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SENTIREASCOLTARE online magazine GIUGNO N. 32

Wilco salvati dal rock and roll

Hans Appelqvist King Kong Laura Veirs Valet Keren Ann Feist Low PelicanStars Of The Art Lid Of Fighting Smog I Nipoti Marino del CapitanoJosé Malagnino Cristina Zavalloni Parts & Labor Billy Nicholls Dead C

The Sea And Cake Labrador Akoustic Desease Buffys eSainte-Marie n t i r e a s c o l t a r e  www.audioglobe.it vendita per corrispondenza tel. 055-3280121, fax 055 3280122, [email protected] DISTRIbuzione discografica tel. 055-328011, fax 055 3280122, [email protected]

MATTHEW DEAR JENNIFER GENTLE STATELESS “Asa Breed” “The Midnight Room” “Stateless”

CD Ghostly Intl CD CD !K7 Nuovo lavoro per A 2 anni di distan- Matthew Dear, uno za dal successo di degli artisti/produt- critica di “Valende”, è pronto l’omonimo tori fra i più stimati la creatura Jennifer debutto degli Sta- del giro elettronico Gentle, ormai nelle teless, formazione minimale e spe- sole mani di Mar- proveniente da Lee- rimentale. Con il co Fasolo, arriva al ds. Guidata dalla nuovo lavoro, “Asa Breed”, l’uomo di , si nuovo “The Midnight Room”, sempre su Sub voce del cantante Chris James, voluto anche rivela più accessibile che mai. Sì certo, rima- Pop. Registrato presso una vecchia e sperduta da DJ Shadow affinché partecipasse alle regi- ne il tocco à la Matthew Dear, ma l’astrattismo casa del Polesine ed ispirato forse da questa strazioni del suo disco, la formazione inglese usuale delle sue produzioni pare abbia lasciato sinistra collocazione, il nuovo si districa mette insieme guitar sound ed elettronica, ri- uno spiraglio a parti più concrete e groovy. 12 tra atmosfere notturne, febbrili, e allucinate. cercati arrangiamenti d’archi e beats sincopati. brani come se fossero un incrocio fra le am- Psychedelia, rock’n’roll, Kurt Weill e Nino Rota, Uno stile ambizioso ma in grado di creare ma- bientazioni di e le ritmiche di David lo strano e solitario viaggio musicale dei Jenni- giche canzoni sospese tra il rock e l’elettronica. Byrne. Meraviglioso. fer Gentle continua…. Tra Portishead, e Coldplay.

NINA NASTASIA & MISHA APPARAT NOUVELLE VAGUE “You Follow Me” “Teardrop Sweetheart” “Walls” presents “New Wave”

CD Fat Cat CD Tomlab CD 2CD District 6 Sono passa- “ Te a r d r o p Shitkatapult Marc Collin ti pochissimi Sweet-heart” dei Nouvelle mesi dal bel- è il debutto Dopo la riu- Vague realiz- lissimo “On dei Misha, scita colla- za la seconda Leaving” che duo forma- b o r a z i o n e uscita per l’ è già pronta con un to da Ashley Yao e John Chao. Il con , Sascha Ring aka etichetta District 6, una compilation nuovo lavoro. Questa volta accom- disco è una ricerca continua ed Apparat aka uno degli artisti e pro- il cui titolo esplica immediatamente pagnata da Jim White, ricercatis- elegante della struttura Pop, attra- duttori più importanti ed innovativi, i contenuti: “New Wave”. Il concept simo batterista dei , in verso melodie agrodolci e circuiti arriva al suo nuovo lavoro “Walls”. è chiaramente nelle corde di Collin tour con e già al lavoro analogici. Il progetto Misha riesce Muri che non dividono, tutt’altro. che in un assurdo gioco di specchi con Bonnie Prince Billy, a far convivere una serie di idee ed Le 13 tracce del disco sono un seleziona alcuni dei protagonisti e Smog, la Nastasia supera nuo- influenze infinite e fra le più dispa- agglomerato perfetto e costruito della new wave anni 80, gli stessi vamente sé stessa. Lei, voce e rate, dal Pop di Van Dyke Parks con precisione certosina, in cui il che si era divertito a coverizzare chitarra. Jim, batteria. “You Follow e Burt Bacharach a suoni un po’ concetto Pop vive di un rinnovato con Nouvelle Vague: Duran Duran, Me” vive della sua spontaneità ed giocattolosi nelle corde del primo splendore. Parti groovy, suoni me- Joy Division, Gary Numan, OMD, è di una meraviglia disarmante. Badly Drawn Boy, dalla Tropicalia ravigliosi ed elettronica mai sopra Telex, Visage e tanti altri, alle pre- Folk, sana indipendenza artistica agli arrangiamenti in stile Os Mu- le righe. Fra gli ospiti, Raz O’Ha- se con classici di The Rolling Sto- e classe purissima. Produce Steve tantes, dai Kraftwerk ai richiami ra e Josh Eustis, metà Telefon Tel nes, , The Kinks, The Albini. Inarrivabili. cinematografici. Aviv. Velvet Underground...

HOT CHIP JEREMY WARMSLEY PISSED JEANS GUSTER “DJ Kicks” “The Art of Fiction” “Hopes for Men” “Ganging Up On The Sun”

CD !K7 CD Ryko CD Sub Pop CD Ryko Una del- “The Art of Dopo un al- Quinto lavoro le band più Fiction” è il bum realiz- per Guster da chiacchierate meraviglioso zato su Parts Boston, attivi degli scorsi e scintillante U n k n o w n sin dal ’94 ed mesi, i londi- debutto del Records ed ormai molto nesi , è stata invitata a giovanissimo londinese Jeremy un 7” per Sub Pop, i Pissed Jeans popolari in patria. La band riesce compilare il nuovo capitolo della Warmsley, personaggio dalle in- dalla Pennsylvania, arrivano al de- a rendere moderne le sonorità serie DJ Kicks. La selezione svela fluenze prevedibilmente impreve- butto per la leggendaria etichetta care a CSN&Y, Fleetwood Mac e molte delle influenze dei cinque in dibili: Paul Simon, Sam Cooke e di . “Hope For Men” si nu- Rolling Stones e si trova a proprio un continuo divertentissimo sali- la musica classica, Microphones, tre di punk ipnotico, monolitico ed agio tra richiami seventies e armo- scendi tra Electro-Pop, House, Steve Reich, Bian Eno, Aphex Twin aggressivo. Ed i Pissed Jeans, il nie vintage senza però disdegna- Hip Hop, Drum’n’ e . In e Radiohead. Le canzoni del disco punk, lo sanno fare con ironia ed re una produzione assolutamente scaletta: Tom Zé, New Order, Etta si collocano in un momento esta- instabilità, con furbizia ed amarez- contemporanea. L’impegno dei James, Ray Charles e Joe Jack- tico sospeso tra storie à la Bowie, za. Se siete amanti delle sensazi- Guster per il rispetto dell’ambien- son! Uno dei brani migliori della sensualità, rimorsi ed universalità. oni forti, questo gruppo potrebbe te è testimoniato dal loro attivismo compila è ‘My Piano’ che gli Hot Fra folk sghembo, indietronica ed diventare il vostro favorito. Se sul sito … e dal fatto che i loro tour Chip hanno regalato in esclusiva. armonie vocali strampalate, War- avete amato Nomeansno, Flip- sono organizzati con mezzi ecolo- Senza un attimo di sosta, mai ba- msley, è una sorta di versione ma- per, Black Flag e , Pissed gici ed energie alternative. Moder- nali o troppo cerebrali. schile di Regina Spektor! Jeans fanno per voi. namente classici. sommario

4 News 8 The Lights On Pelican, Art Of Fighting, Parts & Labor, Akoustic Desease 12 Speciali Labrador, Marino José Malagnino, 8 Dead C, The Sea And Cake, 34 Recensioni Crowded House, Psychic TV, The Clientele, Video Hippos, Melt- Banana, Monotract, Teatro degli Orrori... 8 3 Rubriche (Gi)Ant Steps Massimo Urbani We Are Demo: Amelie, Black Bass, Jocelyn Pulsar... Classic Leonard Cohen, Truly, Brian Jonestown Massacre, Buffy Sainte-Marie Cinema Tarantino-Grindhouse, Spiderman 3, Mio fratello è figlio unico... I cosiddetti contemporanei Bruno Maderna

Direttore Edoardo Bridda Coordinamento 26 Teresa Greco Consulenti alla redazione Daniele Follero Stefano Solventi Staff Valentina Cassano 96 Antonello Comunale Antonio Puglia Hanno collaborato Gianni Avella, Davide Brace, Filippo Bordignon, Marco Braggion, Gaspare Caliri, Roberto Canella, Paolo Grava, Alessandro Grassi, Manfredi Lamartina, Linda Maldini, Alarico Mantovani, Andrea Monaco, Massimo Padalino, Stefano Pifferi, Andrea Provinciali, Stefano Renzi, Vincenzo Santarcangelo, Giancarlo Turra, Fabrizio Zampighi Guida spirituale Adriano Trauber (1966-2004) Grafica Edoardo Bridda, Valentina Cassano in copertina Wilco

SentireAscoltare online music magazine Registrazione Trib.BO N° 7590 del 28/10/05 Editore Edoardo Bridda Direttore responsabile Antonello Comunale Provider NGI S.p.A.

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La Domino annuncia dal suo sito ufficiale che pubblicherà entro la fine dell’anno il nuovo disco di Robert Wyatt, dal titolo provvisorio Comicope- ra; l’ultimo suo album, Cuckooland, risale al 2003…

Debutto su Morr Music per l’islandese Seabear (moniker dietro cui si na- sconde Sindri Már Sigfússon) con The Ghost That Carried Us Away, al- bum che sarà pubblicato a settembre e che si avvale della collaborazione di suoi connazionali, tra cui Orvar dei Múm, Eiki che fa parte della forma- zione live dei Sigur Ròs oltre ad alcuni membri di Benni Hemm Hemm…

Il video del singolo Dance Tonight di Paul McCartney (tratto dal prossimo album in uscita il 5 giugno Memory Almost Full) è apparso a sorpresa su YouTube; diretto dal francese Michel Gondry, vede Natalie Portman protagonista…(http://www.youtube.com/watch?v=xTNXrkBSp_o)...

I Liars ritornano con il quarto album, che sarà pubblicato il 28 agosto su Mute, e sarà un Self Titled…

Annunciato anche il comeback dei Pinback, con il quarto disco, The Au- tumn Of The Seraphs, che uscirà il prossimo 11 settembre su Touch & Go…

Con il nuovo disco Future Artists - uscito il 29 maggio su BaDaBing! - fanno il loro ritorno i neozelandesi Dead C…

Larrikin Love Il 22 e 23 giugno ritorna a Pescara Indierocket Festival 2007 ad ingresso gratuito, con tra gli altri The Last Drive, Devastations, These New Puritans e guest da annunciare; il programma completo al sito ufficiale (http://www. indierocketfestival.it)...

Tour europeo per Sly and The Family Stone, con nove date in luglio a partire da Perugia (il 12 al festival Umbria Jazz )…

Mike Skinner sta lavorando al quarto album (ancora senza titolo) a nome di The Streets, previsto per fine anno; l’ultimo lavoro del gruppo risale all’anno scorso, con The Hard Way To Make An Easy Living…

Si sciolgono a sorpresa gli esordienti inglesi Larrikin Love, con un comu- nicato in cui non sono state rese note le ragioni, se non che continueranno a fare musica; il gruppo aveva pubblicato un album, The Freedom Spark uscito l’anno scorso su Infection e appena distribuito da Ryko/Audioglobe a maggio (recensione pubblicata da SA nel numero precedente)…

I (, Swan Lake e assortiti) pre- parano il terzo disco (Random Spirit Love) previsto per l’autunno su Ja- gjaguwar; il secondo, Shut Up I Am Dreaming, uscito l’anno scorso, è distribuito ora in Italia da Self ed è in uscita il 29 giugno prossimo…

 s e n t i r e a s c o l t a r e Strawberry Jam, il nuovo album degli Animal Collective è previsto per settembre su Domino, nel cui roster sono entrati a inizio anno…

Sanctuary Road, il ritorno del redivivo Marc Almond (dopo il quasi fatale incidente motociclistico che ebbe nel 2004) sarà pubblicato il 4 giugno su Sanctuary Records; disco di cover ad eccezione di un inedito (Redeem Me) è un viaggio nel suo universo musicale attraverso le canzoni che ne hanno influenzato la crescita artistica, comprendendo pezzi di Dusty Springfield, David Bowie, Frank Sinatra. Con la partecipazione di Antony, Jools Holland e Sarah Cracknell dei St Etienne…

Odd Nosdam pubblicherà Level Live Wires il 28 agosto prossimo su An- ticon…

Richard Hawley sta ultimando Lady’s Bridge, prodotto insieme a Colin Elliott, che sarà pubblicato il 20 agosto…

Nuovo pezzo di Vert (Rocket Man) - ascoltabile anche sul suo My Space - in Versions Of The Prepared Piano su Karaoke Kalk, remix da The Pre- pared Piano di Hauschka. Vert sarà in tour in Italia il 6 giugno a Padova, al Summer Students Festival, e il 7 a Milano Marittima al Loco Squad…

La Chemikal Records annuncia lo split degli Aereogramme, dopo quasi un decennio di attività; il gruppo aveva pubblicato l’ultimo disco lo scorso febbraio, My Heart Has A Wish That You Would Not Go… Vert

Due uscite (il 21 maggio) su Rune Grammofon / Wide: il duo norvegese Moha con Norvegianism e terzo album per gli Ultralyd del sassofonista Frode Gjerstad con Conditions For A Piece Of Music…

Italia Wave Love Festival si terrà a Sesto Fiorentino (FI) dal 17 al 22 luglio prossimi con un ricco calendario, che va da the Good The Bad And The Queen a Kaiser Chiefs, da Scisssor Sisters a !!!, Tinariwen, Jimi Te- nor, Vinicio Capossela, il tutto con ingresso gratuito fino alle 21…

Spaziale Festival ritorna a luglio a Torino allo Spazio 211 con un pro- gramma che ospita eventi unici italiani con artisti stranieri, inaugurando il 5 con i Sonic Youth che suonano Daydream Nation. Si prosegue il 6 con i Giardini di Mirò, il 7 con i Perturbazione, l’8 con Petrol il 15 con Mudhoney, il 16 tocca a Bright Eyes, il 17 ai Wilco (unica data italiana), il 18 ai C.S.S….

Neromagazine per il suo terzo compleanno pubblica un numero speciale, Nero Champions League in inglese, che girerà l’Europa nelle più impor- tanti manifestazioni culturali di quest’estate (Biennale di Venezia, Art Ba- sel, Documenta12, Skulptur Projekte). I primi tre eventi di presentazione saranno ad ingresso gratuito: il 19 maggio a Roma (h 23, The Loft, via di

s e n t i r e a s c o l t a r e  news a cura di Teresa Greco

Pietralata 159 con Carsten Nicolai, Okapi, Rombi, Bob Corsi, Diciannove Omaggio), il 24 a Milano (h 23, Sottomarino Giallo, v. Donatello 2 con Daf- ne Buggeri, Okapi, Rombi) e l’8 giugno a Venezia (con Carsten Nicolai). Per info lista inviti: [email protected] (3336628117-3332473090)…

Anticipazioni da Sonic Belligeranza: in progetto un disco di noise regi- strato utilizzando esclusivamente suoni da skateboard, dal titolo In - teborED We Noize…

Reso noto il titolo definitivo del terzo disco degli Interpol: Our Love To Admire uscirà il 6 luglio prossimo su Capitol; al link (http://www.forums. spinner.com/2007/05/01/interpols-new-song-is-bi-coastal/) un’anteprima del singolo The Heinrich Maneuver…

Larkin Grimm è passata dalla One Little Indian alla Young God di Michael Gira…

Mentre viene annunciato che il biopic di Anton Corbjin su Ian Curtis, Con- trol, sarà presentato a Cannes dal 16 al 27 maggio, Peter Hook conferma sul suo blog (http://blog.myspace.com/index.cfm?fuseaction=blog.view&f riendID=180575671&blogID=262679181) lo scioglimento dei New Order, dopo le voci ricorrenti dei mesi scorsi. Il bassista sarà tra i protagonisti dei Satellite Party, progetto di Perry Farrell a cui partecipano anche Thievery Corporation, Flea & Frusciante e nelle vesti di Peter Hook produttore esecutivo. Il loro album, The Ultra-pay Loaded, uscirà il 29 maggio …

Nuovo album per Mirah in uscita il 7 agosto prossimo su K Records: Share This Place: Stories and Observations è prodotto da Steve Fisk (Nirvana, LOW, Beat Happening) e Phil Elvrum e accompagna una serie di dodici short film animati da Britta Johnson, uno dei quali (Credo Cigalia) è com- preso nel disco…

Dopo il Live 8 di due anni fa, si è sfiorata una nuova reunion su palco dei Pink Floyd. Lo scorso 11 maggio al Barbican di Londra, nel corso di un concerto-tributo a Syd Barrett (a cui hanno partecipato Damon Albarn, , Kevin Ayers ed altri), i quattro hanno di nuovo calcato la stessa scena, ma in esibizioni separata. Prima sono comparsi a sorpresa Gilmour, Wright e Mason per eseguire Arnold Layne, poi Roger Waters accompagnato dalla sua band...

Annunciato il cast del Traffic Torino Free Festival (http://www.trafficfe- stival.com/), che si terrà dall’11 al 14 luglio nel capoluogo piemontese: Lou Reed (con Berlin, 11 luglio), Daft Punk e LCD Soundsystem (12), Arctic Monkeys e Art Brut (13 ), Antony & The Johnsons e Franco Battiato (14)…

 s e n t i r e a s c o l t a r e Touch & Go si scusa per aver annunciato l’entrata nel suo roster dei Qui, che pubblicano invece il loro Love’s Miracle a settembre su Ipecac…

Il nuovo album di Ben Harper, Lifelines uscirà su Virgin il prossimo 28 agosto…

La Young Records di Michael Gira ristamperà il 18 giugno il penultimo album di Lisa Germano, Lullaby For Liquid Pig con un secondo CD di bonus…

La terza edizione del MUV Music and Digital Art Festival - evento che interseca le arti digitali e la musica elettronica - si svolgerà a Firenze dal 6 al 10 giugno prossimi negli spazi della Limonaia di Villa Strozzi. Per info consultare il sito ufficiale (http://www.firenzemuv.com)...

Face Addict è un film e una mostra fotografica di Edo Bertoglio che si svolgerà a Roma al Cinema Farnese (Piazza Campo De’ Fiori, 56, Roma, tel 066864395) dall’11 al 17 maggio; fotografo della rivista Interview di Warhol Bertoglio è stato testimone e protagonista della New York Down- town di fine anni’70 inizi ’80 (Jean-Michel Basquiat, Keith Haring, Jim Jarmusch, Debbie Harry, John Lurie)…

Il messicano Murcof ha completato il terzo atteso album, Cosmos, che uscirà in tarda estate… Lisa Germano

Da domenica 6 maggio (inaugurazione ore 16) a domenica 3 giu- gno il Museo Industriale La Fabbrica della Ruota di Pray (BI) ospiterà la mostra La fabbrica e la sua voce - Trame sonore dell’industria tessile realizzata dagli artisti biellesi Luca Berbero (Fhie- vel) e Luca Sigurtà, con la partecipazione di Manuele Cecconello e patro- cinata dal DocBi - Centro Studi Biellesi. Orario di apertura: domenica ore 15-18,30. Gruppi e visite guidate su prenotazione: tel. 015/7388393…

La di festeggia quest’anno i suoi 15 anni e per l’oc- casione pubblicherà un box di 15 7” in cui gli artisti del suo roster coveriz- zeranno altri artisti TJ. Per l’occasione si terrà un concerto il 10 novembre 2007 alla Roundhouse di Londra; ancora non confermata la scaletta, per il momento hanno aderito Arbouretum, The Sea And Cake, Bobby Conn, Califone, Adult, OOIOO e Tortoise…

s e n t i r e a s c o l t a r e  The Lights On... pelican

L’eco di un flebile vento “post” ha una festa di gala, influenze ben più arte “d’atmosfera” dei Pellicani. A sospinto sin dagli esordi le pagliuz- raffinate che in passato. Neurosis precedere vi era già stata un al- ze strumentali del metal marcato su tutti. Pulse, Mammoth, Forecast tra avvisaglia di grandi cose “a Pelican. Libratesi in volo, sono poi For Today e The Woods hanno an- venire”. Australasia (2003) infatti ricadute ben lontano dal fusto da cora durate umane (fra i 4 e i 7 spaziava, con ben due anni d’anti- cui in origine furono spiccate via. minuti), ma parlano una lingua pu- cipo su The Fire, su territori post Esse sono infatti giunte a noi at- ramente strumentale d’avant me- metal e droning di non indifferente traverso una prima, preparatoria, tal. Gli Earth e Boris in primis. arditezza strumentale e concettua- esperienza. Quella dei Tusk. A Terrificanti e liriche visioni d’una le. Anche qui a farla da padrona è farne parte v’erano già tutti e tre i landa che post(umana) lo diventa la suite più estesa nel minutaggio. membri dei futuri Pelican. Laurent dopo simili incursioni bombardiere. Night And Day dura infatti ben 11 Lebec, Trevor de Brauw e Larry He- Non accidentale, poi, il fatto che minuti. 11 minuti al servizio d’un rweg furono un power trio nell’era la band si accasi presso la Hydra narrare per contrappunti chitarristi- del dopo grind. Due chitarre e una Head Records, proprietà dell’Isis ci, fatti di vuoti siderei e pieni as- batteria, rispettivamente. La musi- . Infatti gli Isis diven- sordanti, che davvero aprono porte ca suonata, nei due album conse- tano sempre più un termine cal- della percezione mai prima disco- gnati agli annali minori della Windy zante per riferirci al genere ibrido state al nostro orecchio d’incalliti City (i nostri provengono infatti da suonato dai nostri. A tal proposito audiofili. Soprattutto, Australasia Chicago), è nient’altro che grindco- vale un ascolto del meraviglioso è una testa di ponte fra il passa- re allo stato brado. Get Ready (He The Fire In Our Throats Will Be- to (prossimo) del trio e un futuro Who Corrupts) e The Tree Of No ckon The Thaw (2005). (altrettanto prossimo) alle porte. Return (Tortuga) suonano proprio Ascoltando i 9 minuti di Last Day Questo futuro, oramai scivolato così. E non lascerebbero sperare Of Winter (o anche la lunghissima nella cronaca discografica degli quella conversione “concettuale” March Into The Sea) ci si imbatte eventi d’attualità, è l’ultimo parto che il trio ha poi assunto a propria in un perfetto ibrido fra crescendo lungo della band di Chicago. City effige sonora col cambiare ragione drammatizzati scuola Neurosis, un Of Echoes (2007) riflussa il già sociale. Non sappiamo bene quan- uso dilatato e “ambientale” dello noto attraverso partiture sempre do, ma qualcuno – o forse tutti e strumento chitarra e, risultante del- più curate e “progressive”. Come tre – a un certo punto della loro le due prime direttive, in una sorta del resto le progressioni strumen- giovane storia discografica sento- di psichedelia lirica che del metal tali del gruppo, ancora più l’abilità no il metal suonato come una ca- conserva solo la grammatica. del disco è quella di avvincere e micia di forza stilistica della quale Sgrammaticata a dovere però. Fino incantare senza mai far calare l’at- difficile sarebbe sbarazzarsi. Vi si a farne lo strumento per descrizio- tenzione sullo svolgimento delle dibattono dentro per un poco, e poi ni voiceless d’assoluta armonia e partiture. E, sorpresa delle sorpre- decidono per un sostanziale salto bellezza sonica. La risultante fra se, gli echi post si fanno prepoten- qualitativo. Pelican è il nome che epos e pathos è qui felicemente temente sentire. Il pezzo eponimo, danno a questo insperato triplo raggiunta e doppiata da risultati ar- ad esempio, ne è perfettamente salto mortale sonoro che con una tistici di grande validità, suggestio- consapevole. Tutto preso in quei sola piroetta proietta i nostri mol- ne, pregnanza. -, traccia acustica suoi giochi geometrici chitarra-bat- to al di sopra dello steccato metal e purgativa delle tante distorsioni teria-chitarra che quasi rasentano che fino ad allora così perfetta- a profusione sprecatesi sino a quel geometrie ‘mathematiche’. Nuovo mente li aveva contenuti. Pelican mentre, introduce il finale cosmi- sbocco, forse, allo stile emotivo e (Hydra Head, 2003) sforna un pri- co di Aurora Borealis e Sirius. Un epico dai precedenti dischi testi- mo assaggio della nuova creatura. concentrato sonoro di polveri sot- moniato grandemente. E mostra, quali abiti eleganti ad tili che astrae tutta l’evanescente Massimo Padalino

 s e n t i r e a s c o l t a r e The Lights On... art of fighting

È il booklet del loro secondo album te facciano della lentezza il loro rey (Trifekta / Bella Union), l’al- Second Storey, con quelle pala- principio esistenziale, si infilano bum consacratore dell’avvenuta fitte nell’oceano, che forse ci ha sottopelle inesorabilmente. Che, maturità stilistica degli Art Of Fi- suggerito l’immagine dell’acqua, di a dispetto del nome della band, ghting. La loro proposta musicale, quel lento ondeggiare sinusoidale. rappresentano la più palese ne- ora molto più curata e dettagliata, Ma non solo: è proprio la musica gazione del combattimento, inteso scava decisamente in profondità, degli Art Of Fighting a evocare di nella sua accezione comune. Ma ammalia con canzoni memorabili e per sé l’oceano. La loro formula sti- se conflitto deve esserci sicura- stupisce per la carica emozionale listica tanto struggente quanto ri- mente è interiore: rivolto malinco- che i Nostri riescono a conferire lassante culla come un’onda lunga. nicamente verso l’interno. Formati a ogni singolo passaggio. Ovvia- Dopo aver salpato da Melbourne, nel 1997 gli Art Of Fighting, dopo mente, il contesto su cui muovono Australia, la loro è una navigazione un paio di EP, completano la loro è sempre lo stesso del loro esor- in oceano aperto: lenta, rispettosa definitiva line-up nel 2000. Iniziano dio, ma qui è la componente vo- e calma. Immune da ogni tempesta così i preparativi per questa lenta cale a raggiungere picchi emotivi e perturbazione. Ma, attenzione, e rilassante navigazione in oceano altissimi. I nomi dei riferimenti che la traversata è solitaria e improv- aperto senza meta alcuna. vengono evocati sono tutti di alta visata: bisogna seguire le stelle Il varo della loro imbarcazione av- caratura: Radiohead, R.E.M. e gli per orientarsi. Efemeridi di un uni- viene nel 2001 con la pubblicazio- onnipresenti Buckley e Red House verso fatto di slow-core e di fluo- ne del loro primo album Wires (Tri- Painters. La bellissima Break For rescenze pop. Non a caso, infatti, fekta). Mai cerimonia iniziatica fu Me, la struggente Busted, Broken, la stella-guida alla quale i Nostri più fortunata. Infatti il loro esordio Forgotten e la sospesa Two Rivers fanno riferimento è proprio quella valse loro il premio come miglior rappresentano gli episodi più riu- dei Red House Painters. Ma non album alternativo agli Australian sciti dell’album, se non addirittura solo, il baluginare intermittente di Record Industry Awards 2001. In dell’intera loro discografia. Canzo- e quello più tenue questo loro debutto risiedono ab- ni che se fossero state contenute dei Coldplay, sui quali gli Art Of bozzate già tutte le loro peculia- negli album degli artisti succitati Fighting dirigono il timone, sem- rità stilistiche. Il passo di queste avrebbero fatto gridare al miracolo. brano alleggerire un poco quella undici canzoni è quello tipico dello Invece, essendo scritte da questa drammaticità propria della band di slow-core, però sono già evidenti nostalgici navigatori senza meta, Mark Kozelek. Proprio qui, infatti, anche richiami a Jeff Buckley (for- restano sospese sopra la superfi- risiede il merito del combo austra- se anche troppo marcati, sul limite cie dell’oceano come quella nostal- liano: quel giusto dosare atmosfere del plagio, in Moonlight) e a quel gica foschia mattutina. Infatti, no- solari e consolatorie a quelle più pop chitarristico inglese tipico di nostante una distribuzione europea cupe e solitarie, sulle quali muo- etichette come Sarah Records e (sempre in ritardo rispetto all’usci- ve la loro sezione strumentale. 4AD. L’album viene distribuito in ta in madre patria), questo album Infatti, di questa rivisitazione pop netto ritardo nel resto del mondo è rimasto oggetto soltanto di pochi dello slow-core, il merito è da con- (Stati Uniti, Germania, Giappone e intimi. (7.8/10) La meta del loro ferire soltanto alle leggere traiet- Taiwan), ma il tour europeo che ne percorso oceanico è ancora celata; torie vocali che il cantante riesce è seguito ha catturato l’attenzione ma il loro ultimo album, Runaways a far planare dolcemente su quel di Simon Raymonde (ex-Cocteau (vedere spazio recensioni) sembra dilatato contesto musicale, fatto di Twins), boss della Bella Union la- darci una romantica chiave di let- trame chitarristiche in crescendo e bel, che decise così di occuparsi tura. Noi saremo lì, dove l’oceano struggenti note di piano. Ciò che della distribuzione europea del incontra la terra, la sabbia, pronti a ne scaturisce sono delicate can- loro secondo album. (6.5/10) Così raccogliere nuovi, preziosi tesori. zoni senza tempo che, nonostan- nel 2004 prende vita Second Sto- Andrea Provinciali

s e n t i r e a s c o l t a r e  The Lights On... parts & labor

Il titolo dell’ultimo album dei Parts dopo vede la luce Rise, Rise, Rise mento si concatena mirabilmente & Labor contiene in nuce la chiave (Narnack 2003) disco che punta agli altri: una melodia vocale con- per decodificare al meglio il suono molto più in alto, svincolando il tagiosa fuoriesce liberamente dalla di questo furibondo trio di stanza a trio dalle sabbie mobili dei cliché massa noise, tra tastiere giocattolo New York. Mapmaker (cartografo del genere e variando ulteriormen- torturate senza remore e anthem appunto) innesca infatti modalità te spettro espressivo e modalità socio-politicizzati. L’album è un nuove stravolgendo la sintassi del d’esecuzione. Senza dubbio aver macigno compattissimo che non ri- genere e ridefinendone i confini, condiviso l’album con quel Tyondai sulta mai caotico o autoreferenzia- grazie ad un impatto sonoro che Braxton, figlio di cotanto padre e le, grazie al lavoro di fino dei tre riesce a coniugare in modo eclet- già membro fondatore dei Battles, il cui intento primario resta quello tico melodia e distorsioni e che ha ha stimolato il terzetto a sviscerare di scrivere canzoni e organizzare pochi eguali nel panorama rock at- un suono che riesce a non perdere suoni. Il drumming quasi tribale del tuale. Ma chi sono e da dove ven- in compattezza e coesività. Cimen- nuovo batterista Christopher Wein- gono questi tre invasati? Galeotta tandosi per la prima volta col can- garten, le note schizofreniche della fu la Knitting Factory, tempio della tato con risultati più che apprezza- tastiera di Friel e il basso massic- musica più avant e radicale della bili. Se nei tre pezzi finali Braxton cio di Warshaw si fondono a folle Grande Mela. E’ proprio lì, infatti, mostra di che pasta è fatto con le velocità, mentre le voci, mai come che nel 1999 si incontrano Dan Friel sue suite di rock post-moderno, i ora in primo piano, tirano le fila di e BJ Warshaw, chitarrista/tastieri- Parts & Labor non sono da meno: un suono dall’impatto devastante sta e bassista/tastierista. Una volta The Endless Air Show sfodera un ma perfettamente controllato. completata la lineup con il batte- assalto sonico come non si ascol- Con l’uscita dell’ultimo Mapmaker rista Jim Sykes, il ’esordio tava dai tempi di Sheets Of Easter, (Jagjaguwar, recensione sul PDF non può che venire di conseguen- umanizzato e compresso in appe- #31) per i Parts & Labor sembra za: ecco quindi Groundswell (JMZ na tre minuti scarsi. Con influenze essere arrivato il momento propizio 2002), una delle cose più riuscite e numi tutelari insospettabili, dai per far conoscere a fette più am- ascoltate in ambito strumentale Chrome alle musiche tradizionali, e pie del popolo indie la loro miscela negli ultimi anni, un potente mix di qua e là è rintracciabile perfino una noise-pop. Frutto di una formula e math rock e noise rock meno cano- sorta di country deforme. di una lineup ormai rodata, l’album nico, che in termini di resa ritmica Qualcuno li ha definiti dei No Means vive i suoi momenti migliori nel- paga pegno alla robotica reiterati- No che fanno a pugni con i Savage l’equilibrio fra sperimentazione e vità krautrock d’antan. Republic; quello che però li con- fisicità, due elementi che spesso I tre confezionano undici pezzi in traddistingue è un invidiabile lavo- non vanno di pari passo nel sotto- cui Oneida (Parts & Labor), sfu- ro di sintesi, che permette al grup- bosco indie-rock perché difficilmen- riate Lightning Bolt (Autopilot), po di non disperdere tanta varietà te gestibili, soprattutto se si pensa riverberi Trans Am (Tb Strut), pa- d’influenze. Il botto è nell’aria e alla componente pop che rilancia chidermi à la Melvins (Interven- arriva col terzo disco, Stay Afraid ulteriormente in avanti il discorso. tion) scorazzano allegramente. Un (Jagjaguwar, 2006) di cui non tutti Raramente negli ultimi anni tanta ruolo centrale lo gioca da subito sono stati in grado di apprezzarne concettualità è stata così ben dissi- l’elettronica cheap, tra avventu- da subito le qualità. L’album è un mulata in un disco che rappresenta rose soundtracks per videogiochi blocco di granito rock, dotato di uno degli esiti più significativi del- alla Richard P. James sommerse da geometrie elastiche già a partire la storia recente del noise-rock. E spasmi di rumore bianco (Railgun), dall’iniziale A Great Divide, picco- questo è solo uno dei motivi per av- e deliranti orge Can-Kraftwerk per la gemma noise-pop e ideale hit vicinarsi a questo gruppo e a que- il ventunesimo secolo (Mike Burke del gruppo, paradigma di un suono sto album. For President). Neanche un anno quasi corale in cui ogni singolo ele- S t e f a n o B r i f f a n e l l i

1 0 s e n t i r e a s c o l t a r e The Lights On... akoustic desease

Qualcosa si sta muovendo, in Ita- Digitalis, che negli ultimi anni si citamente dettate da un’attitudi- lia, dalle parti dell’avant-folk, del- sono fatte latrici di una variopinta ne naif, possono scorgersi delle la drone music, dell’elettroacusti- esplosione di creatività, con edi- affinità. Non siamo interessati al ca. E stavolta non sembra trattarsi zioni limitate ed handmade che, mezzo con cui si realizza la musi- dell’ultimo sussulto di un’onda oltre a suonare “storti e diversi”, ca o all’etichetta che le si affibbia: generata da una sorgente sismica parlano di questa maniacale ri- siamo attratti da un suono che sia distante. Pare piuttosto un feno- cerca di artwork fuori formato, di il più emozionale possibile. Poi le meno osservabile a diversi livelli oggetti unici, quasi di feticci. In fin nostre scelte personali ci avvici- di granularità: l’atteggiamento più dei conti non è che la rinascita nano a produzioni legate alla ter- naturale è quello di abitarlo all’in- della filosofia dei tape network e ra, alla ruralità e alla ritualità del terno, lasciandosi disorientare dal del do-it-yourself che si rimate- suono». Le altre due dell’etichet- puntiforme flusso di stimoli che rializza ed espande nell’era della ta sono una l’ennesima conferma ogni uscita rappresenta. Oppure rete». Se gli si chiede perché una del talento di Fabio Orsi; l’altra la lo si può guardare dall’alto, come CD-R label, risponde così: «Sono prima manifestazione di quello, fi- se fosse un corpo organico: si fi- mosso dal piacere di circondarmi nora inespresso, di Donato Epiro nirebbe allora per accorgersi del- di suoni e persone interessanti, (vedere spazio recensioni). Uno la sua dimensione macroscopica. ma ancor più da quello di vedere sguardo in Italia, uno alla situa- E’ capitato a Rob Young che, re- questi strani oggetti materializzar- zione internazionale e la consape- censendo le ultime uscite di Orsi/ si tra le mie mani, dopo ore ed ore volezza di alimentare uno spirito Becuzzi e MCIAA su The Wire, trascorse a cercar di capire come di confraternita, di far parte di una ha individuato nella connaturata funzioni la macchina da cucire sorta di sodale Internazionale del predisposizione, tutta italiana, al che mi trovo in casa per prepa- suono. I progetti futuri dell’eti- sodalizio, una delle possibili ra- rare i sacchetti che contengono chetta lo confermano: «Non è nel gioni di un simile exploit di uscite la nostra prima uscita. Ad ognuno mio stile fare programmi a lungo e progetti in ambito avant. Fa un le sue forme di masochismo…». termine», precisa Antonio, «si pro- nome grosso, Young, sebbene en Trees In The Attics è la compi- grammano due uscite per volta e passant e in forma retorica, ed è lation inaugurale dell’etichetta, nel frattempo si instaurano nuove quello di Musica Elettronica Viva. un tributo di16 artisti alla figura amicizie, si lasciano affiorare af- Il concetto di vita, si sa, è legato e all’opera del pittore, architetto finità ed innamoramenti dell’ani- a quello di nascita, ed è per tasta- ed ecologista Friedensreich Hun- ma. Le prossime imminenti uscite re il polso di una scena musicale dertwasser. «L’incontro con Hun- sono i Monks of The Balhill, un in stato di crescita che guardiamo dertwasser avviene grazie ad una duo francese dedito ad un suono alla neonata etichetta Akoustic scoperta della mia compagna Lau- che sa di rituali panici, tra nenie Desease. Stanziata a Prato, fiera- ra, che si occupa di arte ed è co- antiche e passaggi schizofrenici, mente autogestita, la Akoustic De- responsabile della creazione degli e il francese aManAguitar con le sease è una CD-R label che nasce artwork», racconta Antonio. «Sono sue improvvisazioni per chitarra grazie alla passione di artisti che letteralmente stato invaso da ca- acustica e paesaggi invernali. Poi ruotano attorno ad Antonio Gal- taloghi e scritti sulla sua figura e oltre, che con alcuni dei nomi com- lucci, musicista già attivo come sulla teoria ecologica con la quale parsi nella compilation, avremo il throuRoof via CD-R e tracce su è stato in grado di crearsi il suo piacere di realizzare qualcosa an- compilation. E’con lui che abbia- piccolo mondo utopico ed affasci- che con Marcel Turkowsky, Natu- mo parlato. « La scelta della cdr nante». Si scorge molto dell’atti- ralSnowBuildings ed Anla Cour- label», spiega, «nasce certamen- tudine naif di Hundertwasser nelle tis, il tutto con i tempi da artigiano te con uno sguardo a realtà estere proposte dall’etichetta: «Sebbene innamorato del proprio lavoro». come Ruralfaune, Whistle Along, le nostre scelte non sono espli- Vincenzo Santarcangelo

s e n t i r e a s c o l t a r e   Labrador MALINCONIA AL POTERE di Manfredi Lamartina

L’uscita della centesima pubblicazione targata Labrador, un imponente cofanetto composto da quattro CD, offre l’occasione per ripercorrere la storia dell’etichetta che della malinconia ha fatto un credo e della chitarra acustica un monumento. Ché la Svezia, in fondo, non è così lontana.

Immaginate la scena. Ve ne state che ripercorre le tappe fondamen - Sulla copertina del primo – rico - nella vostra cameretta, a sospira - tali dell’etichetta – per un totale perta da un fuxia aggressivo e ac - re malinconie tardo – m o l t o t a r d o di cento canzoni, una per ogni al - cecante – campeggia una scritta – adolescenziali e a strimpella - bum o EP pubblicato nel corso di enorme che traccia un segmento re canzoncine sdolcinate con la questi nove anni di vita e musi - temporale preciso, dall’esordio vostra chitarra acustica. Il ciuffo ca. D’altronde, il titolo scelto per discografico festeggiato nell’or - biondiccio ad offuscare lo sguar - un’operazione simile non poteva mai lontano ottobre 1998 fino do e il pallore lunare della vostra che essere altrettanto imponente, all’agosto 2002. In questo lungo pelle che vi fa sembrare dei per - grandioso e tutto sommato legit - arco di quattro anni si alternano sonaggi usciti da un film di Tim timamente autoreferenziale. L a- quelle band – in molte delle quali Burton. Tutto questo mentre i vo- brador 100, A Complete History militano i fondatori della Labrador stri amici cantano L a C a n z o n e d e l Of Popular Music ( L a b r a d o r / – che detteranno la linea Maginot S o l e e la più bella della compa - Goodfellas, aprile 2007) riassu - artistica della casa discografi - gnia sta limonando con il vostro me con rara efficacia quello che ca. Dal pop sognante degli ottimi migliore amico. Ma vi fate forza. è stato sin dall’inizio l’obiettivo C l u b 8 alle paradossali tentazio - Con la chitarra declinate in l a m i- che cinque ragazzoni scandinavi ni latine dei C é l e s t e , i p r i m i a d nore le vostre tristezze di geni in - – Bengt Rahm, Johan Angergård, uscire col marchio dell’etichetta compresi e iniziate a fantastica - Joakim Ödlund, Niklas Angergård, bene in vista. Un campionario di re. Ché la Svezia, in fondo, non è Mattias Berglund – si sono posti: emozioni ben assortite – pur con così lontana. Tre ore di volo o giù promuovere musica popolare. qualche ballatona strappalacri - di lì per arrivare a Stoccolma. E Dove per popolare si intende ac - me di troppo, vedi il melodramma poi un taxi – no, meglio l’autostop cessibile ma non facilona, tiepida pianistico di Lasse Lindh – c h e – fino ad arrivare alla sede del - all’apparenza ma calda e appas - qualche anno più tardi porterà il la Labrador, l’etichetta che della sionata nella sostanza. Indie pop, prestigioso quotidiano inglese malinconia ha fatto un credo e insomma. I cui suoni sembrano in The Guardian a parlare della La - della chitarra acustica un monu - gran parte convergere geografi - brador usando termini notevoli ed mento. Basti pensare che quan - camente in una città situata al di impegnativi come “Sweden’s most do ha deciso di dare una botta di fuori dei confini svedesi: Glasgow. influential indie label ” . L’ a r c o d i vita al proprio catalogo si è affi - Dove, guarda caso, sono nate due tempo preso in considerazione d a t a a i R a d i o D e p t. Q u a s i c o m e band che senza timore di smenti - dal secondo volume – stavolta cercare un’ubriacatura con una ta si sono rivelate seminali nella vestito con un marroncino autun - lattina di coca cola. Si parla di costruzione del suono Labrador: nale – è decisamente più breve: Labrador, dunque. Si parla di pop i Jesus And Mary Chain e i B e l - dal settembre del 2002 all’ottobre svedese, di musica indipendente, le And Sebastian. C o m e d i r e , del 2003. Appena tredici mesi che di progetti nati per scommessa e lo shoegaze in fase germinale e segnano evidentemente un’acce - di scommesse vinte sul mercato l’indie pop – appunto – nel pieno lerazione nella produzione della internazionale. E l’occasione per della maturità. Più altre sporadi - casa svedese. E che accelera - fare una panoramica su tutto que - che puntate nell’Inghilterra del - zione. Tra gli onnipresenti C l u b 8 sto è delle più importanti. L’usci - l’electroclash e della new wave. e le sorprese pop dei L e g e n d s, ta della centesima pubblicazione La cosa interessante di questa passando per le soffuse carezze targata Labrador. Un imponente operazione monografica è il modo notturne targate Douglas Heart, cofanetto composto da quattro scelto per compilare le scalette questo periodo è forse quello di CD – più un interessante libretto dei quattro volumi del cofanetto. maggior estro creativo per la La -

1 2 s e n t i r e a s c o l t a r e MALINCONIA AL POTERE

brador, che comincia ad invadere uniformano e non si differenzia - di più. Se l’attenzione interna - il mercato europeo con più forza no tra di loro. La Labrador conti - zionale è dovuta più al richiamo e convinzione. E l’ariete usato nua a macinare dischi su dischi. modaiolo che, a turno, tocca tut - per sfondare le barriere geografi - Ma forse non affascina più come te le etichette in circolazione, che e per conquistare le luci della prima. Forse. E veniamo al pre - oppure se i gruppi che orbitano ribalta prende il nome dei già ci - sente, rappresentato dall’ultimo intorno alla scena svedese hanno t a t i R a d i o D e p t. F i g l i n a t u r a l i d i CD – viola – che parte dal maggio davvero quelle armi in più che la My Bloody Valentine, J e s u s A n d del 2005 fino ad arrivare al qui e stampa internazionale ha – prete - M a r y C h a i n e S l o w d i v e, i D e p t ora del 2007. E se non è un colpo stuosamente? – trovato nelle loro escono con il loro primo singo - di reni ci manca poco. E dire che c a n z o n i . l o , Against The Tide , p u b b l i c a t o questo cd parla di una piccola Difficile dirlo adesso, con la men - inizialmente per la loro etichetta grande delusione. P e t G r i e f d e i te ancora coinvolta dagli even - S l o t t e t. La canzone è il manifesto Radio Dept, pubblicato lo scorso ti. Come ogni impresa umana, il del dream pop del terzo millennio, anno. Seguito del magnifico L e s - cammino della Labrador è pieno caratterizzato di registrazioni a ser Matters di cui sopra, l’album sia di picchi altissimi che di ca - bassa(issima) fedeltà, ritmi grez - che segna il ritorno dei Dept per - dute di stile. Ma dopo l’esplosio - zi e spesso ossessivi ed emozio - de un po’ della spensieratezza ne creativa dei primi anni, l’as - ni che squillano ad ogni nota. Il shoegaze che aveva fatto grande sestamento seguente e la fase di resto sarà cronaca di un trionfo il suo predecessore per lasciarsi stanca successiva, sembra che inaspettato. Articoli su NME , p a s- sedurre dal pop oscuro dei C u r e in quel di Stoccolma le cose ab - saparola internazionale, colonne d i Disintegration, s e n z a a v e r n e biano ricominciato a girare per il sonore per Hollywood (il film su lo stesso appeal dark, ç a v a s a n s verso giusto. E nei prossimi mesi Maria Antonietta d i r e t t o d a S o f i a d i r e . Un lavoro non male, se non le sorprese potrebbero non man - Coppola). E si arriva al terzo epi - fosse che viene da una band che care. Intanto, a chiudere tutto – il sodio, stavolta colorato di celeste. amiamo alla follia e dalla quale c e r c h i o , l a s t o r i a , Dall’ottobre del 2003 all’aprile del ci aspettiamo molto di più. Ma la il cammino – sono di nuovo i Ra - 2005. Un arco di tempo che segna Labrador ha diversi assi nella ma - dio Dept. Sono loro a mettere una flessione nella qualità gene - nica. Come i soliti Legends, che un punto a questa mastodontica rale dei lavori usciti per la Labra - virano verso l’electroclash e con - celebrazione della Labrador. E dor. Qualche granello di sabbia tinuano a farci innamorare. Come lo fanno con un pezzo inedito, comincia ad infiltrarsi nel mecca - g l i I r e n e , che con le loro perfette l’unico della raccolta, scritto per nismo pop dell’etichetta. E a par - canzoni pop portano la primave - l’occasione e intitolato forse pro - te gli inossidabili – almeno per il ra nella gelida Svezia e nei nostri grammaticamente We M a d e T h e momento – Radio Dept e Legen - cuori. Come gli [ingenting], c h e Te a m . Facciamo allora gruppo, ds, non tutto gira come dovrebbe. cantano in svedese senza per - squadra, muro. Stringiamoci forte Pelle Carlberg e l e s u e c a n z o n i dere nulla in credibilità e qualità e ripartiamo. Per altre cento av - acustiche. L’allegria spensierata (d’altronde, la lingua delle emo - venture da raccontare. Per altri d e i Corduroy Utd. L a r a d i o f o n i a zioni è unica ed universale). cento modi di intendere la musica – eccessiva? – dei Laurel Music . Verrebbe da chiedersi allora qua - pop. Per altri cento dischi da far Tutta roba che, pur ben scritta e le sia l’eredità che la Labrador girare negli stereo e nelle came - suonata, comincia a mostrare un lascia alla musica moderna. Se rette di tutto il mondo. Tanti augu - po’ la corda. La formula sembra questi primi dieci anni sono sta - ri, Labrador. essere ripetitiva. Gli artisti si ti un fuoco di paglia o qualcosa

s e n t i r e a s c o l t a r e   Marino José Malagnino POP SENZA VIRGOLETTE di Gaspare Caliri

C’è del nuovo in Puglia. Si chiama Malagnino Marino José, e ha formato una “sua” etichetta, la Produzioni Pezzente. Chi vuole lasciarsi stupire metta da parte le perplessità automatiche. E si prepari a prendere sul serio le virgolette.

C’è modo e modo to, quello che vediamo non è certo Scorrendo i brani della compila- C’è modo e modo di parlare del percettivamente un triangolo, ma il tion possiamo immaginare (come Malagnino. Uno è trattarlo con te- nostro cervello sa che lo è, sotto poi è stato) la quasi totale unani- nerezza. E “sorridere e assieme sotto. mità della risposta negativa di co- riflettere”. Conoscete il retrogusto Se volete un ritratto iconicamente tanta beata (e crudele) innocenza meschino della tenerezza? È come credibile, è il momento giusto per fanciullesca. I nomi sono vecchie la stima per riconoscenza, il man- andare a vedere un suo concerto. e nuove conoscenze dell’ultra-un- cato biasimo per amicizia. Come, Vi possiamo dire che è giovane derground più o meno contempo- che orrore, la compassione. Una ma per nulla adolescenziale. Vie- raneo e della fuga dalla riduzione via che non ci piace. ne dalla provincia di Brindisi. E a genere musicale – per citarne che all’inizio del 2005 è uscita una Si può invece parlare di e con lui quattro quasi a caso, dagli OvO e compilation che fungeva da “bi- senza voler sapere nient’altro che Opus Avantra, a Massimo Aiello glietto da visita” delle Produzioni quello che ha fatto, cioè aprire e e Ioioi. Chi più ne ha difficilmente Pezzente, intitolata Ghirigori. condurre negli ultimi anni un’eti- si azzarderebbe a metterne. chetta dal nome Produzioni Pez- Spunta qualche riflessione imme- Ghirigori zente. Se qualcuno sta pensan- diata. L’attenzione all’italianità È Marino stesso a spiegarmi, a do all’autoproduzione, raramente non sembra filo-italianità o nazio- margine del nostro intensissimo gli si potrebbe dare ragione con nalismo ma neo-ruralità. Balugi- scambio epistolare, come nacque maggiore convinzione. Noi si ride na il mondo futuro del Malagnino. l’idea della raccolta. «All’epoca generalmente per molte cose, e Se ci si pensa, l’autoproduzione inviai delle e-mail dove chiedevo abitualmente prima di ridere si sor- è arrangiarsi coi propri strumenti, brani che non fossero in inglese, ride, anche solo per logistica man- senza esaltazione del proprio o che i gruppi non avessero nemme- dibolare. Ma del Malagnino non del localismo, ma dando quel che no nomi inglesi, che non usasse- rideremo né sorrideremo, ma ne si può e affilando l’ingegno. Come ro il trio maledetto chitarra basso tracceremo una brevissima storia – ehm – fabbricarsi gli strumen- e batteria e qualora si trattasse critica - non sua, ma delle sue idee ti da soli, allo stesso modo usare di canzoni che la voce non fosse e delle produzioni dell’etichetta. troppo alta rispetto agli altri stru- la stessa lingua con cui si fanno Macchineremo (noi macchiniamo, menti (come invece accade per la i complimenti agli amici quando ci sì) un meccanismo di mediazione musica radiofonica). Chiesi che cucinano la leccornia che mammà tra i risvolti sociali di un’idea e la non mi fosse portato alle orecchie ha insegnato ai figli perché procra- forma musicale che essa si è scel- jazz. Che non fosse rock. Che non stinassero le sue ricette. ta. Come anguille, saremo. ci fossero overdub.» Ma fa stupore, prima che que- Punto primo. Chi è il Malagnino? Non fu del tutto così (come ammet- ste prese di posizione, “la” presa La stampa ha il potere di creare ri- te lo stesso Malagnino, quest’ulti- di posizione per cui la Prod. Pzz tratti, e si sa che grazie alle facol- ma clausola ebbe pietà per gli Uf- inizia a far parlare di sé. Come si tà del cervello umano quello che ficio Postale), anche in funzione può aggirare il potere adamico (nel si racconta serve a tratteggiare un dell’apparente bizzarria per cui fu senso di originario e fautore di una carattere nel lettore, quello che pensato l’assemblaggio dei brani; immensa coda di paglia nell’uma- non si dice è “saturato” dal suddet- cioè di farla ascoltare a dei bambi- nità) delle banche nella distribu- to lettore secondo il suo senso più ni e di registrare l’esito, nelle loro zione? Un modo c’è. È geniale comune, come quando si vede un riposte, di una domanda cruciale: come primitivista. Infattibile solo triangolo con davanti un quadra- secondo voi questa è musica? per pigrizia. È il baratto.

1 4 s e n t i r e a s c o l t a r e POP SENZA VIRGOLETTE

Baratto pagnato dal “Torcito Ensemble”. Si ti avranno fatto un “oooh”, oppure «Il baratto riattiva un senso di co- potrebbe dire molto di questi due no, e lo faranno ora; il packaging municazione. Così come anche la cd, ma, per cura della provviso- di questi album, di questi come di ricerca del proprio mondo perso- ria linearità che sta raggiungendo tutti quelli che verranno, è unico nale. É la comunicazione, reale e l’articolo, passiamo velocemente e fatto a mano (dei patchwork di non vorace e veloce come i media alla terza Produzione Pezzente, carta ) da Marino José, il quale sa la vorrebbero, la vita che ci hanno Poesia Sonora:Poesia Con Creta come trovare uno scarto dalla se- tolto.» Sentire queste parole mi ha (2005). rialità con mezzi minimi. L’effetto ricordato il Potlach dei lettristi pre- Sembra che il Malagnino non ne è delicato ed esilarante insieme; situazionisti (fra l’altro ispiratori di voglia sapere di fare uscire dischi poverista (ecco da dove arriva il Fluxus, corrente cara anche a M. poco interessanti, e la sua “dire- nome dell’etichetta) e, appunto, José), e che gioia ripensare a quei zione artistica”, la sua supervisio- unico. Un altro tassello di quella fi- giorni che non abbiamo vissuto. ne del progetto Pezzente, sembra losofia della musica che le Produ- Se da un lato nessuno «raccoglie essere sempre più chiara. Coeren- zioni Pezzente materializzeranno. più per la propria sussistenza - e tissima, ma in nuce, verso quello Prima, però, tra la fine del 2005 di conseguenza nessuno baratta a cui perverrà. Ma si diceva della (che ha visto anche la pubblicazio- più il proprio raccolto», dall’altro la terza uscita. L’autore del disco è ne limitatissima di un “malinconico” proposta malagniniana (aggettivo Davide Riccio, giornalista, educa- EP del Sig.Sapio, Acufeni) e l’ini- che evoca energia e finezza pari tore psichiatrico, musicista, scrit- zio del 2006, escono altri cinque a quelle del maligno) è un affronto tore. Un personaggio di certo non dischi, tutti davvero fuori dall’ordi- verso i meccanicismi dell’industria materializzatosi da poco. E soprat- nario. Inizialmente Musica Per No discografica – un affronto nato da tutto, per quel che riguarda que- Film. Bestiario Musicale ad opera necessità logistiche, non il solito sto disco, scrittore e lettore di se di Davide Riccio/Interferenze ad pamphlet. La risposta ai dubbi che stesso. opera di Luca Pagani e Malagni- nasceranno nel lettore sta comun- Si inizia con un’inquietante pietan- no + Matu (e qui “bestiario” non è que nei dischi, nel senso corale za sci-fi: la prima voce sintetizzata un eufemismo); 5poesiesonore di di partecipazione alla causa pez- al mondo (del 1939), quella del vo- Luisa Sax (ex-sassofonista delle zentifera che trasuda dagli album der di Homer Dudley, apre e chiude pionieristiche Clito); poi nell’anno successivi. l’album, mettendo tra parentesi la nuovo il Self Titled di Alémon (ov- Si riparte da un disco-evento; il poesia sonora. A, il quarto brano, vero la lituana Agne Raceviciute, Live At Torcito 30 12 2004 (2005) è per esempio poesia parlata in che suona il tornio in ceramica del- documenta due concerti avvenuti corso d’opera, cioè letta mentre la la madre, che promette analoghe dopo i seminari tenutisi nel luogo si scrive. “So di fumo di sigarette sensazioni a «quando si ascolta che dà titolo al doppio album. Il come l’ostrica sa di mare”, caden- per la prima volta The Art Of The primo cd-r è un’improvvisazione di za Riccio, e fa pensare alla varian- Theremin di Clara Rockmore»); le mezz’ora (splendida dimostrazione te (concreta, cioè raccolta mentre Suonerie D’autore di Davide Ric- di un matrimonio hard-core tra il la si fa) di quei dischi a 45 giri, che cio – anche qui, niente di finto, ma sax e il fiato che lo fa suonare) di oggi non si vedono più, dove Mon- davvero suonerie da scaricare sul Arrington De Dionyso (sì, quello tale leggeva Montale, o Gassman cellulare; il Self Titled dei Quarto degli Old Time Relijun); il secondo leggeva Quasimodo. Nessuna no- E Il Cartolaio Di Francia (cioè i la testimonianza di un concerto di- stalgia. Stimmung Blend insieme ai Lar- retto da Scott Rosenberg, accom- Si è detto sopra di cd-r. Tutti quan- sen Lombriki).

s e n t i r e a s c o l t a r e   Dischi che si infilano nella quoti- terferenza delle automatizzazioni Non vuol dire, dunque, la missione dianità – quella del lavoro, riguar- – come questa trattasi di una defi- malagniniana, solo un piano per do ad Alémon, per esempio - e vi nizione decisamente imperfetta. evitare l’emulazione esterofila. si contorcono dentro, scoprendone “Rurale” sta dunque (ma il riman- Anche. Ma soprattutto la messa in le cuciture come fanno le persone do eccede la relazione) per l’an- pertinenza di un «dualismo fatto di per bene con il cartone della pizza coramento alle proprie possibilità, virtuosismo e stuzzicamento» del- prima di metterlo nella raccolta dif- anzi, al fatto che esse rimangono l’orecchio dell’ascoltatore, tramite ferenziata. Bisognerebbe solo tro- inesplorate, se ci affidiamo sempre gli “strumenti” di cui ci dota la vita vare un’espressione che riassuma alle possibilità omologate. Non è “normale”, come un ritmo sprigio- questo zeitgeist. Ma non dobbiamo arte del sapersi arrangiare. È fare nato dai palazzi di paese. compiere sforzi; ci ha già pensato qualcosa che si ritiene valido do- L’operazione della Nuova Musica Malagnino. vendo e volendosi arrangiare. L’ef- Rurale è semplice, se vogliamo, a fetto estetico, come sarà chiaro nel livello di nomenclatura – il proble- Nuova Musica Rurale primo album firmato da Malagnino, ma è che non si arginano mai le Nel nuovo sito delle Produzioni è una compressione tra la tecnolo- conseguenze delle cose semplici. Pezzente campeggia una scritta gia indotta che impera nelle nostre L’obiettivo è fare in modo che la – quella che figura sul riquadro del case e il sapore mediterraneo del- musica pop – così come la cono- browser – estremamente eloquen- l’innesto di quella tecnologia sopra sciamo oggi – finisca per neces- te. Dice “Perché esser la parodia un’Italia ancora fortemente simile sitare di virgolette – in modo da del rochenroll se in ogni casa ci a quella rurale di qualche decina farla diventare “pop”. Ché al vero son rumori personalissimi?” – né di anni fa. Pop ci pensa il Malagnino, e chi gli la cosa si ferma lì, perché questo Niente di più felice, operazione sta, nuovamente musicalmente ru- mini-manifesto è confermato dal che comunque ha molte anticipa- ralmente, attorno. Quale migliore programma principale della Pez- zioni illustri, che rendere l’idea conferma di Pop (che dice «ecco zente, ovvero, ormai l’avrete capi- con la autocostruzione di strumen- cosa sei diventato»), il disco to, la Nuova Musica Rurale. ti, dal clarinettosupercontrabbasso d’esordio a nome di Marino José Trattasi di operazione di afferma- solo di Jacopo Andreini al Jewel- Malagnino? zione di ciò che uno ha, che può pop (cioè il rumore di una custo- fare coi suoi mezzi, senza l’in- dia di cd che si apre e si chiude).

1 6 s e n t i r e a s c o l t a r e s e n t i r e a s c o l t a r e   Dead C decalogo del noise di Massimo Padalino

Maestri del rumore come pochi ne abbiamo incontrati negli ultimi trent’anni. Estensibile, deformabile, distorcibile, modulabile, il rumore dei Dead C è bianco e puro. In occasione dell’’uscita di Future Artists ripercorriamo la carriera e la storia del gruppo neozelandese.

Siamo nel 1987. Luogo dell’azione, sul dorso Live Dead See. Un anno gli lp che il gruppo pubblica fra la Nuova Zelanda. è trascorso, ed è nel 1988 che il 1983 e 1987. Cui Morley offre un lavora come pubblicista per l’eti- manufatto discografico esce sul contributo tutt’altro che simboli- chetta indipendente Flying Nun, mercato. A dire il vero, la sua è co. Se il loro album più regolare, con sede in una città del South una comparsa alla chetichella. Gli In The Same Room (Flying Nun, Island, Christchurch. L’industria stessi nastri live ivi inclusi parla- 1987), parla la lingua di una wave discografica nazionale sta viven- no di un’esistenza ectoplasmatica. dalle tinte dark e folky, dove il pia- do un momento di grande crisi nel Quella dei Dead C nel loro primo, no ha spesso una sua non minori- paese. La EMI, da tempo attiva furtivo, anno di carriera: taria parte, forse il loro capolavo- con una sua filiale in quei parag- ro rimarrà il coevo At Swim Two gi, ne ha da poco chiuso i battenti. “Live Dead See. The first thing i Birds. Su entrambi i dischi Morley L’indipendente Flying Nun decide ever mastered for cassette release, già non c’è più. Ma vale prestare di tentare la carta della sopravvi- compiled from tapes made of per- un orecchio alle nenie psichede- venza e di spostare i propri uffici formances over the first year of the lico-catatoniche, a metà fra mini- ad Auchland, stabilendo rapporti di band’s existence”. (B. Russell) mal music e ascendenze gotiche distribuzione con la potente WEA. e floydiane, dei due succitati lp Siamo ancora, vale ricordarlo, in Paradossalmente, sarà proprio degli TKOP. Ancora prima, un im- un’epoca di primitiva espansione sfruttando la collaudata catena di- berbe Michael era stato parte, con del supporto digitale. I cd ci sono, stributiva degli antichi datori di la- l’amico di scuola Richard Ram, dei vendono, ma costano un occhio voro della Flying Nun che Russell primordi della scena psych-rock di della testa. E le principali etichet- riuscirà a piazzare le prime uscite Dunedin. La band l’aveva chiamata te indie, di qualsiasi parte del glo- a nome Dead C sul mercato disco- Wreck Small Speakers On Expen- bo terrestre esse siano, stampano grafico, nazionale e non. Intanto sive Stereos (di cui rimane quale ancora i loro lavori su supporti vi- la sua diviene, di fatto, testimonianza l’ep postumo, uscito nilici e persino cassetta. Russell, una sorta di punto d’intersezione per i tipi Flying Nun nel 1987, Ri- comunque, non è sereno riguardo - tanto da non poterne ben distin- ver Falling Love). la decisione presa dai vertici della guere i confini - fra band e label Aggiungiamo solo che la musica da Flying Nun. La scena neozelande- vera e propria. Robbie Yeats, che loro proposta, registrata fra il 1984 se è da almeno un decennio che già con i Verlaines aveva inciso e il 1986, affrontava territori lo-fi prolifica - cauta e pacifica, ma ri- per la Flying Nun, trova impiego talmente spogli e dimessi da parto- gogliosa - soprattutto perchè poco tanto nei Dead C quanto nelle fila rire uno strano connubio fra i coevi condizionata da improvvide ‘scelte della microscopica Xpressway. Ma neozelandesi Tall Dwarves, i Pere di mercato’. Decide quindi di for- l’altra vera e importante metà crea- Ubu ed accattivanti evanescenze mare una propria etichetta disco- tiva del combo ha nome Michael pinkfloydiane (Alice In Wonder- grafica che mantenga i suoi uffici Morley. Sia Morley che Russell land potrebbe essere un outtake ancora a Christchurch. Nasce così avevano bazzicato il retroterra fer- di A Saucerful Of Secrets). Pas- la Xpressway. L’home-made recor- tilissimo della giovane scena neo- siamo adesso a sondare, in breve, ding sarà il suo campo d’azione. zelandese - ora incidendo per la la preistoria musicale ed artistica Ma non solo.... Flying Nun, ora per altre etichette di Russell, che da anni calcava le minori (la loro inclusa) – prestan- scene locali con gruppetti più o “Being Beyond Music... do le chitarre elettriche a band dai meno noti. Scontata però questa Prima uscita della neonata label, nomi bislacchi (ma di non trascura- ‘falsa partenza’, il nostro inizia a una misteriosa cassetta a nome bile portata artistica). fare sul serio proprio con i Dead di un altrettanto fantasmagorico I This Kind Of Punishment di Pe- C. Un paio di ‘uscite minori’ - il 33 gruppo. Il nastro reca stampigliato ter Jeffries, ad esempio. Quattro giri DR503 del 1987 raccoglie loro

1 8 s e n t i r e a s c o l t a r e composizioni già datate, seguito a “With 2 songs clocking in at just e apice di questa prassi fu il cele- distanza dal mini Helen Said This about 25 minutes, this guitar mon- bratissimo Harsh ‘70s Reality... (1989) - ed ecco che arriva un pri- stery at its most ferocious” mo vero assaggio di quei luculliani “Free Music Is The Absence Of festini a base di rumore modulato Krossed e Mighty fungono da de- Exact Premeditation” che i nostri ci sapranno, di lì a non gno corollario a questa gogna cui Harsh ‘70s Reality (Siltbreeze, molto, regalare. il suono psichedelico degli anni 1992) è un album, doppio per du- ‘60 viene sottoposto al fine di tra- rata media rispetto ai precedenti ....It Is Noise” scenderlo in puro avant-rock. Ed è altri, ‘tetragono ai colpi di ventu- Trapdoor Fucking (Siltbree- solo il principio di quell’azione ca- ra’. Apre con Driver U.F.O., ven- ze, 1990) contiene Power, canzo- tartica che il temibile trio imporrà tidue minuti che bisogna saper ne contro l’invasione statunitense come dictat alle sue partiture im- resistere, ancora prima che com- di Panama, e Hell Is Now Love. provvisate su canovacci di rumore prendere. Musica primitiva e non Entrambe offrono il destro al cri- astratto. Considerando Eusa Kills primitivista. Musica che celebra il tico arguto per elencare, senza (Flying Nun, 1990) come tappa di suono prima che le note. Fisica e comunque tirarle troppo per i ca- transizione verso la loro fase ma- fisiologia dell’azione esecutiva ‘di- pelli, tutta una serie di influenza tura, non si può però non cogliere spersa’. Se avessero lasciato de- ‘sghembe’ che il suono Dead C ha come l’alternanza di episodi acu- comporre al sole il cadavere Twin saputo attrarre nelle maglie della stici (Alien To Be, Scarey Nest) e Infinitives (Royal Trux) tentando sua cotta noise. Ci sono i Jesus quella di altri elettrici (Now I Fall, poi di ricomporne le carni putrefat- And Mary Chain, gli Holy Modal I Was There, Maggot) sia, in en- te, i Dead C non avrebbero sapu- Rounders, i Pink Floyd, i Grate- trambi i campi affrontati, sempre to meglio rendere ciò in metafora ful Dead e soprattutto dosi mas- trascesa in un modus operandi in- sonora. O peggio forse. Chitarra, sicce, trasfigurate in pure icone di decifrabile, astratto, caotico. Vera basso, batteria. Synth e tastiere. rumore estensibile, di Velvet Un- cifra stilistica di tutta la psichede- Ancora tracce, seppure flebili e derground e raga-rock. I due veri lia. Di ieri come di oggi. Ottenere lo mai così ‘spezzate’ nel dispiegar- capolavori del disco sono Helen status di classicità dell’esecuzione si, di Pink Floyd cosmici e Grateful Said This, che coniuga Velvet e strumentale facendone però il pas- Dead. Ma come fossero stati maci- Fugs, Virgin Forest e Sister Ray, e saggio obbligato per l’irrazionalità nati assieme senza distinguere tra Bury, rumoroso sketch psico-folk. (musicale, concettuale ecc...) mag- canzoni e cantanti, disco e band, Dice Bruce a proposito del mini-lp giormente ardita. Questo lo scopo strumenti ed ossa, la viva carne Helen Said This: sottaciuto dell’operazione. Vertice dalla musica.

s e n t i r e a s c o l t a r e 1 9 Estensibile, deformabile, distor- cibile, modulabile, il rumore dei Dead C è bianco e puro. La di- storsione geme in sordina. Forse qualcosa di questo caos è stato sottratto con destrezza agli Amm e all’improvvisazione libera. For- se è semplicemente che il suono è materia organica. Viva. Imbriglia- bile a stento. Non se ne fa cavia da laboratorio. E’ esso stesso to- pino-cavia e laboratorio scientifico al contempo. Sky e Constellation sanno, sin dal titolo, di non essere cose di questo mondo. Ma di flut- tuare libere nell’iperspazio. E così anche l’ascolto medesimo. Bolla di sapone fragile in balia del rumore più oscuro e geroglifico.

A Walk In The White House.... La marcia di avvicinamento al rock ‘regolare’ segna, sulla tabella di marcia retrospettiva che stiamo vagliando, un’ulteriore tappa signi- ficativa. Essa ha nome The Ope- ration Of The Sonne (Siltbreeze, 1994) ed è una sorta di album non Floyd. Ma quasi non paiono ester- la strategia sul rumore attuata dal ufficiale reso poi tale per volere refatti come al solito. Il trattamen- terzetto. Molto meglio di mille altre della band. Incorpora tre improvvi- to loro riservato, infatti, è nitido vane parole: sazioni prive della voce biascicata piuttosto che caotico. E’ così che di Driver U.F.O. e con i feedback il volto ‘umano’ della band neoze- “I have been painting for 20 years quasi dimenticati nel baule dei landese, scontati i continui vortici so it is just an ongoing research of trucchetti abusati. Così, per dire elettronici e dei passi quasi jazz looking at painting and what it can anche solo di Mordant Heaven, le dell’opera tutta, si mostra appieno. do, and silence’s has kind of of- musiche rimangono sì psichedeli- La sfera di cristallo si è illumina- fered itself as an interesting area, che ma quanto mai classiche. Ci ta. Si vede finalmente chiaro nelle you have different responses to sono qui i Grateful Dead e la musi- influenze dei nostri. E non è cosa what it is. I am looking at how that ca cosmica, i Tangerine Dream e i da nulla! Morley spiegherà meglio can be manipulated as a visual thing.”

The White House vede la luce nel 1995, dopo un altro bootleg ‘uf- ficiale’ (Clyma Est Mort, 1994). Etichetta discografica, l’usuale Siltbreeze. Sebbene da alcuni giu- dicato troppo ‘normale’ è in real- tà un altro lavoro epocale dei tre. La forma canzone emerge nitida adesso. Your Hand suona come fa- rebbe Smog in quegli anni. Sporca e catatonica nenia biascicata. Le distorsioni chitarristiche le copro- no le terga, ma in modo funzionale alla costruzione del pathos narra- tivo intrinseco la canzone stessa. Voodoo Spell e The New Snow, prima e seconda song in scalet- ta, accumulano una certa quantità d’energia noise brada. Distruttiva

2 0 s e n t i r e a s c o l t a r e la prima, quasi (free)jazzata la cammin (artistico) facendo. gencies of its service, left enough seconda. Bitcher e Outside chiu- “What Is Free?” marks behind to show others the dono, da par loro, offrendoci una “It’s all about microphone place- way”. sorta di rivisitazione dello space ment and room sound. The sound New Electric Music (2002), The rock marca Hawkwind, la prima (i that people make together in a Damned (Starlight Furniture, vortici elettrici sono quelli di Lord room playing, to me that’s what 2003) e la raccolta Vein, Erudite Of Ring, 1972, degli inglesi), e con recording ought to be about”. (B. And Stupid (Ba Da Bing, 2006) 17 minuti di shoegazing letto a loro Russell) mantengono decentemente in vista modo la seconda. il nome dei Dead C, senza però far Dal 2000 in qua, ogni uscita del gridare al miracolo. “Our Noise Grows Out Of terzetto neozelandese è dignitosa Stessa sorte tocca all’ultimissimo Confusion” ma non eclatante. Ripete schemi, Future Artists (Ba Da Bing, 2007), Repent è l’album del 1996. La co- riformula linguaggi, riassembla il quale certifica una delle ipotesi pertina è in digipack. Erano quel- intuizioni. Ma già tutte compulsa- precedentemente fatte riguardo le li invenduti di The White House. te e meglio attuate altrove nella origini del suono Dead C. Quella Nuova copertina appiccicata sulla discografia del gruppo di Morley riguardante, almeno in teoria, la vecchia e via. L’arte del bricolage e Russell. Dead C (2000), doppio matrice Amm del medesimo. ha sedotto anche i nostri (molto omonimo, cambia la dicitura del- The Amm Of Punk Rock, prima di più verosimilmente pronti a smer- l’etichetta discografica sul dorso 5 tracce in scaletta che durano fra ciare così il non venduto). Repent stampigliata (la Language, mentre i 3 e i 20 minuti, non parla il lin- è disco della stessa pasta di The la vicenda della Xpressway s’era guaggio impro-disarticolato degli Operation Of The Sonne. La strut- già conlusa 6 anni prima...) ma non Amm quanto piuttosto scorre via tura è davvero free questa volta. i contenuti. Recupera, per lo più, come stolido canovaccio minimal- Morley non si dà pace alle tastie- vecchie registrazioni risalenti ai 5 percussivo. Non una delle loro re e il livello del caos armonico è anni precedenti e ha forse il suo cose più riuscite (a parte il finale solo (a tratti) normalizzato. Sibili, vertice espressivo in Speederbot. pulsante e circolare). The Magi- fruscii, molto free jazz deformato e Mastodontica! La composizione cian è invece una canzone regola- mimetizzato. Le suite senza nome nei suoi 33 minuti di durata riesce re. Cantata e tutto. Naturalmente incluse nel cd parlano chiaro: av- a fondere l’andamento cingolato di su tappeto di distorsioni fracas- viluppano senza scampo, sono dei Chrome e Hawkwind a una ricetta sone su ritmo rock 4/4. Le ultime boa costrictor del suono lento e non individuabile di pseudo sono- 3 tracce ripetono lo svolgimento biascicato. Iperpsichedelico. Ec- rità noise e jazz. Il free jazz è sta- della prima con variazioni di stile cessivo, denso. ta indubbiamente una lezione ben minime. Ed anche se non ci vedo Quando però la bomba disinte- imparata dai nostri. Ecco l’ultima il futuro dell’impro-noise in questo gratrice d’armonie detta Dead C parola a riguardo del ‘free’ scritta cd, vale almeno la pena prenderlo esplode, il botto c’è. E la sesta da Russell nel suo What Is Free? come spunto per rivisitare, riscol- delle composizioni in scaletta, la A Free Noise Manifesto: tandoli, gli album più riusciti della maggiormente caotica e brutale, carriera dei neozelandesi. Maestri sta lì, in chiusura di programma, a “Free jazz, while chewing up and del rumore come pochi ne abbiamo ricordarcelo. Tusk segue una pa- spitting out many through the exi- incontrati negli ultimi trent’anni. rentesi di due anni in cui i nostri rimangono tutt’altro che inattivi (vedi i progetti ‘collaterali’, che ci ripromettiamo di trattare più este- samente in un articolo successivo, Gate, A Handful Of Dust, 2 Foot Flame, Dust nonchè i cd solisti di Morley e Russell, The Pavillion Of Dreams, 1996, e Project For A Revolution In New York, 1998). Si tratta di un’opera riassuntiva dell’intera arte dei neozelandesi. Una sorta di loro White Album. La materia prima è sempre il noise più insano. Niente frivolezze poppy qui. Half e Tusk sono anzi titani- che. Monumentali inni alla scienza del rumore costruita nei tanti labo- ratori-album disseminati dai nostri

s e n t i r e a s c o l t a r e 2 1 The Sea And Cake sofisticazioni pop di Valentina Cassano e Vincenzo Santarcangelo

Chicago. La città di Touch & Go, dell’House Music, del folk degli , dell’industrial dei Ministry e degli esperimenti di Jim O’Rourke. E’ in questo scenario che nascono i Sea And Cake. Un mostro a quattro teste che unisce John McEntire, , Eric Claridge e .

Forti i venti che attraversano Kroll), Archer Prewitt (in trasferta potuto scambiare per un colletto Chicago. Poderose le correnti dai lounge-revival Coctails) e bianco, nascevano le intuizioni artistiche che la contraddistinguono John McEntire (ex-Bastro, nonché di una musica calda, divertente e e che l’hanno resa negli anni terra membro di Tortoise e Gastr Del geniale che all’epoca deve aver fertile e prosperosa, tanto da far Sol e personaggio fondamentale colpito soprattutto per quella patina spegnere alla prestigiosa Touch & nel mondo della produzione locale di stravaganza ed esotico che la Go venticinque candeline proprio e non) abbiano tirato fuori dalle ricopriva - quella stessa patina lo scorso anno. Fulcro, a partire loro singole esperienze un mostro che stava nel frattempo forgiando dagli Ottanta, di un proliferare a quattro teste chiamato Sea And la fortuna, anche commerciale, dei magmatico di scene e band che Cake. Era il 1993. Ma facciamo un Primus. Ma evidentemente, non lasceranno un segno fondamentale passo indietro e torniamo a sfogliare era questa tutta la storia: sin da per il futuro che verrà. Dalla qualche istantanea in bianco e nero Specky, primo lp pubblicato in vinile House Music di Frankie Knucles degli Shrimp Boat. nel 1989 per la Specimen Products, e della sua storica Warehouse alla ma soprattutto con i successivi destrutturazione della materia folk Il futuro nel passato: Shrimp Duende (Bar/None, 1992) e Cavale degli Uncle Tupelo, dall’industrial Boat (Bar/None, 1993), gli Shrimp Boat dei Ministry alle sperimentazioni La loro, come quella di altri gruppi, seppero, con intelligenza profetica, avanguardiste di Jim O’Rourke. fu la sorte di Cassandra. Gridavano dialogare con tutte quelle musiche Fino ad arrivare a quella scuola che ‘post’ - ed era il crepuscolo degli altre divenute poi punto di approdo ha marchiato a fuoco i Nineties a anni 80 -, ma nessuno gli credette, di innumerevoli sperimentatori rock colpi di Tortoise e e e nei solchi dei loro dischi si volle a venire. che porta il nome di post-rock. È qui ascoltare solo rock, e nemmeno Probabile che neanche loro si che le derive prog si scontrano con dei migliori. Anni dopo, come di prendessero troppo sul serio, ma le fredde raffiche kraute, qui che il solito avviene in questi casi, quei Prekop e soci avevano già intuito jazz scontorna meticolosamente le lavori si sarebbero ripresi in mano - che il futuro stava nel passato: figure lasciandole galleggiare ora in debitamente ristampati - affermando nella riscoperta consapevole, e foschie dub ora in spume funk, qui che, “sì, certo, forse buona parte pertanto interpretata, del prewar che il classicismo arriva a toccare delle intuizioni dei vari Ui, Tortoise, folk, del jazz che aveva attaccato territori quasi austeri ma sempre Town & Country, Gastr Del Sol vi la spina, del tropicalismo in di grande effetto. Ed è questa città comparivano già in nuce”. Come musica, dell’ubriachezza creativa che vanta una percentuale cospicua dei Primus senza alcuna velleità dell’Europa balcanica. Anche il di musicisti dalle notevoli capacità progressive, meno smaliziati, ma con corredo strumentale del tipico tecniche in costante migrazione da la stessa nonchalance di un Frank gruppo indie di fine anni 80, dunque, un realtà all’altra, quasi dei moderni Zappa, gli Shrimp Boat lasciavano doveva adeguarsi: c’era bisogno mercenari che abbiano consacrato banchettare su cellule poliritmiche di un sax - e non importava che la loro vita al volere delle sette che un giorno si sarebbero dette lo si maneggiasse con particolare note. Non c’è dunque tanto di math, una sciancata combriccola perizia - e di un il cui suono che stupirsi se da una situazione di suoni bluegrass, rock, folk, jazz, odorasse quanto più possibile congeniale e stimolante come country e persino di derivazione d’anteguerra. Toccava semmai alla quella di Chicago Sam Prekop, Eric caraibica. voce e alla chitarra di Prekop il Claridge (fautori degli Shrimp Boat Dalla sei corde e dalla voce di compito di ristabilire le coordinate assieme al determinante apporto di Sam Prekop, cantautore che per spazio-temporali e ricondurre Brad Wood, Ian Schneller e David l’algida sembianza si sarebbe l’ascoltatore alle sonorità tipiche

2 2 s e n t i r e a s c o l t a r e dell’indie statunitense di quel torno venivano diluite, così trasfigurate Se esiste un problema di fondo d’anni. da potersi percepire appena, in un nell’approcciarsi ai Sea And Cake In questo senso, già Cavale, pur omogeneo pastiche di pop colto è che bisogna farlo nella piena essendo probabilmente l’album screziato di jazz e tropicalismo. consapevolezza di essere al meglio messo a fuoco del quartetto, I Sea And Cake dell’omonimo esordio cospetto di un suono che nasce concedeva di più all’affettazione (Thrill Jockey, come poi tutti gli altri già vecchio. La dinamica formativa (un aggettivo chiave per definire dischi, 1994) paiono accecati sulla di un simile collettivo - e sia detto l’estetica di Prekop) e perdeva via del preziosismo pop di Steely senza alcun rilievo critico - non d’incisività naïf. Barattava Dan e Talk Talk. La scrittura di contempla il concetto di crescita, ma primitivismo per certi moderni Prekop, sempre più raffinata, gode semmai quello di una stasi creativa artifici pop, genialità ingestibile dei servigi di un arrangiamento fortemente voluta e magistralmente e quasi ingenua per controllata para-orchestrale (sebbene a perpetrata. Forgiate nel primo perizia strumentale. Di fatto, il quest’altezza gli strumenti siano album le sembianze di una formula tipico suono Sea And Cake si stava quelli usuali del quartetto rock, con vincente, da The Sea And Cake in già delineando nelle licenze che l’innesto di qualche fiato), sì che poi i dischi del quartetto saranno quel disco, in un ultimo, infruttuoso brani come Jacking The Ball e Bring semplici variazioni su tema di un pop tentativo di vendersi al grande My Car I Feel To Smash It suonano adulto smaliziato ed intellettuale: pubblico, accordava all’accessibilità come osanna levati da fedeli non che sa vendersi ai propri fan, che si della proposta sonora. battezzati ai sacri padri del pop sa divertissment di musicisti esperti americano: Burt Bacharach e Van - non dimentichiamo che avrebbe Immutabile evoluzione Dyke Parks sopra tutti. La voce di dovuto trattarsi di un progetto Accadeva infatti che, scioltisi Prekop si fa quella del cantautore estemporaneo - intenti a sfogliare definitivamente nel 1993 gli Shrimp ormai scafato, i coretti si sprecano, con sicumera nel proprio album di Boat, Sam Prekop ed Eric Claridge le chitarre indugiano arpeggiando famiglia stipato di foto ingiallite. con il fondamentale apporto alla distratte sulla ritmica squadrata ed In Nassau (gennaio 1995), ad chitarra di Archer Prewitt (ex ultratecnica di McEntire, a proprio esempio, le dinamiche ritmiche si Coctails ma anche apprezzato artista agio con tutti i tipi di percussioni, fanno più complesse (a produrre, grafico al lavoro, tra l’altro, per ma con un debole particolare per la per la prima volta, è McEntire), Marvel), della batteria e dell’acume marimba dei suoi Tortoise (Choice l’incastro tra le partiture sempre tecnico del Tortoise John McEntire, Blanket). La tromba di Culabra Cut più rigoroso. Un organo tinge di davano vita ad un progetto che si invoca lo spirito di un altro nume Stereolab Nature Boy, l’atmosfera voleva estemporaneo. Prewitt ci tutelare di quella Chicago: il Miles si incupisce in Parasol ed Alone metteva l’amore, che era stato dei Davis della triade Birth Of The For The Moment, la strumentale suoi Coctails, per certe atmosfere Cool-In A Silent Way-Bitches A Man Who Never Sees A Pretty lounge ed un approccio alla seicorde Brew; Bombay e Showboat Angel Girl That He Doesn’t Love Her A civettuolo e retrò; McEntire elargiva soffiano venti d’esotismo, So Long Little si attarda su esperimenti cure infinite ad un suono che si The Captain ribadisce la parentela elettronici. Ma la firma di Prekop faceva iperprodotto e rendeva stretta con i Gastr Del Sol (in cui si scorge inconfondibile in veri e geometria una ritmica indottrinata McEntire milita), Lost In Autumn propri standard come Lamont’s da quel terremoto che qualche anno chiude la partita sulle note di uno Moment, Soft Sleep e The Cantina, prima si era chiamato Spiderland e slowcore rarefatto ma pur sempre quest’ultima con velleità prog nel dalla sua coeva attività nei Tortoise: schiavo di sua maestà Melodia. refrain dell’organo. (7.0/10) le intuizioni degli Shrimp Boat (7.3/10) I quattro Sea And Cake sono

s e n t i r e a s c o l t a r e 2 3 sintetiche, lasciando dietro di sé qualche perplessità per un suono che sembra aver perso quell’umano calore di una volta, Black Tree In The Bee Yard e la conclusiva Do Now Fairly Well mantengono intatto il cordone ombelicale che lega il gruppo a quel post dalle suggestioni cinematiche da cui provengono, posizionandosi esattamente tra Millions Now Living Will Never Die e TNT. Non che in realtà ci fosse bisogno di un simile raccordo tra le parti, ma sicuramente si tratta di un cambio di rotta da sottolineare. (6.6/10) E come tutte le migliori e durature relazioni, anche per i Nostri arriva il momento della pausa, del distacco esperti animali da studio, gli anni che andava a congiungere in un voluto e necessario. Tre anni in cui sono quelli di massimo fermento esoterico quadrilatero Stereolab, sia Prewitt che Prekop si lanciano creativo, in quel di Chicago: ecco High Llamas, Tortoise, Sea And in avventure soliste, rincorrendo così che nel giro di 12 mesi esce il Cake. Come infatti l’arrivo di Sean ciascuno le proprie suggestioni: terzo album del gruppo. In The Biz O’Hagan tra i due Stereolab andò il primo scoprendosi - con ben (ottobre 1995) si respira più che ad ispessire le trame orchestrali cinque prove all’attivo - illuminato mai un’atmosfera di rilassatezza a partire dal mini Space Age arrangiatore di un pop dai contorni che deve esser proprio quella con Batchelor Pad Music, allo stesso folk-, ponendosi con l’ultimo cui Prekop, McEntire, Prewitt e modo la figura di McEntire si portò Wilderness (Thrill Jockey / Wide, Claridge affrontano le sessioni di sempre più in primo piano, andando 2005) a cavallo tra tradizione e registrazione del nuovo lavoro. a configurare un puzzle sonoro in innovazione, il secondo indagando Appoggiati incondizionatamente da cui l’elettronica e le dilatazioni con perizia tecnica, nel primo una Thrill Jockey che nel frattempo tortoisiane assunsero un rilievo omonimo lavoro e nel successivo sta tesaurizzando le prime, e una luce sempre maggiori. A Who’s Your New Professor? (Thrill geniali intuizioni dei Tortoise, i soddisfazione dei matematici, i Jockey / Wide, 2005), quell’istinto quattro si lasciano andare senza Sea And Cake stanno ai Tortoise jazz-tropicalista che del gruppo remore a leziosi fraseggi di una come gli High Llamas stanno agli è diventato simbolo distintivo. conversazione ormai manierata Stereolab. Queste le premesse che Sfogate le pulsioni individuali e e altamente formalizzata. Con la fanno di The Fawn (marzo 1997) il forti di un percorso individuale di sezione ritmica di McEntire meno vero album di svolta - se di effettiva ricerca e maturazione, i due tornano dispotica che in passato, sono svolta si può parlare - nella storia tra le braccia accoglienti dei Sea spesso le seicorde di Prekop e artistica del quartetto chicagoano. And Cake per mettere a fuoco il Prewitt a recitare da primedonne: La base di un pop elegante e quinto album, Oui (ottobre 2000). The Biz le vede dialogare per ricercato rimane ben solida (il Ad un primo ascolto non sembra assoli quasi fusion, sanno di Arto drumming puntuale di Civiliste, che il quartetto abbia fatto passi Lindsay invece in Escort. The Kiss la saudade di The Ravine), ma da gigante, anzi, pare non si sia pare lo sfogo pop di un McEntire questa volta diventa il piedistallo spostato di un millimetro rispetto in libera uscita dal gruppo madre, ideale per intarsi digitali di un al punto in cui lo avevamo lasciato, e rimane uno degli episodi meglio lavoro certosino in studio come ovvero un impasto sopraffino riusciti di un album per certi versi mai prima d’ora i Nostri avevano tra l’elettrico e l’acustico su cui da considerarsi interlocutorio. fatto: basti ascoltare The Argument continua a spirare il vento caldo (6.7/10) per scorgere tra le righe un suono del Brasile, tra languidi giochi di che i Notwist di Neon Golden farà chitarra e la voce soulful di Prekop a Elettroniche transoceaniche esplodere cinque anni più tardi dominare dall’alto. Niente di nuovo, Il presagio dunque che qualcosa in maniera plateale (quei flutti di dunque. Così verrebbe da pensare. sarebbe cambiato aleggiava batteria elettronica così vicini alle Ma qualcosa, nel sotterraneo, fa sì nell’aria, ma nulla lasciava meraviglie di Pilot). E se The Fawn che il volto cambi ancora una volta intravedere la costruzione di un e Sporting Life non fanno altro che pur nell’immutabilità e costanza ponte che avrebbe unito Chicago confermare la nascente e prepotente degli elementi. L’elettronica, che a Londra, un salto transoceanico attrazione per certe sperimentazioni buona parte aveva giocato nel

2 4 s e n t i r e a s c o l t a r e precedente lavoro, diventa parte integrante del corpo Sea And Cake, assumendo sembianze sempre più umane, ritornando a quell’energia terribilmente contagiosa che fu dell’esordio e del loro primo fiorente periodo ed integrando le esperienze solitarie di Prekop e Prewitt. E i risultati sono lì a portata d’orecchio: il funky solare dell’iniziale All The Photos, il tropicalismo a singulti di The Colony Room tra fiati sornioni, la tortoisiana The Leaf tra gamelan e blues (forse uno dei brani maggiormente debitore del quintetto nella discografia dei Nostri), la marimba sbarazzina di Midtown e il basso mai così tanto narrativo di Claridge in You Beautiful Bastard. Sotto il velo sottile della semplicità, i Sea And Cake dimostrano ancora un volta di sapere trasformare il mestiere in arte peculiare. (7.0/10) E se i quattro si pongono sull’altro lato della medaglia Tortoise, allo stesso modo si fanno contraltare del dolente e sperimentale alt.country di a firma Wilco, che proprio nello stesso anno porterà Tweedy e soci alla ribalta e alla consacrazione di pubblico e critica, facendo risplendere Chicago di quella luce creativa che ancor oggi viene ammirata con profondo rispetto. Forse offuscati dal successo dell’ex Uncle Tupelo, i paladini delle sofisticazioni pop faranno trascorrere altri tre anni prima di ritornare sul mercato e sui palchi con un nuovo lavoro. Esce infatti nel 2003 One Bedroom, disco che prosegue sulla strada in campo suonano forzati, quasi machine (Interiors così come vista dell’elettronica aperta con The volessero “svecchiare” un sound dai Broadcast). (6.5/10) Fawn e che si approssima ad che potrebbe non soddisfare più Che si sia trattato di una mera un easy listening dancing, se non solo l’ascoltatore di turno, ma operazione commerciale o meno ci si passa la dizione, come gli stessi protagonisti (vedi la cover poco importa, se ha il pregio di far ben dimostrano l’handclapping bowiana di Sound & Vision tutta emergere interpretazioni diverse decorativo di Hotel Tell e le ritmiche synth anni Ottanta). (5.8/10) di un suono rimasto fedele a se sincopate Shoulder Length. Sono Va meglio nell’ep che esce a ridosso stesso in tutto questo tempo. decisamente le tastiere e i pattern dell’album, Glass (2003): i nomi Evidente rimane però la volontà di ritmici sintetici a farla da padrone coinvolti per i remix sono,quelli sperimentare e percorrere strade in questo lavoro che par essere una di Stereolab, Broadcast e Carl appena trasversali: intento lodevole dichiarazione d’intenti e un voto Craig, tutti intenti a rimarcare ma che inizia a sapere di trovata all’immediatezza. In alcuni episodi quell’attitudine danzereccia già ancorandosi esclusivamente al la formula funziona, come nelle emergente nei brani del disco, e di momento. Allora meglio fermarsi e già citate Hotel Tell e Shoulder cui si diceva, grazie a ritmiche da tirare un bel respiro per tornare, Length, oppure nell’iniziale club culture (Hotel Tell rivista da dopo quattro lunghi anni, con frenesia Stereolab di Four Corners, Carl Craig), strizzate d’occhio alla Everybody (recensione su SA #31), ma altrove, ovvero nella maggior bossanova (Tea And Cake ad opera album che profuma di rock sin dal parte dei casi, gli espedienti messi degli Stereolab), synth e drum primo ascolto.

s e n t i r e a s c o l t a r e 2 5 2 6 s e n t i r e a s c o l t a r e I piùpiù avanguardisti avanguardisti fra ifra conservatori, i conservatori, i più tradizionalisti i più tradizionalisti tra gli innovatori. tra gli O, innovatori. se preferite, O,la piùse grandepreferite, rock laband più in grandeattività. Qualerock bandsia la definizionein attività. che Quale vi fa piùsia comodo, la definizione quella dei che Wilco vi è fa una più storia comodo, che vale quella sempre dei la Wilcopena di èraccontare, una storia fra chevisioni vale d’America sempre e fantasmi la pena interiori, di raccontare, sfide impossibili fra visioni e traguardi d’America sofferti, elunghi fantasmi viaggi interiori,e ritorni a casa. sfide impossibili e traguardi sofferti, lunghi viaggi e ritorni a casa.

WILCO Salvati dal rock and roll di Antonio Puglia

“La musica è la mia salvatrice Sono stato mutilato dal rock and roll Sono stato addomesticato dal rock and roll Ho avuto il mio nome dal rock and roll (da Sunken Treasure, 1996) I più avanguardisti fra i conservato- Reed, “his life was saved by rock mezzo mondo sono la più grande ri, i più tradizionalisti tra gli innova- and roll”. Uno la cui vita è dipesa rock band in attività. Forse perché

Quantetori. O, se volte preferite, sarà stato la più detto grande che contadai dischi in Heavy che ha Metal ascoltato Drummer e dalle); o taJeff ed e evoluzione;i suoi, non si l’artista sa quan cheto con lot- rock band in attività. Quale sia la note che ha suonato. In ogni mo- sapevolmente - ma piace comunque “il rock è morto”? Vediamo: ai tempi ancora quando, insieme all’amato / ta costantemente per andare oltre definizione che vi fa più comodo, mento. Quando divorava incessan- pensarlo -, hanno riadattato per i del prog, ai tempi del punk, ai tempi odiato , studiava diligen- i suoi limiti. Forse perché del rock quella dei Wilco è una storia che temente la copia del White Album nostri tempi alcuni miti fondanti del della new wave, ai tempi del post temente le canzoni di Carter Family - e dei generi ad esso affini - conti- vale sempre la pena di raccontare, che i fratelli maggiori gli avevano rock: la musica come cura; il rock frarock, visioni e probabilmente d’America e c’erafantasmi già chiin- lasciatoe Neil Young in dote, per oi concertiandava adei caccia loro comenuano puraa ma ntenereespressione; forti e la salde band le teriori,lo diceva sfide quando impossibili Elvis partì e traguar milita- diUncle dischi Tupelo. dei Clash O quando dopo inaver The letto Lo- comeradici, orga pur nismonelle loinro continua peregrinazioni cresci- re.di sofferti, Eppure, lunghici sarà viaggi sempre e ritorniqualcu a- l’ultimanely 1 - da edizione Being diThere Rolling - si Stonemette-. eta progr ed eessionivoluzion se;tilistiche l’artista (una che cosa lot- nocasa. per cui il rock non è solo vivo e Ova, quando, da fan, “bellissimonei panni della e sballato”, star sul cheta co fastantemen di loro i piùte avanguardisti per andare oltre fra vegeto, ma è una cosa tremenda- suonavapalco, bellissima cover dei e inesorabilmenteKiss negli inno- consi suoiervatori limiti. ,Forse o i più perché tradizionalisti del rock La musica è la mia salvatrice / centi anni di un’adolescenza fatta - e dei generi ad esso affini - conti- mente seria. è una di sola, in un pericoloso flashforward tra gli innovatori). Forse perché Sono stato mutilato dal rock and di sbronze e chitarre (come ci rac- nuano a mantenere forti e salde le queste persone. Parafrasando Lou del suo futuro nei Wilco. incarnano quella che nell’imma- roll / Sono stato addomesticato dal conta in Heavy Metal Drummer); o radici, pur nelle loro peregrinazioni Reed, “his life was saved by rock Che, se una dozzina d’anni fa pote- ginario indie è la band ideale, un rock and roll / Ho avuto il mio nome ancora quando, insieme all’amato / e progressioni stilistiche (una cosa daland rock roll” .a ndUno roll” la (dacui Sunkenvita è dipesa Trea- odiatovano ambire Jay Farrar, al massimo studiava ad diligenessere- chemode fallo di eticoloro i più nel avanguardisti canone dei vari fra sure,dai dischi 1996) che ha ascoltato e dalle tementeuna versione le canzoni alt. rock di Carter degli FaHeartmily- conSoniservatori,c Youth, o R.E.M. i più tradizionalisti e Radiohead note che ha suonato. In ogni mo- ebreakers Neil Young (per perquanto i concerti suoni deseivero, loro tra(non gli a caso, innovatori). la migliore Forse rock perché band mento.Quante Quan voltedo sarà divorava stato dettoincessan che- ingenerosoUncle Tupelo. e un O po’quando snob), in oTheggi perLo- ininca attivitàrnano per quella l’altra che metà nell’imma del mon- temente“il rock è lamorto”? copia Vediamo: del White ai Album tempi mezzonely 1 - mondoda Being sono There la più- si grandemette- do).gina rioO forse indie perché, è la band semplicemen ideale, un- del prog, ai tempi del punk, ai tempi va, da fan, nei panni della star sul modello etico nel canone dei vari che i fratelli maggiori gli avevano rock band in attività. Forse perché te, parlano la stessa lingua di tutti della new wave, ai tempi del post palco, bellissima e inesorabilmente Sonic Youth, R.E.M. e Radiohead lasciato in dote, o andava a caccia Jeff e i suoi, non si sa quanto con- quelli la cui vita è stata salvata dal rock, e probabilmente c’era già chi sola, in un pericoloso flashforward (non a caso, la migliore rock band di dischi dei Clash dopo aver letto sapevolmente - ma piace comunque rock and roll. Come Jeff Tweedy, lo diceva quando Elvis partì milita- del suo futuro nei Wilco. in attività per l’altra metà del mon- re.l’ultima Eppure, edizione ci sarà di semRollingpre qualcu Stone-. Che,pensarlo se una -, hannodozzina riadattato d’anni fa poteper - i do).appunto. O forse perché, semplicemen- noO quando,per cui il “bellissi rock nonmo è esolo sballato”, vivo e vanonostri ambire tempi alcunial massimo miti fondan ad essereti del te, parlano la stessa lingua di tutti vegeto,suonava macover è unadei K cosaiss ntremendaegli inno- unarock: versione la musica alt. come rock cura;degli il Heart rock- quelli la cui vita è stata salvata dal centimente anniseria. di Jeff un’adoles Tweedycen èza una fatta di breakerscome pura (per espressione; quanto suoni la severo, band rock and roll. Come Jeff Tweedy, diqueste sbronze persone. e chitarre Parafrasan (come do ci rac Lou- ingenerosocome organismo e un po’in conti snobnua), oggi cresci per- appunto.

s e n t i r e a s c o l t a r e 2 7 R o o t s E’ quanto emerge dal debutto No più melodica, aperta e pop di quella Radici. Uno dei modi per racconta- Depression (Rockville, 1990), ad dichiaratamente traditional di Far- re la storia dei Wilco può essere il oggi considerato un classico del rar, servita da una voce nasale e calcolare quanto si siano avvicina- genere: un blend dai forti contra- graffiante al punto giusto, che trova ti o allontanati da esse nel tempo. sti, che conferisce all’indie di mar- nelle sue ascendenze Young / Dy- E alle radici profonde della musica ca Dinosaur Jr., allora imperante, lan un cardine su cui svilupparsi. degli States è infatti legato il pri- un sapore dichiaratamente rustico. La mid-tempo alla Tom Petty mo progetto importante di Tweedy: Da tali premesse, era necessario che apre il debutto dei Wilco è pro- è il 1987 quando nella nativa Bel- che scaturisse un linguaggio nuo- babilmente la migliore espressione leville, , insieme all’autore vo, cosa che effettivamente avvie- delle loro potenzialità al momento: e chitarrista (nonché compagno di ne attraverso (più I Must Be High in sé non è niente scuola) Jay Farrar e al batterista rock e centrato, il migliore) e Mar- di trascendentale, ma spiega il vec- , dà ufficialmente ch 16 20, 1992 (acustico, prodot- chio sound dei Tupelo ad orizzonti vita a una band che, nel volgere to da Peter Buck, fan della prima più ampi, nutrendosi di melodia e di quattro album, finisce per deli- ora). Jeff sicuramente ama quella del classic rock sempre tanto caro neare paesaggi inediti per il rock musica, ma non si sa ancora per alle frequenze radiofoniche ame- alternativo a stelle e strisce. Gli quanto sia disposto a far parte di ricane. Per il resto, A.M. (Reprise Uncle Tupelo. Sembra che termini un sistema che lo vede, necessa- / Warner, 1995) getta le basi per come alt. country o americana non riamente, comprimario. I Tupelo - il lavoro a venire con le sue belle sarebbero stati neanche ipotizzabi- che, si sarà capito, sono meritori di svisate honky tonk alla Stones (la li senza di loro. Se il loro stile è contestualizzazione e trattazione calligrafica Casino Queen), più un inizialmente nato dall’esigenza di a sé - durano finché Jay riesce a vasto assortimento di: jingle jan- suonare per il pub- mantenere il controllo; nel momen- gle (Box Full Of Letters), country blico rurale di Belleville, non molto to in cui Tweedy porta dalla sua languido (Pick Up The Change), avvezzo al punk rock, è senz’altro parte il fido (basso), soft rock (Shouldn’t Be Ashamed), vero che i tre sono tra i primi a ri- (fiddle, banjo, dobro) Gram Parsons (I Thought I Held farsi esplicitamente a folk e country e Ken Coomer (batteria) - ovvero You, It’s Just That Simple, firmata più classici (dalla Carter Family in la formazione che aveva realizzato da Stirratt), bluegrass (That’s Not giù), e a contaminare quella stes- Anodyne (1993) e aveva strappa- The Issue), l’ovvio Neil Young ster- sa musica con la ruvida e visiona- to un contratto alla Sire - , insie- zato su una highway (Passenger ria irruenza di R.E.M., Minutemen me al manager di lungo corso Tony Side). A scuotere un po’ il rischio di e Replacements. Farrar, Tweedy e Margherita, nascono di fatto i Wil- uno shock radio friendly arriva ver- Heidorn pescano a piene mani dallo co. Farrar, dal canto suo, sceglie so fine programma il folk intimo di scrigno della tradizione, con osse- di proseguire coerentemente con i Dash 7 e, insomma, pare comunque quio filologico, sì, ma senza timore suoi , il cui viaggio è an- possa esserci vita oltre l’alt. coun- di sporcarla, suonando rispettosi cora in corso. try; ma sono tutte idee da sviluppare dei canoni del genere (da un punto Radici, si diceva. Quelle del son- meglio in futuro, magari con l’obiet- di vista lirico quanto di allestimen- gwriting di Tweedy sono già chiare tivo ben puntato verso il bersaglio. to sonoro), e contemporaneamente in pezzi degli Uncle Tupelo come C’è però un problema - il primo riservando loro un trattamento de- Gun, The Long Cut, We’ve Been di tanti - riguardo la line up: Jeff gno del miglior rock indipendente. Had e No Sense In Lovin’: una vena non è poi questo grande chitarrista,

2 8 s e n t i r e a s c o l t a r e tanto che le parti soliste del debut- (Outtamind) allo Spector sound del di Creem insieme a Lester Bangs to sono state completate da Brian suo rifacimento Outtamind (Outta -, che proprio a Misunderstood pre- Hennemann dei Bottle Rockets. La Sight), dal bluegrass di Forget The sta alcuni versi della sua Amphe- soluzione è a portata di mano, nelle Flowers alla Sun Records di Some- tamine). L’hotel yankee sembra già vesti di un valente polistrumentista day Soon, dal jazz club di (Was I) dietro l’angolo, ma al momento, la e arrangiatore che ronzava intorno In Your Dreams alla Band di Kin- band di Chicago porta a casa un ri- agli studios, al punto di finire nel gpin … Ecco, se c’è un ensemble sultato importante e pesante, che booklet del cd tra i ringraziamenti di musicisti a cui i Wilco – grazie contribuirà non poco a definirne speciali e, poco più tardi, sul palco ai polistrumentisti Johnston e Ben- crescita e carattere, oltre a fornire a rimpolpare suono e arrangiamen- nett, più una nutrita schiera di ospiti un buon numero di classici a be- ti. Con i nuovi e numerosi stimoli di - vorranno sempre più somigliare è neficio di un’attività concertistica in organico, è tempo quello di Robbie Robertson e Levon sempre più intensa. di alzare immediatamente la posta Helm, oltre ovviamente agli Stones, Da qui, è una reazione a catena: in gioco. tributati esplicitamente in Monday mentre a metà 1997 cominciano e nella conclusiva e scollacciata già i lavori per il suo successore, il I n v i a g g i o Dreamer In My Dreams. Sono però i buon esito di Being There (300.000 La prima, vera scommessa di Twee- brani d’apertura dei due dischi a for- copie vendute) porta i Wilco in dy si chiama Being There (Reprise nire significativi squarci sul futuro, uno strano posto. Li contatta Billy / Warner, 1996). La penna è così su quella che diventerà – e che qui Bragg, che ha bisogno di una mano in forma da produrre la bellezza di è già - l’arte tormentata di Tweedy. per realizzare un curioso quanto diciannove canzoni; nessuna è sa- Misunderstood e Sunken Treasu- incredibile progetto di filologia mu- crificabile, piuttosto finiscono tutte re, manifesti sul vivere il rock and sicale: mettere in musica le parole su un doppio album, nella migliore roll, e sull’alienazione (“you’re so inedite di , un ono- tradizione dei ’60 e ‘70. Exile On misunderstood”), i dubbi (“you still re che non era toccato nemmeno a Main Street e il White Album non love rock and roll?”) e la frustrazio- Dylan, l’erede designato (la leggen- sono citazioni a caso, ché questo ne (“I’d like to thank you all… for da vuole che Bob, presentatosi alla disco è, anzitutto, un dichiarato tri- nothing”) che ne scaturiscono. An- porta del maestro, fosse mandato buto al rock and roll – il rock and che musicalmente le due canzoni via da una babysitter – lo racconta roll di Jeff, nello specifico. Che da appartengono a un’altra categoria, lui stesso nei suoi Chronicles). Il un lato indossa senza inibizioni tut- evocando un mood che riporta alle combat folkster inglese sottopone te le sue influenze, dall’altro alza ballate del Neil Young di On The così a Tweedy & co. alcune poe- decisamente il tiro del songwri- Beach, disturbate da vigorosi e in- sie affidategli dalla figlia di Woody, ting, abbandonandosi più spesso cisivi inserti noise (cortesia di Jay Nora, risalenti al periodo fra il 1939 al flusso di coscienza. I riferimenti Bennett) che raggiungono picchi e 1967, con l’intento di elaborarle sono tanto sistematici che, di fat- di intensità non comune; flash che in uno stile personale. Registrato to, ce n’è uno per ogni canzone, sembrano provenire dritti dai ’70 e fra Dublino e Chicago con la par- dal country nashvilliano di Far Far dalle sue leggende rock maledet- tecipazione, tra gli altri, di Natalie Away al Merseybeat di I Got You, te (l’altra younghiana di Tonight’s Merchant dei 10000 Maniacs, Mer- dal folk spaziale di Red Eyed And The Night, certo, ma anche quella maid Avenue (Elektra, 1998) è un Blue ai Big Star di Say You Miss di Peter Laughner – fondatore dei risultato che sorprende tutti per fre- Me, dal Rubber Soul di Outtaside primi Pere Ubu, nonché redattore schezza e robustezza delle compo-

s e n t i r e a s c o l t a r e 2 9 sizioni. Se a Bragg tocca il versante Guthrie e proiettare il suo universo credibilmente cupi, talvolta violenti più traditional, ai Wilco si presenta nella contemporaneità, oltre Dylan (“I dreamt about killing you again l’occasione di misurarsi ancora una e la leggenda - , l’intera operazio- last night, and it felt alright to me”, volta con un linguaggio, il folk-rock, ne per i Nostri è un centro inatteso, recita impassibile in Via Chicago). che sanno padroneggiare e asservi- quasi fortuito e accidentale (pare Ecco dunque quindici canzoni di re ai propri scopi come pochi altri. che sia stato Bennett a insistere, pop-rock psichedelico e multistra- E allora, fra la classica California di fronte alle riluttanze iniziali di to, alla maniera dei Beatles del Stars e il groove di Hoodoo Voo- Tweedy), nondimeno un altro passo ’67 e relativi Beach Boys, con una doo, si verifica un inevitabile cor- non da poco nel costruirsi credibi- strizzatina d’occhio a Motown, Phil tocircuito che porta a Dylan & The lità. Spector e space-rock. Un profluvio Band (senti I Guess I Planted), o Vuoi per reazione, vuoi per naturale di pianoforti, organi, synth, mel- capita che un testo particolarmente evoluzione, (Reprise lotron, clavicembali, percussioni, toccante (One By One) venga se- / Warner, 1999) va in una direzione cori ed effetti sonori da studio, in questrato a tempo indeterminato differente. Intanto, la band aveva un’esplorazione cinematica che si da Tweedy per una delle sue ballad dovuto fare a meno di Max John- allontana marcatamente dalle radi- più personali. L’album è un trionfo ston, avvalendosi del temporaneo ci folk per approdare in ultimo luo- (sarà tra i più venduti della carriera supporto di Bob Egan per gli intensi go a una formula personale di indie di Bragg, e frutterà ai Wilco la pri- tour post-Being There; ciò si risol- pop-rock; quello che, alla fine del ma nomination a un Grammy), tan- ve in un nuovo equilibrio, che vede millennio, un po’ tutti aspettavano. to da incoraggiare la pubblicazione Bennett condividere la direzione Il soul pop a passo di kraut di A due anni più tardi di un secondo vo- artistica con Tweedy. Il primo ha in Shot In The Arm - una hit planeta- lume - II (Elektra, mente di espandere suono e arran- ria, se solo vivessimo in un mondo 2000) - forse un filo inferiore ma giamenti, appoggiandosi largamen- più giusto – è già un traguardo in ugualmente riuscito, con i Nostri te sulle sue tastiere piuttosto che sé, cui sullo stesso versante fan- che provano nuove sonorità in Airli- su chitarre e strumenti tradiziona- no eco le varie I’m Always In Love, ne To Heaven e Secrets Of The Sea li dell’alt. country; il secondo, pur Can’t Stand It, ELT, Nothingseverg e Billy trova un nuovo inno alla sua provato dallo stile di vita on the onnachangeinmyway(again), Candy causa in All You Fascists. Aldilà del road, si concentra su una scrittura Floss; ad equilibrare l’esuberanza valore specifico, di per sé elevato basata sul forte contrasto fra me- di Bennett c’è sempre il lato oscu- - il gettare uno sguardo inedito su lodie solari e testi personali, in- ro di Tweedy e le sue indolenze

3 0 s e n t i r e a s c o l t a r e Lennon / Dylan: She’s A Jar, Via nuovi modi di vivere la musica (l’al- dell’entusiasmo per l’allora neona- Chicago, My Darling (orchestrata bum viene messo in streaming sul to side-project , insie- alla All Things Must Pass), How sito della band, con enorme suc- me a Kotche – contribuisce infine To Fight Loneliness, mentre a fine cesso), e ben disposto a seguire a smussare gli angoli, ad esaltare programma affiora qualche residuo la loro nuova direzione. Insomma, le melodie, a conferire lucentezza folky da Being There (la title track, è stato lo stesso Yankee Hotel Fo- (e non, contraddicendo la credenza In A Future Age). Ad essere sinceri xtrot a cambiare profondamente i popolare, ad enfatizzare il lato spe- Summerteeth soffre un po’ la lun- Wilco, trasformandoli nella band rimentale, cosa che invece voleva ga distanza, ma sarà comunque un che avevano voluto sempre essere: Bennett); come ha affermato di re- successo: Pitchfork lo gratifica con una band che ha qualcosa di - mol- cente Kim Gordon, “Jimbo” è il Jack un bel 9.4 e Greg Kot (critico del to - importante da dire, e soprat- Nitzche dei nostri tempi, e quel- Chicago Tribune, nonché biografo tutto lo fa secondo i suoi tempi e la su Yankee Hotel Foxtrot è una ufficiale della band) lo paragona i suoi modi. Facile intuire quanto delle sue migliori performance in addirittura a Pet Sounds. tormentato sia stato questo pro- questo campo. Tirando le somme, Troppa grazia, forse, ma è comun- cesso, basta guardare I Am Trying la magnum opus dei Wilco perpetua que un bel salto, soprattutto consi- To Break Your Heart (2002), il bel uno dei più celebrati miti del rock, derando l’incedere frenetico degli film in b/n di Sam Jones che docu- quello secondo il quale i traguardi eventi. Nell’arco di soli quattro anni, menta da vicino le fasi della lavo- più significativi si tagliano soltanto dal 1996 al 2000, i Wilco hanno di razione. Ma, aldilà di tutto, quello superando i propri limiti, allargando fatto compiuto un viaggio a ritroso, che contribuisce maggiormente ad al massimo le proprie possibilità, in una sorta di percorso di forma- alimentare ed insieme a rendere osando ciò che non era stato anco- zione attraverso l’esplorazione del- credibile l’aura mitologica sorta in- ra osato. Un risultato che premia la le loro radici: rock (Being There), torno alla band di Chicago a partire band e la colloca in una posizione folk (Mermaid Avenue), pop (Sum- da queste vicende, è la caparbietà di virtuale semi-onnipotenza, simil- merteeth). Con il nuovo millennio, che hanno mostrato sin dall’inizio mente a quanto successo ai Ra- è giunto finalmente il momento di nel perseguire il loro obiettivo. Che diohead nel post Kid A. ingranare la quarta e andare avan- era di creare il loro capolavoro, la In teoria, adesso dovrebbe essere ti. Più di tutti, se possibile. loro opera più ambiziosa: da qui tutto più facile. Macché: nonostan- l’altissimo investimento di energie te Yankee abbia elargito ai suoi au- I n a v a n t i e di aspettative, che hanno finito tori tutte le gratificazioni possibili Quando Yankee Hotel Foxtrot ar- per distruggere i vecchi legami - la (se si esclude una grana legale per riva nei negozi, il 23 aprile 2002, i vecchia identità - in favore di nuovi, l’uso non autorizzato di un campio- Wilco non sono più la stessa band più solidi e importanti. ne radiofonico - la voce che recita che, circa un anno e mezzo pri- Se il quarto album dei Wilco è un il titolo dei disco, tratta dal Conet ma, si era barricata nel suo nuo- trionfo in piena regola, una strage Project), il 2003 non è un bell’anno vo studio di Chicago, The Loft. Nel di critica e di pubblico in barba a per Jeff Tweedy. E’ anzi un periodo frattempo Ken Coomer è stato so- tutte le previsioni (in primis quelle piuttosto buio, che culmina in una stituito dietro i tamburi da Glenn dei dirigenti Reprise che, ascoltato disintossicazione dagli antidolorifici Kotche, si è aggiunto il poliedrico il master, avevano preferito scarica- assunti per combattere le emicranie e, soprattutto, alla fine re la band), non può essere che per croniche che lo assillano dall’infan- delle registrazioni Jay Bennett è la qualità della scrittura di Twee- zia, e che, insieme agli attacchi di stato cordialmente accompagnato dy (che produce alcune delle sue panico, erano divenute un enorme alla porta. L’amicizia che Tweedy migliori liriche); per il suono pro- ostacolo alla sempre più estensiva ha intanto stretto con Jim O’Rou- fondo e multidimensionale di ogni attività live. La band però è un tre- rke ha finito per condizionare buo- singolo episodio (ricercato in ogni no in corsa, non scivola dallo stato na parte di queste scelte, insieme dettaglio, e in questo va reso ono- di grazia in cui si trova, accumula al carattere dell’album stesso, di- re a Bennett); per il modo in cui la impulsi e (sana) tensione, per poi chiaratamente sperimentale (Bad vena sperimentale esalta il caratte- chiudersi in studio a lavorare insie- Timing dell’ex Gastr Del Sol pare re dei brani stessi, in un equilibrio me a O’Rourke, stavolta coinvolto abbia avuto un’influenza decisiva). miracoloso fra toni crepuscolari e sin dalle prime fasi di registrazione L’etichetta su cui si appoggiano non improvvisi raggi di sole, malinco- in qualità di membro aggiunto. è più la Reprise, ma la Nonesuch; nie folk e melodie pop, flussi di Questo rende (No- un incidente che, oltre a causare un noise&drones e arrangiamenti clas- nesuch / Warner, 2004) una sorta di significativo ritardo nell’uscita del sici. Ciò rende praticamente ogni gemello oscuro del suo predeces- disco, è un caso senza precedenti brano memorabile e per questo, sore, in possibile risposta a un al- nella storia della discografia recen- aldilà delle possibili ascendenze, tro dei miti del rock: quello secon- te: entrambe le label appartengono l’album non può che suonare solo do il quale le opere più tormentate alla stessa compagnia, la Warner. e soltanto come i Wilco. Il lavoro sono le migliori. Rispetto a Yankee, Il pubblico che adesso è pronto a in fase di mixing di O’Rourke - su- però, c’è qualcosa in più: nell’ur- celebrarne la consacrazione è un bentrato a Jay Bennett su espres- genza lancinante dei break elettrici nuovo pubblico, aperto, legato ai sa insistenza di Tweedy, sulla scia di At Least That’s What You Said,

s e n t i r e a s c o l t a r e   nei suoi crescendo, nella torrenzia- da concerti. E’ questa formazione a Here, le nostalgie seventies di You le (e immancabilmente younghiana) sei - quella attualmente in attività - Are My Face). Quella che suona è coda liberatoria, c’è tutto un mondo, che realizza il primo album dal vivo una band estremamente rilassata e una grammatica rock che si scom- dei Wilco, Kicking Television (No- sicura, affiatata e ispirata (Impos- pone e ricompone, per farsi pura nesuch / Warner, 2005), testimo- sible Germany, sinergia ideale fra espressione. Le canzoni si lascia- nianza di due homecoming shows a il songwriting di Tweedy e l’inter- no andare, sciolgono le redini alle Chicago del maggio del 2005. Un play del gruppo), che trova perfino emozioni, scorrono fluide in uno lavoro che centra l’obiettivo di far il momento di gigioneggiare con streaming che coinvolge momenti e fede alla reputazione che i Nostri le acquisite capacità tecniche (gli linguaggi diversi, come nel motorik si sono costruiti in oltre dieci anni, stacchi buffoneschi di Shake It Off, incessante di Spiders (Kidsmoke), spesi sui palchi di tutto il mondo in i mille cambi d’umore di Walken, le sue nervose interferenze elet- un neverending tour di dylaniana la pavementiana Side Of The See- triche, le sue improvvise aperture memoria, che fa dell’ascolto una ds), senza rinunciare alle urgenze melodiche. Una meravigliosa schi- benedizione per ogni fan che si espressive di un intimismo ancora zofrenia, in cui da un lato si radica- rispetti e per chiunque si avvicini sentito e accorato (, lizzano le velleità sperimentali (le all’universo di Tweedy e i suoi. Qui Please Be Patient With Me, What interferenze di Handshake Drugs e troviamo infatti un gruppo al mas- Light). La superficie resta calma, Wishful Thinking, il drone infinito simo del suo potenziale espressivo solo appena increspata da una lie- di Less Than You Think), dall’altro - le svisate alla sei corde del feno- ve inquietudine (la finale On And si accentua la classicità di scrittu- menale Cline (sentite come si insi- On And On). “Forse il sole oggi ra ed esecuzione, con un Tweedy nua tra le crepe di Company In My splenderà, le nuvole spariranno”, sempre più vicino ai vari Lennon, Back, o esalta i passaggi di Han- canta Jeff in Either Way. Già, forse. Young, Dylan, Parsons, Chilton, e dshake Drugs, o infioretta Ashes Of Con l’implicito azzardo che, con la il gruppo a seguirne con estro e American Flags con un solo di prima chiusura del cerchio, sopraggiunga inventiva l’inesauribile vena (i rag- classe), i colpi precisi e inventivi di anche la stasi della maniera. E’ un gi di speranza di Hummingbird, lo (memorabili i break rischio che – ne siamo quasi certi spleen indolente di Hell Is Chrome, in Via Chicago), i solidi groove e - i Wilco correranno coscientemen- le beffe rock di Theologians, le lu- le fedeli backing vocals dell’inos- te, per viverlo fino in fondo. E poi, centi tessiture di Muzzle Of Bees, sidabile Stirratt, le intessiture re- chissà, scongiurarlo. le schegge punky di I’m a Wheel, ciproche di Jorgensten e Sansone le carezze malinconiche di Com- - , alle prese con il suo repertorio “Devi imparare a morire, se vuoi pany In My Back, gli scherzi coun- migliore - in prevalenza da Yankee voler essere vivo” (da War On War, try di Late Greats), in un territorio e Ghost, con preziose concessioni 2002) tra folk, pop e rock che è solo loro. a Mermaid Avenue e Summerteeth, Nel suo quasi impossibile equilibrio più una Misunderstood stellare -, Provando a spezzarti il cuore: fra maturata esperienza e natura- in una celebrazione caparbiamente una guida agli extra le espressività, A Ghost Is Born è voluta e cercata. Se gli album principali non vi basta- il disco più sincero, reale e riusci- Un guardarsi indietro fisiologico e no e volete tutto - ma proprio tutto to dei Wilco, il capolavoro rock di necessario - perpetrato da Twee- - , può essere utile qualche indica- un’era in cui i due termini - “capo- dy in solitaria nel suo DVD live zione aggiuntiva. In primis, per un lavoro” e “rock” – non si incontrano Sunken Treasure (Nonesuch / maggiore approfondimento storico- più tanto facilmente. Warner, 2006) -, che però vive della biografico, c’è da procurarsi il libro consapevolezza del qui e dell’ora. di Greg Kot Learning How To Die Tornare a casa Sky Blue Sky (Nonesuch / Warner, (2004, non ancora tradotto in italia- Buona parte del successo dell’al- maggio 2007 - recensito su SA # no, reperibile su Amazon.com); uno bum (un altro plebiscito di critica 31) è l’album del definitivo ritorno sguardo a fondo sulla vita di Twee- e pubblico, che frutterà ai Wilco a casa; manco a dirlo, un altro mito dy, le difficili dinamiche interne alla il primo posizionamento in top ten caro al rock, come insegna Mr. Zim- band, i lunghi tour, gli eventi cru- e il primo Grammy) è dovuto a un merman. Mai come oggi la musica ciali culminati nella realizzazione affiatamento sempre maggiore al- dei Wilco punta dritto al cuore del- di Yankee Hotel Foxtrot. A questo l’interno della band, resa ancora l’America, a Memphis, al Big Pink proposito, come già indicato sopra, più stabile dall’innesto del piano della Band, a Blood On The Tracks, il film di Sam Jones I Am Trying di Michael Jorgensten. E se poco in un lievemente dimes- to Break Your Heart è una visione prima della release di A Ghost Is so, ma capace tuttavia di scossoni fondamentale, tanto nell’illustrare i Born il prezioso Leroy Bach si è sotterranei e profondi. Esaurita na- progressi nella lavorazione del di- perso lungo il cammino, al momen- turalmente la propulsione in avanti sco, quanto nel fornire un ritratto to di ripartire in tour subentrano il e tutte le tensioni ad essa legate, intimo e crudo del gruppo dall’inter- polistrumentista e il resta solo spazio per cantare la se- no. Un’ideale via di mezzo fra Let guitarist extraordinaire , renità del presente, ed esprimerla It Be (gli scazzi fra Tweedy e Jay due acquisti che fanno del gruppo in un linguaggio il più familiare pos- Bennett ricordano quelli storici fra di Tweedy una micidiale macchina sibile (la classicità soul di Hate It McCartney e Harrison) e Meeting

3 2 s e n t i r e a s c o l t a r e People Is Easy dei Radiohead (vedi album finora pubblicati da Drag Yankee Hotel Foxtrot e A Ghost l’uso del bianco e nero, l’alternanza City, l’omonimo Loose Fur (2003) Is Born, entrambi scaricabili dal interviste / live); l’edizione in DVD e il recente Born Again In The sito della band una volta inserito beneficia di un bonus con scene U.S.A. (2006); sperimentale e dila- il cd nel computer (in alcuni paesi tagliate e brani extra. Restando in tato il primo, più rock e classico il sono stati rilascianti anche come tema, il documentario del 1999 Man secondo. Anche se è indubbiamen- supporti fisici). Il primo, conosciu- In The Sand racconta in maniera te il più famoso, avendo beneficiato to come , in- analoga il progetto Mermaid Ave- della scia di hype seguita a Yankee clude fra le altre cose un’alternate nue, ruotando però maggiormente Hotel Foxtrot, Loose Fur non è take di Kamera e un primo tentativo attorno alle figure di e l’unico side project di Tweedy. Già su Handshake Drugs, mentre il se- di Nora, la figlia di Guthrie. nel 1996, sotto lo pseudonimo di condo, accanto ad alcune rese live In attesa di un DVD live della band Scott Summit, aveva partecipato a di brani di A Ghost, regala le ine- (vista la cancellazione per problemi Down By The Old Mainstream, il dite Panthers e Kicking Television tecnici di quello tratto da Kicking primo album dei , su- (possibilmente il brano più sporco Television), il già citato Sunken pergruppo informale composto da realizzato dai Wilco). Solo per ir- Treasure rende già un ottimo ser- membri di Jayhawks e Soul Asylum; riducibili il Wilco Book del 2004, vizio, raccontando cinque date del una gradevole collezione di canzoni oggetto da collezionismo fra i più tour di Jeff Tweedy nel febbraio oscillanti fra alt. country e classic ambiti, con artwork realizzato dal- 2006. E’ il miglior modo per gustarsi rock, bissata nel 1998 con Weird la band, interviste, saggi, poesie e ogni sfaccettatura della personalità Tales (Jeff ha partecipato in misura un cd di inediti risalenti al periodo del leader dei Wilco, ora divertente minore anche a Another Fine Day fra Yankee e Ghost. Da segnalare e cordiale, ora feroce e sarcastico, del 2006). Dello stesso tenore è la infine il recentissimo documentario ora intimo e riflessivo; le esibizio- collaborazione a Down With Wil- di Christoph Green e Brendan Can- ni, che in alcuni casi vedono la par- co (appunto), album del 2003 dei ty dei Fugazi (già autori di Sunken tecipazione di Nels Cline e Glenn Minus 5 di Scott McCaughey che Treasure), Shake It Off, pubblicato Kotche, attingono anche dal reper- vede i Nostri in fase di co-scrittura come DVD bonus nella edizione de- torio di Uncle Tupelo e Loose Fur. ed esecuzione di alcuni brani; un luxe di Sky Blue Sky, che racconta In merito a quest’ultimo progetto, bell’esercizio di pop-folk con forti la gestazione e realizzazione del che – ricordiamo - vede in azione fragranze Beatles e Big Star. disco tramite ricche interviste e di- Tweedy insieme a Jim O’ Rourke e Per concludere, alla categoria fans versi clip della band in studio. lo stesso Kotche, segnaliamo i due only, troviamo i due bonus EP di

s e n t i r e a s c o l t a r e   turn it on

Art Of Fighting – Runaways (Remote Control Records, aprile 2 0 0 7 ) Genere: slow-core Art Of Fighting. Che buffo nome per una band che fa della malinconia e della delicatezza i propri principi esistenziali, i quali, del combattimento, sono la più vivida negazione. Paradosso questo che già era emerso posi- tivamente dai primi due album della band australiana: Wires (2001) e Se- cond Storey (2005). Entrambi distribuiti in Europa in netto ritardo rispetto alla loro pubblicazione in madre patria. Stessa cosa sembra avvenire an- che per Runaways: per ora distribuito, fuori dai confini nazionali, soltanto in Giappone. Disinteresse incomprensibile dato che qua (come anche per i primi due album) ci troviamo tra le mani un delicato tesoro da proteggere. Non certo da trascurare. C’è l’oceano in queste canzoni. C’è tutto l’oceano che hanno dovuto attra- versare per arrivare fin qua da Melbourne, Australia. Onde lunghe che si alzano e si abbassano lentamente, che si propagano delicatamente da quello stesso centro che fu originato dalla prima nota che i mai dimenticati Red House Painters fecero cadere solennemente in quel mare di calma. Infatti, è lo stesso principio di base, la lentezza, a segnare il passo di queste undici canzoni, fra trame chitarristiche in crescendo, nostalgiche note di piano e una voce che da sola riesce a entrare sottopelle con struggenti melodie mai banali. È proprio quest’ultimo elemento il valore aggiunto degli Art Of Fighting; ciò che più rende la loro formula originale rispetto alla classica definizione di slow-core. La voce di Ollie Browne, un umbratile incontro tra Chris Martin e Andy Yorke (il leader dei misconosciuti Unbelievable Truth e fratello del più famoso Thom) ha il potere di ridestare antiche melodie struggenti che ci sembra di conoscere da sempre. È proprio questa sfumatura pop del cantato, intessuta in un dilatato contesto strumentale molto curato, a rendere la loro musica così suggestiva- mente spontanea, naturale e onesta. Ma, non per questo banale. Immaginate i Coldplay, spogliati di ogni orpello commerciale, sprofondare nel lento incedere dei Red House Painters ammiccando alla leggerezza stilistica dei Bedhead più delicati. Ciò che ne viene fuori sono struggenti introspettive: tanto immediate nella loro melodica epifania, quanto penetranti per la loro ricercatezza compositiva. Canzoni come Misty As The Morning e Territories ci avvolgono candidamente movendosi in punta di piedi tanto è dolce e raffinata la loro tratteggiata traiettoria. Certo, non mancano episodi più incalzanti (Mysteries) o più sbarazzini (Ride After Ride – cantata dalla bassista Peggy Frew), ma tutto ciò suffraga ancor più la completezza dell’album. Un disco profondamente leggero. Fatto di onde. Onde lunghe che cullano, che rilassano, che sussurrano delica- tamente che l’oceano è fatto per incontrare la terra, la costa, la sabbia. “I don’t know where I’m going / some- where where the water meets the land” (Sycamore And Sand). (7.5/10) Andrea Provinciali

3 4 s e n t i r e a s c o l t a r e e ok la morale, però vederli (ve- chi a tinte pastello e percussioni derli-ascoltarli assieme) fa effetto, caldissime. aggiunge quel tocco in più, proprio Un progetto che confina con l’am- come il loro scarto musicale rispet- bient, ma che in più costruisce un to alla tradizione, umile e rispetto- ponte sullo stretto che divide il pal- so assieme (accade per dire nel bel co dei teatri dal rave, la classicità lavoro ritmico di Barnes su Zozobra dalla ‘sporcizia’ imperfettamente e in tanti altri anfratti). Tutto som- voluta del glitch, quegli azzardi che mato, visto il prezzo speciale del si intravedevano nei miscugli off- cofanetto un pensierino ce lo farei jazz di Amon Tobin e nelle notti (7.0/10) open air degli Orb. La lezione del- Edoardo Bridda l’ormai sepolta new age ritorna qui con il suo unico punto di forza: mu- A Hawk And A Hacksaw And The sica come meltin’ pot tra idealismo Hun Hangar Ensemble - Self AA. VV. – Shut Up And Dance! da studio e anima (ovviamente) Titled (CD+DVD, Leaf / Wide, 7 Updated (Ostgut Ton / Family black. (6.7/10) maggio 2007) Affair, 29 maggio 2007) Marco Braggion Genere: folk dell’est Genere: electro ballet e balcani assortiti L’electro si insinua sempre di più Il doppio formato CD più DVD do- nel panorama della musica con- AA.VV. – Rumble In The Jungle cumenta sia il meglio della collabo- temporanea classica. Come già (Soul Jazz / Family Affair, 10 razione del duo con l’Hun Hangar l’anno scorso avevamo assistito m a g g i o 2 0 0 7 ) Ensemble - un quartetto di musici- all’eccellente tributo della Genere: -jungle sti folk ungheresi per i quali Jeremy Sinfonietta su Warp, e come in Ogni compilazione della Souljazz Barnes ha letteralmente perso la te- questi giorni abbiamo visto il guru è un saggio sociologico sugli usi, sta - e un documentario celebrativo Stockhausen inserito nel program- consumi, comportamenti e conse- per la serie: un’introduzione agli A ma di Dissonanze insieme ai Boo- guenze del periodo musicale preso Hawk And A Hacksaw come filoso- ks o ad altri alfieri del glitch, così in esame. Meglio di qualsivoglia fia di coppia e vita on the road. questa produzione tedesca ci ripor- testo scritto, Rumble In The Jun- La parte audio non offre grosse ta sul palco (del balletto). Insomma gle ripercorre l ‘age d’or del ragga sorprese: è molto est-folk (zone di al dancefloor ‘per intenditori’. jungle, una conseguenza del break- riferimento dichiarate: ovviamen- Le musiche raccolte per l’esibizione beat (cioè l’antitesi della cassa in te Ungheria ma anche Romania, dello Staatsballet di Berlino sono quattro propria dell’house e della Serbia e Klezmer) con metà brani piacevolmente distanti dall’immagi- disco) nata nel primo lustro dei ’90 traditional e l’altra fatta di compo- nario del balletto post-romantico e nella Londra post-rave. sizioni originali spartite equamente starebbero bene in qualsiasi com- Una musica, la jungle, proibiti- tra le due formazioni. La parte vi- pilation della Raster-Noton o della va da ballare perché asincrona deo invece è una narrazione este- ~scape: paesaggi glitch siderali, e monca ritmicamente, nevrotica tica: nessuna intervista o parlato costruiti sul suono e sull’effetto come l’hard-core ma con più funk durante i suoi venti minuti, soltanto minimal-techno, sonorità post-dub, nel DNA, malleabile a tal punto da un occhio che cattura una mancia- discussioni al limite del minimal permettergli - nel 1994 circa - l’in- ta di live in mezzo alla gente (al- sinfonico. L’innesco di nsi., ad contro con l’evolutivo rhyming del cune curiose tappe con degli indie esempio, ci fa intravedere attraver- : il ragga. kid che non sanno se pogare op- so tendaggi di arpe(ggiatori) cosa In Rumble In The Jungle troverete pure no) e alcuni backstage (primi potrebbe diventare il chill-out dopo il meglio di quel periodo, dai Ragga piani della bella Heather, Jeremy l’incontro con la techno misurata di Twins (Flinty Barman e Demon Roc- che tamburella virtuoso, l’acquisto Pole, la mistica progressive post- di un cappello con i campanellini). Tangerine Dream di Âme riattua- La forza di queste riprese sta nel lizza il suono electro-krauto degli mood e soprattutto nell’abilità del anni 80 e lo riporta a nuova vita, regista di raccontare l’interazione prato perennemente fiorito di beat tra i due musicisti americani (uno in crescendo su pattern per nostal- che sembra più un meticcio e l’altra gici dei sequencer Amiga. Luciano dai lineamenti franco-angloassoni) ritorna per qualche momento ai vo- nel contesto trad-folk con il quale coder del Tour De France kraftwe- hanno deciso di sposarsi. C’è de- rkiano, mentre la conclusiva Sym- terminazione, semplicità e umiltà phony For The Surrealists è una nell’approccio verso musiche così splendida ninna nanna à la Satie, lontane dalle proprie radici e abi- un piccolo gioiellino mozartiano tudini di vita, e ok la musica unisce fatto di glockenspiel filtrati con ar-

s e n t i r e a s c o l t a r e   kers, due mc dello Unity sound-sy- fidenza, incoraggiati dall’appeal acidi, puro underground londinese. stem) di Ragga Trip, Tan So Back e melodico di Fabio Orsi (Sometimes Un disco registrato in presa diretta, Illegal Gunshot ad Asha Senator di The End Of Something), dagli am- veloce, senza un momento di pau- One Bible, dai Shut Up and Dance miccamenti al glitch-pop di Mark sa, pieno di colpi di scena che van- (Philip ‘PJ’ Johnson e Carl ‘Smiley’ Hamn (The Passenger Of A Little no dai più noti Skream e Hatcha Hyman) di No Doubt sino ai clas- alle produzioni di adepti conosciuti sicissimi incredible di M Beat With nei forum. Il dubstep diventa così General Levy e Original Nuttah di l’unico luogo dove si possono me- Uk Apachi & Shy Fx. Tutto ovvia- scolare le anime deluse dall’invec- mente da ascoltare (resistendo chiamento degli Asian Dub Foun- nel ballare) sfogliando l’esaustivo dation e dalla scomparsa di una booklet incluso nella confezione. possibilità di musica rap/black di (7.0/10) protesta post-Public Enemy. La Gianni Avella soluzione sta sotto gli occhi di tutti: come l’hardcore ha sbancato ne- gli anni ‘80 - uscendo di fatto dal- AA.VV. – Trees In The Attics. l’anonimato della provincia o della An Homage To Hundertwasser cerchia delle fantine - grazie alla (Akoustic Desease, aprile coerenza e all’attitude, così oggi il 2 0 0 7 ) dubstep può esplodere come unico Genere: avant-folk, drone Summer), dalla neniea stralunata di stile meltin’ futurista (miscuglio che music, psichedelia A Man & A Guitar (Monkey On The eleva il soul del dub all’astrazione Che abbiano le sembianze di colla- Moon), dagli ultimi contatti con il della macchina glitch) grazie alla ge dada (quelli di (etre) e Donato rock di (VxPxC), anche con propo- dedizione di una stretta cerchia di Epiro) o di semplici folk ballad (il ste più ostiche ma dotate di grande accoliti che spingono verso il nuovo napoletano K-Conjog); che profu- fascino (Valerio Cosi, Seth, throu- senza dimenticare le radici profon- mino di Oriente (lo scontro tra il Roof). Trees In The Attics va dun- damente black. sax di Valerio Cosi e la chitarra di que visto più come manifesto firma- Questo disco riconferma la statura Wilson Lee a nome Cold Solemn to, alla vecchia maniera, da artisti e l’unicità della Tempa. L’etichetta Rytes In The Sun, il progetto Brad uniti da una sensibilità comune, di riferimento per il genere non in- Rose/Micheal Donnelly Alligator che come prima vera e propria usci- volve su schemi ritriti, bensì apre Crystal Moth) o si sporchino di ru- ta; più come comune dichiarazione ad ascoltatori e DJ sempre più more (Die Stadt Der Romantische d’intenti che come documento d’ar- giovani, aperti a sonorità diverse Punk, Jukka Reverberi in libera chivio. Ciò precisato, non resta che (vedi il reggae/ in Bur- uscita dai Giardini di Mirò); che sia- rallegrarsi per la nascita di un’eti- nin’, la techno misskittinesca in no bozzetti di psichedelia sognante chetta audace come la Akoustic De- Alright What’s Happening o il roots (il collettivo Stonebaby) o divaga- sease. (7.3/10) in 50,000 Watts, tanto per citarne zioni improvvisate (il giovanissimo alcune) . Sicuramente una delle terzetto bergamasco dei Clan), i Vincenzo Santarcangelo compilation dell’anno, un album per brani della compilation inaugurale capire dove sta andando Londra, e Akoustic Desease condividono tutti AA. VV. – Dubstep Allstars Vol. quindi dove sta andando la musi- con il pensiero – o meglio sareb- 5 Mixed by N-Type (Tempa, ca post-club. Dopo questa nuova be dire la poetica – di Friedensrei- m a g g i o 2 0 0 7 ) affermazione possiamo considera- ch Hundertwasser afflato mistico e G e n e r e : d u b s t e p re la Tempa come la nuova Trojan. suggestioni teoriche, trovando dun- La quinta compilation su Tempa per Senza esagerare. (7.0/10) que nella dedica al grande archi- riconfermare lo stato dell’arte dub- tetto, pittore e pensatore viennese step. Se le precedenti quattro era- Marco Braggion il comune denominatore - di certo no incentrate su una cupezza e una molto più che un semplice prete- sorta di deriva dark, quest’ultima Alexander Robotnik – My sto. vuole affermare di prepotenza l’esi- La(te)st Album (Hot Elephant Trees In The Attics è uno sguar- stenza di una scuola, vuole far con- Music / Audioglobe, 8 aprile do rivolto dall’Italia alle sorti di fluire il genere in una classicità or- 2 0 0 7 ) un movimento artistico difficile da mai doverosa, ma nel contempo ci Genere: acid italo house immortalare perché in un momen- fa intravedere quella che potrebbe Visioni acide in salsa novanta. Echi to di massima crescita. Lo scotto essere in fondo già una new wave house. Ritorna prepotentemente il da pagare è dunque per certi versi post-grime, ricca di spunti “altri”. clubbismo sensual/robotico, mac- quello di dover fare i conti una sca- L’impresa di un’enciclopedia del mix china di desiderio antiedipica della letta (composta da ben 18 brani di nu-dubstep viene affidata alle mani generazione post-techno-trance. La artisti diversi) che può disorienta- e ai giradischi di N-Type, giovane presenza di un marchio italo come re, soprattutto ad un primo ascolto. maestro della scena, appassionato quello di Maurizio Dami è un ge- Ma non sarà difficile prendere con- collezionista e miscelatore di suoni sto fugace ma intenso, uno strappo turn it on

The Clientele - God Save The Clientele (Merge, 8 maggio 2007) Genere: dream/pop Questo disco - il terzo vero e proprio per la band dell’Hampshire - s’intitola come ogni recensione, credo, dovrebbe concludersi: Dio salvi i Clientele. Già. Non fosse che per la cocciutaggine con cui portano avanti la loro ossessione/visione. L’amore sconfinato per lo psychopop onirico dei tardi sixties, quel perdersi nelle caligini di un’inquietudine emotiva che all’inizio sembrava solo un ottimo espediente e invece si è rivelato negli anni ca- novaccio inesauribile, matrice di variazioni sul tema ancora oggi - ancora una volta - convincenti. Accolta in formazione la tastierista e violinista Mel Draisey, forti dell’ac- corta produzione di Mark “Lambchop” Nevers e degli arrangiamenti or- chestrali dell’anglo-francese Louis Philippe, i Clientele ci propongono dunque quattordici canzoni che scendono a patti col loro tipico spazio- tempo raggelato, luogo-non luogo del cuore e della mente, soul brumosi dalle strane sbavature psych (I Hope You Know), folk ectoplasmatici tra incantesimo e allucinazione (No Dreams Last Night), struggimenti fantasma da antichi adolescenti (il chamber pop tra Bee Gees e Left Banke di Isn’t Life Strange?) e brevi soundtrack per miraggi trafelati (il boogie acido di The Garden At Night, il palpitante errebì di The Dance Of The Hours). C’è la sensazione che MacLean e soci abbiano raggiunto in contemporanea l’equilibrio delle forme (vedi le im- prendibili sovrapposizioni vocali, il contrasto tra i turgori del basso ed il luccichio di tastiere e chitarre, la sfug- gente cremosità degli archi) e la maturità della scrittura, al punto che persino i momenti più “automatici” sembra- no colti dalla scatola dei sogni, si tratti dell’inquietudine obliqua di Somebody Changed, del carezzevole languore di Dreams Of Leaving, della sierosa malinconia di Here Comes The Phantom, delle ombre a folate sul cuore di Winter On Victoria Street… C’è anche il valore aggiunto di una The Queen Of Seville che insegue gli abbandoni desertici dei Mojave 3 e quella Bookshop Of Casanova che sbruffoneggia con piglio quasi dance, a ribadire che sarebbe l’ora di allargare la cerchia dei consensi. Se lo meriterebbero, e farebbe un gran bene al beneamato pop. Pertanto: Dio salvi i Clientele. (7.3/10) Stefano Solventi

s e n t i r e a s c o l t a r e   della tela house, una prova di for- in qualsiasi party. Grazie Alexander emo-step tutta da approfondire. Ne za, un esserci a priori, un segnale per la colonna sonora dell’estate. A sentiremo ancora delle belle dal che passa attraverso le avvisaglie presto, sperando che non sia l’ulti- formicaio Anticon. (7.0/10) già prepotentemente annunciate mo. (7.2/10) Marco Braggion dalla Scuola Furano (sia negli al- Marco Braggion bum che in podcast) e da quell’edo- nista del suono techno di Tomboy: Alias – Collected Remix (Anticon il futuro è già stato. Noi siamo qui / Goodfellas, 15 maggio 2007) a rimasticarlo, a riviverlo eterna- Genere: glitch-hop emo-step mente. Si faceva presto a dire hip-hop. Prendete il vocoder infagottato di Oggi che il tutto è sfumato in uno We Love The Music che più Daft smog post-nucleare dopo lo scop- Punk non si può (catapultato nel ri- pio delle bombe cLOUDDEAD, Su- cordo utopico di Giorgio), il ricordo btle e Radiohead, le coordinate balearic post-tendentia di In A Po- che tradizionalmente ci legavano al sitive Mood, una lacrima di scuola genere si sono allargate in un inti- Photekiana in Addio Addio mediata mismo soul che non attinge più solo da visioni progressive (questo si- alla protesta black, ma che scava gnori e signore, è il singolo strap- nell’electroemo di casa Morr (un palacrime che non tarderà a figu- nome per tutti: Lali Puna). Se pro- rare nel prossimo DJ set di Miss prio vogliamo fare i pedanti, il tutto Almandino Quite Deluxe – Kittin), il ritorno a una concezione viene anche da più lontano: dalle Violent Potato (Wallace-Bar La europeista (la soffusissima e ipno- crepe che gruppi come Tortoise, Muerte / Audioglobe, maggio tica A Coffee Shop In Rotterdam), il Fugazi o This Heat hanno causa- 2 0 0 7 ) detroitismo 808-303 di Dublin-Flo- to nella forma quadrata del rock(/ Genere: noise-garage- rence-Siena e di I’m Getting Lost blues); ma questa forse è un’altra b l u e s - c o r e In My Brain che richiama inevitabil- storia. Un altro duo? Solo chitarra e bat- mente il guru Phuture. Già con le precedenti produzioni, teria? Un lui (He) e una lei (She)? Ma non solo ricordi: qui c’è anche Alias ci aveva abituato alla raffi- Ci sarebbe da spararsi in bocca, il minimalismo krauto di You Are natezza e all’eclettismo, evadendo se in basso a destra non ci fossero Fesh! (un richiamo alla collabora- momentaneamente dal genere, cer- dei loghi familiari; il primo è quello zione con The Hacker), l’eccessi- cando piani multipli su cui scivola- col faccione da reminiscenza cine- vità provocatrice post-rave di My re, rivoluzionando l’ormai obsoleto matografica, l’altro quello del bar Battery Is Low e un gusto per la hip-hop. In questa raccolta di remix post-apocalisse più amato dagli melodia che pervade tutto il lavoro ci ripropone la sua versione dei fat- italiani. del produttore italiano, ormai giunto ti. Il suo gusto così raffinato colpi- Signori e signore, from Bologna, all’agognata (?) maturità (prendete sce subito dalle prime note: la sem- Tennesse…Almandino Quite Delu- ad esempio i crescendi onirici del- plicissima pop wave mèlo di What xe! l’incipit Disco Sick). Da consigliare You Gave Away, il glitch di chitarre Un duo minimale nella strumenta- anche a chi non bazzica per disco- distanti come un’inquadratura di zione e grezzo fino al midollo, fie- teche o club. Un lavoro che segna Wenders in Marsh of Epidemics, il ramente lo-fi e con una idea fissa uno standard imbevuto di tutto vago sapore björkiano in Alienation in testa: far sembrare Bologna un quello che è successo e che suc- e lo splendido drone che riattualiz- pezzo di America. E il bello è che cederà. Un disco house orchestra- za Given Ground. Ovviamente il rit- ci riescono pure, nascosti dietro to con una maestria che fa scuola. mo è sempre la base solida su cui le loro belle maschere da wrestler Impossibile resistere all’head(/ass) costruire la visione, ma la continua che donano un ulteriore tocco di banging(/shaking). Da consumare variazione con effetti onirico-glitch, straniamento alla destrutturazione rende la passeggiata adatta anche del corpo morto del rock, frantu- a chi non è solito camminare sui mato con attitudine garage-punk e carboni ardenti del grime (vedi lo ridotto a esangui brandelli di blues stupendo medley Karmic Retribu- distorto. tion/Funny Sticks o la cupa Clue). In questi nove brevi pezzi prodotti Un percorso che avanza un’ipotesi da sua maestà Jim Diamond (Dirt- di nuovo dubstep, mescolando la bombs) in quel di Detroit, i due ma- lezione dei maestri della Tempa e cinano blues-core con la grazia dei nel contempo aprendo su armonie Pussy Galore, ovviamente, ma an- nordiche che riportano sul piatto che rock’n’roll d’annata alla Cram- l’intera produzione post-ambient ps (Witch Affair), schegge di gara- della Type. Un modo per uscire ge lo-fi (Big Match), slide-guitars dalle paludi del grime: la variante sparate a mille su giri psychobilly.

3 8 s e n t i r e a s c o l t a r e Il risultato finale è quello che ogni Beninteso, non ci sono che (pochi) Bubbles (con Ellen Allien). Dunque vero amante del rock si auspica: accompagnamenti vocali e mai te- esce Walls, terzo lavoro in proprio rendere i White Stripes un grup- sti, come dire che dalla campagna sulla lunga distanza, summa delle po adatto solo ad un pubblico di ci s’addentra in silenzio nel bosco esperienze accumulate in tre anni fighetti in calore. Dopotutto questi (Hilli) ad ammirar le stelle (Boga) e trascorsi tra decine di apparizioni due dichiarano esplicitamente in un senza andar troppo lontano. Hildur live e collaborazioni a vario titolo. pezzo di essere proud to play loud. Ársælsdóttir, Edda Rún Ólafsdót- Un lavoro distante – ma non troppo (6.8/10) tir, Maria Huld Markan Sigfúsdót- – dalla joint venture con Mrs Bpitch Stefano Pifferi tir e Sólrún Sumarliðadóttir (dove Control (un remember esplicito sol- quel dóttir che trovate sempre nei tanto nei Fractales n.1 e n.2), e una cognomi islandesi vuol dire “figlia collezione variegata tanto quanto lo di”, quindi figlia di Sumarli, di Olafs staff che ha concorso a realizzarla. ecc.), cercheranno di far compren- Il missaggio è affare di Josh Eustis dere alle generazioni nate dai Set- dei Telefon Tel Aviv (una presenza tanta che il magico è questione di che si fa sentire), l’arrangiamento volerlo vedere? Che basta poco e agli archi di Kathrin Pfänder e Lisa non servono i cartoni giapponesi e Verena Stepf, la batteria è di Jörg nemmeno Candy Candy? Ne pren- Wähner (in Halo e When) e le par- diamo atto: difficile e coraggioso ti vocali della vecchia conoscenza emozionare con queste premesse Raz Ohara (Hailin From the Edge, e Amiina poi non è poi così ebete: Over And Over) e dello stesso Ring tinge paesaggi oltre il bucolico con che si cimenta in Arcadia e Birds Lori per dire – tastiere, campanel- (quel falsetto che pare a metà tra lini, batteria rullante e spezzata Thom Yorke e Chris Martin). C’è – s’incammina per calle tra fumi e molto pop soulfull e di facile pre- Amiina – Kurr (Ever / lanterne, in Blafeldur, intona una sa (la sincopata Hailing From The Audioglobe, 19 giugno 2007) fanfara triste come di addio ai propri Edge, e il funk di Holden), e pure Genere: chamber folk, pop cari. Insomma, non è proprio il caso abbastanza indietronica cameristi- Un quartetto d’archi islandese, di di fare i cretini, anche se qualche ca. Una proposta furba per un pub- Reykyavik e dove sennò? Formato da sole ragazze, qui la novità. Una cosina un po’ così così c’è (Sexal- blico a digiuno di scene scandinave gavetta a fianco degli innominabili dur). Questione di voler vedere il con un tocco Apparat a salvare ogni neo quando c’è un metro e mezzo livellamento. di Takk e poi via, a tre anni di di- stanza dal varo, il marchio Amiina di pelle chiara come il latte però. Altrove la classe sta in certi stru- è una realtà e non suona proprio Che poi, volete mettere con quelle mentali dal buon gioco di voci (Li- uguale ai nomi che non si posso- pizze della Resonant? (7.0/10) melight), in scenari dalle timbriche no dire (più). Anzi, pensate a quel Edoardo Bridda oramai caratteristiche (i citati brani vecchio fantasma per trentottenni con Ring alla voce) e in una bella canzone come Headup (tra i Tele- chiamato Penguin Café Orchestra Apparat - Walls ( S h i t k a t a p u l t , fon Tel Aviv e le stelle). Certamen- e calatelo nel mondo delle produ- maggio 2007) te Orchestra Of Bubbles è una di zioni bedroom di questi anni (Ru- Genere: electro IDM quelle esperienze che non si ripe- gla). Pensate a Jens Lekman cuor Anche esibendosi in un piccolo tono, eppure Walls – che fa comun- di panna e rugiada Patrick Wolf e club, dal vivo, Apparat è un’espe- que storia a sé – rappresenta il pa- fateli evaporare un po’ con l’accen- rienza. È uno in grado di trasportar- tchwork di una personalità curiosa dino. ti in uno show potente, magari un dal grande talento. Il rammarico è In pratica, le ragazze fanno cham- po’ Novanta ma con un’efficacia da per quel coraggio che forse è man- ber music fatata vicina alle Coco- Orbital o Faithless. Scarsissime le rosie ma più umile: una tastierina concessioni alla cassa dritta (o al zucchero a velo e un bel po’ di suo- suono quadrato di Detroit e certe nini da mondo delle favole (xilofoni scuole berlinesi) piuttosto un amal- e glockenspiel), fiammelle ad arco, gama pastoso, vivido, aleatorio, nu- gelatina di chitarrine e una marea trito sapientemente a tastiere IDM di altri oggetti sonori, espedienti- e ritmi sincopati, iniezioni electro ingredienti di un qualcosa a metà e sapori dancey. Un ballo coprota- tra il magico-Newsom e il déjà-vu gonista in scenari multiformi dun- di genere. Un album che pare pen- que, dove prevalgono aspetti sot- sato elettronico e suonato acusti- tilmente psicologici e architetture co. Una collezione di tracce che bio-dinamiche, caratteristiche che sa essere dotta ma alla formalità su disco sono sposate a un dia- preferisce una sottile riscoperta del logo maggiormente mediato, bella- folk purista dei Settanta (Kolapot). mente sublimato in Orchestra Of

s e n t i r e a s c o l t a r e 3 9 cato. La prossima volta lo vorrem- casa) non funzionano, idem le sce- mo in proprio al canto e chissà… nette off di St Pauli (inedito presen- (6.8/10) te anche nel DVD) che poteva es- Edoardo Bridda sere un hit, o le forzature stilistiche di Sound of Summer. In sostanza, il guaio di It’s a Bit Complicated Art Brut - Talking To The Kids è quello di non fare bang. Quel mi- DVD (Cargo / Goodfellas, 22 sto di ruvido unito a quelle dozzine maggio 2007) di strofe genialoidi…are possibly It’s A Bit Complicated (Mute / gone. (6.4/10) EMI, 19 giugno 2007) Edoardo Bridda Genere: cockney brit pop Facciamoci un ricamo: proprio come Artanker Convoy – Cozy i King Kong nella Louisville del Endings (The Social Registry / post-rock, gli Art Brut sono i gioco- Wide, 19 giugno 2007) lieri del revival post-punk (o emul Genere: funk-dub, psych rock rock) di questi anni virtual-citazio- Sexy come l’immagine di coper- nisti, e in mezzo a tanta serietà un Kids (peraltro altra frase memo- tina del disco, curati nel dettaglio saltimbanco di corte ci sta sempre rabile e miglior sintesi sfottò so- con perizia infinita, i brani di Cozy bene, anzi, alle volte è capitato ciologico di sempre). Ok. bisogna Endings vivono, come tutti quelli che proprio lui fosse il più umano parlare del nuovo disco ora, prima scritti sinora dall’Artanker Convoy, e persino il più geniale. Dunque, al un veloce commento sul discorso della loro funzione deittica - sono pari dei ragazzi zappiani d’oltrea- video: “fans only” per la serie: me- segni, cioè, il cui ruolo è quello di tlantico, la band del baffuto Eddie glio pagare il biglietto e andarseli esibire mostrare indicare. Musica Argos ha condiviso un format di fe- a vederli live che guardare il buio ornamentale - senza alcuna nota lici sketch nonché un certo cinismo concerto di Colonia in TV, quattro di biasimo critico - che stavolta per le pratiche del pop. Al contrario video streamabili da YouTube e un ha il compito di richiamare l’atten- loro però, gli Art Brut sono stati an- paio di anonimi show-case per te- zione del pubblico sulle immagini che un fenomeno. Per dire il por- levisioni tedesche. E allora com’è dei videoartisti del collettivo MUX tale Pitchfork ha votato Formed A questo sophomore? It’s a Bit Com- - già al lavoro presso Transcultu- Band come singolo dell’anno, Spin plicated è più coeso e meno punk, ra, l’Electricculture di Chicago, dice che sono la migliore live band meno angular e più assoli USA, un l’Electronic Visualization Labora- del pianeta ecc. E sarà questo fare album senza Kane e senza Guns tory, l’Università dell’Illinois. L’ope- un po’ da Mark Smith da comizio con un Argos comunque al centro ra in sé consisterebbe dunque, a applicato allo sberleffo del kid lon- della scena dove non mancano al- rigore, nel dvd curato dagli artisti dinese, il fatto che Ed canta come cune zampate niente male. e dallo stesso Artanker, in una se- se avesse perennemente 17 anni, Nell’ariosa opener Pump Up The rie, cioè, di nove video che alter- quel suo posare stolto, forbito e Volume ad esempio c’è uno spas- nano astrattismi ed esperimenti deficiente (la memorabile rima Mor- soso incontro a due, Argos e la optical art ad immagini di esibizioni rissey/Ennessey…). Sarà. Ma visto tipa sono nudi (ma con le scarpe dal vivo. Ma il disco, dalla scalet- retrospettivamente Bang Bang per via dell’altezza) ma lui s’accor- ta parzialmente difforme rispetto a Rock’n’Roll è stato un esordio con ge che lei non è troppo attenta alla quella del dvd, si lascia ascoltare, i fiocchi e naturalmente una bella musica, le risponde con un ritornel- nonostante quanto sinora afferma- anomalia-ortodossia tutta brit. E ci lo così “I know I shoudn’t, and It’s to, come seconda opera: sensata, riferiamo a Emily Kane che oramai possibily wrong to break from your dunque l’idea di isolare le diverse è un classico indie senza tempo, kiss to turn on a pop song”. Azzec- agli headbang punk-rock d’attacco cata anche l’altra storiella d’amore come Formed In A Band, oppure My e ordinario cinismo People In Love Little Brother. Testi e un tiro che dove il cantante interpreta i pen- sfido chiunque a non ricordare con sieri di un kid che vuole risolvere i un sorriso stampigliato in faccia. problemi di coppia a modo suo (“So Certo, non dimentichiamo Rusted pass me the wine, a cigarette too, Guns Of Milan altro hit ed enne- we have about a week and a half to sima esilarante genialata argosia- get through”). na (vi lascio scoprire da soli cosa Altrove però, così castigati nell’ar- sono queste pistole arrugginite di rangiamento, episodi come Direct Milano). Tutte cose che s’imparano Hit (seguito pop di Formed A Band) ascoltando i testi dopo aver balla- o I Will Survive (storia ordinaria di to la musica, e si godono vedendo un cazzone che ha reso la sua vita i ragazzi nel DVD Talking To The un continuo di alcol e gente per

4 0 s e n t i r e a s c o l t a r e turn it on

Crowded House – Time On Earth (Capitol, 29 giugno 2007) Genere: pop Uno ascolta Time On Earth e si chiede: ma come diavolo fa ? Tutti quelli che possono definirsi “grandi” – tutti – hanno messo il piede in fallo almeno una volta. Zio Macca per primo: non si contano i suoi dischi così così (non da ultimo Memory Almost Full, recensito in questa stessa sezione). Brian Wilson, manco a parlarne, ci ha messo quarant’anni a ri- prendersi. E invece Neil – che magari non gioca nella stessa serie, ma un grande del pop lo è senza dubbio - sta sempre in piedi. Non che ultima- mente sia stato con le mani in mano: dallo scioglimento dei Crowded Hou- se nel 1996 (al top della forma, per inciso), si è dedicato a due solo album freschi e ispirati (Try Whistling This e One Nil), a uno con il fratellone Tim (Everyone Is Here), e in mezzo c’è stata anche quella meraviglia del progetto da sogno Seven Worlds Collide (Lisa Germano, Johnny Marr, 2/5 dei Radiohead, ). Adesso, con la febbre della reunion che impazza, decide bene di riesumare il glorioso marchio; è infatti bastata qualche session con Nick Seymour per trasformare il suo terzo lavoro solista nel ritorno della casa affollata. Ri- chiamato anche il fido Mark Hart (Supertramp) e convocato Matt Sherod (Beck) a rimpiazzare il compianto Paul Hester dietro i tamburi, la pop band più famosa del continente australe è pronta per un nuovo giro. Dicevamo, come diavolo fa Neil Finn? Ché la melodia immancabilmente beatlesiana di She Called Up sa di tutto meno che di posticcio, e la canzone che la precede, il singolo Don’t Stop Now (scritta con lo zampino dell’amico Marr assieme a Even A Child), è un pop rock fresco e assolutamente istantaneo. Senza accusare colpo, il neo- zelandese pare riprendere da dove Together Alone (1993) aveva lasciato, forse osando di meno, ma rievocando in pieno quel senso di comfort, quella confidenzialità che non diventa mai nostalgia fine a se stessa, il trademark di ogni disco dei Crowded House che si rispetti. Se certe tonalità umbratili a tratti fanno pensare a una versione pop degli ultimi Talk Talk, le canzoni qui conte- nute sono - ancora – il sogno proibito di ogni Travis, Keane e Coldplay di questo mondo. Nella malinconica Nobo- dy Wants To, nella tensione sotterranea di Say That Again, nel ritornello corale di Silent House, nelle rarefazioni di A Sigh quanto nel funk di Heaven That I’m Making e Transit Lounge e nelle sixties vibes di Walked Her Way Down e Even A Child, è immediatamente chiaro come il Nostro sappia ancora bene dosare mestiere e passione, lasciando che il primo sia un semplice accessorio alla seconda. Anche nei momenti più dichiaratamente melensi - la ballatona Harrison Pour Le Monde, il finalone People Are Like Suns, o il soul sussurrato di You’re The One Who Makes Me Cry – puoi sentire una scintilla sincera. Il tocco di Steve Lillywhite e Ethan Jones in cabina di regia si fa sentire il giusto, ed è proprio in casi come questo che si coglie tutta la distanza fra uno come Finn e, chessò, gli U2 di oggi. E’ principalmente grazie a lui, artigiano miracolosamente ispirato, se Time On Earth suona splendente, misurato e contemporaneo, ovvero come vorresti suonasse la pop music alla radio. (Brit)Poppers d’ogni dove, inchinatevi al Maestro. (7.1/10) Antonio Puglia

s e n t i r e a s c o l t a r e 4 1 esperienze (quella sinestetica e traduzione strumentale dei suoni quella uditiva) in due contesti indi- naturali. pendenti, sebbene le tracklist fini- L’interesse nel far dialogare gli scano in parte per sovrapporsi. La strumenti come se fossero persone, musica è quella di sempre, e vive imitando il linguaggio parlato, lo ha delle passioni dichiarate del leader seguito per gran parte della sua e batterista Artanker: kraut rock, vita di musicista e Particles, ope- Canterbury, Soft Machine, da una ra definitiva del compositore, che parte; il Miles Davis dei Settanta, ci ha lasciati esattamente due anni il funk, il dub e la bossanova perce- fa, ne è la riprova. Una specie di piti da orecchie bianche, dall’altra, testamento questo disco, registra- ed il pensiero, quindi, non può che to lottando quotidianamente con un tornare ai Tortoise. Si insiste di cancro che lo ha stroncato all’età di più, e se ne capisce ormai il moti- 77 anni e che si presenta come una disco normale che ha appreso a vo, sulla componente ambientale e sorta di resa dei conti con la pro- memoria la lezione Kranky o qual- site specific della proposta sonora, pria arte. Voglia di tirare le somme, cosa che abbia a che fare con le in brani come Open Up e Ejector, riflettendo sul passato, sul presen- ultime derive elettro-jazz. ma quando c’è da suonare sul serio te e su un futuro che non ci sarà. Parte il primo pezzo e si è invasi i sei non si tirano di certo indietro Lo swing da big band intitolato Bye da un’oniricità tutta nordica fatta (Black Dauphin: l’esibizione live Bye 1941 (il ‘41 è l’anno del suo di loop lievi, drones crepuscolari e nella sezione video li ritrae come esordio), che apre l’album confer- tastiere carezzevoli e intergalatti- fossero macchine suonanti). Chi ma la voglia di partire dal principio che, ma è un clamoroso abbaglio. ha amato Mature Fantasy avrà di per arrivare alla fine. La maggior Da Hatten Passer ci si ricollega al che gioire, per tutti gli altri Cozy parte degli episodi dell disco, però, passato da dancefloor del Nostro e Endings costituisce un buon pun- fatta eccezione per il cool a piena ai suoi trascorsi con gente come i to di partenza per addentrarsi nel orchestra di E+Me, sono incentrati Biosphere, e il pezzo è tutto un me- multicolore universo del Convoglio sull’idea della conversazione, spes- morabilia stantio della rave culture Artanker. (6.5/10) so creata ricalcando dialoghi veri e dei primi anni 90, un surrogato fuori Vincenzo Santarcangelo provando in seguito a trasferirli in tempo massimo e vagamente triba- tecnica strumentale. L’idea è affa- lista della Madchester dimenticata. scinante, vicina agli studi sui canti Spelunker poi è la strada che se- degli uccelli (ai quali lo stesso Kir- gna ciò che è maggiormente tratta- chin si è interessato) di Messiaen. to in questo disco: dub bristoliano, Nella Concept Suite “Secret Con- fumoso, negro, lascivo ma privo di versations Between Instruments”, consistenza, reiterato all’eccesso. in Amundo, nella bellissima Rise Loe Bar indica con precisione l’al- And Revolt, gli strumenti vengo- tra strada battuta, ossia un chill-out no messi insieme a chiacchierare etereo a far le veci dei primi Royk- di vari argomenti e lo fanno come sopp con un appeal mitteleuropeo se fossero degli umani. Di volta in Kruder & Dorfmeister o Peace Or- volta sax, batteria, clarinetti, trom- chestra, a piacimento. È fra queste boni, contrabbassi, prendono la pa- due sponde ben miscelate fra loro rola per dire la loro in un’atmosfera che scorrono le varie Kapteinens totalmente surreale.In un’epoca in Skjegg, Møljekalas, God Kveld e la cui la gente non riesce a dialoga- conclusiva Fembussen Hjem, ma il Basil Kirchin – Particles (Trunk re o parla troppo, sentire che gli tutto senza lasciare minimamente Records, aprile 2007) strumenti musicali riescono a farlo traccia di sé, anonimo come una Genere: avant jazz benissimo pone una questione inte- Il talento del batterista inglese Basil lettera non firmata. Un altro insulso ressante: e se invece di usare pa- Kirchin affonda le radici negli anni dischetto da mettere insieme ai vari role a sproposito qualche volta non pre-bellici, quando esordì giovanis- Buddha Bar. (4.0/10) provassimo a suonare? ( ) simo nell’orchestra del padre Ivor 7.4/10 Alessandro Grassi al Paramount di Londra. Il resto è Daniele Follero storia, una carriera trascorsa tra il Black Engine – Ku Klux Knows mondo della musica di consumo e Bjørn Torske - Feil Knapp (Wallace / Audioglobe, maggio sperimentazione più estrema degli (Smalltown Supersound / Wide, 2 0 0 7 ) anni ‘70, senza dubbio l’apice della 11 giugno 2007) Genere: metal jazz core sua creatività. Musica concreta e Genere: dub, chill-out Cambiare identità rimanendo se free-jazz hanno rappresentato per Guardi il nome, guardi l’etichetta e stessi è diventato ormai il leitmotiv anni le basi della sua ricerca, mol- immagini già cosa andrai ad ascol- della carriera di Massimo Pupillo, to imperniata sul linguaggio e sulla tare al 90 percento: o l’ennesimo Luca Mai e Jacopo Battaglia, ovve-

4 2 s e n t i r e a s c o l t a r e ro gli Zu al completo. Che stavolta so. Il disco ha un approccio molto più contagiosi del periodo, il resto si liberano anche del nome. Il valo- live. Del resto, chi ha seguito gli Zu dell’album si (di)sperde progressi- re aggiunto di questo nuovo cambio dal vivo negli ultimi due anni, ascol- vamente tra nenie irritanti (Gere- di pelle, battezzato Black Engine, tando Ku Klux Knows si accorgerà mia), vomiti Afrika Bambaata fuori si chiama Eraldo Bernocchi, musi- di quanto quest’ultimo sia frutto di tempo massimo (Quero Te Amar, cista il cui nome potrebbe dire poco idee elaborate in concerto, tanto da Marina Do Bairro) ed improbabili, ai più, se non lo si accostasse alle sembrare, in alcuni casi, registrato ma proprio improbabili, metal-rap sue numerose e importanti collabo- in presa diretta. (Bondallica) che rendono difficolto- razioni: Mick Harris, Bill Laswell, Un passetto avanti per i tre musi- so concedersi persino un secondo Giovanni Lindo Ferretti. L’interes- cisti ostiensi, che si mantiene in ascolto dell’album. se di Bernocchi, che in questa oc- bilico tra passato e presente, affac- Ora, senza dubbio dietro tutto que- casione affianca gli Zu con chitarra ciandosi timidamente verso un cam- sto bail(am)e ci sarà sicuramen- ed electronics, si è poi spinto fino al biamento che si preferisce soltanto te un’ironia ed una “follia” che il cinema, collaborando con Gabriele sfiorare, scolpendo lentamente, ma vostro cronista non è in grado di Salvatores alle colonne sonore di anche continuamente, la statua del cogliere, visto che la Domino si è Nirvana e Denti. proprio stile. (7.1/10) scapicollata per metterli sotto con- Era destino che artisti italiani così, Daniele Follero tratto e le date estive del loro tour potremmo dire, collaborativi, un europeo sono pressoché sold out, giorno si sarebbero incontrati. ma se il pop di oggi, per “vendere” Bonde Do Role – Bonde Do Role Chiunque, prima o dopo, ascoltan- ed essere appetibile, deve per for- With Lasers (Domino / Self, 8 do il trio romano, si sarà chiesto in za passare da stronzate come que- g i u g n o 2 0 0 7 ) cosa si sarebbe trasformato quel ste allora è meglio che chiudiamo Genere: trash pop sound secco, pesante come un ma- tutti bottega. (4.0/10) Sulla scia del planetario clamoro- cigno, a metà tra il jazz e il doom so successo ottenuto dalle C.S.S. Stefano Renzi metal, se vi si fosse aggiunta una ecco arrivare i Bonde Do Role, inu- chitarra. La risposta alle vostre fan- suale terzetto formato da due Mc Chemical Brothers - We Are The tasie sta in questo Ku Klux Knows, (Marina Vello e Pedro D’Eyrot) ed Night (Virgin, luglio 2007) in tutto e per tutto un disco firmato un dj (Rodrigo Gorky) che con la Genere: Genere: eclectic Zu, ma che aggiunge benzina su un band di Let’s Make A Love... condi- dance novanta fuoco già alto: immaginate The Way vide origine geografica (ovviamen- Se ci voltiamo indietro, non possia- Of The Animal Powers, con le sue te il Brasile) ed attitudine musicale mo che fare i meritati elogi ai chi- sonorità spigolose, quella tenden- (tra il rock maldestro e la dance). mici (almeno dal punto di vista di za verso i toni scuri e gelatamente Lanciato da Diplo, che ne ha pro- un idealtipico trentenne di ora - e metallici, e aggiungete una chitarra dotto l’EP d’esordio ed ha contri- ci sto dentro anch’io). Pezzi killer distorta in stile Napalm Death, dro- buito assieme a Egg Foo Young, come e Music Re- nes e noisetronica. Dj Chernobyl e Radio Clit alla sponse, sublimazione della macro La tendenza del trio romano a pre- genesi di questo Bonde Do Role scuola fusione-totale dei Novanta, diligere uno stile marcatamente With Lasers, il terzetto di Rio De univano meglio di chiunque altro segnato dal metal, qui si realizza Janeiro macina, in poco più di tren- sulla piazza il mondo rave e l’uni- in maniera ottimale, trovando nel- ta minuti, una discreta quantità verso rock d’assalto, immergendo la chitarra di Bernocchi un alleato d’influenze che vanno dall’hip hop questo splendido blend in calde sincero e fedele. E allora ci si può al baile funk, dall’heavy metal al- spezie vintage, quali l’LSD e cer- divertire a sfidare la velocità del- l’electro baloccandosi con tastie- to minimalismo prêt à porter volga- l’hard core (Fishtank Midget Sur- re giocattolo, batterie elettroniche rizzato dal breakbeat. Soprattutto i fer) e a toccare le vette più alte del di seconda/terza mano, chitarrine due avevano dato alla generazione noise (Cut It, Pack It, Ship It). Con proto hawaiane e quant’altro la loro dei Novanta un’idea di live, rave e questi presupposti, tutto è permes- balordaggine cheap and chic ispira listening band potente e proteifor- e comanda. me, chimica e organica. Tante pa- Detto così, parrebbe di trovarsi di sticche in una insomma, e anche fronte all’ennesimo, irresistibile l’espressione del Nuovo sotto for- gingillo pop della stagione, invece, ma di simmetria autore-ascoltatore la cruda realtà parla di un disco sì rivolta al ballo; con un’asimmetria strano e stranito, ma dagli esiti ir- che prevedeva molteplici possibilità reversibilmente incerti. di fuizione in proprio (cuffia-stereo) Se è vero, infatti, che l’iniziale tra space-dance da viaggio in ae- Danca Do Zumbi risulta come un reo (), missili terra-terra esaltante intreccio tra Alice Coo- à la Prodigy da headbang post-rave per, Tom Tom Club e Salt ‘N’ Pepa (), e relazioni face-to- e la successiva Solta O Frango del- face fatte di wave-song electro per lo spot Nokia uno degli stupid rap il singalong più udduesco (The Gol-

s e n t i r e a s c o l t a r e 4 3 den Path con Wayne Coyne). Tutto colo segreto: The Pills Won’t Help da guida e una ribalda Love Don’t ciò – pace - è vanificato. Con il You Now con dei Midlake in stato Mean A Thing che pare sottratta al debole singolo per voce soulfull di di grazia. Applauso da 7.5 …e no, Costello di troppi chili fa, sebbe- Ali Love (Do It Again), il duo pro- non fa media per cui: voto trenten- ne più spesso torni alla mente quel segue la china di Push The But- ni (6.0/10), voto ventenni (5.0/10). piccolo grande artista, annidato tra ton e di Galvanize (che comunque Facciamo media: (5.5/10). le pieghe della canzone d’autore teneva la bandiera piuttosto aizza- Edoardo Bridda anni Ottanta, di Peter Case.Tiene ta); rimane quella cocciuta fusione ben fisso lo sguardo sull’Atlantico, di comunitarismo hippy e comunità Chris, rimescolando con scioltezza Clinic – Funf (Domino / Self, 22 globale attuale, e rimane una po- invidiabile per un debuttante coun- giugno 2007) litica superpartes che pone il sin- try, blues, folk e persino accenni Genere: wave rock psych co-beat soprattutto per la serie se Avevano detto che, adesso che po- “io europeo ballo e tu arabo balli tevano contare su uno studio tutto allora tutto il mondo può ballare”. loro in quel di Liverpool, avrebbe- Peccato che, pur giocando la sem- ro pubblicato un disco dopo l’altro. piterna carta guest, i Nostri finisca- Non lasciatevi ingannare: Funf non no per assomigliare (salvo uno stu- è il nuovo album di Ade Blackburn e dio con i controcazzi) a una band di co., è solo una raccolta di b sides, kid emuli che cercano di sfondare. rarità e stranezze assortite disse- Sfortuna per loro, le nuove gene- minate nel corso dei primi dieci razioni quel moderno e quel figo anni di carriera. Se prendiamo per non ce lo vedono, e peccato dop- buono l’assunto che un brano dei pio i coetanei non troveranno Out Clinic vale l’altro, vi sembrerà di Of Control ma una commerciale We aver già sentito queste dodici gem- Are The Night dal ritornello brutto me oscure da qualche parte. E qui come il peccato, raddoppiato da sta il bello di questo dischetto, che un etno coro femminile indecoroso. che - sulla scia di quella è sostanzialmente un affare per fa- L’attesa All Rights Reversed con tradizione nata più di quarant’anni natici, ma potrebbe anche essere i lanciatissimi Klaxons trova i ra- or sono – s’è tramandata nel tempo un’ottima introduzione ai freaks in- gazzi anonimi come non mai. Una fino alla classicità. A distinguerlo glesi: fra i VU radicali di The Castle, marchetta niente più. E il resto è dalla concorrenza, contribuiscono il Barrett vintage di The Majestic, il pressoché noto: la reiterazione del una penna di già notevole (la deli- surf garage di You Can’t Hurt You suono Orbital di Saturate, il prege- catezza aerea di All I See. il blues Anymore, il Morricone deviato di vole crescendo ambient-techno con d’ombre Not Even There) e dai frutti Golden Rectangle e il punk demen- chitarra noiseggianti di Burst Gene- lesti a imprimersi in testa (come nel te e sciamannato di Magic Boots, rator e il tentativo poco convincen- sensazionale trittico d’apertura A Funf è in pratica un giro comple- te di ripetere la fascinosa The Gol- Million Reasons-Lay It Low-Out For to nell’allucinato parco giochi dei den Path (la bowiana senile Battle The Sea), un porgersi senza pretese quattro ineffabili mascherati, in un Scars con Willie Nelson). Diverten- e la produzione di Paul Hemmings range espressivo che copre l’intero ti invece le incursioni nei territori (ex di La’s e Lightning Seeds) a arco dai primi EP e alle prove più elettro degli ’80 tipo Sugarhill Gang benedire l’amalgama in modo avve- recenti. (6.5/10) (The Salmon Dance con Fatlib, me- duto, in nessun caso invadente. Lo Antonio Puglia glio Modern Midnight Conversation comprovano, sul resto, i lievi aromi con i pasticci acidi al synth), men- jazz di Butterfly, la paesana Han- tre a cavar la sufficienza all’intera Chris Elliot – Fierce Truth & dsome Man e il duetto Hurt, Cheat operazione – a sorpresa - un pic- Fortune (Viper / Goodfellas, 10 And Lie, rafforzando un’ispirazione a p r i l e 2 0 0 7 ) per nulla tronfia laddove il rischio è Genere: songwriting acustico latente a ogni minuto. Al contrario, Chris Elliot è un giovane esordiente Elliot resta sul filo dell’innodia sen- proveniente da Liverpool. Fareste za esagerare, mostrando persino però bene a scordarvi da subito i più un volto sorridente da Buddy Holly noti segnali sulla mappa sonora di sprovvisto di elettricità (Raise The quella città, siano essi quei quattro Dead, Oh Love, Lord Above). Gioca più famosi di Gesu’ o la neopsiche- alla pari con la maturità questo in- delia wave di Teardrop Explodes glese del profondo nord, lasciando ed Echo & The Bunnymen. Nulla di intuire di saper fare addirittura me- tutto ciò in Fierce Truth & Fortune, glio e regalare ulteriori soddisfazio- che da un “blind test” diremmo sen- ni prossime venture. Potrebbe ba- za esitazione lavoro d’oltreoceano, stare anche solo un altro disco, ma non ci fossero la dizione a fungere nel frattempo non inseritelo nella

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Il Teatro Degli Orrori – Dell’Impero Delle Tenebre (Tempesta / Venus, 6 aprile 2007) Genere: cantautorato noise-rock Esistono dischi da ascoltare ed esistono dischi da leggere. L’esordio di questo gruppo di non esordienti appartiene di diritto alla seconda catego- ria in virtù non soltanto di un nome dalle evidenti reminiscenze artaudiane, né di un titolo altisonante e da saggistica rinascimentale. Dell’Impero Delle Tenebre vi appartiene perché è letteratura, anzi alta letteratura che sfrutta, invece di carta e penna, note e pentagramma. Per intendersi, questo disco è interamente da leggere nello stesso modo in cui lo era Non Io dei Bachi Da Pietra, di cui sembra la versione “pie- na”. Ma non fraintendetemi. Le differenze ci sono e sono evidenti, ma il sentimento di fondo che lo permea non è così diverso. Se lì l’accoppiata Dorella/Succi procedeva per sottrazione, disidratando il suono nello stes- so modo in cui la scrittura minimalista del secondo risultava inaridita dagli eventi e da un senso di apocalisse incipiente, qui i quattro protagonisti spazzano via l’ascoltatore con un suono musicalmente così pieno da mettere letteralmente paura, come fosse quel carrarmato rock da cui prende il titolo un pezzo dell’album; ma il senso letterario dei testi di un Capovilla (stupefacente nell’inedito ruolo del cantautore noise) è sulla stessa lunghezza d’onda in quanto a pathos ed dolorosa partecipazione. Roba che scotta, insomma, dinamite pura trasposta su pentagramma. Dal punto di vista strumentale, l’impian- to sonoro è rodatissimo e sfrutta non solo il noise-blues triturato da One Dimensional Man in un decennio di onorata carriera, ma anche suggestioni diverse in cui grosso merito hanno gli elementi in ballo: se la batteria di Francesco Valente è un metronomo scavezzacollo, chitarra e basso (Gionata Mirai e Giulio Ragno Favero rispet- tivamente) sono un mostro a più teste che si interseca, si evita, si rincorre di volta in volta. Dal punto di vista della comunicatività quella del quartetto è musica che, complice l’italico verbo, invita a pensa- re, a riflettere sull’attualità in virtù di una scrittura dai forti connotati da cantautorato rock che, priva di mediazio- ni o barriere linguistiche, si fa diretta ed efficacissima. Come di volta in volta De Andrè, Bene o Gaber immersi nel rifferama ottundente e opprimente che deve in egual misura a Jesus Lizard, Birthday Party, Melvins, Scratch Acid (la cui Eyeball viene liberamente riletta in Dio Mio) ma molto, molto più compatto e messo a fuoco. Ad emergere dalle liriche di Capovilla è un senso di eterna e ineluttabile sconfitta. Quella del XXI secolo, privo di memoria storica (la title track); quella del partigiano protagonista di Compagna Teresa (secondo chi scrive capolavoro indiscusso dell’intero disco); quella di una società che impazzisce per l’immediato, grandguignole- sco spettacolo della vanità televisiva ma che non ne trae nessun insegnamento. Il Teatro Degli Orrori mette su disco le paure, i timori, le frustrazioni del quotidiano… in una parola sola l’impegno sociale che da sempre si richiede all’artista, alla sua funzione di coscienza critica della società; figura che mai come oggigiorno sembra invece ridotta a macchietta di se stessa, incastrata inoffensivamente nell’ingranaggio dello spettacolo a tutti i costi. (8.0/10) Stefano Pifferi

s e n t i r e a s c o l t a r e 4 5 lista dei “nuovi Tizio o Caio”: anche Danava – Self Titled (Kemado / se il giochetto è fin troppo facile, Wide, 14 maggio 2007) sarebbe ingiusto nei confronti del Genere: psych-hard rock suo talento genuino. Guardatelo Un cumulo di riff di chitarra ruba- crescere, piuttosto: sarà molto più ti a piene mani ai Blue Cheer e ai appagante. (7.4/10) , una passione spro- positata per l’hard rock fiorito nella Giancarlo Turra stagione dei primi 70 e poco altro. Questo è l’esordio dei Danava da Cosmetic – Sursum Corda Portland, Oregon. (Tafuzzy – Cane Andaluso, 2007) Tutte suite sopra i 6 minuti (con Genere: indie / shoegaze punte di 12) dove a farla da padro- Sogliano sul Rubiconde, terra di ne sono vere e proprie sferragliate confine tra shoegaze, stoner e noi- chitarrose, rigurgiti hard a rincor- se. Almeno per i Cosmetic, che ra- rersi lungo scalinate di note e bat- ditta Morley&Russell. Il duo, mente piti dal fascino del rock “espanso” taglie innescate dalle due chitarre creativa e cuore pulsante dell’intera mescolano Queens Of The Stone che giocano a chi produce l’assolo operazione artistica imbastita venti Age, My Bloody Valentine, Sonic più pesante e/o complesso. Questo anni orsono, non sembra più essere Youth, Verdena, - rispettivamente è il gioco messo in atto dall’incipit capace di rapire e stupire. Chi già By The Mark, ma laddove la struttu- in chiave di basso, nei riff di chitar- ha conosciuto The White House o ra composita dei brani tende a stu- rimarrà deluso. ra, in groppa alle fulgide stilettate Harsh ‘70s Reality fare data la propria lunghezza, ci Chi invece, magari per ragioni solo di sottofondo, nei riff potenti – a pensano lievi inserti progressive a squisitamente anagrafiche, s’è per- pastiche melodici di confine e testi rendere più respirabile l’atmosfera so quell’epoca e le uscite coeve del in italiano. Un suono granitico vei- e meno delirante il risultato (Eyes terzetto… Beh, allora tenti pure la colato da voci quasi inconsistenti, In Disguise). carta Future Artist. queste ultime non troppo dissimi- Quiet Babes Astray In A Manger Dall’abbozzo lo-fi The Magician li dalle “desinenze forbite” della gioca ancora la carte dell’hard rock (che ci riporta indietro di 15 anni Carmen Consoli nazionale – per tout court, mentre Longdance nel all’epoca d’oro della bassa fedel- lo meno nell’impostazione genera- suo minutaggio svela anche fanta- tà di Smog e Guided By Voices), le, dal momento che chi canta ha smi che ricordano i primi Queens fino ai venti minuti della conclusiva qualche pelo in più sul petto – e al Of The Stone Age, arie meno da- Garage (minimal-raga di pura scuo- tempo stesso osmotiche al pari dei tate per un disco che comunque la neozelandese), c’è ben poco di rutti sonici di Kevin Shields. Aca- fatica non poco a decollare. Madie non risaputo in queste composizio- ciarosa oltre ad introdurre egregia- Shook è l’ennesimo richiamo alle ni. Avvinceranno forse il profano. mente al disco, mastica le speran- spettralità vocali di Ozzy Osbour- Tutti coloro che, al contrario, già ze residue dei fans di , ne e lo scheletro di Paranoid è più posseggono almeno i due succitati Sulle riviste pigia sul pedale del- di una presenza fastidiosa… illustri album ne rimarranno delusi. Un primo episodio acerbo che riper- ( / ) l’acceleratore trasformando una 6.0 10 corre pedissequamente le strade progressione quasi domestica in Massimo Padalino fin troppo solcate da gruppi storici punk acido alla Black Rebel Mo- e non, ma che non paventa abba- Death Vessel - Stay Close (ATP torcycle Club, Sursum Corda eva- stanza personalità e coraggio da ri- / Sub Pop, giugno 2007) cua un giro di basso alla Beck per mescolare le carte in tavola, come Genere: nu country poi banchettare a chitarre spacey e ad esempio hanno fatto negli ultimi Pubblicato nel 2005 per la Nor- feedback, in un gioco al rialzo che anni e con successo i Comets On th East Indie, questo Stay Close quando non deborda nella maniera Fire. Destinati al cambiamento o provocò una certa sensazione nel – talvolta ci si chiede dove finisca all’oblio. (4.5/10) vivace pianeta alt-country, tanto un brano e ne cominci un altro -, Alessandro Grassi da guadagnarsi le attenzioni della regala più di un momento memora- sempre occhiuta Sub Pop, che oggi bile. Peccato per i testi, a nostro Dead C - Future Artists (Ba Da finalmente ne garantisce la distri- modo di vedere non del tutto lucidi, Bing, 2007) buzione internazionale, consenten- sostenuti tuttavia da un coraggio e Genere: noise/avant doci di conoscere la one man band una volontà – provate voi ad acco- Copertina con tappezzeria a fio- Death Vessel, ovvero il chitarrista stare le irregolarità della lingua di relloni. Booklet inesistente. I soli e cantante Joel Thibodeau da Pro- vidence, Rhodes Island. Coadiuva- Dante al lato più selvaggio del fuzz titoli dei pezzi e dell’album, oltre alla gloriosa ragione sociale Dead to, naturalmente, da un manipolo di – raramente riscontrabile in forma- C, permettono di classificare que- amici quali il concittadino chitarri- zioni emergenti. (6.5/10) sto manufatto digitale come l’ulti- sta e organista Erik Carlson (aka Fabrizio Zampighi ma opera partorita dalla premiata Area C), il multistrumentista Pete

4 6 s e n t i r e a s c o l t a r e Donnelly (già bassista e cantante ammaliante e strano. Come, indub- so l’eternità. Se non lo avesse fatto dei The Figgs) e le Baird Sisters biamente, l’autore. (6.9/10) adesso probabilmente starebbe in (ovvero Laura e quella Meg già can- Stefano Solventi qualche bettola ad arrostire bistec- tante degli Espers) a banjo e cori. che in formato offerta speciale per Si tratta d’una proposta particolare la finale del SuperBowl. Ma lui la DJ Food & DK – Now, Listen per almeno due motivi: il primo è chitarra quel giorno l’ha imbraccia- Again! (Ninja Tune / Family la voce di Joel, un soprano deci- ta e con la forza granitica di un di- Affair, 2 aprile 2007) samente femminino, uno sgrazia- nosauro del Giurassico ha scolpito Genere: electro turntablizm to candore da geisha coyote, una a caratteri cubitali la parola EAR- Se seguite il podcast di Solid Steel stentorea carnalità da adolescente TH nella storia dell’heavy rock anni sapete già che aria tira in casa angelicato. Il secondo è la miscela ’90. Ninja. La politica dell’etichetta si di country, umori celtici e sottigliez- Carlson è altresì uno che vuole basa da sempre su un’ortodossia ze elettroniche. Un “gesto” sonoro molto bene ai suoi fan, uno che li del turntable, mescolata a viag- naturale che stempera tradizione e riempie di cose tra un disco vero e gi sonori in tutte le parti del globo contemporaneità, mandolino e “noi- l’altro. Così dopo il gran rientro dal- ritmico. I mattatori per quest’enne- ses”, lap steel cremose e arpeggi l’oblio di due anni fa, adesso tam- sima compilation sono due dei DJ seriali, solarità campestre e umori pona il vuoto con un ep e un dvd, che hanno fatto la storia del movi- foschi (l’immancabile inflessione riuniti sotto il nome di Hiberna- mento e quindi non hanno bisogno “eerie” che non può mancare in un culum. L’ep è poca cosa. In pratica di presentazioni. concittadino di H.P. Lovecraft). lui insieme ai comprimari con cui ha Il set (della durata complessiva di Ne viene fuori così una scaletta di fatto risorgere gli Earth (Adrienne poco più di un’ora) spazia attra- dieci pezzi come minimo gradevoli Davis alla batteria, Jonas Haskins verso il blues, il rock, l’ - l’incantevole mestizia di Nothing al basso e Steve Moore alle tastie- e ovviamente il rap: un concentra- re) rilegge con il taglio southern- to velocissimo di che doom di Hex tre classici del loro senza alcuna discontinuità spacca repertorio, più una rarità (A Plague il beat in quattro e lo eleva al mas- Of Angels) reperibile fino ad oggi simo della sua essenza. I passaggi solo in un 12 pollici condiviso con curatissimi e veramente impercetti- i Sunn O))). Da quest’ultimi, per bili fanno salire ancora una volta i l’occasione, arriva Greg Anderson monaci zen della puntina sul gradi- a dare una mano in due dei quattro no più alto del podio. brani. Tutto ampiamente evitabile Quello che manca però, è la spe- in attesa di sentire un vero disco rimentazione sul suono à la Kid nuovo. Koala, l’uso ipercritico e attivo Ma il pezzo forte di questo Hiber- dello strumento, la voglia di osare naculum sta nel dvd contenente non solo sulla scelta della playlist. il documentario Within The Dro- L’operazione - eccellente dal punto ne. Diretto da Seldom Hunt il film di vista tecnico- rischia di cadere Left To Bury, lo zampettio uggiolo- raccoglie interviste e spezzoni di nell’iper-perfezionismo e nell’auto- so di Mandan Dink, la cantilenante concerti risalenti al tour europeo compiacimento. Per chi va a pane morbidezza di Mean Streak - e talo- dell’anno scorso fatto con i Sunn e giradischi, una bomba; per tutti ra eccellenti, come la torva Blowing O))). C’è qualcosa di profondamen- gli altri, un mix che farà comunque Cave (elettricità riverberata e per- te appagante nel sentire Carlson sculettare il dancefloor. (6.0/10) turbazioni elettroniche, quasi un pronunciare la parola “drone”, an- Marco Braggion Lanegan rifatto da Feist), la spi- che perché lui parla così come suo- golosa e sincopata Deep In The na: lento, lentissimo, drooonico. Horchata (ascendenze wave e vio- Earth – Hibernaculum (CD + lino abrasivo, tipo i Cranberries se DVD, Southern Lord / Wide, fossero sbocciati sugli Appalachi), a p r i l e 2 0 0 7 ) l’alternanza tra mistero e spiglia- Genere: doom hard rock tezza di Break The Empress Crown Dylan Carlson è un bellissimo esem- (tra Fairport e Lucinda Williams). plare di uomo yankee e bastereb- C’è anche una riuscita Snow Don’t bero già solo quei magnifici baffoni Fall, cover di Townes Van Zandt sergioleoneschi a consegnarlo al dal brumoso passo Oldham, ma la mito. Difficile trovare qualcuno che mistura ottimale di tristezza e lucci- incarni il physique due role meglio chio è conseguita dalla conclusiva di lui. L’americanitudine dell’uomo White Mole, il cui lirismo fragile e che viene dai boschi di Seattle e carnoso si scioglie in un vibrante che un giorno ha imbracciato una incedere Grant Lee Buffalo. Disco chitarra per lanciare un drone ver-

s e n t i r e a s c o l t a r e 4 7 Ad un certo punto si vedono lui e bucolico, lancinazioni psichedeli- Fabio Orsi – Faded On The O’Malley, seduti uno a fianco all’al- che (Solving Everything In A Bath), Blowing Of Winter (Akoustic tro, nella roulotte che li scarrozza malinconiche litanie ultraterrene, Desease, aprile 2007) avanti e indietro. Il primo intento a intensi squarci alla God Machine Donato Epiro – After Dinner parlare e a fumare, il secondo con (Right-Wing) e molto di più. Black Out (Akoustic Desease, un notebook mentre cerca di attac- Nota di merito ulteriore una scrittu- aprile 2007) care qualche presa usb o ethernet. ra mai banale e una voce che non Genere: drone, elettroacustica Sembrano padre e figlio. (6.5/10) tradisce influenze. L’ennesima di- I primi due titoli - se si eccettua la Antonello Comunale mostrazione, se ancora ce ne fos- compilation inaugurale - nel catalo- se bisogno, che il rock italiano non go Akoustic Desease lascerebbero Edible Woman – The Scum teme confronti. (7.0/10) quasi pensare ad una scena nella Album (Ame-Psychotica-Bloody Stefano Pifferi scena: entrambi provenienti del- Sound / Audioglobe, maggio le parti di Taranto, Donato Epiro e Fabio Orsi condividono intelligenza 2 0 0 7 ) Eildentroeilfuorieilbox84 - musicale e percorsi di vita, sebbe- Genere: post-punk noise Omota’l (Creative Commons, Dalla defezione alla (quasi) per- ne all’ascolto si scorgano, evidenti, maggio 2007) fezione. Ovvero, come perdere un le differenze d’approccio. Genere: art/wave Faded On The Blowing Of Winter, pezzo importante e osare l’impos- Siamo fieri di annunciare il debutto sibile. degli alfieri del grott-rock, già se- il nuovo brano di Fabio Orsi, è di- Solo chi ha ascoltato la grumosa gnalati in un We Are Demo di qual- viso in due parti che occupano per mezzora di monolitico assalto math- che tempo fa. Seppure sotto l’egida intero il 3 pollici elegantemente or- noise dell’esordio (Spare Me/Calf, Creative Commons, questo mini al- nato da un artwork minimale ma di Psychotica, 2004) può intendere bum - dal titolo, al solito, in rever- grande impatto. La musica stavol- quanto pesasse nell’economia del- se - è un passo vero e proprio nei ta, indugia meno sulla componente la proposta del gruppo la chitarra. ranghi dell’ufficialità, affrontata dal melodica: il brano si apre con dei E se l’unica pecca di quell’esordio, trio romano col consueto glamour campioni di cornamuse distesi su se di pecca si può parlare, era una deragliato & avariato. La scaletta è uno strato percussivo che gene- troppo didascalica dedizione agli una raffica breve di incubi garruli, di ra uno stato di attesa panica. Ben stilemi di genere, il cambio di for- spasmi nonsense e sarcasmo ner- presto si scopre di cosa: il seguen- mazione ha permesso al quintetto voso. Non cambiano i nomi e i numi te stadio è un maestoso paesaggio di compiere un balzo in avanti che di riferimento. Siamo cioè dalle parti di trance sospesa e quasi cosmica non ci saremmo aspettati. L’inseri- di un funk-psych-wave capace di mi- che si protrae fino a tutta la prima mento del synth in vece della chi- schie CCCP nei fanghi acidi Gran- sezione. La seconda consiste in un tarra ha portato ad una rielabora- dfunk serializzati Devo (Sopraleon- classico drone sinusoidale senza zione e ridefinizione del suono che de), di gighe acide come un Rino spazio e senza tempo stemperato ha avuto come prima conseguen- Gaetano fatto di benzedrina sull’In- appena dalle note di una chitarra, za l’amplificazione delle strutture terstellar Overdrive (Scale mobili), la prima vera e propria concessione post-punk sottese al primo disco. di soul colti da metastasi kraut- alla melodia di un Orsi più essen- Post-punk però come lo intendono psych come potrebbe Jim O’Rou- ziale che mai (7.5/10) alla GSL, per intendersi, cioè vena- rke dopo un trip zappiano (Cippah), Donato Epiro, classe 1981, è, per to da mille umori diversi: ora reite- di marcette electrowave dadaiste e sua stessa ammissione passato at- rato alla Oneida, ora, per rimanere striniti singulti funk come una joint traverso le canzoni dello Zecchino in territorio italico, scomposto e de- venture tra Skiantos, RUNI e Marta d’Oro, la musica sacra e gli studi strutturato alla To The Ansaphone Sui Tubi (Volareueb, La danza delle classici, i Black Sabbath ed il post (più per sperimentali affinità eletti- incomprensioni). rock. Ha collaborato con Maisie e ve che per manifestazioni sonore, Poi ci sarebbero tutti i risvolti esi- Larsen Lombriki e con After Din- in verità). stenziali e sociopolitici dietro la cor- ner Black Out giunge ad una ma- Stretti tra le due intro/outro elet- tina fumogena grottesca, culminanti tura forma di musica concreta ed troniche (le complementari From A nelle esilaranti ovazioni da taverna elettroacustica. I diciotto minuti del Taste Of Gez e To A Full Of Gez), tributate ai luminari del pensiero suo 3 pollici (altra splendida confe- gli otto pezzi pieni del disco vi- quali Newton e Darwin, allarmata zione) vivono di un cut-up acusma- vono dell’urgenza comunicativa facezia contro le insidie portate dai tico - ma in cui sembrano convivere dell’esordio, come nel vortice ca- famigerati “disegni intelligenti” e al- campioni processati e musica suo- taclismatico di Mouseman (Oneida tre consimili amenità. Ma con questi nata - assemblato con precisione meets Zorn?) o nel sabba tribale effetti collaterali ognuno se la sbri- chirurgica e cura nei particolari. di Mystic River. Ma quell’urgenza ghi in proprio. C’è questa proposta Se si fatica a trovare una costante sembra screziarsi in mille differen- sonica interessante cui raccoman- narrativa, la si cerchi in quel conti- ti riflessi come se fosse proiettata diamo più intensità, augurandole nuo stato di tensione che protende attraverso un prisma: ne escono fortuna. (6.7/10) continuamente il brano in una di- gemme di pop drammaticamente Stefano Solventi mensione in-finita. La tecnica è lar-

4 8 s e n t i r e a s c o l t a r e turn it on

Marino José Malagnino – Pop (Pezzente, gennaio 2007) Genere: nuova musica rurale Iniziamo dal cortocircuito tra genere e titolo – sventato – e dalla prima traccia. Questo ovviamente non è un disco pop – se queste tre lettere stanno a indicare ciò che comunemente si antepone a “rock” o si pospone a “indie”. Io Ballo Con Le Babbucce è una suite circolare (il motivo iniziale, cantato sotto la doccia, riemerge per chiudere il pezzo; in mezzo al resto, il distico esilarante “Io ho una amica e la capisco / anche se non sono una donna / qualche volta sanguino”) e contemporanea, non in una accezione colta, ma che riguarda i tempi che corrono. Mala tempora? Forse. Pop è il manifesto (che comprende il prezioso aiuto, tra gli altri, di Mr.Brace e di Lompa) della Nuova Musica Rurale di messer Marino José – se è vero che essa è un aggiornamento del concretismo; è musica con- creta, non come la poesia di Davide Riccio (altro sodale al Malagnino per la Pezzente); lo è perché raccoglie ciò che in giro si sente, come le suo- nerie del cellulare, di cui quasi ogni brano è cosparso – che fra l’altro fungono da unico collegamento possibile (e ciò è paradossale e del tutto eloquente allo stesso tempo) con la composizione tradizionale. Forse che questo essere “pop” è equipollente a ciò che fu nelle arti visive il pop della Factory e di Warhol? Questa musica, di fatto, ci chiarisce la dimensione frattale del concetto di pop-art, cioè la sua mancata appartenenza a un dominio defi- nito, la sua riproducibilità a ogni livello. Pensiamo alle parti vocali; sono per lo più impro cantate paratrash e bruitiste (BCE) che ricordano le parabole dei Residents (U.S.A. Il Napalm Sakashita). Non vorrei esagerare – ma si sa che il recensore, con un’operazio- ne concettualmente sbagliata, spesso appioppa pensieri che baluginano nelle opere (o, peggio: nella sua testa) direttamente agli autori, che devono passare la vita a confermare o negare; ma c’è il sospetto che il Malagnino stia avviando (solo sotto certi punti di vista e con tutte le peculiarità del caso) una versione italiota, europea, pu- gliese, glocale alla scemenza organizzata e intelligentissima del gruppo di San Francisco, di quel modo di rubare storie, cose, melodie di tutti (proprio perché brutte, di cui nessuno si vuole interessare) per riversarle a quei me- desimi tutti. In modo che si rendano conto. Come le odiate banche, Malagnino si prende la licenza di fare proprio il collettivo. È così che questa musica concreta torna alla concezione originaria, sociopolitica del termine. Pop è un disco che partecipa dell’inclassificabilità, ma non è inclassificabile, lo si può avvicinare e puntellare di riferimenti; certo esso può sempre fare spallucce e scuoterseli via. Sarà qualche cosa di più grande di noi e lui, forse. Ma tentata in modo onesto e incappottata in una semiserietà leggera che ne riduce sottilmente (ed effica- cemente) la spaventevolezza. (7.5/10) Gaspare Caliri

s e n t i r e a s c o l t a r e 4 9 gamente debitrice dei grandi padri viata tra la sensibilità dell’autore Nyman di Barceloneta Trist; la stes- della musique concrete e dell’elet- e la sua calligrafia chitarristica, la sa tecnica strumentale di Tristano, troacustica - il primo nome a venire capacità di muoversi agilmente nel che deve più di quanto non conce- in mente è quello di Luc Ferrari -, solco tra estro e risolutezza, tra da all’opera per piano preparato di la sensibilità quella, straordinaria, commozione e ingegno, tra sincopi John Cage (si ascolti come lo stru- di un famelico e lungimirante ascol- palpitanti e viluppi pensosi, come mento diventa percussione in Hymn tatore nel pieno dell’era di internet dimostra il trittico dedicato al rim- e nei crescendo). Per la fisicità del (7.3/10) pianto Derek Bailey. (7.0/10) ritmo, che sia quello forsennato del Vincenzo Santarcangelo Stefano Solventi samba (2 Minds 1 Sound), o quello scarnificato dell’elettronica (ancora una cover: Andover degli Autechre). Francesco Guaiana - Clouds In Francesco Tristano – Not For Una scommessa vinta con classe Motion (FGR, aprile 2007) Piano (Infiné Music /Self, 6 infinita, si diceva, ed ora si attende Genere: jazz avant aprile 2007) la mossa a venire. (7.3/10) Dopo aver speso parecchi dei suoi Genere: piano music 34 anni ad affinare tecnica e sensi- Trascorsi i primi, giustificati, attimi Vincenzo Santarcangelo bilità tra la natia Palermo e Boston, di smarrimento, in cui ci si chiede- incrociando le corde della chitarra va a mezza bocca se si trattasse Bob Frank and John Murry - coi bei nomi del jazz nostrano (da proprio di lui, la sfida di Francesco World Without End (Decor / Bonafede a Rava, da Fresu a Bat- Tristano è stata dichiarata vinta Goodfellas, 4 giugno 2007) taglia) e internazionale (da Paul all’unanimità. Una scommessa au- Genere: folk rock Jeffrey a Mick Goodrick, da John dace: ci si giocava la reputazione L’appassionato di Americana che è Taylor a Michael Cohen), e dopo di primo della classe guadagna- in voi ha sempre sognato un paio aver esordito col trio Nojaz (Nojaz, ta negli ambienti dell’Accademia di zii così, un po’ falegnami un po’ Exaudi Records, 2001) ottenendo bruciando le tappe grazie ad una becchini, le spalle grosse e nella riscontri piuttosto lusinghieri, Fran- tecnica sopraffine - ora compressa testa (nel cuore) storie da raccon- cesco Guaiana azzarda con questo nello spazio di un dodici pollici -; si tare. Storie di frontiera e fantasmi, Clouds In Motion l’avventura in tornava a casa, vittoriosi, con una di fantasmi caduti nel tentativo di proprio. Spremuti sulla tavolozza rilettura al piano di Strings Of Me domare (plasmare, definire) la fron- espressiva cromatismi duttili e ar- brillante, sobria e di insolito buon tiera. Fantasmi non del tutto paci- guta visionarietà, e armato di una gusto. Ma Tristano, si sa, è arti- ficati, con qualcosa da dire ad un solitudine vibrante da pittore di sta da album: i suoi sono i tempi presente che non smette di scon- suoni, allestisce quattordici boz- lunghi della classica, e l’ascolto trarsi con nuove più o meno legitti- zetti strumentali ora assorti ora preteso quello del pubblico assorto me frontiere. Bob Frank, 62 anni da tesi, coniugando le possibilità della nel silenzio di una sala da concer- Memphis, e John Murry, ventiset- chitarra (acustica, elettrica e pre- to, piuttosto che quello distratto di tenne da Tupelo, sono i due strani parata) alle esigenze della raffigu- chi, vivaddio, in quel momento è in zii del caso. Zii d’America, natu- razione. pista solo per ballare. E così, ecco ralmente. Il primo è un veterano in Tema portante è il contrasto tra Not For Piano: il disco - prodotto pista dai primi settanta, il secondo il movimento lento, naturale, del dal genio dell’elettronica Murcof - un chitarrista e cantautore già al la- mondo che si rivela (il folk madri- che contiene Strings Of Me ed un voro con svariati progetti quali The galesco tra sospensioni Fahey di altro classico della Detroit Techno Dillingers e Lucero, area Memphis. Panorama, le evanescenze pastello (lo storico inno dei dancefloor The Un giorno s’incontrano e decidono tra arpeggi sospesi della title track) Bells, di Jeff Mills, resa altrettanto di avviare un combo chiamato Los ed il compiersi brusco, innaturale godibile); ma anche molto altro, a Gueros, finché non maturano l’idea del tempo “moderno” (i singulti & concedergli un ascolto vigile in gra- di un disco di murder ballads in sussulti di Frantic, lo scorticato lin- do di superare l’attrito solitamente duo, magari prodotto da Tim Moo- guaggio-macchina di Fabbrica). offerto da un disco per solo piano ney degli American Music Club. Una meditazione che cova inquie- - ma l’ironico titolo la dice lunga -, Questo disco. In cui appunto die- tudine (le stolide reiterazioni sotto e rivelarne così l’essenza policro- ci fantasmi – con data di trapasso al jazz flamencato di Riff, il gro- ma. Come fosse un Bildungsroman allegata - si agitano in altrettante viglio blues scontroso e misterico sentimentale, Not For Piano parla tracce. Li vedi alzarsi dalla cintola - quasi zeppeliniano - di Pensieri di tutti gli amori di chi lo ha compo- in su e raccontare con voce calda e densi), una specie di schiva frene- sto. L’amore per il jazz, nell’inizia- brumosa, dando vita - sic! - a ballad sia trattenuta tra il dire e il non dire le Hello e nei brani scritti a quat- ora luccicose (Bubba Rose, 1961) ombre, misteri e gioia (gli umori tro mani con il sodale Rami Khalifé ora ectoplasmatiche (John Willis, bossa infeltriti di Segnali di fumo, (The Melody, Jeita). Quello per la 1844), ora cupe e sdrucciolevoli la vivace apprensione Canterbury classica del Novecento: gli echi (il brodo Dirty Three/Dire Straits di Quadretto). Un disco insomma di minimalismo disseminati un po’ di Boss Weatherford, 1933) e ora che sancisce la consonanza se non ovunque, assai evidenti in Hymn e più distese (la placida digressione conseguita quanto meno ben av- nel lirismo melodico à la Michael Red House Painters-Willard Grant

5 0 s e n t i r e a s c o l t a r e Conspiracy di Tupelo, Mississippi, Folds e Coldplay (Dear Valentine), 1936). Organi, violini, lap-steel e Pavement e Gomez (One Man Wre- percussioni - l’armamentario stan- cking Machine), Tom Petty e Eels dard del caso - si muovono su uno (Lightning Rod), Neil Young e Arc- sfondo di feedback e brume elet- tic Monkeys (non ci credete? Pren- troniche (vedi l’allucinato finale di dete The Beginning Of The End e Joaquin Murietta, 1853 o la mazur- ditemi se non somiglia ad una Vam- ca macabra da Cave marionetta di pire Blues disinnescata punk-pop). Madeline, 1796). Il motivo per cui alla fine riesco- Una voglia di contagiare la tra- no a guadagnarsi una sufficienza dizione di modernità che si ferma piuttosto ampia è tutto il reticolo di forse un attimo prima di diventare suggestioni metabolizzate che puoi davvero interessante, senza evi- intuire nella polpa catchy, come i tare all’impasto un retrogusto di vocalizzi beachboysiani tra strali messinscena, evidente persino nel- mentale (fanno eccezioni i vocalizzi distorti di chitarra e synth in Ruby la grana lo-fi della ghost (ehm…) di Lost Time) talmente eclettico ed Falls (sorta di Grandaddy con più track. Disco comunque ben ideato, agile da eludere qualsiasi tentativo voglia d’irretire che turbare) o i tur- ben scritto, ben suonato, ben inter- di catalogazione. Tra i dieci episodi gori errebì-soul à la Winwood nel- pretato. (6.8/10) contenuti in The Sun tutto appare le strofe di C’mon. Deliziosamente Stefano Solventi naturale ma allo stesso tempo irra- superficiali, anche quando il cuore gionevole, dal funk mutante model- è amareggiato da uno strisciante lo Kirk De Giorgio della title track, “dissenso” (The Captain, Manifest Fridge – The Sun (Domino / all’ambient folk di Our Place In This Destiny). La birretta che ogni tanto Self, 15 giugno 2007) e Years And Years And Years…, è giusto concedere alle nostre au- Genere: eclectic instrumental dallo svelto e scattante post punk toradio accaldate. (6.3/10) Ma come vive Kieran Hebden? Ci di Eyelids alla prolissa new wave pare una domanda del tutto legit- Stefano Solventi di Clocks, dall’elettronica giocatto- tima all’immediata vigilia della sua losa di Comets alle reminescenze nuova pubblicazione, la quinta (se Half Cousin – Iodine (Gronland Tortoise della pur buona Oram. non andiamo errati) dalla prima- / Audioglobe, 30 aprile 2007) Detto tra noi e, ontraddicendoci con vera dello scorso anno. Una mac- The Twilight Sad - Fourteen quanto espresso in apertura, sareb- china musicale il londinese, che si Autumns & Fifteen Winters (Fat be bene che il buon Kieran consi- alterna tra studio di registrazione e Cat / Audioglobe, maggio 2007) derasse seriamente la possibilità di console, live set e home recording, Genere: junkyard pop; prendersi una discreta pausa anche strumenti tradizionali ed apparec- shoegazing folk perché il dubbio che possa inter- chi elettronici senza apparente so- Oltre a provenire entrambe dal folto rompersi questa incredibile striscia luzione di continuità, lui schivo e sottobosco scozzese (i primi dalle di ottime produzioni è più che leci- riservatissimo esponente di questo minuscole isole Orkney, i secondi to. Confidando nella sua saggezza, nuovo approccio alla discografia da Glasgow), queste due band con- per il momento: (7.0/10) basato su di una indiscriminata e dividono lo stesso punto di parten- sfacciata proliferazione. Una scelta Stefano Renzi za – l’ - pur approdando a forse suicida, che in tempi di rab- esiti diversi per forma ed approccio. bioso peer to peer come quelli che Guster - Gangin’Up On The Sun In realtà per gli Half Cousin, ovve- stiamo vivendo, non possiamo che (Reprise / Ryko / Audioglobe, 4 ro Kevin Cormack e Jimmy Hogarth, rispettare ed appoggiare. giugno 2007) parlare di folk è quantomeno limi- Ma veniamo ai fatti. Per questo en- Genere: rock/pop tante. Da basi rustiche e quasi inti- nesima uscita il Nostro si ricongiun- I Guster da Boston, ovvero una del- miste sviluppano un pop casalingo, ge al laptop folker Adem Ilhan (per le tante rivincite del pop rock vena- giocoso e deliziosamente post-mo- l’occasione al basso) ed al batteri- to Americana. College e lo-fi, AOR derno; Junkyard pop lo chiamano, sta Sam Jeffers, tornando a dare e jingle jangle, power e post-glam, e non a torto, per quell’attitudine vita ad un progetto, quello dei Fri- quel che occorre per stemperare bric-a-brac e artigianale che mette dge, originariamente nato sui ban- un messaggio adrenalinico nel soft insieme chitarre acustiche e fisar- chi di scuola attorno alla metà degli drink inebriante. Memorie omeo- moniche con beat metallici, xilofo- anni novanta ed interrotto, dopo patiche al servizio di un repertorio ni e synth talvolta oscuri. A parte alcune altalenanti produzioni, nel tutto sommato innocuo, per quanto inventiva e fantasia, che pure non corso del 2001. Miracolosamente stimolante. Sono in quattro, come difettano (sentite in quante direzio- riemerso dagli abissi spazio/tempo- gli album già licenziati dal ‘94 al ni si sviluppa l’iniziale Big Chief), rali, il terzetto inglese ricomincia il 2003. Per il quinto, il qui presen- è tuttavia il songwriting a fare la proprio cammino da dove lo aveva te Gangin’Up On The Sun, si sono differenza, con parti cantate che interrotto sei anni or sono e cioè da fatti un bel respiro profondo e poi riprendono Donovan (l’indolente un sound quasi interamente stru- via ad allacciare link agili tra Ben Abide) e Simon & Garfunkel, salvo

s e n t i r e a s c o l t a r e   poi in sterzare verso un melodico e scotto ma riuscendo al tempo stes- inesorabilmente schiacciato dalle catchy electro-pop (The Absentee), so a confermare la grandezza del- pesanti macerie dark. Viene forse o sporcare acquerelli in apparenza l’artista Appelqvist. Espunte anche in mente Him? innocui di forti tinte psichedeliche le ultime scorie digitali che ancora Sono due i componenti del gruppo: (Police Torch), lasciando trapela- comparivano in Naima, le tracce Daniel Änghede (già negli Astro- re qua e là una certa cupezza alla di Sifantin Och Mörkret suonano queen), che si occupa della parte Drake (inconfondibile nello stru- per la gran parte come delle cam- umana del progetto (voce, chitarra mentale Home Help). Eclettismo pfire songs nel senso dell’Animal e basso), e Tomas Almgren, che in- alla riscossa per il duo, che fa così Collective: abbozzi di melodia che vece si destreggia con la strumen- un ulteriore passo avanti rispetto al sbocciano da una chitarra strimpel- tazione elettronica. La loro formula già promettente esordio The Func- lata attorno a un fuoco ed in seguito stilistica tende verso sonorità new tion Room (2004). (6.8/10) sporcati da suoni trovati e field re- wave ( e Cure su tut- In quanto glaswegiani, i quattro cordings di varia provenienza (so- ti), ma quel romanticismo sfarzoso Twilight Sad hanno invece molto prattutto versi di animali, strumenti e troppo invasivo, ostentato in ogni più in comune con le band della giocattolo, stralci di conversazioni singolo passaggio musicale, finisce Chemikal Underground (loro, in- di bambini). L’atmosfera generale è per rendere la loro proposta sterile vece escono per Fat Cat): attingono quella bucolica di un arcadico stato se non addirittura lagnosa. È infatti dal folk celtico come i De Rosa, svi- di natura perennemente agognato: i il contesto musicale, soprattutto gli luppano muri sonori simil– post alla suoni nostalgici richiami a non ab- inserti elettronici, a trasportare tut- Mogwai, si affidano all’aspro accen- bandonarne la ricerca. In Wanxian to (cupezza, malinconia, nostalgia) to locale come gli Arab Strap e si e Freckenåges Spa si torna invece verso territori più propriamente kit- abbandonano a languidezze dense a respirare profumo d’Oriente, gra- sch. Le poche buone idee (Snowfall di epos come i recenti Aereogram- zie a miniature di suono che emula- e Walking With The Sun) vengono me. Quello che però li caratterizza no strumenti tradizionali. ridicolizzate da sinth e tastiere in è soprattutto la smaccata impronta Non mi meraviglierei se all’ascolto puro stile Ottanta sempre sopra le shoegaze che danno al loro suono, di un simile disco si recriminasse righe. Ascoltare Miles per credere. in partenza acustico ma quasi sem- circa una dispersione di forza crea- Romanticamente anacronistici. pre soffocato da distorsioni, echi, tiva che lo pervade tutto intero e Fuori tempo massimo. Come indos- riverberi e wall of sound, mante- che finisce inevitabilmente per diso- sare un maglione di lana in pieno nendo la scrittura enfatica ed aper- rientare - se non rischia addirittura agosto. (4.5/10) ta. Nei paragoni di presentazione di alimentare sospetti di pochezza Andrea Provinciali è stato scomodato persino il genio compositiva. Ma quando si torna a di Van Dyke Parks; troppa grazia fare cose normali - in Talkijangnas Humanoira – L’arte di per una band non meno che buona. Akt lo svedese abbraccia addirittu- sciogliere la neve (Snowdonia / Nulla più. (6.5/10) ra una chitarra elettrica per buttar Audioglobe, 11 maggio 2007) Antonio Puglia giù un refrain rock - ci si accorge Genere: pop-post-rock di rimpiangere semplicemente quei Si cominci dall’inizio del disco fulgori di genio che abbiamo vi- Hans Appelqvist - Sifantin (Adios Nonnini), senza fare eco- sto così spesso affiorare da quel- Och Mörkret (Häpna, 8 maggio nomia di pensieri severi. Le liriche la lunga, ininterrotta dichiarazione 2 0 0 7 ) ci sono (“Sono talmente ricco da d’amore. (7.0/10) Genere: folk, experimental non riuscire a spiegarmi con parole Vincenzo Santarcangelo Il rischio che Hans Appelqvist corre povere”); ma, non si capisce per- dopo un disco della statura di Nai- ché, l’“italiano” degli Humanoira di ma, per sua natura multistratico, è Hearts Of Black Science – The L’Arte di sciogliere la neve sem- quello di lasciarsi trasportare dol- Ghost You Left Behind (Club AC bra giustapposto alla musica; appa- cemente dai mille rivoli che hanno 30 / Goodfellas, giugno 2007) re goffo, nella confezione musicale, alimentato sinora il suo discorso Genere: electro-rock musicale. E’ un rischio che attual- È gia tutto sintetizzato perfetta- mente si fa sentire più che altrove mente nel nome della band: Hear- in ambito avant-folk, dove accade ts Of Black Science. Dunque: cupo spesso che la mancanza di idee romanticismo malinconico. Se a viene spacciata per naivete, il gi- ciò si aggiunge la loro provenienza rare a vuoto di innumerevoli dischi geografica i giochi sono ben presto fatto passare per attitudine speri- fatti. Nord europa, più precisamen- mentale. te Svezia. Con queste coordinate è Sifantin Och Mörkret, nuova uscita difficile sbagliarsi. E infatti non ci su Häpna a soli sei mesi dall’impor- sbagliamo. Affatto. The Ghost You tante predecessore, è un disco che Left Behind rappresenta un con- si fa carico fino in fondo di un simi- densato electro-rock dalle eviden- le cimento, pagandone in parte lo ti tinte pop malinconiche, rimasto

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Melt-Banana – Bambi’s Dilemma (A-Zap Records / Goodfellas, maggio 2007) Genere: cartoon-hardcore Si è scritto giustamente che con Bambi’s Dilemma i Melt-Banana sareb- bero tornati a fare rock dopo le tentazioni electro di Cell-Scape (A-Zap, 2003). Meglio però si sarebbe fatto a sottolineare ancora una volta come per i quattro giapponesi rock finisca inevitabilmente per far rima con har- dcore e spesso anche con grind: in questo senso, brani come Spider Snipe e Heiwaboke ribadiscono con forza che le radici di un gruppo come quello di Tokyo stanno lì in fondo, in qualche capitolo dimenticato dei libri di storia del punk. Le chitarre di Ichirou Agata, ad esempio, non divagano impazzite come al solito,ma erigono semmai il muro di suono di due anthe- miche declamazioni in stile hardcore old school. Anche laddove i Melt-Banana tornano a concedere in termini di integrità punk, lo fanno a favore di soluzioni comunque incompromissorie: accade quando finiscono per apparire come una versione suonata - davvero in tutti i sensi - degli Atari Teenage Riot in T For Tone e Lock The Head; come degli Yeah Yeah Yeahs in astinenza da ritalin in Cracked Plaster Crisis e Plasma Gate Quest; quando scimmiottano i Beastie Boys in Cat Brain Land o l’ambient techno in Type: Ecco System. Tutto questo non impedisce di tra- stullarsi come sempre con effettistica cartoon (Crow’s Paint Brush) e di lasciarsi sedurre da soluzioni vagamente pop (Green Eyed Devil, The Call Of The Vague). Bambi’s Dilemma finisce così per suonare come uno dei dischi più potenti dei Melt-Banana da un po’ di tempo a questa parte e per riconfermarli ai vertici della attuale scena japanoise. (7.0/10) Vincenzo Santarcangelo

s e n t i r e a s c o l t a r e   quando veste melodie che sicuro i rischierebbero anche i Geni, volete Jennifer Gentle - The Midnight critici indicheranno come “rinnova- che l’ex P.I.L. - che alla categoria Room (Sub Pop / Audioglobe, trici pur restando nella tradizione”, non appartiene, pur avendola cor- 19 giugno 2007) ma che ricordano un già sentito in teggiata da vicino - non cada? Pun- Genere: psych/pop radio. La prima scia che si palesa è tualmente, nella dozzina abbon- Perso per strada il batterista Ales- quella dei Litfiba (Radio Caronte). dante d’anni che ci separa dal suo sio Gastaldello, la Marco Fasolo’s Gli arrangiamenti sono curati e non ultimo lavoro sul serio indispen- One Man Band, altrimenti detta Jennifer Gentle, torna a farsi viva si fanno mancare nulla, ma sugge- sabile (Take Me To God, Island per i tipi Sub Pop a due anni dal riscono un sospetto, cioè che l’ar- 1994), ha alternato cose carine a fortunato Valende. Come allora peggio di chitarra di Il mio Amore è una discreta quantità di scivoloni, anzi più (intensamente) di allora, pop (che peraltro presenta un feli- culminati nel fervore di una conver- trattasi di un tuffo tra i modi e le ce l’intermezzo di fiati e una coda sione al cattolicesimo che lascia atmosfere freak/psych dei sixties convincente) occhieggi (anzi faccia perplessi. Tocca però dar atto a Jah da cui il palombaro multistrumen- occhi dolci) ai mezzucci da main- (ehm…) di non essersi seduto sugli tista (chitarre, basso, batteria, ta- stream. E la parte vocale – tranne allori, d’aver cercato con costanza stiere varie...) riemerge col retino quando si teatralizza in modo sin- nuovi percorsi su quelle terre sono- pieno di mostriciattoli anfibi, natu- cero, mentre altrove la teatralità re di confine così moderne da esser ralmente psicotropi, icasticamente nasconde la ricerca di musicalità e a questo punto norma. Si avventura lisergici, grottescamente visionari. bellezza – le fa il paio. E la bellez- lì anche Heart And Soul, sovente Prendete a titolo di esempio il vau- za non si cerca.E allora forse que- mescolando l’amore per il dub alle deville sgangherato beat di It’s In sto disco è un mezzo peccato, con suggestioni etniche assimilate al- Her Eyes, o l’apnea evanescente alcune cose che non si perdonano lorché - ragazzino nei sobborghi di tutta pungoli di chitarre ed ecto- facilmente, ma, in fin dei conti, con Londra - si perdeva dietro alla ra- plasmi d’harmonium di Quarter To alcuni margini di promessa. È qui dio a onde medie. Un po’ muezzin Three, o ancora lo stomp macabro che accade qualcosa. Le speranze (strepitose l’oscura Through The e fors’anche avariato di Telephone prendono corpo già nelle canzoni Mist And Up The Mountain e un’af- Ringing. successive, fino a incrinare la pro- filata Eternal Wanderer che stordi- Inevitabilmente capita di scorgere spettiva iniziale. Ciro e Anna svela sce come ai vecchi tempi) e un po’ spettri dalla fisionomia sospetta, definitivamente le mire post-rock profeta in levare (Lord Keep Me, come i Kinks swinganti e sdruccio- levoli nella beffarda Take My Hand, della band; la title-track è una He- una title track in odore di Clash i Pretty Things vorticosi nel delirio roes trasognata e per nulla marzia- circa Bankrobber), dispone nel madreperlaceo di The Ferrymen, le, che si infrange sul muro post- e mezzo l’alchimista stiloso e sicuro addirittura il Waits più invasato tra che rifrange un violino giocattolo di sé e dei propri mezzi (Desola- i vaticini amniotici di Granny’s Hou- davvero azzeccato. L’Acchiappaci- tion, Whatever Happens, l’autobio- se. Tranquilli, non sto scordando trulli conferma la crescita, facendo grafica I Remember That Time). il vate Barrett: c’è eccome, anni- spiccare la lingua italiota – in un Sorprende, addirittura: butta lì del dato nel dna di pressoché tutte le modo simile a quella bolla che sono Bristol sound storto (The Sweetest tracce, a mo’ di fantasma pacifica- stati i Massimo Volume – dilaganti Feeling, complice la voce di Clea to nell’iniziale Twin Ghosts e nella in Muschio, parabola di teatro-nar- Rose) e un quasi funk refrigerato lenta deriva di Come Closer, sorta razione-vangelico, con chitarra sug- (I’d Love To Take You), chiudendo di vascello interstellare coi moto- gestionata dal live di Ummagumma così il cerchio col ringraziamen- ri spenti. Ma arriviamo al dunque. dei Pink Floyd, e voci raccolte. In- to all’Immagine Pubblica nascosto Alle dolenti note, se vogliamo. Per- somma, pareggio. (6.0/10) tra le note di Blue Lines; si declina ché in quel famoso retino manca la Gaspare Caliri acustico (Appalachian Mountain) e preda più importante, la più diffici- s’adatta a un molle western (Take Jah Wobble – Heart And Soul Me Home), infine si concede uno (Trojan / Goodfellas, 19 marzo sfogo d’acido chitarrismo (Dust 2 0 0 7 ) Bowl). Convincendo, oltretutto, Genere: dub come non faceva da un dieci anni Uomo di talento John Wobble e tut- in qua. Nonostante peccatucci (sa- tavia non esente da difetti, la sma- rebbe lui, sennò?) come una sca- nia di voler pubblicare a ritmi sfian- letta bisognosa di qualche taglio e canti forse il peggiore. Tra scaffali l’uso a tratti smodato del vocoder, e ricerche ne computo una trentina, Wobble pare esser risorto (no: non live e collaborazioni escluse, cer- faccio apposta…). Che lo dessimo to di aver sicuramente tralasciato per bollito troppo presto? (7.2/10) qualcosa. Ora, se a certe cadenze Giancarlo Turra

5 4 s e n t i r e a s c o l t a r e le. Questa preda è l’abisso stesso, tivo raggiunto, su tutti, è che diffi- lizzi distesi e strizzati, una Kate già carburante irrinunciabile per gli cilmente si lascia che la banalità si Bush tarantolata coi Pentangle immaginifici decolli dell’immaginifi- intrufoli in questi pezzi pop; il che a guardarle le spalle. Insomma, co Syd. Il buon Marco invece non è cosa non facile da ottenere, per c’è che questo dischetto aggiunge ne cattura abbastanza, quasi per un nugolo di melodie che si aspet- un’altra rotella a quel miracolo- nulla. Padroneggia l’incastro delle tano di risultare orecchiabili (Il bar so marchingegno d’immediatezza tessere con guizzante ingegnosità, dei miei sogni). Una promozione, strutturata - specie di folk-prog ca- ma scorda di renderci partecipi del- la nostra, che risente della sereni- pace di bruciare piglio indie-wave, le sue ossessioni. C’intriga, ma non tà (non agrodolce, ma vagamente groviglio agile, labirinto dipanato ci scuote. Ci convince, ma non ci surreale) che lascia l’ascolto dei - che l’arguta ragazza ha deciso di avvince. Ragion per cui non resta racconti della Vita sociale di que- propinarci. Bontà sua. (7.0/10) che osservarne le evoluzioni come st’uomo, a suo dire per nulla disin- Stefano Solventi si fa con le cose curiose. In attesa volta. Razzolerà male, ma predica della prossima bizzarria. (6.0/10) bene. (6.7/10) Kalabrese – Rumpelzirkus Stefano Solventi Gaspare Caliri (Stattmusik, maggio 2007) Genere: electrojazzfunk d o w n t e m p o Jet Set Roger – La vita sociale Joanna Newsom and the Ys Il personaggio che ha cambiato le (Snowdonia / Audioglobe, Street Band - EP (Drag City / sorti del black-pop negli anni 90 maggio 2007) Wide, 24 aprile 2007) (tra gli altri) è stato Tricky; poi, Genere: pop-wave Genere: avant folk come tutte le stelle, si è spento in Quelle pose da burattino-buratti- Chiamatelo, se volete, appendice, mille progetti e personalità distur- naio alla Camerini, con alcuni ac- questo EP licenziato dall’impren- cenni di vintage-boogie (Stupido dibile Joanna. Appendice ad un al- bate. Ogni tanto qualcuno racco- romantico, Un’altra scusa), quella bum uscito ormai da mesi (ma che glie i suoi spunti e li rivede, tenta “wave” (Il Tossico e il Commes- ancora non ha finito di sorprendere di rappezzarli in maniere consone so, che vince il premio alla prima e turbare) e anche ad una persona- allo zeitgeist. Kalabrese (aka Sa- canzone che ha inserito nel testo lità capricciosa, intensa, versicolo- cha Winkler) ci prova in questo suo la frase “I capelli alla Valderrama”) re, forse enigmatica e forse burlo- debutto, mascherando il tentativo di che ancora non ha iniziato il riflus- na. Tanto che da una parte accogli riappropriarsi dell’eredità del mae- so, quelle piccole pretese di sofisti- con un ghigno il calembour sprin- stro dietro a una coltre di electro cazione che ha a volte il pop. gsteeniano della ragione sociale, post-2K funkeggiante di chiara pro- Canzoni tristi (a cui partecipa Andy dall’altra t’insospettisci per questa venienza chill-out. dei Bluvertigo, che sarà felice del- scaletta all’insegna della lettera C Il dub/rocksteady si fonde con il l’epiteto di cui non si riesce a li- (che vorrà dire? Che ci sarà dietro? funk e con la tradizione jazzy della berare, né noi lo faremo) eppure Oddìo, mi sfugge l’arcano...). F-Communications in tutto il disco: scanzonate, sorelle di quelle dei In ogni caso, trattasi di soli tre downtempo rilassante nell’eccellen- Baustelle. Una voce tra Bianconi pezzi per quasi mezz’ora di acu- te apripista Oisi Zukunft, il richiamo e Tricarico. Il bresciano-londinese stiche mirabilie & carabattole. C’è all’electrodavis nella bluesissima che sta dietro a queste definizioni l’incanto sospeso di Clam, Crab, Auf Dem Hof, il ricordo (ormai qua- facilone è Jet Set Roger, autore Cockle, Cowrie, ripresa dall’album si d’impiccio dopo le sfuriate LCD di La vita sociale, una delle due d’esordio, chitarra e voce più con- Soundsystem) dei uscite con cui la Snowdonia inizia a trocanto maschile, aria angelicata in Hafenlied e in Hide, easytronica festeggiare i dieci anni di attività. Paul Simon e toccante fragranza da spiaggia caraibica in Body Ti- Ma al di là delle frasi descrittive, da live in studio. C’è una Cosmia ght. come siamo messi a resa? Abba- dilatata fino a raddoppiarsi rispetto Il ragazzo di Zurigo costruisce un stanza bene; un merito e un obiet- alla versione di YS, tutta una marea bel paesaggio di deep-minimal- che monta e ondeggia tra sfarfallii soul rallentata, come ci piaceva di fisarmonica, trilli di banjo e chi- qualche anno fa nelle compilation tarre, ululati (di theremin?), sona- post-K&D della !K7. Un disco ben gli, guizzi vetrosi, incapricciamenti prodotto, featuring azzeccati e una esotici/balcanici, caracollante dol- tecnica ritmica assestata. I lati ne- cezza, mistero terrigno, memorie gativi sono la mancanza di singoli Led Zep, Fairport e - argh! - primi da brivido e la prolissità insensata Queen. di troppe tracce. Attendiamo che il Poi c’è Colleen, il pezzo inedito, giovane prenda sul serio la missio- marcetta al passo di percussioni ne e che si stacchi definitivamente sorde, infiorescenze medievali di dalla defunta e impolverata afro- fisarmonica, chitarre, arpa, quel lounge dei 70.(6.0/10) canto tutto squittii e ombre, voca- Marco Braggion

s e n t i r e a s c o l t a r e   La Otracina – Tonal Ellipse Of alla visione, che induce allo stato Non particolarmente innovativo The One (Holy Mountain, giugno di trance senza bisogno di additivi quando attacca con la chitarra, vedi 2 0 0 7 ) psicotropici. la strizzatine d’occhio fatta a Hen- Genere: heavy psichedelia Nei cinque lunghi pezzi strumen- drix nella centrale Bune, la pacca Neanche il tempo di assorbire quel tali si trovano così detriti di trenta sulle spalle data a Montgomery mastodonte post-kraut che era e passa anni di storia della musi- nella successiva M St R Ng W Tchcr Love, Love, Love ed ecco che ce li ca con la S maiuscola, come nella Ft L V Ng N Sp R T e l’abbraccio ritroviamo di nuovo di fronte. Dopo paradigmatica Sailor of The Salvian a Loren Mazzacane Connors nella una strepitosa messe di uscite in Seas, in cui passaggi epocali lungo conclusiva Sighns. Dove invece mi cd-r per la Colour Sound, etichetta una linea rossa che dai Black Sab- sembra che ci siano i margini per di casa, il combo newyorchese dal bath/Blue Cheer arriva agli Sleep/ costruirsi uno stile più personale è sangue italiano (la chitarra è quel- Om approdano inermi su marziani quando prende di petto il microfono la della nostra vecchia conoscenza lidi sludge. e si dedica a vocalizzi tanto eterei Ninni Morgia) approda per questo Ma è il senso del tutto a rimandare quanto concreti. In quest’ottica, il esordio ufficiale nientemeno che a qualcosa di lontano ed alieno, ad disco inizia nel migliore dei modi alla Holy Mountain, etichetta che un suono che nell’immaginario col- con due brani che fanno largo uso più di tutte ha ultimamente incar- lettivo si è fatto esemplare visione delle parti vocali con la chitarra che nato al meglio il nuovo sentimen- su pentagramma di mondi lontani e semplicemente gli va dietro. Fai- to cosmic-psichedelico americano. sognati, tanto quanto su carta si è ries fa pensare addirittura ai Popol Non un caso, d’altronde, dato che materializzato, esempio tra i tan- Vuh! (6.5/10) di quell’afflato cosmico e dilata- ti, negli incubi Lovecraftiani. Non Che la voce sia componente fon- to tipico delle uscite targate Holy a caso la finale, lisergica Ode To damentale del suono di Lichens Mountain è pervaso l’intero album Amalthea incorpora quel fraseggio lo si intende a meraviglia anche del collettivo americano. altro che l’entità aliena di Incontri guardando il dvd accluso al disco Musica follemente spaziale che si Ravvicinati del Terzo Tipo invia- e che fotografa un concerto dell’an- abbevera delle mire cosmiche di va sulla Terra come messaggio di no scorso tenuto all’Empty Bottle di Sun Ra – dopotutto Space Is The saluto. Colonna sonora del cosmo Chicago. L’inizio per sola chitarra è Place, ricordate? – annegandole in per come lo possiamo intendere noi tremendamente noioso, ma quando una tempesta sonora in cui psiche- terrestri, Tonal Ellipse Of The One comincia a cantare o comunque ad delia espansa, visionarietà prog, rischia di diventare uno degli album esprimersi con la voce l’ipnosi co- accenni kraut e frammenti di atavi- classici del genere che non possia- mincia piano piano a manifestarsi. co blues distorto si frangono in un mo non definire psichedelico. Otti- Quello con il duo dei White/Light tutt’uno. Musica come polvere di mo, non c’è che dire. (7.5/10) è invece un caotico esperimento di cometa cristallizzata, come recita Stefano Pifferi drone noise psichedelico che suona lo sticker in copertina. Come a dire esattamente come la somma delle le aperture alari degli Amon Duul, Lichens – Omns (Kranky / Wide, parti e si avvicina come idea di base la fuga in avanti che fu dei primi, 7 m a g g i o 2 0 0 7 ) a quella degli Hash Jar Tempo, ov- immensi King Crimson, l’amore White/Lichens – Self Titled vero Motgomery + Bardo Pond. Lo per la reiterazione di alcune frasi (Holy Mountain / Goodfellas, 24 stile però è più simile a quello dei musicali à la Can ed in più l’amore aprile 2007 ) primi Growing, ergo vaste pianure per l’improvvisazione che non sca- Genere: psichedelia, di drones che partono quieti e di- de quasi mai nel senso di distrut- drone noise ventano via via più minacciosi, con tiva catarsi di molti compagni di Una primavera abbastanza impe- il lirismo di Lowe ad aprire squarci etichetta. Un piacere per l’orecchio gnata per Rob Lowe, che ritorna nel caotico marasma noise. e per la mente, se ancora non si con un disco nuovo, un dvd e una Riferimenti ovviamente anche a fosse capito. Musica che stimola collaborazione con i White/Light. Earth e Sunn O))) come si evin- Il precedente The Psychic Nature ce facilmente dalla doomeggiante Of Being era un lavoro acerbo e Belial. Insomma tutto già risaputo insicuro ma questo Omns, secon- e già sentito. Questo disco annoia do disco effettivo a nome Lichens, con slancio e in più c’è l’aggravan- aggiusta il tiro e inquadra meglio te nerd che i titoli dei brani sono la visione psichedelica dello stra- chiamati con il nome dei demoni no bassista nero dei 90 Day Men. della Goetia evocati da Re Salomo- Sempre più fulminato da una vaga ne, credo ai tempi dei babilonesi o e confusa idea di mistica orientale, dei sumeri. Ci manca poco che non Lowe usa voce e chitarra per dipin- appaia anche “Gozer il distruggito- gere lunghe e sottilissime trame di re” sotto le sembianze dell’omone psichedelia spaziale, narcotica, se- di marshmellows... (5.5/10) rena e appena un po’ malinconica. Antonello Comunale

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Monotract – Trueno Obscuro (Load / Goodfellas, 24 aprile 2007) Genere: elettro-noise/no-wave Un classico disco Load che procrastina le ovvietà no-wave. Un gran disco Load che non può fare a meno di citare la no-wave. Un disco che non pote- va che uscire per Load che riesce a fare no-wave in modo non derivativo. Un disco di no-wave che fa parlare di sé senza necessariamente parlare di New York tra Settanta e Ottanta - e che solo la Load poteva fiutare. Si sarà capito che il climax è finzione recensoria, e che chi scrive pas- serebbe direttamente ad appoggiare l’ultima posizione senza passare dal via. Treno Obscuro dei Monotract non presenta pressoché per nulla punti deboli, incertezze, difetti. Mezz’ora (la lunghezza perfetta di un album, a mio vedere) di rumore convincente, consapevole dei propri debiti ma indif- ferente alla deferenza. Si parte (Muddy Thunder) dai DNA miscelati a una versione techno della mutant-disco poliritmica (ops, si era detto niente NY!), con arpeggio malatissimo e trascinato di chitarra. Si riesce persino a incastonare, avvolto nel becerume, un episodio di delicatezza febbrile e lynchiana, come una rosa che sboccia coi petali cosparsi di insettini parassiti; è la spettrale Under My Arm, con un filo di voce femminile musicalissima, che fa il paio con la versione industriale dei Silver Mt. Zion (Red Tide). E poi Ballad of Lechon ha dentro i Dead C missati su una batteria-anello mancante tra free-jazz e post-rock – ancora una volta, del tutto no-wave. Big N accompagna una filastrocca scazzata con un synth di sottofondo (che poi invade la scena) il quale ricorda l’EML 200 di Ravenstine. I Monotract arrivano a Load dopo esser passati – con Xprmntl Lvrs (2006) – da Thurston Moore (e dalla sua Ecstatic Peace). Non è un caso. Teniamoli d’occhio. Ma temiamo anche il peggio; che perdano la loro approssi- mazione melodica perennemente intortata dalla percussività che spumeggia senza controllo (Cafu y Kaka). Che si tengano a bada. Intanto godiamoci questo consigliabilissimo disco. (7.3/10) Gaspare Caliri

s e n t i r e a s c o l t a r e   Lightning Dust – Self Titled consiglieranno loro di rientrare alla di Annie, che sanno tanto di torch (Jagjaguwar, 19 giugno 2007) base. (5.7/10) songs anni 30 quanto di notturno Genere: psych/folk Stefano Solventi cantautorato jazz, stanno sempre Salutati - temporaneamente - gli lì, tra la suggestione e la maniera, impetuosi Black Mountain, i cana- Little Annie – Songs From The tra lo standard e l’azzardo. Antony, desi Amber Webber e Joshua Wells Coal Mine Canary (Durtro Jnana lungi dall’aiutare a muovere in dire- fanno il nido in un teatrino mentale / Goodfellas, aprile 2007) zioni più avventurose, affoga tutto dove pressoché tutto accade senza Genere: cabaret soul-jazz nella consueta melassa mèlo dei fragore, dove ogni palpito sgomita Ci sono volti che guarderesti senza Johnsons. Annie, dal canto suo, se per farsi pregnante ed ogni river- mai stancarti. Volti che raccontano non è diventata la preferita di Da- bero tenta di aprirsi un varco lungo storie come libri. Volti che vivendo vid Lynch è solo perché la sua voce la schiena. Organi hammond, chi- si sono meritati un impalpabile ap- non è che sia straordinaria, ma con tarre trepide, violino, piano elet- peal di carisma. Il volto di Annie delle corde vocali più potenti, come trico, una sparuta batteria: questo Anxiety Bandez è uno di questi. Lo quelle di Julee Cruise per esempio, l’armamentario, bastevole ad alle- sguardo ti fulmina immediatamente il regista di Velluto Blu avrebbe stire romanticherie spettrali in cui anche se arriva da una malconcia adorato e utilizzato in qualche suo la voce di Amber si destreggia con jpeg in bassissima risoluzione e film. Un disco che sa di maniera ma una certa apprensione al limite del- non ha l’eyeliner a mettere in evi- che si lascia sentire senza noia per la goffaggine, quasi si sentisse cor- denza. Dal vivo probabilmente An- tutta la sua durata. Probabilmen- po estraneo. Non è, in effetti, una nie trasforma le persone in pietra e te appartiene alla categoria delle gran voce. Limitata nell’estensione, ipnotizza i presenti con mezzo sor- cose che migliorano invecchiando e non mi stupirei se fra 30 anni, in il vibrato elargito con stucchevole riso. Lei è una che ha scritto ormai occasione della ristampa con bonus generosità, prigioniero di ubbie un voluminoso capitolo nella storia e outtakes, il me stesso del 2037 gothic-dark e fregole psicopompe segreta dell’arte made in New York. si sperticasse nelle lodi iperboliche che ne fanno un bignami Siouxie Un curriculum che alla voce “Spiriti che si conservano solo per i classi- dalle tacite ambizioni Grace Slick. affini con cui si è collaborato” elen- ci inattaccabili. (6.5/10) Priva oltretutto di cuore, e questo ca gente come Current 93, Coil, è il grave. Del resto, è ciò che si Crass, Adrian Sherwood, Kid Congo Antonello Comunale meritano queste canzoni. Costrui- Powers, Larry Tee, Wolfgang Press, Mick Harvey – Two Of Diamonds te su alcune buone, buonissime Nurse With Wound, Bim Sherman, e (Mute, maggio 2007) intuizioni melodiche, però preda tanti altri ancora… Insomma il pro- filo della dark lady che per pren- Genere: rock d’autore di strutture fin troppo schematiche derti per le palle non ha bisogno di Si compie un errore sottovalutando per non dire frettolose. E’ quel che fare mossette o scoprire due cm di Mick Harvey, trattandolo alla stre- capita ai biechi tormenti dell’inizia- pelle. Con il pericolo però di gioca- gua dei numerosi “cattivi semi” che le Listened On o alla verve noir di re sempre sulla linea di confine che negli anni hanno scortato il peregri- Heaven, dove s’avverte la presen- separa l’attore dal personaggio. nare di Nicholas Cave. Premesso za di un progetto estetico e formale Esattamente il carattere che alber- che ognuno di loro ha lasciato, chi che precede di gran lunga l’urgen- ga nelle canzoni di questo Songs più e chi meno, una traccia impor- za espressiva. In altre parole, lad- From The Coal Mine Canary, ulti- tante e che gli ottimi Grinderman dove i “pionieri” dell’ultima risco- mo nato nella discografia di Annie rivelano un Nick più collaborativo perta psych-folk - Espers, Vetiver, e primo concepito nell’accoglien- di quanto si credesse, giova sot- Faun Fables... - tentano di getta- te casa Durtro Jnana di David Ti- tolineare che - laddove Blixa fu un re luce su una dimensione nuova bet. A dare una mano ci sono “Sua braccio adeguatamente “sinistro” perché dimenticata, di reinventarsi Onnipresenza” Antony e Joe Bu- - il più quieto Mick rappresentava una magica verginità espressiva, i denholzer già in Backworld e Small di certo il destro. Quello riflessivo Lightning Dust fanno gli smorfiosi Creatures. Le stilosissime ballad e razionale, cioè, volto a pondera- con le ombre, recitano sapendo di re e pesare mosse e dichiarazioni farlo, si cuciono addosso la parte. mentre ostenta un poliedrico talen- Allestiscono una vera e propria “ri- to strumentale e interessi artistici vista”, come dimostra quello scon- multiformi. In quello che è il suo se- certante intruso country-pop che condo album solista vero e proprio risponde al nome di Wind Me Up. in un decennio buono (da computa- Ciò non toglie che riescano ad az- re due tributi a Serge Gainsbourg e zeccare situazioni intriganti, come una sfilza di colonne sonore), Har- l’eterea malinconia di Castels And vey fa difatti tutto o quasi da solo. Caves o gli spiragli folk-soul aper- Ben gliene incoglie, perché questa ti da Days Go By (praticamente dozzina di brani possiede unitarietà un apocrifo Cat Power). Tirate le di scrittura ed esecutiva entrambe somme però, credo che in molti esemplari, tipiche dell’artista matu-

5 8 s e n t i r e a s c o l t a r e ro e che non appartengono al side- nienza originaria dei Misha, auto- nostre afose giornate estive; il che man di lusso o all’interprete comun- ri di un freschissimo album di pop non è poco. (6.8/10) que acuto. E’, in sostanza, un passo cristallino. Dietro tale sigla, infatti, Andrea Provinciali avanti notevole rispetto al buono si nascondono Ashley Yao e John One Man’s Treasure (Mute, 2005), Chao. Dopo aver trascorso l’infan- Monks – Demo Tapes 1965 (Play nonché la sua cosa migliore con le zia nella loro madre patria si sono Loud! / Goodfellas, 25 maggio personali riletture del repertorio di persi di vista, ma, nonostante ab- 2 0 0 7 ) “Gainsbarre” proposte con l’egida biano intrapreso direzioni divergen- Genere: rock’n’roll/beat Intoxicated Man. Non prospetta al- ti, si sono rincontrati a New York Se il krautrock ha saputo essere cunché di inatteso Two Of Diamon- appena finito il college. Proprio lì così stravagante anche nelle sue ds, per chi s’è accompagnato oltre ha preso corpo il progetto Misha. manifestazioni meno intelligenti, che a Re Inkiostro anche ai Crime Due anni dopo la loro partecipa- lo dobbiamo anche a questi fin- And City Solution: canzoni d’auto- zione alla Alphabet Singles Se- ti monaci che scorrazzavano nelle re che portano in spalla la tradizio- ries su Tomlab, se ne escono con balere tedesche di metà degli anni ne senza farsi schiacciare, intrise Teardrop Sweetheart, il loro de- Sessanta. Si narra infatti – il solito di folk e country e blues. butto assoluto. Il tema principale Julian Cope – che allora i Monks, Agili nel loro transitare da un dell’album è l’amore che, intessuto arrivati in Germania in qualità di Cohen seduto sulla “Mercy Seat” in queste delicate trame sonore, in militari americani per difendere (Little Star) a frequenti sospensioni bilico tra cantautorato tradizionale l’avamposto d’Occidente, miscela- da Hazlewood mutato in chanson- e sperimentazioni moderne in bas- rono (noncuranti di forme di coe- nier (Sad Dark Eyes, strepitosa; la sa fedeltà, risulta ancor più dolce renza) tutti i generi di rock’n’roll mesta Here I Am), meglio se attra- e luminoso all’ascolto. Undici can- che si passavano il testimone come verso una briosa Out Of Time Man zoni che scivolano via veloci tra mode semestrali in terra anglosas- dei Manonegra che nella collisione folk pop, minimalismi elettronici, sone. Condivano con liriche sov- tra The Passenger e Love Me Two orchestrazioni anni Sessanta alla versive i loro beat – quasi un trat- Times sostituisce il lungo Senna Bacharach e digressioni tropicali. tatello nuggets – forti del fatto che con deserti Go-Betweens. Slow Immaginate il Beck meno frenetico i tedeschi allora non capivano nulla Motion Movie Star e il gospel bian- alle prese con il pop dei Sessanta, in lingua inglese.Va da sé che non co Everything Is Fixed potrebbero che flirta con i Notwist e gli Allu- possiamo rimanere indifferenti alla appartenere al più tragico Lanegan minium Group, con un’attitudine pubblicazione delle registrazioni e nessuno avrebbe a che ridire; melodica tradizionale. inedite che portarono al capolavoro Home Is Far From Here porta Dylan I Misha incantano per la loro sem- Black Monk Time; in queste fre- in punta di piedi verso Morricone, plicità stilistica. Si accontentano di schissime Demo Tapes 1965 viene tratteggiando insieme a Blue Ar- se stessi, senza ampollose ricer- infatti raccolto materiale di prova rows – breve dipanarsi tra pop tin- catezze o scorciatoie modaiole . dei novelli Monks e dei The Five to di jazz e contenuto melodramma Melodie tanto sbarazzine e solari Torquays (There She Walks e la – i momenti migliori della raccolta. ma non per questo mielose e ap- seconda Boys Are Boys) – il fugace Che è, l’avrete afferrato, una delle piccicose. Basta poco per rimane- nome precedente del gruppo prima migliori in ambito di rock “classico” re ammaliati da siffatta semplicità che indossasse tunica e si rasasse ad aver visto la luce nel fin qui piut- stilistica. Addirittura il ritornello di i capelli con la chierica. tosto mediocre 2007. (7.4/10) Crystal In Love sembra evocare i La cosa principale da dire è che Giancarlo Turra Blur di Boys And Girls (riferimento questi sono bozzetti ritmici e armo- che compare in più di un episodio) nici, prove dilungate e spezzate, senza pretese generazionali. Qua- “per vedere l’effetto che fa”. Sono Misha – Teardrop Sweetheart si tutte le canzoni si mantengono demo tape, appunto, quindi tenta- (Tomlab / Wide, giugno 2007) sullo stesso ottimo livello melodico. tivi di strutture, innesti per far bal- Genere: electro-pop Taipei, Taiwan. Questa è la prove- Ma Weatherbees e Summersend ri- lare con più convinzione gli astanti sultano essere una spanna sopra germanici. E la carica è forse an- tutte le altre. La seconda, graziosa cor più forte dei riff dei Kinks della all’inverosimile, rischia di farci in- prototipica You Really Got Me - in namorare inevitabilmente: sembra I Hate You si sente tutta la futura di ascoltare i primi Cure immersi dirompenza batteristica di Zappi nelle delicatissime malinconie dei Diermaier, o la secchezza concet- Komëit (sì, proprio quelli remixa- tuale dei motor-battiti dei Neu!. ti da Robert Lippok) con il fine di Non c’è la schiettezza e la geniale scrivere la canzone pop perfetta. compressione di Black Monk Time. Teardrop Sweetheart non rivolu- Questa raccolta ci fa però capire zionerà di certo i canoni della can- quanto erano importanti per i Monks zone pop odierna, ma sicuramen- le strutture ritmiche, la percussio- te riuscirà almeno a rinfrescare la ne e la testura; ci fa assistere alla

s e n t i r e a s c o l t a r e 5 9 manovra di allungamento dei pez- ma basta dire semplicemente New zi prima che venisse colto il “fiat” York, citare Matthew Herbert al giusto per il disco. E a noi sembra tempo della Big Band (un grande una serie di intelaiature rock’n’roll speleologo). Dire che nel Dungeun ad uso dei dj affezionati al periodo. & Dragons di roba che c’è nel suo Probabilmente a qualcuno risulterà disco, Patrick è decisamente il più un esercizio di lucro – sì, ma fa calligrafico di tutti, persino dei più niente. (7.3/10) vecchi. Gaspare Caliri Pesca stili che manco il nonno e li unisce togliendo pochino di sé: Until

Naked Musicians - A Sicilian You Said I’m Gone per dire è subli- Wa y O f C o o k i n g M i n d me Doo-Wop in acque Mersey su un (Improvvisatore Involontario / classico up-tempo lounge-jazzato (roba prima dei Beatles boh…). Co- Wide, 15 maggio 2007) Martino, Mina, Cocciante... - stem- gnac & Caviar piglia dalle Sit Com Genere: impro jazz avant perato nei riverberi liquidi di Italian dei Sessanta togliendo al pop per E’ un calderone psychico e sordi- Graffiti Collapse Vol. I. dello in cui ventidue - se ho con- L’esperimento può dirsi riuscito, dare alla soundtrack, Days Without tato bene - musicisti (più o meno malgrado quel sapore di laborato- Rain mette su un’altra base jazzy professionisti, più o meno jazzisti, rio, di allestimento, di coltissima e velluti xilofonati, con Rocket To comunque tutti siciliani a parte uno goliardia. Un ascolto destinato a The Moon a portare il rock’n’roll a che è sardo) s’impegnano a disar- sinapsi operose dentro crani dispo- teatro (dicono la lezione di Bobby ticolare, scomporre, grattugiare via sti a darsi una spettinata di tanto in Darrin e Dion DiMucci) e Birds Of la pelle dal consueto manifestarsi tanto. (6.8/10) Fashion è un barricato vaudeville delle cose. Archi, chitarre, ottoni, Stefano Solventi come quelli di McCartney (la musi- percussioni, ma anche computer, ca della TV prima della TV). Ogni elettroniche ed una voce recitante brano c’ha una sua splendida co- (beffarda piuttosto e anzichenò). Patrick Cleandenim - Baby reografia retrò ma le strutture non C’è organizzazione nell’improvvi- Comes Home (Broken Horse / sono mai cervellotiche e infine tro- sazione, ovvero ci sono degli spar- Goodfellas, 16 aprile 2007) viamo questa caratteristica batteria titi che le maestranze sono tenute a G e n e r e : b i g b a n d , a rinfrescarli: un tocco pimpante e rispettare, ma il mastro conduttore lounge, anni 50 pieno di bollicine (microfonato otti- Francesco Cusa ha pensato bene di Baby Comes Home è il disco d’esor- mamente peraltro), che rappresen- sostituire le note con simboli spe- dio di un ragazzo sui vent’anni che ta l’elemento popular di un discorso ciali, per cui non cambia l’idea di prima, quando ancora studiava arte, convenzione però cambia la con- faceva parte dei Clockwork, un trio ad ogni modo ballabile che non si venzione stessa, alla radice. simil-Radiohead un po’ jazz targato fa mancare nemmeno i ritmi latini Col risultato che tutto sembra gal- Kansas City. Baby Comes Home è (Whispers Only Hurt Them) e il tan- leggiare sul brodo acido d’una fan- pure un motivetto spy-movie anni go (Hollywood). Baby Comes Home tasia un po’ folle un po’ lucida, ben 50 (legni e legnetti, tocco exotica) è un gran disco. Tanti dischi assie- competente e vivace, imbrigliata in con il quale inizia la tracklist di un me. Il mood di un’epoca. Un affare un incubo garrulo, sbrigliata quan- disco fondamentalmente pop data- da primo della classe. Ed è proprio do c’è da riformulare parentele e to retroattivamente tra gli anni 40 la troppa intelligenza e newyorchi- affinità, soniche o mnemoniche e i 50. Rimandi studiati e grande tudine a frenarlo un po’. Un peccato o affettive che siano. Quasi venti eleganza dunque, melodie fresche d’autocelebrazione sotto sotto, ma minuti lisergici, sfarfallanti e ango- e mai pompose, anzi impeccabili, nulla di grave. (7.0/10) sciosi per l’iniziale L’avvitamento giochi di prestigio altroché, dato Edoardo Bridda del capitalismo, poi s’avvia una A che suonare con l’orchestra (che in Night In A Caravan che è rigurgi- questo caso ne conta 12 di elemen- to Ellington rumbesco tra spasmi ti) tira fuori dei mondi di suoni in- funk devoluti, quindi più avanti teri. In giro leggi Bacharach, Scott ecco la torva concretezza e l’ango- Walker e Van Dyke Parks appiccica- scioso caracollare di Gurdjieff, Jo- ti su ogni gomma pop fatta d’archi dorowsky, Lugo, e ancora il raglio sintetico in loop tra ghigni fusion e e fiati, per non parlare di tutti quelli guizzi swing in Del perché è impos- che dicono che lo swing è nato con sibile che l’uomo sia atterrato sul- gli scozzesi (Belle And Sebastian), la luna. Senza contare il pastiche i norvegesi (Sondre Lerche) e per- canzonettaro - rimembranze Modu- sino gli irlandesi (Patrick Wolf). gno, Little Tony, De Andrè, Bruno Vorrebbero tutti fare bella figura

6 0 s e n t i r e a s c o l t a r e turn it on

Psychic TV - PTV3 Hell’s Invisible Is Her/e (Sweet Nothin / Goodfellas, 28 maggio 2007) Genere: post trash hippy Era dal 2003 che correvano voci insistenti a proposito di un nuovo disco di Genesis P-Orridge sotto la sigla che da sempre lo accompagna, gli Psychic TV. C’era stato, è vero, un tour mondiale con una giovane lineup l’anno successivo che aveva mostrato una rinnovata formula rockista poi però tutto parve concentrarsi nell’affare reunion dei Throbbing Gristle e così l’album rimandato a data da destinarsi. Quest’anno le cose si sono messe in sesto: ad aprile, dopo ripetuti ritar- di, i TG interrompono il silenzio discografico con un lavoro immenso, ma non passano due mesi che Genesis bissa con Hell’s Invisible Is Her/e il nuovo album degli Psychic giunto a destinazione dopo ben due anni di session intermittenti. È stata una mossa necessaria e significativa per il cantante perché il nuovo sforzo, definito dallo stesso musicista come “il Dark Side Of The Moon del nuovo millennio”, segna il definitivo superamento di un lungo periodo di transizione che lo ha coinvolto a partire dalla depressione di fine Novanta ed è continuato con l’insediamento in una nuova identità sessuale nel Duemila spaccato. Nonostante le sue scelte siano apparentemente folli, Orridge non è impazzito, lavora su se stesso con estrema visceralità e se citare i Pink Floyd pare un’eresia, è questione di saper ascoltare e vedere. L’album infatti, per chi lo vuole leggere tra le righe, rappresenta una ricongiunzione con il passato più remoto del musicista. Poiché signore e signori, al pari di un Ferretti, anche l’ex ragazzo industriale è tornato a casa. Dove? Tra le mura di un deriva psichedelica con la quale tra il 1975 e 1976 alcune penne avevano descritto la primissima musica dei Gristle, una dark side del sogno sessantottino degenerata in cupe lacerazioni rumoriste e strazianti urla. Dunque Genesis hippy o freak rinnegato sì, proprio lui, un’ipotesi falsa solo per chi non l’ha conosciuto bene, un’evi- denza che il nuovo lavoro ri-conferma disegnando i confini di una personale Altamont sonica per il ventunesimo secolo, una formula che pesca a piene mani dal lato scuro di fine Sessanta, ammiccando con l’esoterico e il comunitarismo mansoniano. Sono premesse che la performance – di un ora e tredici minuti – del nostro non tradisce, anzi, a sorpresa (e a riprova dello stato di salute attuale) Hell’s è tra le migliori prove del repertorio solista di sempre, uno zibaldone di rockismi bagnati nell’acido attraverso almeno tre decadi di rock (e diramazioni), un oracolo in grado di supe- rare il trash a favore di una forma espressiva che se da una parte trascende il ludico e il ridicolo, dall’altra si concede all’eccesso (’90) come all’infantilismo (’60), all’estetica del make up (’70) come a quella dell’occultismo più gotico (‘80). Orridge canta con potente carica iguanesca e viscerali romanticismi (echi che virano persi- no verso il primo Bono in Lies, And Then!), altrove si rivela angosciante come ai tempi dei Throbbin’ (In Thee Body tra ululati e necrofilia), oppure si concede un mantra (Milk Baba), una posa in omaggio agli amati Brian Jonestown Massacre (Maximum Swing), oppure una narcosi stile Sunday Morning (New York Story). Tanta roba certo, ma quel che più ci piace è questo surfare satanasso sopra i generi da icona, da grande performer. Da rockstar. Personaggio oltre e basta, Genesis, generoso, duttile, indipendente. Troppa forse è la carne al fuoco ma il canovaccio più solido di quanto sembri, una band di giovani newyorchesi compatta e pienamente integrata con lui/lei/esso il cui unico difetto è quello di aver puntato proprio sul gender per attirare i curiosi e invece è un grande album e basta. (7.2/10) Edoardo Bridda

s e n t i r e a s c o l t a r e 6 1 Paul McCartney – Memory no spesso), perfino ’90 (Only Mama del death metal. Ma come se fos- Almost Full (Hear Music / Knows, che pare un momento sca- sero i degli esordi Universal, 5 giugno 2007) tenato degli Sparklehorse, la be- a compiere il misfatto. I Fucking Genere: pop, rock, folk ckiana That Was Me). Una varietà Champs potrebbero probabilmente Poco meno di due anni fa, Sir Paul che sa di pasticcio e manca di mes- trovare in Lebec & Company dei te- aveva segnato un bel punto a suo sa a fuoco, di fatto il lirismo - che mibili rivali. Non fosse per il fatto favore grazie alla fortunata colla- dovrebbe stare al centro del disco che riprendono, in questo stesso borazione con , con- - pare più forzato che sincero, co- brano, anche il thrash, ad un cer- vincendo un po’ tutti (cosa che stretto in arrangiamenti e melodie to punto del suo svolgimento, per non accadeva da tempo per un suo non all’altezza (You Tell Me, Hou- ripiegare poi in un crescendo auti- album solista) e rischiando persi- se Of Wax).Possibilmente stavolta stico fra hardcore e hardrock. Del no di far breccia negli indie kids. Macca si è lasciato andare più del resto i nostri sono abituati a stu- Funzionava a meraviglia, Chaos solito, come d’altronde è successo pirci. A Delicate Sense Of Balance, And Creation In The Backyard, alcune volte nel suo percorso so- coi suoi languori quasi slintiani, perché a un songwriting ispirato e lista (ehm, la maggior parte delle chiude un album fatto di 8 compo- insolitamente intimo accompagna- volte a pensarci bene, tranne for- nimenti, dove nessuno supera i 7 va una visione di insieme coeren- se per Flowers In The Dirt… oops minuti di lunghezza. Manca la pièce te, un mood ricercato e fortemente come non detto, ai tempi c’era El- de resistance dei precedenti. Ma la voluto. E’ lo stesso motivo per cui vis Costello). O, più semplicemen- varietà stilistica e la compattezza questo Memory Almost Full, inve- te, questa volta il materiale non è esecutiva sono infinitamente mag- ce, non funziona come dovrebbe. Il esattamente di prima qualità, ma ad giori. (7.0/10) che è paradossale, se si pensa che uno che ha scritto 3453453,3 perio- Massimo Padalino queste canzoni nascono esplicita- dico canzoni pop in quarant’anni e mente come una sorta di concept passa, possiamo perdonarlo facil- People Press Play – People sulla memoria e sul passato, an- mente. Peccato però, perché il suo Press Play (Morr Music / Wide, dando a pescare a ritroso nel vis- intimismo da terza età cominciava g i u g n o 2 0 0 7 ) suto dell’ex Beatle. E’ quindi facile a piacerci. (5.8/10) Genere: electro pop supporre che il producer di turno, Antonio Puglia Anche se i danesi People Press David Khane (The Strokes, Bruce Play sono al loro debutto assoluto, Springsteen), abbia avuto un ruolo i componenti della band sono tut- Pelican – City Of Echoes (Hydra diverso nel guidare il Nostro rispet- t’altro che dei novelli. La cantante Head, maggio 2007) to a Mr. Radiohead; francamente, Sara Savery aveva già esordito da Genere: post rock, post metal ci viene il sospetto che ciò che solista con il progetto Savery; gli Un album che sembra avvicinarsi, ascoltiamo sia maggior parte fari- altri tre elementi – Anders Rem- a tratti, al post rock tout court. City na del sacco dell’autore, che anche mer, Jesper Skaaning e Thomas Of Echoes, il pezzo che titola il CD, qui suona quasi tutti gli strumenti Knak – avavano già collaborato in- compie una prima incursione verso (eccetto alcune tracce preparate sieme nei Future 3 e singolarmen- lande perlomeno transitate dalle in precedenza con la touring band) te avevano già dato vita a proget- geometrie ritmiche dei Don Cabal- e, si presume, ha avuto più libertà ti solisti rispettivamente con Dub lero. E non è forse una coinciden- nel selezionare il materiale ed ar- Tractor, Acustic e Opiate. za. Bliss In Concrete, ad esempio, rangiarlo a suo piacimento. Ecco Chi già conosce i progetti succitati pur mai rinunciando ad una narra- che si trastulla con un mandolino può ben immaginarsi quell’oceano zione su basi hard, colpisce per la in Dance Tonight - filastrocca inti- elettronico, fatto di sintetizzatori e mancanza di fronzoli “psichedelici” ma come le sa fare solo lui, alla All computer, nel quale sono immersi quali quelli in passato riscontrati. Together Now, per capirci, ma con i People Press Play. Ma non c’è Vi è anzi una sorta di rivisitazione tutta la maturità dell’occasione - , solo questo. Infatti la loro proposta si produce in spericolati solo di chi- è sì sostenuta da un solida strut- tarra, giochicchia con improbabili tura elettronica ma si lascia rapire basi al laptop e vocoder (la wing- dolcemente da atmosfere più pro- siana See Your Sunshine e Feet In priamente pop se non addirittura, in The Clouds), scatena il suo miglior alcuni episodi, shoegaze. Per far- urlo alla Little Richard in Nod Your la breve siamo molto vicini a certe Head (pasticciata però da figure di sonorità indietroniche; non a caso archi simil Kashmir..); poi ancora è proprio la Morr Music l’etichetta mette assieme ’60 (quelli suoi in regina in tale ambito. Ma il combo Ever Present Past - col clavioline danese non si accontenta di quel- ripescato da Baby You’re a Rich le atmosfere glitch di facciata, ne Man -, quelli dei Beach Boys di scandaglia i fondali cogliendone Vintage Clothes), ’70 (certe kitchi- l’essenza. Allora tanto vale chia- tudini alla ELO / Queen che affiora- mare le cose con il loro vero nome:

6 2 s e n t i r e a s c o l t a r e electro pop. Questo e non altro è il come fanno i Pissed Jeans. Che con vo della sua prima band e che, ad - campo d’azione sul quale si muovo- Hope For Men sembrano lanciarsi dirittura, per l’uso eccessivo che no i Nostri. Se la sezione strumen- in un brutale de profundis della mu- ne faceva, finì per caricare troppo tale spinge verso quelle sfumature sica tutta. Un frullato di basi stoner anche i suoi primi album, è in The elettroniche molto vicine ai Lali e attitudine garage dove triturare Bragg & Cuss quasi del tutto as- Puna è la voce di Sara Savery a speranze e redenzioni attese e mai sente. È rintracciabile solo in pochi riportare il tutto in una dimensione realizzate. Un CD che conta una episodi che non a caso risultano di pop cristallino, puro. Infatti quel serie di riff che pesano come maci- essere sicuramente i migliori del suo modo rilassante quasi jazza- gni sulle tue orecchie. Una raccolta disco: Red Dragon Wishes e Lilly to di modulare le corde vocali dà di canzoni che se ne fottono se non White. Certo, la capacità di scri- l’impressione di avvolgere tutto in sono up to date con lo schifo che vere bellissime canzoni - Whiskey una dimensione elegantemente ma- ci circonda. E che anzi ti mostrano Straight e Silver Trees - è innata, linconica, allo stesso tempo intima sorridendo il dito medio mentre la ma quella sua peculiarità dram- e accogliente ma anche solare e tua spocchia segnala le infiniti rug- matica del cantato tragico ne rap- di più ampio respiro. Le influenze gini di un genere dato per spacciato presentava sicuramente un valore sono tante, da Brian Eno ai Boar- troppo in fretta. Un disco, insomma, aggiunto. Di ciò ce ne lamentiamo ds Of Canada fino a certe sfumatu- che non poteva non essere mar- il giusto, dato che queste dodici re alla My Bloody Valentine. Pro- chiato Sub Pop. Non fa male ogni canzoni sono comunque figlie di un prio quest’ultimi sono evocati in più tanto voltarsi indietro e ricordarsi raffinato e curatissimo cantautorato di un episodio nell’album (Girl, The da dove si proviene. (7.0/10) country-folk. (6.3/10) Walk e Stop). Canzoni come Always Manfredi Lamartina Andrea Provinciali Wrong e Hanging On ondeggiano rilassate tra rimandi dub e derive Rocky Votolato – The Bragg & Rothko – Eleven Stages Of elettro-minimali, valorizzando ma- Cuss (Barsuk / Second Nature, Intervention (Bip Hop / Wide, gistralmente le doti vocali della Sa- 1 9 g i u g n o 2 0 0 7 ) g i u g n o 2 0 0 7 ) very. Ma è These Days la canzone Genere: country-folk Genere: post-rock più riuscita dell’album: scivola leg- Prolifico interprete della scena Pianosequenza lunghissimo. Foto- gera sopra prati elettronici sorretta indipendente del Northwest sta- grafia limpida. Immagine sgranata. da una melodia pop tanto struggen- tunitense, Rocky Votolato se ne te quanto immediata. Sembra quasi esce con un nuovo album a nome Rothko. Eleven Stages Of Inter- ripercorrere i fasti di (This Is) The proprio che si va ad aggiungere vention. Post-rock strumentale dal- Dream Of Evan And Chan di Dntel. ai quattro precedenti. Ma se l’ulti- l’evidente impatto cinematico. Dieci Purtroppo il resto è di più basso li- mo Makers ci aveva stupito posi- tracce che si muovono sospese sul vello, ma dobbiamo ammettere che tivamente, The Bragg & Cuss fa bordo della pellicola, che lambisco- il disco nel suo complesso è di ben registrare un piccolo passo indie- no atmosfere ora asfissianti, ora altro calibro rispetto a tutte le re- tro. Ovviamente non significa che torride, ma sempre cariche di ma- centi uscite in tali ambiti musicali. l’ex cantante dei Waxwing - band linconica suspence. Dieci episodi Un semplice ma delicato incontro di punta della scena emocore - ab- strumentali lunghissimi che già dai fra digitale e analogico. (6.6/10) bia rivoluzionato negativamente il titoli, suggestivi oltremodo, fanno Andrea Provinciali suo approccio stilistico. Solo, quel- accedere in scenari cinematografici l’evoluzione che lo aveva avvicina- dai fondali sospesi e marcatamen- Pissed Jeans – Hope For Men to a del calibro di Will te cupi. Occore predisposizione vi- (Sub Pop / Audioglobe, 5 giugno Oldham e Iron & Wine è qui devia- siva, prima che auditiva, per farsi 2 0 0 7 ) ta da una virata verso sonorità più scivolare filmicamente sugli occhi Genere: , stoner tradizionalmente country. Certo, questo album. Tutto già sentito? E dire che nel qui e ora del 2007 quei richiami ci sono sempre, come Ovviamente sì. Ma i quattro musici- questa parola sembrerebbe qua- sempre è vivida l’influenza di El- sti inglesi – che si avvalgono anche si una bestemmia. Eppure è così. liott Smith, ma il tutto adesso suo- della copresenza di due bassi – fan- Grunge. Ma non quello leccato di na molto più classico. Dipenderà no tutto in maniera eccelsa. Come produzione e avaro di emozioni del forse dall’utilizzo onnipresente del- del resto hanno sempre fatto anche post Cobain. No. Qui siamo dalle l’armonica? Ma anche quella pro- nei loro lavori precedenti; non a parti dei Nirvana cafoni, scrausi fondità emozionale che finora ave- caso, infatti, hanno sempre pub- e punk di Bleach, e dei seminali e va segnato ogni passo del Nostro, blicato per etichette indipendenti ancora più cafoni Melvins. Gente sembra un poco attenuata. Adesso che le chitarre le suonavano con i punti di riferimento da lui adottati europee di tutto rispetto come Lo una vanga al posto del plettro. sembrano essere Johnny Cash e i Recordings, Too Pure, Bella Union Che le corde vocali parevano per- Wilco. Ma a certe altitudini, si sa, è e Kraak. Il punto di riferimento prin- cuoterle con un’ondata di rabbia veramente difficile respirare. Quel- cipale rimane sempre quello dei incontrollabile proveniente dal lato la drammaticità propria della voce Godspeed You! Black Emperor, più oscuro del loro cuore. Proprio di Votolato che fu il tratto distinti- ma qui il suono risulta molto più

s e n t i r e a s c o l t a r e 6 3 essenziale, scevro da orchestra- siste di un’ora e mezza di trasvo- Diresti trip hop, per via delle bat- zioni ridondanti. Novità registrate lata googlemaps sopra l’isola con terie elettroniche che scandisco- nessuna. Ma la bravura stilistica e tutto – ma proprio tutto – a suo- no con metronomica precisione le quell’attitudine da colonna sonora nare esattamente come dovrebbe, malinconie assortite di questi dieci restano completamente intatte. Lo anzi pure con una certa patina in brani. Diresti pop, per via dell’in- stesso buon film dello stesso buon più perché oltre c’è la storia ed è terpretazione in falsetto di Chris regista. Per un’intensa digressione meglio andarsene con un certo James, che per uno strano scherzo cinematica. Per chi mai ne avesse decoro. Yorke e Martin tendono le del destino sembra essersi trapian- mani (la radioheadiana Svefn e la tato le corde vocali di un altro Chris, voglia. (6.3/10) Coldplay-like Kvef). Sentimenti al anche lui inglese, che di cognome Andrea Provinciali calor bianco, luccichii di campa- fa Martin e canta nei Coldplay. Di- nellini, animismo nordico, chitarre resti soul, per la devastante com- Savage Republic – Siam mozione che ti prende per la gola EP (Neurot Recordings / durante l’ascolto di Bloodstream, la Goodfellas, 1 marzo 2007) Everybody Here Wants You del ter- Genere: trance-rock zo millennio. Stesso basso robotico Non c’è Bruce Licher e lo si sape- e distaccato, stessa vocalità strug- va, c’è però un inizio che sembra gente, stesso senso di meraviglia. cristallizzare il tempo, come se Cu- Brividi con la “b” maiuscola solo a stoms distasse qualche ora invece parlarne e applausi a scena aperta di diciotto anni. 1938 è quello che all’ascolto. Pare che più di qualcuno tutti volevano, ovvero solita e “sel- stia scommettendo forte sull’avve- vaggia” turbolenza di tom e roto- nire di questi cinque ragazzi di Lee- tom, di percussioni e chitarre aspre ds. DJ Shadow già lo scorso anno come se a suonare fosse un’entità invitò James a cantare nel suo The che racchiude Killing Joke, i Pil di Outsider. E la stampa musicale in- Flowers Of Romance e Virgin Pru- glese si interroga su come sia stato nes infiammati dal sole losangeli- folkish e crescendi elfici, trilli gli- possibile che un simile concentrato no. La saggezza di pubblicare un tch e polvere d’angelo a cadere dal di talento e prospettive commerciali EP – senza prodigarsi magari in cielo. Inutile citare i soliti quattro a sia stato lanciato da un’etichetta in- un full-length a rischio riempitivi paragone. Sono quelli e basta. Non dipendente tedesca, l’ottima !K7. E – consente ad ogni minuto dei venti li staremo a ripetere stancamente intanto che il mondo si prepara ad complessivi di essere vissuto e di perché in questo quarto lavoro, la un nuovo inarrestabile fenomeno, commuoversi al cospetto dall’epici- stella islandese sigla l’apice di un noi ci limitiamo a chiudere gli occhi tà psichedelica di Marshall Tito e percorso personale che lo ha por- e ad aprire il cuore alla splendida Monsoon, oppure concedersi al so- tato alla forma canzone, proprio ballata Inscape, che riaggiorna la gno tribale della title-track che con come le nobili anime nordiche pri- lezione dei Depeche Mode più dark la rispettosissima cover di Heads ma di lui. Una splendida torre so- mettendo in fibrillazione brividi ed Will Roll di Echo And The Bunny- pra a una nuvola. Un cantautorato emozioni. (7.3/10) men richiama a quei giorni furenti new age per gente che crede alla Manfredi Lamartina di metà ’80. Seppur assente in stu- storia della natura amica e della dio, il genio di Licher è rintraccia- fuga verso l’incontaminato. E dun- Sterling – Cursed (File 13 / bile nell’artwork di Siam, una pre- que stappiamo le bottiglie perché il Goodfellas, giugno 2007) rogativa che da sempre va di pari libro del post-rock diventato “affare Genere: prog(horror)metal passo con quella scena che un tale Reykjavik” è stato dato alle stampe. Ho sempre sospettato che Andy A Produce ebbe l’onere di battezza- Dietro di sé il profumo di un format Lansangan rappresentasse l’anima re Trance… Bentornati. (7.0/10) d’umanità in strofe e placidi arran- prog dei 90 Day Men, che la svol- Gianni Avella giamenti ambient-folk-elettronici, ta di To Everybody in direzione di la voce agrodolce di Birgir Hilmars- una scrittura ricercata sia coinci- Stafraenn Hakon - Gummi son (già Blindfold/Ampop) e quella sa in toto con il suo ingresso de- (Resonant / Goodfellas, maggio nasale-ottanta di Efterklang Casper finitivo nel gruppo. Un disco come 2 0 0 7 ) Clausen. Siamo buoni. Siamo mor- Cursed non fa che confermarlo e Genere: islandic sound ti. Adieu. (RIP/10) va sconsigliato sin da ora a quanti Con un pop intimista in prossimità Edoardo Bridda abbiano deprecato la metamorfosi albionica, un afflato live da grande intercorsa tra (It (Is) It) Critical produzione floydiana, e soprattutto Stateless – Self Titled (!K7 / Band (Southern, 2000) e i dischi una pacifica grandeur islandese a Audioglobe, 18 giugno 2007) a venire dei chicagoiani. L’inclina- tutto campo, Gummi potrebbe es- Genere: pop, soul, trip-hop zione del pianista verso sonorità sere – lo è lo è – il Division Bell È davvero particolare questo esor- di ispirazione lato sensu classica, di casa Resonant. Il pamphlet con- dio eponimo degli inglesi Stateless. verso gli eccessi e le lungaggini

6 4 s e n t i r e a s c o l t a r e turn it on

Silver Daggers - New High&ORD (Load / Goodfellas, 25 aprile 2 0 0 7 ) Genere: no wave, jazzcore È da un po’ di tempo che i buoni vizi funk(no)wave che percorrono la spina dorsale dell’underground losangelino tentano d’uscire dall’anonimato; uno di questi in cui crediamo sono i Silver Daggers, un trio (allargato a quintet- to) che scazzando la cover dell’omonima canzone di Joan Baez ha pensa- to di darsi all’avant garage più cangiante trovando presto a New York (e a casa Load) un ideale bomber dal quale sganciare i propri sproloqui. I cinque fanno jazz-core al fulmicotone iniettato di Lower East Side, am- morbato dalla SST e assillato da nervosismi assortiti e sono una band tutt’altro che avvezza al culto del dilettantismo: Jackson Baugh (voce e chitarra) potrà anche depistare con quel cantato à la David Thomas, ma sentite quella sei corde: c’è un nervosismo particolare, un preciso funk ridotto a un brandello, piccole scariche sulle quali s’inseriscono il sax co- riaceo di Jenna Thornhill o la tromba spastica di WIlliam Stangeland Menchaca. Un treno. E comunque in corsa verso il caos Lightning Bolt, a frenare ci pensano l’asciutto (ma caotico) batterista Marcus Savino e il devoto albiniano Steven Kim al basso (soprattutto lui). Sempre se i due non vengono relegati in fondo alla sala per dar spazio a un interplay che contempla una tela di tastiere-serpente (si sa mai che pensino di non avere un suono abbastanza incisivo). Al capitolo paragoni troviamo gli olandesi The Ex, veterani nell’unire jazz al punk, più che i No Means No (il basso si però), oppure i nostrani Zu (ma sono molto più dispersivi), detto questo è la compo- nente New York, di ieri e di oggi, la variabile determinante e qualcuno, a proposito d’iniezioni d’angolarità, già li antepone all’LCD Soundsystem. Il funk c’è ma state in guardia: prima di ballare i Silver Daggers è meglio munirsi di coraggio. E noi ce l’abbiamo. Ci potete credere. (7.2/10) Edoardo Bridda

s e n t i r e a s c o l t a r e 6 5 dell’album rock trovano in un grup- Joy Division che tornano fra i vivi molti perché arriva dopo un album po come Sterling ottima dimora e per fare i balocchi sul dancefloor che, giusto un paio d’anni fa, ha finisce per innestarsi sulla passio- (Bones, The Racing Rats), magari fatto parlare di sé. A ragione: quel- ne - comune a tutti i personaggi con la mediazione degli Ultravox lo di Alligator era un incantesimo coinvolti sin dal 2000 nel progetto più potabili (la title track manda che si reggeva su pochi, indispen- - per il metal storico e per gli horror barbagli à la She Came To Dance) sabili elementi e su un songwriting di scuola. Sì che, creatura a quat- o dei Cure via Echo And The Bun- immediato, incisivo e profondo, tro teste - oltre a Lansangan, Tony nymen (Escape The Nest). Però tra che mischiava miracolosamente Lazzara (batteria degli Atombom- una bruma e l’altra s’intravedono trame acustiche e spleen di matri- bpocketknife e dei Milemarker), Al complicanze che scomodano certo ce wave, in una scrittura indie pop Burian (basso dei Milemarker) ed folk pop iperteso Coldplay e l’au- deliziosamente smithsiana. Roba Eric Chaleff (chitarra) -, gli Ster- ra prog annacquata Elbow (When da perderci la testa, fra gli addet- ling di Cursed - terzo disco dopo Anger Shows), salvo rivangare quei ti ai lavori e fra le nuove leve di Murderer (Swey, 2002) e Sterling primissimi Radiohead che in parec- seguaci del genere, al punto che i (File13, 2003) - possono dedicarsi chi - non del tutto a torto - accusa- National oggi sono una delle indie a ricamare di orditure barocche tre vano di scopiazzare gli U2 (in Smo- band americane più richieste in UK. lunghe suite di metal strumentale à kers Outside The Hospital Doors Sarà merito anche del baritono di la Isis-Pelican. Lurker è malinco- aleggia chiaro lo spettro di I Can’t). , che nelle sue in- nia pagana in stile Neurosis colata flessioni crepuscolari non può che in forma di pesanti riff di chitarra su ricordare l’ennesimo Ian Curtis, e insistite scale di pianoforte. Acacia tutte le palpitazioni romantiche del parte con una linea melodica pia- caso. E’ un’illusione che si fa qua- no-chitarra memore dei Goblin che si reale in Mistaken For Strangers, musicano Dario Argento, ma è solo un brano potente che potrebbe es- il preludio di una seconda fase psi- sere uscito dal canzoniere degli chedelica in cui sono il possente Interpol – se solo Banks e i suoi drumming di Lazzara e la chitarra fossero capaci di costruire così effettata di Chaleff ad essere pro- bene delle trame sonore elettro- tagonisti di un crescendo epico acustiche -; ma, ad essere onesti, come dei Godspeed You!Black quello della band di Cincinnati è Emperor in fissa per l’horror, oscu- un disegno ben diverso dal diven- ro come Bohren Und Der Club Of tare l’ennesima sensazione emul- Gore senza alcuna fisima jazz. An- wave. Come in Alligator, il focus è che Eyes suona come la colonna fisso sulla scrittura, che vuole es- sonora dei nostri peggiori incubi, Le chitarre che sfrigolano riverbe- sere autoriale strizzando l’occhio tastiera vintage ad incutere terrore ri affilati fino a farsi fumettistiche, ai vari Cohen, Cave e Staples, e ritmica che rallenta sino a ripie- senso di allarme a blandire la cassa suggestioni sicuramente aiutate garsi su se stessa in una dinamica in quattro, il vocione imbronciato e da voce e testi. Nondimeno, c’è speculare al crescendo di Acacia. struggente (che azzarda addirittura un lavoro sugli arrangiamenti che Si tratta di un disco tutto sommato croonerismi soul nelle strofe di Spi- conferisce uno spessore e una po- particolare, che credo possa risul- ders), riff tanto prevedibili quanto tenza inediti per la band, con den- tare gradito a molti per l’immagi- caramellosi. Una coltre di addobbi se stratificazioni di suoni e enfasi nario che riesce ad evocare e per che non basta certo a rendere inte- sulle percussioni: a prova di ciò, la cura con cui è scritto e suonato; ressanti queste trame bolse, questa sentite come si sviluppa l’iniziale ma puzza a tratti del peggior prog reiterazione di non-idee. Anzi, sem- , che nel breve volge- e finisce per sfibrare anche l’ascol- brano gli elettrodi infilati nel cada- re di due minuti assume toni epi- tatore meglio disposto dopo ripetuti vere per farlo sobbalzare: all’inizio ci degni dei migliori U2 (replicati ascolti. (5.0/10) il gioco è così macabro che diverte, in Guest Room) e orchestrati alla Vincenzo Santarcangelo poi infastidisce, infine annoia. La Sufjan Stevens (che, tra l’altro, è chiusura di Well Worn Hand, con la ospite del disco); gli allestimenti The Editors - An End Has A wave finalmente disillusa tra piano sonori restano comunque misurati, Start (Kitchenware / Self, 22 sperso e trilli di mandolino, somiglia senza indulgere troppo in enfasi, giugno 2007) ad un sollievo. (5.2/10) che pure sarebbe il rischio mag- Genere: wave/pop Stefano Solventi giore. Se nel miraggio Joy Division Seconda prova per il quartetto da / Arcade Fire di Brainy e Squa- Birmingham, che corregge sensi- The National – Boxer (Beggars / lor Victoria e nella neworderiana bilmente la rotta rispetto al solco Self, 25 maggio 2007) Apartment Story si rientra anco- Interpol dell’esordio. Ovvero, sia- Genere: wave, folk, songwriting ra di diritto in certi canoni wave, mo sempre a battere sul chiodo del- Si rifanno vivi i nuovi pupilli della poi arrivano ad equilibrare i timbri la wave danzereccia, quel piglio da Beggars, ed è un ritorno atteso da gentili e acustici di Green Gloves,

6 6 s e n t i r e a s c o l t a r e Racing Like A Pro e la romanticis- ge. E i termini di paragone, in tutta sima Slow Show con i suoi teneri sincerità, sono un po’ ingombranti. crescendo alla Belle & Sebastian, In ogni caso, una band che merita mentre Start A War arriva a lam- di essere tenuta in considerazione. bire i Lambchop e Cash. Diventa (6.9/10) così chiaro che i National vogliono Daniele Follero assolutamente alzare la posta, e This Et Al – Baby Machine a giudicare anche solo da Gospel (Cargo / Goodfellas, giugno (una signora canzone, che ve- 2 0 0 7 ) dremmo bene in bocca all’ultimo Genere: post-punk Jarvis Cocker), ci sentiamo pronti Interpol, Bloc Party, Mogwai, a scommettere insieme a loro. An- Queen Of The Stone Age, …Trail che se Boxer vi sembra immediato una specie di 12” con all’interno un Of Dead, sprazzi di noise, shoega- del suo predecessore, dategli una 7”. Mah, a cosa serva tutto ciò non ze, emocore di ultima generazio- possibilità. E poi un’altra. E poi si capisce bene, né loro ce lo sanno ne e digressioni addirittura doom, un’altra ancora… (7.2/10) spiegare. Una strategia per soppe- il tutto mischiato ad hoc da questi Antonio Puglia rire alla mancanza di un prodotto bravi “ascoltatori” This Et Al nel che si propagandi da solo? Non loro album d’esordio, Baby Machi- The Poison Arrows – Straight To si direbbe. In realtà, al di là delle ne. Questi quattro inglesi di Leeds The Drift (File 13 / Goodfellas, “sperimentazioni” sul formato del riescono in questa mastodontica g i u g n o 2 0 0 7 ) vinile e l’orrendo nome della band impresa senza addirittura spende- Genere: indie, noise, post che, onestamente, si commenta da re nulla in originalità. Sicuramente Ascoltare un EP di quattro pezzi e solo, c’è veramente tanto di buono bravi a strutturare le canzoni: diffi- guardarsi intorno, stupiti. Il calen- in Unanimous Bangers. cile sentire così tanti cambi di tem- dario che segna un balzo all’indie- Non ci si aspetti chitarre distorte e po e di genere in una stessa trac- tro – gli anni Novanta che ancora tre accordi in croce, né sfacciatag- cia. Ma ciò avviene in tutti gli undici bruciano nel nostro cuore – i suoni gine garage: la musica dei Punks episodi che compongono l’album. che richiamano certe epiche chitar- non ha nulla a che vedere con il Tutti potenziali singoli: energici, punk. Il riferimento più diretto è ristiche dei June Of ‘44, il sudore nervosi e scattanti proprio come il senz’altro la psichedelia lisergica che cola copioso tra una dissonan- mercato richiede. Tutti conditi con di fine anni ‘60: i suoni ovattati e za e una melodia. Gli americani la stessa attitudine vocale alla Bloc trattati al delay di A Saucerful Of Poison Arrows tornano con Strai- Party. Dunque: non solo derivativi Secrets dei Pink Floyd; i primiti- ght To The Drift, che è un con- oltremisura, ma anche sorprenden- vismi percussivi mescolati all’elet- centrato di sano e vitale indie rock. temente ripetitivi. Dicevamo appun- tronica di Affenstunde dei Popol Quello che nasce post e matura to: bravi “ascoltatori”, niente di più. Vuh e l’idea del trip sensoriale di (Illi)noise. Quattro brani che graf- Allora meglio indossare le cuffiette Magical Mystery Tour dei Beatles, fiano ed emozionano. Paolo Iocca dell’iPod che armeggiare con gli rivivono insieme in un album tutto strumenti. ( ) dei Franklin Delano ospite vocale 4.0/10 concentrato sull’alterazione di co- nel monologo conclusivo in italiano Andrea Provinciali scienza. di Lockaway. E anche di questo ci Ascoltare questo disco può mette- vantiamo un bel po’. Hanno ragio- re in discussione il proprio stato di Tied & Tickled Trio - Aelita ne quelli della pubblicità, quando coscienza che, se non già alterato (Morr / Wide, giugno 2007) dicono che c’è più gusto ad essere per conto suo, si riscopre in una Genere: space film music italiani. (7.0/10) dimensione onirica tra echi portati Li davamo in rotta verso un moder- Manfredi Lamartina all’estremo (Fuck You, Man), ritmi nariato cool jazz appena sfiorato ipnotici (Untitled Part.2; Terror- dalle macchine nel DVD A.R.C. e The Punks – Unanimous Bangers fied Lights) e suoni ovattati, filtrati invece il nuovo lavoro del Tickled (5 Rue Christine, 2007) come se tra noi e il supporto sonoro Trio cambia le carte in tavola e, a Genere: psychedelia si frapponesse qualcosa. Un’espe- sorpresa, toglie gli ottoni. Al loro Simpatico esperimento, questo del- rienza che assomiglia all’ascolto di posto, classici beat nu-elettronici la 5 Rue Christine, di pubblicare un musica in stato di dormiveglia, con tedeschi (geografie africane Map- LP a due velocità! Sì, proprio così: quell’indefinitezza che è propria station come risciacqui Tarwater/ come viene spiegato nelle note di delle percezioni in fase r.e.m. To Rococo Rot) e soprattutto linee presentazione di questa prima re- Unico difetto di questo disco sta tastieristiche e mellotron, grappoli lease dei semi-sconosciuti The nell’estremizzazione dei suoi ele- di xilofoni e Glockenspiel per una Punks, il disco contiene alcune trac- menti d’ispirazione. In poche pa- (chamber)film music che sa al tem- ce che girano a 33 giri e altre a 45 role, più volte si ha l’impressione po essere malinconica, nostalgica (con la possibilità di poterle ascol- di ascoltare i riferimenti succitati, e sottilmente spettrale, senza farsi tare ad entrambe le velocità), come come in una sorta di revival vinta- mancare certi scarti intelligenti nel

s e n t i r e a s c o l t a r e 6 7 poi l’opaco , album lemots, che a sua volta somigliava difficile e cupo, seguito da quattro ai Dexy’s Midnight Runners… vab- anni di silenzio, se si eccettua una bè). Ah, tenete conto che il voto divertita esibizione sul palco londi- che segue è più per affetto che per nese del Live 8. altro. (6.8/10) Ci eravamo quasi dimenticati dei Antonio Puglia quattro scozzesi, distratti da orde Two Gallants – The Scenery Of di new britpoppers di ogni genere e Farewell EP (Saddle Creek / dalle continue ondate di giovani di Self, 30 maggio 2007) belle speranze. Loro invece lavora- Genere: alt. vano nell’ombra come niente fosse, Cinque pezzi per un EP che costi- col solito Nigel Godrich a rivestire tuisce un assaggio - in attesa del il tutto della sua luminescenza e, terzo album sulla lunga distanza stavolta, con la straordinaria assi- dub (Tamaghis con echi di Map- previsto per il prossimo autunno - stenza del padreterno Brian Eno. station e Sabres Of Paradise) o dell’alt.country rock del duo di San Ci sono tutti i numeri del “disco del in lande tortoisiane (Other Voices Francisco. Essenzialmente si tratta gran ritorno” per Fran Healey e i Other Rooms). E non c’è che dire, di lunghe ballad acustiche ora agi- suoi, che dalla loro hanno sempre il gruppo dei fratelli Archer sembra tate da un impeto country – in cui avuto una quintessenziale legge- un’altra cosa. Totalmente. Virata a li preferiamo di gran lunga - (come rezza e un innato sesto senso nel 180° che le liner notes andranno a nell’iniziale Seems Like Home To forgiare melodie solari e malin- chiarire, perché Aelita è nato da Me), ora rallentate in midtempo coniche quanto basta, senza mai performance pensata per il festival psych rock indolente (Lady), debi- sprofondare nell’autoindulgenza di Hausmusik, circa un’ora di sug- trici tanto del padre Dylan, quan- pretenziosa dei Coldplay (giusto gestioni legate al futurismo, alla to del figlio . Con accarezzandola un po’). Conor Oberst musica cosmica e al costruttivismo un’epica del racconto che li avvici- Nel riprendere pari pari la formula russo tanto amato dai Kraftwerk. na allo Springsteen più cinematico. di e del citato The Un corpus sonico che è stato regi- Invisible Band (i Crowded House Si ascolti il teso centrale Up The strato, missato e prodotto nell’arco più folky + i Radiohead più gigio- Country, in cui un’armonica e un di un weekend di lì appresso. Ne ni, se la cosa avesse un senso), violino tingono a profusione di umo- è uscito un album “immediato”, tut- non è altro ri Cash una ballad che si snoda na- t’altro che estemporaneo e più di che un bell’album di genere, che turalmente verso la sua conclusio- ogni altra cosa portatore di uno probabilmente ha il solo merito ne, mentre vengono evocati scenari spleen tutto contemporaneo: quel di ricordarci dell’esistenza di una di sere assolate in paesaggi rurali. futuro che ieri c’era e oggi non c’è band che davamo per spacciata, Come è giusto che sia, del resto. Il più. Quel fantastico che s’è perso. e invece gode di buona salute. Ci calligrafismo che sfiorano in più di I TTT attivano ricordi e prospetti- va benissimo così, perché a parte un’occasione e che li accompagna- ve attraverso texture minimali: abili Big Chair – un maldestro tentati- va sin dal disco precedente è tem- tocchi drammatici à la Morricone, vo di Eno di far suonare i Travis perato qui da un’urgenza espres- carillon (la residentsiana Chleb- come gli U2 tecnologici - e qualche siva che si avverte palpabilmente, nikov) e calibrati tocchi Sessanta amenità di troppo, l’ascolto fila li- anche se i pezzi non sono memo- (You Said Tomorrow Yesterday). scio, con picchi deliziosi come la rabili nella scrittura. Ma si lascia- Non tutto splende (automatismi conclusiva New Amsterdam (e bel- no trasportare dalla foga e questo electro non mancano in A Rocket la ghost track, come tradizione) basta, per ora. In attesa di ulteriori Debris Cloud Drifts) ma l’alchimia e il probabile singolo spaccatutto conferme. (6.0/10) s’innesca come d’incanto …e Major (che però somiglia Teresa Greco Tom è di nuovo tra noi. (7.0/10) tanto a Trains To Brazil dei Guil- Edoardo Bridda Volt – Self Titled (In The Red / Travis – The Boy With No Name Goodfellas, 7 maggio 2007) (Sony, 10 maggio 2007) Genere: electro-billy Genere: brit-folk-pop Questo disco dei francesi Volt si Com’è che si chiamava l’album di descrive già da solo, sviluppando Sing, quella del video con la bat- lo stupore che può generare l’inte- taglia a colpi di cibo? Ah già, The stazione; un album (quasi) elettro- Invisible Band, un titolo che non nico che esce per la garagissima In ha portato esattamente fortuna ai The Red (!). suoi autori. E’ andata a finire che Non ne viene distillato un revival invisibili lo sono diventati per dav- della mutant disco o dell’electro- vero, i Travis: prima l’incidente al punk (a parte forse in Alles Neu, batterista nel 2002, con stacchetto addirittura da

6 8 s e n t i r e a s c o l t a r e turn it on

Video Hippos – Unbeast The Leash (Monitor / Wide, 19 giugno 2 0 0 7 ) Genere: noise-pop Sbucano praticamente fuori dal nulla questi Videohippos, duo di Balti- mora al debutto assoluto e con le idee ben precise in testa. Al di là delle freakerie di rito (dalla copertina all’immaginario cartoonesco, dal gioco di parole del titolo fino ad arrivare al look dei due) Jim Triplett e Kevin O’Meara dimostrano la padronanza dei propri mezzi tipica di chi vuole fare la propria cosa a dispetto di che aria tira in giro. Forma mentis tutta indie-rock, gommosi ritornelli su girotondi di tastiere e synth e voci un po’ nasali per un disco che non può non ricordare il noise-pop dei primordi, per intenderci quello nato coi Jesus and Mary Chain. Certo le varie Tooth Sub, Bear Fight, Downfall e Narwhals riescono a discostarsi da quella ma- trice in virtù di una freschezza compositiva che al momento è raro trovare in giro, soprattutto su questo tipo di sonorità. Infatti in un contesto simile, e con questo tipo di attitudine, ci sta bene anche la pulsione a sperimentare, come il muggito che è You Thougth I Was Dead o i rumorismi sottopelle che ogni tanto fanno la loro comparsa e che non alterano l’equilibrio faticosamente raggiunto. In ogni caso, e tanto per sgomberare il campo dai dubbi: Unbeast The Leash è una delle sorprese più inaspettate di questo 2007. (7.2/10) Roberto Canella

s e n t i r e a s c o l t a r e 6 9 Talking Heads innervositi), ma uno Waterboys – Book Of Lightning sviluppo che – cosa (quasi) strana (Universal, maggio 2007) – ad ascolto avvenuto non stona Genere: rock con le scelte dell’etichetta. Niente Ci siamo amati intensamente, Mike, da ributtare nel mazzo; ma neanche che fanno vent’anni tra poco. Dap- a un capolavoro. prima con la tua “grande musica”, I due cantanti emettono latrati epica e roboante senza scadere piuttosto divertiti e grezzi; non è nel ridicolo oggi rispolverata dagli un caso che entrambi provengano Arcade Fire, poi con quel “Blues da formazioni punk-garage – dai Del Pescatore” che reinventava in No-Talents la voce impertinente magistrale scintillio il folk d’oltre- di Lili Z, mentre Jack A era ne- manica. Il tempo è nel frattempo gli Splash Four. Lili risulta a volte trascorso, l’hai speso perdendo un imparentata con le Blow (86 Frien- ragazzo acquatico dietro l’altro e dalla foga di convincermi che la ds), quando il beat retrocede a una cercando di rincorrere le lancet- bussola non l’hai persa e che sia sua normalizzazione, ma soprat- te. Alla fine sei caduto in quello ancora il 1988. C’eravamo tan- tutto quando è assente l’elemen- che uno stizzito Lloyd Cole bollò to amati, Mike. Dovevi proprio? to perturbatore dell’omologazione come “misticismo da bazar”. Hai (5.0/10) ballabile. fatto dischi inutili, oltre che brutti, Giancarlo Turra Cosa sarà mai? Una vecchia cono- in sedici tonde primavere di buchi scenza; la distorsione della chitar- nell’acqua. Wayne Robbins & The Hellsayers ra - che fa sgusciare l’electroclash Ora rispolveri un’ennesima volta - The Lonesome Sea (Dell’Orso di questi brani da un lato verso la gloriosa ragione sociale, ritrovi qualcosa di più industriale; dall’al- / Goodfellas, 19 marzo 2007) i vecchi amici e te ne esci con un tro (e nella maggior parte dei casi) Genere: psych folk rock nuovo album. Da una scorsa dei ti- verso sporcizia rockabilly (Cou- Dal North Carolina una nuova toli parrebbe che nulla sia cambia- ples, ma soprattutto I Don’t Feel proposta che potrebbe alleviare i to, e l’inizio non male di Crash Of So Good, che sembra una cavalca- malumori di chi non ha ancora di- Angel Wings (Lennon e Hitchcock ta/remix dei Cramps). gerito lo split dei Grandaddy, il su caracollare da Highway 61) fa Tutto questo mi fa pensare a rincoglionimento di Corgan e l’ine- presagire un guardarsi indietro se qualcosa tipo l’electro-garage, vitabile esaurimento della vena non a This Is The Sea, almeno o electro-billy, ma non quello dei Neil Young. Difatti, in questo The verso A Girl Called Johnny. Inve- Suicide, o forse in una variante Lonesome Sea - uscito nel 2004 ce, sotto l’impegno quasi niente, più abrasiva dei dischi successivi ma solo oggi distribuito in Europa perché Love Will Shoot You Down al primo (a quello, si sa, non si può - il chitarrista e cantante Wayne è glam banale e Nobody’s Baby più arrivare). Anzi no: questo di- Robbins cospira assieme ai quat- Anymore un Bolan tronfio che fa sco suona un po’ come dei Suicide tro Hellsayers (basso, batteria, il verso al Dylan di metà Settanta. prodotti da Adrian Sherwood – un chitarre e tastiere) un folk psiche- Capisci d’averla fatta grossa, per po’ Pankow di Freiheit, per esem- delico languido, fiabesco, aspro, cui tiri fuori l’Irlanda, ma Stran- pio (Volt!). La In The Red, insom- sognante. Capace fin dall’inizia- ge Arrangement l’avevi già scrit- ma, non è proprio quel monolite le Time Is A Bird In Your Eyes di ta, come del resto altre cose qui che si credeva, ma ciononostante sciorinare una rumba desertica contenute. Per di più, la voce è mantiene una coerenza fortissima tra lap steel dolciastra e riverberi quasi ovunque un birignao indige- – quella che insegna che i nervi brumosi degna delle antiche bal- sto: il fondo si tocca nei Crowded fuor di pelle si ballano con gusto. lads Smashing Pumpkins col so- House alle prese con Blonde On (6.7/10) vrappiù delle impalpabili angosce Blonde e una spiacevole, innomi- Jason Lytle. Per poi addomesti- Gaspare Caliri nabile simulazione da Travelling care l’impeto dello Young periodo Wilburys. Nientemeno. Forse il Mirrorball tra preziosismi pop à mio dispiacere ti tocca e allora un la Wilco nella successiva Sarah’s pochino m’illudi: in Sustain ritrovo Lament. un bagliore e una tromba spagno- Il botto d’inizio scaletta si com- leggiante che s’incastra disinvolta pleta con la setosa apprensione di alla confessione. Trovo la discreta Jesus, che prima arpeggia dylania- parabola celtico-dylaniana - a suo na e poi deflagra in squarci noise tempo scartata da Fisherman’s flaminglipsiani. A questo punto è Blues - You In The Sky e la passa- il caso di chiedersi con cosa ab- bile giga country Everybody Takes biamo a che fare. Va detto che la A Tumble. scrittura è duttile e la calligrafia Tuttavia ti fai prendere di nuovo ben definita, radicate nella tradi-

7 0 s e n t i r e a s c o l t a r e zione west coast (il luccicoso indo- Windmill - Puddle City Racing lenzimento di Sunset Ode, il valzer Lights (Melodic, 14 maggio accorato coi cori CSN&Y di Queen 2007) Anne’s Revenge) ma capaci di co- Genere: psych/pop niugarsi wave/pop (il distillato Yo Album d’esordio per Matthew La Tengo/Tom Petty di Forgive- Thomas Dillon, ventiseienne da ness) e stemperare moderne acidi- Newport Pagnell, cinquanta mi- tà folk blues (la caliginosa Edith’s glia a nord di Londra, più o meno. Dream, liquori e asprezze tra La- Quanto alla musica, le coordinate negan e Molina). Tuttavia, qualco- sono un po’ meno semplici, ma non sa non convince ed obbliga a stare si rischia certo di smarrirsi: c’è sul chi vive: sarà per quell’aria un il sogno totale dei tardi Mercury po’ automatica, come d’una catena Rev e quello avariato dei Flaming di conseguenze al servizio di un ogni dubbio, rockaccio Zeppelin / Lips di mezzo, c’è l’afflato corale talento appena sopra la media. Sabbath con la novelty di un im- dei Polyphonic Spree a pettinare In questi casi, le opere seconde bizzarrito synth (anzi, turbolenze Arcade Fire, ci sono sono illuminanti. Non dovremo at- pare sia lo stesso modello usato tendere molto. Anzi, molto poco, a stranianti decori elettronici e found da Joe Meek) – non resta che but- quanto si dice. (6.5/10) voices che ricordano sia l’ipnosi tarsi sulle annunciate sorprese di videogame dei Grandaddy che il Stefano Solventi questo Icky Thump. patchwork elettroacido dei Bran Sì, perché quel maniaco da stu- White Stripes - Icky Thump (XL Van 3000. dio di Jack s’è proprio divertito un / Self, 15 giugno 2007) Soprattutto, c’è il piano a coman- casino a giocare e pasticciare coi Genere: hard blues, rock, folk dare quasi sempre la marcia, defi- generi, nell’ambizione di fare un Nessuna illusione: Jack & Meg nendo assieme alla voce (un semi- album rock vario, lungo e compia- non si sono definitivamente dati falsetto indolenzito non lontano dal ciuto, in cui mettere dentro nuove al country rock. Almeno, non an- più sghembo Wayne Coyne) e agli perversioni e passioni. cora. Mica è così semplice, è più archi un senso di solitudine roman- Beccatevi dunque l’hard-maria- una fantasia da purista all’ultimo tica, memore tanto dell’afflizione chi di Conquest, con un ineffabile teatrale Big Star quanto dei va- duello kitsch tromba / chitarra elet- ticini lunari Waterboys (Boarding trica in call and response, o il folk Lounges), salvo accendere spesso made in Scotland di Prickly Thorn e volentieri caroselli dream-glam But Sweetly Worn, con tanto di cornamuse e coda alla Baba O’Ri- in sella al drumming roboante-ro- ley (St. Andrew). Per il resto, più botico (nell’iniziale Tokyo Moon, che potenziali riff-killer alla Seven nella cinematica Asthmatic, nella Nation Army o Blue Orchid, c’è un carezzevole Fluorescent Lights...). bello sfoggio di spacconaggine da Detto poi di una ballad che prefi- guitar hero, vedi Catch Hell Blues gura i Pavement più allampanati e Little Cream Soda.E poi basta, nell’antro del mago Linkous (Pla- ché tolti questi sfizi, i White Stripes stic Pre-Flight Seats), di una Re- fanno… i White Stripes, vedi Bone place Me che sciorina il fantasma Broke, I’m Slowly Turning Into You, di un gospel affranto e di quella Fit stadio, e poi è troppo scontato o lo stomp blues detroitiano Rag che benedice d’archi carezzevoli e uscirsene con un album di old time & Bone. Meglio quando il ritmo si sbuffi d’ottoni una emerita miscel- music, con tutti i crismi e la devo- abbassa, come in You Don’t Know lanea Lips/Rev/Spree, non resta zione del caso, solo perché ades- What Love Is, negli intrecci semi che prendere atto di questo lavoro so si fa base a Nashville e non più acustici di 300 MPH Torrential Ou- sostanzialmente privo di soluzioni a Motor City. O no? E allora, tolte tpour Blues, A Martyr For My Love soniche originali ma dalla scrittura di mezzo le tastiere e le atmosfe- For You e il country honk stone- intensa, pienamente convinta delle siano di Effect And Cause, dove il re vagamente goth di Get Behind angosce e delle visioni che mette livello della scrittura regge discre- Me Satan, resta una formula (an- in gioco. (6.6/10) cora, se non di più) smaccatamen- tamente. Insomma, il sesto album Stefano Solventi te vintage, tanto nei rigorosi suoni di Jack & Meg è un bel minestrone analogici, quanto nelle modalità e autoindulgente. Che facciamo, ci nell’attitudine. Così, appurato che mettiamo a sperare in un secondo il salto temporale nei seventies si disco dei Racounteurs? E’ un’op- perpetua più che mai – sentire da zione da considerare. (6.5/10) subito la title track per togliersi Antonio Puglia

s e n t i r e a s c o l t a r e   Backyard

Art Fleury – I Luoghi del Potere folklore alieno, frammenti jazz e po pare particolarmente adatta an- (Italian Records, 1980 - Die scorie cosmic-prog. che una lingua esotica come quel- Schachtel / Demos, maggio La ristampa della la Die Schachtel, la del Sol Levante (usata in alcune 2007) come al solito lussuosissima, vede canzoni) – specie dal momento che Genere: avant-rock un artwork totalmente rinnovato - la voce non è bambinesca come in Dopo le fondamentali ristampe di ora furoreggia un pugno sinistro molte cantanti giapponesi. Gaznevada e Stupid Set, altri im- chiuso semmai ci fossero dub- I nomi che è il caso di citare sono portanti tasselli dell’Italian Recor- bi sulle tendenze dei Nostri - un evidenti, e non si può che partire ds vengono rievocati. Ad essere libretto generoso di notizie che dai My Bloody Valentine. E sia presi in esame, dalle sempre in- raccomandiamo e l’inclusione de chiaro che non c’è quasi nessuna fallibile NOME, sono gli Art Fleu- L’Overdose, l’ultimo singolo targa- nuvola in questo cielo che non sia ry, dimenticati bresciani autori di to Italian qui riproposto per intero. coperta da oscuramenti molto più un lavoro, I Luoghi del Potere, Se qualcuno cercava le origini del famosi. Cioè, è praticamente tutto licenziato dall’etichetta bolognese nostro (e forse non solo nostro) derivativo, per di più con una par- nel 1980. post-rock, ecco dove dirigersi. ziale perdita (come nella ninnanan- Il disco nacque come colonna so- (8.0/10) na All Through The Day) del fasti- nora di un film immaginario che Gianni Avella dio originario dello shoegaze, una Augusto Ferrari (tastiere), Mauri- delle cose che lo hanno reso più zio Tomasoni (sax soprano, flauto Asobi Seksu – Citrus (Friendly appagante. E che, soprattutto, ne e clarinetto) e Giangi Frugoni (chi- Fire, 2006 - One Little Indian / hanno ponderato il sentimentali- tarra e basso) svilupparono dopo Goodfellas, 29 maggio 2007) smo. In Citrus i feedback di chitar- l’iniziazione al celebre festival del Genere: shoegaze ra sono in realtà più un accompa- Parco Lambro e la tournee di spal- Questo Citrus, quando uscì l’anno gnamento, non inviluppano la voce la agli Henry Cow. Per comodità scorso per Friendly Fire, raccolse ma le fanno da tappeto volante in (o meglio impossibilità ) inseriti, critiche moderatamente entusia- direzione mainstream (Thursday). parliamo del 1980, nel calderone ste. Ma l’entusiasmo cos’è, senza E questo, che è punto di caratte- wave italico che all’epoca vede- stupore? Può essere rassicuran- rizzazione, è punto anche debole va nei Gaznevada e nell’Italian te? Non che un anno basti a creare – si escluda il finale di New Years, Records di Oderso “voglio essere un passato remoto da valutare con canzone che fra l’altro ha la tipica Tony Wilson” Rubini gli epicentri la giusta distanza. Ma gli Asobi batteria di Psychocandy. Ma se è nevralgici, gli Art Fleury in realtà Seksu si rifanno a un approccio un modo per evitare un esercizia- furono un rantolo tardo prog e spi- shoegaze ormai storicizzato, e a rio di cliché (Strings), si accetta. golosità art-wave inimmaginabile volte lo mischiano con delle in- (6.0/10) anche da quelle frange “irregolari” fluenze post (Red Sea) non pro- Gaspare Caliri (vedi Confusional Quartet) della prio verginelle. wave tricolore. Ora il disco viene ristampato da David Bowie – Young Americans Detto del concept che lo animava, One Little Indian (chi aggrotta Deluxe (RCA, 1975 - Emi, 19 I Luoghi del Potere sviluppava un non ha tutti i torti), con l’aggiun- aprile 2007) idea di suono molto prossima alle ta di una traccia finale, All Throu- Genere: blue eyed soul coeve esperienze di This Heat e gh The Day. Ed è l’occasione per Nel 1975 David Bowie già studiava new wave che apriva al prog (per riascoltarlo. La cosa migliore è la terza reincarnazione: Ziggy Star- lo più kraut), quindi totale anarchia probabilmente l’usignolo giappo- dust si era “spento” nella famosa della forma canzone come i Faust nese sprigionato dal corpo di Yuki notte dell’Hammersmith Odeon ed di Tapes oppure, scorrendo negli Chikudate; sembra fatto apposta il caschetto modernista dei primi anni, al dissacrante approccio dei per cantare lo shoegaze, ovvero giorni neanche lo si ricordava. Ba- Residents: campioni disco e sam- per calarsi in quell’ossimoro cine- stava osservargli la nuova chioma pler rubati alla Marilyn Monroe tico che fa sì che guardandosi le per intuire che quel ciuffo, liscio e di Bye-bye baby, improvvisi dera- scarpe ci si senta rarefatti come se furbo, sarebbe stato punzecchiato gliamenti tra musique concrete e si stesse seduti tra i cirri. E all’uo- da una diversa brezza.

7 2 s e n t i r e a s c o l t a r e Decise, dopo i favori della natia Albione, di colonizzare il territo- rio americano e vi si trasferì nel 1974 col solito orecchio vigile. Un soggiorno newyorkese e uno lo- sangelino, poi una vibrazione pro- veniente dalla Pennsylvania dove un singolare battito funk danzabi- le viene etichettato Philly sound. Lui sentenzia (e quando Bowie sentenzia..) che bisogna rigare in quella direzione, pertanto via alla volta di Philadelphia con dietro uno stuolo di nuovi personaggi e tende nei famigerati Sigma Stu- dios. Mick Ronson – che intanto gi- rava con un disco dove riprendeva addirittura il nostro Lucio Battisti – non c’è ed al suo posto subentra il colored Carlos Alomar mentre ai cori (molti, moltissimi) si scorge l’ugola di un giovanissimo Luther Vandross che insieme all’edulco- rato sax di David Sanborn tagliano di blue eyed soul l’evento. Young Americans è l’album aperto da quella swingante title-track che sfuma citando A Day In The Life re il concetto stanno ripubblicando non essere servile al genere per dei Beatles, che riprende Across sull’etichetta Xemu le loro prime cui è predisposta (One And Old), The Universe degli stessi (digni- uscite. Dopo la ristampa dell’esor- in un modo similmente convincente tosa) e disegna anthem disco-chic dio Self Titled, ci ripropongono ora ai revivalismi di Acid Mother Tem- quali Fascination e Fame, quest’ul- anche il loro secondo lavoro, del ple. tima un funk molto Sly Stone scrit- 2001, originariamente uscito per la Se volete farvi tre quarti d’ora da to e cantato con colui che definì il Toletta Records, dal titolo Howls diabolici fine Sessanta, quindi, con glam solo rock and roll col rosset- From The Hills. Come il disco pre- questi ragazzi l’esperimento riu- to, John Lennon, e che frutterà al cedente (del 2000), anche questo scirà. Se poi amate i cortocircuiti prossimo Duca Bianco (che ormai album è semplicemente riassumi- tecnologici, infilando il cd in un pc, si reggeva a cocaina) il primo nu- bile ricordando le origini dell’hard- vi potrete vedere il video di una mero uno negli states. rock. Le canzoni sono passi di pa- loro performance piuttosto grezza Nella nuova ristampa, la quar- chiderma metallico, acido e lento (e per questo spesso interessante) ta dalla sua prima volta, oltre ai (splendida la ballata con sitar The nel 2000. Non vedrete sporchi ca- bonus John, I’m Only Dancing One I Don’t Know), sudista e su- pelloni dark-freak, ma ragazzi gio- (Again), Who Can I Be Now? e It’s dato, assolutamente tradizionali vanissimi. (6.5/10) Gonna Be Me è allegato un DVD nella loro oscurità – e assimilabili Gaspare Caliri che ritrae il Nostro sul palco del al primo disco dei Black Sabba- Dick Cavett Show per un intervista th (Dusty Nothing), più che alle Gilberto Gil – Self Titled (Philips, e due pezzi live, Young Americans evoluzioni involute e primitiviste 1971- Runt / Goodfellas, 29 marzo e 1984 da gustare nel proprio sa- del secondo. Ma non tutto il vec- 2007) lotto. (7.0/10) chio è da buttare, come ci hanno Genere: tropicalia Gianni Avella spiegato, tra gli altri, i Brian Jo- Erano pericolosi, Gilberto Gil e nestown Massacre. Certo, questi compagno Caetano Veloso. Una Dead Meadow – Howls From ultimi puntavano sulla combinazio- condotta contro, la loro, nel mili- The Hills (Toletta Records, 2001 ne, non proprio sul mimetismo. E tarismo severo del Brasile dei ’60. - Xemu / Goodfellas, 17 aprile bisogna sapersi destreggiare, con Non perdevano occasione di deni- 2007) la tradizione (ci sanno fare benis- grare divisa e istituzioni, (esem- Genere: stoner/rock simo con il nervosismo del guitar- plare la performance di Veloso I Dead Meadow sono ormai abba- solo di The White Worm), sennò si presso una Tv brasiliana dove suo- stanza stagionati, e non solo per la diventa ridicoli. Proprio la chitarra nò il classico natalizio Boas Fe- musica che fanno - sta per uscire il – elemento ovviamente centrale in stas puntandosi una rivoltella alla loro sesto album; ma per rivanga- un disco come questo – riesce a tempia), tant’è vero che, inevitabil-

s e n t i r e a s c o l t a r e   mente, le sbarre accolsero il duo in Il lavoro, ribattezzato semplice- Happy Ending; ecco, forse qualcu- una calda estate del 1968. mente Musm2, conta su outtake no ricorderà questo nome e rimar- San Paolo, Rio De Janeiro e Salva- risalenti al debutto del 1996 No rà a bocca aperta; la registrazione dor, poi l’esilio europeo in quel di Arms, No Legs: Identification Pro- in causa è infatti rimasta indispo- Londra dove un Gil meno malinco- blems (Montage, Heidi 037 e Re- nibile per decenni e nel frattempo nico del collega (ah, la saudade…) birth che già andavano oltre il noi- è divenuta leggendaria – per la sua ebbe occasione di confrontarsi e se), l’interessante pièce di cinque assenza, certo, ma anche perché legare, tra gli altri, con Incredibile episodi CartoAnimalettiMatti, pro- ritenuta equiparabile da alcuni cri- String Band e Pink Floyd. getto in onore del pioniere dell’ani- tici alle più celebri composizioni In tale scenario nacque il terzo mazione Winsor Mc dove i torinesi rileyiane. omonimo disco (dopo il debutto del propongono una forma canzone Giunta qualche anno dopo A 1967 Louvação ed i due album au- – vedi The Centaurus – visionaria Rainbow…, e a ridosso di Persian tointitolati del ’68 e ’69) del futuro e densa; un insospettabile cover di Surgery Dervishes, questo “lieto ministro della cultura, il primo ad Vegetable Man di Syd Barrett che fine” è – a parere di chi scrive – un avvalersi – su espressa richiesta sembra nata esattamente per Mo- ottimo saggio esemplificativo del del produttore Ralph Mace - del denese & Co e delle session extra Riley elettroacustico a cavallo del- cantato in inglese e registrato nei rinvenute dalle sedute di Rever. le due composizioni del periodo, e famosi Chappell Studios londinesi. In attesa del Cd+DVD che docu- un modo delizioso di avvicinarsi a Un lavoro acustico nel classico menta la tournee Abeceda, pos- lui, lasciandosi andare al respiro stile Gil, aperto da un’arrembante siamo anche affermare che dei dei tempi e nella freschezza afosa Nega (Photograph Blues) che ri- Larsen ormai conosciamo (quasi) che oggi possono ricevere le no- corda tanto Richie Havens quanto tutto. (7.0/10) stre orecchie volenterose. i Rolling Stones di Sympathy for Gianni Avella Lifespan è poi la colonna sonora the Devil e seguito da un intensis- di Le Secret de la Vie di Alexan- sima versione – bella come l’origi- der Whitelaw (già pubblicata nel Terry Riley – Les Yeux Fermés nale, simile ma non uguale, sentita 1974 da Philips); è meno incisiva, & Lifespan (Elision Fields / con diverso sentimento – di Can’t più convenzionale (The Oldtimer), Goodfellas, 16 aprile 2007) Find My Way Home dei Blind Faith specie nel suo orientalismo (Slow Genere: minimalismo di Steve Winwood. Melody In Bhairavi), più cinemato- In casi come questi ci sono un sac- The Three Mushrooms, scritta col graficamente fruibile. È da meno di co di cose evitabili che bisogna conterraneo di stanza inglese Jor- Journey… e di Happy Ending, sì, dire. Tipo che Terry Riley è tra i ge Mautner, vive in un crescendo ma non riduce certo la preziosità padri della musica minimalista. armonico tra vocalizzi goliardici e del pacchetto – e ne è esempio Che ha avuto la capacità di rivol- levigate soul, cosi come Mamma e In The Summer. E quindi, non so gersi a Oriente e di non snobbare Wolkswagen Blues (ripresa dal di- come dire e forse non è il caso di il mondo che sberluccica attorno sco del 1969) screziano di velato dare voti, ma abbiamo tra le mani al terrazzo colto della musica con- jazz l’ambiente e Crazy Pop Rock una potenziale (e abbondante) ora temporanea. rispetta totalmente la premessa. che non capita spesso, e nessuno Ci si aspetterà a questo punto un La ristampa in CD offre tre bonus si lamenterà se con un (8.0/10) in- “ma” o un “invece”, immagino. “In- live di Can’t Find My Way Home, viteremo a interessarsi a quel sim- vece” il passo successivo è di non Up From The Skies di Jimi Hendrix patico pizzetto di quasi settant’an- soffermarsi solo su ciò per cui è e una Sgt. Pepper’s Lonely Hearts ni. famoso Terry Riley - In C, i dervi- Club Band dei Beatles assoluta- sci e gli arcobaleni - ma di fare un Gaspare Caliri mente prodigiosa! (7.5/10) breve cenno a tre episodi della sua Gianni Avella vita, e tra questi di concentrarci su The Scientists – Sedition (ATP / due. Parliamo delle occasioni in cui Goodfellas, maggio 2007) Larsen – Musm2 (Important Terry scrisse delle colonne sonore Genere: blues punk Records, giugno 2007) cinematografiche – un’esperienza Vicenda lunga e tormentata quella Genere: post-apocaliptic-rock in cui la musica contemporanea è degli Scientists e del loro iperatti- Dopo una visibilità alle soglie del- parsa sentirsi a proprio agio. Ver- vo deus-ex-machina Kim Salmon: l’impossibile – circola(va) un oscu- rà in mente forse No Man’s Land nati dalle ceneri del primo gruppo rissima edizione in vinile licenziata di Alain Tanner, del 1985; ma ora punk della provinciale Perth, Au- dall’Enterruption di Seattle e una i due casi precedenti (e forse più stralia occidentale, subirono cambi stampa in CD reperibile nella tour- riusciti, dal punto di vista musica- di formazione continui e – destino née americana del 2003 – Musm le) sono raccolti in questo digipack comune a quei Birthday Party cui dei Larsen smette il suo celato es- uscito per la Elision Fields. erano in parte stilisticamente ac- sere e si rigenera, grazie all’otti- La prima parte fu appunto scritta costabili – cercarono nel vecchio ma Important, con sei nuove bonus per Les Yeux Fermés di Joël San- continente il riscontro di pubblico e che vanno ad integrare le origina- toni, e uscì per la Warner nel 1972 critica. Non arrivò mai, ovviamen- rie dieci tracce. con il titolo della seconda traccia, te, perché trasferitosi a Londra in

7 4 s e n t i r e a s c o l t a r e lieve ritardo, il gruppo fu accusato di ricalcare Cave e accoliti mentre poco o punto era invece lo scar- to anagrafico. Fatto sta che, dal- lo scioglimento in poi, attorno alla band si è andato creando un culto con adepti come Mudhoney, Lau- ghing Hyenas ed Henry Rollins. Riformatisi nel 2006 proprio grazie alla richiesta di Mark Arm e soci di presenziare all’All Tomorrow’s Parties da loro curato, presen- tano un fumigante live registrato di lì a poco, in parte celebrazio- ne e in parte riassunto d’una di- scografia frammentaria e intricata quanto basta, nondimeno ricca di ruvidi gioielli dal fascino malato. Distante dall’altro filone del rock degli antipodi votato a Radio Bir- dman e Saints, il loro intruglio di blues deviato secondo la prescri- zione beefheartiana – corretto da minimalismo rumorista tipicamente Suicide, atmosfere crampsiane e deragliamenti degni degli Stooges – si mantiene tuttora fresco come in quei centrali Eighties in cui gli generi mostri viene in mente dopo del rock indipendente, ed era il Scienziati precorsero (via Pussy un paio di minuti o giù di lì. Figli secondo disco per un’Elektra che Galore…) sonorità oggi patrimo- degeneri di Zappa e progressive, li aveva reclutati dopo la lunga nio di etichette come In The Red e cugini campagnoli di Wayne Coyne gavetta. Allargava ancor di più la Sympathy For The Record Industry senza la sua capacità di scrittura, già ampia tavolozza, appioppando (che chiuse difatti un cerchio pub- i finti fratelli Dean e Gene Ween all’ascoltatore country inebetito blicando nel 2001 una loro compi- - all’anagrafe Mickey Melchiondo (Drifter In The Dark), Prince alle lation). e Aaron Freeman - sono i compa- prese col Philly sound (Freedom Ben concepito per quanto pertiene gni di liceo di Bobby Conn (solo Of ‘76) e l’electro (Roses Are Free: alla scaletta, Sedition incastona in che lui a lezione dicono c’andas- invero discreta), caraibi artritici undici compatti episodi un pugno se…) o gli Elio e le Storie Tese (Voodoo Lady) e Messico da carto- di classici poco conosciuti eppure per chi vuol restare nell’orticello lina (Buenas Tardes Amigo). nient’affatto minori, da una Swam- “indie” senza sporcarsi le mani. Il Altrove vi imbattete in chitarre spa- pland magistrale compendio delle che, tradotto in parole più povere, ziali che folleggiano sopra e sotto influenze di cui sopra alle dodici significa scatologia sparsa a piene le righe, idiozie belle (?) e buone battute degenerate lungo criptici mani, umorismo di grana poco fine (??) su AIDS e meningite, ballate sentieri di Backwards Man e Blood e intrecci strumentali tanto virtuo- riguardanti l’infedeltà femminile Red River, passando attraverso si quanto vacui, incastrati a forza e canzonette che parlano di pony autentici distillati d’impuro “miele dentro composizioni che fanno di moribondi. C’è pure chi li trovava di fango” Burnout e Solid Gold Hell tutto per incrociare pop, folk, hard - e li trova tuttora - divertenti per o il martellare agitato di Rev Head rock e musical con una naturalez- non dire geniali, e nessuno o quasi e We Had Love. Come dite? Che, za da colorante fuorilegge. L’infan- che serbi ricordo dei They Might tirate le somme cronologiche, pare tile spacciato per demenziale, chi Be Giants. A suo tempo, di Choco- un anticipazione del grunge? Esat- ha fatto la battuta che dà di gomito late And Cheese mi piacque giusto to… (7.4/10) perché lo stupido sei tu che non la copertina. Nonostante il tempo Giancarlo Turra ridi. che è trascorso, non ho cambiato Dedicato alla memoria di John idea. (5.5/10) Ween – Chocolate And Cheese Candy (il cui spirito fallì nel bene- Giancarlo Turra (Elektra, 1994 - Schnitzel / dire le sonorità qui contenute, no- Goodfellas, maggio 2007) nostante il brillare pop seventies Genere: indie-rock What Deaner Was Talking About), Ascoltando gli Ween, il detto se- Chocolate And Cheese giungeva condo cui il sonno della ragione nei negozi nel 1994 in pieno boom

s e n t i r e a s c o l t a r e   Dal vivo

Bloc Party – Alcatraz, Milano quelle che reggono meglio on sta- torio. Le luci del teatro disegnano (13 maggio 2007) ge). L’entertainment è quindi as- un Oldham spettrale, suggestivo in Nonostante il disamoramento di al- sicurato, a tutti i livelli. Insomma, quanto i lineamenti già particolari meno metà della critica per l’atte- il concerto mainstream di una pop del suo viso si accentuano così ar- so sophomore record, a sentire le band che ambisce a diventare sem- ricchiti di ombre. Lui pare sentirsi a notizie provenienti dall’UK era già pre più grande, a beneficio dei tanti proprio agio, saltellando e suonan- ben chiaro che i Bloc Party fossero fan adoranti. Che altro aspettarsi? do con il fido Alex ad accompagnar- ulteriormente esplosi (quantomeno Antonio Puglia lo egregiamente. Alla fine proprio come fenomeno generazionale), il batterista chiederà al pubblico prolungando l’hype dell’esordio. Bonnie ‘Prince’ Billy - Teatro quali pezzi gradirebbe sentire e i Appurato che dalle nostre parti Masini, Faenza (28 aprile 2007) bis durano quasi di più del concer- il seguito è nutrito ed entusiasta Finalmente è giunta l’ora del teatro to stesso. Generosità assoluta. Un come in patria (e, pensiamo, altret- - grazioso e gremito - per vedere carisma tanto forte che Dylan vie- tanto giovane: quasi tutti fra i 17 e Will Oldham. Un’occasione come ne in mente per forza. Questo non i 25), quel che più di tutto interes- poche per apprezzare uno dei miti sarà stato il Newport Folk Festival sa verificare è se la plasticosità e del folk degli ultimi anni (facciamo o la Royal Albert Hall ove il padre di l’enfasi di A Weekend In The City tanti anni). L’inizio del concerto è Like A venne chiama- sono arrivate su palco, o se alme- inusuale, infatti sulle parole di rin- to “Judas!”, ma oggi ci sono degni no lì si è rimasti a quella spigolosa graziamento e presentazione delle eredi che rendono quell’appellativo grinta wave che avevamo notato a successive date di Strade Blu da ancor più fuori luogo, quasi una be- fine 2004, quando i quattro aveva- parte degli organizzatori, dietro al stemmia. Questo è il folk che rivive no solo un EP all’attivo e aprirono, sipario ancora chiuso si sente una nella voce di Bonnie Prince Billy. sempre a Milano, per gli Interpol. chitarra che inizia a suonale le note Linda Maldini Sembrerebbe di sì, considerando di I See A Darkness, poi arriva la che Silent Alarm, per forza di cose, voce che sussurra appena… “Well Boredoms – Interzona, Verona (5 si prende buona parte della scalet- you’re my friend…” Come dire, il maggio 2007) ta, con immancabili inni come Ban- Nostro ha una gran voglia di inizia- Al centro dell’ampio salone della quet, Helicopter, This Modern Love re a suonare e questo nonostante il nuova sede di Interzona vi sono tre e Like Eating Glass a fare inevita- tour pressoché infinito che lo impe- batterie più la postazione di Yamat- bilmente la parte del leone; Kele e gna già da mesi e che gli ha causa- suka Eye: il tutto disposto in circolo, i suoi, dal canto loro, li snocciolano to un lieve malore a Firenze pochi con i Nostri l’uno di fronte all’altro. con la giusta carica e professiona- giorni prima. L’apertura del sipario Abolito il palco, gli astanti possono lità, senza sbavature. Già, perché rivela una formazione ridotta ai mi- cingere liberamente da ogni lato i l’esperienza raccolta sui palchi eu- nimi termini, oltre alla elettrica di propri beniamini. Da quanto rife- ropei negli ultimi due anni (l’Ameri- Oldham il solo Alex Nielson alla riscono i resoconti, la band porta ca è ancora da conquistare, guys…) batteria. Un po’ poco, ma soltanto grosso modo in tour lo show che mostra i suoi effetti: la band sa gui- a parole perché le due ore a segui- la vide, fra l’altro, tra i protagoni- dare il pubblico, dando agli astanti re saranno come minimo generose. sti del Primavera Sound la scorsa esattamente quello che vogliono. Li Due ore di emozioni, fatte di brani estate. Nell’arco di un’ora e mez- fa ballare, cantare e divertire, li in- presi, stravolti e rivoluzionati, a vol- za di concerto i Boredoms - più di canta con un light show pensato ad te non immediatamente riconoscibi- vent’anni di scorribande alle spalle hoc per enfatizzare i momenti topi- li. I See A Darkness appunto e The e status oramai semileggendario - ci, accontenta le loro richieste nei Letting Go sono gli album predilet- si lanciano in una serie di serrate bis, senza tralasciare comunque ti, ma non si tralasciano nemmeno suite percussive cui gli interven- la promozione dell’ultimo lavoro (a Ease Down The Road e Master ti mezzo voce, synth, sampler del giudicare dalle reazioni, I Still Re- And Everyone senza contare altre leader carismatico donano un sa- member e Song For Clay sembrano chicche sparse dell’intero reper- pore sostanzialmente psichedelico

7 6 s e n t i r e a s c o l t a r e Cat Power - Foto: Roberto Contarini e kraut: l’effetto complessivo è una finalmente ce la fa. L’ubriaca del tra una canzone sua e tante - ma sorta di tribalismo trance che pare proprio folk da cameretta, quella tante - cover (degli Stones, di Ger- sperimentare sulle “super roots” gatta randagia che se lo portava shwin, di Gnarls Barkley...). Viene della tradizione ritmica nipponica, in giro per il mondo con quel puz- spontanea quella famosa retorica ricollocandole in un contesto alieno zo d’alcol e sigarette non c’è più, pugilistica e ci s’annoia solo a pen- dall’afflato “cosmico”. Una sorta di dal Frequenze Disturbate di Urbino sarla. L’ex ragazza difficile ce l’ha rituale collettivo catartico che man- perlomeno, una data preambolo per fatta, ha sconfitto i propri demoni da in estasi soprattutto le giovani una nuova lei che bella com’è se e finalmente l’America prima - e le leve, alcune delle quali, in mezzo si mette pure a cantare con quella grandi platee del pianeta dopo - le al fragore, azzardano guardacaso voce che c’ha allora… Allora suc- tendono la mano, la esaltano. Il suo movenze da rave persino prima che cede che si porta una superband è il classico riscatto, un matrimonio Yamatsuka Eye, nel ruolo di scia- in tournée. Jim White alla batteria, con la tradizione da cui ha sempre mano, dia effettivamente il la ad Judah Bauer (già con i Jon Spencer attinto, proprio come quel Bright un intermezzo techno. Si ha la cer- Blues Explosion) alla chitarra, Greg Eyes che ora arriva a Springsteen tezza di prendere parte ad un live Foreman alle tastiere e Eric Pap- egregio e compunto. Lei – chia- act tanto spettacolare quanto non parozzi al basso. Un quartetto un ro – pensa in nero: Otis Redding, convenzionale. In mezzo allo stor- pochino più ringhioso ma sostan- i grandi neri dei Sessanta. Strisce dimento generale fisso lo sguardo zialmente bravi session man per il bianche e strisce nere e una ri- sui volti trasognati e assorti, sui piano bar americano, ovvero - e il conciliazione, un abbraccio con se visi imberbi di ragazzini sorridenti cinema ci insegna – da single bar. stessa e una posa che è naturale che rimbalzano su e giù senza so- Nessuno scerno: i ragazzi suonano e studiata. Una voce - cacchio - sta, increduli. Una volta a casa, pri- egregiamente, perfetti nei tempi, che non si discute. Fanciullezza e ma di accingermi a scrivere il pez- tastierina appena un po’ puntellata, esperienza, e attorno uno show di zo, do una rispolverata ai dischi dei ma chissenefrega. Lei. Che voce. quelli tuttoapposto con le blue no- Can: cerco appigli. In fondo, nono- Splendida, calda, vibrante. Adora- tes e le impennate d’ugola. In Italia stante tutto, non avevo mai sentito bile poi il modo con cui tiene il pal- sono in tanti a celebrare la regina nulla di simile in vita mia. co, sempre sulla destra, con quel alternativa. Pardon classica. E 18 Alarico Mantovani braccio teso e le gambe piegate, euro di classicità per giunta. Au- questi vestiti anni Ottanta, il truc- toindulgente per alcuni e bella bel- Cat Power & Dirty Delta Blues co e poi la coda, come quella della la per altri che son lì ad applaudirla - Estragon (Bologna, 7 maggio Canalis e manco sembra la Cat fo- anche quando di ballate ne inanella 2007) tografata da Stefano Giovannini. A otto di fila contando soltanto sulla Cat finalmente cantantessa classi- Bologna, come a Roma e a Milano, propria determinazione a essere… ca, americana. Lei che sale gradino c’è chi vuole un cameriere che por- Cat Power, la stella che il mondo dopo gradino il monte della tradi- ti un altro caffè e chi è rapito dal- farà brillare e cadere. zione soul e blues stellestrisce e la finalmente performer Edoardo Bridda

s e n t i r e a s c o l t a r e   Cul De Sac + I/O - Cascina parentesi. Ma andiamo con ordine. moti neuronali? E se tutta questa Torchiera, Milano (11 maggio Una serata così densa di cose non serata fosse una frase ad effetto? 2007) può che partire presto. Alle 21:15 Gaspare Caliri Il Torchiera è un posto appagante. (non so bene chi avesse tutta ‘sta C’è pure la birra artigianale fretta) già Fennesz inizia il suo Lisa Germano – Spazio 211, e biologica. Qualche sedia a classico set. Venti minuti dopo, si Torino (5 maggio 2007) disposizione, persino la facoltà parla per approssimazione, il palco E’ un peccato che l’atmosfera inti- di scegliere dove posizionarsi. È è già ridiventato vuoto e aspetta ma da piccolo club venga rovinata con un accavallamento generale qualcun altro. Gli Sparklehorse, dal brusio continuo del pubblico di gambe rilassate che aprono direte voi, visto che con Fennesz del sabato sera, che evidentemen- gli I/O, e che protraggono, tra i sono in tournée; si potrebbe così te è in buona parte presente per sorseggi della bionda di cui sopra, chiudere il blocco e passare agli l’after-show da discoteca che se- i loro minimali tocchi stoppati australiani, in un crescendo di umori guirà. In uno strabordante Spazio post jazzati. Vengono in mente i che sa tanto proprio della musica 211 fa così la sua comparsa in Sinistri, ex-Starfuckers – ma non degli sporchi tre. Nient’affatto. Chi tarda serata una sorridente Lisa ovviamente per un discorso di si avvicenda è proprio il gruppo Germano, accompagnata dal bas- paternità o precedenza, così per di Warren Ellis, per un concerto sista Sebastian Steinberg (già nei automatismo musicofilo. È così che – certo intensissimo – che Soul Coughing). Circondata - let- si ascoltano e apprezzano i Cul impallidisce rispetto alle vagonate teralmente, visto l’esiguo spazio De Sac, è quel che ci si aspetta di musica cui abituano chi li va a - da un gruppo di fedelissimi fan da loro; una sensibilità che va vedere appena può. Warren ha una delle prime file, Lisa inizia a snoc- oltre i criteri di innovazione – pur barba lunga così, i capelli di cui dà ciolare il suo repertorio, eseguito riuscendo a dire qualcosa riguardo l’impressione di non occuparsi da per la maggior parte al piano con l’argomento, se vogliamo. È così tempo, è selvaggio come il rumore brevi incursioni alla chitarra elet- che si apprezza questo concerto, che sprigiona il suo violino. Mick trica. La scaletta attinge preva- nonostante non duri molto; ma Turner – sarà che forse si rende lentemente dagli ultimi due album quanto basta per concedere una conto di avere poco tempo – sembra (Lullaby For Liquid Pig e In The meravigliosa Death Kit Train. addirittura energico. Jim White è il Maybe World, questo quasi per in- Nessuna novità? Per uno che è velocissimo collante tra le riflessive tero), con tante puntate nel passa- profondo conoscitore delle loro elucubrazioni dei dischi dei Dirty to, in prevalenza 4AD. Ecco allora minime uscite, probabilmente no Three e la follia rumorista dal vivo. Small Heads e Beautiful Schizofre- (oppure un assiduo frequentatore È il collante perché la sua batteria nic da Love Circus, If I Think Of del loro My Space). Ma chi li è sanguigna allo stesso livello sia Love e It’s A Rainbow dal progetto ascolta – anche spesso – senza più su album che sentita dal vivo. Ma OP8 (con Giant Sand e Calexico); seguirne ogni minima traccia, forse tutto finisce abbastanza presto. estratti da Slide all’elettrica che avrà sorriso piacevolmente nel E tocca agli Sparklehorse. Quale non rendono però, in acustico, giu- sentire masticare a fatica l’italiano faccia esprimerà Mark Linkous? stizia completa ai pezzi, Reptile di Fenomenologia / Energia, due Forse per reazione alla dirompenza soprattutto, e l’autocitazione - con pezzi di Fetus (il disco migliore della sporcizia australiana, si Paper Doll - del concept live Se- di Franco Battiato?), che i nostri limita alle melodie più tranquille, e, ven Worlds Collide di Neil Finn al un paio di anni fa coverizzarono direi, rassicuranti. Si fa in tempo a quale la Nostra aveva partecipato per il tributo alla fase più prog del pensare cosa si può dire di questo nel 2001 con Steinberg. In questo cantautore siciliano. Mi accorgo concerto mentre ancora è in corso caso la mancanza di una band e di poi che il palco (come la mia – il che in genere è un brutto segno. arrangiamenti consoni non limita- sedia) è posizionato su una grossa Una breve scossa dai pensieri mi è no più di tanto la forza di canzoni lastra di marmo – all’aperto. Sono sprigionata dall’invito dell’“amico” intense ed empatiche, che reggono sopra riportati dei nomi con due Christian Fennesz sul palco, ma è bene anche con accompagnamento date, distanti la vita media di una una scossa che dura giusto il tempo scarno. Prendono vita così sotto i persona. Smetto per un attimo di di far raggiungere al chitarrista la nostri occhi i fantasmi interiori e pensare al concerto. sua postazione. Ma in fin dei conti, le inquietudini della Germano, ac- Gaspare Caliri penso già col senno di poi e ancora compagnati dalla liricità e sinceri- sono lì in piedi a ondeggiare, mi tà che la contraddistingue. E’ uno Dirty Three + Sparklehorse + sento rasserenato ma mi accorgo show nello show guardarla espri- Fennesz - Transilvania Live, di far fatica a seguire il concerto. mersi ad occhi chiusi in perfetta Milano (22 maggio 2007) Nulla di generalizzabile, credo, sintonia con il piano (sia pur tra- Ciò che in cuor mio pensavo fosse ma neanche di personale. E mi ballante, su cui scherzerà per tutta il concerto dei Dirty Three in realtà chiedo: ma se fossero canzoni che la sera). Il flusso onirico ininterrot- li ha visti come poco più che una accompagnano volutamente dei to e la simbiosi totale con la sua

7 8 s e n t i r e a s c o l t a r e Sparklehorse - Foto: Roberto Contarini musica sono messe però a dura cui in ogni caso non si aveva alcun ri sixties, di vestitini “handmade” prova dal vocio, tanto che Lisa si dubbio. Un’incursione in un univer- comprati a due lire in un sobbor- interrompe più volte infastidita, in so di fragilità ed emozioni sottili. go di Soho per caso, di indie-pop cerca di concentrazione, e invitan- Teresa Greco genuino e ballabilissimo. E andare do al silenzio. D’altra parte lei è in alla velocità della luce con un po- forma e si vede, e non sembrano Of Montreal – Bronson, Ravenna ker di canzoni dal loro ultimo mi- esserci tracce della depressione (17 maggio 2007) rabolante Hissing Fauna, Are You che l’aveva accompagnata negli In una parola, “fresco”. Basta poco The Destroyer? che trasudano al- ultimi tempi rendendo i concerti per capire che l’estate è arrivata legria leggiadra in ogni nota, in un discontinui; unisce come al solito e allora tutto diventa un percorso synth svolazzante, nelle chitarre alcune canzoni senza soluzione di di azioni e di aspettative, di gio- sbarazzine, nel basso metronomi- continuità l’una nell’altra – come chi prosaici, di gestualità più li- co, nella drum machine fredda e nelle iniziali Nobody’s Playing/The bere. E quindi via ad immaginarsi aritmetica come il ghiaccio nel no- Day con breve citazione da Moon con un cocktail bizzarro fatto con stro cocktail da abitanti della pri- Palace dal primo album - giocando il frutto della passione, con le in- ma fila. La prima ora vola fantasti- con sottile autoironia, né mancano fradito ai piedi e con qualche per- camente sulle ali delle hit di The i commenti tra una song e l’altra, in sonaggio fuori posto che come al Sunlandic Twins, Satanic Panic cui non risparmia più volte le lodi solito coglie la prima occasione In The Attic e dell’ultimo disco al Michael Gira che l’ha fortemen- che gli capita per imbattersi in un edito (ossia lungo tutto il periodo te voluta in Young God. L’avremmo pogo assolutamente stonato. Sono Polyvinyl) e l’indie-pop sdolcinato volentieri vista in un contesto più le 23 spaccate, i nostri georgiani e ben miscelato ad atmosfere di- tranquillo, di certo il fine settimana calcano il palco del Bronson con sco va cozzando contro una coltre non ha aiutato, e il party time, su estrema puntualità e subito si è di psichedelica lieve a cottura len- cui la Nostra ad un certo punto ha immersi in un mondo puntigliosa- ta, che è quella cavalcata furiosa scherzato presentando l’omonimo mente colorato, in un caleidosco- di The Past Is A Grotesque Animal, pezzo da Lullaby, si è rivelato arma pio di sensazioni leggere, frattali fedelissima all’originale. 10 minuti a doppio taglio. Per quasi un’ora di sonorità fruttate, dolciastri inne- di delirio in crescendo. Da qui la e mezza, bis a richiesta compresi sti di serenità spaesata in chiave musica cambia ed i nostri comin- – To Dream e We Suck - Lisa lascia disco gay. E loro sul palco sono la ciano a guardarsi indietro, e allora così in chi l’ha ascoltata un segno trasposizione di queste sensazioni via a ripescare qualche track da tangibilissimo del suo talento, su limpidissime: un tripudio di colo- un passato glorioso (scorrono lun-

s e n t i r e a s c o l t a r e 7 9 musicisti teatralizzanti mostrano il meccanismo di avvicinamento alla maschera da parte della musica, del tipo: “Se dovessimo recitare quella parte, faremmo così”. Zak passa direttamente a interpreta- re, senza mettere in luce il mec- canismo di entrata nella parte. È così che si ipnotizza un pubblico, non dandogli tempo di fare i suoi discorsi razionali. La prosa della loro musica è attoriale, e dal vivo tutto ciò esplode come un trip nei boschi. I Parenthetical Girls sono

Fennesz - Foto: Roberto Contarini spettacolo, non fanno il vaudeville. Noi sospendiamo la nostra incre- go la strada Old People In The Ce- ai sospetti Xiu Xiu aumenta le dulità di pubblico musicale. metery da Aldhils Arboretum, The riserve. Ma né i My Awesome Peacock Parasols dallo splendido (tramite escamotage indie-pop) Gaspare Caliri Coquelicot Asleep In The Pop- né chi verrà dopo confermerà il pies e quella perla di psych-surf- timore. E la fruizione del concerto Pere Ubu – Circolo degli Artisti, pop che è Fun Loving Nun tratta si spoglierà di ragionamenti così Roma (15 maggio 2007) dal quasi dimenticato The Gay Pa- schizzinosi. La definizione di “gigante della rade) per unirle poi ad altri giocosi Certo, nella musica dei Parenthe- musica” non potrebbe essere più episodi di recente produzione che tical Girls, anche dal vivo, si per- calzante per David Thomas: con si dipanano lungo il prolungato bis cepiscono le pose tese del gruppo la sua mastodontica corporatura (l’apice del concerto si raggiunge di Jamie, come un (molto più vela- (in totale contrasto con la voce con il quasi onomatopeico inno to) disfattismo fatto di arzigogoli di acuta e “paperesca”) impersona The Party’s Crashing Us conden- rumore. Sono poi di Portland, e a alla perfezione la creatura di Al- sato di pop-meraviglia fatto alla quanto pare una vena arty in quel fred Jarry, e s’impone su tutta la maniera Talking Heads). Sempre posto ce l’hanno quasi tutti. Ma la scena nonostante il suo atteggia- di pop si parla, ma di pop fatto sola loro presenza è ingombrante mento riservato ed imperturbabile. con tutta la decenza e la dignità per loro stessi. E ciò, più che peso Al di là della stazza, la definizio- possibile… Astenersi mercenari impellente, ne diventa l’arma per ne gli sta a pennello soprattutto dell’ultima wave sensation (chi è eccellenza di seduzione del pub- per quella manciata di album che stato a uno show dei Klaxons potrà blico. È l’androginia tenera e in- hanno cambiato la storia del rock. tranquillamente dimenticare quella quietante di Zak Pennington che Di quei mitici Pere Ubu originari poltiglia insipida nu rave e genu- invade il palcoscenico, come l’ete- è rimasto solo lui, dopo le innu- flettersi davanti alla perfezione di rea figura al violino di Rachael merevoli incarnazioni che si sono questo show!). Fanno un’ora e 45, Jensen, il suo sguardo severo e succedute da trent’anni a questa e l’unica sensazione che rimane perso insieme. Le melodie tronfie parte. La formazione che lo ac- è che non ci si poteva attendere e struggenti (ma mai pacchiane) compagna è comunque di tutto niente di meglio e niente di meno; ma anche fragilissime. Visto che rispetto: il chitarrista Keith Moli- una conferma in chiave live di dieci a me piacciono i limiti, le zone di na collabora con Thomas anche anni di eccelso lavoro su disco. Un frontiera del comportamento, non nei Two Pale Boys, l’instancabile gruppo da rispettare in toto. ho potuto non notare un ibrido motore ritmico di Michele Temple Alessandro Grassi tra il distacco teatrale e lo scaz- e Steve Mehlman è solido e pos- zo esistenziale. Il mascheramento sente, mentre Robert Wheeler è il Parenthetical Girls + My ruffiano da ingestibile diventa im- “disturbatore” del gruppo. Il blues Awesome Mixtape - Zero Music palpabile. Zak non inscena il met- di Slow Walking Daddy è l’introdu- Club, (4 maggio 2007) tersi la maschera, la interpreta con zione perfetta per il concerto, uni- Un sistema di attese disatteso. coerenza e coesione imbarazzanti, ca eccezione tra l’altro all’ordine Quando uno teme che l’ala del come quando, in mezzo al pubbli- alfabetico della scaletta. La mag- mentore Jamie Stewart sia troppo co, si sdraia a terra a pancia in gior parte dei pezzi successivi è ingombrante da gestire per una giù, muovendo i piedi in aria come presa dall’ultimo Why I Hate Wo- band, vedere sul palco un gruppo un bimbo o una pin-up, cantando men e dagli album degli ultimi die- spalla (i bolognesi My Awesome con la faccia appoggiata a terra ci anni, con pochi ma significativi Mixtape) che fanno ambientare (così pure il microfono). Spesso i balzi nel passato. L’esibizione è

8 0 s e n t i r e a s c o l t a r e quantomeno avvincente: il gruppo riesce a coniugare frenesia punk (esemplare Caroleen a questo pro- posito, davvero irresistibile), allo sperimentalismo onomatopeico dei brani più rarefatti e rallentati. I pezzi sono tutti abbastanza fedeli alle versioni in studio, per quanto Wheeler manipoli imprevedibilmen- te il suo theremin artigianale (uni- co strumento rimastogli, avendo perduto i sintetizzatori in viaggio), instaurando una presenza inces- sante ed ossessiva che permane dall’inizio alla fine. David Thomas è assolutamente irreprensibile: la sua voce camaleontica balza da un brano all’altro con un’energia che non si affievolisce mai, una furia sonora che si fatica a credere che esca da quel viso statico e quasi restio a cantare. Il gruppo è così ben affiatato che gli unici momenti deboli del concerto, se proprio li vogliamo cercare, sono forse quel- li dei classici (The Modern Dance, Street Waves e l’inno Final Solu- tion), mentre la nuova produzio- ne, da Wheelhouse a Flames Over

Nebraska, brilla di luce propria The Horrors tra l’impeccabile esecuzione e la stile Cure sotto un treno, frangette Il lungagnone pare aver mandato quantità di energia profusa. L’uni- glam metal californiano, caschet- i video dei Pistols (in particolare co rammarico della serata è che i ti , completi dell’Ottocento e la My Way viciousiana) a memoria sono paradossalmente Pere Ubu mise attillate dark-rock. In pratica con tutta la lezione del teatro off a il gruppo di apertura (l’headliner tutto lo scibile da Jack The Ripper seguire: porta una scala sul palco è Mick Harvey dei Birthday Par- ai Sisters Of Mercy (passando ov- e ci gira attorno come un pazzo. ty), per cui possono elargire solo viamente per i Misfits), ma la sor- Sale. Si espone. Gioca con una un’ora, bis inclusi, della loro musi- presa vera arriva dall’aspetto dato vecchia radio e fa suoni ubueschi. ca, lasciando il pubblico appagato da indovinate leccornie, ma non più per scontato, il sound. A parte Lega il roadie con il cavo del mi- del tutto sazio. Draw Japan dal riff piuttosto rico- crofono. Si contorce in movenze noscibile e un rockabilly vampiriz- art-punk. Scende tra il pubblico Andrea Monaco zato non ben identificato, lo show e si concede ai fan. Prende, con

The Horrors – Estragon, Bologna è un misto di saturazioni “Andy Gill l’aiuto del chitarrista, un tavolo e (2 maggio 2007) meets Ramones” e pesto gore à la due sedie dal bar e improvvisa un Si sapeva, il gruppo scoperto da Cave, un carro armato di ferraglia siparietto all’italiana. A contralta- James Oldham avrebbe decisa- trash-punk-rock scaraventata sugli re, non tanto il look esagerato di mente puntato sull’immagine per astanti. Garage dark e No Wave. del chitarrista (che farebbe impal- catturare l’immaginario punk-rocki- Sporcizia e velocità a tutto volu- lidire Nikki Sixx), quanto la curiosa sta dell’Estragon infrasettimanale me. In tutto ciò – tra una tastiera a androginia del tastierista truccato reduce dal megaponte primaverile. macinare una serie di riffate da b- in baschetto beat, pose da famiglia Il minimo è trovarsi di fronte a un movie accelerato, la batteria a bat- Addams e contorsioni sotto anfe- look da trattato di semiotica, cosa tere dannata e la chitarra a riem- tamina. Dimenticavamo la musica: che in un locale pressoché vuoto, pimento con roboanti cattiverie – è immaginate il disco omonimo regi- ma colmo di fedeli kid in tinta e al- la performance di Faris Badwan lo strato in lo-fi e mandato a una volta tri perlopiù giovanissimi (groupie show nello show, una sfida lancia- e mezza la velocità. Uno spassoso comprese), prontamente accade. I ta a distanza con Angus Andrew, bilico tra visceralità e kitchume cinque siglano il patto estetico con tra biascichi e urla, rantoli e de- estetizzante. abiti neri come la pece, cotonature clami Mark Smith in posa Rotten. Edoardo Bridda

s e n t i r e a s c o l t a r e 8 1 8 2 s e n t i r e a s c o l t a r e (Gi)Ant Steps (Gi)Ant Massimo Urbani EASY TO LOVE #7 di Stefano Solventi

Da Primavalle a Central Park, dai sacri ragli del free al febbricitante caleidoscopio i h g i p m a Z o i z i r b a F e i t del n e v l o S o n a f e bop, t S i d a r u c a z z a j a c i r b u r a n u la formidabile carriera a ritroso di Massimo Urbani.

Miseria e nobiltà. Grandezza e tra- glio in faccia al Creatore di Ayler maturato da Urbani. Asciutto, af- gedia. Genialità e dissipazione. e Coltrane, movenze che informa- filato, vibrante, il sound è un’ode Una storia italiana. Che ci senti il no il fenomenale Dedications (Red generosa ai numi imprendibili che sapore delle periferie, belletto fret- Records, 1980). E’ una febbre in da sempre ossessionano il sasso- toloso su ferite cicatrizzate male. via d’implosione, sguinzagliata sul- fonista. Il Cole Porter di Star Eyes Roma, dunque. Primavalle, a dirla le tracce del cuore: ecco avviarsi e della title track sono velluto che tutta. Un fiore selvatico sboccia la sua strana carriera a ritroso, dal soffoca il fuoco, sinuoso e duttile il nella suburbia pasoliniana. Fin da free verso il cuore della “cosa” jazz, timbro del sax come nervi spalmati bambino, Massimo è un mostro. quel crogiolo/caleidoscopio che fu su stati di grazia e abbandono, pal- Inizia col clarinetto, ma è nel sax, la rivoluzione bop di Charlie Parker. pitante il piano di Flores a ricucire l’impervio sax alto, che trova la sua Il contrabbassista Giovanni Tom- un pacificazione in fieri. La classica vera voce. Una clamorosa rivendi- maso, storica figura del jazz rock Good Morning, Heartache tiene al cazione di esistenza nel grigiore. coi Perigeo, lo vuole nello splendi- guinzaglio una malinconia svolaz- Mario Schiano, sassofonista e or- do Via G.T. (Red Records, 1986), zante come t’immagini avrebbe po- ganista free jazz, è il primo a scor- dove Massimo dimostra un senso tuto Bird stesso dopo aver contem- gere talento nel quindicenne Urba- plato le placide trepidazioni delle ni, tanto da includerlo nel sestetto Ballads coltraniane. Coltrane che è che registra (Splasch Records, Sud presenza palpabile nell’originale A 1973). Quindi il pianista Giorgio Trane From The East, apprensione Gaslini lo nota nella mischia del spirituale e carnalità fosca ricondu- suo corso di jazz al Conservatorio cibili al periodo Crescent, ma an- di Santa Cecilia: fin da subito ne che nei guizzi e sfarfallii bop/swing stima il piglio istintivo e la prepa- di Three Little Words (che il gran- razione, rimproverandogli al con- de John interpretò assieme a Milt tempo la dissennata mancanza di Jackson). In mezzo al programma self control. Vista lunga, quella di ancheggia una volitiva I Got Rock, Gaslini. Nel bene e nel male. piglio funk-rock dritto e squillante, Poi il fiore sboccia. Uno stupen- il riff del sax colto tra rovello feb- do fiore carnivoro. L’incontinenza brile e lucido raziocinio, bestia so- espressiva produce una musica nica ormai del tutto sotto controllo. sbrigliata, impetuosa, a rotta di col- Perché a volte il jazz assomiglia lo contro le ringhiere che chiostra- dell’interplay ormai pari al furore ad una spasmodica, toccante ricer- no i palazzoni di borgata. Il jazz ita- formale. Arriva quindi, col 1987, ca di sé, della propria voce come liano capisce subito di non poterne questo Easy To Love in quartetto fare a meno. Fioccano le collabo- con Roberto Gatto ai tamburi, Furio uno stare nel mondo tra le cose razioni con Pierannunzi, Liguori, Di Castri al contrabbasso e l’altret- del mondo. Ahimè, spesso è una Fresu. Ad Umbria Jazz ‘74 si gua- tanto compianto Luca Flores al pia- ricerca (e un trovare) che sublima dagna l’ammirazione di una leggen- no. La combinazione di personalità lo smarrimento irrimediabile del- da come Sonny Stitt. Rava lo porta e voci si rivela azzeccatissima: la l’uomo dietro al musicista. Non riu- con sé a New York (dove il Nostro puntigliosità assorta e lunare del scirà, Urbani, a sopravviversi. Tra scompare per due giorni, dormendo piano e l’imprendibile calligrafismo i pochi altri lavori autografi spicca su una panchina di Central Park). ritmico di basso e batteria (si sen- un eccellente The Blessing (Red Da ognuno coglie, impara, esplora. ta la trepida Night Walk) si rivelano Records, 1993), ossequio parkeria- Ma quel che più gli preme è il ra- la trama ideale per il quid artistico no definitivo. Uscito postumo.

s e n t i r e a s c o l t a r e 8 3 WE ARE DEMO #17

Side A di catturare anche l’attenzione di voce ruvida che intasa i microfo- C’è una cosa che salta agli occhi Paolo Benvegnù. (7.2/10) ni: fendenti irrispettosi della buona se ci si avvicina alla musica Che bella sorpresa i Black Bass. creanza in bilico tra Kings Of Leon degli Amelìe: il grande equilibrio Una band che pur suonando “demo” (La Clinique), post-punk deviante formale che sottintende. Una a tutti gli effetti – con le giustificate in chiave Birthday Party, Liars pri- scrittura appassionante, matura e ingenuità del caso -, non disdegna ma maniera (Our Song In A Ring semplice al tempo stesso, risultato di mostrare idee brillanti, pur evi- Tone) e noise. Con in più, a fare di un’attività artigianale in cui tando di seguire facili scorciatoie da contorno, quattro episodi ripre- viene riposta ogni cura e non di partorisce una musica personale si dal dischetto di cui si diceva in uno sfizio brufoloso da levarsi e immediata. Merito della voce di apertura (The Little Song Of Yes al più presto. Ce ne eravamo già Sara, svogliata e intensa al pari di & No, Memories Of An Irresistible accorti ai tempi del precedente quella dell’ultima Nada, ma anche Masochist, Midday Microwaves, The Trabant Ep, lo ribadiamo di bassi ipnotici, chitarre elettri- The Infection). (7.0/10) che impastate di wah wah, batterie Fabrizio Zampighi granitiche. Un conciliabolo di pro- letari del rock che rende al mas- simo quando le strutture si dilata- no sfiorando la psichedelia (Città sconosciute) o magari rallentano tingendosi di nero (Sai quello che sei), ma che non esita a inerpicarsi in slanci melodici e intrecci vocali acustici (Vengo con te). (6.5/10) “Ottime potenzialità creative, suo- ni sporchi e un’attenzione per la varietà e il tiro delle strutture fan- no pensare ai No Seduction come a musicisti ben sintonizzati su- ora che nel piatto del lettore gira gli scopi da raggiungere [...]”. Ai - con una certa soddisfazione - tempi dell’omonimo cd d’esordio li Be Low: cinque tracce che non avevamo sottovalutati i No Seduc- Side B ne vogliono sapere di puntare al tion, o per meglio dire ne avevamo Quello di spulciare tra decine e ribasso, trasformandosi invece intuito le qualità senza scendere decine di demo non è un lavoro nell’ennesimo omaggio a quell’idea troppo nel particolare, limitandoci semplice e alla lunga può risulta- di pop “elegante” da sempre una a cogliere soltanto il senso gene- re anche un po’ pesante. Tra un costante della formazione. Un rale del progetto. Mai avremmo pregevole disco a fedeltà talmente sunto efficace di arrangiamenti immaginato di doverci confrontare bassa da risultare dannoso all’udi- puntigliosi ma non debordanti, ganci con una crescita tanto repentina e to ed esperimenti elettronici che a melodici piacevoli e poco consueti, un secondo disco - appunto Expe- volte non si capisce dove vogliano a cui si affiancano pacatezza nei rience More Powerful Orgasm andare a parare, può sorgere ef- toni e solida perizia strumentale. – che quasi dispiace relegare nella fettivamente il desiderio di ascol- Qualità che emergono dalle voci e nostra piccola rubrica dei demo, tare “solo” belle canzoni, semplici, a cura di Stefano Solventi e Fabrizio Zampighi dal pianoforte di Do It Over come tanta è la qualità che lascia tra- lisce, solari e che diamine! Ecco dalle chitarre tremolanti di Slow, sparire. Dal canto suo la band di perché i Jocelyn Pulsar sono stati dalle atmosfere vagamente à la Chioggia si premura di rinfrescar- e sono una piacevolissima sorpre- Jeff Buckley di Shake You come ci la memoria su quelle che sono sa, un respiro di sollievo, un attimo dalle accelerazioni al guinzaglio le sue priorità, a cominciare dalle di relax. Un concentrato di pop ita- di Get High, in un alternarsi di chitarre laceranti che attraversano liano non sempre così “indie” come quadretti melodici articolati capace le dieci tracce in scaletta e dalla forse si vorrebbe, ma per fortuna,

WE ARE DEMO8 4 s e n t i r e a s c o l t a r e WE ARE DEMO ARE WE che ne abbiamo già pieni gli sca- toloni! Uno strumentale in punta di dita acustica-piano-violino che è uno zuccherino stesi su un divano sotto il sole introduce una serie di ballate dal ritmo più o meno cion- dolante, riff di acustica stoppata come certi Built To Spill, la simpa- tica pronuncia del cantante (Forlì, cosa ci vuoi fare?) che non può non ricordare Luca Carboni o Samuele Bersani magari accompagnati dai The Thrills in braghette a far coret- ti. Piccola delizia da portarsi sotto l’ombrellone. (6.7/10) Ascoltando il lungo demo dei Naked Pectore più volte mi sono trovato a pensare: “non è possibi- le!”. Da dove vengono? Romagna. non bastano. I Naked Pectore sono cariche, il Beck se lo avessimo so- Ma deve essere in realtà una omo- completamente fuori dal tempo e di gnato un quarto di secolo fa. Il suo nima località su qualche pianeta testa. E adesso? (7.0/10) 100% Martian Milk EP cammina a ancora sconosciuto della galassia. Milano e i suoi contrasti, il distac- scatti sul filo di una demenzialità E’ la vendetta della pattumiera co- co un po’ snob degli ambienti “in- disinnescata e innocente, ufologi- smica. Elettronica scrausa, voca- die”, la sua multiculturalità, una ca e cartoonesca come un Fatboy lizzi in falsetto e assoli di chitar- certa eleganza spesso più pretesa Slim se scrivesse la soundtrack ra improbabili e datati a gravitar che altro. Gli studenti di design, di Gino il Pollo. Divertente, con grafica o moda sbronzi fuori dal nello spazio, cupi tappeti di synth qualche groove azzeccato. (voto: kebabbaro dopo l’ennesima notte siderali, impossibili colonne so- 6.5/10). Gli Egon di Per me, Sofia in cui han dato tutto. Energia che nore tra il ridicolo e l’inquietante, sono invece un quartetto dedito al non si capisce dove sia diretta ma musica da videogiochi che incon- connubio tra indie-rock ed elettro- che sarebbe un peccato conserva- tra profondità doom metal, ballate nica con qualche tentazione avant. re intatta. Giovani corpi, belli, ac- di folk medievale o dal vago gusto Pensate ai Notwist immischiati cessoriati accuratamente, in movi- latinoamericano cantate in dialetto O’Rourke con qualche concessio- mento. Del promo dei Fou colpisce romagnolo (per chi lo capisce c’è ne all’emopop Negramaro. Sincopi subito la qualità della registrazio- da schiattare dal ridere), cori, risa, funk-prog e perturbazioni digitali, ne, il riuscitissimo incastro vocale grida, versi, rutti. Gli Oliver Onions linee di basso dilatate e sinuose, maschile-femminile che può ricor- che coverizzano i Pink Floyd, i cambi di scena per esotici jazz- dare le rimpiante decadenze degli Daft Punk che remixano gli Eagles folk, reiterazioni post e parentesi Scisma, la stessa cura (spesso ad- con uno special guest alla voce di psych. Non tutto si tiene, ma quel dirittura eccessiva) nel comporre Sgabanàza. Fantasia in espansio- testi sarcastici ma sempre eleganti che si tiene è buono. (voto: 6.4/10). ne, estetica nerd tra presa per il ed evocativi nella loro indecifrabile Con Romina Daniele viene il diffi- culo e vezzo intellettuale. I Naked modernità, l’immediata musicalità cile. Venticinquenne da Napoli, già Pectore sono “troppo”, in ogni sen- delle canzoni nonostante certe spi- premiata al Demetrio Stratos ‘05, so, nel bene e nel male. Le parole golosità fatte di chitarre e tastiere fa sperimentazione vocale al limi- energiche, talvolta soniche al limi- te dell’udibilità. La sua proposta è te della saturazione, strutture post quindi sconcertante, una Diamanda punk tutt’altro che semplici, inserti Galas imbrigliata in una ragnatela elettronici, voci campionate ed al- Glass, il selvatico espressionismo tri effetti speciali. Qua e là punte di certe Allun, improvvisazione sel- di Marlene e Baustelle ma giusto vatica & patologica tra organizza- per dare dei riferimenti. Molto bra- zione e destrutturazione, tra suono vi e basta. (7.2/10) e il rumore d’un suono che sferza D a v i d e B r a c e la vita. Il valore della proposta è Bonus Track intuibile, ma sta parecchio al di Bubblegun fa robo-pop house ludi- sopra delle mie possibilità. (voto: co, vocoder e synth eighties, bam- s.v/10). bolotti Kraftwerk con le pile troppo S t e f a n o S o l v e n t i

s e n t i r e a s c o l t a r e 8 5 Buffy Sainte-Marie CANTO UNIVERSALE DELL’ANTIPOCAHONTAS di Filippo Bordignon

Monografia e intervista a uno dei adottata da una famiglia del Massa- arco vero e proprio) più antico del più grandi gioielli del cantautorato chussets e trascorre l’adolescenza mondo. Da segnalare Universal canadese di sempre; icona under- nel Maine. Le sue doti si manifesta- Soldier, cavallo di battaglia conse- ground della cultura nativa ameri- no precocemente e in forma com- gnato a Donovan che, con un’inter- cana, Buffy Sainte-Marie si raccon- piuta: non ha ancora terminato il pretazione buona per le famiglie, ta attraverso le rivendicazioni dei college (conseguirà un Diploma in saprà farne canzone di protesta tra ’60, i ricordi delle sperimentazioni Belle Arti e uno in Filosofie Orienta- le più celebri di sempre. Billboard trascorse e una sensibilità sociale li) e le sue canzoni sono già motivo Magazine si pronuncia: Migliore amorevole ma risoluta. di un fitto passaparola. Inizia così Rivelazione del ’64. Many A Mile un’intensa attività live che la porte- (Vanguard,’65) prosegue rivelando Il canto universale dell’anti- rà a esibirsi armata di sola chitarra inflessioni gospel e amplificando Pocahontas nelle riserve indiane, nei teatri e un pathos simile allo Shawn Phil- Rispetto ai colleghi Neil Young, nei festival di tutto il Canada e gli lips di I’m A Loner. Il cantato a Leonard Cohen e Joni Michell States. All’indomani dall’uscita del cappella Lazarus non bisogna che Buffy Sainte-Marie giunse per pri- suo album d’esordio la cantautrice, di un paio di orecchie per starlo ad ma al traguardo della pubblicazio- a soli 24 anni, si sarà esibita in Eu- ascoltare; nel 2004 verrà campiona- ne discografica e la sua voce, stru- ropa, Asia e Australia venendo pre- to da Kanye West per il brano Dead mento potente e particolarissimo, si sentata come una tra le promesse Or Alive del rapper Cam’Ron. La dimostrò da subito capace di matu- più originali del Greenwich Village. strappalacrime Until It’s Time For rità fuori dal comune. La sua figura Nel ’64, forte della speranza che “I You To Go si dimostrerà il pezzo è stata a lungo sminuita a causa, tempi stanno cambiando” la Van- più noto della cantautrice, vantan- tra l’altro, di un sabotaggio volu- guard pubblica l’opera prima It’s do negli anni decine di prestigiose to negli USA dall’allora presidente My Way. Si tratta di un manifesto interpretazioni (Elvis Presley, Janis Lyndon Johnson, il quale fece ter- impegnato e acustico, forte di pezzi Joplin, Barbra Streisand, Neil Dia- ra bruciata attorno agli artisti mili- inseriti nella tradizione di folk ap- mond…). In Little Wheel Spin And tanti nel Red Power, Movimento per palachiano e blues. Now That The Spin (Vanguard, ’66) la faccenda i Diritti Civili degli Indiani d’Ame- Buffalo’s Gone in apertura prende si complica già dalla titletrack, ali- rica. Quella musica ricca di estro subito di petto il problema degli mentata dall’ipnotica iterazione di e poesia venne censurata dalle indiani nativi: “Quando una guerra struttura e ritornello ossessivi. For- stazioni radiofoniche e i dischi di tra nazioni è perduta, gli sconfitti, te di una pregiata line up in chiave Buffy, guarda caso, non furono di- è noto, ne pagano le conseguenze. folk-rock l’opera si snoda tra balla- sponibili nei negozi per un lungo e Ma quando i tedeschi caddero per te tradizionali e vocalizzi che pren- vergognoso periodo. Purtroppo per mano vostra, rispettabili signore e dono dal soprano di Joan Baez pur qualsiasi strategia repressiva, si signori, non li privaste della digni- gestendo con facilità anche i regi- può insabbiare un talento ma non tà né della loro terra. Cosa avete stri più bassi. Fire & Fleet & Can- annullarlo: oggi Buffy è attiva più fatto invece a queste persone?”. dlelight (Vanguard, ‘67) contiene che mai nell’ambito dei diritti civili Le linee melodiche sono elementa- omaggi trascurabili (alla Mitchell), e nella salvaguardia del patrimonio ri, l’accompagnamento funzionale canzonette e bizzarrie (Lyke Wake culturale, storico e tradizionale de- e mai ricercato eppure (o proprio Dirge su musica di Benjamin Brit- gli indiani nativi del nord America e per questo) episodi quali Ananais ten s’accosta a Tim Buckley che, la sua opera ha subito la rivaluta- vibrano di un’intensità paragona- nello stesso anno, aprirà mente e zione che molti appassionati di mu- bile alla migliore Odetta. Co’dine cuore ai primi viaggi stellari con sica ‘senza frontiere’ auspicavano (ripresa, tra i tanti, dai Quicksil- Goodbye And Hallo). Le sorprese da tempo. ver Messenger Service) condanna continuano: I’m Gonna Be A Coun- con baritona fermezza vizi e abusi try Girl Again (Vanguard, ’68) gab- Beverly Sainte-Marie nasce il 20 capaci di ridurre l’uomo in catene. ba la summer of love immergendo- febbraio 1941 nella riserva degli in- Nel tradizionale Cripple Creek Buf- si nel mondo del country. Lo step diani Piapot, nella Qu’Appelle Val- fy suona il mouthbow, lo strumen- a seguire spiazza anche i fan più ley (Saskatchewan, Canada); viene to a corde (una sola, quella di un lungimiranti: Illuminations (Van-

Classic 8 6 s e n t i r e a s c o l t a r e Classic guard, ’69) chiude il decennio al- l’insegna della sperimentazione. Le illuminazioni di Buffy sono un misto di spiritualità ed evocazioni religio- se per sintetizzatore Buchla e for- mazione rock. God Is Alive, Magic Is Afoot (testo tratto dal romanzo Beautiful losers di Cohen), The Vampire, The Angel impastano un dark folk con il proverbiale vibrato, qui spinto alle estreme conseguen- ze, quasi un belato artificiale. La base lo-fi e distorta di Adam anti- cipa il feeling rock di PJ Harvey. Guess Who I Saw You In Paris è quiete europea prima della tempe- sta conclusiva Poppies, che prece- de le allucinazioni esistenziali del Buckley di Starsailor pubblicate nel ’71. A questo punto Buffy sposa il compositore/ produttore/ session man Jack Nitzsche, dal quale avrà un figlio: Dakota Starblanket Wol- fchild. In She Used To Wanna Be A Ballerina (Vanguard, 71) la co- produzione di Nitzsche plasma un prodotto in bilico tra la fluidità di Leon Russell e il tributo all’ameri- can roots music di Elton John pe- riodo Tumbleweed Connection. In Moonshot (Vanguard, ’72) la ti- tletrack vale tutto il disco. Scritta dopo un incontro con gli studenti di una scuola cattolica che non riu- scivano a concepire una spiritualità antecedente alle Sacre Scritture, la canzone è tra le migliori dell’intero catalogo e il testo una commoven- te digressione nel territorio della metafisica. Quite Place (Vanguard, ’73) trascorre bucolico senza infa- mia e senza lode. Native North- American Child (Vanguard, ’74) è Cocker e Jennifer Warnes) vin- torna alla musica registrando con il un concept sugli indiani del Nord ce l’Academy Award come miglior suo Mac Coincidence And Likely America con reinterpretazioni e due canzone dell’anno. Il suo attivismo Stories (Capitol); pop levigato da pregevoli inediti: Way Way Way e sociale non viene mai meno: fonda arrangiamenti tipici delle ballate da il richiamo etnico Isketayo Sewow. il progetto Nihewan Foundation’s classifica di fine ’80, emozionante Buffy (MCA, ‘74) segna una cambio Cradleboard Teaching per la sal- in Fallen Angels e The Big Ones Get d’etichetta e un’inutile virata verso vaguardia del patrimonio culturale Away e a fuoco in Bury My Heart il pop da classifica. Changing Wo- e tradizionale dei nativi america- At Wounded Knee dove, a suon di man (MCA, ’75) e Sweet America ni, continua a esibirsi nelle riser- rock, si tratta il massacro degli in- ve e viene nominata rappresentan- (ABC, ’76) non aggiungono nulla a diani Dakota Sioux da parte degli te del Canada per l’UNESCO; nel quanto già cantato. Dal ’76 all’81 Stati Uniti nel 1890. Up Where We Buffy sarà nel cast della trasmis- ’93 inaugura l’International Year Belong (EMI, ’96) riarrangia episo- sione televisiva per bambini Se- Of Indigenous Peoples dichiarato di passati attraverso mestiere. Nel same Street assieme al figlio, per dalle Nazioni Unite. È anche tra i 2004 esce il Live At Carnegie Hall parlare alle nuove generazioni dei primi artisti a cimentarsi nella ma- (Vanguard) del 1969, a riaffermare nativi americani. Nell’82 Up Whe- nipolazione digitale con Macintosh l’importanza di una voce apolide a re We Belong (scritta col marito e (realizzerà una serie di opere visive più di un’accezione. Will Jennings e interpretata da Joe oggi terribilmente datate). Nel ’91

s e n t i r e a s c o l t a r e 8 7 INTERVISTA sono alcune canzoni d’amore sul dre di sbruffoni in competizione. Buffy, è mai stato valido il verso genere Up Where We Belong, una Per alcuni rappresenta un motivo di di Wilde: “Ogni uomo uccide la bizzarria rockabilly alla Elvis, una guadagno e ci danno dentro; e noi cosa che ama”? versione nativa americana di Ameri- stiamo buoni buoni anche quando le Macché, è una bidonata! ca the Beautiful e alcuni brani piut- teste di legno della politica parlano tosto insoliti. Decisamente il mio della necessità della guerra per ri- Quand’eri agli inizi cosa chiedevi lavoro preferito. Ora si tratta di con- solvere i conflitti senza menziona- alla vita? trattare distribuzione e tutto il resto. re altre alternative. Prima o poi ne M’interessava solo fare musica, È la prima volta che un artista spe- usciremo definitivamente ma per il arte, ballare, ridere assieme a Dio e disce un intero album attraverso la momento è troppo invitante per que- starmene in compagnia degli anima- linea telefonica (via modem) diretta- sti miliardari sguazzarci dentro o li. Tutti i miei sogni si sono realizza- mente alla casa discografica (che ci lasciare che sia; e nessun cittadino ti: vivo in mezzo al nulla nel verde ha concesso massima autonomia). che si ribelli con qualche azione co- delle montagne, con le mie capre, È stato comunque necessario il co- struttiva! cavalli, gatti e uccelli d’ogni sorta. raggio di Nigel Grainge e Chris Hill Unico rammarico che mi porto die- della londinese Ensign Records, che Come spieghi la reazione di- tro: siamo ancora circondati da un hanno accettato a scatola chiusa il staccata del pubblico a Illumina- gran numero di scuole militari (West materiale inviatogli. tions? Point, Annapolis, Air Force Aca- Era troppo precoce per i tempi. Piac- demy, Army College of War, Royal Come può un artista fondere real- que agli studenti d’arte e di musica Military Academy) e non è mai stata tà e fantasia vivendo con serenità elettronica ma fu uno choc per quelli ventilata l’ipotesi di una scuola di il proprio quotidiano? che mi stimavano come cantautrice pace funzionante come quelle sopra È proprio ciò che faccio. Vivendo in folk. Sono sempre stata motivata citate. una fattoria tra le montagne ho pace dalla curiosità e l’elettronica fu uno in abbondanza. Attraverso l’arte e dei tanti espedienti per saggiare Oggi quali sono le tue ambizioni? la musica esprimo la mia realtà me- nuovi linguaggi così come il mou- Proprio ieri ho terminato il mio nuo- scolandola con la fantasia: questa thbow o lo studio di musiche tribali. vo album! 9 canzoni inedite e un re- si chiama creatività. Non siamo fatti L’utilizzo di quelle apparecchiature make molto ipnotico di Little Wheel a immagine del Creatore? Lui si che mi ha insegnato molto ma riuscivo a Spin & Spin. È il terzo album col mio è il ‘creativo’! Per chi non ha mai utilizzarle compiutamente solo nel- co-produtore/ bassista/ chitarrista rinnegato questo dono che abbiamo le colonne sonore per dei film (cosa Chris Birkett. Ci piace lavorare in- fin dall’infanzia è una capacità na- che di tanto in tanto mi capitò di fare sieme: l’ho invitato nel mio studio turale. negli anni successivi). alle Hawaii per qualche settimana e abbiamo sperimentato un approc- Cos’è Dio per te? Jack Nitzsche: un artista di gran- cio più coinvolgente ed efficiente Credo senza riserve in un’entità de talento. Cosa vuoi ricordare in- dal punto di vista artistico; io e lui, estranea a qualsiasi nome; qual- vece dell’uomo? da soli, a suonare la maggior parte che volta la chiamo Spirito Santo, La persona più problematica che ab- degli strumenti. Per il resto ci sia- Creatore, Pachemama o Madre Ge- bia mai conosciuto. Nonostante que- mo avvalsi di qualche aiuto esterno neratrice ma nessun nome riesce a sto era anche molto divertente e do- in fase di sovraincisione, come nel descrivere la gioia che il rivolgermi tato di un estremo talento creativo; caso di Randy Bachman e del mio a essa mi procura. Riscoprire il di- le colonne sonore che ha composto vecchio amico . L’album segno di Dio nella natura fa si che lo per certi film sono indimenticabili. respira un’atmosfera tribale ben veda in ogni suo essere. amalgamata con un feeling up-tem- Il country è spesso associato ad po e pezzi quasi house/ dance; ci Ti persuade l’idea di una nuova ascoltatori dalla mentalità piutto- vita dopo la morte? sto chiusa, talvolta persino razzi- Credo che il mondo successivo sia sta, eppure ti ci sei buttata senza diametralmente opposto a questo, alcuna titubanza… tanto quanto la vita lo è dalla vita Mai avuto pregiudizi da questo pun- nella tomba. Sarà come venire pro- to di vista: ogni genere ha i suoi mossi al successivo anno scolasti- fan e i suoi fanatici. Ho scritto un co; porteremo con noi solo le cose/ i sacco di roba country e mi andava valori che hanno un valore effettivo. semplicemente di registrarla. A Chet A questo proposito amo rileggere il Atkins piacquero molto i miei primi Libro di Urantia. tre album e mi invitò a Nashville per registrare con Floyd Cramer, Junior Sicura che nessuna guerra possa Husky, Charlie McCoy, Grady Deal dirsi necessaria? e altri suoi amici. Com’era lungimi- È una reazione immatura tra squa- rante, Chet: mi mise in contatto con

Classic 8 8 s e n t i r e a s c o l t a r e Classic cantautori e musicisti tipo Kris Kri- versitari ma non si presta a flessibi- quando vengo a contatto con perso- stopherson, Mickey Newberry, Nor- lità, è limitato, cinico, talvolta persi- ne che si abbandonano agli eccessi bert Putnam; condividemmo della no immaturo e in ultima analisi non del vino, della birra o di cose così. musica eccezionale e dei momenti così acuto come alcuni credono. divertentissimi, gli sarò sempre gra- Quando ci evolveremo come ‘spe- Le risposte alle grandi questioni ta per questo. L’esperienza più di- cie’ capiremo quanto siano obsolete nazionali e internazionali stanno vertente della mia carriera è stata le sue parole. Ironia della sorte ho nelle mani della politica? registrare con Norbert e la sua band, conosciuto molto bene un suo pro- No. Le risposte sono nelle nostre gli Area Code 615 ai Quadraphonic nipote. mani, nelle nostre menti, nei no- Studios. stri cuori e nelle scelte che faccia- Cosa ti ha ferito maggiormente mo ogni giorno. Ricordi Universal Oggi qual è la condizione dei nati- quand’eri bambina? Soldier? Cantavo: “Gli ordini non vi americani? La mancanza di rispetto, le umilia- gli provengono più dai piani alti ma Di cambiamenti ce ne sono stati a zioni e gli insulti da parte degli uo- da lui stesso, da me e da te. Non lo non finire, troppi per elencarli in mini e dei ragazzi. vedete? Non è così che metteremo questa sede. Basti pensare che nei fine alla Guerra”. primi anni ’60 la maggior parte degli indiani che vivevano nelle riserve o A un artista è consentito ignorare in certe aree urbane avevano quasi fatti e conseguenze della propria smarrito il senso della propria iden- attualità? tità, erano stati sconfitti sul piano Dipende, in molti lo fanno. Il mio legale e per loro le opportunità di nuovo album contiene canzoni che usufruire di un’istruzione adeguata parlano di eroi, indiani, soldati, mer- sembravano un miraggio. Tra i nativi cenari, contesti ambientali, cupidi- americani si contavano pochissimi gia; ma pure di amore, pace, balli e avvocati o gente famosa perciò era- di tante altre cose che ci fanno sor- no tagliati fuori dai grandi poteri che ridere e ci ricordano semplicemente regolano le nostre vite. Negli ultimi la bellezza della vita. quarant’anni grazie a un’instanca- bile lavoro alla radice del problema Le istituzioni scolastiche sono (che abbiamo portato avanti su tutti Il nuovo millennio ci permetterà di una buona opportunità per… i fronti possibili) essi sono riusciti condurre una vita semplice? cosa? a riscattare la propria condizione Una vita semplice è sempre possi- Quando mi iscrissi all’università nel mondo dell’arte, dell’istruzione, bile, ma dipende dalle scelte e dalla essa rappresentava la possibilità della sanità e in tanti altri. Adesso volontà del singolo. La mia giornata per accedere alla conoscenza, con- nelle regioni popolate dagli indiani trascorre accudendo i miei animali dividere esperienze differenti, pre- diplomi e lauree non sono più una e i miei familiari. Certo magari per pararsi per il viaggio in un mondo novità. accedere ai capricci della città ho senza frontiere e formulare nuove comunque bisogno di prendere un idee. Oggi troppo spesso significa Chissà perchè la maggior parte aereo per spostarmi. Ma ciò che soltanto ritirare buoni pasto e spe- dei figli di musicisti hanno gusti scelgo, in assoluto, è la semplicità. rare di essere inseriti in qualche musicali pessimi, alla meglio roba Mi sento fortunata ad aver inteso la azienda. tipo MTV. Che ascolta tuo figlio bellezza di Madre Natura quand’ero Dakota? ragazza, prima che la trasformasse- Qual è l’aspetto più straordinario Suona la tastiera in alcune band ro in un motivo di speculazione im- dell’essere un artista? locali. Per lo più fanno musica pro- mobiliare. Elaborare nuove idée. Là dove c’è pria, con un feeling orientato verso musica, immagini, parole o qualsiasi il reggae e le sonorità hawaiane. Innegabile, specialmente durante altra forma, il lampo dell’idea, prima i ’60, una proficua connessione di essere esternato, è innanzitutto L’eterno ritorno di Nietzsche: una tra droghe e creatività… un vero e proprio miracolo. In un delle interpretazioni formulate a Le droghe , come tante altre espe- secondo momento è meraviglioso questo proposito ritiene che l’uo- rienze, alla fine non fanno che in- poter lavorare su di esso e render- mo sia incapace di imparare dagli taccare le nostre percezioni. Odio lo tangibile sottoforma di canzone, errori della Storia e sia dunque l’alcol, gli oppiacei, mi piace invece poesia o dipinto. Poi magari altri ar- condannato a ripeterli infinita- l’erba e altre sostanze psichedeli- tisti amano quello che hai composto mente. che; detesto però tutto ciò che vie- e vogliono farlo loro perciò si pren- La gente impara sia dalla propria ne trattato chimicamente (coca, me- dono la briga di impararlo, interpre- storia che da quella collettiva. Ho tamfetamina...). So bene ciò che è tarlo e proporlo al loro pubblico e analizzato attentamente il pensiero particolarmente dannoso per la mia tornare a renderlo un successo. Bel- di Nietzsche durante gli studi uni- psiche. Mi fa ancora un certo che lissimo!

s e n t i r e a s c o l t a r e 8 9 Brian Jonestown Massacre REVOLUTION STARTS OVER 1967 AGAIN! di Edoardo Bridda

“I’m here to destroy this f---ed up ste dentro e fuori il music biz. Una sacro di Jonestown, il predicato- system!” è sicuramente nota, e parliamo dei re degli anni ’70. Già. I Settanta. (, 1995) Dandy Warhols (di cui Courtney è Quando il sogno finì, anche grazie “we were against the grain from leader), l’altra già la sapete ma pro- a uno come Charles Manson, un al- square one. I wanted to show how babilmente la conoscete soltanto di tro amato murderer santone fauto- scummy and fake the music biz is” nome. Dandys e Brian Jonestown re di quel qualcosa che è andato storto e che bisogna portare asso- (Anton Newcombe, 2005) erano le band capofila di un movi- mento stanziato a San Francisco lutamente indietro. Qui sta il trip: che a inizio Novanta voleva rivolu- tornare alla genuina psichedelia e Questo mese Goodfellas ha distri- zionare il mondo facendo saltare il alle noccioline come pane quotidia- buito in Italia due ristampe di un sistema alle fondamenta. Ok, è la no perché… Beh, perché avevano gruppo con un nome che pare un ragione gli Spacemen 3: “avevano act grindcore californiano, i Brian solita storia, ma con uno come An- capito dove bisognava tornare”, Jonestwon Massacre. È la band di ton, sporco, bello e drogato (quan- dichiara Anton nel 1995 recandosi un personaggio che all’anagrafe fa do appunto Taylor e soci erano i alla Bomb Records. Anton Newcombe e se non vi dice buoni, pop e soprattutto su major), Da qui s’inizia e al file Newcombe nulla questo nome è sicuramente le cose sono più serie di quanto si manca tanto. Tutto. Partiamo dalla perché siete a digiuno di Dig! E se creda. E parliamo di musica, di un fine, dallo sdegno in seguito alla non sapete nemmeno di Dig, beh, personaggio che ha fatto una doz- pubblicazione del film della Timoner allora si rende necessaria una pic- zina di dischi in dieci anni e nessu- che nel 2005 si becca pure il Grand cola e importante premessa perché no scartabile. Un eroe/antieroe. Jury prize al Sundance film festival. qui si tratta di un lungometraggio Sicuramente l’antieroe della vicen- Segue un amato/odiato successo rock che ti lascia un segno dentro, da DIG!, proprio come è antieroico trainato proprio dal documentario. perché più inside di così la storia il nome che l’uomo ha scelto per la Un tour sold out. Sua santità Iggy non poteva essere raccontata. band: Brian Jones è il martire de- Pop che s’esalta con un eloquente Dig! è un reality di 17000 ore con- gli Stones, la prima mente crea- “that’s a fucking great band!”. Anton densato in un ora e quaranta minuti tiva del combo, quello che venne rimane sul pezzo, allucinato, tiran- che racconta, per bocca di Court- esiliato e poi finì in piscina riverso. no e geniale. Al Primavera Sound, ney Taylor-Taylor ben sette anni di Jones poi, come cognome di Jim, è nel 2006, fa uno show con i contro- vicende legate a due realtà rocki- l’inquietante personaggio del mas- cazzi e oramai lo sanno tutti che è un grande, l’ha detto la tv e pure l’ex amico Courtney, ma quel che ci preme (che lo spazio è poco) è che tutto il lavoro svolto dagli esordi ad ora, tutto il bello della storia che la Timoner perlopiù spettacolarizza, è frutto di un estenuante lavoro sul campo. Una dedizione e un gusto che fanno del novello Jones uno con pochi ri- vali in una fusione totale con la ma- teria psych rock, una vita a dir poco sacrificata interamente al mestiere e al mito della rockstar. La gene- rosità di tutto questo la si vede fin da Methodrome, il primo album di una band dal nome lungo (da dove

I Jonestown circa nel 1997 credete che venga il nome Black

Classic 9 0 s e n t i r e a s c o l t a r e Classic Courtney e Brian

Rebel Motorcycle Club?) che in op- panella fondatore dei Warlocks. masco dei Velvet e degli Stones. posizione ai nomi corti tipo Ride Tutta gente che deve molto ai BJM La wilde side per eccellenza, quel- e Lush cavalca l’onda dispiegata (e si sente), ragazzi che hanno la che corre veloce e Anton a in- dello shoegaze e del feeback pop assorbito dal suo carisma ma che seguirla. Registrato l’esordio, quel iniziata - appunto - con gli Space- soprattutto ne ha subito gli scleri e bastardo ne ha già tre in uscita. men e con i Jesus And Mary Chain le botte. La Timoner, figuriamoci, Una fame che manco tutta l’Africa. (oltre naturalmente ai mitologici My ne ha almeno un poker di pestaggi Dieci mesi tre dischi. Il primo è un Bloody Valentine e Loop). Giusto serissimi: il più mitico è senz’altro vero trip, il seguito del famigerato sotto la scorza, il testamento del quello durante un live che - presen- album degli Stones Their Satanic rock sottoforma di dischi degli Sto- ti i talent scout che avevano portato Majesties Request a cui fa rispo- nes, quelli di Brian, la cui testa è i Dandy’s alla Capitol - avrebbe fat- sta un Second Request (Bomp, appiccicata a mo di eroe dei fumet- to di lui un artista sotto contratto, 1996, 7.5/10), il quale, prendendo ti sul logo della band (una scritta sicuro al 100%. Naturalmente, suc- spunto dagli stessi calchi psichede- rotonda tutt’attorno e uno sfondo cede un gran casino: Anton attacca lici e orientali, trasforma il metho- nero). briga con tutta la band colpevole di drone in un affare folk-psych per Quel caschetto biondo che fu man non suonare come dovrebbe e la indiani erranti con iniezioni massic- mano escluso dalla coppia Jagger- domanda sorge spontanea: stress ce di sitar e dozzine di strumenti Richards fino allo sfacelo nervoso da prova d’esame o sabotaggio? È non rockisti quali mellotron, farfi- e che ora può godersi una imperio- l’ambivalenza l’ordigno alla base sa, didgeridoo, tabla, conga, gloc- sa rivincita per interposta persona. del cranio di Mr Brian Jonestown, kenspiel. Newcombe suona di tutto Anton è la classica rockstar figlia lui che nelle interviste è quasi un e fa tutto rigorosamente in proprio di puttana: fintamente comunitario fanatico monotematico (“la rivolu- (e arriva persino a parlare con l’ac- non accetta consigli né intromissio- zione, la musica e la rivoluzione, cento inglese!). Hollywood prova a ni. In più, adora i cliché del rock, bla bla bla”). interferire ma non serve a nulla. Il i junkies e le bizzarrie. Fin da su- E tutto ciò, dicevamo inizia con leader ha il controllo maximo, nien- bito, per dire, si prende uno come Methodrome (Bomp, 1995, 7.5/10) te lo separa dalla missione per con- Joel Gion, una specie di emulo di pubblicato per la sanfranciscoana to di Jones che ripete a memoria la Bez degli Happy Mondays, uno che Bomb!, in una città che li odierà storia a una velocità che è parago- suona le maracas e sostanzialmen- piuttosto in fretta per il loro ap- nabile soltanto allo speed. te non fa nulla. Niente di meglio per proccio shoegaze sporco e caz- L’album successivo Thank God alzare la tensione nel gruppo: in zone. Settanta minuti di viaggio for Mental Illness (Bomp, 1996, dieci anni si alterneranno sessanta confuso, acido e narcotico. Droni 6.8/10) viene registrato e prodotto persone nei BJM. Alcuni ritorneran- a palla, subconscio garantito. Un in un giorno al costo di 17 dollari. no (per convenienza), altri no, come esordio che qualsiasi fan del ge- Si tratta di una manciata di sporchi caschetto-Lennon Matt Hollywood nere dovrebbe avere che ha il solo country-blues primi Settanta, veri e (chitarra, qualche canzone, voce) demerito di non averlo inventato. sinceri, poi neanche un respiro e ar- che in cinque anni ha sofferto come La missione dei BJM – e il concetto riva Take It from the Man! (Bomp, un cane all’ombra di Anton, nean- è ciclico – sarà, d’ora in poi, quella 1996, 7.3/10), che a buon titolo è che Peter Hayes che forma i Black di riportare le cose sulla retta via, il vero standard beat-psych firmato Rebel Motorcycle Club e Rob Cam- fuori dal business, sulla via di Da- BJM. Il disco sigla una piena padro-

s e n t i r e a s c o l t a r e 9 1 l’inattesa paternità (un figlio avuto dall’attrice Tricia Vessey, quella di Ghost Dog), durante un concerto colpisce con un calcio in testa un ragazzo del pubblico (gli aveva ti- rato degli ortaggi, bah). Finirà in galera. Ancora. Questa volta però la corsa rallenta, salvo un mini di country blues alla buona Bring It All Back Home Again (Bomp, 1999, 6.5/10). Ci vorranno due anni a ripulirlo, ma ne varrà la pena: Bravery Re- petition and Noise (Bomp, 2001, 7.0/10) sembra una missiva rivolta agli Oasis (Just For Today) come dire, “voi dovreste ascoltarvi La- negan brutte fighette”. Tanti organi e organetti nel disco, anche archi, soprattutto un buon pop dell’Anton che è diventato cantautore (Stolen) ma che non dimentica il deserto (Open Heart Surgery). Una via bat- tuta due anni più tardi con l’aiuto di Ed Harcourt e Kurt Heasley nel magistrale And This Is Our Music (Tee Pee, 2003, 7.5/10), l’album della piena maturità (When Jockers Attack), nonché l’ultimo a firma BJM, se si esclude il mini sulla scia We Are The Radio (Tee Pee, 2005, Matt Hollywood in uno shot di DIG! 6.5/10). nanza dell’idioma stones periodo ma Strung è un album tutt’altro Tanto ci sarebbe ancora da dire Between The Buttons e del garage che Exile (giusto per paragonarlo ma preferiamo concludere con una nuggets dello stesso periodo con all’album più freak degli Stones), delle tante missive firmate Anton: brani come Vacuum Boots e un pri- anzi tradisce gli Stones per le chi- “prendi i miei dischi, li riascolti ora mo anthem intitolato Who?. Arrivati tarre zuccherine dei Byrds, mette e suonano ancora freschi, origina- sin qui l’unico a fargli seriamente in campo l’hammond e una scrittura li, non c’è tutta quella merda pop concorrenza è Nikki Sudden (un più matura e sentita. che li ha invecchiati subito. The altro che gioca con il fuoco sacro Malgrado tutto, la parabola uma- business sucks”. Lo ripete dal ’95 del rock), tuttavia l’anno successi- na discendente arriva inesorabi- e su questo, non ci piove, aveva vo è dedicato ai rewind e ai nuovi le a fine anno: appena dichiarata ragione. equilibri: il drone-sound incontra la ricerca vintage con Give It Back (Bomp, 1997, 7.5/10) un gettone di lusso, noccioline e oriente, Beatles e blues. L’album è come il whiskey, corrode. Nello stesso anno le vi- cende prendono una brutta piega. Anton, troppo anti-sistema per avere a che fare con il business, manda Gion – il deficiente delle maracas - a firmare per la TVT Re- cords, ovvero la major league delle indie label americane. Esce Strung Out in Heaven (TVT, 1998, 7.0/10) dopodiché, durante il successivo tour (questa volta nazionale) Matt Hollywood, Dean Taylor, lo stesso uomo maracas se ne vanno sbat- tendo la porta. Per l’uomo l’eroi-

na diventa una affare pericoloso Joel Gion in uno shot di DIG!

Classic 9 2 s e n t i r e a s c o l t a r e Classic

s e n t i r e a s c o l t a r e 9 3 Classic album Leonard Cohen - Songs Of [Ristampa Sony 2007]

Leonard Norman Cohen da Montreal, Quebec, classe ’34, aveva già matu- rato una discreta fama in patria fin dai tempi dell’esordio Let Us Compare Mythologies, una raccolta del ’56, e poi con The Spice-Box of Earth (1961). Attenzione, non stiamo parlando di musica: stiamo parlando di poesie. The Favorite Game del ’63 e Beautiful Losers di tre anni più tardi furono invece due romanzi accolti con favore e scandalo, quindi com- plessivamente bene. Ma fin dall’università dentro al letterato covava il cantautore. La carta d’identità denunciava i fatidici trentatré anni quando Leonard irruppe nel Greenwich Village. Rimasero colpiti in molti, da lui e dall’ango- scia angelicata delle sue canzoni. Soprattutto l’anfitriona Judy Collins ed il celebre discografico John Hammond. Questo disco fu una prepotente, incontenibile, naturale conseguenza. Un debutto dovuto, cui non poteva essere imposto titolo diverso. Canzoni, certo, canzoni come non se n’era- no mai sentite prima. A partire dal soave abbandono di Suzanne, fili di passione, peccato e fatalismo dipanati e intrecciati senza posa tra archi e cori angelici. Siamo lontani un’epoca intera dalle frenesie socioesistenziali del folk militante. Lo stile allusivo e laconico di Cohen cozzava coi deliri illumina(n)ti di sua maestà Dylan pur scorrendo in un solco non troppo distante. Non è un caso se il nostro De André amerà entrambi senza riserve e - a quanto ne so - senza preferenze. Infatti una Stories Of The Street finisce per baluginare psych-folk come una mischia instabile tra Gainsbourg e Jefferson Airplane, così come la fanfara macabra di Sisters Of Mercy contiene certi sogni allampanati Barrett assieme al Fred Neil più placido, così come la sorniona amarezza di One Of Us Cannot Be Wrong ciondola tra eb- brezza derelitta e visione dolciastra. Potrebbe essere una rivoluzione copernicana, non fosse che è solo un punto di vista diverso, la cosiddetta nuova era indagata da un signore allampanato, un po’ guitto un po’ lord, dandy col cuore da clochard immerso in un lago di contrizione e affanni emotivi, mentre il mondo diventa uno spettro. Prendete la livida perorazione di Master Song - con l’arpeggio serrato a rimagliare un valzer stopposo, la trom- ba fantasma e le folate d’archi - oppure l’asprezza solenne e sdegnosa di The Stranger Song, o ancora la san- guigna tensione di Teachers: sono opere di scavo, cupi contraltari ai decolli speranzosi en vogue. Prototipi cui Nick Cave guarderà cento, mille volte prima d’intingere la penna nell’inchiostro della bile berlinese. La stessa So Long, Marianne, tra gli episodi più “canori” dell’intero repertorio Cohen col suo chorus struggente e ventoso, ammiccando le fregole irish dell’imminente Van Morrison, prefigura i rigurgiti romantici caveani da The Good Son in avanti. Della qui presente edizione rimasterizzata va sottolineato il (prevedibile) maggior nitore oltre a due tracce mai uscite in edizioni ufficiali, la tarantella western di Store Room – venata d’intrigante impertinenza, gracidio d’ham- mond e chitarrina acidula – e la stupenda Blessed Is The Memory, che incede oppiacea tra malie esotiche. Bonus sfiziose di un album che già recava in calce la chiosa: capolavoro. Stefano Solventi

Classic 9 4 s e n t i r e a s c o l t a r e Lost Grunge Heroes Classic Truly - Blue Psychedelic Tales

“Psichedelia Blue”, si lesse da qualche parte, nel mare magnum della stampa USA, quando fu d’uopo recensire il primo parto discografico dei Truly. Era il 1995. Come dire… un’era geologica fa o forse più. Il grunge storico era oramai un animale morente, quando un CD di bellezza assoluta atterrò sul mercato discografico statunitense ed europeo di 12 anni fa. Un’apparizione in sordina la sua, ma non per questo meno importante. Fast Stories… From Kid Coma, infatti, è un albo atipico, anche per lo stretto nesso fra musiche e testi in esse raccoltivi. In pratica, un concept:

“Soul slasher Kid Coma x-ray. Hospital. Neglected rainy days when his thoughts shoot out to the other side of town his thoughts shoot out! Right now! ...” (da Tragic Telepathic (Soul Crasher))

Nati nel 1990 come trio, in quel di Seattle, i Truly – ossia l’ex bassista dei Soundgarden Hiro Yamamoto, un reduce dagli Screaming Trees (il batterista Mark Pickerel) e il chitarrista-cantante Robert Roth (parte dei fu Storybook Krooks) – esordirono dal vivo, strano connubio solo a pensarci, con gli acid-grunger Jesus Lizard. Era l’ottobre del 1990. Poco dopo (in piena epoca Badmotorfinger, i Soundgarden grunge ai loro sgoccioli) fu il turno del loro EP di debutto. Heart And Lungs, edito dall’allora fresca di “nirvaniano” successo Sub Pop, mette in fila pezzi quali The Color Is Magic e Heart And Lungs che ci catapultano appieno nel cuore del Truly-sound. Un gusto per la psichedelia più dilatata e chitarristica, una patina greve e densamente sporca di chitarrismo fuzzato e distorto, poco o nulla rimane in queste canzoni delle rispettive band di orIgine dei tre nostri cavalieri grunge. Leslie Coughing Up Blood (SubPop, 1993), secondo EP contenente la song poi ripresa per l’esodio lungo tar- gato Capitol Records, si spinge anche più in là. La traccia eponima è infatti una grezza cavalcata scomposta, come sei i Nirvana rifacessero Wild Thing dei Troggs con un sovrappiù di anfetaminico furore a sorreggere la cattiveria urlata con foga nel brano. Una conferma che i Truly non sono una band di scarsi epigoni dei mostri sacri grunge e, al contempo, l’antipasto succulento di quel che avverrà nel 1995 di Fast Stories. Fast Stories... From Kid Coma (Capitol, 1995) arriva sugli scaffali di dischi, CD lungo o doppio vinile, ad inizio estate 1995. Le 13 tracce in scaletta concentrano i brani di minutaggio maggiore alla fine del disco; man mano si procede dall’inizia- le opener Blue Flame Ford alla conclusiva, progressiva Chlorine, giustificano l’azzardato utilizzo dell’aggettivo progressive per descrivere questa forma di grunge evoluto, concettuale, a tema. Blue Flame Ford, Blue Lights, nonché una atmosfera di “quite disperation” così diffusa e imperante nel clima medio di questa storia visionaria di Kid Coma, giustificano anche quella definizione di “blue psichedelica” coniata apposta per il gruppo in questione. Il disco inizia subito con un vertice di pathos: breve brumosa intro e poi via con Blue Flame Ford. Le liriche sono criptiche, oscuramente evocative, la musica è una sorta di garage-grunge fitto di polifonie vocali epiche. Il tiro rimane però davvero efficace e micidiale. Prende subito e dal primo ascolto. Segue If You Don’t Let It Die, dalla quale si comincia a vedere la passione dei nostri per i Doors più tetri e sognati, come fossero, ancora una volta, ripresi e sfatti nel calderone emotivo disperatissimo di . Ma il palinsesto ha ancora altre, e ben gra- dite, gemme da offrirci. Blue Lights e Hurricane Dance, per esempio, dove visioni ruvide debbono molto al gioco di feedback nella prima e alle eleucubrazioni instrumental maggiormente freak e dilatate la seconda. Hot Sum- mer 1991 va di mellotron alla conquista di questa medesima epica della rivelazione della parete invisibile che divide l’everyday life dai suoi più reconditi incubi (psicanalitici). Essa è celebrata e cantata un po’ dovunque nel disco. All’approssimarsi della conclusione dell’ascolto, ci si imbatte anche nei piccoli capolavori prog dei Truly. Virtually, ipnotica e circolare cavalcata, e la finale Cholorine, davvero un lungo saggio in note di musica sofisti- catamente armonizzata per gli anni ‘90 del grunge. I King Crimson come santini da riverire. Purtroppo la Capitol, come a tanti capitò in quegli anni di forsennata rincorsa alla next big thing del dopo Nirvana, non promosse per nulla il CD di Yamamoto e soci. Il risultato fu un divorzio acrimonioso, da parte dei nostri, e una seconda sortita che fu ancor più negletta della prima. Non tanto per qualità musicali intrinseche, quanto per il fatto che uscì per la minuscola Thick (nel dicembre 1997). Le musiche si fanno in Feeling You Up lineari, magari un po’ sghembe o magari tout court perfette pop song (Public Access Girls). Conclude in sordina, sicuramente ingiustamente per il valore artistico del gruppo, una raccolta di varie ed eventuali dal titolo Twilight Curtains (Sweet Nothing, 2000). Fast Stories, però va riscoperto. La storia del grunge che ha davvero contato qualcosa passa anche attraverso le sue tredici bellissime canzoni. Massimo Padalino

s e n t i r e a s c o l t a r e 9 5 Quentin Tarantino GRINDHOUSE di Antonello Comunale

Nel cinema Grindhouse di Tarantino e Rodriguez, i film sono fatti come si facevano una volta. Con l’amore incondizionato per la serie B a suon di zombie, mitra, psicopatici, san- gue, sesso e ironia. Un affresco cinefilo che ha fatto flop in America e ora sbarca in Eu- ropa tagliato a metà. Le strizzatine d’occhio di Tarantino mostrano la corda ma divertono ancora, mentre Rodriguez fa come i bambini a luna park.

Ladies and Gentlemen. Welcome Yubari in Kill Bill piange lacrime Ragionano rapidamente su come to violence… di sangue come Katherine McColl imbastire la cosa. Fare film che Negli U.S.A. le grindhouse era- in Paura nella città dei morti vi- si riallaccino in tutto ai B movies no i cinemini di periferia dove si venti. degli anni ’70, finanche nella fili- proiettavano filmacci di serie B, Quentin Tarantino è il grand ma- grana trasandata della pellicola. C, D e se possibile anche Z. Nelle ster della citazione, del post-mo- Decidono di dividersi due titoli e di grindhouse si promuoveva anche derno, del giochetto pulp-intellet- fare un tipico double bill. Decidono il concetto di “double-bill feature”, tuale, della strizzatina d’occhio. di replicare anche l’impasse da bo- ovvero due film al prezzo di uno. Quentin Tarantino è anche un ma- bina mancante che spesso si veri- Erano un luogo ai margini come lato terminale di cinefilia. Ormai ficava nelle proiezioni dell’epoca. in una dimensione parallela del lo sappiamo tutti. Lui lavorava in Quest’idea in particolare viene a cinema, pieni di maniaci, drogati, un video noleggio e aveva tutto il Tarantino, che si ricorda un episo- prostitute, disoccupati depressi e tempo di guardarsi e riguardarsi dio specifico accaduto durante la altra gente del settore “mondoca- centinaia di film. Ma non gli basta- proiezione in un drive-in di La spia ne”. Ergo: zero pretese intellettuali va, perchè evidentemente quando senza domani con Oliver Reed. e acceleratore a tavoletta su sesso smontava da lavoro se non andava Semplicemente ad un certo punto e violenza e ancora sesso e vio- in qualche bar a bersi qualcosa e la proiezione si interrompeva con lenza, sesso e violenza, violenza a sparare cazzate (da qui proba- un avviso di scuse per la bobina e sesso. In Italia tutto questo è bilmente la tipica sequenza taran- mancante e il film si ritrovava ca- paragonabile alle salette parroc- tiniana della chiacchierata al bar) tapultato di botto nell’azione. De- chiali e ai cosiddetti “pidocchietti” il Nostro si immergeva in qualche cidono anche di riprodurre i gusto- di quartiere dove venivano passati grindhouse. E non era il solo. Non sissimi trailer che passavano tra in pompa magna film di seconda molto tempo fa Joe Dante, nel ri- un film e l’altro. Dalla seratina a e terza visione. Salette che sono cordare la figura di Mario Bava in casa di Quentin alla distribuzione progressivamente scomparse cau- uno special televisivo, ricordava di nelle sale americane di Grindhou- sa avvento delle VHS e della TV. I aver visto i primi film di Bava pro- se il passo è breve. Il double bill cinemini dell’oratorio resistono an- prio in un cinema grindhouse. Così prevede un primo film di Rodriguez cora, ma i pidocchietti così come come devono aver frequentato chiamato Planet Terror e un se- le salette a luci rosse sono defi- queste salette di terz’ordine gente condo di Tarantino, chiamato Dea- nitivamente tramontati. E’ l’evolu- sparsa del calibro di Abel Ferrara, th Proof. Anche i generi in cui si zione che cede il passo al profres- Martin Scorsese, Tim Burton, Coen iscrivono i due film sono standard so, ma è soprattutto un pezzo di Brothers e dulcis in fundo lo spar- e canonici dell’epoca. Zombie mo- storia sociale non indifferente. Il ring partner di Tarantino, Robert vie per Rodriguez e high race car consumo del cinema di genere si Rodriguez. movie per Tarantino. Nel mezzo è poi progressivamente individua- L’idea di fare un doppio film del vengono ficcati una serie di trailer lizzato con le videocassette, le tv genere, che rinverdisse i “bei di finti film firmati da registi amici locali e i più recenti, i DVD. Ma la tempi andati”, pare sia venuta in e volti noti nel settore: Rob Zom- pratica bassa ci fa da fondamenta. mente proprio a Rodriguez. Que- bie, Eli Roth, Edgar Wright. Lucio Fulci non sarà paragonabile sti si presenta un giorno a casa di Tutto questo è quello che è pas- a Tarkovskij ma tutte le immagini Quentin e insieme si soffermano a sato in America, dove il film ha scorrono, si riproducono e si evol- guardare la vecchia locandina di debuttato nelle sale lo scorso 6 vono, anche le sue, e così Go Go un double bill epoca grindhouse. aprile. Il risultato al botteghino è

la sera della9 6prima s e n t i r e a s c o l t a r e la sera della prima della sera la

stato un clamoroso floppone, che tato da quella magnifica faccia di di come i nazisti facessero espe- ha mandato tutti in allarme. A di- cuoio di Denny Trejo, l’uomo che rimenti segreti per trasformare le spetto della falsissima notizia bat- contende ad Henry Silva la palma donne in lupe mannare, è l’appa- tuta pure dall’Ansa, secondo cui la d’oro come miglior caratterista di rizione finale di Nicholas Cage decisione di distribuire in Europa tutti i tempi. Il presupposto è chia- nella parte di Fu Manchu. Goliar- il film spezzato in due è stata pre- ro: un tipico action movie anni ’70, dissimo. Il trailer diretto da Edgar sa dai produttori della Weinstein con Trejo per protagonista e una Wright (Shaun Of The Dead) e in- Company per correre ai ripari dopo dose massiccia di ardore e orgo- titolato Don’t è sicuramente il più l’insuccesso nelle sale americane, glio messicano. “Have you ever divertente tra tutti quelli messi in l’intenzione di tranciare in due il killed one man before?” domanda Grindhouse. In esso c’è la ripro- film e di distribuire le parti separa- la tipica faccia da spaghetti-west- duzione peculiare dei ghost house tamente era già stata abbondante- ern a Denny Machete. Quest’ultimo movie di quell’epoca. Anche nei mente presa prima dell’uscita negli si gira e lo guarda semplicemente vestiti e nelle capigliature degli States. Il motivo è il semplicissi- senza battere ciglio. Le citazio- sventurati. Tutto è deliziosamen- mo: voler raccattare quanti più sol- ni ovviamente si sprecano. “They te seventies fashion, finanche nel di possibile, ma va anche detto che soon realize… they just fucked design del titolo su fermo immagi- la durata eccessiva del double bill with the wrong mexican”. Il trailer ne. Il refrain su cui gioca tutto il in questione ha certamente aiuta- è piaciuto talmente tanto che Ro- trailer è semplicemente perfetto: to a tenere alla larga gli spettato- driguez si è detto dispostissimo a “If…you…are…thinking...of…go - ri statunitensi. Dei due, il primo a trarne un film. Trejo lo ha preso in ing…into..this…house…..DON’T. girare dalle nostre parti è manco a parola arrivando quasi a minaccia- If…you…are…thinking...of…open- dirlo Tarantino, arrivato in antepri- re quelli della Weinstein Company ing…this…door…..DON’T”. Ed ma al festival di Cannes con una per farlo. E a questo punto speria- è tutto un prendere in giro le si- versione del film allungata di mez- mo che il film si faccia o altrimenti tuazioni tipiche degli horror, dalla z’ora. Planet Terror probabilmen- Danny Trejo si incazza! porta chiusa, allo scantinato, tutto te arriverà nelle nostre sale dopo Il secondo trailer tocca a Rob Zom- costruito con il refrain a fare da co- l’estate. Rimane ancora un miste- bie. Werewolf Women of the SS è lonna sonora. Se stai pensando di ro come si deciderà di risolvere la un aperto omaggio ai nazi erotici aprire quella porta… NON FARLO. versione dvd del film. Sta di fatto dell’epoca. Film come il celeberri- Il fake trailer diretto da Eli Roth che è già attesissimo e probabil- mo Ilsa la belva delle SS. Dichia- (Cabin Fever, Hostel), intitolato mente riuscirà da solo a far rien- ratamente grottesco e posticcio, Thanksgiving, se la contende con trare ampiamente dei costi. non manca l’apparizione della mo- Don’t per il titolo di migliore della glie di Rob, Sheri Moon Zombie, serie. Il richiamo qui è ai più grezzi They Call Him Machete… i fake nella parte di Eva Krupp che si di- e beceri slasher movie. Si parla di trailer vide tra il canto teatrale, le frusta- un tipico serial killer con cappel- I fake trailer inseriti in Grindhouse te sadiche e la magnifica tagline: laccio da inquisitore che nel giorno sono una delle chicche più diver- “We are now in total control of pure del ringraziamento se ne va in giro tenti di tutta l’operazione nostal- wolf”. Straordinario come sempre a fare una strage. Le situazioni gia che sta dietro al film. Il primo Udo Kier, un altro da elencare tra goliardiche abbondano come sem- che passa, prima dei titoli di testa i caratteristi migliori di sempre, in- pre in Roth. Già di culto le scene e Machete, diretto personalmente sieme a Tom Towles e Bill Mosley. con la cheerleeder e i due poliziot- da Robert Rodriguez e interpre- Ma il clou del trailer, che narra ti vicino al cadavere senza testa:

s e n t i r e a s c o l t a r e 9 7 effettista dei film di Romero. Arriva puntuale il taglio della bobina man- cante proprio sul più bello e arriva anche il cameo splatterosissimo di Quentin Tarantino. La soundtrack inizialmente avrebbe dovuto farla John Carpenter, ma poi quest’ul- timo si è defilato. Rodriguez allo- ra se l’è composta da solo citando palesemente il maestro e arrivan- do ad usare anche un pezzo della colonna sonora di Fuga da New York. Anche l’aria del film è molto carpenteriana, fredda e notturna e come nota Tarantino “sembra pro- prio lo zombie movie che Carpen- ter non ha mai fatto”. Al di là di questo, l’episodio di Rodriguez è “It’s blood!” dice il primo. “Son of per stare allo stesso gioco di Dal vincente perché dichiaratamente a bitch” dice il secondo, interpre- tramonto all’alba. Grezzo, cafone, rètro e sopra le righe, senza che tato dal magnifico e redivivo Mi- esagerato, stupido. Sceneggiatura nemmeno cerchi di incamminarsi chael Biehn (Terminator, Aliens, che affonda con tutto il corpo nelle nel sentiero del giochino intellet- Abyss). Il finale con l’umano cotto idiozie tipiche del genere. Sangue tuale della ricostruzione e riconte- al posto del tacchino è un’altra ca- in dosi massicce. Ironia all’enne- stualizzazione dei materiali bassi fonata da antologia. Ora Roth par- sima potenza. Citazionismo oltre che invece preme da sempre fare la di fare un Grindhouse 2 insieme il livello di guardia. Detto in altri a Tarantino. Per appassionati della a Wright sviluppando i rispettivi termini: uno spasso. L’idea che sta serie B ma tutto sommato godibilis- trailer in film più definiti. dietro a Planet Terror è quello del- simo per tutti, questo Planet Terror Oltre a questi che si sono poi ef- l’assedio zombesco tutto girato in è un vero e proprio secondo capi- fettivamente visti nella versione notturno. Ma non si tratta di veri e tolo di Dal tramonto all’alba, che double-bill americana di Grindhou- propri zombi, bensì di persone in- però rimane tutt’ora imbattibile. se, inizialmente era previsto anche fettate da un virus. A tal riguardo un finto trailer diretto da Tarantino Rodriguez dice di aver preso l’idea Un Vanishing Point tra le cosce… e intitolato Cowgirls in Sweden, direttamente da una discussione Death Proof apertamente ispirato alla sexploi- Il film di Tarantino prosegue nella avuta con Umberto Lenzi a pro- tation svedese ed il giochino ha riproposizione dei generi di serie posito del suo Incubo sulla città preso talmente piede che Rodri- B e di un cinema impolverato da contaminata. Alcuni tagli di inqua- guez ha pensato bene di lanciare riscoprire e riguardare con nuovi dratura sono presi pari pari da La un contest vero e proprio. Il vin- occhi. Arrivati a questo punto del- notte dei morti viventi di Rome- citore è stato Hobo With A Shot- la sua filmografia si capisce che i ro, così come da Zombi 2 di Fulci. gun, diretto da Jason Eisener, Rob primi due film fanno un po’ testo I personaggi assurdi richiamano Cotterill e John Davies che è pas- a parte e che a partire da Jackie mille situazioni del genere zom- sato soltanto in poche copie della Brown, il Nostro ha cominciato bie-horror, la stessa ambientazio- versione americana del film. Sta un’opera di archeologia cinema- ne nell’ospedale può ricordare gli di fatto che Rodriguez e Tarantino tografica tutta sua, nonostante gli hanno comunque lanciato l’enne- interni dei film di Romero. L’aper- epigoni di cui si circonda (vedi lo sima moda e la rete si è riempita tura è di quelle che non si dimen- stesso Rodriguez o Eli Roth che di finti trailer girati amatorialmente tica con la lap dance di Rose Mc- fa recitare Edwige Fenech insieme e ispirati al cinema di genere. Ba- Gowan. In seguito vediamo come a Luc Merenda in Hostel 2…). Se sta andare su Youtube e imbattersi alla bella Rose viene mangiata e Jackie Brown rileggeva la blaxploi- in cose come Zombreros, Demo- amputata una gamba e come que- tation e Kill Bill i film di kung fu nessa, Isle Of The Flesheaters sta se la sostituisca con un mitra, (il vol. 1) e lo spaghetti-western (il o Mister Muerte: Trial of the Un- citando apertamente il leggendario vol. 2), adesso con Death Proof dead… Ash e la sua sega elettrica nella Tarantino torna al genere america- serie di Evil Dead. E ancora fa una no, e più specificamente al genere Quando non c’è più posto bruttissima fine Fergie dei Black delle corse stradali e degli inciden- all’inferno… Planet Terror Eyes Peas, così come ci rimette ti di macchina. Più che un genere Rodriguez è un appassionato dei le penne in modo gustosissimo il vero e proprio, un sottogenere con film di zombi. Planet Terror nasce grande Tom Savini, indimenticabile una storia di tutto rispetto e qual-

la sera della9 8prima s e n t i r e a s c o l t a r e che pietra miliare puntualmente prima della sera la citata nel film. L’attacco è tipica- mente tarantiniano. Un paio di pie- di femminili poggiati sul cruscotto di una macchina a tutto gas tra le campagne dell’America di pro- vincia. Lettering vintage dei titoli, con font psichedelico anni ’60. E ancora Jungle Julia che si stende su un divano a fumare marijuana sotto una gigantografia di Brigitte Bardot in una casa dove è appeso anche il manifesto di Paranoia di Umberto Lenzi. Riprese impazzite dei piedi delle ragazze da fetici- sta allo stadio terminale (In questo senso Death Proof è il film di non ritorno per l’ossessione di Taran- tino), e il panorama di riferimen- to è già chiarissimo. Sta già tutto nella soggettiva della macchina nera (con teschio bianco e il pape- ro incazzato del tir di Convoy) di Stuntmen Mike in corsa ad aggre- dire l’asfalto. Vanishing Point di Richard Sara- fian viene poi espressamente ci- tato dalle ragazze durante la loro discussione al Chili Parlor il locale di Warren, ovvero Tarantino himself, in quella che sembra la versione femminile della celebre chiacchierata introduttiva de Le Iene. Death Proof è una divertita girandola di situazioni tarantinia- ne: locali, belle donne, piedi, shor- ts, rock acido anni ’60, citazioni a iosa. La parte di Stuntmen Mike e non se lo aspetta. In questo sen- Forse che arrivati a questo punto inizialmente doveva essere inter- so Stuntmen Mike è il miglior per- la smetta di rifare i B movies visti pretata da Sylvester Stallone, poi sonaggio interpretato da Russell da ragazzo? Forse che decida se Tarantino ha cercato di contattare dopo quelli fatti per Carpenter. La essere apertamente grezzo e ca- prima Michey Rourke e poi Ving parte degli inseguimenti in macchi- fone come Rodriguez o autore un Rhames, ma in entrambi i casi non na fa il verso agli esempi illustri po’ sopra le righe come ai tempi ha funzionato, poi in ultima battuta del settore: Vanishing Point, ma di ? Forse che dia un è toccata a Kurt Russell e quest’ul- Pulp Fiction anche , freno agli epigoni e a chi mangia timo ha inevitabilmente macchiato Gone in 60 Seconds Mad di suo il personaggio del misogino Max, Duel e Hazzard. sul suo nome? psycho killer che se ne va in giro Non ultimi i film di Russ Meyer, in Tutte cose verissime e che dal con una macchina “a prova di mor- particolare Faster Pussycat Kill prossimo film non potranno più es- te” ad irretire ed uccidere gentili Kill! che viene preso a modello sere rimandate, ma almeno per ora fanciulle dal fascino evidente. Il ta- soprattutto nel finale con il trio Death Proof rimane una diverten- glio che dà al personaggio del kil- di donne incazzate nere. La par- tissima operazione di modernaria- ler (non solo in senso metaforico, te con Zoe Bell (nota stuntwoman to vintage e un film in cui il Nostro vista la stupenda cicatrice che por- già al lavoro con Uma Thurman in si prende un po’ meno seriamente ta sulla faccia) è inevitabilmente Kill Bill) sul cruscotto della mac- del solito. Un film minore desti- agrodolce, goffo e cazzone. Truce china è da antologia dell’adrenali- nato a sedimentare piano piano quando deve esserlo e imbranato na. In pratica donne e motori. Cosa nel tempo come già era stato per quando le vittime lo aggrediscono si può volere di più da Tarantino? Jackie Brown.

s e n t i r e a s c o l t a r e 9 9 VISIONI

Mio fratello è figlio unico (di Daniele Luchetti - Italia 2007) Dalla citazione della canzone omonima di Rino Gaetano prende il tito- lo il film di Luchetti, ispirato al romanzo Il Fasciocomunista di Antonio Pennacchi (Mondadori, 2003), in cui si delineava un ritratto sociopolitico dell’Italia di provincia nel periodo inizi sessanta fine settanta. Film e libro hanno in comune il tono ironico e distaccato con cui guardano al ’68 e al mondo di quegli anni diviso - in modo inconciliabile - ideologicamente tra destra e sinistra. Al regista e agli sceneggiatori Rulli e Petraglia in realtà interessa raccontare, attraverso il loro rapporto conflittuale/affettivo, il percorso emotivo e di formazione di due fratelli, cresciuti in una cittadina di provincia, la Latina/Littoria di natali fascisti, che prendono politicamen- te due strade opposte e i cui destini si incrociano nel corso degli anni. Per cui scorre la vita politica del periodo vista attraverso le persone che la fanno, con tutte le contraddizioni del caso. Con un cast che punta sulla freschezza dei due protagonisti (a prevalere è Elio Germano sul pur ef- ficace Scamarcio) e l’esperienza dei comprimari (da Angela Finocchiaro a Luca Zingaretti e Ascanio Celestini), il film prosegue il percorso del regista (dal Portaborse a La scuola) che incrocia vita e formazione socia- le, politica e società con il consueto taglio critico e la predominanza dei sentimenti di truffautiana memoria. Con scelte stilistiche decise, come il frequentissimo uso di camera a mano e molti primi piani che rafforzano la soggettività della narrazione, mai sopra le righe e fin dentro la quotidianità. Con toni documentaristici. E con qualche forzatura e bozzettismo in alcune caratterizzazioni (come per il nostalgico fascio di Zingaretti). L’ostinazione del fratello più piccolo Accio e il senso di esclusione subito e sentito lo porta a scelte contrastanti, in cui finirà per non riconoscersi più negli anni e per avvicinarsi dall’altra parte, proprio mentre il maggiore farà la sua drammatica scelta verso la lotta armata. E si assisterà, nel finale del film, al conseguente ritorno al privato (che non sarà più politico), per Accio, con estrema franchezza. Teresa Greco a cura di Teresa Greco

la sera della1 0 prima 0 s e n t i r e a s c o l t a r e la sera della prima della sera la

Spiderman 3 (di Sam Raimi – Usa, 2007) Non è facile per uno cresciuto a pane e Evil Dead ammettere che il buon vecchio Sam ha fatto un film sbagliato, ma come direbbe Marcellus Wal- lace: “Questa è una verità di fronte a cui il tuo culo deve essere realista”. Spiderman 3 è vittima del semplicissimo fatto che è il terzo sequel della serie e che arrivati a quota 3 non ti puoi permettere di far vedere le stesse cose dei primi due. Devi far vedere di più. Si tratta in pratica della teoria dell’esplosione esponenziale che ha avuto il suo massimo rappresentan- te in Joel Silver, il produttore di grandi serie action anni ’80 e ’90 come Trappola di cristallo e Arma letale. La teoria è semplicissima e finanche condivisibile. Se giri il numero due di un film spettacolare allora il numero di sparatorie, di esplosioni e di morti ammazzati deve necessariamente essere superiore al primo film. Va da se che la teoria funziona a scala e più aumentano i sequel più devono necessariamente aumentare questi elementi. Il discorso non fa una grinza, ma essendo Spiderman un’icona nazionale ed essendo un fumettone virato in film per fare super incassi, le uniche cose che si possono aumentare a dismisura sono le scenette di corredo e i nemici dell’arrampicamuri. Questo terzo sequel ci è stato ven- duto così: Spiderman questa volta combatte da solo contro tutti. Contro L’uomo sabbia, Venom, il figlio di Goblin, il suo lato cattivo e pure contro Mary Jane che lo vuole lasciare. Quindi sulla carta c’erano tutte le premesse per una super baracconata degna del più atteso dei blockbuster. Il problema è che Sam vuole necessariamente fare l’autore e allora si preoccupa di due cose che complicano la sceneggiatura: la psicologia dei personaggi e il registro fumettistico del film. In Spiderman 3 si cerca di dare un minimo di inquadratura psicologica a tutti i personaggi. Per quanto riguarda il taglio fumettista, assistiamo per tutto il film a continui cambi di registro, che vanno dalla commedia, al musical, dall’horror, all’action e addirittura al film strappa lacrime nell’orribile finale. In qualche modo questo terzo capitolo dell’arrampicamuri ruba le idee a Superman 2 e 3, quelli mitici con Christopher Reeve. Dal numero 2 prende l’idea dei cattivoni che si alleano contro l’erore. Va da se che la joint venture tra l’uomo sabbia e Venom è si fumettistica ma è anche un’occasione sprecatissima, in primis sul piano della sceneggiatura e in secondis sul piano spettacolare. Da Superman 3 viene rubata l’idea della parte cattiva dell’eroe che prende il sopravvento. Quella del simbionte alieno che si imposses- sa di Peter Parker è un’altra idea del fumetto che viene mal gestita e menomale che questo doveva essere l’epi- sodio più dark della serie. Può mai essere dark un Peter Parker con ciuffo anni ’80 e aria da fighetto londinese che balla per le strade di New York? No. E’ ironico e sopra le righe ed è buttato via come tanti altri elementi in quella macedonia che hanno chiamato sceneggiatura. Un film senza capo ne coda. Non suonarla più Sam. Antonello Comunale

s e n t i r e a s c o l t a r e 1 0 1 Bruno Maderna IL PIONIERE DI TUTTO di Daniele Follero

Venezia, città d’arte, città di mercanti, culla del carnevale e del barocco italiano. Sfarzosa, bella, romantica, italiana. Darmstadt, cittadina della Germania Occidentale, nei pressi di Francoforte, simbolo dell’avanguardia musicale europea dal dopo-guerra ai giorni nostri, casa comune di quella “Nuova Musica” nata dalle ceneri di Anton Webern. Tedesca, concreta, sperimentale. Nascere a Venezia e morire a Darmstadt: il percorso della vita di Maderna.

L’irrefrenabile cammino del a lieto fine, però, il protagonista ghiane (consistenti nell’ultilizza- pioniere di tutto non può morire e, difatti, la scon- zione di una serie di dodici note fitta definitiva degli occupanti te- come base per la composizione), “...Ecco la casa della musica. E’ deschi termina prima della vita del nella loro versione radicale Anton fatta di mattoni musicali...C’è una Nostro che, ben presto, nel 1947 Webern, estesa a tutti i parametri stupenda porta atonale, seriale, viene chiamato ad insegnare com- e non solo alle altezze, i composi- elettronica: basta sforarla con le posizione al Conservatorio Bene- tori di Darmstadt sperimentarono dita per cavarne tutta una roba detto Marcello di Venezia proprio tutte le possibilità di un linguaggio alla Nono-Berio-Maderna. Da far dal suo ex maestro Malipiero. che, di fatto, annullava ogni prin- delirare Stockhausen...” (Gianni Ma la carriera italiana di Maderna cipio melodico dando predominan- Rodari) ha già gli anni contati. Nel 1949 è za al colore e alla spazialità del presente a Darmstadt per la prima suono. Bambino prodigio, Bruno Gros- volta, con una buona nomea di di- La tecnica del puntillismo (il cui sato (questo il suo nome vero al- rettore d’orchestra ed una discre- significato aderisce solo in par- l’anagrafe, sostituito presto con ta pratica compositiva. Un legame, te al suo omologo pittorico), che il cognome della madre da nubi- quello con la cittadina tedesca, consiste nel concepire la com- le) nasce nel capoluogo veneto il che si intensificherà sempre di più posizione per “macchie sonore”, 21 aprile del 1920, ed è grazie al e che si scioglierà solo con la sua sottraendo alla musica le sue pos- nonno paterno che muove i pri- morte (il 13 novembre del 1973). sibilità discorsive, e quindi melo- mi passi nel mondo della musi- diche, nasce proprio in questi anni ca. L’istinto del nonno ha ragione Darmstadt e Maderna, insieme a Luigi Nono, quasi subito sulle doti fuori dal Fondamentale per la trasformazio- veneziano anche lui e suo allievo comune del nipote che, dopo qual- ne musicale post-bellica, l’Istituto più autorevole, ne è il precurso- che anno, è già un professionista: Kranichstein nacque nel 1964 per re. Serenata n. 2 per 11 strumen- a soli sette anni si esibisce come iniziativa di Wolfgang Steinecke ti (1954) del primo e Polifonica- solista nel concerto per violino di e con il proposito di ricostruire Monodia-Ritmica del secondo a cura di Daniele MaxFollero Bruch e l’anno seguente arri- la vita musicale tedesca, mortifi- (1951), rappresentano l’atto di na- va addirittura a dirigere le orche- cata da decenni di regime. Ma se scita dell’avanguardia postweber- stre del Teatro alla Scala di Mila- inizialmente i punti di riferimento niana in Italia. Dipingere lo spa- no e dell’Arena di Verona. Con un dei celebri Ferienkursen di Dar- zio con i suoni, rendendo l’ascolto esordio così sarebbe difficile im- mstadt erano il neoclassicismo qualcosa di tridimensionale: era maginare altro futuro che quello di di Stravinskij e l’atonalismo de- questo l’obiettivo principale che musicista, per il giovane Maderna, gli anni ‘20 e ‘30, la cosa cambiò questa musica si prefiggeva, ma che comincia presto il suo cam- radicalmente con l’arrivo di stu- anche il motivo che l’ha resa così mino di studi di perfezionamento denti stranieri i cui nomi basta- incomprensibile e presto isolata con maestri di un certo rilievo, no da soli a rendere l’idea della nella sua battaglia a tutto campo come Gian Francesco Malipie- portata di questa trasformazione: contro i canoni della classicità. ro ed Hermann Scherchen. Sarà Pierre Boulez, Olivier Messiaen, la guerra ad interrompere i primi Karlheinz Stockhausen, Henry Lo studio di Fonologia di Milano passi del compositore che, verso Pousseur, tutti compositori cre- e la sperimentazione elettronica la fine del conflitto aderisce alla sciuti con il culto del serialismo Ma lo spirito avventuriero di Ma- resistenza antifascista e viene weberniano. In pratica, affascinati derna fece sì che il compositore catturato dai nazisti. Nelle storie dalle tecniche seriali schoenber- veneziano precorresse i tempi

i cosiddetti1 0contemporanei 2 s e n t i r e a s c o l t a r e i cosiddetti contemporanei cosiddetti i più di una volta. Nel 1955 infat- (1958-60) di Stockhausen divente- ti, nasce, da un’iniziativa sua e di rà, insieme a Transiciòn II (1959) Bruno Maderna Luciano Berio, lo Studio di Fo- di Mauricio Kagel l’emblema del nologia della RAI di Milano, che genere elettroacustico. Ancora presto diventa, grazie alle speri- una volta si può ritrovare in que- IL PIONIERE DI TUTTO mentazioni dei suoi fondatori, il sti primi tentativi di utilizzo delle terzo polo della musica elettronica nuove tecnologie, l’origine di un europea, insieme a Parigi e a Co- gusto e di un’attitudine compositi- lonia, dove operavano rispettiva- va che ancora oggi sembra essere mente Schaeffer e Stockhausen. prevalente. Maderna padre della La creatività di Berio e Maderna ? Anche questo è pos- seppe mediare tra la musica con- sibile... creta del compositore francese e il purismo elettronico del tede- Gli anni ‘60 tra alea e “riscoperta” sco, arrivando ad utilizzare sia le della melodia tecniche della registrazione che Il problema di Maderna è che pro- quelle della generazione di suoni, prio non riesce ad appagare la sua in base alle proprie esigenze ar- sete di sperimentazione. E quan- tistiche. Notturno (1956) e Con- do sembra aver trovato la strada tinuo (1958) sono i primi risultati giusta con gli esperimenti elettro- e si distaccava dalle sottigliezze di questa nuova esperienza del nici, vi si allontana. Gli anni ‘60 teoriche e il ferreo controllo mate- Maderna compositore: “le solle- sono per lui anni di allontanamen- matico di Boulez. In questo senso citazioni della materia fonica si to dal radicalismo dei primi anni, vanno intese intese molte compo- traducono in immediate situazio- di riscoperta della melodia, di una sizioni a cavallo tra gli anni ‘60 e ni espressive che tendono a pla- dimensione lineare della musica i ‘70: dalla Serenata Per Un Sa- smare liberamente le articolazioni a scapito di quella timbrica. Una tellite per 7 strumenti (1969) e il formali” (Andrea Lanza). L’elettro- melodia, comunque, intesa non Concerto Per Violino dello stes- nica si avvia così a diventare una come residuo neoclassico, ben- so anno, fino a giungere a Solo e risorsa espressiva imprescindi- sì come forma di comunicazione Juilliard Serenade (1971). bile, fonte inesauribile alla quale originaria, espressione generati- L’interesse per l’alea si accaval- attingere per riconsiderare la na- va della musica. La “riscoperta” la, negli ultimi anni della vita di tura dei suoni. Il risultato di que- della dimensione interpretativa fa Maderna, con quello per il tea- sto processo è sotto gli occhi di sì che le opere di questo perio- tro, logica conseguenza, per molti tutti...Sembra strano pensarlo, ma do siano spesso legate a virtuo- compositori dell’epoca (tra i quali è pur vero che la musica elettroni- si dello strumento: Honeyreves Berio e Nono), di quell’enfasi sul- ca, in tutte le sue forme, è nata in per flauto e pianoforte (1961), la gestualità sonora già messa in questi studi, luoghi di incontro di ad esempio, o i tre Concerti per pratica più di un decennio prima. arte, tecnologia e idea. oboe e orchestra (1962-73) scritti Prima di lasciare questo mondo, Nonostante il suo pionierismo, Ma- per l’oboista Lothar Faber, cui è infatti, sono soprattutto opere derna non rimase legato per lungo dedicata esplicitamente l’Aulodia teatrali che il compositore lascia tempo all’elettronica “pura”, pre- Per Lothar del 1965, per oboe in eredità: Ritratto di Erasmo ferendo concentrarsi sulle possi- d’amore e chitarra. (1970), Venetian Journal (canta- bilità combinatorie degli strumenti Dopo la tabula rasa è ora di vol- ta scenica per tenore e strumenti elettronici con quelli acustici. Il tare lo sguardo per vedere cosa del 1972) e l’operina buffa Satyri- risultato più felice di questo suo è rimasto del passato: la stagione con (1973) tratta da Petronio. interesse è Musica Su Due Di- del post-modernismo è alle porte. La sua morte, così rapida, im- mensioni (1957), una composizio- Contemporaneamente all’attività prevedibile come i suoi immedia- ne per flauto e nastro magnetico di compositore, Maderna conti- ti cambi di rotta, scosse tutto il (riarrangiata in seguito per flauto nua, con grande riconoscimen- mondo musicale. In sua memoria e orchestra nel 1963 col titolo Di- to, anche la carriera di direttore non servivano parole, ma musica, mensioni III), scritta per il cele- d’orchestra. Ed è proprio questo il linguaggio che lui aveva predi- bre flautista, nonché suo amico e ruolo che, nel periodo di maggiore letto nella vita. E’ forse per que- collaboratore, Severino Gazzel- intensità degli esperimenti alea- sto che nacquero Rituel In Memo- loni. E’ ancora Maderna ad accen- tori di Cage, lo fa riflettere sulle riam Bruno Maderna di Boulez, dere la miccia delle avanguardie. possibilità dell’interprete di inter- Calmo di Berio e Duo Pour Bruno Il contrasto tra la materia sonora venire a proprio piacimento sulla di Franco Donatoni: era questo viva e la macchina, affascinerà direzione dell’opera. Un sentimen- l’epitaffio che l’amico Bruno e il ben presto grandi nomi della mu- to di libertà che allo stesso tempo grande musicista Maderna merita- sica contemporanea. Kontakte si avvicinava all’autore americano vano di più.

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