La Folle Estate Del Cinema in Puglia,68 Anni Di Carlo Verdone: La
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La folle estate del cinema in Puglia Una volta era “Cinecittà” la capitale del cinema italiano; oggi possiamo definire la Puglia, la regina incontrastata della settima arte. Set naturale, come pochi altri nel mondo, la Puglia è ormai da anni oggetto delle attenzioni delle più grosse produzioni cinematografiche nazionali ed internazionali. Ma mai come in questa estate, la nostra regione è stata presa d’assalto dal jet set cinematografico. E’ in Puglia infatti, il meglio del cinema brillante nazionale, con produzioni che vedremo tra televisione e cinema, tra l’autunno e il Natale prossimi. E’ vero, il revival della Puglia come set cinematografico è un fenomeno avviato da anni e sempre in costante crescita, ma quello che sta accadendo in questi giorni nella nostra regione, è qualcosa di visto solamente a Roma e Napoli, in quelli che erano gli anni d’oro della commedia all’italiana (n.d.r. anni ’60 e ’70). Sul Gargano e nei dintorni si registra in questo momento un sovraffollamento di set. Carlo Verdone è impegnato tra Salento e bassa costa barese con le riprese di Si vive una volta sola, con Max Tortora, Rocco Papaleo e Anna Foglietta; mentre Sophia Loren è impegnata a Trani per La vita davanti a sé, film diretto dal suo secondogenito Edoardo Ponti. Intanto Checco Zalone, sta terminando le riprese della sua ultima chilometrica fatica, dal titolo Tolo Tolo, girato tra Africa e Puglia: Massafra, Monopoli e Salento interno, le zone geografiche più toccate dall’attore barese. Sono in Puglia anche Aldo, Giovanni e Giacomo, che hanno scelto la regione pugliese per tornare insieme, dopo tre anni di assenza dai set cinematografici: le riprese del loro 12esimo film in trio, dal titolo Odio l’estate, diretto da Massimo Venier, sono cominciate ad Otranto a metà giugno e dureranno per circa due mesi. Fino al 29 giugno tra Nardò, Galatina, Acaya e San Vito dei Normanni, con Claudio Bisio, Stefania Rocca, Pietro Sermonti e Dino Abbrescia si è girata la serie Cops, prodotta da Dry Media per Sky e diretta da Luca Miniero, che racconta la vicenda di una piccola cittadina di provincia nella quale da anni non si commettono reati e il cui commissariato è diventato quindi una spesa superflua. A Taranto fino al 20 luglio tengono banco i ciak della fiction Rai Il commissario Ricciardi diretto da Alessandro D’Alatri, con Lino Guanciale nei panni del commissario inventato dallo scrittore napoletano Maurizio De Giovanni. Dall’inizio di giugno e fino al 6 luglio, tra Bari, Spinazzola e Pulsano, c’è Salvatore Esposito, il Genny Savastano di Gomorra per le riprese del film drammatico Spaccapietre di Gianluca e Massimiliano De Serio, prodotto da La Sarraz Pictures, Shellac Sud e Rai. E in agosto, sbarca in Puglia anche una grossa e storica produzione hollywoodiana: James Bond Daniel Craig con la sua nuova avventura farà tappa tra gli uliveti e le spiagge pugliesi, con Taranto sede principale della maggior parte delle scene. Insomma per la Puglia, per anni tagliata fuori dalle grosse produzioni nazionali e riscoperta praticamente dalla commedia sexy all’italiana in poi (metà anni ’70), cinematograficamente è un periodo d’oro, che sembra non avere fine. L’estate poi, dona alla regione, grazie alla bontà del suo clima e ai colori paesaggistici unici al mondo, la luce naturale perfetta per essere invasa dalle grandi produzioni cinematografiche. Qualcuno già anni fa si era accorto della grandezza cinematografica della nostra Puglia, qualcuno che si chiamava Pier Paolo Pasolini, che diceva questo a proposito di Taranto, la quale tra tanti problemi sociali, è pur sempre la seconda città della regione: “Taranto brilla sui due mari come un gigantesco diamante in frantumi. Viverci è come vivere all’interno di una conchiglia, di un’ostrica aperta. Qui Taranto nuova, là, gremita, Taranto vecchia, intorno i due mari e i lungomari. Per i lungomari, nell’acqua ch’è tutto uno squillo, con in fondo delle navi da guerra, inglesi, italiane, americane, sono aggrappati agli splendidi scogli, gli stabilimenti.” Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Stai tranquillo, anche noi odiamo lo spam! Da noi riceverai SOLO UNA EMAIL AL MESE, in concomitanza con l’uscita del nuovo numero del mensile. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter 68 anni di Carlo Verdone: la grande anima d’Italia dei tempi moderni Per quanto lo stesso Carlo Verdone respinga al mittente il paragone con Alberto Sordi per umiltà o per semplice superstizione, è innegabile che l’attore romano dagli anni ’80 ad oggi, sia stato il più fulgido e concreto costruttore di maschere sociale che rappresentano l’italiano medio di fine millennio e di parte del nuovo secolo. Il cinema di Verdone, è un cinema che guarda alla realtà che lo circonda, i suoi personaggi sono monumenti comici, velati di malinconia, sui vizi, sui tanti difetti e sulle poche virtù dell’uomo italico. Verdone piace ed è intelligente come nessun altro, perché parla di noi stessi, perché parla di un popolo che lui conosce benissimo e che ha anche studiato prima di compiere il passo decisivo sul grande schermo. Già perché Carlo è laureato in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” con una tesi intitolata “Letteratura e cinema muto italiano”, nonché diplomato in regia al Centro Sperimentale cinematografico di Roma. Il padre Mario, decano dei Critici cinematografici italiani, gli ha in qualche modo inculcato e passato la passione per il Cinema, il talento e la caparbietà hanno poi fatto il resto. I l s u o d e b u t t o c i n ematografico avviene nel 1980 con Un sacco bello sotto l’egida addirittura del grande Sergio Leone, che si spese affinché il film vedesse la luce, convincendo la Medusa a produrre e distribuire il film. Realizzato in cinque settimane con un budget di 500 milioni di lire, il film si guadagnò i favori di critica e pubblico, con un incasso di oltre 2 miliardi. Diviso in tre episodi che si sviluppano sullo sfondo di una Roma semideserta (siamo a ferragosto), Un sacco bello è costruito intorno a tre personaggi, comici e al contempo malinconici, tutti interpretati da Verdone, con una vis comica di incredibile efficacia. Anche la sua seconda esperienza, ovvero Bianco, rosso e Verdone (1981), segue la falsariga della prima opera, una rinnovata kermesse di personaggi del suo repertorio, in cui però emerge la figura attempata ma divertente di Elena Fabrizi, la sorella di Aldo, meglio nota come la “Sora Lella”, da allora entrata nella leggenda. Ma è da Acqua e sapone (1983) in poi, che il cinema di Verdone acquista quelle sfumature agrodolci che sono il segreto del suo successo e che lo ergono come il guru della nuova commedia all’italiana (e in questo riecheggia ancora il paragone con Alberto Sordi). In Acqua e sapone Verdone scende nel campo sentimentale basandosi su un fatto reale in puro stile da commedia all’italiana. Leggi anche: ■ Trent’anni di “Compagni di scuola”: il capolavoro generazionale di Carlo Verdone ■ Addio a Carlo Vanzina, il “cineasta” della moderna commedia all’italiana ■ La ripresa economica degli anni ’80 e la seconda commedia all’italiana Acqua e sapone infatti, ha uno spunto che si basa su un servizio giornalistico della Rai, realizzato da Carlo Sartori, che raccontava il fenomeno delle cosiddette “babymodelle”, per lamentare lo sfruttamento delle madri sulle loro figlie prodigio; madri non molto sensibili alla necessità di uno sviluppo psicologico equilibrato delle figlie adolescenti, che le privavano di una serena infanzia per portarle a tappe forzate al successo. Per il ruolo della giovanissima partner femminile, Verdone sceglie Natasha Hovey, nel 1983 soltanto 16enne, per cui adattissima alla parte. Questa volta il nostro abbandona bulli di borgata, padri beceri e burini emigranti ,e sonda per la prima volta(e non sara’ l’unica) le ragioni del cuore. Ne vien fuori un ritratto semplice ma mai banale,una storia dal contenuto esile che tocca momenti di pura ilarita’. E’ la svolta della carriera cinematografica di Verdone, che pur non abbandonando mai del tutto gli istinti iperbolici e virtuosisti degli esordi (vedasi Viaggi di nozze – 1995 e Grande, grosso e Verdone - 2008), pone le basi del suo modo di raccontare il cinema: un registro meno comico, con un certo retrogusto amaro nella stesura delle storie e più attento ai temi della modernità, del cinismo e degli eccessi della società e del disagio dell’individuo di fronte ad essa. E la goffaggine e inadeguatezza della maschera comica ha fatto posto alle nevrosi e all’ipocondria, reazioni quasi somatiche alle pressioni di un mondo frenetico. Verdone mantiene comunque un rapporto, per così dire, privilegiato con i canoni della commedia all’italiana presenti nella tradizione, dai grandi della comicità fino ad arrivare ai dettami di un cinema più impegnato, tenendo fede ad uno stile “medioalto” che ne fa un regista e un interprete tra più amati dal pubblico. In mezzo a tanti film di successo, tra cui due insieme al grande Maestro Alberto Sordi (In viaggio con papà -1982 e Troppo forte -1986), si arriva al 1988 del capolavoro della carriera autoriale e attoriale di Carlo Verdone. Parliamo del celebratissimo Compagni di scuola, anche a detta dello stesso attore romano, il film della vita. Ed effettivamente Compagni di scuola ha tutto per essere considerato non solo un capolavoro, ma tra i migliori film dell’intera storia del cinema italiano. E infatti è uno strepitoso spaccato veritiero e agghiacciante dell’Italia degli anni ’80, che si affaccia ai ’90; ma anche malinconico ritratto, che fa parte dell’esperienza comune di tutti, sulle rimpatriate di ex liceali.