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SENTIREASCOLTARE online music magazine LUGLIO/AGOSTO N. 33/34

Mirah Smashing Pumpkins Neurosis Primavera Sound Gianluca Becuzzi Ex-Otago Pasquale Panella Control

Beastie Boys bianchi per caso

s e n t i r e a s c o l t a r e  www.audioglobe.it vendita per corrispondenza tel. 055-3280121, fax 055 3280122, [email protected] DISTRIbuzione discografica tel. 055-328011, fax 055 3280122, [email protected]

AMIINA MICHAEL FAKESCH “Kurr” “Dos”

CD Ever CD !K7 Due EP ormai Michael Fakesch introvabili e de- è stato, insieme butto su Ever per a Chris De Luca, le Amiina, già dal la metà dei Funk- vivo con i Sigur störung, una delle Ros e loro quar- formazioni più in- tetto d’archi di fluenti nella scena fiducia. Strumen- elettronica degli tazione inimma- ultimi dieci anni e ginabile, seghe tra le più comple- musicali ad arco, te nel coniugare glockenspiel, xi- una nuova esteti- lofononi e metal- ca elettronica ed il lofoni, insieme a beat digitale. Il de- qualcosa di più butto solista “Dos”, consueto come comunque sempre l’harmonium, il rhodes, la tromba e naturalmente i loro archi. denso di elettronica e bleeps, vuole essere in primis un profon- Musica delicata e raffinata, pura magia sospesa nel tempo. Immagi- damente funk. Immaginatevi, così, brani che suonano come se Curtis nate una versione nordica e “fatata” della Penguin Cafè Orchestra in Mayfield incontrasse Luke Vibert. Soul, elettronica e jazz che vibrano attesa di essere scoperta da qualche regista cinematografico. insieme. Che rinascita, Mr. Fakesch! ALLOY MENTAL PARENTHETICAL GIRLS RETINA.IT “We Have Control” Skint Records “Safe as Houses” “Semeion”

CD Skint CD+bonus EP CD Hefty Dopo il fol- Acuarela Nato nella se- gorante ed Anche in Ita- conda metà omonimo EP lia quel che degli anni uscito qual- è stato uno ’90, Retina.it, che mese fa, dei dischi più è il progetto del quale si chiacchierati di Lino Mo- è interessata dello scorso naco e Nicola tutta la stam- fine anno. Buono. Da pa specializ- Il nuovo dei sempre affa- zata inglese, Parenthetical scinati dalle “We Have Control” è il primo disco sulla lunga di- Girls di Zac Pennington, cresciuto sotto l’ala protet- sperimentazioni in ambito elettronico, i due, arri- stanza degli Alloy Mental, trio proveniente da Bel- tiva di Jamie Stewart (), è un sorprendente vano alla corte della Hefty di Chicago (etichetta dei fast, Irlanda. Le tracce dell’album sono un incrocio puzzle pop composto da teatralità, tintinnii e roman- Telefon Tel Aviv) agli inizi del 2000 con una man- bastardo e acido tra le commistioni elettroniche ticismo. Una creatura fantastica ed intrigante come ciata di acclamati 12” ed ottimi remix. E’ del 2001 il industrial dei e la genuinità garage se fosse un ibrido fra ed Antony, un parto lavoro sulla lunga distanza “Volcano. Waves 1-8”. rock’n’roll di Iggy & The Stooges. Ne esce un suo- sperimentale nato dai suoni dei già citati Xiu Xiu. Il nuovo “Semeion” raccoglie rarità, brani impre- no ultra-contaminato che sa tanto di concerto rock Rispetto a quella americana, la nostra edizione è scindibili, materiale inedito e tracce esclusive. Ec- quanto di party: Rock e Dance Music! disponibile con bonus EP. Da non perdere! cellente per i neofiti ed imperdibile per i fan.

KING BRITT presents PENTATONIK TINY VIPERS artisti vari “The Cosmic Lounge Vol.1” “Five Angels” “Hands Across the Void” Nothing Much + Something More CD CD CD 2CD Minus Rapster/BBE H y d r o g e n Da Seattle, L’etichetta di Pochi al mon- Dukebox Jesy Fortino Hawtin rap- do posseggo- A 10 anni di di- in arte Tiny presenta, da no la capacità stanza dal di- Vipers, è una sempre, il di andare ol- sco di esordio cantautrice di nonplusultra tre le divisioni “Anthology”, quelle di cui in fatto di mu- tra i generi musicali come King Britt: R. Simon Bowring aka Pentatonik, ci si innamora in un batter di ciglia. sica elettronica minimale da club. Un deep house, hip-hop, broken beat, torna con il nuovo “The Five An- Le sue canzoni sono disarmanti, concentrato di sostanza ed estetica jazz, funk e afro-tech. gels”. Tappetoni Kraut-Rock cosmici tanto sono semplici e scarne. La futurista che ottiene consensi unani- Questo è il primo capitolo di una in stile Orbital ed elettronica che poi sua voce, invece, racconta storie mi in ogni parte del globo. La nuova serie di compilation in cui Britt darà è diventata marchio di fabbrica sia di contraddizioni e quotidianità tra compilation dell’etichetta si presen- fondo alla sua smisurata collezio- delle produzioni Border Community ballate e momenti oscuri. “Hand ta come doppio CD a prezzo spe- ne di dischi jazz ed in cui uscirà, (Nathan Fake, James Holden) sia Across The Void” è una di quelle ciale. Nel primo, 12 brani che sono in pieno, l’essenza spirituale di dei primi vagiti dei Boards of Cana- cose delicate e per anime gentili, una panoramica in casa Minus, nel questa musica. In scaletta: Herbie da. Se amate gli sconfinati lidi rag- uno di quei dischi che gli estimato- secondo, un bonus mix CD curato Hancock, Michal Urbaniak Group, giunti da Philipp Glass, Brian Eno, ri di Joanna Newsom, da Troy Pierce! Una grande festa Mtume e tantissimi altri. Un viaggio e Marc Moulin, Pentatonik farà al e Devendra Banhart non potranno in casa Plastikman a base di post- unico ed inimitabile. caso vostro. Pionieristico! assolutamente perdere. electro, acid e robo-house. sommario

4 News 8 The Lights On Bishop Allen, Ex-Otago, Islaja, Tied And Tickled Trio 1 2 Speciali Zelienople, The National, Tomahawk, 8 , Gianluca Becuzzi,Smashing Pum- pkins, Beastie Boys 34 Recensioni Amp, Artemoltobuffa, Caribou, Elegi, Interpol, Jandek, Shellac, Tinariwen... 79 Rubriche (Gi)Ant Steps 24 Sonny Rollins We Are Demo: Volticontrolume, UCS, Il Garage Ermetico, Liuk Productions... Classic Sonic Youth, Neurosis, Pasquale Panella Cinema Control, L’isola I cosiddetti contemporanei Arvo Pärt

Direttore Edoardo Bridda Coordinamento Teresa Greco Consulenti alla redazione Daniele Follero Stefano Solventi Staff Valentina Cassano Antonello Comunale Antonio Puglia Hanno collaborato Gianni Avella, Davide Brace, Filippo Bordignon, Marco Braggion, Gaspare Caliri, Roberto Canella, Paolo Grava, Alessandro Grassi, Manfredi Lamartina, Andrea Monaco, Massimo Padalino, Stefano Pifferi, Andrea Provinciali, Stefano Renzi, Vincenzo Santarcangelo, Giancarlo Turra, Fabrizio Zampighi, Giuseppe Zucco 108 Guida spirituale Adriano Trauber (1966-2004) Grafica Edoardo Bridda, Valentina Cassano in copertina Beastie Boys

SentireAscoltare online music magazine Registrazione Trib.BO N° 7590 del 28/10/05 Editore Edoardo Bridda Direttore responsabile Antonello Comunale Provider NGI S.p.A.

Copyright © 2007 Edoardo Bridda. Tutti i diritti riservati. La riproduzione totale o parziale, in qualsiasi forma, su qualsiasi supporto e con qualsiasi mezzo, è proibita senza autorizzazione 114 scritta di SentireAscoltare s e n t i r e a s c o l t a r e  news a cura di Teresa Greco

News da Touch & Go: il 21 agosto (data USA) la Quarterstick pubblicherà il nuovo album dei Mekons, Natural, il primo con nuovo materiale da Oooh! risalente al 2000. È poi la volta dei For Carnation, di cui il 10 luglio escono un po’ di rarità: Promised Works è una ristampa che comprende i loro primi due EP su Matador (Marshmallows del 1996 e Fight Songs del 1995)…

In occasione del venticinquennale dall’uscita, arriva a luglio la ristampa con bonus di Big Science, album che fece conoscere Laurie Anderson…

Il duo elettronico tedesco Modeselektor uscirà l’11 settembre su Bpich Control con il secondo album, dal titolo Hello Mom!. Hanno partecipato Thom Yorke e Maximo Park tra gli altri…

Sarà pubblicato a settembre su Asphodel un nuovo capitolo di Metal Ma- chine Music di Lou Reed. È l’ensemble berlinese Zeikratzer a darle nuova veste tra avantgarde e musica da camera in una performance eseguita dal vivo con lo stesso Reed alla chitarra elettrica al Berlin Opera House il 17 marzo 2002…

A settembre vedrà la luce anche Sojourner Box di Magnolia Electric Co., un ricco cofanetto in tiratura limitata che comprende il materiale registrato dal gruppo nel 2005 e che non era stato incluso in Fading Trails (pubblica- to da Secretly Canadian nel 2006). Il box include 4 CD (3 album e un EP), un DVD, un poster, cartoline e un medaglione… Fiery Furnaces I Fiery Furnaces hanno firmato per Thrill Jockey, per cui uscirà il prossimo ottobre il nuovo album, Widow City, a un anno di distanza dal precedente The Bitter Tea…

Il nuovo disco dei Franz Ferdinand uscirà nei primi giorni del 2008: lo ha rivelato Alex Kapranos in un’intervista a MTV, mentre intanto continua la sua lavorazione…

I redivivi Kula Shaker tornano il 27 agosto con Strangefolk, a sette anni dall’ultimo Peasants, Pigs And Astronauts…

Thurston Moore pubblicherà il secondo disco solista, Trees Outside The Academy, il 17 settembre sulla sua Ecstatic Peace, a 15 anni di distanza dal precedente (Psychic Hearts, di recente ristampato); hanno partecipato Steve Shelley, Samara Lubelski al violino, Christina Carter alla voce, per la produzione e missaggio di John Agnello. I Sonici saranno in Italia a luglio per riproporre il loro Deadream Nation (il 5 a Torino per Spaziale Festival, il 6 a Ferrara e il 7 al Teatro Romano di Ostia Antica)…

Nuova uscita anche per Richard Hawley, che ritorna il 20 agosto (data in- glese) con Lady’s Bridge su Mute…

 s e n t i r e a s c o l t a r e Reunion estemporanea degli Yellow Magic Orchestra in occasione del Live Earth di Kyoto del prossimo 7 luglio; la band che ebbe vita dal ’78 all’83 era formata da Ryuichi Sakamoto, Haruomi Osono e Yukhiiro Takahashi…

Dopo settimane di silenzio, dal quartier generale dei Radiohead arri- vano finalmente segnali concreti riguardo l’attesissimo album N°7. Sul blog ufficiale Dead Air Space (http://www.radiohead.com/deadairspace/), sono apparsi prima un post di Ed O’ Brien che recita inequivocabile “we are nearly there”, (“ci siamo quasi”), poi un filmato di Nigel Godrich che presenta un mash up di scarti e scampoli di registrazioni in studio. Dall’ascolto si riconoscono frammenti di brani già presentati dal vivo nel 2006 come Arpeggi, Down Is The New Up, All I Need, Open Pick, Ban- gers’n’Mash. Nessuna conferma - o smentita - circa la fantomatica data di pubblicazione diffusa mesi fa da Amazon.com, che annunciava l’album di Yorke e co. per il prossimo 7 agosto…

Inizio d’estate catastrofico per i grandi eventi dal vivo in Italia. Se la no- tizia della tromba d’aria sull’Heineken Jammin’ Festival di Venezia ha fatto il giro dei TG, non è andata molto meglio agli spettatori dell’unica data degli Who, tenutasi l’11 giugno scorso all’Arena di Verona. Prima un violento acquazzone ha interrotto il concerto per più di un’ora, poi è venuta meno la voce di Roger Daltrey. Il set è stato portato comunque a termine. Maggiori dettagli nella nostra recensione (vedere Dal vivo)… Devendra Banhart

Devendra Banhart sta preparando il nuovo disco di cui non si conosce ancora il titolo, previsto per settembre prossimo in uscita su XL Recor- dings, con circa 16 canzoni e guest inaspettate, secondo quanto riportato sul suo My Space (http://www.myspace.com/devendrabanhart)…

Nuovi album anche per (l’omonimo su Fat Cat) e Stereo Total (con Paris Berlin su Disco B) entrambi distribuiti da Audioglobe il 25 giugno…

I Tunng passano alla Thrill Jockey per cui uscirà il prossimo disco, Good Arrows, il 24 agosto…

Is Is è un EP in arrivo il 23 luglio per Yeah Yeah Yeahs, 5 pezzi che risalgono al 2004…

Nuovo album per M.I.A.: Kala sarà pubblicato il 20 agosto prossimo su XL in Europa e Interscope in America, preceduto dal singolo Boyz…

José Gonzàlez pubblicherà il secondo disco, In Our Nature il prossimo 25 settembre su Mute…

s e n t i r e a s c o l t a r e  news a cura di Teresa Greco

The Piper At The Gates Of Dawn dei Pink Floyd in occasione del tren- tennale sarà ristampato dalla EMI il prossimo 3 settembre, in un’edizione a 3 CD, con le versioni mono e stereo rimasterizzate dall’ingegnere dei Floyd James Guthrie; il terzo disco conterrà rarità e b-sides, tra cui i singoli del ‘67…

Ritorna il 7 e 8 luglio il BääFest 4, quest’anno a Giussago (PV) al Circolo ARCI Ortofonico; festival free-impro-minimal-core organiz- zato da Ebria Records, vede la partecipazione di due ospiti inter- nazionali, William Parker, noto contrabbassista del movimento free che fa capo alla storica FMP e Dean Roberts, interprete di musi- ca elettro-acustica, oltre alla scuderia Ebria e degli I/O, i ricami tra free e kraut degli Å e le architetture elettroniche di Fausto Balbo ad accompagnare la danza di Vito Morano. Ancora i Nung da Milano, Andrea Belfi, Nicola Ratti, Giuseppe Ielasi. Per info dettagliate: http//www.my- space.com/ebriarecords

Esce su A Silent Place Leaves Under Trees - Portayed Window di Fabio Orsi, edition limitata a sole 100 copie, formata da un LP (one sided - ovvero con un solo lato inciso) contenuto in un coper- tina pieghevole stampata in serigrafia con allegato un dipinto su carta dell’artista Texana Niwi (http://www.pervertedlogic.com/niwi/). Di- sco disponibile unicamente dall’etichetta (http://www.asilentplace.it)...

Múm , i Low, Phil Elverum, Why? e Dosh sono alcune delle guest del prossimo disco di Fog (Andrew Broder, Tim Glenn, Mark Erik- son), Ditherer, previsto su Lex Records per il 14 agosto prossimo. Su YouTube (http://www.youtube.com/watch?v=harC5qzZKK0) la press kit dell’album, diretto da Chuck Stadler….

Dopo più di tre anni da , il 24 settembre prossimo tornano i Múm con Go Go Smear The Poison Ivy, Let Your Crooked Hands Be Holy, preceduto il 21 agosto dal singolo They Made Frogs Smoke ‘Til They Exploded…

L’8 giugno è uscita su Arcana Edizioni la versione tradotta della bio- grafia ufficiale dei Ramones di Jim Bessman (Ramones – la biografia ufficiale), con traduzione di Andrea Salacone, prefazione e appendice a cura di Federico Guglielmi. Scritto in collaborazione con i membri della band ed uscito nel 1993, il volume è arricchito da una dettagliatissima discografia e dalla “gigografia” completa, e da una serie di storiche il- lustrazioni (volantini, manifesti, recensioni originali degli anni Settanta) che illustrano la vita e la musica del gruppo americano; in occasione dell’uscita italiana il libro prevede un aggiornamento esclusivo. È stato pubblicato anche Dark Angel – I testi di Jeff Buckley, collana di testi (con inserto fotografico) a cura di Giulio Casale e Luca Moccafighe, cele-

 s e n t i r e a s c o l t a r e brazione dell’artista in occasione del decennale della tragica scomparsa. Al link (http://www.sentireascoltare.com/arcana/jeffbuckley.htm) alcuni estratti dalla prefazione di Giulio Casale, e dall’introduzione di Jim bes- sman (http://www.sentireascoltare.com/arcana/Ramones.html)...

Il primo film da regista di Madonna, Filth And Wisdom, vedrà come prota- gonista Eugene Hutz leader e cantante dei Gogol Bordello, scelto dopo aver assistito lo scorso 21 maggio a Londra, al concerto di presentazione del nuovo disco della band, Super Taranta, che esce l’11 luglio…

Gli Okkervil River il 7 agosto pubblicheranno su Jagjaguwar il nuovo disco The Stage Names; un pezzo (Our Life Is Not A Movie Or Maybe) si può ascoltare sul loro My Space…

Tratto da un concerto di beneficenza (svoltosi il 21 settembre 2003 al Lincoln Center’s Avery Fisher Hall di New York, durante il viaggio negli Stati Uniti del Dalai Lama) Healing The Divide: A Concert For Peace And Reconciliation è un incontro musicale tra Est e Ovest, con perfor- mance che spaziano dalla meditazione al teatro, dal gutturalismo alla bellezza e mirano al sostegno umanitario. Partecipano il Dalai Lama, Philip Glass, il sitarista Anoushka Shanka, la cantante polifonica Gyoto Tantric Choir, Tom Waits, il Kronos Quartet e Greg Cohen. L’album su Anti sarà disponibile sia in CD che online su iTunes Store a partire dal 6 luglio; il ricavato andrà a Healing The Divide per la Salute Tibetana, progetto che fornisce assicurazione sanitaria e cure mediche ai monaci Maximo Park tibetani buddisti e alle suore impoveriti da anni di repressione…

A Milano al Circolo Magnolia la terza edizione del MI AMI 2007 (8-9-10 giugno, http://www.rockit.it/miami). Oltre ai due giorni con i due palchi che hanno visto alternarsi 43 live, 10 dj set e 2 reading notturni, oltre alla zona mercatino e al MI FAI – Happening del fumetto indipendente, da quest’anno era possibile campeggiare in zona. Ex-Otago e Artemolto- buffa hanno presentato in anteprima nazionale i loro nuovi album. Anche Settlefish, Marta Sui Tubi, The Magicake e Offlaga Disco Pax con nuo- vi pezzi dai loro dischi di prossima pubblicazione. Ancora Bugo ospite nella performance di Giorgio Canali…

Aggiornamenti per l’ottava edizione dell’Indipendent Day Festival 2007 (http://www.myspace.com/independentdaysfestival) che si svolgerà il prossimo 2 settembre a Bologna all’Arena Parco Nord: confermati Tool, NIN, Maximo Park, Trail Of Dead e Hot Hot Heat…

s e n t i r e a s c o l t a r e  The Lights On... bishop allen

Nonostante gli sforzi di George mente cambiato rotta e hanno fat- solo alcuni picchi di quello che Washington e Thomas Jefferson, to parlare di sé e dei loro azzardi probabilmente è uno dei dischi più gli americani hanno finito per pren- (il famoso – e folle - progetto di vivaci e contagiosi dell’America re- dere dai cugini inglesi un sacco di realizzare un EP per ogni mese del cente, una vera e propria botta di cose. Per esempio i nomi delle cit- 2006, terminato con successo); vita per la New York ancora scossa tà, come Cambridge (Massachus- fino a Bishop Allen & The Broken dallo schianto delle Twin Towers. sets), non a caso uno dei maggio- String (Dead Oceans / Wide, 24 Soltanto per questo – l’aver fatto ri centri d’istruzione degli States: luglio 2007 – vedi spazio recen- sorridere, cantare e ballare in tempi proprio lì, non troppo tempo fa, sioni), che se non è uno scacco sempre più cupi per farlo - i Bishop due studenti di Harvard passava- matto, poco ci manca. Un percor- Allen meriterebbero una menzio- no il tempo lanciando mobili giù so talmente azzeccato che se ne ne d’onore; ma è comunque poca dal tetto del loro appartamento al potrebbe trarre un vademecum per cosa, se si pensa ai 12 EP pubbli- 66 di Bishop Allen Drive. Per fortu- ogni aspirante indie darling; o, ma- cati in fila l’anno scorso. Sembra na dei loro padroni di casa, Justin gari, un bel film lo-fi come quelli che sia stato un vecchio pianofor- Rice e Christian Rudder coltivava- dell’amico Andrew Bujalski, a cui te, trovato per caso in strada, a far no anche altri passatempi extra- i due hanno prestato la faccia in scattare la scintilla che ha portato curricolari, come scrivere canzoni tempi recenti (gli acclamati Funny Rice, Rudder e una girandola di insieme. Così, tornati nella nativa Ha-Ha - con Rudder - e Mutual Ap- amici (tra cui Darbie Nowatka, il- Boston, hanno formato prima i Pis- preciation - con Rice). Insomma, lustratrice delle copertine) a sfor- sed Officers, poi i Bishop Allen, il caso è servito. nare puntualmente quattro tracce battezzati proprio in onore dei glo- Di certo, i Bishop Allen non sareb- al mese, da January a December riosi giorni universitari. All’inizio bero andati molto lontano se Charm - con l’eccezione di August, la re- niente di serio, intendiamoci, solo School non fosse quella festa indie gistrazione di un concerto che co- qualche scarabocchio registrato in pop che è. Con pochi, basilari ingre- munque contiene un paio di inediti. casa con un multitraccia durante dienti - un paio di chitarre, basso, Un totale di circa 45 canzoni nuove l’anno sabbatico trascorso a Lyn- drum machine in loop, più qualche di zecca, in cui sono evidenti sia chburg, prima di trasferirsi defini- particolare ad aggiungere colore la crescita di Justin come scritto- tivamente a . Piano piano (battimani, armonica, banjo, slide, re, approdato a confessioni folk in però la cosa si è evoluta, coinvol- coretti appiccicosi) – i due fanno prima persona e allo storytelling, gendo anche qualche amico per sfoggio di un songwriting divertito sia di Chris come arrangiatore, rifinire le canzoni quel tanto che e acuto, che mischia grandi dosi di con trame prevalentemente acu- basta per tirarne fuori un disco, e ironia ed innocenza twee (pensa- stiche, più varie e strutturate, in magari pubblicarlo in autonomia te a una versione post-college dei un’ideale zona franca fra Belle & con un’etichetta D.I.Y. Chi l’avreb- Boy Least Likely To), con spirito Sebastian e Bright Eyes. Conqui- be mai detto che Charm School corale e goliardico. Lo humour di ste che saranno ribadite in …& The (Champagne School, 6 maggio marca Housemartins della title Broken String, ma c’è già da resta- 2003) avrebbe portato i nomi dei track, la coolness alla Beck di Eve re impressionati dall’eccezionalità due alla ribalta di media nazionali Of Destruction (riscrittura hip hop dell’impresa e dalla qualità com- come il e la Natio- della celebre protest song di P.F. plessiva del malloppo, uno scrigno nal Public Radio (NPR)? E questa Sloan), le nevrosi Modest Mouse inesauribile ricolmo di gemme folk è stata soltanto la prima mossa; in di Busted Heart, i fremiti Daniel pop. Si sarà capito: innamorarsi questi quattro anni, Justin e Chris Johnston di Little Black Ache, le dei Bishop Allen è facile. Un’espe- si sono presi il tempo necessario, filastrocche Pavement di Things rienza che vi auguriamo, senza ri- si sono costruiti attorno un culto Are What You Make Of Them (con serve. di fedelissimi, hanno progressiva- citazione da Hello Goodbye) sono Antonio Puglia

 s e n t i r e a s c o l t a r e The Lights On... ex-otago

Prendi un bravo dj disco, un (ex) stiamo adoperando per ristamparlo le altre (almeno nel panorama ita- rapper folgorato dalla prima ondata al più presto, con l’aiuto della Riot- liano) per quel desiderio mai na- college emo, un chitarrista fanati- maker oppure con le nostre forze, scosto di scrivere melodie facili co dei Pixies ed un batterista cre- nel frattempo noi lo regaliamo in ed immediate, per quella voglia di sciuto con il mito dell’alternative- cd-r ai nostri fan, durante i concerti cimentarsi con il grande pubblico country americano, falli conoscere o, più semplicemente, consigliamo facendo capire anche agli snob, e sguazzare in un ambiente fertile a tutti gli interessati di andare a da sempre visceralmente legati al- e dalla grande tradizione musicale scaricarselo su qualche piattaforma l’underground, che una canzone come Genova, e stai a vedere cosa peer to peer”. è “soltanto” una canzone e che si succede. Può darsi che non accada Così è stato per gli Ex-Otago, la in- può scrivere per il solo desiderio di niente, che i quattro si disgustino die band italiana con il suono più farsi ascoltare e non di stupire, per a vicenda e che ognuno prenda la pop(olare) oggi in circolazione, dire che poi non esiste tutta questa propria strada. Ma se accade qual- l’anello di congiunzione ideale tra differenza tra il palco di un centro cosa, se si trovano, si piacciono l’underground ed il mainstream, tra i sociale e quello di Sanremo, e che e capiscono di avere molte cose campeggiatori scalzi di Arezzo (Ita- gente come Alexia e gli 883 rap- in comune oltre al buon gusto nel lia) Wave e le ragazzine urlanti del presentano, comunque, un pezzo vestire, se la scintilla scatta come Festivalbar con ai piedi le loro nuo- importante della nostra storia. “La nelle migliori storie d’amore a pri- ve ballerine anni cinquanta. Alberto: nostalgia è un elemento fondamen- ma vista, se la lampadina dell’illu- “Se devo dire la verità ci scherzia- tale se vuoi fare musica altrimenti minazione creativa si accende e si mo spesso su questa cosa, soprat- non sei ispirato a scrivere canzoni. illumina come non mai, allora può tutto quando sentiamo quello che Nella nostra musica c’è molta ma- succedere l’inaspettato. Racconta gira in questo momento in radio, la linconia, molta nostalgia ed anche Alberto: “Gli Ex-Otago esistono da qualità delle canzoni ci sembra ab- un po’ di revival, ma non di quello oltre cinque anni, in principio era- bastanza bassa. Il nostro obbiettivo modaiolo che va per la maggiore vamo un trio interamente acusti- è quello di centrare la “melodia per- adesso. Il nostro revival attinge da co, poi abbiamo deciso di inserire fetta”, di riuscire a mettere a punto cose che quando eri piccolo ti face- in formazione anche un batterista. quel brano che istintivamente ti ri- vano assolutamente schifo come gli Tanti saluti è il nostro secondo al- trovi a canticchiare sotto la doccia 883 oppure Alexia per non dire Bat- bum, il primo, The Chesnut Time, oppure in macchina con l’autoradio tisti, e con lui una certa parte del è stato pubblicato nel 2003 da un’ accesa. La cosa che ci fa più pia- cantautorato italiano. Ricordo che etichetta romana (la Vurt per la cere di Tanti Saluti è proprio que- quando li beccavo in radio, anni fa, quale incidevano anche Yuppie Flu sta, il fatto cioè che ci siano delle cambiavo immediatamente canale, e Laundrette). Durante questi anni canzoni che vanno bene per tutte le adesso, invece, mi viene un grop- abbiamo cercato di suonare il più platee, dal localino indie con cin- po in gola perché comunque hanno possibile alternandoci tra centri que persone al festival con migliaia rappresentato la colonna sonora di sociali, piccoli club, locali stranis- di spettatori. Per noi sarebbe una una generazione”. simi, cosa che ci ha permesso di vera e propria scommessa avere la Tanti Saluti (in spazio recensio- farci conoscere da una certa fet- possibilità di presentare un nostro ni) è, per questo, un album capace ta di pubblico che segue la scena pezzo all’interno di una manifesta- di attuare una piccola rivoluzione, “underground” o “indie”, che dir si zione importante e seguita come il di riuscire là dove molti altri han- voglia, italiana. The Chesnutt Time Festivalbar, anche se, conoscendo no fallito e cioè di portare in alto, è fuori catalogo oramai da qualche il mercato e le sue logiche, sappia- alla portata di tutti, una manciata anno e chiunque ne avesse a casa mo bene che una cosa del genere di canzoni realmente venute dal una copia può dire di possedere rimarrà soltanto un sogno”. basso. un pezzo da collezione (risate). Ci Un band che si distingue da tutte Stefano Renzi

s e n t i r e a s c o l t a r e  The Lights On... islaja

Molto parole sono state spese per il rapporto con il mecenate della ta di ognuno. Io usavo la chitarra descrivere l’atmosfera di bucolico scena, Sami Sämpäkkilä, che oltre acustica perché non avevo abba- e incontaminato mistero che irra- a diffondere musica attraverso la stanza soldi per comprarne una dia dalla scena avant-folk finlan- sua etichetta Fonal Records, ne fa elettrica! Adesso quasi tutti stanno dese. L’esotismo tipico di noi eu- di sua, in proprio, dietro l’appella- nascondendo i loro strumenti acu- ropei ha colmato gli interstizi tra tivo Es. Islaja, come molti altri ar- stici e comprano un sacco di effet- una parola e l’altra con un diffuso tisti della scena, canta nella lingua ti e pedali”. Quello che invece lei senso di stupore, quando ci si è madre. Questo ovviamente aggiun- nega con forza è il fatto che ci sia imbattuti in nomi strani e dalla pro- ge quel tocco di misterioso eso- da qualche anno a questa parte un nuncia difficilissima come Kemial- tismo che provoca interesse ogni trend che ha investito la scena di liset Ystävät, Fricara Pacchu, Paa- volta che ci si imbatte in esempi attenzione e riconoscimenti: “Tutti voharju, Kuupuu, Lau Nau, Avarus simili (Sigur Ros per esempio), abbiamo dimostrato che continuia- e Islaja. Un nome quest’ultimo che ma dall’altro rende praticamente mo a fare quello facciamo e con- invece entra subito in testa e non inintellegibile i testi e quindi tutto temporaneamente non vedo una se ne va più. Lei in realtà si chiama il mondo lirico della scena. Ulual diminuzione di interesse intorno a Merja Kokkonen, ma per registrare Yyy, così come i suoi precedenti noi. Ogni anno è migliore del pre- dischi preferisce usare come mo- album rimane un misterioso enigma cedente, quindi non può essere niker Islaja: “Merja è un nome trop- a meno che non ci si metta con un soltanto una moda”. po personale per me… E’ difficile vocabolario a tradurre parola per L’altro tema, quello della donna aggiungere glamour a qualcuno parola: “Ulual Yyy non è un concept musicista, solitaria e folk, che si che conosci così bene. Islaja è più album, così ogni traccia ha la sua strugge e che spesso richiama da misteriosa e non ha nemmeno nien- particolare storia. I miei testi sono parte della stampa specializzata le te di artificiale”. Raggiunta per una poetici, alcuni anche mono-sillabi- solite comparazioni la vede deci- conversazione sul suo nuovo disco ci. Credo che dovresti conoscere samente contrariata. Provo a dirle la Nostra mostra di essere assai l’intera traduzione della canzone, che spesso viene ingiustamente lontana dall’icona di fatina buona e perché da una singola frase non comparata a Nico e non lo avessi triste che serpeggia di riflesso dai si può capire nulla…”. Ulual Yyy è mai detto: “A volte sembra che ci suoi dischi. “Inizialmente non ho un disco di svolta. Sono sempre di siano solo tre artiste donne: Nico. mandato le mie prime registrazioni più quelli che cercano di fuggire da Björk e Pj Harvey. E’ facile prende- a nessuno. Un mio amico mi dis- un certo cliché ormai consolidato. re un nome da questo trio per fare se però della Fonal e dal momento Il forest folk finnico sembra volersi un leggerissimo paragone per dire che io e Sami Sämpäkkilä aveva- salvare da se stesso e molti nomi all’ascoltatore cosa deve aspettar- mo studiato nella stessa scuola, illustri della scena si stanno allon- si di sentire. Ma è soltanto pigrizia un giorno gli chiesi di prenderci un tanando a lunghe falcate dal loro da parte di chi scrive e un sotto- caffè insieme e ne approfittai per stesso stile. Quello di Islaja è un stimare il pubblico che ascolta. Le fargli sentire il mio nastro. A lui esempio perfetto di questo proces- mie più grandi influenze non ven- piacque ma non mi promise nulla. so che per lei è legato soprattutto gono dalla musica invece. Vengo- Quando Meritie fu finito mi promi- all’accresciuta consapevolezza dei no da altre cose, da altre direzioni: se di farne un mastertape e allora musicisti: “Penso che tutta l’atten- film e musica da film, e letteratura. finalmente realizzò che avrebbe zione che abbiamo ricevuto in que- I film e le soundtrack nei film di voluto distribuirlo con la sua eti- sti anni abbia poco a che fare con Pasolini, Herzog, Jaeckin, Weir…e chetta. Credo che fossimo entram- gli elementi ‘folkish’ ma soprattutto anche molto da compositori parti- bi realmente contenti della cosa”. con quanto buona la musica è. Poi colari come Ghedalia Tazartes”. Questi i suoi primi passi e questo dipende molto anche dalla cresci- Antonello Comunale

1 0 s e n t i r e a s c o l t a r e The Lights On... tied and tickled trio

Nel 2004 intervistammo i Tied And di stili: Freddie Hubbard (Sing Me troburgo (circa nel 1912), ne rimase Tickled Trio in occasione di Obser- A Song Of Songmy), Herbie Han- deluso. Per non parlare dell’astio che ving Systems, l’ambizioso progetto cock (Sextant), Miles Davis (On The raccolse quando presentò i poemi con la Big Band jazz. Torniamo a Corner), Ronald Kirk e Sun Ra”. È sonori e tutte le onomatopee di mac- farlo alla luce del nuovo intra-side veramente il massimo ascoltare una chine e aeroplani al pubblico russo. project Aelita, dalla cifra sonora di- persona così minuziosa parlare di I poemi russi erano molto diversi: a versissima: il jazz “organico” ibri- un amore sincero per “tutta l’area Chlebnikov [titolo di un brano di Aeli- dato di electro abbacinata, ma pur selvaggia dei ’60 e ’70, dove quei ta] non interessava l’esaltazione del- sempre “dentro” quel tipico spirito musicisti jazz afro-americani non la tecnologia ma la reinvenzione del brass, è sparito. Al suo posto, uno volevano più suonare come avevano linguaggio. Diversamente dall’alacre spazio puntinato che puzza di bru- sempre fatto e cominciarono così a italico, i suoi lavori puntavano dritto ciacchiato da pellicole giallognole fondere e improvvisare con gli stili al suono originale delle cose, del co- primo Novecento. Insomma, niente più disparati”. lore e degli stati mentali. I poeti russi Sun Ra (adorati da Marcus), Mingus I Tied And Tickled Trio non rispondo- in sostanza nello spazio c’avrebbe- e Davis nel bagagliaio dello shuttle no in toto al freddo luogo comune sui ro mandato missili di pensieri. Una per il cosmo. Quasi sorprende che il teutonici, perché se pure in parte vi versione antigravitazionale del pen- trio meno trio della storia non abbia aderiscono, cercano modi intelligenti siero logico. E in questo erano infini- cambiato ragione sociale. (e tipicamente deutch) per autosa- tamente diversi dai futuristi italiani, “Il nuovo lavoro è nato così, per caso. botarsi. Siamo arrivati a convincerci rappresentavano l’ineluttabilità della Una performance live a sonorizzare che siano un collettivo di agnostici condizione umana in rapporto al co- una sequenza di immagini del bel fu- che credono nell’alchimia (o qualche smo”. turo d’altri tempi a Monaco e poi la stronzata simile). Razionalisti in gra- Frasi che valgono molto più delle realizzazione in volata di quell’intin- do di controllare la materia e i minimi cazzate di cui sono solitamente pie- golo elctro minimal presso i consueti effetti combinatori senza smettere ne le interviste. Spiegano il mistero studi”, spiegano Marcus Archer e An- di vederci la magia dentro. L’ultimo di Aelita gettando ponti temporali dreas Gerth. Ma questa storia la sa- album non fa eccezione. Marcus lo con altre arti. E fanno supporre do- pete già, la trovate nella recensione ricollega alla musica che facevano lorose metafore concernenti l’attua- web e pure nel PDF di giugno. Molto all’inizio, “quando suonavano solo lità. Marcus e Andres si schernisco- più interessante è rilevare come dai electronics, basso e batteria” (e la no: “nessuno di noi stava pensando TTT emerga una peculiare dialettica, musica era la variante dei Tortoise coscientemente al futurismo quando colta e aneddotica assieme. Di gente krauta che andava di moda allora, suonava, né al fatto che Chlebnikov estremamente curiosa e consapevole vedi anche SA #30 aprile 2007). che moriva proprio mentre registravamo”. intenta a produrre musica nel modo Così è stato, aggiunge un po’ sornio- Anche qui una teoria fa pendant: “la più diretto ed estemporaneo possibi- ne, perché non c’erano brassplayers musica si fa al presente ed è anche le (la lavorazione dell’ultimo album a disposizione. “Il prossimo disco un punto di vista delle eruzioni del ha richiesto tre giorni in tutto). tornerà dalle parti di Observing, pro- passato, ma pur sempre nel focus L’approccio di Marcus è emblemati- babilmente”. del presente”, afferma Gerth. co. Quando, nell’intervista del 2004, Però, nell’intervista recente, la polpa Vabbè, adesso tutti vorranno sapere accennavamo agli umori Mingus tra è un’altra e queste sono solo chiac- quando esce il nuovo Notwist: Mar- i solchi di Observing, ci rispose: chiere: è quando Andreas Gerth par- cus dice che ci stanno lavorando e “Mingus sì, ci ha influenzato molto. la delle divergenze tra futurismo e sarà pronto per gli inizi del 2008. Ma per gli arrangiamenti brass cito: costruttivismo che ci pare di coglie- Inoltre c’è una cosa chiamata Three Gil Evans, Sam Rivers (Dimensions re il retroscena umorale dell’algido Shades che sta per essere missata. + extensions) e (Afri- Aelita. Sentite la storia: “Quando Das Vidania. ca Brass), mentre per la mescolanza Marinetti conobbe i futuristi di Pie- Edoardo Bridda

s e n t i r e a s c o l t a r e   Zelienople PROVE GENERALI DI PSYCH SOMMERSO di Antonello Comunale

Se esiste una grammatica per ogni cosa, allora anche la psichedelia ha i suoi soggetti e i suoi predicati. Lo sanno bene gli Zelienople, trio di Chicago che suona musica psichedelica con la nonchalance di chi conosce a mena- dito la grammatica del suo linguaggio, con i Talk Talk come soggetto e i Pink Floyd come predicato.

“Spesso penso ai Floyd come una Ora come ora siamo meno timidi e im- so e notturno di Mark Hollis e dei pietra miliare per il nostro genere di pacciati nel registrare nuovi dischi. Bark Psychosis (Mike: “Amo gli ulti- suono e per le nostre strutture musi- Ink, Stone Academy e His/Hers sono mi due dischi dei Talk Talk così come cali. Voglio dire, noi e un numero in- stati registrati per la maggior parte l’album di Mark Hollis, ma penso che calcolabile di band non esisteremmo dal vivo senza sovraincisioni. Per al- i Bark Psychosis siano inferiori a neppure senza di loro. C’è stato un cune ragioni questo ha dato origine a noi!”), poi a partire dal terzo disco in tempo in cui ascoltavo Wish You Were più brani”. Anche Mike mi spiega che poi, Ink per la precisione, si sono al- Here ogni giorno”. A parlare è Matt dopo tutto è essenzialmente una que- lontanati sempre più dai propri refe- Christensen, voce e chitarra della stione di metodo. Se ne hai uno buo- renti fino ad arrivare a dischi come band. Anche Mike Weis, il batterista, no e l’ispirazione non ti manca puoi Stone Academy e His/Hers che si non mi nasconde la sua adorazione facilmente registrare una gran quanti- riallacciano alle espressioni più libere per Gilmour e soci: “Sono stato un fan tà di brani senza necessariamente e free form della storia della psiche- dei Pink Floyd sin da quando ero pic- produrre dei mostri: “Suoniamo per delia. “Stiamo sicuramente diventan- colo, ascoltavo i dischi nella stanza di tre volte a settimana che ci sia un do più improvvisati e stiamo progres- mio fratello e osservavo per ore le co- concerto da preparare o meno, così sivamente perdendo le nostre pertine dei loro album. Sono più ad- lavoriamo costantemente sulla musi- strutture ma penso che suonavamo dentro al loro primo periodo, album ca. Da quando abbiamo incominciato più ambient ai tempi di Pajama Ave- come Piper At the Gates Of Dawn e a registrare più come una band dal nue - afferma Mike - non so perché specialmente Saucerful Of Secrets. vivo piuttosto che con le singole trac- ma trovo difficile valutare il nostro Set The Controls For The Heart Of ce, il processo è diventato molto più stesso lavoro. La nostra line-up cor- The Sun è il mio modello di canzone veloce. Abbiamo la maggior parte del- rente ha più in comune con il free jazz perfetta”. Loro due, insieme a Brian la strumentazione già montata nel o con i gruppi di musica improvvisata Harding, chitarra e clarinetto, sono mio seminterrato così siamo sempre che con i gruppi rock. Nel senso che gli Zelienople di Chicago. Un nome pronti per incominciare a registrare. stiamo ancora suonando canzoni ma stranissimo preso da una cittadina in Matt spende un sacco di tempo con i sono sempre più sciolte e aperte al- Pennsylvania “vicina a dove George microfoni e altre attrezzature tecni- l’interpretazione dei musicisti”. Per Romero ha girato La Notte dei Morti che ma una volta che ci siamo siste- avere un’immagine chiara del loro Viventi”. Chi fa attenzione al caotico mati, le canzoni cominciano a venire suono basta guardare gli artwork dei sottobosco americano delle etichette fuori abbastanza velocemente. Dal dischi, nella maggioranza dei casi as- indie, avrà sicuramente letto di qual- momento che registriamo in questo semblati con foto scattate da Mike. I che loro disco sperso in qualche cata- modo ci auto imponiamo delle limita- soggetti sono sempre gli stessi: case, logo. Attivissimi fin da subito, oggi i zioni nel senso che non abbiamo la strade, viali, cancelli, pareti, lampio- tre toccano la quota del quinto disco tentazione di ‘aggiustare questo o ni… non appare mai nessun umano o sulla lunga distanza, senza contare quello col missaggio’ o aggiungere soggetto animato, soltanto spazi e gli ep e le collaborazioni. L’iperprolifi- sovraincisioni per pulire le tracce”. cose. Mike ci scherza sopra: “Dovrei cità è uno dei mali dei nostri tempi, Gli Zelienople sono passati dall’esse- stare lontano dai cortili delle perso- ma loro riescono inspiegabilmente a re una variante appena più strutturata ne”, ma tutte emanano un senso di rimanere ancorati ad una traccia di dei Talk Talk di Spirit Of Eden ad un solitudine. Una solitudine degli spazi qualità, indipendentemente da quanta coacervo di soluzioni improvvisate e un cercare di riempirli con gli sguar- musica partoriscano. “Le canzoni che li ha progressivamente traghettati di o, come nel caso della musica, con sono composte per metà da me e per verso un suono più libero, aereo, free. i suoni. “A noi piace un sound espan- metà improvvisate dalla band - mi Pajama Avenue, il loro primo disco, sivo o sarebbe meglio usare la parola dice Matt - registriamo tutto da soli. aveva ancora molto del sound brumo- “ricco”. Per me è difficilissimo sepa-

1 2 s e n t i r e a s c o l t a r e PROVE GENERALI DI PSYCH SOMMERSO

rare quelle immagini dalla musica e più squisitamente discografici, dal Ghost Ship. L’ironia è che abbiamo dal momento che conosco Mike la momento che tolti i primi due lavori, avuto più attenzione con questi lavori cosa è difficile da risolvere comun- ogni nuovo disco è stato licenziato limitati a 100 copie piuttosto che con que. Non vedo la nostra musica e le presso una label differente, con una la tiratura di 1000 dei primi due album foto di Mike come due cose separa- predilezione per quelle più piccole e su Loose Thread. È così che ho fatto te”. L’approccio sempre più libero e artigianali che a colpi di edizioni limi- amicizia con Brad di Digitalis, Jefre di insofferente verso le strutture dà pa- tate hanno fatto crescere l’interesse Root Strata e John della Type e così recchi problemi quando si tratta di ca- intorno alla loro proposta. La croni- questi due lavori ci hanno aperto ad tegorizzare in una definizione o in un storia che mi fa Matt è un piccolo altre label che avrebbero eventual- genere quello che si ascolta: “Ho ap- quadro d’insieme del sottobosco un- mente distribuito i nostri futuri dischi. pena letto la descrizione che Time- derground di questi anni: “Abbiamo Una piccola etichetta di Parigi chia- Lag ha scritto per Enemy Chorus - ri- avuto ottimi rapporti con tutte le label mata Cook And Egg ha ristampato il flette Mike - loro parlano di ‘qualcosa per cui abbiamo inciso. I nostri primi nostro primo cd-r, Bachelor’s Grove di simile all’acid folk suonato alla due dischi sono stati distribuiti dal- che vendevamo da soli alla fine dei metà della velocità in una caverna nel l’etichetta di un nostro amico, la Loo- concerti e proprio oggi Time-Lag fa deserto’. Credo che questa descrizio- se Thread, che li ha confezionati in uscire Enemy Chorus, un cd-r ep che ne calzi bene per quel disco ma non modo molto professionale con tanto sarà l’ultimo cd-r prodotto in assoluto credo che vada bene per lavori come di press e promo. È stato bello avere dall’etichetta. Le uscite in cd-r sono His/Hers e Stone Academy. Ho sen- qualcuno che ha fatto uscire quei due state divertenti ed eccitanti ma penso tito comunque ogni genere di descri- dischi ma è costato un po’ di tempo e che i nostri futuri album usciranno zione… post-, psichedelia di denaro e bisogna dire che dal mo- unicamente su Type. John si dedica sommersa, post-rock, ambient-rock, mento in cui abbiamo finito di regi- molto alle sue uscite e conosce molto drone-rock, drone-jazz, ambient-dro- strare a quello in cui il disco è stato bene come mandare avanti un affare ne-folk, space-rock, drone-noise- distribuito c’è stato un intervallo di complesso come un’etichetta disco- free-folk!”. Una simile indetermina- tempo di un anno. Una cosa frustran- grafica, in più è capace di distribuire zione vale anche per le influenze, te perché nel frattempo avevamo già gli album sia in formato cd che in for- perché quando gli chiedo chi siano i finito di concepire un nuovo lavoro. mato vinile ed è la libidine definitiva”. loro riferimenti creativi, al di là di Talk Così decisi di mandare Ink ad alcune Ora, a parte il quinto disco His/Hers Talk e Pink Floyd la lista potrebbe al- label specializzate in cd-r che ammi- in uscita su Type, i tre si dedicano an- lungarsi in modo indeterminato: ravo come la finnica 267Lattajja e la che ad alcuni progetti collaterali come “Quella dei Talk Talk è una grande in- neozelandese PseudoArcana. Mi pia- i Good Stuff House insieme a Scott fluenza - afferma Matt- così come ce molto il loro approccio DIY, mi ri- Tuma o come i Western Automatic , i Velvet Underground, corda l’epoca in cui scambiavamo le che sono il viatico solista di Matt. Peter Gabriel, (ultimamente) John cassette nei giorni del Punk. Mi piace “Quello dei Good Stuff House è un Carpenter, Brian Eno, Pharoah San- anche che loro facciano delle edizioni progetto veramente divertente ma ci ders e la musica gamelan. In questi limitate di qualunque cosa invece di va meno lavoro che negli Zelienople. giorni sto ascoltando molto anche produrre materiale su materiale che C’è stato un cd-r uscito su Time-Lag The Air In Piecies di Geoff Mullen. spesso fa la fine di essere dimentica- lo scorso anno ma è fuori stampa ora. Non avevo ascoltato nulla dei Bark to sotto il letto a raccogliere polvere Root Strata distribuirà un cd vero e Psychosis fino a quando non lessi per anni. Altra cosa che mi piace è proprio questo autunno chiamato En- una recensione di Pajama Avenue l’artwork fatto a mano al posto del dless Bummer. È meno influenzato che li menzionava. Posso capire il freddo jewel-case. 267Lattajja ha dalle radici americane ed è più dark paragone”. Caotici anche i contorni così distribuito Ink e PseudoArcana e… psichedelia sommersa!”.

s e n t i r e a s c o l t a r e   The National STRANIERI PER CASO di Antonio Puglia

Certe cose richiedono tempo. I National, moderni e pazienti artigiani di emozioni, lo sanno bene. Si tratti di folk, pop, indie o wave, i loro sono dischi che sedimentano con lentezza, per poi ripagare ampiamente dell’attenzione ricevuta.

In tempi sempre più strani come i no- die rock. Come avete vissuto que- so in passato. Era nei vostri pensie- stri, a volte accadono piccoli, inspie- sta cosa, e come vi spiegate quel ri durante la realizzazione di Boxer? gabili miracoli. E così capita che il di- successo, oggi? Vi siete sentiti sotto pressione? schetto di un’oscura band di Brooklyn, Naturalmente, siamo rimasti lusinga- No, penso che sia sufficiente la pres- uscito a inizio 2005 nell’indifferenza ti da quello che è successo con Alli- sione interna che proviamo noi cinque generale, finisca nelle playlist di fine gator. E’ cominciato tutto in sordina, nel cercare di comporre canzoni che anno dei principali magazine inglesi, ma nel tempo il disco ha continuato ci ispirano. Non c’è spazio per pres- nonché di migliaia di entusiasti indie a crescere grazie al passaparola sot- sione proveniente dall’esterno. A volte fans. A ben vedere, i numeri per fare terraneo. Non riesco a spiegarmi né scherziamo sul “vivere nell’ombra del strage di cuori Alligator li aveva tutti: perché ha avuto questo successo, nostro successo underground”! chitarre alla Smiths, un crooner om- né perché ci sono voluti due anni per broso, tenere trame acustiche alter- raggiungerlo. Posso solo dire che noi In effetti Boxer suona molto più am- nate a vivide zampate wave, passaggi per primi tendiamo ad innamorarci di bizioso – e probabilmente più sicu- melodici indelebili conditi da testi sa- quelle canzoni che ci crescono addos- ro - del predecessore. Mi sbaglio? laci e memorabili, il tutto radunando so col tempo, quindi è perfettamente No, hai ragione. Il disco è molto am- le migliori istanze dell’indie pop ame- sensato che i nostri dischi abbiano lo bizioso e vario musicalmente, spe- ricano (e non) con una spiccata vena stesso effetto sugli altri. E’ stato un cialmente in termini di stratificazioni autoriale. Uno strike pieno quanto viaggio estenuante ma esilarante e ed arrangiamenti. Questo senso di inatteso per questi cinque amici di alla fine, anche oggi, stiamo facendo avventura, di ricerca è venuto comun- vecchia data provenienti da Cincin- le cose esattamente alla nostra ma- que in modo naturale - se vuoi, acci- nati - il vocalist Matt Berninger e la niera: scrivere delle canzoni in cui dentale - , come risultato di alchimie doppia coppia di fratelli Aaron e Bryce crediamo, che ci rendono felici quan- che si sono create sia all’interno della Dessner + Bryan e Scott Devendorf –, do le suoniamo. band, sia insieme a Padma Newsome che con giusto un paio di album al- (membro fondatore dei Clogs, band l’attivo rilasciati dalla loro etichetta, In effetti qualcuno ha detto – pen- “gemella” dei National), che ci ha dato la Brassland (The National, 2001 e so fosse Pitchfork - che la vostra una grossa mano con la produzione. Sad Songs For Dirty Lovers, 2003) musica cresce lentamente con gli Non abbiamo parlato di scelte preci- si sono ritrovati improvvisamente a re- ascolti piuttosto che colpire imme- se, come allontanarci di proposito da citare da protagonisti sul prestigioso diatamente. Siete d’accordo? E se certe convenzioni rock e provare cose palcoscenico della Beggars Banquet. sì, ritenete sia una qualità? nuove: semplicemente, tutti sentiva- Di questo ed altro ci ha parlato via e- Credo che sia il nostro caso, sì. Amia- mo di non doverci ripetere e fare un mail Aaron, impegnato in questi giorni mo gli album che resistono al trascor- Alligator II. insieme ai compagni nel tour promo- rere del tempo, che si rivelano gra- zionale di Boxer (Beggars / Self, 25 dualmente. Abbiamo sempre provato Quindi, prima di entrare in studio, maggio 2007 - recensione su SA#32), a fare questo tipo di dischi, quindi per non avevate in mente niente di pre- il nuovo intenso capitolo della saga noi è senz’altro un complimento. ciso? dei National. Come ti dicevo, non ne abbiamo par- Dopo Alligator, le aspettative da lato. E’ tutto nato da nuove abitudini, Due anni fa, Alligator ha rappre- parte del pubblico e della stampa e dalla volontà di scoprire il giusto sentato una sorpresa inaspettata (e per la vostra prossima mossa si tono e umore per ogni canzone. Allo gradita) per tutti gli amanti dell’in- sono alzate, come non era succes- stesso tempo, io e mio fratello Bryce

1 4 s e n t i r e a s c o l t a r e abbiamo cominciato a sperimentare Ascolta la musica che gli forniamo per migliore. I risultati si sono visti, specie alcune idee sonore durante il tour di mesi e mesi, e scrive quaderni pieni di da voi in Europa. Alligator. Per esempio, mi sono messo idee. Poi, gradualmente, mette insie- a colpire la chitarra dietro il ponte, e me i testi come un collage; in questo Andando ancora più indietro, ci fa- da lì è nato il suono alla base di Mi- modo le canzoni possono avere più resti un breve riassunto della vo- staken For Strangers, una tecnica che argomenti allo stesso tempo. Riesce stra storia? So che le vicende dei abbiamo usato anche in altre canzoni. a mescolare l’onestà delle emozioni, National sono strettamente legate Ci siamo anche resi conto che fiati ed parlando con humor di situazioni diffi- a quelle della vostra etichetta, la ottoni sarebbero stati appropriati per cili e imbarazzanti e sì, penso che in Brassland. Quali sono i progetti fu- ciò che stavamo scrivendo. Dal mo- questo ha imparato da Cohen, Cave e turi della label? mento che Padma è stato coinvolto Morrissey. Noi cinque siamo stati sempre ami- sin dall’inizio, è possibile che abbia ci. Io, mio fratello e Bryan abbiamo influenzato la ricchezza degli arran- Amore e lotta, difficili situazioni in- suonato in diversi gruppi da quando giamenti. I dettagli orchestrali sono terpersonali sembrano essere i temi avevamo 15 anni. Scott e Matt hanno parte integrante delle canzoni, non ricorrenti di Boxer… frequentato il college insieme a Cin- soltanto giustapposizioni. Sì, molti dei protagonisti delle canzo- cinnati, e per poco hanno fatto par- ni lottano, in un modo o in un altro. te di una band, i Nancy. Suonavano Fra i tanti ospiti di Boxer spicca il Lottano per trattenere qualcuno che si come i Pavement. Verso il 1999 ci sia- nome di Sufjan Stevens. Cosa c’è ama, per debellare ansietà personali, mo tutti trasferiti a New York per lavo- dietro questa collaborazione? per rimettersi in contatto con amici o ro. Nei weekend ci incontravamo nel Beh, ci conosciamo da anni, è un no- cose che sono importanti, e così via. loft di Matt sul Gowanus canal (una stro vicino di casa e caro amico, mio zona che allora era malfamata), giu- fratello suona la chitarra nella sua Dopo anni di relativa oscurità, avete sto per divertirci. Un giorno abbiamo band. Così quando abbiamo avuto bi- trovato ospitalità presso la Beggars cominciato a fare canzoni, giusto per sogno di qualcuno che suonasse delle Banquet, un’etichetta che vanta un divertimento, e un nostro amico ne parti di piano più espressive (almeno, passato “importante”, insieme a un ha registrato alcune. Riascoltandole, più di quanto io e Bryce siamo capaci!) profilo immediatamente riconosci- l’alchimia tra di noi era evidente sin per due pezzi, Ada and Racing Like A bile e una precisa direzione artisti- dall’inizio. Così abbiamo cominciato Pro, è stato naturale e facile coinvol- ca. Come siete venuti in contatto a prendere la cosa più seriamente e gere Sufjan, Ha ascoltato le canzoni con questa realtà? infine, nel 2001, abbiamo registrato il una volta sola e le ha suonate imme- Roger Trust, il boss della Beggars, era nostro primo disco (The National). Il diatamente. E’ stato così semplice! un fan dei nostri primi album. Quando nostro amico Alec Hanley Bemis ci ha ha saputo che cercavamo un’etichetta offerto di mettere su un’etichetta per Il songwriting di Matt è sempre in- è stato lui a contattarci. E’ stato na- pubblicare l’album, insieme a un altro cisivo, mi fa pensare a Leonard turale per noi accettare, dal momento disco che mio fratello aveva fatto con Cohen, e Morrissey. C’è che abbiamo un enorme rispetto per la Padma Newsome (Thom’s Night Out un metodo particolare dietro? In- storia della label; inoltre, non c’è alcu- dei Clogs). E così è nata la Brassland. fluenze musicali (e non)? na interferenza con il nostro proces- Quest’anno la label pubblicherà un Credo che Matt tragga idee virtual- so creativo. Il successo di Alligator è nuovo disco dei Clogs insieme ad al- mente da ogni cosa. Film, televisione, senz’altro anche un loro merito, grazie bum dei Doveman e Irena &Vojtech libri, conversazioni sentite per caso. a una distribuzione e una promozione Havel, una band da Praga.

s e n t i r e a s c o l t a r e   Tomahawk DA SCURE AD ASCIA BIFRONTE di Gaspare Caliri e Daniele Follero

Dopo un paio di album da supergruppo – apprezzabili ma forse non memorabili – la band di Danison dei Jesus Lizard e trova una sua personalità bifronte: breve storia dei Tomahakw, da occhiello del metal-har- dcore illuminato a band di ricerca etnica, condotta a passo di guerra.

Nascita della scure teria (già negli Helmet, ora nei Bat- (dirompenti) dei musicisti e le pecu- Mettere a fuoco un gruppo di Mike tles). I quattro fanno uscire un disco liarità dell’oggetto antropologico che Patton è affare poco semplice; come self titled nel 2001, ovviamente sulla il combo si è scelto. fare fotografie non mosse a una fe- , etichetta fondata Il disco è sicuramente riuscito, non sta di compleanno di bambini scate- dal solito Patton insieme al manager sembra neanche grossolano, nono- nati. Passano ovvie differenze tra i dei suoi Mr. Bungle, Greg Werck- stante la difficoltà etnomusicologi- due termini della similitudine – per man. ca di una tale operazione. E allora esempio il fatto che nessuno vorreb- Un momento, però. Se andiamo torniamo all’origine del progetto, e be essere il fotografo, a meno che avanti così ci prestiamo a facili cerchiamo di fare ciò che solo nella non sia pagato o padre di uno dei conclusioni. La storia va un pochi- provetta della critica musicale si può discoli. no riscritta. Per quanto al gruppo si fare: isolare l’attività dei Tomahawk Invece qualcosa ci spinge a occu- associ sempre il nome del cantante e cercarne linee rosse e rotture. parci dei Tomahawk (adattamento emiliano-statunitense, in realtà l’idea La “rottura” a ritroso sembra eviden- alla lingua inglese del termine usato non è stata sua. Ricordiamo che Pat- te. Il primo disco – Tomahawk (Ipe- dai nativi Angolchini della Virginia ton fu pescato per la sua voce (dal cac, 30 ottobre 2001 ) – è infatti tut- per indicare la scure da lanciare in chitarrista ) già nel caso t’altro rispetto all’approdo cui l’ascia battaglia), creatura eclettica quanto . Per i Tomahawk è è arrivata. L’iniziale Flashback dà la voce di “Michele”, nata un paio di avvenuta una cosa simile, per quan- prova della commistione ereditaria anni abbondanti dopo la dissoluzione to poi l’ingresso di MP non può che tra e gli immensi Jesus Li- dei Faith No More, annunciata da un cambiare le cose. E’ stato infatti Da- zard, nei riff, nelle mosse, alcune comunicato stampa il 20 aprile 1998. nison ad avere l’idea del progetto, già presenti nel King Of A Day dei Per la verità, tra 1998 e 1999 nasco- e a chiamare a sé Mike e gli altri. FNM. Se la prospettiva passata alla no anche i Fantômas, creatura pret- Ok, ben fatto. Restituito l’equilibrio storia critica è quella di metal-prog tamente pattoniana, ma sicuramen- tra le personalità, torniamo a parlare – ancichè noise-prog, per esempio te figlia dell’apertura mentale che il di Tomahawk. Anzi, facciamo prima – ciò è probabilmente dovuto la voce nostro ebbe dalla frequentazione di un’altra specificazione. di Patton, capace in ogni momento di quel matto di . Non che ci spostare la prospettiva. Ma forse è fosse bisogno di un corso di sincre- Il lancio della scure questione, più che di oggettività mu- tismo per il cantante di Mr Jungle e Dicevamo che l’interesse per questo sicale, di provenienze degli ascolta- FNM, ma insomma a partire dai Fan- gruppo non è solo ancorato al suo tori, che a seconda del bacino d’ori- tômas le cose sono un po’ cambiate, organico stupefacente. C’è un disco gine propendono verso una lettura come è evidente dalla proliferazione nuovo che fa venir voglia di riprende- o l’altra. È poi evidente che è Mike di progetti e collaborazioni dell’ugola re in mano i Tomahawk – come band, ad aver portato il maggior seguito crossover. non come progetto – e di capirci rispetto agli altri componenti. Senti- Certo basterebbe guardare alla com- qualcosa di più. Si intitola Anony- to il basso poderoso (post-punk nel posizione (sfiziosa) da supergruppo mous ed è costruito attorno al solito senso in cui lo riprendevano i Jesus dell’entità Tomahawk – quasi una rumore unito alla musica dei nativi Lizard, appunto) di Point And Click, summa dei presupposti creati negli americani (trovate la recensione su poi, associato alla voce e ai respiri di ’80 e sviluppati nei ’90 – per rima- questo numero di SA). Una specie Mike, si capisce che la somma delle nerne incuriositi. Oltre alla voce di di etnonoise focalizzata su una tra- parti promette un risultato neanche Mike, qui ci si fregia di Duane Da- dizione specifica; una sorta di folk lontanamente aritmetico, nel bene e nison (chitarrista dei Jesus Lizard), fatto da terzi, di Tristi tropici del- nel male (7.3/10). del basso di Kevin Rutmanis (dei le riserve, perfettamente calato nel L’album fu un successo ancora prima Melvins) e di alla bat- punto d’incrocio tra le personalità di uscire, a scatola chiusa; si prestò

  s e n t i r e a s c o l t a r e anche ad alcune critiche, che ritene- di Patton, quasi sempre prevalente ne chiara. Ma, quello che più ci inte- vano l’esperienza niente più che un nella composizione. Lo si sente in ressa, nessuno potrà plausibilmente modo di fare due soldi commercializ- quei passaggi dark, in quei cam- – a meno che sia ossessionato – tac- zando l’offerta. In realtà anche qui è bi repentini di umore e di ritmo, in ciare questo progetto di mancanza bene specificare il punto di vista dal quell’incedere schizofrenico, ai quali di progettualità. Anzi, quello che fa quale si scaglia un giudizio. Di cer- il cantante americano ci aveva abi- meglio sperare di Anonymous è che to, chi si è avvicinato ai Tomahawk tuati sin dagli esordi. Nonostante lascia l’ascoltatore speranzoso nel dai Jesus ha trovato un terreno a lui il sigillo del leader, però, è proprio prossimo passo di Danison, Stanier abbastanza estraneo, e dunque può negli equilibri delle parti, nel suo sa- e Patton. aver giudicato con più serenità. Gli per parlare a più voci che quest’al- Prima di rimandare nuovamente alla altri, si suppone, possono aver fat- bum funziona. Ne sono un esempio recensione, possiamo chiosare tor- to una delle due seguenti scelte: o Captain Midnight - un miscuglio ben nando ancora a Mike, al suo bene e preso Tomahawk come una tantum riuscito di drum’n’bass e power rock al suo male. Se è vero che i Faith No spara-gruppone, dal gruzzolo facile, - e You Can’t Win, tra ritmi lounge More sono sopravvalutati rispetto ai oppure come primo capitolo di una e funky che sfociano in un finale di loro meriti, a Patton va infatti il meri- saga nativa molto più lunga. A dire suoni dalla luce stroboscopica della to di non aver protratto le facilonerie. oggi che questi ultimi la vedevano psichedelia. Siamo di fronte a un personaggio che giusta non si fa molta fatica. Avesse- Ma non mancano episodi più medi- ha grossissime potenzialità nel con- ro aspettato un pochino, gli altri… tativi, dove prevale una calma qua- centrare su di sé l’altrui attenzione; si ambient, o un rumorismo ai limiti così facendo ha tenuto vivi i sospetti La scure volteggia, diventa del noise, come nel caso di Harlem sull’ascia indianoamericana, ma an- bifronte Clowns. Ciliegina sulla torta, la ne- che aperto alla sperimentazione un A quasi due anni di distanza dall’omo- nia strampalata Desastre Natural, mercato sicuramente non avvezzo. nimo esordio, infatti, i Tomahawk ri- con Patton che, in uno spagnolo Patton è un personaggio popolare, compaiono con Mit Gas (Ipecac, 6 dall’accento marcatamente yankee, e su questa cifra bisogna soppesare maggio 2003), all’insegna di un rock ripete ad ogni verso “esto no es un gli intarsi della sua personalità tra i duro e monolitico, senza fronzoli. La examen”. Che questo sia o no un vari progetti che solca. presenza di tastiere in primo piano esame, i Tomahawk lo hanno supe- Poi c’è modo e modo di dosare la e di riff di chitarra graffianti e ritor- rato a pieni voti (7.3/10). propria fama, che è il proprio pote- nelli in crescendo rende questa se- Fatto sta che sono seguiti quattro re. Come quella volta che fu Patton conda uscita uno dei lavori in cui è anni di silenzio, il che, vista l’iper- a subire un torto; quando cioè, per coinvolto Patton più direttamente ri- trofia dei protagonisti, può aver fat- scaramucce precedenti, alla fine de- feribili all’esperienza Faith No More, to ringalluzzire i teorici del progetto gli anni ’90 Anthony Kiedis dei Red eccettuato il lato rap metal, che qui a breve termine. Ma siamo arrivati Hot Chili Peppers, appena seppe scompare per lasciare il posto ad un nel 2007, e i Tomahawk sono tornati che i Mr. Bungle dovevano suona- sound più propriamente rock, che a – anche se solo in tre (ha abbando- re in un enorme festival in Australia volte sfocia (senza rischi) nel main- nato il bassista Kevin Rutmanis). La (del quale i RHCP erano ovviamente stream, altre in passaggi progressi- personalità tipica da combo ultradif- tra i nomi di punta), minacciò di non ve, con il vocalist a sfoggiare tutto il ferenziato che aveva contraddistin- portare sul palco il proprio gruppo se suo repertorio di timbri vocali. to il primo disco – e un po’ anche prima quello di Patton non fosse sta- Le esperienze precedenti di Stanier, il secondo – ora trova un lato libero to cancellato dal programma. Nessun Rutmains e Denison qui si fondono su cui ricucire punti di forza e di ori- commento è necessario. Gli arriverà in modo meno ostentato e quindi for- ginalità. È curioso che il nome del presto un’ascia in fronte. se più riuscito, supportando la vena gruppo trovi solo ora una spiegazio-

s e n t i r e a s c o l t a r e 1 7 Mirah MIRAH E I PERCORSI DELL’ANIMA di Alessandro Grassi

Dal folk al tribalismo alla”world music” dell’ultimo Share This Place, la talentuosa Mirah prosegue il suo percorso, fatto di canzoni lievi che esplorano la gamma dell’umano sentire. La nostra chiacchierata sul nuovo riuscito disco e su molto altro ancora.

Mirah Yom Tov Zeitlyn è una scrit- La voce e la chitarra di Mirah sono 12. Mi piace l’idea di essere capa- trice di canzoni lievi, dedicate alle sempre suadenti e dondolanti ma ce di trasmettere una buona emo- stelle. Mirah è gay. Mirah ha avu- questa volta il calderone sonoro è zione alle persone che ascoltano, to molte case e nessuna residenza decisamente più vitale e complica- dare loro qualcosa a cui pensare, fissa fino a poco tempo fa. Mirah to: arrivano delle sezioni di archi e qualcosa con cui misurarsi, ispirar- era una ragazza come tante alla ri- percussioni roboanti, come nell’ini- li, farli piangere o ridere.” cerca di sé, leggermente introversa ziale Cold Cold Water, c’è spazio Si arriva velocemente al 2003 l’an- che da Philadelphia si è trasferita a per sempiterni folk ballad come no di un progetto particolare che Olympia negli anni della sua ado- Make It Hot e Monument, ma si er- genera un disco cupo, atmosferico, lescenza. Dopo essersi diplomata, gono i primi giacigli per incursioni tribalista, un disco fortemente in- Olympia continua ad essere la sua elettroniche, beat che s’insinuano fluenzato da quell’esperimento so- città. Comincia un po’ per gioco a nella trama e generano classici noro che è Mt. Eerie dei Micropho- suonare, autoinsegnandosi a ma- pressoché perfetti come Recom- nes: Songs From The Black neggiare una chitarra e a comporre mendation. Mountain Music Project. i suoi primi brani. Nonostante la materia trattata si sia Ma è una parentesi dettata dalla Poco dopo giungeranno due eventi ispessita e che le chiavi di lettura coralità del progetto. La solarità che cambieranno per sempre il corso siano diventate molteplici insieme comunicativa della nostra torna a della sua vita sia umanamente che agli stili toccati, si avverte una cer- splendere l’anno dopo nel compat- musicalmente: la nascita dell’amici- ta coerenza di fondo che è l’anima to quarto atto C’mon Miracle. Il di- zia con il batterista/cantante tutto- narrante della cantante e che sem- sco più riuscito del lotto annovera fare dei Microphones Phil Elvrum e bra riconciliare ogni episodio sep- come soluzioni sonore le stesse di l’entrata a far parte del rooster della pur nella sua differenza come fosse sempre tutte però eseguite con una celeberrima , forse il faro una strada singola, come un viaggio fedeltà maggiore e con piccole sfu- più brillante nella creatività indipen- unico che ha come appiglio tappe mature e accorgimenti che rendono dente di Olympia. differenti: “Credo che i miei album il disco una vera perla di cantauto- Nel 1999 comincia a lavorare in- tendano a correre in più direzioni, rato al femminile. sieme a Phil Elvrum al suo debutto con molte e differenti tipologie di Il dopo è un periodo difficile o quel- ossia You Think It’s Like This, But beat e suoni fra una canzone e l’al- lo che sostanzialmente si può defi- Really It’s Like This. Edito nel 2000 tra. L’unica cosa che posso identi- nire “un nuovo inizio”: “Ho passato non è niente di più di un’altra raccol- ficare come fattore unificante non è del tempo a portare in tour C’mon ta di pezzi registrati su un 4 tracce, musicale: è una questione di grandi Miracle e dopo ho sentito il bisogno composizioni profondamente folk. sentimenti, che si prendono vera- di un break. Volevo riposarmi un Voce e chitarra e ogni tanto qualche mente cura delle persone intorno a po’, conoscere la città in cui mi ero inserto di batteria grattuggiante per me, che condividono il mio mondo. dovuta trasferire (Portland, ndi.) e un insieme di pezzi che punta alla Cerco di comunicare un sentimen- avere un rullino di marcia un po’ comunicatività immediata. to di speranza attraverso il mio la- più regolare rispetto al solito. Ho Nel 2001 prende vita il secondo voro, e qualche volta si necessita trascorso un anno prevalentemen- episodio, quell’ Advisory Commit- l’ascolto dell’intero disco per ave- te a casa, lavorando ad un market tee che è un completo abbaglio, un re il quadro completo, poiché se la agricolo, coltivando un giardino, nuovo mondo, più conciso, più omo- soluzione non arriva con la terza passando del tempo con la mia ra- geneo, più inquadrato. canzone è probabile che arrivi alla gazza. Sono stata investita da una

1 8 s e n t i r e a s c o l t a r e macchina, ho iniziato a fare molto pupazzi-insetto sulle parti pre-re- La materia musicale d’altro can- yoga, ho corso una maratona. E ho gistrate. È specializzata nell’usare to è sicuramente diversa rispetto anche completato la scrittura e la oggetti trovati, generalmente cose al passato. Il folk è ora inteso in registrazione di Share This Place.” che sono state scartate come rifiuti senso etnico, in una nuova moda- Arriviamo all’oggi o quasi. Share per creare i suoi scenari. La secon- lità “world music” che affascina e This Place è un progetto comples- da metà delle canzoni dell’album stupisce: “La musica è stata tutta so, qualcosa di più di un nuovo al- sono state registrate qualche mese composta da Lori Goldston e Kyle bum su cui mettere le mani: “È ini- dopo e abbiamo ripetuto lo scambio. Hanson. Mi hanno inviato idee mu- ziato tutto come una collaborazione La performance consiste nel nostro sicate, o qualche volta un’intera intesa per una specifica performan- live musicale accompagnato da 50 canzone e io ho scritto su ciò che ce in un festival artistico a Portland minuti più o meno di animazione che mi hanno mandato e poi abbiamo chiamato TBA festival (Time Based è proiettata in un video circolare po- assemblato il tutto. Loro hanno una Art) ma eravamo così stupiti da ciò sto sopra le nostre teste. È piuttosto grande confidenza con molti stili a cui eravamo arrivati che abbiamo semplice ma l’animazione è vera- musicali, come ad esempio il turco deciso di espandere il progetto. Il mente stellare, pensa che tutti i pu- o il balcano. Il nostro percussioni- soggetto è venuto un po’ a caso. pazzi sono fatti di immondizia!” sta suona anche con una band di Volevamo qualcosa di specifico, Diventa curioso capire a questo musica araba e il nostro suonatore possibilmente universale, qualcosa punto come la nostra sia riuscita ad di Oud ha studiato musica - su cui potessi scrivere delle buo- adattare il proprio songwriting o a na per anni e suona anche la Kora. ne storie, qualcosa con emozione manipolarlo per parlare della vita e Così il suono della musica in Share e personalità ma allo stesso tempo dei percorsi degli insetti o per par- This Place è influenzato principal- qualcosa di molto lontano dai soliti lare di cose più universali proprio mente dal background loro rispetto canali, che si sono sempre concen- attraverso le loro gesta: “Queste al mio.” trati su di me e sulle mie esperien- nuove canzoni trattano molti degli Un album ancora una volta pieno ze. Imparando a conoscere gli in- stessi temi di sempre però in una di grazia e di tatto che aumenta in setti (la vera materia di cui tratta il chiave differente. C’è una mosca maniera esponenziale la curiosità disco, ndi.) e scrivendo secondo la che brama solamente di essere ac- verso i nuovi territori che la nostra loro prospettiva è stato illuminante cettata e amata anche se è costan- potrà toccare a breve nella spe- per me, come cantastorie e come temente rifiutata e degradata da ranza che riesca a portare il suo novizia entomologa.” colui che adora. C’è una seduttiva spettacolo nuovo qui nei nostri lidi: Share This Place non è solo un di- lucciola che “luccica” il suo langui- “Sto lentamente iniziando a regi- sco si diceva. E’ anche una perfor- do erotismo e poi freme per l’urgen- strare un nuovo disco solista ma ci mance animata che accompagna la za dell’attrazione. C’è lo scarabeo vorrà del tempo prima che venga resa live del gruppo, dei video rea- stercolario che è a sua volta così ultimato… Fortunatamente avremo lizzati da un artista amica di Mirah: ingannevolmente semplice con la la possibilità di inscenare Share “Britta Johnson è entrata a far parte sua gioia per il suo pasto (la sua This Place in Italia ed in Europa del progetto nell’istante stesso in cui palla di merda) e allo stesso tempo anche se ancora non so quando.” abbiamo presentato l’idea. Avevamo è così rappresentativo della grande Nella speranza che la promessa già delle canzoni scritte e registra- ruota che è la vita. Sono così teneri venga mantenuta godiamoci que- te così le abbiamo manipolate per e così intenti nella loro vita, proprio sto ultimo bellissimo lavoro… lei e ci ha animato i suoi fantastici come noi.” Bentornata!

s e n t i r e a s c o l t a r e 1 9 Gianluca Becuzzi kinetix di Daniele Follero

Un temperamento per niente nostalgico, un passato vissuto da studen- te di Belle Arti a Firenze, ascoltando Eno e John Cage, Throbbing Gri- stle e Pierre Schaeffer, per poi virare a 360° il suo percorso musicale, approdando all’elettronica sperimentale. Gianluca Becuzzi è, allo stato attuale, uno dei nomi più altisonanti del panorama avant-elettronica italiano. Ne abbiamo parlato con il diretto interessato...

In principio fu Kinetix. Nel 1999 rouge che colleghi ciò che mi ha La SmallVoices con il suo co- ha inizio la tua attività con que- maggiormente influenzato, parle- raggio è riuscita a trasformarsi sto moniker, ma la tua carriera rei di tutte quelle musiche capaci presto in punto di riferimento comincia già a partire dalla metà di esprimere idee forti, compiute, imprescindibile per l’elettronica degli anni Ottanta. Cos’è succes- autonome, innovative, che si espri- sperimentale nostrana. Come sei so in quegli anni? mono attraverso forme quanto più venuto in contatto con l’etichetta Negli Ottanta studiavo pittura al- possibile essenziali. A mio modo pugliese? Quali sono i vostri rap- l’Accademia di Belle Arti di Firenze di vedere, in questa categoria tra- porti oggi? e contestualmente facevo le pri- sversale possono convivere uno al Conosco Pasquale Lomolino da me esperienze musicali suonando fianco dell’altro artisti come Brian molti anni. Così, quando lui fondò post-punk, coldwave, industrial et Eno e John Cage, Throbbing Gri- SmallVoices assieme a Pierpaolo similia. Quello era il suono “più ec- stle e Pierre Schaeffer, Ryoji Ikeda Marchio, per me è stato del tutto citante” dell’epoca, soprattutto se, e Karlheinz Stockhausen, Iannis naturale proporre loro i miei lavori. come capitava a me, avevi 18 anni Xenakis e John Duncan, Pauli- Pierpaolo e Pasquale sono stati i e vivevi a Firenze, la capitale ita- ne Oliveros e Pansonic, Bernhard primi a credere nel mio nuovo cor- liana del “popolo nerovestito”. Così Guenter e Morton Feldman. so artistico offrendomi l’opportunità ho iniziato e così ho proseguito per concreta di far circolare il nome di buona parte degli anni Novanta, L’elettronica italiana, soprattutto Kinetix con la pubblicazione in CD pubblicando album e suonando in nel campo della musica d’arte, ha di Selected E_Missions e White giro per mezza Europa sotto svaria- una storia di tutto rispetto, lega- Rooms. In seguito hanno continua- te sigle. Alla fine dello scorso de- ta a persone e luoghi fondamen- to a supportarmi pubblicando Me- cennio i miei interessi artistici sono tali come Bruno Maderna, Luigi mory Makes Noise, l’album a mio mutati radicalmente e ho indirizza- Nono, Luciano Berio e lo Studio nome dello scorso anno e quello del to la mia ricerca espressiva verso Fonografico della RAI. Che rap- duo-project con Fabio Orsi Muddy forme maggiormente sperimentali porto hai con le forme primordia- Speaking Ghosts Through My Ma- rispetto al passato. Oggi tendo ad li di elettronica e in generale con chines. Insomma, con SmallVoices archiviare la prima fase della mia i compositori contemporanei che e la sua sister label A Silent Place è produzione (una quindicina di al- con essa hanno sperimentato? un continuo work in progress. bum circa) sotto la voce “opere gio- Nutro grandissimo rispetto e am- vanili”, siccome non ho un tempera- mirazione nei confronti dei pio- La tua ricerca non si ferma al ver- mento nostalgico e quindi mi capita nieri che hai nominato. Senza la sante musicale, ma comprende raramente di ripensare al passato. loro fondamentale opera, il mio anche le arti visive e il rappor- Tutte le mie energie si convogliano modo di concepire il suono e la- to spazio-suono (come in White sul presente, quando non addirittu- vorare con esso non sarebbe lo Rooms), rendendo la dimensione ra sul futuro. stesso. Credo che questo “debito performativa/installativa impre- artistico” vada assolutamente rico- scindibile per comprendere la tua Attraverso quali ascolti Gianluca nosciuto ed esteso anche a coloro arte. In questo senso il supporto Becuzzi è diventato il musicista che, pur ignorando opere e nomi discografico non rischia di esse- che conosciamo? In pratica, qua- dei compositori citati, beneficiano re un limite? li sono le musiche che ti hanno inconsapevolmente delle loro idee Parallelamente alla produzione di formato? rivoluzionarie quando, ad esem- lavori compositivi (per i quali il sup- Tantissimi ascolti, tra loro diver- pio, considerano pratica ordinaria porto digitale è ovviamente quello si, che vanno dalla musica cosid- inserire suoni di sintesi e/o loop appropriato) ho realizzato anche detta “colta” a quella “extra-colta”. campionati all’interno delle proprie tutta una serie di lavori “altri” rispet- Dovendo comunque trovare un fil musiche. to alla modalità del puro ascolto:

2 0 s e n t i r e a s c o l t a r e installazioni sonore, audio-visive, lo stesso hai fatto nei due lavori spedendoci le rispettive produzioni kinetix sonorizzazioni di spazi, sound de- con Fabio Orsi. Del resto, è dive- per via postale, abbiamo capito che sign, performance. Personalmente nuta una pratica diffusa da parte all’uno piaceva la musica dell’altro considero CD come White Rooms degli ex “puristi” dell’elettroni- ed abbiamo iniziato a collaborare a o Gestaltsystem01::Possible For- ca, quella di arricchire il sound distanza. Tutto il resto è venuto da ms:: i cataloghi delle due installa- con elementi acustici. Cos’è, una se: i primi due mp3works a doppia zioni che portano lo stesso titolo e sorta di ripensamento o la nuo- firma, messi in rete da Sinewaves.it niente più di questo, cosciente che va frontiera dell’elettronica post- (Snow Palace Hotel e Stella Maris per “godere pienamente dell’opera” moderna? Hotel), Osci, il solo-debut di Fabio, è necessario fruirla nella dimensio- Non sta a me dire se questa sia l’ul- al quale ho lavorato in veste di pro- ne percettiva per la quale è stata tima frontiera, per certo è un ter- duttore del suono, fino ad arrivare progettata. Queste forme d’arte mi reno di ricerca estremamente sti- ai due recenti CD in duo. interessano a tal punto che io e molante, che negli ultimi tempi ha il mio amico Marco Formaioni ab- attratto diversi altri artisti del giro Mi piace immaginare Muddy biamo ideato un festival chiamato avant internazionale. Quello che Speaking Ghosts… come una sor- Piombino eXperimenta, interamen- posso dirti è che i field recordings, ta di dimostrazione di quanto, in te dedicato alla sound art. la manipolazione di oggetti sonori e epoca postmoderna, le radici del gli strumenti acustici che ho utiliz- folk possano legarsi al suo estre- Che fine ha fatto Kinetix? Quando zato per realizzare le composizioni mo opposto, l’elettronica. Come è e perchè hai deciso di abbando- più recenti, mi hanno dato risulta- nata l’idea, tra l’altro molto inte- nare questo moniker per presen- ti talmente soddisfacenti da con- ressante e originale, di rivisitare tarti con il tuo nome anagrafico? vincermi a proseguire in direzione le registrazioni di Alan Lomax? E, soprattutto, è una scelta defi- elettroacustica. Questo non signifi- L’idea è nata proprio dalla volontà nitiva? ca che in futuro non potrei tornare di creare un cortocircuito estetico Kinetix è la sigla che ho utilizza- a pensare in termini di elettronica tra dimensioni storico/culturali tra to ogni volta che la mia ricerca si pura. Mai dire mai... loro tanto distanti da risultare pres- centrava sul sound processing di- soché inconciliabili. Da una parte i gitale. Attualmente sto lavorando Quella con Orsi è stata solo una mondi delle tradizioni popolari re- principalmente con sonorità elet- collaborazione estemporanea gistrate da Lomax, dall’altra la no- troacustiche-concrete e per questo o avete in progetto altri lavori? stra contemporaneità tecnologica e motivo, a partire da Memory Makes Come è nata l’idea di fare musica disincantata. Una sorta di incontro/ Noise, ho preferito firmare con il insieme? scontro tra termini antitetici: natu- mio nome i lavori che andavano in Quello formato da me e Fabio è un ra e cultura, passato e presente, questa direzione, relegando la sigla vero e proprio duo-project desti- tradizione e avanguardia. Un la- a semplice suffisso mnemonico. Ki- nato a rimanere stabile nel tempo voro basato sulla regia (sequenze, netix potrebbe saltare nuovamente e produrre altro ancora. Il nostro montaggi, tempi) tanto che per certi fuori se decidessi di dare alle stam- sodalizio si fonda su un’autentica versi, alla fine, somiglia più a un pe alcune registrazioni inedite che amicizia e su una stima reciproca film che a un disco. sono rimaste nel cassetto. Diversa- che investe tanto il piano umano mente non so... quanto quello artistico. Ci siamo L’idea delle forme variabili conosciuti nell’estate del 2004 in espressa in Gestalt System01:: Con Memory Makes Noise, pur un luogo virtuale, il forum di IXEM Possibile Forms::, quella cioè di senza abbandonare il radicalismo (Italian eXperimental Electronic far suonare due CD contempora- che ti è sempre stato proprio, hai Music), dove è avvenuto un primo neamente, fornendo all’ascolta- inserito elementi elettroacustici e scambio di opinioni. In seguito, tore la possibilità di creare nuove

s e n t i r e a s c o l t a r e 2 1 forme, mi sembra vada nella dire- IXEM è una comunità virtuale attiva Del resto sono tanti i grandi arti- zione del superamento dell’ascol- in rete da alcuni anni, che riunisce sti per i quali l’arte, almeno fino to passivo. Un modo di superare una significativa rappresentanza a un certo punto, non ha rap- le modalità d’ascolto tradizionali, di artisti italiani dediti alla speri- presentato la principale fonte di unendo ricezione e creazione. Ė mentazione: compositori, perfor- guadagno. Basti pensare a Italo a questo che pensavi quando hai mer, videoartisti etc. L’emanazione Svevo e Charles Ives, entram- pubblicato il disco? pubblica di IXEM attualmente più bi assicuratori. Spero ti sia di Esattamente, la qual cosa vale an- visibile è Live-IXEM-Festival, una augurio... La più classica delle che come ricerca sulle possibilità rassegna annuale proposta sotto domande per chiudere un’intervi- autogenerative del suono, che può forma di contest. sta: progetti per il futuro? riconfigurarsi in forme sempre di- Ho composto una nuova pièce elet- verse se la composizione si basa Immagino non sia facile per un troacustica intitolata [in]visible su strutture modulari come avviene musicista sperimentale e, dicia- Fields a firma Gianluca Becuzzi nel caso di questo doppio Cd. Nel- molo pure, di nicchia, vivere con e sto attualmente trattando la sua la sua versione installativa, invece, la propria musica. Tu ci riesci? pubblicazione all’estero. Entro l’an- Gestaltsystem… è stato presenta- Quali sono le maggiori difficoltà no uscirà anche il primo di una se- to nell’estate 2005 durante la prima che incontri? rie di quattro volumi che ristampano edizione del Piombino eXperimen- No, io non vivo di sola arte, svol- materiale TRAX, alla quale parteci- ta. In quel caso avevo diffuso la go altre attività lavorative per ga- po con composizioni inedite speci- composizione all’interno di tre celle rantirmi quel minimo di tranquillità ficamente create per l’occasione. del Castello di Piombino. L’ascolta- economica difficilmente ottenibile Il terzo lavoro cofirmato con Fabio tore era invitato ad entrare nel buio altrimenti. Qualche volta mi capi- Orsi sarà pubblicato nel prossimo delle tre anguste prigioni chiudendo- ta di pensare quanto sarebbe bello autunno per l’etichetta statunitense si la porta alle spalle per fare espe- se potessi occuparmi di musica a Last Visible Dog e si intitolerà Wild rienza diretta del suono prodotto tempo pieno, senza alcuna distra- Flowers Under The Sofa. Come dai Cd-player selezionati in moda- zione, altre volte, invece, mi con- produttore del suono ho lavorato lità random/repeat. Data l’esiguità vinco che far dipendere unicamen- invece all’album solista del “solito” dello spazio, il suono prodotto dagli te dagli introiti artistici i pagamenti Fabio, Find Electronica, e a Enso, speaker risultava assai prossimo e dell’affitto, delle bollette e la spe- l’esordio di Luigi Turra, un altro dunque “fisicamente avvertibile”. sa al supermercato potrebbe finire giovane talento nazionale dal quale per rovinare tutto. Quindi, forse, è aspettarsi grandi cose. Puoi parlarci brevemente della preferibile lasciare le cose come IXEM, della quale sei membro? stanno...

2 2 s e n t i r e a s c o l t a r e DISCOGRAFIA ESSENZIALE

Kinetix - Selected E_Missions (SmallVoices, 2004) Debutto di Kinetix su SmallVoices, questo disco rappresenta anche il punto di par- tenza degli interessi radicali di Gianluca Becuzzi. Sei tracce nelle quali l’elettronica prova a farsi suono naturale, o per lo meno, prova ad avvicinarvisi. Drones che si trasformano in rumori della terra, immersi in atmosfere oniriche e ambienti sonori spaziosi e nitidi. In questo astrattismo sonoro, la spazialità del suono risulta essere il parametro dominante. (7.1/10)

Kinetix - White Rooms (Small Voices, 2004) L’interesse per lo spazio sonoro e per la multidimensionalità della musica prosegue con questo doppio cd, un lavoro basato sulla relazione tra spazio fisico e sonoro. Il progetto è quello di mettere in musica la dimensione di una stanza, di tradurre l’ambiente fisico in disegno sonoro, intervenendo su singoli parametri dimensionali: volume, tempo, frequenze e spazio. Un’ottima conferma dell’attitudine sperimentale di Kinetix/Becuzzi. (7.2/10)

Kinetix Gestaltsystem01:: Possible Forms :: (Monochrome Vision, 2006) Pubblicato dall’etichetta russa Monochrome Vision, Gestaltsystem01…, più che un disco vero e proprio è come se fosse il catalogo di una installazione presentata nel settembre 2005 al Festival Piombino eXperimenta. Il lavoro è concepito in modo che, suonando simultaneamente i 2 cd di cui si compone (ognuno dei quali contiene otto tracce di lunghezza identica), si ottengoano nuove combinazioni. La musica eterodirezionale di Becuzzi questa volta prova a proiettarsi nella dinamica ascolto attivo/passivo, che spinge verso un’interessante creatività della fruizione. (7.2/10)

Gianluca Becuzzi [Kinetix] - Memory Makes Noise (SmallVoices / Audioglobe, 2006) Senza abbandonare il radicalismo che lo ha sempre contraddistinto, Becuzzi ar- ricchisce il suo stile di elementi elettroacustici. I cut up, che costituiscono le fon- damenta concettuali di Memory Makes Noise, si spingono fino al citazionismo, rendendo evidente il legame con autori quali Luc Ferrari e Morton Subotnick. Tre lunghe tracce, in cui il flusso di coscienza non si arresta mai, tra rumori concreti, tappeti electronoise e strumenti acustici trasfigurati, creando un paesaggio alluci- nato da cui è difficile scappare. (7.2/10)

Gianluca Becuzzi / Fabio Orsi - Muddy Speaking Ghosts Through My Machines (A Silent Place, 27 febbraio 2007) Un drone plumbeo trafitto da un canto lontano. Un blues d’anteguerra, uno spiritual di chissà quale martire. Un soffrire esangue, quello di North Of Me (At Midday), che si scioglie e si cede alla pioggia, nella trilogia ad essa intitolata. Una dedica ad Alan Lomax che è come una dichiarazione di intenti, tentativo rischioso e affascinante di unire passato e presente attraverso la loro estrema sintesi musicale. Un risultato straordinario. E post-moderno. (7.5/10) (Gianni Avella)

Gianluca Becuzzi / Fabio Orsi - The Stones Know Everything (Digitalis, aprile 2007) Secondo di una trilogia iniziata con il precedente Muddy Speaking..., questo dop- pio album perde il registro nostalgico evocato dai campionamenti di Alan Lomax. Le fondamenta ambient brillano così di nuova luce. Dando per scontato ormai che la coppia Orsi/Becuzzi regge il confronto con gli altri nomi altisonanti del settore, l’uni- ca cosa che preme qui sottolineare è come un lavoro del genere si collochi ormai indubbiamente su un contesto tutto suo, lontano da quello nazionale dell’ambient drone e dell’elettroacustica. (7.5/10) (Antonello Comunale)

s e n t i r e a s c o l t a r e 2 3 Smashing Pumpkins big bang da camera di Stefano Solventi

Nel bel mezzo dei Novanta sembrarono una delle cose più elettrizzanti mai capitate al rock. Ma la loro vicenda sonora da magnifica sbiadì presto in qualcosa di confuso, tronfio, esausto. Uno sguardo alla parabola Smashing Pumpkins.

Classe ‘67, figlio d’un chitarrista avvenimento che sublima la real- lione di volte. Erano i phisique du blues, nutrì l’adole- tà. Non la riscatta: la sostituisce. role che realizzavano il suo sogno scenza di cupa sbruffoneria hard- Offre un riflesso doloroso e pur fantarock. rock anni settanta - Black Sabbath, tuttavia proteso verso una rivalsa Questo non significa sminuire la Cream, Led Zeppelin, Cheap Trick ideale, fiabesca. La concretezza, portata del fenomeno Smashing - e di brumose inquietudini wave la visceralità, sono una trappola. Pumpkins. Anzi. La ragione profon- alla Bauhaus, Echo And The Bun- Quindi Corgan trasloca baracca e da che li mosse, pescata nel poz- nymen e Cure. Questi i principali burattini (rabbia e trepidazioni) su zo di una personalità complessa, moventi di una formidabile schizo- un piano puramente sonico, e per enigmatica e potente quale quella frenia poetico/estetica, compressa farlo deve costruirsi la torre sen- di Corgan, è tutto ciò che occor- nei pochi metri quadri di una imma- za porte né finestre in cui far con- re e anche di più quale innesco di ginaria (?) cameretta, tipo quella vergere tutto l’immaginario rock a un dispositivo rock coi controcaz- sotto cui sferragliava il tram che disposizione. Nella quale il senso zi. L’impatto di e Siamese potete sentire in Soothe, demo di estrema libertà è un’illusione Dreams si spiega da solo. E che contenuto in Pisces Iscariot. Lì, in necessaria, che cova in petto un dire di tutto il contemporaneo som- quella cameretta, accaddero cose doloroso anelito di salvezza e au- merso, rinvenibile solo parzialmen- fantascientifiche. Anzi, astrofisi- torealizzazione. te in Pisces Iscariot? C’è in Cor- che. Conseguenza di una gigan- Certo, okay, Corgan non era solo. gan - e di conseguenza nel gruppo tesca tensione energetica come Attorno a lui coagulò una band - una determinazione estetica im- quella che - a quanto pare - prece- mica male. Tre buoni elementi per pressionante, figlia di un profondo de qualsivoglia Big Bang. motivi diversi, James Iha, D’Arcy disagio e della voglia/necessità di e . Quest’ultimo, soddisfarlo/curarlo. L’unica terapia Sogno fantarock batterista jazz dal percussionismo è la soddisfazione, l’unico antido- Nei primi album targati Pumpkins asciutto e scattante, era musical- to alla frustrazione esistenziale è il cassetto di Corgan-Pandora si mente il più preparato. L’unico so- lo scatto in alto, verso una clamo- apre liberando orde di demoni pra la media. Quanto a Iha, cono- rosa autorealizzazione. Il che, per psych-rock. S’avverte chiara la ve- sciuto in un negozio di dischi usati Billy, significava incarnare i sogni nerazione per l’energia esoterica dove Billy lavorava, era invece sognati fino ad allora. dei Sabbath, quei riff come roc- “soltanto” un buon chitarrista col Voglio ribadire che il suo corpus ce strappate al ventre del mondo DNA marchiato a folk-rock e metal, lirico e sonico risiede in tutto e e fatte rotolare sulle strade degli ritmicamente pronto, abile a tenere per tutto dentro all’immaginario entusiasti. Così come la venera- le distorsioni al guinzaglio, dalla rock. I melodrammi onirici, il vit- zione per il vitalismo occulto dei scrittura felicemente problematica. timismo rabbioso, l’urlo dissonan- Led Zeppelin, impasto veemente D’Arcy invece poteva vantare stu- te, la carezzevole nenia, l’onirico e furbastro di mistero folk e sfac- di classici incentrati su violino e rollio, sembrano rivolgersi ad un ciataggine blues. Ma anche le ba- oboe, ma è pur vero che imbracciò panteon di situazioni e archeti- dilate più visionarie e scomposte il basso per la prima volta dopo il pi più ideali che reali. Il dramma obbediscono al disegno d’un dera- reclutamento nei Pumpkins. Insom- messo in scena da Corgan, sia gliamento controllato, d’una impla- ma, la sensazione è che la band si esso un grido straziante o un’in- cabile organizzazione wave. formò perché i tre finirono attratti vocazione indolenzita o un furioso Nella testa-cameretta di Billy il dall’aura di Corgan, invischiati nel- declama, è rivolto ad uno schermo rock diventa la propria stessa ra- l’orbita della sua urgenza espres- anzi allo schermo, quello sul quale gion d’essere, sfondo, scenografia, siva. Se furono “ingaggiati” è per ogni pasionario rock che si rispetti soggetto e interprete di un melo- come completavano il quadro men- proietta angosce e insoddisfazioni dramma languido e violento. E’ un tale che Billy s’era figurato un mi- e speranze di rivalsa e timori. In

2 4 s e n t i r e a s c o l t a r e Corgan, con Corgan e per Corgan tentico marchio di fabbrica delle re - attestatesi nel frattempo su si concretizza la madre di tutte le zucche. 700.000 lusinghiere copie - nel fantasie rock: l’adolescente salva- Un campionario stilistico ancora li- volgere di pochi mesi. to dalla realtà. mitato ma intensissimo, capace al- Pensare che, ascoltato col senno tresì di covare svolte sconcertanti, di oggi, il programma non parte Magmatici gorghi radiosi come la tenerezza assoluta nel bri- benissimo: è rigida e Passiamo ai fatti. Ineludibili. L’ef- dge della scellerata Siva, o i rica- prevedibile, non riesce a risolve- ficacia della quadratura basso-chi- mi di flauto della melmosa Suffer re fluidamente la complessa sce- tarre-batteria. La vena autoriale e soprattutto il folk psych glassato nografia di accordi che tappezza il di Billy, tremendamente prolifica, d’archi della conclusiva Daydream, muro sonoro; Quiet ripropone con in grado di azzeccare fervidi pun- cantata da una altrettanto ineffabi- stolida veemenza l’hard funk bitu- ti di equilibrio tra dolcezza e calor le (esile, instabile) D’Arcy. Sotto la minoso; Today è una ballad malin- bianco. La sua statura d’interpre- scorza brutale s’intravedono modi conica e radiosa che s’imbroncia te, forse imbalsamata in quelle due sofisticati, esotiche/esoteriche di- su un riff eminentemente cobania- modalità - il sussurro fiabesco e vagazioni. Rispetto al cui no. Un trittico piuttosto scontato l’acidità incapricciata - però incon- vengono automaticamente - e com- che avrà fatto la felicità delle radio fondibile, segno vocale lancinante. prensibilmente - associati, si pro- alternative e delle fregole adole- E quei due primi album, anzi tre. posero fin da subito come irriduci- scenziali sintonizzate. Ma il pun- Gish (Hut, 28 maggio 1991) è il bili alieni (7.0/10). to era un altro. Il punto iniziava a suono (quasi) in presa diretta dal- E’ appunto l’esplosione del grun- mettersi a fuoco con la successi- la cameretta. Compresso. Tumido. ge in seguito a che va Hummer, sconcertante ipotesi Magmatico. A partire dall’iniziale I consentì agli Smashing Pumkins shoegaze tra effetti speciali dark- Am One il furore malinconico s’in- di raccogliere i consensi meritati psych. L’irrequietezza da camera carna in hard funk rocciosi e aci- e qualcosa in più. Parteciparono di Billy, quel gorgo malsano che di, col gorgo sinistro del basso, il - con Soundgarden e Pearl Jam in Gish s’avvitava inesploso, qui canto da marionetta torva e quel tra gli altri - alla soundtrack del trasfigura in una pietas energica, drumming calligrafico e febbrile celebre Singles, il che consolidò un disperato idealismo che media (l’intelligenza ritmica di Chamber- l’equivoca parentela con la scena redenzione e dannazione. lin rappresenta per i Pumpkins ciò di Seattle. Ma c’era un tour da af- All’amore sempre dissipato, sparso che Charlie Watt fu per i primi rozzi frontare, lungo ed estenuante, da a vuoto come la vita (“non sono li- Stones). Per poi acquietarsi in bal- cui la band uscì a pezzi. Tra le bera / pensi che l’amore esista?”), latone sognanti, immerse in un ac- “sparizioni” tossiche di Chamberlin contrappone una via di fuga sono- quario torbido, l’altra faccia della e i continui disaccordi e dissapori ra, estetica e non poetica, come furia, il languore di chi sta per ar- (si consideri la fine della relazione la meravigliosa semplicità dell’ar- rendersi. E ancora ruggini e saette tra Iha e D’Arcy), a Billy capitò di peggio conclusivo. Da lì in avan- negli strani esotismi zeppeliniani affrontare qualche seduta d’inci- ti la scaletta inizia a sfaccettarsi (Bury Me), un incedere oppiaceo sione di Siamese Dreams (Virgin, come un prisma: il ag- riciclato dalla funebre Caravan dei 27 luglio 1993) in totale solitudi- ghindato d’archi e campane di Di- Sabbath (Window Pane, Crush), gli ne. Una situazione spiacevole ma, sarm, l’asprezza hard funk di Geek assolo infervorati come se li suo- per così dire, rivelatrice e in fondo U.S.A. (col testo-denuncia rivolto nasse un Alvin Lee non-morto, le veritiera. Non deve stupire quindi all’american way of life, “i delusi scenografie fiabesche imbastite da se malgrado tutto ne venne fuori scompaiono come se non fossero progressioni di accordi prog-glam il disco della consacrazione. Che mai esistiti”), quindi l’art punk ro- forse didascalici ma in fondo l’au- triplicò le vendite del predecesso- botico e tribale di SIlverfuck e il

s e n t i r e a s c o l t a r e 2 5 dream folk dai prodromi glam di recupero di scarti e b-side spaccia- che risponde al nome di Girl Na- Spaceboy. ta per il terzo album dei Pumpkins, med Sandoz. (6.6/10) Ma è con Mayonaise che il sogno- non fosse che contiene almeno fuga-redenzione di Corgan tocca cinque episodi - su 14 - irrinuncia- Vertigini infinite, formidabili l’apice, una ballad perfetta, con- bili. Tre di questi sono folk: se la malinconie chiusa tra una intro e un outro trepida Landslide ed il fragile in- Col successivo Mellon Collie And palpitanti, fatta brillare da quei dolenzimento di Smoothe (quella The Infinite Sadness (Virgin, 24 decolli melodici e chitarristici che registrata nella cameretta che in ottobre 1995), Corgan si sentì fi- squadernano il soffitto della came- sottofondo ci senti il tram) dimo- nalmente libero di squadernare il retta, paventando di nuovo l’antica strano che la scrittura di Corgan ventaglio stilistico delle proprie scalinata verso il cielo, sul quale non teme la nuda immediatezza, ossessioni. Di più: ne fu travolto. arrampicarsi per cantare: “qual- Away porta in dote un James L’esplosione della cameretta lo ri- cuno riesce a sentirmi? / Voglio Iha morbido e dolciastro, caligi- succhiò nella vertiginosa gravità solo essere me stesso”. La chiusa ni sixties come pura preveggen- d’un percorso da compiere tutto di Luna è dolceamara, tanto soffi- za Clientele. Poi c’è una Pissant intero, ciclico come quelle ultime

ce ed oscura quanto emblematica: che è semplicemente lo spurgo più note di piano che riecheggiano le “tutte quelle canzoni che canti alle violento mai rilasciato fino ad allo- iniziali, come i bagliori del tramon- tue fidanzate / saranno un mezzo ra, dei Led Zeppelin metallizzati o to riverberano in quelli dell’alba. per vedere dentro di te”. (7.6/10) chissà cosa, mentre la conclusiva Una notte di caleidoscopica schi- A quel punto la monade che cova- Spaced si aggira muta e misterio- zofrenia, dove l’inquietudine può va un sogno rock esplosivo, era se tra liquide voci con effetto quasi anzi deve assumere tutti i volti co- già esplosa. Ciò che accadde dopo floydiano. Non che il resto faccia nosciuti e quelli inattesi, come una fu una conseguenza inevitabile. schifo, anzi, è materiale media- medaglia che mostra una faccia di- Ciò che accadde dopo fu Mellon mente buono, ma sostanzialmente versa ad ogni rotazione. Ventotto Collie. ripete schemi già noti rasentan- i pezzi distribuiti su due CD, uno Prima però è doveroso rimarcare il do l’autoplagio. Basterà citare la sforzo congiunto di composizione peso specifico di Pisces Iscariot cremosa radioattività di Plume, la e arrangiamento (agli ingredienti (Virgin, 1994). Sarebbe da consi- lenta perorazione psych di Starla e “consueti” si aggiungono gli archi derarsi una scaltra operazione di quella sorta di moderna Foxy Lady della Chicago Symphony Orche-

2 6 s e n t i r e a s c o l t a r e stra, tastiere, piano, lap steel...) Ma è il secondo dischetto - Twilight da ping pong, giusto perché un’im- che polverizza a monte l’equivoca To Starlight - che ci porta in dono presa del genere non poteva che appartenenza alla famiglia grun- le sorprese più gustose. Per l’im- muovere da un’ambizione abnor- ge. Non a caso vengono ingaggiati pudenza con cui allinea in sequen- me. (8.5/10) quali co-producer Alan Moulder za hard-noise furibondo (Bodies), Nei mesi successivi a cotanta defla- - già al lavoro con My Bloody Va- palpiti dream-folk (Thirty-Three), grazione arrivò puntuale il fall-out, lentine, Ride e , valzer desertico (In The Arms Of sotto forma di cinque EP – usciti nonché ingegnere del suono per Sleep) ed un prototipo di perfetta anche in curatissime edizioni in vi- Siamese Dreams - e l’incontenibile wave-pop (1979). E per il vaude- nile - poi raccolti nel cofanetto The , fresco dei lusinghieri risul- ville goticheggiante di We Only Aeroplane Flies High (Virgin, 26 tati ottenuti con e - di nuovo Come Out At Night. Per l’ineffa- novembre 1996). Trentatré pezzi in - Nine Inch Nails. bile pastiche Lennon-Harrison di tutto tra versioni alternative, cover Il valore dei singoli pezzi ed il si- Beautiful. Per la trepida nudità acu- (dei Missing Persons, dei Cars, dei stematico stridore stilistico della stica di Stumbleine. Per lo sfrigolio Cure, dei Blondie…) e inediti. Tra scaletta rendono l’ascolto un’espe- siderale di stampo Eno che sigilla i questi ultimi, il delirio fluviale di

rienza elettrizzante. Solo il primo cosmici tormenti di Thru The Eyes Pastichio Medley, ventisei minuti di volume - intitolato Dawn To Dusk - Of Ruby. Per una By Starlight che mashup composto con frammenti di annovera episodi straordinari come stempera prog, pop, psichedelia e (pare) 70 canzoni scartate durante la veemenza sinfonica di Tonight, spacey-folk. Persino la conclusi- la lavorazione di Mellon Collie(!) Tonight, il prog-pop onirico di Por- va Farewell And Goodnight, in cui Nel complesso predominano le bal- celina Of The Vaste Oceans, il folk- tutti i componenti la band si alter- late, il lato intimo della questione, psych di Galapagos e To Forgive, nano al canto forse per sottolinea- come le trepide Dreaming, Jupi- l’hard acido di Zero ed i miraggi pop re la ritrovata compattezza, non è ter’s Lament, Blank e quella The di Cupid De Locke e Take Me Down. un mero siparietto da titoli di coda Last Song che non avrebbe affatto Senza contare quella Bullet With (che pure a quel punto ci sarebbe sfigurato nel rollercoaster emotivo Butterfly Wings con cui Corgan e stato bene), bensì l’ultimo prezio- dell’album-madre. E’ altresì cu- compagni azzeccano la loro Smel- so di un rosario impagabile. rioso come Corgan – da buon so- ls Like Teen Spirit, guadagnandosi Le critiche di megalomania rimbal- vrano illuminato – conceda la luce l’heavy rotation di MTV. zano su questo disco come palline dei riflettori ad Iha (sua la voce in

s e n t i r e a s c o l t a r e 2 7 un cambio di schema, il tentativo di domare “tatticamente” l’inevitabile diversità del sound. D’altro canto, il coinvolgimento della band in una pellicola blockbuster significava il definitivo ingresso nei quartieri alti dello shobiz.

Carrozzone (anima non inclusa) Toccato l’apice, iniziò la caduta. Parallelamente alla fragilità della band, i crucci esistenziali e poe- tici di Billy furono pasturati dalla fine del matrimonio e, nel volgere di poco, dalla morte della madre. Due colpi niente male che trovano puntuale riflesso nel quarto album Adore (Hut/Virgin - 1998), l’album del sogno schiantato, dello spae- samento, della fragilità. Come se, appena guadagnata una dimensio- ne reale, quel sogno che carbu- rava il motore Pumpkins avesse esaurito smalto, vitalità. Lascian- do Corgan alle prese con un vuoto angoscioso, affrontato facendo ri- corso ad ogni tipo di travestimen- to, prima estetico (lugubri mise da nosferatu) e quindi musicale. Le composizioni sono infatti molto elaborate, shoegaze mutante in di- rezione electro e prog. Una scelta impegnativa resa disperata – e in definitiva fallimentare - dalla scon- certante fiacchezza compositiva. Senza contare che il drumming di Believe – che poi è una Daydream Jimmy Chamberlin, fatto sta che Walker e dei peraltro stimabili Joey in nuce – e nella struggente The si ritrovò in una camera d’albergo Waronker e suona Bells). Segna infine un altro colpo di New York assieme al tastierista puntuale ma fatalmente “merce- spiazzante la rilettura per piano e Jonathan Melvoin, col particolare nario”. Solo barlumi dell’antico viola dello standard My Blue Hea- non indifferente che quest’ultimo fulgore nella cruda e ven, sorta di quadretto chapliniano era morto di overdose. Jimmy se nella poppeggiante Perfect, ence- in apnea. (7.0/10) la cavò, malgrado gli circolasse falogramma piatto nella monotona Dopo tale formidabile dimostrazio- nelle vene la stessa eroina. Con lagnosità di Shame e nell’ampollo- ne di fertilità, e considerato che i i Pumpkins però aveva chiuso. sa Behold: The Nightmare, mentre Radiohead non avrebbero sfornato Fu lo stesso Corgan a chiederne Tear e Once Upon A Time sono so- il capolavoro Ok Computer fino al la defezione, ben sapendo l’entità relline minori delle toccanti ninne giugno del ’97, i Pumpkins poteva- della perdita, ovvero che la sel- nanne di Mellon Collie. no candidarsi seriamente al titolo vaggia raffinatezza di Chamberlin Siccome però i frutti non cadono di più importante del sarebbe stata insostituibile. Perciò mai troppo lontano dall’albero, pianeta. non fu sostituita. O, almeno, non ecco l’incantevole To Sheila, stu- Se le pressioni conseguenti a Sia- stabilmente. In occasione del tour pendo campionario di mestizie (ar- mese Dreams avevano messo a mondiale i tamburi furono affidati a peggio delicato, piano struggente, dura prova la stabilità della band, dei Filter, che appare mandolini e un vago letto sintetico), quelle successive a Mellon Collie anche in The End Is The Beginning ecco una Apples + Orange come - che fece incetta di numeri uno Is The End, pezzo confezionato un traslucido cinerama wave, ecco nelle classifiche di mezzo mondo per la OST di Batman And Robin, l’errebì roco e fumoso di Annie- - furono spallate telluriche. Non dove l’elettronica assume un ruolo Dog e una For Martha che - apice voglio con questo giustificare il predominante. Proprio questa svol- compositivo del disco - si muove brutto guaio in mezzo al quale finì ta stilistica può essere letta come in equilibrio tra stasi ed esplosio-

2 8 s e n t i r e a s c o l t a r e ne, il piano a comandare la marcia volgere di poco, viene reso dispo- ni assieme agli amati New Order. attraverso nebulose creaturine so- nibile Machina II - The Friends Poi lo sciagurato progetto . niche, la bella coralità delle voci And The Enemies Of Modern Mu- Quindi l’esordio solista dignitoso e infine quello spegnersi tra reite- sic (Constantinople, 5 settembre ma non certo imprescindibile di razioni ipnotiche e uno sfrigolare 2000), venticinque pezzi distribui- un Corgan ormai “normalizzato” cosmico d’aldilà. Un disco diso- ti su tre EP e un LP (e scaricabili nel solco electro-pop. Infine, anno rientato e disorientante, in cerca gratuitamente online) provenienti 2007, il ritorno degli sfasciazuc- di una bussola affidabile, di terra dalle sessioni di Machina. Versioni che. Neanche troppo atteso a dire sotto ai piedi e pareti attorno (su alternative e inediti, musicalmente il vero, almeno al di fuori della cer- cui proiettare, ancora, quei famosi più dirette, aspre, prive dell’op- chia dei fan. sogni). (6.5/10) pressivo manto elettronico, ben Il rock, si sa, non ha giudizio. Va Un tour mondiale e un altro batteri- più disposte al vecchio gioco del- avanti a strappi, ad esplosioni, a sta () dopo, ed ecco la discontinuità stilistica (si senta ritorni di fiamma. Certe volte non ricostituirsi la formazione origina- la travolgente versione elettrica di fa altro che rivoltarsi nella tomba, le col reintegro di Chamberlin. Le Blue Skies Bring Tears, la grumo- credendosi più vivo che mai. Ma premesse per un ritorno in grande sa cover di Soul Power - classico anche il peggiore dei casi sa es- stile non mancavano, tuttavia Ma- di James Brown - o la suadente sere uno spettacolo affascinante. china/The Machines Of God (Vir- inquietudine di Innosense). Tanto Questo per dire che è giusto con- gin, 29 febbraio 2000) si rivelò un lavoro tragicamente sgonfio, inca- per lasciarsi alle spalle una corpo- cedere ai nuovi Pumpkins un’altra pace persino d’imbastire una credi- sa scia di rimpianti. (6.7/10) (un’ultima) chance. Anche se, tra bile pompa sonora (non mancavano Ciò che è accaduto dopo, è un’al- ciò che è lecito attendersi e non certo i mezzi né l’intelligenza, vi- tra storia. Per fortuna, verrebbe attendersi, scorgiamo un ben an- sta la conferma di Flood quale pro- da dire. Billy che risciacqua i pan- gusto spazio di manovra. ducer). Musicalmente, può essere interpretato come la negazione stessa della schizofrenia formale di Mellon Collie, perseguendo una sostanziale (e stancante) unifor- mità sonora all’insegna di crepitii elettronici, synth madreperlacei e riffarama distorto. Fallito (o rifiutato) il ritorno alla condizione di cosmico antagonista sognatore, Billy si tuffa tra le onde caliginose di un pop-metal-gaze trepido ma melodicamente bol- so, sulla cui flaccida irrequietez- za il buon Chamberlin si prodiga al massimo - come uno che deve recuperare e farsi perdonare - ma a vuoto, anzi il febbrile massaggio ritmico finisce per sembrare di- sorganico. Pochi i guizzi degni di nota, giusto il piglio bieco da Bad Seeds cibernetici in Glass And The Ghost Children, le palpitazioni oniriche di With Every Light o gli squarci tormentati di . (4.5/10) Subito dopo, D’Arcy decide di mol- lare. Viene sostituita da , già bassista delle Hole, quel che si dice un gran pezzo di presenza scenica per l’imminente tour mondiale. Ma la band è ormai un carrozzone senza più un’anima a bordo, così l’annuncio dello scio- glimento è più motivo d’afflizione per i fan che non una sorpresa. Nel

s e n t i r e a s c o l t a r e 2 9 WILCO Beastie boys Bianchi per caso di Giancarlo Turra

Non sono stati via per molto Ad-Rock, Mca e Mike D dall’ultima volta e a ben più lunghe separazioni ci hanno abituato negli anni. Stavolta, però, scom- pigliano le attese più del solito con un disco strumentale che è carta già calata sul tavolo, ma pure no. Del resto, i tre sono e saranno sempre…

3 0 s e n t i r e a s c o l t a r e Beastie boys

s e n t i r e a s c o l t a r e   “Molta gente non capisce un cazzo. ” (MCA)

Ci siamo cascati un po’ tutti all’ini- zio. Ce l’hanno fatta sotto il naso vent’anni fa, facendoci credere di essere gli inetti così tipicamente “all American” che il nome lascia- va intuire. Roba per un B-movie da strapazzo: birra, sesso e strafotten- za adolescenziale crudelmente esi- bite. Un accidente: se un paragone filmico ha da trovarsi, è con i sot- tili ma sbracati studenti di Animal House. Schegge d’anarchia alcoli- ca incuneate nel sistema, pronte a farlo vacillare se non si prendono le dovute misure e s’inocula il vacci- no. Ci provarono, a suo tempo, ma i tre tennero botta perché la missione era di quelle che segnano le epo- che: recitare da pionieri del crosso- ver in prima linea, facendosi dare una mano da colleghi come Run DMC, per abbattere la cortina che separava il rock dal rap, passando per il punk in versione hardcore e il metal. Perché erano la stessa cosa, generi spuntati dal basso e perciò alla democratica portata di molti se non proprio tutti, bastava aver qualcosa da dire e un modo per farlo che fossero qui per rimane- re. Afferrammo che si trattava della medesima frustrazione, schiacciata a forza dentro un disco e vomitata fuori dalle casse, come una lattina di birra agitata e aperta in faccia ai genitori, al preside, alla polizia. Ca- vandoci del denaro, poi, non lascia- to in mano a un McLaren qualunque ma gestito con autonomia aromatiz- zata di sberleffo. Maturando addi- rittura, in saggi che non predicano, con una serie di dischi pressoché immacolata che è insieme causa ed effetto della crescita. Un percorso lungo il quale, a un certo punto, tut- to fu chiaro come il sole. Che fos- sero tre ragazzi provenienti dalla borghesia ebraica newyorchese era il peggiore degli scandali, e fintanto che il ghetto non usciva dai propri confini tutto bene e sotto controllo, con gran fregar di mani ai piani alti del palazzo. Far passare Satchmo o Grandmaster Flash per folklori- stiche macchiette non faceva diffe- renza pur di intascarsi i proventi, ma guai a contaminare la gioventù

3 2 s e n t i r e a s c o l t a r e WASP. Però, come per Elvis, quel Useless e quindi dallo stesso giro. due anni di lavoro, ma il risultato che faceva paura non era il baci- Ciò che imprime la decisa svolta è, è un disco impossibile da sottova- no roteante (nel caso specifico, una tuttavia, l’arrivo in scena del barbu- lutare per impatto e portata, sulle ballerina ingabbiata sul palco e le to Rick Rubin, amico (ma non per prime monolitico e viceversa artico- parolacce) ma bianco e nero che si molto) e consigliere dei tre che da lato. Parve insuperabile e quasi ne mischiavano, per un po’ almeno, su qui si ribattezzano come sappiamo. fummo persuasi non appena i media di un bus che li portava in giro per Costui li introduce al mondo paral- si accorsero dell’apparenza dei Ra- l’America e sotto al palco da dove si lelo dell’hip hop e li porta alla corte gazzi Bestia, del tour con Madon- sciorinavano le rime. sua e di Russel Simmons, ovvero na e di Eloise nella gabbia col fallo Lì stavano, inscindibili, la provo- una Def Jam che sta raccogliendo gonfiabile (agli Stones, dieci anni cazione sociale e la grandezza sti- attorno a sé i fenomeni che anima- prima, andò liscia e i perché saran- listica: nel dare il “la” al decennio no il Disco Fever o l’Anchor, loca- no chiari…), dell’amicizia con Tyson dei trapianti sonori e attraversarlo li per nulla diversi nello spirito dal e dell’uovo marcio tirato in volto ai da Maestri. Nel far parlare tra loro CBGB’s, e le cui platee il trio contri- pagliacci Sigue Sigue Sputnik. mondi che - a torto, e molto - da- buirà non poco a mescolare. Caos premeditato e ovvio contante vamo scontatamente incompatibili E’ lo stesso Rubin a far portento- a fiumi che ne deriva mentre l’asce- ed erano così vicini da sfiorarsi. so il primo album: sarà grande da sa sembra inarrestabile; gli si ritor- Quasi degli Hendrix a rovescio, produttore in seguito, ed è infatti ce contro, invece, a Liverpool, dove fatti i dovuti distinguo, i Beastie dentro questi solchi variegati e in AD Rock rispedisce al mittente una Boys hanno impartito un’educazio- apparenza di granito che si gettano lattina e centra una ragazza incol- ne sonora multicolore, dove trovavi i semi dei ‘90. Non è hip hop Licen- pevole. Non si aspettava altro: il George Clinton a fianco degli AC/ sed To Ill (Def Jam, 1986; 9.0/10), relativo processo e i problemi di DC, Afrika Bambaata sotto braccio dato che ci sono riff di chitarra a royalties con la Def Jam bloccano ai Bad Brains e potevi adorarli allo profusione, e neppure hard rock la posse per due anni e rotti. Rea- stesso modo, senza vergognarti e perché si rappa con mocciosa in- giscono facendo quadrato, i tre, perché mai dovevi. In moltissimi e dolenza. Poi rammenti che Jimmy con orgoglio genuinamente “hc” tra loro disparati hanno con loro un Page ha rubacchiato ai maestri del che partorisce un lavoro complesso conto aperto, e se l’hip hop è uscito blues e, nel ridare ai Cesari ciò ch’è e in anticipo come Paul’s Boutique allo scoperto fino a divenire - nel loro, la chiave apre una prima por- (Capitol, 1989; 7.8/10), meditato bene e nel male - ciò che è, il me- ta. Anche per i Beastie, che si pre- e stratificato secondo atto che in rito è pure loro. Il nuovo stile sul murano di ribadirlo con lo sconvol- tempi non sospetti tira fuori dall’ar- serio, una volta tanto. gente magma di Rhymin & Stealin madio funk e Parliament. Prodotto e The New Style, che pendono una da quei Dust Brothers che stavano GROWIN’ UP IN PUBLIC verso il lato pallido e l’altra d’ebano dietro a Tone Loc e saranno il car- “Il rap rivela lo stesso atteggiamen- della mistura incontrandosi a metà burante segreto di Beck su Odelay to del punk di fine ’70.” (AD Rock) di una terra di nessuno. (si sente, altrochè), emerge alla La stessa che nutre i fiati della fe- distanza con trame percussive e Dall’ultimo dei nomi appena tirati in nomenale Slow Ride a metà tra Ba- cantilene, con la blaxploitation mi- ballo conviene partire, perché è nel retta e la Stax, poi unifica Violent nimale di Egg Man, col funk indo- sottobosco della Grande Mela dei Femmes e Isley Brothers (Girls, lente che si respira ovunque e in primi Ottanta che tutto inizia, quan- che praticamente plagia Shout). Shake Your Rump su tutto, con le do Mike Diamond e Adam Yauch Sconquasso da lasciar increduli pri- venature electro e le corde preleva- viaggiano a tutta - ehm - birra con ma e indurre a escandescenze da te da Abbey Road per The Sound Of l’hardcore vertiginoso (nonché scar- headbangin’ subito dopo, quando ti Science. Redimono qualche lieve samente originale) dei The Beastie s’abbattono addosso Fight For Your stiracchiamento l’immensa Looking Boys, nei quali figura (una prima Right (Lemmy al posto di Vicious Down The Barrell Of A Gun (oscu- singolarità) anche la batterista Kate per un inno sovragenerazionale) e ra possanza che somma i Sabbath Schellenbach. Il primo vagito un No Sleep Till Brooklyn (Kerry King e Sly Stone), il piano liquidamene EP nel 1982, quel Pollywog Stew alla fermata dopo Hammersmith…). jazz che imperversa in What Comes (Rat Cage; 6.0/10) fedele alla linea La sorniona Paul Revere e la post Around e i fiati che fan lo stesso in e seguito l’anno dopo dal poco più disco di Hold It, Hit It riequilibra- Shadrach. C’è un singolo che dire- fantasioso Cookie Puss (Ratcage; no la bilancia, i piatti della quale sti uscito ieri, Hey Ladies, ma non 6.5/10, nel 1994 riediti sull’espli- saltano sotto la scombinata Brass arriva che al numero 36 e delle ven- cativo Some Old Bullshit; Grand Monkey, con ottoni che maneggiano dite stratosferiche del predecesso- Royal; 6.3/10): nel frattempo Kate un funk intellettuale e bianco che si re - 750.000 copie solo nel primo ha dato forfait (fonderà le ottime trova solo a New York, fungendo mese e mezzo - manco l’ombra. E’ Luscious Jackson) e con lei il chi- da ponte per il riassunto finale di solo una transizione, però di livello tarrista John Berry. Importante de- Slow And Low e Time To Get Ill, tra elevatissimo, che il triennio incom- fezione, che fa posto ad Adam Ho- chitarra chirurgica, rime ipnotiche e bente collocherà nella giusta pro- rowitz, proveniente dagli Young & rintronante turntabilism. Ci vollero spettiva.

s e n t i r e a s c o l t a r e   THE BEA(S)T INSIDE punk a rotta di collo che con Time e la raccolta di strumentali The In “Gli U2 ripropongono lo stesso giro For Livin’ lancia il messaggio oltre Sound From Way Out! (Grand Roy- di chitarra da anni.” (AD Rock) la barricata, definitivamente raccol- al, 1995; 6.5/10), poi regalando ai to e scagliato nei cieli dalla levitan- fan la breve chicca di remix e live Diventar grandi non piace a nessu- te visione di Namasté. tracks Root Down (Grand Royal, no, costa fatica e regala cose che Tempo per un altro capolavoro, a 1995; 7.0/10). capisci più tardi, se hai fortuna. Al questo punto, che sintetizzi non trio tocca prender armi e bagagli solo un sviluppo prodigioso ma fini- NEW YORK , WE LOVE YOU e rifarsi le ossa da zero, perché il sca per simboleggiare un decennio “La musica si basa sulle emozioni, disco non è piaciuto all’etichetta, intero. Il giugno del 1994 benedi- ci devi metter dentro il cuore e non convinta di avere assoldato una ce Ill Communication (Grand Ro- solo la testa.” (Mike D) gallina dalle uova d’oro che ha yal; 10/10), capitolo fondamentale tradito le attese. Si rimboccano le dove l’attitudine fonde quanto co- All’alba del 1998 gli appassiona- maniche e coi proventi guadagnati nosce della storia, filtrandolo con ti concentrano le attese su Hello fin lì allestiscono uno studio e fon- un atteggiamento critico “post” per Nasty (Grand Royal, 1998; 7.3/10) dano un’etichetta di loro proprietà, come ricontestualizza la materia in e ne restano in parte delusi. Dura la Grand Royal. Come accennato, nuove fogge con esemplare linea- solo per i primi ascolti, dopo i quali servono trentasei mesi per (buone) rità (“coolness” degli strumentali subentra - in chi capisce - la consa- nuove: la copertina di Check Your compresa…). Logico quindi che il pevolezza della strada percorsa, del Head (Grand Royal, 1992; 7.8/10) funk s’accompagni ai Minor Threat fatto che gli orizzonti di Transitions o ostenta custodie di chitarra e bas- (il sandwich tra Sure Shot e Root Shambala avessero senso in quella so sul selciato di una strada, mu- Down a contenere Tough Guy), la temperie storica, la loro ripetizione tamento ribadito dalla foto interna strada (B-Boys Makin’ With The insensata da farsi e pretendere alla con Mike e i due Adam circondati Freak Freak, Get It Together, Do It) stregua di uno Spiderland reiterato da strumenti a pestare convinti e acceda al laboratorio (una davisia- all’infinito, sino alla perdita del si- sorridenti. Si introduce l’idea di en- na Ricky’s Theme, le deviazioni di gnificato che lo generò. Ora, dove semble aperto con l’arrivo del pila- The Scoop, l’indicibile trittico finale regnavano unitarietà e armonia, c’è stro Mark Ramos Nishita (sarà il tra psichedelia orientaleggiante ed dispersione, appannamento e qual- loro Bernie Worrell), del produttore echi di Can con Clinton in regia). che eccessiva lungaggine. Quasi Mario Caldato Jr. e d’un plotone di L’hard è più nero della pece (Sabo- che la magia cristallizzata in Storia percussionisti. tage prepensiona Morello e Futter- fosse svanita nell’aria mentre i suoi Eccellente disco, ben scritto ed man’s Rule schiaffeggia gl’inebeti- scopritori si erano dati allo studio eseguito, porta avanti metamorfosi ti Primal Scream) mentre questa d’altre alchimie. Talvolta guardan- e incroci con un cantiere doppio su gode di ottundenti, eccezionali ad- do nello specchietto retrovisore e vinile, dove la molta carne al fuoco ditivi (tutta The Update, il violino sfacchinando con campionamenti è quasi mai bruciata o scotta. Arri- impossibilmente folk che percorre mai così numerosi (The Move, Re- va pure tra i Top 10 e un po’ sa di Eugene’s Lament). Un mix padro- mote Control, The Negotiation Li- rivincita dei falsi nerd, suonato più neggiato alla perfezione, che sic- merick File), oppure ben scegliendo spesso dalle radio dei college che come i tempi sono maturi significa i singoli (Three Mc’s DJ, da quelle black nonostante l’apertu- doppio platino e vetta insuperata, Intergalactic e Body Movin’: appic- ra che mette in ginocchio, elastica e dalla quale le Bestie scenderan- cicosi e multiformi, faranno un ot- vitale per l’inafferrabilità baciata da no senza perdere la faccia e anzi timo lavoro). Convince più quanto spontaneo groove, da Jimmy James rafforzando l’integrità, pur tra mille diversifica la ricetta: l’exotica Song alla rugosa Gratitude, passando ostacoli. For The Man e i latinismi cocktail di per Funky Boss e Pass The Mic. Si Intanto si esulta per essere tra gli Song For Junior, lo space hop Put affacciano con prepotente gusto le “headliner” al Lollapalooza ’94, Shame In Your Game e la narcoles- tastiere ribollenti di “Money” Mark, pubblicare le amiche Luscious su sia electro di Flowin’ Prose, il dub fenomenale nell’acid jazz Pow, nel- una Grand Royal diventata anche “scratchato” The Grasshopper Unit l’hop quasi “trip” Groove Holmes e rivista e, infine, sensibilizzare le e quello da urlo che ospita il mito nell’ipnosi da jungla metropolitana platee alla causa del Tibet (impen- Perry Dr. Lee, PhD, il krauto crepi- Lighten Up. Finger Lickin’ Good sabile solo un lustro prima, o in- tare dentro Instant Death. Il difetto apre squarci d’India e campiona vece sì: “hardcore” si resta - o si maggiore di Hello Nasty, la scorre- Dylan nel fianco di un rimare sciol- dovrebbe restare - per la vita, in volezza d’insieme avara di coinvol- to che ha perso impudenza e acqui- un certo senso). Prima che il ben gimento, non gli impedirà tuttavia sito autorevolezza. Come del resto di Dio di cui sopra trovi un segui- d’essere campione al botteghino. fanno una mesmerica So Watcha to, i ragazzi prendono tempo guar- La fine (del secolo) è intanto vicina, Want e la sensualità “fumosa” di dandosi indietro e mostrando facce come quella di un mondo che sta Something’s Got To Give, che ram- complementari tuttavia opposte: per cambiare pelle. moderna la psichedelia come Stand il punk “adulto” del mini Aglio E Arrivati ai fatidici “anta”, se nel Together la no wave. Torna pure il Olio (Grand Royal, 1995; 6.5/10) contempo le sicurezze che da sem-

3 4 s e n t i r e a s c o l t a r e pre ti scortano invece vacillano, diventa sempre più complicato por- tarsi in spalla parole come “youth” o “boys”. Il rock è la musica dei giovani, come no, e il pubblico si aspetta continuamente il “flavour” del mese. L’artista si dibatte tra fare ciò che vuole o dare alla gente quel che s’aspetta, nel frattempo il ca- lendario perde un foglio dopo l’altro e gli spazi si dilatano. A riempirli ci prova un’antologia doppia, ottima- mente assemblata e generosa di rarità come The Sound Of Science (Grand Royal, 1999; 7.5/10), ma ci sono due Torri che vanno giù e un paio di guerre fresche di giornata, soprattutto, che fanno sparire dalle cronache il fallimento dell’etichetta del trio che ricomincia dalla Capi- tol. Cosa meglio, allora, che tornare sui propri passi con la saggezza ac- quisita per riversare cotanto vissu- to in To The 5 Boroughs (Capitol, 2004; 7.6/10). Un’autentica Open Letter To NYC, come dice l’episodio migliore, canto di fratellanza rabbri- vidente cui funge da scheletro il riff di Sonic Reducer (al pari fenome- nali la browniana Ch-Check It Out, l’old school barocca Right Right Now Now e quella classica di 3 The Hard Way, la fosca Rhyme The Rhy- me Well). Una riflessione su cosa è rimasto della propria città dopo una ferita che appartiene all’umanità intera e mai si rimarginerà, l’album mostra ai tre i significati di un’epo- ca nuova e fin troppo simile a quella che li vide partire vent’anni prima. Ed è per questo che il nuovo The Mix Up (Capitol, 22 giugno 2007, vedere spazio recensioni) compie, nella tradizione di quanto ragionato sopra, un passo in ogni direzione e persuade. Perché è il primo disco veramente strumentale e intera- mente suonato delle Bestie, gra- ziato da una progettualità che con- ferisce senso al ritorno di Nishita, al funk maritato col jazz, all’incur- sione di Brian Auger sulla pista da ballo, alle policromie blues, all’aci- dità, alla Giamaicae alla wave che sguscia dal soul… Quasi non ci si crede, e viene voglia di riprendere il viaggio da capo. Lo stile: se non l’hai, mica lo puoi inventare. O for- se sì…

s e n t i r e a s c o l t a r e   turn it on

AA. VV. – King Britt Presents The Cosmic Lounge Volume One (Rapster / Goodfellas, 14 luglio 2007) Genere: cosmic-jazz Ingannevole quella parolina che accompagna il suffisso Cosmic del titolo, dato che di Lounge – almeno nell’accettazione comunemente nota – non se ne ode traccia, mentre di Cosmic – nell’accettazione jazzistica comu- nemente nota – ce n’è da deliziarsene. Il compilatore è King Britt, Dj produttore e remixatore per conto di molti, da Macy Gray a Yoko Ono passando per Curtis Mayfield, col jazz nel cuore per lo più nelle forme free e new thing nate nei ‘60/’70, e artefice di una playlist notevolmente allettante. Una sequela di nomi che il buon Britt se- leziona setacciando il proprio passato. Un inizio regale affidato all’Herbie Hancock di Kawaida, episodio datato 1976 prossimo più alle sperimen- tazioni stile Mwandishi/Crossings/Sextant (avete questi dischi, vero?!) che non alla svolta disco-dance di lì a venire, e incendiato da due jazz-rock quali la superlativa Scorpio-Libra di Eddie Handerson (trombettista devoto a Miles Davis che affiancò Hancock proprio nei dischi di cui sopra) e Ekim del Michal Urbaniak Group, combo capitanato dal multistrumentista polacco Michal Urbaniak che alla freddezza del jazz europeo preferiva le scale fusioneggianti dei post-bebopers. Il jazz sedotto dal tropicalismo di Flora Purim in Encounter, quello salmodiante di Dane Belany e Don Cherry, rispettivamente con Conviction e Moving Pictures For The Ear, e slegato del Phil Ranelin di Time Is Now For Change ci accompagnano in una delle compilazioni più indovinate del genere. Una lista di nomi, conosciuti e non, che faranno la gioia dei quanti amano il jazz nella sua forma meno ortodossa. E siamo appena al primo volume… (8.0/10) Gianni Avella

  s e n t i r e a s c o l t a r e il concetto il DVD accluso sviscera dorante monolite noise-percussivo in immagini quello che su disco è che annienta l’ascoltatore piegan- espresso solo dalla musica, ergo dolo ai suoi voleri, sfruttando di un mondo di visioni sotto acido con volta in volta connotati persona- cartoon a base di elefanti, antIlo- li: da apocalisse swansiana per pi, mani mozzate, carcasse usate Sword Heaven, di una ripugnante come elmetti e ancora, riprese da deriva black metal industriale per strada, performance all’aperto con Greyskull e giù giù per tutte le sfu- due, tre batterie, megafoni, pareti mature intermedie fino ad arrivare di strada insozzate da graffiti, urla a quelli da world music in disfaci- e biascichi animaleschi. Qualcuno mento urbano di Aa (i più messi a parlò del declino della civiltà occi- fuoco del lotto). dentale, qualcun altro parlerà della Due perle: lo schizoide autismo tri- nuova era tribale. (7.0/10) bale della Psychic Connection del Antonello Comunale padrone di casa Brian Miller (Foot Aa - GAame (Gigantic, 7 maggio Village) e l’estatico fall-out post- 2007) atomico di Rainbow Blanket. Genere: avant noise tribale AA.VV. - Pisspounder Cosa resta al termine delle due Brooklyn, New York, 2007. Giungla (Deathbomb Arc, maggio 2007) ore? Dubbi (pochi) e mal d’orecchie d’asfalto. La schiatta neo tribale e Genere: noise percussivo Non proprio la No New York del XX (tanto), molto livore ma soprattutto avant percussiva newyorkese si ar- secolo come qualcuno ha ipotizza- curiosità a non finire per gli svilup- ricchisce di un nuovo furente nome. to, ma poco ci manca. Gli ingre- pi futuri di quello che sembrerebbe Gli Aa (pronunciati “BIG A little a”) dienti, come vedremo, ci sono tutti. niente più di un ready-made. Solo il sono in quattro e la strumentazione A dare ragione o torto solo il tempo, tempo ci saprà dire se Pisspounder in base a quanto dicono è costitui- grande scultore. Per adesso accon- è la versione 2.0 di No New York. ta da “VoXx, SuNtHs, ElectronIcs tentiamoci di un disco, anzi 3 visto Per adesso (7.2/10) & TONs O’ Drums”. Tons of Drums che di triplo lp in box si tratta, in Stefano Pifferi non rende però a pieno l’idea. La cui sfilano alcuni dei più perversi e musica in questione infatti è un brutti ceffi della scena sotterranea continuo terremoto percussivo, ora The Aggrolites - Reggae Hit americana. L.A. (Hellcat / Self, 8 giugno deflagrante e isterico, in special Provenienza ovviamente NY, epi- 2 0 0 7 ) modo nella prima metà del disco, centro degli sconquassi musicali Genere: reggae/rocksteady ora più scenografico e riflessivo. Il degli ultimi 30 anni; ambito musi- Nati nel 2002 come backing band frullato di generi, nomi e citazioni cale, quel mood primitivistico e da del leggendario Derrick Morgan e è di quelli buoni, a tratti addirittura malsano back-to-nature che sem- dell’ex Rancid Tim Armstrong, i esaltante. L’orizzonte di riferimento bra attrarre da qualche anno sva- californiani The Aggrolites rappre- muove ovviamente dai neo triba- riati acts di un underground sem- sentano oggi una delle punte di lismi sempre più insistiti di tanta pre meno tale: Black Dice, Animal diamante della scena revival reg- scena avant rock americana, in par- Collective, Excepter, Liars. gae statunitense. Fieri e rispettosi ticolare newyorkese. Animal Col- Qui però il baricentro si sposta delle proprie radici, i cinque cali- lective, Gang Gang Dance, Black maleficamente un gradino più in là forniani ricamano il loro terzo al- Dice, Liars, e tutti i nomi promossi rispetto alle prove tutto sommato bum in studio con la solita mistura dalla Deathbomb Arc. con la recen- accessibili e hype come quelle dei di rocksteady, (northern) soul, funk te compilation Pisspounder, (a cui suddetti. Qui ci si trova di fronte e pop, macinata in passato da leg- partecipano anche loro con due bra- all’imputridimento di quelle coordi- gende come Skatalites, Alton Ellis ni). Quello che gli Aa ci mettono in nate, al fratello deforme nascosto ed Ethiopians ed oggi tornata pre- più è una componente rozzamente nei sotterranei di casa, alla violen- da strada, urlata, da mercato (glo- ta lacerazione di un tessuto struttu- bale), che si tinge di evidenti vena- rale che sembra avere ben poco di ture hip hop (Manshake, Thirteen, umano. E che invece di umano ha Time In) e terzomondiste/esotiche molto, a partire dal filo conduttore: (Fingers To Fist, Uracle, Thumper). un uso (e soprattutto abuso) della Il disco mantiene la tensione alta percussione - acustica, elettroni- per tutta la sua durata, rovescia ca, trovata, inventata - sicuramente sapientemente le sue energie nelle non innovativo, ma ferocemente e orecchie dell’ascoltatore e va poi realisticamente nauseabondo pro- a finire in gloria con la demenzia- prio come quelle periferie dell’im- le danza etno-world di Horse Steak pero che la compilation (forse) vuo- nello stile di un Peter Gabriel to- le descrivere. talmente impazzito. A corroborare Il risultato è un distorto e maleo-

s e n t i r e a s c o l t a r e 3 7 potentemente di moda alla faccia un inarrestabile disastro sismico sione robotica. Si prosegue con un di elettronicismi e sperimentazioni nella zona delle percussioni, gamelan acustico e dinoccolato (A varie. costantemente brutalizzate da Throne For The Common). Le co- La parole che comandano da queste Neilson. Il disco va preso come un struzioni più informali e free abbon- parti sono sangue e sudore, intesi tutt’uno, come un unico flusso di dano, così come l’uso smodato di come passione e voglia di lottare violenza fine a se stessa, ma nel strumenti acustici dall’atmosfera un senza però dimenticarsi che il ritmo programma si segnalano soprattutto po’ esotica. In un paio di brani sem- è in levare è, soprattutto, ballo e la doomeggiante Kickin’ Thru Glass bra di star ascoltando i Sun City divertimento e quindi via con una ti- e la lunghissima title track. Il disco Girls (The Learning Curve, Exit Vir- tle track sospesa tra James Brown pur essendo interessante corre il tuoso). Insomma, eccone altri due e Jackie Mittoo, una Free Time rischio di stancare anche le orecchie che non si trovano più a loro agio estremamente soul, una We Came più allenate e ben disposte, forse nella fredda geometria del beat e è per questo che in accoppiata cercano vie di fuga nei suoni acu- To Score che tutti i kid possono al vinile, viene distribuito Lotus stici. Si diceva dell’elettroshifting. cantare all’unisono e tanto, ma tan- Edition, un cd con la ripresa dal Un nome da aggiungere al teorema. to, original reggae (Lets Pack Our vivo di cinque brani incentrati (6.8/10) Bags, Fire Girl, Work It) Reggae principalmente sullo shakuhachi, il Hit L.A. è un disco che potrebbe Antonello Comunale flauto traverso di origine giapponese fare sfaceli tra i reggae maniaci, di cui si è infatuato Youngs e che è tra gli (red)skin e tra parte del po- già stato oggetto di alcune delle sue Alton Miller – Souls Like Mine polo mod, difficile però che riesca numerosissime uscite. Il panorama (R2 Records / Audioglobe, 21 a spingersi oltre e per questo non percussivo di questi cinque brani m a g g i o 2 0 0 7 ) possiamo far altro che sconsigliarlo è sempre governato dalla ritmica Genere: nu-soul classic house ha chi non ha molta dimestichezza Uno di quei dischi che spuntano free di Neilson, ma senza mai silenziosamente, che si insinuano con i generi o i musicisti citati nella deflagrare come nel primo disco. senza farsi notare troppo, senza recensione. (6.4/10) Lo shakuhachi di Youngs fa il Stefano Renzi resto, restituendo inevitabilmente gonfiarsi per poi scoppiare subito un’atmosfera orientale da giardino come effimere bolle di sapone. Il zen, che non può che pacificare gli disco dello storico produttore hou- animi dopo la violenza del vinile. se di Detroit arriva - neanche a far- lo apposta - proprio quando il soul (7.0/10) è sulla bocca di tutti. Il puparo e Antonello Comunale marionettista della Motor City esce con una collezione di tracce di am- Alog – Amateur (Rune bient soul perfetto, concentrato di Grammofon / Wide, 23 aprile quell’anima che ultimamente ci sta 2 0 0 7 ) facendo ripensare alla vera e sola Genere: elettronica tradizione, base di tutto il ritmo Naïve e giocosa, la musica per house. found objects e strumenti inventati La title track è un synth sensualis- degli Alog, trova con il quarto capi- simo che mescola le ultime produ- tolo inedite vie di fuga dalla propria zioni di Tosca con una voce sexy maniera. Il duo norvegese costitui- da club supermaranza, il singolone Alex Neilson & Richard Youngs to da Espen Sommer Eide e Dag- Possibilities insinua qualche accen- – Electric Lotus / Lotus Edition Are Haugan mette da parte l’algida no break jazzy assieme a una Lady (VHF, 7 maggio 2007) perfezione del digitale per aprirsi Linn in stato di grazia, il ricordo di G e n e r e : a v a n t a soluzioni inedite, continuando in altri lidi e di altre spiritualità isola- Un nuovo doppio album per la modo più radicale il percorso già coppia d’oro dell’avant rock inaugurato dal precedente Miniatu- britannico contemporaneo, ovvero res Per concepire la musica di que- Alex Neilson e Richard Youngs. st’album i due se ne sono andati in Electric Lotus, disponibile solo giro con Nicholas H. Møllerhaug, in vinile, ce li riporta alle orecchie Nils Økland e Sigbjørn Apelanda con quello che è probabilmente il registrando nelle location più im- set più aspro e feroce per entrambi. pensabili e costruendosi degli stru- Un infernale disco di free jazz menti ad hoc, salvo poi assemblare noise da antologia che almeno nel il tutto in studio, con un procedi- caso di Youngs supera anche le mento di vero e proprio montaggio prove più rumorose come Metallic sonoro. Son Of King apre con una Sonatas. Chitarre ultra sature, cupi melodia diafana e un po’ demente e opprimenti giri doom di basso e che fa tanto Robert Wyatt in ver- turn it on

Amp – All Of Yesterday Tomorrow (Rroopp, giugno 2007) Genere: trip cosmic rock

“Il nostro spazio è l’incontro tra il cosmo esterno delle stelle e le ricerche interne di cuore e mente” Richard Amp Walker

È definitivamente l’epoca delle ristampe e dei box. Se qualcuno ancora si sta chiedendo come si può combattere il p2p e la piaga del download e come risposta si dà quella di mettere filtri, chiavi di arresto, password e guardie di finanze in stato d’assedio permanente, beh… ho proprio idea che sia la risposta sbagliata. Chissà perché è sempre una piccola e bat- tagliera minoranza a scegliere di puntare sulla qualità dei prodotti. Ci vogliono troppa fatica e troppa passione probabilmente, ma sono requisiti che la piccola etichetta inglese Rroopp ha fatto propri e si vede, si sente, ma soprattutto si tocca con mano. Maneggiando questo sbalorditivo box in 3 cd con voluminoso e pregevolmente impaginato libretto, che va a fare il paio con quello che loro rilasciarono un annetto fa su Yellow6, uno si domanda chi mai possa preferire un grappolo di megabyte al famoso “oggetto disco”. E il discorso si allarga a tutti i box e alle ristampe che stanno progressivamente invadendo il mercato di questi tempi e che se fatti con passione e raziocinio, valgono sempre l’acquisto. Il download non può minimamente bastare in questi casi. Tolta di mezzo questa parentesi pedagogica, bacchettona e orrendamente retorica mi vedo costretto però ad entrare in topic per produrmi in lodi massicce e incondizionate a favore di uno dei piccoli grandi culti della scuola anni ’90 della Bristol cosmica, gli indimenticati Amp di Richard Walker e Karine Charff. C’erano anche loro tra Flying Saucer Attack, Movietone, Crescent, primi Third Eye Foundation. Anzi sono stati una componente fondamentale di quella scena, finendo con l’essere messi in ombra dai principali portabandiera. Ma come in ogni scena che si rispetti, all’epoca si conoscevano tutti e si intrecciavano tra di loro. Il nucleo pri- mordiale degli Amp addirittura risale ai misteriosi The Secret Garden che covavano al loro interno tutto quello che sarebbe venuto e avrebbe fatto parlare poi della Bristol cosmica, quella che nelle cronache musicali viene sempre ricordata come la scena di Bristol messa in ombra da quella trip hop. Ma di tutto il lotto, gli Amp rimangono ancora oggi quelli più fieramente sganciati dal pianeta terra. Con loro non si tratta nemmeno di poggiare i piedi sulla crosta lunare e piantare inutili bandiere bensì di lasciarsi andare alla deriva nel cosmo più nero, mantrico, eso- terico e allucinogeno. Una musica che è come la cronaca di un quasar che esplode rilasciando i suoi frammenti all’infinito. E cosa dire della voce di Karine Charff? Autentica sirena dello spazio profondo, che farebbe deragliare anche il più avveniristico degli Ulisse. A ragion veduta i vecchi lavori, di cui mi preme ricordare almeno il primo disco su Kranky, Astralmoonbeamprojections, non rendono completamente l’idea così come fa questa tripla raccolta, che mette in serie 38 canzoni tra demo, versioni alternative, brani mai pubblicati, brani irrintracciabili, brani fuori stampa, brani perduti in varie compilation, tutto ovviamente e rigorosamente rimasterizzato per l’occa- sione. Il replicante Roy Beatty direbbe di loro che hanno visto cose che noi umani non potremmo mai immaginare. Ora però questo box si incarica di non disperdere questi ricordi come lacrime nella pioggia. (8.0/10) Antonello Comunale

s e n t i r e a s c o l t a r e 3 9 ne lo sentiamo nei cori post-afro di che fa alla musica d’archivio, la tira non è per niente intrigante e in- Knowledge Of The Pygmies e nelle library music, quella concepita e coraggiante: Hold Music è un pos- percussioni tribali post-Nina Simo- indirizzata direttamente alle produ- sibile singolo tutto coretti stufanti e ne di Long Time Comin’, il down- zioni video di cinema e tv. Questa synth grossolani, Feather In A Ba- tempo che ci fa venir voglia degli trovata amarcord, si materializza seball Cap è un riempitivo stanco anni ‘80 di Sade lo troviamo negli nelle frasi che accompagnano ogni e declamante e la finale The Same stilosissimi backing di Find A Way, brano e che cercano di descrivere Old Innocence palesa uno svene- per finire con delle prelibatezze da una vaga idea di contenuto: “ambi- vole esperimento punk-funk senza cocktail come la cavalcata post- gous western atmpsphere resolving verve e fuori tempo massimo. hammond di Beautiful Brown Peo- into children’s tune, swirling cym- L’eredità di un disco passato riusci- ple e la battuta soul deep-makossa bals added”; “nostalgic mid-tempo to deve aver fatto tremare le gambe dell’irresistibile Inside Out. pathos for widescreen drama, side ai nostri e il passaggio alla Polyvinyl La riconferma che Miller oltre ad guitar + electronic effects”; “ripe- magari li ha portati a forzare un po’ essere un produttore, è anche uno titive bed for science/mystery, mi- troppo la mano nell’atto di dimo- niaturized percussion”, ecc. ecc. strare necessariamente qualcosa… scultore del ritmo e un creatore di Peccato che siano più intriganti le Si spera che la prossima volta de- atmosfere degne della deep house descrizioni delle composizioni stes- cidano di prendersi tutto il tempo a di alta classe. Questo è un disco se. L’americano trapiantato in Ger- disposizione per partorire qualco- che cresce, perché non preten- mania non riesce così a trovare vie sa di più organizzato e frizzante, de nulla. È “solo” buona musica. di fuga dal labirinto onanistico di cosa che hanno dato prova di saper (7.0/10) suoni elettro rétro in cui si è chiu- fare benissimo. Per adesso, Places Marco Braggion so. Presuntuoso e inutile. (5.0/10) Like This è un passo falso e basta. Antonello Comunale (5.3/10) Alessandro Grassi – Places Like This (Polyvinyl / Avishai Cohen: As Is... Live At Goodfellas, 21 agosto 2007) The Blue Note (Razdaz / Half Genere: indie-pop Note, 24 aprile 2007) E dopo il disco di remix, di un’inu- Genere: jazz tilità veramente sopraffina, ecco Dieci anni dopo l’esordio solistico, finalmente giungere alle nostre Avishai Cohen - classe ’70, israe- orecchie il seguito dello strepito- liano, ex pianista folgorato sulla via so In Case We Die del 2005. Gli di Pastorius, da molti indicato tra otto folletti australiani questa volta i migliori bassisti in circolazione, hanno puntato tutto sul piglio dan- chiedere per referenze a Chick Co- ce di alcuni dei pezzi del preceden- rea, Roy Hargrove e Branford Mar- te disco, focalizzandosi sui beats salis tra gli altri - licenzia questo Andrew Pekler – Cue (Kranky / e sugli svariati synth, proponendo live che ha tutta l’aria di voler fare W i d e , g i u g n o 2 0 0 7 ) un polpettone ritmico essenziale il punto su una carriera in procinto G e n e r e : e l e t t r o n i c a e senza sbavature, che però tira di diventare importante. Registrato Questo è il classico disco che fai il fiato proprio sulla freschezza e nel settembre 2006 al leggenda- fatica ad ascoltare per intero. Ogni sulla solidità lo-fi che pervadeva rio Blue Note di New York, As Is... brano comincia, prosegue e ad un il precedente episodio. Qui abbia- mette in fila sei tracce pescate dal certo punto ti viene irrefrenabile la mo a che fare prevalentemente con repertorio originale più una clamo- voglia di skippare con il cd player pseudo b-sides. Tutta la vitalità è rosa rilettura dell’ellingtoniana Ca- al pezzo successivo. Non se ne racchiusa in un pugno di canzoni: il ravan, impreziosendo il tutto con può. Ascoltare interamente questo singolone Heart It Races, una cosa album è come la tredicesima fati- fra il dubstep/grime alla M.I.A. e lo ca di Ercole. Pekler aveva comin- scazzo pop più evocativo, una mar- ciato bene con un paio di dischi su cetta conturbante fra tribalismi e Scape che pur senza far gridare al singalong ruffianissimi, poi abbia- miracolo, miscelavano con astuzia, mo Like It Or Not un altro carosel- glitch, kraut e jazz elettrico. Una lo per gruppi di girotondi ubriachi certa propensione verso le archi- e Lazy (Lazy) un numero simpati- tetture più informali gli ha poi pre- cissimo alla Talking Heads post so sempre di più la mano e ora con Speaking In Tongues. il nuovo Cue, gira tutto intorno ad Ma parliamoci chiaro: It’s 5, Wishbo- una marmellata di kraut glichato ne e Cemetery erano veramente su con un fastidioso retrogusto vinta- un altro pianeta. E questo quando ge, da cui deriva anche l’omaggio va bene, perché altrove l’aria che

4 0 s e n t i r e a s c o l t a r e un dvd allegato quale fragrante questa, e appartiene ai più grandi: testimonianza visiva del concerto, categoria alla quale i nostri appar- in cui - oltre ad un lirico dietro le tengono con pieno diritto. (7.0/10) quinte e ad una intervista con lo Giancarlo Turra stesso Cohen – trovate riproposti sette pezzi, tre dei quali non pre- Black Strobe - Burn Your Own senti sul cd. Church (Playlouder / Self, 5 Detto che al trio consueto - ovvero giugno 2007) Samuel Barsh alle tastiere e Mark C’è voluto un bel po’, tanto che Guilliana ai tamburi - si aggiungono l’electroduo francese nel frattempo Jimmy Greene al sax e in un paio è diventato un quartetto, e la voca- di tracce Diego Urcola alla tromba, zione synth è mutata verso un ap- occorre riferire dei delicati indo- peal rockish d’assalto, ma alla fine lenzimenti pastello tra astrazioni tro un percorso artistico con pochi il debutto è cosa fatta. I Black Stro- rumba di Elli, di una Remembering eguali nella storia recente, ecco be esordiscono via Playlouder con dal romanticismo cinematico come che presentano un ennesimo trave- un team d’angeli alle spalle e pro- degli ipotetici EST col baricentro stimento, si dirigono verso un’altra mettono di segnare nuove frontiere (ovviamente) sul contrabbasso e di direzione. Come accadeva in To sia all’industrial più metallaro che all’electro/rave tornato faccenda una Feediop sincopata e fervente The Five Boroughs, nonostante in EBM (e dunque gothic). Con (da qualche parte tra il Coltrane di passato la carta sia già stata ca- Paul Epworth (Bloc Party, Futureheads, Afro Blue e l’algebrico lirismo Her- lata, il risultato resta persuasivo. Maxïmo Park) e Alan Moulder (U2, bie Hancock). Eppoi, il malumore I tempi sono cambiati, altroché, e Nine Inch Nails, ), ondivago tra piglio funk cerebrale e tutti (band compresa) si sforzano di rispettivamente alla produzione e nuance di sax & synth in Smash, e adeguarsi; ne consegue che questa al mixing, i quattro mettono in pista ancora il sapore Jazz Messenger di mano, se non porta un’improbabile un mutante a due teste tra progres- quella Etude che rende conclamato scala reale, di certo non bluffa e in- sioni rave e carri armati industrial. il latin tinge, e infine la trama vi- cassa ben più che semplice dignità Pensate agli ultimi Young God e un brante di Bass Suite #1, assolo pa- e rispetto dovuto. poco ai NIN. I Sisters Of Mercy per stoso di contrabbasso su cui sax e Primo disco veramente strumen- la generazione di Wesley ‘Blade’ tromba ricamano pennellate rapide tale, interamente suonato dal trio Snipes. I Doors come faccenda per come voli d’uccelli nella foschia. col ritrovato Money Mark alle ta- dj vampiri. Dunque synth graffianti Sarebbe già molto, ma occorre tor- stiere, The Mix Up ostenta infatti come e più delle chitarre, crooning nare a quella Caravan che tra sca- un’esecuzione nient’affatto bolsa o cavernoso e soul-bluseggiante, e riche funky, rigurgiti swing, cion- stiracchiata e una seria progettuali- in mezzo tutta la fattanza rave bri- dolamenti blues e fughe rock pone tà, che conferiscono senso robusto tannica, anche quella tamarra forte l’accento sul talento sbrigliato, sul- al funk maritato col jazz, all’incur- (Buzz Buzz Buzz), infine la porta la fantasia fluviale (un Barsh feb- sione di Brian Auger sulla pista da per l’inferno molto chic reznoriana brile ed esilarante alla melodica) e ballo (14th St. Break) e alle poli- sempre ben spalancata (Crave For l’intenso interplay. Le tracce “esclu- cromie blues (Off The Grid). Senza Speed). C’è quel che serve per ir- sive” del dvd - ovvero le assoluta- indugiare, il trio non tralascia aci- retire - crederanno - l’immaginario mente raccomandabili Samuel, One dità (The Gala Event) né Giamaica dei kid post disco cresciuti a suoni For Mark e Nu Nu, tutte eseguite in (Suco De Tangerina), risolvendosi - via via sempre più scuri tra Liars e trio - sono un’ulteriore conferma di con perfetta e mai placata attitudi- Adult, diversamente però, al posto quanto testé detto, fosse solo per ne sincretica - a indicare il crocevia dell’indole underground s’affaccia quei vicendevoli scambi energetici dove tutto si mescola nei gioiellini una produzione grandguignolesca che danno la stura ad assolo stre- Electric Worm e Freaky Hijiki. Stu- pitosi. (7.4/10) pisce addirittura, dopo venticinque Stefano Solventi anni, con una wave che striscia fuori insistentemente, premedita- ta cerniera tra piglio funzionale e Beastie Boys – The Mix Up ammiccamento stilistico. Increduli, (Capitol, 22 giugno 2007) viene voglia di riprendere il viaggio Genere: instrumental funk Come si annota nello spazio mo- da capo, ammirando gente che non nografico a loro dedicato, gli (ex) ha mai pubblicato un disco inutile Ragazzi Bestia sono di nuovo tra che fosse uno. Onesti verso se me- noi e, fedeli a quanto li muove dagli desimi e il pubblico, i Beastie parla- inizi, impressionano con la saggia no solo se hanno qualcosa da dire. classe tipica della mezz’età. Den- Non è prerogativa granché diffusa,

s e n t i r e a s c o l t a r e 4 1 per il massimo effetto ballo/sballo sguaiata, è l’elemento di continuità Travel (Terraferma), per non dire di radiocomandato. In altre parole, se sia concettuale che fisico dell’al- quella Stato sociale che mambeg- si vuole vedere, il trucco c’è e si bum. La sua declinazione è sempre gia come un Sergio Caputo engagé sente. C’è chi te la vuole vendere sinistra, anche quando Migration (praticamente un ossimoro). prima che fartela (s)ballare e l’al- sembra uscire da Hosianna Man- Andrebbe tutto bene, non fosse per larme pensiero indipendente - bip! tra dei Popol Vuh. Non rinuncia a il fatto che Bonaveri sembra pri- bip! - obbliga d’indossare gli oc- far parte dei giochi nemmeno ne- gioniero di quel piglio da esponen- chiali speciali di Essi Vivono. I di- gli esperimenti più astratti, come te d’una schiatta sempre più rara, fetti sono stagionature ultimi Young Boiler Peanuts, o come Frankie’s una presunzione romantica e un po’ God o certi espedienti da NIN bal- Problem, questa ultima una compo- supponente che smorza l’empatia. lerini con il ritornello ultra commer- sizione quasi cameristica per chi- Allora anche i testi migliori finisco- ciale (Shining Bright Star), lo sfog- tarra, tocchi di batteria e campane. no col sembrare una prosopopea gio ostentato - che a qualcuno fa In fin dei conti questo Blues Con- cui la musica si presta quale cha- sempre effetto perché effetto fa - di trol è una creatura assai più stra- peron garbato, accorto, prezioso tirar fuori i Doors techno (I’m A Man na di quello che pare, a orecchio (flauti, oboe, clarino, violoncello, che poi è la cover di Bo Diddley, ma distratto. È l’espediente metafisico, pianoforte...) ma tutto sommato è Morrison road house da morire), ultraterreno o sotterraneo, penetra- innocuo. Come è proprio dei can- il giocare a mettere in hi-fi la risco- to nella metropoli e oscurato – già tautori. Di certi cantautori (non ho perta EBM di questi anni. Questo esso stesso cupo – quando messo citato, difatti, De André). è. Poi, se involontariamente Crave a confronto coi colori del mondo Certo, non mancano i bei momenti, For Speed suona come i Tinderstick esterno. È psichedelia sbiadita che come quella Oltre l’arcobaleno ani- gettati in bocca alla fiamme, i Black fa finta di essere distratta per non mata da quel filo di rabbia in più Strobe riusciranno a strappare un sembrare troppo seria. In altre paro- e da una bella libertà folk-prog, o sorriso, ma la tracklist è bell’e fi- le, un disco riuscitissimo. E la fina- quella specie di acquarello dub nel- nita. E, a dir il vero, l’abusare certi le No Sweat (riffaccio sabbathiano le strofe di Indelebile, o la fanfara vocalizzi David Sylvian rompe un e batteria pachidermia in secondo medievale ne Il mago. Però manca po’ le scatole. piano, piano, tastiere da Richard sempre qualcosa. Anzi, c’è sempre Solo per ultra amanti della tecno- Wright, quasi un bad-trip avvolto di logia applicata al male. So che ti carillon) terrebbe in piedi già di suo qualcosa di troppo: i fantasmi di cui Bonaveri dovrà liberarsi, prima di piace baby… (6.0/10) un disco mediocre. (7.4/10) continuare. (5.5/10) Edoardo Bridda Gaspare Caliri Stefano Solventi

Blues Control – Self Titled (Holy Bonaveri - Magnifico (Parole & Mountain / Goodfellas, 2007) Musica / Egea, 8 giugno 2007) Genere: psichedelia/ Genere: cantautorato avant-noise-blues In occasione dell’esordio solista, A prima svista questo disco sem- Germano Bonaveri ci mette onestà, bra una raccolta di vintagismi colti impegno, passione. L’ex vocalist e disfattisti del rock d’avanguardia dei Resto Mancha è autore dei te- che fu. Ma non è solo questo. Anzi, sti e di gran parte delle musiche, quasi per nulla. È semmai un trat- prodotte “artisticamente” dal saggio tamento estremo – l’estremizzazio- Beppe Quirici. Con una certa coc- ne – sistematicamente riservato a ciutaggine (non priva di una certa quei riferimenti colti. Di cosa par- ostentazione), persegue la strada liamo? Del secondo disco (omoni- del cantautorato, accettando i van- mo) dei Blues Control, che escono taggi e i rischi di una mappa ben per Holy Mountain dopo l’apprez- tracciata. Non a caso, la scaletta zatissimo esordio su Woodsist (e somiglia ad una passerella di modi Caribou - Andorra (City Slang / dopo un disco su cassetta per la arcinoti: c’è la trafelata arguzia di V2, 21 agosto 2007) Fuckittapes!). I Blues Control sono Finardi in C’è chi (e chi), c’è un bel Genere: caramello psych poi Lea Cho e Russ Waterhouse, po’ di Vecchioni nella title-track, Avevamo lasciato Caribou con The di New York, non gente tedesca, c’è parecchio Guccini in Torquema- Milk Of Human Kindness un paio né proveniente dal deserto, magari da e c’è la tensione meditabonda di d’anni fa, un album nel quale con- giusto un po’ fricchettoni. Fossati in Delle diversità. Altrove vivevano i caleidoscopi psichede- La title track è una distorsione il gioco è più complesso, le carte lici del precedente e amato Up In blues direttamente figlia dei Royal vengono mischiate con una certa Flames con alcuni timidi tentativi al Trux, che mette le carte in tavola perspicacia, allora t’imbatti in un canto e un ascensore per il paradi- ma immediatamente le brucia, pur Guccini spiritato Capossela (Non so. Lo avevamo definito il classico concedendoci un tassello importan- dimenticare), in un Fossati altezza lavoro di transizione, meno elettro- te; la chitarra, nella sua distorsione La pianta del tè inalberato Avion nico e più suonato, dalla maggiore

4 2 s e n t i r e a s c o l t a r e turn it on

Artemoltobuffa - L’aria misteriosa (Aiuola / Self, 30 maggio 2 0 0 7 ) Genere: cantautorato obliquo Di certo quel piglio sbilenco che innervava Stanotte/Stamattina e che tanti sorrisi, ingenui e di gusto, aveva suscitato non hanno abbandonato la verve del veneziano Muffato, che imperterrito continua a rimestare il brodo di intuizioni e riferimenti sonori ampiamente dispiegati nel Duemi- laquattro, senza però eccedere in quell’attitudine da loser che ne aveva decretato il successo. L’aria misteriosa (Aiuola / Self, 30 maggio 2007) ha infatti qualcosa di diverso e nuovo in sé: l’uomo anagrammato prova a rivestire i suoi racconti con abiti meno arditi e convulsi nelle costru- zioni e sovrapposizioni di tessuti e colori, fatti di riprese qua e là, di fili che pendono, di orli imperfetti, che ad ogni passo sobbalzano con grazia maldestra (a partire dalla voce) mostrando le curve morbide di un poetare intento ancora a raccogliere istantanee di un’infanzia spensierata, infarcendo i pensieri adulti di misteriosi dilem- mi che non hanno e non avranno mai risposte. Storie personali che abbracciano il vivere quotidiano, dell’autore come di tutti, dal ricordo dell’estate ai tempi della scuola (un piano malinconicamente ubriaco su cui inanellare personaggi e stati d’animo ancora vividi in Estate) ad una matura e sofferta riflessione sulla precarietà del con- temporaneo (la consolante amarezza voce e piano di Tempo al tempo, in cui il tema politico-sociale affrontato si affaccia con la gentilezza e timidezza propria del Nostro). Meno correnti d’oltreoceano a formare increspature (con l’eccezione più che evidente della beatlesiana Dove lei passa), piuttosto tutti i profumi di casa nostra ad infestare, prendere letteralmente d’assalto i dieci brani: la freschezza del basilico ad insaporire le idiosincrasie di Se un giorno (“Preferisci i discorsi che non tornano mai / per fortuna i discorsi tra noi non tornano mai / Metti cura, rispetto per tutti gli sbagli che fai / grazie al cielo con me tu ne farai”), l’aspra intensità dell’olio d’oliva a cospargere il rapporto a due di Le rughe sulla fronte, il tutto innaffiato da un corposo vino rosso di violini e fiati, lasciato decantare dal produttore Fabio ‘Non voglio che Clara’ De Min. “Penso che queste canzoni non abbian nulla di oscuro o criptico, e siano invece piene di speranza. Parlando d’enigmi non fan le misteriose. E se sono ‘ariose’, non si ‘danno arie’. Penso siano canzoni per tutti”. L’ennesimo gioco di parole di Alberto Muffato che, per una volta, condividiamo appieno. (7.2/10) Valentina Cassano

s e n t i r e a s c o l t a r e 4 3 apertura alla canzone Sixties Folk la spinta funerea/funebre degli ot- e una restrizione del virtuosismo toni declamando lucido/allucinato laptop che lo aveva reso famoso. tipo il Ferretti dei bei tempi. Da geniale pasticcione in sovrado- Qualche difettuccio è riscontrabile saggio di layer (loop, suoni rotondi nell’eccessivamente nevrastenica e a volte ricolmi fino all’orlo), Dan Forma e sostanza, in una Discon- stava mutando in un lisergico me- netti il potere cui qualche bpm in nestrello wilsoniano e perciò non meno avrebbe fatto bene, e in quel- sorprende ascoltarlo oggi cantau- la Stelle buone che era e resta un tore fiabesco. gran pezzo ma c’è troppo testo, Con i dovuti distinguo, l’attitudine non concede respiro e l’arrangia- rimane sempre e comunque elettro- mento ne esce giocoforza blocca- nica, farcita di CAN e Silver Apples: to. Vedete bene che non è nulla come dire, l’attenzione è ancora Chantsong Orchestra - Indie d’imperdonabile. Tant’è, segnalata eminentemente rivolta al mood (e Mood (Newtone / Felmay, 7 una Festa mesta con Roy Paci a all’escrescenza del pop) e meno maggio 2007) fare il belzebù tra bailamme free e alle strofe. Del resto, a riprova del- Genere: jazz/rock sgroppate rock, non resta che con- le buone intenzioni, in Andorra le Dodici jazzisti giovani, entusiasti e cludere dichiarando l’esperimento tracce cantate sono praticamente abbastanza spregiudicati: ecco la riuscito e piuttosto godurioso. Un tutte e se Caribou non è diventa- Chantsong Orchestra da Cremona, bis sarebbe d’uopo. (7.0/10) to propriamente un , è per la direzione e gli arrangiamen- Stefano Solventi in grado d’esprimere il sognatore ti di Igor Sciavolino, principale re- che è in lui in modo discretamente sponsabile del progetto nonché del- Charalambides – Electricity ammaliante. She’s The One, canta- l’idea Indie Mood. Ovvero, prendi Ghosts (Wholly Other, maggio ta e suonata con l’aiuto dell’amico undici pezzi indie rock più o meno 2 0 0 7 ) Jeremy Greenspan (Junior Boys) gloriosi e piegali alle possibilità e Tom Carter – Whispers Toward ne è un esempio curioso, anche se alla calligrafia di una big band. Ma- Infinity (Wholly Other, maggio forse è Eli il migliore dei traguar- gari invitando quelli dell’altra spon- 2 0 0 7 ) di ottenuti. Qui convivono i loop in da ad interpretare o reinterpretare. Tom Carter – Glyph (Digitalis reverse della miglior psichedelia, E infine, massì, aggiungi un paio di Industries, febbraio 2007) le voci bianche dei Beach Boys e situazioni originali. La cosa funzio- G e n e r e : p s y c h e d e l i c soprattutto un bel esempio di nug- na. E funziona perché non accade folk drones get ’67 sulla strada di Of Montreal quel che uno in questi casi teme, la Vecchie e nuove registrazioni emer- e Brian Jonestown Massacre (le famigerata trasfigurazione à la Bad gono dal baule magico di Tom & migliori penne pop-psych di que- Plus dove le istanze jazzy trattano Christina Carter. Electricity Gho- sti ultimi anni). Altrove a catturare l’ordine armonico e melodico come sts, nuova uscita per il gruppo ma- maggiormente è la componente ar- un puro pretesto, e allora tanto va- dre, appartiene in realtà a sessions rangiativa, sempre accattivante nel leva farsi i pretesti propri. No, la ormai vecchie di qualche anno, le sovrapporre pattern ritmici piuttosto Chantsong Orchestra si aggrappa stesse che portarono a quella gem- serrati (e minimal) a un luna park alla giugulare della canzone, la ma di nome Joy Shapes. Formazio- di caramelle psych (flauti, glock- metabolizza, se ne fa carico. Somi- ne a tre, dunque, con Heather Lei- spiel, chitarrine byrdsiane, ecc.). gliando parecchio in questo a quel- gh Murray a dar man forte ai due e Lo stesso singolo Melody Day piace la Millennium Bug Orchestra pro- libero spazio ad una dose maggio- per questo, idem per le squadrette tagonista di scellerate scorribande re, se possibile di sperimentalismo kraute di Sundialing (dove il canto con Marco Parente. drone-psichedelico rispetto agli è soltanto come comanda lo shoe- I pezzi ne escono in qualche modo albi ufficiali. Come se per i signori gaze). corroborati, vedi le febbrili dila- Carter i cd-r fossero un po’ come L’accresciuto afflato live è un al- tazioni di Lieve - col Godano che aprire la porta di casa a pochi, se- tro buon punto per Caribou, ep- canta uno sdegno sospeso tra lezionati amici e mettere a nudo il pure l’unica novità vera è Niobe grappoli di basso, assolo di chi- proprio lato più intimo. nella quale l’interesse psych vira tarra younghiana, vampe d’ottoni In questa ode all’elettricità statica electro-techno (leggi Apparat) con e palpiti di pianola - e una arguta in 5 movimenti e 65 minuti i tre di- risultati interessanti (per il futuro). Discolabirinto cantata da una Cri- segnano paesaggi liquidi mediante Ok, è un’ulteriore transizione, op- stina Donà vamp svampita algida passaggi rarefatti: sospiri dronati pure la conferma che Caribou non aliena(ta). Molto bene anche Balon e arpeggi, scampanellii e sinistri è il genio Manitoba, semplicemen- Combo, che spedisce i Mau Mau tra tintinnii per una forma di trancede- te un bravo arrangiatore e in futuro liquori modulari Shorter e cascami lia minimale eppure intensissima - chissà - un bravo songwriter. Ci blues Mingus, ed una sorprendente nel suo essere sempre più ridotta crediamo. Intanto… (6.7/10) Gusci a perdere, uno dei due pezzi ad un apparentemente inerte ecto- Edoardo Bridda originali, dove Aldo Nove cavalca plasma sonoro. Nello stesso tem-

4 4 s e n t i r e a s c o l t a r e po Tom se ne esce con Whispers mente Lanegan, buona sì ma solo Toward Infinity, una nuova relea- per attizzare curiosità. Avanti così. se sull’etichetta di casa. Quattro Facciamoci (un po’) male. (5.2/10) magmatici pezzi di folk dronato e Stefano Solventi spettrale incastonati in una bellis- sima confezione homemade, che Collettivo A6 - Tod Und Feuer rimarcano il taglio intimo e perso- (Ame / Audioglobe) nale dell’album. I lidi sono quelli Genere: impro-rock già toccati in passato dal nostro Dadamatto - Ti tolgo la vita e frequentati più o meno abitual- (BloodySound-Sweet Teddy- mente da maestri come Mazzacane Marinaio Gaio-Eaten By Connors o da insospettabili come Squirrels / Audioglobe, febbraio Alan Sparhawk: estatiche compo- 2 0 0 7 ) sizioni che sanno di sabbie deser- acconciature cotonate del baracco- Genere: post-punk noise tiche ed in cui a volte compaiono ne hard eighties. Fuori da cotanta Terza uscita e terzo centro per la fantasmi di un blues ancestrale o sceneggiatura/scenografia, quella Brown Series della AME. In azio- frammenti dilatati di crescendo voce è un improbabile intruso. An- ne questa volta un supergruppo mantrici (il finale di Colors For N). cor più se, come era chiaro già ne- che vede in formazione 3 Bron Y Infine un dovuto recupero: Glyph, Aur, un Aidoru, Jacopo “prezze- riedizione di una uscita su Wholly gli ultimi lavori col giardino sonoro, molo” Andreini e il padrone di casa Other vede ancora Tom in splendi- azzarda dare corpo ad umori e ten- Mattia Coletti. Collettivo A6 si pre- da solitudine alle prese con i fan- tazioni soul blues. senta, come prevede la collana, tasmi della sua vita. Registrato al Difatti in questo Carry On l’impe- con 10 brani di rock interamente e momento dell’abbandono della città to dello shouter viene sistematica- rigorosamente improvvisato, carat- natale, i tre movimenti (ciascuno mente sedato dai palpiti del croo- terizzati però dalle digressioni psi- sintomaticamente dedicato ad una ner. Ciò che affiora evidente fin chedeliche care al background di persona importante nella vita di dall’iniziale No Such Thing, con buona parte dei presenti, mai come Mr. Charalambides) divengono una quell’alternanza tra rockaccio iper- ora intenti a dilatare gli spigoli e ad sorta di catacombale ode alla sua trofico del chorus e ballatina tesa offrire una visuale grandangolare Austin. Lunghi ed estenuanti dro- delle strofe, per non dire del midd- dell’improvvisata di matrice rock. nes di chitarra che trovano il modo le eight in falsetto beatlesiano che L’incredibile potenza di fuoco mes- di crescere in fluttuanti evocazioni, completa l’ideale mash-up. Impresa sa in campo dall’ensemble (3 chi- soprattutto nei 30 spettrali minuti tutt’altro che semplice, infatti ne è tarre, basso, batteria, sax, tromba della abissale traccia 2, che river- uscito un lavoro discontinuo, flacci- ed electronics) offre incessanti in- berano echi dell’ultimo do, confuso. trecci di chitarre e batteria in cui e di del Prodotto dal sapiente Steve Lil- Six Organs Of Admittance sovente è il sax di Andreini a rita- sodale Ben Chasny, con il quale il lywhite, spiana ballate Oasis spol- gliarsi un ruolo centrale, ora come nostro è coinvolto nel nuovo pro- verate Red Hot chili Peppers elemento collante, ora di rottura getto . Tre dischi minori (Arms Around Your Love) e poproc- Badgerlore (Presentazione e Pausa, rispetti- ma indispensabili per comprendere kerie sofisticate Aerosmith (Poison vamente), donando alle trame stru- a fondo l’estatico (e a volte statico) Eye, Scar On The Sky), ciondola mentali - già di per sé ottime - un universo Charalambides. Indistin- tra corrucciamenti Nirvana (quella ventaglio di possibilità enormi. tamente (6.8/10). specie di rifritta che Dieci pezzi sospesi sul sottile filo Stefano Pifferi risponde al nome di She’ll Never Be che divide l’aspetto cerebrale da Your Man) e folk esotici Led Zep quello muscolare, in cui le destrut- Chris Cornell - Carry On (Ghosts), tenta pure con un certo turazioni free, le implosioni sonore (Suretone / Interscope, 28 successo di far coesistere Muse e e il frastagliato concatenarsi degli maggio 2007) (You Know My strumenti trovano la loro perfetta Genere: rock/folk/blues Name, già nella OST dell’ultimo Ja- coesione con la passione per la Pensate a cosa è stata la voce di mes Bond) quindi fa outing defini- psichedelia, intesa come dilatazio- Cornell per quei pochi anni in cui tivo con gli ottoni tirati a lucido di ne del suono e della coscienza di il grunge tirava mazzate bene- una Safe And Around che sembra cui Accordo è perfetta esemplifica- dette e senza riguardo: annegata Clapton via Rod Stewart. zione. Su tutto regna un perenne nel crogiolo acido e sferzante dei Un bel pasticcio, nel quale non puoi senso di inquietante e incipiente Soundgarden, sembrava l’ululato fare a meno di scorgere la strategia apocalisse, come nel capolavoro irriducibile di mille frontman con le un po’ disperata di chi non riesce kleeniano che dona, nella perso- adenoidi bramose di melodramma più a trattenere la propria ombra. nale rivisitazione di Fiè, copertina metallaro, l’icastico punto d’appro- Inoltre, e infine, ecco la genialata: e titolo all’album. La morte della do del nostro immaginario naufra- coverizzare Billie Jean alla stregua cultura e della civiltà viene propo- go, sedotto e abbandonato tra le di sierosa processione blues vaga- sta dai sei in una fusione tenden-

s e n t i r e a s c o l t a r e 4 5 te alla rinascita. La longa manus aka Suburban Night, padre del- di Mattia Coletti si srotola anche la Underground Resistance, guru sull’esordio lungo di questo power dell’electro house. Da Detroit si trio marchigiano. C’è mr. AME, in- espande il verbo macchina. L’MC è fatti, dietro la consolle di Ti tolgo uno dei compagni di banco di nomi la vita, disco composito e potente, tutelari quali Juan Atkins, Kevin frutto della collaborazione di ben 4 Saunderson o . Insom- etichette. Ma c’è anche il coraggio ma, non l’ultimo dei pivelli. E quan- (o l’incoscienza?) di un gruppo di do si dice scuola, si fa sul serio. esordienti che non temono di inizia- Qui il produttore, insieme al fidato re il loro disco con una lunga sui- mentore Mike Banks, ci propone un te (Videodrome) di 12 minuti in cui viaggio dentro il post-grime minimal sfoderano tutto il campionario delle più oscuro e intriso di breakbeat, proprie possibilità: punk cerebrale che si distoglie per un attimo dal nella lingua d’origine, l’italiano. Mai alla Fugazi, note libere di piano su tunnel in cui la Tempa ci sta facen- avrei pensato che Ravenna covas- duetti basso-batteria, citazioni da do sudare da tempo. Ritmi velocis- se in seno una simile mestizia, così Nirvana e Marlene degli esordi e simi e serrati che hanno radici nel vicina alle terre vulcaniche d’Islan- conclusiva catarsi in bucolica free- grind post-rave della fine dei ‘90, da della Torrini in fase adulta di form. Un buon inizio, non c’è che escursioni al limite della trance, un Fisherman’s Woman (nella foschia dire, anche se il bello deve ancora viaggio senza alcuna pausa, quasi dissonante del violoncello di Hou- venire. I tre infatti coniugano benis- nichilistico nel suo procedere ser- semate), e che al tempo guarda con simo ruvidezze noise e post-punk, ratissimo. Un colpo dark al cuore e certo distacco quell’America mid eredità dalla tradizione punk-hc ita- alla mente, come quando si ascol- Nineties della Chan Marshall più lica e rock accessibile e melodico, tavano le disquisizioni teoriche di desertica e desolata degli esordi senza mai perdere potenza o per- Photek e si restava abbagliati dal sonalità. Alternano con nonchalan- (la languidezza blues di One Night sublime incanto della notte, nasco- ce canzonette orecchiabili (Bambo- (Demo Version)), senza che scos- sta tra spasmi e urla dal profondo la gonfiabile, Il mio pappagallino se elettriche o drumming convulsi del dancefloor. mediterraneo, come dire i Marlene scompaginino la quiete di cui è in- Non ci sono tracce da segnalare, a Sanremo) ad aggressioni in pie- triso il debutto dei tre Comaneci. perché tutto è un continuo prose- no stile Negazione (Urlo confuso); Semplici intuizioni tra il folk d’antan guire verso l’eterna velocità, caval- divagazioni eteree o vagamente e la chamber music che girano at- cate per armigeri battaglieri e im- psichedeliche costellate da fanta- torno ad arrangiamenti tanto mini- pavidi di fronte a un muro di hi-hat smi barrettiani a indomabili sfuriate mali quanto efficaci, e un canto che acid che spaventa. Un doppio disco noise-core o post-punk condite da pare trattenere il fiato ad ogni nota, che non ha paura delle critiche, che una forte autoironia. Un disco umo- quasi non volesse disturbare, ma in “cade sempre in piedi”, senza pos- rale e profondamente eterogeneo, realtà subdolamente carezzevole e sibilità di mediazione. Puro black che si fa ascoltare tutto di un fiato ficcante come quello etereo e so- pride. Non per tutti i cuori. Astener- senza perdere in coesione. Il trio fisticato della Stina Nordenstam di si snob perditempo. (6.5/10) dopotutto mantiene fede al nome Get On With Your Life (la tensione Marco Braggion scelto, nel suo rauschembergiano verso l’alto di Nothing II). A chi ri- sforzo di riutilizzo di scorie musica- fugge da certo post modernismo le Dawn Landes – Fireproof (Fargo li di scarto nel tentativo (riuscito) di soluzioni ultra scarnificate di Vol- / Self, 15 giugno 2007) rivitalizzarle. Ad entrambi (7.0/10). cano potrebbero provocare qual- Genere: folk, pop, songwriting che sbadiglio, se non affini di ani- Stefano Pifferi A volte le assonanze creano me- mo, ma per quanti invece seguono ravigliose e strane illusioni. Ecco ancor oggi il celebre detto di Mies Comaneci - Volcano (Disasters allora che Bodyguard, primo bra- van der Rohe, less is more, questo by Choice / Wide, 5 giugno no del secondo album di questa disco apparirà come una fulgida e 2 0 0 7 ) songwriter newyorkese, sembra ri- meravigliosa epifania. (6.9/10) Genere: gentle chamber pop prendere da dove Chan Marshall Valentina Cassano Un sospiro lungo dodici brani. Un ci aveva lasciati prima di partire afflato melodico che si snoda tra le per Memphis per non fare più ri- corde di un violoncello e quelle di Dark Energy – Collided Energy torno. Poi però segue I Don’t Need una chitarra acustica. Maltrattate (Underground Resistance / No Man, folk nervoso in cui la con accuratezza. Amate con candi- Discograph / Self, 25 giugno voce risuona ancestrale alla Joni do stupore. Aggrovigliate o disciol- 2 0 0 7 ) Mitchell, e allora diventa sempre te in un tepore agre e nei toni caldi Genere: techno grime più chiaro che il discorso si spo- della melanconia, questo solo la trance breakhouse sta dal “solito” indie-folk pop. Non voce può deciderlo. Una voce che Dietro al moniker Dark Energy c’è molto da stupirsi: Dawn Landes parla inglese, ma sente e vive tutto si nasconde James Pennington

4 6 s e n t i r e a s c o l t a r e turn it on

Bishop Allen – Bishop Allen & The Broken String (Dead Oceans / Wide, 24 luglio 2007) Genere: indie pop, folk Scrivere e pubblicare 12 EP in un anno non è impresa da tutti, anzi; ad es- sere onesti, è pura follia. Andatelo a dire a Justin Rice e Christian Rudder, che per ogni mese del 2006 hanno sfornato puntuali un dischetto nuovo di zecca, in un tour de force senza precedenti nella storia della discografia recente (alla faccia di Sufjan e dei 52 Stati, aggiungiamo). Se questo vi sembra strano, vi basti sapere che sono gli stessi due ragazzi che aveva- no inaspettatamente conquistato le pagine del Rolling Stone con un debut- to autoprodotto (Charm School), creando un piccolo caso già nel 2003; i più addentro, poi, li conosceranno già come attori protagonisti dei film del cineasta indipendente Andrew Bujalski, autore di Funny Ha-Ha e Mutual Appreciation, bozzetti iper-realisti sulla vita post-college. Insomma, finora è stato fin troppo facile guardare al duo di Brooklyn come all’ennesima - meravigliosa - anomalia indie o, in egual misura, come al nome più cool messo in bocca agli underground chic aldilà dell’Atlantico, da Pitchfork in su. Adesso che questo Bishop Allen & The Broken String li getta finalmente nella mischia (è il primo album realizzato in uno studio professionale e rilasciato da una vera etichetta – la neonata Dead Oceans, sorella di Secretly Canadian e Jagjaguwar), Justin e Chris non si fanno certo cogliere impreparati. Chiaro, con un serbatoio di canzoni capiente e generoso come gli EP (circa 45 tracce complete, mica briciole) a disposizione, hanno avuto soltanto l’imbarazzo della scelta: Click Click Click Click, Chinatown Bus e Shrinking Violet erano già un bel balzo in avanti rispetto agli esordi, con Rice colto da un intimismo febbrile a metà fra lo Stuart Murdoch collegiale e il Conor Oberst più dimesso. Se poi alla qualità alta di quelle canzoni si aggiunge un accurato lavoro di rielaborazione e produzione (con i membri aggiunti Darbie Nowatka e Cully Symington a dare man forte), non solo si sventa l’effetto riciclaggio, ma succede che un gioiellino come Corazon prende lette- ralmente il volo, The Monitor si spiega come un caleidoscopio multidimensionale d’emozioni, Flight 180 assume i contorni di una piccola epopea sentimentale. Di fronte alle arguzie folk di Choose Again, poi, si può anche soprassedere su una sciocchezzuola latina à la Devendra come Like Castanets; e se non bastasse, Rain e The News From Your Bed riescono a misurare a grandi passi tutta la distanza dei nostri dalle freakerie estemporanee degli - per dire - I’m From Barcelona, rievocandone la sublime leggerezza senza inzuppamenti nel caramello. Detto altrimenti, quell’estetica romantica, innocente e naïf che di solito associamo alle parole “indie” e “pop” ha (ri)trovato la sua forma ideale, in vista di una nuova strage di corde rotte e cuori infranti per il prossimo autun- no. Occhio, perché i Bishop Allen potrebbero essere la vostra band preferita, anche se ancora non lo sapete. (7.5/10) Antonio Puglia

s e n t i r e a s c o l t a r e 4 7 Drawing Voices - Self Titled condivide una qualsivoglia struttu- (Hydra Head / Goodfellas, ra. Probabilmente rientrerà nella maggio 2007) democrazia del linguaggio dongo- Genere: pennarello free, avant skyiano, una risorsa in più sottofor- Craig Dongosky è un prof della ma di molteplicità d’approccio a un Georgia che dell’arte del disegnare disco non facile, ma affascinante e voci ha scritto un saggio, prima che per nulla vetusto. (6.8/10) un album. La sua teoria si basa su Edoardo Bridda un semplice assunto “disegnare è di per sé un linguaggio e se i suoni Dÿse – Self Titled (Exile On dei pennarelli sulla carta (le evolu- Mainstream / Southern Records, zioni e le pause della mano) identi- 23 marzo 2007) ficano un autore tanto quanto il di- Come il delta di un fiume, il duo segno che verrà, allora il processo non è esattamente una sprovvedu- Dÿse si forma, nel 2003, da “af- del disegnare parla di sé emettendo ta, il suo nome circola nel giro “che fluenti” dalle origini molto distanti, suoni che sono un’espressione so- conta” già da un po’, grazie a tour ma che sfociano nello stesso mare, nora di un’arte specifica. Una pizza quello dello stoner rock. Jari Rebe- con Andrew Bird, Feist, M83, Josh concettuale nel solco della vecchia lein, nato in Turingia, ha un passato Ritter, Shannon Wright tra gli altri. scuola avant novecentesca (musi- di ascolti legati alla scena hardco- Con Fireproof vuole puntare più ca concreta, la scuola minimalista, re-punk (Dead Kennedys, Gorilla alla tradizione, fra alt.country e il solito Cage, ecc.)? Non proprio. Biscuits), mentre il suo collega folk, in maniera simile a una Laura Le varianti hanno un certo peso e proviene da studi classici (ha stu- Veirs per certi versi ma più aper- soprattutto il risultato non è per diato la fisarmonica in conserva- ta e meno crepuscolare, con bel- nulla barboso. Con l’aiuto di Aaron torio), svolti nella natìa Chemnitz, le intuizioni di arrangiamento. La Turner (chitarrista degli Isis ma an- cittadina della Germania dell’est, Nostra d’altra parte è anche un che cover maker quindi disegnatore chiamata Karl-Marx-Stadt prima ingegnere del suono che si sta af- pure lui), il prof alterna esempi di della caduta del muro di Berlino. scrittura registrata in lo-fi (Scatte- fermando nell’ambiente (ha lavora- Provenienti entrambi da esperien- red Shavings, A Choir Speaks), a to con Philip Glass, Hem, Joseph ze con alcune band metal (Rodeo episodi dove il tratto viene trasfi- Arthur). Ecco allora che le ballad Queen, Demented, Roerhedds) i gurato in differenti texture grazie country incedono morbidamente due si sono incontrati per la prima alla manipolazione digitale (Mask, (Twilight, screziata di elettronica) volta ad Amsterdam e l’incontro è Being Born Broken). Non solo, di pari passo con il piglio dark jaz- stato così importante per loro che Dongosky non fa il purista, utiliz- zy della filastrocca Picture Show hanno deciso, quando c’è stato bi- za anche voci vere in sovrapposi- che diventa rock blues nello svol- sogno di dare un nome alla nuova zione (ancora Mask) creando così gimento, tra Waits e M. Ward; Kids creatura che stava nascendo, di raddoppi e aumentando la comples- In a Play rimanda alle morbidezze chiamarla Dÿse (si pronuncia doo- sità. A reggere l’impianto troviamo B & S e Toy Piano è un delizio- zer) in onore del luogo dell’incon- sporadici pattern ritmici, infine, il so gioco strumentale per glocken- tro, il Dÿsecatmotel della capitale tocco di Turner alla chitarra (spe- spiel. E I’m In Love With The Night olandese. cialmente in Shrine Of Wreckless si fa dylaniana nel finale con armo- Al di là di questa romantica gene- Illumination) a conferire quel giusto nica, mentre sorprende l’essenzia- si del duo, c’è poco di veramen- scarto psych a un album, come di- le e riuscita ghost cover di Won’t te interessante in questo esordio cevamo, dall’appeal classico con- omonimo, pubblicato dall’etichetta Back Down. temporaneo ma che dei cosiddetti tedesca Exile On Mainstream. Si La Nostra fa pensare a una Suzan- contemporanei, in fin dei conti, non respira ancora troppa aria 90s nei ne Vega più sbarazzina per certi power chords e negli stop-and-go versi, con agganci rétro a certa che ricordano molto da vicino band musica ’60 d’autore francese, ol- come Kyuss e (Der Man Aus tre all’immancabile folk classico Gold) così come in certa aggressi- alla Greenwich Village. E una voce vità metal alla Helmet, pionieri qua- suadente tra la prima Mitchell e le si involontari di quello che sarebbe armonie vocali di una Perhacs. Al- diventato lo stoner (l’iniziale Un- bum di una levità melodica spicca- derlaydisk). A chi ama soffermarsi ta, e di un minimalismo spartano, su immagini sfocate di una stagione Fireproof conferma la sobrietà del- musicale non lontanissima, ma del la giovanissima Landes, nome di tutto trascorsa, piuttosto che cerca- cui ci auguriamo di sentire ancora re nella musica nuovi punti di vista, parlare a lungo. (7.0/10) quest’album non dispiacerà. Non Teresa Greco dispiaceranno le soluzioni ripetitive

4 8 s e n t i r e a s c o l t a r e e ipnotiche di Zwarte Pieten, né la dall’etichetta stessa di Svodkin che struttura di pieni e vuoti (suoni e è sempre più il mecenate e l’oscu- silenzi) che caratterizza Wolke o il ro scrutatore di questo stil novo del Motorhead-style di Monstermann. gotico, le nuove pagine scure di Per gli altri, possibilmente avvezzi Elegi vanno a ricongiungersi diret- al genere in questione, non sem- tamente a quelle di Knive. E’ musi- brerà altro che un esercizio di stile. ca che fa della suggestione la sua (6.1/10) principale ragion d’essere. Preme Daniele Follero per allestire un mood piuttosto che una struttura. Un disco dove i vuo- ti hanno più importanza dei pieni e che vive del rapporto contiguo tra rumori spartani presi dall’ambiente (fruscii, scricchiolii, crepitii, ecc.) e canzoni, quelli che riescono a par- le sparute note di piano e organo lare dritto al cuore di chi ascolta, che cercano di salvare una vaga sono anche quelli che hanno una idea di armonia. Svarte Greiner in storia vera alle spalle, delle cicatri- questo è ancora più radicale, ma ci addosso, dei demoni da domare. anche più grezzo. Elegi riesce a far convivere meglio gli elementi Ma questo non basta: per tramuta- ma non raggiunge il maestro nel- re l’elaborazione di un dolore – in la costruzione di insieme. Stiamo questo caso un lutto personale e comunque li e di tutti i seguaci di nazionale - in sentimento univer- Svodkin, Elegi è di sicuro il princi- sale, senza incappare nelle maglie pale indiziato per una resa a lungo della facile retorica (o, in alterna- termine, infatti ha già fatto sapere tiva, dell’autocommiserazione), Elegi – Sistereis (Miasmah / che Sistereis è soltanto il primo di- occorrono anima e talento. Qualità Wide, 8 giugno 2007) sco di una trilogia del doom di cui che fanno grande un songwriter e Genere: acoustic doom si aspettano a questo punto, con di cui, per nostra fortuna, Perkins Eine Symphonie des Grauens ov- trepidante e rabbrividente attesa, i mostra essere provvisto: Ash We- vero A Simphony Of Horror era il successivi capitoli. (7.0/10) dnesday è, senza troppi giri di pa- sottotitolo del primo leggendario role, uno dei dischi folk più belli e Nosferatu di Murnau. A Simphony Antonello Comunale sentiti di questi anni, di quelli che Of Horror è anche una sorta di sot- non capitava di ascoltare da tempo. totitolo che Tommy Jansen, in arte Elvis Perkins – Ash Wednesday Per la veste sonora deliziosamente Elegi, ha dato al suo primo disco. (XL / Self, 13 luglio 2007) rétro, accurata ed elegante dei sin- Sistereis è il parto artistico dell’ul- Genere: folk, songwriting goli brani, elevati anche sopra gli timo guerriero gotico arruolato da Nella recente ondata di songwri- standard del cantautorato moderno Erik D. Svodkin. Concepito dopo ters, il trentenne Elvis Perkins è (a partire da Devendra, M Ward e numerosi viaggi in barca, nel pie- quello che può vantare la storia più Benjy Ferree, con i quali comun- no delle tempeste marine, al largo incredibile. E triste. Figlio di An- que condivide l’attitudine); merito, dei fiordi della penisola scandina- thony – proprio lui, il Norman Bates va detto, di uno stuolo di collabora- va, Sistereis è un lavoro che si fa di Psycho – e della fotografa Berry tori che comprende anche il fratello suggestionare dal mare e che con- Berenson, ha sofferto un avvio di Oz – seguace delle orme paterne divide con l’ultimo disco di Xela un carriera profondamente minato da neppur tanto vago sentore di an- pesanti tragedie familiari. Prima a Hollywood - alla batteria. Per le goscia e fine imminente tra i flutti. la scomparsa del padre nel 1992 melodie curate e profonde, e per Questione di venti e onde in tempe- per AIDS, poi quella della madre, la leggerezza con cui si insinuano sta, legni scricchiolanti, balugini di imbarcatasi la mattina dell’11 set- sottopelle, senza venir soffocate fantasmi e tetre architetture atmo- tembre 2001 sul volo 11 dell’Ameri- dal dramma da cui scaturiscono sferiche. Elegi è qui per rinfrescar- can Airlines, quello che si schiantò (May Day, Emile’s Vietnam In The ci dalla calura estiva con un freddo sulla Torre Nord del World Trade Sky, All The Night Without Love). e raggelato alito di morte. Come di- Center; un trauma profondo, che Per liriche che, tra narrazioni ed cevamo non molto tempo fa, la sce- assume i connotati di un dramma accostamenti di immagini sacre na del doom acustico e orchestrale privato e collettivo insieme. Ora, e profane, si risolvono spesso in del Nord Europa è in gran fermento ascoltando Ash Wednesday – com- poesia (dalle sequenze romantiche e trova proprio nei Deaf Center e in posto in buona parte dopo l’evento di While You Were Sleeping alla Svarte Greiner le pietre miliari in- e ovviamente dedicato alla memo- conclusione liturgica “all this life is torno a cui costruire una sequela di ria di Berry -, viene proprio da cre- ash wednesday”, con la ricorrenza variazioni di registro intriganti e per dere a quel vetusto luogo comune del mercoledì delle ceneri che di- il momento mai banali. Distribuite secondo il quale i migliori autori di venta metafora universale di espia-

s e n t i r e a s c o l t a r e 4 9 zione e redenzione). Soprattutto, sua comparsa nell’album più rap- per come Elvis riesce a riempire presentativo della scena indipen- di contenuto – pesante, palpabile, dente canadese: You Forgot It In vero - forme di per sé classiche People dei Broken Social Scene. e riconducibili alla memoria. Pren- Ciò di per sé rappresenterebbe già dete Moon Woman II: un esercizio una validissima prova di fiducia Dylan/Cohen, che potrebbe risol- aprioristica per avvicinarsi a Kni- versi in semplice mestiere; e inve- ves Don’t Have Your Back. Se poi ce rapisce, colpisce, disarma, con si aggiunge anche che Haines è la un semplice arrangiamento di archi fondatrice dei Metric, band lancia- in crescendo e alcune fantasmago- tissima nel panorama indie attuale, rie Thom Yorke opportunamente ogni dubbio potrebbe esser fugato allestite nella voce. E così funzio- totalmente. nano anche Emile Vietnam In The Ma non lasciatevi ingannare: qui Figurines - Skeleton (Strange Sky, la title track, Sleep Sandwich, l’atmosfera è del tutto diversa. Feeling / Audioglobe, 4 giugno Good Friday, da subito familia- Quelle sonorità rock tanto care ai 2 0 0 7 ) ri nelle loro reminescenze (Neil gruppi succitati sono lontane anni Genere: pop/rock Young, Van Morrison, Marc Bolan, luce. Le tredici canzoni (due delle Chissà quanto e per quanto i Figu- il folk 70 ripreso da Destroyer, i quali presenti come bonus soltan- rines ringrazieranno in cuor loro i Low…) eppure personali ed empa- to per la versione europea) sono fenomenucoli Kaiser Chiefs per tiche, perché fondate su una gram- tutte figlie di un’attitudine cantau- averli definiti “la miglior band in- matica sentimentale autentica. E’ toriale pianistica tanto malinconi- ternazionale”. Fatto sta che que- un incantesimo imperscrutabile, ca quanto intimistica. I volumi non sto Skeleton, secondo lavoro per il un trucco impossibile da rivelare, vengono mai alzati. La struttura di quartetto danese, è davvero carino, una magia fatta di piccoli, essen- ogni traccia è quella propria del- quattordici tracce capaci di scoraz- ziali particolari (certe increspature la ballad: il piano segna il passo zare brusche e luccicose tra umori delle corde vocali, certi tocchi di sul quale l’inserimento di chitarre post-garage, folk-rock jinglejan- arrangiamento, tutti da scoprire di slide, archi e tamburi spazzolati gleggianti e ballatine lunari, ovvero ascolto in ascolto). Semplicemen- non serve ad altro se non ad argi- nel bel mezzo di quel coacervo di te, un disco prezioso. (7.7/10) nare un poco quel flusso doloroso segni e modi che non esitiamo un Antonio Puglia e nostalgico creato perfettamente istante a definire indie-pop. Ben dalla voce della Haines. Addirit- Watt, ex chitarrista degli Everything tura, in molti episodi si registra- But The Girl, li ha fortemente voluti no passaggi quasi cinematografici nel rooster della propria etichetta tanto è suggestiva e mai invadente Strange Feeling, con il che si chiu- la struttura musicale (Reading In de il cerchio - stringato ma signifi- Bed). Non a caso, infatti, i musi- cativo - delle referenze “nobili”. cisti accompagnatori, per l’occa- Non resta quindi che calarci nel sione The Soft Skeleton, sono tut- dettaglio di queste tracce, per rife- ti membri di band di tutto rispetto rire la verve acidula Stan Ridgway (Sparklehorse e Stars su tutte). vitaminizzata Elf Power di The Ma è la qualità vocale a far tocca- Wonder, l’ipotetica via di mezzo tra re al disco picchi emotivi altissimi, i Pavement più trepidi e la quasi- come avviene soprattutto in Doctor wave Violent Femmes di Rivalry, Blind e Nothing & Nowhere. l’asciuttezza febbrile dei primi Po- Emily Haines può rappresentare un lice in Wrong Way All The Way, ideale punto di contatto tra Feist, l’indolenzimento lunare piano-voce Emily Haines & The Soft Skeleton Shannon Wright, Fiona Apple, - i Mercury Rev via Neil Young - di – Knives Don’t Have Your Back A Camp e Aimee Mann. Ma per Race You, l’ondeggiamento a pron- (Grönland / Audioglobe, luglio quanto riguarda le atmosfere cupe ta presa Blur/Franz Ferdinand di 2 0 0 7 ) e lunari che sovente emergono Ambush, il primo Dylan trasfigurato Genere: indie-pop dalle tredici tracce dell’album sia- Flaming Lips di Back In The Day, Già uscito negli Stati Uniti nel mo molto vicini ai Devics di Push eccetera eccetera. Tirando le som- 2006, ecco che questo intenso e The Heart. Knives Don’t Have Your me, trattasi di una sintesi disinvol- raffinato esordio della canadese Back è un disco di non facile e im- ta, arguta, attualizzante e ben poco Emily Haines trova la sua degna di- mediato ascolto, che necessità di nostalgica, per quanto inzacchera- stribuzione anche nel vecchio con- attenzione per esser apprezzato ta di passato. Bene, quindi. Però, tinente. Per chi non conoscesse completamente. Notturno e inver- da qui a considerarli “best interna- l’artista in questione ci basti dire nale oltremodo. (7.0/10) tional band”... (6.6/10) che la sua splendida voce fece la Andrea Provinciali Stefano Solventi

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Death Ambient – Drunken Forest (Tzadik, giugno 2007) Genere: avant ambient Finalmente, dopo sei anni di lavorazione e ben otto dalla pubblicazio- ne del precedente Synaesthesia, il trio /Fred Firth/, partorisce l’atteso terzo capitolo della saga Death Ambient. Ne è valsa la pena di aspettare così tanto, perché Drunken Forest è in assoluto il miglior disco che ci si potesse attendere da loro, in questo momento. Chi non conosce la musica dei tre e ha solo una vaga idea del loro pedigree da solisti (in vero eccellente per tutti e tre) non deve lasciarsi ingannare dalla sigla. Death ambient va inteso, in quest’occasione, come una cate- goria molto vaga, lontanissima dalle maniere e dagli effettacci di genere. Un equilibrio costante e misterioso sta dietro alle composizioni di questo trio d’alta classe, che per l’occasione diventa un quartetto con l’aggiunta del batterista Jim Pugliese. Drunken Forest è un lavoro pensato fin nei minimi dettagli e di minimi dettagli si costruisce. L’architettura informale delle composizioni non suona mai ec- cessivamente improvvisata e al tempo stesso l’estrema ricercatezza dei suoni irretisce l’ascoltatore in maniera subdola. Come sempre la musica vive di continue variazioni di registro, strumenti acustici di ogni tipo (ukulele, banjo, piatti e percussioni, ecc.) si amalgamano alla perfezione con i suoni digitali e le partiture sono fantasiose e mai due volte identiche a se stesse. Costruzioni eteree eppur concrete che ora disegnano paradisiaci paesaggi new age, ora si chiudono in disturbanti habitat isolazionisti, ora immaginano misteriosi scenari esotici. Un soun- dscape creativo, nervoso, concreto, incredibilmente ricercato e quindi lontanissimo dalla noia abissale che di solito affligge i ciarlatani del settore. Drunken Forest fotografa lo stato dell’arte dei tre e si candida ad essere considerato come il loro miglior lavoro di sempre. (7.5/10) Antonello Comunale

s e n t i r e a s c o l t a r e   ds un alter ego ideale, impegnato in techno per addetti ai lavori, ostico e questa sede a restituire la cortesia a tratti cervellotico. Stilisticamente spedendo dietro al tavolo del mixer impeccabile, consta di otto compo- e alle chitarre “aggiunte” Christian sizioni senza titolo perennemente Alati dei Don Quibòl. (7.2/10) in bilico su frequenze instabili: che Fabrizio Zampighi frizzano, scoppiettano e grattano; periscono con la stessa facilità con cui sono nate, vivono della stessa Goem – Robbed (Smallvoices / fragilità che le fa morire un attimo Audioglobe, maggio 2007) dopo; affascinano, stordiscono ed G e n e r e : m i c r o s u o n i , ipnotizzano l’ascoltatore disposto minimal techno ad armarsi della pazienza di calar- Gli olandesi Rael Meelkop, Peter si per quasi cinquanta minuti nel- Duimelinks e Franz de Waard (que- le prime profondità del sottosuo- st’ultimo anche in Beequeen), oltre no.(7.0/10) Gabriel Sternberg – Endless ad essere le menti del più noto pro- Night (Canebagnato Records, 4 getto Kapotte Muzik, sono coinvol- Vincenzo Santarcangelo g i u g n o 2 0 0 7 ) ti da circa un decennio in un’inte- Genere: folk ressante quanto curiosa avventura Goon Moon - Licker’s Last Leg Non c’è nulla di innovativo nel- nel regno dei microsuoni e degli (Ipecac, 8 maggio 2007) l’esordio “adulto” di Gabriel Stern- strumenti analogici. La nascita di Genere: psych/rock berg, a meno che non siate gente Goem risale al 1996 ed è occasio- Quelli della Ipecac sanno il fatto che pensa che la chitarra acustica nata da un regalo fatto da Meelkop loro. Casomai fossero provvisti di sia un’invenzione degli ultimi dieci a de Waard: un vecchio dispositi- un motto aziendale, reciterebbe anni. Nulla di rivoluzionario, a meno vo sanitario di seconda mano, lo più o meno così: “non si pubblica che la vostra personale idea di ri- Student Stimulator, utilizzato ori- nulla che non abbia quel certo gra- voluzione in musica non contempli ginariamente per stimolare nervi do di freakeria arguta e cazzoni- l’uso del pianoforte classico. Nul- ed articolazioni, e svelato nella smo implacabile”. Questo Licker’s la di destabilizzante, a patto che il inesplorata capacità di generare Last Lag, secondo opus per i Goon parlar d’amore non costituisca per suono. Il disco che ne nasce, Stud Moon, risponde in toto a cotali re- il vostro ego di maschio latino tutto Stim (Rastermusic, 1996) colpisce quisiti (a partire dal titolo). Il trio d’un pezzo, una minaccia. Eppure. più per l’audacia della trovata teo- composto da Jeordie White (già Eppure questo Endless Night non rica che per la musica che contiene bassista per Marilyn Manson e lo schiodi dal lettore cd, tra un sin- – un coacervo di glitches e micro- Nine Inch Nails), dal chitarrista e ghiozzo malinconico e un sospiro frequenze come in quegli anni se ne cantante (dei Masters pop (Marzena), uno sbuffo in stile ascoltano a iosa. Le energie di Dui- Of Reality) e da (batte- Chopin (Silent Day) e uno schizzo melinks confluiscono nel progetto rista degli Hella), mette a segno carezzevole à la Kings Of Con- solo in un secondo momento, e da una psichedelia composita e ra- venience (Soon), a dimostrazione allora Goem, più che vero e proprio diosa, bizzarra e sferzante. Con che il cuore, a volte, può, là dove organico, diviene opera aperta: le quell’aria un po’ così, da cazzoni l’ingegno e la tecnica non riesco- esibizioni dal vivo si moltiplicano desertici, da costola impazzita dei no. Che poi vuol dire che l’essere rapidamente, così come le colla- (non a onesti, a volte, paga, anche quan- borazioni con i nomi di punta della caso tra i guest c’è , e do per farlo, si sacrifica un po’ di scena elettronica ed improvvisativa non a caso Goss ha prodotto l’ul- originalità sull’altare della catarsi, internazionale; i dischi, sempre più timo QOTSA). E quella smania da un po’ di ritmo a vantaggio dell’in- numerosi, e disseminati sulle più riciclatori intellettualoidi di istanze tensità. importanti etichette di genere, vei- psych disparate, tipo le malie Beta E allora ben vengano le lentezze colano spesso le intuizioni di uno Band tra fauci punk di Tip Toe, o narcotiche d’organo di Please Don’t solo dei tre titolari della sigla. Leave Me, l’aroma Mojave 3 di Clo- Così questo Robbed, primo album se To Me, le oscillazioni misurate di a vedere la luce sull’italiana Small- Willow Tree, se l’obiettivo è mette- voices, è in realtà il disco solista di re in musica e senza filtri le inquie- Rael Meelkop – come Atak (Atak, tudini di una vita. Soprattutto se la 2004) era invece realizzato dal solo vita in questione è quella di Gabriel de Waard, ed in attesa, immaginia- Sternberg, vivace polistrumentista mo, del terzo capitolo della trilogia, italo-tedesco dalla voce soffusa e ad opera dell’ultimo arrivato Dui- i modi cortesi, innamorato dei pae- melinks. Incentrato in prevalenza saggi della Baviera ma di casa a su un suono di natura digitale, Rob- Milano. Un’esistenza che ha trovato bed è un tradizionale – e per certi nella cricca di Canebagnato Recor- versi scolastico – lavoro di minimal

5 2 s e n t i r e a s c o l t a r e il trip acid-boogie à la ZZ Top in ri episodi Yeah Yeah Yeahs ed il nell’eccellenza della produzione: overdose benzedrinica di Balloon?, femminismo punk delle Bikini Kill, è l’eterogeneità groovy che brucia o ancora la roboballad desertica di ponendo il loro personale marchio i concorrenti. Ascoltate il nu-soul An Autumn That Came Too Soon. nella speranza che non vada rovi- post-Darkel di What’s Your Version C’è il sospetto che si tratti di una nandosi da solo nell’arco di poco o il singolo techno-balearic-hop sequela di pose, un giochino sfizio- tempo. Ma per adesso, tutto funzio- The Girls Say, lo splendido glitch so e un po’ (un bel po’) beffardo, na e più che bene. (7.0/10) vocoder post-dub di Lightsonic e il il fiorellino carnivoro da mettere Alessandro Grassi reggae superclassico della traccia all’occhiello. Però, indubbiamen- che non a caso dà il titolo all’album te, questi tre sciagurati ci sanno (inno dub-rocksteady da lacrime), fare, sanno come farci divertire. i riff in cassa dritta di Drop That Sforbiciando brume errebì come Thing, il sogno spacey di From The dEUS foschi e svampitelli (Harco- Rooftops e (addirittura!) l’electro- re Q3), ipotizzando gioielli pop- funky di See What You Get. wave tra la 1979 dei Pumpkins ed Un miscuglio che riapre il dibattito/ il Jimi O’Rourke di Insignificance confronto con le radici giamaicane (Lay Down), spedendo i cromati- e black di tutta la musica dance. smi psych dei primi tra La summa electro che mancava, foschie eniane (la cover di Every in questo 2007 dominato dal soul. Christian Lion Hearted Man Will L’operazione in cui aveva eccelso Show You), oppure strapazzando la Thievery Corporation qui parte una macchietta country tra rombi da coordinate diverse, da suoni po- industrial, squarci stoner, vapo- sitivi che rivalutano ancora una vol- ri noise e goliardia Monty Python ta la scena balearica, o per meglio (l’allucinata The Golden Ball). Di dire isolana. Una connessione tra tutto ciò la lunare Built In A Bottle coordinate musicali agli antipodi, Groove Armada – Soundboy è il necessario suggello, col piano unite dal ritmo e da una passione Rock (BMG / Sony, giugno strascicato ed il vocoder bavoso, sconfinata per il meticciato. Oltre la 2 0 0 7 ) l’immancabile fantasma che cova in divisone manichea di black e whi- G e n e r e : e l e c t r o ogni burla che si rispetti. (6.7/10) te. Lo yin e lo yang dell’estate che balearic glitch soul (per fortuna) non sta ancora finen- Stefano Solventi A parte qualche singolo bucaorec- do. (7.4/10) chi, l’armata del groove non mi Gossip – Standing In The Way aveva mai toccato. Le ultime cose Marco Braggion Of Control (Backyard / Self, 22 poi non le avevo nemmeno prese in g i u g n o 2 0 0 7 ) considerazione, oscurato dallo sno- Guillamino – Atzavara (Third Genere: dance-punk bismo del downloading selvaggio e Ear / Wide, 29 giugno 2007) Uscito l’anno scorso negli States dall’ascolto inevitabilmente fugace. Genere: electro- via Kill Rock Stars, Standing In Invece qui scoppia il botto, il col- pop / downbeat The Way Of Control è finalmente po pre-summer che l’anno scorso Guillamino è Pau Guillamet, mul- edito anche nei nostri territori. E al- avevano scagliato i mattatori post- tistrumentista di Barcellona. Dopo lora eccoci al terzo capitolo di una Ibiza X-Press 2: la stessa sensa- aver pubblicato due dischi per una saga che è diventata sempre più zione magica che sale ascolto dopo piccola label spagnola è stato no- ballabile di albo in albo grazie ad ascolto, traccia dopo traccia. L’ulti- tato dalla celeberrima Third Ear una decisa spinta disco-funk con ma fatica che ascolto ininterrotta- che ne stampa ora una summa per piglio punk e sferragliante rabbia mente da giorni è il riscatto, il gesto il mercato internazionale. Il nostro da “gioventù contro”. che sorpassa la stasi compositiva. frammenta in 18 tracce un pot-pour- “La nostra missione è di farvi bal- Un disco che va giù diretto come ri di sonorità calienti, fumosità jaz- lare: se non avete intenzione di un mojito perlinato e rinfrescante, zy, downbeat figli dei ’90 e di Bri- scatenarvi, allora restate a casa un sorso rinfrescante prima delle stol, dubbettoni neri e molto soul. ad ascoltare qualche vecchio brano serate danzanti in riva al mare, un La prima parte del disco vira verso alla radio”, questo dicono e questo tonico post-Furtado (Get Down), piccole sincopi jazz, pezzi come fanno. qualche puntatina electropunk che 3a o I See Love fanno il verso ad Il trittico iniziale proposto dal trio guarda a quegli anni ‘90 così felici un piano bar di New Orleans, Ane- americano, capitanato dall’indiavo- e melodici (i cori di The Things We stesia, Poor Giant e Dubtes sono lata e trascinante Beth Ditto, è pura Could Share), le svisate breakdan- tre dub corposi e dolenti, Echoes energia disco-punk: Fire With Fire ce di Save Our Soul, lo scoglio del- è puro soul beat vibrante e Kalim- gioca con un funk-post punk che la maturità che combina alla per- beats è un giochino per samples ti prende al collo e alle gambe, la fezione ritmo e melodia, come nei e computer. Altrove ci avviciniamo title track è un vero toccasana da migliori Chemical Brothers. alle sonorità di un Matthew Herbert dancefloor, apice azzeccatissimo Ma la forza dell’album non sta solo nei samples circolari di Castanyada

s e n t i r e a s c o l t a r e   e il fumo, quello buono, di Bristol da Luminous Carcass Ornament metà ’90 non è mai stato così vicino –, la “vanguardia” (Spectral Hues) come nel raffermo contrabbasso e e la ricerca intimista delle sca- nei loop di Ull De Llebre. Chiude il le blu. Che bella scoperta, direte, tutto una deliziosa Sexy Daze fra- dopo generazioni di freak indiofili grante nel suo incedere leggiadro blues e inneggianti alla purezza del grazie ad una chitarra spagnola e a suono orientale. Converrete certo una voce molto Groove Armada. che è mica facile improvvisarsi in Se proprio vogliamo evidenzia- questi frangenti dopo John Fahey re una pecca di questa raccolta è – citandolo sia nei suoi inizi che il fatto che nonostante la materia negli sviluppi mistici (Cocoon On trattata non sia mai così distan- The Cross). Bene. Ma la novità è la te nel suo dipanarsi, si avverte sporcizia del suono; e comunque spesso il rischio di ridondanza e questa è roba che difficilmente può essenziale e architettonico della di ripetitività nelle trame esposte e essere giudicata con la categoria parola) e un ambient leggermente questo porta gli ascolti a non fluire vecchio/nuovo. horrorifico, una variante - diciamo completamente e il pericolo dello Si potrebbe perdonare questa per- “skippaggio” è più che occasiona- sona per una sua presunta ingenui- - attuale (Doom Folk, Type Recor- le… Ad ogni modo, pur non essen- tà. Ma Daniel Higgs è il cantante ds) delle ricerche di Mick Harris do la cosa più originale proposta in dei Lungfish, più che ventenna- (Lull) e compagnia assortita. Pen- materia ultimamente (molto meglio le formazione post-hardcore (di- sate ai Black Tape For A Blue Girl l’ultimo Herbert, tanto per dirne schordiana), e nasce come poeta. - per chi li ricorda - molto rarefatti una…) Atzavara si lascia ascoltare I Lungfish affrontano il discorso e soltanto strumentali, ossia piane abbastanza piacevolemente diven- orientale da dieci anni ormai. Nes- non troppo dissimili da quelle fre- tando una perfetta colonna sonora suna ingenuità. Ma io premierei co- quentate dalla Gudnadottir nel pro- per imbastire una gloriosa insalata munque Daniel, per due cose. La getto Angel, dove è coinvolto pure di riso o un qualsivoglia cibo estivo prima è che nasce come poeta, e Ilpo Väisänen (Transmediale, Oral in infradito e pareo… (6.0/10) qui non ha la pretesa di usare pa- 2006), oppure nell’ultimo Pan So- Alessandro Grassi role, almeno nella parte musicale. nic dove la violoncellista compare La seconda è che sembra rendersi in un paio di tracce. conto del nostro giudizio frettoloso, È gente preparata questa, ma i di- Daniel A.I.U. Higgs – Atomic e ciononostante non usa nessuna fetti non mancano: a fronte di una Yggdrasil Tarot (Thrill Jockey / tecnica retorica per difendersi. E bella How To Catch The Right Thou- Wide, 11 giugno 2007) allora (7.0/10). ght - dove l’ambience ecclesiale Genere: noise cosmico- si fa più compatta, e l’immagine è orientale/guitar solo Gaspare Caliri quella di una chiesa dalle volte pro- La “cosa” di Daniel A.I.U. Higgs in- titolata Atomic Yggdrasil Tarot è Hildur Gudnadottir, BJ Nilsen tese al cielo, gli spazi spogli e un un oggetto strano (in edizione limi- And Stilluppsteypa - Second senso di conforto -, negli iniziali 28 tata di 4000 copie, per il cd, di 900 Childhood (Quecksilber / Wide, minuti il trio si perde nella ricerca per il vinile): un packaging rigido 15 giugno 2007) di un climax e altrove non c’è molto con fuori simboli pseudo-patafisi- Genere: ambient, gothic oltre il citazionismo cosmic-krauto- ci, dentro (oltre al cd) riproduzioni It’s About The Size Of A House (che tangerine (The Direction Was Foggy di quadri in stile surrealista-ance- conta 18 minuti) è un inquieto - e Or Cloudy), loop di scorie transistor strale, dipinti dall’autore, accom- greve - sfrigolino di corde di vio- (I Have Seen Similar Stones) o un pagnati da “poesie enigmistiche” loncello tenuto per circa sei minuti. classico ambient à la Pan American fatte sviluppando una parola alla Lo stacco è brusco, come lo “Stop” verso il finale (Arrival). Sei politico. volta come acronimo (da A.B.Y.S.S. premuto sul registratore. Segue (6.0/10) a L.I.G.H.T.). Più difficile scriver- una litania abbandonata da scuola Edoardo Bridda ne che leggerne. Qualche curiosità isolazionista (pre e) post rock. C’è monta, per capire in che modo si della micro elettronica a sprazzi potrebbe orchestrare un correlati- (sottoforma di consueti fruscii) e vo musicale a tanto avanguardismo qualche nota appesa alla elettrica, Inserire Floppino – Inserire novecentesco. Quel correlativo è una pianola appena accarezzata floppino suona inserire floppino un po’ millenarista, un po’ patetico, e nulla più. Facile. Seppur nell’al- (Tafuzzy, 2007) un po’ mistico, un po’ struggente. veo cameristico dell’operazione, il Genere: ambient-elettronica La musica è sporchissima, psiche- territorio bazzicato dai tre è quello Con un nome come “Inserire Floppino” delica, quasi unicamente per sola delle derive elettro-acustiche d’ini- ci si poteva aspettare soltanto chitarra distorta e ultralo-fi. Le ar- zio Novanta, differentemente però una produzione sperimentale a monie si situano a metà tra la com- Second Childhood indaga i confini bassissima fedeltà. In questo senso, posizione indiana – già a partire tra certa gotica (nel significato più non si rimane delusi ascoltando il

5 4 s e n t i r e a s c o l t a r e turn it on

Ex-Otago – Tanti Saluti (Riotmaker / Warner, 1 giugno 2007) Genere: perfect pop Come un raggio di sole arrivato a squarciare il tetro cielo ricolmo di nuvole di questa tarda primavera, ecco arrivare l’annunciato, ma non ancora at- teso, nuovo album dei genovesi Ex-Otago che si materializza venti giorni prima dell’inizio dell’estate. Potrebbe sembrare una casualità, ma in realtà non lo è. L’arcobaleno pop messo in piedi da questi quattro (ex)ragazzi è, infatti, quanto di più stupendamente ludico sia arrivato sui nostri lettori da tempo immemore, rinfrescante come una grattachecca all’arancio in un torrido pomeriggio romano o, se preferite, come un gelato al pistacchio leccato sulla panchina del parco dietro casa. Un tripudio di pop con la P maiusco- la, come poche volte è stato da queste parti ed il fatto che per la maggior parte del tempo cantino in inglese è soltanto una banale coincidenza. Una chitarra acustica, una batteria e qualche testiera il loro armamentario, nonna Luisa, il cane Sasha, Sandro Pertini, Amato il fruttivendolo, il fantomatico Mirinzini gli eroi ed i protagonisti del loro piccolo mondo (quasi) per- fetto, dove può capitare di incontrare gli Austin Lace con un sorriso ancora più grande di quello che solitamente sfoggiano (Luisa, Cooking Ovation, Pertini Is A Genius, Mirinizini Is Not Famous), strumentali sullo stile del primo Ben Watt solista (Bar Centrale), improbabili skit rap (Senti come pompa), deliranti giochi sul lessico italo/inglese poggiati su pimpanti basi di tastiere giocattolo (Amato The Greengrocer), nuovi “giorni vacanzieri” (Robilante), geniali pop song intrecciate a valzer e canti di montagna (Waiting For The Stars) ed anche il brano che avete sempre sognato per abbandonarsi tra le braccia di qualcun altro (Going To Panama). Poi c’è Che tempo faceva, semplicemente la migliore canzone italiana dell’anno. Un disco, Tanti Saluti, con il quale si potrebbe (si dovrebbe?) vincere qualsiasi Festivalbar oppure intasare de- finitivamente le frequenze di radio DJ, ma sapete come me che questo non sarà mai possibile ed allora rimane una sola cosa da fare: mettere la vostra copia in macchina e pomparla al massimo con i finestrini e la cappotta tirati giù. Se qualcuno si avvicinerà dandovi del “terrone” oppure intimandovi di abbassare il volume giratevi e mostrategli il vostro sorriso più ebete, chissà, potrebbe anche capire. (8.0/10) Stefano Renzi

s e n t i r e a s c o l t a r e   disco in questione, dal momento dotto e non dimentico di tensione e o crescendi in pathos che non co- che il titolare del progetto – Psico, belle maniere. Anzi, bella scrittura municano tensione e struggimento un quinto dei Mr Brace – mostra con perché se c’era una caratteristica come dovrebbero. Ti lascia un sen- orgoglio la sua voglia di fare musica unificante (di pubblico e critica) era so di vuoto Our Love To Admire affidandosi ad elettronica minimale, proprio la capacità dei ragazzi di e non perché vi siano pecche di variazioni ambient, stratagemmi scrivere strofe e ritornelli, d’unire produzione, anzi, la tracklist suona sonori da laptop (o forse sarebbe alterità e rabbia dolce in faccende quel “bene” tanto da non scuotere meglio dire da scrivania). di pochi accordi. Il sequel sconta- i nervi senza che le colpe ricada- Un’attitudine decisamente va la mancanza di crudezza e l’ad- no sul co-produttore Rich Costey handmade che non perde tempo dio a certe pose propriamente filo (Muse e Franz Ferdinand). Il pro- in convenevoli, deliziandoci invece divisioniane, tuttavia era fatto di blema è di contenuto. Il classico con campionamenti fantasiosi – nerbo e energie e soprattutto una principio della fine. (5.5/10) l’ saturo di distorsioni in buona dose d’autorialità. Su que- Edoardo Bridda Fantasma e richiamato in sottofondo sto tasto i ragazzi precipitano con a Airbert -, genuine riflessioni in , cadono non Our Love To Admire Ivan Vicari Afro Jazz Trio – forma di testo recitato – Conoscenti senza aver cercato (i sentiti versi Colpo di coda (Club Records, appena e Il più grande del mondo 2 0 0 7 ) -, suoni rubati a qualche Amiga 500 Genere: jazz dimenticato in soffitta – Ultrabit - Non è l’Africa omaggiata da We In- , registrazioni on the road – gli sist! Freedom Now Suite di Max uccelli che abitano i sei minuti di Roach quella che esce dai settan- Buvola – e tastierine sparse. Il ta minuti di questo Colpo di Coda. tutto foraggiato da una “cosciente Non lo è per le tematiche di fondo, casualità” nell’associazione dei là ispirate da un forte sentimento suoni e una filosofia di scrittura politico oltre che estetico e qui ca- ostaggio del momento, capaci ratterizzate da una compenetrazio- entrambe di garantire a chi ascolta ne esclusivamente formale; non lo trentacinque minuti ben sopra la è per le scelte strumentali, dal mo- soglia della noia.(6.5/10) mento che a farla da padrone nelle Fabrizio Zampighi otto tracce dell’opera in questione è l’Hammond di Ivan Vicari e non la Interpol - Our Love To Admire iniziali di Pioneer To The Falls, le voce melodiosa di Abbey Lincoln. (Capitol / EMI, 10 luglio 2007) impressioni di un triangolo amoro- Poco male, dal momento che si Genere: wave , r o c k so in No I In Threesome, il ritrat- tratta comunque di un bel sentire. Segni di un’opposizione notturna: to Pace Is The Trick), ma cadono, Soprattutto se chi ascolta è un esti- braccialetto in pelle, camicia cra- canzone dopo canzone, tarpati da matore della tradizionale versati- vatta bianco/nera, riga di lato, wave una ricerca coraggiosa risoltasi in lità dell’organo “per eccellenza”, pop anni Ottanta in gran spolvero. un freno a mano tirato, rifugiati in garantita in questa sede dagli ac- Abitudini: andare a comprarsi il lat- laboratorio come scienziati del pro- centi funk e le parentesi blues, le te al Seven Eleven. Fumare una si- prio ardore. sciccherie easy listening e le colo- garetta sul balcone a tarda notte. Così The Heinrich Maneuver (au- riture etnico-jazz con cui di volta in Estetica e stile di vita e Turn On tomatica e senza hook efficace) volta Vicari veste il suo strumento. The Bright Lights di cui tutti san- morde la metà di una Slow Hands, Movimenti dal mood differente ma no, l’album che poco dopo Is This Mammoth e All Fired Up rivedono ugualmente fascinosi, che non di- It accese i riflettori sulle tendenze l’alternanza (veloce/tranchant - pia- menticano di concedere ampi spazi tese e angolari dei Duemila. Un no/relapse) dell’esordio in un nul- all’inventiva delle altri parti in cau- mix d’anticaglie dark credibile. Un la di fatto emotivo stilistico e The sa. Nello specifico, il sax elegante disco che aveva steso tutti (e mol- Scale, senza girarci troppo attor- di Genzo Okabe, diviso tra amori to più dell’esordio degli Stokes). no, è un episodio brutto come non giovanili hard-bop e progressioni Il prodromo di una generazione mai visto nelle trascorse tracklist. impostate, ma soprattutto le per- che voleva dimenticarsi i Novanta Non buttiamo tutto, ci piace Rest cussioni di Karl Potter, uno che scazzo e edonismo in testa. Quella My Chemistry la traccia migliore e l’Olatunji responsabile dell’impian- che uno spazio per l’oscurità l’ha la più NY style, un brano efficace to ritmico del disco di cui si dice- trovato naturalmente con un mini- che sa di qualcosa perché pregno va in apertura, doveva averlo bene mo di ribellione romantica. E sono di quella leggerezza che ci sareb- in mente quando ha inciso le otto passati sette anni, anzi facciamo be dovuta stare. Invece la strada tracce di Colpo di coda. che i Duemila sono per tre quarti prediletta è spesso opposta, con i Tra venti latini e bossa nova, suo- trascorsi e la storia è praticamente quattro impegnati a inficiare gli at- ni ipnotici e tappeti di congas, ci scritta. Antics (sempre su Matador) tacchi (No I In Threesome, Pace Is si imbatte in riletture di Charlie ne era il seguito maggiormente pro- The Trick) con pratiche complicate Parker – Billie’s Bounce -, omaggi

  s e n t i r e a s c o l t a r e a Pat Metheny – Song For Bilbao da un’unica composizione in sette Haino. Jandek è davvero l’ultimo -, strumentali di George Benson e movimenti, chiamata Afternoon Of vero bluesman della storia, ma an- Wes Montgomery – Mimosa e Road Insensitivity. Musicalmente è il di- cor prima e soprattutto è uno di noi. Song – oltre che in brani autografi. sco di Jandek più gotico di sempre, (7.7/10) Arrivando a fine programma con un fatta eccezione forse per Six And Antonello Comunale solo pensiero nella testa: schiac- Six. Il canovaccio è lo stesso per ciare play e ricominciare tutto da tutto il concerto. Un sintetizzatore Jets Overhead – Bridges capo. (7.3/10) Korg che sotto le sue mani diventa (Microgroove / Goodfellas, 18 Fabrizio Zampighi un organo da cattedrale mitteleu- g i u g n o 2 0 0 7 ) ropea; la chitarra di Connors che Genere: indie-rock gli va dietro disegnando arabeschi Jandek – Manhattan Tuesday Non tutto ciò che viene dal Canada riverberati e rasoiate wah wah; il (Corwood Industries, giugno ha la protezione degli angeli della basso di Heyner che incupisce ul- 2 0 0 7 ) genialità. I Jets Overhead, quintet- teriormente il tutto come fosse un G e n e r e : a v a n t to di Victoria, sono puro indie-rock pesante tendaggio di velluto nero Oggettivamente, non si può pre- di maniera, facilone, ascoltabilissi- a poggiarsi su tutti gli strumenti e tendere da una persona norma- mo, dilatato e assolutamente inu- dulcis in fundo la ritmica densa e le che passa per caso di qui, che tile. Non ha fuoco nelle vene, non magmatica di Corsano che trama sia informata sui fatti e che sap- ha ispirazione profonda nella sua sotterranea e ficcante. Testualmen- pia tutta la storia che c’è dietro a anima, non ha un verbo trascinan- te è il Jandek cupo delle attese, Jandek, la Corwood Industries, le te. Prendete un basso quadrato alla dei pomeriggi abulici che inghiot- copertine, i dischi, le varie fasi e Interpol e la desolazione degli ul- tono l’esistenza come buchi neri ora anche i live. Tra l’altro è an- timi Folk Implosion e avrete come (All the phone rings are alarming/ che estate, fa caldo e di casi clinici risultante questo Bridges. This It doesn’t matter/I can’t escape the non si avverte certo il bisogno. Ma Way e Shadow Knows sono pseudo weight of these days). E’ il Jandek se uno non si informa, sia pure per ballatone per ragazzi emo-filiaci, che non riesce o non vuole trovare sommi capi, su cosa ha combina- Life’s A Song è lo stereotipo della vie di fuga da se stesso pur essen- to Jandek da venti anni a questa canzone indie, quadratissima, com- do cinicamente consapevole del- parte, probabilmente non riesce a pletamente a fuoco, con tutto ciò le sue ferite aperte (Self-inflicted capire perché ogni volta che fa un che non riuscirà mai a bruciare al stimulation is the deathbed/ Life is concerto si mobilita la creme de la posto giusto. Poi quando la trama on the other side/The side I don’t creme dell’avant intellighenzia. Di prende un pochino sostanza (Killing know). Oggettivamente, il cliché Richard Youngs e Alex Neilson, Time e la conclusiva landa di di- del pazzo depresso che si lamenta praticamente la backing band di sperazione che è No More Nothing) strimpellando spasticamente la sua Jandek per i concerti anglosassoni, siamo completamente nella testa e chitarra non ha mai avuto motivo di si è già detto. Grande formazione, nella sei corde di , ir- esistere, men che meno ora che il grandissima prima apparizione live rimediabilmente però senza ispira- Nostro si produce in simili perfor- in quel di Glasgow. Tutto a sorpre- zione alcuna, senza alcun strascico mance. Jandek è tante cose messe sa. Fan a bocca aperta. Da allora il che porti alla voglia di un repeat. insieme: un depresso compiaciuto, rappresentante della Corwood non Non una hit, nessun anthem, nessu- un caso clinico da tabloid di ter- si è fermato più, è diventato uno na cavalcata feroce, nessun assolo z’ordine, un nerd ipersensibile, un showman, ovviamente alla sua ma- liberatorio, solo una landa grigio- astuto figlio di puttana che ha sa- niera, e i suoi concerti ormai sono bluastra incontaminata e rafferma, puto investire sulle sue ossessioni, una cosa (quasi) normale. Quello proprio come ben rappresenta la un predicatore pazzo, un oscuro che proprio non è normale è uno copertina. Freccia a sinistra e pas- scrutatore della propria anima. In- show dove la line-up è costituita da siamo oltre… (4.5/10) Loren Connors alla chitarra, Matt somma, aveva proprio ragione Keiji Alessandro Grassi Heyner (No Neck Blues Band) al basso e Chris Corsano alla batte- ria. Perché questa è stata la line-up Justice – + (Ed Banger / Warner, che ha accompagnato Jandek per il 11 g i u g n o 2 0 0 7 ) suo concerto del 6 settembre 2005, G e n e r e : d i s c o - f u n k in quel di New York. Confesso di / nu Daft Punk essere stato a lungo scettico sul- Poteva e doveva essere una bom- la reale opportunità del Nostro di ba. Invece è solo un fuoco d’artifi- uscire allo scoperto, ma se i risulta- cio unico e desolato. Abbiamo an- ti sono questi, lo scetticismo scom- cora tutti nelle orecchie l’hit spacca pare come neve al sole. Manhattan dancefloor della scorsa estate Ne- Tuesday, in due dischi, riproduce ver Be Alone e l’attesa per questo fedelmente quanto avvenuto quel- primo episodio lungo era veramen- la sera. Il contenuto è costituito te febbrile. L’impatto tutto pomp-

s e n t i r e a s c o l t a r e 5 7 svuotati di eccletismo, Stress cita gli ultimi fritti Chemical Brothers, The Party è un deludente troia- dance electro facilone e la finale One Minute To Midnight è ancora Daft Punk senza palle e senza tra- ma. Come si comprende, non tutto è da mettere al rogo, anzi, però ci si aspettava francamente molto di più di un surrogato di playlist “da appassionati” e non “da musicisti”. Peccato. (6.5/10) Alessandro Grassi electro di prima fattura è di quelli che lascia il segno, però grattando Kissogram - Nothing, Sir! Kula Shaker - Strangefolk sotto la superficie lungo gli ascolti (Louisville, maggio 2007) (Strangefolk, 20 agosto 2007) la materia grigia di questo + si pa- Genere: Eclectic Pop Genere: rock psych lesa in tutte le sue mancanze, in L’imperativo ciclico del riscoprire/ Berlinesi di residenza, attivi dal tutti i suoi buchi neri. Vuoi perché riscoprirsi impone il recupero dei 1999, protetti di Jim Avignon, re- i nostri due francesini tentano la Kula Shaker, eroi incandescenti ma sponsabili come Kissogram di un strada della pomposità tout court effimeri dei novanta di mezzo. In- album ed una buona dozzina di (che troppo spesso è sinonimo di capaci di sopravviversi, si spense- singoli, Jonas Poppe e Sebastian ridondanza fine a se stessa), vuoi ro tempo due album. Stranamente, Dassè sono due menti piuttosto perché il giochino di miscelare fino all’altro ieri venivano ricordati efficaci della moderna geografia “house simpatica al pubblico in- più le supposte simpatie fascistoidi musicale. Non dei “rivoluzionari” die rock”, electro e sonorità Daft del leader Crispian Mills che non del rock and roll, come strombaz- Punk è un trucco un po’ antiquato, per il pur apprezzato album d’esor- zato recentemente dalle pagine di la bontà della fruizione di queste dio, quel K che tentava di sognare “NME”, ma due musicisti che sanno dodici tracce ne risente non poco. un’India stralisergica carburando- il fatto loro e che, soprattutto, di- C’è del buono, ovvio, e c’è anche si di nostalgia impetuosa e prete- mostrano di aver assorbito ed es- dell’ottimo: Il singolo D.A.N.C.E. stuosi (m)isterismi. Fino all’altro sere entrati in contatto con svariati è un fresco e molto simpatico an- ieri, appunto. Oggi che il millennio generi musicali, senza, apparente- them estivo con il suo funk, i suoi è sverginato da un pezzo, Mills e mente, alcun tipo di pregiudizio. archi campionati e i cori bambi- soci - quelli originali - possono fi- Una scelta che depone a loro fa- neschi che fanno veramente anni nalmente fregiarsi di una propria vore e che si ripercuote in manie- ’70 a furia di Abba disco-nebulo- etichetta, con tutto ciò che questo ra decisamente evidente sui solchi se, New Jack è un altro funk tosto significa in termini di libertà crea- di questo nuovo Nothing, Sir!, questa volta sminuzzato e triturato tiva. Ne sono fieri e felici al punto album multicolore e multicultura- dentro una coltre stellare di drill da intitolare questo loro comeback le che scherza con l’etno pop dei ipnotici, Let There Be Light è un col nome della label: Strangefolk. (Come Spring Come altro anthem che scorre con piace- Dissident Peccato che manchi loro la libertà volezza, electro proto-cibernetica Reason, Snow White In The Train più importante: quella da se stessi. per potenziali fruitori appassionati ) così come con quello Sixties dei Ovvero, dal proprio status leggen- di bizzarie analogiche miscelate. Monkees (She’s An Apple Pie), dario di irredentisti psych avvin- Con le due Phantom però venia- giogioneggia i Madness (Manager ghiati al sacro fusto dell’albero ma- mo un po’ spiazzati perché sono In Love) ed immerge Elvis in un ba- gico. Buddha da una parte, Visnu schifosamente Daft Punk, batterie gno electro (Shuffle Along), guarda dall’altra, più un nugolo di santoni rock filtrate e fraseggi longilinei di con devozione al valium il jazz pop flower power in fregola hard ricreati vocoder ossia b-sides esattamen- degli Steely Dan (Blue August) e con veemente risoluzione da com- te incastonate fra Homework e si inebetisce con un perfetto giro puter graphic. Sì, l’aria è decisa- Human After All con tanto di eti- di organo in stile Fuzztones (Car mente digitale, malgrado il realismo ca “robot rock” nella parte prima, Crash Bop). Se cercate qualcosa vintage digrignato in ogni gracidio e stessa materia ripetuta con ag- di carino e disimpegnato da ascol- d’hammond, negli assolo sderena- giunta di qualche redivivo arco se- tare durante l’ennesimo pomerig- ti, nei turgidi giri di basso (un suo- venties nella parte seconda. gio trascorso in ufficio, Nothing, no che suona alla grande, grazie Il resto non ha il mordente pre- Sir! è l’album che può fare al caso anche ad un trittico di produttori cedente e perde consistenza lun- vostro. (6.5/10) come Sam Williams, Tchad Blake go l’ascolto: DVNO ricorda dei !!! Stefano Renzi e Chris Sheldon). Nessuno sber-

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Machinefabriek - Weleer (Lampse, maggio 2007) Genere: ambient, folktronica, noise Se mi chiedessero quali sono i musicisti elettroacustici più interessan- ti di questi ultimi anni direi Keith Fullerton Whitman e William Basinski, ma aggiungerei sicuramente Fabio Orsi e l’olandese Machinefabriek. Di quest’ultimo parliamo e Weleer non è altro che un personale Selected Ambient Works, una manciata di brani già editi nei mitici trenta Cdr da tre pollici qui selezionati per oltre due ore di registrato. In attesa di un seguito dell’eppì Lenteliedjes pubblicato su Type (e dell’album Marijn licenziato dalla Lampse), ecco servite alcune meditazioni in riva al Reno per armonica a bocca trattata (Oi Polloi), una soundtrack doom dai lan- guori electro-jazzy (Uiterwaarde), i glitch e i suoni delle navi (Chinese Unpopular Song), stratificazioni fennesziane (Hieperdepiep), balletti mor- se per giochi stereofonici (Stotterpiano), droni in cattedrale (Wintervacht), quotidiani field recordings (Schrijven, che vuol dire “scrivere” in olandese), overture minimaliste in “break” (Don- derwolk) e pianismi debussiani (Kale Bomen Langs De Weg). È l’universo di Rutger Zuydervelt pre-debutto cd, un cosmo fatto di circuiti, spazio e suoni suonati o concreti. È la macchina umanissima Machinefabriek, che indaga subconscio e sapore di una terra, l’Olanda, quella delle campagne e del Porto. L’Olanda lontana dai centri citta- dini. Probabilmente quella del Nord, dove si vede meglio il cielo. In questo sta la magia dei venti minuti di Lief (tradotto “dolce”), un drone lungo lungo grattato da sfrigolii e clangori ruvidi. Magia che il ragazzo trasforma in loop noiseggianti sul finale racchiudendola in una traccia folktronica, cosmica e ambient, ovvero le tre specialità dell’olandese. Acquisto fondamentale per chi ha saggiato le potenzialità del musicista, nonché un buon motivo per iniziare a frequentarlo, appassionati di elettronica e non. (7.2/10) Edoardo Bridda

s e n t i r e a s c o l t a r e 5 9 leffo sferzante Jon Spencer, ma addizionandole - per la prima volta modo eccellente. Splendide le pic- un rimettere a nuovo quei vecchi in cd – al krauto 12” Mighty Girl cole pause del classico r’n’r, un po’ vestiti, come i Beatles imbricconi- (un omaggio ai Can nella traccia Little Rock, di 100 Little Women; ti Radio Birdman/Supergrass di omonima e al kraut tutto in Vrang per non parlare del finale psiche- Great Dictator, o i CSN&Y invalvo- Og Vanskelig) ed a nuove esperien- delico – da The Piper – di Cursed lati di benzedrina in Second Sight, ze quali Tempo Tempo, Mummer World, giusto per fare due esempi. o quella specie di Nights In White Fire En - un pastiche di ventuno E basta. Gli appassionati si diver- Satin (dei Moody Blues) messa in ipnotici minuti tra Orb, Metro Area tiranno; i divertiti non credo si ap- ammollo nel coccolino che rispon- e baleariche vedute – e lo space passioneranno. (6.5/10) de al nome di Shadowlands. Il gio- funk (questo sì space!) della con- Gaspare Caliri chino potrebbe continuare, ma lo clusiva Nummer Fire To. lasciamo volentieri a chi pagherà Nella valigetta del perfetto dj non Marmoset - Florist Fired il biglietto. dovrebbe mai mancare! (7.0/10) (Secretly Canadian / Wide, 24 Quanto a noi, non potevamo at- Gianni Avella luglio 2007) tenderci altro che questa parata Genere: psych/wave di canzoni-pretesto, senza abba- Mark Sultan – The Sultanic Volete sapere se mi sono divertito? stanza fiato né cuore per reggere Verses (In The Red / Goodfellas, Ok, mi sono divertito. Parecchio, vi- l’usura degli ascolti. E tuttavia di- 15 maggio 2007) sto le volte che l’ho ascoltato. Mol- vertenti, almeno finché non sgami Genere: garage/lo-fi to più di quanto in genere mi conce- l’inappuntabile sfoggio di mestiere Questo disco è la solita creatura do per una recensione. I Marmoset che trasuda ogni piega del sound. In The Red: sporco, cattivello ma sono stati una sorpresa, per quanto (6.0/10) in fin dei conti buontempone, facil- possano vantare altri due album e Stefano Solventi mente catalogabile sotto il garage/ un paio di ep alle spalle. Neanche lo-fi – con un suono davvero spor- quel gran repertorio in fin dei conti, co. Un ritorno (speriamo parzia- visto che ci sono voluti otto anni per le, per alcuni versi) all’origine per metterlo assieme e che da cinque il l’etichetta garagissima, dopo i fasti trio da Indianapolis non dava noti- inconsueti dei Volt. Ma qui si parla zie di sé. Insomma, le sedici tracce di un sultano, ovvero di The Sulta- di Florist Fried sono una collana nic Verses di Mark Sultan, aka la di zuccherini acidi capaci di spedi- seconda metà di the King Khan & re in orbita gli sciroccati come me, BBQ Show, ma anche cantante e sempre disponibilissimi al giochino chitarrista dei Mind Controls, can- dell’indovina-che-gusto-è. tante/batterista dei Les Sexaree- Occorrono chiaramente fragranze di nos, cantante dei The Spaceshits un certo tipo. In questo caso, cion- e molto altro (è evidente che ho ci- dolamenti Lou Reed, fosche acide- tato questi ultimi per il nome che si rie Julian Cope, schive ebbrezze sono scelti). Beck, deliziose caligini Felt, oziosi L’ironia c’è. Nel libretto ci informa- deliri Barrett... Una stordente lec- no che gran parte del disco è suo- cornia via l’altra, confezionate con nato da un musicista solo (Mark) Lindstrom And Prins Thomas la flemma sorniona di chi ce l’ha che se la suona e se la canta come – Reinterpretations (Eskimo / dentro (il coso, il quid psichedelico) se fosse una band intera. Poi Mark e non ha bisogno di costruirselo ad- Audioglobe, maggio 2007) puntualizza che non sopporta i dosso. Un trip perfetto per nostal- Genere: space-disco musicisti che fanno tutto da sé, e gici in ambasce spirituali, traditi da Un’appendice al debutto datato soprattutto non sopporta il pubbli- un tempo da un mondo che s’accon- 2005, una nuova uscita che si som- co a cui piacciono queste cose; la tenta di mettere in scena la messin- ma alle tante (tra 12”, ep e versioni chiosa esatta è “if you did like that scena e via andare. in vinile) del duo spaced Lindstrom shit, there is still solme of that on Insomma, bravi Marmoset, fatelo And Prins Thomas. here, too”. L’effetto è un po’ stra- più spesso. Tuttavia, ho da com- Reinterpretations, come suggeri- no. È come ascoltare con una certa piere un dovere che m’impone una sce il titolo, riedita in formato più soddisfazione la radio a manetta certa obiettività. In ragione della dancey alcune delle tracce incluse dell’auto che abbiamo a fianco del- nell’anzidetto debutto come Tu- la nostra, in coda a un semaforo. quale questo Florist Fired finisce rkish Delight (notevolmente acce- Guardando negli occhiali da sole il appunto col sembrarmi uno sfoggio lerata e decisamente meno “space” guidatore, che è rockabilly ma ha la di forzosa alterità, o al più un leni- dell’oppiacea originale), Boney M coppola in testa, come Mark. Il qua- tivo per bacucchi rock indolenziti, Down (che elude quel portamento le sembra aver ascoltato le com- bisognosi di consolazione e rassi- à la Alan Parsons Project), Claudio pilation dei Nuggets, conoscerle curazioni e illusioni sparse. Come, (in pratica una versione sciamani- a menadito, dare continuamente appunto, il sottoscritto. (6.1/10) ca della fenomenale Sykkelsesong) prova di aver appreso la lezione in Stefano Solventi

6 0 s e n t i r e a s c o l t a r e tutto, però, gira come dovrebbe e l’oramai abusato utilizzo di questo particolare tipo di soluzioni finisce con il pesare sull’economia gene- rale dell’album che, per quanto buono, non riesce a distinguersi dalla valanga di produzioni specu- lari, con sommo rammarico di tutti coloro che si aspettavano un capo- lavoro. (6.7/10) Stefano Renzi

Matthew Dear – Asa Breed Meg Baird – Dear Companion MGR Vs Sir DSS - Impromptu (Ghostly International / (Drag City / Wichita, 4 giugno (Neurot / Goodfellas, giugno 2 0 0 7 ) Audioglobe, 5 giugno 2007) 2 0 0 7 ) Genere: folk, traditional Genere: minimal electro pop Genere: ambient, drone Una foto di spalle a mezzobusto Tra i tanti apostoli della scena off Mgr Versus Sir Dss, ovvero Mike con i capelli al vento, mentre è in- dance, è sempre Gallagher chitarra massiccia degli vestita da un fascio di luce in un stato uno dei nostri preferiti, vuoi Isis e David Scott Stone chitar- paesaggio bucolico: la cover del per le ottime prove offerte nasco- ra ancora più tosta e elettroniche: primo solista di Meg Baird degli sto dietro il moniker Audion, vuoi come dire, prendi uno con la fissa non lascia adito a dubbi. per quella faccia da adolescente Espers per il drone e certo metal passato Questo è un album folk, nel solco sveglio che è sempre un valore ag- sul colino degli Slint (vedi anche in giunto quando ti trovi a galleggiare della tradizione inglese soprattut- Nova Lux, l’esordio solista) e met- in un universo ricolmo di brutti ceffi to, come è uso nel gruppo madre. tilo in combutta con un session man com’è quello della minimal techno. I due pezzi originali sono mescolati di lusso con quindici anni d’espe- Un giovincello capace l’america- a traditional britannici (The Cruelty rienza alle spalle. Uno, per dire, no, a suo agio sia quando deve far of Barbary Allen e Willie O’ Win- che non s’è fatto mancare nulla: dal muovere piedi e bacino sia quando sbury) e americani (come la title gotha avant-noise ( e Keiji deve reimpostare le proprie coordi- track anche in versione a capella) Haino) a Mike Patton e soprattutto nate stilistiche ed imboccare, come insieme a cover version recupera- King Buzzo (ma anche i Tool). Chia- in questo caso, autostrade di obli- te (River Song di Chris Thompson, ro, il collante tra i due è l’astrazio- que traiettorie (indie) pop. l’accorata The Walze of the Tennis ne di certo granito rock (il terreno Si, perché Asa Breed è, a tutti gli Players dei misconosciuti canadesi d’incontro/scontro tra Melvins e effetti, un disco di canzoni, un cam- seventies Frazer & Debolt) per sof- Fantomas), tuttavia il team prefe- pionario di deviate e devianti strut- fici ballad acustiche con l’accom- risce procedere verso un incrocio ture electro pop che guardano alla pagnamento di voce e dulcimer. tra certa psichedelia scura e alcu- pista da ballo soltanto in maniera Reduce da un altro disco di recu- ni sapori doom folk di cui abbiamo distratta o, addirittura, prendendo- peri filologici uscito l’anno scorso ampiamente trattato nel magazine ne del tutto le distanze come ca- (Leaves From Off The Tree) in trio (SA N°29). Grazie all’apporto di pita, ad esempio, nell’ultima parte con l’inglese Sharron Kraus ed He- Stone, il sound s’arricchisce di syn- dell’album quando spunta un’ina- lena Espvall, la Baird riprende da th modulari e altre apparecchiature spettata e dimessa chitarra acusti- lì il discorso lasciato, volgendosi da buon vecchio artigiano della co- ca a cesellare i contorni di Give Me verso una classicità Nick Drake smica ampliando così il fulgido ef- More e Midnight Lovers. in uno dei due pezzi originali, lo fettismo dronato di quel bell’uomo Due episodi che contrastano net- psych-folk di Riverhouse In Ti- di Gallagher. Così, tutto assume tamente con il resto del lavoro, nicum, mentre l’altro, Maiden In un tenore molto serio e rigoroso - vero e proprio gioco ad incastri The Moor Lay è una ballad ariosa anti marijuana, anti-LSD - giocando tra sonorità minimali ed affabilità ed essenziale che non sfigura nel con il fuoco della sterilità artistica pop, come dei New Order pre-Te- confronto. Le melodie senza tempo e la delusione (probabile) di coloro chnique ridotti all’osso (Pom Pom, dei pezzi sono fatte rivivere rispet- che nell’ambient psych prediligono Deserter) oppure un Prince scara- tosamente, a dimostrazione della proprio l’aspetto freak e la fattanza ventato a forza in un club berline- loro classicità che attraversa gli “intelligente”. Sono accostamenti se (Shy), ostentando improbabili anni senza nulla perdere in forza che vengono spontanei nel momen- suggestioni afro (Fleece On Brain) espressiva. E la Nostra è perfetta- to in cui il sound vira verso certa prima di scaraventare via la ma- mente a suo agio, calata in questo scuola Kranky via Nuova Zelanda schera e dichiarare il proprio amo- contesto in cui non è per nulla dif- (Following Electro Acoustic Theory re incontrastato per il divino Arthur ficile immaginarla. (7.0/10) che pare dedicata a un Roy Mont- Russell (Elementary Lover). Non Teresa Greco gomery), oppure per le calle di cer-

s e n t i r e a s c o l t a r e   to misticismo cosmico alla Amp. In sulla torta (salata), le ospiti fem- definitiva, il classico side-project minili: un’asciutta Laetitia Sadier dignitoso. (6.5/10) degli Stereolab (al controcanto in Edoardo Bridda Tales Of Las Negras) e la consueta Kristin Valtysdottir dei Múm (mol- Mice Parade - Self Titled (Fat to bambola prosciugata che conti- Cat / Audioglobe, luglio 2007) nua a non piacermi) nella lenta e Genere: saudade, indie-folk spettrale Double Dolphins On The Con Mice Parade scopriamo che Nickel. quella iniziata con l’insuperato Altro bell’aspetto è questa timidez- Obrigado Saudade era una trilo- za fatta di raffinatissimi arrangia- gia. Un percorso conclusosi in que- menti, tutta studiata eppure umile ste canzoni per chitarre, tastiere e naturale, dolce ma con un vento timide e la consueta saudade con- a soffiare sotto e sopra. È come se funk. Il break michaeljacksoniano tornata da un paesaggio dalle sfu- Pierce ti invitasse nella sua vacan- di Escalate, la cavalcata di basso mature e dai profumi impeccabili, za esistenziale poco per volta, così electroshifting à la Squarepusher tra i quali spiccano un rinnovato facendo allontana i turisti e i curio- di Soda, una puntatina al glitch- drumming (post-hardcore spezza- si dell’ultima tendenza (e fa bene), soul in Blackbird, l’omaggio al to in alcuni brani), della shoegaze eppure un appunto in calce non va Principe in Complicated, un ricor- marittima e soprattutto un avvici- omesso: Mice Parade avrebbe po- do old-school grandmasterflashia- namento all’indie americano (quel- tuto esserlo, ma non è un disco da no nell’hip-hop puro e crudamente lo di Lou Barlow ma anche pizzichi playlist annuale. Forse è mancato funk di Give It To Me: questi alcuni di Touch & Go). un po’ di coraggio nel songwriting dei riferimenti principali del disco, Del sound abbiamo già detto in e un po’ di decisione nell’arrangia- tutto intriso di una patina black che passato, tuttavia è l’affiatamento mento. Pazienza, è una questione osa confrontarsi con Curtis May- degli amici/ospiti più o meno sta- di scelte artistiche che non spette- field per la coolness calcolatissima zionari (Scharin, Dylan Cristy del rebbe a noi liquidare con un voto. e per niente casuale. Dylan Group, Jay Israelson dei Se dobbiamo però (6.7/10) Un’operazione che mima il ten- Lansing-Dreiden e Dan Lippel) e Edoardo Bridda tativo di sporcare i generi e di ri- quel caratteristico sound trans- pensare la tradizione da lontano etnico - innestato nel cuore del già tentato –mutatis mutandis- da Michael Fakesch – Dos (!K7 / Beck. Deep funk da professionisti. post-rock - la maggiore conquista Audioglobe, 30 luglio 2007) Se fosse uscito in anticipo sarebbe nel percorso di Adam Pierce. La Genere: electrosoul nu-funk potuto diventare un simbolo. Il ri- sua creatura Mice Parade suona Ritorna con un nuovo progetto so- tardo (dopo Quentin Harris, tanto vieppiù originale e piccole gran- lista il componente dei tedeschis- per dirne uno) limita il colpo, ma ci di variazioni, album dopo album, simi alfieri electro Funkstörung. Il fa capire che l’electro non può più ne hanno arricchito e trasformato distacco dalle atmosfere acid del prescindere dal colore nero. Co- la formula. Troviamo una scrittu- gruppo si rivela da subito: il segui- munque: elegantissimo.(6.4/10) ra à la clorofillati in un to di Marion (la raccolta di singoli brano come The Last Ten Homes, su Musik Aus Strom, 1999) suona Marco Braggion le chitarre sgraziate elettrificate come un reperto break-hop in pie- a contrappeso delle acustiche in na atmosfera nu-70. Grazie alla Michio Kurihara - Sunset Notes Sneaky Red, oppure ancora le per- collaborazione del vocalist e copro- (Pedal Records 2005, 20/20/20/ cussioni spagnoleggianti di Double duttore Taprikk Sweeze, il sound G o o d f e l l a s , 2 0 0 7 ) Dolphins On The Nickel. Ciliegina si rimpolpa di un cross-over degno Genere: lo-fi, dream, rock del miglior Jamiroquai mescolato Michio Kurihara è un esegeta psi- con accenni (neanche tanto velati) chdeleico particolarmente generoso al nume tutelare Prince. La teoria e gentile. Uno che ama fuori misura di un 2007 essenzialmente nu-soul, la propria privacy. Perennemente viene qui rimodellata seguendo il alieno a qualsiasi logica del music trend che etichette come la Compost biz. Membro fondatore dei Marble o la stessa !K7 stanno orgogliosa- Sheep alla fine degli Ottanta, il chi- mente battendo: una rivoluzione del tarrista è attualmente parte del col- breakbeat tramite una componente lettivo Ghost, ma in tutti questi anni melodico-urban che cresce sempre (circa una ventina) ha collaborato di più di statura (vedi i lavori del almeno a una dozzina di progetti genietto moltiplicatore Jamie Li- altrui tra i quali The Stars, Cosmic dell) mescolando sapientemente il Inventino, White Heaven, Yura Yura ritmo techno al beat in levare del Teikoku e soprattutto Damon &

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Mirah And Spectratone International – Share This Place: Stories And Observations (K Records / Goodfellas, 7 agosto 2007) Genere: indie-folk, world folk Mirah è tornata e questa volta il progetto è molto ambizioso. Share This Place non è un secondo C’mon Miracle, poiché laddove imperavano bal- late suadenti di un folk leggero infarcito di percussioni e strascichi di archi e sdolcinatezze raffinate, ora vige un rigore assoluto, un nuovo folk “totale” che sa guardare a culture lontane come quella araba, quella bal- canica e quella turca. Stavolta Phil Elvrum dei Microphones si limita a registrare insieme a Steve Fisk, e tutta la materia musicale ad esclusione delle sole melodie è stata curata e creata a quattro mani da Lori Goldston e Kyle Hanson della Black Cat Orchestra, i quali avevano precedente- mente collaborato con la nostra per il live To All We Stretch The Open Arm. Il risultato è un disco titanico, scintillante che attraverso le gesta degli insetti, qui osservati speciali e veri protagonisti, racconta la parabola vitale, gli incontri, gli atteggiamenti, i sentimenti che sono umani ma riescono ad essere totalizzanti e completamente universali. Love Song Of The Fly è un aggraziato solo di Oud che apre la strada ad un mini valzer/sirtaki d’altri tempi, tutto ondeggiamenti di contrabbasso, piccoli soli delicati di Kora e un biascicare vocale dolce, suadente, sfavillante. Gestation Of The Sacred Beetle è sulla falsa riga della precedente, emozione per un dipanarsi di note sfiorate e gettate alla luna e alle stelle. Song Of Psyche è una cavalcata di più di 7 minuti per chitarra acustica e violoncello, brillante nel suo spirito ridondante di lucentezza, Luminescence ha toni serali, chiaroscuri di ombre e figure in movimento lieve, una danza per amanti lenta alla mercé di qualche flebile luce e candore metropolitano. Altrove si incrocia- no fluorescenze cabarettistiche (Credo Cigalia), un tango dondolante riconduce alle danze amorose (Supper), escrescenze arabesche adornano le pareti di fluidità di pensiero, di stasi emotive pregne di gioia e giocosità (la splendida leggiadria di Following The Sun). Questo è Share This Place, un viaggio “culturale” pieno di magia e curiosità, una musicalità viva e conquistante passo dopo passo, ascolto dopo ascolto. E pace che in fondo si tratti di un disco di “world music” che esula com- pletamente dal percorso seguito da Mirah finora, poiché se questo è il risultato, c’è solo da essere entusiasti. Estaticamente travolti. (7.4/10) Alessandro Grassi

s e n t i r e a s c o l t a r e   Naomi (i boss della 20/20/20). e in Boat Of Courage (in arpeggio Trovarlo nelle liner note è una gara cristallino). La gioia delle piccole dura, eppure chi lo conosce bene cose appartiene alla prima traccia, lo distingue dalla prima nota per- con Kurihara a premere il pedale ché Kirihara è un Robert Fripp ro- sull’effetto sliding crimsoniano, an- mantico (?) dagli intrecci rigorosi cora più raggiante. Qui casa vuol ma addolciti da una personalità dire un riff che sa di saga di vite mite, di quei caratteri che amano la lasciate al loro destino. Perché c’è scanzonatezza della natura e qual- gente avulsa dal proprio destino e che goccia di Glenn Branca pensie- Michio è uno di questi. Non badate ro a contrasto (??). Uno spirito pop al voto (6.5/10), se siete sintoniz- ondivago, e meno contraddittorio zati vi ci affezionerete e se volete dei punti di domanda appena mes- sentirlo in versione - a contrasto si tra parentesi, che la ristampa di - dark-side-metal allora portatevi Asteris seppur veramente troppo Sunset Notes (uscito in origine nel a casa Rainbow, la sua collabora- bjorkiana è veramente una bella 2005) restituisce in una serie di zione con il trio Boris (Drag City, traccia, dove il programming elet- scatti lo-fi, antivirtuosi, forse un po’ 2007). tronico ben si unisce a vocalismi troppo umili e ovviamente lontani Edoardo Bridda stavolta azzeccati. Troppo poco co- dai riflettori di qualsiasi tribù (che munque. Le ombre non si disperdo- Mikhail – Orphica (Quatermass no, i fantasmi sono più che evidenti / Audioglobe, 28 maggio 2007) e la classe, quella che poteva fare Genere: chamber electro-pop la differenza, non c’è. (4.6/10) Mikhail Karikis è greco. Si è trasfe- Alessandro Grassi rito a Londra nel 1993 dove tutto- ra vive. Le sue passioni oltre alla musica sono l’architettura e l’arte Miracle Fortress – Five Roses visiva (come dimostra ampiamente (Rough Trade / Self, 6 luglio la copertina di questo suo debutto). 2 0 0 7 ) Mikhail ama alla follia Bjork, e ci Genere: indie-pop è così viscidamente legato che ha Five Roses è il debutto assoluto cercato di creare un suo Medulla dei canadesi Miracle Fortress, ma personalizzato, ovviamente non sarebbe più corretto usare il singo- riuscendoci. Sì perché Orphica non lare. Infatti, Graham Van Pelt – già è nient’altro che questo: vocalizzi membro degli Think About Life – è più o meno alla cazzo in ogni dove l’unico componente della band: au- siano freak, prog, new age o pop). (che raggiungono l’apice della loro tore, cantante e polistrumentista. Nei due momenti cantati del disco espressività in Love Song dove per Ebbene sì, è il lavoro di un singolo la musa si chiama Ai Aso (il val- enfatizzare “rumorosità amorose” il individuo a creare un siffatto soffi- zer Wind Waltzes e la folkish The nostro arriva a mixare il gracidare ce muro di suono intriso di allegre WInd’s Twelve Quarters entrambe delle rane con dei rutti veri e pro- melodie pop. Strati su strati di stru- pressoché per chitarra e voce), e pri!!!), qualche field recording, qual- menti e melodie. Tastiere, chitarre, la pop star è l’unica vanità che il che arco, un violoncello che appare basso batteria, controcanti, inserti chitarrista s’è concesso, il resto è ogni tanto e tanti sostrati infarciti di elettronici: il tutto creato e compo- per lui: una mente, due chitarre so- eletro beats e human beatbox. sto da questo canadese tuttofare, vraincise e una manciata d’appunti, Si parte con la tragicità (tutta greca senza l’aiuto di nessun altro. Se tipo il rebus di una Do Deep-Sea c’è da supporre…) di Untitled In CoF si pensa che molti altre band per Fist Dream Of Electric Moles, tra Minor, un volteggiare parossistico creare qualcosa di simile si avval- un hard rock à la Jack White/Ro- di violini sincopati e qualche paro- gono di numerosi musicisti, questa bert Fripp e un riff da soundtrack la biascicata e rigurgitata nell’aria, individualità la dice lunga sull’estro ottimista in netto contrasto (molto si arriva alla fisicità di Dance dove creativo e produttivo del Nostro. bella); la tecnica frippertronic di il nostro continua ad usare la voce Come un Brian Eno in costume da Pendulum On A G-String (di manie- alla peggio maniera come fosse uno bagno Graham Van Pelt è riusci- ra), la noise-delia di Canon In C (C strumento da contorcere, sfibrare, to, grazie alle sue abilità produt- Is For Cicada) (d’obbligo), e persi- violentare, il tutto in un candeggia- tive e stilistiche, a creare un mor- no un country piuttosto garagista- re di archi a librarsi tutt’intorno e si bido condensato pop immediato e morriconiano in Twilight Mystery Of giunge infine all’electro-beat rurale sgranatamene sfumato di colori A Russian Cowboy (esercizio di sti- di Drumming, un po’ Matmos un po’ pastello tipici del panorama in- le). Un volto intimo si scopre invece Warp ma senza avere la classe dei die odierno. Queste dodici tracce nei sette minuti di The Old Man And primi per il rumorismo e la fanta- sono figlie tanto delle immediate The Evening Star (in figerpicking) sia lucente della seconda. Tuttavia melodie dei Beach Boys, quanto

6 4 s e n t i r e a s c o l t a r e assortite, dalle armonie vocali e or- ginario: il suo fine ultimo è – pre- chestrazioni sinfoniche alla Sufjan sumiamo - quello che la maggior Stevens (nell’incipit I Have Sound, parte delle nostre band indie prova a cui presta voce Anthony Gonza- a fare da una decina buona d’anni a les di M83) all’indie e synth-pop questa parte, ovvero sposare sono- di ascendenza kraftwerkiana (Best rità cosiddette alternative con il no- Boy Electric, che richiama anche il stro canto e, soprattutto, la nostra Tamborello del progetto Dntel). lingua (i mai troppo lodati Scisma Non mancano i cantati-dialogati alla e gli ovvi Afterhours / Donà, per chi Stars (non a caso Amy Millan è ospi- ha fame di nomi che possano cal- te in due pezzi alla voce, Mechani- zare). cal Kids e la Broadcast-iana Safe In Tralasciando tutti i se, i come, i Sound), le armonie beachboysiane quando e i perché del caso, queste in Softness con Owen Pallett di Fi- undici canzoni si avvicinano all’ob- di quelle sature e sporche dei My nal Fantasy ai backing vocals, gli biettivo il giusto che compete a una Bloody Valentine. Ecco, queste estratti in 8 bit, e le altre guests band esordiente, con tutte le clas- sono le più evidenti coordinate sul- vocali, dalle Au Revoir Simone a siche macchie da “prima” come la le quali si muove Five Roses. Se Victoria Legrange di Beach House troppa vicinanza ai modelli di riferi- a ciò aggiungete anche una certa (nell’electro di Plus Grande Que, spensieratezza tipica di band mol- uno dei pezzi alla AIR cantati in to in voga recentemente, come gli francese). L’atmosferica title track Of Montreal, sarà facile inquadra- nasce invece dall’idea di assembla- re la proposta musicale dei Miracle re clip musicali provenienti da 15 Fortress. Molto debitore agli artisti nazioni con più di 70 partecipanti succitati, questo album ha però il (We Have Sound Project). Ad An- merito di risultare fresco e brillante toine Bédard non manca di certo il non solo a breve termine, ma anche buon gusto nel confezionare le sue ai ripetuti ascolti successivi. Meri- ricette musicali e nel saper dosare to che va attribuito a canzoni come gli ingredienti con equilibrio, mai Have You Seen In Your Dreams, strafacendo. Una conferma molto Next Train, Poetaster e This Thing gradita per un album arioso e con About You che, nonostante possie- uno spiccato senso melodico che dano un’allegra immediatezza pop non mancherà di allietare le nostre contagiante fin dal primo ascolto, estati assolate. (7.1/10) mento, il metter dentro al disco più conservano una vena malinconica Teresa Greco cose possibile, e così via. Piaccio- di fondo tanto nostalgica da non no però il gusto negli intrecci a due annoiare facilmente. Proprio questo chitarre (sia nel costruire trame tra connubio allegria-nostalgia sembra Moque – Luna appesa con lo le più varie, sia nell’ingarbugliarsi: essere il valore aggiunto dei Mi- scotch (Videoradio, 7 luglio i Sonic Youth di Nido d’ape, i Blon- racle Fortress, tanto da farli innal- 2 0 0 7 ) de Redhead prima maniera di Fari zare di una spanna sopra tutte le G e n e r e : 9 0 ’s i n d i e fendinebbia…), l’avventurarsi in altre band che di questi tempi muo- rock, Italian pop certe anomalie ritmiche post (June vono sugli stessi territori. Un disco Dio benedica i ’90 e i loro favolo- Of ’44 in Senza meta, Don Caballe- estivo, solare e pieno di allegria. si gold soundz. Il primo passo di- ro in Volume dentro), il dispiegarsi Spensieratamente e gioiosamente scografico dei palermitani Moque di anime diverse all’interno dello malinconico. Ottimo di questi tem- sembra fatto apposta per suscitare stesso brano (Lance Henricksen); pi. (7.2/10) tutte le nostalgie possibili legate piace soprattutto quando le soluzio- Andrea Provinciali i tempi in cui Billy Corgan non si era ancora rapato la zucca (con le ni melodiche della cantante Elena ben note conseguenze), la chioma Fazio – a primo occhio, quanto di Montag – Going Places (Carpark di Lee Ranaldo non si era del tut- più lontano dall’America ’90 - dan- / Audioglobe, 5 giugno 2007) to ingrigita, le chitarre dovevano no ai brani un appeal radiofonico Genere: indietronica, essere scordate, le band sul palco (La frazione di un secondo, Quello electro pop guardavano le loro scarpe, “post che non ho). Il che non è certo una Per questo terzo album il vancou- rock” voleva ancora dire qualcosa, critica, semmai un augurio, specie veriano Montag chiama a raccol- “noise” era sinonimo di “cool” e se nel momento in cui le estreme pe- ta una nutrita compagnia in un dicevi “pop” volevi dire Pixies e riferie dell’italico regno indie hanno progetto corale, più virato verso il Pavement, mica Coldplay… bisogno di luce ed esposizione. Ov- pop rispetto ai precedenti. Rimane Luna appesa con lo scotch non vero, sempre. In altre parole, non si in Going Places la matrice indie- si limita però ad evocare - bene e vive di sola Catania… (6.8/10) tronica, che qui si colora di spezie puntualmente - tutto questo imma- Antonio Puglia

s e n t i r e a s c o l t a r e   rente di melodie sfumate e sognan- zo del 2003, si lasciano andare a ti. Si possono giusto segnalare gli una lunga divagazione improvvisata stupendi cori dell’iniziale Per Tier- dagli echi ora noise, ora vagamente res Baxes, le chitarrine prezione di folk, sebbene strutturalmente affine Dulce Amor, la deliziosa e ritmata ai metodi compositivi del free-jazz. serenata di Perdieron Y La Tierra. Everything Falls Like Cosmic De- Gli amanti delle musiche più dreamy bris dei fratelli Opalio è invece il rischieranno di consumare questo brano manifesto della serie Cosmic disco nel corso della lunga estate Debris. Il rischio è quello di ripeter- 2007. Bravi dunque i Mus, ma spon- si, ma il folklore alieno dei MCIAA, tanea sorge una domanda: che fine al solito drogato ed allucinogeno, è hanno fatto i Mazzy Star? (6.5/10) efficace ed essenziale come fosse Antonello Comunale un’opera di arte povera, enigmatico Mus – La Vida (Green Ufo / ed opaco come il ritrovato di una W i d e , g i u g n o 2 0 0 7 ) civiltà indomabile. (7.0/10) My Cat Is An Alien / Text Of Genere: indie folk Light – Cosmic Debris vol. I Vincenzo Santarcangelo Ci sono musicisti che inventano una (A Silent Place / Audioglobe, formula così personale da causare m a g g i o 2 0 0 7 ) Num 9 - The Glow-Worm´s assuefazione. I Mazzy Star erano, Genere: psych, improv Resistance (Acuarela, 2006 - sono (?), una band del genere e il A Silent Place è etichetta da ammi- Audioglobe, maggio 2007) canto così peculiare di Hope San- rare già solo per costanza e fedeltà Genere: pop, dream, indie doval è una firma che quando la co- con cui sta dietro all’esuberanza Che noia la retorica. Quanti dischi nosci non ti basta mai e cerchi di creativa dei My Cat Is An Alien. abbiamo recensito di indie pop per rintracciarla un po’ dovunque pur di Adesso si è messa in testa di do- chitarre dilatate e elettronica (leg- appagarti. E’ stato così, cercando cumentare su CD l’ennesima serie gi Tarwater), confusioni shoegaze emuli che suonassero anche solo di split che i fratelli Opalio condi- e found voices folk (leggi Tunng)? vagamente come le musiche canta- videranno, su sontuosi vinyl art in Quanti di loro possedevano un can- te da Hope, che qualche anno fa mi edizioni carbonare, con nomi alti- tautorato umile e agrodolce, sogna- sono imbattuto in El Naval, album sonanti del panorama sperimenta- te e melanconico? Di dischi così ne di questa misteriosissima band spa- le internazionale. Cosmic Debris li usciranno almeno una decina al gnola, chiamata Mus. Sono in due, vedrà collaborare, come ci avevano mese e la Morr, che ne ha fatto un Mónica Vacas e Fran Gayo, hanno anticipato qualche mese fa Pier- format, c’ha messo pure una bella una conoscenza precisa del canone paolo Marchio e Pasquale Lomolino lastra sopra. Eppure Num 9 è spe- più etereo del folk, un’ottima padro- in sede di intervista, con Text Of ciale, aprticolare di cui ci si accor- nanza strumentale, delle melodie Light, Steve Roden, Keiji Haino, ge subito. Lui è Emak Bakia, l’ex- deliziosamente lineari eppure stu- Mats Gustafsson, Loren Connors. chitarrista dei disciolti Migala (che, diate nei minimi particolari, una par- Inutile sottolineare come l’opera- ricordiamolo, hanno fatto la storia te lirica di assoluto rispetto e la pe- zione acquista senso soprattutto del folk indipendente spagnolo nien- culiarità di cantare in asturiano, una se concepita come un esperimento temeno) messosi in proprio. The versione antica dello spagnolo, che – l’ennesimo – di arte totale; che la Glow Worm’s Resistance l’album è un po’ come se da noi qualcuno musica sia dunque da considerare uscito dopo un anno abbondante cantasse con la lingua del Manzoni. solo uno degli aspetti di quella Ge- tra scrittura e arrangiamento. Insomma, hanno tutte le cose al po- samtkunstwerk alla cui concretizza- Pubblicato per Acuarela lo scorso sto giusto, ma gli manca quel mini- zione i My Cat Is An Alien lavorano dicembre (del 2006) e ora dispo- mo di carisma che li può traghettare con fervore ormai da anni. E che nibile in Italia via Audioglobe (da fuori dal genere che si sono scelti. il consiglio, dunque, è di assicu- poco distributrice dei dischi della Disco dopo disco però, i due dimo- rarsi una delle cento copie, se non strano anche di non volersi dedicare di questo, sicuramente esaurito, ad altro che alla propria musica e il almeno degli altri volumi della se- nuovo La Vida, complice un piglio rie originariamente licenziati dalla più solare, rischia di dargli, volente Opax Records dei fratelli Opalio. o nolente, quel briciolo di attenzio- Ma qui, nella fedele riedizione del- ne in più che gli è mancato fino ad la A Silent Place, resta la musica, ora. Il lavoro è di quelli impeccabi- e si tratta una volta ancora di un li e che non fanno una grinza che gran sentire. Text Of Light è il su- sia una. Folk etereo e trasognato pergruppo composto da Lee Ranal- che ultimamente non si ascolta più do, Alan Licht, Ulrich Krieger, DJ nemmeno dai Mojave 3. Non ci sono Olive e Tim Barnes che nella lunga pezzi di prima scelta, perché tutto il traccia registrata dal vivo presso il disco va preso come un unico tor- Centro George Pompidou il 31 mar-

  s e n t i r e a s c o l t a r e turn it on

Skeletons And The Kings Of All Cities - Lucas (Ghostly International / Audioglobe, 8 maggio 2007) Genere: tropical/psych Fermi tutti. L’armata Matt Mehlan ha fatto una cosa grossa, ancor più del già notevole e notevolmente sconcertante Git (Ghostly International, 2005). Ci sono cambi in formazione, ma del resto in un combo di oltre quindici elementi credo sia la regola, come minimo. Anche la ragione so- ciale è sensibilmente modificata, accantonati i “ragazzi con la faccia da ragazza” in favore dei “re di tutte le città”, e scusate se è poco. Ma quel che succede in queste nove tracce è provocato, credo, da un netto salto di qualità progettuale, che per un tipo come Mehlan significa organizzare deliri & visioni in un crogiolo acido e ondivago, allucinato e allusivo, stor- dente e grottesco. Un incrocio di coordinate instabili dove s’incontrano/scontrano le elucu- brazioni post-folk dei Gastr Del Sol, la freakeria tribalista degli , il guazzabuglio etnofuturista di Byrne/Eno, la fusion algebrica dei Tortoise e l’euforia electro percussiva di Manitoba. Trame radioattive su cui si adagia il canto di Matt, contagiato tanto dai languori esotici Matt Ward quanto dal bucolico abbandono Tim Delaughter. Quel che ne risulta è un’ipotesi psych per l’oggidì, ma non le solite cose che citando si disin- nescano, carinerie sfrigolanti senza troppi sbocchi nel reale e chi s’è visto s’è visto. No, qui l’affare è davvero straniante, annidato nel cuore stesso dell’incubo moderno, che osserva a partire dalla piccola città del Kansas - microcosmo metonimico di una quotidianità splendidamente disumanizzante - cui s’ispira. E perciò alletta e atterrisce, come un delirio a bruciapelo. Così vicino che quasi non lo vedi. (7.5/10) Stefano Solventi

s e n t i r e a s c o l t a r e 6 7 preziosa etichetta madrilena), il di- sconosciuto) o italiani (Morrico- SST di cui mi infatuai leggendo una sco nasce e si consuma nel segno ne, Trovaioli o Umiliani) ha con- sensazionale recensione del buon del cuore e dei tumulti dell’anima. tribuito al rinnovamento dell’easy vecchio Claudio Sorge e che passai È indiepop a tratti dance, ultratech listening che sconfina sempre di anni a cercare, scoprendo poi che e ricco di sfumature al laptop, ma più nell’electro (vedi l’imponente in Europa era uscito per la Crippled a marchiarlo a fuoco è una voce. lavoro della Irma e dei suoi alfieri Dick, etichetta tedesca specializ- Prendete Perfect in apertura, la ca- Montefiori Cocktail). zata in soundtrack di Jess Franco ratteristica dream song del nostro: Ok quindi all’ennesima operazione e vecchi groove soft porno. Culto un battito biologico-sintetico scan- di ripescaggio; per iniziare, il di- raddoppiato all’istante. Se si con- disce il tempo, una chitarra newor- sco va più che bene (notevoli gli tano anche i leggendari live, con deriana inizia ad accarezzarlo, poi inserimenti di Rota, Barbieri, il Robinson a sbavare nudo sul mi- Bakia intona le strofe in un misto di superblues di Colombier, la ballad crofono in una simil versione ne- coolness e slaking, Ronald Lippok di Sarde e l’epos di Vangelis): in- gra di Henry Rollins, le collabora- e Lou Reed. Il feeling è immedia- somma, uno starter per i neofiti o zioni sparse con femmine folli del to e proprio grazie al taglio della una riconferma per pigri aficiona- rock come Lydia Lunch, Marianne voce, e ai testi che pure meritano dos. Una compilation iperromanti- Faithfull e Jarboe e l’appellativo, una scorsa, c’è sempre una ten- ca a tratti un po’ leziosa. Un lato dimostrato coi fatti, di veri eredi sione papabile nelle canzoni, tra dell’easy listening un po’ troppo or- dei Pere Ubu penso che si capi- amarezza e invettiva politica nel todosso, che andrebbe rimescolato sca che gli Oxbow sono materiale singolo A Giant Step (occhio al vi- anche con qualche traccia più mo- pregiato, ancorché pericoloso da deo su YouTube, idea semplicissi- vimentata. Il prossimo disco della maneggiare. The Narcotic Story ma ma efficace), oppure attraverso Nouvelle Vague sarà sicuramente ce li riconsegna dopo una bella la critica sociale di Poema De La una raccolta di ballad. Nu-roman- pausa di quattro anni dall’ultimo Resistencia. tic: ecco la vostra compilation per vero album in studio e alla vigi- Num 9 pare un Casiotone più ro- l’estate sul Pont-Neuf. Per tutti gli lia, tra l’altro, della pubblicazione mantico nei toni ma più tagliente altri: un po’ troppo “Tempo delle del primo libro scritto da Robinson nei testi (Foreign City), un aspetto mele”. (6.0/10) che reca lo splendido titolo: Fight: che contrasta e assieme bilancia Marco Braggion or, Everything You Ever Wanted to l’incastro elettro acustico, s’inse- Know About Ass-Kicking but Were risce amabilmente nei territori più Afraid You’d Get Your Ass Kicked houseggianti (The Dream) e non for Asking. The Narcotic Story è dimentica il sapore ispanico (sotto- un disco molto meno ass-kicking di forma di field recordings e chitarra quello che ci si potrebbe aspetta- spagnola). Prendete poi un piccolo re da loro. C’è persino un intro e classico à la New Order ibizenchi vengono utilizzati anche un’abbon- come The Wait (hammond, cassa danza di archi per ricamare arie da dritta e effetti), oppure una chicca melodramma. L’intento che c’è die- epoca Technique firmata A Foreign tro è quello di allestire una colon- City e lo spessore cresce ancora. na sonora e di disegnare un album Saranno 37 minuti, ma ne valgono sinistro e quieto, ma non meno tor- tutti la pena. (7.0/10) mentato dei precedenti. C’è molto Edoardo Bridda meno hardcore, meno furia e tutto è inscatolato con maggior cura. Non Nouvelle Vague – Coming Home può certo dirsi tra i loro lavori mi- (Stereo Deluxe / Audioglobe, 10 gliori, non perché meno rabbioso, m a g g i o 2 0 0 7 ) Oxbow – The Narcotic Story ma perché sostanzialmente irrisol- G e n e r e : s o u n d t r a c k (HydraHead / Goodfellas, 5 to. Un disco che non sa abbando- c o m p i l a t i o n g i u g n o 2 0 0 7 ) nare la strada vecchia per la nuo- Si capisce sempre di più da dove Genere: blues hardcore va. Ma il blues, quello si. Quello arrivi il bagaglio dei francesi Nou- L’uomo nero del voodoo è tornato. che c’è sempre. Quello ce lo mette velle Vague: la selecta compilata da Si chiama Eugene Robinson, è il Robinson con la sua voce. Sia che Marc Collin ha infatti al suo interno frontman dei qui presenti Oxbow ed sbraiti animalesco sulle distorsioni i suoni tipici delle colonne sonore è il tipico mandingo alto due me- albiniane o che invochi “Oh! Jesus” anni ‘60/’70 tanto care alla scuola tri e ricoperto di tatuaggi, che non su un quartetto d’archi come nel- post-Air che ha definito una nuo- vorresti mai vedere alle tue spalle l’intro di Down A Stair Backward. va onda (appunto) nelle abitudini in qualche vicolo. Gli Oxbow sono Eugene Robinson non si smentisce indie degli ultimi tempi. Il continuo anni che ci deliziano con dischi mai. Eugene Robinson camminerà riferimento alla miglior tradizione storti e micidiali. Io personalmen- tra noi anche dopo essere morto. melodica di arrangiatori francesi te ho un rapporto di autentico cul- (6.8/10) (Gainsbourg tanto per citare uno to per Serenade In Red, disco su Antonello Comunale

6 8 s e n t i r e a s c o l t a r e so. Benissimo anche Sassi, con split su Rock Action, Monitor, Noi- la trepidazione sospesa piano- sestar ecc.. contrabbasso-batteria e gli spraz- Un concentrato di noise-rock pa- zi drammatici della tromba. Meno chidermico e torrenziale, fatto bene la resa di due standard come principalmente di chitarre sature e Time After Time e I Fall In Love Too ritmiche forsennate in cui accen- Easily, ingolfate sull’inglese im- ni di Motorpsycho degli esordi, probabile di Paoli - che canta già Lightning Bolt e Sonic Youth si stopposo di suo - e parzialmente mescolano ad una buona dose di salvate da un Rea in gran spolvero. paranoia urbana. Discorso a parte Discreta invece la versione di Star- merita un pezzo come And Hell Is dust, con l’ospitata del senatore Behind Me che sin dal titolo fa capi- dei pianisti Renato Sellani, latore re che un demonio ce l’hanno e non della consueta, flemmatica elegan- lo nascondono affatto. Dieci minuti Paoli, Rava, Rea, Gatto, Boltro, za. Chiude in bellezza Senza fine, di ossessività reiterata che sembra Bonaccorso - Milestones / Un abbandono fervido che lungo la gli Orbital sotto acidi pesanti alle incontro in jazz (Blue Note, 28 strada si frastaglia hard-bop in sel- prese con chitarre e ampli invece di maggio 2007) la all’interplay teso, scattante. sequencers e elettroniche varie. Un Genere: jazz Un disco buono ma non buonissi- deliquio umorale tra detriti di noise Questo Milestones arriva come na- mo, che dovrebbe piacere soprat- rock ambientale, frippertronie va- turale conseguenza di una stagione tutto a chi di jazz è piuttosto a di- rie e (molto) eventuali, brusii e una favorevole per il jazz italiano. Di giuno. Passi se il motivo principale catarsi che stenta a raggiungersi cui potrebbe diventare davvero una per cui sarà venduto e apprezzato lasciando l’ascoltatore in balia del- “pietra miliare”, almeno dal punto è proprio quello - la presenza di le onde sinusoidali. Il vero eco di di vista dello sfondamento commer- Paoli - per cui non riesce ad essere bombe atomiche in caduta libera. ciale. La band è di grido, un vero qualcosa di più e meglio. (6.2/10) Una ottima compilation per aficio- supergruppo organizzato da Enri- nados e completasti; per gli al- co Rava, decano dei trombettisti Stefano Solventi tri il consiglio è quello di cercare nostrani, che ha voluto accanto a gli album ufficiali Chart Pimp e I sé l’ottimo Danilo Rea (pianofor- Part Chimp – Cup (Monitor / Am Come, entrambi su Monitor. te), una sezione ritmica rodata e Wide, 24 aprile 2007) (6.7/10) affiatata come Rosario Bonaccor- Genere: noise-rock so (contrabbasso) e Roberto Gatto Comincia con quello che sembra Stefano Pifferi (batteria), più il virtuoso trombet- essere a tutti gli effetti una outtake tista Flavio Boltro in tre pezzi. Un dai migliori Sonic Youth d’annata, Pieta Brown – Remember contorno lussureggiante per il piat- questo nuovo parto degli inglesi The Sun (One Little Indian / to forte rappresentato da Gino Pao- Part Chimp. Inglesi di passapor- Goodfellas, giugno 2007) li, autorevole anello di congiunzio- to a dir la verità, poiché tutto, ma G e n e r e : a m e r i c a n a , ne col bel mondo del pop d’autore. proprio tutto sembra rimandare al country, rock folk Il disco è stato inciso in occasio- di là dell’oceano: strutture, volumi, Siamo dalle parti dell’Americana ne dei due concerti tenuti a Sore- atteggiamento. Mathcore graniti- mischiata al folk-rock più easy, per sina lo scorso marzo, quindi gode co, grumi di chitarre in distorsione, un’altra autrice chitarrista di belle di una fragranza elargita con bella amplificatori che friggono come fa- speranze arrivata ormai al quarto disinvoltura dai consumati inter- rebbero quelli dei Melvins se suo- disco, il secondo sull’inglese One preti. Anche troppo, verrebbe da nassero hardcore… E il bello è che Little Indian. Figlia d’arte (il Bob dire. Nel senso che il repertorio del i tre non si fermano mai. Non rifia- Brown songwriter country-rock cantautore genovese è affrontato tano, non riflettono, non ci pensano americano il padre), accompagnata con una certa deferenza, spesso affatto. Tirano dritto sempre e co- dal fido Bo Ramsey alla produzione l’arrangiamento jazz diventa un’ap- munque. Suonano straight in your (alla chitarra per Lucinda Williams parecchiatura garbata e poco più, face senza remore, come dei folli tra gli altri) sforna un altro album soprattutto nei casi melodicamente lanciati a velocità massima dentro di ballad con umori che variano più “ingombranti”. Vedi i casi di Una una galleria del vento. dal country più tradizionale (In My lunga storia d’amore e di Vivere an- A dirla tutta Cup non è il loro nuovo Mind I Was Talking To Loretta), al cora, oppure – soprattutto – la cau- album, ma è come se lo fosse, dato simil-Cash virato Wiliams (Sonic ta rilettura de Il cielo in una stanza, che è una compilation per il mer- Boom) alla languida ballata (Are rumba placida screziata appena da cato americano che mette un po’ You Free?) cantata con la voce in- un’inquietudine piano/tromba. d’ordine in una discografia spesso dolente e trascinata che si ritrova. Va meglio con una umoristica La in formati minori. Oltre all’intero Richiamando senza esserne all’al- gatta, dove Gatto (!) stempera nuovo singolo New Cross, si ritro- tezza un bel po’ di nomi illustri del swing e freevolezze bossa nella vano b-sides, rarità e versioni al- passato e del presente più recen- schermaglia ritmica col Bonaccor- ternative uscite nei vari singoli e te. La scrittura non memorabile e

s e n t i r e a s c o l t a r e 6 9 l’uniformità del materiale presenta- bile Horizon). timori reverenziali e dimostrando to non giocano quindi a favore del Ma le cose migliori vengono quando una buona originalità di scrittura. disco. La Brown d’altra parte non Riparbelli ha il coraggio di ascolta- Quella che emerge dal temporeg- ha una personalità decisa, anche re fino in fondo il richiamo, sempre giare venato di aromi d’oriente di vocale, che supplisca alle citate ca- pulsante sottopelle, del rumore: Walkie-Talkie, dai vibranti slanci renze. Un album di cui non ci spie- allora le onde urticanti di glitches vocali di Gash Discipline o maga- ghiamo proprio la ragion d’essere in movimento divengono la mate- ri da Question:, così vicina a certe in un contesto indie. (5.0/10) ria prima di un noise digitale che si cose del Thom York pensiero di fine Teresa Greco direbbe provenire da quell’Oriente millennio (pensiamo a Kid A e in che ci ha abituati a simili arditezze particolare a Everything In Its Right (To Seek, I Will Arrive, l’esplicita Place). Un impeto melodrammatico Noise). Grazie anche alle collabo- che nonostante le febbrili progres- razioni di Gianluca Becuzzi (qui sioni alla base del suono, trova il coinvolto nel remix di To Seek e nel tempo di stemperare la tensione in recitativo di alcuni brani), Echran percorsi musicali più defilati (Prin- (suo il remix Anodine) e Kenji Sira- ce Astronaut) senza per questo ri- tori, To Seek aiuta a stabilire con nunciare al trasporto. (7.1/10) precisione quali siano le coordinate Fabrizio Zampighi entro cui collocare l’ennesimo astro nascente - ma la produzione del- l’artista è già sterminata, tra com- pilation e CD-R - all’interno della sempre più intricata scena elettro- nica nostrana. Vietato non prender- ne nota. (7.3/10) Vincenzo Santarcangelo Pietro Riparbelli – To Seek (Radical Matters Editions, Planet Brain – Compromises & a p r i l e 2 0 0 7 ) Carnivals (Function Records / Genere: elettronica, digital G o o d f e l l a s , 2 0 0 7 ) n o i s e Genere: rock Pur contenendo tracce provenienti Con solo due autoproduzioni alle da diverse sessioni di registrazio- spalle i Planet Brain mollano l’Ita- ne, remix, ed esibizioni dal vivo, lia per approdare in terra di Albione il CD-R di Pietro Riparbelli che la alla corte della Function Records. Polvere – Self Titled 10” Radical Matters Editions di Livor- Una possibilità, quella di uscire per (Wallace / Audioglobe, maggio no presenta in un’elegante con- una label d’oltremanica concessa a 2 0 0 7 ) fezione rigorosamente handmade pochi e che da sola dovrebbe ba- Genere: elettroacustica - la tiratura è disgraziatamente li- stare a far per lo meno sospettare È l’ideale appendice all’omonimo mitata a sole 50 copie -, ha tutte che in questo caso, i numeri, ci sia- album di qualche tempo fa (Polve- le sembianze di un lavoro coeso, no davvero tutti. re, Wallace 2006) questo vinile 10” organico e corposo, in grado di in- Supposizione confermata dai dieci che vede la luce da una collabora- trodurre compiutamente all’interno movimenti di Compromises & Car- zione tra la nostra Wallace, la ceca di un universo sonoro che rischia, nivals, che a volerli sintetizzare a Minority e la giapponese TownTone. in maniera del tutto immeritata, di grandi linee senza temere scomu- Collaborazione che testimonia, se rimanere inesplorato. niche per aver bestemmiato, li si ce ne fosse ancora bisogno, il valo- E’ un universo che pare talvolta do- potrebbe avvicinare al pop lirico re del duo Coletti/Iriondo e la clas- mandare esplicitamente di rimanere e sferzante di artisti del calibro di sicità di un suono che disco dopo inesplorato, quello di Pietro Ripar- Radiohead – quelli di The Bends - disco conferma di non conoscere belli, paesaggio austero e desolato e Muse: musica dagli arrangiamen- confini né musicali, né geografici. di suoni elettronici rarefatti, un bas- ti corposi e dalle grandi aspirazioni Le coordinate sonore sono quelle so profondo a trivellare superfici insomma, combattuta tra crescendo già note: una elettroacustica emo- increspate di microsuoni, il sismo- e batterie arrembanti, impennate zionale, ondivaga e fluttuante che i grafo a fatica traccia l’andirivieni di vocali e falsetti, intense cavalcate due per l’occasione impreziosisco- scosse imprevedibili (Unexpected); soniche e malinconie. Marcello Ba- no di accenti japan grazie all’inclu- conversazioni che si scoprono pre- telli, Nicola Zangrando e Claudio sione di frammenti sonori da vecchi sto ostinati monologhi (Digital Cur- Larese Casanova non fanno nul- dischi giapponesi. Un saluto al Sol se, con il recitato di Kenji Siratori); la per nascondere le origini nobili Levante che così bene ha accolto i stralci di frequenze captate chissà del suono, appropriandosi anzi dei due durante l’ultimo tour? O l’enne- come da radio inascoltate (A Possi- canoni estetici di riferimento senza sima dimostrazione di una apertura

7 0 s e n t i r e a s c o l t a r e turn it on

Tomahawk – Anonymous (Ipecac / Goodfellas, aprile 2007) Chi, dopo i primi due album dell’ennesimo side-project di Mike Patton, si era sentito in dovere di esprimere pareri più o meno definitivi circa lo stile della band, considerata da molti la più “accessibile” della miriade di gruppi messi in piedi dal cantante americano tra gli anni ‘90 e il nuovo mil- lennio, dovrà ricredersi. Se fino a Mit Gas i riferimenti ai Faith No More sembravano segnare in maniera indelebile anche il futuro prossimo dei Tomahawk, rendendola una creatura in tutto e per tutto pattoniana, questo Anonymous conferma esattamente il contrario, cogliendo perfettamente nel segno in quanto a effetti spiazzanti. La band, a quattro anni dall’ultima fatica in studio, riparte dall’origine del proprio nome (il tomahawk era l’ascia da guerra dei Nativi americani), allontanandosi dal rock per indagare e reinterpretare la cultura musicale delle popolazioni che ancora vivono nelle riserve. Un’operazione non nuo- va negli Stati Uniti, da più di un secolo schiacciati da un oberante peso sulla coscienza, sporcata da uno stermi- nio troppo spesso taciuto, ma paragonabile all’olocausto in quanto a ferocia e crudeltà. Un’espiazione che si è spesso manifestata con sterili revival folklorici, pessima imitazione di una cultura musicale tanto impenetrabile quanto affascinante. Un’operazione, questa, dalla quale Patton e compagni hanno cercato di svincolarsi senza lasciare ombra di dubbio. Anzi, in realtà sarebbe meglio dire Denison e compagni, visto che si tratta soprattutto di un album dell’ex chitarrista dei Jesus Lizard che, dopo essersi studiato per bene un libro di trascrizioni di canzoni indiane risalente all’epoca roosveltiana, ha provato a trasformare queste musiche a modo suo. Al di là di disquisizioni sul valore etnomusicologico di quest’album, l’obiettivo di partenza rimane ottima: dare vita ad una sorta di native american-rock, prendendo come spunto i testi originali e ricostruendo le musiche dei Nativi con chitarre elettriche e batteria evitando di ricadere nella banalità degli stereotipi. Missione compiuta! Il sound rimane perfettamente in linea con lo stile del gruppo e le composizioni risultano originali e molto interes- santi, anche se poco “accessibili” ad un primo ascolto. Ritmi tribali, chitarre saltellanti, un Patton perfettamente a proprio agio nei vocalizzi delle caratteristiche sillabe nonsense dei canti “indiani”, sempre alla ricerca di una voce plastica e trasformista, fanno pensare poco ai Tomahawk, pur mantenendo ben in vista la firma degli au- tori. In alcuni episodi, lo stile minimalista e semi-serio dei Battles prevale (Ghost Dance; Red Fox), in altri è l’inconfondibile vena rockettara di patton a imporsi (Omaha Dance; Sun Dance), ma più spesso i due elementi si fondono dando vita ai momenti più completi e originali dell’album, dall’incantevole e schizofrenica ninnananna di Cradle Song, al bellicoso incedere di War Song, dall’etno-progressive di Song Of Victory al rock tribale di Mescal Rite 1. Al primo ascolto verrebbe da storcere il naso, ma si fa presto a cambiare idea rispetto a un album che, a paragone con i suoi predecessori, si esprime in maniera ottimale nelle rifiniture, nella ricerca di un sound nuovo e antico allo stesso tempo e nel fascino dell’interpretazione, che permette di far rinascere musiche perdute nel tempo, ogniqualvolta si voglia. O per lo meno, quando si abbiano le idee per farlo. A loro di certo non mancano affatto, anzi. (7.3/10) Daniele Follero

s e n t i r e a s c o l t a r e 7 1 mentale a nuovi suoni ed influenze? cori infiorettati...), ma stavolta la Quale che sia la ragione restano sei festa evita i prati abbacinati di sole brevi pezzi perfettamente bilancia- per rifugiarsi nel granaio dove qual- ti tra aperture acustiche (ukulele, cuno ha organizzato un party un po’ strumenti tradizionali giapponesi) più trasgressivo e turgido, in tuta e elettriche, tessiture ambientali e nera ipertech e sguardo insidioso. inserti elettronici, slanci evocativi e Dove puoi permetterti struggimen- reiterate distensioni da drone-mu- ti para-glam e fervori elettronici sic. L’unica pecca, e credo si sia (Overblow Your Nest), trasformismi già capito, è la troppo breve durata. vaudeville e trasfigurazioni dream- Venti minuti non possono saziarci. pop (la title track), oppure, perché (7.0/10) no?, impudenze pixiesiane blandite Stefano Pifferi da cori carezzevoli, archi svolaz- zanti e ottoni brumosi (Get Up And dalla frammentarietà dell’album: Go). Una scossa necessaria che tanti piccoli episodi che faticano a permette a questo sogno d’essere raggiungere il proprio scopo. Tutto sognato ancora una volta. (6.9/10) fin troppo statico e immobile an- Stefano Solventi che per avere pretese cinematiche e chill out. Veramente troppo poco Porn Sword Tobacco – New per esser definito album, per esser Exclusive Olympic Heights definito ambient. (4.8/10) (City Centre Offices / Wide, 12 Andrea Provinciali l u g l i o 2 0 0 7 ) Genere: ambient Lo svedese Henrik Jonsson è Portastatic – Be Still Please l’unico titolare dei Porn Sword To- (Acuarela / Audioglobe, maggio bacco. Progetto elettronico stru- 2 0 0 7 ) mentale nato nel 2004 che con Genere: indie pop Dietro la sigla Portastatic si na- New Exclusive Olympic Heights giunge alla sua terza fatica. In ve- sconde una vecchia conoscenza The Polyphonic Spree - The rità, però, dato che su quattordici della scena indie-rock americana, Fragile Army (TVT Records, 19 canzoni soltanto cinque possono quel Marc McCaughan che con i giugno 2007) definirsi tali, in quanto le restanti suoi Superchunk scrisse pagine Genere: pop/rock nove non raggiungono neanche i di buona musica nei primi anni No- Se amate la calligrafia sonica del- due minuti di durata, il termine “fa- vanta catalizzando l’attenzione su l’armata Delaughter - invero amabi- tica” risulta qui essere troppo abu- quella micro scena lo fi noise pop le - ma non siete disposti alla terza sato. Se a ciò si aggiunge anche di Chapel Hill, omaggiata anche full imersion bucolica/freak, eccovi che di quelle cinque tracce soltanto dai Sonic Youth all’interno del loro accontentati: il terzo capitolo della due possiedono una forma canzone album Dirty. Un’onesta carriera saga polifonica - che si avvale del- – pur sempre intesa nell’accezione che ha oramai abbondantemente la co-produzione eccellente di John di elettronica strumentale – vera e superato il quindicesimo complean- Congleton dei Paper Chase - è un propria (Giftwrap Yourself, Slowly no ma che continua a veleggiare su lavoro che sposa lo spiritual traso- e Pappa! Min Kärlek Är Gravid), lo discreti livelli come testimonia elo- gnato con le istanze del power pop sforzo compositivo risulta veramen- quentemente questo Be Still Plea- più frizzante, evoca l’antico sogno te impalpabile. I due episodi suc- se, decimo album in studio portato beatlesiano corroborandolo di ad- citati si muovono su un’elettronica a compimento come Portastatic. ditivo New Pornographers (Run- sulla scia dei Boards Of Canada. Inutile attendersi novità o cambia- ning Away), si concede cavalcate Il resto dell’album rimane sospeso menti di rotta epocali, McCaughan Springsteen ma come succedaneo in un’atmosfera eterea fatta di ru- e soci (tra gli ospiti anche Laura E Street Band ingaggia i Belle And mori, inserti sinfonici, note di pia- Cantrell ed Annie Hayden) fanno Sebastian (Younger Yesterday), no e rumori di fondo senza andare quello che sanno fare meglio (musi- spalanca il camicione per esibire mai in profondità. Certo l’intento di calmente parlando) vale a dire scri- una dolcezza squillante da La’s unire sonorità digitali a quelle più vere canzoni pop semplici e me- nel paese dei balocchi (We Crawl), classiche e naturali è evidente, ma lodiche, che guardano alla Scozia gongola e cazzeggia come una con- rispetto ai lavori precedenti quel- di Aberfeldy e Belle & Sebastian grega del dopolavoro che sogna di la malinconia di fondo, che fece di (Sweetness And Light) così come diventare la hippie-band dei sogni Porn Sword Tobacco uno dei proget- all’America cantautorale più classi- (Guaranteed Nightlite). ti più riusciti nel territorio ambient, ca (Getting Saved), si immergono Insomma, c’è tutto il campionario è qui molto più trattenuta, quasi se- in efficaci arrangiamenti orchestrali Spree (arpe, flauti, sbuffi luccicosi, gregata. Forse ciò è dovuto proprio (Sour Shores), salutano i compa-

7 2 s e n t i r e a s c o l t a r e gni di tour Camera Oscura (Song i proiettili escono dalle pistole al porsi e lo spirito genuino che fecero For A Clock) per poi calare il jolly e rallentatore. Non ci si meravigli grande il suono “indie” della provin- sbattere sul piatto una delle cover quindi se While My Guitar Violen- cia americana, che costituiscono la dell’anno, quella And I Was A Boy tly Bleeds è un titolo che non solo cifra artistica di Pollard, “amatore” From School direttamente dall’ulti- esplicita al meglio quanto appena e artigiano pop come pochi ne re- mo album degli Hot Chip. L’enne- detto, ma fa di questo disco il per- stano in circolazione. (6.6/10) simo, onesto, lavoro di un outsider fetto pendant della colonna sono- Giancarlo Turra della migliore stagione dell’indie ra di Dead Man suonata da Neil pop a stelle e strisce, prendere o Young. Stesse pulsioni introspet- lasciare. P.S. è già Be Still Please tive ma di segno diverso, immerse stato pubblicato nell’ottobre del come sono in una tradizione altra, 2006 dalla Merge per il solo merca- in cui l’occidente è miniaturizzato, to americano. Nella versione euro- Lilliput dall’altra parte del cannoc- pea data alle stampe dalla Acuarela chiale. Chitarrista ispirato, che compaiono tre bonus track tra cui la si spinge coraggiosamente verso cover degli Hot Chip. (6.5/10) tradizioni musicali così distanti da Stefano Renzi noi, Richard Bishop sembra sem- pre avere sulla punta delle dita la Sir Richard Bishop – While My risposta giusta e, dopo tanti dischi Guitar Violently Bleeds (Locust coi Sun City Girls, dopo un album / Wide, 19 giugno 2007) come Salvador Kali, non sembra Genere: folk psych dover dimostrare più niente a nes- Bisogna cominciare dalla fine di suno. While My Guitar Violently questo disco per capire quanto vale Sally Shapiro - Disco Romance Bleeds diventa, infine, un requiem come chitarrista Richard Bishop. (Diskokaine-Klein / Audioglobe, inaspettato per Charles Gocher, Perché senz’altro Mahavidya è una maggio 2007) batterista dei Sun City Girls morto delle “canzoni” più belle ascoltate Genere: Italo Disco proprio pochi mesi fa. (7.5/10) quest’anno, una bellezza profonda E fu così che anche la nuova sce- costruita intorno a un ritmo raga Roberto Canella na italo-disco trovò la sua musa: si che cresce, si allarga e si flette chiama Sally Shapiro, arriva dalla all’infinito senza spezzarsi mai. Il Robert Pollard – Silverfish Svezia ed in questo primo album fingerpicking nervoso e visionario Trivia (Prom Is Coming / licenziato a suo nome si “limita” diventa immediatamente la base su Goodfellas, 24 aprile 2007) a cantare e a prestare il suo vol- cui si sviluppa tutto il resto - varia- Genere: indie-low fi to disteso per copertine e foto pro- zioni e modulazioni, accelerazioni faccia della “musica giovane”. Non mozionali. Niente di più e niente di e sospensioni - lungo venticinque propone particolari rivoluzioni in meno di quello che facevano le ar- minuti che sembrano non finire mai, questa ventina di minuti, immagi- tiste coinvolte nella scena italo di- come certe cavalcate chitarristiche nando il solito (micro)universo in sco originale, ad iniziare dalla divi- di Roy Montgomery. Un discorso cui la “British Invasion” non è mai na Valerie Dore. A tirare le fila del che vale anche per Zurvan, fra le terminata e, al massimo, si è fusa progetto è, infatti, altro produttore cui movenze si fa largo una medi- con un po’ di new wave. La voce di indigeno, Johan Agebjorn, scal- tazione che, nonostante tutto, ha Pollard resta il medesimo, intrigan- trissimo appassionato di sonorità ben poco di misticheggiante e sa te frullato di Stipe e McCartney, electro pop che in Disco Roman- invece risalire continuamente sul- semmai è la penna a non sfoggiare ce è riuscito dove molti altri han- la superficie terrestre in un’atmo- lo smalto dell’epoca d’oro. Nondi- no miseramente fallito, ovvero nel sfera da western metafisico dove meno regala tuttora tenere per- ricreare con stupefacente perizia le come la fluida Circe Saw Boys quelle atmosfere, quel sound allora Club dai malinconici echi Big Star, così moderno ed inusuale ma trop- un’acustica Wickerman Smile e le po frettolosamente abbandonato bizzarre svolte “power” di Touched nella scatola dei ricordi, figlio degli To Be Sure. indecenti play back di Discoring Su tutto, anche sui siparietti d’archi come della Madonna “apparsa” ai posti in apertura e a fine program- frequentatori del Paradise Garage, ma, s’impone però il gioiellino Cats di Gazebo come dei Vanzina, de- Love A Parade, ambiziosa e azzec- gli Scotch e di Dj Television, delle cata mini suite che dai R.E.M. tra- spalline delle giacche da uomo e sparenti degli inizi approda a cupe degli spolverini. “nuove onde” attraversando i cieli Un tuffo indietro nel tempo e nel arancio dei Love. Si apprezza, nel- cuore di circa venticinque anni, un l’insieme, l’immutata gentilezza nel trash di allora che si è trasformato

s e n t i r e a s c o l t a r e 7 3 nella cosa più cool del momento, melodia sulle spalle. Complesse sette anni che non si faceva sentire canzoni d’amore che si possono ed articolate negli arrangiamenti con un nuovo album. Ma ora ecco- e si devono ballare, che gridano eppure fluide e compatte duran- li qui, con il quarto capitolo della I’ll Be By Your Side e Sleep In My te l’ascolto. È il caso dell’iniziale saga, che segue il micidiale 1000 Arms, che non chiedono niente ma Alone/Alive, una saltellante bal- Hurts del 2000. Una band come gli riescono a dare molto, anche più lata rock che si divincola tra in- Shellac va presa come un assioma di un sorriso, se girate per cin- tensi vocalizzi e chitarre un po’ immutabile e tutto sommato immar- que minuti cinque sul vostro letto- percosse con una vanga e un po’ cescibile. Il sound dei tre è il solito re, che possono farci innamorare. accarezzate con un fioretto. Si compatto e squadrato assalto maci- Tutto questo lo potete trovare nei prosegue con Head Moving, un ot- lento. Con loro sembra sempre che cinquanta minuti circa di Disco Ro- timo post punk rimodellato secon- ci siano degli ingranaggi da oliare, mance, il definitivo album della ri- do i dettami dell’indie moderno, e delle congiunture arrugginite da scossa italo-disco, dopo il quale ci con il fluido jazz (?) organistico di sostituire, delle chitarre usurate saranno soltanto delusioni. Affret- Geese. Praticamente, una raccol- da riparare. Il suono degli Shellac tatevi. (7.0/10) ta che fa dell’azzardo la propria è un hardcore cariato che graffia Stefano Renzi arma vincente. con lentezza e metodica insisten- E allora diciamolo, anche a co- za. Che questo valga un po’ come sto di sembrare banali, modaio- premessa al nuovo disco è inevi- Shapes And Sizes – Split li e intransigenti per stile e non tabile, perché Excellent Italian Lips, Winning Hips, A Shiner per personalità, che questo disco Greyhound non porta con sé nes- (Asthmatic Kitty / Audioglobe, è bello. Uno dei migliori, peraltro, sun cambio di rotta, nessuna novità 2 2 m a g g i o 2 0 0 7 ) fra quelli usciti finora. Non a caso saliente, niente che lasci pensare Genere: sperimentale, indie è di una band canadese, direbbe al fatto che in sette anni, di soli- Come descrivere il suono degli qualcuno. Stavolta non possiamo to, molte cose cambiano. La mag- Shapes And Sizes senza cadere dargli torto. (7.5/10) gior parte dei nuovi brani sono stati nel burrone delle frasi dalle pin- già ampiamente rodati dal vivo e si dariche banalità (“Un esempio Manfredi Lamartina sente. Sono in tre, ma l’affiatamen- psichedelico di rock sperimentale to è talmente alto che sembrano con schizofrenie sonore ad im- uno. Quello che però manca stavol- bastardire l’anima smaccatamen- ta è il piglio più isterico, il taglio più te pop del combo”… eh?)? Come efferato. Si propende per un sound parlare di un album senza dover maggiormente rilassato e non è un tentare agghiaccianti incroci ge- caso che se davvero qualcosa dif- netici (“Immaginate gli Xiu Xiu ferenzia questo disco, allora quel meno elettronici che invitano a qualcosa è il piglio recitativo di al- colazione i Deerhoof ed insieme ascoltano tra un pasticcino e l’al- cuni brani, si senta il talkink sin- ging quasi doo woop di Genuine Lu- tro l’ultimo disco dei Volcano”)? Come convincere chi legge della labelle. Si parte bene, attaccando bontà del progetto e contempo- con la declamante The End Of The raneamente evitare che diventi Radio, ma si affoga già dal secon- l’ennesimo manifesto dell’autismo do brano nella variante più morbida indie-massonico tipico dell’ascol- della tipica punk song albiniana. In tatore medio italiano (“Un album Shellac – Excellent Italian certi frangenti sembra di sentire gli vero, duro e intransigente, assolu- Greyhound (Touch & Go / Self, Helmet che a metà carriera si mise- tamente sconsigliato a chi ancora 8 g i u g n o 2 0 0 7 ) ro a sedere e i dischi sembravano si esalta con quei lagnosi fighetti Genere: post hardcore non avere distorsione, anche se ne dei Giardini Di Mirò”)? L’eccellente levriero italiano del ti- erano pieni. Insomma, conoscendo- Perché Split Lips, Winning Hips, tolo e della copertina pare appar- li, uno dagli Shellac non si aspetta A Shiner ha purtroppo tutte le tenga realmente al batterista, Todd certo una rivoluzione, ma che al- carte in regola per scalfire i cuori Trainer. L’artwork è opera di Jay meno il disco non suoni moscio e di tutti i partecipanti al concorso Ryan dei Dianogah e come per i privo di mordente, questo sì. Pro- “Indie Nerd 2007”. La nazionali- precedenti album, nella versione in babilmente, per uno come Albini, tà, innanzitutto. L’essere cana- vinile è stato incluso anche il cd, che è passato per le Songs About desi garantisce sempre recensio- per incentivare il consumo dello Fucking e le sfuriate dei Rapemen, ni entusiastiche e giganteschi storico formato. Il trio costituito da non ci può essere peggior insulto, passaparola tra i blogghettari di , Bob Weston e Todd ma questo sembrano gli Shellac nel tutto il mondo. E poi le canzoni. Trainer, in arte Shellac Of North 2007: mosci. Speriamo non sia ne- Sperimentali ma non masturbato- America, è insomma tornato per cessario una dose di viagra per far- rie. Dissonanti ma non cacofoni- snocciolare il solito baccanale di li rinvigorire ancora. (5.8/10) che, anzi con una robusta dose di misantropico post hardcore, dopo Antonello Comunale

7 4 s e n t i r e a s c o l t a r e maggiormente scenografiche e sini- stre. Quello dei Silvester Anfang è un doom folk rupestre, campagno- lo, paesano. La musica di questo collettivo è come il cinema di serie B, pur avendo dei meriti, può piace- re veramente solo agli appassionati del genere. (6.8/10) Antonello Comunale

Six Twilights – Six Twilights (Own Records / Wide, 29 giugno 2 0 0 7 ) Genere: ambient dream-pop sta dalle malinconiche note scatu- Silvester Anfang – Kosmies Six Twilights, ovvero un intimo pro- rite da chitarre acustiche e piano- Slachtafval (Aurora Borealis, 4 getto di Aaron Gerber, già alla gui- forti. Canzoni che prendono forma g i u g n o 2 0 0 7 ) da di A Weather, band di Portland. dal nulla e ci carezzano inavver- Silvester Anfang – Echte Six Twilights, ovvero una malinco- titamente, proprio come la neve, Vlaamse Geiten (Eclipse, nica fusione video-musicale priva- per l’appunto. Per una rilassante g i u g n o 2 0 0 7 ) ta. Ad accompagnare le dieci tracce e commovente settimana bianca in Genere: avant folk dell’album, infatti, anche un DVD piena estate. (6.7/10) atto a unire alla musica nostalgiche Arrivano dal Belgio, sono un collet- Andrea Provinciali tivo aperto che sta dietro ad un’eti- immagini suggestive. chetta chiamata “Funeral Folk” e Questa creatura prende così for- Smashing Pumpkins – Zeitgeist si autodefiniscono “Post-satanic ma tra bisbigli, parole sussurrate, (Reprise / Warner, 10 luglio krautfolk” e “Pagan Belgopsych”. profili accennati, strade piovose, 2 0 0 7 ) Di ironia ne hanno tanta, come si cartelli stradali, malinconici river- Genere: pomp (hard) rock capisce già dalla copertina del loro beri elettronici, chitarre accarezza- Zeitgeist è una parola che in tede- primo disco, dove in un paesag- te, ronzii e pupille sgranate. Dieci sco vuol dire “lo spirito del tempo”. gio rupestre i nostri a petto nudo frammenti fatti di sonno, di sogni, Ed uno come Corgan non poteva stanno intorno ad un agnello, cia- carezze e lacrime, ma soprattutto scegliere un titolo migliore per il scuno con in testa un cappuccio da fatti di neve. Niente più di questo suo grande ritorno. Sissignori. Gli Ku Klux Klan. I Silvester Anfang si soffice silenzioso elemento può Smashing Pumpkins di nuovo sul ripresentano ora con un uno due rappresentare meglio queste dieci luogo del delitto dopo sette lunghi di sicuro impatto per gli estimatori rilassanti serenate. È la neve che anni di silenzio, intervallati da liste del free folk dronico e kraut, in un sussurra silenzio, che evoca sicu- di proscrizione (l’ottimo Machina 2/ momento di fisiologica stanchezza ra tranquillità quando tutto invece del genere se si pensa ad esem- sembra perso irreversibilmente. The Friends And Enemies Of Mo- ), conversioni religiose pio all’ultimo inascoltabile lavoro Immaginate i Sigur Rós ancor più dern Music ( , il sottova- dei Sunburned. Il primo disco per eterei ed evanescenti che gelati Mary Star Of The Sea lutato disco degli Zwan) e fallimen- Aurora Borealis, intitolato Kosmies dall’altitudine si trasformano in sof- tari esordi solisti (l’ancora più sot- Slachtafval (che sta per kosmic fici fiocchi di neve e cadono legge- slaughterhouse sweepings/debris) ri accompagnati dalle dolci private tovalutato The Future Embrace). consta di due lunghissimi brani che sperimentazioni sonore di Fenne- Ma quale sarebbe lo spirito del impastano tutti i trend nerd attual- sz. Aggiungeteci anche i Múm, gli tempo per Corgan e i suoi pard mente più redditizi: free, doom, Hood e un pizzico di folk bucolico (l’immenso Chamberlin alla batteria drone, kraut, ritual, dark, weird, im- alla Will Oldham (Tonight I’m Let- e i due nuovi manichini al basso e pro ecc.ecc.. I paragoni vanno fatti ting You Drive) e avrete un quadro alla chitarra)? Tornare musicalmen- direttamente con la tradizione kraut approssimativo di ciò che le vostre te indietro di trent’anni ed evocare e con certe derive finniche, Avarus orecchie e i vostri occhi si appre- con un’ossessiva macumba l’orrido su tutti, in altre parole, lunghissime steranno ad assaggiare. macho-metal dei Thin Lizzy? Per- jam session da strafatti con orgia- La forma canzone è lontana anni ché questo è Tarantula, non a caso stiche e iper drogate code da sabba luce da questi dieci episodi. Non il primo singolo estratto dall’album: pagano. Allo stesso livello il disco c’è logica alcuna se non quella una canzone che fa piazza pulita su Eclipse. Qui ci sono quattro bra- nostalgica e impalpabile dei senti- di ciò che veramente erano i Pum- ni, registrati in presa ovviamente menti. Sentimenti che ispirano voci pkins – magia, sfida, emozione – in diretta, che coprono tutto l’arco femminili e maschili a sussurrare favore di tutto ciò non erano i Pum- delle proposte di genere, dalla jam dolcemente sopra tappeti elettro- pkins – mestiere, banalità, urgenza improvvisata, dinoccolata, disso- nicamente nostalgici, sui quali si di pagare le bollette a fine mese. nante e destabilizzante alle code adagia quella bianca quiete compo- D’altronde, la notizia che dell’orbi-

s e n t i r e a s c o l t a r e 7 5 Country (“Who needs this anymore, Trovesi) e un disco in trio (Trink- come on make it sold, when they le Trio, Auand 2003) dedicato alla build that cross of death, you won’t decostruzione e ricostruzione del build at all, it’s time to wake up”). verbo monkiano. Monk che aleg- Zeitgeist delude, quindi. Perché gia in filigrana nelle sette tracce ci mostra un Corgan che sceglie di questo Slow Food (sentitevi la la via più facile – alzare il volume sghemba pensosità di Linera) per degli amplificatori – per tornare a farsi evidente negli sbuffi sghembi far sentire la sua creatura predilet- e spasmodici di Paranatole. ta. E perché è un lavoro pensato Anche se, a dire il vero, la tensione per scatenare struggenti amarcord arguta di pezzi come l’iniziale Cles- tra gli ex adolescenti degli anni No- sidra, l’assorta scioltezza “latin tin- vanta, invece di ridisegnare i confi- ge” di Scappa o il fascino ombroso ni della musica moderna. Dispiace di Blue rimandano alle atmosfere ta corganiana non avrebbero fatto scrivere queste righe. Sul serio. Blue Note dei sessanta, a quel fa- parte né James né D’Arcy faceva Oltre ad essere suoi grandi fan, ci scinoso sperimentare tra il serioso pensare ad una riesumazione di un ricordavamo di Corgan per le sue e l’accattivante che suona ancora marchio – un brand, diremmo oggi mosse azzardate e allo stesso tem- oggi come un invito a sintonizzare i – che va forzatamente avanti a pre- po geniali. Come quando mandava pensieri verso frequenze più sottili. scindere dai nomi, dalla storia, da in stampa un memorabile doppio La chitarra vagamente Scofield di ciò che i Pumpkins stessi erano. album in un periodo che lo vede- Sorge ed il arguto e un Una pura operazione di marketing va ancora all’ombra di Cobain e di po’ saltimbanco di Tony Cattano che svela la voglia del re di Zucca- Vedder. Come quando pubblicava giocano a blandirsi ed inseguirsi nel landia di (ri)conquistare un posto al un disco electro-acustico che man- teatrino drammaturgico della quieta sole tra le più grandi celebrità rock dava in soffitta una formula sonora irrequietezza, vagolano tra vampe di sempre. E allora che importa se da dieci milioni di copie vendute. impro con la linea del traguardo per l’ennesima volta il nostro Billy Come quando incideva un onesto sempre al centro dell’obiettivo ed si fa accompagnare da una bassista e riuscito cd solista di shoegaze e il mood saldamente al guinzaglio. bellissima. E allora che importa se synth-pop, mentre il mondo conti- Alla fine il cerchio si chiude con per l’ennesima volta il nostro Billy nuava a chiedergli un’altra Bullet sapienza: la palpitante rilettura del si fa accompagnare da un chitarri- With Butterfly Wings. Prelude Op. 48 n. 2 di Scriabin può sta ininfluente e silenzioso. Corgan La sensazione è che il Nostro si liberare tutto il suadente abban- sceglie i nuovi compagni e li ma- sia alla fine arreso, venendo a patti dono di romanticismi mai davvero schera come i suoi vecchi amici, con la propria coscienza artistica e passati. Un piatto da assaporarsi sperando che la gente non si ac- con i propri principi. È tornato ad molte volte. Senza fretta. (7.1/10) corga del trucco e pensi di essere essere, insomma, un topo in gab- tornata a quel magico ’95, quando il Stefano Solventi bia. Ma non sembra esserci rabbia mondo era un vampiro, l’adolescen- in lui. Solo rassegnazione. (4.5/10) za bruciava nei nostri cuori e persi- Spoon – Ga Ga Ga Ga Ga (Merge- Manfredi Lamartina no Mtv si era finalmente inchinata ai Anti / Self, 6 luglio 2007) nostri eroi. Ma qui non c’è nulla di Genere: indie rock, pop tutto questo. C’è solo una band che Paolo Sorge & the Jazz Waiters Shins, Modest Mouse, Of Mon- alza il ritmo delle sue composizioni - Slow Food (Improvvisatore treal… sembra che i veterani del- ma senza la potenza e l’ispirazione Involontario / Wide, 23 maggio l’indie a stelle e strisce – quelli che che animavano i pezzi di Siame- 2 0 0 7 ) esordivano una decina d’anni fa in se Dream (Doomsday Clock è una Genere: jazz contesti di nicchia, per capirci - si specie di riedizione in economica di Un quartetto un po’ così, atipico siano tutti dati appuntamento que- Quiet). Una band che non trova di a prescindere, con quella chitarra meglio da fare che imitare i Queen elettrificata e il trombone a ricama- con Pomp And Circumstances (as- re sul tappeto ritmico di batteria e soli di Brian May inclusi). Una band contrabbasso. E bizzarro il giusto, che ama suonare canzoni da sta- giocoso con propaggini meditabon- dio (Starz) dimenticandosi che un de quando non insidiose, parente tempo componeva brani per parlare del Mirko Guerrini che mischia al singolo, prima ancora che alla devozione e dissacrazione, nostal- massa. Nel mezzo, la classica or- gia e avanscoperta. Paolo Sorge, il gia psichedelica targata Pumpkins chitarrista e mentore dell’operazio- di – un’essenziale ne, è un classe ‘68 con il palmares boccata di ossigeno e dilatazioni già nutrito di collaborazioni emi- strumentali – e le reminiscenze sin- nenti (da Paolo Fresu a Maurizio tetiche della piacevole For God And Giammarco passando per Gianluigi

7 6 s e n t i r e a s c o l t a r e st’anno per il tanto atteso “botto”, i quattro trovino paradossalmente c’entra assolutamente nulla con in U.S. e all’estero. Come la mettia- nel disco “sbagliato” un cavallo di l’album che l’ha ispirato. E allora mo allora con gli Spoon? 170.000 Troia per l’Europa. E, credetemi, ben vengano. C’è da fidarsi degli pezzi venduti del precedente Gim- non sarebbe affatto un peccato, ché amici evidentemente… (6.7/10) me Fiction, canzoni su The O.C. e gli Spoon sono una bomba ad oro- Alessandro Grassi Veronica Mars, ruolo da star nella logeria pronta a scoppiarti in faccia soundtrack di Stranger Than Fic- quando meno te l’aspetti. (7.0/10) tion, apparizioni nei maggiori talk Antonio Puglia show nazionali, fan vip come Ste- phen King… ce n’è abbastanza per Stars – Do You Trust Your fare della band di Austin un caso Friends? (Arts & Crafts / para-mainstream (à la Bright Eyes, Audioglobe, 22 maggio 2007) ecco). Il problema è che la cosa Genere: indie-pop non riesce ad andare oltre Liberty Lo dico subito. Non mi piacciono i Island; a parte gli entusiasti segua- remix, non ne capisco l’utilità e in ci della scena intorno alla Merge e questo caso addirittura si ripercorre qualche addetto ai lavori, aldiquà un disco in particolare (Set Your- dell’Atlantico Britt Daniel e i suoi self On Fire del 2005) con tutto un non hanno ancora guadagnato lo corollario di versioni alternative… status di semi-intoccabili di cui go- Esistono comunque le eccezioni. dono all’interno dei confini patrii. Sì perché questo disco sembra un Chissà se , sesto Ga Ga Ga Ga Ga disco a sé per tre quarti. Un buon Stereo Total - Paris Berlin album in 12 anni (tutti spesi in una disco indie-pop senza fronzoli, con (Disko B / Audioglobe, giugno corsa in avanti, un excursus degno qualche momento inebriante, altri 2 0 0 7 ) delle migliori favole indie), riuscirà passeggeri e poco intriganti e altri Genere: kitch mittel nell’ardua impresa di conquistare ancora freschi, pieni di idee, friz- a g e p u n k p o p definitivamente il vecchio continen- zanti.C’è pure tutta l’intellighen- Quel che fanno sono più bravi di te. Il dubbio è legittimo, perché se zia del Canada indie che conta, e noi a dirlo. Paris-Berlin è un ritor- messo accanto all’aureo predeces- questo è pure un buon segnale. E no al lo-fi tra rock’n’roll e chanson sore, non ha la stessa tensione, allora via con una One More Night e rispetto ai due dischi che l’hanno profondità e autorità, né vanta un rifatta dai sottovalutati Apostle Of preceduto è diretto, wave e poco totale inno jangle-pop come Sister Hustle (il progetto pseudo solista sintetico-disco. Loro sono nudi in Jack. Ha però una traccia ipnotica del chitarrista principale dei Bro- copertina e noi si trema a metterlo come The Ghost Of You Lingers ken Social Scene Andrew White- nel lettore, perché dopo la sbron- (spettrali accordi di piano in “stac- man) con la salsedine pop fra le za stereototale della compila Party cato” à la John Cale, più tre linee dita che maneggiano il basso e il Anticonformiste uscita quest’anno vocali sovrapposte); ha Don’t Make synth, un’ariosa e leggermente è difficile pensare a un nuovo di- Me A Target, che prova a riprende- shoegaze He Lied About Death pro- sco pieno d’irresistibili mittel-hit, re da dove le tensioni The Beast posta da quel gioiellino indie rock soprattutto quando il duo minaccia The Dragon Adore e My Mathema- che sono i Metric, una catartica di tornare alle origini con registra- tical Mind avevano lasciato; ha due e soleggiata Soft Revolution che zioni a quattro piste appena spor- gemme pop-soul Beatle-spectoria- nelle mani degli Stills diventa una cate da cheap synth sbarazzini. E ne del calibro di You Got Yr Cherry splendida cavalcata rock deserti- le operazioni bring it back, si sa, Bomb e Finer Feelings, che ci ri- ca e una Ageless Beauty che nelle sono così, un gruppo arriva a un cordano quanto a Daniel e alla sua corde dei Most Serene Republic si punto dove proseguire per la strada ugola lennoniana piacciano le arie trasforma in una perla di svagato della sofisticazione (Do The Bam- sixties; ha una chiusura epico-ci- accenno bluegrass mantenendo il bi) è controproducente e allontana nematica come Black Like Me, con cantato originale… L’apice del di- dal format prediletto. Così il ritorno il suo doveroso sfoggio di stoffa. sco è però toccato già nell’incipit alle origini porta a pericolosi con- Il resto va bene per un dischetto dei Final Fantasy, che fanno di- fronti con le origini stesse. Di fatti essenziale e ruffiano quanto ba- ventare Your Ex-Lover Is Dead un è andata proprio maluccio, la nuova sta (il funk à la Cake di Eddie’s bijou malinconico e pianistico come tracklist è auto-revivalista e priva Ragga, l’apoteosi fiatistica di The lo penserebbe un Yann Tiersen o di classici istant pop. I begli scambi Underdog, le consuetudini Pixies un Max Richter. Il resto vive fra linguistici tra Göring e Cactus sono opportunamente ritmate di Don’t il medio ed il passabile ma non si praticamente scomparsi per rincor- You Evah), giusto all’altezza degli conta neanche un capitombolo im- rere il mito delle veloci pillole elet- standard indie pop rock d’oggidì, barazzante, il che è ovviamente un tro-pop-punk e qualche ballatina ma - parrebbe quasi - senza sforzi miracolo in operazioni del genere. semiseria delle loro. E c’è poco da eccessivi. Potrebbe però accadere Rimane una compilazione gustosa, fare: Lolita Fantome, una canzon- che, con i tempi strani che corrono, che sa di album nuovo poiché non cina che solitamente la Cactus non

s e n t i r e a s c o l t a r e 7 7 sbaglia mai è da sbadiglio a mitra- to fino, che ha sempre fatto della glietta, l’altrettanto tipico anthem giustapposizione di elementi etero- femminista Patty Hearst à la Clash genei la matrice primaria delle sue fa nostalgia e non comunica la scan- idee. Ora con questo terzo disco si zonatezza da rossettosbavato che supera, andando a miscelare nel dovrebbe dare. Il resto è un boo- calderone elettronico anche fram- merang: il punk pop (+ cheap elctro menti sparsi di passate composi- spazialoide) Kusse Aus Der Holle zioni, ottenendo come risultato un Der Musik è automatico ma non super crossover elettro dance, che come il pop che genialmente caval- sporca ora di dub, ora di house, carono quattro anni fa, Mehr Licht ora di disco anni ’70. Certi effetti si sbaglia il mid-tempo rock ballerino mantengono miracolosamente sul e la pista si svuota, la gag cartoon- crinale tra la maniera e il kitch sot- Sigue Sigue Sputnik (come dire la tovuoto spinto. Sono cose come la deciso di scritturala, così da ritro- versione Barbie punk dell’omonima voce trattata e certe tastierine che varci oggi a fare i conti con un’altra band degli Ottanta) è concisa come scimmiottano la black music dei bei cantante cruda, ombrosa, evocati- dovrebbe sì, ma quel “plastic” del- tempi andati, che fanno sorridere va. Dite che non se ne sentiva il l’omonimo brano ripetuto di troppo e si ficcano maliziose tra un orec- bisogno? Può essere. Magari però fa capire tante cose. Inutile rigirare chio e l’altro, scendendo giù a sol- concedete un orecchio alla fervida il coltello nella piaga, gli Stereo To- lecitare il bacino. Strategy, senza tenerezza valzer spalmata tra de- tal sono un duo d’emuli che suona mai sfociare nella dance da balera, serto mojave e praterie bretoni di à la Stereo Total. mette in piede una simil febbre del On This Side, all’angoscia ingoia- C’è il salvabile tra le pieghe e pen- sabato sera con le malizie dolci di ta da caligini sintetiche di Forest siamo al funk reggae di Ta Voix Au Can’t Roll Back e Phantom Powe- On Fire, al carillon indolenzito di Telephone (un incrocio tra drea- red. Si intuisce una voglia di tor- Aron, al dondolio sperso e ieratico dlock e discomusic), oppure al nare alle origini, anche con le altre di Campfire Resemblance. rockabilly Ich Bin Der Stricherjun- strizzatine d’occhio: cocktail music Chitarre perlopiù acustiche, dal- ge con Going stralunato e bevuto (Stops Spinning), kraut (Windswept la franchezza legnosa, al più una come lo vorremmo sentire sempre. (Interlude), Sunfall (Interlude)), E-bow a carezzare i minimi palpi- Ma non è proprio il caso di esse- dub (Running On Empty). La sintesi ti di Shipwreck. La parca ma pre- re indulgenti. Loro dicono “This is migliore di tutto questo la raggiun- gnante discrezione dei synth. Una Punk, this is Rock’n’Roll, this is ge con Red Screen che riadatta una voce che canta e controcanta pea- modern Music!”, ma qui si tratta precedente Blue Screen dei Nudge. na agri, tra vulnerabile abbandono d’essere feticisti e se un po’ i loro Il rock del futuro di Strategy non è e carnoso malanimo. La scrittura fan lo sono, noi preferivamo il ge- ironicamente moderno, bensì mo- scheletrica e tormentata, capace di nio al latex. (4.5/10) dernariato ironico, ciò non toglie allestire con Swastika una sorta di Edoardo Bridda che si lasci ascoltare sia pure con mini-suite, prima processione bigia un po’ di indulgenza. (6.3/10) poi folk arguto, così come la con- Antonello Comunale Strategy – Future Rock (Kranky clusiva The Downward giustappone / Wide, giugno 2007) folk angoloso, acida meditazione Genere: elettronica Tiny Vipers - Hands Across The e malanimo rappreso in una lenta, Paul Dickow è un pezzo di storia Void (Sub Pop / Audioglobe, 23 suadente spirale. Ok, forse non ce Kranky. Già in Fontanelle e Nud- luglio 2007) n’era bisogno. Però niente male. ge, ora si nasconde dietro la sigla Genere: folk songwriter (6.7/10) Strategy e manda avanti la Com- Immaginate una Joanna Newsom Stefano Solventi munity Library label. Uno dal pala- minimale. O, se avete l’immagina- zione che galoppa, il frutto di una The Loungs – We Are The notte di sesso livido tra Nina Na- Champ – (Akoustik Anarkhy / stasia e Jason Molina. Oppure, Goodfellas, giugno 2007) se siete di quelli che amano farla Genere: (meta)pop piovere dall’alto, una Nico versan- Chi ha già apprezzato il pop retro- te folk con lo charme parecchio massimalista dei recenti Bees e The sdrucito. Qualcosa di tutto ciò abita andrà in brodo di giuggiole il repertorio (originale) di Jesy For- Aliens tino, in arte Tiny Vipers. La quale, per questo debutto dei Loungs, sei armata di chitarra e un’anima da ragazzoni che fanno capolino da sbucciare, usava proporlo fino a St.Helens, nord est dell’Inghilterra, poco fa su modesti palchi nei caffè e si presentano come uno dei nomi e nei bookshop di Seattle. Finché di punta della neonata label man- la sempre attenta Sub Pop non ha cuniana Akoustik Anarkhy. Con at-

7 8 s e n t i r e a s c o l t a r e titudine amabilmente folkloristica, e svariate spoglie. Ultimo moniker fondere all’album una maturità sti- il combo sfoggia un’enciclopedica conosciuto, appunto, questo The listica raramente rintracciabile agli padronanza di arrangiamenti e lin- North Sea, che debutta all’inse- esordi: ecco perché questo album guaggi dai ‘’60 (in prevalenza) ad gna di freakerie tanto nostalgiche sembra tutto tranne che il loro de- oggi, mettendo insieme fantasia ed quanto avant, danze elettroacusti- butto assoluto. eclettismo - circa alla Gomez - in che ad alzare la polvere di strade Sicuramente tutto ciò va a discapi- un flusso ininterrotto di stili e ge- appalachiane, a scomodare umori to di quell’urgenza sonora che in- neri. Quel che è più bello, lo fa con gotici, blues avariati, ugge esoti- vece è propria delle prove prime. la sana (leggi: alcolica) goliardia di che e tremiti in differita da Cthulhu. Effettivamente nelle otto tracce certi anglosassoni. Brad, aiutato da un manipolo di che compongono questo lentissimo We Are The Champ è una sbronza amici provenienti dalla sua “orbita”, condensato post-rock non sono re- collettiva a base di pop, folk, psi- ci elargisce con Exquisite Idols un gistrate né aperture profondamente chedelia, wave e scintille impazzite pacchetto di astruse vibrazioni - tu melodiche né esplosioni di suono in di elettronica (vintage e non), dove chiamale, se vuoi, “eerie” - che non crescendo. Ma lodevole e degna di il surf californiano dei Beach Boys disdegnano di bazzicare dalle parti nota è la loro ricerca sonora, la loro può essere intonato in un accen- del cuore, come un Alexander Tuc- cura per ogni singola nota. Niente taccio nordico (Googly Moogly), un ker tolto un bel po’ di oltranzismo. è fuori posto: inserti percussivi, madrigale barrettiano diventa una Chitarre che ciondolano cosmiche sintetizzatori, partiture sinfoniche, festa di fiati ska (All Your Love), e brumose, tastiere lunari, tambu- organi, chitarre acustiche, tastiere ruvidi accordi punk sfociano in un relli stentorei, sitar lagnosi, per- riescono perfettamente a convivere folk rock denso di armonie R.E.M. cussioni sfarfallanti, flauti ectopla- (Electric Lights), scosse elettri- smatici, clavicembali misterici, sax che XTC (Clancy’s Stomp, Seen felpati, voce spampanata. L’iniziale My Baby Dancing) si affiancano Eternal Birds è come introdursi in a ubriachezze simil-Pogues (Dig un giardinetto eniano dimenticato, That Do) e scatenati boogie House- poi attacca l’incantevole sdilinqui- martins (Armageddon Outta Here), mento di Guiwenneth of the Green anomalie indietroniche (il finale Grass, quindi We Conquered the di In Winter Coats) convivono con Golden Age galleggia senza tempo umori celtici (Throughout It All). Un né meta né appigli sulle tracce di altro dischetto di (meta)pop, peral- civiltà calpestate, e il resto che ve tro molto divertente; a tratti genia- lo dico a fare. Adoro questo genere le, diremmo, nella sua balordaggi- di cose. Certo, sono fogge talmente ne orchestrata. (7.0/10) out of season da sgualcirti l’anima. Antonio Puglia Soprattutto, ahimè, manca il guizzo che possa far drizzare le antenne al senza mai sovraccaricare troppo il di fuori della cerchia dei bendispo- The North Sea - Exquisite Idols suono. Il giusto dosare gli elementi sti. Siete avvisati. (6.3/10) (Type / Wide, 26 marzo 2007) risulta di una perfezione quasi ma- Genere: freak folk Stefano Solventi niacale. Che tipo, questo Brad Rose da Tul- Le influenze più evidenti sono quel- sa. Uno che vive la fregola stran- The World On Higher Downs le di band dal calibro di Stars Of ge-folk in ogni modo: tira avanti – Land Patterns (Plop / Wide, 6 The Lid e Labradford, con l’ag- un’etichetta liminare e multisfac- l u g l i o 2 0 0 7 ) giunta di un sottofondo elettronico cettata come la Digital Industries, Genere: post-rock alla Fennesz. Molto lontane invece dirige la webzine Foxy Digitalis, si The World On Higher Downs è un sono quelle shoegaze che i Nostri palesa musicalmente sotto mentite ambizioso quartetto statunitense riportano sulla loro pagina di My- che muove i suoi primi ma sicuri space; forse soltanto in qualche passi su territori tradizionalmente episodio (Sun Court) alcune at- post-rock. Ambizioso perché Land mosfere riescono a evocare quelle Patterns, nonostante rappresen- sommesse e nostalgiche tipiche de- ti il loro esordio discografico, è il gli Slowdive. prodotto finale di una longeva e Unica nota dolente è rappresen- solida collaborazione tra i quattro tata dal fatto che la loro proposta componenti della band. Quest’ulti- musicale rimane sempre sospesa mi, provenienti da città diverse del staticamente sulla stessa quieta Wisconsin, sono tutti eccelsi poli- dimensione; difficilmente vengono strumentisti in grado di coniugare toccati alti e bassi, pieni e vuoti. perfettamente strumentazioni acu- L’album risulta così fin troppo omo- stiche a suoni digitali. È proprio geneo e ripetitivo: gli episodi che la maestria tecnica dei Nostri a in- lo compongono finiscono per asso-

s e n t i r e a s c o l t a r e 7 9 migliarsi tutti tra loro. Ecco che for- gruppo vero e proprio che si forma se una certa ingenua spontaneità in modo non estemporaneo e im- propria dei debutti, in questo caso, piega chitarre acustiche ed elettri- non avrebbe fatto altro che giovare che al posto degli strumenti tradi- al risultato finale, andando così a zionali. Inaudito, quindi. Per loro coronare perfettamente quella al- come per noi. tissima ed encomiabile precisione Da qui del Mediterraneo c’è da re- stilistica dei The World On Higher star ulteriormente sorpresi, anzi Downs. (6.3/10) stupefatti, da cosa si ascolta in Andrea Provinciali questo loro terzo lavoro, rispo- sta a un già sensazionale Amas- sakoul vecchio ormai due anni e mezzo. Un John Lee Hooker an- cor più scarno che si concede a ipnosi da psichedelia californiana (Ikyadarh Dim naviga tra le stel- Tori Amos - American Doll le, impalpabile e notturna), corro- Posse (Epic, 1 maggio 2007) borato da reiterazioni minimaliste Genere: rock/pop che si prendono il lusso di scon- Una Tori Amos teatrale e torrenzia- finare nel kraut rock (l’incredibile le, alambiccata e schizoide (cinque Assouf) e flettono i nervi con un i personaggi incarnati, ognuno ri- sentore funk. Assente la batteria, conducibile ad una divinità gre- ci si fa caso solo dopo parecchi ca), razzola nei moduli espressivi ascolti, sostituita egregiamente da del passato tentando di coniugarli percussioni e battimani che fanno al presente, giocando a mettersi uno con litanie vocali febbrili pros- in gioco con la sicumera di chi ha sime a Nusrat Fateh Ali Kan (Cler appena verificato la saldezza del Tinariwen – Aman Iman: Water Is Achel), avviluppate tra loro in stile saldo (artistico e contabile). Venti- Life (Independiente / Ponderosa, rai (Imidiwan Winakalin, Mano Da- trè le tracce in programma, bonus febbraio 2007) yak) o scosse da riverberi di corde compresi, per cui c’è modo di sentir Genere: desert blues (Toumast). risuonare nei padiglioni masche- Viene quasi da metterla in secon- Musica meditativa anche, scarna rate stomp e vampe boogie, invo- do piano la musica, parlando dei come solo chi dimora tra sassi e cazioni soul e ciondolamenti folk, Tinariwen, poiché la loro vicenda sabbia, bruciato dal sole e graffia- bignami remmiani ed errebì aspri- umana possiede una tale profonda to dal vento e dalla vita, può per- gni, baracconi post-glam e barlumi mettersi di maneggiare (Soixante e drammatica pregnanza da so- pop-wave. Trois ondeggia dolente su Nilo e praffarla. Poi ci si ripensa e si ri- Tanti e vari quindi i colpi in can- Mississippi; la chiusura Izarharh conosce quanto le due cose siano na, probabile che a qualcuno rie- Tenere levita sino all’indicibile); si inestricabilmente congiunte, come sca l’impresa d’ipnotizzare qualche una non sarebbe ammissibile sen- radica in uno ieri così inesauribi- playlist radiofonica. In fondo, visto za l’altra e viceversa. Sono rivo- le da vibrare autorevole, graziato quel che gira intorno, sarebbe au- luzionari con la chitarra in mano, da una produzione - curata dal loro spicabile. L’incalzante Bouncing Off costoro. Sul serio, però, a differen- fan Justin Adams, chitarrista del- Clouds, ad esempio, il pezzo che za di chi va in giro a sostenerlo e la band di Robert Plant che molto Elisa ha sempre sognato di screi- vive - come me e voi che leggete, ha fatto per propagandarne il nome vere. O la tenerezza stropicciata di c’è poco da fare - in un opulento - miracolosamente attuale senza Almost Rosey, dalle elettriche in- mondo occidentale sempre più ar- snaturare l’estrema peculiarità del fiorescenze AOR. Oppure - perché roccato su se stesso e i propri pri- suono. Che sa farsi gioioso e sorri- no? - l’impudenza appiccicosetta di vilegi. Sono i famosi “uomini blu”, dente in Matadjem Yinmixan oppure tribù nomade del deserto che in sferzare con Tamant Tilay, al punto Digital Ghost. tanti hanno provato vanamente a che le tragedie di chi gli infonde Ma se quel che cercate è il rapi- domare (Arabi, Francesi, il gover- forza paiono svanire, esorcizzate mento ferito, struggente e iperbo- no del Mali) o sfruttato per i propri per una manciata di minuti. Dona lico dei bei tempi, lasciate perde- fini (Algeria e Libia). Spaventano dipendenza Aman Iman e, cosa di re. Al massimo potrete distillare chiunque perché non hanno casa, questi tempi assai rara, ha dalla una struggente Girl Disappearing ma una cultura - orale e parec- sua una magia che non sai se defi- affogata in emulsione d’archi, o le chio robusta - eccome. Ed è al suo nire antica o moderna. E’ l’unione vampe angosciose di Code Red, o nocciolo che l’ensemble guidato fra le due, che entra sottopelle per la roca invocazione di Yo George. da Ibrahim Ag Alhabib costitui- non abbandonare più. (8.0/10) Per far questo però dovrete sorbir- sce meravigliosa eccezione, primo Giancarlo Turra vi improbabili caricature PJ Harvey

8 0 s e n t i r e a s c o l t a r e (Body And Soul), mazurchette bal- Arzy), bagliori di Cure di mezzo più late synth-ambientali vicine a certe caniche più ciarliere che altro (Vel- elettropop New Order (This Once cose di Jesu. C’è vita (forse) nello vet Revolution), sculettamenti da Was An Island, The Coldest Sky), spazio profondo. (7.0/10) scolaretta al provino di saranno fa- gli eighties pop di Sacred Music, Stefano Pifferi mosi (Teenage Hustling) e ramanzi- l’attidudine gothic nella opprimente Schnee Gletscher Glas (salmodiata ne da zia un po’ tardona (di Joanna Uochi Toki & The Eterea pOst da Daniela Neuhauser dei Malory), Newsom come in Devils And Gods, bOng band - La Chiave del 20 il tutto con una grazia che ha fatto di Frida Hyvonen come in Mr Bad (Wallace / Audioglobe, giugno scuola nel pop inglese degli ultimi Man...). 2 0 0 7 ) anni. Un altro tassello che si ag- Insomma, questo American Doll Genere: imaginary soundtrack giunge alla storia di un gruppo da Posse s’impegna e s’ingegna, ma Una notte in discoteca - la più ta- riscoprire. (6.8/10) non ce la fa a rendere degnamente marra possibile - credo sia quanto giustizia ai circa venti anni di car- Teresa Greco di più lontano un lettore di SA au- riera della cantautrice di Newton. spichi per un sabato sera qualsiasi. Ogni bizzarria è ben patinata. Po- U f o m a m m u t & L e n t 0 – Se però ad introdurre la serata è chi i brividi. Di questi ultimi, nessu- Supernaturals Record One uno dei gruppi più chiacchierati de- no che scenda davvero in profondi- (SupernaturalCat / Audioglobe, gli ultimi anni (nonché uno dei più intelligenti e caustici), beh, un pen- tà. (5.3/10) maggio 2007) Genere: doom-spacey sierino ce lo potremmo anche fare. Stefano Solventi Supernaturals Record One, ovve- Almeno da casa. ro la definitiva fusione tra il pan- La Chiave del 20 è una sorta di zerkorps attack dei (fu) Kyuss e concept che vede i due cantastorie l’algida, distante ma insieme fero- metropolitani avventurarsi passo cissima musica da apocalisse dei dopo passo in una serata dance in primi . Nel primo volume collaborazione con gli Eterea Post- di una serie che si preannuncia in- Bong Band, altro misterioso grup- teressantissima, l’incontro/scontro po di sballati nati e cresciuti al di intestino al roster della Superna- fuori di ogni minimo trend musicale. turalCat produce una jam session L’album è equamente diviso tra gli completamente improvvisata per assalti più o meno rimati ma sem- certi versi simile alla più famosa pre corrosivi del duo (Rico ci mette In The Fishtank. Protagonisti i già le basi, Napo la voce e la faccia) noti Ufomammut (da recuperare e la miscela di hard-techno-cros- l’ottimo Lucifer Songs sempre su sover-e-chi-più-ne.ha-più-ne-metta SupernaturalCat) e i prossimi esor- del gruppo bergamasco. Ne esce dienti Lent0 che se ne escono con un racconto audio dalla parte del un disco la cui chiave di lettura è drop-out escluso dalla fabbrica del Trembling Blue Stars – The tutta nei nomi delle formazioni: un divertimento disco. Gli assalti in Last Holy Writer (Elefant / suono compattissimo, pachidermico rima forzata di Napo non si disco- Goodfellas, giugno 2007) e dilatato eppure ricco di sfumature stano da quelli passati, figli di una Genere: indie pop e dettagli. (non)musica di una urgenza comu- Trembling Blue Stars è l’ultimo Merito è indubbiamente della poten- nicativa tanto cruda quanto inten- progetto di Bobby Wratten (dagli za di fuoco messa in campo: 4 chi- samente sottolineata dalle basi di storici Field Mice su Sarah Re- tarre, 1 basso, 1 drum-set e 1 synth Rico. Gente con in tasca “poche co- cords ai North Picture Library) che disegnano estenuanti jam di doom peche, senza capigliature ingellate prosegue - ormai al sesto album - il rituale e groovey dall’immenso o giacche firmate”, ma con un sen- suo percorso sin da metà ‘90 nel peso specifico, che sono sempre lì segno di un indie-pop soffice e dal lì per esplodere nella catarsi finale. retrogusto malinconico. La ricet- Ma a segnare lo scarto dalle miriadi ta è ormai nota e non si discosta di produzioni di genere è l’afflato granché negli anni, cristallizzando ambient-spacey che pervade le sei la produzione del gruppo in un suo- tracce. I passaggi strumentali, an- no “classico”, che viaggia tra guitar che i più pesanti, vengono sfibrati pop, drum machine, programma- in una sorta di musica cosmic-tran- zioni elettroniche e suadenti voci ce per umanoidi, che innalza ver- riverberate. so l’infinito musiche visceralmente Il disco si snoda tra bagliori psych terrene come il doom, lo stoner e (l’oscura By False Lights), solarità lo sludge. Di questo approccio è ot- twee pop (la struggente melodia di timo esempio Maestoso, il cui mo- Idlewild cantata dall’angelica Beth nolite kyussiano si stempera in fo-

s e n t i r e a s c o l t a r e 8 1 so di chiaro distacco dallo “styling nello stesso modo dall’ispirazione popolare dello styling d’alta clas- nel songwriting, per quanto le in- se”. Un lucido e ludico attacco al tenzioni siano lodevolissime. Per sistema che evidenzia l’intelligenza cui la discontinuità non ci permet- corrosiva dei due. Discorso a parte te questa volta di porlo allo stesso per gli Eterea, che forniscono ottimi livello del precedente. (6.0/10) intermezzi strumentali tra le ester- Teresa Greco nazioni del duo a base di spunti funky e accentuate accelerazioni – Colossal dancey, ma vanno rivalutati in un Youth (Rough Trade febbraio contesto in solitario. (6.8/10) 1980 / Ristampa Domino / Self, Stefano Pifferi 6 luglio 2007) Genere: post-punk Colossal Youth si materializzò no ristampa ora una riedizione di con un candore delicatissimo nel Colossal Youth davvero preziosa 1980, all’interno del catalogo Rou- – che segue la ristampa Pias del gh Trade, come primo e unico al- 2003. La versione del 2003 già bum degli Young Marble Giants, conteneva 25 tracce anziché le trio gallese fatto dei due fratelli 15 originali della stampa Rough Moxham (Stuart alla chitarra, come Trade – e ancora prima circolava un’altra versione con 21 tracce. In principale compositore, e Phil al questo ultimo caso l’album era fat- basso) e la ragazza del secondo to seguire dal Testcard EP; nella dei due; una ragazza capace di versione Pias, oltre a questo, com- una voce celestiale e distaccata parivano i brani del (meraviglioso) insieme (Constantly Changing), in singolo Final Day e un estratto – a piena tradizione new wave. firma YMG – della compilation Is Una fanciulla – di nome Alison The War Over. Statton – che, a dire di Stuart, Ma ora, per la Domino, i cd sono cantava come se stesse aspettan- Xavier Rudd – White Moth (Anti ben tre. Il primo contiene Colossal / Self, 8 giugno 2007) do l’autobus. Nulla c’era della foga Youth, da solo. Il secondo accorpa Genere: world, rock, reggae del punk, ma tanto dell’epoca. al malloppo Pias l’unica altra usci- Anche il quarto album del polistru- Purezza cristallina, minimi termi- ta a lunga durata di YMG, la com- mentista australiano lo vede impe- ni, Colossal Youth ha qualcosa pilation Salad Days; come trovarsi gnato - a mo’ di one man band - con di Half Mute dei Tuxedomoon; una meteora in giardino. Il terzo parecchi strumenti (tra cui chitarre, due dischi perfettamente calati nel raccoglie qualche Peel Session. basso, didgeridoo e percussioni), loro tempo – il basso ne è esempio Insomma, si diceva di dischi da alla ricerca, come viene puntualiz- – ma da consumare in ogni tempo. consumare. Colossal Youth, zato in sede di press, dell’essen- Certo, rispetto a Half Mute questo ascoltato finalmente da solo, torna za dei suoi live. Mescolando folk, album non ha neanche alla lonta- a essere quel disco da sentire e reggae, rock e world, White Moth, na un’oscurità così definitiva (al da risentire. Né i suoi fratelli mi- che vede la presenza di cantanti posto del violino ci sono una drum nori deludono le aspettative. Ma aborigeni, è un concept che paga machine da quattro soldi, tastie- quella gioventù fragilissima rima- quindi omaggio agli abitanti origi- rine Farfisa, Wullitzer Jukebox e ne un colosso difficile da superare nari del continente australiano, ed geni a iosa per Blow, Parker&Lily (8.0/10). intende sensibilizzare a un mag- e altri). Se c’è qualcosa che non Gaspare Caliri giore rispetto per le culture da pre- risulta chiaro, qui, è come abbiano servare. Un personale viaggio del- fatto a trovare un equilibrio così. l’autore che fa anche il punto della Si intende il perfetto equilibrio tra situazione sulla sua musica. Ecco post-punk – la tecnica chitarristi- allora il soul e il reggae (Twist, Come Let Go), le ballad (Better ca di Stuart è figlia del chitarrismo People, Choices), le consuete strozzato, più che ritmico, di pro- ascendenze benharperiane (Anni venienza Gang Of Four (Include Koozoo), i rock blues (Footprint), Me Out) –, “messthetics” (l’estetica gli echi younghiani in Whirlpool, la della confusione, dell’approssima- world gabrieliana di Message Sti- zione, più prossima ai primi Scrit- ck, tra didgeridoo, percussioni e ti Politti), acquarelli dolcissimi e voci. Disco curatissimo dal punto sfumati e placida melodia. di vista tecnico, non è sostenuto Ma veniamo al punto. La Domi-

8 2 s e n t i r e a s c o l t a r e turn it on

Zelienople – His/Hers (Type / Wide, 29 giugno 2007) Genere: psichedelia Con questo quinto disco i tre Zelienople arrivano finalmente in superficie e per loro stessa ammissione si lasciano alle spalle la pratica del cdr. Il sound dei tre è un crossover di stili psichedelici abbastanza originale nelle intenzioni, un po’ meno negli esiti, ma i tre, come il vino, migliorano invecchiando e al quinto disco suonano decisamente più personali degli esordi. La grammatica di base è sempre quella dei Talk Talk: languore ed estasi per le lunghe distanze. Un’infinite sadness senza scampo che abbassa il ritmo di polsi e palpebre. In His/Hers si vive in un perpetuo stato di narcolessia immanente, tra scheletrici blues dell’anima, romanze psych da frontiera americana e lo sguardo che si allunga nella caligine oltre l’orizzonte. Lunghi brani improvvisati come Family Beast e Moss Man si incaricano soprattutto di metter su una scenografia e di lasciare che i suoni galleggino in questo etere amniotico senza tempo. Sembra di ascoltare un atto secondo della soundtrack di Dead Man firmata da Neil Young, con i brani che si trascinano in lunghe scie di cometa, vedi la cantautorale e folkish Parts Are Lost e la iperdistorta Forced March che diventano incubi free folk allungandosi per nove minuti e passa l’una. Virando sempre di più sull’improvvisazione gli Zelienople si stanno progressivamente lasciando alle spalle i paragoni più ingombranti (Talk Talk e Pink Floyd) per trovare la propria strada. In questo senso His/Hers è già un bel passo in avanti rispetto a Stone Academy. A questo punto vediamo come si evolveranno ancora. Due sono le cose: o diventano ancora più improvvisati e di conseguenza elitari, oppure riusciranno a trovare una sintesi invidiabile di psichedelia informale e cantautorato avantgarde. In pratica una via di mezzo tra A Saucerful Of Secrets e Dark Side Of The Moon, ovvero il sogno segreto di qualunque band psichedelica cresciuta con il culto dei Floyd. (7.2/10) Antonello Comunale

s e n t i r e a s c o l t a r e 8 3 Backyard

permettersi di cambiare le sorti del di genere come si usava ai tempi, groove con un riff e qualche syn- con chitarre luride e cartavetrate, th, la deep house ultraclassica di una voce che vomitava veleno e Osvaldo (un ritorno al jack sound tecnica ridotta a pochi, velocissimi puro e nerissimo), una comparsata accordi. di Marianne Faithfull che sembra Nello stesso anno registrarono al- una Björk in vena post-wave (stu- tre due canzoni, My Life e Don’t pendo il ricordo dei tempi colorati a Draft Me, finite poi nel sampler pro- pastello della 4AD), il riffone rock mosso dalla rivista Thrasher Skate di M.I.A. (che fa il verso alla Bertè Rock Vol.3, mentre qualche mese italo-punk ‘80!), e poi altre mesco- dopo, nel 1986, si eclissarono dopo lanze pre-DFA che consacrano il la pubblicazione dell’EP Isn’t Life minimal a gesto estetico del dance- A Dream. Della partita era anche floor del decennio. , all’epoca chitarrista AA. VV. – Blackmusic, 10 Years Una compilation che mescola ve- e cantante dei C.O.P. e dal 1996 Of Tiefschwarz (Souvenir / ramente tutto quello che abbiamo in seno ai Neurosis nelle vesti di Audioglobe, 31 maggio 2007) sentito e che ancora sentiremo. Un tastierista. Tutta la produzione del Genere: electro remix viaggio che parte dal pop e che arri- Cristo In Processione in 19 tracce. compilation va alle profondità nascoste della te- Amen. (6.0/10) Gli anni passano velocemente, an- chno di classe. Less is more. Lunga Gianni Avella che per i musicisti. E son già dieci vita ai fratellini krauti. (7.3/10) (PS: da quando i due fratellini di Stut- Il secondo disco contiene versioni tgart hanno pubblicato il loro pri- originali e remix di anthem ormai mo singolo 24 Seven. I suoni sono notissimi. La ciliegina che completa mutati profondamente da quel 1997 degnamente il decennale). pieno di derive ‘90, pieno di incon- Marco Braggion gruenze che sfociavano in una per- dita di orientamento, nella riflessio- ne post-acid jazz o nell’intimismo Christ On Parade – Sounds Of già declinante del trip hop. Pochi si Nature (Pusmort, 1985 - Neurot son salvati dalla schiuma del tem- Recordings / Goodfellas, 24 po: tra questi Ali e Basti Schwarz. a p r i l e 2 0 0 7 ) Il doppio e succoso disco compila- Genere: punk to per la ricorrenza si divide in due Una ristampa che interesserà i se- metà complementari: una compi- guaci dei Neurosis (non a caso è lation mixata con gusto sopraffino la Neurot ad occuparsene) e gli afi- e una raccolta di remix di amici e cionados dell’hard-core old school Current 93 – The Inmost Light conoscenti vari. Come già nelle di mid eighties. I Christ On Parade (Durtro Jnana / Goodfellas, 1 compilation precedenti a questa erano un gruppo di stanza califor- g i u g n o 2 0 0 7 ) (Misch Masch e il classico Fabric) niana () nato sulla Genere: folk apocalittico c’eravamo abituati all’alta classe spinta di combi quali Crass e Di- Il mercato delle ristampe si arric- dell’accostamento. Qui non siamo scharge. Avallati dalla bibbia Ma- chisce di una nuova imperdibile da meno. La selecta mixata dai due ximun Rock And Roll nonché da perla. Nella generale riscoperta va a battere nei territori a loro fami- magazine extrasettoriali – ma lega- della discografia dei Current 93 liari e a noi - maniaci della techno ti alla scena hc – come Thrasher, viene finalmente distribuita la trilo- - necessari: l’inno sensualissimo di esordirono nel 1985 con un disco, gia di The Inmost Light in versione Tuff Little Unit che sembra venuto Sounds Of Nature, licenziato per filologicamente corretta, rimaste- fuori proprio da quegli anni in cui gli la Pusmort del famoso grafico Pu- rizzata, in 3 cd o 2 lp, con libretto Everything But The Girl potevano shead (Misfits, ); un lavoro di 24 pagine. Un restauro in piena

8 4 s e n t i r e a s c o l t a r e certo risultare in qualcosa di più From A Country Phone, I Had A leggero, qui ci sono alcuni dei mi- New York Girlfriend, Warm Nights gliori brani firmati da Tibet. Classici di Forster e Watershed, Fireboy, come Calling For Vanished Face I Horsebreaker Star, In Your Bright e II, The Bloodbells Chime e The Ray di McLennan -, i due hanno Frolic. Nel primo EP si ascoltano i affinato ed esplorato in lungo e in 19 minuti dell’ipnotica Where The largo la loro vena, crescendo espo- Long Shadows Fall (Beforethein- nenzialmente come autori aldilà dei mostlight), mentre nel secondo traguardi pop segnati insieme nei c’è la spettrale The Starres Are loro gloriosi ’80 targati Postcard. Marching Sadly Home (Theinmost- Intermission evidenzia proprio que- light Thirdandfinal). Un classico da sto percorso di crescita, unendo i avere, sentire e ascoltare. Fino alla punti fra i Go-Betweens giovani e regola e un must assoluto. Se dei fine. (9.0/10) Current 93 sia stato più importante Antonello Comunale il primo periodo, quello più esplici- tamente demoniaco, o il secondo, quello folk, è questione che non si Robert Forster & Grant McLennan può facilmente liquidare e ricorda – Intermission – The Best Of le discussioni analoghe che vengo- The Solo Recordings 1990-1997 no fatte per tutte le band con un (Beggars / Self, 22 giugno 2007) percorso medio-lungo e che hanno Genere: songwriting, pop rock lodevolmente cambiato le proprie Col trascorrere degli eventi, le cose possono assumere nuovi e diversi carte in tavola. Sono migliori i Pink significati. E allora la scomparsa Floyd pre Ummagumma o quelli di di Grant McLennan, avvenuta d’im- The Wall? Gli Swans pre Children Of God o quelli del coniglio? Di- provviso poco più di un anno fa, scorsi che mai come nel caso dei conferisce a un’operazione gusto- Current 93 lasciano il tempo che sa ed interessante come questa un quelli adulti e marcando al contem- trovano. Nature Unveiled a distan- inevitabile, agrodolce sapore com- po differenze – e parentele – fra gli za di anni risplende ancora della memorativo. Intermission era un stili e le personalità di ciascuno. sua opaca luce sinistra e riascol- progetto in cantiere già da tempo, Tanto inquieto Robert, diviso fra tando ora le canzoni di questa trilo- sin da quando i due Go-Betweens rock sanguigni e country medita- gia passano rapidamente in mente avevano riallacciato il sodalizio bondi ed esistenziali, quanto sola- tutti gli epigoni, che da Sir. David artistico nel 2000 con l’acclamato re Grant, immerso in un pop-folk di Tibet hanno copiato praticamente Friends Of Rachel Worth, giunto classe puntellato da liriche argute tutto. The Inmost Light è composto dopo un’intera decade trascorsa e ficcanti; Falling Star, 121, Cryin’ da due EP e da un disco vero e pro- a perseguire progetti in solitaria; Love del primo e Haven’t I Been A prio, il celebre All The Pretty Little come spiegano le note di copertina, Fool, Easy Come Easy Go e One Horses che in tutte le antologie del uno degli ultimi impegni professio- Plus One del secondo sono soltan- folk apocalittico fa di solito coppia nali di McLennan è stata proprio la to alcune delle gemme nascoste qui con Thunder Perfect Mind. Basti scelta della tracklist e del titolo di riportate alla luce, che oggi più che semplicemente dire, che la qualità questa doppia antologia. mai meritano tutta l’esposizione della scrittura di Tibet è qui pro- Sapere anche che nei ’90 i fan com- del caso. Per collocare finalmente babilmente al suo massimo e che pilavano insieme le loro tracce so- i due al posto che loro compete - tra gli ospiti ci sono John Balance, liste fantasticando una reunion tra accanto ai vari Nick Cave, Neil Finn Steven Sapleton e Nick Cave. Que- Robert & Grant, già la dice lunga e Robyn Hitchcock tra i migliori st’ultimo canta la title track e nella sulla qualità del materiale qui rac- della loro generazione, conclusiva Patripassian, su un tap- colto. Se queste 26 canzoni venis- per capirci -, e per superare ogni peto riverberato di canti gregoriani sero opportunamente miscelate, rimpianto possibile (7.5/10). Nota del 16° secolo, recita un testo tratto probabilmente il risultato non si a margine per il packaging allestito dai Pensieri di Pascal (The rivers discosterebbe troppo dai recenti dalla Beggars, prima classe asso- of Babylon flow, and fall, and carry lavori del duo australiano, ormai luta. away…), in cui si riecheggia la dot- padrone, negli anni della maturità, Antonio Puglia trina eretica del Patripassianismo di un songwriting maturo ed ecce- in base alla quale Dio e Gesù sono zionalmente centrato (vedi l’ultimo identici aspetti di un unico Dio ed è , di appena due anni Nick Drake – Family Tree quindi Dio stesso ad aver sofferto fa). Questo perché, negli otto al- (Tsunami LG-Fontana / Island, per noi sulla croce. A parte il con- bum pubblicati fra il 1990 e il 1997 9 luglio 2007) nubio Tibet-Cave, che non poteva - , Calling È bello credere che il ragazzo che

s e n t i r e a s c o l t a r e 8 5 Moon, dove c’è ancora la possibi- lità di ridere tra una take e l’altra, di eseguire un trio di Mozart per piano, viola e clarinetto con la so- rella Gabrielle e la madre Molly, di intonare insieme alla prima il go- spel sentito di All My Trials, di la- sciare il registratore alla seconda per immortalare due sue composi- zioni (le classiche Poor Mum e Do You Remember?), col senno di poi così tragicamente vicine alla sen- sibilità crepuscolare e tormentata del figlio. nel ‘67 registrava questi demo a riosa della luna, quindi? Moonsca- Con il suo carico di sogni e fanta- Tanworth In Arden, nel conforto pe, quarto album in carriera, era in sticherie, questa raccolta è solo un del focolare domestico, fosse un origine un dieci pollici stampato in antipasto in attesa delle grandi ce- ragazzo felice. Che si trattasse 99 misere copie. Oggi vede per la lebrazioni previste per la fine del- prevalentemente di standard blues prima volta la luce del laser grazie l’anno, con la ripubblicazione dello - tristi per definizione -, o di auto- ai buoni uffici della Trunk. storico cofanetto Fruit Tree e DVD grafi segmenti autunnali – malin- Finalmente, oserei chiosare, per- del documentario A Skin Too Few. conici per loro natura –, non im- ché trattasi di ventidue minuti e Di sicuro, non è mai l’occasione porta molto. Nick Drake allora non mezzo di preziosa caligine jazz. Il sbagliata per tornare a parlare del aveva neanche vent’anni, eppure trio (basso-piano-batteria) sfoggia più grande dei trovatori britannici già masticava quel linguaggio fatto un hard bop occasionalmente di- del XX secolo, anche se i filologi di sogni e nebbie, di timide spe- sarticolato free (vedi la smania ve- drakeiani conosceranno un buon ranze e solitudini, che nel giro di trosa e gli squarci allibiti di Face 90% di questo materiale, pubblica- 24 mesi avrebbe impresso per la In The Crowd, oppure l’architettura to in passato sotto forma di bootleg prima volta su Five Leaves Left. espressionista di Take Off) ma an- - Second Grace e Tanworth In Ar- La carriera - se così può definirsi che inturgidito swing - la tesa di- den, 67 68 i più noti - e, come per la sua - era tutta da venire: erano sinvoltura di Music For Shattering le altre raccolte postume (eccetto gli anni spensierati del college, col Supermarkets - quando non emi- Time Of No Reply), i possessori ricordo splendido e ancora vivido nentemente lunare, come è il caso, dei tre album ufficiali potranno in di un avventuroso soggiorno in of course, della title track e del- linea di massima ritenersi già sod- Provenza; i tempi erano comunque l’eleganza strascicata di Sketches disfatti. Nondimeno, le piccole ma maturi per fermare su nastro alcu- Of Israel. intense scintille di luce (e di vita) ni provini e tentativi, fra informali La qualità dei brani fa il paio con emanate da questi vecchi nastri session in famiglia e alcune sedu- la fervida immediatezza delle ese- magnetici rendono la conoscenza te a Cambridge con l’amico Robert cuzioni, da cui esala un’energia di Family Tree se non indispen- Kirby, il futuro arrangiatore di Way strana da Bill Evans licantropo, o sabile, quantomeno consigliata ad To Blue e tanti altri piccoli capola- se volete una vigoria tormentata ogni appassionato. (7.0/10) vori di Bryter Layter. da bohémienne. Antonio Puglia Possiamo sentire Nick intento ad La pasta sonora non propriamente affinare le proprie abilità chitar- hi-fi arricchisce quella sensazione di tesoro recuperato, di stregoneria ristiche nel traditional Winter Is Michael Garrick Trio - Moonscape carbonara. Senz’altro un ascolto Gone, studiare le blue notes in (Argo, 1964 / ristampa Trunk / raccomandabile a tutti i romantici Black Mountain, If You Leave Me, Goodfellas, 11 giugno 2007) cervellotici bramosi di cieli stellati. Cocaine Blues e Been Smokin’ Genere: jazz Esistono ancora, vero? (7.2/10) To Long, cimentarsi nel confronto Michael Garrick, pianista classe con i maestri Dylan (Tomorrow Is ‘33, è solo uno dei tantissimi jaz- Stefano Solventi A Long Time) e , spe- zisti che – ahimè - ancora non co- rimentare la scrittura in Blossom, noscevo. Inglese, studiò letteratu- Sebadoh – The Freed Man They’re Leaving Me Behind, Birds ra alla London University, cordone (autoprodotto, 1988 - Flew By e Come Into The Garden, ombelicale mai del tutto reciso. Si Homestead, 1989 - Domino / bozzetti inediti dalla calligrafia già specializzò infatti nella composizio- Self, 15 giugno 2007) riconoscibilissima, come dimostra ne di musica (jazz) come sottofondo Genere: lo-fi l’accostamento con le più celebri per reading poetici, o - se preferite Ci sono due modi di vedere il de- Day Is Done e Way To Blue. - con la poesia come sfondo men- butto dei Sebadoh: o come uno dei Il tutto in un contesto ancora lonta- tale (emotivo, sentimentale). Cosa manifesti supremi dell’innocenza in no dalla solitudine cosmica di Pink di più poetico della facciona miste- musica, o come un enorme mucchio

8 6 s e n t i r e a s c o l t a r e di immondizia. Che oggi diventa apriva un mondo di possibilità vir- ancora più enorme, nel momento in tualmente illimitate per una ge- cui ai trentadue brani dell’LP origi- nerazione intera, ancor più degli nale si sommano le outtakes e ine- antecedenti illustri di Jandek, il dite dell’accorta ristampa della Do- citato Johnston e Beat Happening: mino, fino a raggiungere la titanica il centro del mondo è la propria lunghezza di 52 tracce. Prendiamo cameretta, per fare musica non per buona la prima opzione, se non serve nient’altro che una cassetti- altro per rispetto. Giova specifica- na e tanta, tanta fantasia. Le con- re, a beneficio dell’incauto ascol- giunture storiche sono favorevo- tatore, che per la maggior parte si li - fasti dei Dinosaur a parte, la tratta di bozzetti di melodie, biz- Homestead proliferava, e la Drag zarri giochi di rec&play, timidi ac- City di Pavement e Royal Trux sta- cenni di canzoni, campionamenti va giusto nascendo; e così piace Boy dietro le spalle cui reagisce primordiali, bisticci punk, scampoli pensare che Beck stia ancora rin- con maturità testuale e qualche folk. Tutto registrato in una stan- graziando, mentre è risaputo che ammodernamento d’abiti sonori. za da letto su uno scassatissimo uno come Cobain avrebbe venduto Reporter di cronaca nera armato di registratore portatile. Intimismo l’anima al diavolo per godere dello chitarra e tasti, Warren è in coper- pre (post) puberale alla Daniel stesso lusso. Si sarà capito, aldilà tina mentre si appresta a salire su Johnston? Semmai ludus sfrena- del valore storico l’ascolto odierno un aereo con yuppies che chissà to, attitudine più che mai free e - così come quello di allora, sup- cosa nascondono, infiltrato tra loro creatività al potere, senza filtri o poniamo – non dirà granché; è un in cerca di uno scoop. Bilanciato compromessi di sorta. Come quan- reminder comunque necessario, tra il lato giornalistico del nostro do si gioca da bambini. Se-ba-doh. specie oggi che Lou, Eric e Jason e quello intimista, il disco si rivela Tre sillabe che non vogliono dire Loewenstein sono tornati insieme raffinato e ben scritto, come certi- proprio nulla, alla stregua di certe per assaporare i dolci frutti della ficano la potente title track, il “blue parole inventate da piccoli. gloria postuma. (6.5/10) collar” trascinante The Overdraft, Nel 1988 Lou Barlow piccolo non Antonio Puglia la rabbrividente Charlie’s Medici- lo era più da tempo, anzi stava per ne; più meditative una The Hula diventare Grande - con la maiusco- Hula Boys però cosparsa d’iro- la - in seno ai Dinosaur Jr. La sto- (Asylum 1982 - Rhino / Warner, nia, la solitaria Jesus Mentioned, ria insegna che quel cattivone di m a g g i o 2 0 0 7 ) la pianistica innodia di Never Too J. Mascis volle tenersi il giocattolo Genere: rock Late For Love. Nell’esatto mezzo tutto per sé, e così all’occhialuto Vera e propria mosca bianca del Let Nothing Come Between You, bassista non rimase che trovarsi “rock d’autore” d’oltreoceano, Ze- sorta di Hungry Heart più sottile e un nuovo compagno in Eric Gaf- von: pianista e arrangiatore per gli cosa più vicina a un possibile hit, fney, un tizio tanto strano da ac- a inizio carriera, che logicamente non fu. collarsi gli esperimenti da mangia- Everly Brothers ha fatto fruttare questa sua abilità L’album arriverà solo a lambire nastri che Lou aveva cominciato a con brani che uscivano dal semi- i Top 100 di Billboard, ed ecco il escogitare col moniker Sentridoh nato di un genere fin troppo ligio perché di una tarda riedizione di- (oltre che in Poledo, il più freak dei gitale (che tra le altre cose ag- brani del Dinosauro). alla regola. I testi, per non smen- giunge una malata resa del classi- Pur lontano dall’essere un vagito tirsi, andavano dietro alla musica, co Wild Thing e la springsteeniana puramente artistico dei neona- storie di criminali e complotti in- The Risk), spalancando all’uomo ti Sebadoh - per quello bisognerà ternazionali, politica estera e lupi un lustro di patimenti redenti col aspettare III -, The Freed Man mannari a Londra, lontanissime sia dal pacifismo populista di Jackson validissimo . Browne che dalla mitologia della Che ironia, infine, che sia stato fuga del “Boss” giovane. Entrambi strappato al mondo da un tumore collaborarono col Nostro, in un en- causato da esposizione all’asbesto nesimo attestato di grandezza: tut- e non, come ci si aspettava un po’ tavia, lui non arriverà mai a certe tutti, dagli stravizi. (7.3/10) vette di notorietà per la peculiarità Giancarlo Turra stilistica e la poca costanza, tipica di un personaggio propenso a in- seguire l’ispirazione del momento e soccombere alle dipendenze, ri- schiando e rimettendoci. The En- voy lo coglie all’inizio degli Ottan- ta, un capolavoro come Excitable

s e n t i r e a s c o l t a r e 8 7 Dal vivo Echran

Echran – Vicolo Bolognetti, “Si facciano pure i fatti loro, ma che struzioni complesse, tempi irre- Bologna (8 giugno 2007) almeno non chiacchierino”. Devo- golari: tutto ciò che qualche anno Storia di un concerto totalmente no aver pensato questo i musicisti prima aveva caratterizzato la nuo- fuori luogo. O di un non-concerto. quando, nel finale di concerto han- va attitudine del post rock, veniva Si potrebbe definire così la perfor- no inserito un’improvvisazione tira- qui trasferito ai suoni brutali dello mance degli Echran al Vicolo Bo- tissima, al limite del noise estremo. stoner. Qualcuno lo aveva definito lognetti di Bologna dell’8 giugno Uno schiaffo sonante e fastidioso, avant-metal e, al di là della poca scorso. L’atmosfera irreale che ha a chi beveva tranquillamente la sua utilità delle etichette, ci aveva az- accompagnato la prima esibizione birra seduto a tavolino, incuran- zeccato. in territorio bolognese di Davide te di loro. Una trovata divertente, Eppure, oggi, a distanza di appena Dal Col e Fabio Volpi, dopo l’uscita un macigno piombato improvvisa- sette anni da quel fatidico album, del bellissimo esordio discografico, mente sulla testa dell’astante non- gli Isis sono riusciti a perdere per è risultata un elemento determi- pubblico, oltre ad uno dei migliori la strada tutta la loro carica pro- nante ai fini della ricezione di un momenti della serata, proseguita a pulsiva e propositiva, oltre alla loro genere musicale già di per sé mol- suon di revival dark-wave anni ‘80. originalità, per trasformarsi in una to ostico. Il chiacchiericcio da bar Era quello che tutti aspettavano, ma sorta di appendice di gruppi come qualcuno era arrivato troppo pre- della maggior parte dei presenti, Slint e alter ego dei Pelican, quan- sto, incappando in quel fastidioso capitati lì per caso (il concerto era do non sembrano la versione bana- rumore di fondo, che ha osteggiato gratuito) e tutt’altro che interessati lizzata dei Godspeed You! Black a più riprese la loro conversazione. al concerto (ma forse qualcuno non Emperor. Restano i tempi dilata- Ora, che ballino pure... si era nemmeno reso conto che di ti, ma è il sound metal ad essere si trattava di un live), ha fatto da Daniele Follero scomparso quasi del tutto, relega- sfondo costante alle trame elettro- to a pochi brevi episodi “di manie- niche del duo milanese (in realtà Isis + Oxbow – Estragon, Bologna ra”. La sostanza del concerto della un trio, con Fabio Volpi a recitare i (7 giugno 2007) band di all’Estragon di testi in francese), che nonostante il Non è passato molto tempo da Bologna, sta tutta in queste scelte fastidioso brusìo (difficile trovare la quando Celestial (così come la estetiche ormai assolutamente pre- concentrazione adatta per chi ricer- sua continuazione, il bellissimo EP valenti. La scaletta è tutta imper- ca, come loro, sottigliezze musicali SGNL>05) ha imposto gli Isis come niata sugli ultimi due lavori in stu- non da poco), si è esibito come se qualcosa di assolutamente nuovo dio del quintetto, Panopticon e il si trovasse in un teatro vuoto, sen- nel panorama del metal estremo. recente In The Absence Of Truth, za fare una piega. Trame intricate, tempi dilatati, co- album che prediligono le atmosfere

8 8 s e n t i r e a s c o l t a r e tenui e concedono ampio spazio a zione di canzoni italiane degli anni sa che la situazione creava rispet- melodie lineari dalla leggera vena ‘50 e ‘60. Dopo aver detto la sua to alle aspettative. Certo, Patton darkeggiante. Il risultato è di una sul metal estremo con i Fantomas, ha una bella voce, plastica, mol- prolissità senza confini, con uno scomponendone e ricomponendone leggiante, trasformista e uno stile schema, sempre lo stesso, che i pezzi in un geniale collage di di- perfettamente riconoscibile, che in vede nell’aumento d’intensità l’uni- storsioni, il quasi-nostrano Michele alcuni casi (Ore d’amore di Buongu- co vero elemento variabile di una (molti fan italiani sono soliti chia- sto, Urlo negro, dei Primitives, Che composizione. Un po’ poco. Sicura- marlo così per i suoi forti legami notte di Buscaglione) è riuscito mente meno di quanto avevano pro- con il Belpaese) si prende una pau- con grande espressività a giocare posto gli Oxbow un’oretta prima, sa dal rumorismo gettandosi pro- con le melodie plasmandole come per quanto anche loro, sorprendenti vocatoriamente nel mondo musica- solo Demetrio Stratos era capace in studio per fantasia e sperimenta- le dei nostri genitori (per qualche di fare. Il paragone tra i due non zione, abbiano optato per soluzioni giovanissimo già nonni), attraverso regge ancora, ma è evidente quan- semplici rispetto al loro stile origi- quelle canzoni che, da piccoli, non to il fantasma del fu cantante degli nale, che a tratti potrebbe ricorda- ci saremmo mai sognati di apprez- Area, aleggi nelle invenzioni vocali re perfino i Pere Ubu. E pensare zare: Mina, Fred Buongusto, i Pri- di Mike Patton. che in parte del tour europeo (non mitives, Adriano Celentano, Fred C’è troppo poco, però, di quello che in Italia), le due band erano affian- Buscaglione. Persino Edoardo ci siamo abituati ad apprezzare di cate dai Boris, che, se non altro, Vianello (quello di Abbronzatissi- lui. Mancano i forti contrasti, i cam- avrebbero aggiunto un pizzico d’in- ma, per intenderci). bi repentini, le virate improbabili teresse a compensare la noia della Un’altra operazione chirurgica? e perfino l’ironia, punti fermi del serata. Arrangiamenti irriconoscibili? Un suo immaginario musicale. Mondo Daniele Follero tranello per attirare ultracinquan- Cane è un omaggio a tratti diver- tenni per poi sconvolgerli con un tente, a tratti (pseudo) sentito, di Mike Patton / Mondo Cane – Teatro sound terrificante? Tutto ci si sa- classici della canzone italiana del Comunale di Modena (25 maggio rebbe potuti aspettare da Patton, boom. Punto. Stavolta il Maestro 2007) tranne quello che si è visto a Mo- Sisillo, alle prese con un materia- Da personaggi versatili e fantasiosi dena, Lugo e Salsomaggiore, nella le semplice, la canzonetta (a parte come Mike Patton, lo si è già detto tre giorni durante la quale l’Italia alcuni brani finissimi di Morricone in altre occasioni, c’è da aspettar- ha potuto apprezzare (o disprezza- e Rota) e autore di arrangiamenti si di tutto. Compresa la normalità, re) il suo nuovo travestimento. La che non si discostano, come detto, che, a seconda del contesto, può pacatezza, la sobrietà, la fedeltà dagli originali, si conferma comun- rivelarsi spiazzante come la più con la quale sono stati interpreta- que direttore e arrangiatore dutti- grande delle trovate impreviste. ti i brani in scaletta, arrangiati per le, adattissimo agli atteggiamenti Mondo Cane, il nuovo progetto del orchestra e piccolo coro, è stata camaleontici di Patton. Non si ca- poliedrico cantante americano, che una sorpresa per tutti. Ascoltare pisce invece cosa ci faccia lì Roy consolida la sua collaborazione, l’ex Faith No More cantare, vestito Paci, a parte prendersi gli applausi ormai decennale, con Angelica e il con il suo ormai classico gessato della sua claque. Qualche assolo feeling artistico e professionale con e la cravatta nera, Il cielo In una di tromba, un po’ di teatrino e un il direttore Aldo Sisillo (e, di con- stanza, Senza fine, Storia d’amore nome che attira pubblico giovane. seguenza, con il Teatro Comunale e altre colonne portanti della storia Sarà per questo che l’hanno con- di Modena, di cui Sisillo è direttore del pop nostrano, acquisiva senso vocato? artistico), è basato sulla rivisita- proprio attraverso l’effetto-sorpre- Daniele Follero Mike Patton Mike

s e n t i r e a s c o l t a r e 8 9 Primavera Sound

Primavera Sound – Forum, vince e se a questo s’aggiunge il contemporanea. Tanta roba da far Barcellona (30 maggio / 2 giugno mito barcellonese, la location futu- sembrare un po’ più piccolo - o se 2007) rista, il mare e un’immagine coor- non altro più denso - quello spa- “Ma sei stato al Primavera”? Una dinata studiata in ogni dettaglio, zio enorme, nel quale studiare le frase oramai d’obbligo, che trot- allora… beh, il Primavera è un traiettorie musicali diventa più che tola per la rete come un diktat e appuntamento fisso per gli addetti mai doloroso e muoversi e ritrovar- si trasforma in parole, filmati e (per noi lo è almeno da tre anni), si tra i volumi e la massa più com- foto sparse in migliaia di siti, al- e un barometro delle sottoculture plicato. Di pari passo spuntano an- cuni persino aggiornati live dalla europee, una fotografia dei suoni che gli inconvenienti: scelte strane location. Sono i segnali potenti di dei Duemila (e di quei Duemila che come piazzare i Modest Mouse e i un festival, un happening che può si poggiano sui ’70/’80, stra-attua- Battles nello stage “indie” dell’ATP contare su un popolo-fiume-in-pie- li anch’essi). Un meeting point per (salvo un cambiamento lastminute na di sessantaduemila persone. Un gente sparsa nei territori nazionali per i secondi) e gli Architecture In botto che si somma a un incremen- e un osservatorio sui movimenti e Helsinki in quello dell’anfiteatro to – circa del 30% - rispetto allo le estetiche del popolo indie, che RockDelux, nonché i Fall nel main scorso anno, una svolta per l’in- quest’anno per dire conta anche su stage. Tutto ciò si somma a – novi- tero evento, che può a ben diritto una buona fetta di colorati e lat- tà per loro – vari problemi tecnici, considerarsi di massa e meritar- tiginosi scandinavi oltre ai soliti come quelli incontrati dagli stessi si la palma di act festivaliero più britannici, tedeschi, francesi e una Architecture e The Good, The Bad hype del continente. Chiaro, non buona fetta di italiani. & The Queen (volume basso per è soltanto una questione di cifre: A tanto calore il PS risponde con tutto lo show, sovrastato dai bassi quel mix tra vecchie glorie post- cento gruppi e un palco in più da discoteca), gli Smashing Pum- punk, autentici miti rock tout court (quello che solitamente era adibi- pkins (salta l’audio in mezza can- e una marea di gruppi e microact to a discoteca post-evento), per zone), i Built To Spill (soundcheck da tutte le regioni del mondo, stra- un totale di sei location fisse in infinito e microfoni che partono, un

9 0 s e n t i r e a s c o l t a r e Festival 2007

concerto praticamente rovinato) e tannici wave-pop, Modest Mouse), saggi importanti per Parenthetical i Battles (corde che saltano e mac- e una sempiterna abbondante vena Girls e Battles: gli act più freschi chine che non rispondono). psichedelica (ancora Melvins, Fall, del momento, vuoi per presenza Su dove porteranno questi se- Wilco, , Built To sul palco, vuoi per proposta mu- gnali non ha senso congetturare; Spill, Isis…). Ingredienti di questi sicale (la prosopopea irresistibile ma che l’edizione 2007 pare una anni, che circolano sotto messaggi dei primi, il matematismo freejazz gara di sms quello sì. Lo dobbiamo potenti quali quelli lanciati dai Mel- per macchine e strumenti dei se- dire all’inizio perché erano tutti a vins, che assieme agli immancabi- condi); buona tenuta anche per mandar messaggini, un milione di li Sonic Youth (Daydream Nation), gente affermata come Blonde Re- messaggini interpersonali e musi- Slint (Spiderland), Comets (Blue dhead (scienza della malinconia) e cali. Frasi e riff che s’incontrano Cathedral) e Dirty Three (Ocean naturalmente Modest Mouse, che e si troncano, un vagabondare un Songs) propongono per intero un fanno faville con una scaletta kil- po’ frenetico e un po’ annacquato album “storico”. King Buzzo e soci ler e un Johnny Marr pienamente (dalla solita birra Estrella) e tan- sono i più impressionanti: con loro partecipe. I Low sono al solito ma- ta fame in corpo. Fame di chitarre Houdini è la sintesi di un sound gici, e lo stage dell’ATP premia il e fame di download, per retine e passato dalla selva pre-grunge al- classico live del trio con calore e timpani in un evento che trasver- l’arte concettuale, senza peccare trasporto. Come diciamo da sem- salmente registra una componen- dei difetti che solitamente si at- pre, non c’erano dubbi sulla san- te tribale sempre più sentita ad tribuiscono a queste operazioni. Il guigna carica garage dei Black ampio spettro (percussioni per i finale alla poi è la cosa Lips, tra blasfemie Beatles e potenti Melvins, muniti di doppia più potente e anti-show che il festi- punk’n’blues’n’roll a rotta di collo. batteria, e persino per i Parenthe- val abbia registrato: oltre quindici Messaggini e frasi troncate invece tical Girls), una cavalleria di funk minuti di tribalismo su una cover per i Dirty Three, castigati in uno bianco sempre solida e oro per i di Country Joe And The Fish e im- stage dispersivo e poco incentivati ballerini (Architecture, tutti i bri- precazioni anti-Vietnam. Altri mes- dal pubblico, come per gli Slint la

s e n t i r e a s c o l t a r e 9 1 cui re-reunion è un affare oramai moglie-tastierista, il tutto mentre moltiplicazione della voce e gran senza molto senso se non quello sbraita sicuro e strafottente, al slego di corde collettivo (violoncel- di godere di un impianto imbattibi- solito e anche di più. Eppure quel lo, piano, batteria, tromba) viene le (e chi ha voglia di noto, ha go- finale impro psych tiratissimo - se- replicato per ogni sacrosanto bra- duto); come non si può dire bene condo solo a quello dei Melvins - no della scaletta tanto da trasfor- di Beirut, anche qui non tanto per conclude una performance nel com- mare l’epica tragica di certi Balcani questioni di performance quanto plesso da annoverare negli annali in una pappa per intellettuali deca- per un discorso di palco (e volumi). del Primavera. Sicuramente non a denti. Poco male, la chiudiamo con Noiosi tout court invece Pelican e questi livelli ma prevedibilmente dei doversi elogi: l’offerta com- Isis, praticamente conscio e sub- onnipresenti e bravi i Sonici: que- plessiva del Primavera tampona le conscio del metal passato al post- sta è la prima di Daydream Nation piccole e grandi delusioni di ognu- rock di Louisville, un po’ scialbo 2007 e, nonostante qualche marcia no (le proverbiali quando si hanno lo psych rock dei Black Mountain debba ancora ingranare, il mito in- aspettative). E ancora una volta le (cugini meno dotati dei Brian Jo- die rock definitivo è bello è servito, scelte complessive (la partnership nestown Massacre) e senile il fair- con tanto di irresistibile Thurston con l’ATP, l’attenzione per gente play new age con residui fai da te Moore che inforca occhialini da che non abbiamo citato ma di cui dei Durutti Column in trio. collegiale prima di intonare Total sarebbe stato bello parlare come Ma parliamo dei big. Tutti bravi, Trash; il pubblico apprezza, spinge Alexander Tucker, Fujiya & Miyagi, decisamente: i Wilco primi della e scalpita per l’esibizione probabil- Grizzly Bear, Mus, Jay Reatard e classe, con folla oceanica adu- mente più frequentata del festival. Hell) confermano la lungimiranza nata per il loro folk intimista che C’è comunque un modo per ripa- degli organizzatori. A quando la ogni tanto prende pieghe opposte; rarsi dall’immane fiumana di gen- reunion del Pop Group? Questi mi- i White Stripes, eccezionalmente te, ed è il rifugiarsi all’Auditori, racoli solo loro possono oramai... in tiro, che tengono tutti inchio- teatro avveniristico dove gli sms Edoardo Bridda (contributi di dati fino a tarda notte con il loro non arrivano; per via del campo, Antonio Puglia e Teresa Greco) blues acido e più hard che mai, tra si sa, ma anche per isolamenti le mille chitarre di Jack e il sor- spazio-temporali. Ecco che David Han Bennink + Fabrizio Pugliesi riso dell’imperturbabile Meg; Patti Thomas Broughton appare chiuso + Ab Baars + Olivia Bignardi Smith santona che rifà Stones e in una bolla autistica fra ancestrali + David Kweksilber + Michael Cobain, con finalone Gloria / Rock cantilene folk e freakerie avant (gi- Moore + Enrico Sartori - Teatro And Roll Nigger, e sì, persino quel nocchiate alla chitarra, oggetti me- San Leonardo, Bologna (10 prete di Billy Corgan che, suonati tallici fatti tintinnare, corse forsen- maggio 2007) quattro (brutti) pezzi dal prossimo nate tra il pubblico); Billy Bragg Caratteristica di Angelica, ormai Zeitgeist fa rivivere l’adolescenza intrattiene magistralmente in uno consolidata da tempo, è quella di a buona parte degli astanti con uno one-man show di un’ora, in cui im- mettere faccia a faccia musicisti show che è tutto un persona la sua migliore incarna- “storici” e nuovi talenti. L’improv- e un pochino una mellon collie. I zione, il combat folkster “Johnny visazione in duo, formula predilet- Buzzcocks? C’erano anche loro Clash”, laddove Jonathan Rich- ta da sempre dal festival, mette sì, e ubriachi fradici hanno fatto un man viene accolto come una su- a nudo gli artisti, costretti ad un casino tale che per una volta il pal- perstar per il solo riproporre il suo confronto serrato gli uni con gli al- co “electro” di fronte al Rockdelux repertorio ispanico. E’ senz’altro tri nella più intima delle formazioni ha taciuto i suoi bassi. Così non uno show osservare Shannon Wri- musicali, quella in cui non si può è stato per l’esibizione di Albarn e ght contorcersi fra piano e chitar- in nessun modo mentire, tanto si è Simonon: i suoni vittoriani di The ra, totalmente posseduta dalla sua esposti. Good, The Bad & The Queen sono musa, in un dialogo serrato con se Quest’anno è toccato al batterista stati praticamente sommersi dal stessa mentre ripropone a mo’ di olandese Han Bennink vestire i rave antistante, nonostante l’affia- talkin’ blues waitsiano buona parte panni del mostro sacro della XVII tamento del combo e l’ottimo umo- dell’ultimo album, la musica tesa edizione di Angelica, impegnato sia re di Damon. Promosso a star di tra cabaret ed emotività lacerante; come componente dell’ ICP Orche- primo rango l’immarcescibile Mark così come vedere good old Robyn stra (insieme a gente come Tristan E. Smith chiamato sul main stage, Hitchcock salire sulla sua Adven- Honsinger e Michael Moore), sia con lui una line-up nuova di zecca ture Rocket Ship alla volta del in duo. In questa seconda occasio- pronta a subire capricci e scappel- pianeta mai dimenticato dei Soft ne ad affiancarlo era Fabrizio Pu- lotti. Smith fa cantare il bassista al Boys, accompagnato dai fedeli Ve- glisi, pianista catanese dai passati posto suo per fumarsi la sigaretta nus 3 (3/5 di Minus 5 e R.E.M.). olandesi, con il quale Bennink ave- pre-concerto, aggiusta il volume al Bocciatura invece per Matt Elliott: va già collaborato in passato. chitarrista, ruba il microfono alla una fissa per i crescendi noise con Che i due si conoscano già da un

9 2 s e n t i r e a s c o l t a r e Han Bennik Han

po’, musicalmente parlando, lo si ha reso difficile il congedo dei due paganti – nella loro unica e attesis- sente subito. Puglisi dimostra di musicisti. sima data italiana potrebbe benis- conoscere l’estro letteralmente A completare una serata che avreb- simo rientrare sotto la voce “colle- vulcanico del batterista (presenta- be anche potuto concludersi così, ra divina” / “fato funesto”. O, meno tosi sul palco con una batteria for- in maniera del tutto soddisfacente, omericamente, “sfiga pazzesca”. mata da fasci di rami, oltre che da un quintetto di fiati, anche stavol- Ma andiamo con ordine, come si tamburi) e gli lascia molto spazio, ta italo-olandese: Michael Moore dice in questi casi. Anzi, no, par- inizialmente accompagnandolo al (clarinetto e sax alto), Ab Baars tiamo da quella frase pronunciata piano con tocco leggero e incon- (clarinetto e sax tenore), David dal buon Pete quando, dopo sole fondibilmente jazzato. Bennink è Kweksilber dell’Asko Ensemble cinque cartucce sparate, la furia molto più che un musicista. Impre- (clarinetto e sax alto), Enrico Sar- degli elementi si scatena su Vero- vedibile, cerca di piegare alla fun- tori (clarinetto, clarinetto contralto na sotto forma di un violento nu- zione percussiva qualsiasi ogget- e sax alto), Olivia Bignardi (clari- bifragio, che costringe presto gli to si ritrovi tra le mani, che siano netto e sax alto). I colori caldi dei sventurati astanti a cercare rifugio pupazzi o sgabelli, per la sorpresa clarinetti e dei sax si fondono in tra le arcate dell’antico circo roma- di un pubblico che si vede conti- un timbro che, a seconda delle no. “This is the first time it rains on nuamente sbattere davanti cumuli combinazioni che si succedono, si me. It is supposed to rain on you!”, di rami manco fosse in una fore- trasforma: duetti incrociati, dialo- urla un Townshend quasi divertito sta. L’improvvisazione cresce di ghi imitativi, sfociano in esplosioni quando le gocce, complice il ven- intensità a mano a mano che i due collettive che danno vita a momen- to galeotto, colpiscono anche lui e prendono confidenza con la mate- ti tesissimi creati su una trama di tutta la strumentazione sul palco. ria musicale e sperimentano i tim- fortissime dissonanze. Le caratte- Come dire: questo non dovreb- bri, supportati dal sintetizzatore ristiche degli strumenti impiegati, be succedermi, perché – per dir- suonato da Puglisi, unico elemen- tutti dai registri molto ampi, per- la come il Marchese del Grillo- “io to elettronico tra gli strumenti usa- mette variazioni espressive e un so’ io (la rockstar) e voi nun siete ti. Spesso la produzione di suoni ventaglio di possibilità vastissime, un cazzo” (o meglio, siete i pove- aleatoria diventa il principio fon- che i musicisti, disposti in cerchio racci che avete pagato un minimo dante dell’esecuzione, tra rumori e (in modo da potersi guardare e di 54€ per vedermi suonare). Che musichette dei giocattoli e tamburi studiare) sfruttano, mettendo in poi, a quanto pare, lo stesso Pete e piatti fatti rotolare a terra. campo personalità diversissime, spingerà da subito per far fronte L’ironia la fa da padrona. I due gio- dall’irruenza invadente di Moore all’inconveniente e riprendere lo cano con alcune bamboline come alla sobrietà classicheggiante di show, ma è bello pensare che il ra- fossero dei bimbi e sembrano sin- Kweksilber, che non si scompone gazzaccio dentro di lui si sia fatto ceramente divertirsi, senza in nes- neanche nei momenti più intensi. sentire ancora una volta. In ogni sun modo perdere la concentrazio- Daniele Follero caso, concerto interrotto per più di ne, e con loro il pubblico. Non certo The Who – Verona, Arena (11 un’ora, con l’angoscia incomben- un pubblico delle grandi occasioni, giugno 2007) te che tutto sia già finito. Ridere se si pensa alla sala stracolma du- Incidenti, li chiamano. Quando o piangere, in questi casi, non fa rante il concerto di Braxton dello quello che è successo ai redivivi differenza. scorso anno, ma comunque nume- Townshend & Daltrey – e ai circa E dire che l’avvio era stato al car- roso e soprattutto entusiasta, che 12000 avventori profumatamente diopalmo: I Can’t Explain, The

s e n t i r e a s c o l t a r e 9 3 Seeker, Substitute, Fragments da The Real Me. E’ però Pete che su ne sono conseguite) e lunghe e Endless Wire (concessa, e live Magic Bus, The Kids Are Alright e sonnolente ballad, che diventano ha anche un suo senso), Who Are Pinball Wizard recupera vistosa- spirituali jam dark-blues. Compre- You, con il vecchio Roger per nulla mente il punteggio; d’altronde gli se alcune rivisitazioni del gruppo domo a far roteare il cavo del mi- Who non sono stati quasi sempre madre, tra le quali una sulfurea crofono come solo sa lui, e l’eterno una cosa sua? Pur roco e fioco, cavalcata di Black Soul Choir. Chi Pete a infliggere i classici colpi “a sarà comunque Daltrey a chiudere scrive non fa mistero di preferire mulinello” alla Stratocaster d’or- la partita, dando il definitivo colpo lo slancio 16 Horsepower (e la sua dinanza. Roba da restarci sec- di grazia alla sua ugola nell’urlo roots music selvaggia) alle cupe e chi solo a vederlo, altrochè, e al finale di Won’t Get Fooled Again. rarefatte riflessioni wovehandia- diavolo tutti gli scrupoli di questo Pubblico per la maggior parte ri- ne, che viste qui alla lunga (dopo mondo su reunion come questa e i conquistato (con tanto di commo- un’ora e mezza di concerto) ri- soliti discorsi sui dinosauri “bolliti” vente abbraccio finale tra i due), e schiano un po’ di uniformarsi, per e bla bla bla. Con una band così, risultato portato a casa. arrangiamento ed esecuzione. poi, - i rimpiazzi di lusso Pino Pal- Chi ha vinto, allora? Il mito immor- Ma Edwards fa sempre comunque ladino e Zak “Starr” più il fratellino tale del rock che sconfigge il de- la differenza con il suo show nello di Townshend, Simon, alla chitarra stino avverso o le ciniche regole show, da oscuro predicatore del- e il veterano John “Bunny” Bundri- dello showbiz che impongono che l’apocalisse ai cui sermoni non si ck alle tastiere -, ci si dimentica il malloppo sia comunque incassa- può sfuggire, malgrado tutto. Lo di tutto. to? Nel dubbio, se mai voleste ve- diresti un singolare incrocio tra Senonché, arriva la natura a cer- dere gli Who dal vivo - è pur sem- Gordon Gano e Nick Cave, con care di ristabilire il suo ordine (o pre un signor show -, consigliamo parti assortite di Gun Club. Musi- caos, che poi è uguale quando si vivamente una venue al chiuso. ca devozionale dal forte contenuto parla di elementi, no?). Perché Sia mai la natura si ribelli un’altra spirituale che non accetta alcun – non è certo finita qui, che cre- volta. compromesso. Prendere o lascia- devate – quando i due tornano sul Antonio Puglia re. E a giudicare dall’accoglienza palco, accade l’ineluttabile: Behind riservatagli in quest’occasione, il Blue Eyes non arriva neanche a pubblico milanese è stato ampia- sbocciare che la voce di Daltrey Woven Hand – Transilvania, mente conquistato. si incrina impietosamente su “but Milano (15 giugno 2007) Teresa Greco my dreeeams they aren’t as emp- Affluenza non numerosa ma attenta ty…”. L’umidità della serata vene- e curiosa al Transilvania per David ta ha fatto il suo sporco, diabolico Eugene Edwards e i suoi Woven lavoro. Stizzito, il frontman si sfila Hand. Un manipolo di fedelissimi l’acustica e corre nei camerini. - come abbiamo constatato - che A questo punto, stati d’animo con- pende dalle labbra del carismatico trastanti s’impossessano di un leader nerovestito, che da subito pubblico ormai attonito, generando comincia ad attirare l’attenzione su una certa schizofrenia – che non è di sé. Scioltisi i 16 Horsepower di quadrofenia, ma è pur sempre un cui il Nostro era il frontman, tocca buon inizio. “In pensione, subito, ora alle sue “mani giunte” prose- e per sempre”, pensa il cinico ba- guire il suo discorso in chiave dark stardo. “Non posso vedere Roger folk/country blues, con la febbrile Daltrey così. Mi fa quasi tenerez- urgenza espressiva peculiare mar- za. Potessi salirei sul palco e lo chio di fabbrica. abbraccerei”, pensa il fan dal cuo- E il live non poteva che essere re spezzato. “E’ la fine”, pensano così come da copione, con un re- un po’ tutti. E invece no: dopo un pertorio che abbraccia l’intera pro- altro balletto di scuse e indeci- duzione della band, con Edwards sioni, quando ormai ogni speran- che si alterna tra chitarra e mando- za sembrava del tutto svanita e la lino, cantato in loop e sussurri, tra pioggia continuava a battere ine- autismi solistici al limite dell’inco- sorabile, si diffondono le note di municabilità, siparietti teatral-re- Let’s See Action (una chicca, tra ligiosi con tanto di ringraziamenti l’altro). Roger è lì, sofferente e al signore, a mo’ di benedizione praticamente afono, ma fa il me- (è nota infatti la sua discendenza glio che può, cimentandosi perfino da un nonno predicatore, con tutto in Baba O’ Riley, My Generation e l’immaginario e le ossessioni che

9 4 s e n t i r e a s c o l t a r e (Gi)Ant Steps (Gi)Ant Sonny Rollins SAOPHONE COLOSSUS #8 di Fabrizio Zampighi

Musicista virtuoso e carattere inquieto capace di mettersi perennemente in discussione, Sonny Rollins ha at- traversato la storia del jazz a suo modo, contribuendo a costruirne le fondamenta, intervallando momenti di stasi a periodi di forte impegno, studiandone gli accenti storici e le vicissitudini. Per poi scoprire che ciò che sembra soltanto musica è invece qualcosa che paradossalmente, poco ha a che vedere con la i h g i p m a tecnica Z o i z i r b a F e i t n e v l o S e o n a f e molto t S i d a r u c a z z a j a c i r b u r a n u con il coraggio.

Sonny Rollins – Saxophone un po’ sulla bocca di tutti. Tra la Colossus (Prestige, 1956) fine degli anni ‘40 e la prima metà A sentire il diretto interessato, il dei ‘50 Sonny ha collaborato con disco migliore di Sonny Rollins musicisti del calibro di Max Roach, sarebbe The Solo Album, ope- Clifford Brown, , ra incisa nel 1985 in occasione J.J.Johnson, Miles Davis, dimo- di un’ esibizione nel giardino del strandosi ottimo autore e, nono- Museo d’Arte Contemporanea di stante la giovane età, ben più di New York. Un’esperienza di ascol- un semplice session man. Guada- to che raccoglie quasi un’ora di gnandosi invece il rispetto dei col- sax e nient’altro, meravigliosa ed leghi, che oltre a riservargli con- estenuante, irripetibile e significa- tinui attestati di stima, arrivano a tiva del rapporto che lega uno dei paragonarlo a Charlie Parker per più grandi musicisti della storia del lo stile fantasioso, i fraseggi re- jazz al suo strumento. pentini e l’energia che sprigiona- Non entriamo nel merito, dal mo- no i riff del suo sax. Rollins non si mento che la vastissima discogra- accontenta e continua ad evolver- fia del Nostro potrebbe dare adito si, mescolando scambi vibranti ad a qualsiasi riflessione a riguardo. elementi ritmici esotici – il calypso, Tant’è che in questa sede, noi proveniente dalle isole Vergini del- stessi scegliamo di occuparci di le Piccole Antille, come del resto un titolo ugualmente affascinante la madre del musicista - , stacchi ma decisamente più classico: quel improvvisi a nette decelerazioni, Saxophone Colossus, che assie- accentuate variazioni di colore a me a Tenor Madness e a Way Out raffinate tessiture. Caratteri che debitrici più al blues che a quel- West rappresenta un po’ lo zenith in Saxophone Colossus vengono l’hard bop di cui il musicista è pe- qualitativo del primo periodo musi- a patti con la disarmante semplici- raltro deciso estimatore. Passione cale di Rollins. tà formale e la purezza cristallina – quella per l’hard bop - che invece Il disco esce nel 1956, in un mo- delle melodie. nel successivo Strode Rode emer- mento in cui il nome dell’artista è Tutto ha inizio con St. Thomas, le ge prepotente, in un’ alternanza cui derive etniche – alla batteria di scambi scapicollanti di sax e c’è Max Roach - prendono il so- picchiare invasato di batteria che pravvento sull’insieme costringen- danza su un tema a scatti ma tut- do il sax del padrone di casa su un to sommato pacato. Le energie in tema allegro ricco di ripetizioni e eccesso vengono poi stemperate concessioni libertine. Una sorta di nei due brani conclusivi, Moritat stretching in vista delle atmosfe- e Blue Seven, il primo standard re hard boiled di You Don’t Know - a firma Weil/Brecht ma reso ce- What Love Is, i cui vagabondaggi lebre da Louis Armstrong - da cui notturni ospitano il basso di Doug emerge un certo equilibrio formale Watkins, solleticano il piano ele- tra improvvisazione e fondamenta gante di Tommy Flanagan, con- armoniche, il secondo slow tempo cedono ai riff di Rollins lo spazio made in Sonny Rollins dedicato necessario per disegnare armonie alle microvariazioni e alle chiose.

s e n t i r e a s c o l t a r e 9 5 WE ARE DEMO #18

sono giovanissimi, suonano canzoni bonaccia tutte uguali, il buio avvol- pulite pulite di una purezza cristal- ge, culla. Sul ponte qualcuno pizzica lina, pop come ci hanno insegnato una chitarra, qualcun altro suona un gli Smiths o come continuano ad in- armonica, malinconica. Dalla cabina segnarci i nostrani Perturbazione o si sentono confusi messaggi radio ri- anche Carmen Consoli. Ma la voce! volti a chissachì. Un grido bestiale E’ la voce che ti prende al cuore. Im- squarcia il silenzio, è qualcuno che barazza quasi tanto è flebile, intima, non ce la fa più. Ma il mare sa aspet- netta e isolata. I testi sono l’amore tare apparentemente immobile, in come non si riesce più a raccontare realtà brulicante di esseri scintillanti dopo. E’ puro emo a due passi dalla e submovimenti. Da qualche parte pornografia! La musica è ben scritta laggiù riposa sospesa lei, la grande e suonata, lieve anche se sostenuta balena bianca. (7.2/10) nelle ritmiche e talvolta graffiante. D a v i d e B r a c e S i d e A Ma senza quella voce, non me ne si Seguo l’evoluzione dei riminesi Vol- voglia, probabilmente non sarei ri- ticontrolume da qualche tempo. Le masto tanto attratto da questo lavoro loro produzioni sono sempre state in- che invece temo finirà spesso nella teressanti esperimenti di desert rock mia borsa quest’estate. Viene voglia psichedelico e dilatato, che spesso di lasciarsi crescere un ciuffo, aprire però si perdevano in lunghi episodi la camicia e ballare lascivi, magari con voce satura d’effetti, annacqua- un po’ effeminati, insomma Morris- ta nelle pur gradevoli atmosfere col sey. Magari non sono così indie come rischio di creare inizialmente molta vorrebbero e l’intellighenzia snob aspettativa e finire purtroppo in noia. continuerà a snobbarli (cattivi!), ma Con questo nuovo lavoro compiono ce ne fossero di giovani band capa- un gran bel passo in avanti ed an- ci di scrivere canzoni come queste. che un leggero cambio di rotta. Fi- (7.2/10) nalmente canzoni. Ben strutturate. Non so molto di questa band, Il Ga- Voce più o meno intelligibile. Molto rage Ermetico. Leggo che sono in più rock e meno psichedelia ambien- due e provengono un po’ da Bergamo S i d e B tale. Si parte come degli Yo La Tengo un po’ da Genova, il loro demo Alcu- Liuk Productions è uno che ci tiene in cantina, la voce strascicata (forse ni pensieri di Dick la balena all’anonimato. Gli preme d’informar- troppo) cala Godano nei sixties più mi ha invece letteralmente folgorato. ci che ha 34 anni, vive ad Oristano psichedelici. Le melodie rilasciano Un concatenarsi fluido di cantauto- ed è informatico proprio come la sua un gusto che sa di certo garage-beat rato sotto tono e piccola elettronica musica, composta con un software italiano che è un vero piacere. La fatta di dettagli e reminescenze, il da due soldi - parole sue - compra- chitarra suona marcia e graffiante Robert Wyatt più liquido coverizza- memore del miglior indie-rock stelle to dai Boards Of Canada più astratti to in edicola. Fatto è che il reticolo e striscie denotando grande perizia prodotti da Fennesz per Snowdonia. teatral-electro-prog che ci propone e gusto nell’uso degli effetti. La re- Svarioni sottomarini e colpi di sole, appare giocoso e inquietante. Come gistrazione forse non rende com- musica senza gravità e troppi riferi- un mash-up di tentazioni/ossessioni pletamente giustizia alle intenzioni menti. Vascello in mare aperto per- compresse nella cameretta e ricrea- te col Commodore 64. La title track a cura di Stefano maSolventi econsiderato Fabrizio Zampighi che è solo un demo so alla ricerca della grande balena resta comunque un lavoro notevole. bianca. La voce grave, impastata. fa venire in mente il Giusto Pio de Con qualche accorgimento in più a lenta si fa portatrice degli ultimi con- L’era del cinghiale bianco conver- voce e testi, direi proprio che ci sia- fusi pensieri di una ciurma ormai da tito alla tastierina, Irregular Beat ir- mo. Complimenti. (6.8/10) troppo tempo alla deriva. Lo sguar- radia sconcertante ciber-esotismo in Diamine! Ma cos’è? Un concentrato do balbetta cercando all’orizzonte, il levare, The Burning Theatre sfalsa di candida pubertà eterna ed incom- corpo ciondola assecondando il mare linee melodiche tra timbri pseudo- presa adolescenza? I riminesi UCS e le sue sinusoidi elettriche. Notti di vocali per una quasi-umanità prossi-

WE ARE DEMO9 6 s e n t i r e a s c o l t a r e WE ARE DEMO ARE WE ma all’Hancock di Rock It, Euphoric ecceda con le potabili recrudescen- ce. E invece la band sarda, pur non Impression è una filastrocca senza ze pop-soul: è alto il rischio di sper- lesinando in ruvidezza, dimostra nel parole per macchine dismesse solo perare cose buone e giuste come My loro Col vento in faccia di saperci nella realtà. Perché - ecco è il pun- Freedom – con quella tromba placida fare anche con la melodia, inanel- to - questo modernariato sonico lo a squarciare il velo downtempo – in lando una serie di episodi – tra tut- portiamo dentro, è la sinopia di ogni direzione (argh!) Celine Dion. E che ti Hungry - che tra maree di power mirabilia auditiva attuale, la sua mo- dire poi di quella orribile voce ma- chords “stoppati” e assoli d’ordinan- venza prima, metà fisica (metafisica) schile! Visto che competenza e ta- za richiama i primi Timoria, omaggia e metà androide. Del resto, viene lento non mancano, vale la pena di la “Vergine d’acciaio” e trova il modo il sospetto che quel Liuk della ra- imporsi una disciplina, di seleziona- di farci sculettare come ai bei tempi gione sociale possa rimandare alla re. (6.3/10) andati senza scadere in pacchiane- pronuncia italica dello Skywalker di Un trio anzi un quintetto (le note sul rie di sorta (voto: 6.6/10; web: www. Star Wars, archetipo di effettistica cd e quelle sulla cartellina stampa myspace.com/saveenergy). Discorso da pochi mega anzi semi-analogica, non collimano) dedito all’incontro tra diverso per Swelto, che nonostante musica orientale e occidentale, con i capelli lunghi fino alle spalle e lo tutto ciò che questo significa e forse sguardo truce in copertina, si occupa di più. Ecco i Cetana, che poi sareb- di hip hop. Di quello battagliero e di- bero la manifestazione sonora del silluso, metropolitano e claustofobi- progetto Advaita, un vero e proprio co, sputato su beat essenziali e con- percorso di ricerca interiore scaturi- torni r ‘n’b – Tutto da capo -, aperto a to dall’incontro tra Luigi e Sasidu, il contaminazioni e contributi esterni. primo cantante e il secondo percus- Buono il risultato finale ed ottime le sionista originario dello Sri Lanka. Nel loro Demo cd si susseguono melmose ballate psych blues condi- te da synth siderali, canto rapito e sussurri mefistofelici, percussioni & pulsazioni, tutto un tentativo di rico- struire un terreno comune di visioni/ ma non per questo meno strabilian- percezioni come accade ogni tanto da una quarantina d’anni a questa te. Chiariamo: l’ascolto di Strange parte, almeno in ambito pop-rock. Dreams è meno pregnante dei ri- svolti qui ipotizzati. Ma è comunque Ma i sixties sono lontani e così – ac- colta le capacità contemporanee di gradevole. (6.5/10) decostruire e ricostruire – accadono Il progetto Noxia, localizzabile in misteriose suggestioni esotiche in quel di Salò, è un sestetto “espanso” teatrini allucinati e stranianti, roba ad una decina di elementi (perlome- tipo gli Incredible String Band messi no), tra synth e chitarre, percussioni potenzialità, per un disco che al di là a macerare assieme al Kantner più e fisarmoniche, voci (in inglese, in di qualche naturale ingenuità dovu- visionario nell’I-Pod dei Bardo Pond. marocchino, in greco, in italiano) e ta alla giovane età dell’artista mar- Non possiamo esimerci dal sottoli- cori, elettroniche e ottoni. In questo chigiano – classe 1985 -, non lascia neare una certa prolissità e monoto- Doron Soundtracks fanno etno- l’amaro in bocca (voto: 6.3/10; web: nia, però se siete ben disposti ver- world onirica, futurista e frondosa, www.swelto.it ). La palma di miglior so le frequenze lente e le vibrazioni suadente finché non spiana riffara- bonus del mese va invece ai Cremi- dense, potreste – chissà – accedere ma rocciosi, gabrielliana finché non si, impegnati a riprodurre un’interes- all’evocativa complessità dei segni. s’avvia midtempo Deep Forest. C’è santissima fusione tra accenni post- In bocca al lupo. (6.7/10) insomma una nostalgia al lavoro, col rock, musica d’autore, deviazioni Stefano Solventi mirino puntato sugli ottanta a cavallo scanzonate. Batang parla di Paolo tra progressive e pop, anni che rea- Conte su un tessuto strumentale givano all’esplosione del villaggio piuttosto personale, Jazz cita Vinicio globale fantasticando globalizzazioni Bonus Track Capossela tra un basso balbettante artificiose, singulti atavici in provet- Ok, so già che storcerete il naso e distensioni “dopo rock”, Len-ta- ta, ologrammi sonici contro l’ignoto quando vi dirò che i Save Energy si men-te ci ricorda con pochi passaggi che viene a prenderti (la title track, occupano di metal cantato in italia- chi erano i Mogwai, Semplice scova No Good Byes). Fortuna che tutto si no. Sembra di sentirvi: i soliti capel- in fondo alle tasche un grammo di stempera in una voglia di morbidez- loni esaltati il cui unico interesse è blues e lo veste di trame decisamen- za urban-soul, quella certa disinvol- quello di trovare una scusa per “sle- te allentate. Eleganza e gusto este- tura applicata al patchwork sonico gare” la chitarra, pestare a più non tico fanno il resto (voto: 7.0/10; web: che rese intriganti i Bran Van 3000 posso sulla batteria, inerpicarsi in www.cremisi.com). (Dreamers). Peccato che talvolta si acuti alla Bruce Dickinson. E inve- F a b r i z i o Z a m p i g h i

s e n t i r e a s c o l t a r e 9 7 Neurosis CAVALIERI NELLA TEMPESTA

di Paolo Grava

I Neurosis rimangono un enigma Albini e John Brannon, gruppi scono a partecipare all’Ozzfest in per i pasdaran dell’etichetta e del- come Earth, Melvins, Eyehategod compagnia di Pantera e Machine la classificazione, mentre un suo- traducono in maniera degenere il Head e scatenare un headbanging no assolutamente unico li rende verbo sabbathiano. C’è da perder- oceanico e poi gettarsi in progetti riconoscibili al primo, doloroso, ci la testa, sembra che ovunque e sperimentali come in Adaptations ascolto. La loro storia, iniziata a in ogni campo musicale si inneschi & Survival, disco dei Tribes Of metà anni ‘80, si dipana nel perio- una folle rincorsa alla ricerca del Neurot, estensione avant del grup- do di maggior creatività nel campo limite ultimo, senza paura, senza po, basato sui suoni prodotti da- della musica estrema, negli anni in pregiudizi, senza pietà. I Neurosis gli insetti. Negli anni intraprendo- cui in varie parti del mondo spe- partono dalla , patria dei no interessanti progetti personali rimentatori audaci e pazzi scate- Black Flag e degli Slayer, alla ri- e fondano una propria label per nati manipolano incoscientemente cerca del Sacro Graal dell’estremi- mantenere il controllo sulle opere generi considerati in antitesi e al- smo rock. Dopo un paio di album in e a diffondere band affini, mentre tamente pericolosi. In Inghilterra sordina, si fa per dire, esplodono i dischi del gruppo base rasentano Napalm Death e Carcass avviano con , dove sfonda- sempre più la perfezione. La dimi- la rivoluzione grindcore, in Scan- no le barriere residue tra i generi nuizione progressiva dello scarto dinavia gruppi come Bathory e e rompono tabù inviolabili. La fu- e l’effetto sorpresa tra un album i loro seguaci si abbandonano al sione eretica tra hardcore e metal, e l’altro non intaccano la rispetto culto blasfemo denominato black materia e antimateria rock, tro- guadagnato negli anni, che ne fa metal, in Oriente grazie a gruppi va una delle rappresentazioni più uno dei gruppi più influenti degli come e Boredoms il credibili e più resistenti al logorio ultimi decenni, forti di un’attitudi- rumore viene coniugato secondo del tempo. Nel calderone vengo- ne sperimentale e di una coerenza gli incomprensibili ma affascinan- no negli anni aggiunti samples di che pochi altri possono vantare in ti ideogrammi japanoise; da una stampo industrial, viaggi lisergici, simili ambiti. Nati a Oakland in pie- sponda all’altra dell’Atlantico nuo- mantra tribali, oscuri ricami folk na era reaganiana come power-trio ve band gettano le basi dell’indu- e blues, stratificazioni post rock, hardcore, alla chitarra, strial contaminato, dalla Florida incubi dark ambient. Il tutto vie- al basso e Jason Death e Morbid Angel diffondono ne espresso dal vivo con l’ausilio Roeder alla batteria si stabilizza- l’epidemia , al CBGB’S di un impianto video che amplifi- no presto con l’ingresso di Steve i concerti noise e NYHC portano la ca l’impatto sul pubblico. Through Von Till, che affianca Kelly alla violenza (non solo sonora) a livelli Silver In Blood li consacra a livello chitarra e contribuisce alla brutali- di guardia, Chicago è terrorizzata planetario senza scalfirne la credi- tà del cantato. Il primo disco, Pain dagli eccessi maniacali di Steve bilità underground, i Neurosis rie- Of Mind (Alchemy; 6.5/10), esce

Classic 9 8 s e n t i r e a s c o l t a r e Classic nel 1988 ma il riferimento potrebbe ledetto il venditore. Il crescendo aumenta di potenza, Lost si apre essere il 1984 orwelliano, i brani strumentale successivo, solenne con una meravigliosa citazione di esplosivi passano in rassegna le e mesmerico, gli intrecci di tastie- The Sheltering Sky di Paul Bow- varie forme di controllo e manipo- re e percussioni e pure il cantato, les (via Bertolucci) che lascia poi lazione dell’individuo e non rispar- rabbioso e sofferente, non lascia- spazio a cori spospesi spazzati via miano strali contro il conformismo no spazio a dubbi: siamo di fronte dall’arrivo di una pioggia di meteo- (United Sheep), la guerra (Stale- ai Neurosis vittime di una mutazio- riti ultra-metal-core. In Cold Ascen- mate) e la religione cristiana (Life ne cronenberghiana che li ha resi ding/Lexicon ampie dosi di noise On Your Knees). Il suono è violen- aberranti e al tempo stesso sofisti- pervadono l’aria, quasi dei detriti tissimo, l’influenza di Black Flag cati e imprevedibili. cosmici in sospensione, quello che e dell’hardcore europeo è eviden- La successiva Souls At Zero è cat- esce dalle casse è un magma inde- te e, pur essendoci dei tentativi terizzata da una cadenza doom che cifrabile a base di suoni sintetici, di superarne i classici stilemi con si scioglie in spirali esoteriche, A feedbak e drumming schizofreni- l’incipit di Reasons To Hide e con Chronology For Survival, di poco co. L’alternanza quiete-tempesta la strumentale Geneticide, niente sotto i dieci minuti, è un’odissea di del disco precedente, che seguiva lascia presagire gli sviluppi futuri. una drammaticità insostenibile che quasi un ciclo naturale/stagionale Il passo successivo avviene con si inabissa per esplodere, alter- con tanto di avvisaglie e riflussi, (Lookout, 1989; na vocalizzi ultrafiltrati e inumani viene alterata in turbini (apparen- 7.0/10), uscito per la Lookout di a cori marziali (“Rise! Run! Feed! temente) caotici in cui galleggiano Larry Livermore, specializzata in Ripen! Wound! Wither! Fall! Rise brandelli acustici, carcasse indu- gruppi più melodici come Green Again!”), sfocia in surreali giardini strial e iceberg doom. Enemy Of Day e Operation Ivy. I Neurosis folk e precipita nei baratri senza The Sun è un viaggio a ritroso ver- non si fanno certo influenzare dai fine dell’Ade sabbathiano. L’utiliz- so il brodo primordiale della mu- compagni di stanza e innescano il zo di fiati e archi, l’innesto di sam- sica estrema, verso il primitivismo primo cambiamento: la lunghezza ples, la trasformazione dei brani in rock, che si conclude con Cleanse, dei brani raddoppia, il suono, pur suite rompe tabù inviolabili per la una cerimonia percussiva in lenta rifacendosi all’hardcore, presenta comunità hardcore. Di fatto diventa trance-formazione verso una ra- inaspettate anomalie. Emblemati- inutile parlare ancora di hardcore, diazione di fondo sonica. Segue che in questo senso Blisters e To siamo di fronte a un incrocio ereti- un nuovo cambio di label a favore What End? che superano i sei mi- co tra Amon Düül, Chrome, Saint dell’emergente Relapse e un perio- nuti, durante i quali alle classiche Vitus, e Discharge. do di pausa dedicato a tour, colla- invettive ad alta velocità si sus- Il cambiamento in atto ha toccato borazioni e progetti paralleli, una seguono rallentamenti melvinsia- ogni aspetto della band, a partire pratica che nel tempo porterà alla ni, aperture acustiche spettrali e dalla formazione, con l’ingresso di formazione di , ripartenze tribali, assoli hard-rock Simon McIlroy alle tastiere e cam- più che un side-project un alter e code rumoriste. pionatore e di Adam Kendall che ego sperimentale della band, un Un lavoro considerato a poste- si occupa della parte visuale delle ensemble aperto ad altri artisti che riori di transizione, un’ecografia esibizioni. I testi perdono ogni trac- negli anni interagirà spesso con dell’embrione del futuro Neurosis- cia di concretezza e di riferimenti il gruppo californiano. Through sound in cui la mostruosità dello politico-sociali, dal realismo punk Silver In Blood (Relapse, 1996; stesso non è ancora del tutto ri- si passa a un simbolismo dramma- 8.5/10) si apre in maniera percus- conoscibile. Le otto tracce sono tico che accentua il senso di ango- siva, quasi a evidenziare un conti- pervase da un mood malsano e scia durante l’ascolto. È come se nuum con il Nemico del Sole. Con opprimente per riporta alle stagio- lo sguardo rivolto verso la società i dodici minuti del brano omonimo ni post-punk e non è un caso che venisse deviato verso l’alto (o ver- i Nostri sfoderano le armi migliori, nel 7” Empty (Allied, 1990) appaia so il basso) in direzione di divinità dimostrando quanto ormai quello la cover di Day Of The Lords dei oscure o catastrofi incombenti. In che suonano sia un genere musi- Joy Division. Passati all’Alterna- realtà è rivolto verso l’interno ver- cale a parte, non catalogabile se tive Tentacles di , por- so la psiche dell’individuo. Ango- non come Neurosis-sound. L’ag- tabandiera del rock americano non scia, dolore, disperazione, trova- ghiacciante Locust Star con i cambi allineato, i Nostri salutano il nuovo no in Souls At Zero una delle più di ritmo e di umore, l’intersezione decennio con uno degli album più convincenti trasposizioni in musi- vocale tra Kelly e Von Till, rappre- sconvolgenti dell’epoca, Souls At ca mai realizzate. La mutazione in senta uno dei brani di maggior ef- Zero (, 1992; atto non si arresta e con Enemy fetto del repertorio neurotico, de- 8.0/10). Più di un ascoltatore di Of The Sun (Alternative Tentacles, finendone il paradigma. Strength fronte all’inizio a base di echi di 1993; 8.5/10) la band di Oakland Of Fates, un’insolita ballad cupa, campane e campioni vocali in so- sforna il suo album più infernale. e Aeon, con tanto di tastiere goti- vrapposizione di To Crawl Under Il largo uso di campioni e di effet- che in apertura, richiamano chia- One’s Skin, deve aver pensato a ti sposta ancora più il baricentro ramente atmosfere decadenti. Al un caso di omonimia e aver ma- verso l’, il suono caos si sostituisce un certo ordi-

s e n t i r e a s c o l t a r e 9 9 ne, la ferocia rimane immutata ma i Neurosis hanno cambiato pelle 7.0/10), uscito l’anno successivo, l’urgenza espressiva sembra esse- più volte, senza voltarsi indietro, continua la ricerca sull’asse folk re incanalata maggiormente che in dimostrando di saper fagocitare apocalittico/post-rock con le con- passato. Ormai la formazione cre- generi ingombranti senza rima- suete deflagrazioni improvvise. sciuta intorno ai membri originari nerne sopraffatti ma riuscendo ad Left To Wander sembra portarci si è trasformata in un ensemble dal assimilarli alla perfezione. Il desi- veramente al centro di un uragano, numero variabile e di conseguen- derio di mantenere il controllo sui in un posto in cui l’aria è immo- za i concerti assumono sempre propri lavori, dimostrato dai nume- bile e regna una pace bucolica e più l’aspetto di performance multi- rosi cambi di label, e la necessità surreale, The Eye Of Every Storm mediali in cui l’aspetto visuale si di diffondere senza limitazioni le potrebbe essere la degenerazione interfaccia alla perfezione con la opere dei vari progetti e dei gruppi di un kraut trip andato a male. No potenza esecutiva. affini, porta alla fondazione del- River To Take Me Home si perde Difficile rimanere insensibili alle la Neurot Recording, che inaugu- in un miraggio di chitarre deserti- proiezioni, dalla reiterazione os- ra il catalogo con l’EP Sovereign che, la sommessa Shelter aumenta sessiva del suicidio in diretta di (Relapse / Neurot, 2000, 6.5/10), il senso di insicurezza e di ango- Budd Dwyer all’uso psichedelico e che contiene quattro brani esclusi scia. subliminale di immagini e simboli. da Times Of Grace, tra cui spicca Per quanto siano stati i maggiori Leggendario a questo proposito il l’imponente An Offering. profeti di uno dei suoni più radica- tour europeo in compagnia degli (Relapse li di sempre, definito per comodità Unsane, durante il quale le esibi- / Neurot, 2001, 7.0/10) che esce heavy mental o avant-metal, ormai zioni terminano con una session anche nella versione DVD curata i Neurosis non sono i soli deposi- indemoniata con le due band sul dalla new entry Josh Graham, è tari del verbo e gruppi come gli Isis palco a riprendere Cleanse, un ri- un’opera maestosa in cui conflui- ne insidiano la posizione dominan- tuale sciamanico a base di tamburi, scono le esperienze soliste, in par- te, mentre altri utilizzano formu- didgeridoo, tape-loop e feedback. ticole si sente l’influenza dei dischi le totalmente nuove dimostrando Through Silver In Blood è il di- dark folk di Von Till in brani come quanto ci sia ancora da dire in sco che sfonda definitivamente tra The Tide e Stones From The Sky, fatto di musica estrema nel nuovo le schiere di metalheads in cerca dove veniamo trasportati in sce- millennio. di nuovi stimoli, la partecipazione nari agresti e surreali prima della Con (Neurot, all’Ozzfest del 1997 e i successivi consueta catastrofe e la decompo- 2007, 6.5/10) la sensazione è che articoli sulle riviste specializza- sizione sonica finale. Per Falling la parabola sia giunta al suo culmi- te in musica pesante ne decreta Unknown si potrebbe parlare di ne, se non che sia già in fase di- il successo. Intanto i semi gettati blues del dopo-bomba da suonare scendente. Riff di piombo, rincorse iniziano a germogliare generando seduti su una distesa di macerie, chitarristiche vertiginose, urla stra- band che iniziano a ispirarsi, in From Where Its Roots Run è un zianti, clangori noise, intermezzi maniera più o meno originale, ai mantra per ciclopi a base di drum- acustici forgiati con cura e incasto- cavalieri dell’apocalisse sonora. ming ipnotico e rumori arcaici, con nati alla perfezione nella struttura A questo punto i Nostri potrebbero la voce intona una nenia inquietan- del disco. Mancano però le novità amministrare la posizione raggiun- te, quasi un’evocazione malefica. che in passato hanno sbalordito ta, continuando a sfornare dischi Forse il primo disco in cui prende l’ascoltatore ormai sicuro di cono- fotocopia, magari abbandonando forma il sentore che l’evoluzione scere la materia trattata e sconvol- l’attitudine sperimentale e virando si stia per arrestare. Nonostante to il neofita, quelle intuzioni genia- decisamente verso gli accoglien- l’ottima qualità dei brani, sempre li e tremende che hanno fatto loro ti lidi metal. Invece con Times Of più articolati, la migliore produzio- perdere l’equilibrio o la ragione. Grace (Relapse, 1999, 7.5/10), ne e le ormai consolidate capacità La band californiana, il cui nucleo prodotto da uno dei guru della mu- tecniche, si ha l’impressione che originario suona insieme da più di sica rumorosa, Steve Albini, inizia la vena ispirativa stia per esaurir- un ventennio, continua comunque una nuova trasformazione, le sfu- si. Nel frattempo escono due di- a sfornare dischi decisamente più mature progressive virano decisa- schi live su Neurot (Live In Lyon interessanti rispetto a buona parte mente verso il post-rock (End Of e Live in Stockholm) e Neurosis dei cloni che li circondano. Il pro- The Harvest) e l’ambient isolazio- & Jarboe (Neurot, 2003, 6.0/10), gressivo diradarsi delle esibizioni nista (Exist), mentre nei momenti frutto della collaborazione con la ne ha fortificato la fama leggenda- più muscolari le chitarre, forse per ex-Swans, un’opera che potrebbe ria, ponendola in testa alla lista dei la complicità del produttore, pren- scuotere nuovamente le acque e desideri di molti appassionati, po- dono il sopravvento (Times of Gra- innescare un nuovo tsunami crea- sizione giustificata in pieno da uno ce). Brani come Away, uno dei bra- tivo, ma si rivela un mezzo passo degli act più scioccanti sulla faccia ni più psichedelici mai registrato, falso che non va al di là dell’espe- del pianeta. L’unica cerimonia pos- rendende irriconoscibile il gruppo rimento inferiore alla produzione sibile prima dell’apocalisse. a chi non ne abbia seguito l’intera originale dei partecipanti. The Eye Paolo Grava carriera. In poco più di dieci anni Of Every Storm (Neurot, 2004,

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s e n t i r e a s c o l t a r e 1 0 1 Pasquale Panella VERSO L’INDETERMINAZIONE, SENZA VERSO

di Filippo Bordignon

“(…) il silenzio a che serve se un del compositore poiano. Il risultato mi per ragazzi del muretto. In ogni verso spiazzò critica e fan: Don Giovan- testo di ogni album Battisti-Panella ottiene più silenzio?” ni (Numero Uno, 1986) sottolineava sono contenuti una miriade di ver- (Pasquale Panella) ai duri d’orecchio un cambiamento si illuminati dalla sintesi perfetta di drastico sotto ogni profilo. L’album tecniche letterarie (magari collages, Alcuni fatti: all’indomani dalla pub- uscì in solo vinile e musicassetta (si patchwork, pastiche, manipolazioni, blicazione di Una giornata uggiosa dovette aspettare il ’94 per la ver- paradossi, aforismi fittizi…) e tim- fu chiaro ai più che la collaborazio- sione cd) con un elegante acquerello bro inimitabile: mettersi a elencarli o ne Battisti-Mogol si fosse esaurita. astratto tracciato dallo stesso Bat- commentarli sarebbe gioco meravi- C’era stato sì il successo del singolo tisti, il quale realizzerà le immagini glioso ma estenuante; ci si atterrà a Con il nastro rosa ma per tutto l’al- per tutti i dischi successivi, via via pescare nel mucchio. Line up (come bum ti abbracciava una nebbiolina più minimali e desolanti. Le cose dai tempi di Una donna per amico) umidiccia, aizzata da testi che, se che pensano apre a un pop della è e sarà fino all’ultimo album esclu- da una parte premevano il pollice malinconia cocente, ‘jazzato’ in un sivamente straniera. Il successivo su tematiche comuni alla gente co- completo dai toni blu notte, oppure L’apparenza (Numero Uno, 1988) mune, dall’altra porgevano il fianco siderali. Vale in parte per Panella la sancisce un nuovo modus imposto a quanti accusavano il paroliere mi- considerazione rivolta ai testi di Syd dal paroliere che, per rendere il pro- lanese di impantanare Battisti nella Barrett dal critico Paolo Bertrando: cesso più interessante, consegnerà i formula buona per tutti e per nessu- “Pare che stia per arrivare da qual- testi fatti e finiti attorno ai quali Bat- no della canzone leggera all’italiana. che parte (…) ma in qualche modo tisti dovrà arrangiarsi a costruire le Da tempo il compositore aveva de- non ci arriva mai. Si crea una co- musiche, forzando il cantato a metri- cretato lo stop di ogni attività pro- stante tensione, uno spiazzamento che spesso squisitamente libere. Per mozionale (ultima tournée nel ’76, in cui l’ascoltatore è insieme affasci- capire quali funzionino e quali no il ultima apparizione in playback per nato e deluso, preda dell’inquietudi- musicista adotta la tecnica: se non si la TV svizzera nell’80); a confer- ne”. Va da sé che Panella è scrittore capiscono vanno bene. L’operazione ma di una decisione tanto drastica per davvero, autore tra l’altro del ro- verrà iterata per gli album successivi va riportato lo spiazzante annuncio manzo La corazzata e della raccol- prima sotto dettatura telefonica, poi del ’76: “Non parlerò mai più, per- ta Oggetto d’amore, entrambi per via fax, infine come e-mail. Questa ché un artista deve comunicare con minimum fax. Una rara padronanza condizione acuirà lo straniamento il pubblico solo per mezzo del suo del linguaggio gli permette di piegare dell’ascoltatore, ora commosso da lavoro”. Un risolutivo giro di vite av- significati vecchi e nuovi alle bizze emozioni quasi identificabili (“Quindi venne con la pubblicazione di E già di uno spirito sbarazzino, sensuale e facendo finta / che non sai parlare / (Numero Uno, 1982); infatuatosi dal disinteressato a tracciare con la pre- ti metti un dito in bocca, l’anulare”) synth-pop di Ultravox (periodo Midge cisione dei più. Egli insinua, più che ora intontito da rime semplicemente Ure) o più semplicemente della new descrivere. Il discorso meriterebbe destabilizzanti (“Ah! come sono viva- wave d’oltremanica Battisti concepì uno spazio a parte ma basti ascol- ce come uno che tace”). L’apparen- un prodotto di transizione ma corag- tare l’intelligente abbandono alle im- za è raccolta di emozioni oscure per gioso, coi testi forzatamente intel- magini culinarie di Fatti un pianto per formazione pop; niente assoli, niente lettuali della moglie Grazia Letizia intendere una fetta della grandezza ritornelli a ingombrare la pista. Inca- Veronese (sotto pseudonimo di Ve- sprigionata dalla coppia artistica pace di descrivere l’opera decido di lezia). Significativi i ringraziamenti a (poi si gioca al cataclisma dei sen- sottoporla all’ascolto di amici e co- questo e quello riguardo la scoperta timenti, esagerando sul finale con noscenti; alcuni impressioni: “Non della poesia americana del Novecen- Battisti che insinua l’imperativo “Dai afferro il senso”, “Ascolto istupi- to, le religioni indiane, l’architettura piangete!”). La titletrack è struggen- dita”, “Cantarci sopra mi fa sentire postmoderna ecc.. te reinvenzione dell’amore, Madre intelligente”, “Non è Battisti”, “Ogni Poi venne Pasquale Panella. Poeta pennuta, maliziosa, porge il fianco a giorno ci scopro dell’altro”. La Spo- e scrittore romano, fresco dall’av- ogni deragliamento del subconscio, sa occidentale (CBS, 1990) tenta ventura riuscita a metà nell’album Il diluvio combina perfezione stilisti- d’investigare un funky bianchissimo di Pappalardo Oh! Era ora (suona- ca a parole in bilico tra il dramma e secondo synth-pop e scampoli d’ita- to quasi interamente da Lucio) al la beffa. Da questa manciata di brani lianità. Tu non ti pungi più ridipinge nostro fu chiesto di scrivere i versi gli Audio 2 costruiranno inizio e fine il crepuscolo. Di che parla? Droga? per la successiva uscita discografica della propria carriera, sorta di Bigna- Alienazione? Non lo puoi dire se non

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a te stesso. Potrebbe essere sera, mo a Wittgeinstein), forte del gioco queste parentesi è però paragonabi- Campati in aria e la titletrack si di- espresso in Così gli dei sarebbero: le alla sinergia sprigionata da quei stinguono per un’effervescenza che “Mancandole la ‘esse’, lei diceva cinque album che, se ancora ve ne la voce di Battisti non contribuisce ‘Nettuno nettuno’ / così gli dei sareb- fosse il dubbio, crearono il presup- a evidenziare, ma una cosa è certa: bero un intimo difetto di pronuncia”. posto per un nuovo inizio della can- ci si aspetta qualsiasi parola della Esercizi fino allo slabbramento, per zone italiana. nostra lingua, che l’amore tanto can- chi non si accontenta del prodotto tato nei successi da classifica pare comprato al negozio di dischi. La Pasquale, partiamo dall’epitaffio messo in disparte. I ritorni invece lo replica negata risponderà più di una (di un altro, certo). ripiglia appiattendolo contro mura- rettifica. Panella, stanco dell’opera- Qui giacciono le note. Composizione glie metafisiche d’inspiegabile per- zione (da una delle rare interviste: è un termine condiviso dall’esteti- fezione, risultando alla fine uno dei “Perfino Luzzatto Fegiz cominciava ca musicale e da quella mortuaria. pezzi preferiti dell’intero catalogo, a parlarne bene”) chiude con He- “Composizione della salma” mi pare anche dai fan della prima ora; Pa- gel (Numero Uno, 1994), suonato un’espressione giustamente conser- nella, rifiutandosi saviamente di dar- dal solo produttore Andy Duncan e vativa, da conservatorio. L’artista le un nome, scopre una nuova forma il polistrumentista Lyndon Connah. Il (come “di seguito” è “detto” nei con- di commozione: “Abbiamo un solo gelo è palpabile, la voce un guscio tratti ogni povero illuso) è un’urna limite: l’amore che ci divide / come svuotato, persa in recitati senza vita cineraria. la ragione, perché con la ragione o in deboli falsetti. Le parole, al so- si sopravvive a tutto / si distrugge lito, restano un miracolo per le orec- Quando vuoi con forza, cosa il distrutto, ricostruendo a intarsi la chie (non tutte); purtroppo è eviden- vuoi? copia fedele dell’innamorarsi”. Cosa te uno scollamento con le strutture Il meglio è l’abbandono e la spen- succederà alla ragazza (Columbia, ritmiche, invero banalotte e testar- sieratezza. La tristezza è volerli con 1992) ripiomba in quella sconsola- damente sintetiche. Si rispolverino forza o con la forza. La tristezza è tezza rintracciabile più nell’atmosfe- almeno le morbide La bellezza riuni- l’ultima risorsa. ra che nelle liriche, aggiungendo sul ta ed Estetica (“Se lo spirito s’eccita, piatto tentazioni dance quasi techno per caso esilarando / oppure arden- Conoscersi delimita? (come nel delirio dadaista della ti- do, bruciando bruciando”). Finisce lì Conoscersi raddoppia. La stucche- tletrack). La metro eccetera recupe- (non con la burla dell’album postumo vole espressione “io è un altro” è ra vincenti soluzioni melodiche ma L’asola o meglio La ‘sola’, né con la semplice risposta all’altrettanto Ecco i negozi e Però il rinoceronte le due deboli pre-produzioni inedite stucchevole esortazione “conosci te ribadiscono un’incalcolabile distan- Il bell’addio e Il gabbianone), quel- stesso”. Il pensiero alla fine è una za tra gli autori e il pubblico. Qual- l’ardua avventura, col triste epilogo aggrovigliata cornice tra due stuc- cuno parlerà di operazione fine a se della morte di Battisti a 55 anni nel chi. stessa. Altri si spingeranno a teoriz- ‘98. Nel 2006 Sony/ BMG semplifi- zare (come s’era fatto coi Beatles) ca la vicenda raccogliendo gli album Una maggioranza presuppone una significati a mo’ di scatole cinesi: le sopra detti nel triplo Battisti-Panella maggioranza in errore? iniziali di Cosa succederà alla ragaz- - Il Cofanetto. L’inclinazione verso il La maggioranza è una figura retorica za (C.S.A.R.) sono anche quelle con mistero non si fa attendere: dimenti- dell’essere umano come discorso (da le quali si indicavano gli zar russi, cate le copertine originali (sostitui- discorrere: correre qua e là). Il punto dunque un Battisti “monarchico” ri- te da dripping d’inchiostro) e tutti i è se il “qua” è più vasto del “là”. Poi: velerebbe una volta per tutte la sua crediti dei musicisti. In sostituzione se sei qua o là. La maggioranza è inclinazione per la destra estrema. commenti in rime criptiche di Panel- romanzesca, la minoranza è poetica Venne scomodato perfino Wittgein- la, l’ultimo guizzo per chiudere una ma raramente. Più spesso è presun- stein parafrasando “Questo album storia leggendaria dal primo vagito. zione lirica, quindi maggioranza. lo comprenderà solo colui che abbia Tante le collaborazioni dello scritto- già pensato pensieri ivi espressi”. re: Anna Oxa (contestatissima con L’Italia è veramente quella dell’Al- Un critico musicale ipotizzò la Re- Processo a me stessa a Sanremo bertone nazionale e del ‘Volemose ligione come puro fraintendimento 2006), Branduardi, Cammariere, bbene’? linguistico contro la logica (e tornia- Zucchero, Cocciante. Nessuna di Altro che “volemose bbene”… Sordi

s e n t i r e a s c o l t a r e 1 0 3 come Totò e Peppino, il loro cinema, con i ridicoli mezzi dell’uomo). L’os- Te ne frega di risultare incredibi- sono gli originali di cui Apocalypse sessione di tutti è la prova, la mes- le? Now e Blade Runner sono il plagio sa alla prova. Ma l’ateismo gode (sì, Si vede che lo sono. Essere credibili spettacolare. Sono entrati nelle te- gode) di un vantaggio: si può essere vuol dire, spesso, essere patetici. Se nebre del cuore e hanno visto cose. atei da soli. La fede, anche eremita, sono incredibile mi risparmio d’esse- vaneggia d’altro, dell’altro oltre sé. re querulo, implorante… questi arti- Provare imbarazzo per la proprie Pur nell’indigenza stilita, anzi di più. sti… questi artisti penosi che chie- opere giovanili è un buon segno? Per esempio la fame fomenta mira- dono pietà ovvero ti illustrano in tre Il ragazzino che ero mi intimorisce, è coli, visioni… la fame e l’astinenza prudenti parole la loro opera: come l’autore che ammiro di più. incoraggiano familiarità con ciò che ruttano correttamente. non c’è… si potrebbe anche dire che Chi si evolve si complica? l’ateismo è vaneggiamento di sé ol- Ironia della sorte: in pochi si sa- No. L’inizio è una splendida com- tre l’altro. Alla fine non sarebbero rebbero aspettati un tormentone plicazione. Chi si evolve, purtroppo che due perplessità. La credulità in da te, eppure “Trottolino amoroso comunica, mette le mani sulle ostie, fondo (sul fondo) è una: credere di e dudu…” da Vattene Amore per ne ha licenza, diventa eucaristico: fondare solide impalcature sull’una o Minghi / Mietta… l’ecumenica resa. sull’altra perplessità. Credere cos’è Per me fu vera e propria sperimen- se non credere di credere? Si balla, tazione. Altrove andavo a braccio, Che ci fai in arte col buon senso? è un doppio passo: credere di cre- qui cercai. Quel verso lo volli e l’ot- Il buon senso è una buona digestio- dere, un principio di tango. Credere tenni, me lo estorsi godendo, sia ne. o non credere è un passo solo, pri- da estorsore che da defraudato, mi mo e ultimo… aggiunto agli altri due colsi sul fatto, ebbi coraggio… fu un E col buon gusto? fa tre, un tentativo, un’opportunità, verso urgente… come quando, ab- Il buon gusto è una buona espulsio- un valzer, giri di speranze… prendi bracciato, abbracci, vuoi dire e non ne. Questo per un’arte che sia un’ot- Dio, è un grande sforzo per l’uomo… sai che cosa, vuoi suono, sei senso tima equilibratrice dell’intestino. C’è secondo me nessuno ci crede… ma e vuoi suono, vuoi sboccare più che anche spazio per avanguardie pur- molti credono di crederci… dire… mi commuovo al pensiero… e gative. la commozione se lo divora, il pen- Proverbi: ci intravedi un retrogu- siero… per voce maschile è “trotto- Fede e ateismo… o si tratta di sal- sto osceno? lina”… mi viene da piangere, piango tare da un dio all’altro? Più che i proverbi i luoghi comuni col ventre… Non ci risparmieremmo nulla, né fede hanno a che vedere con l’osceno né ateismo. Infatti non ci risparmiamo quando tu, fuor di luogo, li frequenti. Il motto di non so chi tuonava ‘Be- né l’una né l’altro. Senza nemmeno Retrogusto come tuo (mio) retrogodi- cause we must’. Cos’è che assolu- troppi sforzi, soprattutto intellettua- mento (più che retropensiero) bieco. tamente devi? li, che non servono a nulla. La cosa Ne so qualcosa con canzoni e affini. Una cosa che spesso devo o dovrei: avviene così, naturalmente (perché La melodia, la linea del canto è un lasciar perdere. fede e ateismo attengono alla natu- luogo comune, o lo crea, lo predi- ra, ai sensi): succede che io senta spone, lo apparecchia… se si cono- (“La Repubblica” del ’98) Tu a parlare di fede da chi ne è intriso e i scesse l’indicibile, velato da tutto ciò Boncompagni che rimpiangeva miei sensi reagiscono male, hanno la che pare detto… se si conoscesse… il Battisti con Mogol: “(…)Con te nausea (non solo il gusto e l’olfatto, io entro fuor di luogo in quel tinel- ci vediamo fuori, perché io sono ma anche il tatto, la vista e l’udito). lo (è la parola… la musica leggera un teppista e vado fiero della tua Sarei ateo (infatti, quanto è possibile italiana arreda tinelli) e alzo un pa- imbecillità”. Eppure l’opera Batti- esserlo, lo sono) ma se sento parla- ravento di parole… dietro il quale ec- sti-Panella, a distanza di quasi 10 re convintamente di ateismo ho un cetera… un gioco per tutti? Leggere anni, non è ancora riuscita a con- disgusto non per l’ateismo ma per la critica con la patta aperta o col vincere i grandi numeri. Sta lì la l’ateo. Insomma, fede e ateismo sono capezzolo che ancora fa il duro. Ah, sua forza? due insopportabili presunzioni, ribut- la critica allora com’è piena di scurri- C’è qualcosa di grande in quei cin- tanti se provate (e poi dimostrate li doppi sensi, veramente, il migliore que dischi, ce la misi di mio, quindi Scarpetta… leggetela così, datele soddisfazione. Una commedia degli equivoci di livello alto, mica soltan- to porte sbagliate che sbattono, ma proprio lavori di tutti i tipi, di bocca, di mano, d’anima e corpo. Il senso è doppio, uno è pensiero, in due fa corpo, la critica completa l’opera… il loro accoppiamento, tra opera e criti- ca, è una farsa assai divertente…

Da dove ha inizio il tuo mondo? Da qui, da questo sguardo su questo farsesco orrore…

Classic 1 0 4 s e n t i r e a s c o l t a r e Classic so che c’è, e resta intatta… c’è que- e la poesia rinuncia? Può essere, baud che intanto urla: “Non mi rube- sto, un’insinuazione: la possibilità di dovrebbe, ma do i numeri, parlo in rete nulla”. E ha ragione, con quella ignorarli quei dischi, di disinteressar- astratto. Perché concretamente né poesia cade (cadrebbe) la citazione, sene, di farne a meno. Non ne hanno accetto né rinuncio, mi chiudo tutt’e la sottrazione di verso. approfittato tutti perché l’interprete due le vie. era magnifico. I cinque album con Battisti rappre- Qualcosa in Hegel non funziona sentano un’esperienza sintetizza- Dylan sostiene l’impossibilità di come ne L’apparenza o La Sposa bile in una frase soltanto? far poesia nel formato della canzo- Occidentale… La dolcezza è inascoltabile… la dol- ne popolare poiché la metrica del I primi quattro dischi si ponevano, o cezza che io rivolsi a me… e fu per verso deve pur sempre adattarsi a disponevano, a favore di loro stessi, quella dolcezza che i cinque dischi esigenze estranee a quelle della l’ultimo si dispose, o pose, a sfavor sono forse gli unici che nessuno po- letteratura vera e propria. C’è del di sé. Fu giusto. E se non funziona trà mai ascoltare come merce. falso? sono contento, vuol dire che riuscii Le metriche predisposte dalla parti- (non posso che parlare per me) a sa- Cosa non è possibile sintetizzare tura di una canzone, dalla linea me- botarlo. in una frase? lodica, sono metriche ingenue. Ma Le frasi esistono per questo: non non è questo il punto. Il punto è che Quelli che, santino di Carmelo tanto per sintetizzare ma per far sono metriche ingenue utilizzate con Bene alla mano, riversano inchio- sembrare sintetizzabile il mondo. furbizia. Non con furbizia malevola, stro a fiumi per illuminare il popolo Comunque, se proprio devo inven- quell’astuzia nell’ombra, quell’inge- in merito alla differenza tra “atto” tarmi una risposta (è un gran bel gio- gno rischioso se ti pescano. No, non e “azione”. Quante volte può stu- co stare al gioco), voglio dire la cosa quello… con furbizia benevola, sì, pire un esercizio di prestidigita- che più mi pare sia temuta da chi sicuramente… la scappatoia da fer- zione prima di sparire del tutto? si esprime per frasi, quindi da tutti, mi, illuminati bene, rivolti a un pub- I celebri dualismi, come dire i celebri duttile come il caramello o il miele blico, come merluzzi con in bocca il francesismi (tu che parli e tu stesso che cola in filamenti da medusa, e limone del canto. La vera letteratura che ti ascolti)… le parole danno alla chi tocca quei filamenti muore. La è quella che stiamo facendo adesso, testa come il bene e il male (altre dolcezza. Non è possibile sintetiz- perché non abbiamo clienti in pe- due parole… e, tra due parole messe zarla, uno: perché non è un prodotto scheria. in differenza, una è in atto e l’altra in di sintesi, due: perché facilmente di- azione), assillano, si congiungono o venta un’altra cosa. Qual è la differenza meno evidente si distanziano a seconda, convengo- tra lo scrivere un romanzo e una no o non convengono, da una parte Leggendo Panella quasi si finisce poesia? la conversione, dall’altra la bestem- per aspettarsi il ‘tutto’ a discapito Mi è scappato detto prima. Non so mia… disessere o disfare, il cavillo, del ‘qualcosa’. Una cosa banalina se lo è ma dovrebbe. Sì, la maggio- la logologia, il logoteismo, la crea- mi piacerebbe particolarmente: la ranza, la minoranza… io, per esem- zione di un principio verbale, il pre- scena di morte più intensa nella pio… devo confessarmi, ho bisogno Dio… per dire che in principio poi… storia del cinema? di un prete... ecco a che serve la poi eccetera eccetera… l’uomo come Più che nella storia del cinema, nel- religione cattolica, a dire frasi così, fisima del mondo… Dare speranza la mia storia: la morte di Giovanna perfino sentitamente. Da ragazzino il quando dovresti essere: la speran- d’Arco, arsa viva nel film di Fleming. solo pensiero di scrivere un romanzo za. La parola più infida del mondo. Ero bambino e m’innamorai. L’attrice mi faceva svenire, era la mia vita e era Ingrid Bergman ma io vidi la ra- il suo venir meno, e lo è ancora… Quelli che, spaventati dall’arbitra- gazza. Sentiva le voci, io sentii che perché non lo faccio? L’ho anche fat- rietà concessa da Rimbaud al let- sentiva la mia. Non capii nulla del to, quasi evitando di farlo… perché tore nella rappresentazione delle suo vaneggiamento di tutt’altro in sé, non lo faccio? Perché per scrivere Voyelles, si scervellano a capire il suo delirio mistico. Fraintesi il rogo un romanzo devi sentire d’essere al perché la A sia nera, la E bianca col godimento. O non fraintesi. mondo, e a me non pare d’essere al ecc.. Una maniera per fermarli? mondo, devi sentire intorno a te una Più bella e più vasta, estesa come Qual è l’aspetto più straordinario maggioranza della quale fai parte, e una carta geografica, concreta, pit- dell’essere un artista? io non la sento. Poi sono veramente torica, fu la poesia dalla quale anche L’illusione, come sempre, l’ho detto quello che sembro, uno sprovveduto quella nacque e che, prima di quel- prima senza dirlo. Oggi si ascolta il sia strategicamente che tatticamen- la, lessi. Faceva così: A, Ancora; B, suono della merce, la merce si leg- te… e se tu (non so a chi mi rivolgo)… Bandiera; C, Casa; D, Dado; E, Eli- ge, la merce si guarda. Artistico è il e se tu in buona fede vuoi prenderti ca; F, Farfalla… vocali e consonan- supporto. Il “di seguito detto artista”, cura di me, allora dillo, fallo anche ti… e via così, per sempre. Perché com’è scritto nei contratti (il postu- contro la mia volontà… allontana da le due poesie si somigliano? Perché mo), o “per brevità detto artista” (il me questi versi ingannevoli, questa manca il come. È il come che arresta caduco), è un complice della merce. illusione di minoranza… in musica il lettore per furto di similitudine… L’illusione è che (io) sia un guastato- per molti. Non sono nello stato d’ani- come fosse una mela che somiglia a re, un infiltrato o, stupidamente, un mo che mi permette di sottilizzare su una guancia, e quello che tu figuri eroe. quale sia la differenza meno eviden- ha sfigurato un viso. Perché fermar- te. Che il romanzo sia accettazione li? Lasciamo che corrano dietro Rim-

s e n t i r e a s c o l t a r e 1 0 5 Classic album Sonic Youth - Daydream Nation

Diciannove anni dopo, la potenza iconica della candela di Gerhard Ri- chter – l’autore di Kerze, il quadro di copertina - non si è affatto affie- volita. Quando l’immagine compare dietro ai quattro musicisti sul finale degli attuali concerti-evento (Sonic Youth performing Daydream Nation, visto in anteprima al Primavera Sound di Barcellona), è tutto un fiorire di significati eccezionalmente forti, prorompenti. E di certo l’effetto si ripe- terà sugli scaffali dei negozi, adesso che la magnum opus della Gioventù Sonica giova del trattamento deluxe già riservato a Dirty e Goo, corre- data di una versione live del disco (esecuzioni d’annata, tratte dal tour promozionale), più un interessante demo di Eric’s Trip e quattro sfiziose cover tratte da coevi tributi e collaborazioni (Neil Young, Beatles, Cpt. Beefheart, Mudhoney). E nient’altro, perché è stato già detto tutto nei monumentali 70 minu- ti delle quattro facciate viniliche. Nel 1988, Moore, Gordon, Ranaldo e Shelley sono ormai pienamente consci del loro ruolo all’interno della cosiddetta scena “underground”, e dello status di semi-divinità che ne deriva. C’è voluto qualche anno - e lavori cruciali come Bad Moon Rising, Evol, Sister - prima di maturare pienamente una coscienza in tal senso e, con i ’90 sempre più vicini e l’aria di cam- biamento che soffia forte da tutte le province dell’impero indie, è il momento di dire qualcosa di importante. Di fare un disco che sia uno statement, sotto molteplici punti di vista. Anzitutto quello musicale, nel consolidare una formula di per sé eversiva su basi fortemente rock, in un ideale continuum con la tradizione (chiaramente quella punk, garage, hard rock, hardcore, con Stooges, VU e perfino ZZ Top - cui è dedicata Eliminator Jr. - a benedire dall’alto). Il suono è monolitico, con le chitarre di Thurston e Lee a rincorrersi ed intrecciarsi in rocciose sinfonie metropolitane, in un profluvio di frasi ricorrenti, call and response di riff, distorsioni, wah, violente code noise ad effetto (replicate spettacolarmente dal vivo). Ce n’è per un’intera enciclopedia della sei corde, nonché per un ipotetico manuale della perfetta canzone indie rock. Cos’altro è Teenage Riot, in cui tutto – proprio tutto – è al suo posto (riff+melodia+distorsione)? Candle, Total Trash, Eric’s Trip non sono certo da meno, e se le concessioni al “pop” potrebbero sembrare eccessive, a con- trobilanciare c’è sempre l’aggressiva sensualità di Kim, regina incontrastata di Cross The Breeze, The Sprawl, Kissability, i momenti più intensi accanto alla Trilogy finale. Nel complesso, un trionfo di sintesi espressiva, un traguardo artistico fondamentale. E inoltre, un bello schiaffo agli ’80, a Ronald Reagan e ai “suoi” USA, a cui i Sonic Youth rispondono: rock and roll for president, immaginando che alla Casa Bianca ci sia J. Mascis (ecco, la vera Teenage Riot). Daydream Nation è, de facto, l’atto di fondazione di un’altra America, di una coscienza musicale – politica? certo – realmente diversa. Cosa sia rimasto oggi di quella nazione alternativa, è difficile dirlo; sia come sia, nel suo significato profon- do, Daydream Nation è un’opera contemporanea in modo assoluto. 2007, the year punk broke (again). L’anno della rifondazione indie rock, proprio da parte di coloro che di quella stagione furono gli attori principali. Basti in questo senso la sequenza iniziale del clip di Been There All The Time dei Dinosaur Jr., con lo scambio di battute fra Thurston e la band di ragazzini (che include sua figlia Coco): “Conoscete la canzone dei Dinosaur Jr?’; ‘Quale?’, ‘Quella nuova!’. Ok, il messaggio è retorico quanto volete, ma è reale e sentito. E, a pensarci, è bellissimo. (10/10) Antonio Puglia

Classic 1 0 6 s e n t i r e a s c o l t a r e Lost Grunge Heroes Classic - An Epitaph For Yesterday...

Furono fra gli ultimi, nel mazzo dei pionieri del grunge-sound storico di Seattle, ad essere apprezzati. Gli Skin Yard erano essenzialmente il veicolo espressivo del signor . Prima che produttore di grido per tutta la prima metà degli anni 90 targati Sub Pop, egli fu chitarrista. La band prese forma, mantenuta come definitiva fino all’esordio su long playing, nel lontano 1985. Il bassista e il batterista Matt Cameron erano della partita. Una volta aggiunta la voce di Ben McMillan il quartetto era pronto al rito delle esibizioni live (il debutto avvenne nel giugno 1985). Passo successivo fu la partecipazione ad una delle raccolte storiche del- la scena grunge dei primordi: Deep Six (su C/Z). In buona compagnia di Melvins, Malfunkshun, Soundgarden e Green River, anche i Nostri non sfigurarono affatto. Diedero, anzi, un primo saggio di quella pratica d’hea- vy metal lugubre, trascinato e pesantissimo che da lì in poi diverrà loro marchio di fabbrica. E se all’inizio qualcosa i nostri dovettero anche alle sonorità “hard’n’heavy” dei cuginetti Soundgarden, ben presto le cose cambiarono e Jack e il combo trovarono una cifra stilistica tutta loro. Una massa di suoni indistricabile in un gomitolo psichedelico dal peso specifico davve- ro notevole, intricate partiture strumentali (e concettuali) ed uno spleen che sembrava pari pari quello introdotto nelle “cose indie” di metà decennio dagli Swans di Michael Gira. Ed infatti, non a caso, il debutto ufficiale su 33 giri suona proprio così. Affidato ad un disco omonimo, il tatto metal del gruppo di Endino riesce a dare il meglio di se stesso in elucubrazioni psycho intorcinate e monolitiche. Il platter in questione fu edito una allora ancora agli esordi C/Z. Il merito della creazione di una della etichette minori ma più attive nelle vicende indie, a cavallo fra fine ‘80 e 1993-94 (gli anni d’oro dell’etichetta), va tutto a Daniel House. E non fosse altro per il fatto che sul suo catalogo trovò posto, nel 1993, l’esordio su disco dei sublimi Built To Spill (Ultimate Alternative Wavers), qualche preghiera di ringraziamento la dovrebbe sprecare ogni indiehead sopra i 30 anni. Ma torniamo a Skin Yard, opera prima del combo dibattuto. Lo strumentale Scratch esemplifica forse il metodo usato da Jack ed i suoi: stirare armonicamente una partitura sino a tenderne allo spasmo i nervi metal. E per non lasciarla troppo libera di espandersi in moti involontari di psichedelia pesante, costringerla in un reticolato strumentale davvero intricato. Fra le altre picche sonore puntate sul costato molle dell’ignaro ascoltatore figurano i brani composti dai comprimari di Jack: The Blind Leading The Blind di House e Reptile di Cameron. Da qualche parte, in un inferno musicale più che boschiano, proprio grazie a questi due improvvidi incroci-canzone, la sconfitta esistenziale in note propugnata dagli Swans ed il lento ribollir di lavici riff chitarristici dei Black Sabbath hanno dato vita ad una creatura mostruo- sa, forse acefala, ma totalmente votata all’annientamento armonico metal. Molto più convenzionale un pezzo quale Epitaph For Yesterday, dove è la patina hard a prendere il sopravvento, poco spazio lasciando alle tensioni anni- chilenti dei restanti brani in scaletta. A svettare su tutto la voce e le chitarre, sempre libere di dar sfogo alle loro libidini drammatizzanti e traumatizzanti.Tempo due mesi dall’uscita nei negozi di dischi del vinile e Cameron abdica per raggiungere dei Soundgarden ancora non baciati da successo interplanetario. Furono parte del progetto Skin Yard, in questa fase del gruppo, anche Steve Weid (alla batteria, poi con Tad) e Greg Gilmore (sarà un Mother- lovebone anni dopo). Per breve tempo anche partecipò al progetto Skin Yard, salvo poi lasciare per unirsi ai Love Battery. Così la novità saliente di Hollowed Ground, atto secondo d’un dramma discografico infinito durato almeno fino al 1994, è che dietro le pelli siede Scott McCullum. Edito dalla Toxic Shock nel 1988, questo è un lavoro che tende a ripetere i tratti musicali salienti del primo senza altro aggiungere alla ricetta originale. Anzi, sciupandola un poco. Da questo punto in poi la storia di Endino, sia da solista che con i suoi Skin Yard, si fa fitta di uscite discografica ma parca di soddisfazioni audiofile. Fist-Sized Chunks (1990), Angel Of Attack (medesimo anno), Endino’s Earthworm (1992), 1000 Smiling Knuckles (1991), Inside The Eye (1993) non aggiungono nulla a quanto detto nell’esordio e parlano di un gruppo, nel complesso, a corto di idee e sempre pronto a ripetere all’in- finito la propria filastrocca heavy ad uso ed abuso dei fan più incalliti e masochisti. Nota a parte per Ben McMillan e i suoi Gruntruck. Non dei geni, questo no, ma forse i veri continuatori del impresa iniziata dai primi Skin Yard. Almeno in un loro albo, Push del 1992. Altro non c’è da sottolineare sull’avventura degli Skin Yard, pesce di media stazza nel vasto mare grunge delle origini, se non l’avvertenza di scansarsi molti dei loro lavori cosiddetti “maturi” e cercare invece di recuperare il 33 giri d’esordio. Massimo Padalino

s e n t i r e a s c o l t a r e 1 0 7 Control TOUCHING FROM A DISTANCE di Teresa Greco

La presentazione a Cannes nel maggio scorso e l’anteprima nella rassegna Cannes e Dintorni di Milano offrono l’occasione per ripercorrere la storia dietro a Control, il film di Anton Corbijn sulla drammatica parabola musicale-esistenziale di Ian Curtis e dei Joy Division.

Confusion in her eyes that says it all She’s lost control… She’s lost control again. And said I’ve lost control again, And a voice that told her when and where to act, She said I’ve lost control again.

la sera della1 0 prima 8 s e n t i r e a s c o l t a r e Gli spogli sobborghi della periferia della Manchester (Macclesfield, per la precisione) di metà seventies abitanoprima della sera la Control, lo avvolgono nel bianco e nero livido, e sono a tutti gli effetti i co-protagonisti della pellicola su Ian Cur- tis e i Joy Division di cui tanto si è parlato negli ultimi anni. Una geografia intima di compenetrazione tra uomo e ambiente, un paesaggio desolato perfettamente funzionale allo svolgersi delle vicende personali e di gruppo. Il film, presentato in anteprima all’ultimo Festival di Cannes lo scorso maggio 2007 (e visto a Milano in giugno nella rassegna Cannes e Dintorni), non è propriamente l’ennesimo biopic mitizzato sulla rockstar defunta e as- sunta alla canonizzazione dai media, alla Stone con The Doors, per intenderci. Sceneggiato dall’autobiografia Touching From A Distance, che la vedova del cantante, Deborah, aveva scritto nel 1995, e coprodotto dalla stessa insieme al guru della Factory Tony Wilson, vede il debutto alla regia di un’altra icona divisioniana, quel- l’Anton Corbijn fan dei primordi che aveva immortalato il gruppo sin dalle prime foto, inclusa la famosa imma- gine di spalle nella Tube Station mentre Curtis guarda di sfuggita verso l’obiettivo. “I Joy Division furono una tra le ragioni principali per cui decisi di venir via dal mio paese e trasferirmi a Londra. Il New Musical Express era una Bibbia e le interviste di Paul Morley alla band hanno costituito una grande fonte di ispirazione per chi, come me, aveva poco più di vent’anni». Corbijn si trasferisce così dall’Olanda a Londra alla fine degli anni ’70, dove frequenta la scena post-punk, cominciando una carriera all’NME come fotografo musicale, per poi intraprendere qualche anno dopo anche la strada della regia di videoclip (suo il video dell’88 della re-release di Atmosphere nonché di numerosi altri con Nirvana, U2, …). Il progetto per il film risale a una decina di anni fa, fortemente voluto anche da Deborah dopo la scrittura del libro (pubblicato in Italia da Giunti con il titolo Così vicino, così lontano), che come è noto, scandaglia nelle vicende personali del loro rapporto, offrendone allora per la prima volta un insight di primissimo mano, senza risparmiarsi in reticenze. E che in un certo senso deluse parecchi fan del gruppo proprio per questo. Non un libro sulla musica e sul mito, quindi. E di conseguenza non è un film prettamente musicale Control, che è stato integrato con numerose testimonianze; non c’è un solo punto di vista, da invece chi si aspettava la vicenda raccontata dalla sola Deborah. “Non è un film sui Joy Division, ma su Ian Curtis”, ancora il regista. Il paragone sorge immediatamente spontaneo con l’altra pellicola che sinora aveva raccontato, sia pure in modo laterale, la vicenda Curtis, vale a dire 24 Hour Party People (UK, 2002) di Michael Winterbottom (di cui abbiamo trattato tempo fa a proposito della scena madchesteriana) sull’ascesa e caduta della Factory Records di Wilson e di Madchester: qui tutto era frenetico e raccontato vorticosamente, tra bio e leggende metropolitane, con stile documentaristico, humour e leggerezza, per quanto la parte relativa ai Joy Division fosse giustamente la meno gaia e acquistasse la drammaticità che le competeva. Con Sean Harris ben in mente (che in Party People inter- pretava efficacemente uno Ian caratterizzato alla psicoticità il giusto) non era facile riuscire ad immaginare un altro protagonista. Il film parte così dai primi anni 70 con Curtis poco più che adolescente, mostrato nelle sue passioni, l’amore viscerale per la poesia e la musica - Bowie, Roxy Music, Velvet Underground -, per introdurlo rapidamente nell’ambiente musicale del tempo, fino all’incontro con la futura moglie; prosegue e si svolge dal ’76 in poi con la conoscenza, di Ian, Bernard Sumner e Peter Hook. Seguono di contorno le vicende legate alla formazione del gruppo, dai Warsaw ai JD, l’incontro con il manager Rob Gretton, il contratto con Wilson, Martin Hannett, i rapporti con l’industria discografica e la scena musicale, i tour, il primo disco Unknown Pleasures (1979), la notorietà sempre più in crescita e lo status acquisito di cult act, fino al tragico epilogo. Quel che rende immediatamente diverso Control è comunque lo sguardo dal di dentro, piuttosto che il racconto romanzato, l’agiografia. Non c’è compiacimento, si narrano e si presentano i fatti, per quanto possibile, senza giudicare né cercare soluzioni o risposte. Il film è raccontato da diverse angolazioni, quella di Ian, di Deborah, del gruppo (in maniera minore in questo caso). Curtis è visto nella quotidianità di un semplice ventenne, sposato- si troppo giovane con famiglia a carico, che cerca di far fronte, man mano che si svolge il film, all’inadeguatezza che sente crescere quando le cose sembrano cominciare a sfuggirgli di mano: la crescente notorietà e il non riuscire più ormai a controllarla e gestirla, la crisi matrimoniale e il senso di colpa per una relazione (che non riusciva a concludere) con la giornalista belga Annik Honoré, fan del gruppo incontrata durante il tour europeo a inizi ’80; l’epilessia insorta tardivamente, negli ultimi anni (che rendeva sempre più problematiche le esibizio- ni live), e il non poter/voler reagire rifiutandone alla fine le cure, una volta presa coscienza della sua gravità. Tutta una serie di circostanze concatenanti che porteranno Ian, progressivamente ma piuttosto rapidamente, alla ineluttabilità del suicidio il 18 maggio 1980 (a due mesi dal suo ventiquattresimo compleanno), alla vigilia significativa - mancavano appena due giorni! - della partenza per un tour negli Stati Uniti. La perdita progressiva di controllo sulla malattia e sugli eventi quotidiani quindi. She’s lost control. She’s lost control again. La dispera- zione e l’angoscia, la gelida consapevolezza e le emozioni trattenute di musica e liriche dei Joy Division che si fanno man mano sempre più oscuri. L’impossibilità di continuare a vivere accettando la sconfitta, evidenza che è già programmaticamente presente nei testi del secondo album, il postumo Closer (1980). Gotta find my destiny, before it gets too late (24 Hours). E si arriva all’epilogo: la storia si sarebbe definitivamente conclusa nel luglio 1980, a più o meno quattro anni dal suo inizio, con Sumner, Hook e Morris esibirsi per la prima volta come Nuo- vo Ordine, mentre usciva il postumo Closer tra ossessioni ballardiane e claustrofobie paranoiche. Ma questa è

s e n t i r e a s c o l t a r e 1 0 9 un’altra storia che giustamente non ci viene mostrata in questa sede. Il bianco e nero del film (“l’ho usato per rappresentare le atmosfere dei Joy Division e lo spirito dell’epoca”, ancora il regista) è stata una scelta piuttosto ovvia in questo caso, quello stesso b/n disgregato e sfibrato che ha sempre caratterizzato le foto di Anton Corbijn, rendendone la mede- sima atmosfera: incertezza, incompiutezza. Eleganza. Impalpabilità che si trasmette anche interiormente. Espressione di sensibilità e soprattutto percezione emotiva: “Mi considero un fotografo decisamente tradizionale, credo che la forza delle mie foto stia principalmente nello stato d’animo e nelle sensazioni che riesco a catturare nelle persone che incontro”. Con- ciso, senza ridondanze è allora lo stile del film, figurativamente sobrio, con prevalenza di primi e primissimi piani a punteggiare drammaticamente la storia. A parte Samantha Morton (Deborah) gli attori /musicisti inglesi sono semisconosciuti, protagonista compreso. Quel Sam Riley nella real- tà cantante della band 10 000 Things, che ha aderito così significativa- mente e mimeticamente al personaggio (una curiosità: interpretava Mark E. Smith in 24 Hour Party People!), fino a cantare e suonare con gli altri attori, per cui i brani sono eseguiti da loro - cosa non voluta all’inizio del film, ma poi fortemente approvata vista l’alchimia venutasi a creare. E si vedono infatti live o in studio parecchie volte, mentre narrativamente sono le liriche gelide, più che i dialoghi, in fuori campo, a seguire il filo del racconto. Musica strumentale originale composta dai New Order per l’occasione è presente nella pellicola in sottofondo in un paio di sequenze, nell’ipnosi a cui Sumner sottopone Ian e nella sce- na immediatamente prima del suicidio, quando vede in televisione il film di Werner Herzog, La ballata di Stros- zec; per il resto abbondano ovviamente gli inserti dell’epoca, dal classico Bowie ai Roxy Music ai Sex Pistols per citare solo alcuni nomi. Va detto anche che non ci si fa mancare le autocitazioni: il regista sembra compiacersi nella classica rappresentazione dell’iconografia rock, si veda ad esempio a inizio film il Curtis adolescente a torso nudo che riecheggia nell’immaginario un Iggy Pop giovane (con in sottofondo la Jean Genie di Bowie). Sobrietà quindi, e la prospettiva di rendere il gruppo e Ian nello svolgersi della loro vita quotidiana, nel lavoro (Curtis prima di cominciare con la musica a tempo pieno era impiegato in un ufficio di disoccupazione e in questo ambito ci viene spesso mostrato), nella routine, immagini che potrebbero appartenere ad uno qualsiasi dei film sui sobborghi inglesi di Ken Loach, se non fosse che in questo caso lo stile è un altro; scelte estetiche e program- matiche che potrebbero avvicinare Anton Corbijn alla sensibilità del Free Cinema inglese piuttosto; nei suoi clip (ricolmi di riferimenti espressionisti e surrealisti, tra l’altro) sin dall’inizio il Nostro ha riversato le sue competen- ze fotografiche, dalla luce alle inquadrature, per un equilibrio formale ineccepibile, che è diventato un marchio di fabbrica, sia pure evolvendosi negli anni, ed è presente anche in Control, con le sue inquadrature studiate nei minimi particolari, spesso fisse e prolungate oltre il dovuto. Anche la rabbia nel film viene trattenuta, sospesa, alla maniera del sound e delle lyrics curtisiane, implodendo di volta in volta, proprio mentre si pensa che deflagri liberando la tensione; l’unica che sembra esserne esente è Deborah, i cui scleri e le scenate al marito diventano sempre più frequenti e fanno da stacco e contrappunto alle vicende musicali e al punto di vista di Ian. Quello che si può obiettare al film è semmai, nonostante la correttezza filologica fino alla maniacalità e l’impianto estetico ineccepibile, è una certa predominanza, in sede di sceneggiatura, del punto di vista di Deborah (e anche di Wilson: “Abbiamo messo assieme il team giusto per trasporre nel film lo spirito di Ian” ipse dixit “disinteressa- tamente” il guru della Factory). I quali ne escono sin troppo bene comunque, a discapito di certi trattamenti riser- vati al gruppo. In più di un’occasione i Joy Division alias i New Order attuali (che - ironia della sorte - in questo inizio estate hanno annunciato uno scioglimento, che pare definitivo) non ne escono benissimo, finendo per fare in più di un’occasione la figura degli ingenui. Cosa da cui non è esente lo stesso Wilson, quando è raccontata la scena del contratto con i JD firmato con il suo sangue e relativo svenimento… momenti appena di leggerezza rispetto al pathos del film, come avviene anche nella caratterizzazione comica del loro manager Rob Gretton, sorta di gangsta rap che sembra appena uscito da un film di genere. E riprendendo il discorso sui New Order, la collaborazione tra regista e gruppo d’altra parte non è sempre andata a gonfie vele durante il corso della prepa- razione e lavorazione della pellicola, si vedano ad esempio alcune dichiarazioni su Control rilasciate alla fine dell’anno scorso proprio da Peter Hook alla stampa, in occasione delle prime voci di un loro scioglimento (“I´m pissed about the movie right now because Anton Corbijn seems to be getting too much control, precisely. I would have prefer that he showed more respect for us. That´s what he should do. I don´t know, It´s ok. Anton is too pas- sionate about the movie but I think he should have a wider view. At the beginning he would say ‘come everyone to help’ but now he closed the doors and sent everyone to piss off”). Uno sfogo estemporaneo probabilmente. Il che in altre parole, mostrava il loro malcontento (con tutta l’irruenza che è nota del bassista) nonostante il rapporto fosse andato avanti e avessero in effetti realizzato la colonna sonora. E successivamente il gruppo

la sera della  0prima s e n t i r e a s c o l t a r e ha anche partecipato alla prima del prima della sera la film a Cannes quest’anno. Un altro appunto al film potrebbe essere di ordine assoluto, cioè per intendersi meglio: ci sembra che sia incontrovertibile che ben po- che cose riescano ad equiparare la drammatica tensione della musica dei Joy Division e delle liriche di Curtis. In altre parole le immagini, con tutta la loro forza, nel bene e nel male, di cui s’è detto finora, non sempre possiedono la forza sufficiente per supportare la musi- ca e il suo pathos. Musica che vive di per sé e si autoalimenta, nelle liriche consapevoli della tragedia, nella drammaticità e marzialità del sound che si compenetra perfetta- mente con queste emozioni sospe- se e come bloccate. Che ebbero e continuano ad avere una espressi- vità sconcertante. Che attraversa il tempo, rimanendo con forza, come tutti i masterpiece. E continuando a costituire un’influenza importante nel corso dei decenni. Ci sarebbe voluto forse un genio visionario e malato al pari di cotanta espressi- vità. Ma tant’è, il riservato e schi- vo antidivo Anton Corbijn ha co- munque ottenuto il merito di non aver svenduto alcunché ci sembra, mantenendosi nel buon gusto di un omaggio certamente, da grande fan qual era (è), anche se ha scon- tentato qualcuno, come si è notato dai pareri contrastanti. Un onesto trattamento per una materia scot- tante, che in altre mani avremmo tremato ad immaginarne il risultato. Ma sembra non essere finita qui, si parlerebbe già di un altro film in cantiere, questa volta dal versante hollywodiano. Che non siamo per niente impazienti di vedere, arrivati a questo punto. La vicenda sem- brerebbe essersi conclusa qui per quanto ci riguarda. Dopo le anteprime primaverili, Con- trol uscirà in Europa nelle sale per inizi autunno. Al momento non si conosce ancora la data italiana.

s e n t i r e a s c o l t a r e    CULT MOVIE

L’isola (di Kim Ki-duk - Corea del Sud, 2000) Ci sono film che non sono propriamente film. Ci sono film che sono case: spazi da abitare, per anni, in cui vivere, attaccare alle pareti i propri ricor- di, uscire, tornare e ritrovare lì dentro emozioni indimenticabili, allo stato incandescente – uno per tutti: C’era una volta in America. Ci sono film che sono scuole: recinti che hanno custodito a lungo l’irruenza della nostra giovane età, palestre in cui, senza alcuno sforzo, abbiamo appreso la forza esplosiva dei sentimenti e modi di sentire, di pensare, di guardare – e qui ci sta bene sia Jules e Jim, sia Amores Perros. Ci sono film che sono labi- rinti: posti dove le traiettorie s’intrecciano, le direzioni si diramano, i passi falsi si moltiplicano, le indicazioni si contraddicono, le assi del pavimento sono sempre più sconnesse – se avete pensato a Strade perdute, allora ci siete. Ci sono film che sono chiese: territori in cui qualcosa di sacro e rovente si è depositato senza più evaporare, luoghi dove si entra in punta di piedi, con gli occhi bassi, e le labbra a salmodiare parole di speranza e furore – con il cappello in mano, siete dentro a Terra e libertà. Ci sono film che sono luna-park: veloci come le montagne russe, grotteschi come la casa degli specchi, inquietanti come il tunnel dell’orrore, cigolanti come le ruote panoramiche, scatenati come i lanciatori di coltelli e svitati come i clown – proprio lui, sì: Pulp Fiction. E poi ci sono altri film, che sono polveriere: spazi in cui entri inavvertitamente, senza che nessuno ti dica del peri- colo, di quello che lì potrebbe capitarti – in un modo o nell’altro, sono luoghi in cui tutto esplode, di continuo, posti in cui l’immaginario comune salta in aria, in mille pezzi, e ne esce trasformato, rivisitato, appuntito. Pensate al terremoto sprigionatosi dalla lucida potenza di Full Metal Jacket, alla faglia che si è aperta dalla furia senza pari di Natural Born Killer. Pensate alla shock, alla ferita che film del genere hanno scucito nel nostro modo di vedere e di pensare. Come se la nostra architettura mentale, sotto lo sforzo della visione, venisse polverizzata. Come se sulle macerie e le rovine procurate dall’esplosione della visione, qualcosa cominciasse a prendere forma, di nuovo: idee, forze, modi di indagare il reale, tecniche per agitare la vita. Uno tra i più celebri film-polveriera che io ricordi è L’isola, di Kim Ki-duk. Passò come una meteora alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2000. E salì gli scalini dell’attenzione dopo che il gossip festivaliero ci consegnò la notizia di una spettatrice svenuta durante la visione. Ma per anni, sebbene del film si fosse parlato a lungo, e un’aura maledetta ormai circondasse il suo nome, l’unico modo per vederlo furono le videocassette che la gente si passava dopo averlo registrato da Fuori Orario, la trasmissione fuori-sincrono di Enrico Ghezzi. La cosa interessante era che tutti, prima di affidarti la videocassetta, provavano a raccontare il film. E nella descrizione, su bocche diverse, ricorrevano sempre le stesse sequenze - come se una ferita, non ancora cicatrizzata, richiedesse il potere lenitivo della parola per tentare la sutura di qualcosa di profondo che si era aperto senza più richiudersi. In quelle parole, c’erano: tagli, lividi, delicate devastazioni e pesci. I pesci sono gli animali totemici del film. Ne L’isola, i pesci, fatti a pezzi o riconsegnati all’acqua, sono il genere umano. L’isola, in realtà, ne contiene molte. C’è un lago, nel film, ed in mezzo tante piccole casette colorate che punteggia- no l’acqua. Il lago funziona come un motel. Gli uomini arrivano, affittano una casetta e si ritirano lì per giorni. Se sei un cliente, ci pensa Hee-jin, la custode, a traghettarti in mezzo all’acqua. Come se il tempo fosse rigorosamente ci- clico, la gente arriva, prende una casetta, pesca, si nasconde, gioca a carte, scopa con le ragazze che frequentano il lago, e poi fila via, sotto lo sguardo muto e scuro di Hee-jin. La cosa potrebbe continuare così per altri millenni. Solo che lì ci arriva Hyun-shik. La connessione tra Hee-jin e Hyun-shik è immediata. L’equivalente sonoro della sequenza è il click di un lucchetto che si serra: un ingranaggio che si assesta e si completa. Oppure, visivamente, come il film sottolinea più volte, quello di un pesce che abbocca all’amo: anche se è impresa disperata capire chi pesca e chi viene pescato, o in quale profondità l’amo si sia conficcato. Gli uomini sono isole, dice Kim Ki-duk. E l’amore è quel sentimento estremo, tagliente su tutti i lati, appuntito, che aggancia e lega due solitudini. La particolarità del film è che i due protagonisti non si rivolgono mai la parola. La loro bocca è cucita, le parole non

la sera della  2prima s e n t i r e a s c o l t a r e la sera della prima della sera la

filtrano alcun sentimento. Se avete presente un film come Prima del- l’alba, di Richard Linklater, L’isola è il suo esatto opposto. Ad un’allu- vione hollywoodiana di parole e rac- conti in prima persona, Kim Ki-duk sostituisce gesti ed azioni. Resta, tuttavia, il fatto che i due protagoni- sti comunicano. Ma come, con quali modalità? Con il corpo, sul corpo, attraverso il corpo. La loro carne è la parete da incidere e graffiare per lasciare traccia e testimonian- za di un dialogo. La ferita e i lividi sono le frasi perfette che racchiu- dono il sentimento ed il suo strazio. Gli ami, che di volta in volta i due amanti usano, nel film, sono tutt’al- tro che metaforici. Le scene madri del film – che gli spettatori ricorda- no e raccontano – sono quelle in cui gli ami taglienti agganciano la car- ne in mezzo alla gola (ed è la volta di Hyun-shik) o nelle profondità del sesso (ed è la volta di Hee-jin). Il rapporto è talmente estremo, fuori dai confini, tirato al limite delle conseguenze, che le parole non hanno alcuna possibilità di giocare un ruolo. Non possono essere usate come intermediarie di un sentimento. Perché le parole agganciano, saldano, allacciano - ma anche schermiscono, mentono, proteggono. Mentre qui, essendo tutto così assoluto ed estremo, non c’è spazio per menzogne e le protezioni. Il corpo ferito, il corpo lacerato, dice sempre la verità. È pura evidenza capire che la carne che sanguina non può mentire, ed il dolore della ferita non trova altre ragioni che nel medesimo dolore. Nella sofferenza di un corpo straziato c’è la certezza, la garanzia, che tutto è terribilmente sincero, ferocemente autentico, sadicamente reale. La parola tracciata sulla carne, non detta, ma esposta, conquista un oggettività che trascende tutto il resto. La scrittura del corpo articola un discorso che la parola può solo vagamente avvicinare o simulare. Nell’estremismo di Kim Ki-duk, nel suo cinema-polveriera che esplode e traumatizza gli spettatori, allora, intuiamo qualcosa che riguarda la comunicazione tra gli esseri umani. La comunicazione, forse, parte sempre da un’incrinatura, da una ferita. Se la persona che mi trovo di fronte è per- fetta, dorata, tirata a lucido, con un’immagine che non fa una crepa, io, che perfetto non sono, non riuscirò mai a mettermi in contatto con questa. L’Altro/a mi sembrerà sempre superiore, al di là del mio livello (purtroppo, questo è il cardine della Società dello Spettacolo in cui viviamo). Ma se io percepisco una mancanza, un’incrinatura nell’im- magine dell’Altro/a – magari una mancanza e un’incrinatura vicinissima a quelle che possiedo – la comunicazione può accendersi. La comunicazione, in fondo, è condividere le ferite, riparare le incrinature, colmare le mancanze, cucire le rotture, medicare gli squarci, toccarsi lì dove è possibile soccombere. Diceva, a proposito, Bataille: “Un uomo, una donna, attratti l’uno verso l’altra, si uniscono nella lussuria. La comu- nicazione che li confonde insieme dipende dalla nudità delle loro ferite. Il loro amore rivela che essi non vedono, l’uno nell’altro, il loro essere, ma la loro ferita, e il bisogno di perdersi. Non v’è desiderio più grande di quello del ferito per un’altra ferita.” Giuseppe Zucco

s e n t i r e a s c o l t a r e    Arvo Pärt PERCORRENDO LA STORIA A RITROSO di Daniele Follero

“Potrei paragonare la mia musica ti istituzionali: il plenipotenziario al timore reverenziale verso le gran- alla luce bianca, che contiene tutti i capo dell’Unione dei Compositori di figure del passato e in particolare colori. Solo un prisma può dividere Sovietici,Tikhon Khrennikov, lo a quella, per lui irraggiungibile, di tutti i colori e farli apparire; questo tacciò, davanti al Congresso, di “cri- Johann Sebastian Bach. prisma potrebbe essere lo spirito ticismo”, un’accusa che, nei regimi dell’ascoltatore” (Arvo Pärt) dell’Est, per un compositore, equi- Alla ricerca di una semplicità valeva a quella di nemico del popo- primitiva: lo stile tintinnabuli Arvo Pärt nasce a Paide, cittadina lo. Raggirata la minaccia di censura, Il periodo di stasi nella composizio- un po’ isolata all’interno del terri- Pärt non riuscirà a sfuggire, però, ne, coincide con una fase riflessiva torio estone e, nonostante la sua alla sua crisi di creativà, che alla e di studio, quasi dieci anni durante personalità artistica libera, poco fine degli anni ‘60 lo colpì inesora- i quali Pärt si immerge nello studio conciliante alle ottusità dei regimi, bilmente interrompendo per quasi un del canto gregoriano, continuando a vi rimase per buona parte della sua decennio la sua attività compositiva. percorrere la storia della musica oc- vita, scegliendo la via più difficile Un decennio, come si è detto, carat- cidentale a ritroso, nella ricerca co- per un compositore d’avanguardia, terizzato dall’interiorizzazione dei stante di un’espressività sempre più di affermarsi. Il suo nome, come è linguaggi delle avanguardie, dal se- semplice e allo stesso tempo viva. stato per molti compositori esto- rialismo al puntillismo e da una se- È il periodo di incubazione di quello ni suoi contemporanei, è legato in rie di lavori sperimentali, tra i quali stile che l’autore stesso definirà di maniera indelebile a quello di Heino Perpetuum Mobile, Diagrams, la lì a poco tintinnabuli: “Lavoro con Eller (1887-1970), suo primo mae- Sinfonia n.1 e Musica Sillabica, pochissimi elementi-una voce, due stro al conservatorio di Tallin. Quel- opere tutte dedicate a Nono e con- voci. Costruisco con i materiali più lo di Eller fu un insegnamento all’in- traddistinte da una intensità tale da primitivi-con l’accordo perfetto, con segna della libertà espressiva: “Non dare l’impressione di sfiorare più una specifica tonalità. Tre note di un ti spingeva in nessuna direzione. Ti volte il collasso sonoro. accordo sono come campane ed è sosteneva anche quando quello che In questi anni già si intravvedono, perciò che chiamo questo tintinnam- scrivevi non era esattamente vici- anche se in maniera ancora molto buli (nome di derivazione onoma- no al suo credo” ebbe a dire Pärt flebile, alcuni elementi che contrad- topeica ricavato dal tintinnìo delle riguardo all’uomo al quale è stata distingueranno il suo stile maturo, campane)”. Con questo stile, Pärt maggiormente legata la sua prima quello stile tintinnabuli per il quale dimostra come sia possibile com- formazione. diventerà famoso in tutto il mondo: porre utilizzando materiali primitivi

a cura di Daniele NonostanteFollero la difficoltà di reperire l’interesse per le forme classiche e come le scale e le triadi, combinan- materiale dall’estero e i pochi con- barocche, la devozione assoluta per dole tra loro nella più semplice delle tatti permessi tra Europa dell’Ovest Bach e la ricerca di un linguaggio costruzioni: due voci che si dividono e Unione Sovietica, il giovane Arvo, estremamente semplice attraverso il l’accompagnamento (a volte ridotto quasi trentenne, riesce a venire a quale poter esprimere un’arte senza a bordone, altre volte accordale) e contatto con gli esperimenti della fronzoli, essenziale e primitiva, si la melodia, spesso costruita, sia per scuola di Darmstadt e quindi con il possono già cogliere in alcune delle durate che per altezze, a partire dal- serialismo post-weberniano. In par- più importanti composizioni di que- la struttura sillabica di un testo. ticolare, lega una forte amicizia con sto primo periodo, dal Collage Uber La ricerca di questa estrema essen- Luigi Nono, conosciuto a Tallin al B-A-C-H, che gioca con le tonalità zialità dei materiali è stata, troppo principio degli anni 60. Con l’auda- partendo dalle lettere che formano spesso, associata ad un minimali- cia di chi non si fa intimidire dalle il nome del compositore tedesco, smo del quale, in realtà, si trovano minacce politiche di regimi sordi a Pro & Contra (per violoncello e poche tracce nella musica del com- alle trasformazioni dell’arte, Pärt orchestra), che accosta stile weber- positore estone. La sua idea di ri- sarà il primo compositore estone a niano a cadenze barocche, fino ad durre ai minimi termini il materiale sperimentare e diffondere le tecni- arrivare al Credo (1968), culmine compositivo ha più relazioni con le che seriali nel suo paese. Non sen- del suo primo periodo compositivo e prime forme di canto liturgico che za destare scandalo negli ambien- di una crisi che lui stesso attribuirà con gli esperimenti minimal-ripetiti-

i cosiddetti contemporanei4 s e n t i r e a s c o l t a r e i cosiddetti contemporanei cosiddetti i visti che Reich, Glass, Riley e una manciata di altri musicisti america- ni che, dall’altra parte del mondo, cominciarono a mettere in pratica a partire dalla fine degli anni ‘60. Il 1977 è considerato l’anno della rinascita per Arvo Pärt, che ritor- na all’attività di compositore dopo otto anni di silenzio (se si eccettua la Sinfonia n. 3, del 1971, preludio al nuovo stile) con tre composizioni emblematiche del nuovo corso e ri- maste, nel tempo, l’esempio più feli- ce del suo nuovo modo di comporre: Tabula Rasa, Fratres e Cantus In Memoriam Benjamin Britten. La fama di questi brani è senz’altro legata all’etichetta ECM che, gra- zie soprattutto all’interessamento di Manfred Eicher, affascinato da quella musica ascetica, fatta di po- chi elementi eppure affascinante e coinvolgente, a partire dal 1984 cominciò a pubblicare le opere del- l’estone. La prima uscita, Tabula Rasa (Ecm New Series, 1984), rima- sta memorabile, raccoglie proprio queste prime tre opere della nuova fase compositiva di Pärt, eseguite da grandi interpreti come Keith Jar- rett, il violinista Gidon Kremer, Al- fred Schnittke al piano preparato e il direttore Dennis Russell Davies.

Verso la musica sacra del XX musica incantatrice, il canto grego- Gerry inserì anche Fur Alina) e nel secolo riano del XX secolo, che si esprime documentario sul mountain climbing Il culmine dello stile tintinnabuli e, in alcune tra le più belle pagine di Touching The Void, a sottolineare insieme, la conferma che gli inte- musica sacra (un genere per la ve- l’adattabilità della musica di Pärt a ressi di Pärt si stavano sempre più rità poco praticato durante il secolo fare da sfondo a situazioni tanto di- scorso) del’900: il (1985, verse. orientando verso la musica sacra, Te Deum ma rivisto nell’86), lo Stabat Mater, Per fortuna il compositore estone è è la Johannes Passion. Composta dello stesso anno, il Miserere del uno dei pochissimi musicisti “cosid- tra il ’77 e l’82 (anno in cui il com- 1989, fino ad arrivare al monumen- detti” contemporanei a fare ancora positore si era già trasferito a Berli- tale Kanon Pokajanen, per coro a parte di questo mondo, testimonian- no), quest’opera, tratta dal Vangelo cappella, che segue e reinterpreta za viva, musicalmente parlando, del Secondo Giovanni, e con preceden- la tradizione corale russa. passaggio di millennio e fortunata- ti illustri (ricompare di nuovo, ine- Al di là del suo significato religio- mente ancora attivo sia dal punto di sorabile, il nome di Bach) apre un so, la musica di Pärt, probabilmente vista compositivo (tra le sue ultime ciclo di composizioni che lo avvici- grazie al suo carattere sognante e opere, For Lennart, scritta in memo- nerà sempre più alla musica liturgi- ipnotico, a volte quasi ambient, ha ria del presidente dell’Estonia Len- ca e che coinciderà, per lui che era affascinato anche il mondo del ci- nart Meri ed eseguita in occasione luterano, con la sua adesione alla nema senza che il compositore si del suo funerale, il 2 aprile 2006), sia chiesa Cristiana Ortodossa, comin- dedicasse espressamente alla Set- da quello sociale e politico (ha dedi- ciando a comporre su testi in lingua tima Arte. Cantus In Memoriam cato tutte le esecuzioni di sue com- slavonica, utilizzata solo in ambito Benjamin Britten è stato utilizzato posizioni del biennio 2006-2007 alla liturgico. In musica, questa religio- sia da Leos Carax in Les Amants memoria della giornalista Anna Po- sità si manifesta attraverso atmo- Du Pont-Neuf, sia da Michael Moo- litkovskaja, assassinata, nemmeno sfere calme, ipnotiche, sempre in re, che nel recente Farenheit 9/11 tanto misteriosamente, in Russia e bilico tra suono e silenzio, ricche di lo ha inserito a commento musica- divenuto nuovo simbolo della libertà citazioni, reminiscenze e di un lin- le dell’attentato alle Torri Gemelle, di espressione, sempre più minata guaggio tonale che reinterpreta la mentre Spiegel Im Spiegel è stato e osteggiata dalle istituzioni politi- modalità della musica antica rag- impiegato da Mike Nichols (Wit, che). Un musicista così, fin quando giungendo effetti straordinari. Una 2001), Gus Van Sant (che nel suo c’è, proviamo a godercelo.

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Tomahawk “Anonymous” - CD Ipecac Dopplereffext“Calabi Yau Space” Tornano i Tomahawk di Mike Patton e con CD/2LP Rephlex il terzo atteso album: 13 tracce che con grande rispetto e Nuovo album per Gerald Donald, produttore americano artefice passione esplorano e re-interpretano la musica ancestrale, della definizione dell’electro post-Drexciya attraverso i suoi aggressiva ed oscura creata dalle popolazioni indigene del successivi, numerosi progetti: Der Zyklus, Arpanet, Japanese Nord America. Il titolo celebra i numerosi musicisti senza Telecom, Heinrich Mullerm, ma soprattutto Dopplereffekt. nome che contribuirono al patrimonio musicale di queste Proprio con questo alias ci regala un disco di incantevole meravigliose popolazioni, spesso oscurato nelle convenzionali bellezza che trae dall’esperienza Drexciya il suono electro performance per turisti delle riserve. Dopo un lunghissimo lavoro di ricerca storica e del futuro contaminandolo con atmosfere più ambient e sperimentali. filologica Duane Denison, insieme a John Stainer dei Battles, ha registrato tutte le parti musicali, mentre Patton ha successivamente lavorato su voci e samples. Yesterday new quintet“Yesterday’s Universe” - CD Stones Throw port-royal “Afraid To Dance” - CD Resonant L’universo sonoro di Madlib in 15 nuove tracce tra originali e Secondo lavoro della band genovese intitolato “Afraid cover che mostrano il lato jazz di quest’imprevedibile artista To Dance”.Dopo il successo di “Flares” pubblicato nel in tutte le sue molteplici incarnazioni. Brani interamente 2005 i tre musicisti genovesi ci regalano nuove emozioni eseguiti dal quintetto “virtuale”, costituito dagli alter-ego con 10 tracce che spaziano tra post-rock strumentale, di Madlib, e tutto il futuro dello Yesterday New Quintet nei momenti cinematografici, atmosfere epiche in stile vari moniker creati dall mente funambolica di Otis Jackson Godspeed You Black Emperor!, inserti di elettronica ed Jr.(Madlib). Partecipa al disco Mamao storico batterista/ arrangiamenti classici. percussionista degli Azymuth.

Pelican “City Of Echoes” - CD Hydrahead PSYCHIC TV/PTV3 “Hell Is Invisible... Heaven Is Finalmente disponibile l’atteso nuovo album di questa Her/e” - CD Sweet Nothing straordinaria metal band americana, che alla terza uscita Nuovo bellissimo album per il grande provocatore Genesis appare definitivamente pronta per essere designata la P-Orridge e i suoi rinati Psychic TV prodotto da by Edward migliore erede di Isis e Neurosis grazie al suo suono potente O’Dowd, Baba Larraji e dallo stesso P-Orridge. Numerosi ed epico, un perfetto mix di post-rock strumentale e doom- gli ospiti tra cui troviamo il chitarrista degli Yeah Yeah metal. Uno stile unico, una personalità imponente che tra riffs Yeahs Nick Zinner, Gibby Haynes dei Butthole Surfers e e reverberi apre le orecchie a scenari trance-apocalittici. il ritorno in veste di guest di Douglas Rushkoff, primo Dopo Isis, Jesu e Neurosis l’uscita che rende indimenticabile tastierista dei PTV3. questa annata per i molti fans del genere! THE CLIENTELE “God Save The Clientele” CD Track & Field PAN SONIC “Katodivaihe/Cathodephrase” Dopo aver riscosso ottimi successi di critica e vendita con i CD Blast First Petite loro precedenti album (“Suburban Light” – 2000 - e “The Violet Nuovo album per il duo finnico, veri e propri eroi della musica Hour” 2003) tornano dopo una lunga attesa gli inglesi The elettronica contemporanea che con un pugno di album pubblicati Clientele con il loro suono che mischia il pop-psych anni ’60 da prestigiose etichette come Mute e Blast First (ma non solo) con magiche melodie e arrangiamenti d’archi ed elettronica sono riusciti a creare uno stile personalissimo fatto di suoni puri shoegaze. Il nuovo album è stato registrato a Nashville, al limite della sopportazione umana, che entrano in contatto Tennessee dal produttore Mark Nevers (Candi Statton, Lambchop, Bonnie Prince Billy). diretto con la fisicità e colpiscono l’organismo là dove nessuno For fans of: , Galaxie 500, Birds, Yo La Tengo, Monkees. è mai arrivato. “Katodivaihe/ Cathodephrase” è un disco in qualche modo “tributo” alla visione di Mika e Ilpo per musiche come il dub, il funk e persino l’hard rock, inciso insieme ad un ospite, la giovane violoncellista Hildur Gudnadottir. Per fan di 4AD, Autechre, Karlheinz Stockhausen e Sun Ra. THE POLYPHONIC SPREE “ army” CD+DVD/LP Gut Esce per la Gut il nuovo album dei Polyphonic Spree: The VA “LABRADOR 100” – BOX 4CD Labrador “Fragile Army” è il loro terzo full-lenght e sarà disponibile Meraviglioso cofanetto celebrativo della centesima uscita sia in versione CD+DVD che in vinile con card per permettere di una delle più raffinate e amate etichette europee. Il box il download digitale dell’intero disco. Un nuovo viaggio contiene libretto e 4 CD che allineano 100 brani, ciascuno pieno di colori per la sognante comitiva hippie capitanata tratto da una delle 100 uscite fin qui rilasciate della label da Tom Delaughter, che questa volta arricchisce il materiale di Stoccolma. Impedibile per i fan e straordinaria occasione musicale con un documentario sulla realizzazione dell’album e il video di “The di scoprire una realtà che ha fatto del pop perfetto il suo Fragile Army”, contenuti nel DVD. inconfondibile marchio di fabbrica. MAMMATUS “The Coast Explodes” CD - Holy Mountain Asobi Seksu “Citrus” - CD One Little Indian Secondo album per i pionieri della New Wave della heavy- Celestiale esordio su One Little Indian per questa band psichedelia americana inciso per la benemerita Holy di stanza a NYC, capitanata dalla conturbante cantante Mountain, fantastica etichetta che ci ha regalato perle del giapponese Yuki Chikudate che canta sia in inglese che nella calibro di OM, Lesbian, Aufgehoben e Residual Echos. Il rock sua lingua di origine passando da languidi falsetti a sensuali dei Mammatus è pesante, psichedelico e progressivo allo lamenti. Un dream-pop di fine sensibilità che conferma tutte stesso tempo, erede della tradizione sonora di bands come le buone parole spese al tempo del loro debutto del 2004 Hawkwind, Black Sabbath e Pink Floyd, ma moderno al pari di Comets on Fire, Sleep dalla stampa americana. e Acid Mother Temple.

OF MONTREAL NUOVO EP DI INEDITI E RISTAMPA DI DUE ALBUM CAPOLAVORO, DA LUNGO TEMPO FUORI CATALOGO of Montreal “Satanic Panic in the Attic” – CD Polyvinyl of Montreal “The Sunlandic Twins” – CD Polyvinyl of Montreal “Icons, Abstract Thee” “Satanic Panic in The Attic” è stato, almeno fino all’uscita “The Sunlandic Twins” è il disco che ha aperto la via CD/EP Polyvinyl dell’ultimo “Hissin Fauna” il più acclamato album degli of Montreal, dell’esplorazione elettronica con synth e drum machine per Nuovo EP per la band di Athens che rende un capolavoro di armonie vocali, percussioni elettro-acustiche gli of Montreal, il vero predecessore del recente successo disponibili 5 inedite canzoni provenienti dalla e giochi in perfetto equilibrio tra organo, chitarra e strumenti mondiale “Hissin Fauna”, un pop meravigliosamente sessione di “Hissing Fauna…” ma non pubblicate acustici. Un disco essenziale per tutti i fan degli of Montreal, costruito, canzoni “avant-disco” che ora sono tremendamente sull’ultimo album. lungamente fuori catalogo in tutto il mondo. attuali. Un altro grande album degli of Montreal ristampato dopo essere stato introvabile a lungo.

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