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Ufficio Edilizia Urbanistica dott. Marianna Grigioni ingegnere (Responsabile del Procedimento)

Progettisti dott. Miro Virili architetto dott. Sergio Simonelli geologo dott. Maurizio Borseti agronomo dott. Carlo Virili archeologo  Strada di valle Prata 5 ‐ 05100 Terni  0744 368125– 339 8808213 – email: [email protected]

D5.4bis PRG PARTE STRUTTURALE RELAZIONE ARCHEOLOGICA VALUTAZIONE ARCHEOLOGICA PREVENTIVA AI SENSI DELL’ ART. 95 DEL D.LGS. N. 163/06 SS.MM. E ALLEGATI XXI E XXII

APPROVAZIONE PRG PARTE STRUTTURALE: DELIBERAZIONE CONSIGLIO COMUNALE N. 19 DEL 11/04/2019

dott. MIRO VIRILI architetto dott. Sergio Simonelli geologo – dott. Maurizio Borseti agronomo – dott. Carlo Virili archeologo  Strada di Valle Spoletina 44; email: [email protected]; pec [email protected]; tel. n. 0744 283384 – cell. Virili M. 335 541586; P.Iva n. 00680130556

COMUNE DI MASSA MARTANA PROVINCIA DI PERUGIA

VARIANTE GENERALE AL PIANO REGOLATORE GENERALE PARTE STRUTTURALE E OPERATIVA

Valutazione archeologica preventiva AI SENSI DELL’ ART. 95 DEL D.LGS. N. 163/06 SS.MM. E ALLEGATI XXI E XXII

RELAZIONE ARCHEOLOGICA

Sommario RELAZIONE ARCHEOLOGICA ...... 5 Introduzione ...... 5 Il quadro archeologico dell’Umbria meridionale dalla preistoria all’alto medioevo ...... 6 Il territorio di Massa Martana nella preistoria e nella protostoria e il quadro storico- archeologico dell’Umbria ...... 8 Il territorio di Massa Martana dal VII al V sec. a. C. e il quadro storico-archeologico dell’Umbria ...... 10 i luoghi di culto ...... 12 Ellenismo e romanizzazione: quadro storico-archeologico dell’Umbria ...... 14 I confini del distretto di Tuder ...... 16 La Via Flaminia ...... 16 La tarda antichità e l’alto medioevo: il culto dei santi e gli spazi del sacro nel territorio di Massa Martana, diocesi di ...... 18 L’origine di Massa ...... 22 CATALOGO DEI SITI ARCHEOLOGICI ...... 25 Età preistorica ...... 27 Età protostorica ...... 33 Dal VII, al VI fino al V sec. a. C...... 39

COMUNE DI MASSA MARTANA PROVINCIA DI PERUGIA

VARIANTE GENERALE AL PIANO REGOLATORE GENERALE PARTE STRUTTURALE E OPERATIVA

Valutazione archeologica preventiva AI SENSI DELL’ ART. 95 DEL D.LGS. N. 163/06 SS.MM. E ALLEGATI XXI E XXII

RELAZIONE ARCHEOLOGICA

Introduzione

Il comune di Massa Martana, nasce con l’Unità d’Italia, quando con Regio decreto n. 1260 del 29 marzo 1863, fu istituito il comune a cui furono appodiati i vicini centri di Viepri, Castelvecchio, Rocchette, Castelrinaldi, Montignano, Villa san Faustino, Colpetrazzo, e Mezzanelli. Lo stesso toponimo Massa Martana è un acquisizione recente legata all’istituzione del comune, il nome con il quale è presente nella cartografia storica pre unitaria è semplicemente Massa, nei documenti compare con l’appellativo di castello di Massa e terra di Massa. Il toponimo “Massa” deriva dal latino, termine con cui nell’altomedioevo veniva indicato un grande possedimento terriero costituito da un insieme di fondi, poderi e/o masserie, che veniva dato in affitto per un certo tempo ad un massaro (conduttore) il quale lo amministrava e lo faceva coltivare da coloni e servi. Questa riunione di poderi e case rurali spesso costituiva una specie di comunità con propria amministrazione da cui poi si sono sviluppati i successivi centri abitati. La struttura storica descritta nel modello territoriale affonda le sue radici nell’alto medioevo, si forma nel periodo comunale e si consolida definitivamente nel corso del XVI-XVII secolo all’interno del processo di formazione dell’Umbria. Da qui quindi potrebbe partire una trattazione storica relativa al territorio del comune, ma le ragioni della nascita e del successivo sviluppo del sistema insediativo storico sono da ricercarsi nel periodo romano ed in particolare della costruzione dell’antica via Flaminia importante infrastruttura che è stata fondamentale non solo per Massa ma per l’intera Umbria. Con il presente quadro storico, si parte da uno dei principi base assunti dalla nostra ricerca ovvero quello che fa riferimento a quel concetto di città comprensiva del territorio circostante, suburbano, agricolo e montano, inserita in un contesto territoriale, quello dell’Umbria, caratterizzato da una struttura insediativa policentrica e da un pluralismo culturale, costruito sulle cento identità dei singoli centri. Questa relazione non è una semplice prassi, in quanto l’identità di un singolo centro urbano si costruisce sull’identità del territorio, sulle sue tradizioni, sulla sua storia. Analizzare il processo storico è indispensabile per capire le ragioni profonde dell’attuale situazione del territorio, aiutarci a vedere il modello culturale del territorio, e a definire le corrette strategie per costruire il nuovo PRG.

Il quadro archeologico dell’Umbria meridionale dalla preistoria all’alto medioevo

Le testimonianze più antiche del territorio, in massima parte sono relative a quel popolo umbro che la tradizione di età classica faceva originare dall’epoca del diluvio universale e cui assegnava amplissima diffusione geografica. Evidenze fondamentali sono offerte dalle necropoli di Terni e di Colfiorito, la cui lunga frequentazione consente di scandire le fasi di una trasformazione che progressivamente vede l’articolarsi delle diverse componenti sociali; dati di pari rilevanza si desumono dai luoghi di culto, nei quali una popolazione non urbanizzata identifica e riconosce i proprio poli aggreganti; preziose informazioni si evincono da insediamenti ed abitati, oggetto di più recente interesse. Se fonti epigrafiche e letterarie ricordano l’antichità delle fondazioni di Terni e di Amelia, l’indagine archeologica ha confermato in entrambi i casi la tradizione ed ha affiancato a questi altri centri (Spoleto). Il mondo arcaico degli Umbri si riflette inoltre nel documento più importante a noi giunto: le tavole di Gubbio. Sono queste stesse a rivelare in trasparenza i cambiamenti, le stratificazioni, il passaggio da situazioni preurbane al codificarsi della struttura cittadina, all’affermazione dell’egemonia romana. Il contatto con Roma riesce a promuovere l’ulteriore trasformazione delle comunità umbre con il loro inserimento in una dimensione peninsulare, prima e mediterranea, poi. Il sintomo del mutamento si legge palesemente nel fenomeno dell’urbanizzazione e della monumentalizzazione degli edifici, in particolare quelli di culto: civile e sacro si rivestono di nuove forme, adeguandosi ai prototipi romani. La colonizzazione favorisce la capillare penetrazione dei modelli e l’adesione ai programmi politici del potere centrale: sotto l’egida di Roma si attua dunque l’unificazione, anche linguistica, delle antiche etnie italiche. Ma la compattezza dell’impero è destinata a scomporsi e frantumarsi con l’affermarsi di tensioni che dalla periferia si spostano verso il centro: alla fine dell’evo antico anche nell’Umbria meridionale si assiste a nuove, profonde trasformazioni che conoscono l’alternarsi di domini diversi ed il frazionamento territoriale: Goti, Bizantini e Longobardi lasciano segni indelebili nella storia della regione1.

1 Stopponi 1995, pp. 17-18. Il territorio di Massa Martana nella preistoria e nella protostoria e il quadro storico-archeologico dell’Umbria

Per l’età preistorica conosciamo dal territorio due sole testimonianze:  loc. Acqua Rossa (Villa San Faustino, n. 1), materiale paleontologico la cui localizzazione è ipotizzata solo su base archivistica nei pressi di una vecchia cava di sabbia;  loc. Monticello (n.2), generici riferimenti bibliografici di rinvenimenti, forse ascrivibili al periodo neolitico

Anche per l’età protostorica il quadro conoscitivo è molto limitato:  loc. Monte Schignano (n. 3), materiali d’abitato in giacitura secondaria databili alla tarda età del bronzo che tuttavia hanno una notevole importanza poiché testimonierebbero una frequentazione dei siti fortificati d’altura detti “castellieri” già a partire dalla fase tarda dell’età del bronzo, dimostrando una scelta insediativa ante litteram che poi sarà peculiare dell’assetto insediativo del territorio delle genti umbre nel periodo etrusco-italico;  loc. Predio San Giovanni (Montignano n. 4), probabile rasoio lunato di orizzonte villanoviano da probabile contesto funerario, riconosciuto in una serie di rinvenimenti ottocenteschi di cui si conservano materialmente il rasoio e una fibula

Viste le scarse conoscenze locali cercheremo di integrare, soprattutto per l’età protostorica, le poche testimonianze, con il quadro generale conoscitivo dell’Umbria nell’età del ferro che vede le prime aggregazioni di tipo protourbano sulla spinta “villanoviana” dell’Etruria meridionale costiera a partire dalla fine del X sec. a. C. La cultura “villanoviana” con le sue caratteristiche scelte insediative, il suo assetto produttivo, le sue strutture sociali espresse anche nell’ideologia funeraria, ci si presenta sempre in stretta relazione con precisi presupposti ambientali ed economici, favorevoli ad una aggregazione stabile sostenuta sia dalla gestione delle risorse agricole di un territorio, sia dall’esposizione strategica in rapporto alle vie di commercio. Non sorprende pertanto che nell’Etruria interna Perugia ed Orvieto presentino già in questa fase tracce significative di insediamenti, destinati a svilupparsi in due fra le principali città etrusche, certo le massime comprese nei confini dell’Umbria moderna e dell’Etruria storica2. Quella parte dell’Umbria che dalla riva sinistra del Tevere giunge fino al confine con le Marche non è che una piccola porzione del territorio che in antico vide la presenza della “Umbrorum gens antiquissima Italie” (secondo la definizione di Plinio)3 che si estendeva dal Tevere all’Adriatico, dalle propaggini settentrionali dei Monti Sibillini fino alla Romagna. Attraversata fin da epoca protostorica da vie di comunicazioni fluviali e terrestri collegate con agevoli valichi appenninici, quell’area più ristretta e centrale risente precocemente della propria collocazione a contato diretto con l’Etruria, la regione falisca, la Sabina ed il Piceno. La presenza di insediamenti maggiori o minori ci è rilevata, fino quasi alla vigilia della romanizzazione dell’Umbria, pressoché esclusivamente dalle necropoli, tanto che rimane spesso incerta lo loro stessa attribuzione ad uno o più nuclei abitati: a riprova di una cultura che intrattiene con il territorio un rapporto radicalmente diverso da quello del tipo città-campagna operante in Etruria: e ciò anche là, dove le circostanze ambientali hanno stimolato precoci e complesse aggregazioni umane, cospicue e durevoli, e dove emergerà, a partire dalla metà del VII sec. a. C., in una tarda fase della prima età del ferro (I Ferro 3), la presenza, se non di un compatto ceto aristocratico, certo di capi dai forti connotati guerrieri, capaci di una ostentazione di ricchezza e prestigio che attinge al miglior mercato etrusco. Particolarmente eloquenti sono i casi dell’area Plestina e della conca ternana.

2 Roncalli 1988a, p. 31 3 Nat. Hist. III, 112 Il territorio di Massa Martana dal VII al V sec. a. C. e il quadro storico-archeologico dell’Umbria

Più cospicue sono le testimonianze di età etrusco-italica, in cui sembra che comincino ad essere archeologicamente evidenti attestazioni funerarie, ma soprattutto cultuali e insediative più diffuse e strutturate come il sistema dei siti fortificati d’altura detti “castellieri umbri”. Il territorio in esame tuttavia non conosce ricerche archeologiche scientifiche e sistematiche per cui delle testimonianze funerarie e cultuali abbiamo solo notizie di rinvenimenti ottocenteschi e quello che più dispiace è che il trend non è cambiato neanche ai nostri giorni, lasciando in buona sostanza il territorio martano escluso dalle ricerche archeologiche soprattutto per i periodi più antichi. Un esempio è l’assoluta latitanza delle ricerche dirette, sul campo, riguardanti l’articolato sistema insediativo dei siti d’altura, individuati ancora ad oggi solo da rilievi aerotopografici.

Per il VII sec.a.C. conosciamo due testimonianze:  loc. Predio San Giovanni (Montignano n. 8), probabili attacchi di manici di bronzo di situla di fine VIII sec.a.C. e una fibula a navicella con apofisi laterali e staffa allungata di I metà di VII sec. a.C., entrambi da probabile contesto funerario, riconosciuti in una serie di rinvenimenti ottocenteschi di cui si conservano materialmente solo la fibula ed il rasoio;  loc. Camponico (Santa Maria della Pace n. 10), quattro e tombe a fossa con materiali databili tra il VII e il VI sec. a. C. rinvenute nel 1913 mentre si piantumava un vigneto, materiali a tutt’oggi dispersi.

Attribuibili ad una generica età preromana (VII-V) sec.a. C. sono una serie di siti fortificati d’altura individuati solo da ricerche aerotopografiche e mai indagati con sistematiche ricerche archeologiche di superficie o scavi.  loc. Fonte Sant’Eremo (Mezzanelli n. 6);  loc. Sant’Eramo (Mezzanelli n.7);  Monte Cerchio (n. 9);  Il Torraccio (n.11);  loc. Sorgenti della Rocca (Monte Martano n. 12);  Monte Martano, falde (n. 13);  Rocchette (n. 14).

I “castellieri” e i santuari d’altura, designano un sistema territoriale coerentemente strutturato almeno a partire dall’età tardo-arcaica fino alla romanizzazione. Nel territorio in esame dominano la via est-ovest che collega l’agro di Todi con quello di Spoleto, fra valle tiberina e valle Umbra. I “castellieri” del territorio di Massa Martana si collegano infatti, verso sud, con l’ultima propaggine dei Monti Martani verso la conca ternana con lo sperone di Monte Torre Maggiore, disponendosi in assoluto contatto visivo4, occupando tutta la spina dei Martani. L’occupazione delle sedi d’altura di questo “entroterra” occidentale dell’Umbria è quindi orientata verso il grande asse transappenninico umbro-piceno e sarà solo a partire dal V sec. a.C. che l’affaccio verso l’orizzonte etrusco-falisco vedrà Todi5, di cui l’antico territorio di Massa Martana fa parte, in posizione di vitale avamposto. Dell’ampia isola montuosa dei Martani, circoscritta dal Clitunno, dal Tevere e dal basso Nera, tuttavia, al di là della latitanza della ricerca, abbiamo solo notizie discontinue, azzardando l’ipotesi di una marginalità dell’area da quelle linee di tensione tutte etrusco-tireniche che già a partire dal IX sec.a.C., avevano invece stimolato le aggregazioni protourbane di Perugia e Orvieto ma anche, in diversa misura, di Terni, Spoleto e Colfiorito, fa eccezione solo Bevagna, sul ciglio orientale del sistema6.

4 Stopponi 2001, pp. 236-237. 5 Città posta sul confine umbro-etrusco, come la stessa parola umbra, tuder (“confini”), da cui prese nome, e l’equivalente etrusca che ne deriva, tular, significano, sia l’indagine archeologica che l’immagine tramandata dagli storiografi antichi riflettono concordemente l’ambiguità, o piuttosto bifaccialità, culturale che da quella collocazione consegue. “Città umbra” per Plutarco (Vite Parallele, Crasso 6), etrusca per Stefano di Bisanzio (Ethnikà, s.v.), la sua storia sintetizza in modo esemplare quell’assunzione progressiva di connotati etruscheggianti che, di pari passo con il processo di urbanizzazione, investe tutta la fascia dell’Umbria antica più esposta al contatto con l’Etruria (Roncalli 1988 a, p. 63). A partire dal V sec. a. C. Todi si strutturerà come centro pienamente urbano, modellato a fondo dalla preponderante influenza etrusca, espressa in special modo dalla fiorentissima Volsinii (Orvieto), dalla quale mutua ed eredita un clima cosmopolita segnalato anche dalle insistenti presenze celtiche (Tamburini e Torelli 1981, p. 49 ss). 6 Roncalli 1988b, p. 403. I LUOGHI DI CULTO

La conformazione morfologica del paesaggio umbro ha condizionato anche la scelta delle aree destinate al sacro. I Santuari si configurano, infatti, come coaguli di diverse entità pagane o di zone scarsamente urbanizzate e rappresentano al contempo il fulcro dell’organizzazione controllata e capillare del territorio. La maggior parte dei luoghi di culto documentati dall’epoca arcaica sono dislocati in territori interessati dai percorsi di transumanza o da importanti vie di comunicazione, accomunati dallo sfruttamento e dalla sacralizzazione delle risorse ambientali cioè l’acqua e le vette. I santuari di passo sono infatti posti lungo i percorsi viari presso fonti o specchi d’acqua dove i pastori e le loro greggi o i viaggiatori e i mercanti potevano sostare e ristorarsi. I santuari di altura sono in genere posti sulla sommità più rilevante di un sistema territoriale più vasto di quello paganico come Monte Pennino al confine tra il territorio plestino e quello camerte e nocerino, Monte Torre Maggiore in area ternana, con ogni probabilità ambedue dedicati a Giove. In altri casi i santuari d’altura, fortificati con aggere (come quello di Monte Acuto ad Umbertide) sono posti lungo la linea di confine di un territorio a salvaguardia di esso e delle vie di accesso. In genere sono privi di strutture murarie stabili ed è probabile quindi che vi fossero apprestamenti lignei o comunque di materiali deperibili. La loro presenza si manifesta con il rinvenimento di bronzetti votivi in genere molto schematici raffiguranti figure femminili e maschili nonché animali7. Nel quadro del medesimo magistero culturale, la scrittura, strumento basilare e tipico, nelle civiltà urbanizzate, della codificazione della memoria collettiva e del rapporto sociale, sia nella sfera civile che in quella religiosa, fa inizialmente nel mondo umbro un ingresso prudenziale, ridotto, eterogeneo e frammentario e ricorrendo in questa fase embrionale ai modelli etruschi. Non è un caso che la prima prova di scrittura in lingua umbra, presente nella dedica votiva della statua bronzea di guerriero destinata, tra la fine del V e l’inizio del IV sec. a.C., al santuario extraurbano di Marte, a Todi, sia stata forse direttamente fornita dalla città etrusca di Volsinii. La seconda, di pochi decenni più tarda, presenta, in un alfabeto della stessa origine orvietana, una dedica alla principale divinità femminile umbra, “Cupra Madre”, deposta nel santuario della dea a Plestia, in prossimità del valico di Colfiorito. Ad una fonte etrusca settentrionale attingerà invece il proprio alfabeto, prima di piegarsi all’uso di quello latino, la

7 Museo Colfiorito 2014, pp. 42-43. comunità iguvina nella redazione di quelle celebri tavole bronzee che costituiscono uno dei maggiori documenti linguistici dell’Italia preromana. In questo quadro si colloca il luogo di culto in loc. Montecastro, cui offrivano omaggio i fedeli insediati nel circostante territorio, l’area sacra era ubicata al centro di antichi tracciati viari, Montecastro si somma dunque al novero di emergenze preromane situate in posizione di cerniera fra Todi ad occidente e la catena dei Martani ad oriente. Montecastro costituisce il vertice occidentale di un triangolo la cui base è indicata da Monte Cerchio e da Monte Rotondo di Acquasparta, fronteggiandoli aldilà della Valle del Naia; è inoltre a vista rispetto agli insediamenti fortificati di queste stesse alture e di Monte Comune di Acquasparta e di Monte Torre Maggiore di Terni.

Ellenismo e romanizzazione: quadro storico-archeologico dell’Umbria

Nel IV sec.a.C. l’espansionismo romano verso nord, finalizzato alla penetrazione in ambiente adriatico e gallico, dà inizio ad un processo di conquista dei territori umbri con conseguente processo di acculturazione che viene attuato, dopo alcuni scontri iniziali (battaglia di Mevania del 308 a.C. e del Sentini del 295 a.C.), attraverso accordi (foedera) con le realtà urbane più progredite e con il fenomeno della colonizzazione nelle aree non urbanizzate. La presenza dei coloni, infatti, sebbene assicuri la cittadinanza romana alla popolazione locale con l’istituzione della preafectura (ad esempio Interamna Nahars) avvia un processo di occupazione dei territori in modo sparso con vici e pagi e con la presenza di insediamenti rustici che di fatto impediscono lo sviluppo di una realtà urbana fino almeno agli ultimi decenni del I sec. a C. con l’istituzione dei municipia, tuttavia è proprio sul fine del IV sec. a.C. che la definizione, almeno urbanistica dei centri umbri si potrebbe caratterizzare in senso urbano visto il proliferare delle cinte murarie8. Roma, si sostituisce gradualmente alla potenza politico- economica etrusca, come dimostra l’interruzione dei contatti commerciali etruschi e l’introduzione presso le classi dominanti autoctone del modello ideologico e culturale romano, mentre i compiti di indirizzo politico passano dalle mani del decaduto ceto aristocratico ad un’oligarchia che si organizza in magistrature elettive (questori, pretori, ecc.) con il conseguente graduale abbandono dell’alfabeto locale in favore di quello latino9. La conquista romana dell’Italia centrale sembra comunque concedere in alcuni casi una certa autonomia, infatti, ad alcuni centri umbri (ad esempio Plestia) viene

8 Le indagini stratigrafiche condotte sulle mura di Spoleto ne datano alla seconda metà del IV sec .a C. la cerchia poligonale, coerente con tracce di un assetto urbanistico che raccoglie nell’abitato spazi sottratti a precedenti necropoli. Appare evidente come l’affermarsi progressivo entro la fitta rete viaria che connetteva il territorio in età arcaica, di grandi direttrici prioritarie di respiro “transregionale”, sia largamente responsabile della selezione dei luoghi e della maturazione urbana dei centri umbri dislocati lungo di esse: ed è noto ormai che, se un clima di rischio politico-militare, quale certamente si respirava almeno dal IV sec. a.C. in Umbria, può essere un fattore concorrente alla precisazione e fortificazione del limite fisico di una città, è tuttavia forte la valenza economico-amministrativa di un simile apprestamento: solo in presenza di mura e porte un abitato può infatti esercitare un controllo efficace, filtrare e scandire i ritmi della utilizzazione dell’asse viario che lo tocca. Vediamo dunque cingersi di mura, prima e dopo l’assoggettamento a Roma, Otricoli, Amelia, Todi, Bettona, Narni, Terni, Spoleto, Bevagna, Assisi, lungo itinerari che verranno sanzionati da Roma con i tracciati della Via Amerina (240 a.C.) e della Via Flaminia (220 a.C.). Cfr. Roncalli 1988b, p. 405. 9 L’incisività dell’affermazione romana non deve avere tuttavia escluso una notevole duttilità di comportamento: sempre direttamente mirata alla massima funzionalità dei rapporti alla politica egemone, essa ha consentito talora a centri o comunità notevoli, ma di meno cruciale collocazione e peso nel nuovo tessuto, una facoltà di conservazione, sia a livello di tradizione culturale, che di gestione amministrativa, cha ha negato ad altri. Ne è sintomo preciso l’imporsi differenziato di lingua e alfabeto latini: se nella prestigiosa, ma defilata Gubbio, ancora nel I sec. a C. ci si limiterà a translitterare in alfabeto latino la lingua umbra delle Tavole, nella strategicamente vitale colonia di Spoleto, una legge di tutela di un bosco sacro è pubblicata in latino già nel III sec. a. C. Cfr. Roncalli 1988b, p. 406. concessa la cittadinanza sine sufragio, la prefettura e agli inizi del II sec.a.C. la cittadinanza optime iuro con l’iscrizione nei vari compartimenti tribali. Le tracce di questo graduale processo di controllo del territorio da parte dei romani si possono seguire nell’interruzione delle frequentazioni dei siti fortificati d’altura, proprio in coincidenza della comparsa di ville rustiche legate ad uno sfruttamento più razionale delle risorse agricole nelle aree pianeggianti e lungo le vie di transito. La stessa presenza dei toponimi prediali (derivati da quello del proprietario romano del fondo = praedium) e il cambiamento del regime delle offerte nei santuari (dai bronzetti votivi alle terracotte di tipo etrusco-italico) confermano questa presenza capillare a volte incipiente dei coloni romani e dell’adozione di nuove forma culturali. Anche all’interno delle necropoli, sia assiste a già a partire dalla seconda metà del IV sec a.C. ad una fase in cui le sepolture sono caratterizzate da corredi standardizzati, formati in prevalenza da vasellame da mensa a vernice nera e dalla scomparsa di oggetti legati all’ideologia guerriera, e all’ostentazione del lusso10. L’inserimento, quindi, dell’Umbria nell’orbita romana, se da un lato interpreta e mette a frutto indicazioni e vocazioni già implicite nel precedente assetto territoriale (insediamento sparso ad vicatim, e monumentalizzazioni secondo scelte geopolitiche di alcuni luoghi di culto pre-esistenti) dall’alto comporta profondi mutamenti politici, religiosi e sociali. Lungo i nuovi o ristrutturati assi viari (Via Amerina – 240 a. C. – e Via Flaminia – 220 a.C. – come assi principali N-S e la serie di diverticoli trasversali ricalcanti antichi percorsi di transumanza lungo gli assi E-O) la penetrazione culturale procede di pari passo con il controllo del territorio. L’età triumvirale-augustea, sarà densa di avvenimenti talora traumatici che incidono a fondo sull’assetto preesistente specie sul piano sociale e, come si è già sopra accennato, determinanti saranno le nuove deduzioni coloniali e le conseguenti immissioni di nuove genti di varia origine, che beneficeranno di assegnazioni di terrea scapito delle comunità locali. Le nuove fondazioni e le ristrutturazioni urbanistiche, spesso radicali, dei municipi si esprimono in forme monumentali, inusitate in Umbria e consone all’ideologia del principato. Strumento privilegiato per l’ancoraggio del consenso politico alla sfera religiosa è naturalmente l’instaurazione, a livello locale, del culto imperiale: si instituiscono mansioni e collegi sacerdotali specificatamente deputati alla

10 Museo Colfiorito 2014, pp. 32-33. promozione della devozione alla persona dell’imperatore ad alla famiglia imperiale, di cui viene solennizzata e divulgata l’immagine11.

I CONFINI DEL DISTRETTO DI TUDER

In età romana i limiti amministrativi del comune di Massa Martana erano compresi nell’agro di Tuder, confinante a sud con Ameria ed Interamna; ad est con Spoletium; ad ovest, oltre il Tevere, vi era la regio VII Etruria. Più in dettaglio il territorio di Tuder si estendeva a nord fino al torrente Puglia, come suggeriscono i limiti diocesani; a sud verso Carsulae i limiti sono dati dall’esplicito toponimo Configni (cum finibus), presso Acquasparta, e dal rinvenimento presso Montecastrilli, in loc. San Lorenzo in Niphis, di un’epigrafe menzionate un quattuorviro di sicura pertinenza tuderte; ad est, il crinale dei Monti Martani12 separa il territorio di Tuder da quello di Spoletium13.

LA VIA FLAMINIA

La via Flaminia entrava in Umbria attraversando il Tevere all’altezza della località Pile di Augusto, nel territorio di Ocricolum. Il percorso seguito fino ad Ariminum è dettagliatamente documentato dagli itineraria. Livio è l’unico autore a fornire la data esatta dell’apertura della Via: 220 a.C., anno della censura dello stesso Flaminio14. Il percorso aperto nel 220 a.C. è frutto di una lunga programmazione, che risale alle prime campagne militari condotte in Umbria a cavallo tra IV e III sec. a. C. da Fabio Rulliano, quando per la prima volta si affaccia la possibilità di un’espansione romana verso le aree settentrionali della penisola. In questo programma l’Umbria dovette rappresentare un vero e proprio corridoio dall’importanza strategica fondamentale: il foedus con Ocricolum del 308 a.C., la fondazione di Narnia nel 299 a.C., di Ariminum nel 268 a.C., di Spoletium nel 241 a.C. rappresentano le prime tappe della sua strutturazione, che Flaminio nel 220 a.C. non fa, di fatto, che completare, non a caso all’indomani delle campagne galliche del 225-222 a.C. Alla luce di questi dati, è opportuno riconsiderare la questione di quale sia il percorso originario della via Flaminia, che a Narnia si biforca in due rami, l’occidentale e

11 Roncalli 1988b, p. 405. 12 Poco più a sud del Massiccio del Monte Martano sono stati rinvenuti due cippi di confine inscritti. Cfr. Cordella 1997. 13 Sisani 2007, p. 72. 14 Liv. Per. XX l’orientale, fino al nodo di Forum Flaminii. La critica moderna è concorde nell’identificare il percorso aperto da Flaminio nel 220 a.C. con il ramo occidentale della Via, il tratto Narnia-vicus ad Martis Tudertinum-Mevania_Forum Flaminii, considerando il ramo orientale Iteramna-Spoletium un diverticolo strutturato in epoca successiva15.

15 Syme 1970-1971. La tarda antichità e l’alto medioevo: il culto dei santi e gli spazi del sacro nel territorio di Massa Martana, diocesi di Todi

Nel VI secolo, il tracciato della Flaminia perse di vitalità. Non perse però di importanza sul piano religioso; anzi, oltre che la "strada dei monaci" (in particolare quella lungo la quale soprattutto si espanse nell'Umbria centro-meridionale l'influenza non solo economico-patrimoniale ma anche religioso-culturale dell'abbazia sabina di Santa Maria di Farfa) , divenne la strada che, nella zona di frontiera ai piedi dei monti Martani, dove più impressionante, alla fine del VI secolo, dovette essere stato lo scontro tra Longobardi e Romani, permise la pacificazione e la sintesi culturale e religiosa che a quella seguirono, una sintesi ben testimoniata anche dalla legenda dei santi Fidenzio e Terenzio, quasi certamente scrit-ta a Farfa tra IX e X secolo. Vi si narra che Fidenzio e Terenzio, durante l'im-pero di Diocleziano e Massimiano, vennero dalla Siria a Roma, dove furono imprigionati, sottoposti alla tortura del fuoco ed affidati a Romano, capitano della prima coorte, il quale avrebbe dovuto condurli in qualche solitario bo- sco lontano dalla città per decapitarli. Giunti in una selva della Sabina, nove orsi affamati assalirono e sbranarono i carnefici, consentendo a Terenzio e Fi-denzio di incamminarsi per la Salaria, percorrendo la quale udirono una voce celeste che li invitava a rifugiarsi in una grotta della "Selva del Leone", che si voleva essere stata abitata da un drago vinto da santa Vittoria, sorella di santa Anatolia. Apparve loro un angelo che li condusse, attraverso la Flaminia, alla Città Martana, dove liberarono un indemoniato, guarirono alcuni lebbrosi e, alla fine, vennero processati come maghi e decapitati in un luogo solitario e boscoso denominato "Il busseto". Nel racconto, che tradisce contaminazioni con il ciclo umbro-sabino dei XII Siri, anch'esso riferibile, con ogni probabilità, allo scriptorium farfense, il ricorso a così numerosi riti e miti germanici rivisitati in chiave cristiana (l'ordalia, il drago, l'angelo, il bosco) è un'eloquente testimonianza dei sincretismi determinatisi in seguito all'incontro di differenti tradizioni. Inoltre, i collegamenti stabiliti dall'agiografo tra Fidenzio e Terenzio, i XII Siri e Vittoria e Anatolia tradiscono la volontà di precisare, sacralizzandoli, i confini di una zona sulla quale l'abbazia di Farfa vanta diritti patrimoniali. Questi sono così numerosi e importanti che l'antico vicus ad Martis, principale centro abitato dell'area, viene elevato dagli stessi agiografi farfensi addirittura a città episcopale, che si immagina evangelizzata da san Brizio (uno dei simboli più facilmente decodificabili, insieme a quelli costituiti dai vari santi di nome Eutizio, del sacro in area umbro-sabina) e guidata da san Felice, il cui nome, più o meno direttamente, collega tra loro i principali spazi del sacro della Flaminia, da Villa San Faustino a Giano. Il rapporto tra Massa Martana e san Brizio si evince dalla passio dei XII Siri, nella quale si legge che Brizio è "absconditus in civitate Martulana" e "docet omnia submontana doctrinam Christi sui"; quello, ancor più stretto, tra Felice e la Flaminia risulta da una redazione della Passio s. Felicis che, appunto, fa del santo un vescovo della civitas Martana, martirizzato durante l'impero di Diocleziano e Massimiano e celebrato il 30 ottobre (un'altra redazione della narrazione lo descrive come vescovo-martire di Spello, venerato il 18 maggio), le cui reliquie vennero deposte nella chiesa abbaziale a lui dedicata nei pressi di Giano, che una tardissima tradizione vorrebbe iniziata da Giovanni, vescovo di Spoleto, e condotta a termine da Faustino, "s. Felicis episcopi Martani discipulus", al cui nome sarebbero da ricondurre l'intitolazione della catacomba della quale si è detto all'inizio e il toponimo di Villa San Faustino. In realtà, il san Faustino festeggiato il 27 luglio nei pressi di Massa Martana è, quasi certamente, il "doppione" agiografico del san Faustino martirizzato insieme a Simplicio e Beatrice (o Viatrice), venerati lo stesso giorno, reliquie del quale erano forse giunte da Roma nella zona del vicus ad Martis; la maggior parte degli studiosi considera Felice di Martana frutto della duplicazione -si tratta, però, di ipotesi non del tutto convincenti -del Felice di Spello, che a sua volta, a causa di un errore di lettura, avrebbe duplicato il san Felice di Spalato, più anticamente documentato. Ma, al di là di ogni questione agiografica, Felice e Faustino costituiscono - come si diceva - i termini sacri di una strada, le cui pietre miliari sono rappresentate da luoghi monastici (Santa Maria in Pantano, Santi Fidenzio e Terenzio, Santa Illuminata, Santa Maria di Viepri, San Felice), i quali, sebbene non tutti dipendenti dall'abbazia di Farfa o ad essa in varia misura collegati, nella gestione del sacro furono comunque da Farfa condizionati, almeno sul piano letterario, come sembrerebbe dimostrare la notevole affinità tra la legenda di santa Firmina di Amelia, per la quale è verosimile ipotizzare un’origine farfense, e quella di santa Illuminata, figura che però viene incaricata di custodire la memoria di un'antichissima presenza bizantina lungo la Flaminia vetus e proteggere le rendite di una proprietà che, concessa nel 1037 dall'imperatore Corrado II all'abate del monastero ravennate di Sant'Apollinare in Classe, venne a lungo gestita dai Camaldolesi per essere poi trasferita al capitolo della Cattedrale di Todi, che nel 1260 la assegnò in prebenda al giovane Benedetto Caetani, poi papa Bonifacio VIII. Dunque, è un impiego del sacro a fini più politico-culturali ed economico-patrimoniali che religiosi quello che caratterizza il territorio attraversato dalla Via Flaminia, dove i santuari sono dedicati a personaggi che incarnano più che datati modelli di santità. A tale riguardo, però, un'eccezione è costituita dall'abbazia di San Felice che, oltre al corpo del supposto vescovo della civitas Martana (una reliquia alla quale la devozione popolare assegna il potere di guarire dai reumatismi coloro che si distendono sotto il sarcofago che la conserva), custodisce anche la memoria e tiene desta la spiritualità di san Gaspare del Bufalo, che il 15 agosto 1815 vi fondò la Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue, incaricata di proclamare, attraverso missioni popolari, la nuova umanità redenta dal sangue di Cristo16.

È certo che il cristianesimo porta alla nascita di un nuovo sistema insediativo che struttura il territorio a livello urbano attraverso il sistema delle diocesi, circoscrizioni soggette alla giurisdizione spirituale e al governo ecclesiastico di un vescovo, e nelle campagne attraverso una rete di pievi, chiese di campagna da cui dipendevano all’interno di una circoscrizione territoriale, detta plebania, una serie di chiese filiali. Nei primi secoli di diffusione del cristianesimo fino alla caduta dell’Impero, le diocesi e le pievi, si sovrappongono al sistema insediativo romano, esse svolgono essenzialmente un ruolo religioso e sociale all’interno di confini territoriali propri dove gli abitanti di una o più comunità sono legati a una particolare chiesa, aggiungendosi al ruolo amministrativo e politico svolto dai Municipi e delle magistrature romane. Nel tempo, però con il graduale venire meno delle istituzioni statali, agli aspetti religiosi si aggiungono poteri di carattere civile e politico facendo assumere ai vescovi le funzioni dei magistrati e dei prefetti romani. Le prime diocesi Umbre legate alla via Flaminia furono appunto Spoleto (I sec.), Terni (II sec.), Todi (II sec.), Perugia (II sec.), Narni (IV sec.). Tra il IV e il VI secolo in Umbria è accertata esistenza di ben ventidue sedi vescovili, che coincidevano per lo più con la rete degli antichi Municipi romani, testimoniando la presenza di un'organizzazione religiosa vasta e articolata. Nella Media Valle del Tevere oltre le Diocesi di Todi, abbiamo notizie a Nord della Diocesi di Arna, a Sud della diocesi di Carsulae e forse della Diocesi della Civitas Martana. Ma se la Civitas Martana e la relativa diocesi sono solo un ipotesi, il sistema delle pievi costituisce una realtà documentata e duratura che ha caratterizzato la struttura insediativa del territorio martano per molti secoli. Le pievi nate per iniziativa dei vari vescovi allo scopo di evangelizzare le campagne, costituiscono nel nostro territorio la più antica struttura religiosa

16 Paoli 1998, pp. 269-290. legata al sistema insediativo tardo-romano e alto medioevale. Erette in onore dei primi martiri spesso sorgono sul luogo degli antichi santuari pagani, di cui sovente utilizzano le strutture e i materiali, nel rispetto di una precisa politica religiosa. La mancanza di documenti, la scomparsa in molti casi degli edifici o la sovrapposizione monumentale rendono difficile, in questa fase ricostruire il ricco e articolato sistema delle pievi, di questo periodo storico. In generale le prime pievi e i nuclei delle pievi e delle future abbazie nascono nei luoghi dove furono sepolti i primi santi martiri si consolidano dal IV al V secolo e sostituiranno definitivamente i luoghi sacri pagani ricalcandone però nella sostanza i siti e la struttura territoriale. Nel territorio Marano tre siti saranno decisivi per il futuro assetto terretoriale: la Pieve di San Faustino presso Villa San Faustino, la Pieve dei Santi Fidenzio e Terenzio presso Massa Martana e la Pieve di Santa Maria di Viepri. In Umbria le pievi passeranno in secondo piano dopo l’incastellamento del territorio e con la nascita delle nuove sedi parrocchiali e delle collegiate dipendenti direttamente dalle diocesi, ma il territorio di Todi continuò a essere organizzato in plebati fino al basso medioevo.

L’origine di Massa

I secoli V-VI furono per l'Umbria un periodo difficile. Nel V secolo l’Impero d’Occidente si disgrega sotto le invasioni barbariche e si frantuma in una serie di stati romano-barbarici, dopo le guerre greco-gotiche (535-553), la discesa dei Longobardi (568-569) in Umbria, entra definitivamente in crisi l’intero sistema politico ed economico del mondo antico e con esso il sistema degli insediamenti: città, impianti e vie di comunicazione. Gli antichi Municipi umbri e i loro territori sono ridotti dalle guerre, dalle conseguenti carestie e dalle pestilenze in gravissime condizioni. Con le invasioni dei secoli V-VI, e con la decadenza politico amministrativa dei centri urbani, aumenta il potere territoriale delle cattedre vescovili. La rete delle diocesi umbre si ridisegna sulla base dei Municipi romani, alcune scompaiono insieme alle città, e i territori vengono accorpasti a quelli delle diocesi limitrofe. Durante le guerre gotico-bizantine il territorio Martano fu devastato, la Civitas Martana, che si trovava lungo la Flaminia fu distrutta e poi abbandonata subendo la stessa sorte della vicina Carsulae e di Otricoli, la Diocesi dell’antica Civitas Martana viene unita a quella di Todi, mentre la Diocesi di Carsulae a quella di Narni. Il territorio non fu però abbandonato, gli abitanti superstiti si insediarono sulle colline e sulle alture vicine, più difendibili e sicure, saranno le antiche ville tardoromane, le pievi e gli altri insediamenti minori i nodi di un nuovo sistema insediativo che si svilupperà più compitamente in epoca feudale, dando origine ai primi insediamenti fortificati intorno ai quali si svilupparono poi i castelli medioevali che costituiscono ancor’oggi i centri abitati di Massa Martana e delle sue frazioni. Dopo l’invasione longobarda (568-569) il territorio dell’Umbria è diviso in due diverse realtà politico amministrative: 1. Il Ducato di Spoleto, fondato dai Longobardi nel 571, nel momento di maggior espansione si estendeva dagli Abruzzi, alla Sabina e alle Marche controllando la Valle Umbra, l’asse della Flaminia e la Valnerina da Terni a Norcia, 2. Il cosiddetto Corridoio Bizantino costituito dall'asse tra Roma e Rimini, fondato su uno stretta striscia di territorio tra il Ducato di Spoleto a ovest e il Regno Longobardo a nord, unendo Roma con Ravenna attraverso l’antica via Amerina. La Media Valle del Tevere è quindi in gran parte all’interno del Corridoio Bizantino, mentre il territorio Martano trovandosi in una zona cuscinetto di notevole importanza strategica entrò a far parte dei territori di influenza dei longobardi del ducato di Spoleto. Quindi da un lato la città di Todi sede della cattedra vescovile, si conferma come importante caposaldo e nodo urbano strategico del territorio bizantino, dall’altro il territorio Martano assume un importante funzione di “frontiera”, sia di difesa del confine sia di avamposto dei longobardi. Attraversato dalla Flaminia, il cui controllo era vitale per i Longobardi era anche sede del collegamento trasversale tra la capitale del ducato e la città di Todi attraverso il passo sui Martani. Con il documento noto con il nome di Placito di Desiderio del 760, attraverso il quale il Papa Paolo I e il re longobardo Desiderio definiscono i confini dei rispettivi territori, vengono indicati per la prima volta chiaramente i confini del Comitatus Tudertinus. A Ovest il confine era il Fiume Tevere fino alla confluenza con il Puglia presso Ripabianca; a Nord e a Est il confine era rappresentato dallo stesso Puglia, mentre a Est dai Monti Martani e a Sud dai Monti Amerini. Il comitato di Todi comprendeva quindi il territorio di Collazzone, parte di quello di Massa Martana, e parte di quello di Gualdo. Oltre il Tevere c’erano a occidente la Tuscia longobarda facente parte del Regno Longobardo di Desiderio, a oriente, oltre il Puglia e i Martani, il Ducato Longobardo di Spoleto, che comprendeva parte del territorio di Acquasparta, il territorio di Giano e di Montefalco; a Nord il Ducato Bizantino di Perugia che comprendeva il territorio di Marsciano, di Deruta e Torgiano. Si era creduto, fino a qualche tempo fa, che in epoca alto-medioevale il tratto occidentale della via Flaminia fosse stato abbandonato con il conseguente spopolamento e decadimento del territorio martano, da essa attraversato. Recenti studi, invece, mettendo in risalto la presenza di numerose chiese e monasteri benedettini ed una fitta rete di antiche strade che, attraverso i Monti Martani, collegavano la longobarda Spoleto con un allineamento di antichi e muniti centri fortificati eretti sulle cime dei colli nel versante occidentale di quei monti, hanno permesso di stabilire che questo territorio appartenne al Ducato longobardo di Spoleto ed ebbe, anche in quell’oscuro periodo, un’importante funzione soprattutto militare e strategica. Il modello insediativo dell’Umbria e della Media Valle del Tevere è profondamente cambiato, è scomparsa l’organizzazione urbana municipale, le città antiche sopravvissute alla crisi dei secoli precedenti hanno ormai un ridotto numero di abitanti, la funzione di luogo centrale è rappresentata soprattutto dalla sede vescovile unico residuo delle antiche magistrature urbane. La popolazione si è insediata nel territorio extraurbano in particolare nelle aree montuose e collinari dove nascono nuove forme di insediamento diversificate a seconda dei luoghi e del tempo, dominate dalla aristocrazia e dai proprietari terrieri. In questa fase caratterizzata dalla decadenza delle città si consolida un sistema economico e sociale basato sull'autonomia e sulla dipendenza gerarchica dai grandi possedimenti fondiari organizzati intorno agli aggregati rurali e ai villaggi, che a seconda delle zone dell’Umbria, assumono diverse denominazioni: curtis, massae, domuscultae17. Nella Media Valle del Tevere come testimoniano i documenti e la toponomastica, presero il nome di villae. Le ville erano insediamenti rurali derivati dalla villa agricola romana, ogni centro era un unità elementare dell’organizzazione territoriale, dotata di autonomia giurisdizionale e di privilegi basata su un economia chiusa, che comprendeva un complesso abitativo, stalle, magazzini e un territorio delimitato. All’inizio le ville nascono in prossimità di insediamenti romani, ville rustiche, santuari, o città decadute e abbandonate come Villa San Faustino e la Villa di Massa Martana, nate nel territorio della distrutta Civitas Martana lungo il percorso della Flaminia; altre nascono in prossimità delle pievi e dei nuclei dei primi oratori e monasteri ricordati precedentemente. A difesa delle ville sin dal periodo longobardo vengono costruiti i primi castra, nuclei dei futuri castelli feudali. Le ville si estendono a rete sul territorio, tanti piccoli nuclei rurali autosufficienti e chiusi raccolti intorno a una pieve e plebe all’interno delle plebanie. È impossibile, vista la mancanza di documenti, ricostruire in dettaglio la rete delle prime ville e delle prime pievi, ma è bene sottolineare l’importanza che queste hanno avuto nel futuro modello insediativo nella Media Valle del Tevere, in quanto costituiranno la trama su cui si baserà nel periodo feudale la nascita dei castelli e la formazione dei centri storici attuali. Ed è proprio all’epoca della dominazione longobarda, tra il VII ed VIII secolo, che si deve far risalire l’origine del castello di Massa, che una ben radicata tradizione vorrebbe invece edificato tra il X e XI secolo dagli Arnolfi, feudatari di un vasto territorio a cavallo dei Monti Martani. Lo stesso nome di Massa, ricorrente con frequenza nei documenti longobardi nel senso di insieme di abitazioni fortificate, fa fede di tale origine. Nel X secolo il territorio di Massa Martana faceva parte del feudo degli Arnolfi ai quali si deve un consolidamento del castello di Massa dove, nel 1094, vi si stabilì un discendente di quella famiglia, Raniero di Bonaccorso che dette origine al ramo Bonaccorsi Fonzi nobili di Massa. Questi fece erigere sulla cima dei Monti Martani una rocca forse identificabile con la Turris montis Martani citata in un documento del 1115 con il quale i conti Ridolfo, Saraceno, Guillelmo, Hugolino, Bulgarello e Tebaldo permutavano alcuni loro possedimenti con l’abate Beraldo di Farfa.

17 Il termine curtis ovvero corte viene usato soprattutto in territorio longobardo e nel Lazio, mentre le massae o masserie sono un fenomeno più legato al feudalesimo, particolare forma di curtis o di massae furono le domuscultae, centri di gestione di complessi fondiari curati direttamente dalla chiesa e dal pontefice, primi nuclei del patrimonio di san Pietro.

COMUNE DI MASSA MARTANA PROVINCIA DI PERUGIA

VARIANTE GENERALE AL PIANO REGOLATORE GENERALE PARTE STRUTTURALE E OPERATIVA

Valutazione archeologica preventiva AI SENSI DELL’ ART. 95 DEL D.LGS. N. 163/06 SS.MM. E ALLEGATI XXI E XXII

CATALOGO DEI SITI ARCHEOLOGICI

ETÀ PREISTORICA

1. Villa San Faustino, loc. Acqua Rossa

Definizione: area con dispersione di materiale faunistico di natura paleontologica. Rif. IGM: 1:25.000, Tav. 335, I, (Massa Martana). Rif. CTR:1:5000, n. 335073. Rif. Catastale: 1:2000, Foglio 45, particella n. 810. Coord. Georiferite: E 12°5297; N 42°7293. Quota assoluta: 237,9 m s.l.m. Topografia: ll sito è posto in corrispondenza di una cava di sabbia e argilla. L’area di rinvenimento dista verso Est 120 m lineari da una fornace e verso Ovest 31 m lineari dall’incrocio dove si stacca il diverticolo meridionale della “Strada Comunale dell’Abbazia”. Il diverticolo aggira la cava. Posizione geomorfologica: Fondovalle. Elementi geopedologici: Serie Torbitica Umbra appartenente al sub sistema di Santa Maria di Ciciliano costituita da sedimenti lacustri e fluviolacustri (argille, argille limose e sabbie prevalenti, ghiaie subordinate)con abbondante malacofauna dulcicola e terrestre riferibile al Villafranchiano superiore. Relazioni con l’idrografia : a sud il Torrente Naia, ad Ovest il Fosso della Villa Modalità di rinvenimento: sito ipotizzato sulla base di documenti di archivio (Archivio Corrente SAU, Comune di Massa Martana, n. 20). Non è stato effettuato nessun sopralluogo in situ. Cronologia: età preistorica. Bibliografia: Archivio Corrente SAU, Comune di Massa Martana, n. 20.

Fig. 1. Posizionamento su C.T:R. 1: 5000 (n. 335073) del sito. I punti gialli indicano la probabile concentrazione del deposito paleontologico. Il cerchio arancio indica il probabile areale interessato dal deposito archeologico.

2. Località Monticello Definizione: rinvenimenti di materiale litico Cronologia: Neolitico. Modalità di rinvenimento: ll sito è ipotizzato solo da generiche notizie bibliografiche. Bibliografia: Bergamini 1997, p. 893 ss.

ETÀ PROTOSTORICA

3. Monte Schignano Definizione: sito fortificato d’altura. Rif. IGM: 1:25.000, Tav. 335, I, (Massa Martana). Rif. CTR: 1:5000, n. 323154. Rif. Catastale: 1:2000, Foglio 5, particella n. 287. Coord. Georiferite: E 12°5258; N 42°8325. Quota assoluta: 610 m. s.l.m. Topografia: il sito è posto su di un’altura che domina le propaggini sud orientali dello spalto di S. Terenziano e Grutti con un ampio orizzonte dischiuso su Todi, sul massiccio amerino e solo limitato a Sud - Est dalla mole di Monte Martano. L’attuale situazione del sito è di palese alterazione per interventi edilizi che ne hanno profondamente alterato l’aspetto e la sezione di cresta. Ancora apprezzabile appare però il disegno originario della cinta, ricalcato dall’accesso stradale moderno disegnato a spirale. Ben diversa è la memoria cartografica del recinto evidenziata sia dalle tavolette IGM di vecchia levata sia dallo stesso Catasto Gregoriano. La particella 149 (Viepri, foglio V) riproduce perfettamente il disegno della cinta e per di più ne enfatizza il ruolo perimetrale con il ricorso alle ombreggiature a prova forse, della dimensione macroscopica, dell’ancora netta definizione di volume della struttura nel secolo scorso. Il sito è raggiungibile dalla strada vicinale “Arlosa”. Posizione geomorfologica: porzione sommitale e geomorfologicamente distinta (isoipsa 600 m s.l.m.) dell’altura denominata Monte Schignano. Elementi geopedologici: Serie carbonatica Umbro-Marchigiana. Corniola articolata in strati di calcari micritici grigio-scuri, spesso lenticolari, variabili da 10 a 50 cm, con liste e noduli di selce bruna o rossastra. Contenuto fossilifero rappresentato da ammoniti, e i livelli a brachiopodi. Spessore di circa 100 metri (piano cronologico Sinemuriano-Pliensbachiano superiore). Relazioni con l’idrografia: L’altura è delimitata ad est dal “Fosso del Peccato” che costituisce anche il limite comunale orientale e dal “Fosso dei Pantani”; ad ovest dista alcuni centinaia di metri dal sottostante “Fosso di Viepri”. Modalità di rinvenimento: Ricerche archeologiche di superficie. Sito delimitato e circoscritto Caratteri del giacimento: L’indagine portata sul terreno ha osservato grandi quantità di materiale in forzoso scivolamento dall’area sommitale: sono stati contati almeno 150 frammenti d’impasto e ancora un frammento di fornello fittile e un frammento di “concotto”. Fornello e intonaco di capanna indicano la stabilità dell’insediamento e definiscono finalmente con qualche attendibile sicurezza una relazione di coerenza fra materiali di superficie e struttura perimetrale residua. Cronologia: L’orizzonte cronologico ipotizzabile sulla scorta del materiale rinvenuto, fortemente compatto ed omogeneo, può riferirsi alle fasi del bronzo recente e del bronzo finale. Bibliografia: Archivio Corrente SAU, Comune di Massa Martana, n° 6; Archivio Corrente SAU, Comune di Massa Martana, n° 17; Archivio Corrente SAU, Comune di Terni, n° 25; Via Flaminia Antica – Emergenze d'interesse archeologico – n° 5428001; Matteini Chiari 1996, p. 441; PTCP Perugia PUNTI 1999 n°200.

Fig. 2. Posizionamento su C.T:R. 1: 5000 (n. 323154) del sito (triangolo nero).

Fig. 3. Ortofoto dell’area interessata dal sito. Il cerchio nero indica l’areale di occupazione.

4. Montignano, voc. Predio San Giovanni Definizione: serie di materiali, soprattutto in bronzo e ferro, forse relativi ad un contesto funerario Rif. IGM: 1:25.000, Tav. 335, I, (Massa Martana). Rif. CTR: 1:5000, n. 335074. Modalità di rinvenimento: scavi clandestini ottocenteschi. Caratteri del giacimento: Una ricca documentazione, conservata all’Archivio di Stato di Roma, riguarda un processo svoltosi a Todi dopo la denuncia di uno scavo clandestino, avvenuta nel Marzo 1838 in località Montignano, in voc. Predio San Giovanni. Dalle testimonianze si può dedurre una lista di oggetti, soprattutto in bronzo e in ferro, probabilmente di natura funeraria. Di tutto questo materiale si sono perse le tracce anche se vi sono conservati i disegni schematici. Si conservano solo due oggetti, spediti a Roma nel maggio 1838 per essere esposti nel Museo Gregoriano Etrusco. Tra questi una “paletta” o “cocchiaja da muratore” presumibilmente identificabile con un rasoio lunato in bronzo forse di orizzonte villanoviano. Cronologia: Primo Ferro 1-2. Bibliografia: Archivio Corrente SAU, Comune di Massa Martana, n° 16; Buttner 1988, pp. 71-72; Stopponi, 2001, p. 236; Salamida 2002, p. 1594.

DAL VII, AL VI FINO AL V SEC. A. C.

5. Loc. Montecastro Definizione: luogo di culto Rif. IGM: 1:25.000, Tav. 335, I, (Massa Martana). Rif. CTR: 1:5000, n. 335073. Topografia: il sito è posto sopra una lieve altura nei pressi del casale ottocentesco la cui articolazione plano-volumetrica sembra essere frutto di notevoli rifacimenti e di successivi ampliamenti. La località domina sia verso sud che verso nord una vasta zona di territorio controllando buona parte della curva formata dalla valle del fiume Naia, ribadita dai tracciati della sottostante ferrovia e della SS3bis. Dal sito è visibile un lungo tratto della via Flaminia antica, mentre verso settentrione subito al di là della valle fluviale del Naia, Montecastro fronteggia Villa San Faustino. Il sito è raggiungibile dalla strada vicinale di “Montecastro”. Posizione geomorfologica: porzione sommitale e geomorfologicamente distinta (isoipsa 319,5 m s.l.m.) dell’altura denominata Monte Castro (nome già indicato nella cartografia IGM del 1890)18 Elementi geopedologici: Supersistema Tiberino, Subsistema di Acquasparta costituito da depositi carbonatici e travertinosi. Questa unità si presenta nelle porzioni marginali del bacino tiberino. Lo spessore massimo è di 50 metri. I depositi poggiano sul sub sistema di Santa Maria di Ciciliano. Il contenuto fossilifero vede associazione a gasteropodi(pleistocene inferiore-medio). Relazione con l’idrografia: L’unità geomorfologia è solcata ad est dal Fosso del Paradiso; le propaggini settentrionali sono invece delimitate dal fiume Naia. Inoltre è da porre in rilievo la prossimità oltre che a corsi d’acqua a sorgenti salutari, come quella ben nota di San Faustino. Modalità di rinvenimento: Rinvenimenti effettuati nei pressi del casale a seguito di sbancamenti. Segnalazione effettuata alla Soprintendenza Archeologica dell’Umbria nel 1997. Caratteri del giacimento: Bronzetti votivi:  Simpulum di bronzo rivestito nella parte esterna di una lamina d’oro alt. cm 3,1, diametro di cm 1,3.

18 Una targa apposta ad una parete del casolare ricorda che questa fu la sede della famiglia Montecastri che la tradizione narra vedesse un suo esponente, il Frate francescano Gian-Bernardino, partecipare nel 1492 all’impresa di Cristoforo Colombo in veste di confessore del grande navigatore.  Bronzetto a figura schematica maschile alt. cm 4,4: il tipo è riconducibile al Gruppo Amelia di produzione umbro-meridionale localizzata verisimilmente a Todi I materiali risultano irreperibili in quanto in possesso di ignoti clandestini. Cronologia: Fine VI sec. a. C. Bibliografia: PTCP Perugia PUNTI 1999 n°688°; Stopponi 2001, pp. 229-259; Salamida 2002, vol. V pag. 1669.

Fig. 4. Posizionamento su C.T:R. 1: 5000 (n. 335073) del sito (stella verde).

Fig. 5. Ortofoto dell’area interessata dal sito. Il cerchio verde indica l’areale di occupazione.

a b

Fig. 6. Materiali votivi da rinvenimenti occasionali da Montecastro. Bronzetti votivo (a) e simpulum miniaturistico (b). Da Stopponi 2001

6. Mezzanelli, loc. Fonte Sant’Eremo Definizione: sito fortificato d’altura. Rif. IGM: 1:25.000, Tav. 335, I, (Massa Martana). Rif. CTR: 1:5000, n. 335072. Rif. Catastale: 1:2000, Foglio 52, particella n. 96. Coord. Georiferite: E 12°5751; N 42°7215. Quota assoluta: 581,4 m. s.l.m. Topografia: il sito è posto su una delle due alture, separate da una sella, del sottosistema orografico di loc. Sant’Eremo, collocato nel settore centro-meridionale della catena dei Monti Martani., presso il confine comunale sud-orientale. Il sito è posto a controllo della viabilità montana verso la Valle Spoletina ed in particolare verso il punto notevole di valico della Fonte di Sant’Eramo. Il sito è raggiungibile dalla strada vicinale “Spoletina” Posizione geomorfologica: porzione sommitale e geomorfologicamente distinta (isoipsa 575 m s.l.m.) di una delle due alture, separate da una sella, del sottosistema orografico di loc. Sant’Eremo Elementi geopedologici: Serie Carbonatica Umbro-Marchigiana. Corniola articolata in strati di calcari micritici grigio-scuri, spesso lenticolari, variabili da 10 a 50 cm, con liste e noduli di selce bruna o rossastra. Contenuto fossilifero rappresentato da ammoniti, e i livelli a brachiopodi. Spessore di circa 100 metri (piano cronologico Sinemuriano-Pliensbachiano superiore). Relazioni con l’idrografia: il sottosistema orografico è delimitato ad est e a nord dal Fosso della Lama. Un importante sorgente perenne di acqua dolce, Fonte Sant’Eremo, è posta ad est del sito a circa 300 metri in linea d’aria. Modalità di rinvenimento: ricerche aereotopografiche. Sito delimitato e circoscritto, senza ricerche in situ. Caratteri del giacimento: si ipotizza, dall’ubicazione e dalla geomorfologia, che l’area sia interessata da un sito fortificato d’altura (castelliere di età preromana) e che costituisca, insieme ad un altro (definito Sant’Eremo) localizzato sull’altura di fronte, un unico sistema di fortificazione articolato in due aree abitative/difensive. Cronologia: generica età preromana, orizzonte etrusco-italico. Bibliografia: R. Francovich, “Censimento siti d'altura”. Umbria, Comprensorio 7, Scheda n° 600.

Fig. 7. Posizionamento su C.T.R. 1: 5000 (n. 335072) dei due siti (triangoli verdi). 1) Località Fonte Sant'Eremo; 2) Località Sant'Eremo;

7. Mezzanelli, loc. Sant’Eremo Definizione: sito fortificato d’altura. Rif. IGM: 1:25.000, Tav. 335, I, (Massa Martana). Rif. CTR: 1:5000, n. 335072. Rif. Catastale: 1.2.000, Foglio 49, particella n. 16-17. Coord. Georiferite: 12°5750,42°7214. Quota assoluta: 548,8 m. sl.m.. Topografia: il sito è posto su una delle due alture, separate da una sella, del sottosistema orografico di loc. Sant’Eremo, collocato nel settore centro-meridionale della catena dei Monti Martani., presso il confine comunale sud-orientale. Il sito è posto a controllo della viabilità montana verso la Valle Spoletina ed in particolare verso il punto notevole di valico della Fonte di Sant’Eramo. Il sito è raggiungibile dalla strada vicinale “Spoletina”. Posizione geomorfologica: porzione sommitale e geomorfologicamente distinta (isoipse 525-550 m. s.l.m.) di una delle due alture, separate da una sella, del sottosistema orografico di loc. Sant’Eremo. Elementi geopedologici: Serie Carbonatica Umbro-Marchigiana. Corniola articolata in strati di calcari micritici grigio-scuri, spesso lenticolari, variabili da 10 a 50 cm, con liste e noduli di selce bruna o rossastra. Contenuto fossilifero rappresentato da ammoniti, e i livelli a brachiopodi. Spessore di circa 100 metri (piano cronologico Sinemuriano-Pliensbachiano superiore). Relazioni con l’idrografia: il sottosistema orografico è delimitato ad est e a nord dal Fosso della Lama. Un importante sorgente perenne di acqua dolce, Fonte Sant’Eremo, è posta ad est del sito a circa 600 metri in linea d’aria. Modalità di rinvenimento: ricerche aereotopografiche. Sito delimitato e circoscritto, senza sopralluogo in situ. Caratteri del giacimento: si ipotizza, dall’ubicazione e dalla geomorfologia, che l’area sia interessata da un sito fortificato d’altura (castelliere di età preromana) e che costituisca, insieme ad un altro (definito Fonte Sant’Eremo) localizzato sull’altura di fronte, un unico sistema di fortificazione articolato in due aree abitative/difensive. Cronologia: generica età preromana, orizzonte etrusco-italico Bibliografia: R. Francovich, “Censimento siti d'altura”. Umbria, Comprensorio 7, Scheda n° 600.

8. Montignano, Voc. Predio San Giovanni Definizione: serie di materiali, soprattutto in bronzo e ferro, forse relativi ad un contesto funerario. Rif. IGM: 1:25.000, Tav. 335, I, (Massa Martana). Rif. CTR: 1:5.000, n. 335074. Modalità di rinvenimento: Scavi clandestini ottocenteschi. Non è stato effettuato nessun sopralluogo in situ. Caratteri del giacimento: Una ricca documentazione, conservata all’Archivio di Stato di Roma, riguarda un processo svoltosi a Todi dopo la denuncia di uno scavo clandestino, avvenuta nel Marzo 1838 in località Montignano, in voc. Predio San Giovanni. Dalle testimonianze si può dedurre una lista di oggetti, soprattutto in bronzo e in ferro, probabilmente di natura funeraria. Di tutto questo materiale si sono perse le tracce anche se vi sono conservati i disegni schematici. Si conservano solo due oggetti, spediti a Roma nel maggio 1838 per essere esposti nel Museo Gregoriano Etrusco. Tra questi una fibula a navicella con arco losangato, apofisi laterali, staffa allungata terminante con un bottone e due manici mobili di situla raccordati da un doppio occhiello ondulato. Il primo oggetto trova contatti con il mondo adriatico da Este a Numana; in Umbria un esemplare simile è stato rinvenuto a Poggio Melona di San Venanzo (Marsciano, PG). Il secondo oggetto rimanda ad ambiti etruschi (Tarquinia). L’area di diffusione di questi due oggetti testimonia la centralità dell’ambito tudertino: area di confine tra il mondo etrusco-falisco e quello più propriamente italico- adriatico. Cronologia: fine VIII sec a.C. (forse per la situla); I metà VII sec.a. C.(per la fibula) Bibliografia: Archivio Corrente SAU, Comune di Massa Martana, n° 16; Archivio Corrente SAU, Comune di Massa Martana, n° 18; Buttner 1988, pp. 71-72; Stopponi, 2002, p.. 236; Salamida 2002, p. 1594.

Fig. 8. Fibula a navicella dai rinvenimenti ottocenteschi nel Predio San Giovanni di Montignano (da Buttner 1988).. 9. Monte Cerchio

Definizione: sito fortificato d’altura. Rif. IGM: 1:25.000, Tav. 335, I, (Massa Martana). Rif. CTR: 1:10.000, nn. 335030 (Massa Martana), 335070 (Stazione Massa Martana). Rif. Catastale: 1:2.000, Foglio 42, particella n. 43. Coord. Georiferite: E 12°5736; N 42°7517. Quota assoluta: 923 m. s.l.m. Topografia: il sito è posto su una delle più estese e più elevate alture del sistema centrale dei Monti Martani: il Monte Cerchio. Il Monte domina, con un versante orientale quasi a strapiombo (Elci Strette), la sottostante piana di Massa Martana, mentre ad occidente un’orografia meno aspra ma non meno importante, si raccorda alle cime più elevate del sistema martano che guarda la valle di Spoleto. Le vallecole sottostanti, soprattutto nel versante occidentale, conducono ad aree più pianeggianti, ma sempre poste a quote elevate, esse permettono il raccordo di viabilità tra area martana e spoletina. Il Monte Cerchio, come gli altri siti fortificati dal’altura è posto a controllo di in punto di passaggio della catena occidentale dei Martani, spartiacque tra tudertino e spoletino. . Il sito è raggiungibile dalla strada vicinale della “Troscia”. Posizione geomorfologica: sperone meridionale della porzione sommitale, geomorfologicamente distinta (isoipsa 900 m s.l.m., molto allungata in senso nord-sud) dell’altura denominata Monte Cerchio. Elementi geopedologici: Serie Carbonatica Umbro-Marchigiana. Calcare massiccio di colore variabile dal bianco al marrone chiaro. Microfacies interne simili a quelle della Corniola ma con stratificazione appena accennata (piano cronologico Sinemuriano inferiore–Hettangiano). Relazioni con l’ idrografia: Il Monte Cerchio inteso, come sistema orografico, è delimitato a nord e ad est dal Fosso Tribio; a est dal Fosso Cupola. IL Fosso degli Elci costituisce una lieve sella, centrale al sistema. Il sito è distante circa 900 m in linea d’aria, verso ovest, dai laghetti di San Severo. Modalità di rinvenimento: ricerche aereotopografiche. Sito delimitato e circoscritto, senza ricerche in situ. Caratteri del giacimento: si evidenzia una cerchia muraria circolare di circa 90 m di diametro su cui insiste un piccolo bosco di querce. Non essendo mai state effettuate ricerche di carattere scientifico in situ non ne è precisabile la cronologia. Dall’ubicazione e dalla geomorfologia e dal confronto con gli atri siti fortificati d’altura di età preromana è possibile che il sito rientri nella categoria dei “castellieri umbri”. Cronologia: generica età preromana, orizzonte etrusco-italico. Bibliografia: Schmietd 1970, tav. XIII; figg. 4-5.; PTCP Perugia PUNTI 1999 n°694; R. Francovich, “Censimento siti d'altura”. Umbria, Comprensorio 7, Scheda n° 631; Matteini Chiari 1987, pp. 4; Matteini Chiari 1996, p. 441; Salamida, 2002, pag. 1319.

Fig. 9. Posizionamento su C.T.R. 1:10000, nn. 335030, 335070 del sito (triangolo verde).

Fig. 10. Ortofoto dell’area interessata dal sito. Il cerchio verde indica l’areale di occupazione.

Fig. 11. Tratti di cinta muraria in massi calcarei appena sbozzati

10. Santa Maria della Pace, Vocabolo Camponico Definizione: area funeraria. Rif. IGM: 1:25.000, Tav. 335, I, (Massa Martana). Rif. CTR: 1:5000, n. 335034. Topografia: la zona di rinvenimento, nel 1913, di cinque tombe a fossa è posta presso l’ex convento di Santa Maria della Pace, probabilmente lungo il lato destro della via Flaminia antica, in un’area pianeggiante in stretto rapporto con la viabilità antica. L’area funeraria potrebbe testimoniare l’antichità del percorso di fondovalle poi ricalcato dalla via Flaminia di età romana. Le testimonianze funerarie potrebbero collocarsi in un punto di raccordo tra viabilità nord-sud ed est-ovest verso Todi. La seconda via potrebbe aver seguito la vallecola del Fosso della Rocca che scende dai monti Martani. Posizione geomorfologica: lieve pendio verso il fondovalle Elementi geopedologici: Supersistema Tiberino, Sistema di Todi, Sub-sitema di Viepri- Cesi. Depositi di conoide alluvionale prevalentemente ghiaiosi, immersi in una matrice limo-argillosa rossastra (Pleistocene medio.superiore). Relazioni con l’idrografia: in prossimità dell’area funeraria vi è il Fosso della Rocca, affluente di sinistra del Fosso di Massa Martana, che potrebbe averla delimitata a nord. Modalità di rinvenimento: rinvenimenti del 1913 effettuati nei pressi dell’ex Convento della Pace in voc. Camponico mentre si piantumava un vigneto. Non è stata effettuata dal 1913 nessuna ricerca sul campo. Caratteri del giacimento: quattro tombe a fossa (dim. m.2 x m.1) distribuite in maniera rada su di un’ampia superficie di terreno con corredi formati da bronzi e ceramiche. La maggior parte dei corredi fu dispersa già nel 1913 dai proprietari del vigneto che ne conservarono solo alcuni a loro giudizio più meritevoli (soprattutto il vasellame in bronzo). Il materiale, tuttavia, è ad oggi disperso. In Archivio Storico S.A.U. "Rinvenimento di tombe arcaiche con suppellettili in bronzo e terracotte in propr. Quattrini S. Costoloni A." Cronologia: VII-VI sec. a. C. Bibliografia: Archivio Storico S.A.U. (Sez Roma, Fald. 5 Fasc.. 4) e (Sez. Firenze Fald.. 14 Fasc. 1); Archivio corrente SBAU; Via Flaminia Antica – Emergenze d'interesse archeologico – n° 5428005; Not.Scavi 1913, p.161 ss.; Becatti 1938, c. 75, n. 16; PTCP Perugia PUNTI 1999 n°698; Stopponi 2001, p. 236; Salamida 2002, pp. 1315-1316.

Fig. 12. Generico areale di occupazione del sito (cerchio verde). C.T.R. 1:5000, n. 335034.

Fig. 13. Ortofoto dell’area interessata dal sito. Il cerchio verde indica il generale areale di occupazione.

11. Il Torraccio

Definizione: sito fortificato d’altura.

Rif. IGM: 1:25.000, Tav. 335, I, (Massa Martana).

Rif. CTR: 1:10000, nn. 335030 (Massa Martana), 323150 (Giano dell’Umbria). Rif. Catastale: 1:2000, Foglio 42, particella n. 13. Coord. Georiferite: E 12°5323; N 42°7984. Quota assoluta: 649, 5 m s.l.m. Topografia: il sito è posto su un’altura, parte di un sistema orografico che progressivamente cede acclività partendo dalla catena martana occidentale. Il sito domina la sottostante area pianeggiante dove passa il tracciato dell’antica via Flaminia ponendosi orograficamente, di fatto, sulla più protesa, verso il fondovalle, delle alture scaturite dalle propaggini dei Monti Martani, conservando tuttavia un solido collegamento verso le contigue e retrostanti aree montane.

Il sito è raggiungibile dalla strada vicinale della “Troscia”. Posizione geomorfologica: porzione sommitale dell’altura, geomorfologicamente distinta. Elementi geopedologici: Serie Carbonatica Umbro-Marchigiana. Corniola articolata in strati di calcari micritici grigio-scuri, spesso lenticolari, variabili da 10 a 50 cm, con liste e noduli di selce bruna o rossastra. Contenuto fossilifero rappresentato da ammoniti, e i livelli a brachiopodi. Spessore di circa 100 metri (piano cronologico Sinemuriano-Pliensbachiano superiore). Relazioni con l’idrografia: l’altura è delimitata a sud dal fosso del Lupo, a nord, nella parte centrale del sistema, dal Fosso del Francolino. Modalità di rinvenimento: ricerche aereotopografiche. Sito delimitato e circoscritto, senza sopralluogo in situ. Caratteri del giacimento: si ipotizza, dall’ubicazione e dalla geomorfologia, che l’area sia interessata da un sito fortificato d’altura (castelliere di età preromana). Cronologia: generica età preromana, orizzonte etrusco-italico. Bibliografia: R. Francovich, “Censimento siti d'altura”. Umbria, Comprensorio 7, Scheda n° 666. PTCP Perugia PUNTI 1999 n°1184.

Fig. 14. Posizionamento su C.T.R. 1:10000, n. 335030 del sito (triangolo verde).

12. Monte Martano, loc. Sorgenti della Rocca. Definizione: sito fortificato d’altura.

Rif. IGM: 1:25.000, Tav. 335, I, (Massa Martana). Rif. CTR: 1:10.000, n. 335030 (Massa Martana). Rif. Catastale: 1: 2.000, Foglio 18, particella n. 14. Coord. Georiferite: E 12°5583; N 42°7965. Quota assoluta: 881,1 m s.l.m. Topografia: il sito è posto su un’altura, parte di un sistema orografico che progressivamente cede acclività partendo dal Monte Martano (1077.5 m s.l.m.). Il sito domina la sottostante vallecola del Fosso della Rocca che conduce all’area pianeggiante dove passa il tracciato dell’antica via Flaminia. Verso il Monte Martano si pone in stretta vicinanza al Passo di Acqua Canale che, oltrepassando il Monte Martano,, conduce alla Valle Umbra e al territorio di Spoleto. Il sito potrebbe fare sistema con un altro sito d’altura, posto più a nord, lungo le falde del Monte Martano. Posizione geomorfologica: porzione sommitale dell’altura, geomorfologicamente distinta.

Elementi geopedologici: Serie Carbonatica Umbro-Marchigiana. Maiolica. Calcari micritici bianchi o grigi chiari in strati regolari da sottili a medi (20-50 cm.) contenenti liste e noduli di selce bruna o nera. Spessore totale di circa 130 m. (piano cronologico Titonico-Aptiano).

Note di idrografia: l’altura è delimitata a sud dal Fosso della Sorgente ed è prossimo ad una sorgente perenne di acqua dolce che scaturisce dalle propaggini del Monte Martano. Modalità di rinvenimento: ricerche aereotopografiche. Sito delimitato e circoscritto, senza sopralluogo in situ. Caratteri del giacimento: si ipotizza, dall’ubicazione e dalla geomorfologia, che l’area sia interessata da un sito fortificato d’altura (castelliere di età preromana). Cronologia: generica età preromana, orizzonte etrusco-italico. Bibliografia: R. Francovich, “Censimento siti d'altura”. Umbria, Comprensorio 7, Scheda n° 667.

Fig. 15. Posizionamento su C.T.R. 1:10000, n. 335030 del sito (triangolo verde).

Fig. 16. Ortofoto dell’area interessata dal sito. Il cerchio verde indica l’areale di occupazione.

13. Monte Martano (falde) Definizione: sito fortificato d’altura.

Rif. IGM: 1:25.000, Tav. 335, I, (Massa Martana). Rif. CTR: 1:10000, n. 323150 (Giano dell’Umbria). Rif. Catastale: 1:2000, Foglio 18, particella n. 3. Coord. Georiferite: E 12°5515; N 42°8065. Quota assoluta: 829,7 m s.l.m. Topografia: il sito è posto su una porzione di un’altura, parte di un sistema orografico che progressivamente cede acclività partendo dal Monte Martano (1077.5 m s.l.m.).

Il sito è strettamente collegato al sistema montuoso del Monte Martano, a controllo della viabilità che conduce al territorio di Spoleto. Il sito potrebbe fare sistema con un altro sito d’altura, posto più a sud, lungo le propaggini del Monte Martano in loc. Sorgenti della Rocca.

Il sito è raggiungibile dalla strada comunale “Zampani”

Posizione geomorfologica: sperone sommitale dell’altura, geomorfologicamente distinta. Elementi geopedologici: Serie Carbonatica Umbro-Marchigiana. Scaglia Bianca. Calcari micritici bianchi in strati regolari di 10-25 cm. con abbondanti liste di selce, che nella parte alta si presenta bruna, grigio scura o nera. Spessore di circa 50 m. Biozone a a foraminiferi planctonici (periodo cronologico Aptiano – Albiano). Relazioni con l’idrografia: l’altura è delimitata a nord da un torrente, affluente di sinistra del Fosso della Renaia; a sud dal Fosso del Musaleo-Fosso della Cerasa. Modalità di rinvenimento: ricerche aereotopografiche. Sito delimitato e circoscritto, senza sopralluogo in situ. Caratteri del giacimento: si ipotizza, dall’ubicazione e dalla geomorfologia, che l’area sia interessata da un sito fortificato d’altura (castelliere di età preromana). Cronologia: generica età preromana, orizzonte etrusco-italico. Bibliografia: R. Francovich, “Censimento siti d'altura”. Umbria, Comprensorio 7, Scheda n° 250.

Fig. 17. Posizionamento su C.T.R. 1:10000, n. 323150 del sito (triangolo verde).

Fig. 18. Ortofoto dell’area interessata dal sito. Il cerchio verde indica l’areale di occupazione.

14. Rocchette Definizione: sito fortificato d’altura

Rif. IGM: 1:25.000, Tav. 335, I, (Massa Martana). Rif. CTR: Scala 1:5000, nn. 323154. Rif. Catastale: 1.2.000, Foglio 2, particella n. 104 Coord. Georiferite: E 12°5183; N 42°8401. Quota assoluta: 448 m. s.l.m. Topografia: il sito è posto su una porzione di un’altura, parte di un più ampio sistema orografico separato dai Monti Martani a dominio di una viabilità di fondovalle, separata ma in parte parallela, (spostata verso overst) rispetto alla via Flaminia. L’altura è a sua volta separata idrograficamente dalla prospiciente altura isolata di Rocchette.

Posizione geomorfologica: sperone sommitale dell’altura, geomorfologicamente distinta. Elementi geopedologici: Serie Carbonatica Umbro-Marchigiana. Scaglia Rossa . Calcari micritici rosati. Liste e noduli di selce rossi ed amaranto. Spessore di circa 100 m.Biozone a foraminiferi planctonici (periodo cronologico Turoniano– Eocene medio). Relazioni con l’idrografia: l’altura è delimitata ad est dal Fosso di Viepri; a sud dalla confluenza del Fosso del Molino nel Fosso di Vipri; ad ovest dal Fosso del Molino. Modalità di rinvenimento: ricerche aereotopografiche. Sito delimitato e circoscritto, senza sopralluogo in situ. Caratteri del giacimento: si ipotizza, dall’ubicazione e dalla geomorfologia, che l’area sia interessata da un sito fortificato d’altura (castelliere di età preromana) Cronologia: generica età preromana, orizzonte etrusco-italico Bibliografia: R. Francovich, “Censimento siti d'altura”. Umbria, Comprensorio 7, Scheda n° 388.

Fig. 19. Posizionamento su C.T.R. 1:5000, n. 323154 del sito (triangolo verde).