Alberto Fortis Nel Regno Di Napoli E Il Naturalismo-Antiquario

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Alberto Fortis Nel Regno Di Napoli E Il Naturalismo-Antiquario (1783/1791) Alberto Fortis nel Regno di Napoli e il Naturalismo-Antiquario Ringraziamenti Colgo l’occasione per ringraziare quanti con il loro contributo scientifico ed appoggio umano hanno consentito la nascita di questo testo. Innanzi tutto i Professori Girolamo Imbruglia, Arturo Fittipaldi e Pierroberto Scaramella che hanno seguito e indirizzato continuamente il mio lavoro; poi i miei amici Paola Fardella, Andrea Milanese, Giusy Gadaleta, Eduard Wolken, e Neil Chambers (del Natural History Museum) per avermi offerto, attraverso il confronto intellettuale, continui spunti di riflessione. Ringrazio anche il dott. Giuseppe Poli, Don Saverio Minervino e l’architetto Marinelli-Giovene per la disponibilità e le informazioni in merito agli “affari molfettesi”, nonché gli impiegati di tutti gli archivi e le biblioteche che ho viistato in Italia e all’estero (e soprattutto gli addetti della sede centrale dell’archivio di stato di Napoli) per l’infinita pazienza e e la collaborazione offertami. Un ringraiamento tutto speciale va poi al Professor Giorgio Fulco, mio maestro negli studi e nella vita, grazie al quale è nato nel lontano 1999 il mio interesse verso Alberto Fortis e la Puglia. A lui dedico questo testo in segno di riconoscenza. Introduzione Tentare di delineare l’immenso panorama dell’ideologia illuministica in Europa durante l’ultimo trentennio del Settecento non è compito agevole nè breve, tenuto conto della velocità con la quale proprio in quegli anni essa si è evoluta e della complessità delle dinamiche culturali che agivano attraverso una fitta rete di rapporti attiva in tutta Europa. Questo testo dunque, lungi dal volere tirare le somme o esaurire l‘argomento, ha la pretesa però di porre l’attenzione su di una sezione specifica di questo vasto mondo intellettuale, composta da individui con caratteristiche comuni molto forti, talvolta assai lontane dall’ideale corrente dell’illuminista-tipo, ma che allo stesso tempo indicano anche un’interessante fase di passaggio tra antico e moderno 1. Accomunati da un’interpretazione moderata e vorremmo dire “moderna” della morale cristiano-cattolica, gli intellettuali di questo tipo, infatti, pur accettando ed apprezzando lo sperimentalismo di Galileo e Newton ne danno un’interpretazione meno assoluta e più legata ad una dimensione fattiva ed utilitaristica della scienza secondo un atteggiamento fortemente filantropico, ispirato ai grandi francesi dell’ Enciclopedie, ma soprattutto ai dettami di Francesco Bacone e, tra gli italiani, di Antonio Genovesi. L’idea che la vera scienza dovesse avere come scopo precipuo l’accrescimento della “pubblica felicità” conduceva questi studiosi verso discipline applicative (Chimica, botanica, geologia) piuttosto che verso la matematica pura, essi si imbattevano dunque facilmente in fenomeni allora non del tutto spiegabili e comunque difficilmente riducibili ad un modello matematico, circostanza che li conduceva a sostenere la validità di teorie non troppo ortodosse come quella sulla rabdomanzia la cui validità scientifica fu discussa a lungo da tutta l’Europa dei dotti. Alla base di questa declinazione tutta particolare dell’ideologia illuministica stava soprattutto uno specifico concetto di Storia del mondo come integrazione e interazione tra vicende della terra e vicende dell’umanità, la cui evoluzione congiunta andava dunque necessariamente ricostruita senza soluzione di continuità, secondo un concetto legato alle teorie di Vico (molto ripreso in quegli anni non solo a Napoli) ma anche ai più recenti testi di Buffon. In tale ottica la storia diviene disciplina fondante e unificante di studi apparentemente anche molto distanti come la chimica, la geologia, la filologia. Il metodo scientifico di questo tipo di naturalisti si basava infatti sia sull’analisi chimica delle rocce (sempre raccolte personalmente sul posto) sia sul rilievo grafico dal vivo (spesso operato da professionisti), tutto ciò senza trascurare mai la lettura delle fonti storiche più antiche e l’interpretazione critica dei miti che potevano riguardare il sito prescelto del quale si voleva ricostruire il passato allo scopo di migliorare il futuro di coloro che lo abitavano. Anche se in molti di questi naturalisti non 1 Vedi: L. C IANCIO, Autopsie della terra. Illuminismo e geologia in Alberto Fortis (1741-1803), Firenze 1995; ma anche V. FERRONE , I profeti dell’Illuminismo, Bari 1989 e 2000; E.CHIOSI , Lo spirito del secolo. Politica e Religione a Napoli nell’età dell’illuminismo, Napoli 1992; A. Schnapp, The Discovery of the Past, London 1996. mancano poi segni di una mentalità attardata (basti la tendenza di molti di loro, da cristiani, a far coincidere le ere geologiche con i ristrettissimi tempi indicati dai testi biblici), pure non si può negare che, almeno nelle intenzioni, il loro metodo di ricerca per certi versi preluda alla moderna archeologia. Del resto l’opinione comune di origine crociana secondo la quale la storia erudita e la storia critica sarebbero stati mondi incomunicanti per tutto il Settecento, solo ultimamente sta incontrando le negazioni più nette e circostanziate 2. Gli studi recenti, infatti, appaiono sempre più orientati verso la definizione di una situazione culturale molto più complessa ed osmotica in cui nella maggior parte dei casi i testi puramente critici si alternavano a quelli più propriamente antiquario-eruditi. Date queste premesse se una distinzione emerge nelle ricostruzioni storiche di questi i intellettuali è piuttosto quella tra documentum e monumentum , in altre parole tra storia dei posti e storia dei testi 3. Questa situazione, già da tempo rilevata in ambiti culturali dove il fenomeno è stato più macroscopico, come in quello inglese, o, benché solo parzialmente, in quello veneto, sembra invece essere sfuggita ai più nel caso del Regno di Napoli dove pure, come qui si cercherà di mostrare, a ben guardare essa emerge senza dubbio, serbando tuttavia sue caratteristiche precipue 4. La ricostruzione attraverso documenti per lo più inediti delle vicende che hanno accompagnato i soggiorni dell’abate padovano Alberto Fortis nel regno di Napoli e la sua promozione della nitriera del sito detto “Il Pulo” a Molfetta offrono il destro per mettere a fuoco proprio questo tipo di personalità intellettuali che diremo naturalistico-antiquaria, ponendo particolare attenzione al regno di Napoli (dove erano particolarmente diffusi), ma anche al Veneto e all’Inghilterra, come si vedrà luoghi fondamentali per l’evolversi della vicenda pugliese e insieme punti d’origine e diffusione del naturalismo-antiquario. Se infatti il Regno Unito ne vanta in qualche modo l’origine a partire da Bacon fino agli intellettuali della Royal Society e della Società dei Dilettanti (basti il nome di William Hamilton), Venezia pure vedeva nel circolo culturale che ruotava intorno alla figura di Melchiorre Cesarotti un centro pieno di fervori in tal senso. Quanto al sud Italia la sua stessa stratificazione culturale, da Della Porta a Bruno a Campanella a Gaimbattista Vico, per l’appunto, faceva di Napoli il luogo deputato per la diffusione di questa mentalità, e non solo; l‘antico e glorioso passato insieme alle caratteristiche geologiche del territorio rendevano il Regno borbonico per sua natura particolarmente attraente per questi naturaisti di tutta Europa, specie in un momento tanto instabile dal punto di vista tellurico basti pensare al furioso terremoto calabrese o alle eruzioni del Vesuvio 2 Cfr B. CROCE , Teoria e storia della storiografia, Bari. 3Vedi A. M OMIGLIANO , Sui fondamenti della storia antica , Torino 1984. 4Per l’ambito anglosassone vedi almeno: M. C. W. H UNTER , The Royal Society and the origins of british archeology , in «Antiquty », 1971 LXV, pp.113-21, 187-92; J. M. L EVINE , Humanism and History. Origins of Modern English Historiography , Ithaca and London 1987. Per il Veneto: C. MICHELIS E G. P IZZAMIGLIO . a c. di, Vico e Venezia, Firenze 1982; P. R OSSI , I segni del tempo. Storia della terra e storia delle nazioni da Vico a Hooke, Milano 1979. Per Napoli almeno: M. GIGANTE a c. di , La cultura classica a Napoli nell’Ottocento, Napoli 1987, in particolare A.T IRELLA , Francesco Daniele, un itinerario emblematico . pp. 5-22. frequentissime negli ultimi trent’anni del Settecento. Inoltre la maggior parte di questi intellettuali, come s’è detto così attenti alla ricaduta pratica ed economica della ricerca scientifica, nutriva una gran fiducia nella giovane coppia di sovrani che reggeva il Regno borbonico che, proprio a partire dagli anni Settanta e dall’allontanamento di Tanucci, attraversava il momento di più grande apertura verso gli intellettuali illuministi e le riforme. Molti di questi uomini di cultura si mobilitarono sia attraverso la propria, talvolta influente, azione sia attraverso i propri scritti per sostenere l’affare del Pulo, mostrando di muoversi come un vero e proprio entourage intellettuale; a parte le consonanze di tipo ideologico e metodologico essi infatti risultano in contatto tra loro tramite la diffusione di alcuni periodici ma soprattutto attraverso una fittissima rete di rapporti epistolari, della quale si sono perse parzialmente le tracce ma in gran parte ancora reperibile e da esaminare con attenzione. Lungo queto canale soprattutto correvano (quando sfuggivano alle censure) le informazioni più confidenziali; la lettura attenta dei carteggi dà quindi la possibilità di ricostruire con particolare minuzia l’evolversi del loro atteggiamento verso l’ Acien regime dall’iniziale fiducia verso il riformismo illuminato, soprattutto
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