Lions Club Svevo

a cura di Pasquale Montemurro Concept, progetto grafico ed editing: Dott.ssa Mariangela Cassano - Bari

• 2 • Con il patrocinio di

• 3 • • 4 • PRESENTAZIONE

Questa opera, curata dal nostro “Superlattivo” Presidente incoming Prof. Pasquale Montemurro, vuole essere un concre- to contributo del Lions Club Bari Svevo alla grande esposizione universale di EXPO 2015. All’inizio del nostro percorso lionistico del corrente anno, ci siamo dati alcuni obiettivi di ricerca, e dif- fusione, delle Eccellenze della nostra Puglia, al fine di sostenere i bisogni delle nostre genti. A mio avviso è questo il senso della nostra appartenenza al movimento internazionale dei Lions, che è movimento d’azione, prima che di conferenze, dibattiti, e face- zie conviviali.

L’iniziativa del nostro Club è stata favorita dalla assonanza con lo stile ed il credo profondo del Governatore del Distretto 108AB, dr. Giovanni Ostuni, che ci ha incoraggiato e sostenuto, anche con la calorosa partecipazione alle attività promosse.

Spero che questo modesto contributo possa costituire un se- gno da cui ripartire nella speranza di un rilancio e rinnovamento della nostra attività Lionistica.

Grazie a tutti.

Avv. Nicola Putignano Presidente Lions Club Bari Svevo 2014-2015

• 5 • • 6 • PREFAZIONE

“SUPERLATTIVE ” di Puglia

di Pasquale Montemurro*

“Terra di grano, di olio, di vino” sono definizioni storica- mente attribuite alla Puglia, in sintonia con la storica Triade me- diterranea “armonizzata” dai governanti dell’antica Grecia che avevano ben compreso come appunto i cereali insieme all’ulivo ed alla vite assicurassero la disponibilità di «pane, olio e vino»; la scelta di coltivare cereali, ulivo e vite, era motivata dal fatto che tali specie di piante necessitano di poca acqua e quindi risul- tavano idonee al clima dei paesi del bacino del mediterraneo.

Il Progetto “SUPERLATTIVE ”, promosso dal Lions Club Bari Svevo, dal Governatore del Distretto 108 Ab - Puglia 2015-2016 dr. Alessandro Mastrorilli, ha inteso dare maggiore visibilità ad alcune delle “eccellenze produttive agroalimentari pugliesi”, tut- te selezionate tra quelle caratterizzate dal fatto di essere “SU- PER”, in quanto condotte con un modello produttivo tecnologi- camente molto avanzato e con un alto indice di “Sostenibilità”, e contemporaneamente “ATTIVE”, perché attivamente impe- gnate nel coltivare, produrre e trasformare in Puglia. Parallelamente, il Progetto vuole rappresentare uno stimolo ad emulare il modello rappresentato da tali aziende, tutte “ge- nuinamente” Made in Puglia, modello che concretamente può portare benefici di carattere economico, sociale ed ambientale. Le produzioni delle aziende agroalimentari coinvolte nella squa- dra denominata appunto “SUPERLATTIVE”, si dedicano alla produzione di pasta, olio, vino, legumi mandorle, pomodoro, da industria e da serbo, e di funghi “cardoncelli”.

* Presidente del Lions Club Bari Svevo 2015-2016, Professore Or- dinario di Agronomia generale presso il Dipartimento di Scienze Agro- Ambientali e Territoriali dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”; è titolare dell’insegnamento di Agronomia generale oltre che di Maler- bologia. È socio dell’Accademia dei Georgofili di Firenze, dell’Accademia pugliese delle Scienze di Bari, della Società Italiana di Agronomia e Presi- dente dell'Associazione Culturale “Ciboacculturarsi” di Bari.

• 7 • La disponibilità di questo libretto nella sede del grande even- to mondiale EXPO2015 a Milano, notoriamente dedicato alla sensibilizzazione sull’importanza della produzione di cibo, in- tende mettere in vetrina il Progetto ed in particolare come le Aziende che vi hanno aderito possano costituire un modello po- sitivo per altre imprese pugliesi in termini di valorizzazione delle produzioni locali, in sintonia con l’idea della produzione a “km zero”. Il libretto comprende un collage delle notizie riguardanti le Aziende “SUPERLATTIVE” ed i loro prodotti, preceduto da una introduzione riguardante alcuni aspetti sia storici sia attuali dell’Agricoltura Pugliese, seguita da una parte denominata Apu- lia nova, che focalizza certuni possibili sviluppi futuri delle varie produzioni agroalimentari pugliesi.

• 8 • INTRODUZIONE

UN PO’ DI STORIA PASSATA

La Puglia è stata una delle prime culle dell’agricoltura italia- na e molto probabilmente di quella europea; stando ai reperti archeologici, infatti, l’agricoltura iniziò ad essere praticata du- rante il Neolitico, fase che gli storici hanno identificato come la “Rivoluzione neolitica”, in cui, nel corso di alcune migliaia di anni, gli uomini presero la decisione di diventare agricoltori. Giustamente la fase storica fu etichettata come “Rivoluzione”, in quanto tale decisione sovvertì completamente il modo di vivere mantenuto fino a quei tempi, provocando appunto una vera e propria rivoluzione. Fino a quel momento, infatti, la scelta del cibo e gli adattamenti alimentari dipendevano essenzialmente dalle risorse vegetali ed animali godibili nel territorio, a confer- ma di quanto scritto da Ovidio nelle Metamorfosi “… La terra, non ancora ferita dall’aratro, produceva da sé e gli uomini si accontentavano di cibi spontanei e di frutti selvatici”. All’incirca 10.000 anni fa, quindi, l’uomo decise pian piano di affrancarsi dal nomadismo, cominciando ad addomesticare le piante che gli servivano come sostentamento e quindi a diventare agricoltore, cioè a coltivare buona parte di quelle piante che fino ad allora aveva raccolto occasionalmente durante le sue peregrinazioni. È intorno all’XI secolo a.C. che i “Pugliesi” del tempo, denominati Japigi in quanto costituiti soprattutto dagli emigrati provenienti dall’Illiria, la moderna Albania, iniziarono a praticare l’agricoltu- ra, cioè, per dirla ancora con Ovidio, “... Gli uomini per la prima volta seppellirono in lunghi solchi i semi di Cerere ed i giovenchi gemettero sotto il peso del giogo”.

• 9 • LE PRODUZIONI

I cereali Sicuramente ci sarà stato il grano fra i cereali che gli Japigi seminaro- no in Puglia, considerato che in siti acheologici scoperti nelle province di Foggia, Bari, Brindisi, Lecce e Taranto sono stati trovati appunto residui car- bonizzati di paglia e cariossidi, databi- li attorno al 7300-6500 a.C. Anche nella parte pugliese della Magna Grecia i cereali (sitos) divennero molto importanti, in quanto necessari per preparare il pane, le frittelle di farina da addolcire con il miele (tagheritai) e le focacce cotte al forno con sesamo (itria). Nella Grecia sa- lentina, delimitata nei territori degli attuali comuni di Sternatia, Martignano, Calimera, Corigliano d' e Zollino, è ancora in uso la preparazione delle lagane nere, di origine spartana, un tipo di pasta ottenuta dal grano lessato prima e poi finito di cuocere nel mosto d’uva. Durante il periodo romano, il farro era considerato dai pu- gliesi il cereale principe dell’alimentazione; di fatto, veniva cot- to in acqua marina fino ad addensarsi in una specie di polenta chiamata appunto puls. Sempre i cereali erano la base per la preparazione di dulcis, come i nasti panes, dei pani addolciti con il miele, che venivano serviti insieme alla frutta nella secunda mensae, una sorta di dessert dell’epoca. Ma anche il grano duro (il nome botanico è Triticum durum) segnava in modo incisivo la sua presenza nella civiltà contadina pugliese. Infatti, Marco Terenzio Varrone, nel primo secolo a.C. scrisse “Quod triticum conferam Apulo!” (Che grano viene dalla Puglia!), proprio a si- gnificare che tutta la regione, ribattezzata dai Romani da Japigia in , produceva grano di qualità. A conferma, la provincia di Foggia fu denominata Tavoliere, in quanto una parte dei suoi territori fu distribuita ai veterani dell’imperatore Augusto, i quali vedevano segnato il proprio nome nelle tabulae censuriae, una vera e propria anagrafe tributaria. Una grande attenzione era anche rivolta, come scriveva Licinio, alla conservazione dei ce- reali che avveniva nelle cosiddette “fosse granarie”, come quel- le ancora esistenti a Cerignola nel foggiano. Tra l’altro, proprio le coltivazioni cerealicole del foggiano contribuivano anch’esse ad assicurare alla città di Roma il regolare approvvigionamento dei cereali. La terra di Bari pure era intensamente coltivata con il grano, come dimostrato indirettamente dalle spighe effigiate

• 10 • sugli stateri argentei di Polineanum, l’odierna Polignano a Mare del VI secolo a.C. e sulle Pinakes, una sorta di quadretti votivi in terracotta. Durante il periodo romano, i cereali diventarono la base per la preparazione di diversi tipi pasta, la più nota delle quali era la “lagana” termine che è ancora vivo nella nostra regione, e che poi si sarebbe trasformato nella lingua italiana in “lasagna”. Di “lagana” ne parla anche Orazio e se ne fa men- zione pure nel De Re Coquinaria, il ricettario di Marco Gavio, soprannominato Apicio, un grande chef ante litteram vissuto al tempo dell’imperatore Tiberio. E sempre durante il periodo ro- mano che pare siano stati progettati per la prima volta gli gnoc- chi, chiamati “pastilli”. Fonti d’epoca successiva hanno segnalato che a vi erano numerosi “laborerii de pasta”, in cui venivano preparati “vermicelli et similia”. Caduto l’impero romano, i cereali diventarono sempre più preziosi per gli abitanti della Puglia, che dal VI al VII secolo fu invasa dai barbari: i Longobardi in particolare, con le loro razzie rubavano tutto ciò che potevano, compreso appunto i cereali. In seguito e fino alla dominazione sveva i pugliesi soffrirono ancora molto la penuria dei cereali; per questo si arrangiavano preparando una ricetta bizantina di nome hajol zoùmin, chia- mata scherzosamente “brodo santo”, in cui quel poco di pane, quasi sempre secco, veniva inzuppato in un brodo fatto con ci- polle e condito con un po’ di olio di oliva. Con l’avvento dei Sa- raceni arrivarono pure gli “ytria”, cioè i vermicelli fatti di pasta di grano essiccata, termine arabo è ancora vivo nel leccese dove si preparano i ciceri e ttria. Ma i tipi di pasta secca aumentarono progressivamente differenziate da nomi dialettali, a tutt’oggi uti- lizzati come i cavatidde, gnocchetto barese o cavatello, strasce- nate o récchie o recchjetedde, le famosissime orecchiette.

• 11 • Queste ultime, poi, sembrano furono fatte per la prima volta a Sannicandro di Bari, la cui popolazione manteneva nella reli- gione cattolica, un rituale della tradizione ebraica, nel quale si consumavano le “Orecchie di Aman”, una sorta di dolcetti mol- to deliziosi. Con la dominazione sveva, durata tra il 1190 ed il 1266, la Puglia con l’intero sud dell’Italia godette di un periodo d’oro: alcuni racconti dell’epoca, poi, narrano dei banchetti in cui Federico II insieme a dotti e poeti assaporavano le orecchiet- te con la ricotta. Con il susseguirsi delle diverse dominazioni, tra le quali quella degli Aragonesi, degli Angioini, dei Francesi, che invasero la Capitanata nacque il fallone, una focaccia ripiena di cacio fresco, della quale si fa menzione negli “Statuti de lo forno” di Molfetta e negli “Statuti” dell’Università di Bisceglie. Tre erano le specie di pane più diffuse: il “nero e semoloso”, di migliore nutrimento, ma difficile da digerire, il “borghese o casalingo” e quello “morbido”, adatto ai banchetti, preparato utilizzando il latte o il burro. Riguardo ai vermicelli, la loro pre- parazione è attestata nel 1440 negli “Statuti” di Bisceglie, … Item chi facesse vermicelli, o vero di semola intro Visceglie … e nel “Libro Rosso” di Molfetta, … Littera regia de Vermicellis et simi- libus … Durante il periodo del Viceregno (1503-1713), però, in una Puglia sprofondata in una fase recessiva, le classi più ricche si nutrivano di pane fatto con farina di frumento bianca o nera, mentre il popolo utilizzava uno sfarinato d’orzo per preparare il “pane del bisogno”. In quei tempi, su questo umile tozzo di pane gravava una serie infinita di tasse, dalla “gabella” sulla fa- rina a quella sulla molitura, fino al dazio sulla “cotta” nei forni, tutti facenti parte del monopolio del barone del luogo. Allora, poiché nessuno poteva cuocere il pane nel proprio focolare, allo scopo appunto di eludere almeno la tassa sulla cottura, i con- tadini in modo particolare impiegavano la farina di grano o di orzo per cuocere sotto la cenere i cicce o cuchele, una sorta di focaccine azzime, così come è stato riportato negli “Statuti di Bisceglie”. Più tardi, a metà del 1600, le cose migliorarono gran- demente tanto che Puglia fu descritta come … copiosa di grano da parte dell’abate Pacichelli, diplomatico del Papato; successi- vamente, con l’avvento dei Borboni, il commercio del grano e di altri cereali era tanto attivo, che s’intensificarono i traffici dai porti di Barletta, Trani e Molfetta a quelli di tutta l’Italia e di molti Paesi del Mediterraneo. Durante il regno borbonico nacquero le làneche a la nute, che oggi chiameremmo fettuccine, un tipo di pasta per i giorni di festa. Con l‘Unità d’Italia, grazie al risveglio dalla crisi agraria del mondo agricolo messo in evidenza dal senatore Stefano Jacini, cominciò un aumento delle superfici coltivate a cereali; negli

• 12 • anni tra il 1890 ed il 1895, in Puglia risultavano coltivati oltre 100.000 ettari a frumento e più di 1.000 ad orzo, con al 1° posto con 46 mila ettari. All’epoca, pane e companatico (cicorie, cipolle, ecc.) erano per il pranzo, mentre per la cena esistevano i panecutte (tozzi di pane rinsecchito cotto con ver- dure e con l’aggiunta di olio di oliva), la frascàddue (polenta di farina condita con un po’ d’olio) o il briscke e braske (una specie di minestrone di ortaggi con pezzetti di pane). Ma agli inizi del XX secolo si ebbe un notevole incremento produttivo di frumen- to, specie quello duro, grazie al grande agronomo e genetista Nazareno Strampelli, i cui studi effettuati presso il Centro di Ri- cerca per la Cerealicoltura di Foggia permisero di selezionare la varietà di grano duro Senatore Cappelli, recentemente ritornata alla ribalta.

• 13 • L’olio La presenza nella Puglia dell’olivo certamente come oleastro, la forma selvatica, è datata nel Neolitico, così come dimostrano i reperti archeolo- gici rinvenuti nella provincia di Bari, in un’areale com- prendente Castel del Mon- te, Bitonto, la Murgia dei Trulli e delle Grotte. Nelle province di Brindisi, Lecce e Taranto, invece, la pianta sembra sia stata presente già da circa ottomila anni fa. L’oleastro era utilizzato non per i frutti, perché sono piccoli, amari e sgradevoli, e non idonei a ricavare l’o- lio, bensì soltanto per il legno. La coltivazione dell’olivo oggi coltivato (Olea europaea sottospecie sativa) e quindi la pro- duzione di olio avverrà in Puglia a partire dall’XI secolo a.C., quando degli emigrati dall’Illiria, la moderna Albania, diede vita alla civiltà Japigia; gli emigrati Illirici, infatti, avevano appreso dai contatti con i vicini Greci sia come trasformare gli olivastri in alberi dai frutti commestibili sia come ricavarne l’olio; ed ai Greci migrati in Italia nel VII sec. a.C., che diedero origine alla Magna Grecia, ed al loro intenso impegno che si deve il merito che nell’arco di due secoli la Puglia diventò il più grande oliveto del Mediterraneo, nel quale fu poco alla volta selezionata la varietà Ogliarola. Contemporaneamente cominciarono ad esse- re costruiti dei rudimentali frantoi scavati nella roccia in cui la costanza della temperatura evitava la condensazione dell’olio. Con l’occupazione romana, anche per gli Apuliani si verificò un salto qualitativo nelle tecniche olearie, grazie alla disponibilità del trapetum: formato da due o più mole cilindriche di pietra poste in una vasca e attraversate da un asse di legno che, girando sotto la spinta solitamente di un mulo riducono le in una pasta oleosa, risulterà possibile estrarre molto meglio l’olio ed in un maggior quantitativo. L‘importanza acquisita dall’olio in epoca romana è validata pure dal fatto che per commemorare la costruzione della via Appia-Traiana, l’imperatore Traiano fece coniare una moneta che sul diritto riproduceva la sua effige e sul rovescio una ruota a rappresentare la strada, con una ragazza reggente un ramo di olivo ad indicare la Puglia. Sulle tavole de- gli Apuliani, ricchi e poveri, l’olio non mancava mai per condire gli ortaggi crudi ed alcune salse e zuppe, com’è ricordato nel già citato De Re Coquinaria di Apicio. Caduto l’Impero Romano, i barbari ridussero notevolmente gli oliveti che venivano tagliati e sostituti con le querce.

• 14 • Durante l’epoca medievale, perciò, la produzione di olio di- minuì fortemente, diventando retaggio quasi esclusivo dei ceti alti, nonché utilizzato in ambito liturgico e medico. In seguito, l’olio fu nuovamente prodotto in discrete quantità specie nel Sa- lento, grazie anche ai monaci Basiliani, eremiti di origine greca, ivi rifugiatisi dopo la fuga dalle guerre iconoclastiche scoppiate nell’Impero Romano d’Oriente. Nel IX secolo giunsero in Puglia i Saraceni che guardavano benevolmente l’olivicoltura: secondo il Bonaventura da Lama, i Saraceni fecero sorgere nel Salento “… interi .. boschi di olivi ... parte innestarono agli oleastri e parte piantarono …”; forse è proprio ai Saraceni che si deve l’introduzione della varietà Cellina, nota anche come Saracena. Una nuova espansione dell’olivo avvenne verso l’anno Mille: in documenti datati circa la fine del Duecento si riferisce di viag- giatori che narrano come prima nella Terra di Bari ed in quella d’Otranto e poi nella Capitanata primeggiavano alberi d’olivo, soprattutto della varietà Cellina. Ma l’incentivazione a produrre sempre più olio derivò anche dai governanti; in un documento del 1327 a firma dal Re Roberto d’Angiò si legge di un dispo- sitivo che concedeva alla città di Gallipoli l’esenzione di tutti i tributi per coloro che macinavo le olive. Ancora, nell’Archivio di Stato di Lecce sono conservate le autorizzazioni reali del 1371 per l’attracco nei porti di Gallipoli e di Brindisi di navi della Serenissima. Nel Quattrocento, poi, per merito del sovrano spagnolo Alfonso d’Aragona fu introdotta nel Basso Tavoliere una varietà da tavola che sarà battezzata come Oliva di Spagna, più tardi denominata con il sinonimo Bella di Cerignola. Nel periodo Rinascimentale l’olivo rivisse un’epoca d'oro: la Puglia si trasformò in un immenso oliveto, come documenta- to da Leandro Alberti che, nella sua Decrittione di tutta l’Italia scrive come nella terra d’Otranto vi siano oliveti “ben coltiva- ti ... grandi selve di olivi” che producono “tanto olio”. L'olio ricominciò, perciò, ad essere presente abbondantemente nelle case, sia sulla tavola sia per i vari usi quotidiani, diventando con- temporaneamente trainante per l’economia agricola dell’intero meridione d’Italia. E si deve proprio a queste grandi produzioni salentine se l’olio iniziò a farsi conoscere pure al di fuori dell’a- rea mediterranea, diventando ricercato sulle tavole dei nobili in tutta Europa: si ricorda come Caterina, zar di tutte le Russie, ricevesse in regalo dallo studioso Giovanni Presta un cofanetto in legno d’olivo contenente un campionario dei migliori oli ita- liani. Grandi nazioni come l’Inghilterra, la Francia, la Russia e la Germania, sprovviste del “dono degli dèi” scesero in Puglia a cercarlo, perché ritenuto molto pregiato.

• 15 • Navi cariche di barili d’olio e carovane di animali da carico che trasportavano olio contenuto in otri di pelle partivano soprat- tutto dal Salento per raggiungere il Nord Europa. Il commercio dell’olio di oliva raggiunse una tale importanza nell’economia meridionale, tanto che nel 1559 il Vicerè Paravan de Rivera dispose la costruzione di una strada che collegasse Na- poli alla Puglia. Anche nella prima metà del XVII secolo la Puglia si presentava “copiosa di Olivi”, stando a quanto scritto dall’a- bate nonché storiografo Giovan Battista Pacichelli, secondo il quale per la Peucetia o Terra di Bari, in particolare, l’olivo era la coltura più importante e l’olio costituiva la merce di un attivo commercio; non per niente, sempre l’abate “viaggiatore”, de- scrisse il territorio di Bonum totum, ribattezzato in seguito Biton- to, “una delle terre più fertili della Peucetia” per “l’abbondanza di olio, di mandorle, …”. All’epoca, in ogni porto della Puglia si venne a creare un andirivieni di navi. Ma con l’avvento del pe- riodo napoleonico, la diminuzione del prezzo dell’olio provocò una grande crisi: non essendo nemmeno conveniente raccoglier- le, le olive venivano lasciate marcire per terra e moltissimi olivi tagliati per ricavarne la legna. Una certa ripresa si ebbe dal 1806 con l’abolizione delle leggi feudali, tanto che vi fu un notevole aumento delle superfici olivetate, che nel 1895 superavano 97 mila ettari, con una produzione di olio di oltre 208 mila ettolitri. Tra l’Ottocento ed il Novecento, ebbe inizio l’industrializzazione dell’olio di oliva, grazie alla nascita di importanti aziende che lo confezionavano per i mercati sia interni che esteri. Con l’unifi- cazione la Puglia divenne il “serbatoio” di olio dell’Italia. Grazie anche all’interesse di grandi famiglie di imprenditori, negli anni successivi il numero di ettari aumentò fino ai 106 mila stimati nel 1920, con un conseguente incremento della produzione di olio a circa 300 mila ettolitri. L’esempio più significativo fu quello dell’industriale Pietro Ravanas, che introdusse per la prima volta in terra di Bari il frantoio a torchio idraulico ed a doppia macina, rendendo anche famoso nel mondo l’olio di Bitonto. Ma verso la fine del XIX secolo, per merito di un altro industriale di nome Raffaele Perfetti, proprietario di uno dei maggiori frantoi di Bar- letta, si diffuse grandemente anche la varietà Coratina. Quest’ul- tima prese piede soprattutto nel nord Barese ed in parte della Capitanata, grazie anche al suo grande profumo (fruttato) che lo rendeva idoneo per “tagliare”, cioè per essere miscelato con altri oli allo scopo di profumarli. Ma negli anni trenta, l’olio di oliva cominciò a subire la competizione degli oli di semi; “com- plice” di tale competizione fu soprattutto Gerolamo Gaslini che, dopo aver condiviso la gestione dell’Oleificio Ligure-Pugliese di Bari, cioè della più grande raffineria italiana di olio di sansa e di

• 16 • oliva, si impegnò moltissimo per favorire la produzione di olio di semi. Ritornato a Milano, infatti, sostenuto finanziariamente dalla Banca Commerciale, dal Banco di Napoli e dal Credito Italiano, il Gaslini cercò in tutti i modi di favorire le raffinerie del Nord che usavano soltanto semi di altre piante; in questo fu favorito dallo stesso Mussolini che nell’ottobre del 1929 trasmise al Ministero dell’Agricoltura un documento di Gaslini sulla Que- stione dell’olio, in cui si dimostrava come la produzione di olio di oliva fosse insufficiente al soddisfacimento del consumo italia- no. Finita la 2a guerra mondiale, l’olivicoltura si riprese timida- mente, ma soprattutto con la costituzione dell’Unione Europea iniziarono una serie di problematiche per la Puglia, in verità per l’Italia intera, a tutt’oggi non superate, quando nel settembre del 1966 fu decisa per la prima volta la regolamentazione del settore. Fino ad allora, infatti, l‘Italia era l’unico produttore di olio di oliva dei sei Pae- si, in quanto gli al- tri cinque erano più interessati alle produzione di ce- reali e latte. Le prime misure furo- no indirizzate al sostegno del prez- zo di mercato dell’olio di oliva mediante aiuti ai produttori, senza nessuna attenzione alla qualità. Furono addirittura erogati incentivi per la commercializzazione dell’olio in lattina. Ma le decisioni più negative da parte della UE furono quelle di stabilire i limiti di produzione per le varie zone, fissare prezzi minimi e protezioni doganali, ed istituire ammassi per ritirare le eccedenze di mercato. La negati- vità di tali decisioni si “accompagnò” nel ventennio successivo ad un’assenza sostanziale di modifica in meglio del sistema pro- duttivo italiano, pugliese compreso; se da un lato i contributi risolvevano in minima parte il problema economico del settore olivicolo, dall’altro spingevano verso una produzione di quan- tità, ma non di qualità. La Puglia rimase comunque una regione grande produttrice di olio.

• 17 • Il vino Stando ai reperti fossili, la pianta del- la vite, originaria delle regioni Cau- casiche, era presente dal Pleistocene in Europa dove, dallo stato selvatico (Vitis silvestris) era passata a quello ad- domesticato (Vitis vinifera subs. sativa), tramite selezioni naturali ed umane. In Puglia, la vite è attestata dal Neolitico in alcune zone del Tavoliere. I Fenici, che conoscevano e praticavano la viticoltura già nel 2000 a.C., colonizzando la regione introdus- sero nuove varietà di vite, al punto che il territorio pugliese è ancor oggi identificabile da nord a sud anche con l’articolazione dei vitigni Uva di Troia, Primitivo e Negroamaro, corrispondenti all’epoca rispettivamente a Daunia, Peucezia e Messapia. In se- guito, nel XV secolo a.C., iniziarono i primi scambi con la Grecia ed infatti le navi micenee cominciarono ad attraccare sui lidi pugliesi. Grazie alla colonizzazione greca, tra il VII ed il IV secolo a.C. nel territorio pugliese fu introdotto il sistema di coltivazione della vite ad “alberello”, metodo ancora molto diffuso; poco alla volta, pertanto, il paesaggio agricolo della Puglia si arricchì di vigneti, al punto da meritarsi l’appellativo di Enotria tellus, terra del vino. In particolare, furono i Micenei, denominati dagli italioti Enotri (in greco oinotron significa palo per la vite), a diffondere nel meridione d’Italia il consumo del vino già nel primo millennio. In ogni caso, durante la dominazione greca la viticoltura e l’enologia godettero di un grande sviluppo, tant’è vero che nella colonia greca di Arpi, che secondo l’epos omerico era stata fondata da Diomede, fu battuta una moneta che sul rovescio aveva in risalto un grappolo d’uva. Ai Greci, infatti, notoriamente si riconosce il merito di avere trasformato il vino da semplice prodotto alimentare a merce di scambio, legandolo anche al culto di Dioniso, dio protettore della viticoltura che, come afferma Euripide, “... in dono al misero, offre non meno che al beato il gaudio del vino, ove ogni dolore annegasi”. Più tardi, si sa che gli antichi romani ribattezzeranno il dio greco in Liber e quindi in Baccus. Alla fine della II guerra punica i Roma- ni “riprogettarono” una vasta parte dell’Apulia, facendo ridurre fortemente le superfici vitate a beneficio della cerealicoltura. Ciò non toglie che i vini Apuliani non fossero graditi ai Romani; lo testimonia Orazio che afferma nelle sue Odi di preferire il me- rum Tarentinum (merum in latino significa vino puro o genuino, nel dialetto barese vuol dire vino), vino citato anche da Plinio il Vecchio nella “Naturalis Historia”, dove ricorda che in Puglia erano presenti le Malvasie nere di Brindisi e Lecce, il Negroama-

• 18 • ro e l'Uva di Troia; riferendosi ai vini dell’Apulia, il poeta Plinio affermava Non carent gloria, cioè i vini “non erano carenti di gloria”. I vini pugliesi sono stati lodati sia da Decimo Giunio Marziale nell’Epigrammaton liber, il quale riferendosi a Taranto, la definisce “madida dei suoi vini”, sia da Ateneo nei Sofisti a banchetto. Altri vini noti ed apprezzati durante l’Impero Roma- no furono il Brundisium ed il Canusium, stando a quanto scritto nel “De re rustica” da Varrone. L’importanza della vitivinicoltura del Salento, poi, è dimostrata dalla coniazione di ben 35 tipi di moneta che avevano sul retro Airone, l’inventore della musica ditirambica tipica delle feste dionisiache in cui l’uva ed il vino la facevano da protagonisti, che cavalcava un delfino reggendo l’idria vinaria ed un grappolo d’uva. Nel VI sec d.C., con la do- minazione bizantina si intrecciarono dei proficui rapporti tra le proprietà monastiche e quelle private; in molte documentazioni monastiche, ad esempio, sono citate delle vigne, i cui filari, det- ti “vineales”, indicavano i confini delle proprietà ecclesiastiche, mentre il valore dei terreni veniva stabilito in funzione della produzione e della qualità del vino in esso prodotti. L’arrivo dei Longobardi, che defraudavano i vinti delle loro terre, provocò lo spopolamento delle campagne e quindi dei vigneti che perciò rimasero incolti. Seguirono i Saraceni (dall’827), poi di nuovo i Bizantini, fino al 1041 quando i Normanni, dopo alterne vi- cende ricrearono delle condizioni tali da far riprendere l’econo- mia, facilitando la costituzione delle corporazioni dei mercanti e dei marinai e firmando nel 1175 un accordo ventennale con Venezia. Con l’avvento dei Normanno-Svevi, quindi, iniziò un periodo d’oro per tutta l‘Italia meridionale; lo stesso Federico II, soprannominato Puer Apuliae, nonostante fosse astemio, fece piantare migliaia di viti nella zona di Castel del Monte. Intorno al 1080, i porti di Brindisi, Gallipoli, Otranto e Taranto diventa- rono importanti perché da questi partiva dell’ottimo vino messo in ottimi recipienti di ciliegio, così come risulta da documenti dell’epoca.

• 19 • Ma un periodo ancora più florido per la vitivinicoltura pu- gliese fu quello delle Crociate (1100-1300): in virtù della posi- zione strategica nei confronti del Medio Oriente, quello di Brin- disi diventò il porto più importante nel periodo delle Crociate, tant’è vero che “Brindisi”, era appunto l’espressione di auguri usata dai crociati prima della partenza per la Terra Santa: pri- ma di salpare per la Terra Santa, tintinnavano i bicchieri di vino al grido di “a Brindisi!”, volendo augurarsi appunto il ritorno in tale porto. Nel Medioevo, in Puglia si producevano enor- mi quantità di vino, tanto che Dante Alighieri, nei suoi versi, descrisse la Puglia come «terra sitibonda ove il sole si fa vino». Sarà, però, solamente durante il Rinascimento che i vini della Pu- glia iniziarono ad essere apprezzati in altre zone d'Italia e della Francia, prendendo posto sulle tavole delle corti nobili. Andrea Bacci, filosofo, medico e scrittore tra i più conosciuti di quel periodo, nella sua opera De naturali vinorum historia segnalò come nelle zone di Lecce, Brindisi e Bari si producessero vini di “ottima qualità”, mentre i rossi di Foggia e del Gargano li indicò di “media forza, ma sinceri nella sostanza sicché durano fino al terzo anno e anche di più”. La bontà del vino salentino, poi, diventò così rinomata che addirittura Lorenzo il Magnifico se ne faceva arrivare a Firenze delle grandi quantità, mediante un suo agente commerciale. Sulla qualità dei vini leccesi Galateo, sino- nimo di Antonio de Ferrariis, nativo di Galatone (Le), umanista e medico, così scriveva nel 1510 nella sua opera De situ Japigiae: “Lecce è sita su un colle talmente basso che, … il suolo è fertile e porta frutti di ogni tipo. Gli orti della città sono celebri, l’odore e la frutta hanno un sapore eccellente: il vigneto si estende fino al quarto o quinto miglio del distico greco … Possiamo dire che i vini sono di colore aureo e con i vini di Creta possono competere”. Tem- po dopo, anche la Santa Sede fu attratta dai vini del Salento, verso i quali così si espresse nel 1596 Andrea Bacci, medico personale del papa Sisto V: “… che quei fecondi vigneti generano molti vini di ottima qualità dei quali … se ne sporta una stragrande maggioranza, tanto nelle terre transmarine che in ogni luogo della Venezia”. A proposito dei nomi di alcuni vini pugliesi prodotti all’epoca, Prospe- ro Rendella, monopolitano di origine, elenca il Liciense o Leccese, il Brundu- sium, il Santa Cesarium, il Gravina, il Muscatellum tranense ed il Tarentinum.

• 20 • Nel Seicento la coltivazione della vite da vino fu molto in- centivata grazie ad un modello di contratto in base al quale i proprietari terrieri concedevano ai coloni dei terreni incolti per la durata di sette-dieci anni, purché fossero dissodati e piantate le viti. Il terreno così trasformato veniva chiamato “pastino”, dal latino “pastinum”, termine che significa terreno zappato per coltivare la vite, e contemporaneamente fa soprannominare il contratto “ad pastinandum”. Il secolo successivo vide una Puglia ancora importante produttrice di vino; ne fa menzione l’abate Pacichelli, a quel tempo diplomatico del Papato, il quale in un suo manoscritto descrive la Puglia come terra in cui “Vi abonda il Vino”; tra i tanti territori visitati, cita il brindisino dove viene prodotto il “grato liquor delle vigne” e la cittadina di Gravina che “Grana dat et vina”. Viaggiando più a Sud, sempre il Paci- chelli descrive il territorio di Gallipoli come terra “fertile di grano e di vino”. All’epoca, nel Salento venivano coltivate soprattutto le varietà Negramaro, Malvasia nera, Susumaniello e Malvasia bianca. Durante il Settecento, poi, la zona di Trani cominciò a diventare rinomata per la presenza di “viti di moscatello”, pro- genitore dell’attuale Moscato di Trani, un vino dolce e liquoroso prodotto appunto da uve della varietà Moscato. Ma è nell’Ot- tocento che la viticoltura pugliese prese una connotazione più moderna, sia per l’influenza della Rivoluzione Francese sia per il contributo della scienza agronomica. Infatti, la spinta rivoluzio- naria fece in modo tale che i contadini diventassero in un certo senso soci del padrone e migliorassero le tecniche di coltivazio- ne. Ma anche l’arrivo della fillossera (un insetto molto dannoso) diede una grande spinta alla viticoltura pugliese in quanto la Francia, rimasta a corta di vino per colpa dell’insetto che aveva falcidiato le sue vigne, nel 1863 stipulò un importante trattato commerciale per l’importazione del vino. Perciò, specialmente nel leccese, furono pian- tate notevoli superfici a vigneto da vino anche con altri vitigni, come il Lagrima e lo Zagarese. Quasi un ven- tennio dopo, però, con la risoluzione dei problemi determinati dalla fillos- sera, la Francia ridusse l’importazione di vini da taglio pugliesi. All’epoca, però, grazie all’opera di imprenditori ed agricoltori d’avanguardia avvenne- ro dei forti miglioramenti nei sistemi di coltivazione e di vinificazione.

• 21 • Nella Terra di Bari, le famiglie Jatta e Rogadeo fecero rea- lizzare nuovi impianti, specialmente con le varietà Somarello, Uva di Troia, Bombino nero e bianco, e Pampanuto. Cerignola diventò un centro vitivinicolo molto importante grazie pure a Giuseppe Pavoncelli, allora Ministro dei Lavori Pubblici del Re- gno d'Italia nel Governo di Rudinì IV, ed al Duca Sosthnes La Rochefouculd; ambedue realizzarono una serie di stabilimenti enologici all’avanguardia. Ma il progresso più importante fu determinato dal cambio di mentalità, per cui fu ridotta la pro- duzione di vini da taglio ed iniziata quella di vini speciali come il rosè e lo schiller, graditissimi rispettivamente ai francesi ed ai tedeschi, ambedue prodotti dalle cantine Pavoncelli. Altri diversi vitigni importanti iniziarono ad espandersi in altri territori, tra i quali il Primitivo, l’Aglianico, il Lagrima, l’Aleatico e la Malvasia lunga. Le superfici vitate passarono dai 74 mila ettari del 1883 agli oltre 100 mila del 1913. Anche nel Salento, in breve tempo sorse “un mare di vigne”, con le varietà Negramaro, Malvasia, Verdeca e Bianco d’Alessano. Più tardi, a partire dagli anni ’70, grazie soprattutto all’istituzione nel 1963 della DOC (Denomi- nazione di Origine Controllata) e della DOCG (Denominazione di Origine Controllata e Garantita), si verificò una forte spin- ta verso la produzione di vini di grande qualità e “contornati” da una riconosciuta tipicità. Infatti, fu riconosciuto a 27 vini il marchio DOC ed a 4 la DOCG. Agli inizi del 2000, poi, è inizia- to un periodo di grande promozione nella produzione di vini monovitigno, come ad esempio quelli esclusivamente a base di Negramaro o di Uva di Troia.

L’uva da tavola Insieme alla viticoltura da vino, gli antichi greci svilupparono in Puglia anche quella da ta- vola, tant’è vero che nella colonia greca di Arpi, che secondo l’epos omerico era stata fondata da Diomede, fu battuta una moneta che sul rovescio aveva in risalto un grappolo d’uva. In quel periodo, stando a quanto scritto dai Georgici Latini è molto probabilmente approdata una varietà da tavola simile alla Regina bianca, aventi i sinonimi Mennavacca e Pizzutella. Ma bisogna arrivare molto più avanti nel tempo, addirittura nel Cinquecento perché la vite da tavola aumenti d‘importanza, periodo caratterizzato nella storia locale da un forte incremento demografico, durante il quale assunse una connotazione di carattere sociale; il consumo dei grappoli di vite fu considerato essenziale per la sopravvivenza della po- polazione, specialmente per quella che possedeva appezzamen-

• 22 • ti di piccola superficie, in quanto notoriamente per diventare produttiva la viticoltura da tavola richiede un numero di anni inferiore rispetto a quella da vino. La brevità di tale destinazione della vite spinse in effetti i governanti per tutto il XVI secolo ad incoraggiare la coltivazione specialmente nei terreni abbando- nati da tempo, mediante la stipula di contratti di concessione denominati ad plantandas vites. Nello stesso secolo erano dif- fuse in tutto il territorio regionale tante varietà di uva come la Mennavacca, la Panse precoce, la Sant’Anna, la Chasselas, il Mo- scato Nero, la Prunesta, presente nella zona di Ruvo di Puglia, e le Corniole, tra le quali l’Uva longa coltivata nel Leccese, l’Uva a corna, la Corniola bianca e la Pizzutella, selezione naturale quest’ultima della Regina bianca. In ogni caso, anche il comparto dell’uva da tavola risentì, an- che se indirettamente, del momento favorevole della viticoltura da vino. Dalla Puglia, da Bisceglie in particolare, già dal 1869 cominciarono le spedizioni di uva verso Milano, Torino, Bolo- gna, e poco più tardi pure verso Germania, Svizzera ed Austria. All’epoca, nello stesso vigneto si coltivavano differenti vitigni senza alcuna diversificazione se da destinare alla trasformazione in vino o come frutta. In quegli anni, il Ministero dell’Agricol- tura si attivò con iniziative che spinsero i viticoltori verso una maggiore specializzare ed in particolare verso la coltivazione dell’uva da tavola sopratutto per ragioni sociali, in quanto que- sta tipologia di produzione richiedeva un maggior impiego di manodopera e consentiva di ottenere ricavi più elevati. Per i nuovi impianti furono perciò consigliate forme di allevamento a pergolato, in sostituzione dell’alberello e della spalliera. Tra le varietà si affermò moltissimo la Regina bianca, in minor misura la Bicane. Nel 1954 la superficie utilizzata per la coltivazione specializzata di uva da tavola era di 34.582 ettari con una pro- duzione di 2 milioni di quintali, 400 mila dei quali esportati. Nell’opera “La Terra di Bari” si fa riferimento all’esposizione di Portici del 1890, realizzata dal “Reale Istituto di Incoraggiamen- to” di Napoli, nell’ambito della quale fu messo in luce l’ottimo livello raggiunto dalla viticultura pugliese ed in particolare di quella del territorio Barese; infatti, in tale opera si legge: “la provincia di Bari ha riportato la palma, sia per la qualità che per la quantità della produzione, sia per la lavorazione che per l’imballaggio, e finalmente per la larga base del suo commercio. Detta provincia dà alla patria un ottimo esempio di industria pa- ziente e sagace delle uve mangerecce”. Fra i concorrenti espor- tatori che parteciparono alla mostra, il diploma d’onore di lire 500 spettò ad un certo Francesco de Villagomez di Bisceglie che riuscì ad esportare da solo in quell’anno nel nord Italia quasi

• 23 • 10.000 quintali di uva “Baresana”; quest’ultima era la varietà maggiormente prodotta in Puglia e costituiva, stando al Briganti il 70 per cento del totale che nel 1914 oscillava tra i 50 ed 55 mila quintali, i cui 4/5 finivano all’estero. La viticoltura pugliese appare anche modernizzata, in quanto aumentarono sempre di più i vigneti, sia da vino sia da tavola, specializzati e coltivati in filari allo scopo di poter eseguire più razionalmente i trattamenti antiparassitari. Negli anni venti, Vito Dipierro, un imprenditore e insegnante nativo di Noicattaro, allo scopo di far maturare l’uva in condizioni di maggior aereazione, “progettò” il sistema d’impianto denominato a “tendone” o a “pergolato”. Ma tale sistema rimase in stand by per quasi un ventennio. Le superfici a vite da tavola continuarono a concentrarsi sempre più nel bare- se, nei quali aumentarono la loro presenza sia la Mennavacca o Regina bianca sia l’Uva di Almeria chiamata anche Ohanez, una cultivar quest’ultima spagnola. Intanto, nel 1926 grazie agli studi del professor Alberto Pirovano, presso l’Istituto Sperimentale per la Frutticoltura di Roma, venne selezionata la varietà Italia, frut- to dell’incrocio tra i vitigni Bicane e Moscato d’Amburgo. Ma negli anni ’30, è la Baresana la cultivar maggiormente coltivata nella provincia di Bari, con quasi tremila ettari, concentrati so- prattutto in agro di Bisceglie, Adelfia e Ruvo di Puglia. Notevole era perciò l’apporto economico determinato dalla coltivazione della Baresana, stimato all’epoca in circa 20 milioni di lire in valore, di cui 2,5 milioni retaggio delle Ferrovie dello Stato, ed in oltre 500 mila giornate lavorative all’anno. Una situazione economica e sociale vanto dell’epoca fascista, durante la quale si scrisse: “… I carretti originali giungono dalle campagne vicine e lontane s’avviano alla stazione, portando i superbi grappoli della Baresana, i tesori più belli della pianta sacra e millenaria, che vegeta rigogliosa sotto il sole sfolgorante e nei terreni tu- facei freschi e fertilissimi”. Tra le altre varietà erano coltivate la Menna-Vacca ed il Moscadellone nero, ambedue a bacca nera, il Moscadellone, la Prunesta bianca e l’Uva lunga, tra le bianche, e la Prunestra, nell’ambito delle rosse. Alla vigilia della secon-

• 24 • da guerra mondiale, la vocazionalità del territorio pugliese, e barese in particolare, contribuì a far incrementare le superfici coltivate ad uva da tavola che nel 1945 produssero ben oltre 1,33 milioni di quintali. Aumentano anche i vigneti coltivati con il sistema a tendone, come pure le aree in cui veniva impiantata la varietà “Regina”. Finita la seconda guerra mondiale, con la ripresa delle esportazioni ben il 30% era fornito dalla Puglia. Negli anni a seguire, si espandono le superfici e specialmente quelle con il metodo a tendone provocando la modifica del pae- saggio che assume il tipico aspetto definito dai Francesi “paesag- gio di mare”, per la sensazione che i turisti avvertivano nell’os- servare la vegetazione dall’alto delle colline. Il crescente successo delle esportazioni, indusse ulteriori aumenti nella coltivazione, tali che la regione pugliese diventò leader, in quanto arrivò a produrre oltre il 50% della produzione nazionale. Verso la metà degli anni ’70 iniziò ad essere praticata la copertura dei vigneti con teli di plastica per posticipare la produzione, condizione che permise di aumentare il periodo dell’offerta produttiva fino a novembre-dicembre; in seguito, alle soglie del 2000, la “forza- tura” si aprirà in misura limitata anche alla copertura dei vigneti per l’anticipo della produzione. A partire dalla metà degli anni ottanta, invece, la viticoltura regionale, concentrata soprattutto sulla Regina bianca, inizia a “sbilanciarsi” verso la cultivar Ita- lia, molto richiesta dai mercati esteri, che in pochi anni arriva a ricoprire oltre il 40% delle superfici vitate, mentre una mino- re quantità continua ad essere destinata alla Cardinal, a bacca rossa. Quasi contemporaneamente, i viticoltori “accettando” le richieste del mercato inglese, iniziano a produrre uva di tipo apirena, soprattutto della varietà Ruby Seedless nera, sostituita via via da altre, come la Sugraone, la Thompson e la Crimsom. Nei primi del 2000, “approda” e prende piede in Puglia la Red Globe, una varietà di origine cilena, a bacca rossa e grossa.

• 25 • I legumi I legumi, come le fave, le lenticchie, i ceci, il fagiolino dall’occhio o dolico e le cicerchie sono sicuramente entrati in Puglia già dal Ne- olitico, per diventare poi “di casa”. La “capriata” o “kaporidia”, la leccorniosa vivanda diffusa in tutta la Puglia, cioè il purè di fave accompagnato alle cicorie bollite, è conosciuta da oltre tre millenni. Stando alle cronache dei Templari, nella seconda parte del XII secolo i legumi pugliesi, insieme ai cereali, erano inviati in Siria agli insediamenti dei Cavalieri. Nel Medioevo è spesso attestato l’uso di sfarinare i legumi, soprattutto la fava ed i ceci, e di combinarli con la farina di frumento, come pure nei mercati cittadini si vendevano “cicera (ceci) e panicum (miglio)”, in par- ticolare durante la Quaresima, cibi considerati simbolo cristiano di continenza e umiltà. Nel Rinascimento i legumi erano consi- derati un cibo prettamente contadino, quasi mai presente alla mensa dei signori, cultori e consumatori di carne d’ogni specie. Ritenuti alimenti dei poveri, i legumi salirono alla ribalta del- la gastronomia durante la Rivoluzione Francese, periodo in cui sovvertirono la graduatoria della cucina aristocratica. Tra il 1880 ed il 1895, in Puglia erano prodotti soprattutto fave e ceci (oltre 82 mila tonnellate ciascuno). La produzione regionale di legu- mi come la fava si è mantenuta abbastanza elevata e costante fino alla metà del XX secolo, quando ha cominciato a decrescere drasticamente, a causa di variazioni sia nel regime alimentare, basato su un maggior uso di proteine animali, sia nei ritmi di vita che hanno orientato i consumatori verso cibi di pronto consu- mo, che richiedono tempi più brevi di preparazione e cottura; in particolare, la lenticchia si è ridotta a poche decine di quintali, mentre la produzione della cicerchia si è azzerata a partire dal 1971.

Le mandorle Il mandorlo è originario delle zone asiatiche, tanto che le magnifiche qualità nutritive dei suoi frutti sono decantate nei libri dei Veda (5000 a.C.). La pianta fu importata nel Mediterraneo dai Fe- nici e dai Greci, prima in Sicilia e poi di lì nella Magna Grecia e quindi in Puglia. La mitologia greca aveva legato quest’albero al mito di Fillide, la principessa tracia innamorata di Acamante, il figlio di Teseo partito al seguito di Ulisse, morta di disperazione pensandolo perduto nella guerra di Troia dopo dieci lunghi anni di attesa. Ad avvalorare la storia della diffusione, c’è il fatto che i Romani chiamavano le mandorle “noci greche”. Licinio Cras- so, triumviro romano tra i II ed iI I secolo a.C., attestava per la

• 26 • Puglia … l’olivo si presentava … spesso associato al seminativo o ad altre piante legnose, con i mandorli. Tra altro, la nascita di Specchia, nel leccese, viene attribuita da una leggenda alla matrona Lucrezia Amendolara, nipote proprio di Licinio Crasso. Altre notizie sulla mandorlicoltura sono della metà del 1600, quando l’abate Pacichelli evidenzia la cittadina di Bitonto, in provincia di Bari, per l’abbondanza di mandorle, … Dal sette- cento a tutto l’ottocento, diverse fonti storiche riferiscono di grandi superfici a mandorlo, specialmente nelle provincie di Bari e di Lecce. In particolare, nel Salento le mandorle sono a tutt’og- gi necessarie per preparare il famoso “agnello di pasta di man- dorle”, la cui origine pare sia da attribuire alle suore di clausura del monastero benedettino di San Giovanni Evangelista a Lecce. In seguito, la provincia di Bari, divenne la più ricca fra tutte quelle del Regno, al primo posto con 375 mila quintali di media nel triennio 1931-33. Intorno al 1950, la produzione pugliese di varietà di mandorle di altissima qualità, come la Tuono, la Gemini e la Filippo Ceo, permisero all’Italia di diventare leader a livello mondiale nello sgusciato con 31 mila tonnellate. Ma già a partire dalla metà degli anni ’60, questo primato era passato nelle mani della California, che aveva puntato in maniera decisa all’aumento delle superfici, alla selezione di varietà ad alta resa, ad una intensiva meccanizzazione, con prezzi bassi e forti stra- tegie di marketing, fino al punto scendere di diverse posizioni nella scala produttiva.

Le ciliegie Diffuse in Puglia grazie ai Romani che, se- condo Plinio, a loro volta le avevano importate dalla Turchia dopo la vittoria contro Mitridate, le ciliegie sono ricordate più tardi nell’inventario dell’Archivio Diocesano di Molfetta del 1572, come frutti di “nere”, termine dialettale con cui sono chiamati gli alberi, e nel libro del Procuratore Generale del Capitolo di San leone Magno in Castellana (oggi Castellana Grotte), in cui compare la propo- sta di offrire ciliegie alla Badessa del Monastero di San Benedetto di Conversano. Ma è tra il 1880 ed il 1900, che la coltivazione risulta stabile, vedi gli Atti della Stazione Agraria Sperimentale di Bari del 1930. Come cultivar, c’erano la Forlì, la Limone, la Montagnola, la Ruvo, la Testa di Serpe e la Masciarola. Nel ’35, fece la sua comparsa la Ferrovia, così chiamata pare perché il primo albero nacque da un nòcciolo finito vicino ad un casello ferroviario delle Ferrovie Sud-Est, diffusasi nei territori di Turi e Conversano prima e di Bisceglie poi, mentre negli anni ’40, entrò la Bigarreau Moreau, originaria della Romagna.

• 27 • Gli agrumi Le prime notizie sulla coltivazione ri- salgono all’anno 1000: Melo, principe di Bari, spedì in Normandia i “pomi citrini” del Gargano. Nel Seicento, notevole era il traffi- co verso Venezia di agrumi dei comuni di Vico del Gargano e di Rodi Garganico. Nel secolo successivo, l’Arancia del Gargano ed il Limone Femminiello del Gargano coltivati nell’Oasi agru- maia di Rodi Garganico e di San Menaio divennero trainanti l’economia della zona, tanto che nel 1943 furono prodotti circa 120 mila quintali. Finita la seconda guerra mondiale, nell’arco Jonico, a Castellaneta, Palagiano, Ginosa e Massafra, vennero impiantate oltre 7 mila ettari di coltivazioni di arance e man- darini, corrispondenti all’80% della produzione regionale. Le varietà di arance più utilizzate furono la Washington, la Tarocco, la Navelina, la Belladonna, l’Ovale e la Valencia Late, mentre come mandarini la Clementina. Quasi contemporaneamente, anche negli areali di Gallipoli e Lecce gli agrumi si espansero, raggiungendo circa 2.600 ettari di superficie.

I fichi Il fico, presente prima della dominazione romana, nella metà del primo era coltivato nel leccese. I Normanni ne aumentarono le superfici, consociandole con altre colture. Nel settecento, pur in modo non ordinato, i fichi erano coltivati in quasi tutti i territori della Puglia e con una vegetazione lussureggiante, come testimo- nia Saint-Non, nel suo taccuino di viaggiatore: “Prima di giun- gere ad Otranto … i fichi erano così alti che li scambiammo per alberi di noce”. Più tardi, nel 1776, Domenico Tauro, Sindaco di Terlizzi, incrociando una varietà locale con una spagnola dette origine ad una nuova cultivar, in grado di produrre fioroni mol- to squisiti e durevoli con la buccia viola scuro, battezzata Tauro, chiamata volgarmente “menghtàur”. Nel secondo dopoguerra e fino ai primi anni ‘60 la Puglia era al primo posto nella pro- duzione di fichi secchi della varietà Dottato, forniti soprattutto dalla provincia di Brindisi, oltre che di quelli freschi, compreso i fioroni Petrelli, prodotti nei territori costieri tra Monopoli e Polignano a mare. Ma nel quinquennio 1978/82, avvenne un crollo determinato dalla sua sostituzione con altre colture più redditizie.

• 28 • Gli ortaggi I popoli del Mediterraneo comin- ciarono a consumare ortaggi selezio- nati da piante selvatiche, già a partire da 5 mila anni fa; per gli antichi Greci costituivano una parte importante della loro dieta, testimonia- to anche da Quale Ippocrate, padre della dietetica classica, che dimostrò gli effetti benefici di carote, sedani e di molte altre verdure. I Romani pure gradivano diversi tipologie di ortaggi, come le rape, le carote, le cipolle, i cavoli, le cicorie, i carciofi ed altri, che spesso venivano mescolati alla carne; inoltre, tenevano in gran conto quelli detti acetaria, perché conditi solo con aceto, oltre che con olio. Erano comunque molto usati nella cucina romana la lattuga (detta ancora oggi “romana”), i funghi di cui i Romani erano ghiotti, i carciofi (molto costosi, perciò riservati soprattutto ai ricchi) ed i cavoli. I cuochi romani erano bravis- simi nell’utilizzare gli ortaggi: nel ricettario “De Re Coquinaria” (Marco Gavio Apicio I secolo d.C.), un terzo dei libri è dedicato appunto agli ortaggi. Sicuramente anche la Puglia è stata all’e- poca terra di ortaggi. Tra documenti posteriori, si legge che Ga- lateo, sinonimo di Antonio de Ferrariis, nativo di Galatone (Le), umanista e medico, nella sua opera “De situ Japigiae”, scritta nel 1510, così scriveva: “Lecce è sita su un colle talmente basso che, … Il suolo è fertile e porta frutti di ogni tipo. Gli orti della città sono celebri …”.

I carciofi Le prime notizie certe sulla presenza del- la pianta del carciofo in Puglia sono datate ad aprile del 1736, quando è documentato che nel seminario di Otranto furono servite pietanze a base di carciofo. Successivamente, nel 1751 e nel 1763 è attestato il consumo di carciofo rispettivamente in un monastero di Trani e di Gravina in Puglia. Un’altra testimonianza è quella di Vincenzo Corrado, nato ad Oria nel 1738, diventato cuoco alla corte di Ferdinando IV di Borbone, il quale nel suo libro Del cibo pitagorico, ovvero erbaceo, scritto nel 1738, descrive ben 16 ricette a base di carcio- fo. Ne narra l’esistenza delle piante presso Canneto, in provincia di Bari, Carlo Ulisse De Salis Marschlins, un naturalista svizzero, nel suo viaggio attraverso il Regno di Napoli compiuto durante il 1793. La presenza tra gli ortaggi coltivati nella Capitanata nel 1811 è testimoniata da Serafino Gatti, un Padre Scolopio all’e- poca incaricato al’epoca della redazione della Statistica per la provincia di Foggia e Segretario della Società di Agricoltura. Il

• 29 • carciofo, rimase confinato, però, soltanto su piccolissimi appez- zamenti o lungo i muretti a secco o intorno alle abitazioni rurali o in consociazione con piante da frutto fino ai primi anni del Novecento; infatti, da quegli anni nel territorio delle province di Bari e Foggia cominciò ad essere coltivato delle sempre più estese aree con quest’ortaggio. Tra il 1923 ed il 1943 le superfici destinate alle carciofaie in Puglia crebbero notevolmente, pas- sando da 210 a ben 958 ettari. Dopo la seconda guerra mondia- le, la coltivazione si espanse ulteriormente grazie alla maggiore disponibilità di acqua irrigua, interessando in modo particolare l’agro di Mola di Bari, in cui era coltivata la varietà Locale di Mola, ma anche quelli del brindisino ed del foggiano, rispet- tivamente con le cultivar Bianco brindisino ed Violetto di San Ferdinando, raggiungendo il massimo di oltre 19 mila ettari nel 1991. Successivamente, a metà degli anni 2000, soprattutto nella provincia di Foggia, è stata coltivata sempre più la varietà Vio- letto di Provenza, molto produttiva, che condotta con tecniche di forzatura consentiva di anticipare la produzione di capolini già a settembre; nello stesso periodo, sono state impiantate car- ciofaie di Romanesco e di nuove varietà ibride dai nomi Opal e Concerto. Negli ultimi anni fino al 2010, le superfici si sono attestate su circa 15 mila ettari, concentrate soprattutto nel fog- giano, mentre le produzioni sono oscillate tra le 13 e le 14 mila tonnellate all’anno.

I pomodori Molto importante è per la Puglia la coltivazio- ne del pomodoro destinato all’industria conservie- ra, meno quella da consumo fresco. La coltura da industria viene praticata da oltre un cinquanten- nio (dagli anni ’60) soprattutto nella provincia di Foggia ed in misura minore in quella di Brindisi. La spiccata vo- cazione produttiva del territorio foggiano verso le tipologie di pomodoro a bacca allungata, tipo San Marzano, ha fatto sì che quest’area si sia specializzata in breve tempo per la produzione del pelato, al punto da interessare quasi il 60% dell’intera su- perficie; quest’ultima, poi, ha consentito alla provincia di Foggia di arrivare a detenere il primo posto a livello mondiale per pro- duttività e qualità del “pelato all’italiana”, diventando l’unico bacino di produzione capace di approvvigionare le industrie di trasformazione meridionali. La superficie investita a pomodoro per l’industria negli anni ’90 si aggirava intorno ai 30 mila ettari, ma si è però ridotta successivamente; infatti, nel 2004 assomma- va 26.000, mentre nel 2009 è scesa a poco più di 21 mila ettari; ovviamente, anche la produzione di bacche è diminuita, passa-

• 30 • no da circa 1,66 milioni di tonnellate del 2004, a poco meno di 1,38 milioni di tonnellate del 2009.

Le patate Arrivata in Italia dalla Spagna nella prima metà del cinquecento, la patata inizia quasi subito ad essere coltivata in Puglia. Nel 1806 l’abate Giuseppe Maria Giovene di Molfetta (BA) suggeriva di coltivarla in modo da raccoglierla in primavera, mentre nel 1873, la Camera di Commercio di Bari attestava un notevole flusso di esportazione verso alcuni mercati europei. I primi dati ufficiali risalgono al catasto agrario del 1929, con una superficie oltre 13.000 ha, di cui circa 3500 in consociazione a colture legnose, principalmente olivo o mandorlo. In provincia di Bari, prevalentemente nei comuni di Monopoli, Polignano a Mare e Bisceglie, erano diffuse la cultivar Amburgo, a pasta gialla, e la Biancona, a pasta bianca. La diffusione della coltivazione preco- ce in provincia di Bari si estese lungo tutto il litorale adriatico, da Monopoli a Barletta, e negli arenili di Margherita di Savoia, Manfredonia e Zapponeta. Una discreta diffusione si ebbe nel Brindisino, in particolar modo nel comune di Mesagne, e nel Leccese, principalmente a Parabita e Matino, da dove la coltura si allargò in tutta la pianura di Gallipoli. Dopo la parentesi belli- ca, c’è stato un costante incremento delle superfici coltivate con cultivar come la Siglinde e la Spunta prima, l’Elvira e la Nicola più tardi. Dopo il 1995, le estensioni si sono via via ridotte per oltre due decenni di stasi.

Le insalate Sicuramente rucola e cicoria sono stati due specie del gruppo delle insalate presenti da tempi immemorabili in Puglia; un tempo rac- colta selvatica, da oltre un ventennio coltivata anche in serra e commercializzata come ortaggio di IV gamma (raccolta, lavata ed imbustata), la rucola viene utilizzata sia cruda e sia cotta in alcuni piatti tipici per condire i cavatieddi o cecatelli. La cicoria, anch’essa sia selvatica sia coltivata, unita a una purea di fave secche ed olio extravergine di oliva, costituisce la “incapriata”, un piatto molto saporito; durante la Seconda guerra mondiale, inoltre, quando il caffè era introvabile, si usavano i fittoni della radice di cicoria per preparare una bevanda amara “fac-simile”. Durante gli ultimi decenni, soprattutto la lattuga ha raggiunto superfici importanti, fino a detenere il 1° posto in Italia.

• 31 • L’ATTUALITÀ

La “Puglia di Oggi”, stando anche alle più recenti statistiche disponibili (2012-13), mostra di aver risentito, ovviamente ed in modo forte, sia della globalizzazione sia dell’evoluzione della Politica Agricola Comunitaria (PAC); infatti, la combinazione dei due fattori, dei quali ha pesato in maniera non indifferente l’at- tuazione sia della riforma Fishler sia quella denominata Health check, sono state la causa principale delle conseguenze che in generale hanno provocato delle variazioni, in genere riduttive, delle superfici investite, specie di alcune colture, ed ovviamente anche delle produzioni realizzate. Ciò nonostante, in numerosi settori produttivi, la Puglia è attualmente una regione “ricca di primati”, in quanto ai primi posti in Italia o con posizioni di prestigio per la produzione di molti frutti della terra. Di seguito ne saranno evidenziati i più importanti.

I cereali La Puglia continua attualmente a confermare il suo primato a livello sia regionale sia nazionale per la produzione di grano duro; la superficie investita a tale cereale, sempre la più estesa fra tutte le altre colture praticate in regione, è stata nel 2013 di 326 mila ettari, mentre il raccolto è stato di 1.060.500 tonnellate. Tra l‘altro, le ultime analisi relative al 2010 ed al 2011 dei dati sul valore della produzione di frumento duro hanno messo in luce come vi sia stata una consistente ripresa del valore di tale cerea- le, che è passato da 154 a quasi 257 milioni di euro (+67%), pari al 7,2% del valore complessivo della produzione agricola della regione. Un “addendum di valore” è senz’altro quello derivante dall’ottenimento della DOP (Denominazione di Origine Protet- ta) per il pane di Altamura che, secondo il disciplinare deve esse- re preparato utilizzando grano duro proveniente esclusivamente dai comuni di Altamura, Gravina di Puglia, Poggiorsini, Spinaz- zola e Minervino Murge, in provincia di Bari.

L’olio Con i suoi odierni oltre 377 mila ettari (32% circa del tota- le nazionale), la Puglia è la regione più “olivetata d’Italia”; nel 2011 sono state raccolte 1.180.00 tonnellate di olive, la maggior parte delle quali (più del 98%) hanno dato origine ad oltre 183 mila tonnellate di olio, il 34,4 % della produzione italiana. È anche la regione che può vantare la produzione di ben cinque oli extravergine di oliva DOP, Collina di Brindisi, Dauno, Terra di Bari, Terra d’Otranto ed Terre Tarentine. Doveroso è pure un

• 32 • accenno alla produzione di olive da mensa olivicola, nell’ambi- to delle quali l’Apulia può vantarsi della cultivar La Bella della Daunia DOP.

Il vino Nella produzione della “bevanda cara a Bacco”, la Puglia è prima in Italia con quasi 6 milioni di ettolitri, ottenuti dalla spre- mitura di otre 960 mila tonnellate di grappoli. Attualmente, tra i vini regionali ve sono ben 29 che possono fregiarsi della dicitura DOC/DOP e 6 di quella IGT/IGP.

L’uva da tavola Nella produzione di uva da tavola, la Puglia è una punta di diamante dell’esportazione di frutta italiana nel Mondo; la regione “giganteggia” sulle altre regioni, in quanto produttrice di circa il 70%, con oltre 14 milioni di quintali di uva. Nel 2013 risultavano coltivati oltre 36 mila ettari che hanno fornito più di 872 mila tonnellate di uva. Molto è dovuto al notevole pa- norama varietale disponibile, in cui prevale la varietà Italia, ri- chiestissima dentro e soprattutto fuori regione e nazione; di un certo riguardo è anche la risorsa delle uve apirene. Un ruolo de- terminante lo gioca certamente anche la tecnica della forzatura dell’uva, sia per l’anticipo sia per il ritardo della raccolta, tecnica che consente una prolungata offerta dell’uva.

I legumi Sotto la spinta della “Dieta mediterranea”, la presenza dei legumi nei campi pugliesi è attualmente in ripresa, soprattutto per quanto riguarda ceci, lenticchie e cicerchie, posizionati come quantitativi prodotti nel 2013 nel quintetto della classifiche na- zionali. Sono da ricordare alcuni “scudetti” Slow Food attribuiti alle varietà Fave di Carpino e Verdi di Altamura, nonché alle Lenticchie di Altamura e di Soleto, ed al Cece nero della Murgia Carsica.

Le mandorle Con più di 19 mila ettari ed oltre 166 mila quintali, la Puglia è situata al 2° posto dopo la Sicilia, contribuendo alla produzione nazionale con quasi il 40% come superfici ed il 30% in quantità raccolta. Tra le varietà, appare in forte ascesa la Filippo Ceo, per la sua grande qualità, valorizzata con presidio Slow Food con il nome Mandorla di Toritto.

• 33 • I fichi Preceduta dalla Campania e dalla Calabria, la Puglia colti- va quasi 340 ettari (dati 2012), che producono oltre 17 mila quintali di fichi, appartenenti soprattutto alla cultivar Dottato. Nell’ambito dei fioroni, è in crescendo la varietà Tauro, coltivata in maggior misura nel Terlizzese.

Gli ortaggi

I carciofi Con quasi 15 mila ettari e quasi 15 mila tonnellate prodotte nel 2013, la Puglia detiene il posto più in alto nella classifica italiana. Un panorama varietale molto ampio e le tecniche per l’anticipo della produzione, consentono a quest’ortaggio di pri- meggiare anche come presenza nei mercati. Tra le cultivar più affermate, spicca il Carciofo Brindisino IGP.

I pomodori Di rilievo è per la Puglia il primo posto nella produzione del pomodoro da industria (pelato, concentrato, ecc.) destinato all’industria conserviera condiviso con l’Emilia-Romagna con più di 22.400 ettari, ma con una produzione di oltre 16,5 milio- ni di quintali, maggiore di più di un milione rispetto a quella dell’Emilia. La regione si può pregiare anche per due varietà da serbo, cosiddette volgarmente “pomodori appesi”, conservabili per moltissimi mesi, Pomodoro fiaschetto di Torre Guaceto e Pomodoro regina di Torre Canne, ambedue presidi Slow Food.

• 34 • Le patate Nella coltivazione precoce o primaticcia, le regione è col- locata al 3° gradino su scala nazionale, dopo Sicilia e Campa- nia. Secondo l’ultimo dato disponibile (2013), i circa 1900 ettari hanno fornito oltre 332 mila quintali di tuberi. Tra le cultivar di pregio, la Siglinde, riconosciuta DOP col nome di Patata novella di Galatina.

Le insalate Nel 2013, coltivazioni e produzioni di lattuga e di indivia (riccia e scarola) sono risultate “dominanti” in Italia grazie ai 4.500 ettari della prima ed agli oltre 3.000 della seconda, e con quantitativi per ambedue vicini al 30% di quelli nazionali.

Funghi coltivati Da poco più di un ventennio, in Puglia si sono sviluppate aziende specializzate nel settore della funghicoltura con la colti- vazione e distribuzione di composto incubato per la produzio- ne del cardoncello (Pleurotus eringii ), selezionati direttamente dall'habitat naturale della zona dell’Alta Murgia. Com’è noto, il cardoncello è un prelibato fungo che cresce spontaneo nella Murgia. Impianti moderni, altamente tecnologici e funzionali, per- mettono la gestione di cicli produttivi molto brevi e attivi tutto l'anno, utilizzando tecniche di coltivazione che, partendo dall'u- tilizzo di un sottoprodotto eccellente come la paglia, consento- no la preparazione di substrati che permettono la produzione scalare dei funghi. La maggior parte delle aziende produttrici sono localizzate in comuni della Murgia barese (Gravina in Pu- glia e Ruvo di Puglia).

• 35 • L’ APULIA NOVA

Metafora della Puglia del futuro, l’Apulia Nova, può essere una sorta di “mosaico”, costituito da “personaggi, figure e pae- saggi”, corrispondenti a tutte le risorse alimentari, sia attualmen- te importanti sia futuribili. Tra i “personaggi”, le produzioni più tradizionali, come il grano duro, l’olio, il vino, e l’uva da tavola; entro le “figure” devono trovare posto le ciliegie, i carciofi, i pomodori da industria e le insalate, mentre tra i “paesaggi” al- tre produzioni suscettibili di affermarsi maggiormente in futuro, vedi le mandorle, i fichi, i pomodori da serbo (al filo) e magari i fichi d’India e le melagrane. Naturalmente, per la composizione di tale “mosaico” vi sono componenti dipendenti sia dal mondo imprenditoriale sia da quello politico. In ogni caso, è basilare “assemblare” delle linee guida di carattere generale nell’ottica di permettere lo sviluppo di tutte le sinergie possibili, anche con ambiti differenti da quello agro-alimentare. Tra le “linee guida” di carattere generale, quelle atte innanzitutto a far esprimere al singolo prodotto alimentare la maggiore valorizzazione possi- bile, contando primariamente sulle sue specificità. In pratica, si tratta di ricercare tutte le strategie capaci di far esaltare la tipicità dei prodotti individuando, ad esempio, le possibilità di far loro attribuire la DOP, l’IGP o il marchio STG (Specialità Tradizionale Garantita). Guardando ai “personaggi”, sarebbe auspicabile, ad esem- pio, che i pastifici situati nel territorio regionale impiegassero il più possibile grano duro coltivato in Puglia, arrivando ad emu- lare le poche (due o tre) che hanno cominciato a produrre linee di pasta realizzata utilizzando “esclusivamente” con grano duro pugliese; ancora meglio, le aziende potrebbero pensare alla rea- lizzazione di “pasta IGP”, specialità ancora non presente nell’A- pulia, già esistente, invece, in altre come la Campania. Per quan- to concerne l’olio ed il vino, sta “scivolando” meglio il primo, grazie all’inserimento obbligatorio in etichetta dell’origine delle olive, deciso dalla Comunità Europea, mentre vanno abbastan- za bene le cose per i vini di qualità che possono fregiarsi della DOP, come DOCG o DOC, o dell’IGP. Ma entrambi i prodotti potrebbero andare in maniera ancora più apprezzabile, nel caso fossero ricercate e realizzate maggiori sinergie mediante la costi- tuzione di consorzi di tutela, magari imitando quelli più coesi del “mondo delle mele” (Melinda, Amélie, Marlene, ecc.). Stesso discorso può essere utile anche per l’uva da tavola, la cui offerta andrebbe maggiormente accorpata. Così facendo, per tutte e tre questi “personaggi”, sussisterebbero migliori condizioni fa-

• 36 • vorevoli per stringere accordi più efficienti e remunerativi con la GDO (Grande Distribuzione Organizzata), da qualche tempo più sensibile alle produzioni locali, ma che notoriamente richie- de grandi disponibilità di prodotto, dilazionato in tempi adegua- tamente opportuni. Nel campo delle “figure”, cioè di altre produzioni in cui la Puglia è ai primi posti in fatto di superfici e produttività, sarebbe opportuno e molto più conveniente la costituzione di un con- sorzio unico di produttori ad esempio della ciliegia della varietà Ferrovia. Per il pomodoro pelato della Capitanata, è auspicabile riesca il tentativo in atto da parte dell’ANICAV (Associazione Nazionale Industriali Conserve Alimentari Vegetali) di farlo rico- noscere come IGP. Riguardo ai carciofi, probabilmente sarebbe da “accarezzare” da parte dei produttori di San Ferdinando di Puglia, l’idea di richiedere l’assegnazione del marchio IGP, consi- derata l’ultracinquantennale Fiera che si tiene in quella località. Relativamente alle insalate, certamente ci sono margini per una migliore valorizzazione, magari tentando anche in questo il rico- noscimento IGP. Tra i “paesaggi”, le mandorle stanno riprendendo quota, gra- zie all’alta qualità delle varietà tradizionali pugliesi; ma è neces- sario andar ben oltre il solo “scu- detto” di Presidio Slow Food assegnato ai frutti della cultivar Toritto, mediante anche in questo caso la costituzione di un con- sorzio che accorpi e valorizzi anche altre varietà, ad esempio come la Filippo Ceo. Per i fichi d’India, un futuro positivo ab- bastanza prossimo è probabilmente nel ricalcare l’esempio delle coltivazioni specializzate già in atto da tempo in Sicilia, dove i frutti sono riconosciuti come Fichi d’India dell’Etna DOP. La pro- duzione di melagrane coltivate in modo specializzato, che si sta affacciando molto lentamente in Puglia grazie ad alcuni vivaci imprenditori, potrebbe aumentare in misura significativa, sotto la spinta della conoscenza delle sue grandi proprietà salutistiche da un lato e dalla disponibilità di macchine in grado di sgranare i frutti dall’altro; la GDO è, infatti, già pronta ad accogliere i suc- chi oltre che i frutti sani, nell’attesa che le macchine sgranatrici diventino meno costose: l’offerta dei frutti sgranati e confezio- nati in vaschette, infatti, è praticamente assente in Puglia, ma potrebbero arrivare a “volare” in tempi brevissimi. Ancora, si

• 37 • potrebbero creare spazi di un certo interesse sia per prodotti di nicchia, come le carote di Tiggiano e di Polignano (già Presidio Slow Food), la “patata” leccese, la cicoria brindisina, i barattieri ed i caroselli, tra cui quello il Mezzo lungo di Polignano, ambe- due considerati alla stregua dei cetrioli, ed i mùgnuli”, una specie di mini boccoli coltivati negli orti Salentini. Ma ad avvalorare e rendere sempre più efficiente il “mosai- co”, senz’altro concorrono altre e numerose componenti extra agricole collegate al mondo culturale, scientifico, imprenditoria- le e politico, tutte in grado valorizzare in senso lato il “mosai- co”, qualora messe in campo per sviluppare tutte le sinergie pos- sibili. Tra i tanti pensabili contributi, quello del mondo culturale che dovrebbe travasare nelle scuole e nel pubblico una maggiore conoscenza dell’alimentazione, delle caratteristiche qualitative dei prodotti pugliesi, grandi partner della famosa “Dieta Medi- terranea”; ancora, attraverso studi storici atti all’individuazione di nuove opportunità, allo scopo di aumentare il paniere dei prodotti DOP ed IGP e tipici in genere. La ricerca scientifica po- trebbe scoprire nuove virtù salutistiche e/o terapeutiche in grado di esaltare taluni prodotti, permettendo al mondo imprendito- riale di ideare alimenti funzionali, ad esempio con un maggior contenuto di vitamine, e nutraceutici, cioè capaci contempora- neamente di nutrire e dare una mano nella cura di alcune ma- lattie; inoltre, sempre l’attività di ricerca potrebbe permettere “salti” importanti in fatto di tecnologie alimentari. Un ulteriore ambito di sviluppo per i prodotti locali può derivare imitando

• 38 • il modello denominato “Agricatering”, un recentissimo esempio di Progetto pilota avente l’obiettivo di valorizzare i prodotti locali, consistente nel preparare ed offrire ai clienti rinfreschi e buffet a “chilometro zero”; tale modello è stato realizzato per la prima volta in Toscana dalle “Donne in Campo” di Lucca, l’asso- ciazione della Confederazione Italiana Agricoltori che raccoglie le donne imprenditrici del mondo dell’agricoltura. L’originale iniziativa prevedeva l’offerta di servizi di catering a filiera corta, dove tutto nasceva direttamente dal lavoro nei campi, senza in- termediazione. I buffet venivano preparati utilizzando “prodotti tutti autenticamente lucchesi”. Tra i molteplici vantaggi, quello di far capire ciò che si può realizzare con le produzioni locali e di stagione, permettendo il riappropriarsi delle “tipicità del gusto e dei sapori”, e di educare i consumatori, soprattutto i giova- ni, ai prodotti autoctoni. Per di più, risulta possibile supportare la tipicità ed il mantenimento della biodiversità ed il rapporto diretto fra chi produce e chi consuma; ancora, viene ad essere valorizzata anche la significativa scelta fatta per la parte più pret- tamente operativa e, cioè, l’aver cucinato i piatti nell'agricate- ring che è allocato proprio nell’azienda agricola, proponendo e promuovendo un’innovativa forma di integrazione al reddito e contribuendo anche a combattere la crisi economica, in quanto fonte pure di un nuovo sbocco professionale. Per quanto concerne il mondo politico pugliese, l’ottima idea della costituzione marchio “Prodotti di Qualità di Puglia”, marchio di qualità con indicazione di origine per valorizzare i prodotti agricoli ed alimentari, andrebbe “rivitalizzata” con più vigore e diffusa in modo più capillare, specialmente nelle scuole, accrescendo anche la sensibilità dei servizi di ristorazione ai pro- dotti pugliesi. Per quello che è possibile, andrebbero incoraggiati gli accordi di filiera tra il mondo produttivo e quello della tra- sformazione e della commercializzazione; in tale maniera, i pro- duttori avrebbero maggiori garanzie riguardo al collocamento della loro produzione e del prezzo di vendita, mentre le aziende trasformatrici potrebbero contare sulla disponibilità di una pro- duzione rientrante in specifiche qualitative concordate a priori, consone alle proprie esigenze, potendo contemporaneamente risentire meno delle oscillazioni, talvolta negative, dei prezzi delle materie prime da acquisire fuori regione, in Italia e/o nei mercati internazionali. Ancora, attraverso interventi pubblici mi- rati, le risorse alimentari regionali in genere dovrebbero essere spinte maggiormente nell’ambito turistico, coin- volgendo molto di più gli albergatori ed i ristoratori, questi ultimi veri prota- gonisti della gastronomia.

• 39 • È inconcepibile che nei ristoranti i “piatti tipici” siano preparati con materie prime non prodotte in Puglia! Come pure, sulle tavo- le dei ristoranti devono essere poste bottigliette di olio pugliesi, e proposti vini locali, favorendo accordi tra i produttori ed i risto- ratori stessi. Il turismo enogastronomico, com’è noto, identifica il cibo di una determinata regione come espressione della sua cultu- ra e, quindi, come attrazione turistica. I consumi turistici possono essere un’opportunità per i coltivatori della zona per aggiungere valore aggiunto ai propri prodotti agricoli, contribuire a difen- dere dalle minacce di una crescente globalizzazione alimentare alcune produzioni tipiche, sia agricole che dell’industria di trasfor- mazione, e persino fare da volano per una loro distribuzione su vasta scala. Naturalmente, sono necessari interventi come quello di attivare network per valorizzare congiuntamente le tradizioni enogastronomiche con quelle culturali che, di solito, non si fon- dono spontaneamente. Un ulteriore passo potrebbe essere quello di migliorare il marketing offrendo ai clienti, dei ristoranti e degli alberghi, mini depliant che illustrano le caratteristiche, la storia e quant’altro dei prodotti locali e/regionali. A livello politico europeo, poi, andrebbero “centuplicati” gli sforzi per colmare un notevole “vuoto” legislativo concernente l’etichettatura degli alimenti, affinché venga indicato in etichetta il luogo di origine delle materi prime che hanno costituito il pro- dotto, informazione “nascosta” ai consumatori; in altri termini, le norme attualmente vigenti consentono agli imprenditori italiani, pugliesi compresi, di produrre alimenti utilizzando materie pri- me importate da qualsiasi parte del mondo, e di “spacciarle” per Made in . È pertanto “moralmente urgentissimo” che, come è stato fatto per l’olio extra vergine di oliva, anche per tutti gli altri alimenti venduti nell’Unione Europea sia almeno riportata in etichetta la nazione di origine delle materie prime! Un etichetta “veritiera”, consentirebbe un’informazione più corretta dei consu- matori e darebbe certamente maggiore forza sui mercati nazionali ed esteri ai produttori pugliesi ed italiani che ricorrono a materie prime regionali o almeno italiane. In definitiva, grano, olio, vino, legumi, e tanti altri prodotti pugliesi, anche se di nicchia, possono consentire la creazione di un’Apulia Nova, costituita da un “mosaico”, le cui tessere tradi- zionali, attuali e futuribili risultino in grado di dare nuovi slanci in termini di iniziative imprenditoriali e politiche, capaci di influire positivamente sull’economia regionale, e di riflesso sul suo settore occupazionale. Molti dei prodotti regionali “sono dei veri e pro- pri gioielli”, da vendere quindi a prezzi adeguati e nei mercati in grado di accoglierli, mettendo in giusto risalto il lavoro di quelle aziende pugliesi che, rispettando la “vocazionalità” dei territori,

• 40 • si impegnano nel praticare un’agricoltura “sostenibile” e nel ricer- care la “salubrità delle produzioni”, sottostando al controllo delle filiere produttive. Per quanto concerne l’economia, è abbastanza banale ricorda- re che incentivando i consumi dei prodotti fatti utilizzando esclusi- vamente materie prime di origine regionale, verrebbero ad essere premiate le aziende che si impegnano in tale senso, e contempo- raneamente si attiverebbe maggiormente un meccanismo virtuoso di “circolazione interna di lavoro e di denaro”, evitando un altret- tanto ovvio “dissanguamento” di euro a favore di produttori che preferiscono utilizzare materie prime “esotiche”. Relativamente all’ambiente, poi, e valido per tutti, è abbastanza palese come più i consumatori acquisteranno alimenti preparati con materie prime locali, minori saranno sia gli impieghi energetici sia le emis- sioni di CO2 emesse per fare arrivare sulle nostre tavole prodotti extra-regionali, specialmente se esteri, addirittura da continenti lontani come l’Australia: è anche così che si può “rinverdire” quel bellissimo concetto degli “alimenti a km zero”, purtroppo messo nel dimenticatoio. Pasquale Montemurro

• 41 • • 42 • • 43 • • 44 • • 45 • di Maria Teresa, Candida e Antonella Colucci

La Società agricola Apuliense prende nome da una rara, pic- cola moneta medievale d'argento, l’Apuliense, appunto, coniata dal re normanno Guglielmo II. È una azienda giovane, tutta al femminile, nata dalla volontà delle sorelle Thea, Candida ed Antonella Colucci, per realizzare in un appezzamento di circa 30 ha, completamente recintato, appartenente da molte generazioni alla famiglia della madre Laura dell’Erba, un’oasi di rispetto, di cura e di amore per la natura, al fine di salvaguardarne la ricchezza in biodiversità ed il rispetto per l'ambiente. L’Azienda è sita sulla strada provinciale Castellana-Alberobello, in una ampia contrada il cui antico nome Pisciamieru (= ***** vino) derivava dai grandi e vigorosi vigneti che interamente la popolavano e dall’abbondanza della produzione di uva e di vino della cultivar Primitivo di Gioia.

• 46 • Nella terra dell'imperatore Federico II (Puer Apuliae) nel cuore del territorio dei trulli e delle grotte...

Nell’azienda Apuliense è praticata esclusivamente un’agricol- tura di tipo integrato, con utilizzo di concimi naturali al fine di ottenere prodotti (frutta e verdure fresche, olio e vino) dalle eccellenti caratteristiche. Particolare attenzione è stata posta alla salvaguardia delle spe- cie spontanee e delle coltivazioni tipiche locali. Per tale motivo è stata ripristinata la coltivazione della vite, e contemporanea- mente la produzione di vino, della varietà Primitivo di Gioia, e sono state recuperate due cultivar di origine campana, l’Aglia- nico dei Borboni e l’Aglianicone, giunte e trapiantate in questi terreni oltre 110 anni fa. Il DNA del nostro Aglianico è stato oggetto di studio da parte dell’Università Federico II di Napoli, in quanto specie pressoché estinta nella sua regione di origine.

• 47 • Per le loro caratteristiche, i nostri due vini, unico prodotto presentato ad Expo 2015, e limitatamente all’annata 2013, in rappresentanza della nostra azienda, hanno incontrato notevole e favorevole accoglienza di pubblico e di someliers.

Il Primitivo, denominato "Re Tancredi", è intenso - consistente - rosso rubino - con sentore di frutti rossi (quale la ciliegia sotto- spirito - la carruba) - speziato (pepe nero) - sentori balsamici - equilibrato - abbastanza tan- nico - abbastanza sapido - cal- do - abbastanza morbido - un vino di corpo, con retrogusto prolungato e fruttato! Ben si adatta a piatti di carne alla brace e zuppe di legumi.

L'Aglianico, denominato "Ladislao": rosso rubino con riflessi violacei - limpido - consistente intenso - al naso presenta sentori florea- li di viola e fruttati di prugna - note balsamiche - sentori di pellame e cuoio ovvero i ter- ziari - cioccolato - caldo - tan- nico - sapido - morbido equili- brato - di corpo - giovane. Si sposa con selvaggina e for- maggi stagionati.

• 48 • di Maria Teresa, Candida e Antonella Colucci

SOCIETÀ AGRICOLA APULIENSE Via Alberobello, 140 70013 Castellana Grotte - (BA) Italia +39 080 5484317 +39 328 7966767 [email protected] www.apuliense.it www.terredicaanthea.it

• 49 • • 50 • Fin dal 1959, anno della sua fondazione, la So- cietà Cooperativa Cantine Lizzano rappresenta il punto d’incontro tra l’antica cultura vignaiola della nostra terra, fatta di rispetto dei ritmi della vigna, di un patrimonio di pratiche contadine tramandate dai nostri avi e le moderne tecniche di vinificazione. I frutti di questa unione sono i nostri vini, vini dalla grande eleganza e con il carattere della tipicità.

La cooperativa è composta da oltre 400 soci vi- gnaioli e da oltre 500 ettari di vigneti, per lo più vitigni autoctoni, primitivo, negroamaro, malvasia, moscato ma anche tanti vitigni internazionali, come lo chardonnay, il pinot e cabernet. In un bicchiere del nostro vino così si concretizza l’immagine dell’incontro tra il consumatore e il produttore, ovvero la cosiddetta “filiera corta”, che da noi costituisce una realtà da oltre cinquant’anni. Questa intuizione allora avuta da Luigi Ruggieri, il fondatore, è ancora oggi perseguita e voluta dall’attuale presidente della cooperativa Rita Macripò e dai soci.

I nostri vini ereditano la loro tipicità da questa anti- ca terra, l’alto Salento, culla e crocevia di antiche civilità come i messapi, i greci e bizantini, stretta tra il mar Ionio e l’A driatico, baciata avidamente dal sole, agitata da venti contrari che filtrano tra i muretti a secco, che liberano i profumi della macchia mediterranea, degli ulivi secolari e dei campi appena falciati: è qui che radicano le proprie radici i nostri vigneti.

• 51 • PRIMITIVO DI MANDURIA D.O.P Mantemanco

Dolce naturale (Linea Ho.Re.Ca). Tipologia vino: Denominazione di Origine Protetta Colore: Vino rosso Vitigni: Primitivo Tipo d’impianto: Alberello Età media dei vigneti: 60 anni Altitudine: 40 mt slm Zona di produzione: Comuni di Lizzano e Faggiano Suolo: Misto franco sabbioso e franco argilloso “Raciddu” Epoca di vendemmia: Fine settembre Resa media uva per ettaro: 40 quintali per ettaro Vendemmia: Appassimento delle uve sulla pianta, raccolta a mano in cassette di plastica Vinificazione: Diraspatura e pigiatura soffice delle uve, macerazione in serbatoi in acciao a temperatura termocontrollata (23-25°C) per 10-15 giorni, con lieviti indigeni selezionati Affinamento: 6-8 mesi in botte grande di rovere francese, poi in acciaio Gradazione alcolica: 14,00° + 3% vol. Caratteristiche organolettiche: Colore rosso rubino intenso con riflessi granati, profumo persistente e complesso, con sentori di frutti surmaturi che ricordano la confet- tura di ciliegie e i fichi secchi con leggere note speziate il corpo di tutto rispetto, avvolge piacevolmen- te il palato con sensazioni mielate mitigate da una giusta acidità Abbinamenti: Vino da meditazione, trova un ottimo equilibrio con formaggi dal gusto deciso e stagionati, con pa- sticceria secca a base di mandorle, crostate di frutta Temperatura di servizio: 18-20°C

Natural sweet. (Ho.Re.Ca. Line) Wine category: Denominazione di Origine Protetta Colour: Red Wine varieties: Primitivo. Growing systems: Alberello Average vineyard age: About 60 years old Altitude: 40 mt amsl Soil: Medium texture sandy and clay “Raciddu” Production area: Land of Lizzano and Faggiano Harvest period: End of september Average yield grapes: 40 quintals for hectars Harvest: After withering on the plant, hand harvested in plastic crate Vinification: Destemming, soft grape crushing, macation in tank stainless steel at thermo-controlled temperature (22- 26°C). About 10 days, with selected autochthonous yeasts Maturation: In big barrel of french oak for 6-8 months, than instainless steel tanks. Alcohol content: 14,00° + 3% (residue of sugar) Tasting notes: Notes intense ruby red, with garnet reflections; persistent and complex to the nose, with notes of mature- fruits which recall cherry jam and dry figs; slightly spicy. The full body gives the mouth some pleasant honeyed sensations, supported by a good acid structure Best served with: Meditation wine. Excellent with savoury and matured cheeses Dry almond cakes, fruit tarts Serving temperature: About 18-20°C

• 52 • PRIMITIVO DI MANDURIA D.O.P Manonera

Tipologia vino: Denominazione di Origine Protetta Colore: Vino rosso Vitigni: Primitivo Tipo d’impianto: Alberello Età media dei vigneti: 50 anni Altitudine: 40 mt slm Zona di produzione: Comuni di Lizzano e Faggiano Suolo: Misto franco sabbioso e franco argilloso “Raciddu” Epoca di vendemmia: Seconda metà di settembre Vendemmia: Lieve appassimento delle uve sulla pianta, raccolta a mano in cassette di plastica Vinificazione: Diraspatura e pigiatura soffice delle uve, macerazione in serbatoi in acciao a teperatura termocon- trollata (23-25°C) per 10-15 giorni, con lieviti indigeni selezionati Affinamento: 6 mesi in botte grande di rovere francese e 6 mesi in tonneau Gradazione alcolica: 15,50° vol. Caratteristiche organolettiche: Colore rosso rubino intenso, profumo ampio e complesso, fruttato, con sentori di prugne, confettura di ciliegia e chiodi di garofano, leggermente speziato. Vino di grande corpo, morbido e ricco di tannini nobili, con un finale che regala note di cacao e vaniglia Abbinamenti: Carni rosse, selvaggina, primi piatti robusti Vino da meditazione Temperatura di servizio: 16-18°C

Wine category: Denominazione di Origine Protetta Colour: Red Wine varieties: Primitivo Growing systems: Alberello Average vineyard age: About 50 years old Altitude: 40 mt amsl Soil: Medium texture sandy and clay “Raciddu” Production area: Land of Lizzano and Faggiano Harvest period: Second half of september Harvest: Light drying of grapes still on the plant, hand harvested in plastic crate Vinification: Destemming, soft grape crushing, maceration in tank stainless steel at thermo-controlled temperature (22-26°C) About 10-15 days, with selected autochthonous yeasts Maturation: About 6 months in oak french burrels and 4-6 months in tonneau Alcohol content: 15.50° vol. Tasting notes: Intense ruby red colour, wide and complex to the nose, fruity, with a prune and cherry jam aroma, with notes of clove, slightly spicy A full-bodied wine, soft and rich in fine tannins, with notes of cocoa and vanilla in the end Best served with: Red meat, game, savoury first courses. Meditation wine Serving temperature: About 16-18°C

• 53 • NEGROAMARO LIZZANO D.O.P Manorossa

Tipologia vino: Denominazione di Origine Protetta Colore: Vino rosso Vitigni: Negroamaro Tipo d’impianto: Alberello Età media dei vigneti: 50 anni Altitudine: 40 mt slm Zona di produzione: Comuni di Lizzano e Faggiano Suolo: Misto franco sabbioso e franco argilloso “Raciddu” Epoca di vendemmia: Seconda settimana di ottobre Vendemmia: Lieve appassimento delle uve sulla pianta, raccolta a mano in cassette di plastica Vinificazione: Diraspatura e pigiatura soffice delle uve, macerazione in serbatoi in acciao a teperatura termocon- trollata (23-25°C) per 14-18 giorni, con lieviti indigeni selezionati Affinamento: 6 mesi in botte grande di rovere francese e 6 mesi in tonneau Gradazione alcolica: 13,50° vol. Caratteristiche organolettiche: Colore rosso rubino intenso con riflessi porpora, profumo ricco e complesso, con note di frutti di bosco di ciliegia matura e amarena e note speziate. Vino di grande corpo, morbido e armonico, ricco di tannini nobili, con un finale piacevolmente persistente Abbinamenti: Primi piatti robusti, carni rosse, selvaggina, formaggi pecorini stagionati. Vino da meditazione Temperatura di servizio: 16-18°C

Wine category: Denominazione di Origine Protetta Colour: Red Wine varieties: Negroamaro Growing systems: Alberello Average vineyard age: About 50 years old Altitude: 40 mt amsl Soil: Medium texture sandy and clay “Raciddu” Production area: Land of Lizzano and Faggiano Harvest period: Second week of october Harvest: Light drying of grapes still on the plant, hand harvested in plastic crate Vinification: Destemming, soft grape crushing, maceration in tank stainless steel at thermo-controlled temperature (22°-26°C) about 14-18 days, with selected autochthonous yeasts Maturation: About 6 months in oak french bur- rels and 4-6 months in tonneau. Alcohol content: 13,50° vol. Tasting notes: Intense ruby red colour with purple reflections, wide and complex to the nose, fruity, with scent of black cherry and soft fruit, with notes of spicies a full-bodied wine, soft and balanced, rich in fine tannins, with a pleasantly long lasting finish Best served with: Savoury first courses, red meat, game, pecorino cheese Meditation wine Serving temperature: About 16-18°C

• 54 • PASSITO DI MOSCATO del Salento

Tipologia vino: Indicazione Geografica Tipica Colore: Bianco Vitigni: Moscato Tipo d’impianto: Spalliera, guyot Densità d’impianto: 5.000 viti per ettaro Età media dei vigneti: 8 anni Altitudine: 30 mt slm Zona di produzione: Comune di Lizzano, vigneti selezio- nati a ridosso del litorale jonico, in Contrada Porvica, in una micro zona contraddistinta da un clima caldo- arido, particolarmente vocata per la produzione di passiti Suolo: Misto franco sabbioso Epoca di vendemmia: Metà settembre Vendemmia: Appassimento delle uve sulla pianta, raccolta a mano in cassette di plastica Vinificazione: Ulteriore appassimento delle uve su graticci, diraspatura e pigiatura soffice delle uve, macerazione in serbatoi in acciao a teperatura controllata di 15-18°C Resa uva-mosto del 30% A fine fermentazione il vino presenta un residuo degli zuccheri determinato dall’elevato contenuto degli stessi nelle uve utilizzate Affinamento: Acciaio Gradazione alcolica: 13,50° + 12,5% vol. di zuccheri Caratteristiche organolettiche: Color oro con riflessi ambrati, dai profumi intensi e complessi, ritroviamo i fiori d’arancio, la rosa e la frutta candita, albicocca, note di miele e fichi secchi. In bocca è avvolgente e delicato, equilibrato, con una lunga persistenza ma con una chiusura non sbilanciata sulla dolcezza e che lascia una leggera nota di mandorla Abbinamenti: Formaggi di pecora e capre, dolci della tradizione mediterranea, pasticcini alle mandorle e crostata alla frutta Temperatura di servizio: 12-15°C.

Wine category: Indicazione Geografica Protetta Salento Colour: White Wine varieties: Moscato Growing systems: Spalliera, guyot Wines per ha: 5.000 Average vineyard age: 8 years old Altitude: 30 mt amsl Soil: Medium texture sandy Production area: Lizzano selected vineyards near the ionian coast, in “Porvica” small district and very hot area, ideal for the production of sweet wines Harvest period: Mid september Harvest method: After withering on the plant, hand harvested in plastic crate Vinification: Further drying of grapes on “graticci”, destemming, soft grape crushing, then fermented at controlled temperature stainless- steel tanks 15-18°C, the yield of the grape-must is 30% Maturation: In stainless steel Alcohol content: 13,50° + 12.5% vol. of sugar Tasting notes: Colour yellow gold with amber reflections colour, intense and com- plex aroma, like oranges-flower, rose, candied-citrus, aprcot. Dried figs ant note of honey. In the mouth is mellow and velvety, enveloping but no sicklyeeend with almond note Best served: With excellent sheep’ss and goat’s milk cheese; also with dessert or drunk alone Serving temperature: 12-14°C

• 55 • CHARDONNAY del Salento

Tipologia vino: Indicazione Geografica Tipica Colore: Bianco Vitigno: Chardonnay Tipo d’impianto: Spalliera, guyot Densità d’impianto: 4.000 viti per ettaro Età media dei vigneti: 15 anni Zona di produzione: Lizzano Suolo: Misto franco sabbioso e franco argilloso “Raciddu” Altitudine: 40 mt slm Epoca di vendemmia: Seconda settimana di agosto Metodo di vendemmia: Raccolta manuale Vinificazione: Premacerazione a freddo per 12 h e successiva fermentazione alcolica in acciaio a 15-16°C Affinamento in acciaio Gradazione alcolica: 13,00° vol. Caratteristiche organolettiche: Colore giallo paglierino con riflessi dorati. I profumi sono molto intensi con delle piacevoli note floreali la ginestra e il tiglio, frutta a polpa bianca come la banana e l’ananas. Gusto persistente e molto fresco con un finale leggermente erbaceo. Buona acidità e struttura Abbinamenti: Ottimo con antipasti di pesce crudo, crostacei, primi piatti e arrosti di pesce. Formaggi giovani a pasta tenera Temperatura di servizio: 8-10°C

Wine category: Indicazione Geografica Protetta Salento. Colour: White. Wine varieties: Chardonnay. Wines per ha: 4.000. Growing systems: Spalliera, guyot. Average vineyard age: 15 years old. Altitude: 40 mt amsl. Soil: Medium texture sandy and clay “Raciddu”. Production area: Lizzano. Harvest period: Second week of august. Harvest method: Hand harvested. Vinification: Skin contact for 12 h, then destemming followed by alcoholic fermentation in stainless-steel tanks at 15-16°C. Maturation: In stainless steel. Alcohol content: 13,00° vol. Tasting notes: Straw yellow colour with golden reflections, floreal note as broom and linden, white fruit like banana and pineapple. It has a lingering and very fresh taste with a slightly herbaceous finish. Good acidity and good structure. Best served with: Excellent with fish entrées, flavoured raw fish, shellfish, all fish dishes, fresh cheese. Serving temperature: 8°-10°C.

• 56 • BIANCO DEL SALENTO IGP frizzante “Dioniso”

Tipologia vino: Indicazione Geografica Tipica Colore: Bianco Vitigno: Pinot Bianco 20%, Trebbiano 40%, Chardonnay 40% Tipo d’impianto: Spalliera, guyot Densità d’impianto: 4.000 viti per ettaro Età media dei vigneti: 20 anni Zona di produzione: Lizzano Suolo: Misto franco sabbioso e franco argilloso “Raciddu” Altitudine: 40 mt slm Epoca di vendemmia: Ultima settimana di agosto Metodo di vendemmia: Raccolta manuale Vinificazione: Premacerazione a freddo per 12 h e successiva fermentazione alcolica in acciaio a 15-16°C. Rifer- mentazione in autoclave (metodo charmat) Gradazione alcolica: 11,00° vol. Caratteristiche organolettiche: Colore giallo paglierino, brillante, con perlage abbastanza fine e persistente. Aroma intenso con sentori fruttati ed erbacei. Molto fresco e di facile beva Abbinamenti: Ottimo come aperitivo, primi piatti e fritture di pesce Temperatura di servizio: 6-8°C

Name wine: Sparkling White Wine of salento Masseria Canulli Wine category: Indicazione Geografica Tipica Colour: White Wine varieties: Pinot Blanc 20%, Trebbiano 40%, Chardonnay 40% Production area: Lizzano-Salento-Puglia Growing systems: Spalliera, guyot Wines per ha: 4.000 Average vineyard age: 20 years old Altitude: 40 mt amsl Soil: Medium texture sandy and clay “Raciddu” Harvest period: Last week of august Harvest method: Hand harvest Vinification: Skin contact for 12 h, then destemming followed by alcoholic fermentation in stainless-steel tanks at 15-16°C, re-fermentation in autoclave (charmat method) Alcohol content: 11,00° vol. Tasting notes: Soft straw yellow colour, brilliant, with quite fine and persistent perlage. Intense aroma with fruit and gassy scent. Very fresh and easy drink Best served with: Excellent with aperitif, fried fish and fish first courses Temperature: 6-8°C

• 57 • LIZZANO ROSATO D.O.P Masseria Porvica

Tipologia vino: Denominazione di Origine Protetta (Linea ho.Re.Ca) Colore: Rosato Vitigni: Negromaro 70%, Montepulciano 30% Tipo d’impianto: Spalliera, guyot Densità d’impianto: 5.000 viti per ettaro Età media dei vigneti: 30 anni Zona di produzione: Lizzano, Faggiano Suolo: Misto franco sabbioso e franco argilloso “Raciddu” Altitudine: 40 mt slm Epoca di vendemmia: Terza settimana di settembre Metodo di vendemmia: Raccolta manuale Vinificazione: Svinatura parziale del mosto, dopo macerazione di qualche ora, successiva fermentazione in bianco. Affinamento in acciaio. Gradazione alcolica: 12,50° vol. Caratteristiche organolettiche: Colore rosa cerasuolo e cristallino, profumo intenso e persistente con note di ciliegia, rosa e melagrana. Al palato fresco ed equilibrato Abbinamenti: Ottimo antipasti all’italiana, zuppa di pesce, pesce al cartoccio o al for- no, formaggi giovani o leggermente stagionati Temperatura di servizio: 12-14°C

Name wine: Lizzano Rosè Dop “Masseria Porvica” (Ho.Re.Ca. Line). Wine category: Denominazione di Origine Protetta. Colour: Rosè. Wine varieties: Negroamaro 70%, Montepulciano 30%. Growing systems: Spalliera, guyot. Wines per ha: 5.000. Average vineyard age: 30 years old. Altitude: 40 mt amsl. Soil: Medium texture sandy and clay “Raciddu”. Production area: Lizzano. Harvest period: Third week of september. Harvest method: Hand harvested. Production area: Lizzano-Salento-Puglia. Harvest method: Hand harvest. Vinification: Skin contact for few hours, then partial drawing off the must, and finally the same fermentation as white wine. Maturation: In stainless steel tanks. Alcohol content: 12,50° vol. Tasting notes: Deep rosè and crystal clear, intense and persistent bouquet, with cherry, rose and pomegranate notes. Fresh and balanced to the mouth. Best served with: Excellent with italian style starters, fish soups, roasted or baked in foil fish, fresh or slightly aged cheeses. Serving temperature: 12-14°C.

• 58 • PRIMITIVO DI MANDURIA DOP Macchia

Tipologia vino: Denominazione di Origine Protetta (Linea Ho.Re.Ca) Colore: Vino rosso Vitigno: Primitivo Tipo d’impianto: Spalliera, guyot Densità d’impianto: 5.000 viti per ettaro Età media dei vigneti: 30 anni Altitudine: 40 mt slm Zona di produzione: Comuni di Lizzano e Faggiano Suolo: Misto franco sabbioso e franco argilloso “Raciddu” Zona di produzione: Lizzano, Faggiano Epoca di vendemmia: Seconda settimana di settembre Metodo di vendemmia: Raccolta manuale Vinificazione: Macerazione termocontrollata di circa 7-10 giorni, fermentazione alcolica Affinamento: 5-6 mesi in botte grande di rovere francese, poi in acciaio Gradazione alcolica: 14,50° vol. Caratteristiche organolettiche: Colore rosso rubino, arricchito da riflessi granati, profumo generoso che rimanda a frutta matura che ricordano la prugna e l’amarena, frutta secca, con leggere note vaniglia. Vino di struttura notevole, ammorbidito dal suadente calore del primitivo, che termina in note di lunga dolcezza Abbinamenti: Primi piatti robusti, carni d’agnello, cacciagione con salse elaborate, formaggi a pasta dura Temperatura di servizio: 16-18°C

Wine category: Denominazione di Origine Protetta (Ho.Re.Ca. Line) Colour: Red Wine varieties: Primitivo Growing systems: Spalliera, guyot Wines per ha: 5.000 Average vineyard age: About 30 years old Altitude: 40 mt amsl Soil: Medium texture sandy and clay “Raciddu” Production area: Lizzano, Faggiano Harvest period: Second week of september Harvest method: Hand harvest Vinification: Thermo-controlled maceration for about 7-10 days, alcoholic fermentation Maturation: Maturation in big barrel of french oak for 5-6 months, stainless steel tanks Alcohol content: 14,50° vol. Tasting notes: Ruby red colour, enriched with garnet reflections, a generous perfume, which recalls ripe plums and black cherry, dried fruits, with soft notes of vanilla. This wine has a velvety texture, softened by the warmth of the primitivo grape and ends with notes of persistent sweetness Best served: Excellent with savoury first courses, lamb and game with rich sauces, hard cheese Serving temperature: 16-18°C

• 59 • PRIMITIVO ROSSO del Salento I.G.P.

Tipologia vino: Indicazione Geografica Protetta (Linea Ho.Re.Ca) Colore: Vino rosso Vitigno: Primitivo Tipo d’impianto: Spalliera, guyot Densità d’impianto: 5.000 viti per ettaro Età media dei vigneti: 20 anni Altitudine: 40 mt slm Zona di produzione: Comuni di Lizzano e Faggiano Suolo: Misto franco sabbioso e franco argilloso “Raciddu” Epoca di vendemmia: Prima settimana di settembre Metodo di vendemmia: Raccolta manuale Vinificazione: Macerazione termocontrollata di circa 7-8 giorni, fermentazione alcolica Affinamento: In acciaio Gradazione alcolica: 13,50° vol. Caratteristiche organolettiche: Colore rosso rubino con riflessi violacei; profumo intenso floreale e fruttato, vino di corpo, morbido e ben equilibrato. Abbinamenti: Primi piatti robusti, carni rosse e cacciagione, formaggi stagionati Temperatura di servizio: 16-18°C

Primitivo red of Salento (Ho.Re.Ca. Line) Wine category: Indicazione Geografica Protetta Colour: Red Wine varieties: Primitivo Growing systems: Spalliera, guyot Wines per ha: 5.000 Average vineyard age: About 20 years old Altitude: 40 mt amsl Soil: Medium texture sandy and clay “Raciddu” Production area: Lizzano, Faggiano Harvest period: First week of september Harvest method: Hand-picked Vinification: Thermo-controlled maceration for about 7-8 days, alcoholic fermentation Maturation: In stainless steel tanks Alcohol content: 13,50° vol. Tasting notes: Notes deep ruby red with violet re- flections; intense aroma. With notes of floral and fruity. A full-bodied wine, soft and balanced Best served with: Excellent with savoury first courses, red meat and game, mature cheese Serving temperature: 16-18°C

• 60 • NEGROAMARO Rosso Salento I.G.P

Tipologia vino: Indicazione Geografica Protetta (Linea Ho.Re.Ca) Colore: Vino rosso Vitigno: Negroamaro Tipo d’impianto: Spalliera, guyot Densità d’impianto: 5.000 viti per ettaro Età media dei vigneti: 20 anni Altitudine: 40 mt slm Zona di produzione: Comuni di Lizzano e Faggiano Suolo: Misto franco sabbioso e franco argilloso “Raciddu” Epoca di vendemmia: Fine settembre Metodo di vendemmia: Raccolta manuale Vinificazione: Macerazione termocontrollata di circa 8-10 giorni, fermentazione alcolica Affinamento: In acciaio Gradazione alcolica: 13,00° vol. Caratteristiche organolettiche: Colore rosso rubino con riflessi porpora; profumo intenso e persistente, fruttato, con sentori di ciliegia, ribes nero e frutti di bosco, vino di corpo, morbido e abbastanza fresco Abbinamenti: Ottimo con primi piatti robusti,- car ni in genere e formaggi stagionati Temperatura di servizio: 14-16°C

Negroamaro red of Salento (Ho.Re.Ca line) Wine category: Indicazione Geografica Protetta Colour: Red Wine varieties: Negroamaro Growing systems: Spalliera, guyot Wines per ha: 5.000 Average vineyard age: About 20 years old Altitude: 40 mt amsl Soil: Medium texture sandy and clay “Raciddu” Production area: Lizzano, Faggiano Harvest period: End of september Harvest method: Hand harvest Vinification: Thermo-controlled maceration for about 8-10 days, alcoholic fermentation Maturation: In stainless steel tanks Alcohol content: 12,50° vol. Tasting notes: Tasting notes: ruby red with purlpe reflections, intense and persistent aroma, with cherry, black-currant and wild fruit scent A full-bodied wine, soft but and quite fresh Best served with: Excellent with savoury first courses, all types of meat dishes and mature cheese Serving temperature: 14-16°C

• 61 • POSEYDON ROSSO del Salento I.G.P.

Tipologia vino: Indicazione Geografica Protetta Colore: Vino rosso Vitigno: Negroamaro 40%, Sangiovese 30%, Primitivo 20%, Malvasia Nera 10% Tipo d’impianto: Spalliera, guyot Densità d’impianto: 5.000 viti per ettaro Età media dei vigneti: 30 anni Altitudine: 40 mt slm Zona di produzione: Comuni di Lizzano e Faggiano Suolo: Misto franco sabbioso e franco argilloso “Raciddu” Epoca di vendemmia: Seconda di settembre Metodo di vendemmia: Raccolta manuale Vinificazione: Macerazione termocontrollata di circa 7 giorni, fermentazione alcolica Affinamento: In acciaio Gradazione alcolica: 13,00° vol. Caratteristiche organolettiche: Colore rosso rubino intenso, pro- fumo intenso e ampio, con note di frutta rossa. Vino di buona struttura ed equilibrato Abbinamenti: Ottimo con affettati, primi piatti robusti, risotti, piatti di carne leggeri Temperatura di servizio: 16-18°C

Poseydon red of Salento IGP (Ho.Re.Ca.Line). Wine category: Indicazione Geografica Protetta. Colour: Red. Wine varieties: Negroamaro 40%, Sangiovese 30%, Primitivo 20%, Malvasia Nera 10%. Growing systems: Spalliera, guyot. Wines per ha: 5.000. Average vineyard age: About 30 years old. Altitude: 40 mt amsl. Soil: Medium texture sandy and clay “Raciddu”. Production area: Lizzano, Faggiano. Harvest period: Second half of september. Harvest method: Hand harvest. Vinification: Thermo-controlled maceration for about 7 days, alcoholic fermentation. Maturation: In stainless steel tanks. Alcohol content: 12,00° vol. Tasting notes: Deep ruby red, intense and wide to the nose, with red fruit scent. Fullbodied and balanced. Best served with: Excellent with sliced meats and sala- mi, savoury first courses, “risotti” and light meat courses. Serving temperature: 16-18°C.

• 62 • LIZZANO ROSSO D.O.P Malvasia

Tipologia vino: Denominazione di Origine Protetta (Linea ho.Re.Ca) Colore: Vino rosso Vitigno: Malvasia Tipo d’impianto: Alberello, spalliera Densità d’impianto: 5.000 viti per ettaro Età media dei vigneti: 40 anni Altitudine: 40 mt slm Zona di produzione: Comune di Lizzano Suolo: Misto franco sabbioso e franco argilloso “Raciddu” Epoca di vendemmia: Fine settembre Metodo di vendemmia: Raccolta manuale Vinificazione: Macerazione termocontrollata di circa 8-10 giorni, fermentazione alcolica Affinamento: 4-6 mesi in botte grande, acciaio Gradazione alcolica: 13,50° vol. Caratteristiche organolettiche: Colore rosso rubino intenso con riflessi granati profumo ricco di frutta rossa matura, ciliegie, frutti di bosco, qualche richiamo di cannella e vaniglia. Vino di struttura notevo- le, arricchito da una trama tannica vellutata, permane a lungo con un gradevole retrogusto Abbinamenti: Primi piatti robusti, carni rossem e cacciagione Temperatura di servizio: 16-18°C

Wine category: Denominazione di Origine Protetta (Linea Ho.R.E.Ca) Colour: Red Wine varieties: Malvasia Growing systems: Alberello, spalliera Wines per ha: 5.000 Average vineyard age: About 40 years old Altitude: 40 mt amsl Soil: Medium texture sandy and clay “Raciddu” Production area: Lizzano Harvest period: End of september Harvest method: Hand harvest Vinification: Thermo-controlled maceration for about 8-10 days, alcoholic fermentation Maturation: In big barrel of french oak for 5-6 months, stainless steel tanks. Alcohol content: 13,00° vol. Tasting notes: Deep ruby red, with garnet reflec- tions. Mature to the nose, with red fruit, cherry, berry and a slight cinnamon and vanilla notes. A wine of great structure enriched with velvet tannins and a long pleasant aftertaste Best served with: Rich first courses, red meat and game Serving temperature: 16-18°C

• 63 • SPUMANTE PEGASUS Chardonnay Salento I.G.P

Tipologia vino: Vino Spumante Indicazione Geografica Protetta Colore: Bianco Vitigno: Chardonnay Tipo d’impianto: Spalliera, guyot Densità d’impianto: 4.000 viti per ettaro Età media dei vigneti: 15 anni Zona di produzione: Lizzano Suolo: Misto franco sabbioso e franco argilloso “Raciddu” Altitudine: 40 mt slm Epoca di vendemmia: Seconda settimana di agosto Metodo di vendemmia: Raccolta manuale Vinificazione: Premacerazione a freddo per 12 h e successiva fermentazione alcolica in acciaio a 15-16°C. Rifermentazio- ne con metodo charmat Gradazione alcolica: 12,00° vol. Caratteristiche organolettiche: Colore giallo paglierino con riflessi dorati. Perlage fine e persistente. Bouquet fine con note floreali di tiglio e ginestra, profumi terziari riconducibili alla crosta di pane, dal gusto pieno e armonico Abbinamenti: Ottimo come aperitivo, con antipa- sti e primi piatti di mare Temperatura di servizio: 6-8°C

Wine category: Sparkling Wine Indicazione Geografica Protetta Salento Colour: White Wine varieties:. Chardonnay Wines per ha: 4.000 Growing systems: Spalliera, guyot Average vineyard age: 15 years old Altitude: 40 mt amsl Soil: Medium texture sandy and clay “Raciddu” Production area: Lizzano Harvest period: Second week of august Harvest method: Hand harvested. Vinification: Skin contact for 12 h, then destemming followed by alcoholic fermentation in stainless-steel tanks at 15-16°C, refermentation by method charmat Alcohol content: 12,00° vol Tasting notes: Straw yellow colour with golden reflections, fine and persistent perlage. Elegant bouquet with notes floreal as broom and linden flower and tertiary aromas which recall bread crust. Taste is full and harmonious Best served with: Excellent as an aperitif, with starters and seafood dishes Serving temperature: 6-8°C

• 64 • GRAPPA DI NEGROAMARO 1959

Vitigno: Negroamaro Provenienza: Vinacce ricavate dalla svinatura del “Manorossa” Negroamaro di Lizzano D.O.P Periodo di distillazione: Prima metà di ottobre Sistema di distillazione: Discontinuo con caldaiette in rame a corrente di vapore Affinamento: Carati di rovere da 225 litri per 10-12 mesi Sensazioni visive: Limpida, ambrata Sensazioni olfattive: Ampia, avvolgente, di grande personalità. Splendido concerto di sensazioni nelle quali spicca la frutta matura (albicocca, marasca), il cacao e la vaniglia Sensazioni gustative: Morbida, elegante Capacità bottiglie: 50 cl Gradazione: 40° vol.

Wine varety: Negroamaro Marcs origin derived: From the racking of “Manorossa” Negroamaro of Lizzano D.O.P. Distillation period: First half of october Distillation: System discontinuous system with small steam stream copper boilers. Maturation: In 220 l oak barrels for 10-12 months Visual sensations: Clear, with amber re’ections. Olfactory sensations: Wide and generous perfume, with strong personality. A wonderful combination of sensations among which notes of ripe fruits (apricot, marasco), cocoa and vanilla stand out Tasting sensations: Smooth, elegant Bottle capacity: 50 cl Alcoholic content: 40° vol.

• 65 • • 66 • CANTINA SOCIALE DI LIZZANO Corso Europa, 37/39 74020 Lizzano (TA) Italia +39 099 552013 +39 099 558326 [email protected] www.cantinelizzano.it

• 67 • Azienda Agricola

Raffaele

• 68 • Settant’anni fa nel cuore della Murgia barese, sulle colline che si estendono fra Turi e Gioia del colle, Vito Donato Giu- liani diede vita a questa realtà, guidata oggi da Raffaele Giuliani. Esposizione geografica ottimale e clima favorevole permettono ai grappoli di raggiungere il giusto grado di maturazione e di trasferire ai vini le inconfondibili qualità specifiche del territorio, apprezzabili nell’intenso colore rosso-violaceo che caratterizza gli acini di PRIMITIVO e dell’ALEATICO, vitigni simbolo di que- sta zona viticola. L’azienda si estende su una superficie di 20 ha nella contrada “detta sotto il canale” nei pressi dei ritrovamenti archeologici di MONTE SANNACE. L’intero ciclo produttivo è seguito con cura e passione per ottenere vini di qualità, dalla raccolta effettuata ancora a mano, alla vinificazione ed infine all’imbottigliamento dall’Enotecnico Petrelli Luca e dall’Agrono- mo Giuliani Vito Donato.

Seventy years ago, in the heart of murgia, on the hills from Turi to Gioia del Colle, Vito Donato Giuliani gave birth to this reality, today led by Raffaele Giuliani. The optimum condi- tions and the favourable climate allow the bunches of grapes to reach the right level of ripening and to convey to wines the unique qualities of territory, notable in the deep red-purple that is characteristic of grapes of PRIMITIVO and ALEATICO, emble- matic vines of thiszone. The firm extends for about 20 ha in the region called “beneath the channel”, near the archeological re- gion of MONTE SANNACE. The whole cycle of wine production is controlled with care and great passion from the hand made grape-harvesting to the wine-making in order to obtain wines of quality. The cycle ends with the bottling, carefully made by the oenologist Luca Petrelli and the agronomist Vito Donato Giuliani.

• 69 • PRIMITIVO RISERVA DOC

PRIMITIVO RISERVA DOC

Gioia del Colle Gr 14,5% vol

Descrizione: Primitivo

Vitigno: Primitivo 100%

Vinificazione: Macerazione prolungata a temperatura controllata

Caratteristiche Organolettiche

Colore: Rubino intenso con riflessi aranciati

Profumo: Ricco ed elegante con sentori di frutta matura

Sapore: Pieno, armonico, velluttato.

Temperatura di servizio: 18-20°C

Abbinamenti: Ottimo con arrosti, selvaggina, funghi e formaggi stagionati

Description: Primitivo

Vine: Primitivo 100%

Wine Making: Prolonged maceration at controlled temperat

Organolettic characterist

Colur: Intense ruby with orange edges

Scent: Rich and elegant with hints of mature fruit

Taste: Rich, harmonic, mellow

Service Temperature: 18-20°C

Combination with sishes: Excellent with roasts, wild game, mushrooms and aged cheese

• 70 • PRIMITIVO RISERVA “PRIMITIVO MAGNUM” DOC

PRIMITIVO RISERVA “PRIMITIVO MAGNUM” DOC

Gioia del Colle Gr 14,5% vol

Descrizione: Primitivo

Vitigno: Primitivo 100%

Vinificazione: Macerazione prolungata a temperatura controllata

Caratteristiche Organolettiche

Colore: Rubino intenso con riflessi aranciati

Profumo: Ricco ed elegante con sentori di frutta matura

Sapore: Pieno, armonico, velluttato.

Temperatura di servizio: 18-20°C

Abbinamenti: Ottimo con arrosti, selvaggina, funghi e formaggi stagionati

Description: Primitivo

Vine: Primitivo 100%

Wine Making: Prolonged maceration at controlled temperat

Organolettic characterist

Colur: Intense ruby with orange edges

Scent: Rich and elegant with hints of mature fruit

Taste: rich, harmonic, mellow.

Service temperature: 18-20°C

Combination with sishes: Excellent with roasts, wild game, mushrooms and aged cheese

• 71 • PRIMITIVO DOC

PRIMITIVO DOC Gioia del Colle Gr 14% vol

Descrizione: Primitivo

Vitigno: Primitivo 100%

Vinificazione: Macerazione prolungata sulle bucce

Caratteristiche Organolettiche

Colore: Rubino intenso con orli violacei

Profumo: Aroma leggero caratteristico con buona persistenza

Sapore: Gradevole, pieno, armonico, velluttato

Temperatura di servizio: Temperatura ambiente

Abbinamenti: Indicato a tutti i primi piatti, ottimo con arrosti, selvaggina e funghi

Description: Primitivo Vine: Primitivo 100%

Wine Making: Prolonged maceration on the peel

Organolettic characterist Colur: Intense ruby with violet edges

Scent: Subtle, characteristic with good persistance

Taste: Pleasant, rich, harmonic, mellow

Service temperature: Room temperature

Combination with sishes: It goes well with all the first courses. It is excellent with roast meat, game and mushrooms

• 72 • PRIMITIVO DOC

PRIMITIVO DOC Gioia del Colle “1922” Gr 16% vol

Descrizione: Primitivo

Vitigno: Primitivo 100%

Vinificazione: Macerazione prolungata sulle bucce

Caratteristiche Organolettiche

Colore: Rosso rubino intenso

Profumo: Ricco ed elegante con sentori di frutta matura: Mora, ciliegia, frutti di bosco

Sapore: Pieno, armonico, vellutato

Temperatura di servizio: temperatura ambiente

Abbinamenti: Vino da meditazione

Description: Intense ruby

Vine: Primitivo 100%

Wine Making: Prolonged maceration at controlled temperat

Organolettic characterist

Colur: Intense ruby red

Scent: Rich and elegant with hints of mature fruit: Blackberry, cherry, soft fruits

Taste: Rich, harmonic, mellow

Service temperature: Room temperature

Combination: Meditation wine

• 73 • Rosso “GRAVIS” DOC

Rosso “GRAVIS” DOC

Gioia del Colle Gr 13% vol

Descrizione: Rosso

Vitigno: Uva di Troia 70% Primitivo 30%

Vinificazione: Macerazione prolungata sulle bucce

Caratteristiche Organolettiche

Colore: Rosso rubino

Profumo: Leggero caratteristico con buona persistenza

Sapore: Asciutto, robusto giustamente tannico

Temperatura di servizio: temperatura ambiente

Abbinamenti: Indicato con orecchiette e rape e arrosti misti

Description: Red

Vine: Uva di Troia 70% Primitivo 30%

Wine Making: Prolonged maceration on the peel

Organolettic characterist

Colur: Intense ruby red

Scent: Light characteristic with good persistance

Taste: Dry, strong, fair enough tannic

Service temperature: Room temperature

Combination with sishes: It goes well with orecchiette and turnips and mixed roasts

• 74 • Rosato “TOPPARELLO” IGT

Rosato “TOPPARELLO” IGT

Puglia Gr 13% vo

Descrizione: Rosato

Vitigno: Negramaro 100% Primitivo 30%

Vinificazione: in bianco con

Caratteristiche Organolettiche

Colore: Rubino rosato

Profumo: Aroma vinoso gradevole persistente

Sapore: Gradevole, asciutto, armonico, fruttato

Temperatura di servizio: 15 gradi

Abbinamenti: Indicato con tutti i primi piatti, carni bianche e salumi

Description: Rosè

Vine: Negramaro 100% Primitivo 30%

Wine Making: White, with temperature

Organolettic characterist

Colur: Rose-coloured ruby

Scent: Vineous, pleasant, persistent

Taste: Pleasant, dry, harmonic, fruity

Service temperature: 15 C

Combination with sishes: it goes well all the first courses, white meat and salami

• 75 • Bianco “VERZILLO” IGT

Bianco “VERZILLO” IGT

Puglia Frizzante Gr 11% vo

Descrizione: Bianco

Vitigno: Malvasia 100%

V i n i fi c a z i o n e: P r e s s a t u r a s o ffi c e c o n f e r m e n t a z i o ne a temperatura controllata e presa di spuma in autoclave

Caratteristiche Organolettiche

Colore: Giallo paglierino con leggeri riflessi verdolini

Profumo: Mela verde, fior d’arancio, muschio e pesca

Sapore: Asciutto, fruttato, fresco e armonico

Temperatura di servizio: 8-10°C

Abbinamenti: Vino che si beve giovane, ottimo come antipasto, indicato con crostacei e frutti di mare

Description: White

Vine: Malvasia 100%

Wine Making: Soft pressing with fermentation under controlled temperature and foam in the autoclave

Organolettic characterist

Colur: Straw yellow with light greenish glints

Scent: green apple, orange flowers, musk and peaches

Taste: Dry, fruity, fresh and armonic

Service temperature: 8-10°C

Combination: Wine to be drunk young, and excellent started, indicated with crustaceans and seafood

• 76 • Bianco “GRAVIS” DOC

Bianco “GRAVIS” DOC

Gioia del Colle Gr 13% vol

Descrizione: Bianco

Vitigno: Malvasia 80% Trebbiano 20%

Vinificazione: in bianco con temperatura controllata

Caratteristiche Organolettiche

Colore: Giallo paglierino brillante

Profumo: Delicato, caratteristico, gradevole

Sapore: Rotondo, corposo e buona persistenza

Temperatura di servizio: 12°C Abbinamenti: Indicato con antipasti, frutti di mare, primi piatti e secondi di pesce

Description: White

Vine: Malvasia 80% Trebbiano 20%

Wine Making: White, with temperature kept under control

Organolettic characterist

Colur: Sparkling pale yellow

Scent: Subtle, characteristic, pleasant

Taste: Round, dense and persistent

Service temperature: 12°C

Combination: It goes well with hors d’oeuvres, seafood, fish courses

• 77 • “ALEATICO” DOC

“ALEATICO” DOC

Gioia del Cole Gr 13% + 4% vol

Descrizione: Aleatico

Vitigno: Aleatico 100%

Vinificazione: Macerazione prolungata

Caratteristiche Organolettiche

Colore: Rosso granato più o meno intenso

Profumo: Aroma leggero caratteristico con buona persistenza

Sapore: Dolce, pieno, vellutato

Temperatura di servizio: Temperatura ambiente

Abbinamenti: Indicato con dessert ed utilizzato con pasticceria secca

Description: Aleatico

Vine: Aleatico 100%

Wine Making: Prolonged maceration On the peel

Organolettic characterist

Colur: Garnet red, more or less intense

Scent: Subtle, light characteristic with good persistance

Taste: Sweet, rich, mellow

Service temperature: Room temperature

Combination: It can be drunk as dessert it goes well with dry pastries

• 78 • MORETTINO

MORETTINO Vino da tavola Rosso, bianco, rosato

Gr 12% vol 1500 ml

• 79 • MORETTINO

MORETTINO

Vino da tavola Rosso, bianco, rosato

Gr 12% vol 750 ml

• 80 • Azienda Agricola

Raffaele

AZIENDA AGRICOLA GIULIANI RAFFAELE Via Gioia Canale, 18 70010 Turi (BA) Italia +39 080 8915335 [email protected] www.vitivinicolagiuliani.com

• 81 • • 82 • • 83 • • 84 • Con le sue tante distese di oro giallo, la Puglia è da sempre considerata il granaio d’Italia. È proprio qui che ha origine il Senatore Cappelli, una delle varietà di grano più antiche e pre- giate, che si distingue per le sue eccezionali caratteristiche orga- nolettiche: è altamente digeribile e contiene percentuali molto elevate di lipidi, amminoacidi, vitamine e minerali. A scoprirla fu uno scienziato italiano che pochi ricordano, Nazareno Stram- pelli che, nel 1915 a Foggia, effettuò delle semine sperimentali al fine di ottenere varietà più resistenti alle malattie. Il risultato fu questa qualità di frumento, alta 1 metro e 80, a cui fu dato il nome del senatore abruzzese Raffaele Cappelli, padre della riforma agraria che ha portato, agli inizi del Novecento, alla distinzione tra grani duri e teneri. Molto diffusa in Puglia e in Basilicata negli anni Trenta e Quaranta, la coltivazione di questo frumento venne progres- sivamente abbandonata a partire dagli anni Sessanta, in favore di varietà non autoctone meno alte – quindi con minor rischio di “allettamento”, ossia il piegamento del fusto a causa di vento e pioggia – e più produttive. Un esempio è il Creso, creato nel 1974 da alcuni ricercatori che iniziarono a bombardare la più antica varietà Cappelli con raggi Gamma, ottenendo un nuovo tipo di grano geneticamente modificato, di dimensioni più ridot- te, più adatto all’agricoltura moderna condotta con mezzi mec- canici. Questa varietà, assieme alle sue discendenze, costituisce la maggior parte della produzione di grano mondiale. Di contro, il Senatore Cappelli non ha mai subìto le altera- zioni provocate dalle tecniche di manipolazione genetica tipiche delle attuali coltivazioni, che sacrificano gusto e proprietà nutri- zionali per ottenere rese sempre più elevate.

• 85 • Fortunatamente alcune imprese lungimiranti hanno deciso di puntare sul recupero di questa materia prima di qualità, per lungo tempo scomparsa dai campi. Una di queste è il Pastificio Cardone di Fasano che ha creato in Puglia una apposita filiera corta, biologica e certificata per la produzione di pasta dal grano Senatore Cappelli. Questa azienda non ha una storia lunga da raccontare, non ha una tradizione tramandata dal passato, visto che è nata nel 2002 quando Enzo Cardone ha iniziato a produr- re pasta fresca della tradizione pugliese per veicolarla nei suoi due punti vendita; dopo pochi anni, il suo nuovo stabilimento è diventato un riferimento nella Puglia a sud di Bari. A quel punto il passaggio alla Grande Distribuzione sembrava quasi obbligato- rio e le spire ammalianti dei grandi scaffali stavano per portare la pasta Cardone sulla scia degli standard livellanti tanto richiesti dai buyer. Enzo però ha deciso di seguire un percorso diverso, investendo su un innalzamento di qualità del prodotto. Con un finanziamento della Regione Puglia, ha portato avanti un progetto per ricostruire l’identità originaria della pasca fresca pugliese, arrivando alla conclusione che l’unica a potersi definire davvero tale è quella fatta con il grano Cappelli. Così, per questo imprenditore pioniere, è arrivata l’illuminazione: re- cuperare questa varietà – la vera materia prima della pasta tipica regionale – e lanciare un nuovo prodotto per mercati di nicchia, fuori dai canali commerciali convenzionali. Per far questo, però, Enzo Cardone ha deciso di non limitarsi solo a produrre una nuova pasta, ma di mettere in piedi un’intera filiera totalmen- te tracciabile, dal campo alla tavola. L’imprenditore pugliese ha così coinvolto nel progetto 12 aziende agricole del territorio, alcune situate nella Murgia, tra il canale di Pirro e la Selva di Fasano, e altre ubicate all’interno del Parco delle Dune Costiere, nella marina tra Fasano e Ostuni. Una scelta non casuale, quest’ultima, se si considera che il territorio dell’area protetta – ricco di colline con distese di campi abbracciati da muretti a secco e caratterizzato da clima asciutto e da una terra rossa argillosa – presenta le condizioni ideali per l’attecchimento del cultivar Cappelli.

• 86 • La filiera – sancita dalla sottoscrizione di un disciplinare di produzione – è strutturata in questo modo. A monte c’è Il pasti- ficio Cardone che ha investito in prima persona, comprando le sementi certificate dal Centro Sperimentale della Cerealicoltura di Foggia, seguendo le operazioni di semina e di coltivazione ed impegnandosi ad acquistare il grano coltivato dalle aziende agricole aderenti al patto ad un prezzo equo, fuori dalle logiche speculative. La varietà Senatore Cappelli, ricordiamo, ha una bassa resa – 20 quintali per ettaro – ed è difficile da coltivare, perché la notevole altezza la espone al rischio di allettamento. Per questa ragione, il progetto della filiera prevede un valore economico aggiunto per i contadini, a cui viene riconosciuto un prezzo maggiore, ossia 45 euro ogni 100 kg, contro i 30 solita- mente pagati per le altre varietà. La molitura è effettuata da 3 mulini storici artigianali. Il passo successivo è stato il passaggio al biologico: un nuovo e lungo cammino conclusosi nel 2013 con la piena conversione. La varietà Cappelli è molto adatta a questo tipo di agricoltu- ra: la sua altezza (160-180 cm) e il suo apparato radicale molto sviluppato fanno sì che soffochi e tolga luce alle malerbe, ridu- cendo enormemente il bisogno di utilizzare antiparassitari. Il risultato è una semola di grano duro d’altri tempi, che nel pastificio viene trasformata nei formati tradizionali pugliesi: oltre agli strascinati, anche orecchiette, cavatelli, laganari, frutto di una tradizione tramandata dalla nonna e continuata da Enzo Cardone e dai suoi fratelli. Ecco com’è nata la prima pasta fre- sca, in Italia e nel mondo, prodotta con il grano antico Senatore Cappelli totalmente tracciato e certificato, secondo la norma in- ternazionale di rintracciabilità di filiera ISO 22005. Una garanzia di trasparenza per il consumatore che sull’e- tichetta può trovare tutte le informazioni utili a ricostruire la storia della prodotto, dal campo fino alla tavola. Dettaglio non trascurabile, se si considera che oggi la quasi totalità delle pa- ste fresche confezionate presenti sul mercato sono prodotte da semole di grano duro e farine di grano tenero di origine indu- striale, cioè macinate in mulini che miscelano varietà di origine nazionale ma soprattutto estera.

• 87 • Quasi tutte queste semole e farine derivano, a loro volta, da grani selezionati ascrivibili a pochissime varietà, sinonimo di una biodiversità smarrita. Andando a ritroso nel tempo, il Pastificio Cardone ha ripor- tato nei campi un’antica varietà, che si è preservata inalterata nel tempo, a tutto vantaggio del sapore e del contenuto nutriziona- le: anche per questo gli esperti attribuiscono al Senatore Cappelli una elevata tollerabilità. E anche l’ambiente ringrazia. Il recupero di questa varietà con i metodi biologici, oltre ad arricchire la biodiversità del ter- ritorio del Parco delle Dune Costiere, contribuisce a rendere i terreni più fertili, grazie al sistema di rotazione delle colture. La coltivazione di grano Cappelli si alterna a quella dei ceci neri, un legume tipico pugliese, da cui il pastificio ricava una farina che aggiunge – in percentuali del 40% – alla produzione di pasta. L’agricoltura biologica si conferma ancora una volta essenziale per la tutela della natura e il mantenimento della biodiversità dei paesaggi agrari. Puntare su una filiera biologica e tracciabile non è stata una scelta semplice – specie in un periodo di crisi come quello attuale in cui tutti tendono a risparmiare – ma è stata vincente. Il legame col territorio rappresenta un valore aggiunto per i consumatori che sempre più, oggi, richiedono cibo sano e sicuro.

La nostra storia

Il Pastificio Artigianale Cardone nasce nel 1988 come piccolo laboratorio artigianale di pasta fresca che utilizzava le ricette e i meto- di della tradizione pugliese, tramandate dai nostri antenati. Grazie al successo ottenuto dalla pasta fre- sca nel 1997 inaugura un nuovo centro di produzione di pasta fresca Cardone proget- tato per coniugare tradizione, qualità arti- gianale e innovazione. La passione per la pasta si riflette in ogni fase del processo produttivo, dalla sele- zione dei migliori grani alla molitura, dalla scelta delle acque più pure alla realizzazione dell’impasto.

• 88 • Questo è vero soprattutto nei Paesi dell’Europa continentale, dove l’abitudine a consumare prodotti biologici è più radicata. Non a caso i mercati di riferimento del Pastificio Cardone sono soprattutto esteri: Svezia, Austria, Svizzera. In Italia, si è deci- so di puntare su un preciso segmento di consumatori, costituito soprattutto da ristoranti di qualità. Cosi, oggi, questa piccola azienda – 12 dipendenti, due punti vendita e un fatturato annuo di 1 milione di euro – è diventata una delle realtà più importanti in Italia quando si parla di pasta fresca, grazie ad un prodotto di nicchia molto apprezzato dagli intenditori. Nel frattempo sono arrivati i primi riconoscimenti: nel 2012 Slow Food Piana degli Ulivi ha scelto la pasta Cardone quale eccellenza del territorio; nello stesso anno Sportweek ha anno- verato l’azienda tra i 10 migliori pastifici artigianali d’Italia. Da poco si è aggiunto anche il marchio Prodotti di Qualità Puglia, un riconoscimento, valido a livello comunitario, conferito dal- la Regione a quelle imprese che realizzano prodotti secondo standard di filiera sostenibile e certificata. Alla base del successo dell’azienda c’è anche la capacità di investire costantemente in attività di ricerca e sviluppo per differenziarsi dai competitor e sviluppare così un’offerta di prodotti innovativi che salvaguar- dino la freschezza e il legame con la tradizione. Il tutto a partire dall’utilizzo di ingredienti locali.

La nostra visione

Tutte le nostre scelte si basano su 3 principi che rappresentano i capisaldi della nostra visione aziendale:

INNOVAZIONE NELLA TRADIZIONE: investire costantemente in attività di ri- cerca e sviluppo per differenziarsi dai competitor e sviluppare così un offerta di prodotti innovativi che salvaguardino la freschezza originaria e il legame con la tradizione;

QUALITÀ SENZA COMPROMESSI: offrire solo prodotti di qualità superiore, per conquistare il rispetto e la fedeltà dei consumatori;

ASCOLTO DEL CONSUMATORE: ascoltare il mercato per intercettare prima di tutti nuovi bisogni dei consumatori.

• 89 • Ne sono un esempio i tagliolini con vincotto di primitivo, di prossima commercializzazione, nati dall’accordo con un vi- tivinicoltore pugliese. O ancora la pasta realizzata con farina di carruba – altro prodotto tipico del territorio del Parco delle Dune Costiere – che viene aggiunta a quella ricavata dal grano Senatore Cappelli. Il progetto di filiera corta certificata del Pastificio Cardone è in piena sintonia con la politica di recupero e valorizzazione delle colture tipiche – dalla varietà di ulivo Ogliarola al pomo- doro Regina – portata avanti dal Parco delle Dune Costiere. L’a- zienda ha infatti ricevuto il marchio del Parco: uno strumento di marketing aziendale e territoriale, concesso a quelle imprese che hanno fatto della tutela del paesaggio agrario, dell’agricoltura biologica, della filiera corta un elemento fondante della propria attività. L’Ente Parco e il Pastificio partecipano insieme al progetto, finanziato dall’Unione Europea, Bio-itinerario della Via Traiana, che mette insieme soggetti pubblici e privati tra cui aree naturali protette, beni di interesse storico-culturale, associazioni cultu- rali, aziende agricole biologiche, punti vendita bio, aziende di

Cosa facciamo Il Pastificio Artigianale Cardone dedica la propria attenzione alla produzione di formati di pasta tipici regionali, utilizzando ma- Aziende terie prime coltivate con meto- Agricole diche agricole che non prevedo- no l’uso né di prodotti chimici né di pesticidi e garantendo il controllo di tutta la filiera, dalla Molini coltivazione nei campi fino al Artigianali controllo del processo produtti- vo presso il nostro pastificio.

Pastificio Cardone

• 90 • trasformazione, agriturismi della zona. Con questa iniziativa si intende non solo promuovere l’antica via romana, ma mettere a rete tutte queste buone pratiche, per farle conoscere ad una platea più vasta di turisti. Il Pastificio Cardone è poi uno dei protagonisti dei Laboratori didattici organizzati dal Parco per i suoi visitatori. Quando la produzione incontra la tradizione coinvolgendo il pubblico, può nascere un potente strumento di marketing. Un esempio è il laboratorio Mani in Pasta, un corso pratico di pre- parazione della pasta fresca con il grano biologico della varietà Senatore Cappelli tenuto dal Pastificio. Durante questo evento, che si tiene regolarmente, turisti da ogni parte d’Italia e del mon- do si cimentano nel creare, rigorosamente a mano, la pasta tra- dizionale pugliese, con successiva degustazione, sperimentando la netta differenza di sapori e profumi. Educazione alimentare, artigianalità, turismo, tutti gli ingredienti per la valorizzazione del territorio, dei suoi prodotti e delle aziende che sanno fare sistema. Il prossimo passo, nella collaborazione fra Parco e Pasti- ficio, sarà il lancio di un nuovo brand: la pasta del parco.

I Riconoscimenti

2010: Certificazione UNI EN ISO 22005/2008

2013: Certificazione Biologica ICEA

2014: Azienda a marchio Parco delle Dune Costiere

2015: Certificazione Prodotti di Qualità Puglia

• 91 • Le nostre linee di prodotto

ETICHETTA ROSSA Pasta tipica regionale di semola di grano duro da agricoltura biologica italiana

Catalogo Pasta fresca di semola di grano duro da agricoltura biologica italiana

• 92 • Le nostre linee di prodotto

ETICHETTA NERA Pasta tipica regionale di farina semolata di grano duro varietà “SENATORE CAPPELLI” da agricoltura biologica italiana

Catalogo Pasta fresca di semola di grano duro da agricoltura biologica italiana

• 93 • Catalogo Pasta fresca di semola di grano duro da agricoltura biologica italiana

• 94 • Catalogo Pasta fresca di farina semolata varietà Senatore Cappelli da agricoltura biologica italiana

• 95 • Il progetto Senatore Cappelli

La linea di pasta «Senatore Cappelli» nasce come progetto sperimentale nel 2009 con l’obiettivo di recuperare il patrimonio cerealicolo locale e creare una filiera produttiva controllata e garantita, a parti- re dal campo (inteso come controllo delle coltivazio- ni di grano) fino ad arrivare alla tavola (intesa come produzione di pasta fresca).

Il progetto Senatore Cappelli oggi

Foto da archivio di “progettipercomunicare”edizioni

Biodiversità

Cavatelli varietà Senatore Cappelli con Farina di Ceci Neri

• 96 • La rivista settimanale Sportweek (inserto della Gazzetta dello Sport) annovera Cardone tra i 10 migliori pastifici artigianali d’Italia.

Il settimanale Espresso n° 11 del 14/03/2014

PASTIFICIO ARTIGIANALE CARDONE Via S. Oronzo, 195 72015 Fasano (BR) Italia +39 080 4395635 +39 080 8490382 [email protected] www.pastificiocardone.it

• 97 • LA PASTA “NEATURA”

• 98 • Micosidin ha sede in Gravina in Puglia ed ha come obiettivo la tutela e la promozione dei prodotti di qualità, viste le pecu- liarità del comune di appartenenza il cui nome deriva dal latino “Grana Dat Et Vina”, il cui territorio si presta all’agricoltura e ancor più per vocazione alla cerealicoltura. Tra l’altro, c’è da ricordare che la prima pasta ad approdare in America nel 1926 è stata la Pasta Diva, prodotta dai mulini e dal pastificio Divella Salvatore di Gravina in Puglia. Pertanto, la nostra preoccupa- zione è creare una filiera che va dal cerealicoltore al pastificio artigianale, individuando siti in loco con agricoltori motivati a produrre grano di alta qualità, appartenenti a varietà di pregio, come quella denominata “Senatore Cappelli”. In aggiunta, la coltivazione del grano duro si avvale della tecnica della “micorrizazione”, praticata utilizzando micorrize della società “Micosidin”; tutto ciò consente l’ottenimento di semole di altrettanto alta qualità da parte di molini di nostra scelta; infine, grazie a pastifici artigianali opportunamente sele- zionati, risulta possibile la produzione della pasta Neatura, dota- ta di elevata peculiarità, in quanto fatta con tradizionali metodi di lavorazione ed essiccazione; quest’ultima, ad esempio, è con- dotta a temperatura bassa, variabile tra 40 e 42°C, per la durata di 16-20 ore, in modo da conservarne il più intatte possibile le qualità organolettiche. Le trafile utilizzate, poi, sono in bronzo, fatta eccezione per i formati artigianali.

• 99 • LA VARIETA’ “SENATORE CAPPELLI” CITAZIONI STORICHE La varietà di frumento duro “Senatore Cappelli” fu costituita per selezione genealogica a Foggia, nel 1915, dal padre della moderna cerealicoltura mondiale Nazareno Strampelli. Per decenni è stato il frumento duro più coltivato al Sud e nelle Isole. Un primato mantenuto fino agli anni ’50 e cioè fino al diffondersi di varietà più produttive e di taglia più bassa, al fine di ridurre il fenomeno dell’allettamento, cioè il piegamento ed il coricamento delle piante dovuto all’azione del vento, par- ticolarmente accentuato in tale varietà data la sua taglia elevata.

CARATTERISTICHE QUALITATIVE E ORGANOLETTICHE Le cariossidi (chicchi) di Senatore Cappelli, di colore giallo ambra molto intenso, sono caratterizzate da: a) un notevole peso (58 grammi per 1000 cariossidi); b) un elevato tenore pro- teico, che facilmente raggiunge il 17% della sostanza secca; c) un contenuto di lipidi, aminoacidi, vitamine e minerali (potassio, magnesio, selenio, etc.) percentualmente più elevato rispetto ad altre varietà di frumento duro. A livello organolettico, poi, il grano Senatore Cappelli, e quindi la sua semola, permette la produzione di una pasta di straordinaria “callosità”, tenuta alla cottura, nonché di pane e pasta dal profumo intenso di grano, dal gusto avvolgente e tipi- co, di elevata digeribilità e conservabilità.

CARATTERISTICHE SALUTISTICHE Al contrario di altre varietà di frumento duro, quella del Se- natore Cappelli sembra non indurre nel consumatore problema- tiche patologie di tipo. A riguardo, il prof. dr. Luciano Pecchiai (Libero Docente in Anatomia Patologica, Primario Patologo Emerito dell’Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi” di Milano, Direttore del Centro di Eubiotica Umana di Milano, nonché esperto di Alimentazione e Medicina Naturale ha affermato che: “Sembra fondata l’ipotesi, che la modifica genetica delle varie- tà di grani moderni, sia correlata ad una variazione della loro proteina, ed in particolare di una sua frazione, la gliadina, che è una proteina basica, dalla quale per digestione peptica-triptica, si ottiene una sostanza chiamata frazione III di Frazer, alla quale è dovuta l’enteropatia infiammatoria e quindi il malassorbimento del gluine, vedi celiachia.

• 100 • COMPOSIZIONE NUTRIZIONALE DELLA SEMOLA DI GRANO DURO SENATORE CAPPELLI (Valori medi per 100g di prodotto)

VALORE ENERGETICO 341 Kcal - 1448 KJ CARBOIDRATI 73,3 g PROTEINE 15,5 g GRASSI 1,1 g FIBRA ALIMENTARE 0,8 g

LA MICORRIZAZIONE È una pratica colturale che si avvale delle micorrize, preziosis- simi microrganismi costituiti da batteri e da funghi che, mescolati ai semi delle colture agrarie, vivono successivamente nel terreno in simbiosi con le radici delle piante. Questa tecnica migliora la crescita delle piante stesse, perché ne favorisce l’approfondi- mento degli apparati radicali, conferendo loro contemporane- amente una maggiore capacità di assorbire l’acqua e le sostanze nutritive in esse disciolte, fatto che consente perciò di limitare gli apporti di concimi minerali al terreno. Questi microrganismi fungono, inoltre, da filtro naturale, in quanto riducono forte- mente l’assorbimento da parte delle radici di agenti inquinanti presenti nel terreno, impedendone il trasferimento nella pianta e quindi nei frutti; in particolare, grazie alla loro azione sostanze come i nitrati ed anche i metalli pesanti, le micotossine (aflatossi- ne, ocratossina, ecc.) sono trasformati in aminoacidi e sostanze organiche non dannose per la salute umana, mentre vengono altresì degradati più velocemente i residui di fitofarmaci even- tualmente presenti nel terreno. Inoltre, dalle colture micorri- zate si ricavavano dei prodotti che in genere contengono una quantità di antiossidanti (Unità ORAC), cioè sostanze in grado di contrastare l’invecchiamento e/o alcune malattie, maggiore tra il 20 ed il 40% in confronto a quelli ottenibili in assenza di micorrizzazione.

• 101 • Orecchiette Pugliesi Pasta di semola di grano duro da agricoltura Micorizzata

Orecchiette Pugliesi Senatore Cappelli Pasta di semola di grano duro da agricoltura Micorizzata

• 102 • MICOSIDIN S.a.s. Via Novella, 69 70024 Gravina in Puglia (BA) Italia +39 080 3269022 +39 347 1226637 [email protected] [email protected] www.micosidin.com

• 103 • • 104 • • 105 • L'olio, la nostra arte I fratelli Dellorusso esprimono l’amore per la propria terra e per le proprie origini attraverso il nome del frantoio: “Feudo dei Verità”. La scelta è stata ispirata dalla storia del territorio di Mariotto, il paese natio dei fratelli Dellorusso, dove si trova il frantoio oleario. Il Frantoio Feudo dei Verità ha ridato vita ad un’antica costruzione in pietra, tipica del territorio pugliese, at- traverso un restauro attento a preservarne l’autenticità. Questa attenzione ha permesso di portare alla luce delle iscrizioni che riprendono espressioni di carattere popolare, animate dalla sag- gezza della civiltà contadina. L’antica struttura è stata anche am- modernata grazie ai più attuali impianti di lavorazione e conser- vazione dell’olio, un connubio tra la tradizione e la modernità. Il nostro olio assume i profumi e i colori della nostra esperienza, ma anche della dedizione per la produzione, che ci ha portati a migliorarla attraverso tecniche all’avanguardia che preservino i valori nutrizionali dell’extravergine d’oliva. Tutto questo per- mette all’olio non solo di essere pregiato e di alta qualità, ma anche di incontrare i palati più raffinati e moderni con il suo sapore autentico.

• 106 • The brothers Dellorusso express love for their land and its origins through the name of the mill: “Feudo dei Verità”. This choice was inspired by the history of the territory of Mari- otto, the birthplace of the brothers Dellorusso, where is located the oil press. The Feudo dei Verità Oil Press has revived an old stone building, typical of Apulia, through a careful restoration to preserve the authenticity of the structure. This attention has allowed us to discover some inscriptions which include expres- sions of popular character, inspired by the wisdom of farmer civilization. The old building has been restored to recover and enhance the spaces and the architectural elements, but has also been upgraded thanks to the current processing plants and oil storage. It’s for this reason that our structure presents itself as the union between tradition and modernity, on that path that leads us from to the extra-virgin olive oil. Our oil takes on the scents and the colors of our experience, but also of our dedication to the production, which led us to improve it throu- gh advanced techniques that preserve the nutritional values of the extra-virgin olive oil. All this makes to our product not only to be valuable and of a high quality, but also to meet the most refined and modern palates with its authentic flavor.

• 107 • Olio extravergine di oliva Don Michele Blend 750 ml, 500 ml, 250 ml, 100 ml.

Coratina, Cima di Bitonto, Peranzana e cultivar minori

In lattine da 3 lt e 5 lt

• 108 • Olio extravergine di oliva Il nobile Paolo 750 ml, 500 ml

Olio extravergine di oliva Don Michele Selezione Oro 750 ml, 500 ml, 250 ml, 100 ml.

• 109 • • 110 • FRANTOIO OLEARIO FEUDO DEI VERITÀ snc Via Le Matine s.n. 70032 Mariotto-Bitonto (BA) Italia +39 080 3736051 +39 080 3736051 +39 331 3387394 http://www.feudodeiverita.it/it/contatti.html

• 111 • • 112 • Aziende nell’agro di Canosa (BA), piantate ad olivo nel seco- lo scorso dagli avi dell’attuale proprietario, l’avvocato Giovanni Sinesi, e da circa 20 anni gradatamente ristrutturate secondo un programma frutto della felice collaborazione tra un professio- nista che ama la terra, ma che voleva fosse economicamente redditizia, e un gruppo di esperti della Facoltà di Agraria di Bari: Prof. Mario Bucci, Prof. Giulio Casella, Prof. Giuseppe Laccone, Prof. Pasquale Montemurro. Entrambe le aziende fanno capo ad un centro aziendale in cui hanno sede l’amministrazione e una stazione di imbottiglia- mento dell’olio. I terreni sono condotti direttamente dal proprietario, con il quale collaborano il rag. Domenico Foggetti, la sig.a Rosa Mon- terisi e il capo d’opera Sabino Pellegrino. La superficie piantata ad olivi è di 52 ettari. Il terreno è di natura sabbioso-limosa e poggia su calcari teneri in profondità. Il clima è tipicamente mediterraneo, caldo-asciutto con tempe- ratura media di 16,1°C e con piovosità media annua di 562 mm. La produzione globale oscilla tra 300.000 e 500.000 kg di olive, che per la raccolta precoce, hanno una resa del 16-18% di olio extra vergine, dolce, aromatico, profumato, con minima acidità (0,3-0,4%), assenza di residui dannosi e resistente all’ir- rancidimento. Le olive vengono frante entro 24-48 ore dalla raccolta con formazione di pasta in tramoggia con pietre di granito e premi- tura a freddo.

• 113 • La trasformazione

Dalle iniziali 70 piante per ettaro di varietà Coratina che risalgono all’inizio del ‘900 (previa eliminazione del mandorlo successivamente consociato e la fratturazione degli strati profondi calcarei del terreno per aumentare la capacità di assorbimento dell’acqua ed il relativo drenag- gio) nel 1977-78 si è proceduto al rinfittimento, sempre con varietà Coratina, con altre piante così che l’investi- mento oggi risulta di 210 piante per ettaro. Contemporaneamente è stato realizzato un pozzo ar- tesiano, con stazione di filtraggio, ed un impianto di “irri- gazione a goccia” che assicura durante il periodo di siccità l’acqua e gli elementi nutritivi necessari per lo sviluppo e la produzione delle piante (fertirrigazione). Nel 1986 è iniziata l’adozione della lotta guidata con l’obiettivo di ridurre gli interventi per la protezione delle piante.

• 114 • Sempre nell’86 è stata modificata sostanzialmente l’ar- chitettura delle piante, che erano allevate a “vaso barese”, adottando una tecnica di potatura diversa da quella tradi- zionalmente attuata nel territorio, limitando gli interven- ti cesori e, quindi, riducendo notevolmente l’impiego di manodopera; tale tecnica ha permesso di arricchire note- volmente la vegetazione degli olivi, nei quali veniva con- temporaneamente lasciata vuota la parte interna per fa- vorire la penetrazione della luce e la circolazione dell’aria. Questa complessa ed onerosa trasformazione ha con- sentito la riduzione del 30% dei costi e l’aumento di 3 volte della produzione di olive.

• 115 • La Tradizione

Dovunque vi sia stata civiltà, nel bacino del Mediterrano, sono presenti le tracce della coltivazione dell’olivo e della produzione di olio. Questo passato è la nostra storia, la nostra cultura... il nostro futuro. L’olivo è il simbolo della pace e del lavoro umile; i nostri contadini vivono in simbiosi con piante di olivo secolari e si sacrificano insieme ad esse, giorno per giorno, sognando l’olio genuino che verrà.

La Qualità

Senza rinnegare la tradizione, ma con l’ausilio delle più moderne tecniche agronomiche, le Aziende Agricole “Santa Croce & Sant’Aloja” hanno esaltato le virtù della varietà “Coratina” e sono riuscite a conferire al proprio olio extra vergine impensati requisiti di qualità: eccezionali profumi, meravigliosi aromi, dolcezza inimitabile, acidità minima ed assenza di residui dannosi.

La Garanzia

Le Aziende Agricole “Santa Croce & Sant’Aloja” puntano ora a far conoscere il proprio Olio a fasce sempre più ampie di consumatori, ai quali garantiscono la costanza dei requisiti appena indicati e, fattore non meno importan- te, prezzi orientati verrso la massima competitività. Un’azione di penetrazione, questa, che va riscuotendo sui mercati italiani e internazionali e che prosegue con perse- veranza, coerenza e serietà.

• 116 • Tradition

Wherever it had been civilization, in the Mediterranean basin are present the signs of the olive-tree cultivation and of the oil production. This past is our history, our culture ... our future. The olive-tree is the symbol of peace and of the humble work; our farmers live in symbiosis with the secular olive trees and they sacrifice themselves to tham, day by day, dreaming the genuine oil to came.

Quality

Without denying tradition, but with the help of the most modern agronomical techniques, the Aziende Agricole “Santa Croce & Sant’Aloja” have exalted the virtues of the “Coratina” variety and they succeed in giving to their own extra olive oil unexpected qualifictions, exceptional fra- grance, wonderful aromas, peerless sweetness, the lowest acidity and the lack of noxious residual products.

Reliability

The Aziende Agricole “Santa Croce & Sant’Aloja” aim at advertising their own oil to still wider layers of consu- mers, to whom they guarantee the faithfulness of the qualifications just stated and, there is an element not less important, the prices are directed towards the highest competitiveness. That is an action of penetration, which wins growing approvals on the Italian and international markets and which goes on the whit persistence, coheren- ce an wery seriously.

• 117 • Tradizione Qualità Garanzia

• 118 • AZIENDE AGRICOLE SANTA CROCE & SANT’ALOJA Direzione Commerciale Avv. Giovanni Sinesi Corso Vittorio Emanuele, 10 70121 BARI (Italia) +39 080 5216730 +39 080 5216900 [email protected] http://www.italyexport.com/oilprodur/rl 6p6.htm

Stabilimento di Canosa di Puglia Via Muzio Scevola, 7 76012 Canosa di Puglia (BA) Italia +39 0883 664536

• 119 • • 120 • • 121 • La qualità vince sui freddi numeri. L’amore per la natura, la lavorazione della terra e la coltivazione degli ortaggi, secondo le antiche tradizioni, batte la mentalità industriale, che ha l’assillo di produrre, produrre tanto, produrre ad ogni costo. Romantici- smo, penserete, al giorno d’oggi. No, realtà. Tutto questo avvie- ne alla Pugliese & Co srl, azienda specializzata nella produzione di sottolio, paté e sughi pronti, che per il mercato estero ha lanciato il brand Mastrototaro Food.

Le apparecchiature modernissime e tecnologicamente avan- zate consentirebbero alla società dei fratelli Mastrototaro di produrre 100 mila vasetti al giorno ma, per una precisa scelta aziendale, non si superano mai i 5 mila. Il motivo? Lavoro, ener- gie e attenzioni sono concentrate soprattutto a monte, nella se- mina, coltivazione e raccolta delle bontà dei campi. Pomodori, carciofi, melanzane, peperoni, zucchine, piantati nei terreni di famiglia, tutti nel raggio di pochi chilometri, vengono allevati con cura e sapienza fino alla raccolta, rigorosamente a mano.

• 122 • Quality beats cold numbers. Love for nature, soil processing and vegetable farming following ancient traditions beat the industrial mentality, which concentrates above all on increasing production. Maybe this is a romantic view in the modern world but in this case it is true. Pugliese & Co srl, a company specializing in foods preserved in oil, pâtés and ready-to-eat sauces, has just launched the Mastrototaro Food brand for the foreign market.

Their very up-to-date and technologically advanced machine- ry would enable the Mastrototaro brothers’ company to produce one hundred thousand jars a day but it is company policy never to exceed five thousand jars. What is the reason? Work, energies and care mainly focus on the preliminary seeding, cultivation and the harvesting of field delicacies. Tomatoes, artichokes, aubergi- nes, peppers and marrows are planted in the family fields for few kilometres round and they are carefully and masterly cultivated until they are harvested, which is strictly by hand.

• 123 • Nel pieno rispetto dei processi biologici della natura, la la- vorazione dei prodotti e l’invasettamento avvengono esclusiva- mente “dal fresco”, ovvero nel giro di pochissime ore dopo la raccolta, senza far ricorso alla conservazione in fusti, per preser- vare tutte le qualità organolettiche degli ortaggi. Raccogliendo meccanicamente si impiegherebbe meno tempo e si risparmierebbero risorse da investire diversamen- te? Acquistando da terzi si potrebbe aumentare la produzione? Certamente. Ma alla famiglia Mastrototaro non interessa. Il con- trollo totale della filiera, una filiera volutamente cortissima che rispecchia il vero chilometro zero, è fondamentale per garantire l’eccellenza della produzione. “Dal produttore al consumatore”, formula ormai sempre più rara nel mercato attuale, da queste parti non è un finto slogan ma un principio cardine della filosofia aziendale da seguire scrupolosamente.

L’esplosione dei colori della natura, dopo il lavoro nei campi, si fonde con la passione per il buon cibo e dà luogo alla produ- zione griffata Mastrototaro Food, che si divide in due settori principali: da una parte una vasta gamma di deliziosi sottolio, dall’altra gustosi paté e succulenti sughi pronti. Fra le conserve sottolio spiccano i ricercati pomodori secchi, preparati secondo le antiche ricette tradizionali pugliesi, e i car- ciofi in diverse e sfiziose varietà. Il viaggio fra i sottolio, auten- tica esaltazione del palato, prosegue con melanzane, peperoni e zucchine, trionfo dei sapori tipici dell’assolata terra di Puglia. Dagli stessi ortaggi si ricavano i profumatissimi paté, ideali sia per impreziosire le tavole con gustosi e variopinti antipasti, sia per consumare pasti frugali e delicati. Tradizione e valorizzazio- ne dei prodotti tipici locali dominano anche nei sughi pronti, che spaziano dalle classiche passate di pomodoro e basilico a prodotti più rari e ricercati, come la salsa “Pric o Prac”, antica ricetta molfettese a base di pomodori e peperoni, leggermente piccante, che anticamente veniva usata al mattino per riscaldarsi.

• 124 • The processing of products and the preparation of jars are made only “from fresh food”, which means within a very few hours of being harvested and without using cans for storage, in order to preserve all the organoleptic qualities of vegetables, while fully respecting the biological processes of nature. Would it take less time with mechanical harvesting and save re- sources to be invested in a different way? Would buying from a third party increase production? Of course but the Mastrototaro family does not care about this. Full control of the chain of pro- duction, which is intentionally very short and shows that the food produced really is local, is fundamental to guarantee production excellence. “From the farm to the fork”, increasingly uncommon in the current market, is not a mere slogan in this case but is the cornerstone of the company philosophy.

The explosion of the colours of nature after working in the fields blend with the passion for good food and give rise to the production of Mastrototaro Food, which is divided into two main areas. On the one hand, there is a wide range of delicious products preserved in oil; on the other hand, there are tasty pâtés and succulent ready-to-eat sauces. The popular dried tomatoes, prepared following ancient Apulian traditional recipes, and the artichokes in many varieties stand out from in-oil preserves. Foods preserved in oil genuinely exalt the taste of aubergines, peppers and marrows and celebrate the typical flavours of sun-kissed Apulia. The same vegetables are the ingredients of the wonderfully fra- grant pâtés, which are ideal both to decorate tables with tasty and colourful appetizers and to eat frugal and refined meals. Tra- dition and an appreciation of typical local products also stand out from the ready-to-eat sauces, which range from classic to- mato sauce with basil to more uncommon and sought-after pro- ducts, such as the slightly spicy “Pric o Prac” sauce, a recipe using tomatoes and peppers from the town of Molfetta, which was used in ancient times to get warm in the morning.

• 125 • Pomodorini Essiccati in Olio ExtraVergine di Oliva Ingredienti: Pomodorini essiccati 63%, olio extravergine di oliva 33%, aceto di vino, basilico, prezzemolo, aglio, peperoncino, origano, sale. Antiossidante: acido ascorbico.

Passata di Pomodorino Ingredienti: Pomodorini di Puglia 97%, basilico fresco, sale.

Polpa fine di pomodoro al naturale Ingredienti: Pomodori di Puglia 97%, sale.

Patè di Pomodori secchi Ingredienti: Pomodori essiccati al sole 60%, olio extravergine di oliva, aceto di vino, zucchero, basilico, aglio, peperoncino, origano, sale. Antiossidante: acido ascorbico.

Patè di Carciofi Ingredienti: Carciofi 58%, olio extravergine di oliva, olio di semi di girasole, prezzemolo, sale aglio. Correttore di acidità: acido lattico, antiossidante: acido ascorbico.

Patè di Olive Nere Ingredienti: Olive 90% olio extravergine di oliva, aglio, origano, aceto di vino, sale. Correttore di acidità: acido citrico

• 126 • Patè di Funghi Champignon Ingredienti: Funghi champignon coltivati (agaricus bisporus) 63%, olio di semi di girasole, olio extravergine di oliva, prezzemolo, funghi porcini (boletus edulis e relativo gruppo) 2%, aglio, aceto di vino, sale. correttore di acidita’: acido citrico, antiossidante: acido ascorbico

Bruschetta Salsa con funghi e pomodori secchi Ingredienti: Funghi prataioli coltivati (agaricus bisporus) 30%, pomodori essiccati 30%, olio extra vergine di oliva 26%, aceto di vino, prezzemolo, peperoncino, aglio, sale. Correttore di acidità: acido citrico, antiossidan- te: acido ascorbico.

Priccoprac Condimento per insalate di riso e bruschette Ingredienti: Peperoni,olio extra vergine di oliva, olio di semi di girasole, sedano, prezzemolo, peperoncino, aglio, aceto di vino, sale Correttore di acidità: acido citrico, antiossidate: acido ascorbico. Contiene sedano.

Carciofi di Puglia Ingredienti: Carciofi 62%, olio extravergine di oliva, olio di semi di girasole, prezzemolo, peperoncino, aglio, aceto di vino, sale. Correttore di acidita’:acido citrico, antiossidante: acido ascorbico.

Funghi Champignon Grigliati Ingredienti: Funghi champignon coltivati (agaricus bisporus) 62%, olio extravergine di oliva, olio di semi di girasole, prezzemolo, peperoncino, aglio, aceto di vino, sale. Correttore di acidità :acido citrico, antiossidante: acido ascorbico.

Carciofi Spaccatelli in Olio ExtraVergine di Oliva Ingredienti: Carciofi 62%, olio extravergine di oliva 35%, prezzemolo, peperonci- no, aglio, aceto di vino, sale. Correttore di acidita’:acido citrico, antiossidante: acido ascorbico.

• 127 • Melanzane Julienne in Olio ExtraVergine di Oliva Ingredienti: Melanzane 63%, olio extravergine di oliva 27%, sedano, peperoncino, prezzemolo, aglio, origano, aceto di vino, sale. Correttore di acidtà:acido citrico, antiossidante : acido ascorbico. Contiene sedano.

Funghi cardoncelli in Olio ExtraVergine di Oliva Ingredienti: Funghi Cardoncelli coltivati (Pleurotus Eryngii) 65%, olio extra vergine di oliva 30%, prezzemolo, aglio, peperoncino, alloro, aceto di vino, sale. Antiossidante: acido ascorbico.

Peperoni Grigliati in Olio ExtraVergine di Oliva Ingredienti: Peperoni 65%, olio extravergine di oliva 32%, prezzemolo, aglio, aceto di vino, sale. Antiossidante: acido ascorbico.

Carciofi Grigliati Ingredienti: Carciofi 62%, olio extravergine di oliva, olio di semi di girasole, prezzemolo, peperoncino, aglio, aceto di vino, sale. Correttore di acidità:acido citrico, antiossidante: acido ascorbico.

Pomodori Essiccati in Olio ExtraVergine di Oliva Ingredienti: Pomodori essiccati 63%, olio extravergine di oliva 33%, aceto di vino, basilico, prezzemolo, aglio, pepe- roncino, origano, sale. Antiossidante : acido ascorbico.

Zucchine Julienne in Olio ExtraVergine di Oliva Ingredienti: Zucchine 65%, olio extra vergine di oliva 32%, peperoncino, prezzemolo, aglio, aceto di vino, sale. Correttore di acidità: acido citrico, antiossidante: acido ascorbico

• 128 • Pesto alla Genovese Ingredienti: Basilico 50%, olio extra- vergine di oliva 24%, olio di semi di girasole, mandorle, pecorino ( latte, sale, caglio), parmigiano reggiano ( latte, sale, caglio), aglio, pinoli, sale. Correttore di acidità: acido citrico.

Bruschetta Pomodorino Ingredienti: Pomodorini 84%, cipolla, olio extravergine di oliva, peperoncino piccante 2%, basilico, prezzemolo, zucchero, sale. Correttore di acidità: acido citrico.

Spaghetti Fly Ingredienti: Pomodorini 84%, cipolla, olio extravergine di oliva, peperoncino piccante 2%, basilico, prezzemolo, zucchero, sale. Correttore di acidità: acido citrico.

Olive Bella di Puglia Ingredienti: Olive 60%, acqua, sale, alloro, finocchietto selvatico. Correttore di acidita’: acido citrico, antiossidante: acido ascorbico.

Carciofi Contadina Ingredienti: Carciofi 62%, olio di semi di girasole, olio extravergine di oliva, prez- zemolo, peperoncino, aglio, origano, aceto di vino, sale. Correttore di acidità: acido citrico, antiossidante: acido ascorbico.

Antipasto Biscegliese Ingredienti: Ortaggi e funghi in proporzione variabile (carciofi, cipolle borettane, funghi champignon cotivati “agaricus bisporus”, peperoni) 70%, olio extra vergine di oliva, olio di semi di girasole, alloro aceto di vino, sale. Correttore di acidità: acido citrico, antiossidante: acido ascorbico

• 129 • Melanzane Grigliate in Olio ExtraVergine di Oliva Ingredienti: Melanzane 65%, olio extrave gine di oliva 32%, peperoncino, prezzemolo, aglio, aceto di vino, sale, correttore di acidità: acido citrico, antiossidante: acido ascorbico

Cipolle Borettane in Olio ExtraVergine di Oliva Ingredienti: Cipolle borettane 65%, olio extravergine di oliva 32%, peperoncino, alloro, aceto di vino, sale. Correttore di acidità: acido citrico, antiossidante: acido ascorbico.

Lampascioni alla Barese Ingredienti: Lampascioni (Muscari como- sum) 65%, olio di semi di girasole 26%, olio extra vergine di oliva 7%, peperoncino, aceto di vino, sale. Correttore di acidità: acido citrico, antiossidante; acido ascorbico.

Olive verdi in salamoia Ingredienti: Olive 56%, acqua, sale, alloro, finocchietto selvatico. Correttore di acidita’: acido citrico, antiossidante: acido ascorbico.

Carciofi con Gambo Ingredienti: Carciofi 64%, olio extravergine di oliva, olio di semi di girasole, alloro, pepe, aceto di vino, sale. Correttore di acidità: acido citrico, antiossidante: acido ascorbico.

Carciofi della Contessa Ingredienti: Carciofi 62%, olio extravergine di oliva, olio di semi di girasole, alloro, pepe, aceto di vino, sale. Correttore di acidità: acido citrico, antiossidante: acido ascorbico.

• 130 • Bruschetta di carciofi con carciofi e pomodori secchi Ingredienti: Carciofi 57%, olio extra vergine di oliva, pomodori essiccati, prezzemolo, aglio, aceto di vino, sale. Correttore di acidità: acido citrico, antiossidante: acido ascorbico.

Salsa di cime di Rapa Ingredienti: Cime di rapa 76%, olio di semi di girasole, pomodori essic- cati, olio extra vergine di oliva, peperoncino, aglio sale. Correttore di acidità: acido citrico, antiossidante: acido ascorbico.

Pomodori secchi Ingredienti: pomodori, sale.

Patè 45 g

• 131 • T u t t o a k m 0

• 132 • AZIENDA AGRICOLA MASTROTOTARO PUGLIESE & CO. srl Via S. Andrea, 299 76011 Bisceglie (BT) Italia +39 080 395 8604 +39 080 395 8628 [email protected]

• 133 • • 134 • • 135 • La LENTICCHIA di ALTAMURA

• 136 • BREVE STORIA DELLA LENTICCHIA

Le lenticchie sono semi di una pianta erbacea, la “lens esulen- ta”, della famiglia delle leguminose, caratterizzata da uno stelo rampicante, ramoso, che raggiunge un’altezza di circa 50 cm e i cui baccelli contengono circa 2-3 semi tondi e schiacciati come piccole monete. Pare che la lenticchia detenga il primato del più antico legume coltivato. Infatti, in base allo studio alcuni reperti fossili, è stato dimostrato che la lenticchia veniva coltivata già nel 7000 a.C. nell’Asia Sud-occidentale, in aree corrispondenti oggi alla Siria settentrionale, donde si diffuse presto in tutto il bacino Mediterraneo, divenendo uno dei cibi di base delle plebi della Grecia e di Roma. Secondo una teoria, il nome di una delle più importanti famiglie romane, quella dei Lentuli, deriva appunto dal nome latino della lenticchia, “lens”. Ancora in epo- ca romana Catone dettò alcune norme per cucinarle nel modo migliore e Galeno, celebre medico di allora, ne sottolineò le virtù terapeutiche. Certamente noto a tutti, inoltre, è l'episodio della Bibbia (Genesi XXV) secondo cui Esaù vendette al fratello Giacobbe il diritto di primogenitura in cambio di un fumante piatto di lenticchie. Nei secoli successivi continuarono ad essere apprezzate e consumate grazie al loro basso costo e alla facile reperibilità, tanto da definirsi “carne dei poveri”. Al giorno d’oggi viene considerato di buon auspicio consu- mare un piatto di lenticchie durante la cena dell’ultimo dell’an- no: ciò è dovuto all’antica usanza di regalare, a fine anno, una scarsella (la tipica borsa per conservare monete e dobloni) col- ma di lenticchie. L’augurio era che ciascun chicco si trasformasse in un doblone, rendendo così ricco e fortunato il destinatario del dono. Le lenticchie erano preferite a tutti gli altri legumi per la loro forma appiattita e tondeggiante che ricordava le monete e per- ché, essendo di piccole dimensioni, a parità di volume, erano in numero maggiore.

• 137 • STORIA DELL’AZIENDA AGRICOLA LUIGI LORUSSO

L'azienda agricola del Dott. Luigi Lorusso è situata in agro di Spinazzola, nei pressi del Garagnone e da qualche tempo an- che nel territorio di Matera. L’azienda nasce nei primi anni del ‘900 da nonno Luigi e successivamente è stata tramandata di generazione in generazione, da padre in figlio fino ai giorni no- stri. Nel secolo scorso, fino agli anni ’50, l’azienda produceva la lenticchia tipica di Altamura per la sua forma gigante e il suo colore verde. È un legume molto apprezzato per il suo elevato contenuto di ferro e proteine e definito “la carne dei poveri” assieme ad altri legumi. Purtroppo la produzione è stata inter- rotta a causa dei costi di mercato troppo bassi per tale prodotto; infatti la raccolta veniva effettuata a mano a causa dell’assenza di macchine adatte, e questo determinava un prezzo più alto rispetto a quello dei mercati nazionali.

• 138 • Tuttavia, nel 2006, il nipote del fondatore dell’azienda, il dottor agronomo Luigi Lorusso, riprende la produzione del legu- me grazie alla presenza di macchinari idonei alla raccolta. Alla ripresa della produzione corrisponde la ripresa di antichi sapori ormai persi da tempo. Inoltre, la lenticchia è stata oggetto di sperimentazione da parte della Facoltà di Agraria dell’Univer- sità di Bari e ha raggiunto eccellenti livelli di qualità. La parteci- pazione a fiere e manifestazioni ha contribuito a far conoscere la Lenticchia di Altamura, una vera prelibatezza che oggi si vende in tutta Italia anche grazie al fatto che fa parte della Comunità del cibo di Terra Madre.

• 139 • CONFEZIONI

I legumi vengono impacchettati in buste elettrosaldate e in scatole da 500g. La vendita è anche disponibile in sacchi da 25 Kg in base alle esigenze del cliente.

Il prodotto viene confezionato in scatole provviste di codice a barre idonee alla vendita pres- so la GDO.

• 140 • L’azienda oltre alla produzione di lenticchia, si occupa del- la produzione di altri legumi quali ceci e cicerchie.

• 141 • • 142 • AZIENDA AGRICOLA DR. LUIGI LORUSSO Via Rovigo, 23 70022 Altamura (BA) Italia +39 080 3114120 +39 333 4224528 [email protected]

• 143 • • 144 • È nelle mani delle donne che fila una piccola rivoluzione, come racconta questa breve storia del marchio Donna Francesca - Italian Flavours.

Siamo nel 1986, a Mariotto, una frazione di Bitonto a pochi passi da Toritto. Ci troviamo a 240 metri sul livello del mare, in Puglia. Il nonno di Francesca Dellorusso, marito di Francesca e papà di Paolo (donne e uomini che faranno la storia di Donna Francesca, come scopriremo più avanti) mette a dimora la prima pianta di mandorle Filippo Cea. Tre anni dopo l’intero mandor- leto avrebbe visto fiorire solo i fiori, grandi e bianchi, di questo straordinario mandorlo originario di Toritto. È il 1989. La cura del mandorleto assorbe la quotidianeità dell’intera famiglia Del- lorusso, in una relazione quasi intima con la terra e i suoi tempi. Quelli agricoli determinano quelli familiari e privati. La produzione di mandorle – curata dalla fine degli anni no- vanta da Paolo – assicura il sostentamento e il benessere per tut- ta la famiglia. Il mandorleto oggi si estende per alcune decine di ettari nella località Le Matine, Mariotto. Venticinque anni dopo quel 1986 (siamo nel 2011) Francesca dà vita al marchio Donna Francesca, dedicandolo a sua nonna. È nelle mani delle donne che fila una piccola rivoluzione. Pur ereditando una tradizione, un sapere, che va dal nonno al padre, si afferma oggi una linea femminile che ha sempre accompagnato, consigliato e condiviso le avventure degli uomini. Moglie dolce, e dal carattere forte e indipendente, la prima Francesca ha dato prova di uno spirito di iniziativa non comune, guadagnandosi il rispetto di un’intera comunità. Oggi, Francesca Dellorusso, titolare unica dell’azienda agricola che porta il suo nome, con il nuovo marchio Donna Francesca produce mandorle Filippo Cea in guscio, sgusciate e pelate, pralinate e tostate salate. Ma anche olio extravergine di oliva e altri prodotti tipici pugliesi, come il cotto di fichi. “La co- noscenza raffinata dei sapori è un tratto della condizione uma- na”, come scrive l’antropologo sensoriale David Le Breton in “Il sapore del mondo”: sempre più apprezzati in Italia e all'estero, i sapori di Donna Francesca, sono nuove occasioni di conoscenza; sono sempre nuove raffinate sfide per ciascuno di noi.

• 145 • DONNA FRANCESCA IN THE HANDS OF APULIAN WOMEN

A small, gentle revolution spins from the hands of Apulian women, as it is shown in this short history of the brand Donna Francesca - Italian Flavours. The story starts in 1986 in Mariotto, a small fraction of Bitonto, near Toritto, Apulia. The setting is a land 240 metres above the level of the sea. Francesca Dellorusso’s grandpa was married to Francesca; they had a son, whose name was Paolo. They are the main characters in Donna Francesca’s brand history. Grandpa Filippo planted the first Flippo Cea’s almond tree. Three years later, in the whole almond grove one could see only the large white flowers of this extraordinary variety from Toritto. It is the year 1989. The whole Dellorusso family is absorbed in the daily care of the almond tree grove. Time is measured in close harmo- ny with the development of the trees and the ground-nurturing routines. The family schedule moulds around the growth of the plants. At the end of the 90s Paolo took over the business from his father. The production and sales of almonds ensured the survival and well-being of the whole family. Their almond grove now occupies several tens of acres in Le Ma- tine, near Mariotto. The care for the almond is paired since old times with the care for olive trees, another signature plant from Apulia.

• 146 • The family olive tree grove, which includes the varieties Pe- ranzana, Coratina and Cima di Bitonto, still occupies an impor- tant part of the Dellorusso family’s history. They own their own olive mill with large spectacular rose granite millstones. The oil from either mixed cultivars or from a single one (monocultivar) is a paramount ingredient of the Me- diterranean cuisine. 25 years later, in 2011, Francesca Dellorussocreates the brand Donna Francesca, in dear memory of her Grandma. A small re- volution spins from the hands of women in Dellorusso’s family. Despite the rich cultural heritage traded from her grandpa to her father, Francesca brings a feminine touch to the business. As a sweet, dedicated and yet strong and independent wife, Grandma Francesca did always show unusual initiative, gaining the respect of the entire community. Francesca Dellorusso as the only owner of the eponymous brand Donna Francesca produces almonds Filippo Cea, extravir- gin olive oil and other typical products from Apulia. “A profound knowledge of flavours is a trait of human condition”, writes the anthropologist David Le Breton in “The Taste of the World”: An Anthropology of the Sense. More and more appreciated in Italy and abroad, Donna Francesca’s flavours are chances of knowled- ge, new elegant challenges for the palate.

• 147 • MASSERIA DIDATTICA

La Masseria Didattica “Donna Francesca” si trova poco fuo- ri il piccolo centro di Mariotto, sulla strada per Quasano, nel territorio noto per la sua antica vocazione agricola. Il territorio di Mariotto, e dei comuni vicini, è protetto a sud dal Parco Na- zionale dell’Alta Murgia, depositario di una flora e di una fauna uniche nel territorio italiano e mondiale. Mandorli della cultivar Filippo Cea, ulivi, ciliegi e fichi rap- presentano il paesaggio che si può godere affacciandosi dalle finestre della Masseria, sede di un antico frantoio ancora in pie- na attività. Il frantoio prende il nome dalla più antica famiglia di Mariotto, i Verità. Con questo nome e con la gelosa custodia delle tradizioni, la Masseria Didattica si apre al pubblico per il quale organizza percorsi sui cicli delle produzioni biologiche del- le colture, di trasformazione dei prodotti della terra, ma anche percorsi di degustazione e naturalistici, che rappresentano cia- scuno un’avventura e una scoperta.

• 148 • • 149 • PRODOTTI PRODUCTS “DONNA FRANCESCA” “DONNA FRANCESCA” Mandorle Filippo Cea Mandorle Filippo Cea

In guscio 1000 gr. Raw unshelled 1000 gr. 25 000 gr. almonds 25 000 gr. Sgusciate 50 gr. Raw shelled 50 gr. 100 gr. almonds 100 gr. 200 gr. 200 gr. 500 gr. 500 gr. 1000 gr. 1000 gr. 25 000 gr. 25 000 gr. Pelate 50 gr. Blanched 50 gr. 100 gr. almonds 100 gr. 200 gr. 200 gr. 500 gr. 500 gr. 1000 gr. 1000 gr. Tostate salate 50 gr. Roasted salted 50 gr. 100 gr. almonds 100 gr. 200 gr. 20 pcs carboard display unit 200 gr. 500 gr. (25 gr Litographed sachet) 500 gr. 1000 gr. 1000 gr. Pralinate 50 gr. Praline-coated 50 gr. 100 gr. (sugar-coated) almonds 100 gr. 200 gr. 20 pcs carboard display unit 200 gr. 500 gr. (25 gr Litographed sachet) 500 gr. 1000 gr. 1000 gr.

Cotto di fichi 130 gr. Figs cotto 130 gr. 330 gr. Bottle ("Fiorentina" model) 330 gr.

Pomodoro Tomato

Passata di pomodoro 420 gr. Tomato Sauce 420 gr. 690 gr. 690 gr. Ciliegino al naturale 500 gr. Cherry natural 500 gr. (300 gr.) tomatoes (300 gr.) Ciliegino in salsa 500 gr. Cherry natural tomatoes 500 gr. (300gr.) with tomato sauce (300gr.)

Pomodori pelati 500 gr. Peeled Tomatoes 500 gr. (450 gr.) (450 gr.)

• 150 • AZIENDA AGRICOLA DELLORUSSO FRANCESCA Via Le Matine, s.n. 70032 Mariotto-Bitonto (BA) Italia +39 080 3736051 [email protected] www.donnafrancesca.it

• 151 • • 152 • • 153 • • 154 • L’Azienda Agricola Nicola Pero nasce raccogliendo l’eredità dell’Azienda di famiglia da sempre specializzata nella produzio- ne di prodotti coltivati in campo aperto. Nello specifico ci occu- piamo di produrre verdura nei mesi invernali e Pomodori Regi- na di Torre Canne nei mesi estivi. Siamo molto attenti al rispetto della stagionalità e ad utilizzare il meno possibile prodotti chimi- ci, tutto questo ci permette di ottenere prodotti di alta qualità.

Tra questi Il Pomodoro Regina, varietà locale di pomodoro da serbo che vede le sue origini nella terra di Egnazia, a pochi metri dal mare. Oggi coltivata tra Fasano ed Ostuni, nelle aree agricole litoranee in terreni salmastri.

Il pomodoro è ottenuto da semi selezionati dagli stessi pro- duttori, tramite una selezione massale che prevede la scelta dei semi delle piante migliori per poterne riprodurre le caratteristi- che.

L’acqua salmastra utilizzata per irrigare le coltivazioni mi- gliora le caratteristiche del pomodoro aumentandone la conser- vabilità e ne conferisce il sapore acidulosalmastro.­

Le caratteristiche del pomodoro Regina permettono di con- servarlo per l’inverno. I contadini raccoglievano i pomodori e poi legavano, un pomodoro per volta, il filo di cotone attorno al peduncolo per ottenere piccoli grappoli che si univano in un unico grappolo più grande per ottenere la “ramasola” che veni- va appesa sotto le volte e conservata per l’inverno. Oggi, oltre a mantenere viva la tradizione appendendo i po- modori in ramasole proprio come nelle sue origini, confezionia- mo i pomodori in più pratiche vaschette per venire incontro alle esigenze di trasporto e conservazione contemporanee.

Il Presidio nasce grazie al Parco Naturale Regionale delle Dune Costiere da Torre Canne a Torre San Leonardo e l’Associa- zione Culturale Presepe Vivente di Pezze di Greco con l’obiettivo di salvaguardare e perpetuare sia la coltivazione del pomodoro Regina che quella del cotone.

• 155 • IL POMODORO REGINA

Regina è il nome di una varietà locale di pomodoro da serbo che vede le sue origini nella terra di Egnazia, a pochi metri dal mare, lungo l’antica via Traiana e poi si diffonde nelle zone limitrofe.

Oggi coltivata tra Fasano ed Ostuni, nelle aree agricole lito- ranee in terreni salmastri.

La memoria popolare racconta che il nome di questo pomodoro si ispira alle caratteristiche del peduncolo, che crescendo assume la forma di una coroncina.

LA STORIA

Le prime piante di pomodoro furono introdotte dall’Ame- rica a scopo ornamentale, in seguito gli agricoltori si accorsero che erano commestibili e nel XVIII secolo entrarono a far parte della nostra dieta. Il pomodoro, insieme al grano, divenne una delle principali coltivazioni sul territorio pugliese, in particolare nella nostra zona.

In parallelo a queste coltivazioni erano presenti coltivazioni di piante per la produzione di fibre tessili: lino, canapa e cotone, utili per la realizzazione di abiti e biancheria per la casa.

• 156 • Le caratteristiche del pomodoro regina permettevano di con- servarlo per l’inverno così la storia del pomodoro si intreccia con quella del cotone e della canapa: i contadini raccoglieva- no i pomodori stando attenti a non staccare il peduncolo, poi legavano, un pomodoro per volta, il filo di cotone attorno al peduncolo per ottenere le “catenelle”, piccoli grappoli di pomodori.

• 157 • Le “catenelle”ottenute con il filo di cotone si univano con lo spago di canapa in un unico grappolo più grande per ottenere la “ramasola” che veniva appesa sotto le bianche volte delle mas- serie e delle case contadine e conservata per l’inverno.

Una poetica interpretazione del nome “ramasola” lo traduce come “il ramo di sole” durante il freddo inver- nale.

Questo lavoro veniva svolto d’estate: ci si riuniva dopo il lavoro nei campi, spesso si riunivano diverse famiglie nel piaz- zale di un’unica abitazione e si passava il tempo intrecciando il cotone attorno ai pomodori, le storie agli aneddoti, i momenti di vita a quelli di svago.

Curiosità: Un tempo il possesso di molte ramasoleera un’e- spressione di prestigio sociale e di ricchezza familiare: le ragazze in età da marito che ne possedevano molte erano ambite.

• 158 • LE CARATTERISTICHE

Le bacche sono piccole e tondeggianti e la buccia piuttosto spessa, il sapore acidulosalmastro.­

Il pomodoro è ottenuto da semi selezionati dagli stessi produttori, tramite una selezione massale che prevede la scelta dei semi delle piante migliori per poterne riprodur- re le caratteristiche.

I semi vengono posti a germinare nel mese di febbraio, il tra- pianto, invece, viene effettuato da aprile a maggio. Alla fase del trapianto segue la fase dell’ingrossamento del frutto che viene eseguita con acqua salmastra.

L’acqua salmastra utilizzata per irrigare le coltivazioni migliora le caratteristiche del pomodoro aumentandone la conservabilità e la resistenza ai parassiti e rendendo il peduncolo più resistente requisito importante per il me- todo di conservazione tradizionale.

Il frutto è tra i più ricchi di vitamine AB1­ ­B2­C­E­PP­K. I pomo- dori Regina si raccolgono a partire da luglio: una parte viene venduta fresca e consumata nel momento della loro reale ma- turazione e una parte viene riposta in cassette per essere im- magazzinata ed appesa al filo di cotone per avere il piacere di consumare un prodotto estivo anche d’inverno.

• 159 • IL PRESIDIO SLOW FOOD

Con l’avvento delle serre, che rendono possibile coltivare pomodori in ogni periodo dell’anno, la coltivazione di questa varietà locale è andata via via calando. Il mercato ha visto l’af- fermazione, negli ultimi vent’anni, dei pomodori Ciliegini che, data la grande offerta, sono commercializzati a prezzi di gran lunga inferiori a quelli del pomodoro Regina. Ma, il seme ori- ginario del pomodoro Regina è stato conservato gelosamente e riprodotto ogni anno dalle famiglie del posto, che hanno con- tinuato a coltivare in modo tradizionale gli orti e i terreni sot- tostanti gli ulivi secolari, continuando ad associare i pomodori, come vuole la storia locale, al cotone. Il Parco Naturale Regio- nale delle Dune Costiere da Torre Canne a Torre San Leonardo, che promuove modelli di agricoltura sostenibile e il recupero delle antiche varietà coltivate, e l’Associazione Culturale Presepe Vivente di Pezze di Greco, che si adopera per la conservazione della cultura contadina locale, hanno sostenuto la nascita di un Presidio che si è posto l’obiettivo di salvaguardare e perpetuare sia la coltivazione del pomodoro Regina che quella del cotone. I pomodori sono coltivati pressoché in asciutta e una parte viene intrecciata ancora al filo di cotone.

www.fondazioneslowfood.it

• 160 • AZIENDA AGRICOLA NICOLA PERO Contrada Egnazia, 39 72015 Fasano (BR) Italia +39 310 74093 [email protected] www.aziendanicolapero.com

• 161 • MICOTEC srl è un’azienda italiana produttrice di substrato per funghi cardoncelli (Pleurotus eryngi) situata a circa 5 Km da Gravina di Puglia, ai piedi dell’altopiano carsico delle Murge che, grazie alle sue particolari caratteristiche orografiche e geolo- giche, è l’habitat del fungo cardoncello naturale.

Azienda La Micotec, utilizza impianti moderni, altamente tecnologici e funzionali, che permettono la gestione di cicli produttivi molto brevi e attivi tutto l’anno.

• 162 • La produzione L’azienda è leader nella produzione dei ceppi di eryngii, i quali vengono selezionati direttamente dall’habitat naturale murgiano. A seconda del ceppo di origine il fungo cardoncel- lo possiede determinate qualità visive e organolettiche, nonché proprietà legate alla resistenza climatica nelle diverse stagioni.

La coltivazione Le tecniche di coltivazione partono dall’utilizzo di un sot- toprodotto eccellente come la paglia per realizzare substrati mediante procedimenti esclusivamente biologici e naturali.

• 163 • Prodotti La possibilità di produrre substrati di diverso ceppo apre inte- ressanti prospettive nella coltivazione del fungo cardoncello e permette alla MICOTEC di soddisfare le esigenze di una clientela vasta e professionale.

Ceppi prodotti

Tra i ceppi di fungo cardoncello prodotto dalla Micotec, vi sono:

• CARDONCELLO Pleurotus Eryngii - CEPPO 3061 (edulo) • CARDONCELLO Pleurotus Eryngii - CEPPO 3060 (146) • CARDONCELLO Pleurotus Eryngii - CEPPO 3065 (142) • CARDONCELLO Pleurotus Eryngii - CEPPO 3064 (E+)

Il Fungo Cardoncello Il fungo cardoncello della Murgia è un fungo dalla difficile natura ma ricco di innumerevoli pregi. Molto ricercato in cucina è noto e apprezzato per le sue importanti proprietà nutritive. L’aroma e il sapore sono eccellenti e il valore di mercato del fungo cardoncello è relativamente alto rispetto a quelle di altre specie. Il fungo cardoncello contiene diverse vitamine soprattut- to del gruppo B, proteine facilmente digeribili e ricche di tutti gli amminoacidi necessari all’uomo, carboidrati, sali minerali essen- ziali e fibre. il suo valore nutrizionale è molto elevato se com- parato a quello degli ortaggi comuni e per le sue considerevoli virtù gastronomiche è definito a ragione la “carne della Murgia”. In ambito gastronomico il fungo cardoncello gode di un’eccel- lente collocazione, dalla cucina paesana tradizionale a quella de- gli chef più prestigiosi, affermando tutta la sua versatilità e il gu- sto straordianrio di un prodotto che nasce nel meridione d'Italia.

• 164 • MICOTEC srl Str. prov. 230 per Spinazzola km 60,900 Gravina in Puglia (BA) Italia +39 080 3269143 +39 080 3269143 [email protected]

• 165 • • 166 • INDICE

Presentazione 5

Prefazione - Le “SUPERLATTIVE” di Puglia 7

Introduzione La Puglia agricola - Un po’ di storia passata 9 - Le produzioni 10 - L’attualità 32 - L’Apulia Nova 36

I Vini - Società Agricola Apuliense 46 - Cantine Lizzano 50 - Azienda Agricola Giuliani Raffaele 68

La Pasta - Pastificio Artigianale Cardone 84 - Micosidin 98

L’Olio - Frantoio Oleario Feudo dei Verità 106 - Aziende Agricole Santa Croce & Sant’Aloja 112

I Sottoli - Azienda Agricola Mastrototaro Pugliese 122

I Legumi 135 - Azienda Agricola Luigi Lorusso “ L e g u m i d ’A l t a M u r g i a ” 1 3 6 - Azienda Agricola Dellorusso Francesca “Donna Francesca” 144

Gli Ortaggi 153 - Azienda Agricola Nicola Pero 154 - Micotec 162

• 167 • Finito di stampare nel mese di agosto 2015 da Ecumenica Editrice - Bari

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