplice giustificazione. In primo luogo la necessità d’inserire le sorgenti e buona parte della testata della valle nell'area protetta, permettendo una più attenta gestione idrologica ed idrogeologica di questo settore del bacino idrografico molto vulnerabile. In secondo luogo, valgono alcune considerazioni legate al patrimonio biologico riguardanti l’inserimento nel Parco dell'unico ambito montano ed altomontano di una certa rilevanza nel territorio provinciale; si viene così ad accrescere da un lato la diversità di habitat e la conseguente biodiversità dell'area protetta e, dall’altro, si favorisce la costituzione di un corridoio faunistico controllato e gestito.

Valle di Capo d’Acqua Quest’ area cade sotto la guida del comune di Cittareale. La valle di Capo d'Acqua è situata sulla destra orografica del Velino in prossimità dell'abitato di Cittareale. In quest’area sono localizzate tre risorgive di discreta portata captate ad uso idropotabile: • Capo d'Acqua, con una portata media di 20 l/s; • Acqua Santa - Perito, con 30 l/s; • Le Moglie, con 5 l/s.

L'inserimento di questa porzione di territorio è motivato dall'inclusione nel Parco Fluviale delle tre risorgive sopra citate che con le loro portate contribuiscono in modo rilevante al mantenimento della portata del Velino nell'alto corso.

Piana di Cognolo Quest’area rientra nel Comune di Cittareale aprendosi a sud dell'abitato di Collicelle, vicino alla Salaria ed in corrispondenza della confluenza di due piccoli affluenti del Velino: il Fosso della Meta da Pacino e il Fosso dei Builli. A quota 810 m s.l.m. nella pianura è presente la sorgente di S. Giusta con una portata media rilevata di 40 litri al secondo. Gli elementi di pregio naturalistico non sono numerosi e, per lo più, sono confinati lungo la fascia perifluviale. In questo tratto la vegetazione riparia si presenta alquanto discontinua e notevolmente disturbata da interventi di taglio. Tra le specie presenti vi sono Salici bianchi (Salix alba) e Salici rossi (Salix purpurea). Sia lungo il Velino che nei fossati del centro della valle, sono presenti individui di Trote di torrente di probabile origine alloctona.

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L'inserimento di questa pianura alluvionale all'interno della proposta di perimetrazione risponde a criteri di uniformità e di continuità morfologica con il paesaggio precedente. E' auspicabile in questo tratto prevedere, nel corso della futura gestione del Parco, interventi volti alla rinaturalizzazione e al mantenimento della vegetazione riparia.

Piano Di Bacugno Quest’ area ricade nel Comune di Posta ad una quota media di 730 metri s.l.m. . La pianura è caratterizzata da pascoli ed aree coltivate in una rete di canali e fossati, delimitati da canneti a Cannuccia di palude, lembi di Lisca maggiore (Typha latifolia) e cespuglieti a Salici rossi (Salix purpurea). Tutti i corsi d’acqua presenti sono caratterizzati da acque discretamente trasparenti e popolati da gruppi di macrofite acquatiche, più o meno continui, costituiti in massima parte da Ranuncolo a foglie capillari (Ranunculus trichophyllus). La fauna ittica è caratterizzata da Salmonidi come la Trota di torrente (Salmo (trutta) trutta). È inoltre presente la Gallinella d'acqua (Gallinaio chloropus). Nel corso dell’ inverno 1998 è stato rilevato un gruppo di 10-13 Aironi cenerini (Ardea cinerea) richiamati dai numerosi canali e prati umidi presenti nella pianura.

L’interesse della pianura risiede nella presenza di numerosi habitat acquatici e palustri e delle specie acquatiche e ripariali annesse. In corrispondenza del Velino è inoltre segnalata una cospicua sorgente lineare di 300 litri al secondo.

Laghetto lungo il fiume Ratto Quest’ area ricade sotto i comuni di Posta e Borbona. Lo sbarramento artificiale lungo il Fiume Ratto a quota 720 m s.l.m. origina il piccolo lago di Posta. Con un’estensione inferiore ai 10 ha, la lama artificiale costituisce un corridoio ecologico per la comunità biologica caratteristica degli ambienti i lacustri. La vegetazione presente è data da lembi di elofite lungo le rive (Phragmites australis, Typha latifolia ), da salici (Salix alba e S.purpurea) e pioppi (Populus nigra e P.canadensis). Anche la fauna è rappresentata da specie proprie delle zone umide: la Gallinella d'acqua (Gallinula chloropus), il Tuffetto (Tachybaptu ruficollis), ambedue nidificanti. H popolamento ittico, probabilmente in parte alterato da introduzioni, è costituito in buona parte da Cavedani (Leuciscus cephahts) e Trote di torrente.

L’inclusione nel perimetro del Parco si basa sulle specifiche valenze ambientali legate al ruolo funzionale del bacino lacustre come elemento di connessione ecologica a scala territoriale. Infatti questo habitat può assolvere a funzioni di carattere biologico proprie di ambiti lacustri non presenti altrove nell’alto corso del Velino.

Gole del Velino Quest’ area ricade sotto i Comuni di Sigillo, Micigliano e Antrodoco. Il corso d'acqua scorre nella stretta valle delimitata da scarpate rocciose dopo l’abitato di Sigillo per circa 8 km. Il tratto è particolarmente suggestivo per via della morfologia accidentata che si estende dalle balze rocciose a ridosso del fiume, fino al oltre 1000 metri di quota. Notevoli sono le specie presenti che occupano l’habitat rupicolo, primi tra tutti i Falconiformi. Per l’ area sono segnalati il Pellegrino (Falco peregrinus) e l’Aquila reale (Aquila chrysaetos); inoltre sono presenti numerose coppie di Rondini montane (Ptyonoprogne rupestrìs). Per quanto 35

riguarda la mammalofauna nel SIC compreso all’ interno della perimetrazione (versante di Monte Giano) è citata la presenza del Lupo (Canis lupus) e dell'Orso bruno (Ursus arctos). Riguardo l'ecosistema fluviale, questo tratto non presenta particolari elementi di pregio. Le portate sono alquanto ridotte per le captazioni attive sia lungo il fiume, sia lungo i suoi affluenti di maggiori dimensioni come Ratto e lo Scura. La portata del prelievo provoca, in alcuni tratti delle gole, la scomparsa in subalveo delle acque superficiali (a valle dell'abitato di Sigillo). Lungo le rive si conservano lembi, seppure ristretti e discontinui, di salici arbustivi (Salix purpurea) ed arborei (Salix alba). La fauna ittica è ancora presente ma è costituita quasi completamente da Trota di torrente (Salmo (trutta) trutta) di probabile origine alloctona. Lungo le rive, in corrispondenza degli affluenti di maggiori dimensioni è stata registrata la presenza del Merlo acquaiolo (Cinclus cinclus) una specie indicatrice di acque in buono stato di conservazione.

Le gole rappresentano degli elementi di carattere geomorfologico di estremo interesse ambientale, oltre ad assicurare la presenza dell'habitat rupicolo caratterizzato da un’elevata specificità funzionale per la riproduzione ed il rifugio di alcune specie di interesse zoologico.

Medio Corso Sorgente “ Le Fontanelle ” L’ area rientra nel Comune di Borgo Velino a quota 456 m s.l.m.. A poche centinaia di metri dell'abitato di Borgo Velino (sulla sua destra orografica) affiora l’importante risorgiva “Le Fontanelle”, con una portata media di 500 1/s., che alimenta una lama ed un canale parallelo al fiume Velino. Le acque si presentano estremamente trasparenti ed i fondali sono quasi interamente ricoperti da macrofite sommerse (tra queste compaiono il Sedano d'acqua, il Crescione d'acqua ed aggruppameli del genere Callitriche sp.). A ridosso dell'alveo, sulla riva destra, è presente un piccolo bosco di pioppi di impianto artificiale. Nelle acque sono presenti numerosi individui di Trota di torrente (Salmo (trutta) trutta) di probabile origine alloctona. Lungo le rive del canale e del bacino è presente una stretta fascia di Salici bianchi (Salix alba).

La sorgente viene rientra nella perimetrazione del parco in quanto rappresenta un elemento di elevato interesse idrogeologico. Inoltre, per le caratteristiche delle sue acque e della comunità biologica che ospita, costituisce un ambiente di particolare valore da tutelare in un’area protetta.

Laghetti di Paterno e Dolina Pozzo Secco L’area rientra nel comune di Castel S. Angelo. I tre laghetti carsici e le forme carsiche (doline) limitrofe all'abitato di Paterno hanno un elevato interesse geomorfologico. Si tratta di forme dovute all'erosione delle rocce carbonatiche ad opera delle acque circolanti, notevolmente diffuse in tutta l'area della Piana di S. Vittorino. II lagho di maggiori dimensioni, riportato come Lago di Paterno a quota 430 m s.l.m., presenta lungo le sue rive dei lembi discontinui di/elofira a Cannuccia di palude (Phragmites australis) ed individui isolati di Salici bianchi (Salix alba). Le acque ospitano a volte qualche Anatide e vi nidifica la Folaga (Fulìca atra). I Germani reali che si possono osservare nel bacino sono, con probabilità, di origine alloctona. Le rive sono utilizzate come sito riproduttivo dal Rospo comune (Bufo bufo). Il lago ha subito uno sprofondamento delle rive e del fondo nel 1915 da m 37,70 a m 45,20 (Nolasco, 1996 in Del.Reg. 12/11/96, n.8989). 36

La dolina di Pozzo Secco, inclusa nella perimetrazione, è posta a quota 493 m s.l.m. ed è situata ad est di Paterno sopra Cutilia. Si tratta di una dolina di pendio recente, di forma circolare, con doline parassite all'interno. Il diametro è di 25 metri, con una profondità di circa 10 m (Nolasco, 1996 in Del. Reg. 12/11/96, n.8989).

Gli elementi naturali trattati e proposti in questo paragrafo sono stati inclusi nella perimetrazione del Parco Fluviale per le loro valenze di carattere idrogeologico e geomorfologico.

Piana di San Vittorino e Sorgenti del Peschiera L’area ricade nei comuni di Castel S. Angelo e Cittaducale. Lungo la Piana di S. Vittorino si ha la manifestazione di una delle più importanti falde in carbonati d'Italia. Basti pensare che nel tratto tra Canetra e San Vittorino vengono alla luce ben 30 m3/s di acque di elevata qualità che vanno ad alimentare i gruppi sorgivi di Canetra, Vasche, Peschiera e S. Vittorino e sostengono la portata del Fiume Velino attraverso il drenaggio in subalveo. La piana di S. Vittorino è posta a quote comprese tra 402 e 419 m s.l.m. ed ha una superficie di circa 700 ha; è caratterizzata dalla presenza di due corsi d'acqua principali, il fiume Velino ed il Fiume Peschiera, e da numerose sorgenti. Quelle di maggiore portata sono presenti sul versante meridionale e sono allineate lungo la zona pedemontana: - Peschiera a quota m 410 con una portata media di 18.000 1/s; - Rivoli Peschiera a quota 415 con 300 1/s; - Molino Micciani a quota 409 con una portata media di 150 1/s. Sul versante settentrionale le sorgenti hanno una portata minore ed alcune presentano acque sulfuree (ad es.: Terme di Cotilia a quota 407 m s.l.m. con una portata media di 250~l/s). L'area per le sue specificità e le valenze idrogeologiche è soggetta ad una particolare attenzione e sottoposta ad una vincolistica a zone riportata nella Deliberazione della Giunta Regionale del Lazio del 12 novembre 1996, n. 8989. A questo si aggiunge che l'intero comrensorio delle Sorgenti del Peschiera e della Piana di S. Vittorino è inserito tra i siti di interesse comunitario per motivi di carattere naturalistico. L'area della piana si presenta quasi interamente ricoperta da estese formazioni di canneto a Cannuccia di palude e da lembi discontinui di vegetazione ripariale ed igrofita arbustiva ed arborea, che presentano una maggiore continuità lungo i corsi d'acqua principali. Anche le formazioni a macrofite acquatiche sono ben rappresentate con estesi tappeti di Potamogeton spp., Callitriche sp. ed Apium La fauna è di notevole interesse zoologico: nell'area sono state studiati alcuni tratti acquatici (Crostacei Antìpodi del genere Niphargus) degni di rilievo Taglianti, 1966; Pesce e Vigna Taglianti, 1973; Pesce, 1980) e sono state pubblicate alcune ricerche riguardanti l'avifauna che sottolineano l'importanza della consistente popolazione di un Podicipedide (Tachybaptus rufìcollis) presente lungo [i Peschiera (Calvario e Sarrocco 1988a, 1988b). Tra i vertebrati di interesse comunitario sono segnalati il Martin pescatore {Alcedo atttus), l'Averla piccola (Lanius collurió) ed il Piro piro boschereccio (Trìnga giovala). Inoltre tra le specie di interesse regionale e nazionale compaiono lo Spinarello (Gasterosteus aculeatus), la Rana agile (Rana dalmatind), l'Arvicola terrestre (Arvicola terrestrìs) ed una consistente popolazioni nidificante, già ricordata, di Tuffetto (Tachybaptus rufìcollis).

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Questa zona è stata inserita poiché gli elementi di interesse sono particolarmente numerosi ed in maggioranza di carattere idrogeologico (forme carsiche e sorgenti) ed idrobiologico (specie faunistiche di interesse comunitario e regionale).

Da Cittaducale alla confluenza con il fiume Salto L’area ricade nei due comuni di Cittaducale e di Rieti. Dopo la centrale idroelettrica di Caporio il fiume scorre lungo una piana alluvionale delimitata dai versanti dei rilievi collinari e montani circostanti. A valle di questo tratto, tra Colle Valviano e Colle di Lesta, l’area forma una cassa di espansione durante le piene stagionali. Gli elementi naturali presenti in questo ambito presentano discreto stato di conservazione, grazie anche al basso impatto delle attività antropiche. Sulla sinistra orografica, il Velino riceve le acque del Salto. In prossimità della confluenza il Salto si presenta con l’alveo cementificato e con una notevole portata per la confluenza del “Canale di scarico” proveniente da Caporio. Nel tratto a monte della confluenza, l’alveo è in parte ciottoloso e ghiaioso, presenta basse profondità ed è delimitato da una stretta e continua fascia riparia a Salici Bianchi ed Ontani neri tra le coltivazioni (sulla riva destra) e la strada Cicolana a sinistra. Nel punto di confluenza sono anche presenti dei limitati aggregati di elofite e cespugli igrofili con Sparganium erectum e Solanum dulcamara . Nel tratto dove il fiume Salto è stato rettificato e cementificato la funzione ecologica del fiume è stata quasi completamente annullata.

All’interno del perimetro del parco fluviale è stata inserita la confluenza del Salto e del Velino comprendendo un tratto dell’affluente a monte. Infatti, nonostante la cementificazione avvenuta, l’ambito è significativo sia dal punto di vista idrologico sia biologico. E’ ipotizzabile che in questo tratto del Salto possano essere previsti, in accordo con le esigenze idrauliche, degli interventi di restauro ambientale degli ambiti ripari ed acquatici.

Valle Oracola e Colle San Mauro L’area ricade nel comune di Rieti. Nel tratto urbano è da segnalare la presenza di Colle San Mauro (530 m s.l.m.), a ridosso della SS 4 Salaria, si presenta ricoperto per buona parte da una fitta copertura forestale. I versanti meridionale ed orientale, nel settore di villa Raccuini e lungo la valle di fosso di Ponte Granaro, sono coperti da un bosco di alto fusto costituito da individui arborei vetusti di Roverella ( Quercus pubescens ) e di Leccio ( Quercus ilex ). Un’identica situazione si osserva sulla parte sommitale, nel intorno del Convento dei Cappuccini, dove il bosco è pluristratificato e si presenta in alcuni settori con le caratteristiche di un bosco misto costituito da Aceri di Ungheria ( Acer obtusatum ), Roverella, Cerro ( Quercus cerris ), Carpino bianco ( Carpinus betulus ) e Carpino nero ( Ostrya carpinifolia ). Nel sottobosco compare una copertura di una certa rilevanza di Pungitopo ( Ruscus aculeatus ) ed, in modo più discontinuo, di Bosso comune ( Buxus sempervirens . All’interno di questo bosco con carattere mesofilo compaiono poi individui di Leccio che divengono dominanti nelle aree meglio esposte. In molti casi si tratta di vere e proprie leccete d’alto fusto a cui si accompagna l’Orniello ( Fraxinus ornus ). All’interno di queste formazioni naturali fanno la loro comparsa anche fasce alberate di impianto artificiale a Pinaceae e Cupressaceae, visibili sotto villa Potenziani e per un breve tratto del settore settentrionale sopra la Salaria. Di una certa rilevanza è la presenza di un nucleo di Pino di Aleppo ( Pinus halepensis ) nella parte est della collina, sopra villa reatina. E’ inoltre da segnalare un esemplare monumentale

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di Tasso ( Taxus baccata ) nei pressi del convento francescano. I lembi forestali che ricoprono Colle San Mauro si presentano in buono stato di conservazione ed ospitano una fauna di discreto interesse, legata agli stadi maturi dei complessi vegetali tra cui i Picidi ( Picoides major e Picus viridis ) ed il Passeriforma Sitta europaea . Il fiume Velino scorre prossimo ai versanti del colle ed in questo tratto è contornato da un’esigua fascia ripariale a Salici bianchi ( Salix alba ) di piccole dimensioni ed, in modo più discontinuo, da cespugli e piccoli alberi di Salice da ceste ( Salix triandra ). Le acque del fiume, prima di entrare nell’ambito urbano di Rieti, si presentano in buone condizioni chimico-fisiche e la qualità biologica rientra in una 2° classe dell’IBE.

L’inserimento nel parco fluviale dell’area è motivata sia per la connessione del comprensorio collinare, caratterizzato da elementi di pregio naturalistico, con il fiume Velino ed il tessuto urbano di Rieti, sia per le sue potenzialità di area da destinare alla fruizione pubblica.

Collina di Montecchio e confluenze Canera-Turano L’area rientra nel comune di Rieti. La collina si presenta come un’emergenza di valenza ambientale sul paesaggio uniforme della piana coltivata di Rieti, elevandosi fino a quota 481 m s.l.m.. Il bosco presenta una copertura uniforme su buona parte dei versanti del colle, con delle discontinuità soltanto lungo il settore meridionale (presso Villa Vecchiarelli). Strutturalmente appare ceduato, con una fascia di alto fusto presente soltanto lungo il settore a contatto con la pianura. Lungo questa porzione di territorio compaiono individui arborei maturi e di discrete dimensioni di Roverella ( Quercus pubescens ). La formazione si presenta, complessivamente, con elementi mesofili lungo i versanti più freschi in cui compaiono il Cerro ( Quercus cerris ), l’Acero d’Ungheria ( Acer obtusatum ) ed il Carpino nero ( Ostrya carpinifolia ). Nei versanti maggiormente soleggiati e soprattutto in quelli meridionali, compaiono elementi propri dei boschi termofili come Quercus pubescens , Acer monspessulanum e Carpinus orientalis . Lungo il versante meridionale le formazioni vegetali presentano copertura discontinua assumendo, nei tratti più degradati, la fisionomia di macchia alta; le specie che compongono questi stadi sono l’Alaterno ( Rhamnus alaternus ), il Terebinto ( Pistacia terebinthus ) ed il Leccio ( Quercus ilex ) allo stato arbustivo. Lungo il fiume Turano è presente una stretta fascia riparia a salici e pioppi che in alcuni punti presenta delle penetrazioni di specie esotiche di Robinia, come nel caso di Porto Corrente. In questo tratto (Ponte Carpegna-Terria) il fiume Velino è caratterizzato da acque più inquinate per i reflui di Rieti, solo parzialmente depurati, ed agli apporti di fertilizzanti provenienti dalle coltivazioni. Arena et al. (1996) riportano per questo tratto di fiume dei valori di BOD 5 (1,6-3,6 mg/l) e COD (9,6-14,3 mg/l) elevati indice di inquinamento delle acque anche se non allarmante. Gli autori registrano la stessa situazione attraverso la comunità dei macroinvertebrati bentonici, infatti la qualità biologica delle acque rientra in 3°-4° classe dell’IBE. La collina di Montecchio si presenta all’interno del paesaggio monotono e coltivato della piana di Rieti come un elemento di rilievo tanto da un punto di vista paesaggistico, quanto dal punto di vista naturalistico. Si sottolinea, inoltre, la prossimità con il fiume Velino e con il Turano.

Sistema della piana reatina Riserva Parziale Naturale dei Laghi Lungo e Ripasottile 39

Rientra nei Comuni di Cantalice, Colli sul Velino, Contigliano, Greccio, Poggio Bustone, Rieti, Rivodutri. La Riserva naturale dei Laghi Lungo e Ripasottile, situata lungo il fiume Velino a nord di Terria, è una zona umida di rilevante interesse naturalistico in quanto rappresenta la testimonianza di ciò che rimane di un esteso lago storico, il Lacus Velinus, che ricopriva una buona parte della piana di Rieti. Attualmente la zona umida svolge un ruolo di fondamentale importanza nel mantenimento di consistenti nuclei svernanti (oltre 2000 individui svernanti ed alcune specie d’interesse comunitario a priorità di conservazione come Botaurus stellaris e Aythya nyroca ) e nidificanti (alcune specie rientrano tra quelle di interesse comunitario come Ixobrychus minutus , Milvus migrans ed Alcedo atthis ) di avifauna acquatica e nel mantenimento di stazioni floristiche di specie rare ( ad es. Nymphaea alba, Nuphar lutea , Butomus umbellatus , Caltha palustris e Hippuris vulgaris ) rilevanti per l’Italia centrale.

La conferma ulteriore dell’interesse di quest’area protetta, è il suo inserimento nella lista dei Siti di Interesse Comunitario (SIC) della regione Lazio in base alle direttive comunitarie 409/79 e 92/43. Sulla base di quanto riportato risulta con particolare evidenza la rilevanza naturalistica dell’area, il suo ruolo all’interno della rete di zone umide del bacino del Mediterraneo e la sua importanza come area al cui interno sono conservati habitat stagnabili e palustri relitti. L’area, già istituita come Riserva Regionale per la sua continuità con il Parco Fluviale e per affinità ambientale con l’ambito del fiume, rientra a ragione nel perimetro del parco. Si nota però che già nello studio del 1998 si prospettava una ridefinizione dei suoi confini per escludere alcune aree non significative costituite da estesi agro ecosistemi privi di emergenze ambientali. Si ritiene in questa sede che tale eventualità sia da valutare con molta attenzione dato il peggioramento della qualità delle acque rilevato da studi più recenti sull’area (studi condotti dal prof. Marchetti nel 1989, studi della dott.ssa Stefania Franceschini del 2003 e campagna Arpa Lazio 2006-2007) dovuto all’aumento della pressione antropica nelle aree limitrofe. È infatti da valutare il fatto che il recupero e la bonifica delle acque possano essere, più facilmente (e più rapidamente), raggiunti includendo l’intera area nel perimetro del parco fluviale.

Zone Umide Presso Montisola e confluenze del Fiume Fiumarone e del Canale di S. Susanna L’area rientra nei comuni di Colli sul Velino e di Contigliano. A quota 376 m s.l.m., alla base di Monte Rotondo, è presente la confluenza di due importanti corsi d’acqua affluenti del Velino: il fiume Fiumarone ed il Canale di S. Susanna. Entrambi si alimentano dalla sorgente di S. Susanna compresa all’interno della Riserva Regionale dei Laghi Lungo e Ripasottile posta a quota 385 m s.l.m. e con una portata media di 5500 l/s. Il fiume Fiumarone, in particolare, riceve le acque effluenti dall’impianto di troticoltura situato in località Ponte S. Angelo, dopo che lo stesso impianto ne ha derivato ed utilizzato le acque captate dal Canale di S. Susanna (restituendole in condizioni qualitative peggiori). Nel complesso le acque sono in discrete condizioni, soprattutto quelle del Canale, mentre quelle del Fiumarone debbono essere attentamente monitorate per via degli sversamenti. Entrambi presentano un popolamento a Salmonidi (Trote di torrente di origine alloctona) ed un discreto grado di copertura delle rive da parte della vegetazione riparia. Notevolmente esteso e continuo è il popolamento a macrofite acquatiche sommerse del Canale, caratterizzato da Apium nodiflorum , 40

Nasturtium officinale ed aggregati di Potamogeton spp. e Callitriche sp.. Anche la fauna associata a questi ambiti ripari è di una certa rilevanza, con presenza di Arvicola terrestre ( Arvicola terrestris ), Tuffetti ( Tachybaptus ruficollis ), Martin pescatori ( Alcedo atthis ), Gallinelle d’acqua (Gallinula choloropus ), Ballerine gialle ( Motacilla cinerea ) e bianche ( M.alba ). Molto varia è la comunità ornitica svernante lungo il Fiumarone con consistenti presenze di Luì piccoli ( Phylloscopus collibita ), anche di sottospecie nordiche ( P.c.tristis ed abetinus ), di Spioncelli (Anthus spinoletta ) e di Forapaglie castagnoli ( Acrocephalus melanopogon ).

Da evidenziare, sul lato occidentale di Montisola, è una zona palustre relitta di circa 1 ettaro. Si tratta di una zona umida temporaneamente allagata che conserva un esteso scirpeto (Schoenoplectus tabernaemontani ) a cui si accompagnavano vistosi Romici tabacco di palude (Rumex hydrolapathum ) e purpuree Salciarelle ( Lytrum salicaria ); tra queste elofite compaiono alcuni individui arborei di Salici bianchi ( Salix Alba ) e pioppi. Negli stagni e nei fossati sono presenti, tra le specie di maggiore interesse zoologico, il Tritone crestato ( Triturus cristatus ) il Tritone punteggiato ( Triturus vulgaris ) e la Rana agile ( Rana dalmatina ). Vi si riproducono inoltre la Gallinella d’acqua ( Gallinula chloropus ) ed il Tuffetto (Tachybaptus ruficolis ) e, tra i cespuglietti che bordano la palude, alcune coppie di Averla piccola (Lanius collurio ).

La parte terminale dei due corsi d’acqua è stata compresa nella perimetrazione per la consistenza delle portate e per l’importanza idrologica e idrobiologica. A questo si aggiunge la possibilità di poter gestire in modo uniforme questi importanti affluenti in tutto il loro sviluppo, soprattutto nell’ipotesi che la Riserva dei Laghi Lungo e Ripasottile venga inclusa nel Parco Fluviale. La piccola zona umida presso Montisola è stata inclusa nella futura area protetta per la presenza di alcuni elementi floristici e faunistici d’interesse e per la significatività di questo habitat.

Lago di Ventina L’area ricade nel comune di Colli sul Velino. Il lago di Ventina posto a quota 365 m s.l.m., si estende per circa 10 ettari, e si presenta circondato da una fascia continua di elofite. Ad ovest è presente una pianura pascolata attraversata da una fitta rete di fossati circondati da Salici bianchi (Salix alba ), Salici cinerei ( Salix cinerea ) e, in misura minore, da Salici da ceste ( Salix triandra ) e da Salici rossi ( Salix purpurea ); lungo le fasce a ridosso dei versanti, compaiono anche Pioppi bianchi (Populus alba ) e Pioppi del Canada ( Populus canadensis ). La flora del lago è ben conservata e molto varia: le specie censite sono circa 400 e comprendono elementi di elevato interesse scientifico. Si sottolinea la presenza di Butomus umbellatum , Epipactis palustris , Nuphar luteum, Dactylorhiza incarnata e Ranunculus lingua , uniche presenze note nel Lazio. Anche tra la fauna si riscontrano numerose specie d’interesse: sono state censite 28 specie di odonati di cui due specie nuove per la fauna dell’Italia centrale (Erythromma najas e Cordulia aenea ). Sono inoltre presenti tre specie ornitiche che rientrano tra quelle di interesse comunitario, il Tarabusino ( Ixobrychus minutus ), il Nibbio bruno ( Milvus migrans) ed il Martin Pescatore ( Alcedo atthis ). Di un certo interesse anche la fauna ittica di cui sono state censite 12 specie. Per l’insieme delle sue peculiarità il bacino lacustre ed i suoi ambienti perilacuali sono stati segnalati da numerosi organismi scientifici e enti.

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L’intera pianura circumlacuale ed il bacino lacustre conservano numerosi elementi di interesse scientifico e soprattutto un elevata biodiversità floristica e faunistica, per tali motivi se ne propone l’inclusione nel perimetro del Parco Fluviale

3.4 Rete Natura 2000

Con la Direttiva Habitat (Direttiva 92/42/CEE) è stata istituita la rete ecologica europea “Natura 2000” che raccoglie un complesso di siti caratterizzati dalla presenza di habitat e specie - animali e vegetali – d’interesse comunitario (indicati negli allegati I e II della Direttiva), la cui funzione è quella di garantire la sopravvivenza a lungo termine della biodiversità presente sul continente europeo. L'insieme di tutti i siti definisce un sistema strettamente relazionato da un punto di vista funzionale: la rete non è costituita solamente dalle aree ad elevata naturalità identificate dai diversi paesi membri, ma anche da quei territori contigui ad esse ed indispensabili per mettere in relazione ambiti naturali distanti spazialmente ma vicini per funzionalità ecologica. La Rete Natura 2000 è così costituita:

- Zone a Protezione Speciale (ZPS) istituite ai sensi della Direttiva Uccelli (79/409/CEE) per tutelare in modo rigoroso i siti in cui vivono le specie ornitiche contenute nell’allegato 1 della medesima Direttiva. Le ZPS vengono istituite anche per la protezione delle specie migratrici non riportate in allegato, con particolare riferimento alle zone umide d’importanza internazionale ai sensi della Convenzione di Ramsar. Gli stati membri richiedono la designazione dei siti, precedentemente individuati dalle regioni, al Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio - Direzione per la Conservazione della Natura , presentando l’elenco dei siti proposti accompagnato da un formulario standard correttamente compilato e da cartografia. Il Ministero dell’Ambiente trasmette poi successivamente i formulari e le cartografie alla Commissione Europea e da quel momento le Zone di Protezione Speciale entrano automaticamente a far parte di Rete Natura 2000.

- Siti di Importanza Comunitaria (SIC) istituiti ai sensi della Direttiva Habitat al fine di contribuire in modo significativo a mantenere o a ripristinare un habitat naturale (allegato 1 della direttiva 92/43/CEE) o una specie (allegato 2 della direttiva 92/43/CEE) in uno stato di conservazione soddisfacente. Gli stati membri definiscono la propria lista di Siti di Importanza Comunitaria proposti (SIC) sulla base dei criteri individuati nell’articolo III della Direttiva 92/43/CEE. Per l’approvazione dei SIC la lista viene trasmessa formalmente alla Commissione Europea, Direzione Generale (DG) Ambiente , e per ogni sito individuato, si allega una scheda standard informativa completa di cartografia. Spetta successivamente al Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio designare, con decreto adottato d'intesa con ciascuna regione interessata, i SIC elencati nella lista ufficiale come " Zone speciali di conservazione " (ZSC).

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3.5 Rete Ecologica

La scomparsa di molte specie animali e vegetali o di particolari habitat è favorita, oltre che dalla distruzione o trasformazione degli ambienti naturali, dalla loro frammentazione. La strategia che il Docup intende attuare con il programma di sistema "Rete ecologica" mira all'individuazione, al potenziamento o alla ricostruzione di quegli ambiti territoriali - siano essi di tipo lineare o puntiforme- che possono avere funzione di raccordo favorendo la continuità fra gli ambienti naturali. Uno dei criteri definiti per la selezione delle azioni da finanziare consiste proprio nella creazione di connessioni fisiche e biologiche fra SIC/ZPS, foreste demaniali e aree protette, per esempio attraverso la ricostituzione o il mantenimento di corridoi biologici e zone cuscinetto . Il programma è finalizzato alla realizzazione di progetti pilota, cioè innovativi e a carattere sperimentale-dimostrativo, per favorire l'attuazione di esperienze similari in altri ambiti su alcuni temi: la salvaguardia e/o l’utilizzo sostenibile delle risorse naturalistiche e il miglioramento della biodiversità da attuarsi, soprattutto, attraverso interventi diretti di gestione lungo le linee di connessione tra aree protette e/o SIC/ZPS. Nel corso del 2003 il Programma Rete Ecologica è stato attivato dalla Regione Lazio per la Provincia di Roma e per la Provincia di Latina. Gli interventi dovranno sostanzialmente essere volti a ridurre gli effetti della frammentazione e del conseguente isolamento degli ambienti naturali e seminaturali sulle popolazioni biologiche, attraverso: • creazione di corridoi ecologici; • recupero e connessione di ambiti periurbani; • recupero e connessione di aree agricole; Esiste in tal senso una vasta letteratura specifica, molti studi sperimentali ed elaborazioni teoriche (cfr. sito web: www.ecoreti.it) La disciplina della "Biologia della Conservazione" ha infatti nel tema della “frammentazione" degli ambienti naturali per cause antropiche e sugli effetti sulle componenti naturali (fauna, vegetazione, processi ecologici), uno dei filoni di ricerca più fecondi ed innovativi da porre in stretta connessione con il tema della pianificazione territoriale e del progetto di "Reti ecologiche".

La pianificazione di rete ecologica si basa su alcuni assunti di base (Battisti et.al, 2003):

- le analisi sul valore di conservazione delle aree e sul ruolo di queste nelle dinamiche biologiche viene fatto sulla base di una definizione, il più possibile accurata ed oggettiva, del loro valore ecologico e conservazionistico, indipendentemente dalla configurazione e articolazione dell'attuale sistema di aree protette istituite; - le componenti della biodiversità oggetto di indagine sono sia il fine ultimo delle strategie di conservazione, sia il mezzo con il quale si vogliono elaborare indirizzi di pianificazione territoriale generale; - l'ottica di indagine non è statica (limitata, cioè, ad elementi definiti come "sito" nel territorio; vedi, ad es., le unità ecosistemiche o le aree protette istituite) ma dinamica, focalizzando l'attenzione sui processi dinamici e sul ruolo degli elementi del paesaggio, naturali o di origine antropica rispetto a tali dinamismi. In tale ottica, aree marginali o degradate, se determinanti in 43

merito alle dinamiche di alcune specie/habitat, possono svolgere un ruolo altrettanto determinante -se non superiore rispetto alle aree protette - nei confronti del mantenimento della biodiversità a scala provinciale. Tali riferimenti prevedono una rete ecologica articolata nei seguenti elementi, ciascuno dei quali funzionale alle esigenze ecologiche di determinate specie target, scelte sulla base della sensibilità al processo di frammentazione ambientale di origine antropica: • core areas : (Aree centrali; dette anche nuclei, gangli o nodi) aree naturali di grande dimensione, di alto valore funzionale e qualitativo ai fini del mantenimento della vitalità delle popolazioni target. Costituiscono l’ossatura della rete ecologica. Si tratta di aree con caratteristiche di “centralità, tendenzialmente di grandi dimensioni, in grado di sostenere popolamenti ad elevata biodiversità e quantitativamente rilevanti da ridurre così i rischi di estinzione per le popolazioni locali, costituendo al contempo una importante sorgente di diffusione per individui mobili in grado di colonizzare nuovi habitat esterni; popolamenti con queste caratteristiche avranno anche maggiori probabilità di avere, al loro interno, forme di resistenza nei confronti di specie aliene potenzialmente capaci di sostituire quelle autoctone presenti. Le aree protette sono, per vocazione, core areas . • buffer zones : (Zone cuscinetto) settori territoriali limitrofi alle core areas . Hanno funzione protettiva nei confronti di quest’ultime riguardo agli effetti deleteri della matrice antropica sulle specie più sensibili. Situazioni critiche possono crearsi per le core areas in caso di contatto diretto con fattori significativi di pressione antropica; sono così da prevedere fasce esterne di protezione ove siano attenuati, ad un livello accettabile, gli impatti potenzialmente critici. • corridors : (Corridoi ecologici) collegamenti lineari e diffusi fra core areas e fra esse e gli altri componenti della rete. La loro funzione è di mantenere e favorire le dinamiche di dispersione delle popolazioni biologiche fra aree naturali impedendo, così, le conseguenze negative dell’isolamento. • stepping-stones : (Nuclei di connessione) non sempre i corridoi ecologici hanno una continuità completa; spesso il collegamento può avvenire anche attraverso aree naturali minori poste lungo linee ideali di passaggio, che funzionano come punto di appoggio e rifugio per gli organismi mobili, purché la matrice posta tra un’area ed un’altra non abbia caratteristiche di barriera invalicabile. • restoration areas : (Aree di restauro ambientale) non necessariamente gli elementi precedenti del sistema di rete sono esistenti al momento del progetto. Si potranno quindi prevedere, attraverso interventi di rinaturalizzazione individuati dal progetto, nuove unità para-naturali in grado di completare lacune strutturali che potrebbero compromettere la funzionalità della rete. Il Programma Docup "Rete Ecologica" può costituire, a livello locale, l’importante occasione per individuare ed adottare adeguate strategie, atte a frenare il processo di frammentazione ambientale considerato oggi fra i principali fattori di minaccia alla biodiversità.

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4. Qualità delle acque e funzionalità ecologica del sistema Velino

4.1 L’indice LIM Gli indici che vengono utilizzati per la valutazione dello stato di qualità delle acque fluviali sono il Livello di Inquinamento da Macrodescrittori (LIM), l’Indice Biotico Esteso (IBE), lo Stato Ecologico dei Corsi d’Acqua (SECA) e lo Stato Ambientale dei Corsi d’Acqua (SACA). Per tutti questi indici esiste una convenzione per la rappresentazione grafica delle diverse classi di qualità: Elevato = azzurro Buono = verde Sufficiente = giallo Scadente = arancione Pessimo = rosso. In particolare, il LIM - Livello Inquinamento da Macrodescrittori - tiene conto della concentrazione nelle acque dei principali parametri, denominati macrodescrittori, per la caratterizzazione dello stato di inquinamento: nutrienti, sostanze organiche biodegradabili, ossigeno disciolto, inquinamento microbiologico. Attraverso un calcolo si ottiene un punteggio per ciascun parametro. Si sommano i punteggi ottenuti per ciascun parametro e, attraverso una scala predefinita, si assegnano delle classi di qualità. Ad ogni valore viene attribuito un livello d’inquinamento: classe 1 = ottimo, classe 2 = buono, classe 3 = sufficiente, classe 4 = scadente, classe 5 = pessimo. Ogni classe viene rappresentata con un colore convenzionale: classe 1 = azzurro, classe 2 = verde, classe 3 = giallo, classe 4 = arancio, classe 5 = rosso.

La tabella [1] seguente riporta il livello d’inquinamento macrodescrittori (LIM) dei principali fiumi nella provincia di Rieti, valutato da uno studio condotto sulla qualità delle acque superficiali e sotterranee dall’Arpa Lazio nel 2003 (fonte: Arpa Lazio).

La valutazione della qualità chimico-fisica delle acque superficiali della provincia di Rieti, effettuata tramite l’utilizzo dell’indice LIM, conferma la discreta condizione dei corpi idrici siti nei territori provinciali. Quasi tutte le stazioni campionate rientrano nelle classi di qualità “buona” e “sufficiente”.

I parametri necessari per il calcolo del LIM sono:

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1. ossigeno disciolto, 2. BOD5, 3. COD, 4. NH4, 5. NO3, 6. Fosforo totale, 7. Escherichia coli. Tali parametri sono essenzialmente indicativi di inquinamento di tipo civile e agricolo e ciò giustifica gli elevati valori dell’indice nelle stazioni caratterizzate dalla presenza di numerosi scarichi civili non adeguatamente trattati.

4.2 Indice IBE

Gli indici biotici usano la comunità bentonica come indicatrice del livello tassonomico basandosi sull’assenza di organismi indicatori e non sulla loro presenza, poiché organismi tipici di acque inquinate possono essere rinvenuti anche in acque pulite, mentre gli organismi sensibili all’inquinamento non sopravvivono in acque contaminate. Gli indici biotici tengono conto anche della diversità specifica la quale è funzione del numero di specie presenti e della frequenza con cui gli individui sono distribuiti nelle diverse specie. I gruppi di organismi utilizzati dagli indici biotici sono numerosi, ma sicuramente gli organismi più utilizzati sono i macroinvertebrati bentonici per la facilità di campionamento, la migliore determinabilità e per la maggior lunghezza del loro ciclo di sviluppo. Al contrario delle analisi chimico-fisiche, che hanno una valenza estendibile a qualsiasi contesto, gli indici biotici non sono applicabili universalmente poiché gli organismi utilizzati non si trovano ovunque ma appartengono strettamente al contesto locale in cui si trovano. Mentre le analisi chimico – fisiche forniscono un’immagine puntiforme (sia nel tempo che nello spazio) della situazione dell’ecosistema, l’analisi delle biocenosi offre un’immagine relativamente ampia dal punto di vista temporale. L’IBE è l’indice biotico tra i più utilizzati in Italia, adattato alla nostra realtà da Ghetti (1995). L’IBE rileva lo stato di qualità di un determinato tratto di corso d’acqua, integrando nel tempo gli effetti di differenti cause di alterazioni fisiche, chimiche, biologiche. Pertanto è un indice dotato di buona capacità di sintesi. Si basa sull’analisi della struttura delle comunità di macroinvertebrati bentonici che vivono almeno una parte del loro ciclo biologico in acqua, a contatto con i substrati di un corso d’acqua. La presenza di taxa più esigenti, in termini di qualità, e la ricchezza totale in taxa della comunità definiscono il valore dell’indice che è espresso per convenzione con un numero intero entro una scala discreta, fornendo un giudizio di qualità basato sulla modificazione qualitativa della comunità campionata. La scala con cui si riportano i dati IBE va da 0 a 12 valori, raggruppati a loro volta in cinque classi di qualità da I, stato elevato, a V, stato pessimo.

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Classi di qualità Valori di IBE Giudizio Colore di riferimento Classe I 10-15 Ambiente non inquinato Blu Classe II 8-9 Ambiente in cui sono evidenti Verde alcuni effetti dell’inquinamento Classe III 6-7 Ambiente inquinato Giallo Classe IV 4-5 Ambiente molto inquinato Arancione Classe V 1-3 Ambiente fortemente Rosso inquinato

Tabella [2]. Tabella di conversione dei valori dell’IBE in classi di qualità con relativo giudizio e colore per la rappresentazione cartografica (Ghetti, 1997)

Numero totale di unità sistematiche presenti Gruppi faunistici chiave <2 <6 <11 <16 <21 <26 <31 <36 <41 ≥41 Indice Biotico Esteso Più di una - 7 8 9 10 11 12 13 14 15 Ninfe di Plecotteri specie presenti Una sola specie - 6 7 8 9 10 11 12 13 14 Più di una Ninfe di - 6 7 8 9 10 11 12 13 14 Efemerotteri specie presenti* Una sola specie - 5 6 7 8 9 10 11 12 13 Più di una - 5 6 7 8 9 10 11 12 13 Larve di Tricotteri specie presenti* Una sola specie 4 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Gammarus Assenti tutte le 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 presente specie sopra Assenti tutte le Asellus presente 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 specie sopra Oligocheti e/o Assenti tutte le Chironomus 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 specie sopra presenti Tutti i tipi sopra Anaerobi 0 1 2 ------assenti presenti *Baetis rhodani va incluso tra i Tricotteri malgrado sia un Efemerottero Tabella [3]. Calcolo dell’Indice Biotico Esteso (Ghetti, 1997)

In questo caso sono stati presi i dati relativi all’IBE dall’ “Annuario dei dati ambientali” relativo agli anni 2003, 2004, 2005-2006 e dalla “ Carta della qualità biologica dei corsi d’acqua della regione Lazio ” (Mancini, Arcà, 2000). E’ necessario però precisare che al momento non si dispone della

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serie completa dei risultati negli anni disponibili per tutte le stazioni e che i valori sono da considerarsi, dunque, esplicativi e utili a fornire un quadro complessivo iniziale della qualità biologica delle acque del territorio in esame. Per quanto riguarda lo studio pubblicato nel 2000 dalla regione Lazio si ha un numero maggiore di stazioni. Sono state infatti localizzate 13 stazioni di campionamento di cui 6 sull’ asta principale, 3 sul torrente Ratto, 2 sul fiume Salto e 2 sul Turano. I risultati ottenuti analizzando le serie storiche a disposizione sono i seguenti:

IBE 5

4

3 1999 2001

Classe 2 2005

1

0 Terria Posta Nuova Rieti Chiesa 471 471 Ponte Rocca 2,5 Bivio Barbena a valle di valle a Monte di Monte Balsi A monte A A monte A Sinibalda umbertini della diga della della diga della Antrodoco Km 48 s.s. 48 Km s.s. 45 Km Mariannitto Cigolana km Cigolana Madonna dei Madonna Vel Vel Vel Vel Vel Vel Rat Rat Rat Tur Tur Tur Tur Sal Sal Sal

Grafico [1]. Indice Biotico Esteso: Elaborazione dei dati provenienti dall’Annuario dei dati ambientali redatto dall’APAT e dalla “Carta della qualità biologica dei corsi d’acqua del Lazio” (fonte Arpa Lazio). Dalla valutazione dei risultati provenienti dall’applicazione di questo indicatore si evince che la situazione dei principali fiumi del Reatino si trova attualmente tra le classi di qualità 2 e 3 - cioè tra buono e sufficiente - mentre in ambienti poco antropizzati, ritroviamo anche zone in classe 1 corrispondenti ad un livello di qualità ottima. Per quanto riguarda la quarta stazione sul Velino, dopo la confluenza con il Salto, si hanno informazioni risalenti ai campionamenti del 1999. Il valore dell’IBE è pari a 7 e corrisponde ad una terza classe di qualità (ambiente inquinato). In questa stazione nonostante l’apporto del fiume Salto, che aumenta la portata del Velino fino a valori medi annui compresi tra 25 e 50 m 3/s, contribuendo quindi alla portata totale con acque appartenenti alla prima classe di qualità, la comunità macrobentonica è decisamente poco diversificata contando solamente 6 U.S. Gli insetti rinvenuti in questa stazione sono efemerotteri, tricotteri e ditteri, taxa molto resistenti ad elevati carichi organici; tra i plecotteri è stato rinvenuto il solo genere Dinocras considerato generalmente piuttosto resistente all’inquinamento. La quinta stazione si trova in località Chiesa Nuova; le nove unità sistematiche raccolte permettono di assegnare un valore dell’IBE pari a 5 e corrispondente alla quarta classe di qualità (ambiente molto inquinato) nel 1999. Questa condizione è facilmente intuibile anche esaminando la sola lista faunistica nella quale sono quasi completamente assenti gli insetti. Negli ultimi anni si c’è stato un miglioramento del corso d’acqua, per cui è stato possibile assegnare una classe 3 48

(ambiente inquinato). L’ultima stazione sul Velino è situata a confine con l’Umbria ed il valore calcolato per l’IBE è pari a (7), la classe di qualità è la terza corrispondente ad un ambiente inquinato. Il leggero miglioramento della qualità ambientale di questa stazione è dovuto probabilmente alla diluizione del carico organico operata dall’immissione delle acque provenienti dalla zona dei laghi reatini. La prima stazione sul fiume Salto è situata al bivio per Concerviano; l’IBE grazie alle 18 U.S. raccolte, raggiunge in queste stazioni un valore pari a (10) che la pone in una prima classe di qualità così come accade per la seconda stazione posta in località Madonna dei Balsi per quanto riguarda i monitoraggi del 1999. Per quest’ultima stazione si assiste ad un peggioramento negli anni 2001 e 2005, così come nelle analisi del 2001 effettuate a monte della diga si riscontra un raggiungimento della III classe di qualità corrispondente ad ambiente inquinato. La prima stazione sul Turano è invece posizionata nei pressi di in cui le 13 unità sistematiche raccolte permettono di raggiungere un valore dell’IBE pari a (9) corrispondente ad una II classe di qualità (ambiente in cui sono evidenti alcuni effetti dell’inquinamento). La diversificazione della comunità è buona, così come le condizioni di naturalità e la prima classe non viene raggiunta solo perché numerose U.S. sono state scartate perché, come previsto dal metodo, rappresentate da un numero troppo basso di individui. Sulla stazione posta immediatamente a monte della città di Rieti la classe di qualità è leggermente più bassa (3) ed indica un ambiente inquinato, si riscontra infatti un peggioramento della qualità con la diminuzione del numero di taxa di insetti presenti. Stessa situazione vale per le stazioni poste a Terria e a monte della diga , in cui con i campionamenti del 2001 e del 2005 si è riscontrata una classe di qualità tra la (2) e la (3).

Di seguito si riportano i risultati di campionamenti distribuiti secondo l’articolazione territoriale seguita in questo studio. Si precisa, però, che non essendo i campionamenti distribuiti in maniera omogenea sui territori esaminati, i risultati sono da considerarsi solo esplicativi e utili a fornire un quadro complessivo iniziale della qualità biologica attuale delle acque del territorio in esame.

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Alto corso

I.B.E . - STAZIONE N° 1

GRUPPI TAXA RINVENUTI 20/11/01 19/06/02 TASSONOMICI PLECOTTERI Leuctra * * (genere) “ “ Dinocras * * “ “ Isoperla * drift “ “ Protonemura * EFEMEROTTERI Baetis * * (genere) “ “ Ecdyonurus * drift “ “ Ephemerella * “ “ Ephemera drift TRICOTTERI SERICOSTOMATID * (famiglia) AE “ “ RHYACOPHILIDAE * “ “ HYDROPSYCHIDA * E “ “ ODONTOCERIDAE drift “ “ HYDROPSYCHIDA * E COLEOTTERI DYTISCIDAE drift (famiglia) “ “ ELIMINTHIDAE * * DITTERI (famiglia) CHIRONOMIDAE * * “ “ LIMONIIDAE * * “ “ ATHERICIDAE * “ “ TIPULIDAE * “ “ SIMULIIDAE * * “ “ DIXIDAE * * CROSTACEI GAMMARIDAE * * (famiglia) ASELLIDAE drift TRICLADI (famiglia) DUGESIIDAE * * OLOIGOCHETI LUMBRICIDAE * * (famiglia) “ “ TUBIFICIDAE * *

Totale U.S : 19 Totale U.S : 15 Valore di I.B.E : 10 Valore di I.B.E : 9 Classe di qualità : I Classe di qualità : II Giudizio sintetico : Ambiente non Giudizio sintetico : Ambiente con inquinato o comunque non alterato moderati sintomi di inquinamento 50 in modo sensibile o di alterazione

I.B.E . - STAZIONE N° 2

GRUPPI TAXA RINVENUTI 20/11/01 19/06/02 TASSONOMICI PLECOTTERI Leuctra * (genere) “ “ Dinocras * * “ “ Isoperla * * “ “ Protonemura * EFEMEROTTERI Baetis * * (genere) “ “ Ecdyonurus * * “ “ Ephemerella * “ “ Ephemera drift “ “ Habroleptoides * TRICOTTERI SERICOSTOMATID * (famiglia) AE “ “ HYDROPSYCHIDA * E “ “ RHYACOPHILIDAE * “ “ HYDROPSYCHIDA * E “ “ PHILOPOTAMIDAE * COLEOTTERI DYTISCIDAE * (famiglia) “ “ GYRINIDAE * “ “ ELIMINTHIDAE * * ODONATI (famiglia) CORDULEGASTERI * DAE DITTERI (famiglia) CHIRONOMIDAE * * “ “ LIMONIIDAE * “ “ ATHERICIDAE * * “ “ TABANIDAE drift drift “ “ SIMULIIDAE * * CROSTACEI ASELLIDAE drift (famiglia) GASTEROPODI PHYSIDAE * IRUDINEI (famiglia) ERPOBDELLIDAE: * Dina OLOIGOCHETI TUBIFICIDAE * * (famiglia) ALTRI Sialis *

Totale U.S : 19 Totale U.S : 15 Valore di I.B.E : 10 Valore di I.B.E : 9 Classe di qualità : I Classe di qualità : II Giudizio sintetico : Ambiente non Giudizio sintetico : Ambiente con inquinato o comunque non moderati sintom i di inquinamento alterato in modo sensibile o di alterazione 51

I.B.E . - STAZIONE N° 3

GRUPPI TAXA RINVENUTI 20/11/01 19/06/02 TASSONOMICI PLECOTTERI (genere) Dinocras * * “ “ Isoperla * * EFEMEROTTERI Baetis * * (genere) “ “ Ephemerella * * “ “ Ecdyonurus * * “ “ Caenis drift “ “ Habroleptoides * drift TRICOTTERI LIMNEPHILIDAE * * (famiglia) “ “ SERICOSTOMATIDAE * “ “ ODONTOCERIDAE * drift “ “ RHYACOPHILIDAE * “ “ HYDROPSYCHIDAE * * “ “ POLYCENTROPODIDA drift E COLEOTTERI DYTISCIDAE * * (famiglia) “ “ ELIMINTHIDAE * * “ “ HALIPLIDAE drift “ “ HELODIDAE * drift “ “ GYRINIDAE drift * DITTERI (famiglia) CHIRONOMIDAE * * SIMULIDAE * DIXIDAE * “ “ LIMONIIDAE * “ “ TIPULIDAE * “ “ CERATOPOGONIDAE drift CROSTACEI GAMMARIDAE drift (famiglia) GASTEROPODI BITHYNIIDAE * (famiglia) “ “ PLANORBIDAE: * Planorbis IRUDINEI (famiglia) ERPOBDELLIDAE: * Dina OLOIGOCHETI TUBIFICIDAE * * (famiglia) “ “ NAIDIDAE * *

Totale U.S : 21 Totale U.S : 10 Valore di I.B.E : 11 Valore di I.B.E : 10 Classe di qualità : I Classe di qualità : I Giudizio sintetico : Ambiente non Giudizio sintetico : Ambiente non 52 inquinato o comunque non alterato inquinato o comunque non alterato in modo sensibile in modo sensibile I.B.E . - STAZIONE N° 4

GRUPPI TAXA RINVENUTI 20/11/01 19/06/02 TASSONOMICI PLECOTTERI Isoperla * * (genere) Dinocras * Isoperla * EFEMEROTTERI Baetis drift drift (genere) “ “ Ephemerella * * Habrophlebia * “ “ Ecdyonurus * * TRICOTTERI LIMNEPHILIDAE drift drift (famiglia) “ “ SERICOSTOMATID drift AE “ “ RHYACOPHILIDAE * * “ “ PHILOPOTAMIDAE * COLEOTTERI DYTISCIDAE * * (famiglia) “ “ ELIMINTHIDAE * * “ “ HELODIDAE * * “ “ GYRINIDAE * * DITTERI (famiglia) CHIRONOMIDAE * * “ “ LIMONIIDAE * drift “ “ TIPULIDAE drift “ “ SIMULIIDAE drift “ “ DIXIDAE * “ “ ANTHOMYIDAE drift “ “ CERATOPOGONIDA * * E CROSTACEI GAMMARIDAE * * (famiglia) “ “ ASELLIDAE * * TRICLADI (famiglia) DUGESIIDAE * * IRUDINEI (famiglia) ERPOBDELLIDAE: * * Dina OLOIGOCHETI LUMBRICIDAE * * (famiglia) “ “ TUBIFICIDAE * *

Totale U.S : 20 Totale U.S : 19 Valore di I.B.E : 9 Valore di I.B.E : 10 Classe di qualità : II Classe di qualità : I Giudizio sintetico : Abiente con Giudizio sintetico : Ambiente non moderati sintomi di inquinamento inquinato o comunque non alterato o di alterazione in modo sensibile 53

4.3 Indice IFF

L’Indice di Funzionalità Fluviale, a differenza dei numerosi metodi di valutazione della qualità delle acque correnti, tenta di descrivere e valutare la funzionalità dell’intero ecosistema fluviale prendendo in considerazione un’ampia gamma di informazioni riguardanti sia il corso d’acqua che il territorio circostante (ANPA, 2000). Il metodo considera l’intero ambiente fluviale, dove, elementi come la funzione tampone della vegetazione riparia, la capacità autodepurativa delle acque, la struttura delle rive e dell’alveo e le caratteristiche biologiche influiscono direttamente sulla qualità dell’ambiente e sono, di conseguenza, parte integrante del quadro valutativo dello “stato di salute” di un fiume. L’obiettivo principale dell’IFF consiste nella valutazione dello stato complessivo dell’ambiente fluviale e della sua funzionalità, intesa come risultato della sinergia e dell’integrazione di un’importante serie di fattori biotici ed abiotici presenti nell’ecosistema acquatico ed in quello terrestre ad esso collegato (ANPA, 2000). Attraverso la descrizione di parametri morfologici, strutturali e biotici dell’ecosistema, interpretati alla luce dei principi dell’ecologia fluviale, vengono rilevati la funzione ad essi associata nonché l’eventuale grado di allontanamento dalla condizione di massima funzionalità al fine della compilazione di una scheda, della definizione dell’indice (tabella [4]) e della sua conversione in 5 livelli di funzionalità (tabella [5]).

SCHEDA I.F.F. Bacino: Corso d’acqua: Località: tratto (m): larghezza alveo di morbida (m): quota (m): data : scheda N°: foto N°: Codice: Sponda Sx Dx 1) Stato del territorio circostante a) Coperto da foreste e boschi 25 25 b) Prati, pascoli, boschi, pochi arativi ed incolti 20 20 c) Colture stagionali in prevalenza e/o arativi misti e/o colture permanenti; 5 5 urbanizzazione rada d) Aree urbanizzate 1 1 2) Vegetazione presente nella fascia perifluviale primaria a) Presenza di formazioni arboree riparie 30 30 b) Presenza di formazioni arbustive riparie (saliceti arbustivi) e/o canneto 25 25 c) Presenza di formazioni arboree non riparie 10 10 d) Costituita da specie arbustive non riparie o erbacea o assente 1 1 2bis) Vegetazione presente nella fascia perifluviale secondaria a) Presenza di formazioni arboree riparie 20 20 b) Presenza di formazioni arbustive riparie (saliceti arbustivi) e/o canneto 15 15 c) Presenza di formazioni arboree non riparie 5 5 d) Costituita da specie arbustive non riparie o erbacea o assente 1 1 3) Ampiezza della fascia di vegetazione perifluviale arborea ed arbustiva a) Fascia di vegetazione perifluviale > 30 m 20 20

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b) Fascia di vegetazione perifluviale 5-30 m 15 15 c) Fascia di vegetazione perifluviale 1-5 m 5 5 d) Fascia di vegetazione perifluviale assente 1 1 4) Continuità della fascia di vegetazione perifluviale arborea ed arbustiva a) Senza interruzioni 20 20 b) Con interruzioni 10 10 c) Interruzioni frequenti o solo erbacea continua e consolidata 5 5 d) Suolo nudo o vegetazione erbacea rada 1 1 5) Condizioni idriche dell'alveo a) Larghezza dell’alveo di morbida inferiore al triplo dell’alveo bagnato 20 b) Alveo di morbida maggiore del triplo dell'alveo bagnato con fluttuazioni di 15 portata a ritorno stagionale c) Alveo di morbida maggiore del triplo dell'alveo bagnato con fluttuazioni di 5 portata frequenti d) Alveo bagnato molto ridotto o quasi inesistente (o impermeabilizzazioni del 1 fondo) 6) Conformazione delle rive a) Con vegetazione arborea e/o massi 25 25 b) Con erbe e arbusti 15 15 c) Con sottile strato erboso 5 5 d) Rive nude 1 1 7) Strutture di ritenzione degli apporti trofici a) Alveo con grossi massi e/o vecchi tronchi stabilmente incassati o presenza di 25 fasce di canneto o idrofite b) Massi e/o rami presenti con deposito di sedimento, o canneto, o idrofite rade 15 e poco estese c) Strutture di ritenzione libere e mobili con le piene o assenza di canneto o 5 idrofite d) Alveo di sedimenti sabbiosi privo di alghe o sagomature artificiali lisce a 1 corrente uniforme Tabella [4]. Definizione dell’I.F.F. (ANPA, 2000)

Tabella [5]. Conversione dell’I.F.F. in livelli di funzionalità, giudizio e relativo colore di riferimento (ANPA, 2000)

Valore di I.F.F. Livello di funzionalità Giudizio di funzionalità Colore 261 - 300 I ottimo blu 251 - 260 I-II ottimo-buono blu-verde 201-250 II buono verde 181 - 200 II-III buono-mediocre verde-giallo 121 - 180 III mediocre giallo 101 - 120 III-IV mediocre-scadente giallo-arancio 61 - 100 IV scadente arancio 51 - 60 IV-V scadente-pessimo arancio-rosso

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14 - 50 V pessimo rosso

Corso medio Tabella [6]. I.F.F. sul fiume Velino

Tratto Livello di funzionalità Giudizio di funzionalità Colore Sorgenti - I ottimo blu Fosso della Meta Fosso della Meta - I-II Ottimo - buono Blu - verde Posta Posta – II buono verde Antrodoco Antrodoco – II-III Buono - mediocre Verde - giallo Rieti Rieti – III mediocre giallo Terria Terria – II-III Buono - mediocre Verde - giallo Marmore

Tabella [7]. I.F.F. sul fiume Turano

Tratto Livello di funzionalità Giudizio di funzionalità Colore Pietraforte – I-II ottimo-buono blu-verde Paganico Posticciola – II buono verde Fonte Cottorella Fonte Cottorella – III mediocre giallo Terria

Tra Antrodoco e Rieti il Velino, grazie anche all’immissione del fiume Salto, aumenta la sua portata raggiungendo valori annui compresi tra 25 e 50 m 3/s ed una profondità massima di circa 1,5 metri, con una velocità di corrente moderata e con turbolenza limitata. La vegetazione ripariale è caratterizzata da pioppi e salici mentre quella acquatica da macrofite sommerse. Per quanto riguarda l’impatto antropico sul sito, si segnala la presenza di coltivazioni agricole sulla destra idrografica e della strada statale, sulla sinistra.

Sistema Pina Reatina Tra Rieti e Terria le portate si mantengono nell’ordine della stazione precedente. La granulometria del substrato presenta una prevalenza di roccia e massi mentre sulle rive prevalgono limo, sabbia e una presenza consistente di rifiuti. La presenza antropica è inoltre testimoniata da coltivazioni in destra idrografica mentre, in sinistra idrografica, dalla strada e dalle abitazioni. La profondità

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dell’acqua è di circa 1,5 metri e la velocità di corrente è elevata e quasi laminare. La vegetazione ripariale è composta da pioppi e salici. L’ultimo tratto sul Velino è quello che porta da Terria alle Marmore . In questo tratto l’alveo raggiunge circa 20 metri di larghezza ed una profondità di circa 1,5 metri con una bassa velocità di corrente. La vegetazione acquatica è costituita da lenticchia d’acqua mentre quella ripariale da canne, rovi e pioppi e su entrambe le rive sono presenti campi coltivati. Per quanto riguarda il fiume Turano si riscontra un livello di funzionalità tra ottimo e buono per il tratto a monte del lago omonimo. Tra Posticciola e fonte Cottorella , la velocità della corrente è media e laminare e la portata media annua è compresa tra 5 e 25 m 3/s. Il fondo presenta percentuali analoghe di massi, ciottoli, ghiaia e sabbia e la vegetazione acquatica è composta da poche macrofite sommerse. Sulle rive sono presenti arbusti ed alberi ad alto fusto (prevalentemente salici).

L’ultimo tratto va da fonte di Cottorella a Terria ed è largo circa 10 metri con profondità di 40 centimetri e la velocità di corrente è media e laminare. La granulometria del substrato è costituita in percentuali maggiori da ciottoli e ghiaia e consistente è la copertura di macrofite acquatiche; il tratto presenta una livello di funzionalità pari a 3 che corrisponde ad un giudizio mediocre.

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Alto corso

STAZIONE N° 1 – VE1 Marianitto

Caratteristiche della stazione

Tavoletta Regionale:

Nome stazione: Marianitto Codice:VE 1

Comune CittaReale , Marianitto 100 m a valle confluenza tributario sx

Coordinate stazione : 42° 35 17.3” N 13° 10 ‘ 04.3” E

Quota (m.sl.m.) 802

Bacino imbrifero: Velino

Lunghezza corso d'acqua (Km):

Lunghezza sezione (Km):

Caratteristiche dell'impluvio: 30 % urbano diffuso 40 % pastorale 30% coltivato

Profilo della valle: a V fortemente troncato

30 % urbano diffuso

Profilo traverso della sezione: argin e ripido su entrambi i lati, fondo in parte pianeggiante

Tipologia del substrato (mm): 20% ciottoli 30 % grosse pietre 30% sabbia

20 % limo

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STAZIONE N° 1 – Marianitto (segue)

CAMPIONAMENTI : 20/11/01 (h 16:45) – Cielo parzialmente coperto, T aria 5 °C 25/03/02 (h 16:15) – Cielo sereno, T aria 12 °C

Parametri morfodinamici 19/11/01 25/03/02

Larghezza media alveo bagnato (m) 3 2.75

Larghezza media alveo asciutto (m) 3 3.9

Superficie della sezione (m 2) 0.69 0.64

Profondità media (m) 0.23 0.23

Velocità di corrente (m/sec) 0.9 0.7

Portata (l/s) 621 450

Parametri chimico-fisici

Temperatura dell'acqua °C 7.2 8.3

Ossigeno disciolto (mg/L)-saturazione (%) 11.30 – 10.20 – 96.7 104.5 pH 8.33 8.6

Conducibilità (µs/cm) 414 388

Redox 203 195

Durezza (°F) 14.4

Caratteristiche dell'acqua

Colore Trasparent Trasparente e

Torbidità Lieve Assenti

Presenza idrocarburi Assenti Assenti

Presenza schiume Assenti Assenti

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Sponda Sx Dx 1) Stato del territorio circostante - Prati-pascoli, boschi, pochi arativi e incolti 20 - Colture stagionali in prevalenza e/o arativi misti e/o colture permanenti 5 2) Vegetazione presente nella fascia perifluviale primaria - Presenza formazioni arbustive riparie (saliceti arbustivi) e/o canneto 25 25 3) Ampiezza della fascia di vegetazione perifluviale - Fascia di vegetazione perifluviale >30 mt 20 - Fascia di vegetazione perifluviale 5 - 30 mt 15 4) Continuità della fascia di vegetazione perifluviale - Fascia di vegetazione perifluviale con interruzioni 10 10 5) Condizioni idriche dell’alveo - Alveo di morbida maggiore del triplo dell’alveo bagnato con fluttuazioni di portata a ritorno stagionale 5 6) Conformazione delle rive - Rive trattenute da erbe e arbusti e/o con interventi di rinaturazione 15 15 7) Strutture di ritenzione degli apporti trofici - Alveo con massi e/o vecchi tronchi stabilmente incassati o presenza di fasce di canneto o idrofite 25 8) Erosione delle rive - Erosioni frequenti con scavo delle rive e delle radici 10 10 9) Naturalità della sezione trasversale - Sezione naturale 15 10) Fondo dell’alveo - A tratti movibile e con poco sedimento 15 11) Raschi e pozze o meandri - Presenti a distanze diverse e con successione irregolare 20 12) Vegetazione in alveo bagnato in acque a flusso turbolento - Costituita da idrofite con copertura complessiva tra 10 e 35 %, feltro perifitico visibile 10 13) Detrito - Composto da frammenti vegetali fibrosi e polposi 10 14) Comunità macrobentonica - Ben strutturata e diversificata, adeguata alla tipologia fluviale 20 PUNTEGGIO TOTALE 220 200 LIVELLO DI FUNZIONALITA' II II

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STAZIONE N° 2 – VE2 Posta

Caratteristiche della stazione Tavoletta Regionale: Nome stazione: POSTA Codice: VE 2 Comune Posta centralina ENEL Coordinate stazione : 42° 31 32.12” N 13° 5 ‘ 58.84” E Quota (m.sl.m.) 725 Bacino imbrifero: Velino Lunghezza corso d'acqua (Km): Lunghezza sezione (Km): Caratteristiche dell'impluvio: 50% forestale 40% pastorale 10 % urbano diffuso Profilo della valle: a V non troncato Profilo traverso della sezione: argine ripido su entrambi i lati, fondo pianeggiante Tipologia del substrato (mm): 20% ciottoli 40% ghiaia 20% sabbia 20% limo

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STAZIONE N° 2 – Posta (segue)

CAMPIONAMENTI : 20/11/01 (h 08:45) – Cielo parzialmente coperto, T aria 7 °C 25/03/02 (h 15:00) – Cielo sereno, T aria 12 °C Parametri morfodinamici 20/11/01 25/03/02 Larghezza media alveo bagnato (m) 4 4.7 Larghezza media alveo asciutto (m) 8 6.2 Superficie della sezione (m 2) 0.768 1.293 Profondità media (m) 0.192 0.275 Velocità di corrente (m/sec) 0.63 0.4 Portata (l/s) 487 517

Parametri chimico-fisici Temperatura dell'acqua °C 8 8.2 Ossigeno disciolto (mg/L) – saturazione (%) 11.4 – 104.5 10.8 – 95.8 pH 8.14 8.55 Conducibilità (µs/cm) 446 404 Redox 217 227 Durezza (°F) 23.4

Caratteristiche dell'acqua Colore Trasparente Trasparente Torbidità Assenti Assenti Presenza idrocarburi Assenti Assenti Presenza schiume Lieve Lieve

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I.F.F. - STAZIONE N° 2

Sponda Sx Dx 1) Stato del territorio circostante - Prati-pascoli, boschi, pochi arativi e incolti 20 - Colture stagionali in prevalenza e/o arativi misti e/o colture permanenti 5 2) Vegetazione presente nella fascia perifluviale primaria - Presenza di formazioni arboree riparie 30 - Presenza formazioni arbustive riparie (saliceti arbustivi) e/o canneto 25 3) Ampiezza della fascia di vegetazione perifluviale - Fascia di vegetazione perifluviale >30 mt 20 - Fascia di vegetazione perifluviale 5 - 30 mt 15 4) Continuità della fascia di vegetazione perifluviale - Fascia di vegetazione perifluviale senza interruzioni 20 20 5) Condizioni idriche dell’alveo - Alveo di morbida maggiore del triplo dell’alveo bagnato con fluttuazioni di portata a ritorno frequente 15 6) Conformazione delle rive - Rive stabili o trattenute da radici arboree e/o massi 25 25 7) Strutture di ritenzione degli apporti trofici - Alveo con massi e/o vecchi tronchi stabilmente incassati o presenza di fasce di canneto o idrofite 25 8) Erosione delle rive - Erosioni solamente nelle curve e/o nelle strettoie 15 15 9) Naturalità della sezione trasversale - Sezione naturale 15 10) Fondo dell’alveo - A tratti movibile e con poco sedimento 15 11) Raschi e pozze o meandri - Ben distinti, ricorrenti, distanti al massimo 5 -7 volte la larghezza dell'alveo bagnato 25 12) Vegetazione in alveo bagnato in acque a flusso turbolento - Costituita da idrofite con copertura complessiva tra 10 e 35 %, feltro perifitico visibile 10 13) Detrito - Composto da frammenti vegetali riconoscibili e fribrosi 15 14) Comunità macrobentonica - Ben strutturata e diversificata, adeguata alla tipologia fluviale 20 PUNTEGGIO TOTALE 270 245 LIVELLO DI FUNZIONALITA' I II

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STAZIONE N° 3 – VE 3 Antrodoco

Caratteristiche della stazione Tavoletta Regionale: Nome stazione: ANTRODOCO Codice: VE 3 Comune Antrodoco, San Quirico via monte nutria, prima ponte discesa a sx Coordinate stazione : 42° 25 22.18” N 13° 4 ‘ 44,04” E Quota (m.sl.m.) 484 Bacino imbrifero: Velino Lunghezza corso d'acqua (Km): Lunghezza sezione (Km): Caratteristiche dell'impluvio: 60 % forestale 10% pastorale 30% coltivato Profilo della valle: a V leggermente troncato Profilo traverso della sezione: argine ripido su entrambi i lati, fondo pianeggiante Tipologia del substrato (mm): 60% ciottoli 10% grosse pietre 30% sabbia

STAZIONE N° 3 – (segue)

CAMPIONAMENTI : 20/11/01 (h 14:45) – Cielo coperto, T aria 10.5 °C 64 25/03/02 (h 17:00) – Cielo sereno, T aria 11 °C

I.F.F. - STAZIONE N° 3

Sponda Sx Dx 1) Stato del territorio circostante - Prati-pascoli, boschi, pochi arativi e incolti 20 20 2) Vegetazione presente nella fascia perifluviale primaria - Presenza formazioni arbustive riparie (saliceti arbustivi) e/o canneto 25 25 3) Ampiezza della fascia di vegetazione perifluviale - Fascia di vegetazione perifluviale 5 - 30 mt 15 - Fascia di vegetazione perifluviale 1 -5 mt 5 4) Continuità della fascia di vegetazione perifluviale - Fascia di vegetazione perifluviale senza interruzioni 20 20 5) Condizioni idriche dell’alveo - Larghezza dell’alveo di morbida inferiore al triplo dell’alveo bagnato 20 6) Conformazione delle rive - Rive stabili o trattenute da radici arboree e/o massi 25 - Rive trattenute da erbe e arbusti e/o con interventi di rinaturazione 15 7) Strutture di ritenzione degli apporti trofici - Massi e/o rami presenti con deposito di sedimento o canneto o idrofite rade e poco estese 15 8) Erosione delle rive - Nessuna o poco evidenti 20 20 9) Naturalità della sezione trasversale - Sezione naturale 15 10) Fondo dell’alveo - Irregolare, stabile e diversificato 25 11) Raschi e pozze o meandri - Ben distinti, ricorrenti, distanti al massimo 5 -7 volte la larghezza dell'alveo bagnato 25 12) Vegetazione in alveo bagnato in acque a flusso turbolento - Costituita da idrofite con copertura complessiva > del 35 %, feltro perifitico discreto 5 13) Detrito - Composto da frammenti vegetali riconoscibili e fribrosi 15 14) Comunità macrobentonica - Ben strutturata e diversificata, adeguata alla tipologia fluviale 20 PUNTEGGIO TOTALE 245 265 LIVELLO DI FUNZIONALITA' II I

Attualmente è in corso la ri-elaborazione dell’IFF dell’intero corso del Velino ad opera della dott.ssa Mancini e del suo gruppo di lavoro 1. I risultati di tale lavoro (tabelle, testi e mappe), più aggiornati rispetto a quelli presentati in questo rapporto, verranno integrati al seguente rapporto e al Gis allegato, non appena disponibili.

1 Gruppo d ricerca: prof.ssa Laura Mancini, Claudia Vendetti, Camilla Puccinelli, Stefania Marcheggiani.

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4.4 Stato ecologico dei laghi

Gli studi a disposizione per valutare lo stato ecologico dei laghi sono lo studiio condotto nel 1989 dal prof. Marchetti R., nel 2003 dalla Dott.ssa Franceschini F., nel 2006-2007 dall’Arpa Lazio. L’area della Riserva dei laghi Lungo e Ripasottile presenta una vulnerabilità intrinseca ed intrinseca normalizzata che ha valore [0] vicino ai laghi ed una vulnerabilità elevata, intrinseca (valore 187-210) e intrinseca normalizzata (valore 70-79), nell’area rimanente.

Dagli studi svolti si può affermare che l’area della Piana Reatina, sede di coltivazioni intensive, risulta vulnerabile ai nitrati, con un raggiungimento dei limiti di legge nell’arco di 20-25 anni, fatta eccezione per la Riserva che sembrerebbe non subire nel tempo apprezzabili variazioni di concentrazioni, nonostante la falda freatica dreni in alcuni punti proprio in direzione dei laghi stessi.

Dallo studio del 1989 [cfr. Marchetti 1989] già si evidenziava che la qualità dei corsi d’acqua, che costituiscono il reticolo idrografico dell’area della Riserva è pressoché scadente. Le criticità che si riscontrano nell’area oggetto di studio sono legate all’aumentare delle pressioni antropiche. Le criticità rilevate riguardano: • Le fasce di rispetto delle acque demaniali assenti o inferiori ai 5 metri previsti dalla normativa; • La qualità delle acque dei laghi scadenti; • la presenza di coltivazioni a ridosso delle sponde delle acque demaniali determinando erosione delle stesse e possibile inquinamento diretto delle acque da parte di fitofarmaci, diserbanti o insetticidi; • Utilizzo di erbicidi e pesticidi in agricoltura soprattutto in prossimità di aree di risorgive; • il disagio recato alla fauna della Riserva dalle strade statali e provinciali (infrastrutture); 66

• il rilascio di quantità sostenute di carichi di fosforo da fonti agro-zootecniche e civili-industriali; • la continua depressione della falda freatica e il conseguente prosciugamento di parte delle zone palustri; • i lavori di risistemazione idraulica delle sponde e del fondo dei canali, in alcuni casi, alterano il naturale filtro biologico composto dalla vegetazione acquatica e dalla comunità bentonica; • La mancanza di monitoraggio sulle acque impiegate nelle attività di ittiocolture e l’assenza di una regolamentazione degli scarichi della troticoltura (ricordiamo che oggi le Norme Tecniche di Attuazione del P.S.3 dell’AdB Tevere prevedono disposizioni specifiche per gli impianti di ittiocoltura. L’obiettivo cardine delle N.T.A. del P.S.3 è quello di abbattere il carico di fosforo generato dagli impianti di ittiocoltura del 40% in tre anni); • Gambusia holbroocki, specie alloctona, introdotta in epoca storica per la lotta biologica ai Culicidi, ha colonizzato gli ambienti dei fossi e dei laghi ed esercita una pressione negativa sulla comunità bentonica. • Una non corretta gestione dell’impianto di depurazione in località Quattro Strade e, più in generale, la mancanza di un censimento degli scarichi regolari e non.

L’indagine condotta nella primavera 2003 per la valutazione dello stato di qualità dell’ambiente acquatico, ad opera della Dott.ssa Stefania Franceschini, ha messo in evidenza il fatto che i due principali laghi della piana reatina sono affetti marcatamente da processi degenerativi legati all’eutrofizzazione delle acque. L’indagine è stata condotta nelle acque del fiume S. Susanna e nei laghi Lungo e Ripasottile e ha riguardato i parametri chimico-fisici di base e le comunità bentoniche specifiche dell’area oggetto di studio. Tale indagine è stata estesa al fiume Fiumarone. Al fine di poter effettuare un confronto con i dati raccolti dal gruppo di lavoro del prof. Marchetti, nel 1989, sono state ripetute le medesime analisi chimico-fisiche ed ecobiologiche. I risultati mostrano che la situazione è notevolmente peggiorata nel corso dei 15 anni trascorsi. Tale peggioramento è stato rilevato attraverso: • Colorazione anomala delle acque dovuta alla presenza di microalghe; • perdita di trasparenza che nel periodo vegetativo arriva a soli 2 m circa; • anomalie di concentrazione dell’ossigeno disciolto (tendenza ad alte concentrazioni in superficie e riduzione non appena lo si misura verso il fondo, presenza di altri gas esalati dal fondo); • assenza di fosforo solubile nel periodo vegetativo, in quanto tutto assorbito quale nutriente della biomassa algale fitoplanctonica; • forte concentrazione del fosforo totale i cui valori, applicando i vari sistemi di classificazione adottati internazionalmente per misurare il grado di trofia, indicano una severa eutrofizzazione; • attività metabolica aerobica e anaerobica del fondo, ricchissimo di detrito organico, che emette continuamente CO2 e sostanze odorigene quali H2S, rilevabili persino visibilmente per il generale marcato rigonfiamento dei sedimenti, che appena toccato emette grandissime e copiose bolle gassose; • perdita di biodiversità che, nei due laghi, può essere complessivamente stimata per il popolamento degli invertebrati bentonici, attorno al 60% rispetto ai Taxa rinvenuti nel 1989; • scomparsa delle specie di microinvertebrati più sensibili e ossigeno-esigenti (praticamente tutti i Tricotteri) e affermazione di specie e gruppi zoologici resistenti ai fenomeni di ipossia e anossia quali i chirinomidi del gruppo tummi-plumosum e gli Oligocheti del genere Tubifex;

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• dimensioni ridottissime degli esemplari catturati (ad eccezione dei chironomidi già citati) che denotano fenomeni di inquinamento delle acque, probabilmente riconducibili ad esalazioni di ammoniaca indissociata (NH3 gassosa) e id H2S dal fondo.

Rapporto 2006-2007. Nel periodo compreso tra la fine del 2006 e l’inizio del 2007 sono state condotte nuove analisi per determinare la qualità delle acque dei laghi della Riserva Naturale dei laghi Lungo e Ripasottile. Le analisi riguardano “monitoraggio acque lacustri” e il “monitoraggio acque destinate alla vita dei pesci” condotte dall’Arpa Lazio. I riferimenti normativi riguardanti le due analisi sono il D.lgs 152/99, allegato 1 e il D.M. 367/03 per la prima metodologia di analisi e D.lgs 152/99, allegato 2 sezione B per il “monitoraggio acque destinate alla vita dei pesci Laghi”. Purtroppo non è stato possibile ripetere le stesse analisi dello studio del Prof. Marchetti, e in seguito della Dott.ssa Franceschini, sui parametri chimico-fisici di base e sulle comunità bentoniche specifiche dell’area oggetto di studio a causa della mancanza di dati e difficoltà di reperimento delle attrezzature e persone qualificate atte allo scopo. Dalle indagini svolte, con dati forniti gentilmente dalla Dott.ssa Mostra dell’Arpa Lazio e confrontati con i valori della tabella 11 dell’allegato 1 del D.Lgs. 152/99, per quanto riguarda il fosforo totale (che risulta maggior del valore di riferimento 100 g/L), si evince che la qualità delle acque dei due laghi è pessima. Questa valutazione è stata fatta considerando il solo valore di fosforo totale dal momento che gli altri valori misurati non sono tabellati. I valori degli elementi di qualità biologica presentano alterazioni gravi e mancano ampie porzioni delle comunità biologiche di norma associate al tipo di corpo idrico superficiale inalterato. La presenza di microinquinanti, di sintesi e non di sintesi, è in concentrazioni tali da causare gravi effetti - a breve e lungo termine - sulle comunità biologiche associate al corpo idrico di riferimento. Per quanto riguarda le acque lotiche la determinazione della loro qualità si è avuta da dati forniti dall’Arpa Lazio. La caratterizzazione qualitativa delle acque dei fiumi del reticolo idrografico dell’area della Riserva interessa il fiume Velino, il Canale di S. Susanna e il fiume di S. Susanna ma non il fiume Fiumarone. Si può invece ritenere accettabile la qualità delle acque degli altri corpi idrici lotici della Riserva dei laghi Lungo e Ripasottile.

Confronto tra i tre studi e valutazioni In sintesi la qualità dei corsi d’acqua dell’area oggetto di studio nella campagna di monitoraggio 2006-2007 non è molto diversa da quella emersa dall’indagine svolta nel 2003. A solo quattro anni dallo studio svolto dalla Dott.ssa Franceschini, non si possono notare evidenti cambiamenti qualitativi dei corsi d’acqua, o più in generale, dell’ambiente acquatico. È stato solo possibile accertarsi, attraverso sopralluoghi, dello stato decadente in cui versano i laghi Lungo e Ripasottile.

4.5 Risultati dello studio sulla qualità ambientale del fiume Velino il campionamento lungo il è stato effettuato nel 1995, dalla società ITTIOGEAM S.R.L. per la valutazione della capacità biogenica del fiume.

Materiali e metodi La scelta delle stazioni di campionamento è stata effettuata dopo sopralluoghi lungo tutto il tratto del fiume. Le stazioni sono state collocate in modo tale da essere rappresentative delle rispettive aste fluviali

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sia per le caratteristiche morfologiche, chimico biologiche, sia rispetto gli impatti derivanti dagli insediamenti urbani, dagli scarichi, dai depuratori e dalle confluenze con gli altri corsi d’acqua.

Sono state individuate 3 stazioni di campionamento che descrivono 20,68 km di asta fluviale : • St. – Ponte Cavallotti ; • St. – Ponte Carpegna ; • St. – Montisola ;

Campionamenti chimico-fisici Le analisi chimico-fisiche sono state effettuate secondo i metodi sotto elencati:

Temperatura [ Sonda Multiparametrica (in situ) ]

Ossigeno disciolto [ Sonda Multiparametrica e kit analitico (in situ) ] pH [ Sonda Multiparametrica (in situ) ]

Conducibilità [ Sonda Multiparametrica (in situ) ]

BOD 5 [ Metodo IRSA (in laboratorio) ]

Kubel [ Metodo IRSA (in laboratorio) ]

COD [ Metodo IRSA (in laboratorio) ]

Ammoniaca totale [ Metodo IRSA (in laboratorio) ]

Ammoniaca non ionizzata [ Si calcola conoscendo NH 3 tot., pH, T ]

Nitriti [ Metodo IRSA (in laboratorio) ]

Nitrati [ Metodo IRSA (in laboratorio) ]

Fosforo totale [ Metodo IRSA (in laboratorio) ]

Fosfati [ Metodo IRSA (in laboratorio) ]

Durezza [ Metodo IRSA (in laboratorio) ]

Carbonati [ Metodo IRSA (in laboratorio) ]

Campionamenti biologici I campionamenti biologici sono stati effettuando il metodo IBE, successivamente modificato da Ghetti nel 1986, che risulta essere, per sensibilità e semplicità di applicazione in modo routinario, più diffuso in Italia. L’ utilizzo dell’IBE assolve la duplice funzione di diagnosi e caratterizzazione ambientale delle acque correnti superficiali ed il successivo controllo e verifica nel tempo. Gli organismi raccolti nei campionamenti, dopo un primo smistamento sul campo, sono stati analizzati allo stereo-microscopio per la loro caratterizzazione. Sulla base della composizione qualitativa e quantitativa dei taxa rinvenuti è stato calcolato il valore IBE che determina l’appartenenza alle classi di qualità. Ad ogni 69

classe di qualità corrisponde, come già visto, un colore convenzionale che, nella realizzazione cartografica, rappresenta i differenti livelli di qualità delle acque. La carta di qualità rappresenta graficamente le “condizioni di salute” del reticolo idrografico e consente, inoltre, con gli aggiornamenti annuali, la verifica degli effetti degli interventi di risanamento. Analisi microbiologiche I coli e gli streptococchi fecali sono batteri intestinali , venendo eliminati in grande quantità con le feci degli animali a sangue caldo, sono utilizzati come indicatori di inquinamento delle acque definendone l’origine umana od animale. Il campionamento è stato effettuato utilizzando contenitori sterili di vetro, che, dopo aver prelevato il campione, vengono trasportati al laboratorio con borse frigorifere per impedirne variazioni del contenuto batterico.

Risultati ed analisi Stazione Ponte Cavallotti: La Stazione rappresenta una sezione di fiume pari a 2,23 km comprendente il tratto alla confluenza con il fiume Morto (soprannome dato al Velino nei pressi di colle S. Mauro) per giungere alle mura della città di Rieti. Essa fornisce utili indicazioni sulla qualità dell’acqua a monte dell’insediamento urbano. Il tratto di fiume considerato rileva buone caratteristiche ambientali; infatti, pur scorrendo in una zona urbanizzata diffusa, mantiene le caratteristiche naturali dell’alveo ed il carattere torrentizio con elevata velocità di corrente con pozze e raschi. Il fondo presenta un buon substrato con ghiaia e vegetazione ben rappresentata. Nel periodo di Dicembre i livelli dei parametri chimico-fisici rivelano una buona qualità dell’acqua, per l’assenza di agenti inquinanti (il BOD 5 risulta praticamente nullo) e per la non tossicità nei confronti della fauna ittica ( il livello di ammoniaca è ampiamente nei limiti, il valore dei nitriti è nullo ). I valori di temperatura e ossigeno rientrano pienamente nelle tabelle del D.L. 130/92 per acque di tipo salmonicolo. Le principali specie chimiche legate ai nutrienti (fosforo e azoto) sono rappresentate da livelli di concentrazione che denotano una bassa trofia dell’ecosistema. In un secondo campionamento, svoltosi nel periodo di Aprile, i valori dei parametri legati alla presenza ed alla concentrazione di materiale organico sono decisamente più alti; basta confrontare il livello di BOD 5 (4,6 mg/l), quasi al limite imperativo di 5 mg/l da non superare per le acque a vocazione salmonicola. Si riscontra inoltre un deciso aumento del livello di nitriti, il cui valore è di 0,16 mg/l; questo aumento è imputabile normalmente ad un avvenuto inquinamento organico recente. Bisogna comunque ricordare che, in valore assoluto, questo dato non desta preoccupazioni per la fauna ittica, essendo 0,88 mg/l il limite imperativo. Gli altri parametri legati alla tossicità, ed in particolare modo la concentrazione dell’ammoniaca sia totale che in forma chimica indissociata, non presentano valori critici. Per quanto attiene ai nutrienti il quadro rimane sostanzialmente analogo a quello dei campionamenti di Dicembre con una generale bassa concentrazione. Si è riscontrata una modesta presenza di coliformi totali (80 su 100 ml) e di streptococchi fecali (20 su 100 ml). Tali valori confermano la presenza di scarichi di tipologia civile o zootecnica nell’asta fluviale indagata. Il campionamento biologico evidenzia un leggero scostamento dell’ecosistema dalle caratteristiche naturali, dovuto probabilmente ad episodiche alterazioni della qualità dell’acqua avvenute nel passato recente. Il numero di unità sistematiche rinvenute (19), consente di calcolare un valore di IBE pari a 9 e di classificare il tratto considerato nella II classe di qualità. 70

In Aprile il numero di unità sistematiche rinvenute (21), consente di calcolare un valore di IBE pari a 10, classificando il tratto considerato nella I classe di qualità.

Stazione Ponte Carpegna: La stazione numero 3 rappresenta un tratto di fiume pari a 9,21 km, ed essendo posizionata a valle della città di Rieti, del depuratore e dell’insediamento industriale è in grado di monitorarne l’impatto ambientale. Le caratteristiche ambientali del tratto considerato si discostano sensibilmente da quelle della stazione precedente: l’impluvio è quasi totalmente a carattere coltivato, ed il fiume appare sensibilmente diverso nella velocità di corrente e nella tipologia dell’alveo. La natura del fondo è prevalentemente molle costituita da sabbia e limo; la vegetazione subacquea ed il periphyton sono scarsamente rappresentati. Nel campionamento invernale la qualità dell’acqua risulta discreta, ma si nota un aumento rappresentativo del

BOD 5 che passa da 0 a 1,6 mg/l. Ciò denota un aumento del carico organico ossidabile biologicamente, probabilmente di origine antropica. I livelli di ammoniaca e dei nitriti risultano bassi non comportando problemi di tossicità per l’ittiofauna; i valori dei parametri di temperatura ed ossigeno rientrano in quelli indicati nelle tabelle del D.L. 130/92 per le acque a salmonidi; il grado di trofia risulta basso come per la stazione precedente. Si nota una diminuzione dei carbonati, con una conseguente diminuzione della durezza. Nel campionamento primaverile, dal punto di vista chimico fisico, la situazione risulta sostanzialmente simile. Si denota una leggera contaminazione delle acque, testimoniata dai valori del BOD 5, del Kubel e del COD. Sia l’ammoniaca che i nitriti si trovano in concentrazioni estremamente basse, non presentando quindi problemi di tossicità nei confronti della fauna ittica. Anche i livelli dei nutrienti risultano bassi e non si notano altri parametri con valori critici per la qualità dell’acqua. L’indagine microbiologica rileva una presenza modesta di coliformi (totali e fecali) e di streptococchi (fecali); tale situazione appare naturale considerando che, in questo tratto, il Velino ha già ricevuto l’impatto antropico civile ed industriale della città. L’indagine biologica invernale evidenzia un certo grado di contaminazione, infatti il valore dell’IBE calcolato è uguale a 7 (15 U.S. rinvenute) ponendo l’asta fluviale nella III classe di qualità; il tratto di fiume, quindi, si discosta notevolmente dalle caratteristiche naturali. Nel campionamento primaverile il valore di IBE è pari a 7, e tale valore conferma quello calcolato precedentemente classificando la stazione nella III classe di qualità.

Stazione Montisola: La stazione numero 4, che rappresenta l’ultimo tratto di fiume, descrive l’asta fluviale di 9,24 km che comprende la confluenza del fiume Turano. Le caratteristiche ambientali del tratto considerato sono simili a quelle della stazione precedente anche se con una percentuale maggiore di area urbanizzata. Il fiume scorre formando numerose anse in un alveo che si presenta alternativamente con sponde ripide nella parte di maggior velocità di corrente e sponde con declivio dolce ed abbondante sedimentazione in quella interna. La composizione del fondo è molle, costituita da sabbia e limo con scarsa vegetazione sommersa.

L’indagine chimico fisica invernale ci mostra un valore del BOD 5 di 3,6 mg/l. Si nota quindi, rispetto alle stazioni precedenti, un aumento progressivo di questo valore, che tuttavia, in valore assoluto, non suscita particolari allarmi (il valore limite, per le acque di natura salmonicola, è di 3mg/l). 71

Questo andamento conferma l’ipotesi di apporti di origine antropica nel tratto di fiume esaminato, riconducibile all’immissione di scarichi di natura civile o di materiale organico di diversa natura. Il valore di COD non risulta essere indicativo di particolari tipologie di inquinamento di carattere organico- industriale. I valori dei rimanenti parametri rientrano all’interno dei valori consentiti dalle tabelle del D.L. 130/92. Il livello dei carbonati e la durezza diminuiscono ulteriormente rispetto alla precedente stazione. Il campionamento primaverile mostra una qualità dell’acqua simile a quella riscontrata nella precedente sessione di campionamenti. Si conferma la presenza di una contaminazione di lieve entità, dovuta ad inquinamento di natura organica e civile. Dalla valutazione dell’entità dei valori dei parametri analizzati, non sembrano sussistere problemi di degrado ambientale derivante da lavorazioni di tipo industriale. I livelli dei parametri dell’ammoniaca e dei nitriti si confermano bassi, facendo così escludere effetti di tossicità per i pesci. I valori di concentrazione dei nutrienti risultano anch’essi bassi. La contaminazione microbiologica da coliformi e streptococchi fecali risulta presente, anche se di lieve entità. Nel campionamento invernale le analisi biologiche confermano il graduale peggioramento delle acque; il valore di IBE è uguale a 5 (10 U.S. rinvenute) attribuisce a questo tratto una IV classe di qualità. Nel campionamento primaverile il valore di IBE risulta essere pari a 6 (11 U.S. rinvenute) che classifica le acque nella III classe di qualità: il giudizio sintetico nel tratto considerato è di ambiente inquinato. Complessivamente, considerando i valori stagionali dei due campionamenti IBE, si classifica il tratto in oggetto appartenente ad una classe di qualità intermedia III/IV con giudizio di ambiente degradato.

72

5 Sistemi insediativi e caratteri morfologici dell’area

5.1 Principali tipologie di uso del suolo L’ area reatina si connota per l’isolamento dei sistemi territoriali di rilevanza regionale o interregionale. Il territorio si presenta quindi come una vasta regione caratterizzata da bassa densità abitativa. La struttura insediativa residenziale si articola secondo tre tipologie:

• Fortemente concentrata nel capoluogo di Rieti; • articolata lungo le direttrici di collegamento viario; • diffusa nella piana irrigua e nelle zone pedecollinari; • concentrazione degli insediamenti industriali in aree dedicate;

Per queste caratteristiche il sistema delle acque può essere considerato un elemento di ricucitura territoriale nonché una fondamentale chiave di lettura del territorio reatino. Nel caso della provincia reatina l’acqua diventa un fattore identitario per l’intero territorio provinciale. Il fiume Velino, in particolare, riveste un’importanza fondamentale e centrale nell’organizzazione del territorio, configurandosi come elemento di connessione economica, ecologica e culturale. Tutte le zone densamente abitate che costituiscono il fulcro economico della provincia - tra cui il capoluogo, le direttrici maggiori di collegamento stradale e ferroviario, le piane irrigue e le zone collinari - si sviluppano attorno a questo fiume. Le dinamiche territoriali, sociali e culturali si riflettono sul rapporto tra sistema fluviale e sistema insediativi. Possiamo quindi indicare la presenza dei seguenti ambiti territoriali accumunati da peculiari aspetti dell’insediamento:

• Alto corso : caratterizzato prevalentemente da attività agricole di medio e basso impatto e da piccoli centri urbanizzati di tipo prevalentemente rurale e montano con sviluppo di espansioni urbane fuori dai centri storici (Sigillo, Borbona, Posta) e di limitate aree di insediamenti diffusi puntuali (piana di Bacugno) e lineari (Cittareale), caratterizzato anche da fenomeni di abbandono; • Medio Corso: che comprende il tratto fra Antrodoco e Rieti, caratterizzato da diverse tipologie d’insediamento in prossimità del centro urbano e nella piana, ancora agricolo con casali sparsi. • Il Sistema della Piana Reatina fino ai laghi caratterizzato dalle frazioni satellite di Rieti (come Chiesa Nuova) ma prevalentemente interessati da usi agricoli con casali e case sparse.

Alto corso L’area di studio ricade nella Comunità Montana del Velino comprendente i comuni dell’amatriciano, dell’alto Velino e solo in parte nel medio Velino. Ha una superficie totale di 72.145 ha di cui 26710 ha, pari al 37%, sono agricole e maggiormente utilizzate come prati e pascoli che coprono il 30% del territorio della Comunità Montana mentre le superfici destinate a bosco coprono il 23% del territorio. Questi comuni mantengono una forte caratterizzazione agricolo-rurale seppure il contesto territoriale sia interessato da un progressivo processi di abbandono. Tale circostanza porta ad una frammentazione delle zone colturali e, di conseguenza, anche ad una discontinuità del tessuto insediativo. Tali tendenze hanno determinano cambiamenti anche nella conduzione e utilizzazione dei suoli, con l’abbandono delle campagne e la distruzione del territorio agrario. L’unica area con vocazione industriale consiste in piccole industrie locali

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dedite alla lavorazione del legno presso Borgo Velino. Per questa specializzazione l’insediamento di Borgo Velino si è nel tempo saldato, attraverso insediamenti diffusi, ad Antrodoco. Sono aree con vocazione commerciale quelle di , Antrodoco e Castel Sant’Angelo. L’area di studio che ricade nella Comunità Montana di Montepiano Reatino e comprende i comuni di Cantalice, Leonessa, , Poggio Bustone e Rivodutri non ha carattere omogeneo e si discosta da quella ricadente nella Comunità Montana del Velino. Il Comune di Cantalice ha un elevata percentuale di territorio agricolo e boscato ma presenta una consistente urbanizzazione dovuta alla vicinanza del nucleo industriale Rieti-Cittaducale. Il Comune di Leonessa ha un elevata percentuale di territorio boscato e di superficie coltivata. L’insediamento presenta una discreta urbanizzazione dovuta alla presenza di una buona attività ricettiva (legata soprattutto al fine settimana dei romani). Il territorio del Comune di Morro Reatino è caratterizzato da un ampia superficie boschiva, bassa urbanizzazione ed alto decremento della popolazione. Il Comune di Poggio Bustone ha una bassa percentuale di superficie agricola. Medio corso Il sistema urbano complesso Rieti – Cittaducale . Tale sistema è nato intorno al nucleo storico consolidato della città di Rieti e degli insediamenti produttivi sulla Salaria e della Snia Viscosa. Si presenta attualmente come un sistema formato da più nuclei fortemente identitari con caratteristiche differenti che tendono a saldarsi in un sistema unitario. Le problematiche principali sono legate alla frammentazione tra le parti e al complessivo carico per funzioni e servizi principali sul nucleo centrale, causato dall’incompiutezza e dalla carenza di attrezzature delle nuove espansioni. Inoltre le espansioni recenti presentano in prevalenza un’assenza di disegno di suolo e scarsa qualità edilizia, di servizi e spazi pubblici a supporto della nuova residenza.

I nuclei insediativi a corona lungo i bordi della piana e i nuclei storici . Lo sviluppo di nuclei insediativi a corona lungo i bordi della piana ha origine dal progressivo svuotamento dei centri storici con, parallela, crescita di nuovi insediamenti lungo le direttrici di collegamento fra centri e servizi (ad esempio, Limiti di Greccio per Greccio, Borgo S. Pietro per Poggio Bustone, Piè di Colle e Rivodutri, ecc.).

La diffusione di case sparse lungo la piana . Questo fenomeno ha causato una complessiva perdita del rapporto e dell’integrazione tra il sistema insediativo, il sistema produttivo agricolo e il sistema naturale. I problemi che ne derivano sono la semplificazione e l’omologazione del paesaggio rurale e i relativi fenomeni di abbandono delle pratiche agricole tradizionali, nonché l’elevato consumo di suolo per usi di tipo residenziale e la perdita del valore ambientale dell’area. In questo caso spesso si tratta di residenza di qualità, con annessi ampi giardini e aree verdi, anche connessi alle aree agricole. In alcuni casi questo sviluppo residenziale si è appoggiato a casali e aziende agricole preesistenti, determinando la formazione di piccolissimi nuclei residenziali. Si registra comunque una diffusa sistemazione e ammodernamento delle infrastrutture stradali, una svolta del carattere rurale verso caratteri “più urbani” che costituisce la maglia di supporto del nuovo sviluppo residenziale.

Per quanto riguarda invece gli ambiti territoriali dei due grandi fiumi che confluiscono nel Velino, il Salto ed il Turano, essi si articolano come segue: Turano. Il Turano è stata realtà di confine per tantissimi secoli ed ha vissuto nel contesto ristretto della propria valle, con una struttura sociale fragile tipica delle aree di montagna e fondata soprattutto su un’economia di sussistenza, anche se non pochi erano i rapporti con le aree limitrofe: Rieti, l’Abruzzo, la 74

Sabina. Elemento determinante nella storia della Valle del Turano è stata la realizzazione del bacino artificiale che, più ancora di quanto non sia successo nella Valle del Salto, ha sottratto all’attività agricola le già scarse e poco remunerative aree disponibili per la coltivazione, creando un netto divario tra la situazione a monte e a valle del bacino. Attualmente le aree più sfruttate sono quelle, poche, più pianeggianti e più vicine al lago ove si sono concentrate anche le infrastrutture e gli insediamenti. Al di là delle promesse e degli incentivi occasionali, la valle è andata incontro ad una profonda crisi economica, acuita dal successivo periodo di guerra. In realtà tale crisi ha origini ancor più lontane legate alla progressiva marginalizzazione e difficoltà delle economie di montagna che avevano già visto un indebolimento dei tessuti sociali nonostante gli interventi pubblici di sostegno. Tale spopolamento si è trasformato negli anni ‘50, epoca delle prime potenti forme di industrializzazione, in un vero e proprio esodo che ha visto il trasferimento di interi nuclei familiari verso Roma. Il Salto , è tagliato fuori dai grandi sistemi infrastrutturali, così come alcuni centri limitrofi isolati perché le strade di collegamento risultano inadeguate. Hanno contribuito a questo stato di cose alcuni fenomeni storici che hanno influito soprattutto sul sistema produttivo. In primo luogo, il progressivo abbandono della pratica della transumanza; in secondo luogo, la creazione negli anni ‘30 del bacino artificiale (il lago del Salto) che ha costituito un forte elemento di rottura: a parte i cambiamenti del microclima locale, ciò ha comportato la scomparsa della maggior parte delle aree di interesse agricolo della valle ed il fallimento delle attività connesse. Tale circostanza ha causato un progressivo spopolamento, indirizzato soprattutto verso Roma, ma anche verso le aree limitrofe dell’Abruzzo

Sistema della Piana reatina fino ai laghi. L’insediamento industriale è inesistente nel territorio. Insediamenti diffusi sono presenti nell’area del bacino della Riserva dei laghi in diverse forme. Ci sono insediamenti di carattere continuo e mediamente denso (es. Poggio Bustone, Cantalice) e di carattere discontinuo (Castelfranco, Fantauzzi). A sua volta l’insediamento discontinuo si scinde in tessuto residenziale sparso e rado. Quest’ultimo è quello di maggiore interesse per la pressione esercitata. Infatti insediamenti di carattere continuo e discontinuo sparso hanno dei collegamenti con le fognature e quindi con i depuratori comunali; ma l’insediamento rado non è sempre collegato, tramite fognature, ai depuratori e quindi necessita di fosse biologiche, fosse imhoff e pozzi neri.

5.2 Caratteri morfologici dei principali centri abitati nell’area del parco

Alto corso L’abitato sorge su uno sprone del Monte Ciambella, rivolto a sud-est sull’alta Valle del Tronto e in sinistra del corso d’acqua. La struttura viaria è irregolare con notevoli dislivelli. L’edilizia recente ha scarso sviluppo e prevale nella parte bassa con nuclei isolati. Piccoli centri abitati, in fase di contrazione, si trovano prevalentemente sul fianco montuoso sulla sinistra del Tronto. Antrodoco L’abitato è situato allo sbocco delle gole omonime, sulla sinistra del fiume Velino. La parte più antica si sviluppa sui versanti più soleggiati di un colle conico da un forte, e si amplia ai piedi del colle fino a distendersi a sud, lungo la via Salaria verso Borgo Velino. La rete viaria è ad asse generatore longitudinale nella zona di fondovalle, e segue le curve di livello nella parte alta. Il territorio comunale è prevalentemente montano e i nuclei abitati sono pochi e di scarsa entità. Cittareale

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Il territorio è disseminato di vari centri e nuclei abitati che hanno attualmente dimensioni ridotte. L’abitato è insediato sulla sinistra del fiume Velino, in prossimità delle sorgenti. Il centro di piccole dimensioni è arroccato su di un breve risalto orografico, con struttura concentrica e a maglie irregolari. L’edilizia recente è scarsamente sviluppata. Posta Il territorio è per la quasi totalità montano, caratterizzato da una gola molto stretta nel cui fondovalle scorre il Velino. Gli insediamenti sono collocati quasi tutti nel fondo valle. L’abitato si svolge sul fianco di una collina, occupandone sia le pendici inferiori che la sommità, in prossimità della Salaria di cui costituisce un importante punto di appoggio e snodo. L’abitato antico ha come asse generatore la vecchia Salaria. L’edilizia recente è scarsa e di tipo isolato.

Medio corso Rieti I nuclei insediativi a corona lungo i bordi della piana e i nuclei storici . In alcuni casi si tratta di nuclei che hanno un’origine storica (Vazia e Madonna del Passo, Collemare e Fantauzzi, Borgo S. Pietro e Patalocco, Piè di Colle e Apoleggia, Colli sul Velino e Repasto, Sellecchia, Limiti di Greccio, Spinacceto e Terria, ecc.), in altri di insediamenti completamente nuovi. Si è anche accennato al prevalente sviluppo di questi insediamenti in corrispondenza di nodi infrastrutturali, per lo più incroci stradali, ma anche ponti e stazioni ferroviarie. In alcuni casi (ad esempio, Limiti di Greccio e Piani di Poggio Fidoni), si tratta di centri di un discreto peso territoriale in via di espansione ma con notevoli carenze morfologico-funzionali, in altri di piccoli nuclei non adeguatamente qualificati, in altri ancora di raggruppamenti di case sparse. Per i centri storici le problematiche principali sono legate alla mancata valorizzazione, mentre per i nuovi insediamenti soprattutto al mancato disegno di suolo, alla scarsa qualità edilizia ed alla carenza di attrezzature. Più complesse sono le problematiche di Contigliano: a ridosso del nucleo storico la presenza della strada statale ha dato vita a nuove espansioni prive di qualità morfologico- insediativa, sottoposte al traffico passante e poco integrate con la struttura urbana complessiva.

5.3 Infrastrutture

L’asse portante della rete infrastrutturale è costituito dalla via Salaria (via del Sale) la SS 4 che attraversa longitudinalmente l’area di studio collegando Roma ad Ascoli Piceno via Rieti. L’arteria che è stata ammodernata ed ampliata in vari punti funge da collegamento principale tra i vari insediamenti. Programma Rete Ecologica – Monti Reatini – Monti della Laga II PARTE RE_05/090/P 102 Altre arterie portanti sono quelle che attraversano trasversalmente l’area: - la interregionale SS79 che collega Rieti a Terni; - la interregionale SS17 che collega Antrodoco all’Aquila; - la interregionale SS471 che collega Leonessa via Posta e Borbona all’Umbria; - la S260 e S577 che collegano Amatrice all’Abruzzo L’unico asse ferroviario che attraversa sia longitudinalmente che trasversalmente l’area è quello della linea Rieti – Terni - L’Aquila.

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5.4 Elettrodotti e gasdotti

La normativa di riferimento riguardante i settori elettrodotti e gasdotti è la seguente: - R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775: ”Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici” Programma Rete Ecologica – Monti Reatini – Monti della Laga II PARTE RE_05/090/P 103 - Legge 28.6.1986 n. 339: “nuove norme per la disciplina della costruzione e dell’esercizio delle linee elettriche esterne”; - L. 9/10 1991: “ norme per l’attuazione del nuovo piano energetico nazionale, aspetti istituzionali, centrali idroelettriche ed elettrodotti idrocarburi e geotermia, autoproduzione e disposizioni fiscali”; - L 481/1995: “ Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità”; - L. 22 febbraio 2001 n. 36: “legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici ed elettromagnetici”; - Legge 23 agosto 2004, n. 239: Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia anche gasdotti.

La regolazione e il controllo dei settori dell’energia elettrica e del gas è affidata alla Autorità per l’energia elettrica e il gas, un’autorità indipendente istituita con la legge 14novembre 1995, n. 481. L’Autorità ha il compito di perseguire le finalità indicate dallalegge n. 481 del 1995 con cui si vuole garantire la promozione della concorrenza e dell’efficienza nei settori dell’energia elettrica e del gas, nonché assicurare adeguati livelli di qualità dei servizi.

- Elettrodotti : gli elementi costitutivi della rete sono: i trasformatori di AAT (altissima tensione) che prelevano l’energia dalle centrali elettriche nazionali (o dai punti di confine per l’energia importata); linee ad altissima tensione (380KV), dedicate al trasporto dell’energia elettrica su grandi distanze; linee ad alta tensione (220KV e 132 KV), per la distribuzione dell’energia elettrica; linee a media tensione (generalmente 15 KV), per la fornitura ad industrie, centri commerciali, grandi condomini ecc.;linee a bassa tensione (220- 380V), per la fornitura alle piccole utenze, come le singole abitazioni; infine, le stazioni di trasformazione che cedono l’energia alle società di distribuzione che, a loro volta (tramite società di vendita), portano l’elettricità nelle case e nelle fabbriche. Le linee ad alta tensione sono linee aeree costruite su tralicci, le linee a media e bassa tensione possono essere costruite su palo o interrate sotto la superficie stradale. Nell’area di studio le linee di Bassa e Media Tensione sono gestite dall’Enel mentre quelle di Alta Tensione dalla Terna. L’Enel Ente Nazionale per Energia Elettrica nasce nel 1962 con il provvedimento di nazionalizzazione del sistema elettrico. Con il decreto legge n. 333 dell11 luglio 1992, convertito nella Legge n. 359 dell8 agosto, Enel diventa Società per azioni. Tema S.p.A. - Trasmissione Elettricità Rete Nazionale S.p.A. , è proprietaria di oltre il 90% della Rete di Trasmissione Nazionale dell’energia elettrica (RTN) ad alta ed altissima tensione (AT-AAT), specializzata nell Esercizio, Manuntenzione e Sviluppo della porzione di rete e gestisce 19,700 Km di linea AT di proprietà di Enel Distribuzione.

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Tema è stata costituita da Enel nel 1999 in ottemperanza a quanto previsto dal Decreto Legislativo n. 79 del 16 marzo 1999, il cosiddetto Decreto Bersani, che ha disposto la separazione della proprietà degli elementi della rete di trasmissione nazionale (linee, tralicci, stazioni, ecc.) dalla gestione della stessa rete. Lo stesso Decreto Bersani ha disposto la costituzione del Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale (GRTN), un soggetto pubblico controllato dal Ministero dell’economia e delle finanze, cui è stata affidata la gestione dell’attività di trasmissione dell’energia.

- Gasdotti : Il sistema di trasporto del gas è composto da metanodotti di diametro da 25 a 1.200 mm, a pressione compresa tra 0,5 e 75 bar. Della rete fanno parte centrali di compressione dedicate al servizio di spinta in linea ed inoltre gli impianti di regolazione, riduzione e miscelazione del gas e gli altri impianti necessari al trasporto ed al dispacciamento del gas. L’area di studio è interessata da una rete in fase di realizzazione gestita dalla Snam.

La Snam Rete Gas del gruppo Eni che nasce nel 1941 come Snam Società Nazionale Metanodotti ha un sistema di trasporto composto da circa 30.545 km di metanodotti (al 31/12/2004), 11 centrali di compressione, impianti di regolazione, riduzione e miscelazione del gas e gli altri impianti necessari al trasporto ed al dispacciamento del gas. La rete è direttamente collegata ai giacimenti, alle linee di importazione e ai centri di stoccaggio che alimentano il sistema gas italiano. In base alla delibera n°120/01 (Definizione di criteri per la determinazione delle tariffe per il trasporto e dispacciamento del gas naturale e per l’utilizzo dei terminali di Gnl e della prenotazione di capacità), è stata stabilita una ripartizione dei metanodotti Snam Rete Gas in due parti afferenti alla Rete Nazionale di Gasdotti, per un totale di 8.196 km, ed alla Rete di Trasporto Regionale per i restanti 22.349 km.

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6 . Vincoli

6.1 Usi civici Le proprietà montane sono in parte comunali; ma boschi e pascoli risultano prevalentemente soggetti ad uso civico: diritti esercitati dalle popolazioni su terre private e diritti di singoli utenti sulle terre delle comunità (art. 1-12 della Legge n.1766 del 16.06.1927). Il regime giuridico degli usi civici, costituiti da boschi e pascoli, è caratterizzato dalla conservazione e dal carattere pubblico delle aree soggette alla regolamentazione. Tutti i poteri in materia di gestione e conservazione dei terreni montani, foreste, rimboschimenti e proprietà silvo-pastorali sono stati trasferiti alle Regioni ai sensi della L. 616/1977. La Regione può fornire programmi per la gestione dei patrimoni silvo - pastorali dei comuni ed altri enti, ed affidare la gestione ad aziende interregionali (art. 69 L.616) e per l’alienazione degli usi civici all’interno dei centri abitati quando ricadono nella zonizzazione di P.R.G. del comune.

6.2 Il vincolo idrogeologico, il PAI e il PS3 – Piano Stralcio di Piediluco

Vincoli idrogeologici: Il comprensorio della rete ecologica è quasi interamente sottoposto al vincolo idrogeologico ad eccezione della piana reatina e dell’altopiano di Leonessa che delimitano a sud ed ad ovest la zona montana. Nei territori sottoposti a vincolo idrogeologico è vietata, in assenza di apposita autorizzazione, la trasformazione di colture, il taglio degli alberi, la modificazione del regime delle acque e dell’originario assetto del terreno. (L. 3267 del 30.12.1923 e R.D. 16.05.1926 n. 1126). L’assetto idraulico e geomorfologico è contenuto nel Piano di Assetto Idrogeologico (PAI) dell’Autorità di Bacino Tevere e nel Piano di Assetto Idrogeologico (PAI) dell’Autorità di Bacino Tronto, aventi l’obiettivo di evidenziare le zone di rischio e di pericolosità, secondo una classificandone definita dal DPCM 29 settembre 1998 (Atto di indirizzo e coordinamento in attuazione del D.L.180/98). Nella zona in esame sono presenti aree con fenomeni franosi e a rischio idrogeologico. Infine l’area è classificata sismica (si ricordano anche catastrofi storiche) di vario grado. L’individuazione delle aree di pericolosità idraulica e delle zone di rischio lungo il reticolo principale derivano dall’applicazione di una procedura che utilizza tecnologie innovative per il rilievo della morfologia delle aree fluviali. La procedura di individuazione della pericolosità idraulica, a partire dal quadro idrogeologico del bacino, ha utilizzato i codici HEC-RAS e FRESCURE per l’individuazione dei limiti delle aree allagabili con tempi di ritorno T r 50, 200, 500 anni. La procedura ha inoltre permesso di individuare le aree di allagamento indiretto per sormonto e tracimazione degli argini e per varchi idraulici. Le aree allagabili sono state infine depurate delle aree marginali ove il tirante idrico e il carico dinamico sono tali da non rappresentare pericolo per la vita umana. Sulla base dell’uso del suolo e delle previsioni urbanistiche è stata quindi valutata la vulnerabilità degli elementi esposti ai fini dell’individuazione delle zone di rischio.

Reticolo secondario. Le aree di rischio idraulico sul reticolo secondario e minore, ove l’incertezza dei dati idrologici e dei rilievi topografici è tale da non permettere in questa fase l’applicazione delle stesse metodologie descritte per il reticolo principale, sono state in gran parte delimitate sulla base di studi specifici rilievi in campagna o procedure speditive come previsto dall’Atto di indirizzo di cui al DPCM del 29 settembre 1998. 79

L’individuazione ditale aree è avvenuta sulla base di studi in possesso all’Autorità di bacino relativi a oltre 700 aree in dissesto idraulico e sulla base di segnalazioni regionali e di enti locali.

Delimitazione delle fasce fluviali Il piano stralcio individua tre fasce in cui la disciplina delle attività di trasformazione del suolo è volta al raggiungimento degli obiettivi di assetto Fascia A - obiettivi di assetto: • Garantire il libero deflusso della piena di riferimento Tr 50 anni • Consentire la libera divagazione dell’alveo inciso assecondando la naturalità delle dinamiche fluviali • Garantire la tutela ed il recupero delle componenti naturali dell’alveo funzionali al contenimento di fenomeni di dissesto (vegetazione ripariale, morfologia) La fascia A è caratterizzata dalla massima pericolosità ed è definita dal limite delle aree di esondazione diretta della piena di riferimento con Tr 50. Per la sua vicinanza al corso d’acqua, per le evidenti interconnessioni di tipo idraulico e per la presenza di habitat faunistici e vegetazionali tipici dell’ecosistema fluviale, la fascia A è considerata di pertinenza fluviale. Il Piano Stralcio prevede per la fascia A la possibilità di libere divagazioni del corso d’acqua ed il libero deflusso delle acque della piena di riferimento; in questo senso ulteriori insediamenti, rispetto a quelli già esistenti e perimetrati come aree a rischio, non sono considerati compatibili con gli obiettivi di assetto della fascia. Fascia B - obiettivi di assetto: • Garantire il mantenimento delle aree di espansione naturale della piena • Controllare la pressione antropica • Garantire il recupero e la tutela del patrimonio storico — ambientale La fascia B è compresa tra il limite delle aree di esondazione diretta ed indiretta delle piene con Tr 50 e Tr 200. La delimitazione include le aree di esondazione indiretta(i) e le aree marginali(2) della piena con Tr 50. Poiché uno degli obiettivi di assetto della fascia B è quello della conservazione delle capacità di invaso, le aree di esondazione indiretta della piena con Tr 200 vi sono incluse. Il piano stralcio riconosce a queste aree la necessità di conservazione della capacità di laminazione della piena e individua criteri ed indirizzi per la compatibilità delle attività antropiche Fascia C - obiettivi di assetto: • Assicurare un sufficiente livello di sicurezza alle popolazioni insediate, ai beni ed ai luoghi attraverso la predisposizione di Piani di emergenza di cui alla L. 225192. La fascia C comprende le porzioni di territorio inondabili comprese tra le piene con Tr 200 e Tr 500 e le aree marginali della piena con Tr 200. Per la fascia C il piano stralcio persegue il raggiungimento degli obiettivi di assetto attraverso indirizzi e linee guida per le Amministrazioni provinciali nell’ambito delle proprie competenze a cui, ai sensi della legge 225/1992, compete la predisposizione dei Piani di protezione civile.

Rischio idraulico nell’area in esame Il fiume Velino genera fenomeni di esondazione, di erosione degli argini e di subsidenza. Le situazioni di maggior rischio interessano essenzialmente due aree: la prima nella parte meridionale (sono interessati i comuni di Cittaducale, Castel Sant’Angelo, Borgo Velino, Antrodoco) e riguarda il reticolo idrografico principale del fiume Velino; la seconda, più a monte, comprende il comune di Posta e riguarda il reticolo idrografico secondario in località Sigillo (torrente Scura). In particolare, si segnalano alcune situazioni di maggior rischio nel comune di Cittaducale, tutte con livello di rischio R4: località San

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Vittorino (con fenomeni di subsidenza diffusa che determinano l’insorgenza di nuovi laghi); località Grotti-Madonna delle Rose; località Casette (tra Rieti e Cittaducale). Nel territorio di Castel Sant’Angelo viene definita a rischio R4 la zona di Ponte Alto e parte del territorio in presenza di costruito vicino alla stazione comunale. Lungo il fiume Velino, nel tratto Stazione di Cotilia – Stazione di Castel Sant’Angelo, le aree a potenziale rischio di esondazione (fascia A prevalente) si espandono trasversalmente all’asta fluviale, in direzione nord (zone R4 in località Terme di Cotilia e Case di Paterno) e sud fino alla località Piano dei Micciani (zone R4 in prossimità dell’impianto di sollevamento A.C.E.A.). Sempre lungo l’asta fluviale, nei pressi di Borgo Velino vi è una prevalenza di zone di esondazione di fascia C e zone a rischio R3 (centro abitato). Si segnala inoltre: la presenza di zone a rischio R4 in prossimità di edificazione rada a ridosso della linea ferroviaria fino alla stazione di Antrodoco-Borgo Velino; una prevalenza di zone R2 ed R3 nell’area di Antrodoco, in prossimità del letto del fiume; una presenza di zone a rischio R4 in località La Rocca (Antrodoco est).

All’interno del Progetto di Territorio Velino si segnala la presenza del lago di Piediluco il cui risanamento e valorizzazione sono stati affidati al Piano Stralcio P.S.3, redatto dall’Autorità di Bacino del Tevere, per la salvaguardia delle acque e delle sponde del lago di Piediluco. Tale strumento conoscitivo e tecnico-normativo è stato elaborato al fine di contenere e di ridurre progressivamente i fenomeni eutrofici che caratterizzano il lago di Piediluco, ripristinando le condizioni di stabilità delle sponde. Tale valutazione è stata effettuata con una stima degli apporti di fosforo provenienti dai diversi comparti di produzione, distinguendo le sorgenti inquinanti in relazione alle modalità di rilascio (diversificazione in base alle attività produttive presenti sulle sponde o nei dintorni). Le acque che raggiungono il lago di Piediluco provengono : - dal bacino naturale, che si estende su una superficie di circa 74 Kmq; - dal bacino del fiume Nera chiuso a Triponzo da cui parte, in galleria, il Canale Medio Nera che recapita le acque del bacino sotteso direttamente nel lago; - dal bacino del Fiume Velino, il quale contribuisce all’alimentazione del lago di Piediluco attraverso un canale artificiale che svolge le funzioni di emissario ed immissario del lago, in relazione al regime di funzionamento della centrale idroelettrica ENEL (oggi Endesa) di Galleto Monte S. Angelo. Per approfondimenti sui risultati e sulla cartografia si rimanda al Piano Stralcio per la salvaguardia delle acque e delle sponde del lago di Piediluco redatto nel dicembre 2001 dall’Autorità di Bacino Fiume Tevere.

6.3 Il vincolo paesistico e il Piano Territoriale paesistico Regionale (PTPR)

Lo studio condotto nel 1998 per la prima proposta di perimetrazione è stato realizzato prima che il nuovo Piano Territoriale Paesistico Regionale venisse approvato. Il vincolo paesaggistico del nuovo Piano Territoriale Paesistico Territoriale Regionale del Lazio ha delle particolarità rispetto al precedente PTP. Con la legge regionale del 6 luglio 1998 n. 24 sono stati approvati, in via definitiva, i 29 piani territoriali paesistici redatti e adottati dalla Giunta regionale dal1985 al 1993, ai sensi della Legge 431/85. La legge regionale ha concluso un decennale periodo d’incertezza amministrativa in relazione all’effettiva efficacia dei piani adottati imponendo, al contempo, l’approvazione di un unico Piano Territoriale Paesistico Regionale con l’introduzione degli articoli 21, 22 e 23. Il PTPR costituisce un unico Piano paesaggistico per l’intero ambito regionale ed è stato predisposto dalla struttura amministrativa regionale competente in materia di pianificazione paesistica. Dopo la sua definitiva approvazione nel 2007 il PTPR ha sostituito tutti i 81

Piani Territoriali Paesistici precedenti. Il Piano è realizzato interamente su supporto informatico ed ha come obiettivo specifico di rendere omogenee norme e riferimenti cartografici per tutto il territorio regionale. La base cartografica è costituita dalla Carta Tecnica Regionale in scala 1:10.000 georeferenziata secondo le coordinate Utm. 33 ed il sistema geografico europeo ED50. La redazione del PTPR ha comportato la complessiva revisione dei piani paesistici pecedenti che avevano come riferimento la legge “Galasso” per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale del 1985 e la legge del 1939 sulle bellezze naturali, per misurarsi con un quadro legislativo delle materie ambientali, culturali e del paesaggio profondamente modificato. Si deve considerare il PTPR un piano paesaggistico di terza generazione. Infatti la prima generazione di piani discende direttamente dall’applicazione della legge 1497 del 29 giugno1939 e dal suo regolamento di attuazione, il Regio Decreto del 3 giugno 1940 n. 1357 ancora vigente, che ha visto come unica amministrazione competente il Ministero per i Beni e le Attività culturali. La relativa produzione di piani (molto sporadica e senza logica sistemica) è sostanzialmente durata fino al 1972 anno in cui, con il DPR n. 8, è stata trasferita alle Regioni la funzione amministrativa per la redazione e l’approvazione dei piani paesaggistici. Attualmente nel Lazio risultano redatti e/o adottati secondo queste disposizioni solo tre piani di ambiti molto circoscritti: “Appia Antica”; “Comprensorio del Terminillo” e “Sperlonga”. La seconda generazione di piani è quella discendente dagli obblighi della legge “Galasso” dell’8 agosto 1985 n. 431 che riconosce come ente competente la Regione e prevede “la redazione di piani paesistici o piani urbanistico territoriali con specifica considerazione dei valori paesistici e ambientali”. La relativa produzione di piani , ben più ampia e articolata della precedente, è di fatto durata fino all’entrata in vigore del Codice dei beni culturali e del paesaggio del 2004. Nella Regione Lazio sono trenta i piani di seconda generazione adottati e approvati. Il Codice ha, infatti, imposto alle Regioni una verifica e l’adeguamento dei piani paesaggistici vigenti entro il 1 maggio del 2008, pena l’applicazione dei poteri sostitutivi da parte del Ministero. La specializzazione e l’evoluzione tecnica e normativa intervenuta nel frattempo, sia degli approcci nelle materie ambientali sia del loro sviluppo nell’azione amministrativa, hanno ridefinito la collocazione della pianificazione paesaggistica in un preciso e più ampio ambito. Infatti, dopo la legge Galasso, sono state introdotte nel nostro ordinamento innumerevoli disposizioni regionali, nazionali e comunitarie che hanno modificato il campo d’azione del piano paesaggistico e ne hanno specializzato e ampliato le finalità. Le nuove disposizioni in materia di difesa del suolo, protezione civile, salute, impatti ambientali su acqua, aria e suolo hanno di fatto separato i contenuti scientifici ed i compiti istituzionali, inerenti la salute e la vulnerabilità fisica del territorio, dalle politiche di salvaguardia del patrimonio dei beni culturali e dei beni naturali tout court portando, di fatto, ad una specializzazione settoriale. Il nuovo PTPR mira, dunque, a ridefinire contenuti e la sfera di competenza della pianificazione paesaggistica vigente, attraverso un approccio settoriale che comprende e disciplina l’insieme dei beni del patrimonio naturale e culturale del territorio. Assume così le funzioni di un piano quadro settoriale , con valenza territoriale. Il PTPR vigente è un piano urbanistico-territoriale avente finalità di salvaguardia dei valori paesistici e ambientali ai sensi dell’art. 135 del D.Lg. 42 del 22.2. 2004, in attuazione comma 1 dell’art. 22 della Lr 24 del 6 luglio 1998 nel testo in vigore. Il PTPR accoglie e trasferisce in ambito regionale, gli obiettivi e le strategie politiche elaborate per il territorio europeo contenute nello “Schema di sviluppo dello spazio Europeo” (SSSE), approvato dal Consiglio informale dei Ministri responsabili dell’assetto del territorio degli Stati membri dell’Unione europea, a Postdam il 10 e l’11 maggio del 1999 nel testo in vigore. Il PTPR applica altresì i principi contenuti nella “Convenzione europea del paesaggio” adottata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa il 19 luglio 2000, sottoscritta dallo Stato e ratificata con L. n. 14 del 9.1.2006. 82

Altro aspetto innovativo del PTPR riguarda l’individuazione di obiettivi di qualità paesaggistica da realizzare attraverso azioni volte, da una parte, alla conservazione dei paesaggi e, dall’altra, alla loro valorizzazione in chiave sostenibile. Gli obiettivi di qualità paesaggistica riguardano: • Il rispetto e la valorizzazione dei fattori identitari del paesaggio, dal punto di vista ambientale e socio-culturale; • Le morfologie esistenti; • Le tipologie architettoniche; • Le tecniche e materiali costruttivi tradizionali; • La scelta di linee di sviluppo economico sostenibili; • La salvaguardia delle aree agricole; • La riqualificazione di territori compromessi o degradati; • Il recupero dei valori culturali preesistenti; • La creazione di nuovi valori paesistici coerenti ed integrati.

Il perseguimento dei suddetti obiettivi avviene, in coerenza con le azioni e gli investimenti di sviluppo economico e produttivo delle aree interessate attraverso: • progetti mirati; • misure incentivanti di sostegno per il recupero, la valorizzazione e la gestione finalizzata al mantenimento dei paesaggi; • indicazione di idonei strumenti di attuazione.

Caratterizzazione dell’area provinciale di Rieti L’intera provincia di Rieti costituisce un ambito particolarmente interessante dal punto di vista paesaggistico. IL territorio si estende in prevalenza all’interno del Sistema del Paesaggio Naturale (Tav. A, sui Sistemi e ed ambiti del Paesaggio) in tutte le sue articolazioni, e del Paesaggio Agrario nelle sue componenti più rilevanti: Paesaggio Agrario di rilevante valore (soprattutto nella piana di S. Vittorino ed in prossimità di Castel S. Angelo ) e di valore. Vale la pena però sottolineare che, anche quando nelle immediate vicinanze del corso fluviale i sistemi e gli ambiti di paesaggio non presentino caratteri rilevanti, nella maggior parte dei casi questi costituiscono una importante struttura ambientale e percettiva di collegamento fra sistemi e ambiti paesaggistici di grande valore. In questo senso la valorizzazione delle aree intermedie, favorita dalla costituzione del parco fluviale, consentirebbe di ricostruire connessioni preziose a livello ambientale e turistico. Infatti, nelle stesse zone spesso convivono aree interessanti dal punto di vista ambientale con aree d’interesse archeologico e centri storici da valorizzare (Tav. B sui Beni Paesaggistici 2), come nel caso della piana di S. Vittorino o come accade per gran parte del corso medio del fiume. Lo stesso Piano Territoriale Paesistico segnala (Tav. C. sui Beni del patrimonio naturale e culturale e azioni strategiche del PTPR) all’interno della voce “Ambiti prioritari per i progetti di conservazione, recupero, riqualificazione, gestione e valorizzazione del paesaggio regionale, alcuni percorsi panoramici che seguono il corso del fiume e che si intensificano nel tratto Piana di S. Vittorino-Antrodoco, o che dal fiume si dipartono verso le principali centralità ambientali vicine (ZPS e SIC). In tali ambiti vengono anche compreso alcuni ambiti utili a costituire Sistemi agrari a carattere

2 Per la consultazione delle indicazioni dettagliate del PTPR si rimanda alla consultazione del GIS allegato.

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permanente che dovrebbero essere valorizzati nell’ottica, più contemporanea, di parchi agricoli polifunzionali (come nel tratto tra Cittaducale e Castel Sant’Angelo e in prossimità di Borgo Velino).

I beni paesaggistici riconosciuti sul territorio provinciale dal PTPR è di 222.541,12 ha (il 12,98% dell’estensione totale).

Di seguito sono riportati i paesaggi ritenuti di pregio nel territorio provinciale:

Di seguito si elencano gli elaborati riguardanti la Provincia di Rieti: - Allegato A: Immobili e aree di notevole interesse pubblico, lett. c) e d) del co. 1 art. 136 DL.gvo 2/2004; Repertorio beni paesaggistici (A3 provincia di Rieti). - Allegato E: Aree tutelate per legge lett. m) del co. 1 art.142 DL.gvo 42/2004; E1 Beni areali della Provincia di Frosinone, Latina e Rieti. - Allegato F: Immobili e aree tipizzati individuati dal PTPR art. 134 co. 1 Lett. c) del Dlgvo42/2004; - F1B: • insediamenti urbani storici e territori contermini; • borghi e beni singoli dell’architettura rurale; • beni puntuali e lineari storico monumentali; • canali delle bonifiche agrarie; • beni geomorfologici e carsico-ipogei. - F4: Beni storico-archeologici puntuali e lineari della Provincia di Rieti ; - Allegato 3C: Proposte comunali per la revisione dei PTP vigenti della Provincia di Rieti ; - Beni del patrimonio naturale e culturale - tavole C da 1 a 42 redatte sulla Carta Tecnica Regionale alla scala 1:10.000 e riprodotte per la stampa alla scala 1:25.000 e Quadro sinottico con la legenda; • Repertorio dei beni: Allegato G beni del patrimonio naturale; Allegato H beni del patrimonio culturale.

Nel paragrafo 7.6 si riporta in dettaglio il patrimonio naturale e storico-architettonico censito nel PTPR.

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7 Patrimonio naturale e storico-architettonico del paesaggio

Il fiume Velino dalla sua sorgente quasi in vetta al monte Pozzoni fino alla Cascata delle Marmore (anche se la giurisdizione provinciale di Rieti si ferma a Moggio), è il naturale asse di collegamento territori diversi caratterizzati da valori ambientali e valori culturali differenti. II corso del fiume può essere letto come una sequenza di "quadri ambientali" ove gli aspetti tematici (naturalistico, paesaggistico, storico - antropico, idrogeologico) assumono rilevanza diversa; la loro individuazione e la comprensione del ruolo del corso d'acqua all'interno di essi è fondamentale per l'individuazione degli obiettivi dell'istituzione del Parco e della sua perimetrazione. Di seguito vengono riportati sinteticamente alcuni stralci dello studio paesaggistico del 1998 per la perimetrazione oggetto di valutazione. Tale revisione si è ritenuta necessaria per valutare eventuali elementi nuovi, i vincoli e le opportunità per possibili revisioni del perimetro originario. La descrizione del patrimonio esistente seguirà l’articolazione territoriale fin qui seguita in questo modo: Alto corso: a) Il Sistema delle sorgenti nella valle del Velino b) Il sistema delle Gole del Velino Medio corso: c) Il sistema complesso della Piana di S. Vittorino da Castel S. Angelo a Caporio; d) Tratto Antrodoco-Rieti; Sistema della Piana Reatina: e) Il sistema della Piana Reatina e dei relitti del “lacus”.

7.1 Il sistema delle sorgenti nella valle del Velino

Anche se la sorgente di Capo d'Acqua è tradizionalmente indicata come "Sorgente del Velino, il corso d'acqua inizia più a nord dal Monte Pozzoni scendendo in direzione nord - sud verso Cittareale e quindi verso la piana di Bacugno. Nel tratto iniziale, fino all'altezza dell'abitato di Cittareale, la sua portata e sezione sono quelle di un ruscello di montagna. Esso è quindi un elemento di un quadro paesaggistico tipico dell'ambiente montano appenninico ancora ben conservato con scarse presenze antropiche. Dopo la confluenza con le portate affluenti dalle sorgenti intorno a di Capo d'Acqua e Acquasanta, il Velino si presenta tra le frazioni di Cupello e Vezzano con un corso ben riconoscibile fino alla confluenza con le acque del Fosso della Meta proveniente dal Valico di Tornita. Nella valle di Cittareale troviamo il Santuario della Madonna di Capo d'Acqua, nei pressi dell'omonima sorgente, la Chiesetta di San Silvestre seminascosta dal viadotto della Variante Salaria, e la Madonna della Neve di Bacugno. Attualmente il fiume presenta un corso serpeggiante nella vallata con vegetazione riparlale selvatica rigogliosa, seguendo i paesaggi coltivati ed i pascoli e, sullo sfondo, monte Boragine e le propaggini nord del Massiccio del Terminino con il Monte Cambio. La Variante della Salaria è ormai parte del paesaggio ed offre punti di sosta attualmente non sfruttati. Si segnala nell’area la chiesa medievale di S.Rufina da recuperare. Dopo S.Rufina il fiume incontra paesaggi meno spettacolari, fino ad arrivare a ridosso dell'abitato di Posta con il quale non ha relazioni se non nell'ansa occupata da alcuni impianti sportivi. È da rilevare la presenza di impianti di sezionamento delle acque ed edifici industriali dismessi che hanno ormai assunto un valore dal punto di vista dell’archeologia industriale, in prossimità della Centrale 85

Idroelettrica di Cotilia. Da Posta in poi il Velino si presenta con scarsa portata d'acqua, essendo in gran parte captata, fino alla condotta proveniente dai bacini artificiali del Salto e del Turano. Le prime opere visibili di questo sistema sono quindi lo sbarramento di Posta, la deviazione in galleria verso il fiume Ratto, il laghetto artificiale del Ratto cui contribuisce la suddetta deviazione. Il tratto della confluenza del Ratto sino alle gallerie della Variante Salaria non presenta caratteristiche degne di nota. Si segnalano, infine, in tutta l'area da Cittareale a Bacugno reperti di epoca romana legati al tracciato de "la Via del Sale" verso l'Adriatico.

7.2 Il sistema delle Gole del Velino

In corrispondenza dei "Casali di S. Giovanni", la valle percorsa dal Velino si stringe improvvisamente dando origine ad una successione di balze rocciose e valloni profondi solcati dai torrenti provenienti dalle pendici del Terminillo, e salti nel corso del fiume. Tra i valloni il più noto è sicuramente la Valle Scura, con l'omonimo torrente, compreso nel Sito di Interesse Comunitario (SIC) omonimo. L'abitato di Sigillo interrompe i primi strapiombi alla confluenza tra lo Scura ed il Velino. Si segnala il nucleo di costruzioni abbandonate di Lodonero, base per l'alpeggio del bestiame, che potrebbe essere recuperato a fini turistico-ricreativi (ad esempio come punto-sosta o sito di albergo diffuso). Dall'inizio della nuova galleria a sud di Lodonero la valle si stringe nuovamente ed inizia il tratto più suggestivo del corso fluviale: le balze rocciose e le presenze storiche della Salaria Romana formano un insieme di eccezionale valore storico – ambientale. Poco distante s’incontra il 3° sbarramento dell'ENEL che forma un laghetto paludoso. II Velino si presenta con una portata minima in questo punto e la centralina idroelettrica presente è alimentata dalla condotta proveniente dal bacino del Ratto. L’acqua utilizzata si unisce a quella del piccolo bacino e rientra in galleria per proseguire fino a Cotilia.

Le balze rocciose proseguono su entrambi i lati fino alla confluenza da destra del fosso di Micigliano. Qui, proprio sulla riva del Velino, sorge l'Abbazia recuperata dei S.S. Quirico e Giulitta risalente al X secolo. I fossi provenienti dal Massiccio del Terminino, Fosso di Micigliano e Fosso dei Maiori, confluiscono nel Velino dopo l’abbazia riportando il Velino a scorrere con una portata considerevole in prossimità di Antrodoco lambendo un sito IBA ( Important Bird Areas ) in corrispondenza di M. Giano.

7.3 Il sistema della Piana di San Vittorino da Castel S. Angelo a Caporio

In corrispondenza dell'abitato di Ponte la valle del Velino torna a stringersi costringendo il fiume ad un andamento tortuoso fino all'abitato di Canetra alle porte del quale è presente un impianto abbandonato per la troticoltura. Canetra si presenta distinto in due zone: un piccolo centro storico compreso tra la ferrovia ed il laghetto, l’insediamento diffuso a ridosso della S.S. Salaria. Già in questo punto incontriamo i primi elementi che caratterizzano tutta l'area: la sorgente, il laghetto, il fiume che si sdoppia in due rami formando un'isola. Da notare la ferrovia che da questo punto in poi sarà quasi sempre in relazione con il fiume. Alle porte di Canetra, con propaggini paludose, è presente un laghetto artificiale generato dal 4° sbarramento ENEL sul Velino. Tale laghetto è di notevole interesse per la purezza delle acque, la presenza di interessanti specie animali e vegetali. Sono da rilevare gli impianti per la derivazione delle acque che danno la possibilità, tramite un canale su riva destra parzialmente sotterraneo, di derivare parte della portata del Velino direttamente sulla centrale di Caporio. Dopo questo sbarramento il Velino si presenta in

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corrispondenza dell'abitato di Vasche con una portata notevole immettendosi nella Piana di S. Vittorino. La zona è molto ricca di elementi d’interesse naturalistico, storico, archeologico, idrogeologici e tecnologico. Nella zona sono presenti alcuni caratteri di valore: a) le caratteristiche di "zona umida" di rilevanza internazionale; b) la presenza del sito archeologico noto come le Terme di Vespasiano, riconducibile alla vicina sorgente solfurea con le nuove Terme, della Chiesa di S.Vittorino, dei resti riconducibili alla presenza della città romana di Cutiliae, dei pregevoli centri storici fortificati di Castel S. Angelo, Cittaducale e Calcariola, sulle alture circostanti; c) la particolarità geologica, nota fin dall'antichità, di zona soggetta a sprofondamenti del terreno. Da questi fenomeni hanno tratto origine numerosi laghetti (dalla zona pianeggiante fino al costone di Vasche Paterno dove sono presenti 3 laghi più una grossa dolina) allineati secondo la linea di massima pendenza con altre tre doline; d) la presenza di oltre tredici sorgenti minerali (solfuree, leggere, ferruginose) delle quali viene sfruttata solo quella solfurea di Cotilia con le sue attrezzature termali; e) la presenza di una delle più grandi sorgenti d'Europa, quella del Peschiera con 18000 - 20000 litri/sec. di portata e delle sue installazioni sotterranee di captazione; f) la presenza della centrale ENEL di Cotilia, nucleo finale del sistema di piccoli sbarramenti e condotte già descritti, e delle sue interessanti installazioni sotterranee per la produzione di energia elettrica; g) la presenza a breve distanza di due fiumi: il Velino, il Peschiera ed i fossi secondari caratterizzati da acque limpide, una ricca flora e fauna (anche se il Velino è stato rettificato) che si unificano in prossimità della Centrale ENEL, prima dell'ultimo sbarramento in Provincia di Rieti.

Dalla Centrale di Cotilia la valle del Velino si stringe sotto l'altura di Cittaducale presentando due corsi d'acqua: il Velino, quasi impaludato, ed il resto delle sue acque provenienti dai bacini artificiali del Salto e del Turano, canalizzate e utilizzate ai fini idroelettrici nella Centrale. Tale canale attraversa in sotterranea Colle Valviano unendosi al Salto a ridosso della frazione Casette di Rieti; il Salto dopo circa 1,5 Km si unisce al Velino proveniente da destra in prossimità di "Casali Fosca". Anche questo ambito è ricco di ritrovamenti e reperti visibili della "Via del Sale", come il tratto purtroppo scoperto e ricoperto della Variante Salaria - svincolo per S. Rufìna.

7.4 Tratto Antrodoco -Rieti

Antrodoco è il primo centro urbano modellato, nella sua parte antica, sul corso del fiume Velino. L'attuale centro storico infatti occupa l'ansa semipianeggiante sulla riva destra sottostante la rocca, all'incrocio tra la Valle del Velino ed il Vallone delle "Gole di Antrodoco" che risalgono fino alle spartiacque di Sella di Corno. Nelle gole scorre il torrente di Rapelle che affluisce da sinistra nel Velino tagliando parte del nuovo abitato. Sin dal ponte della Salaria, a nord del centro storico, il fiume è costretto tra muraglioni di pietra e/o cemento con ampi spazi liberi all'interno e a ridosso degli stessi. Da segnalare il Centro Storico con struttura "a scacchiera" simile a Cittaducale e Cittareale, città di fondazione Angioina. Si segnala, inoltre, la presenza delle Terme a ridosso del Velino che, pur avendo subito interventi di restauro, sono sottoutilizzate. Attualmente non è certa la disponibilità di acqua minerale.

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Borgo Velino . L'abitato di Borgo Velino è sito lungo la direttrice di espansione di Antrodoco. Per questo motivo risulta ormai saldato ad esso senza soluzione di continuità. Anche in questo tratto il fiume è costretto tra due muraglioni in cemento che proseguono fino all'abitato di Ponte. Le fasce edificate mantengono ancora una certa distanza dal fiume, salvo nella zona artigianale - industriale. In corrispondenza del Centro Storico di Borgo Velino, a ridosso del fiume, si segnalano alcune emergenze: la chiesa medievale dei S.S. Dionisio, Rustico ed Eleuterio (S. Antonio), sulla sponda sinistra; ed un mulino ad acqua ben conservato, alimentato da una sorgente vicino al fiume con annessa presa d'acqua sul fiume Velino. II bacino a monte ( la "refota" ) è ricco di specie animali e vegetali. Sia la chiesa sia il mulino sorgono, sorto a qualche centinaia di metri dal fiume forse per timore delle antiche piene. I resti di un ninfeo di epoca imperiale (il cosiddetto Ninfeo dei Flavi) testimoniano quanto l'acqua sia importante nel patrimonio storico e culturale di queste zone. Anche Antrodoco ed il primo nucleo di Borgo Velino sorgevano lungo la Salaria romana: i resti di un ponte ritrovati ad Antrodoco facevano forse parte del vecchio tracciato.

7.5 Il sistema della Piana Reatina e dei relitti del “lacus”

Il nodo urbano di Rieti dalla confluenza con il Salto fino ai quartieri di nuova espansione ad ovest della città scorrendo alle porte di Rieti il Velino si presenta ad est del Centro Storico con una portata considerevole, vegetazione rigogliosa ed acque di buona qualità testimoniata dalla presenza di specie ittiche quali la trota e vari palmipedi autoctoni o meno. Il tratto iniziale lungo la Statale Cicolana presenta brevi tratti degradati a causa della presenza sulla riva sinistra di un autodemolitore e sulla riva destra delle opere di rilevato e viadotto della Variante Salaria. Prima di ponte Cavallotti il Velino borda Colle S. Mauro interessante dal punto di vista paesaggistico e naturalistico con le presenze edificate del Convento dei Cappuccini e della Villa Potenziani. Prima e dopo Ponte Cavallotti sono presenti campi coltivati pianeggianti, sulla riva sinistra, ed orti urbani sulla riva destra del rione Dei “pozzi”. In questa zona il Velino è molto integrato con la vita del Centro storico di Rieti, un tempo fiume dei Nobili o Voto dei Santi. Fin dai tempi dei Romani il fiume ha costituito la prima difesa a sud della città per poi diventare parte integrante del sistema difensivo medievale, con mura trecentesche che iniziano ad est della sponda del Velino in località Cordale e finiscono ad ovest sulla sponda della Cavatella di fiume dei Nobili, (ora via dei Tigli), creata a scopo difensivo e idraulico; seppur rimaneggiate le mura sono ancora completamente esistenti. Sul Velino era imperniato un sistema di fossi interni ed esterni alla città generati dalle risorgive poste a nord-est di essa, di cui la più nota quella di Bolleca dava luogo al Cantaro. I fossi irrigui, utili alla difesa, per uso domestico e poi sfruttati fino ai giorni nostri per i primi opifici, sono ancora visibili (anche se in parte intubati) e caratterizzano Rieti ed il suo territorio come città di acque. Anche la toponomastica ricorda ancora la presenza di luoghi ed attività legati all’acqua: Via delle Acque, Mulino Rosso, Via del Porto, Via dei Cordari, Via della Molina, Mulino della Salce. Nel tratto cittadino il fiume presenta alcune caratteri: • il Velino è matrice formale del tessuto urbano della città storica e delle sue espansioni sud-ovest; • la presenza lungo il tratto cittadino di ampi spazi verdi integrati con lo spazio pubblico del centro storico fino agli impianti sportivi di Città Giardino ed al quartiere Fondiano; • la presenza a ridosso del fiume di importanti testimonianze storico-architettoniche, archeologiche come: il quartiere dei pozzi con i suoi orti, i Monasteri di S. Chiara, S. Fabiano, la chiesa di S. Francesco e relativo 88

chiostro, il Ponte Romano e la via di Ponte con il suo viadotto, la Porta di S. Lucia con l’ultimo relitto di Via della Molina; • la presenza di una ricca vegetazione di sponda con ambienti di eccezionale valore. Oltre il quartiere Fondiano il Velino si allontana da Rieti verso nord-ovest iniziando il suo tratto sinuoso al centro della Piana Reatina. Da rilevare una zona, che interessa sia la sponda destra sia la sinistra, fino all’altezza della frazione di Chiesa Nuova dove la pressione dell’edificato ha fatto in parte mutare le caratteristiche di zona agricola. Il tratto di Rieti è l’ultimo interessato dalla “Via del Sale” con reperti visibili a nord di Colle S.Mauro, ed il ponte e viadotto di via Roma (via di Ponte), ancora in buone condizioni.

7.6 Censimento dei Beni Puntuali

Di seguito viene indicato il riferimento dei principali beni puntuali censiti dal Piano Territoriale paesistico Regionale nella Provincia di Rieti. Tale elenco dimostra che, nel suo complesso, l’intero territorio è interessato da elementi d’interesse ambientale e/o storico e architettonico.

PROVINCIA DI RIETI ELENCO BENI PUNTUALI

Progetti di Territorio Comuni

1 VELINO Borgo Velino (parte) 47, 48, 49, 50, 51, 52, 53

Castel S. Angelo (parte) 98, 99, 100, 101, 102, 103, 104

VELINO (cont.) Cittaducale (parte) 107, 108, 109, 110, 111, 112,

113, 114, 115, 116, 117, 118,

119, 120, 121, 122, 123, 124,

125, 126, 127, 128, 129, 130,

131, 132, 133, 134, 135, 136,

137, 138, 139, 140, 141, 142,

143

2

PIANA REATINA E VALLE SANTA

89

Cantalice (parte) 64, 66, 67, 68, 69, 70, 71, 72, 73, 74, 287

Colli sul Velino 156, 157, 158, 159

3 Contigliano 164, 165, 166, 167, 168, 169, 170

Greccio 206, 207, 208, 209, 210

Labro 211, 212

Morro reatino 268, 269, 270

Poggio Bustone 288, 289, 290, 291, 292

Rieti (parte) 349, 350, 351, 352, 353, 354, 355, 356,

357, 358, 359, 360, 361, 362, 365, 366,

367, 368, 369, 370, 371, 372, 373, 374,

TERMINILLO E MONTI REATINI 375

Rivodutri 376, 377, 378, 379, 380, 381, 385

Rivodutri 376, 377, 378, 379, 380, 381, 385

Cantalice (parte) 65

Rieti (parte) 363, 364

4

90

No Coll_ Si gla_Tipol_ Comune Denominazione_l Descrizione

64 E RA Cantalice Acqua S. Felice Tratto di mura poligonali

65 E AM Cantalice Castiglioni Acero

66 U CT Cantalice Centro storico Castello

Chiesa di S. Felice; S. Maria del 67 U CS Cantalice Centro storico Popolo; casa Ramacogi

68 E CO Cantalice Colle Canale Santuario dell'Acqua Felice

69 E AA Cantalice Colle Caracillo Concentrazione di reperti isolati

Madonna della 70 U CS Cantalice Pace

S. Felice da 71 E RA Cantalice Mura poligonali Cantalice

72 U CH Cantalice S. Gregorio Chiesa rurale

73 E RA Cantalice S. Margherita Segnalate tombe a cappuccina

74 E RA Cantalice S. Nicola Villa di A. Assio

Castel 98 EU MF Mura S.Angelo

Castel 99 EU TE Torre S.Angelo

Castel Parrocch iale; giardino pubblico con 100 U CS Canetra S.Angelo sorgente

Castel 101 U CH Paterno Chiesa S.Angelo

Castel Lago di Paterno e terme di Tito (o 102 E ZU/RA Le Vasche S.Angelo palazzo di Vespasiano)

Castel 103 E ZU Le Vasche Pozzo di Mezzo S.Angelo

Castel 104 E ZU Le Vasche Pozzo di Burino S.Angelo

Sorgente del Peschiera (impianti di 107 E SG Cittaducale captazione)

91

108 E RA Cittaducale Aravecchia Tratto di muro

109 E RA Cittaducale Arpagnano Avanzi di muro

110 E SP Cittaducale Campo Avello Abitato neolitico; resti fitt ili

Avanzo di strada; opus quadratum 111 E RA Cittaducale Capo Rio isodomun

112 E RA Cittaducale Caporio Salaria antica

113 E RA Cittaducale Caporio Terme di Vespasiano

114 E RA Cittaducale Caporio Muro di sostruzione di et à romana

115 E RA Cittaducal e Castellaccio Tratti di Salaria

Castellaccio -Colle 116 E AA Cittaducale Concentrazione di reperti isolati Micciolo

Torre angioina o Cassero di S. 117 U TU Cittaducale Centro storico Magno; torre municipale

118 EU MF Cittaducale Centro storico Mura di c inta con torri quadrate

Palazzo Dragonetti de Torres; porta S. Magno; piazza del Popolo; S. 119 U CS Cittaducale Centro storico Agostino; S. Maria del Popolo; S. Maria della Confraternita; S. Cecilia

120 E AA Cittaducale Cerquetano Ruderi di antichi edif ici

Complesso monumentale; villa 121 E RA Cittaducale Cesoni romana

122 E RA Cittaducale Colle Micciolo Tratto dell'antica via Salaria

123 E CH Cittaducale Colle S. Antonio Chiesa S. Antonio su edificio antico

124 E SP Cittaducale Colle Valviano Abitat o di IIa media et_ del bronzo

Ruderi vari; ambienti con pavimenti a mosaico e pareti 125 E AA Cittaducale Contrada Civitella dipinte; resti di costr. romane; ninfeo; iscrizioni

Zona di materiale di impianto 126 E SP Cittaducale Grotti protostorico

127 E CO Cittaducale I Cappuccini Convento dei Cappuccini

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km 101 della via 128 E CH Cittaducale Tempio dedicato alla Vergine Salaria

km. 100 della via 129 E RA Cittaducale Resti di un complesso termale Salaria

130 E AA Cittaducale Ortali Resti di Cotilia

13 1 E SP Cittaducale Petescia Reperti preistorici

132 E RA Cittaducale Pietrara Avanzi di muro

133 E SP Cittaducale Ponzano Abitato medio bronzo

134 E CH Cittaducale Scalo ferroviario S. Maria di Sisto

135 E RA Cittaducale Radicara Avanzo delle crepidini

136 E RA Cittaducale Ringhiera Resti di sepolcro

137 E RA Cittaducale Rocchi Tratto di muro

Resti della chiesa; tempio pagano; 138 E CH/RA Cittaducale S. Maria dei Cesoni lapide

139 E SP Cittaducale S. Rufina Abitato bronzo finale

140 U CH Cittaduca le S. Rufina S. Maria del Popolo

Stabilimento termale e parco 141 E ZU/GP Cittaducale Terme di Cotilia annesso

142 E CH/ZU Cittaducale Terme di Cotilia S. Vittorino

Deposito materiale del Neolitico 143 E SP Cittaducale Valle Ottara superiore

Complesso imponente di ruderi; Colli sul 156 E RA Grotte S. Nicola costruiti in parte in blocchetti di Velino pietra in opus incertum

Colli sul Abitato bronzo medio; I et_ del 157 E SP Monte Cornello Velino ferro

Colli sul 158 E AA Monte Rotondo Abitato fortificato arcaico Velino

Colli sul Torre di Morro Riserve protostoriche, ruderi 159 E SP/RA Velino Vecchio medioevali

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164 E SP Contigliano Ripostiglio protostorico

165 E SP Contigliano Carupone Tomba preistorica

Chiesa se ttencentesca S. Michele; palazzi e palazzotti rinascimentali 166 U CS Contigliano Centro storico barocchi; porta; collegiata S. Michele; P.za Vittorio Emanuele II; casa Solidati-Tiburzi

167 E CP Contigliano Colle Baccaro

Pendio sud Monte Ripostiglio monetale di et_ 168 E RA Contigliano d'Oro repubblicana

169 U CT Contigliano S. Filippo Castello

Grandiosa abbazia cistercense 170 E CO Contigliano S. Pastore diruta; tomba circolare del banditore

206 E ZU Greccio Fonte Lupetta

Chiesa della Madonna del Gig lio; 207 U CS Greccio Centro storico parrocchiale

208 U CD Greccio Centro storico Avanzi dell'antico castello di Velita

209 E CH Greccio Monte delle Croci La cappelletta eretta nel 1792

210 E CO Greccio PiS di Loggio Convento di S. Francesco

Castello Vitelleschi; parrocchia S. 211 U CS/CT Labro Centro storico Maria con belvedere

Madonna della Neve (diruta) e 212 E CH/CO Labro Cimitero resti di monastero

Morro 268 U CH Castello medioevale reatino

Morro 269 U CD Centro storico Castello (avanzi) reatino

Morro 270 E SP M. Castagneto Abitato perilacustre et_ del bronzo reatino

Campo S. Maria 287 E AM Cantalice Roverella (verso S. Liberato)

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Poggio 288 U TU Centro storico Torre del Cassero Bustone

Poggio Porta del buongiorno; Parrocchiale 289 U CS Centro storico Bustone S. Giovanni Battista

Poggio 290 EU MF Centro storico Resti di mura Bustone

Poggio Fianco mer. Monte 291 E CO Convento di S. Giacomo Bustone Rosato

Poggio Scogli di S. 292 E CO Romitorio di S. Francesco Bustone Francesco

349 E CO Rieti Convento la Foresta; Bosco Sacro

350 E ZU Rieti Lago di Ripa Sottile

351 E ZU Rieti Lago di Cantalice

Urna a campana; substrato etnico 352 E RA Rieti Basso Cottano degli inumatori

353 E CH Rieti Borgo S. Antonio Chiesa di S. Antonio

354 E RA Rieti Campo Loniano Tratti di Sa laria antica

355 EU MF Rieti Castelfranco Torre

Duomo; palazzi di impronta 356 U CS Rieti Centro storico rinascimentale

357 U RA Rieti Centro storico Resti di mura pelasgiche

358 U CP Rieti Cerchiara Cerchiara (nucleo)

359 E CR Rieti Colle Napoleoni Casale fortificato

Confine tra 360 E MF Rieti Peschiera e via Muro in blocchi squadrati di tufo Marchetti

Confine tra Casa ricca con pavimento in 361 E RA Rieti Peschiera e via mosaico Marchetti

Convento di Fonte Colombo; bo sco 362 E CO Rieti Fonte Colombo del silenzio

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363 E CH Rieti Lugnano Chiesa di S. Maria in Categne

364 U CP Rieti Lugnano Lugnano (nucleo)

365 E RA Rieti Monte di Lesta Resti di mura in opera poligonale

Pescio del 366 E RA Rieti Ruderi di un antico sepolcro Monumento

367 U CP Rie ti Poggio Fidoni Poggio Fidoni (nucleo)

368 E RA Rieti Poggio Perugino Castello podium

369 E RA Rieti Prati della Mola Fila di conci

Pressi dei Laghi 370 E CH Rieti Ripasottile e Cappella di S. Nicola Cantalice

371 U CT Rieti S. Elia Reatino Castello

Resti di villa romana; antica via 372 E RA Rieti S. Giovanni Reatino Salaria; tombe romane

373 E RA Rieti Turano Muraglione

374 U CP Rieti Vazia Vazia (nucleo)

375 E PO Rieti Via Quinzia Ponte romano sul Velino

376 E MR Rivodutri Faggio di S. Franc esco

377 E MR Rivodutri Impronta del piede di S. Francesco

378 E CD Rivodutri ad est di Cepparo Ruderi del castello di Rocchetta

379 U CT Rivodutri Centro storico Castello

Cepparo (Capanno 380 E AM Rivodutri Faggio di S. Francesco)

381 EU CP Rivodu tri Cepparo Cepparo (nucleo)

385 E TE Rivodutri Valle Fuscello Torre Fuscello, medioevale

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LEGENDA INVENTARIO DEI BENI PUNTUALI

No : numero progressivo dell'inventario (la numerazione è avvenuta seguendo l'ordine alfabetico dei comuni e quello alfabetico delle località per ogni comune; successivi inserimenti saranno numerati per ordine temporale, e, per stesse date, per ordine alfabetico comunale e alfabetico per la località come sopra) Collocaz : indicazione sintetica della collocazione del bene

U: all'interno di un centro abitato E: localizzazione extraurbana

Sigla_Tipol_ : indicazione della tipologia del bene

AF : alberature in filari (di rilevanza paesaggistica) AM : alberi monumentali AI : archeologia industriale AA : aree archeologiche BT : biblioteche CR : casali ed edifici rurali CT : castelli CD : castelli diruti CS : centri e nuclei di interesse storico-architettonico CP : centri e nuclei di interesse paesaggistico CH : chiese CO : chiostri, conventi, monasteri, oratori, abbazie, collegi CI : cimiteri di interesse storico e architettonico ET : edifici di riferimento toponomastico FO : fontane di interesse storico e architettonico GP : giardini pubblici e privati GS : giardini storici MC : monumenti commemorativi civili MR : monumenti religiosi MF : mura di difesa e fortificazioni MU : musei PZ : palazzi PB : piazza, belvedere, viali PO : ponti, acquedotti e dighe di interesse storico PA : porte e archi RA : reperti archeologici isolati SG : singolarità geologiche SA : sistemazioni agricole SP : siti preistorici TP : strade panoramiche (tratti con visuali territoriali e su centri urbani) TC : teatri e conservatori TE : torri extraurbane TU : torri urbane VS : ville storiche o di interesse architettonico ZU : zone umide

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8. Criticità e problematiche

8.1 Criticità ambientali: Problematiche idrauliche

Dall’ecologia fluviale si sa che la funzionalità di un fiume dipende dalla componente biologica, animale e vegetale, che a sua volta è legata alle condizioni morfologiche dell’ambiente. Le sollecitazioni antropiche danneggiano l’ambiente idrogeomorfico fluviale: gli usi impropri dei corsi d’acqua e la loro messa in sicurezza idraulica si sono realizzati quasi sempre distruggendo ogni elemento di diversità ambientale, geometrizzandone i letti e gli argini e rimuovendo ogni forma di vegetazione. In questo modo, spesso senza aumentare la sicurezza idraulica, i fiumi hanno cessato di svolgere le loro fondamentali funzioni ecologiche e paesaggistiche diventando semplici collettori e canali. La teoria del River Continuum Concept 3pone l’attenzione sulla stretta dipendenza della struttura e delle funzioni delle comunità biologiche dalle condizioni fisiche del sistema fluviale. In questa teoria si asserisce che lungo il profilo longitudinale del corso d’acqua è riconoscibile una successione di ecosistemi che sfumano gradualmente l’uno nell’altro. In questo senso il fiume è un continuum ecologico costituito da un insieme di habitat interconnessi che formano un mosaico di esseri viventi in equilibrio con il loro ambiente. Il concetto di river continuum costituisce pertanto un fondamento utile per la comprensione della struttura dei processi funzionali dell’ecosistema fluviale nella sua interezza da monte a valle in rapporto con la struttura delle sue forme ripariali e dei fondali. Tali tipologie morfologiche, caratteristiche dei corsi d’acqua naturali, svolgono un importante ruolo biologico per l’ittiofauna consentendo alle singole specie la possibilità di compiere le proprie attività vitali. La diversità ambientale determina la diversità biologica e di conseguenza condizioni di buona funzionalità ecologica che è sinonimo di qualità ambientale complessiva. Perché queste condizioni siano rispettate si sottolineano due aspetti: l’importanza dell’ecotone ripario e il mantenimento del deflusso minimo vitale.

Ecotone ripario Negli ambienti fluviali naturali la transizione tra l’ambiente acquatico e quello terrestre non è confinata ad una ristretta fascia di vegetazione riparia, ma si estende attraverso un’ampia fascia cotonale costellata di deboli rilevi e bassure e di una vasta gamma tipologica di zone umide: alvei secondari interessati da un debole deflusso, meandri abbandonati e inondati solo in occasione di piene, stagni, acquitrini, paludi, aree inondabili, boschi idrofili. Gli ecotoni ripari costituiscono un ambito di transizione e di connessione fra ambienti molto diversi. A questo proposito, la notevole pressione antropica esercitata negli ultimi decenni sulle zone riparie ha spesso compromesso la vegetazione igrofila, frammentandola in isole di ridotta estensione, diminuendo la naturalità e la biodiversità degli ecosistemi fluviali. Tra le cause di questo impoverimento si indicano gli interventi di disboscamento e dissodamento per aumentare la superficie coltivabile, la costruzione di edifici, l’estrazione di ghiaia e sabbia dagli alvei e le opere di regimazione dei corsi d’acqua. In particolare, l’ecotone ripario è importante sotto diversi aspetti: - l’ombreggiamento del corso d’acqua; - il consolidamento spondale e protezione delle rive dall’erosione dell’acqua; - l’apporto di energia metabolica come materiale organico variabile lungo il profilo longitudinale e trasversale a sostegno della comunità biologica;

3 Blankenship, Karl. “ The River Continuum Concept ” Bay Journal. May 2000, disponibile su: http://www.bayjournal.com/article.cfm?article=1867. 98

- il mantenimento di habitat per molta fauna vertebrata ed invertebrata; - il corridoio ecologico quale elemento portante delle reti ecologiche che consente la dispersione naturale delle specie e l’interscambio genetico tra le popolazioni, fenomeno indispensabile al mantenimento della biodiversità; - il filtro biologico attraverso processi di accumulo e rimozione di nutrienti ed inquinanti apportati al fiume dalle acque di dilavamento dei versanti; - il valore paesaggistico della continuità vegetale lungo il corso d’acqua, che caratterizza il paesaggio di fondovalle e che rappresenta un valido presupposto per la fruizione in termini di tempo libero.

Il Deflusso minimo vitale(Dmv) Il Dmv è definibile come la minima quantità d’acqua che deve essere presente in un fiume per garantire la sopravvivenza e la conservazione dell’ecosistema fluviale assicurando le condizioni necessarie per un normale svolgimento dei processi biologici vitali. Il Dmv è una portata variabile lungo l’asta del corso d’acqua in funzione delle caratteristiche fisiche dell’alveo e che si riflette in una diversità biologica specifica. I criteri generali di stima del Dmv attualmente proposti seguono due procedure di calcolo differenti: - idrologica, che individua la quantità di deflusso idrico come variabile fondamentale dalla quale dipende il normale sviluppo dell’ecosistema fluviale attraverso l’uso di parametri idrologici sintetici; - Incrementale di qualità dell’habitat, che mira a determinare le condizioni ambientali ottimali idonee allo sviluppo di una o più specie rappresentative della comunità fluviale utilizzando variabili ideologiche e biologiche.

Di seguito si riportano alcune problematiche specifiche relative al fiume Velino.

8.2 Le problematiche idrauliche: rischio idraulico e difesa del territorio

Riguardano principalmente la scarsità idrica (intesa sia in senso quantitativo che qualitativo) dovuta a: • gli alti consumi, soprattutto per garantire il servizio a Roma; • le sensibili dispersioni in rete, che si attestano attorno al 24% secondo i dati dell’RSA del Lazio per la provincia di Rieti (dati ISTAT del 1999); • le portate captate, soprattutto da pozzi abusivi;

Altre problematiche sono: • l’inquinamento della maggior parte dei laghi (naturali o artificiali); l’abbassamento delle falde nella piana reatina per l’eccessiva quantità di acqua captata (soprattutto attraverso i pozzi), che non garantisce il mantenimento di una portata minima vitale delle specie viventi dell’ambiente fluviale e ripario e che porta ad una eccessiva fluttuazione delle portate. In particolare, riguardo alle derivazioni, la situazione locale è così articolata: - presenza di grandi derivazioni riconducibili a 18 concessioni per un totale di più di 85000 l/s prelevabili in base ai disciplinari; - presenza di concessioni di piccole derivazioni per un totale di più di 15000 l/s prelevabili in base ai disciplinari (escluse le numerosissime concessioni delle derivazioni da pozzo);

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• i problemi di regime idraulico nella piana di S. Vittorino; • le interferenza evidente del sistema idroelettrico; • l’“interferenza Peschiera-Capore” e i problemi di gestione e di tariffazione delle acque;

Riguardo al tema dello sfruttamento idroelettrico , si precisa che nel bacino del Velino sono prevalenti gli usi industriali-idroelettrici, quelli ittiogenici e potabili rispetto all'uso irriguo. Il regime dei deflussi è notevolmente influenzato dalla gestione della centrale di Cotilia, alimentata dagli invasi dei Fiumi Salto e Turano che dipendono dal Lago di Piediluco che, a sua volta, funge da vasca di carico per la centrale di Galleto. Il serbatoio del Salto (278 Mm 3) e quello del Turano (163 Mm 3) furono realizzati intorno agli anni '40 per la produzione di energia elettrica nella sottostante centrale di Cotilia e da allora il funzionamento di tale impianto, connesso con quelli posti più a valle, ha fortemente influenzato il regime dei deflussi nel sistema idrico Velino-Nera. La distribuzione delle concessioni, tanto per ripartizione numerica quanto per portate massime concesse, presenta sempre una forte incidenza dell'utilizzo industriale-idroelettrico, mentre diminuisce notevolmente in termini quantitativi il peso delle utenze agricole, potabili ed ittiogeniche. Tutto ciò è dovuto anche alle caratteristiche territoriali del bacino in esame che si sviluppa in territori prevalentemente montani con una ridotta vocazione agricola, situazione che ha limitato lo sviluppo ulteriore di attività produttive e la realizzazione di opere di captazione ed adduzione. Tuttavia, fin dagli inizi del '900, l'asta fluviale del Velino fu interamente vocata allo sfruttamento idroelettrico. Nel 1942 fu costruita la centrale di Cotilia, nel 1943 Cotilia-Peschiera, nel 1951 Cotilia-Canetra ed infine nel 1956 la centrale di Sigillo. La centrale di Galleto Monte S.Angelo, la più grande del sistema Nera- Velino è alimentata dal Velino collegato con il lago di Piediluco che, con i suoi 3.300.000 mc, permette un' ampia modulazione delle portate. Oggi il sistema Rieti - Terni, formato da parte del bacino del Velino e da parte di quello del Salto e del Turano, costituisce un sistema unico per lo sfruttamento idroelettrico.

La rete idroelettrica, come già accennato, è composta da vari elementi: dalle centrali idroelettriche, dalle derivazioni e scarichi delle centrali, dai bacini artificiali del Salto e Turano. Le centrali e le relative derivazioni presenti sul fiume Velino sono: Cotilia-Canetra , (presa costituita da una traversa fissa con canale di derivazione che termina in una vasca di scarico, da cui parte la condotta forzata, che dopo aver attraversato il fiume con un tubo ponte, alimenta il gruppo), Cotilia-Peschiera (presa costituita da una traversa fissa con canale di derivazione e scarico), Sigillo (centrale), Cotilia (centrale) fino ad arrivare alla centrale di Galleto Monte S.Angelo (centrale-Cascata delle Marmore). Queste centrali idroelettriche utilizzano l'energia potenziale dovuta alla caduta dell’acqua per grandi dislivelli: le acque muovono le turbine creando energia e la produzione complessiva di energia di tutte queste centrali ammonta a circa 100 Mwh. Il fiume Velino avendo una portata costante è particolarmente adatto ad utilizzare centrali ad acqua fluente che utilizzano piccoli salti, assieme ad altre centrali che utilizzano bacini di accumulo. Ed è proprio l'utilizzo a fini energetici la causa dell'andamento variabile della portata del fiume Velino. Un'oscillazione della profondità che si osserva anche nel tratto cittadino del fiume, tra i giorni feriali e quelli festivi, momento nel quale c' è meno bisogno di energia. Queste variazioni causano problemi agli ecosistemi fluviali e lacustri impedendo il mantenimento di una portata minima vitale per le specie viventi tipiche dell’ambiente fluviale.

Tra le centrali situate in prossimità della piana di San Vittorino e la centrale di Galleto, questa estesa catena idroelettrica è garantita da un anello formato dal sistema idraulico che si sviluppa attorno ai laghi Lungo e

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Ripasottile, situati a nord della conca Reatina. I due laghi sono uniti dal canale della Vergara che funge da canale livellante, un’idrovora su Ripasottile scarica poi gli eccessi d’acqua dei due laghi nel Velino. Più a nord troviamo la sorgente di Santa Susanna, un tempo tributaria di Ripasottile, le cui acque sono sottratte alla zona umida e vengono immesse direttamente nel Velino. Infine, ormai in territorio umbro, il lago di Piediluco è unito al Velino tramite un canale artificiale che funge da emissario o da immissario del lago in relazione al regime di funzionamento della centrale idroelettrica ENEL (oggi Endesa) di Galleto Monte S. Angelo. Questo lago naturale è sottoposto ad una regolazione artificiale da parte dell’Endesa che utilizza una parte del volume invasato per effettuare la compensazione giornaliera dei volumi turbinati presso le centrali di Galleto e Monte Sant’Angelo: in tal modo il lago risulta essere alimentato anche da una parte delle acque del fiume Nera e del fiume Velino, il quale a sua volta racchiude le acque del fiume Salto e Turano.

Il lago funziona quindi come invaso di regolazione giornaliera delle portate che alimentano la centrale di Galleto Monte S. Angelo, secondo lo schema seguente:

− Il Canale Medio Nera alimenta il lago per 24 ore su 24 con circa15 mc/sec; − Il fiume Velino alimenta il lago per le 9 ore notturne con circa 10 mc/sec.

Si rileva quindi che, sul volume totale di acque che alimentano il lago giornalmente, l‘80% proviene dal bacino del Nera ed il 20% da quello del Velino.

Durante il periodo medio di fermo-macchine della centrale (pari a nove ore notturne) le acque del Velino in parte entrano nel lago, ed in parte rigurgitano verso monte: in questo periodo il canale funziona da immissario del lago; invece durante un periodo medio di funzionamento della centrale (pari approssimativamente a 15 ore) le acque del lago transitano attraverso il canale, che stavolta funge da emissario ed unendosi a quelle del Velino vengono convogliate verso il drizzano a valle del lago e di qui in centrale.

Il bacino idrografico in tal modo sotteso è composto da

− l’intero bacino del fiume Velino; − il bacino del Salto; − il bacino del Turano.

Infine, la diga mobile situata a monte della cascata delle Marmore regola i bisogni della centrale. La rete idrologica naturale e quella regolata dall' uomo, come sopra descritto, concorrono a creare un sistema di grande valore ambientale e sociale da un lato, ma di grande impatto e ambientale e sociale dall’altro.

Riguardo al tema dello sfruttamento idropotabile si sottolinea che nella Provincia di Rieti l’acqua viene estratta da una miriade di sorgenti (esauribili), per lo più da soggetti pubblici quali comuni o consorzi. In alcuni casi a gestire le acque sotterranee del territorio reatino sono soggetti privati. Tra questi c’è una S.p.a. il cui 51% è detenuto dal comune di Rieti ed il restante da ACEA S.p.a. che da poco ha acquistato dal gruppo

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Bouygues la Sigesa, società che gestiva i servizi idrici in alcune aree del centro Italia (tra cui Rieti, Lucca, Perugia e Benevento). Nel sottobacino del Velino, quindi, le utenze idropotabili hanno un ruolo primario svolto dalla captazione delle Sorgenti del Peschiera da parte dell’ACEA per alimentare l’acquedotto di Roma. La portata massima concessa è di 10000 l/s e rappresenta un trasferimento notevole di risorsa verso la capitale, ultima delle capitali europee a rifornirsi di acque sorgive. L'acqua impiega 17 ore per raggiungere la capitale compiendo un percorso di circa 80 chilometri. In località Ponte Buita di le acque del Peschiera si uniscono con quelle della sorgente "Le Capore" (portata 6 mc/sec.). Più avanti in località l'acquedotto del sistema Peschiera-Capore alimenta, compiendo un salto di 80 metri, una grande centrale idroelettrica, prima di giungere alla rete di distribuzione romana. La società ACEA ATO 2 S.p.A. gestisce il servizio idrico dell’ATO 2 di Roma ed è concessionaria delle sorgenti citate che rappresentano una risorsa idrica di particolare importanza, sia in termini di qualità che di quantità d’acqua. Infatti, il patrimonio disponibile di risorsa idrica è oggi di 21 mc al secondo e l’acqua captata corrisponde a 560 milioni di mc/anno.

Per il sottobacino n.11. le utenze idropotabili si limitano, invece, alla captazione di alcune sorgenti (1-20 l/s) che alimentano piccoli comuni per lo più ricadenti nello stesso sottobacino (Vivaro Romano, Greccio, Stroncone, Contigliano).;

8.3 Problematiche idrogeologiche: aree a rischio frana

Per quanto concerne il rischio da frana si rileva che circa un terzo delle nuove situazioni di rischio rilevate dal Piano Stralcio sono connesse a zone di espansione urbanistica recente, mentre il rimanente 60- 65% delle aree di rischio è in buona parte concentrato nei centri storici e nella viabilità ad essi adiacente. Come rilevato dal PAI, si possono individuare alcune situazioni puntuali o areali. Nel comune di Cittareale possono essere rinvenuti diversi episodi: a nord del centro abitato di Cittareale, nei pressi del fosso di Valicelle, un’area con franosità diffusa quiescente; nei pressi del centro abitato di Conca, un’area interessata da deformazioni superficiali lente attive; più a nord nei pressi di Zozza, una frana complessa quiescente; in località Fontevecchia una falda o cono di detrito attivo. Nel Comune di Posta possono essere rinvenuti: in località Costa della Madonna, una frana per colamento attiva ed una frana presunta entrambe incidenti sul lato orientale della Salaria; sullo stesso lato della Salaria, più a nord, una frana per crollo attiva; in località Fonte del Cane, una frana per scivolamento attiva; più a nord, una frana per scivolamento attiva; in località Casali di S. Giovanni, Pisciarello, e nei pressi del Depuratore, orli di scarpata incidenti sulla Salaria e sul fiume Velino; in località Pisciarello, incidente sul versante orientale della Salaria una frana per crollo attiva ed una frana non cartografabile; a ridosso del centro abitato di Posta, nella parte meridionale, in località San Felice un orlo di scarpata; alla stessa altezza, sul versante orientale della Salaria, un orlo di scarpata; in località Vignale, sul versante occidentale della Salaria, una frana per scivolamento attiva; nei pressi del centro abitato di Posta, sul versante meridionale incidente sulla strada statale di Leonessa, una frana di scivolamento attiva parzialmente a rischio elevato ed una frana non cartografabile parzialmente a rischio molto elevato; nei pressi del centro abitato di Posta, nei pressi della caserma forestale, una frana per scivolamento attiva incidente sul lato occidentale della Salaria; in località Cerqua, orli di scarpata incidenti sulla strada statale di Leonessa; in località Maccellone, una frana per scivolamento attiva in parte a rischio elevato;

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Nel Comune di Borbona , interamente compreso all’interno del ambito “Velino” del Progetto di Territorio “Montepiano Reatino”, sono presenti i seguenti fenomeni franosi: sulle pendici del Colle Petroianni, frane non cartografabili; nei pressi del centro abitato di Borbona, una frana di scivolamento attiva; in località Fonte Spugna, un cono di detrito attivo; in località Piano di S. Croce, una frana per scivolamento attiva, parzialmente a rischio elevato ed una frana non cartografabile; in località Casale Manocchio, una frana complessa in parte quiescente e in parte attiva e diversi orli di scarpata; in località Capitoni, un cono di detrito attivo. Nel Comune di Antrodoco , interamente compreso all’interno del sub-ambito “Velino” del Progetto di Territorio “Montepiano Reatino”, sono presenti i seguenti fenomeni franosi: nei pressi del centro abitato di Antrodoco, in località La Rosca, un orlo di scarpata di frana ed un’area a rischio elevato; nei pressi della stazione Antrodoco centro, una frana per crollo attiva parzialmente a rischio elevato e molto elevato; nei pressi della stazione Antrodoco Borgo Velino, incidente sulla Salaria da Sud, una frana per scivolamento attiva; in località Fosso della Fonte, una frana per scivolamento attiva; in località Casale Boccacce, due frane complesse parzialmente a rischio elevato e molto elevato; in località Pinguo, una frana complessa attiva parzialmente a rischio elevato e molto elevato; nei pressi dell’espansione meridionale del centro abitato di Antrodoco lungo la strada statale 17, un’intricata compresenza di situazioni franose attive e quiescenti, e parzialmente a rischio elevato e molto elevato; in località Le Lamette, due aree con franosità diffusa; in località Rapelle, aree con franosità diffusa; nei pressi di Colle Maro, una frana per scivolamento quiescente, in parte a rischio molto elevato e una frana per scivolamento attiva. Nel Comune di Borgo Velino , limitatamente alla parte rientrante nel sub-ambito “Velino” del Progetto di Territorio “Montepiano Reatino” sono presenti i seguenti fenomeni franosi, mediamente a rischio R2: in località Colle Rinaldo, un orlo di scarpata; sulla strada comunale che collega Borgo velino a Colle Maro, una frana quiescente parzialmente a rischio elevato relativamente al tracciato della strada; in località le Fosse, alcuni orli di scarpata. Per quanto riguarda il Comune di Castel Sant’Angelo, sono presenti i seguenti fenomeni franosi: nei pressi del fosso Vallone, un cono di detrito quiescente incidente sul Velino; nei pressi di Cerquara, un cono di detrito quiescente ed uno inattivo; in località S. Rocco, un’area con franosità diffusa, attiva; in località Casa Veno, due frane per scivolamento attive incidenti sul versante occidentale della Salaria; in località Vasche, aree soggette a sprofondamento intorno ai bacini lacustri, parzialmente a rischio molto elevato in prossimità delle abitazioni; in località Paterno, una vasta area interessata da deformazioni gravitative profonde attive; in località Casa Mannetti, un cono di detrito quiescente incidente sulla stazione di Castel Sant’Angelo. All’interno del Comune di Cittaducale, sono presenti i seguenti fenomeni franosi: nei pressi della parte occidentale del centro abitato di Cittaducale è presente un vasto orlo di scarpata; nei pressi di Vallestura, un’area interessata da deformazioni gravitative profonde attive, parzialmente a rischio molto elevato nei pressi dell’impianto sollevamento ACEA; a nord del centro abitato di Pendenza, una vasta fessura attiva; in località Collattoni, due frane complesse quiescenti ed una frana complessa attiva.

8.4 Problematiche di inquinamento delle acque: Acquicoltura

Per quanto riguarda gli allevamenti ittici, si deve precisare che la loro presenza non è di per sé una causa di inquinamento. Tuttavia risulta critica la loro localizzazione che presenta un cospicuo numero di stabilimenti ubicati a poca distanza l’uno dall’altro - come avviene invece nella Val Nerina - con l’effetto di compromettere la capacità autodepurativa dei corpi idrici recettori. 103

Allo stesso tempo si evidenzia che in alcuni casi le acque in ingresso agli impianti di allevamento risultano già cariche di sostanze inquinanti. La loro presenza suggerisce che a determinare la situazione esistente concorrano anche altri fenomeni come: la presenza di scarichi antropici isolati non collettati con la rete fognaria, gli allevamenti zootecnici di altra natura, altri fenomeni collegati al dilavamento dei terreni coltivati, ecc. Il quadro descritto suggerisce che per minimizzare gli impatti sugli ecosistemi acquatici (aste fluviali e spazio lacustre) da parte delle acquacolture itticole dovrebbero essere intraprese azioni che agiscono, a diversi livelli di intervento, per contrastare:

• i fenomeni d’impatto non riconducibili alle troticolture (come allevamenti di altro tipo, scarichi isolati, ecc.), carenze di tipo strutturale (es. mancanza di fognature e depuratori). A tale riguardo servirebbero quadri normativi utili a disciplinare, per esempio, la pratica della fertirrigazione ;

• i fenomeni d’impatto che scaturiscono direttamente dalla presenza delle troticolture. Gli interventi si potrebbero tradurre in: − iniziative a livello nutrizionale, con l’utilizzo di mangimi ad elevata digeribilità, contenenti sostanze in grado di accrescere la ritenzione corporea e di ridurre al contempo la quantità di cataboliti azotati e fosforati escreti; − interventi in ambito gestionale, con l’applicazione di protocolli di controllo utili, da un lato. a ridurre gli sprechi di mangime e, dall’altro, a rendere più efficienti i sistemi di trattamento per la prevenzione e la cura di malattie; − interventi di tipo impiantistico, come la rimozione dei solidi sospesi, principalmente costituiti da escrementi e residui di mangime, con l’ausilio di filtri meccanici rotanti e/o decantatori.

Per quanto riguarda la situazione lungo il fiume velino si evidenziano elementi di pressione dovuti alla pesca soprattutto della Trota di torrente (specie alloctona). Tale pratica ha determinato il moltiplicarsi di interventi di semina lungo il corso del fiume di altre specie (Trote iridee nord-americane e Trote di torrente transalpine) con caratteristiche diverse rispetto alle preesistenti e più aggressive rispetto alle prime. Se non si procederà ad una regolazione di queste pratiche, si potrebbe compromettere se rimanete la presenza della forma autoctona.

8.5 Problematiche di inquinamento delle acque: attività agricole e attività zootecniche

Dal punto di vista della tutela delle acque, l’allevamento intensivo comporta gravi problemi. Prima di tutto perché il concentramento dei capi di bestiame e il peso crescente degli allevamenti “senza terra”, rendono estremamente difficile lo smaltimento dei liquami sul suolo e rendono indispensabile la realizzazione di apposite strutture di depurazione delle acque reflue. I grandi impianti zootecnici, che trattano migliaia di capi con criteri gestionali più vicini a quelli di un industria, agiscono di solito con uno scarico concentrato che vanno affrontate con gli stessi criteri e metodi usati per le acque industriali e le acque urbane. La forma di smaltimento dei liquami attraverso la spandimento agronomico degli stesi, effettuato al fine di fertilizzare il suolo (compost), rende però il settore zootecnico una fonte di inquinamento di “ tipo diffuso” difficilmente individuabile e, al contempo, molto invasiva. Se immessi in quantità eccessive, infatti, i reflui zootecnici causano un’alterazione della matrice-suolo dovuta all’instaurarsi di un ambiente privo di 104

ossigeno che induce lo sviluppo di fermentazioni anaerobiche in grado di produrre composti fitotossici ed esalazioni maleodoranti. Le maggiori problematiche ambientali riferibili alla pratica agronomica dello spandimento dei liquami zootecnici sono riconducibili sia alla contaminazione delle acque sotterranee per effetto dei processi di percolazione, sia alla contaminazione delle acque superficiali per dilavamento e ruscellamento. I principali agenti inquinanti delle risorse idriche collegabili direttamente all’attività zootecnica sono la carica batterica che determina un peggioramento della qualità biologica delle acque, i metalli pesanti e i sali solubili presenti nelle deiezioni zootecniche, che al pari della carica batterica determinano alterazioni dei processi fisico-chimici delle acque e azioni tossiche sugli organismi. L’agricoltura moderna, per l’impiego di fertilizzanti e fitofarmaci, contribuisce significativamente all’inquinamento delle acque superficiali e sotterranee attraverso l’acqua che ne rappresenta il vettore primario. Gli inquinanti agricoli resi disponibili sul suolo e sulle piante vengono dilavati dalle acque di pioggia ed irrigue, e raggiungono i corpi idrici in maniera diffusa senza un preciso punto di immissione ove attuare il controllo o intervento depurativo. I processi che concorrono al trasferimento delle sostanze inquinanti dal suolo alle acque superficiali e sotterranee sono l’erosione e la sedimentazione delle particelle di suolo, il ruscellamento superficiale, l’infiltrazione e percolazione nel suolo. Tali modalità di trasporto sono influenzate dai seguenti fattori: - le caratteristiche chimiche proprie delle sostanze inquinanti che ne determinano la disponibilità e che determinano le trasformazioni fisiche e biologiche durante il tempo, quali la solubilità e la capacità di adsorbimento (che definiscono l’entità della sostanza adsorbita sulle particelle solide del suolo e di quella trasportata allo stato disciolto dalle acque); - la combinazione di fattori abiotici, biotici e merobiotici; - le modalità di conduzione delle pratiche colturali.

L’impatto più evidente connesso alla pratica agronomica intensiva è la comparsa di erbicidi nelle acque di falda a seguito delle pratiche di diserbo e all’aumento delle concentrazioni di nutrienti nelle acque di deflusso, causate dagli interventi di concimazione. Questi contributi danno luogo a fenomeni di inquinamento ed eutrofizzazione. Il pericolo maggiore è rappresentato dai fertilizzanti azotati, sia per l’entità dei quantitativi impiegati nei moderni sistemi di coltivazione, sia per le caratteristiche fisico- chimiche che conferiscono all’azoto una mobilità maggiore rispetto al fosforo. Altre implicazioni ambientali alla matrice-acqua sono imputabili ai consistenti prelievi idrici correlati alle colture idroesigenti. Il contributo inquinante connesso alla pratica agricola di fertilizzazione è valutato in funzione dei tassi impiegati nelle diverse colture, ovvero degli apporti medi in azoto e fosforo per unità di superficie. A seconda delle condizioni pedo-climatiche gli elementi nutritivi sono utilizzati dalle colture e immobilizzati nel terreno in misura variabile, e quindi solo una parte dell’azoto e del fosforo determina rilasci tali da provocare inquinamento della risorsa idrica. Pertanto al quantitativo totale che arriva al terreno si applicano coefficienti di sversamento diversi per le acque superficiali e per quelle profonde, pari rispettivamente al 20% e 26% per l’azoto e 3% e 0,1% per il fosforo. La pericolosità ambientale di un fitofarmaco è direttamente proporzionale alla quantità di principio attivo apportato e alla persistenza ambientale, ed inversamente correlato alla dose letale (DL50) del principio attivo in esso contenuto. Anche i terreni non coltivati costituiscono un importante contributo al carico diffuso cedendo azoto e fosforo con le acque di dilavamento naturale. Per la valutazione delle cessioni di nutrienti dai suoli non coltivati ai corpi idrici per dilavamento superficiale, ci si avvale di indici unitari espressi in 2 Kg/ettaro per anno per l’azoto e a 0,1 Kg/ettaro per anno per il fosforo, desunti dal consorzio della letteratura tecnica specialistica. Nelle aree urbane il contributo di nutrienti diretto alle acque superficiali dovute alla precipitazioni atmosferiche e 105

al dilavamento naturale è generalmente maggiore rispetto alle aree rurali a causa della natura impermeabile dell’area urbana. Tuttavia è da considerare che parte dei nutrienti immessi nelle reti di fognatura attraverso lo scolo delle acque bianche sono rimossi dagli impianti di trattamento.

Nel territorio reatino i seminativi irrigui occupano tutta la parte pianeggiante provinciale per una superficie compresa tra i 6500 ed i 7000 ettari e si diramano in tutte le valli dei fiumi e dei torrenti principali (Velino, Turano, Salto ecc..). Sui lati nord-est, est, sud-ovest ed ovest i seminativi irrigui sono compresi entro fasce più o meno ampie di seminativi asciutti immediatamente a contatto con le pendici dei rilievi che delimitano la piana stessa. In particolare, la fascia dei seminativi asciutti situata a sud-ovest, continua occupando la valle del torrente Canera, unica eccezione alla diramazione dei seminativi irrigui nelle valli che convergono sulla Conca di Rieti. I seminativi asciutti nella valle del Canera si alternano, nelle parti più in quota, con i prati pascolo e con le aree con colture miste o a vigneto sparse in modo frammentario. Una situazione simile di frammentarietà di usi è riscontrabile anche nella parte est della Conca, subito a nord del nucleo antico della città di Rieti ed ad est della grande area industriale, situata a ridosso della Salaria. Ad eccezione della Conca di Rieti quasi completamente coltivata a seminativi irrigui, le altre aree pianeggianti sono coltivate a seminativi asciutti quasi sempre foraggi. Al di là dei seminativi, irrigui o asciutti, le aree coltivate del bacino sono molto limitate. Si tratta quasi sempre di colture legnose, nella maggior parte dei casi promiscue, situate quasi esclusivamente all’interno del comune di Rieti, a ridosso delle parti edificate e nella valle del Velino nel tratto compreso tra città ducale ed Antrodoco. Ad est di Antrodoco rimane infatti un tratto di territorio coltivato, nella valle attraversata dalla S.S. 17 e dalla ferrovia, che vede attualmente la presenza esclusiva di seminativi irrigui. Pascoli e prati pascolo in alternanza con seminativi asciutti si riscontrano anche a nord della Conca di Rieti, a nord del centro abitato di Rieti e a sud della stessa Rieti, lungo il crinale. L’agricoltura contribuisce quindi alla pressione sul territorio in modo determinante: - tramite prelievi dalle acque superficiali o di falda, spesso anche abusivi; - tramite l’utilizzo sui terreni di fitofarmaci (pesticidi, erbicidi, fungicidi), fertilizzanti e sostanze organiche che vanno ad inquinare i suoli ed inoltre tramite il dilavamento dei terreni vengono veicolati nei fiumi e nei laghi. Per quanto concerne la zootecnia mediamente quasi il 6% delle aziende agricole hanno anche allevamenti zootecnici per un totale - considerando l’insieme dei comuni - di 15.735 aziende e 253.000 capi fra bovini, suini, caprini, ovini ed equini in tutto il territorio oggetto del piano stralcio del lago di Piediluco (provincie di Rieti, Terni, Perugia). Anche per quanto riguarda questo aspetto esso ha una forte pressione sul territorio dovuta ai: - prelievi dalle acque superficiali o di falda, spesso anche abusivi; - l’utilizzo di fitofarmaci (pesticidi, erbicidi, fungicidi), fertilizzanti e sostanze; organiche che vanno ad inquinare i suoli ed inoltre tramite il dilavamento dei terreni vengono veicolati nei fiumi e nei laghi, mentre in alcuni casi i reflui vengono scaricati direttamente nelle acque.

8.6 Problematiche connesse ad altre pressioni antropiche il Velino è un fiume che nel corso del tempo ha subito diverse modifiche lungo il suo corso, sia per limitarne l’esondabilità, sia per sfruttarne le risorse. La pressione antropica è riscontrabile sia in maniera diffusa sulle rive prossime agli insediamenti (con aumenti notevoli nei tratti in prossimità di Canetra, all’interno di Rieti o nei dintorni di Chiesa Nuova) e in prossimità del territorio agricolo, sia in modo puntuale (a casusa dello 106

sversamento di reflui civili e legati ad attività produttive). Per contrastare questa pressione riveste particolare importanza la fascia di vegetazione riparia che agisce sia da corridoio ecologico e percettivo, sia come filtro protettivo e zona cuscinetto fra ambienti diversi. Lungo il corso del fiume, invece, gli agricoltori hanno eliminato in molti tratti tale vegetazione, probabilmente per sfruttare il legno degli alberi ed avere un accesso alle acque del fiume più agevole. Questo tipo di azioni vanno contrastate attraverso azioni di ripristino supportate da un quadro normativo che regoli e tuteli le aree dove la vegetazione ripariale. In tal senso l’istituzione del parco può funzionare da volano per ricostituire i preziosi ambienti di transizione fra ambienti diversi lungo il corso del fiume e proporre nuovi usi più sostenibili. Attraverso l’utilizzo delle ortofoto satellitari ed alcuni rilievi sul campo è stata elaborata una matrice “vulnerabilità-pressione da inquinamento diffuso” identificando tre tipologie diverse di tratti lungo il fiume: tratti che presentano buona presenza vegetazionale (vulnerabilità bassa, colore azzurro), presenza vegetazionale scarsa o non adatta (vulnerabilità media, colore giallo), assenza di vegetazione (vulnerabilità alta, colore rosso). E’ stato poi valutato, sulla base dei dati dell’Autorità di Bacino del fiume Tevere, i sottobacini del fiume Velino che risultavano più critici in termini di sversamento di nutrienti per attività legate all’agricoltura e alla zootecnia (in questo caso è stato considerato come inquinante indicatore il fosforo, proprio per la sua caratteristica di rimanere adsorbito sulle particelle di suolo ed essere poi dilavato per ruscellamento superficiale verso la sezione di chiusura del bacino, finendo quindi secondo una stima intorno al 3% del quantitativo totale sversato, nel corso d’acqua). La colorazione dei bacini è: celeste (bacini non critici), verde (carico basso), giallo (carico medio), rosso (carico alto). La matrice ha poi restituito una scala di priorità per il ripristino della vegetazione ripariale: frecce blu (bassa priorità di ripristino), frecce verdi (media priorità), frecce gialle (alta priorità), frecce rosse (altissima priorità). Di seguito è riportata graficamente, con le indicazioni, tale matrice:

Pressioni

Pressione bassa Pressione media Pressione alta

Vulnerabilità Vulnerabilità alta C3 C2 C1

Vulnerabilità media C4 C3 C2

Vulnerabilità bassa C4 C4 C3

L’analisi qualitativa condotta ha mostrato la concentrazione di tali zone a ridosso dei centri abitati.

8.7 Sistema artificiale delle acque In ultimo si vuole sottolineare come l’intero sistema artificiale delle acque venga oggi vissuto e “subito” dal fiume senza la possibilità di poterne sfruttare le risorse a favore del fiume e del territorio circostante. In particolare si sottolinea come Il riutilizzo delle attrezzature e degli edifici di archeologia industriale della rete artificiale dell’acqua possa essere utile per scopi turistico-didattici. A tale proposito l’ipotesi di un parco non tradizionale, ma polifunzionale e pluritematico, apre spazi per inserire dei “parchi tematici” nel parco del Velino, sul tema dell’acqua che coniugano il recupero dei grandi edifici di archeologia industriale (molti di pregio, in paesaggi di grande valore) con una mirata educazione ambientale sui rischi dell’eccessivo sfruttamento dell’acqua e delle altre fonti di approvvigionamento degli insediamenti ed,

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infine, con la riappropriazione da parte degli abitanti di spazi oggi non accessibili (ad esempio con l’inserimento di funzioni pubbliche utili al territorio: ludoteche, biblioteche, ecc.).

9. Problematiche della gestione

9.1 Quadro degli Enti ed organismi collegati al parco

Oltre agli Enti Locali altri Enti, Aziende, Uffici speciali e Consorzi hanno giurisdizione e capacità d'intervento anche sovra-comunale sugli aspetti connessi all’ambito fluviale interessato dalla proposta di parco. Finora, questa molteplicità di attori ha rappresentato certamente un ostacolo per la gestione “armoniosa” delle acque del fiume sia in termini di pianificazione degli interventi (sempre più orientata alla gestione delle emergenze che non alla costruzione di un progetto strategico condiviso di tutela e valorizzazione) sia in termini di valorizzazione delle risorse. In tal senso vanno invece lette e interpretate le problematiche legate alla gestione del sistema fluviale, nella forma che assumerà (un parco o una riserva, per rendere più snello l’apparato burocratico di gestione), come precondizione all’autosostenibilità del parco che verrà istituito. Come abbiamo già detto, infatti, la gestione rappresenta un nodo fondamentale per poter tenere conto da una parte della complessità delle azioni di salvaguardia dei beni e delle aree comprese nel perimetro del parco e, dall’altra, per poter evidenziare e rivalutare ciascun contesto territoriale attraversato dal fiume rispetto alle sue peculiarità. In tal senso, e per non appesantire eccessivamente l’apparato burocratico legato al parco fluviale, sarebbe auspicabile la costituzione di appositi organismi di gestione che assicurino la partecipazione ed il coinvolgimento di rappresentanti dei diversi soggetti istituzionali e privati coinvolti nella trasformazione e nella valorizzazione dell’ambito fluviale, senza però dimenticare l’Università e le organizzazioni dell’associazionismo locale. In questa difficile operazione, trova un ruolo fondamentale la regia dell’Ente provinciale (nonostante le incertezze sul suo futuro poste in essere dall’attuale governo) 4, in quanto guida strategica alla valorizzazione di un ambito, quello fluviale, che troverebbe maggiori occasioni di sviluppo se si adottasse una forma innovativa e più snella di tutela, sviluppo e gestione: ad esempio i contratti di fiume. Le più recenti sperimentazioni (tra le più interessanti si cita quello del fiume Panaro, …), seppur appoggiandosi a parchi di tipo più o meno tradizionale, consentono di individuare delle forme di sviluppo per i territori comprendenti ambiti fluviali di pregio compatibili con i valori ambientali e con gli obiettivi di difesa del territorio. Al contempo, tali forme di sviluppo si pongono l’obiettivo di offrire opportunità occupazionali localmente in attività di utilità collettiva recuperando un “ruolo produttivo” dell’ambito fluviale (legato alla cultura, allo svago e al tempo libero oltre che di grande valore paesaggistico). In particolare, si sottolinea che assegnare alle comunità un ruolo nella gestione del sistema integrato di parchi in cui può essere immaginato un parco non tradizionale e come previsto dai contratti di fiume di ultima generazione, significa renderle protagoniste della tutela e della valorizzazione delle risorse culturali ed ambientali del proprio territorio. Inoltre, cosa più importante, vuol dire recuperare un “ruolo utile” dell’ambito fluviale nella vita quotidiana delle comunità locali.

4 Tra le sperimentazioni interessanti si vedano anche gli organismi di gestione sper il sistema dei parchi archeologici presentati dalla Regione Basilicata e dall’Abruzzo. 108

Tra le funzioni che dovrebbe avere questo organismo partecipato di gestione, a cui vebgono attribuite risorse e responsabilità per garantire autonomia finanziaria ed operativa, oltre alla tutela dell’ambiente e dei beni comuni compresi nell’area soggetta a contratto di fiume, si evidenziano anche: la promozione della ricerca e la divulgazione delle conoscenze relative all’ambito fluviale locale (utilizzando anche il patrimonio di archeologia industriale in dismissione ed i “saperi” locali sul tema delle acque); la promozione, la riproduzione e la diffusione di tali conoscenze utilizzando tecnologie multimediali; la promozione di iniziative di turismo ambientale e culturale; il recupero e l’adeguamento delle infrastrutture presenti a fini turistici, ludici e didattici; la promozione di corsi di formazione professionali finalizzati alla preparazione di personale qualificato per attività di tutela, valorizzazione del patrimonio ambientale e culturale dell’ambito fluviale. L’ampio spettro di funzioni dovrebbe garantire non solo la tutela delle risorse paesaggistiche locali ma anche l’individuazione di attrezzature, servizi, attività complementari in grado di offrire al soggetto gestore (qualunque esso sia), quelle risorse finanziarie senza le quali l’unico modello di gestione proponibile è quello dell’assistenza continua con sovvenzioni e contributi pubblici (si veda ad esempio il caso del modello di gestione proposto in Toscana con la Società Parchi Val di Cornia).

Di seguito quindi si riporta un quadro dei diversi soggetti che potrebbero svolgere in relazione all'istituzione di un Parco del Velino.

ENEL L’ ENEL è presente in maniera massiccia con le sue attrezzature lungo il corso del Velino, con particolare riguardo nel tratto Posta - Caporio. Le sue attrezzature sono in gran parte inserite nel contesto ambientale anche se sono auspicabili interventi di restauro ambientale nei siti dove queste sono più imponenti.

A.N.A.S. L’ A.N.A.S. è presente nell'ambito interessato dal fiume Velino dalla Piana di Bacugno fino alle porte di Rieti con la S.S. Salaria, e poi nei comuni di Contigliano e di Colli sul Velino con la Superstrada Rieti - Terni fino al confine Provinciale.

F.F.S.S. Le F.F.S.S. sono presenti da Antrodoco al confine Provinciale nei pressi di Moggio a ridosso del Velino, salvo il tratto che interessa l'area sud - ovest della Piana Reatina (Poggio fidoni - Contigliano). Le ipotesi di nuove tratte ferroviarie citate dal Q.R.T. sono: un collegamento Passo Corese -Rieti e, su livello inferiore, un collegamento Antrodoco - Ascoli Piceno - S. Benedetto del Tronto.

ARDIS Agenzia Regionale per la difesa del suolo, ex Genio Civile, con le competenze di agire con interventi ordinari e straordinari per la tutela del suolo.

ACEA L’ ACEA interagisce nel bacino del Velino con la gestione delle sorgenti del Peschiera. E' sicuramente un soggetto che, per scopo istituzionale, ha interesse alla tutela della qualità delle acque e dell'ambiente circostante le sorgenti.

Autorità di bacino del Tevere

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Ente che si occupa di garantire le condizioni di equilibrio e di compatibilità tra le dinamiche idrogeologiche in atto e l’antropizzazione del territorio del bacino del fiume Tevere. Esso copre circa 1/20 deI territorio nazionale, interessa i confini amministrativi di 6 Regioni e 12 Province, ed include città rilevanti quali Roma, Perugia, Terni, Rieti e centri di interesse storico-artistico quali Orvieto, Todi, Assisi, con una popolazione complessiva di circa 4,3 Milioni di abitanti.

Consorzio di Bonifica della Piana Reatina Il Consorzio di Bonifica della Piana Reatina ha un territorio di competenza che si estende dalla Piana di S. Vittorino a tutte le aree di pianura della Conca Reatina fino al confine provinciale in zona Pie di Moggio - Piano Canale. Nel corso della sua pluri-decennale attività il consorzio si è dotato di imponenti attrezzature per la derivazione delle acque del fiume Velino a fini irrigui (sbarramento di via Velinia e relative canalizzazioni), oltre ad aver gestito importanti opere di controllo del regime idraulico nella parte più bassa della Piana Reatina.

Consorzio per la Riserva Naturale Parziale dei laghi Lungo e Ripasottile E l'organismo di gestione della riserva nata nel 1985 con apposita legge regionale. Il territorio di competenza comprende aree a ridosso dei due laghi, relitti del grande "lacus Velinus. Il Consorzio si è dotato di un piano di assetto (anche se non recepito da tutti i comuni interessati) e ha programmato una serie di interventi per incentivare la tutela e la fruizione di un'area umida tra le più interessanti d'Europa tra quelle in zone interne.

In ultimo si sottolinea l’importanza di coinvolgere gli enti interessati alla gestione delle aree tutelate (Parchi e Riserve, SIC e ZPS) soprattutto in quelle zone in cui la perimetrazione del parco lambisce o si sovrappone alle aree tutelate.

10. Conclusioni e proposte di revisione della perimetrazione

10.1 Stato della frammentazione ambientale lungo il Velino

L'ambiente naturale ha subito grandi trasformazioni sotto la pressione antropica. Ciò ha portato negli ultimi anni ad una quasi completa scomparsa di habitat naturali soprattutto nei territori con un utilizzo agricolo intensivo. In primo luogo l'artificializzazione ha prodotto la sostituzione della maggior parte degli ecosistemi naturali originari con neo-ecosistemi realizzati dall'uomo, in ambito agricolo come nelle aree urbane. In secondo luogo si è avuta, nei territori con maggiore presenza antropica, una banalizzazione più o meno completa degli ecosistemi extraurbani. Le cause sono molteplici: l'industrializzazione dell'agricoltura, la prassi di soluzioni di salvaguardia idraulica miranti essenzialmente alla regolarizzazione ed alla canalizzazione degli alvei dei corsi d'acqua e la realizzazione di grandi infrastrutture lineari che costituiscono barriere fisiche per gli spostamenti degli esseri viventi sul territorio. Attualmente anche il patrimonio naturale di molti tratti del fiume è compromesso e rischia di peggiorare: pochi sono i lembi naturali rimasti lungo i corsi d'acqua, ormai rappresentati solamente da piccoli biotopi di esigue dimensioni, isolati tra loro e inseriti in contesti territoriali molto antropizzati ed inquinati. E'

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necessario quindi salvaguardare i paesaggi naturali relitti e consentire un nuovo ampliamento delle aree naturali per garantire la sopravvivenza delle popolazioni degli ambienti fluviali. Per far questo occorre ripristinare la continuità ecologica dell'ecosistema fluviale ricostruendo, ove è possibile, adeguati corridoi naturalistici e consentendo alla rete idrografica di ristabilire una trama di relazioni tra montagna e pianura, spesso compromessa. La continuità dell’ecosistema fluviale è legata allo scorrimento superficiale delle acque che rappresentano il naturale collegamento dei diversi tratti del fiume. Le comunità acquatiche possono in questo svolgere i propri cicli biologici, utilizzando l’intero corso d’acqua per motivi riproduttivi e per motivi trofici, senza limitazioni. La presenza di traverse e piccole dighe provoca nel fiume un’interruzione nella sua continuità biologica impedendo ai pesci di effettuare le migrazioni e gli spostamenti trofici e la suddivisione della comunità ittica in tante piccole sottopopolazioni a rischio di estinzione. A queste discontinuità si aggiungono le numerose captazioni degli effluenti, delle sorgenti e dello stesso fiume per motivi legati sia all’approvvigionamento idrico che alla produzione idroelettrica; la diminuzione delle portate che ne risulta contribuisce in alcuni tratti a creare delle interruzioni nello scorrimento superficiale del corso d’acqua. A seguito di questi problemi si suggerisce la costruzione di scale di risalita per pesci permettendo il collegamento tra i diversi tratti di fiume. Si tratta in pratica di scivoli laterali alle traverse o alle dighe che permettono ai pesci di potersi spostare senza troppe limitazioni nell’intero corso del fiume. Anche le eccessive diminuzioni delle portate possono determinare criticità nella funzionalità biologica e nel normale svolgimento dei cicli caratterizzanti il fiume, ed il deflusso minimo vitale ci indica il limite di quantità d’acqua necessaria per queste funzioni. Bisogna rivedere gli accordi ed i protocolli di intesa tra l’ENEL, l’ACEA per il rilascio di un quantitativo di acqua sufficiente al mantenimento delle comunità biologiche del corso d’acqua. La gestione delle attività di pesca e le immissioni di specie ittiche alloctone: purtroppo la notevole pressione di pesca esercitata sulle trote di torrente ha prodotto la diffusa abitudine di procedere con interventi di semina lungo il corso del fiume, sono state così introdotte, in un primo tempo, esclusivamente Trote iridee nord-americane di allevamento e ultimamente, ad aggravare la situazione, Trote di torrente in gran parte di origine transalpina. L’immissione di Trote di torrente a scopo di pesca sportiva ha comportato la quasi sicura estinzione della forma autoctona di questo Salmonide. Infatti la qualità dei ceppi utilizzati per il ripopolamento, di origine transalpina e selezionati da molte generazioni negli allevamenti, hanno quasi sicuramente determinato la scomparsa per ibridazione delle popolazioni indigene presenti lungo il fiume. Bisogna verificare l’eventuale conservazione lungo le aste secondarie del fiume di popolazioni di trote di torrente con caratteri originali e procedere alla loro graduale ridistribuzione lungo il fiume. La conservazione e la gestione della vegetazione ripariale ed igrofila: l’importanza e la conservazione delle fitocenosi dovrà essere affrontata con urgenza, sia in termini di regolamentazioni dei tagli sia attraverso la ridefinizione delle zone di pertinenza fluviale, da considerare come aree in cui permettere lo sviluppo e l’espansione della vegetazione ripariale ed igrofila. Sarà inoltre opportuno anche definire dei protocolli di intesa con gli enti preposti alla gestione idraulica dei corsi d’acqua per evitare inutili e dannosi dragaggi e danneggiamenti degli alvei e della flora macrofitica acquatica e della fauna associata.

10.2 Sintesi delle analisi

Nel parco fluviale proposto è possibile conciliare le esigenze di conservazione della natura con quelle legate alla necessità di recuperare funzioni ecologiche importanti (quali la capacità di contenere le 111

piene e la capacità di auto depurazione) con la vocazione turistica dei luoghi presenti (borghi e centri storici). Le criticità emerse nei diversi territori analizzati hanno portato a delineare il seguente stato complessivo.

Alto corso Si estende dalla sorgente fino alle gole del Velino. Il territorio è caratterizzato prevalentemente da attività agricole di medio e basso impatto e da piccoli centri urbanizzati di tipo prevalentemente rurale e montano. Le dinamiche connesse al sistema insediativo sono piuttosto limitate e legate a quattro principali fenomeni: - sviluppo di espansioni urbane fuori dai centri storici in aree agricole e spesso con forti componenti di seconde case (Sigillo, Borbona, Posta); - sviluppo di limitate aree di insediamento diffuso (puntuale o aggregato), ad esempio nella Piana di Bacugno; - sviluppo di limitate aree di insediamento diffuso lineare (Cittareale); - fenomeni di abbandono (Micigliano, ecc.). I principali impatti sono piuttosto legati alla presenza della Salaria e delle numerose strade statali che contornano l’alveo fluviale. Complessivamente l’ambito si presenta abbastanza integro e, grazie alla sua struttura morfologica, con buone potenzialità per la costruzione di una rete ecologica e soprattutto per l’attivazione di corridoi trasversali che mettono in comunicazione i due lati del fiume. É possibile prevedere alcuni punti di connessione che partono da aree di alto valore naturalistico come la Valle di Capo d’Acqua, la Piana di Cognolo, il Laghetto di Posta Lungo, e il fiume Ratto. Il problema prioritario per quest’ambito è quello delle grandi infrastrutture a ridosso del fiume.

Medio corso Rieti-Antrodoco L’area che si estende tra questi due grandi centri è quella che ha subito un maggior livello di impatto antropico. Presenta delle grandi potenzialità per la costruzione di un rete ecologica e di accessibilità intorno all’ambito fluviale ma le condizioni di partenza risultano molto svantaggiate. La fascia a ridosso del fiume è la più alterata dalle attività antropiche, in prevalenza dalla presenza di colture agricole soprattutto per la ferrovia che corre lungo il fiume. I centri abitati, costituiti per buona parte da nuclei urbani consolidati di medie e piccole dimensioni, sono situati a ridosso della prima fascia fluviale, questo determina una prevalenza di aree dove le politiche più adeguate potrebbero essere quelle di riassetto fruitivo ed ecologico, e finalizzate ad interventi di risanamento o alla realizzazione di tamponi ecologici. Nel tratto Antrodoco-Rieti, si registrano, in termini di dinamiche insediative e di conflittualità tra sistema ambientale e sistema insediativo: - il problema dello sviluppo degli insediamenti (di tipo diffusivo) lungo la via Salaria (e di localizzazioni anche importanti di servizi locali presso delicati nodi infrastrutturali);

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- il problema dell’abbandono di alcuni centri minori antichi in zona collinare (ad esempio, Mozza e Piè di Mozza); - il problema delle attività produttive legate all’acqua e di forte impatto (acquicoltura, vivai di trote, ecc.) in particolare nella zona della Piana di S. Vittorino; - il rapporto conflittuale tra infrastrutture stradali e ferroviarie e il fiume; - lo sviluppo dell’insediamento di centri come Borgo Velino e Castel S. Angelo nelle zone di pianura in forma estensiva e con caratteri di scarsa qualità; la continuità insediativa che si realizza in questi ambiti; la continuità degli insediamenti produttivi (ed il loro rapporto – impattante – col fiume) in quest’area e verso Antrodoco; - la scarsa qualità insediativa dell’espansione urbana di Antrodoco e la perdita del rapporto col fiume. Le potenzialità dell’area sono legate a un complessivo riordino e risanamento dell’ambito fluviale con interventi sulle infrastrutture e sui centri edificati che consentano un aumento della biopermeabilità, ma soprattutto mirati ad una riduzione dell’impatto della ferrovia con la creazioni di particolari accorgimenti per favorire la continuità ambientale. Importante è tutta l’area della Piana di San Vittorino e delle sorgenti che con opportuni accorgimenti legati al riordino degli agroecosistemi possono invece assumere un’importante ruolo per la continuità dell’intera fascia fluviale. Ulteriori considerazioni possono riguardare molte zone che presentano problematiche tali da non poter costituire elementi portanti per una rete ecologica, ma che se opportunamente riqualificate potrebbero costituire aree dove poter realizzare un complessivo riassetto fruitivo ed ecologico e per le quali è da valutare l’eventuale inserimento all’interno del perimetro del parco fluviale proposto. Accanto a queste sono presenti nell’area alcune risorse paesistico-ambientali (il sistema termale e delle aree umide) e storico-culturali (il patrimonio archeologico, il sistema della “Via del Sale”, i centri storici, le presenze francescane, ecc.) sostanzialmente poco valorizzate.

Sistema della Piana Reatina Come l’analisi morfologica ha permesso di individuare, quest’ambito è in prevalenza occupato da attività agricole che, essendo in molti casi a ridosso del fiume, sono causa di discreti livelli d’impatto sul fiume. Tra le problematiche la presenza intensiva delle attività agricole e di altre attività potenzialmente impattanti; infatti, sono pochi i centri abitati costruiti lungo il fiume e la ferrovia corre al margine della fascia fluviale qui considerata. Le aree quindi, se sottoposte ad alcuni interventi di riqualificazione, sono suscettibili di interventi finalizzati alla realizzazione di corridoi ecologici o a progetti di consolidamento ecologico. In questo caso gli interventi consigliati sono principalmente legati ad un aumento di biodiversità degli agroecosistemi. I corridoi o le possibili connessioni da attivare riguardano il collegamento tra la zona umida presso Montisola e le confluenze del Fiume Fiumarone e del Canale di S. Susanna, la Riserva naturale dei Laghi Lungo e Ripasottile, la Collina di Montecchio e le confluenze del Canera e del Turano.

10.3 Questioni problematiche sulla perimetrazione del parco e proposte di ampliamento

Dalla valutazione delle risorse presenti sul territorio della Provincia di Rieti si può affermare che la perimetrazione proposta dallo studio del 1998 e rafforzata dalle indicazioni del PTPG, mantiene la sua validità, comprendendo di fatto le emergenze ambientali e storico-architettoniche presenti. Tuttavia ci sono delle questioni da sottolineare: 113

• la perimetrazione proposta dallo studio del 1998 non tiene conto del carattere relazionale proposto per l’assetto del parco fluviale dal PTPG nel progetto di Territorio Velino e nel Progetto piana Reatina e Valle Santa. Alcuni criteri di queste indicazioni strategiche possono essere utilizzate per ridefinire, seppur in maniera soft, il perimetro per comprendere: alcuni p unti di connessione fisica e biologica fra SIC/ZPS, foreste demaniali e aree protette , per esempio attraverso la ricostituzione o il mantenimento di corridoi biologici e zone cuscinetto; • la nuova concezione di parco fluviale e dei suoi sistemi di gestione che, in chiave contemporanea, permette di individuare zone diverse all’interno del perimetro del parco consentendo meno vincoli sulle trasformazioni possibili, soprattutto se orientate allo sviluppo sostenibile. In tal senso si suggerisce di pensare a nuove forme di tutela e valorizzazione del parco fluviale in termini di contratto di fiume capace, quindi di esprimere in maniera più organica e olistica la vocazione del fiume di essere un luogo collettivo di grande valore paesaggistico. In questa operazione non va dunque tralasciata la componente partecipativa che si propone nell’organismo di gestione per il nuovo “parco” fluviale ( o di riserva, per rendere più snella l’amministrazione dell’ambito tutelato) con diversi obiettivi: innescare nuove forme di partecipazione nella difesa dei valori oltre che nella difesa materiale della risorsa fluviale, rielaborare e condividere la sapienza locale dei luoghi legata all’acqua, promuovere uno sviluppo economico e sociale compatibile con il valore ambientale del territorio; • gli studi più recenti sulla qualità del sistema delle acque dell’area hanno mostrato che seppure ci sia un buon livello di qualità diffuso su tutto il territorio esistono delle aree che presentano degli elementi critici che devono essere considerate nella definizione del perimetro del parco . Tale circostanza si lega soprattutto al fatto che si considera l’inserimento nel parco fluviale una reale opportunità per valorizzare il territorio, soprattutto quelle aree di pregio che versano in condizioni di emergenza sotto diversi aspetti: esistenza di problemi di salvaguardia del suolo (come nel caso delle Piana di S. Vittorino), necessità di interventi per garantire la tutela del patrimonio ambientale (Riserva dei laghi lungo e Ripasottile).

Sulla base di queste considerazioni e sulla base della proposta di perimetrazione precedentemente elaborata si propongono le seguenti revisioni della perimetrazione del Parco fluviale:

1) L’ampliamento dell’area compresa nel Parco fluviale del Velino nel tratto tra Vezzano nella località denominata Casale Belvedere (cfr. Fig.P.1). L’area ricade per la maggior parte nella rete ecologica della rete locale delle acque, consentendo la connessione ecologica fra diversi paesaggio: quello fluviale, agricolo e il boschivo. Sull’area in questione potrebbero applicarsi meccanismi soft di gestione tipici dei parchi agricoli ed orientati a consentire lo sviluppo delle attività agricole in chiave sostenibile e multifunzionale; 2) Ampliamento dell’area compresa nel Parco fluviale del Velino di una parte del Piano di Bacugno (cfr. Fig. P.2) per consentire la valorizzazione dell’area agricola come parco agricolo e per connettere il Velino al Rio di Piedimordenti, ristrutturando la rete locale del sistema delle acque; 3) Ampliamento del perimetro in località Macchiellone – Caserma Forestale, sopra Posta (cfr. Fig.P.3) per dare un po’ di respiro all’ambito del parco che in quel tratto merita di creare connessioni interessanti fra i due versanti; 4) L’ampliamento dell’area compresa nel Parco fluviale del Velino in corrispondenza di Sigillo, nei pressi della località denominata Pozzo dell’Arnaro (cfr. Fig.P.4). L’area ricade per la maggior parte nella rete ecologica della rete locale delle acque, in particolare consentendo la connessione ecologica fra il Velino e il Fosso delle Fratte;

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5) Inclusione nell’area del parco di alcune zone prossime al centro storico di Antrodoco (cfr. Fig.P.5) per comprendere emergenze ambientali e storico-archeologiche d’interesse; 6) L’ampliamento dell’area compresa nel Parco fluviale del Velino in corrispondenza di Borgo Velino, sia verso il complesso del Terminillo, sia a comprendere le aree libere agricole vicine al centro abitato sull’altra sponda (cfr. Fig.P.6). L’area risulta particolarmente interessante per le grandi potenzialità che presenta. In questo caso il parco fluviale potrebbe assumere molte funzioni distinte: la connessione ecologica fra paesaggi diversi, il parco agricolo ed il parco urbano (che potrebbe valorizzare l’area soggetta a rischio idraulico riconnettendo l’insediamento diffuso); 7) Inclusione all’interno del progetto l’area intera del SIC della Piana di San Vittorino per favorire le connessioni tra il parco e il SIC esistente (cfr. FigP. 7) . Tale intervento oltre a favorire la riqualificazione ambientale dell’area, consentirebbe la sperimentazione di tecniche integrate di salvaguardia dell’uso del suolo per i fenomeni di subsidenza attivi e di ingegneria naturalistica per la rinaturalizzazione delle sponde e per la fruizione nei tratti urbani. Nelle aree sono prese anche vecchie opere di presa, un mulino abbandonato che, come anche indicato nella relazione del 1998, potrebbero essere riqualificati per scopi turistici o per il tempo libero legati al parco. Si potrebbe porre, inoltre, la questione delle gestione di aree tutelate sovrapposte ma non coincidenti. 8) Il tema dell’esclusione dal perimetro del parco di una parte delle aree agricole vicine all’esistente Riserva naturale Parziale dei laghi Lungo e Ripasottile , ritenute non significative già nel primo studio (rif. Relazione Aspetti Naturalistici) che le definiva come “ aree non significative costituite da estesi agrosistemi privi di emergenze ambientali ”, come nel caso di Ara Grande e le Cese nel settore sud-occidentale. Si sottolinea in questo senso l’importanza di mantenere, nell’ottica di una ridefinizione del concetto di parco fluviale come parco agricolo (laddove la vocazione del territorio lo richieda), una struttura di connessioni ambientali e funzionali con il contesto paesaggistico del parco. Si ritiene perciò che l’eventuale ridefinizione dei confini in prossimità della Riserva sia da valutare con molta attenzione dato il peggioramento della qualità delle acque rilevato da studi più recenti sull’area (studi condotti dal prof. Marchetti nel 1989, studi della dott.ssa Stefania Franceschini del 2003 e campagna Arpa Lazio 2006-2007) dovuto all’aumento della pressione antropica nelle aree limitrofe. È da valutare l’ipotesi che il recupero e la bonifica delle acque potrebbero essere, più facilmente (e più rapidamente), raggiunti includendo l’intera area nel perimetro del parco fluviale.

Valgono, infine, delle considerazioni generali sulla necessità di includere nel perimetro del parco attestamenti - punti o aree - dei principali corridoi ecologici presenti, per evitare l’isolamento funzionale e turistico-ricettivo delle aree (anche in accordo con le disposizioni del PTPG “Progetto di territorio Velino”).

LEGENDA corso del fiume fossi e fiumi secondari perimetrazione attuale ampliamento proposto del perimetro

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Fig. P.1 – Località Vezzano

Fig. P.2 – Località Piano di Bacugno

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Fig. P.3 – Località Macchiellone – Caserma Forestale, Posta

Fig.P.4 – Località Pozzo dell’Arnaro, Sigillo

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Fig. P.5 – Località Antrodoco

Fig. P.6 - Località Borgo Velino

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Fig. P.7 - Località Piano S. Vittorino

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Appendice: Tematismi GIS

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Di seguito si riporta l’elenco dei tematismi GIS contenuto nel GIS allegato. All’interno del GIS è ricostruito un quadro delle informazioni disponibili (alcune in formato vettoriale e altre in formato raster) dei principali aspetti conoscitivi rispetto ai quali è stato analizzato il territorio considerato e con cui sono state elaborate le proposte di ampliamento. Si sottolinea che, per la mancanza di numerose e preziose informazioni in formato digitale o per la parzialità di alcuni studi e ricerche disponibili, il GIS non copre in maniera uniforme il territorio in esame per tutti i tematismi. In alcuni casi (come nel caso dell’IFF), verrà prodotta un’integrazione del presente GIS e del rapporto, con dati più aggiornati in avanzato stato di elaborazione. Per altri tematismi, come il PTPR e il PTPG, non essendo disponibili i dati in versione vettoriale, sono stati riportati soli i raster utilizzando un buffer di 5 km.

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