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SENTIREASCOLTARE online music magazine GENNAIO N. 27

The Shins 2006: transizioni e dissoluzioni di fine anno

Electroshitfing

Fabio Orsi Alessandro Raina Coaxial Larkin Grimm

The Low Lows Cul De Sac The Long Blondess e n tTerry i r e a s c o lRiley t a r e  sommario

4 News 8 The Lights On The Low Lows, Coaxial, Larkin Grimm, Deerhunter 1 2 Speciali 8 , Alessandro Raina, Jessica Bailiff, Fabio Orsi, Electroshifting, , Il nostro 2006 39 Recensioni Arbouretum, , Tin Hat, James Holden, , Ronin, The Earlies, Ghost, , Hella, Giardini Di Mirò, , Deerhoof... 83 Rubriche (Gi)Ant Steps Miles Davis We Are Demo Classic !, Cul De Sac Cinema Cult: Angel Heart Visioni: A Scanner Darkly, Marie Antoinette, Flags Of Our Fathers… 12 I cosiddetti contemporanei Igor Stravinskij

Direttore Edoardo Bridda Coordinamento Antonio Puglia 39 Consulenti alla redazione Daniele Follero Stefano Solventi Staff Valentina Cassano Antonello Comunale Teresa Greco Hanno collaborato Gianni Avella, Gaspare Caliri, Andrea Erra, Paolo Grava, Manfredi Lamartina, Andrea Monaco, Massimo Padalino, Stefano Pifferi, Stefano Renzi, Costanza Salvi, Vincenzo Santarcangelo, Alfonso Tramontano Guerritore, Giancarlo Turra, Fabrizio Zampighi, Giusep- pe Zucco Guida spirituale Adriano Trauber (1966-2004) Grafica Paola Squizzato, Squp, Edoardo Bridda 94 in copertina The Shins

SentireAscoltare online music magazine Registrazione Trib.BO N° 7590 del 28/10/05 Editore Edoardo Bridda Direttore responsabile Ivano Rebustini Provider NGI S.p.A.

Copyright © 2007 Edoardo Bridda. Tutti i diritti riservati. s e n t i r e a s c o l t a r e  La riproduzione totale o parziale, in qualsiasi forma, su qualsiasi supporto e con qualsiasi mezzo, è proibita senza autorizzazione scritta di SentireAscoltare news a cura di Teresa Greco

E’ morto “Mr. Dynamite”, “The Godfather of Soul”, “The King of R&B”, in altre parole James Brown. La stella della musica black americana si è spenta all’età di 73 anni per una polmonite acuta ad Atlanta. Non erano riusciti nell’impresa di eliminarlo, gli L. A Style, che negli anni ‘80 furo- reggiavano sui dancefloor con l’hit James Brown Is Dead, ci è purtroppo riuscito il Santa Claus targato 2006...

Esce il 6 marzo su Astralwerk il nuovo disco degli Air, Pocket Symphony; prodotto da Nigel Godrich, vede la collaborazione di Neil Hannon (Divine Comedy) e di , con cui i francesi avevano collaborato per l’ultimo disco di

Nuovo disco per : uscirà il 26 febbraio su Loog- Polydor/Universal, preceduto da due singoli, il primo dei quali (Accident and Emergency) è stato pubblicato lo scorso 9 ottobre…

Novità in casa Temporary Residence: Rob Crow, già frontman dei Pin- back e di the Ladies, entra nel roster dell’etichetta, che farà uscire il suo terzo solista alla fine di gennaio. Matthew Cooper, a.k.a. Eluvium pubblicherà il terzo disco, Copia, a fine febbraio, e subito dopo partirà per un tour mondiale in compagnia degli Explosions in the Sky..

Dopo ben 33 anni, gli Stooges pubblicheranno un nuovo album su Virgin, Weirdness, il prossimo 20 marzo; il disco della reunion, prodotto da Ste- ve Albini riunirà tre dei quattro membri originali: Iggy Pop, Ron Asheton e Scott Asheton, insieme all’ex-Minutemen Mike Watt e al sassofonista Patrick Wolf originale, Steve Mackay…

Come annunciato in novembre, LCD Soundsystem torna con un nuovo album, Sound of Silver su DFA/Capitol Records, disco che è chiacchie- ratissimo su tutti i blog mondiali; peccato esca solo il prossimo 20 mar- zo…

A New Astronony è la riedizione su A Silent Place/Audioglobe di un cd-r dei Jennifer Gentle (limitato a sole 100 copie e uscito nel 2005 per ) in uscita a fine dicembre, presentato in anteprima il 22 dicembre ad Andria (BA) nel chiostro del convento di S. Francesco. Gustosa antepri- ma in attesa del nuovo disco previsto per il 2007…

Si parla di maggio 2007 per un probabile ritorno dei Wilco, per un album ancora senza titolo in lavorazione al Loft, il loro studio di Chicago, e che sarà mixato a New York da Jim O’Rourke…

David Thomas Broughton pubblicherà due album e uno split 10” nel 2007; il primo sarà 5 Curses e uscirà a febbraio su Golden Lab Records, il secondo, There Somewhere, sarà pubblicato su Birdwar a marzo, se- guito da uno split con il inglese Benjamin Wetherill…

 s e n t i r e a s c o l t a r e Era frutto di uno scherzo la conclusione dell’asta su ebay (chiusasi a quota 155 401 dollari) per aggiudicarsi il raro acetato del primo album dei Velvet Underground, già stimato come il disco più pagato della storia: il fantomatico vincitore ha infatti reso noto, attraverso una mail inviata al venditore Warren Hill, che un amico aveva usato a sua insaputa il suo account e inviato l’offerta. E’ già cominciata intanto una seconda asta…

Il maestro riceverà l’Oscar alla carriera, lo ha reso noto l’Academy of Motion Pictures Arts and Sciences, che nell’ambito della 79esima edizione degli Academy Awards consegnerà il premio al compo- sitore che, pur plurinominato, non aveva mai vinto l’Oscar. La cerimonia si terrà il 25 febbraio prossimo a Hollywood…

Ahmet Ertegun, fondatore dell’Atlantic Records si è spento il 14 dicem- bre scorso a New York all’età di 83 anni…

Ottavo album per i Low: Drums & Gums, prodotto da Dave Fridmann, è previsto per il 20 marzo su Sub Pop. Al debutto il nuovo bassista Matt Livingston…

La release n. 100 della sarà il doppio Stars of the Lid and Their Refinement of the Decline, il nuovo degli Stars of The Lid in uscita il prossimo 2 aprile, a sei anni di distanza da The Tired Sounds Of Stars of the Lid…

Nuovo disco per Clap Your Hands Say Yeah: Some Loud Thunder usci- rà il 30 gennaio su Wichita/V2; nuovi pezzi si possono ascoltare sul My Stars Of The Lid Space e sul sito ufficiale…

Gli Editors sono in Irlanda insieme al produttore Garrett Lee per registra- re il secondo disco, il successore di The Back Room previsto per i primi mesi del nuovo anno…

Esce il 30 gennaio l’annunciato disco di The Good, The Bad And The Queen, dal titolo omonimo su EMI; il gruppo è l’ultima incarnazione di Damon Albarn, insieme a Paul Simonon ex-Clash, Tony Allen (Fela Kuti) e Simon Tong (Verve)…

E’ uscito su Bully Records (in una edizione con bonus) The Garden dei Silver Apples, raccolta di materiale risalente al periodo di Contact pub- blicata in originenel 1998 su Whirly Bird, presto andata fuori stampa…

Debuttano su Thrill Jockey gli Arbouretum di Dave Heumann, già nella band di Bonnie “Prince” Billy e Cass McCombs: Rites of Uncovering uscirà il 23 gennaio …

Ted Leo & the Pharmacists debuttano su Touch & Go con Living With the Living, in uscita il 20 marzo, prodotto da Brendan Canty (Fugazi)…

s e n t i r e a s c o l t a r e  news a cura di Teresa Greco

Singolo per M. Ward in uscita il 20 febbraio su Merge: To Go Home vede la partecipazione di , Jim James (My Morning Jackets), Howe Gelb (Giant Sand), Nels Cline (Wilco), Earl Scruggs e comprende quattro pezzi, tra i quali l’omonimo da Post-War…

Scomparsa a novembre per overdose Larissa Strickland, chitarrista dei Laughing Hyenas, horror-punk band di Detroit fine ’80 inizi ’90…

Debutta il 18 dicembre la prima puntata dello show From The Basement, ideato dal produttore Nigel Godrich e disponibile solo su web. Thom Yorke ha suonato al due nuove canzoni dei Radiohead, Videotape e Down Is The New Up, già presentate in tour; altri ospiti sono Beck, The White Stripes, Jamie Liddel, Kieran Hebden e Steve Reid. Il concerto sarà disponibile in download dal 18 dicembre…

Si sciolgono The Organ: ne hanno dato annuncio il 7 dicembre sul sito ufficiale e sul My Space, senza spiegarne i motivi…

Dinosaur Jr.: Live from the Middle Est è il DVD della band, che uscirà l’8 maggio e comprenderà 18 pezzi live tratti dai concerti del tour del 2005; tra le bonus: interviste con , Kim Gordon, Thurston Moore, Mike Watt, Matt Dillon, Steve Albini, Sonic Boom e i Dinosaur. Come già annunciato, il gruppo realizzerà un disco nell’estate del 2007, prodotto da J Mascis…

Robert Smith ha dichiarato che sta lavorando al nuovo album dei Cure, The Organ che dovrebbe uscire entro l’estate del 2007; intanto sta scrivendo i te- sti…

Concerti italiani 2007: i Bloc Party in un’unica data nel nostro paese, il 13 maggio a Milano all’Alcatraz per promuovere il secondo disco A Weekend In The City; Damien Rice sarà a Milano il 18 marzo al Conser- vatorio presso la Sala Verdi…

Nonostante le voci di scioglimento, i Coldplay hanno cominciato a la- vorare sul quarto album, e testeranno alcune nuove song nelle date su- damericane previste per febbraio/marzo; il disco nuovo dovrebbe uscire nella seconda metà del 2007…

E’ uscito il 28 novembre su Important Records You Are My Home, terzo disco per Rivulets, che vede tra gli ospiti Jessica Bailiff, Chris Brokaw, Christian Frederickson (Rachel’s), Fred Lonberg-Holm (Boxhead Ensem- ble), e Bob Weston (Mission of Burma, Shellac)…

I Ponys hanno firmato per la Matador per la quale uscirà il loro terzo album, Turn The Lights Out il 20 marzo 2007…

 s e n t i r e a s c o l t a r e I Calla stanno lavorando al nuovo disco, di cui non si conoscono ancora i dettagli, previsto per febbraio 2007…

Da metà dei Deaf Center (Erik K. Skodvin) in arrivo dalla Norvegia Svarte Greiner con Knive su Type, uscito il 7 novembre…

Ancora uscite su Drag City per il 2007: Alasdair Roberts (The Amber Gathers, gennaio), P.G.Six (Slightly Sorry, febbraio), King Kong (Beans, marzo), RTX (Western Xterminator, marzo) e Fucking Champs (aprile). Sarà ristampato inoltre Soldier Talk dei Red Krayola (sempre a mar- zo)…

Nuovo disco per Denzel + Huhn su City Centre Offices: Paraport esce a gennaio, terzo disco del duo, nato come un collettivo di cui facevano parte anche membri dei To Rococo Rot e Tarwater…

Entrano a far parte del roster di Jagjaguwar The Bernard Lakes sestetto di Montreal (conosciuto per le sue performance live), guidato dalla coppia Jace Lasek e Olga Goreas. A febbraio uscirà il loro The Bernard Lakes Are The Dark Horse, con ospiti membri di Stars, The Dears e Godspeed/ Silver Mt. Zion…

Novità per gli : sarà pubblicato il 23 gennaio su Fat Cat l’EP People, registrato durante il tour australiano; c’è poi in progetto un film con il regista Danny Perez (già con loro per il video di Who Could Win A Rabbit) e il disco di Panda Bear, Person Pitch è previsto per marzo 2007… Denzel + Huhn

I Mercury Rev hanno realizzato su V2 la colonna sonora del film francese Bye Bye Blackbird diretto da Robinson Savary (uscito in Francia in otto- bre); una loro raccolta è stata pubblicata in ottobre , Stillness Breathes 1991-2006, 32 canzoni in 2 CD tratte dai primi 6 dischi più b-sides, rarità e inediti…

Anteprime live 2007 in Italia: annunciata un’unica data di Isobel Camp- insieme a Mark Lanegan per il 31 gennaio all’Estragon di Bologna; gli Scissor Sisters faranno un unico concerto il 5 aprile a Milano all’Alca- traz, il primo nel nostro paese. Jarvis Cocker sarà a Milano ai Magazzini Generali il 18 gennaio per presentare il recente disco solista...

s e n t i r e a s c o l t a r e  The Lights On... The Low Lows

Croce e delizia. A New York – ter- presente, in concomitanza con gli non si libra nell’aria, ma riesce a reno di facili mode – è difficile esu- arrangiamenti sempre più prestati stento a sollevare delle zampe per lare da una scena. È delizia per chi alla liquidità dei Farfisa da spiaggia muoversi sulla terraferma. E lo fa punta sulla propria innegabile intel- e dei Vintage Rhodes – ma di una in maniera quasi-struggente, nella ligenza, come i Tv On The Radio. psichedelica da fantasia fanciulle- tradizione che risponde all’etichetta O croce per chi è intimidito dall’ar- sca, da nascondino impressionista, slow-core. roganza necessaria ad emergere. mai acida. Il cantare strozzato in gola (come Parker Noon e Lily Wolf erano stati Mancava qualcosa. Anzi, Parker e in White Liner, forse la canzone mi- membri fondatori dei Valentine Six; Lily stavano troppo bene, e i loro due gliore del disco), deviato su per la pur trovandosi, nella Grande Mela, amici assecondavano senza essere cavità nasale e lì fermato, come se a nuotare contro correnti avverse, infastiditi dal loro amore. Fortunata- le melodie fossero interrotte da un sull’uscio del vecchio millennio, de- mente, qualcosa presto si ruppe. Ma singhiozzo, è passato da Low Lows cisero di prolungare la loro relazio- prima ci fu l’inizio della collabora- ai Low Lows. Sono evaporate molte ne sentimentale in un nuovo grup- zione con la Warm di Athens, (citta- delle tastiere liquide, rimpiazzate da po; la band nascente si chiamava dina universitaria della Georgia, da chitarra distorta ma dimessa e spa- Parker & Lily, e si fregiava, oltre cui in realtà provenivano tutti tranne ruti organi; ma soprattutto è compar- ai piccioncini menzionati, della pre- Parker – l’unico davvero newyorke- so il passo pesante e desolato dei senza di Daniel Rickard e Jeremy se della band), con cui i P&L fecero Codeine (Candy’s Last Day), con la Wheatley. Tra vibrafoni e organetti, uscire The Low Lows, nel 2005. Noon tecnica dell’accordo minore fatto ca- i quattro svilupparono una musica & Wolf vi pervennero ad un suono dere indisturbato in battere, soste- lontana da autoreferenzialità citta- meno leggero e trasognato, e la voce nuto da grancassa, un masso che fa dine, in bilico tra psych-song farfi- di Parker divenne preponderante, buchi rimanendo intatto. siane e fragili bozzetti da proiettare un’interferenza che si muoveva su In questo nuovo ambiente, è ancora sui grattacieli. sfumature di presenza. Era una voce la voce di Parker a fornire la cifra di- Non trovarono un’etichetta nella shoegaze e dream-pop – con quella stintiva. Con essa – a coniugare Neil loro città, ma divennero profughi pronuncia psichedelica della forma Young (un brano si chiama pure St. come hippie, e cambiarono tre label canzone. Era anche un corto-circuito Neil), Smiths e R.E.M. (Dear Flies, in tre dischi. La prima fu la Oran- che scaricava la scossa a basso vol- Love Spider) – i Low Lows riescono ge di San Diego, che nel 2001 die- taggio dei Low. E direttamente dal- a non limitarsi all’inseguimento di de alle stampe il primo album dei l’incrocio tra dream-pop, shoegaze Codeine, Low (Velvet) o Picastro, né Parker & Lily, Hello Hallo. Arpeggi e slow-core nasceranno i Low Lows, di Slowdive o Bark Psychosis. E Fire quasi country, steel guitar e soprat- per diretta emanazione dai Parker & On The Bright Sky ci lascia un de- tutto un ricamino di tastiere vinta- Lily, come quando si accompagna un siderio di leggerezza, forse perché ge giocavano all’uncinetto attorno bimbo che deve imparare ad andare nato dalla rottura di una Arcadia. In alle due voci di Noon e Wolf, con in bicicletta, tenendogli la mano – e definitiva, ascoltare i Low Lows fa un effetto carezzevole ma forse un poi lasciandola senza che si accorga venir voglia di ascoltare i Parker & po’ troppo infantile, nella eccessiva che ha imparato da solo. Perché al- Lily, e viceversa. Andrebbero visti cura della delicatezza – come in un lora cambiare nome? Perché la cop- dal vivo – se la promessa di rumo- amore adolescenziale. pia è scoppiata, e i Low Lows sono i rismo maggiore in veste live è veri- Il gruppo iniziava a colpire i cuori Parker & Lily senza la (bella) signo- tiera. Nel frattempo il prossimo disco americani e nel 2002 pubblicò, que- rina Lily. dei Low Lows è già in preparazione. sta volta a Los Angeles (presso la Fire On The Bright Sky - uscito nel Vedremo dall’umore se Parker si è Manifesto) il secondo album, Here 2006 sempre per la Warm (e per la trovato una nuova morosa. (6.8/10) Comes The Winter. La componen- Monotreme) - anziché proseguire gli Gaspare Caliri te psichedelica si fece appena più acquarelli di Noon e Wolf, dunque,

 s e n t i r e a s c o l t a r e The Lights On... Coaxial

Associare l’hip hop alla California fa diretti riferimenti possono trovarsi morbose di una dark-wave spinta venire in mente tante cose, sempre anche tra “creativi” come i Company alle estreme conseguenze, convi- le stesse: west coast style, gang- Flow di El-P e DJ Shadow. ve la forza dell’”azione diretta” del sta rap, da Ice-T a 50 Cent. Nomi La chitarra di Omar Rodriguez e il rock. e stili che tra successi commerciali basso di Christopher McKinnon L’inizio dell’album mette i brividi: di massa e clamorosi scandali, arre- aggiungono, in No Exiler e Laughing It’s Not My Voice si apre con cori sti e tentati omicidi, hanno monopo- Machines (i brani indubbiamente da chiesa, synth e una sezione rit- lizzato l’attenzione e assolutizzato più interessanti) una vena rock che mica dal lento incedere, infarcita l’identificazione tra “quel” rap e la rende più aggressivo un sound già di breakbeats che sembrano usciti California. Ebbene, anche Coaxial teso e incazzato, mentre l’uso dei direttamente dalla testa di Alias. è un duo californiano, ma molto mini moog e di altri strumenti elet- Su questo scenario da film di Da- poco “west coast”. Beegs Alchemy tronici testimonia, ancora una volta, rio Argento, si inserisce la voce di (voce e programming) e David K quanto al giorno d’oggi sia interes- Beegs Alchemy, che scandisce versi (programming e scratching) si sono sante e prolifica la ricerca musicale in stile fortemente declamatorio e incontrati a Long Beach nel 2004, nell’ambito dell’hip hop, che sempre aggressivo. ma provengono entrambi dai circuiti più raramente si limita ad essere un La tensione non si placa, anzi. In underground hip hop della Virginia. semplice rimare su una base musi- Accept Your Insanity il ritmo si fa Ci vuole poco a capire che i due con cale. (7.0/10) più incalzante e il tono ancora più i bulli, le pupe e i gangster hanno Se The Phantom Syndrome si era apocalittico, con i beats che impaz- poco a che vedere. presentato come un lavoro prepara- ziscono e i “tappeti” che avvolgono Il nome del rapper era già circolato torio, un assaggio di ciò che di buo- tutto il sound. L’impronta dell’album in precedenza anche negli ambienti no, potenzialmente, poteva venir non si modifica molto nel corso del- dell’ per una collaborazio- fuori da questo duo, la prima prova la mezz’ora di durata del disco, se ne con i Free Moral Agents nel brano full-lenght (Coaxial - Gold standard si eccettua qualche momento più Intinctively Contact, mentre poco si Labs / Goodfellas, 2006), rappre- “leggero”, che lascia spazio alla sa dei passati del secondo. Una vol- senta la conferma, il coronamento chitarra (la strumentale Recluse) e ta in California, i due sono venuti a dello stile-coaxial. Beegs Alchemy al pianoforte (Illusion), addolcendo, contatto con gente come Ikey Owens e David K., accentuano moltissimo anche se di poco, la sensazione da (FMA) e Omar Rodriguez Lopez dei le tinte già scure di The Phantom “pugno in faccia” che si prova ascol- Mars Volta, che hanno contribuito a Syndrome, lasciando molto spazio tando brani come Dragonsnot, The dare vita al loro esordio. a lugubri tappeti sonori e a sam- Collapse Of Polaris o Strange Days. The Phantom Syndrome (Gold pler dalle atmosfere orrorifiche, ac- (7.5/10) Standard Labs / Goodfellas, 2005) compagnati da breakbeat sghembi In Coaxial l’hip hop è più vivo che è un ep che mescola nuova e vec- che si alternano a ritmi più marcati mai, ma si tinge totalmente di nero e chia scuola hip-hop aggiungendo e lenti, quasi doom. Ne deriva un si misura con la creatività dei mezzi chitarra, basso e tastiere, che dan- enorme valore aggiunto rispetto al- elettronici senza riserve e pregiudizi no un’impronta più “live” al lavoro. l’esordio, cuore pulsante di questa di sorta. Forse quelli della Il rapping di Beegs Alchemy ricorda virata stilistica verso le tenebre. Il farebbero bene a volgere lo sguardo vagamente il primo Eminem nel suo carattere rock che si imponeva nel ad occidente del loro paese qualo- stile declamatorio e cadenzato, ma è precedente lavoro come elemento ra avessero ancora voglia di trova- la musica a fare la differenza: i bea- fortemente caratterizzante, rimane re qualche motivazione a rimettersi ts sono tipicamente hip-hop e fanno in questo caso piuttosto in sordina sulla retta via, peraltro tracciata da da base ritmica a un sound molto o, comunque, si nasconde nel sound loro stessi. oscuro, parente non troppo lontano sottoforma di attitudine. Come dire Daniele Follero del dark core dei Cypress Hill. Ma che in Coaxial, dietro le atmosfere

s e n t i r e a s c o l t a r e  The Lights On... Larkin Grimm

Canzoni sofferte che nascono dal Laarkin comincia a scrivere il suo le. Nato dalla collaborazione con la profondo, come flussi di coscienza primo disco influenzata dalla fine musicista/performer e amica Laura che emergono e si espandono cir- della tormentata storia con Long- Polangco, vede la presenza di nu- colarmente in mille direzioni. La for- streth. L’esordio avviene su Secret merosi ospiti (tra amici e familiari); za di una voce intensa, tra sussurri Eye con Harpoon Baptism (2005), le atmosfere restano le medesime, e grida, in tormentate folk song in album autodefinito “acoustic black- con un’accentuazione più definita bassa fedeltà. Cresciuta in Geor- metal”, in realtà un’ introduzione della matrice dark-blues. gia tra gli Appalachi in una famiglia al suo universo: chitarra, dulcimer, L’incipit da brividi della title track, hippie di cantanti e violinisti, un in- voci doppiate, percussioni assor- una ballad folk in crescendo tra teresse per l’arte (studia pittura e tite, un minimale incantesimo lo-fi chitarra acustica, marimba e violini scultura), una collaborazione con che richiama in primis la Perhacs introduce nell’oscurità dell’artista, i (e una relazio- e certo folk inglese dei ’70. Una in un mondo parallelo, tra giochi e ne con David Longstreth), Larkin voce intensa e dark modulata con rimandi. Ci si trova tra blues neri Grimm sviluppa - va da sé - una sapienza. Ancora incerta tra luce (Into The Greay Forest, Breathing sensibilità nomade; uno spirito libe- e oscurità, alla ricerca di un per- Love) e death ballad (I Killed So- ro che esprime anche la sua parte sonale equilibrio, anche musicale, meone II, ripresa in chiave psych, più oscura in gothic e folk ballad Larkin confeziona un disco piuttosto per sola voce e chitarra), la mitchel- che raccontano di corpo, mente e eterogeneo in cui si avverte qual- liana lunga suite Little Weeper (e anima, di amore e morte, di ricon- che appiglio luminoso. Tra incipit all’artista canadese rimanda anche giungimento alla Natura, con lyrics per voce e dulcimer (Entrance), una la conclusiva Waterfall), il blues ma- piuttosto simboliche. ballata black per voce con corredo lato e orgasmico di The Most Excru- Seguendo illustri precedenti, viene di percussioni tribali (Going Out), tiating Vibe (cantata con la Polan- naturale accostarla alla prima Joni folk ballad riverberate (Pidgeon gco), tra melodie e dissonanze (No Mitchell e a Buffy Saint-Marie, a Food), umori psichedelici in acido Moonlight, Strange Creature), e culti come Linda Perhacs e Vashti free-form (Future Friend), l’appe- ballad in apparenza solari (Link in Bunyan, con cui condivide l’amore na accennata murder-song I Killed Your Chain); così si snoda l’univer- per la vita agreste e lo spirito da Someone (che si ritroverà nel disco so della Nostra, creatura dei boschi zingara. E al presente all’intensi- successivo in una magistrale forma e dei grandi spazi, sempre in bilico tà di una come Christina Carter e compiuta), la trance ipnotica come tra questo e un universo più sottile, all’eclettismo di Bjork, uno dei suoi un mantra per doppia voce di Touch di cui sembra invitarci alla scoperta. miti, peraltro, insieme a Joni. Dopo Me Shaping Hands, l’album scorre Un invito alla comunanza umana, in- un lungo peregrinare in giro per come un unico blues, un canto la- sieme alle forze naturali, da buona l’America inseguendo la sua strada, cerante e malinconico che tocca re- hippie di ritorno. La forza di Larkin Larkin, dopo la fine della sua colla- cessi sottili nascosti nel profondo. sta quindi nel potere evocativo del- borazione con i Dirty Projectors, si Come un’autoterapia per l’artista la sua musica e nell’interpretazione stabilisce a Providence, dove viene per scacciare fantasmi e paure. Che sciamanica che ne dà, come un rito a contatto con la fervida scena noi- vale per chiunque abbia la voglia di liberatorio. The Last Tree resta così se locale. E da lì il resto. Due album accostarvisi. (7.0/10) un album che continua a crescere per la Secret Eye di Jeffrey Alexan- L’approdo al secondo album viene ad ogni ascolto, mentre se ne sco- der, molti tour condivisi con amici dopo un ampio rodaggio live e una prono via via le sfumature. Freak artisti (Jack Rose, Espers, Edith crescente affermazione nell’ambien- folk sciamanico che entra sottopel- Frost, Spires That In The Sunset te. The Last Tree (Secret Eye, 10 le, song malate e torbide. Difficile Rise…) anche in Europa, una per- ottobre 2006) appare come un disco liberarsene una volta entrati nel loro sonalità musicale ben definita e una più maturo ed omogeneo nel suo sottotesto. (7.2/10) crescente affermazione. insieme. Più suonato e consapevo- Teresa Greco

1 0 s e n t i r e a s c o l t a r e The Lights On... Deerhunter

Ve le ricordate le college band anni brutalmente nel disco di debutto. A ciava problemi psicologici e tecnici ’80 e ’90? Così come tutto quell’im- volte le citazioni sono più eviden- con tanto di tastiere scordate e at- maginario fatto di campus universi- ti come N. Animals, Adorno o Ba- tacchi di panico. Dopo questa sor- tari, cheerleaders, balli della scuola, sement altre volte più coperte, ma ta di Waterloo produttiva, i cinque bravate e filoni, mentre radio dagli sempre in odore di anni ’80 come ad un anno esatto ritornano nello acronimi compositi come WMFU, nella fantastica Tech School che stesso studio dove avevano regi- KLRN o TWAD sonorizzavano il tut- puzza di Gang Of Four lontano un strato il primo disco e completano to con dosi massicce di distorsioni miglio.(6.7/10) tutta la prima parte di Cryptograms e inni alla ribellione? Tutto proprio Come ogni piccola o grande storia in appena un giorno, dovendosi per come in quel vecchio film con Chri- rock che si rispetti, la band passa forza di cose fermare a causa del- stian Slater, che apriva una radio attraverso una serie di vicende ne- la fine del nastro su cui incidere. clandestina e al suono di Pixies, gative, che vede diversi cambi di La seconda parte del disco, inve- Sonic Youth e Beastie Boys faceva line-up e finanche la morte di un ce, registrata in migliori condizioni ammutinare tutto il liceo. Tutto que- membro. Non è dato di conoscere psico-tecniche, vede la luce nel no- sto è esattamente quello che vie- la forma fisica di pri- vembre 2005. ne in mente osservando una band ma che il primo disco fosse licen- Questa notazione biografica è in- come i Deerhunter. I cinque aitanti ziato, ma osservando le poche foto teressante perché aiuta a capire la giovinastri di Atlanta, capeggiati dal promozionali sembrava leggermen- natura del disco. Un lavoro diviso quasi scheletro Bradford Cox, sono te più in carne. La linea d’ombra appunto di due parti e la cui linea il classico gruppo di amici che si fic- in cui la band si è ficcata, termina di spartizione viene segnata dalla ca in garage e comincia a suonare e con una dichiarazione entusiastica traccia ambient intitolata Red Ink. suonare con la voglia di incidere un di Karen O dei Yeah Yeah Yeahs, Anche lo stile cambia un po’ tra la disco e andare in tour. Storia di ieri che assiste ad un loro show e in prima e la seconda parte, chiarendo come dei nostri giorni comunque. una dichiarazione all’NME parla del la natura schizofrenica del disco. Iniziano nel 2001 cercando ovvia- concerto dei Deerhunter come di Rispetto all’esordio sono aumentati mente di aggiornare il linguaggio una “esperienza religiosa”. Forse notevolmente i fumi ambient, che rock all’epoca del post-everything è stata proprio lei a raccomandarli aprono con una Intro tutto il lavoro. che viviamo oggi. Trovano qua- alla sua dolce metà o forse no, fat- Gli attacchi sonici non mancano di si subito la formula: un connubio to sta che successivamente i Dee- certo, ma sono sempre stempera- variabile tra elementi garage-in- rhunter se ne vanno in tour con i ti nel suono, arrivando a ricordare die-pop rock, innesti shoegaze e Liars, come band di supporto nel la gloriosa stagione shoegaze ed appena qualche evanescenza am- loro tour autunnale. Un segnale in special modo gli svolazzi eterei bient. Il disco di debutto, licenziato di evidente ripresa emotiva che si dei primi Ride. Molto più melodi- nel 2005 dalla piccola Stickfigure lega anche all’uscita del nuovo di- ca la seconda parte, quella della aggredisce già con sufficiente con- sco su Kranky. pacificazione con se stessi. “So I vinzione. Chitarre che lacerano le Cryptograms, questo il nome del Woke Up” canta Cox nell’apertura casse come armi contundenti, in un lavoro, è però passato per una la- di Spring Hall Convert ed è come misto ideale tra Dinosaur Jr. e Je- vorazione dura e difficile durata risvegliarsi da un incubo e ritrovar- sus & Mary Chain e si appoggiano quasi due anni. Un parto che li ha si in un sogno ad occhi aperti, che a robotici e cavernosi groove ritmi- fatti quasi sciogliere. La prova di plana morbido come le migliori poe- ci. I cinque cacciatori di pecore, de- queste difficoltà viene denunciata sie ovattate degli Slowdive. L’av- vono avere ascoltato a lungo i Fall dalla band stessa: la prima parte ventura dei Deerhunter non è finita di Dragnet e This Nation’s Saving era già stata registrata senza suc- affatto, anzi probabilmente è solo Grace come si intuisce dalle fero- cesso nel 2005. Un risultato disa- agli inizi. (7.1/10) ci danze moderne che si ballano stroso a quanto pare, che denun- Antonello Comunale

s e n t i r e a s c o l t a r e   The Long Blondes natural next big thing di Antonio Puglia

Si è parlato di Franz Ferdinand, , Young Knives. Ovvero quando l’art school irrompe - ancora una volta - nel pop ingle- se. Attualmente però è difficile trovare in UK qualcuno che sia più arty delle esordienti Long Blondes da . Se pensate però che fama, gloria e successo siano lontani dai loro pensieri, vi sbagliate di grosso.

Accantonati gli esordi ultra indie Era tutto tremendamente noioso in ai vostri primi singoli, il vostro contrassegnati un paio d’anni fa da quella scena, così abbiamo pen- suono è meno sperimentale e più alcuni singoli cult per Angular Re- sato di mettere su una band. Non orientato al pop. cordings e la Good and Evil di Paul c’erano gruppi con donne, nessuno Sì, credo di capire cosa vuoi dire. Epworth, Kate Jackson e i suoi (il che fosse influenzato da Pulp, Sue- E’ stata un’evoluzione,; prima non chitarrista Dorian Cox, la bassista de, Roxy Music. Tranne gli Yeah avevamo nessuna esperienza, Reenie Hollis, la tastierista Emma Yeah Yeahs, forse. Inoltre, nessuno adesso questa è la nostra princi- Chaplin e il batterista Screech) mo- di noi sapeva realmente suonare pale occupazione. Continuare ad strano di conoscere bene le rego- all’inizio. Abbiamo scelto i membri essere una sorta di lo-fi band qua- le del gioco, e la parte che hanno e il ruolo che avrebbero avuto in si incapace di suonare, come agli scelto di recitare è proprio quella di base al loro aspetto, Screech è sta- inizi, non si sposava con le nostre consapevolissime next big thing. Ci to scelto come batterista per via dei ambizioni di diventare un gruppo riescono piuttosto bene, grazie an- suoi capelli, Reenie perché aveva pop da classifica (ride, ndr.). che a un paio d’assi nella manica, l’aspetto di una bassista, e così come dimostra il debutto Someone via. Abbiamo cominciato a provare Penso che un produttore in que- To Drive You Home (vedi spazio re- e abbiamo fatto il primo concerto la sto caso abbia fatto la differenza, censioni). sera stessa della prima prova. Le no? cose sono andate sempre più veloci Assolutamente! Volevamo un suono Sheffield 1 : London 0 - da allora in poi. Il supporto di chi più poppy. Arrivati alla Rough Tra- I n t e r v i s t a ci stava intorno, a partire dalle pic- de ci chiesero a quale produttore ci Quando la raggiungiamo al telefono cole label, ha fatto il resto. Siamo sarebbe piaciuto rivolgerci. Abbia- in una mattina di settembre, Kate stati davvero fortunati! mo subito pensato a Jarvis Cocker, Jackson è ancora visibilmente ec- ma sfortunatamente era già impe- citata dalla serata precedente (la E come siete venuti in contatto gnato a fare il suo disco solista e prima Rough Trade Night a Roma, con la Rough Trade? non aveva grandi esperienze come insieme a 1990s e The Veils), a In verità sono stati loro a contat- produttore. Così ci siamo rivolti al detta sua un successone. L’entu- tarci! E’ successo all’inizio di que- suo collega nei Pulp siasmo che trapela dalla sua voce st’anno. Avevamo ricevuto il Philip (anche per mantenerci dalle parti di è tangibile e sincero, così come la Hall Radar Award da NME, che so- Sheffield), e si è rivelata un’ottima prontezza e sicurezza nelle sue ri- litamente viene dato a chi mostra il scelta, perché aveva già lavorato sposte. Non stupitevi dunque se potenziale per diventare una gran- al disco di M.I.A. che era piuttosto quanto segue sembra uscito dritto de band. Non potevamo crederci, sperimentale e pop al tempo stes- dalle pagine di NME… perché era proprio la label dei no- so, proprio come noi volevamo. Il stri sogni ad averci contattato... giusto crossover tra underground e Da buona esordiente, ti tocca mainstream, insomma. Steve è riu- raccontarci la storia del gruppo, Il vostro metodo di lavoro è cam- scito a mantenere il nostro caratte- aneddoti e cose così… biato da quando avete comincia- re originario, valorizzando le nuo- Nel 2003 io e Dorian – il chitarrista, to a registrare il nuovo album, ve composizioni. Abbiamo anche ndr - facevamo i deejay a Sheffield. allora? Ho notato che rispetto ri-registrato del vecchio materiale,

1 2 s e n t i r e a s c o l t a r e come Giddy Stratospheres, Once gro, ma le liriche sono tristi e an- imbarazzata, ndr)… In ogni caso, And Never Again, Lust In The Mo- goscianti. Mi è piaciuto lavorare su Sheffield è una città con un’archi- vies e Separated By Motorways in contrasti del genere, è una cosa tettura particolare, molto spigolosa, chiave più rock. che funziona sempre. con edifici dai profili insoliti. Non è un caso che molta musica elettroni- Mi sono anche accorto che avete Parliamo della città da cui prove- ca sia venuta da lì. E’ interessante riservato il vostro lato più speri- nite, Sheffield. Mi dicevi che non notare come le band possano esse- mentale ai lati b dei vostri ultimi c’è molta vita musicale da quelle re influenzate dall’architettura del- singoli. Brani come Platitudes o parti… la città in cui vivono. Fulwood Babylon mi hanno ricor- Già, non c’è mai stata una vera dato cose non esattamente pop, scena locale. Se prendi alcune La stampa musicale britannica è come i Suicide o Siouxsie… band di Sheffield del passato, si molto diversa da quella del resto Per quelle abbiamo lavorato con tratta quasi sempre di band fuori d’Europa. Il modo in cui vi rela- il dj , che era alla sua dalla norma. Questo perché, come zionate ad essa (e con la stampa prima esperienza di produzione; in ogni città di provincia, per chi ci in generale) mi è sembrato da su- probabilmente suonano diverse ri- vive la musica diventa una via di bito, come dire, interessato… spetto al disco perché l’approccio uscita dalla quotidianità. E’ solo La verità è che non abbiamo avuto è stato diverso. Le b side ti danno adesso che la gente sta parlando molta scelta (ride, ndr.)! E’ molto molta più libertà di sperimentare, è di una scena musicale a Sheffield. bello e divertente per noi, abbiamo sempre stato così. Molte delle no- Ci sono un sacco di band giovani, approfittato del fatto che NME ci stre band preferite hanno fatto b ma sono molto meno sperimentali abbia preso sotto la sua ala protet- side incredibilmente interessanti, e rispetto a band del passato come tiva, ma siamo comunque consape- adesso abbiamo capito il perché! Pulp, Cabaret Voltaire o ABC o The voli che non è una cosa che puoi Human League. prendere troppo seriamente… Rispetto ad altre band, dalla vo- stra avete anche dei testi ironici Avete amici in quella scena? Questa consapevolezza ha forse e pungenti, che descrivono storie Non proprio, ormai non passiamo a che vedere col fatto che non ve- di ragazzi e ragazze della vostra più tanto tempo da quelle parti… nite da Londra? generazione, come in Once And Abbiamo amici in altri posti, come Certo. E’ una sorta di questione di Never Again, o Heaven Help The Glasgow (Franz Ferdinand, 1990s, sopravvivenza. Quando hai vissuto New Girl, o A Knife For The Girls. che sono tra i miei preferiti) o Lee- ai margini è inevitabile che, se vuoi Questa cosa mi ha ricordato mol- ds… prevalere, devi tirare fuori il ca- to i Pulp o gli Smiths… rattere,. D’altro canto a Londra ci I testi sono fondamentali. Non esi- E’ vero che vi è stato chiesto di sono sempre un sacco di band che ste una buona canzone pop senza suonare alla Biennale di Vene- vanno e vengono, è decisamente un buon testo. E’ anche interes- zia? diverso… ma generalizzare non è sante lavorare su più livelli. Prendi E’ successo due settimane fa, alla corretto. In ogni caso, noi siamo Girlfriend In A Coma degli Smiths: Biennale di Architettura! Sheffield decisamente hardcore (ride, ndr)! la musica ha un andamento alle- è stata gemellata a Venezia (ride

s e n t i r e a s c o l t a r e   Alessandro Raina chiaroscuri in rima e malinconie pop di Fabrizio Zampighi

Spirito mitteleuropeo, artista poliedrico e curioso, musicista e assemblatore di parole capace di scatenare moti emo- zionali inaspettati sulle onde dei ricordi e di una poetica profonda: in due parole, Alessandro Raina

Alessandro Raina si presenta così. avere provato una bellissima sen- preme sottolinearlo, di questo si Con una carta d’identità che fa ri- sazione il giorno in cui Giacomo tratta, e non di un romanzo o di una salire la data di nascita al 1999 Spazio mi ha mostrato la prima raccolta di poesie) venne a me e – ai tempi di Colonia’s Parad’ies, copia stampata. Oltretutto non ho Giacomo agli inizi del 2000 al Tun- primo episodio discografico edito a avuto alcun controllo su tutta la nel, storico club di Milano da poco suo nome -, la maggiore età al 2003 fase di traduzione grafica dell’ope- riaperto. Credo quella sera suonas- – quando presta la voce ai Giardi- ra e ritrovarmi fra le mani il lavoro se . ni di Mirò nelle giravolte post-rock finito è stato ancor più particolare Sentivamo entrambi una grande di Punk...Not Diet – e l’attuale re- che avere fra le mani un cd. urgenza di ricomporre un ritratto sidenza in un luogo dell’anima non corale del ‘900 italiano, un secolo ben identificato, tra Parigi, Milano, Da dove arriva il titolo? che aveva lasciato nelle vite di en- Londra, l’elettronica minimale e un Inizialmente il progetto avrebbe do- trambi moltissimi punti di domanda pop appeso al filo invisibile della vuto chiamarsi “Non Fiction”, per ri- e che al contempo ci aveva inviato psichedelia più leggera. Un profilo marcare ulteriormente il significato segnali intensissimi e contrastanti biografico e artistico frammenta- della sua parte letteraria. Quello di sotto forma di personaggi che in rio, figlio di una gioventù nomade “Non Fiction” è un concetto squisi- qualche modo avevano colonizzato spesa in giro per l’Europa tra mille tamente anglo-americano ma con- il nostro immaginario. esperienze e confluito all’interno venzionalmente indica un tentativo Pierluigi collaborava già da tempo di una proposta artistica che par- di scrittura immaginativa, fortemen- con Giacomo e fra noi l’intesa è te dal folk minimale degli esordi te basata su elementi biografici, sorta in modo immediato. Anche se e arriva alle malinconie sintetiche sottoposta a una perturbazione (in il disco è uscito anni e anni dopo, dell’ultimo ibrido letteral-musicale narratologia si usa proprio questo gran parte del materiale musicale Nema Fictione (vedi spazio recen- termine). Ne ha origine un nuovo era già stato partorito dopo pochi sioni). piano di realtà, in cui personaggi mesi dal nostro primo incontro in Farsi rapire dalla poetica deca- o eventi reali vivono narrativamen- studio. dente e mitteleuropea dell’autore te o rivivono episodi della propria è cosa piuttosto facile, come del quotidianità. Nelle 98 pagine del libro/booklet resto mandare a memoria i suoni “Nema Fictzione” è “NonFiction” in allegato al CD – o forse sarebbe scarni ma eleganti, oltre che curati una sorta di traduzione indoeuro- meglio dire che il CD è allegato al in ogni dettaglio, che costituiscono pea inventata da Giacomo. libro, viste le dimensioni del se- l’ambito semantico di riferimento. condo - si leggono brevi estratti Un abbandonarsi volontario che Il disco è un esperimento musica- letterari che rimandano a perso- regala davvero gradite sorprese. le/visuale/letterario che condivi- naggi della cultura italiana: tra i di con Giacomo Spazio – grafico, tanti Moana Pozzi, Dino Buzzati, Cominciamo dalla fine: soddi- art director, factotum dietro alla Italo Calvino, Aldo Moro, Pier- sfatto di Nema Fictione ? Cane Andaluso Records e di City paolo Pasolini. Da cosa sono sta- Se penso che si tratta di un lavoro Living– e Pierluigi Petris. Come è te dettate le scelte per i nomi? più volte – da me in primis - dato nata l’idea? Da un criterio poco ragionato e per perso, non posso negare di L’idea di un libro d’arte (perché, mi piuttosto spontaneo. Abbiamo mes-

1 4 s e n t i r e a s c o l t a r e so su un foglio i nomi di tutti coloro Le musiche toccano i confini di storico la cui preghiera di vedere i quali, secondo noi, rappresenta- un elettro-pop ricercato ma al la Londra, la Roma, o la Parigi di vano grandezze, miserie e diversità tempo stesso minimale. In che cent’anni prima sia stata esaudi- del ‘900 italiano. Non c’è nulla di percentuale il risultato finale è ta. Nema Fictzione, come Colonia provocatorio nella scelta di alcuni da ricondurre ad ognuno dei tre Paradi’es, è un tentativo di venire e al contempo, nulla di scontato nel soggetti coinvolti nella realizza- a patti con un bagaglio di memorie, confrontarci con nomi ormai ultra zione di Nema Fictione ? di tracce, di suggestioni e di inquie- consacrati. Si tratta di un lavoro che sento tudini che ho sentito mie sul finire molto mio ma che al contempo non dell’adolescenza. Il rischio di cade- In che modo la parte musicale do- avrebbe mai avuto questa forma re nel manierismo, nel tradizionali- vrebbe scendere a patti con quel- - sicuramente non facile da com- smo cieco è alto. Ma al contempo la narrativa? prendere in modo uniforme - sen- non si può tradire sé stessi. La parte musicale è strettamente za l’ispirazione di Giacomo Spazio. legata al concept del lavoro perché Pierluigi è stato una risorsa imma- Ex voce dei Giardini di Mirò, tutti i brani presenti nel disco sono ne anche sul piano pratico poiché, scrittore, musicista, artista a tut- ispirati al personaggio a cui sono provenendo da un mondo musicale to tondo: chi è oggi, Alessandro dedicati. In alcuni momenti, vedi radicalmente distante dal mio, ha Raina? Mastroianni o Crialese, penso che potuto ‘maneggiare’ i miei spunti Conosco i nomi delle persone a cui la musica si avvicini molto al ‘cam- in modo autonomo, personale e in sono in qualche modo debitore se po di esistenza’ di queste figure. qualche maniera innocente, garan- ho realizzato certi progetti (mia In altri casi ho semplicemente inse- tendo lo stesso tipo di approccio madre, Giacomo Spazio, Jukka Re- guito un mood tradotto in parole e che io e Giacomo abbiamo adottato verberi, Paola Parenti e pochissimi musica, cercando di mantenere più con i testi. altri) e al contempo ho imparato coerenza possibile fra lo spessore a contare esclusivamente su me storico del personaggio e l’impron- Nei testi dei brani si respira, in stesso. ta musicale del brano dedicatogli. generale, un’atmosfera densa e Più in sintesi, un quasi trentenne disillusa. Un elemento indissolu- felicemente costretto ad una dop- C’è qualche rapporto tra le liriche bilmente legato ai tempi moderni pia vita, affascinato dai resti del dei brani in scaletta e i contenuti o un’attitudine letteraria mutuata “bel mondo” –il bel mondo liberale letterari del libro? da esempi illustri del passato? e splendidamente nichilista in cui, Si e no.Qquando scrivi una canzo- Molto spesso, e non parlo in sen- per reazione alla follia delle due ne, in inglese per giunta, c’è sem- so artistico (o meglio parlo in base guerre, nacquero le avanguardie pre parte di testo che deve adattar- a un’identificazione dell’arte come e risorse il meglio della classicità si alla struttura del brano. L’inglese strumento principe di confronto con - preso dalla modernità, dalla com- è una lingua molto plastica e facil- la realtà), immagino che il mio uni- movente poesia che la modernità a mente metaforizzabile diventa qua- co vero presente sia il passato. Per volte ancora svela. si inevitabile sacrificare elementi farti un esempio immagino di es- di ‘senso’ in funzione dell’efficacia sere un uomo del ventunesimo se- del testo su una certa melodia. colo, una persona dotata di senso

s e n t i r e a s c o l t a r e   Jessica Bailif sentirsi come a casa di Antonello Comunale

In occasione del primo tour italiano scambiamo quattro chiacchiere con la celebrata first-lady di casa Kranky. Low e . Ohio e Inghilterra, progetti - parole - passioni.

Se certamente non c’è bisogno di corte, sia nella fase di scrittura che Non mi piace proprio l’artwork/de- mettere “quote rosa” nella musica nell’ascoltare cose altrui. E trovo sign del primo. Mi piace l’artwork rock, dove di muse inquiete e ugole appropriato che tu abbia usato la e il design del secondo, invece, angeliche c’è sempre stata, fortu- parola “disturbi”. E’ un tema speci- ma trovo che non sono ancora mol- natamente, abbondanza, va però fico che inizia con l’immagine di co- to sicura su molta della musica. Il sottolineata una musicista come pertina, scelta molto prima che l’al- terzo disco aveva molte più poten- Jessica Bailiff. Cresciuta in area bum fosse finito. Trovo veramente zialità di quelle che sono riuscita Low, sotto i paterni consigli di Alan interessante i contrasti tra la luce e a realizzare. Andai veramente in Sparhawk, la Nostra è stata la pri- l’oscurità, il giusto e il non giusto, ansia per finirlo dopo sei mesi cir- ma solista donna del roster della la bellezza e la non-bellezza e la ca di registrazione, per poter fare Kranky. Tra le maglie rigorose di personale percezione delle singole altre cose: tour, lavorare ad altri una scuola sperimentale che negli persone su tutte queste cose. progetti, etc. Mi piace la cover di anni ‘90 dettava il la per la voga quell’album, perché è veramente post-rock, i dischi della Bailiff han- Pensi che un’altra How Our Per- luminosa, anche se la musica che no testimoniato, passo dopo passo, ception of Distance Is Changed contiene non lo è altrettanto (anco- la grandezza delle piccole cose. With Each Passing Hour da Hour ra contrasti). Il primo disco Even Per la prima volta in tour in Italia, of the Trace sia ancora possibile In Silence sarà sempre speciale scambiamo quattro chiacchiere con per te? per me. E’ stata un’esperienza fan- una musicista che sembra essere Tutto è possibile, veramente. Quella tastica con chiunque vi fosse coin- tanto severa e distante su disco, pièce fu fatta con Alan Sparhawk, volto. Mi ricorda di un momento quanto calorosa e affabile nella creandola e registrandola in modo della mia vita molto più innocente. vita. del tutto spontaneo, nel suo studio, Il nuovo Feels Like Home è il mio buttando idee l’una sull’altra e ve- preferito ora come ora. Sono anco- Ho notato che il tuo nuovo disco, dendo cosa andava bene e cosa no. ra fresca dell’esperienza e non ho Feels Like Home, riduce la lun- Penso che sembri un po’ pretenzio- avuto ancora il tempo di guardarmi ghezza delle tracce e soprattut- sa, con quel titolo e tutto il resto, indietro e vedere tutte le cose che to disturbi, droni e distorsioni. ma ci stavamo veramente diverten- avrei voluto fare diversamente. L’impressione è che tu ti stia av- do. Potrebbe essere davvero ottimo viando verso un suono più clas- fare un giorno qualcosa di più stru- Trovo che nella tua musica, fin sicamente folk, proprio in un mo- mentale, ma non sono ancora pron- dalle origini, ci sia sempre stato mento in cui l’approccio generale ta. Dovrebbe essere una cosa fatta uno strano ed etereo mood euro- porta molti musicisti a muoversi veramente bene. E ora come ora, peo. Anche in Feels Like Home. verso un suono più dronato e li- mi sto concentrando di più a cer- Cosa significano quelle parole sergico. care di essere una cantante e una russe che si sentono all’inizio Feels Like Home è venuto fuori in songwriter migliore. di Spiral Dream? Cosa pensi del- modo del tutto naturale. Non stavo l’Europa? andando alla ricerca di un partico- Riascoltando i tuoi quattro album, Siccome non conosco il russo, non lare suono o piuttosto di specifiche mi potresti dare le tue impressio- posso dare un traduzione accurata, sensazioni o atmosfere. Ho comin- ni dopo tutti gli anni passati dalla ma le giovani ragazze che cantano ciato ad usare in maniera sempre loro realizzazione? Qual è quello mi hanno detto che quelle parole si- più preponderante la chitarra acu- a cui sei più legata? gnificano qualcosa come: “Quando stica nel mio sound e ora tutto que- Riascoltare gli album può essere partirò, te lo dirò…” , come se que- sto si è evoluto al punto di diventare a volte un po’ difficile, perché mi sta persona prendesse finalmente il lo strumento principale per scrive- accorgo sempre di cose che avrei coraggio di lasciare il proprio ama- re. Ultimamente preferisco canzoni voluto fossero fatte diversamente. to e dicesse le cose che sono nelle

  s e n t i r e a s c o l t a r e sentirsi come a casa sua mente. Mi piace molto il modo rata e sono passata attraverso un ni sottili”, che dopo tutto sembrava il cui la lingua russa suona, ma mi periodo di difficoltà personali. Mi un po’ troppo ovvio e torvo. Warren piace anche il significato dietro le sono trasferita nell’estate del 2003 Defever mi ha aiutata con alcuni ri- parole. Ho una visione idealizzata e questo ha portato via un bel po’ di tocchi all’album, incluso suggerirmi dell’Europa. E’ una cosa del gene- energia e di tempo. In agosto sono il titolo. Feels Like Home viene dal re: “l’erba del vicino è sempre più andata in Inghilterra per iniziare il testo di We Were Once e sembra verde”. Sono stata innamorata del- secondo album dei Clear Horizon dare il senso di qualcuno che è per- l’Europa già da prima di visitarla con Dave. Decisi poi che era tempo so e vuole trovare qualcosa di con- per la prima volta. E’ così piena di per avere un’apparecchiatura di re- fortevole e duraturo. storia, carattere e bellezza. Va da gistrazione in modo da poter lavo- sé che ci siano anche cose catti- rare anche a casa (prima me la fa- Clear Horizon e Northern Song ve, come in tutto il resto del mon- cevo prestare). Mi sono trasferita di Dynasty sono progetti isolati o do. Ho conosciuto così tante perso- nuovo (altro tempo e altre energie possiamo aspettarci secondi al- ne splendide e ho stabilito contatti andate via) nel tardo luglio 2004. bum per entrambi i progetti? E di amicizia veramente intensi con Ci è voluto un anno da quando ho qual è stata la migliore esperien- persone che vivono in Europa. Pro- chiesto alla Kranky un piccolo aiu- za tra le due? babilmente mi sento più in sintonia to nell’allestimento dell’equipag- C’è un album dei Clear Horizon con gli europei, perché vivono in giamento. Non ho avuto un vero e completo per circa 3/4, probabil- una società che ha un genuino ri- proprio studio funzionante fino al mente un 5/6. Non so se sarà mai spetto e un forte amore per le arti. febbraio 2005. Feels Like Home è completato, ma sia io che Dave Anche il fatto che la qualità piutto- stato finito nel dicembre del 2005, speriamo che prima o poi ci sia un sto che la quantità sia più prevalen- ma dopo aver finito la mia parte, c’è secondo album. Nothern Song Dy- te nei paesi europei piuttosto che voluto altro tempo per il mastering, nasty è stato concepito per essere negli States, in tutto: dal cibo ai il packaging, ecc. Sono passati una band a tempo pieno con altri vestiti, dalle arti alle relazioni. Mi quattro anni in un battere di ciglia. membri, ma è tutto svanito così. piace molto questo modo di pensa- La foto sulla copertina è abbastan- Nessuno sembrava interessato re. Così mi sento veramente male, za spettrale, come tutte le altre veramente. Fare uscire da soli il quando sento parlare di “america- bambole fotografate da Laurent Or- nostro disco è stato un modo per nizzazione dell’Europa” da persone seau. Perché hai scelto un’imma- dire arrivederci al progetto. Ci pia- che vivono in Italia o altrove. gine così “dark”? Sembra quasi un cerebbe fare un altro album, spe- commento ironico al titolo “Sentirsi cialmente dopo la riedizione con Quattro anni di distanza separa- come a casa”. allisnumber records (qualcuno no Feels Like Home dall’album Le cose erano veramente dark per finalmente interessato!), ma non omonimo. Come mai così tanto me. Questa foto di bambola sem- abbiamo cominciato a pensarci. E’ tempo? Una scelta precisa, una brava veramente incarnare il modo stata veramente un’emozione lavo- mancanza di ispirazione o i tuoi il cui mi sentivo in quel periodo. rare con Dave, perché sono stata diversi progetti collaterali ha tol- Credo di aver chiesto a Laurent se una fan dei Flying Saucer Attack to tempo alla tua attività solista? potessi usare quella foto nel 2004, per così tanto tempo. Ma non pos- Dopo che il terzo album è stato di- ma non ne sono sicura (forse era so dire quale delle due esperienze stribuito nell’autunno del 2002, ho il 2005). È come se le canzoni fos- sia migliore. Erano veramente due fatto un paio di tour. C’è stato un sero venute fuori attorno alla scel- approcci diversi. Northern Song bel po’ di lavoro per finire l’ep degli ta dell’immagine di copertina, così Dinasty è stato fatto a casa, colla- Eau Claire, ma non stavo scrivendo come le mie esperienze personali. borando di persona. Clear Horizon, veramente. Ero davvero poco ispi- Il working-title del disco era “demo- invece, è stato un processo via

s e n t i r e a s c o l t a r e   mail. Per entrambi c’è voluto molto chiedeva se ero interessata a col- Rivulets, Drekka, Experimental tempo. laborare. Conoscevo la musica dei Aircraft, Alan Sparhawk e i Low. cLOUDDEAD ed ero veramente cu- Quanta vicinanza pensi che ci sia Quindi eri già fan dei Flying Sau- riosa e lusingata. Anche lui è un tra la tua e la loro musica? cer Attack? grande fan dei Flying Saucer Attack. Tutti quelli che hai citato sono miei Sono stata una grande fan dei Tornò in Ohio in primavera per fare amici, così credo proprio che la loro Flying Saucer Attack. Fin dal 1993- visita alla sua famiglia, così ci in- musica e loro stessi come persone 94. Incontrai Dave ad un concerto contrammo allora. Ci scambiammo mi hanno influenzato in un modo che lui fece a Chicago nel 1997, un po’ di cd-rs per posta, e duran- o in un altro. Ho avuto la fortuna come Flying Saucer Attack con Da- te una visita in California, dove lui di vedere i Low crescere dall’ini- vid Grubbs e Jim O’ Rourke. Io e vive ora. Ci siamo veramente capiti, zio della loro carriera e ho impa- un mio amico guidammo per più di anche se veniamo da mondi diversi. rato molto da loro. Ad ogni modo, quattro ore, per essere li. Dopo lo Siamo cresciuti in città simili, nel- ognuno di questi progetti e diverso show, tornammo a casa verso est di l’Ohio repubblicano con molte zone l’uno dall’altro. Nell’ordine hai uno Chicago, mentre il sole stava sor- piene di tensioni razziali. Abbiamo scrittore e un performer veramente gendo. Non ho mai più visto un’alba anche un sacco di interessi musi- profondo ed emozionante; hai un più bella di quella cali in comune, come Flying Saucer musicista veramente onesto che Attack e Stars of the Lid. mette le sue paure da parte e fa E cosa mi puoi dire della tua col- quello che vuole fare, non importa laborazione con ? Appartieni, in qualche modo, ad cosa; hai un’espressione di solido Quando ero in Inghilterra nel 2004, un gruppo di musicisti dediti a shoegaze/space rock che è evoluto ricevetti una e-mail da lui che mi suoni folk disturbati. Penso a fino a diventare davvero ottimo per

1 8 s e n t i r e a s c o l t a r e melodie e suoni; hai una band dav- vero solida e forte che ha lavorato duro per molti anni sempre andan- do un po’ più in la con la scrittura e le proprie capacità espressive, con voce e strumenti. Non so come spiegarmi oggettivamente, ma vor- rei dire che dREKKA è molto più originale di me.

Con la ristampa di classici anni ’60, una nuova generazione ha potuto scoprire musiciste come Anne Briggs, Judee Sill, Linda Perhacs, Vashti Bunyan. Ti piac- ciono queste artiste? Sembri es- sere una credibile e carismatica continuazione di questa tradizio- ne. Grazie, del complimento. Il mio ami- co Iker Spozio mi ha introdotto alla musica di Briggs e Bunyan (tra gli altri) con una cassetta compilation nel 2001. Un altro amico, Larry, mi ha introdotto a Perhacs e Sill. Ho impiegato molto ad entrare nei di- schi di Judee Sill, ma adoro tutti gli altri menzionati. Mi piace special- Drake), Further (Flying Saucer At- ta degli spiriti, La dolce vita e Le mente Lookaftering di Vashti Bun- tack), Evol (Sonic Youth), Spirit notti di Cabiria. Di recente ho vi- yan che è uscito lo scorso ottobre. of Love (C.O.B.), Just Another sto Paris Blues con Paul Newman C’è una lunga lista di favoriti nella Diamond Day (Vashti Bunyan), e Sidney Poitier e mi è piaciuto tan- musica più vecchia, molti dei quali Ask Me No Questions (Bridget tissimo. Harold e Maude è un gran- sono stati ristampanti negli scorsi St. John), Song To a Seagull de film. Più recentemente mi sono anni. (Joni Mitchell), Odessey & Oracle piaciuti i film di Wes Anderson, (Zombies), Scott 4 (Scott Walker), specialmente Rushmore e Royal Nella tua vita c’è qualcosa o qual- Loveless (My Bloody Valentine), I Tenenbaums. Penso che Buffalo cuno che ad un certo punto ti ha Could Live In Hope (Low), Souv- ’66 di Vincent Gallo sia ottimo. Clo- indirizzata a fare musica? laki (Slowdive), Soul Kiss Glide ser è stato un po’ rivoltante ma mi Per quanto lontano possa andare Divine (Spectrum), Laser Guided è piaciuto egualmente, grandi attori con la memoria, ho sempre avuto Melodies (Spiritualized), Stars on e ottimi dialoghi. Devo ammettere interesse nel fare musica. E’ inco- E.S.P. (His Name Is Alive), I Am a di aver adorato Amelie, anche se minciata molto presto con il piano di Bird Now (Antony & the Johnsons), noto che molte persone non la pen- mia nonna, suonandolo a orecchio. Stone Angel (s/t), Hosianna Man- sano esattamente così, ma credo Sono stata ispirata da tutto, dai Be- tra (Popol Vuh), Another Green che sia fatto ottimamente e stimola atles e i Top 40 Americani (quando World (Eno), Berlin (Lou Reed), la sognatrice che c’è in me. Lost in ero bambina) ai Bauhaus e Siou- and Translation era eccellente. High xsie fino a Sonic Youth e Flying (s/t), Kaleidoscope (Siouxsie and Fidelity è uno dei miei preferiti (il Saucer Attack. Queste ultime due the Banshees)... questa lista non libro, anche). I film sono simili ai band hanno veramente cambiato il comprende tutto e non necessaria- dischi per me, ce ne sono molti che mio modo di approcciarmi alla mu- mente sono i miei dischi preferiti di hanno avuto un grande impatto. sica, spingendomi a scrivere qual- quelle band… sono solo dischi ve- cosa di mio (così come Codeine e ramente importanti nella mia vita. Progetti futuri? Low). Ci sarà probabilmente un altro al- E il cinema? Che genere di film ti bum solista, ed arriverà prima di Mi piacerebbe curiosare nella tua appassiona? quanto non sia arrivato l’ultimo. collezione di dischi. Quali sono Adoro i film, specialmente i più vec- Eau Claire sperano di registrare gli album che hanno significato chi. Per la maggior parte francesi e un disco nel 2007, il secondo Clear qualcosa di importante per te? italiani. Adoro la trilogia di Kieslo- Horizon sarà completato un gior- Ce ne sono così tanti! Sono album swski Trois Couleurs e molti film no… c’è sempre qualcosa in lavo- chiave per me: Bryter Layter (Nick di Fellini, in special modo Giuliet- razione.

s e n t i r e a s c o l t a r e 11 9 fabio orsi un microfono freddo come un ago di Vincenzo Santarcangelo

Dagli esordi su cd-r a nome Fab all’acclamato Osci, dal lavoro di fonico ai field recordings, fino al recente incontro- scontro con l’etnografia musicale di Alan Lomax. L’elettroni- ca umanistica di Fabio Orsi in un’intervista

Prima una serie di uscite a nome poco su Foxglove dal titolo South ta alla luce la memoria sfasata di Fab su CD-R e mp3 su netlabels - Of Me! un momento, di un luogo e di una alcune delle quali ancora disponibili sensazione. Esperienza terapeuti- su sinewaves.it. Un’elettroacustica Cosa vedi a distanza di qualche ca che raccomando a chiunque. con tendenze all’isolazionismo e ai tempo se ti giri verso Osci, il di- microsuoni, per stessa ammissione sco che ti ha consacrato? Il passato da fonografo è ben dell’autore molto distante da ciò Osci rimane tuttora il disco più carico sedimentato nella tua musica. che sarebbe venuto. Poi, una se- di ricordi, dal momento che risulta un E’ però il fatto di aver scelto di rie di microfoni, freddi come aghi, lavoro fisico, materico, composto registrare suoni culturalmente piazzati a registrare le pulsazioni di con le registrazioni fatte nel Sa- connotati - e di riflesso social- una comunità intenta a celebrare i lento. Per ognuna di esse ricordo mente connotati -, a distinguer- fasti dell’amata-odiata musica tra- a volte anche il numero di bicchieri ti dalla marea delle produzioni dizionale, e la decisione di firmarsi di vino bevuti (ottimo vino, nero...). analoghe. Si obietterà che tutti i con il semplice nome e cognome. Le ultime produzioni in effetti sono suoni sono culturalmente conno- L’uscita di Osci, il disco che lo fa leggermente differenti. Credo di tati quando vengono catturati da conoscere a critica e pubblico. E aver dato maggior importanza al una macchina, o addirittura nel ancora, l’inevitabile incontro con la suono e alla musicalità intelligibile. momento stesso in cui vengono figura di Alan Lomax, ed un insoli- Tendono sempre di più alla melodia percepiti dall’orecchio umano. to tentativo di ridare voce a chi, a come quelle inedite o che vedran- Ma è proprio il modo in cui la causa di quelle discronie che non no la luce nei mesi a seguire. Oggi macchina che registra, la mac- sempre lo storico riesce a spiega- come oggi, la melodia prima di tut- china che processa e il rumorio, re, l’ha perduta da un pezzo. L’elet- to: un forma di nudo interiore, come il brusio dell’umanità convivono tronica umanistica di Fabio Orsi. il darsi a qualcuno dal profondo del- nei tuoi brani - e il modo in cui la propria camera. questa coesistenza sembra mira- Prima di Osci le tue pubblicazioni colosamente dileguarsi, lascian- sono reperibili unicamente attra- Non credi che la tecnica dei field do fondere il tutto in un’unica verso netlabels e CD-R. Cosa con- recordings sia ultimamente uti- materia - che mi affascina in spe- siglieresti a chi si avvicina per lizzata con scarsa parsimonia cial modo. la prima volta alla tua musica? nell’ambito della musica elettro- Il field recorder, se vogliamo, non è Sì, prima di Osci le mie uscite sono nica? altro che un catturatore di immagini tutte in CD-R o mp3. C’è qualcosa Decisamente. Non so se in futuro in suoni. Come un fotografo ferma di molto vecchio e tanto distante da ritornerò sull’idea dei field recor- il tempo con la sua macchina, così me che ancora si può ascoltare su dings. In effetti, io nasco come field il fonografo cattura un istante in un sinewaves.it, ma consiglio sempre recorder, o meglio ancora come fo- determinato luogo e tempo. La sen- di partire da Osci. La mia discogra- nografo. Mi è sempre piaciuto cat- sibilità estrema di tale operazione fia è ancora limitata ad un lp (Osci) turare i suoni con tecnica e dovizia consiste nel gusto e nella resa: e all’ep in CD-R I’m Here. È appena di particolari . Forse un giorno tire- far convivere da una parte l’aspet- uscito lo split con i My Cat Is An rò fuori un lavoro interamente con- to romantico e romanzesco della Alien, un tributo alla figura di Alan creto, chi può dirlo. registrazione, dall’altro la qualità Lomax, che è il primo di una trilogia Il fascino dell’accumulare dati ne- tecnica di quest’ultima. Si tratta di di lavori a lui dedicati. Il secondo gli anni risiede tutto nel riascolto a un’impresa non facile, senza dub- vedrà la luce a breve sempre su A distanza di tempo. È un qualcosa bio in genere è la prima caratteri- Silent Place in CD, mentre sul terzo di estremamente intimo e perso- stica ad emergere maggiormente. A sono ancora al lavoro. Ah, e dimen- nale. Ricordare come un microfono volte basta solo anche un registra- ticavo il CD-R tre pollici uscito da freddo e piazzato in un punto ripor- tore a cassetta, nulla di più.

2 0 s e n t i r e a s c o l t a r e un microfono freddo come un ago Non credi che il suono registrato pretese scientifiche. Ma la cosa culturale nell’atto stesso della dagli etnologi sia esteticamente che mi colpisce maggiormente è registrazione-fossilizzazione? neutro e, a motivo di ciò, diffi- l’atteggiamento del pioniere freddo Si può pensare alla tua musica cilmente malleabile per fini arti- e talvolta quasi distaccato, grazie come ad un insistito tentativo di stici? Per dirlo con le illuminan- al quale riusciva a realizzare pa- restituirgli quel tanto di vitalità ti parole che accompagnavano radossalmente registrazioni calde che ha perduto dal momento in Osci: «dove le strade si gonfia- ed evocative. L’ascolto delle re- cui è stato messo su nastro, o su no come vene e le case cadono gistrazioni italiane, o di alcune di computer? a pezzi, piantiamo un microfono quelle americane degli anni ’40, Ancora oggi le manifestazioni fol- freddo come un ago». Il fatto che rivela affinità evidenti. Non vedo cloristiche o dedicate alla musica la registrazione abbia un valore molta differenza tra le madri gonfie popolare sembrano riproposizioni quasi esclusivamente archeolo- e nere del Mississippi che cantano fedelissime di vicende sociali pas- gico-documentale - il suo grado- il loro disagio e le donne sicule o sate: è il cosiddetto recupero delle zero di densità semantica -, che calabresi che mettono in mostra il tradizioni, o se vuoi la riscoperta sia stata catturato con dovizia loro folklore come espressione di delle proprie radici. Le nuove gene- tecnica perché serva a sostenere strazio e sete di ribellione. Il ri- razioni scoprono e le vecchie ricor- una determinata tesi scientifica: sultato è una comune forma di folk dano, tramandano, con un senso tutto questo non la rende incon- espresso attraverso manifestazioni di purismo che rende per sempre ciliabile con il suono-musica? differenti, dotata di un identico in- vitree tali rappresentazioni. Credo Non credo che la malleabilità di tento. Questo è ciò che fa rizzare le che i field recordings servano a vol- un suono dipenda esclusivamente mie carni quando ascolto o penso te a dar forza alla musica, un po’ dalla sua idea fondante. A mio av- ai suoi lavori. come le parole in una canzone. La viso ognuno di noi possiede gradi rappresentazione di quei momenti diversi di assimilazione e rielabora- Di Lomax è stata più volte conte- da me registrati diventa pura astra- zione, sia a livello conscio che in- stata la propensione a riprodurre zione, i suoni dilatati cancellano il conscio. Un suono può ricordare in- in vitro, e in un secondo momen- tempo e lo spazio reali in cui i balli, finite cose ed essere associato ad to, le situazioni di vita reale che le feste, si sono consumati. Tutto innumerevoli emozioni e sensazio- voleva studiare. Preferiva non diventa personalizzabile. Certo, ri- ni in momenti e situazioni diverse. registrare i suoni di una festa di conducibile ad un area geografica L’importanza del lavoro etnografico paese mentre questa effettiva- ben precisa, ma ognuno diventa li- e scientifico di un Lomax, ad esem- mente si svolgeva, ma chiedeva bero di trattenere ciò che ritiene pio, copre solo una parte dell’ope- in un secondo momento agli stes- più suggestivo. La musica per me ra, il resto è nelle mani di chi ascol- si attori di quella festa di ripro- non ha mai significato unicamente ta e ne gode. Anche in questo caso durne le fasi salienti. Un reperto narrazione, ma anche suggestione, io privilegio l’aspetto personale ed di tal fatta non disporrebbe della e come ben si sa anche questa ha intimista: quello che è al di là del necessaria valenza di «sorpren- origine dal profondo del nostro cuo- microfono. dere l’istituto nel suo reale fun- re. zionamento culturale», per usare Come nasce il tuo interesse per parole di de Martino. In Osci hai Hai dimestichezza con lo stermi- la figura di Alan Lomax? effettuato le registrazioni in vivo. nato archivio Lomax? Hai seguito Nasce senza alcuno scopo didat- Non scorgi però il rischio che qualche criterio particolare per tico o legato a studi. Si è trattato un frammento di esistenza perda la selezione dei field recordings di un incontro-scontro. So che lui parte della propria originaria vi- prelevati? era un maniaco catalogatore con talità e del reale funzionamento

s e n t i r e a s c o l t a r e 2 1 2 2 s e n t i r e a s c o l t a r e No, non ho utilizzato nessun crite- tal modo l’intera società dell’Ita- nuto a contatto con la musica rio rigoroso o scientifico. Si tratta di lia Meridionale viene a condivide- elettronica? una scelta umorale, viscerale. Per re in vario grado i dolori e le fru- lo split, ad esempio, ho utilizzato strazioni delle sue donne. E non L’approccio alla cosiddetta elet- prevalentemente campioni prove- c’è, si può dire, nient’altro nella tronica nasce più che altro come nienti dalle registrazioni italiane, poesia folcloristica di questa re- esigenza. Ti confesso che la prima sicule per la precisione. gione che la brama di un amore versione di Osci è stata tutta la- irraggiungibile, che si esprime vorata e montata su di un vecchio Come ti sei comportato con i di- in un canto d’amore che i maschi computer lento e macchinoso, che ritti d’autore? Sarebbe interes- cantano in falsetto con voci qua- spesso mi ha reso difficile la vita. sante saperlo, dato che Lomax si altrettanto acute di quelle delle Nulla di spaziale, appunto, solo la aveva intenzione, soprattutto ne- loro madri.” E’ un ritratto legger- necessità di dare forma a suoni ed gli ultimi anni di attività, di edi- mente idealizzato e senz’altro da- emozioni che conservavo dentro ficare una sorta di monumentale tato, ma l’ho trovato abbastanza di me. L’utilizzo del mezzo - nello enciclopedia sonora della cultura suggestivo. Quanto c’è di Sud, di specifico un computer - mi è sem- umana a disposizione di tutti… questo Sud, nella tua musica? brato quello più semplice ed imme- diato. E come tutte le passioni per Sì, sono a conoscenza dell’idea Quanto Sud ancora oggi rientra nel- uno strumento, è cresciuta poco lomaxiana di equità musicale e di la descrizione del Lomax? Penso per volta. diffusione totalitaria di reperti di ancora tanto. La mia è una realtà umanità sotto forma di suono. An- da un lato emancipata e se voglia- A cosa stai lavorando in questo che se alcuni lavori a quanto pare mo capitalistica occidentale beota, periodo? Fai altro, oltre ad occu- sono stati acquistati da privati che dall’altro risulta ancora oggi piena parti di musica? ne rivendicano i diritti. Per quanto e vuota allo stesso tempo. Piena mi riguarda, non ho avuto problemi perchè sa convivere ancora con le E’ prevista un’uscita sulla Digitalis con il copyright anche perché i ma- proprie radici che però, slabbrate Industries di Brad Rose ad inizio teriali appaiono nei miei dischi com- dal tempo, spesso sfociano nel fol- dell’anno a venire. In questo perio- pletamente decontestualizzati, e a cloristico. Vuota di quella crescita do sto inoltre chiudendo un nuovo volte anche modificati. Ad esempio, culturale che consiste nel rielabo- lavoro con Gianluca Becuzzi (Kine- sia in South Of Me che nello split, rarle con coscienza e lungimiran- tix), un lavoro molto melodico suo- alcune parti sono state campionate za. Scavando – nemmeno troppo nato con chitarre e casiotone. Per il e risuonate interamente da me. in profondità – nei comportamenti resto, ho altre mille idee, alcune in della gente del Sud si scopre anco- fase di realizzazione, come la nuova Nel saggio “Nuova ipotesi sul ra quell’indole lomaxiana alla vio- collaborazione con Roberto Opalio canto folcloristico italiano”, lenza e all’amore come forma unica di My Cat Is An Alien e dei remix di uscito nel ‘56 su Nuovi Argomen- di coscienza. Quando lavoro pen- lavori Foxglove, in particolare il pro- ti Lomax scrive: [nel Sud Italia] sando alla mia terra penso appunto getto The North Sea di Brad Rose. “le bambine devono rimanere ad un sentimento comune, non ad Oltre a far musica? Beh, sono un in casa ad aiutare la madre. Per una pluralità, ad un senso comune fonico! esse la possibilità di giocare in che le cose assumono: una sorta di libertà e di frequentare a lungo la narrazione feconda di quello che scuola non e’ nemmeno concepi- è il Sud dentro, nel profondo del- bile. I bambini, d’altra parte, non le anime. Con mille contraddizioni. hanno nessun gioco o sport or- Un’anima impastata, crudele, affa- ganizzato, e passano il tempo per scinante, amorevole come un seno le strade e per le piazze con i ra- materno ed al tempo stesso odiata, gazzi più grandi che li prendono scalciata, putrida e sterile. Ho sem- a pugni e li tormentano come del pre visto la mia terra come qualco- resto essi medesimi fanno con i sa di simile. Non faccio critiche, ma più piccoli. Nell’adolescenza ar- la amo e la odio, come qualunque dono perché non hanno nessun meridionale cosciente. contatto con le ragazze di cui de- siderano la compagnia. E così il Hai una formazione musicale ca- nostro giovanotto, costantemen- nonica alle spalle? te eccitato dal vino, dal sole e da una cultura il cui unico folclore No, i miei trascorsi da musico non tratta dell’amore nei termini più sono classici. Suonavo in gruppi in- romantici e appassionati, è la- die e lo-fi negli anni ’90, tutto qui. sciato in piazza a sfogare con gli amici le sue deliranti fantasie. In In che occasione, invece, sei ve-

s e n t i r e a s c o l t a r e 2 3 Electroshifting mutazione di paradigma? d i E d o a r d o B r i d d a Ultimamente l’elettronica non è più la stessa. Già lo si sentiva nel- le sciabolate trasversali di Jackson And His Computer Band o nel paese delle meraviglie del folletto Nathan Fake, due esordienti per i quali elettronica non vuol semplicemente dire purismo laptop ma un’attitudine che parte dall’analogico e va al suonato, l’attitudine punk che stempera nello shoegaze

Tutti i Novanta, dance e para dan- eccesso abbagliante che conduce vono dalle scene djing berlinesi, ce, acefali o IDM che sia, sono stati al collasso dei mezzi e delle forme da dischi chill out intelligenti come (ancora) anni elettronici, sintetici. dell’espressione) e l’immancabile Kunststoff di Move D, trasformano Un moto pro elettronico dove per spiraglio che mantiene viva la vita le intuizioni languide della dismis- elettronica s’intende ancora, come immaginifica, la capacità di rielabo- sione hardcore postrockista in un negli anni dei - e non sen- rare, creare, esistere “artisticamen- design per ambienti asettico ma za un certo snobismo - la musica te” come una magnifica anomalia pur sempre riconoscibile nell’alveo per il futuro. Ricordate lo slogan/ della natura. In quello stesso pe- della rivoluzione di Lousville. Da sottotitolo “The future sound of?”. I riodo la ricerca elettronica acquista lì - trasvolata USA - il sound suo- puristi house predicano una popu- linfa e ispirazione seria con il glitch. nato dei Labradford si fa sempre listica elettronica per le masse. Gli Oval conia l’arte dell’errore ana- più elettronico fino a convertirsi al altrettanto intransigenti alfieri di logico con Ryoji Ikeda e Carsten credo Pan American. Del resto, era casa Warp danno ai superstiti del Nicolai (Alva Noto) a predicarne evidente persino mentre accadeva: bagno rave un momento di decom- il verbo. Fennesz compila manuali il post-rock era tutto fuorché un pressione e persino di meditazione, d’errori scoprendo continuamente genere, era un sentimento di man- quando non un ritorno spacey star- nuovi modi per far crashare i syn- canza d’appigli e prospettive che trechiano Sessanta. th del suo garage. L’output è uno di fatto abbatteva scenografie e I mezzi sono sempre gli stessi: sin- streaming di aspri layer di rumore prospettive abituali del rock (anche tetizzatori e drum machine, sequen- che prendono via via le sembian- di quello più nichilista, che mentre cer, meglio ancora se da rottamare. ze di sinfonie. Il centro di gravità declamava il no future dichiarava Ma la loro forza e attualità, anzi traslato dove il “biologico” è solo una fede incommensurabile nel- l’urgenza di nuovo, è intatta. La una categoria cui riferirsi - even- la propria capacità di cambiare le prima house prende anima, corpo tualmente - in astratto. Con l’errore cose). Il rigetto di strutturazione e e specialmente bass da un Roland elevato a forma il digitale si appro- strumentazione “tipiche” del rock è particolare (quanto fallimentare, al pria dell’impurità accidentale della un processo consustanziale: dalla suo lancio, a livello di vendite), il vita, e quindi simula - tenta di simu- dilatazione delle forme alla disarti- TB 303. Quelli della Warp riporta- lare - una concretezza autonoma fin colazione dei ruoli all’interno della no in campo i vecchi Moog e Korg. qui inedita. E’ un salto di livello im- band, dall’implosione del canto in Siamo nel pre-digitale. La laptop pressionante. Qualcuno addirittura un reading “rumoristico” alle più music è alle porte. parla di Wagner altri di Schubert. estreme trasfigurazioni sintetiche Nello stesso periodo, nell’arte con- Sono oscillazioni di senso. Fascino che mettono in discussione lo stes- temporanea, ci si muove con il vi- assimilabile alle visioni australiane so “suonare”. deo. E pure il cinema riflette sul- del regista tedesco. Ma già cova un ulteriore balzo evo- lo streaming d’immagini che ne ha Sia nelle lande post-rock secondo lutivo. In tutti questi moti pro elet- fatto il media più famoso del Nove- Reynolds che in quelle rigorosa- tronici, di ritorno all’analogico ver- cento. Wenders in Fino Alla Fine mente suonate di quello propria- so il futuro, sorta di moto perpetuo Del Mondo incentra tutta l’ultima mente americano, c’è un moto pro- della contemporaneità, coloro che parte di quel film su una macchina sintetico. Lo shifting prende piede non vogliono rinunciare all’attitudi- in grado di riprodurre le sequenze nel corso dei Novanta, naturalmente ne del suonare sono senz’altro gli dei ricordi degli ultimi sopravvissuti in Inghilterra con tutto lo sperimen- alfieri del trip hop Massive Attack, della terra. Quell’immagine è forse talismo del dopo shoegaze, trance Mouse On Mars, Tortoise e ultimi il succo, anzi la porta verso quel di- rock e dreampop (rispettivamente soltanto in ordine di apparizione gitale che accadrà. E’ ad un tempo Seefeel, Main e Moonshake che Matmos. I primi, coronato il format la denuncia metaforica di una ste- diventano Laika) e ancora in Ger- estetico della nu elettronica con rilità tenacemente perseguita (un mania. I To Rococo Rot, che muo- Autoditaker, si trovano presi a lan-

2 4 s e n t i r e a s c o l t a r e ciare una sfida alle macchine, uti- In FenneszPLAYS l’austriaco ma- che, archi, corde, non solo acca- lizzandole prepotentemente come nipola la chitarra e reinterpreta i rezza le astrattezze mentali degli mezzi per un fine più comprensivo. Beach Boys (ma anche gli Stones) aficionados elettronici ma punta Dal vivo i loro show sono un misto alla sua maniera. È una svolta. Due alla coscienza collettiva dell’isola. di estetiche antitetiche: l’impeto e anni più tardi approda l’altrettanto Una ricerca d’intimità e del sentire la staticità, l’accadere concreto e lo capitale The West dei Matmos, un comune attraverso un mix di glitch shock virtuale. Ma c’è pur sempre altro viaggio nei Sessanta, sempre e, in definitiva, di folk music, tanto e viva tutta la carica rock in quei West-Coast, pure on the road, in che al centro del loro percorso este- concerti ibridati. I secondi inve- stile Kerouac e Neil Cassady per tico s’avverte senz’altro un deside- ce operano una rivoluzione ancor intenderci, e naturalmente revisi- rio struggente di rappresentazione maggiore fondendo scuole diverse ted. Ad accompagnarli: i personag- melodica, suoni che precipitano al e raggiungendo con l’album di re- gi più influenti della scuola post di suolo e si organizzano in canzoni. mix Rhythms, Cluster un nuovo prima generazione allargata e quel Da lì il segnale del satellite torna traguardo dove elettronica e acu- tale David Grubbs che assieme a obbligatoriamente negli Stati Uniti stica s’incontrano, accadono uno Jim O’Rourke faceva parte dei Ga- dove niente sarebbe così come lo nell’altra cucendo le trame di un str De Sol, il cui capitolo finale è ascoltiamo senza l’esordio dei The territorio per molti versi inaudito. senz’altro un tassello importantis- Books. Thoughts For Food (Tom- Pure i Matmos partendo dall’hou- simo nella fusione di cui parliamo. lab, 2002), l’album di un duo orgi- se intellettuale di Matthew Herbert Lo strumento riconquista terreno: è niario del Massachussets di stanza (ma anche dalla trance) e riconian- una realtà comunque sottoposta al nella Grande Mela è la chiave del do la musique concrète tornano ad tritatutto della chirurgia elettroni- nuovo corso, il processo che farà avvertire prepotentemente il richia- ca, spesso ne è vittima, ma la sua parlare di un connubio tra folk ed mo degli strumenti. fulgida connotazione, spessissimo elettronica possibile e, nei limiti legata a contesti tradizionali, ne del contemporaneo, sorprendente. La complessità di rimandi è notevole demarca l’importanza. Ancora più I due suonano, ma soprattutto inon- ma se i filoni sono tanti, ognuno con addentro a questo concetto, altri dano i canali di found voices e noi- la propria direzione e personalità, sensori nell’anno del millennium ses presi dal quotidiano, dalla tv, da l’anno del ripensamento elettronico bug conducono in Islanda dove un vecchie cassette, tagliano, dribbla- è senz’altro il 2002, con l’illustre piccolo ensemble non solo non ri- no, inscenano la ricerca di purezza prodromo del 1998 e l’antefatto del nuncerà alla strumentazione, ma degli americani nella confusione 2000. In quell’anno, proprio Fenne- farà da apripista a una sensibili- di segni della contemporaneità. La sz tornava a un amore adolescen- tà diversa. Quel che si respira fin componente suonata (chitarre, do- ziale mai rinnegato prendendosi dall’esordio dei Mùm è una ricerca bro, violini e violoncelli, organetti) una pausa dalle sbornie cut’n’pa- del sapore della propria terra. Ye- viene esaltata nella sua valenza ste, click/skip, microwaves figlie sterday Was Dramatic Today Is timbrica, la frizione e il sound di dell’urgenza di quegli anni di ma- Ok (Thule/TMT, 2000), muovendosi ciascuno strumento costituiscono la neggiare la diavoleria (pre)digitale. in una fascia costiera di fisarmoni- cifra stilistica del progetto anche se Fennsz

s e n t i r e a s c o l t a r e 2 5 F.S. Blumm fondamentale risulta il landscape: gemellaggio di vecchia data con Convenience (Summer Kling, Morr un coacervo di rimandi temporali, l’oriente (Sack Und Blumm, Tom- Music / Wide, 15 settembre 2006). memorie d’infanzia, praterie John lab 1999), altrimenti ancora con la Quanto a Vert, dal glitch e dal mi- Fahey, piccoli classicismi Penguin salsa e merengue d’antan (Señor nimalismo passa al ragtime e agli Café Orchestra, pani e terre come Coconut, un progetto nato con la anni ’40 con Some Beans And An se il mondo entrasse e uscisse dal- tecnica dei “loop” alla maniera di Octopus (Sonig / Audioglobe, otto- la casa del Mulino Bianco facendo Jelinek), o chamber music dalle do- bre 2006). Ekkehard Ehlers intra- a pezzi e ricomponendo a random lenze dell’Est (Martes, Leaf 2002), prende dal canto suo un progetto ogni dettaglio visivo e auditivo di l’elettronica è insomma sempre e di blues ubriaco e visionario che quello spot. Con i Books l’elettroni- comunque il pi greco, mentre le va- ha più a che fare con l’etnologia ca torna ad essere prepotentemen- riabili prendono di volta in volta i che con la contemporaneità (A Life te mezzo e non più fine. La ricerca nomi dei generi “tradizionali” chia- Without , Staubgold, 2006). del citato Grubbs trova una nuova mati in causa. Infine, quale ideale segno dei tem- connotazione per giunta non intel- L’unica firma nota a discostarsi suf- pi, la London Sinfonietta interpre- lettuale ma tremendamente arty. ficientemente da questa mentalità è ta il suono Warp, in particolare di Non sono pochi, gli artisti che nel Kieran Hebden aka Four Tet, ap- Boards of Canada, Jamie Lidell, quadriennio 1998-2002 applicano il prodato al laptop quasi per caso e e Squarepusher. prezzemolo glitch nelle più svaria- interessato al free jazz degli anni All’improvviso, quindi, si suona. te ricette culinarie ma praticamente Settanta, ma anche del dub-jazz di Mettendo tra parentesi (se non nel nessuno riesce a valicare i confini di marca Tortoise (Dialogue, Output, cassetto) il laptop. E pure la cosid- genere, o meglio inizialmente nes- 1999). In lui c’è una ricerca più li- detta pop-tronica non è immune: il suno è disposto minare la mentalità bera e democratica nei mezzi. che Casiotone For The Painfully Alone elettronica acquisita dalle fonda- diventerà standard negli anni a ve- di Etiquette (Tomlab / Wide, 6mar- menta. Sia che si tratti del percorso nire. Comunque, il 2002 è lo starter zo 2006) non è più soltanto sino- di ricerca più battuto, ovvero quel- per il successivo quadriennio dove nimo delle omonime tastierine ma lo di contaminazione jazz, con Jan le cose in un gioco d’opposti si ca- autorialità Cohen e arrangiamenti Jelinek (poi con i Triosk) indaffa- povolgeranno. Quegli stessi musi- da (home) chamber music. Sch- rato a mandare in loop vecchi vinili cisti che partivano dall’elettronica neider Tm canta in chiaro quan- (Loop-Finding-Jazz-Records, Sca- per approdare al suonato, arrivano do prima usava il vocoder (Škoda pe 2001), Vert a declinare l’idioma a considerare quest’ultimo il vero Mluvit, City Slang / Wide, 2006). E aggiungendo minimalismo e classi- protagonista della (propria) musi- pure Niobe, castigata l’elettronica, ca (The Köln Concert, Sonig, 2000) ca. Frank Schültge Blumm, prima ha esaltato l’importanza del proprio e Ekkehard Ehlers a spingersi ver- votato all’electro-ethnic con Sack, vocalizzo (White Hats, Tomlab / so le avanguardie storiche (Politik nel 2006 è un live musician auto- Wide, 26 giugno 2006). Braucht Keinen Feind, Staubgold, re di un impeccabile disco di cool 2000-2002), oppure quello di un jazz intriso di Tortoise e Kings Of Insomma le evidenze sono anche

2 6 s e n t i r e a s c o l t a r e TRNN troppe. Abbiamo parlato di ritorni, Tutto questa meditazione sull’es- ma tutto questo ribollire di note e senza del fare musica non può pre- flussi porta a un’altra riflessione: scindere dunque dal contesto ge- non è proprio un ritorno al suonato nerale. La tecnologia interviene ad il cuore di questa transizione, per- ogni livello dell’esistenza come ha ché è il Novecento tutto a essere sempre fatto, dalla ruota al vomere continuamente tirato in ballo, ri- alle onde radio alla fusione nuclea- cordato dagli inizi alla fine. Essere re al microchip. Il presente è sem- liberi di suonare un computer quan- pre un impasto di passato strizzato to un antico liuto è segno di una dalle dita del futuribile. Nel nostro nuova consapevolezza, un passo caso, la novità più eclatante è la in là rispetto alle antiche ideologie compresenza di un repertorio ster- dicotomie rock/anti-rock, tradizio- minato accessibile in ogni momento ne/avanguardia, jazz/fusion. e - a breve - da ogni luogo. Sarà D’altro canto, in un rimbalzo di sempre e sempre più un mp3 o una corollari che può portare lontano, storiografia senza indice cronologi- potremmo cambiare angolazione e co quella che stiamo/staremo ascol- prendere atto che dopo anni di si- tando. Il futuro rischia di schiac- mulazione digitale sempre più defi- ciarsi in una perenne riscoperta. E nita, sempre più aderente al “vero” questa sì, somiglia alla fine di un al punto da ipotizzarne nuove ca- certo progressismo. tegorie, il suono suonato non può che suonare come – appunto – una Un ringraziamento a Stefano simulazione. Il canale fiduciario tra Solventi ascoltatore e strumentista si è dis- solto, polverizzato e sparso chissà quando e dove. Il vaticinio di De- bord si è così iper-realizzato: ogni momento del vero è – non può es- sere che - un momento del falso. Il “vero”, l’analogico, il suonato, è un modulo tra gli altri, funzionale ed accessorio alla struttura. Può sembrare poco, invece ci passa un’epoca, tutto un organigramma del sentire. Uno stare tra le cose.

s e n t i r e a s c o l t a r e 2 7 The Shins chutes to pop di Edoardo Bridda Sensibilità meticce tra albione e california che all’inizio signifi- cano hardcore suonato con il cuore e poi surf pop Sessanta tra vivace psichedelia e una nostalgia tutta interiore. Un ritratto degli Shins in attesa di .

Jangling New Messico quelle di Bologna ma con un clima ne è il leader. Quel gruppo dura il Come la Tucson di Howe Gelb in secco e soleggiato che in Europa tempo che dura, perché non è altro Arizona (ma più piccola), Albuquer- non s’è visto mai. Com’è capitato che il necessario step per dire la que è un sogno di cui gli america- all’Arizona, anche il New Messico è propria subito dopo. ni vanno fieri. Uno dei prediletti a meta del Nord Americano che conta Incontrati il batterista Jasse San- dirla tutta, di quelli che gli europei e così Albuquerque avvia il motore, doval, il bassista/tastierista Marty preferiscono osservare angolando brulica di gente spinta da emozioni Crandall e il chitarrista Neal Lan- un misto di apparenza e bad moon pioniere simili a quelle che anima- gford, il cantante chitarrista dà vita (rising). Una città del Sud, seppure vano la California degli anni d’oro. a un nuovo progetto nel 1992, un Sud degli States, cresciuta molto L’hi-tech impazza e un passato di anno peraltro importantissimo dal- in poco tempo. Immortalata da un foschi esperimenti nucleari e cacce le uscite capitali quali Nevermind folkster prima che tutto ciò acca- grosse all’indiano sono un lontano e Sabadoh III (quando pochi mesi desse, e anche il luogo di partenza ricordo. As always, tutto ok. Perfet- prima era uscito Slanted and En- dalla famiglia Morrison verso San- to per la noia e quel feeling da com- chanted dei Pavement). I quattro ta Fè, quel giorno in cui il piccolo plete control che è da trent’anni a scelgono di chiamarsi Flake (poi Jim fu posseduto dall’anima dello questa parte l’humus del punk e del Flake Music) e sono una versione sciamano. L’antefatto di ogni psi- do it yourself. Albuquerque è come meno prodotta e tecnica di Mascis chedelia possibile, magia che Mr la criptonite per i ragazzi del nei- e co. Soprattutto, ne costituisco- Young omaggia attraverso un placi- ghborhood convinti che sotto quel no una versione essenziale, sen- do dei suoi, sorvolan- sole cocente si stanno perdendo za hard rock, grunge e svirgolate do le case basse distese ai lati del tutto ciò che d’imprevedibile il mon- acustiche, un motore d’hardocre sontuoso Rio Grande (il fiume di do ha da svelare. Incalzano il mito melodico con due pistoni a scoppio 3000 km che taglia il capoluogo da dei navajo hippy sapendo che per marca Pavement. Il loro è college parte a parte, da Nord a Sud) con lo far fronte ai cugini anglo, ispano e rock avvezzo al power pop, un po’ sguardo abbagliato da natura e cli- (persino) nativi alla ricorsa di una come i loro parenti di Boston, i Le- ma intinti delle aurore e dei tramon- carriera scientifica occorre ben al- monheads, ma con alcune cose in ti delle rocciose Sandia Mountains. tro. Se l’orizzonte è schiacciato sul comune con l’indie di Chicago e È una fotografa bagnata di folk del presente, quel qui e ora dev’essere il nascente indie-rock dei Built To 1975 e non più del 1949. Altri tem- per forza un misto di cose da dire al Spill. pi. Soltanto cinque anni più tardi, mondo a tutto volume, una mancia- la storia si ribalta di nuovo. I REM, ta di risposte racchiuse in un sound, F l a k e m u s i c via Route 66, fanno una capatina quello Dinosaur Jr. È la band del Mentre dall’altra parte dell’atlanti- da queste parti esibendosi in un lo- Massachusetts a riportare la chitar- co, i kid impazzano per gli Suede, cale di single al posto del consueto ra elettrica agli antichi fasti in quel il primo eppì Spork mette a punto spettacolo d’aste e piroette open cavallo Ottanta-Novanta, l’autenti- quelle coordinate, miscelando de- your heart. Suonano jingle jangle co mito generazionale in grado di flagranti distorsioni e melodia sia freschi e pungenti ma gli abitanti mietere emuli su vasta scala in ogni vocale che armonica. Pull Out Of del luogo, che non sono certo gli angolo degli States dopo la genera- Your Head Size e la Dinosaur Jr universitari di Athens, passano a zione Replacemente e Husker Du. (via Nirvana) Nuevo appartengono far cantare le mani. E non si tratta E così, anche il New Messico par- ancora alla fase punkeggiante, ep- di applausi. torisce il suo piccolo rettile, i Blue pure in Dying Lack Of Spit s’avver- Nei Novanta, altra diapositiva. La Roof Dinner, una band immediata, te già quello scazzo a volte dolce città è in fermento e con lei la po- bubblegum hardcore senza nitrogli- a volte fuoriso dei primi Pavement, polazione che cresce a quattrocen- cerina Pixies. James Russell Mer- come anche un lieve tocco pop-ca- tomila abitanti, le dimensioni sono cer, studente magro e belloccio, liforniano nei cori (Down Patron).

2 8 s e n t i r e a s c o l t a r e Un anno più tardi – nel 1996 - Sue tamento troviamo tre istantanee in- fanno capolino i Blur degli esordi, o Defender batte quella strada ar- timiste strumentali in odor del post- in Those Bold City Girls nella quale ricchendo il sound di una scrittura rock che verrà (Untitled #1 con la la particolare inclinazione vocale di fresca e un approccio maggiormen- tastiera a tenere il riff e Untitled #3 Mercer richiama esplicitamente Ro- te dissonante, quasi una versione tra dark-rock inglese anni ottanta bert Smith (“Già, me l’hanno detto (a)psicotica dei Jesus Lizard e Pol- e echi di senza detonazio- in molti… Che ci posso fare, è la vo. Così, mentre le trame chitarri- ne!), nonché quadretti infantili che mia voce che è fatta così”, dichiara stiche s’intensificano e Mercer dà i il gruppo coltiverà assieme a una il cantante nella nostra intervista). primi segni di incontinenza da stro- vena introspettiva (Untitled #2). fe, il long playing a lungo sperato è When You Land Here segna però il Nel 2000, dopo la pubblicazione pronto per essere scritto. compendio e l’inesorabilmente fine del singolo When I Goose-Step (un Datato 1997, When You Land Here, dei Flake. Passati cinque anni as- brano psych pop più addomestica- It’s Time To Return (OMB-Omnibus sieme, i ragazzi si sentono troppo to), la band s’imbarca in un tour Records, 1997) rappresenta un di- cresciuti per suonare le cose che di spalla ai (vecchi stillato dell’hardcore melodico ame- amavano da adolescenti e di fatti, estimatori e amici della band assie- ricano ’90, i Weezer di Pinkerton, già l’anno precedente, Mercer e la me ai Califone) e incontra Jonathan e naturalmente i Pavement. Siamo band s’erano concentrati su una Poneman, inviato della Sub Pop, a ancora nell’underground che guar- scrittura diversa con l’idea di un San Francisco. Il rappresentante da le produzioni maggiori con il bi- side project a prendere il nome da chiede alla band di partecipare a nocolo, eppure, lontana mille miglia una canzone dell’album dei Flake, una compilation di singoli, in vista dalle pose bowieane e dalla dance The Shins. di un contratto per la produzione di della britannia di allora, l’instabile un album. E così andrà: conclusa la miscela scoppia di freschezza e ge- Art Pop sixties pychedelia tournée accanto a Preston School nuinità grazie ai vocalizzi ben inse- Gli “stinchi” appunto diventano of Industry e Red House Painters, riti in un interplay chitarristico che main course, sempre su Omnibus, Oh Inverted The World, è il debut- ora vira verso garage, Sixties e un nel 1999 con l’eppì Nature Bears to degli Shins sulla lunga distanza, pizzico di Crazy Horse. a Vacuum. L’asse armonico è com- nonché l’ennesimo scarto di rotta. Non sorprende che gli indie kid pletamente rinnovato, protagoniste Messi da parte gli scatti acidi, quel americani considerino l’album im- chitarra e synth. Acerbo, acido e che si ascolta è un pop agrodolce portante quanto quelli successivi festante, l’ep è la collezione più raffinato garage psych accompa- targati Shins. Il platter sfodera una spensierata, chiassosa e prorom- gnato da testi sulle difficoltà e le bella Spanway Hits - tra stop-and- pente disegnata dal quartetto fino- costrizioni dell’amore. Tinte marit- go, intrecci Pavement e appeal Le- ra. Del resto, non è soltanto que- time, californiane, qualche punta monheads – che, melodicamente stione di volumi, la trasformazione acida e spunti desertici (Meat Pup- parlando, è già un ponte gettato mira un wave rock a rotta di col- pets) sono le coordinate di un sound verso il futuro, mentre non sono da lo con Mercer incontenibile, quasi che se da una parte è chiaro debi- meno gli episodi più garage come isterico e la sezione ritmica a base tore di Crosby- Byrds (The Celibate Blast Valve o le cavalcate chica- di tastiere acidissime e lame gara- Life) e Wilson-Beatles (Girl Inform goane di Structo. Piccoli gioielli ge. È tutto molto arty come i Flake Me), dall’altra è ancora più ficcante indie-pop s’avvistano poi in Ro- non erano stati mai, la rotta verso per merito di trovate wave eighties ziere (Sixties psichedelia) e Delu- un pop californiano carico di ri- quando non persino glam. Tutto il ca (basata su un giro Sonic Youth chiami anglosassoni come accade brit ascoltato dal cantante durante addomesticato), laddove a comple- in Eating Styes From Elephan dove l’adolescenza trova così un output

s e n t i r e a s c o l t a r e 2 9 3 0 s e n t i r e a s c o l t a r e privilegiato: Echo & The Bunnymen, Non c’è da stupirsi che le seguenti sto”. Eppure, nel 2004, le cose Cure, Smiths sono spezie sparpa- interviste saranno incentrate pro- sono oramai pronte. Golden State, gliate sulla tavolozza armonica, prio su questo tema. un film indipendente (la storia di un eppure è la sola Girl On A Swing “So che McDonald’s non è un’azien- neolaureato che torna nei luoghi a suonare apertamente dedicata da fantastica, tuttavia volevamo dove ha trascorso l’adolescenza), (a Morrisey). Altro elemento sono visibilità”, dichiarerà Mercer più diventa inaspettatamente culto e le i fifties delle sale da ballo (r’n’b avanti. L’operazione tuttavia non canzoni dei ragazzi del New Messi- soprattutto) evidenti negli arrangia- frutterà granché, se non l’ira di co, presenti nei momenti caldi del- menti di Weird Divide e ancora Girl molti fan. Querelle e scelte artisti- la trama, fanno breccia presso mi- Inform Me. In una tracklist tanto va- che a parte, sono le soluzioni armo- gliaia di ragazzi. Ironia della sorte, riegata e non mancano nemmeno i niche a segnare la vera evoluzione , la pop song delle pata- manifesti: Know Your Onion! e Ca- di Chutes, un album riuscito e per te fritte più malinconica della sto- ring is Creepy saranno veri format nulla ruffiano, dove ogni brano è il ria, è il brano che tutti ricordano del per gli Shins, miscele instabili di contenitore di più sipari e situazioni film, un episodio che sa di riscat- guizzi wave e mestizia acida, quan- melodiche senza che questo puzzi to e di riappacificazione con i fan. do non ballate lo-fi per cuori tristi di retroguardie prog-pop (Saint Si- Nei mesi seguenti Inverted World come New Slang (con spezie folk à mon in particolare, piccolo capola- e Chutes vendono un totale di un la Donovan). voro). Inoltre, dove Inverted The milione di copie in tutto il mondo. Oh Inverted The World è il primo World era un pacato compendio del Alla faccia delle patatine. esperimento di un po’ Sessanta Mercer pensiero (“per quell’album americano reinventato con sensi- avevo scritto non solo i testi, ma Major wince bilità anglofone. L’america indie lo anche gli spartiti per la gran parte Ma veniamo all’attualità: finita la eleva tra gli act migliori dei primi degli strumenti” ), il nuovo lavoro tournée della consacrazione del duemila ma non è tutto oro: episodi è un prodotto di una squadra su di 2004-2005, gli Shins ritornano in come le byrdisane One By One All giri: brani come Kissing The Lipless studio per il fatidico third. C’è da Day e The Celibate Life o la marcet- (ballata acida e wave verticale), stupirsi se sarà l’album più prodotto ta Pressed In A Book mostrano più , (cow e rotondo della loro carriera? Certo l’aspetto del modernariato di classe punk multiscenario) e Turn A Squa- che no. Wincing the Night Away che quello creativo. (7.0/10) re (Roy Orbison in salsa Blur) (in uscita il 23 gennaio), punta alto sono vicini alla veracità di Nature e nessuna meraviglia se il risul- French fries pop quest Bears a Vacuum, e tanta energia tato sono una manciata di canzo- Del resto sono aspetti che Mer- non può che giovare al mood com- ni confezionate per il mainstream, cer conosce bene. La tracklist del plessivo. Come benvenuta è pure maggiormente lineari rispetto allo successivo è la scrittura maturata in ballate del sforzo precedente e meno legate ai infatti tutto uno scavalcare quel- calibro di Young Pilgrams (con echi sixties. l’ostacolo. Ritornato Dave Hernan- di About A Girl dei Nirvana), la ma- Rimandando la lettura della recen- dez (leader dei Scared of Chaka) linconica Pink Bullets, oppure nella sione nella sezione Recensioni, di- al posto di Neal Langford, e con conclusiva Those To Come, degna ciamo già che il gioco è comunque la band al completo trasferitasi a di quel Sufjan Stevens che nello valso la candela. E se dobbiamo Portland (Oregon), l’album esce stesso periodo sta covando la pie- chiosare ci piace vedere la pecu- nel 2003 missato dallo spirito affi- na maturazione artistica. Altri epi- liarità dell’epopea Shins come la ne Phil Ek (produttore e dietro al sodi come Mine’s Not A High Horse capacità innata della Band di far mixer di molti album di Built To Spill marcano infine le conquiste rispet- applaudire i vecchi e i nuovi fan del e Modest Mouse). to al format byrdsiano, chiudendo pop. Di chi è cresciuto con i Beatles Eccezion fatta per le sezioni di il cerchio della ricerca degli amati e i Rolling Stones (ma è maturato batteria, registrate da un Mercer Cinquanta (rivisti da chi ama i Ses- con il prog e l’hard blues) e di chi, pentito (cfr. intervista per sentirea- santa). (7.1/10) più giovane, si è avvicinato al rock scoltare, novembre 2006), il sound grazie allo spirito scazzone di Beck acquista quella pienezza e rotondi- Di fatto Chutes segna l’approdo ad e Pavement. Il linguaggio musicale tà che mancavano. Forse a perdere una firma riconoscibile e generosa, maturato album dopo album è limpi- è il lato fascinoso dell’“indie”, ma la il frutto maturo di una pop Band an- do e vivace eppure in bilico, pronto band ha fame d’espandere la formu- cora poco nota, con tutto quel co- a mostrare il fianco dell’amarezza. la anche attraverso la produzione, rollario di timidezza, insicurezza e Il gusto delle citazioni, l’amore per appetito che, in questo stesso pe- voglia d’emergere che questo sta- il brit ‘80 infine sono caratteristiche riodo, si rivelerà un’arma a doppio to di cose comportano. La riprova di una firma originale. Rimangono taglio. Gli Shins infatti stringono un è nelle parole dello stesso Mercer: certi leziosismi melodico-arran- accordo per uno spot sulle french “È grazie a Phil se la mia voce è giativi, quel mancato acceleratore fries di McDonald’s lasciando che il così in primo piano, ero molto più nell’ultima prova che farebbe fatto brano New Slang (singolo del pre- timido tre anni fa e non mi faceva la gioia dei critici. Ma c’è tutta una cedente lavoro) faccia da sfondo. un bell’effetto scoprirmi così espo- carriera davanti. Da portare avanti.

s e n t i r e a s c o l t a r e   transizioni e dissoluzioni di fine anno a cura della redazione Quello che segue non è un elenco. Detta così, somiglia un po’ al Ceci n’est pas une pipe di René Magritte, didascalia posta in calce alla rappresentazione di una inequivocabile pipa. Infatti di nomi in questo resoconto ne leggerete molti, forse troppi. E poi sì, tirare le somme nel nostro caso è un’impresa da burocrati, kafkiani per giunta.

Da molti anni ci si lamenta della cezza, di eccitazione o malinconia. gliose e resistenti”. I trip esplora- troppa musica, ed è vero: il mercato Un processo molto più intenso di tivi. Le ricerche dei linguaggi nel ci assale timpani, cervello e cuore quanto non accadesse ai tempi del folto dei segni, quell’amalgamare senza posa. Piovono idee, nuvolet- 45 giri, e da lì raccolte sempre più passato e presente alla luce di una te di hype artificioso, riesumazioni, anarchiche e - soprattutto – autar- ricerca del “non si sa dove si andrà rimodulazioni, remix, emerite caga- chiche; insiemi e sottoinsiemi obli- a finire con la sensazione di saper- te e bellissime canzoni. qui, trasversali, scriteriati o dai cri- lo”. Abbiamo le spalle larghe e calli al teri massimamente disparati. Parliamo di un tracciato il più pos- dito. Play. Skip. Repeat. Ma c’è un Mentre la durata degli album scen- sibile peculiare e possibilmente ulteriore problema: sua argentezza de drasticamente a minutaggi vini- sincero. Sincerità e sensibilità che il cd è messo in discussione. Per lici (era ora!), ogni canzone è un non mancano né nel mainstream molti versi, il cd è già morto. L’iPod esserino famelico che pensa solo a alternativo né nel rock emergen- detta le regole. I designer si affret- farsi più forte ed evidente possibile, te dove, tra i tanti demo ascoltati, tano a mimetizzarlo nell’ambiente. imbastardendosi dei generi, modi, le proposte “particolari” superano L’accessoristica impazza, le case, stili che riterrà utili senza scrupoli quelle derivative. le auto, gli occhiali, le scarpe da né preclusioni. Del resto, non è una jogging si adeguano. Credete forse novità: l’artigiano-musicista non Un anno d’elettro rinnegati che la catena cuore-cervello-timpa- ha mai avuto tanti mezzi a dispo- ( o q u a s i ) no ne sia esclusa? Certo che no. sizione. Possedere l’intera storia Parole chiave come electroshifting, L’agile (e opportunista) Luca Sofri del rock è una questione di velocità horror ambient, nonché l’affermarsi lo mette nero su bianco in Playlist di connessione, i blog sono le mi- dell’etichetta italiana Small Voices - La musica è cambiata - 2556 gliori agenzie marketing del pianeta e di una scena avantgarde nostrana canzoni di cui non potete fare (The Pipettes, I’m From Barcelona) di ampio respiro e ambizione sono a meno (Rizzoli) e tutto riporta e sono a portata di click. L’unica senz’altro le novità più importanti massicciamente alla centralità del- pena in ballo è un’incommensurabi- del panorama. Un settore sempre le canzoni. Canzoni come tentativi le solitudine. La libertà di non saper più contaminato, soltanto forzata- sempre più spasmodici di farsi luce cosa dire. Di non poter abbracciare mente catalogabile con la generi- nel plasma grigiastro della rete che ologrammi. ca etichetta elettronica. Matmos è (prima) e tra i gygabytes dell’iPod Le proposte significative beninteso secondo SA il miglior disco del duo (poi), concentrando nei tre-quattro ci sono. A noi, per esempio, piac- californiano, il più compiuto acco- minuti il massimo di tumulto o dol- ciono le “solitudini un po’ più orgo- stamento tra la musica concreta e

3 2 s e n t i r e a s c o l t a r e un suo sviluppo a tema a tirare in ambito Type Records, che tra pop, se con l’animal watch e i sogni per ballo mezza tradizione americana, ambient e folk chiude l’anno av- chitarra di Aidan Baker. dal folk alla garage house. Eppure viando un filone destinato a espan- The Rose Has Teeth In The Mouth dersi: l’horror ambient iniziato con H a r d t r o n i c a Of A Beast (Matador / Self, 9 mag- Xela e continuato con Svarte Grei- Su un simile versante si fa notare gio 2006) è così elettro? Non pro- ner. Sul pop fondato sui chip an- anche l’operato della benemerita priamente, sarebbe la risposta più che qui si è verificato uno shifting: Die Schachtel, etichetta nostra- politically correct. E difatti parlere- Casiotone For The Painfully Alo- na che da un lato prosegue con mo di elettronica in senso lato, di ne non è più soltanto tastierine e le riscoperte e le ristampe (vedi elettronica come approccio di base. Schneider Tm non è mai stato così Azioni, ricco cofanetto che testi- E poi ci contraddiremo pure. Perché cantautore. monia la seconda formazione - gli stessi elettro-operatori hanno Sul versante delle nuove etichet- 1967/1969- del Gruppo di Improv- deciso per primi di smettere il lap- te, c’è da segnalare il fenomeno visazione Nuova Consonanza), top, di metterlo nel cassetto. Ne è dubstep, filone underground nato dall’altro su nuovi act interessanti un esempio Frank Schültge Blumm nelle fucine londinesi che unisce come gli esordienti Å, autori di un che confeziona un album jazz (an- dub e 2step, creando un ibrido già ottimo debutto omonimo. A parte i cora tedeschi e jazz…) per la Morr nella parola stessa. Burial in pri- fatti di casa nostra, sul versante intitolato Summer Kling, ma sono mis, Boxcutter, Skream, Milanese della musica improvvisata e spe- soprattutto Vert e Ekkehard Ehlers suonano crudi e cavernosi come rimentale in campo internazionale gli autori delle parabole più incredi- dei Massive Attack in acido, e se il non si possono non citare i Wolf bili. Prima autori di sperimentazioni primo ha entusiasmato è probabile Eyes, eroi (quasi) indiscussi della anche ostiche, ora il primo è una che gli altri finiscano nelle classi- scena noise attuale. Per il resto, sorta di Beck alle prese con il ra- che derive da club d’oltremanica. Diskaholic Anonymous Trio, Vol- gtime, gli anni 40 amati da Waits Dalle nostre parti, invece, quello cano! e Growing hanno fatto otti- (in Some Beans And An Octopus che è emerso in modo abbastan- mi dischi. per la Sonig), il secondo è calatis- za netto è una vera e propria new Passando alle cosiddette hard simo in un progetto blues ubriaco wave dell’avanguardia italiana. Ed electronics: buona tenuta dei Mae- e visionario (A Life Without Fear, è A gift for… (°!°) la compila di stri seppur nel revival feeling. Fa Staubgold, 2006). riferimento. Liberamente scarica- piacere ascoltare i Mouse On Mars Più che mai, la parola d’ordine bile in formato mp3 da una decina (e di cordata il progetto collatera- sembra “suonato”, e non più pro- di net labels e etichette italiane di le di St.Werner Lithops) di nuovo cessato. Sono rimasti in pochi a settore, è la fotografia di una sce- cattivi e agguerriti nel manipolare mantenersi fedeli al solo laptop, na in fermento. Il tappeto su cui la polpa electro. Eppure, una sen- di conseguenza l’espediente glitch nel corso dell’anno si sono instal- sazione di papabile senescenza è finito per diventare sinonimo di late altre uscite italiane degne di c’è, poco da fare. Suona molto più antiquariato. Non sono mancate nota: (etre), Sparkle In Grey, Hue, attuale - shiftando sull’house - la contaminazioni jazz-laptop iniziate Punck, ¾ Had Been Eliminated, ristampa di 100 lbs di Herbert, che a suo tempo da Jelinek e poi da Maurizio Bianchi, Giuseppe Ielasi, nel 1996 risintonizzava la dance lui + i Triosk e The Headlight Se- Gianluca Becuzzi [Kinetix] e poi i secondo parametri estetici, come renade di quest’ultimi è senz’al- due casi dell’anno, Echran e Fabio del resto è curioso notare come tro il loro miglior lavoro. In ambito Orsi. Eppoi il sempiterno ambient dare in pasto alle nuove genera- folktronico, buoni Orla Wren per la dove troneggiano tra gli altri Kei- zioni quel che ascoltavano i cugini Expanding e Leafcutter John per th Fullerton Whitman assieme al oramai trentenni non porti molto la Staubgold, segnalando la rapida pluridecorato Basinski. Più sotto lontano (Luomo, Paper Tigers). ascesa di Machinefabriek e He- vecchie glorie come , quella Il motivo è sempre lo stesso: nel- lios. Con quest’ultimo si entra in vecchia volpe di Jelinek alle pre- l’house ci vuole solo una cosa, il

s e n t i r e a s c o l t a r e   cuore. E in pochi sanno quanto Seht, Chihei Hatakeyama, alcuni più o meno come i Bloc Party… re- caro sia il prezzo per produrne di abili manipolatori, mentre le pic- stano ben pochi dubbi. Il copione è valida. cole etichette come Last Visibile quello e bravi ragazzi (e ragazze) Dog, Digitalis, Pseudoarcana, Ce- come i Long Blondes o il piccolo Kill The Idols lebrate Psi Phenomenon, Jirk, Root culto The Organ non possono che Per quanto riguarda l’hip hop e in Strata, Yarnlazer e tante altre, han- confermarlo. Nel bene e nel male. particolar modo la sperimentazio- no alimentato il mercato in modo Sul lato major, non mancano le so- ne, appare come dato di fatto che continuo e disordinato, diventando lite lacche radiofoniche (i Razorli- il 2006 sia stato l’anno peggio- sempre più scena a se stante. ght 2006 in una versione AOR dei re per la Anticon, protagonista di Libertines), ma anche novità più una pericolosa virata verso territori They ripped it up, we’ll do interessanti come i giovanissimi decisamente ambient o pop-orien- all again and again Kooks, pop rock romantico e su- ted (Why?, Dosh, ). Fortuna ci Sarà l’effetto Ipod, il formato can- burbano venato di wave e spleen à sono i Kill The Vultures, che con zone imperante più che mai, ma ab- la Buckley figlio. Discorso a sé il l’avant-hip hop di The Careless biamo appena assistito a un’annata botto degli Scissor Sisters, traina- Flame sono senz’altro tra le miglio- quanto mai generosa in quanto a to da un singolo come I Don’t Feel ri realtà di settore assieme al duo pop-rock sia da parte indie che in Like Dancing, come dire l’omo-pop californiano Coaxial dall’approccio major league. uguale appeal irresistibile e sa- più dark wave. Siamo pur sempre nel teletraspor- pienza pop. to tra l’oggi e quel cavallo ’78-’84, L’altro lato della medaglia è rappre- Una droga chiamata drone un periodo guarda caso consacrato sentato dai consensi raccolti da chi, Se l’hype per il cosiddetto wyrd folk da Simon Reynolds nel libro-ma- muovendosi in campo para-main- si è leggermente affievolito, ma stodonte Post-Punk (ISBN, 2006) stream, ha saputo confezionare tiene comunque banco; se il noise dove a essere trattato è il mede- una electro-disco-wave danzerec- continua ad essere praticato tra gli simo lasso temporale. Non stupi- cia, cool, giocosa e talvolta ironi- adepti del rumore bianco; se la dro- scono peraltro le ristampe della ca: Ok Go!, Hot Chip e soprattutto ne music rimane, come il blues, un Domino di alcuni illustri periferici Gnarls Barkley sembrano proprio buon appiglio cui aggrapparsi sem- del movimento amati dal famoso aver trovato l’ennesima chiave di pre; se tutte queste cose sono vere critico come Orange Juice e Josef volta per la wave. il 2006 è stato un anno decisamen- K, formazioni a cui parecchie real- te buono. Di sicuro i giovani leoni tà attuali devono moltissimo. E c’è The canadian connection del 2006 per non andare alla deriva ancora molto e di fresco da attin- holds up, and more… si sono aggrappati alle salde legna gere da quel periodo come inevita- Parlando invece di fenomeni de- della tradizione. Wooden Wand, bili sono le speculazioni e i sensi cisamente più indie, quegli stessi gli Espers, Matt Valentine & Erika unici. Gli Arctic Monkeys bagnati Fiery Furnaces che acclamammo Elder, i Charalambides, Skygreen da un trionfo quanto mai scontato, l’anno scorso riescono a strapparci Leopards, e ancora Steffen Basho- rientrano in quest’ultima categoria, ancora una volta meritati consensi Junghans, i Black Ox Orkestar, come non vanno molto più lontano con il loro Bitter Tea, più popade- Juana Molina, Bonnie ‘Prince’ gli ineffabili The Fratellis, o il (pre- lico e strabordante che mai. Ma chi Billy e il caso dell’anno: il ritorno vedibilissimo) ritorno di Carl Barat reclama applausi è ancora il teatro di David Tibet e dei suoi Current con la sigla Dirty Pretty Things canadese solida fucina di un pop 93 con Black Ships Ate The Sky. o il rientro un po’ stanco dei Fu- d’autore corale, ludico e innocen- Il drone, quello classico e moderno, tureheads, nonché l’esordio fuori te. Parliamo di My Latest Novel e che sempre più sostituisce il termi- tempo massimo dei Young Kni- ancor più Destroyer tra un folk or- ne strofa, ha trovato nelle mani di ves. Se perfino un veterano come chestrale che guarda verso Dover e Peter Wright, Gregg Kowalsky, Graham Coxon finisce per suonare un beffardo cantautorato glam-pop

3 4 s e n t i r e a s c o l t a r e che non teme confronti; e parliamo degli Oneida e la mancata confer- percezione del “suonato” da parte di una sua deriva avant-freak con ma degli Xiu Xiu. dell’ascoltatore e non ci possono il supergruppo Swan Lake, recente essere risposte migliori che nel novelty targata Jagjaguwar. Cartine di tornasole folk disco di M Ward. Il suo approccio Chi però si aggiudica l’inequivoca- Il folk continua imperterrito a ma- enfatizza quella tipica atmosfera bile trionfo è il folk pop ironico e cinare marciapiedi e torte di mela, di retroguardia, simulando una di- rétro degli Hidden Cameras che tradizione e freakerie. Ben sapen- slocazione spazio-temporale in cui con Awoo hanno regalato alcune do che la modernità non lo frega, antichi folk-blues aleggiano come tra le canzoni più catchy dell’anno. perché più ci si spinge in avanti più fantasmi, accendendosi d’euforia Dal Canada al Regno Unito - che s’avverte la vertigine del cambia- e angoscia, di speranza e rovina. non vive solo di hype - abbiamo Se- mento, e quindi il bisogno di saldi Suonando come una messinscena. mifinalists e De Rosa, ovvero la appigli. Per questo anche l’album Come dire: tutto questo falsificare via alternativa all’indie rock. Mentre folk meno innovativo è capace di rivela di essere per il folk un’in- per gli USA ammiriamo il garage- suonare come una specie di avver- sperata occasione di ripartenza. La punk melodico dei The Thermals, lo timento, o - nei casi più tosti - come post-modernità è ormai l’intercala- shoegaze dei Beach House, il pop una sentenza. Tipo quella che lo re consueto - e perciò invisibile - di west-coastiano e baroccheggian- spirito di Johnny Cash dedica a ogni modalità espressiva. Il folk ne te dei Midlake e quello più wave tutti noi col capitolo cinque delle è, suo malgrado, l’ideale cartina di di Headlights e Peter, Bjorn And American Recordings. tornasole. John, l’avant-gay-pop dei sublimi Con l’ennesima fase electro-ludica Parenthetical Girls, il songwriting in via di esaurimento. In altre pa- Feminine expressions obliquo degli Young People, fino al role, la folktronica torna ad essere Tante le donne che in questo 2006 chamber folk dei Sodastream, or- più folk che -tronica. Ed il folk può hanno lasciato una traccia, il loro mai veterani acclamati del genere. permettersi di ospitare in grembo credo segue perlopiù il trend folk elementi digitali, d’arredo o di di- del momento ma non mancano …just gimme indie rock! sturbo che siano nuovi punti d’equi- nemmeno le outsider. Iniziamo dal- Il grido di battaglia di Lou Barlow librio avant (Akron/Family) o scon- le dive indie, Cat Power, la regina, che dà il titolo all’omonima canzo- certanti tuffi all’indietro (il citato tanto incantevole quanto distruttiva ne riecheggia ancora nel 2006, non Bonnie ‘Prince’ Billy). e snervante, che con The Greatest solo per la recente ristampa di Se- Il moderno hipster sembra il prota- si è costruita il suo personale pie- badoh III che la contiene, ma an- gonista di una contro-rivoluzione distallo di classicità. La sua degna che perché l’indie rock dei Novan- che vuole reinventarsi uno sguardo rivale è Joanna Newsom, sguardo ta sopravvive a se stesso e bene. autorevole e accorato. Che appro- di fata bambina con l’arpa magica. Bastano gli ultimi lavori di Built To fitta della distrazione indotta dai Ys è l’acclamato capolavoro per- Spill e per rendersi cambiamenti tecnologico/mediatici sonale dalla produzione a cinque conto che i protagonisti non ne vo- per tornare ad esprimere con or- stelle. Astro minuto ma ugualmen- gliono sapere d’invecchiare; anche goglio le proprie meditazioni indo- te splendente, Josephine Foster a costo di una sana maniera e ruf- lenzite (Josh Ritter), a masticare con l’apoteosi rétro di A Wolf in fianeria “pop”, come insegnano gli lividi solipsismi (Simon Joyner), a Sheep’s Clothing che rilegge lie- ennesimi Sonic Youth. dipingere trepidi paesaggi (Piers der tedeschi. E validi pure gli in- Per quanto riguarda invece gli ar- Faccini) senza temere - quando cantesimi di Mira Billotte (White tisti targati Duemila troviamo quasi occorre - di sciorinare il più disar- Magic) con Dat Rosa Mel Apibus. tutti ottimi ritorni: Tv On The Ra- mante candore (vedi Tara Jane Dal brasile, Cibelle, il suo The dio, Liars e The Drones in testa, O’Neil, Jolie Holland, Faris Nou- Shine Of Dried Electric Leaves, è Comets On Fire e Erase Errata a rallah). Il rovescio della medaglia visionario e elettronico. Bossa jaz- seguire. Peccato per l’involuzione si rileva necessariamente nella zata e sensuale saudade, mentre

s e n t i r e a s c o l t a r e   tra le outsider, spicca dalla Svezia, jazzy), Robyn Hitchcock (tornato questo il massimo che le si possa il vintage fresco e mutevole di Fri- elettrico come ai tempi degli Egyp- chiedere, al momento. In rassegna: da Hyvönen, una manciata d’acco- tIans), Stranglers, Tom Verlaine l’alt-country onirico dei Blessed rate ballad al piano che farebbero (con due album dopo un silenzio di Child Opera, il blues allucinato dei l’invida delle star newyorchesi del quattordici anni), Television Per- Reflue, l’Americana selvatica dei genere. Casi eclatanti e convincen- sonalities, Residents, Franklin Delano, il folk teatral-wor- ti si segnalano anche sui fronti più e Pere Ubu hanno ripopolato con ld dei Luxluna, l’indie smerigliato sperimentali: Christina Carter tra nuove uscite gli scaffali dei negozi dei Morose e l’indie psych degli tutte, autrice di due bellissimi lavo- dischi e, nel caso degli ultimi, an- Hogwash, l’electro-avant di Mauri- ri solisti partoriti lontano dai Cha- che le playlist di fine anno. zio Bianchi e l’avant tout-court di ralambides (Lace Heart in cdr e Tra gli indomiti troviamo un Neil Giuseppe Ielasi... Electrice su Kranky). Ma c’è posto Young acceso come non mai e un L’Italia dei garage e delle came- pure per gli urli demoniaci di Carla imperturbabile, seguiti rette preme il guscio dall’interno Bozulich, esordiente su Constella- da un grande Bruce Springsteen con un coraggio e una consapevo- tion con Evangelista e l’inaspetta- rigeneratosi nella tradizione di lezza stupefacenti, stupore che le to ritorno di Lisa Germano con In Pete Seeger, e un eclettico Elvis cosiddette “realtà consolidate” non The Maybe World. Costello. Neanche il folk inglese riescono a procurarci, tranne i so- A convincere meno è una Isobel dei bei tempi se ne sta lontano dal- liti noti (gli ormai senatori Marlene Campbell, in coppia con Mark La- l’obiettivo contemporaneo, con un Kuntz, il Bugo in souplesse, Cesa- negan in Ballad Of Broken Seas: Bert Jansch venerato e riportato re Basile dalle parti del capolavo- dodici ballate centrate sull’intri- a nuovo dall’intellighenzia nu-folk ro personale, Vinicio Capossela gante contrasto flebile/cavernoso. di oggi (Devendra in testa); meglio più sciroccato e intenso che mai, il Mentre migliore risulta la recente invece sorvolare sul Cat Stevens buon ritorno di Claudio Lolli). prova solista Milkwhite Sheets. risorto come Yusuf, mentre appena Con tutto ciò, continuare a sperare sufficiente appare il di che il rock italiano possa compete- Springwaits mountains Surprise. re USA e UK, ma anche Francia e Come da copione il 2006 è stato un Sul podio e non solo nella sezio- nord-Europa, risulta piuttosto inge- altro anno di comeback più o meno ne oldie, American V di Johnny nuo. Certo, i debuttanti Grimoon illustri. Sia Flaming Lips, Spark- Cash, Orphans dell’inarrestabile e col loro folk cinematico e gli imolesi lehorse (entrambi in un lieve ada- sorprendente Tom Waits (un com- Transgender, con l’impressionan- giarsi, ma sempre di sicuro effetto), pendio elefantiaco delle sue mille te intensità della seconda prova, Daniel Johnston (protagonista di musiche, imperdibile e ispiratissi- fanno di tutto per convincerci del ben sei uscite tra disco nuovo, due mo), il recentissimo Cake Or Death contrario, ma sono guizzi sporadi- side project, un best of, un tributo del maestro Lee Hazlewood e, su ci. Più interessante evidenziare i e un DVD…) Grandaddy e Beck, tutti, il grande ritorno del mesmeri- nomi di Riccardo Sinigallia e del sia Divine Comedy, Thom Yorke co Scott Walker con The Drift. sorprendente Rodolfo Montuoro: (inaspettatamente in libera usci- Ma il 2006 è stato anche l’anno di due modi diversissimi d’affrontare ta), e un redivivo Jarvis Beatles, Who, New York Dolls e la sintesi tra tradizione melodica Cocker sono riusciti a veleggiare Jerry Lee Lewis. Tutto è possibile italiana e forme e modi pop-rock sicuri nell’oceano della contempo- dunque. “evoluti”. raneità, grazie a buone dosi di me- stiere e classe. Auspicabili sintesi per Stesso discorso vale per la genera- un’Italiana che verrà zione antecedente di new wavers: L’Italia del rock sta alla finestra. gente come Tuxedomoon (rivita- Continua a covare. Ogni tanto man- lizzatisi eccellentemente in chiave da segnali interessantissimi, ed è

  s e n t i r e a s c o l t a r e Previsioni di un futuro annunciato. Il 2007 di sentireascoltare

A prendere il testimone del 2006, sono mancati – lo abbiamo detto crogiolo x-y-z-wave dai bassifondi ecco un tentativo di introduzione al anche nell’articolone fine-2006 – e (o dall’olimpo) delle indie-labels? 2007, tra attese attendibili, qualche non mancheranno. Il bacino di uten- La domanda è mal posta: è inutile notizia già nota, e l’attenzione volta, za delle anteprime si allarga sem- la ricerca del colonialismo. Semmai più che sui soggetti da riprendere, pre più oltre la soglia degli addetti vale la pena di osservare, anco- sui movimenti di macchina che li in- ai lavori – se li consideriamo in sen- ra una volta, la cospicua presenza quadreranno. so stretto. I ricchi di spirito diranno danzereccia in programma – e ri- che non è altro che la solita strate- cordare che ci aspettano, oltre ai A noi di SentireAscoltare, oltre che gia per creare hype sui nuovi dischi, già menzionati, Bloc Party, Arcade stilare bilanci, aggrada squadernare messa in corso dalle distributrici per Fire, Air. Si può dare un’occhiata l’universo prossimo venturo. Niente lanciare i propri prodotti. Può esse- alle prossime uscite – di cui avete di meglio di un bell’articolo di inizio re che vada così, ma va di certo che già tutto l’assaggio di gennaio, nel anno, con l’anticipazione di alcune la distribuzione indipendente rivela primo numero di SentireAscoltare prossime uscite e la dichiarazione dei problemi, è costretta ad agire del 2007 – per giudicare se la re- pregiudiziale di alcune speranze e in costante ritardo e, soprattutto, si staurazione wave sarà il viatico del alcuni sospetti. Noi che crediamo trova spesso a fare i conti con gli passaggio alla grande distribuzione. che chi lo fa a inizio anno lo fa tut- eventi già in corso. Cosa fatta capo Tanto questa incognita è destinata, to l’anno, recensiamo anche ciò che ha. già da qualche anno a dire il vero, a non potremmo, ovvero ciò che non Ceci n’est pas un j’accuse, ci man- diventare sterile. (Chi si lamenterà è ancora uscito. Forse siamo ancora cherebbe. Semmai quanto detto ci mai degli Interpol?). ubriachi dalla scorpacciata del 2006. conduce a qualche interrogativo Non è forse possibile, invece, sta- Ma le circostanze vogliono che que- circa il mondo musicale che abi- bilire una bilancia tra rumore e me- sto esperimento sia possibile, come tiamo. Spieghiamoci meglio prima lodia (Clientele e Bright Eyes al vedremo. Dopo l’articolo di fine anno, che quello che leggete si trasformi trotto), folk e –tronica (intorno alla cerchiamo allora di accordare alcune in un polpettone. Sono mesi ormai famiglia di Akron e agli Angels Of veloci riflessioni per il 2007. che possiamo ascoltare le uscite Light del papà depresso, Michael La ricerca dell’anima 2007 di The Shins, Lcd Soundsy- Gira), avanguardia e semplicità; Il primo tassello che ci viene da sot- stem, !!! e chissà quanti altri. Non a saremmo smentiti dal corso degli tolineare è la pietra angolare su cui caso possono (quasi) tutti diventa- eventi che ancora ci sono oscuri basare ogni previsione. Il punto è re eventi di risonanza. Ricordate il –come sempre accade. Ci scappa- che c’è una quasi-novità (in realtà caso di Hail To The Thief ? Là era no lo stesso alcuni nomi appetitosi una conoscenza vecchiotta) che, lecito il sospetto di una pre-uscita che hanno dettato il passo agli anni forse per la prima volta quest’anno, programmata (c’era pure il pretesto ’90 – a partire dagli Shellac (freschi si affaccia con la prepotenza di una politico), qua abbiamo “grande at- di tournée italiana, il che gli è fini- presenza istituzionale. C’è insomma tenzione pubblica” verso dei lavori to nel titolo dell’album) e passando che Internet è una spanna avanti alle che già sappiamo opulenti di pro- per i Low; notiamo i soliti epigoni uscite ufficiali (dove una spanna sta duzione e decisi nella conquista di del decennio del post-, da A Silver per tre mesi almeno), e al momen- una fetta di pubblico che va oltre la Mt. Zion a Explosion In The Sky; o to attuale c’è già chi ipotizza (non spocchia alternativa. l’esercito che ha segnato il passag- troppo) fantomatiche classifiche del Il mainstream indie va allora alla gio ai Duemila – tra cui Panda Bear, meglio del 2007, con l’agopuntura riscossa del colonialismo di soul- un altro che già si ascolta in giro da dell’ironia e il benestare della Gran- seek, si impossessa di logiche e lin- molte settimane. E potremmo conti- de Madre Rete. guaggi di distribuzione dell’estremo nuare per pagine e pagine. Ma non È allora di dominio comune che la ambiente alternativo (quello della lo faremo. Passiamo e chiudiamo. O distribuzione capillare delle nuove distribuzione free per farsi conosce- meglio, ci mettiamo al lavoro. Non uscite via e-torrent e peer-to-peer re) e va a gettare dubbi sul signi- prima di aver segnalato (dopo lo sia proiettata sempre all’ultimo gri- ficato di “indie” all’inizio del 2007. splendido disco d’esordio), la timida do del futuro. Ed è ormai d’uso che Ma è vero forse anche viceversa: la attesa di un’altra gemma da David i canali di gonfiaggio di un disco, presunta o tale operazione commer- Thomas Broughton, a febbraio in spesso prima della data in cui do- ciale (che spiazza e pubblicizza) si doppia uscita.E dulcis in fundo, ma vrebbe comparire tra gli scaffali, si trasferisce dal mainstream vero e di un finale grottesco, non vediamo siano distribuiti nelle reti di iniziati- proprio (e squalo) alla sua versio- l’ora di vedere la faccia di Tom Wai- ve personali, ovvero nelle comunità ne alternativa. Se le maglie a righe ts quando sentirà Scarlett Johans- dei blog, agenzie di talent-scout e spuntano come funghi su MTV, e son che canta le sue canzoni. Finirà fonti di sempiterno chiacchiericcio se lo fanno anche i quattro quarti in un film di Woody Allen? circa le ultime news. Gli esempi non da ballo, è l’ora di estromettere il Gaspare Caliri

s e n t i r e a s c o l t a r e   3 8 s e n t i r e a s c o l t a r e Recensioni turn it on

Arbouretum – Rites Of Uncovering (Thrill Jockey / Wide, 23 gennaio 2007) Maledetto blues, sublime torbido blues, calato in un bitume di lava. Sul dirupo a guardar la vita. Con le unghie ficcate nella corteccia di una quer- cia. Blues sapido, psichedelico. Blues elettrico, corroborante. Istantanee d’alberi scuri. Oldham e Lanegan, i profili scavati nel legno in crogiolante e scorticante abbandono. Accordi abbassati, plettrate brumose, basso av- volgente. E la superficie cede. I piedi affondano. Lo slow-rock va scosso dall’interno.

Prima che la terra se lo divorasse, Dave Heumann, c’ha messo tre anni ma l’ha scampata. Ha finito il suo arbouretum, e non certo per la gioia dei botanici. Bosco d’alberi neri dalle fronde intricate questo Rites of Unco- vering: un dedalo di sentieri bituminosi, catartico e assieme orgiastico. Eroinomane senza per questo negarsi a un focolare d’umano conforto. Un album fortemente ritualistico come recita il titolo, che nell’appalachiano isolamento di scoprirsi non ne vuol sapere. Difatti, è un continuo cosparger- si di cenere in una sorta di rito purificatorio al contrario. E quella cenere è in verità resina e fango, blues-rock di stomaco e non di fallo, intagliato di ralenti e nerboruti assoli ‘70 resi arcani e altamontiani da un’esecuzione da sangue alle dita. Pale Rider Blues è tutto questo e pare un song scritta dai Vaselines sotto eroina, un in- fuocato sabba roots nello stile di un Chris Brokaw ricurvo sulla sei corse dei Come, quanto a Mohammed’s Hex And Bounty quello strazio trova il santolo Molina a protegger la sorte. Le dolcezze, non mancano, si chiamano Ghosts Of Here And There, accorato omaggio a Will Oldham (con il quale Heumann ha collaborato e preso avi- damente appunti), e la sensuale Sleep Of Shiloam (anche se è una scusa per un assolo chilometrico, un Jerry Garcia innamorato). I sentieri s’incontrano, infine, nel crossroad di The Rise, è qui si l’eiaculazione non manca in un torrenziale blues-psych. E sia. Dai call’n’response propiziatori l’incendio divampa. Morrison e Hendrix approvano dall’alto e l’incubo laneganiano ha inizio. Comete in fiamme. Ritmica legnosa, contorsioni, whyskey e perdizione, da lì il commiato di Two Moons tra il tamburellare di una drum machine e Heumann in teletrasporto nell’Inghilterra di Donovan.

Parte delle registrazioni sono state fatte nei Soma studios di John McEntire, e l’accuratezza dei suoni (i rintoc- chi della cassa, il volume del basso, la corteccia della sei corde) s’apprezzano. Non manca nemmeno la qualità della scrittura di Heumann e in futuro chissà... Intanto gustiamoci Signposts And Instruments, il miglior artefatto della cassapanca, come dire Black Sabbath e Post Rock, tutto il dark più sublime nello strascico più desolato del dopo hardcore (degna di nota la scelta dell’electric piano in modalità mellotron). E questa volta sì, chiamateci passatisti. (7.1/10) Edoardo Bridda

s e n t i r e a s c o l t a r e 3 9 turn it on

Field Music - Tones Of Town (Memphis Industries / V2, 23 gennaio 2007) Tra l’esordio e il novello full-leight dei Field Music c’è una postilla, Write Your Own History, che raccoglie materiale inedito dei Nostri. Quindi il nuovo disco, Tones Of Town, potrebbe, se vogliamo, rappresentare il terzo Lp, quello famoso della maturità o meno. Ma ovviamente cosi non è. Però i tre lavori a confronto permettono un disegno preciso di dove voglio- no arrivare i FM. Certo è che tra il debutto e il recente parto d’acqua de- purata sotto i ponti ne passa, mentre un timido affluente elettronico sorse tra gli inediti, una digressione hi-tech che non stonava di certo, eppure un gustoso (o pericoloso) interrogativo al futuro lo poneva. Ma i fratelli Brewis, Peter e David, ed il collega Andrew Moore non cedono ad alcun sistema operativo e autoproducendosi filano dritti nell’innalzare mattoni (new wave) su mattoni (prog meets pop) per il solo gusto, poi, si radere al suolo e ricominciare; incastonando le diverse lune che li abitano nel medesimo orizzonte, quello por- tuale del Sunderland. Tones Of Town, ordunque, è il secondo lavoro degli albionici, inaugurato i primi di ottobre dal singolo In Context, goliardico saltellio tra primitivi Talking Heads ed edulcorato pop naif; ma il disco viene schiuso da Give It Lose It Take It, eccitante staffetta tra l’irriverente appeal di Todd Rundgren (che non a caso produsse proprio gli XTC) e la seriosità vittoriana dei Genesis (sentitene il tintinnio di synth nonché le puntate al pianoforte e pensate pure Tony Banks). Ma qualora si esiga una gerarchia, il podio delle delizie se lo conten- dono i centoventi secondi di Kingston, un amplesso di vocine, archi e pianoforte che si rincorrono e si eludono come novelli innamorati; il ritmo in levare di Sit Tight che conferma una delle influenze dei nostri, i Roxy Music, spogliando The Bogus Man dell’aura viziosa a favore di un vaudeville circense, e la perfezione di Place Yourself, tangibile dal fischiettio che ci solletica il labbro. C’è chi si è sbizzarrito nell’inquadrarli, da Uncut a – permetteteci – noi di Sentireascoltare, e accostarli a vari geni del ‘900, ma il pop del trio è, oggi, in tutto e per tutto spettanza XTC: i totali, compiuti dell’imperativo En- glish Settlement. E toh, guarda un po’ dopo quanti album la cricca di Partridge & Co spiccò il volo?

Attendiamo ansiosi, coprendoci di maniera giornalistica, il terzo, vero parto. Ma nell’attesa godetevi Tones Of Town, deciso step forward. (7.0/10) Gianni Avella

4 0 s e n t i r e a s c o l t a r e a New York Dorit Chrysler (già sul palco in compagnia di Dinosaur Jr, Rodelius e Mercury Rev) e le trame Bjork della spagnola Iris, ennesima vittima dell’inarrivabile fascino del folletto islandese. Tra alti e bassi, comprensibili in produzioni di que- sto tipo, 4 Women No Cry Vol.2 riesce comunque a strappare una sufficienza piena anche se il pri- mo volume, causa anche un mag- giore effetto sorpresa aveva deci- samente intrigato di più. Rimane comunque il pieno rispetto per una AA. VV. – 4 Women No Cry operazione degna e necessaria. e distorta, chitarra elettrica rinsec- (Monika Enteprise / Wide, (6.4/10) chita, andamento androgino), e poi d i c e m b r e 2 0 0 6 ) Stefano Renzi a seguire un Micah P. Hinson, che a Lode e gloria all’etichetta tedesca patos e cuore non è secondo a nes- suno, che si tuffa in una I’M Waiting Monika Enterprise da sempre in pri- AA. VV. - Do It Again: Tribute For The Day voce-chitarra acustica, ma linea nella diffusione di materia- To Pet Sounds (Houston o ancora gli Antenna Shoes della le musicale al femminile a dispetto Party Records, 2006) fanfara fiatistica Let’s Go Away For di un panorama internazionale oggi Le raccolte-tributo sono sempre un A While e per buoni ultimi, ma solo come ieri fortemente fallocentrico campo minato. E non tanto per gli in scaletta, Jody Wildgoose (una Uno dei fiori all’occhiello di questa artisti che vi partecipano, magari Here Today che è quanto di più cal- politica rosa è senza dubbio la com- ben contenti di concedere il loro ligrafico questa raccolta contenga), pilation 4 Women No Cry, eccentri- omaggio di 3 minuti 3 ad un eroe Daniel Johnston (God Only Knows ca raccolta all’interno della quale giovanile, oppure pronti ad assol- cantata da un bambino di sei anni fanno bella mostra di sé quattro vere il compitino svogliatamente/ un po’ spaurito) e Patrick Wolf (la esponenti musicali del gentil ses- diligentemente, quanto per l’ascol- chiesastica I Just Wasnt’t Made so perlopiù esordienti e di diversa tatore stesso. Potrebbe, infatti, For These Times). Eccentriche al- estrazione geografica, cui la Mo- imbattersi in un cd di sole canzoni l’intero l’album, tutto sommato, le nika offre la possibilità di dare vi- inutili e tediose, pedissequamen- due cover finali: Pet Sounds (Ar- sibilità al proprio lavoro. Nel primo te identiche agli originali tributati, chitecture In Helsinki) e Caroline volume della serie, i responsabili o chissà trovarsi fra capo e collo No (): l’una dell’operazione si erano concentra- pezzi senza verve né passione. Ma- dal sapore vagamente stereolabia- ti su zone, diciamo, di confine, spa- gari gettando così al vento i soldini no, l’altra resa dolentissima elegia ziando dall’Argentina alla Georgia faticosamente accantonati per l’ac- lisergica. (6.5/10) riuscendo nell’impresa di portare quisto del disco (per quei due o tre alla ribalta un personaggio decisa- che ancora comprano dischi). Nella Massimo Padalino mente sopra le righe come Tusia migliore delle ipotesi, comunque, Beridze meglio nota agli appassio- una raccolta-tributo deve essere, AA.VV. I Killed The Monster nati con lo pseudonimo di TBA. oltre che un doveroso riconosci- – 21 Artists Performing The Per questo nuovo episodio, in- mento all’artista prescelto, anche, Songs Of Daniel Johnston vece, si è deciso di incamminarsi se non soprattutto, l’occasione per (Second Shimmy, ottobre verso strade maggiormente battute rinnovare lo spirito, e quindi anche 2 0 0 6 ) che portano in quel di Londra, Bar- la lettera, dei pezzi destinati all’uo- Domanda: c’era bisogno di un al- cellona, New York e Berlino, ossia po. Meglio se riletti inventivamen- tro tributo per svelare al mondo il i centri nevralgici della cultura mu- te, ossia non ricalcandone nota per genio nascosto di Daniel Johnston? sicale underground (e non) contem- nota la forma e il profilo. Se pensiamo che a partire dall’or- poranea. Il risultato è uno spaccato Si può ben dire che ciò, almeno in mai celebre operazione Disco- piuttosto vero e sanguigno su quel- certa misura, avvenga con questo vered Covered – The Late Great le che sono le maggiori tensoni che (ennesimo) tributo ai Beach Boys. Daniel Johnston (2004), passando animano oggi le realtà artistiche di La cifra del quale è, indubbiamen- per le numerose prove recenti - in queste città: dall’ electro deviata ed te, il folk. Lo si arguisce anche da- collaborazione o in solitaria -, fino a tratti onirica della tedesca Mono- gli artisti coinvoltivi: Oldham che all’acclamato film-DVD The Devil tekktoni all’elettronica giocattolosa rilegge Wouldnt’t Be Nice in manie- And Daniel Johnston quel genio dell’inglese Mico (una sorta di Ro- ra acustica, in “punta di piedi”, Vic tanto nascosto non lo è più, qual- sin Murphy in versione storta) pas- Chesnutt che si cimenta con una che dubbio è pur legittimo. sando per il cantautorato theremin/ Still Believe In Me quasi quasi defi- La prospettiva però si rovescia ma- ambient della viennese trapiantata nibile residentsiana (vocina filtrata gicamente una volta letta la piccola scritta sul lato della confezione del cui regala il proprio timbro legger- cd: Second Shimmy. I Killed The mente nasale assieme ad arpeggi Monster segna infatti il ritorno al- puntuali e un po’ stopposi, così da l’attività di discografico da parte di stemperarne la solennità, per un Mark , musicista (Half Ja- approccio tra il lisergico e il cordia- panese, Butthole Surfers) e produt- le. Di più: Alasdair possiede quel tore che circa quindici anni fa mise piccolo grande segreto che rende in piedi con la sua Shimmydisc attuali forme altrimenti vetuste, e una delle realtà più rispettate del- non mi riferisco alla disinvoltura l’indie di New York e dintorni; da soul della sezione ritmica o a quel quelle parti passarono lo shoega- poco di chitarra elettrica o ai lievi ze dei , lo slo-core dei giochetti elettronici (Firewater, The Low e lo stesso Johnston con i suoi Cruel War). Prendete piusttosto le primi due “veri” album, 1990 e Ar- movenze asciutte di Let Me Lie And tistic Vice. la Silber, piccola etichetta america- Bleed Awhile e The Old Men Of The Questa compilation assume quin- na (in catalogo tra gli altri il fan- Shells, quel senso di favola sospe- di le fattezze di un tributo globa- tastico debutto in solitario di Alan sa, di arcaico stupore, però con un le, che dall’artista in questione (in Sparhawk) che mette a disposi- cuore presente e vivo che pulsa fondo mai troppo lodato, avanti…) zione sia in formato classico, sia urgenza giovane, un attualissimo si estende all’intero underground (udite, udite!) in download gratuito esserci. Non è facile da spiegare. americano attraverso artisti rigoro- questo doppio cd veramente parti- E’ un po’ quel che accade con Will samente indipendenti, con la sola colare. Oldham che - guarda un po’ - fu eccezione di prezzemolino Sufjan Nessuna strenna né campanellini tra i primi ad accorgersene quando Stevens, qui guest star in coppia sonanti; qui la materia è principal- ancora Alasdair militava negli Ap- con Daniel Smith per una bella ver- mente eterea e sognante, impalpa- pendix Out, circa un decennio fa. sione folky di Worried Shoes. Dal- bile proprio come la neve che im- Il principe lo segnalò puntualmen- l’onnipresente Jad Fair allo stesso bianca questo periodo dell’anno, te alla Drag City, etichetta per la Kramer (in Bloody Rainbow eTrue ma mai di maniera o scontata. quale lo scozzese ha licenziato già Love Will Find You In The End rivi- Si alternano quindi glitchismi vari tre album, più questo che è il più vono ancora una volta gli Half Ja- (Living In Photographs, Recorded luminoso e amicale, tra fragranti panese), passando per Dot Allison, At Home), lieve drone music, oscuri esotismi Paul Simon (River Rhi- Mike Watt e Joy Zipper, il catalogo omaggi a maestri come Cage, con- ne), una morbidezza rurale parente del freak più amato d‘America viene tributi acustici quasi cantautoriali in qualche modo dell’ultimo Young riletto da cima a fondo, pescando (230 Divisadero), pop (di)storto e acustico (Where Twines The Path), anche nei suoi meandri più oscu- sognante à la Jesus & Mary Chain quel caracollare tra bettole e neb- ri (tante le scelte provenienti dalle (The Wades), cascate di feedback bia come certi folk blues Kaukonen primissime produzioni in cassetta). in cui annega una melodia di piano (I Have A Charm). (6.8/10) E forse anche con un pizzico di co- (Sailor Winters), noise minaccioso Stefano Solventi raggio in più rispetto al tributo di e tetro (Wrong Brothers, plauso al due anni fa, vedi una piacevole ver- nome). Alessandro Raina / Pierluigi sione reggae di Cathy Cline da par- Pochi nomi noti, a parte Remora e Petris / Giacomo Spazio – te di R Stevie Moore, la Rowboat i “nostri” Blessed Child Opera, ma Nema Fictione (City Living / ricoperta di shoegaze di Mad Fran- la qualità media è altamente sod- Audioglobe, 2006) cis, il country glam della Foxy Girl disfacente a dimostrazione, se ce Il passato recente alla voce dei dei The Sutcliffe’s o ancora Tears ne fosse bisogno, di quanto sia sti- Giardini di Mirò è soltanto un ri- Stupid Tears e It’s Over (Rope Inc e molante il sottobosco americano, in cordo lontano per Alessandro Rai- Tess), rispettosamente angoscianti, cui i dischi, Natale o non Natale, na e il concetto non potrebbe es- diremmo. E così via. sono sempre operazioni piene di sere più chiaro. Lo si capisce dalle Un’altra gemma, da tenere nasco- passione. (7.0/10) dimensioni importanti di questo sta il meno possibile. (7.2/10) Stefano Pifferi Nema Fictione, dall’identico peso A n t o n i o P u g l i a che ricoprono in esso opera lette- Alasdair Roberts - The raria e pentagramma, dal sentire AA.VV. – Silber Sounds Of Amber Gatherers (Drag ricercato e al tempo stesso sapien- Christmas (Silbermedia , City/Secretly Canadian, 23 temente pop racchiuso nelle tredici dicembre 2006) gennaio 2007) tracce del disco. Un esperimento Si avvicina Natale e come tradizio- Alasdair è uno scozzese poco più di fusione che è CD e libro di 98 ne comanda c’è sempre qualcuno che trentenne dal profilo spigolo- pagine; un banco di prova colletti- che tira fuori l’idea, non proprio so e lo sguardo buono. Il folk, di vo subaffittato al patron della Cane originalissima, di una compilation quelli con le radici ben piantate Andaluso Records Giacomo Spazio a tema natalizio. In questo caso è nell’humus natio, è la sua materia, – responsabile della parte grafica turn it on

James Holden – The Idiots Are Winning (Border Community / Audioglobe, 27 novembre 2006) Nata come un’etichetta per sfogare velleità IDM-indietroniche e miscel- lanea acustica, la Border Community sul calar del 2006 ha l’odore di un proiettile che sta per deflagrare. Dopo l’uscita numero 1 – quel famoso Drowning In A Sea Of Love di Nathan Fake – arriva a fine novembre Ja- mes Holden, boss classe ’80, a dettar le linee programmatiche. Anticipato nei mesi scorsi, dalla tavolozza di gusti e riferimenti del doppio At The Controls (sempre su BC), ora con The Idiots Are Winning, una raccolta di rari 12’’ usciti sotto diversi nomi, le cose si fanno serie. Seppur breve (e con un paio di brani presenti in una alternative take), l’album è un ideale principio discografico: un’operazione istintiva, diso- mogenea che dimostra in toto le suggestioni e le fisse del ragazzo. Dalla techno, dai dj set e i remix illustri (Depeche Mode, New Order), Holden ha preso rigore e fede, ma quel che appare la via della sua Border Community è una sintonizzazione sulle frequenze più casalinghe e “colte” dell’elettronica. Ed è qui che scoccano alcune scintille. Se l’IDM e l’indie delle varie tro- niche sono in risacca, innestare una spina dorsale fatta minimalismo berlinese (via old skool Detroit) non è per nulla un’idea malvagia. Anzi, è il terreno circoscritto sul quale reinventare l’Aphex di On, oppure camminar sul ciglio dell’Apparat krauto, missare trance e cosmica più pesante e avant, strizzare l’occhio alla community della micromusic sotto l’effetto del 4/4. L’output di tutto ciò consiste in una manciata di track entusiasmanti: a partire da Lump (poi ripresa a cappella in Lumpette), il piccolo capolavoro dell’inglese, che giochicchia su una sincope glitch salvo poi gettarsi in un dottorato Pump Up The Volume, piroiettando sul dormiveglia cronico del buon Ri- chard D. James. Suoni acidi che non c’è bisogno di ecstasy, snare direttamente da scuola fine ottanta Fingers Inc. Il ballo che incontra lo sballo da cameretta. La manomissione degli apparecchi elettronici che incrocia la piastra del dj. Il brano possiede dinamica e volumi: ai piedi della cassa in quattro crescono vivide distorsioni della trama sotto l’incessante calpestio ritmico. 10101 è invece più minimale, gioca in descostruzione ritmica e melodia (un riff à la Vangelis o primissimi Boards Of Canada) salvo poi irradiare le frequenze medie di una sublime orchestra di bollicine. Un espediente quest’ultimo che è come rugiada per la successiva Corduroy, roba da bagno di folla più che da camerette, eppure – da notare lo scarto – quei suoni così cerebrolesi hanno tutto il fascino dei vecchi videogame, e inoltre c’è tutto il frizzare di tastiere e fruscii a prestarsi egregiamente al doppio binario d’ascolto. Flute, infatti, si butta nella palla cosmica mentre Idiot (poi ripresa in Idiot Clapsolo, la versione essenziale come recita il sottotitolo) sulla pure berlin che accoglie soltanto tamburellini e giochi di suoni (ancora rétro) al Nintendo. I due lati dello streaming. Il debutto è previsto a breve quest’anno. Non ha ancora un nome mentre stiamo scrivendo. Nel frattempo sappia- mo cosa fare. Alziamo il volume e facciamo incazzare i vicini! (7.0/10) Edoardo Bridda

s e n t i r e a s c o l t a r e 4 3 e redattore dei testi assieme al tito- siamo quasi. Occorre aggiungere: i concerti disastrati e disastrosi e lare del progetto - e a Pierluigi Pe- consapevole e beffardella. Già. C’è il gossip intorno al personaggio tris - curatore della cornice stru- questo viluppo di sensazioni che mediatico (beninteso: vi stia sim- mentale –, con lo scopo dichiarato accompagna l’ascolto di Furrowed patico o antipatico, in fondo è la di abbattere i confini che separano Brow, il sospetto incessante che in stessa cosa), le cinque canzoncine i differenti linguaggi artistici. questo wall of sound caliginoso, in- del Blinding EP si fanno ascoltare Difficile capire dove finisca l’ani- stabile, cangiante, fatto con gli ar- e riascoltare, nel puro rispetto di ma letteraria e inizi quella stretta- peggi ipnotici di chitarre acustiche quella tradizione pop-rock – ormai mente musicale, dal momento che ed elettriche giustapposte (diluite, possiamo chiamarla così, giusto? - l’impressione è che si parli di due scombiccherate), di fuzz striscianti, che il junkie più amato d’Inghilterra facce della stessa medaglia. Piut- di vibrafono scanzonato, di psiche- ha consolidato nell’ultimo lustro. tosto sterile limitarsi ad identificare delia astratta & astrusa in sella a Al solito, fa rabbia come tra una il nucleo dell’operazione soltan- bordoni d’organo attoniti e - smorfia punk delle sue (Beg, Steal to nel pathos sprigionato dai testi to sdrucciolevole, di vocalizzi come Or Borrow) e l’inevitabile reggaet- crudi in forma di poesia raccolti nel perorazioni da sacerdote hip(pie) tino con tanto di accento di King- maxi-booklet e ispirati a personag- hop e cori fantasma in un rituale ston e pose Strummer (I Wish) ci gi di primo piano della vita culturale anfetaminico, il sospetto insomma si ritrovi per lo più davanti brani a italiana – Pierpaolo Pasolini, Gu- che in questo muro denso, versico- dir poco gustosi, vedi la simil-bar- glielmo Marconi, Dino Buzzati, Pie- lore e inafferrabile si nasconda una rettiana title track o la conclusiva ro Ciampi, Cesare Pavese, Andrea specie di scherzo. Sedative (Morrissey a spasso coi Pazienza, tra i tanti – o nell’elet- Un bello scherzo: prendi le peregri- primi Blur). E fa ancora più rab- tro-pop malinconico tutto basi sin- nazioni folk-jazz di Tim Buckley, bia il dubbio – legittimo, visto che tetiche, chitarra, pianoforte, field immaginati una versione atavica si tratta di soli diciassette minuti recordings. Certo è che da qualun- della Beta Band, cattura l’aliena- di musica registrati per rompere que parte lo si guardi, il secondo zione avanguardista di un Cage e l’interim in attesa del secondo full capitolo discografico di Alessandro l’esoterismo blues-folk di certi Led lenght - che per Doherty in fondo Raina stupisce per concretezza, Zep, frulla il tutto col fosco noise questa sia nient’altro che ordinaria profondità, gusto ed eleganza, ele- dei Bardo Pond, l’ubriacatura luci- amministrazione. Maledetto, è pro- menti che, neanche a dirlo, lo spe- da di Devendra Banhart e la disarti- prio il caso di dirlo. (6.9/10) discono di diritto nella cerchia delle colazione bucolica degli Incredible Antonio Puglia migliori uscite dell’anno. (7.5/10) String Band... No. Siamo seri. Tutto ciò è affascinante, deliziosamente Fabrizio Zampighi Bananas At The Audience – anacronistico, forbitamente alieno. Into The House Of Slumber Ma non è possibile crederci davve- Alexander Tucker - Furrowed (Sk Records, novembre ro. Alexander - buon per lui - deve Brow (ATP/Goodfellas, 4 2 0 0 6 ) essersi divertito tantissimo a fare dicembre 2006) C’è un’immagine all’interno della un disco cui non è possibile con- S’aggira imperterrito nella vecchia confezione di Into The House Of cedere molto credito. Perché tutto nebbia, Alexander Tucker. Ma non Slumber che riassume meglio di si ferma sulla soglia dello pseu- ditegli che è tutto un effetto spe- mille parole la musica dei francesi do-qualcosa: pseudo-psichedelia, ciale. Anche perché già lo sa. E’ un Bananas At The Audience. Si vedo- pseudo-avanguardia, pseudo-post- caso strano. Molto strano. Guar- no i cinque componenti della band rock, pseudo-alt-folk. E’ l’ora di date le copertine dei suoi dischi, durante un concerto, ed ognuno di smetterla di specchiarsi di spalle, da lui stesso disegnate: non sono loro si ritrova con quattro braccia. Mr. Tucker. Abbiamo capito che sei tra le più ingenue e inquietanti re- Il fotomontaggio ha un notevole bravo con le scenografie. Ora vai miniscenze gothic-psych in circo- impatto visivo ed una sintesi con- con la sostanza. (5.9/10) lazione? Ingenua inquietudine: ci cettuale di enorme portata. Perché Stefano Solvent i il gruppo in questo nuovo lavoro riconferma tutte le proprie carat- Babyshambles –Blinding teristiche che facciamo ricondurre EP (Emi / Capitol, dicembre ad un incrocio tra hardcore, emo e 2 0 0 6 ) screamo. Diavolo di un Pete! Riesce sempre Un po’ come i più famosi At The a mettercela in quel posto, rispet- Drive-In, i Bananas mescolano rit- tosamente parlando. E non ci ri- mi adrenalinici, arrangiamenti acro- feriamo certo alle nozze-fantasma batici e melodie orecchiabili. E se thailandesi con la bella Kate di cui ne escono con un pugno di canzoni si parla in questi giorni (anche se, che sono esplosioni assordanti e pure lì…), ma all’ultima mossa con carezze psichedeliche (HR Project), cui i suoi Babyshambles chiudo- dissonanze metal e percussioni tri- no l’anno. Già, perché nonostante bali (Liars And Fakers), suggestio-

4 4 s e n t i r e a s c o l t a r e valzer a 33 giri (suonato a 45) di ma questi ragazzi sanno far bene il Applebug And His Doll. loro – ehm, diciamo così – sporco Dove non arriva la valigia pie- lavoro. (6.8/10) na zeppa di strumenti dell’Antoli- Antonio Puglia ni - piano, sintetizzatore, basso, batteria, percussioni, , har- Capulet – The World Is A mophone, armadillo, portacenere, Tragic Place, But There ecc..-, supplisce la classe imperitu- Is Grace All Around Us ra di Marco Fasolo – per chi ancora So Attend To The Grace non lo sapesse, 50% dei Jennifer (Motivesounds / Goodfellas, Gentle -, abile nell’unire i brandelli 2 0 0 6 ) di una creatività caracollante – ma Young Team e Ten Rapid sono or- meravigliosamente viva – nel segno mai esperienza di dieci anni fa. È di un suono che è ormai marchio di passato troppo tempo per esserne ni cinematografiche e sperimen- fabbrica. (7.2/10) ancora epigoni, ma non abbastanza tali (But Metaphysically). Si varia Fabrizio Zampighi perché quello stile – allora persona- nelle forme e nella velocità come lissimo – possa essere ripreso come sulle montagne russe, quindi, con Brakes – The Beatific attività di modernariato o di storio- una sicurezza – e spericolatezza Visions (Rough Trade / Self, grafia, insomma come revival; tra i – che colpiscono. Manca forse an- 5 gennaio 2007) motivi c’è anche la mancata solu- cora il passo decisivo, che permet- Opera seconda per questo quartet- zione di continuità tra quegli esordi ta di parlare della musica dei BATA to da Brighton formato da ex mem- dei Mogwai e la serie di fratellini e usando qualche superlativo in più. bri di British Sea Power ed Electric figliocci che lo hanno riprodotto fino Ma il gruppo è solido ed in gamba. Soft Parade, The Beatific Visions Non è cosa da poco. ( ) 6.8/10 è un dischetto veloce e facilmente Manfredi Lamartin a digeribile proprio come il prece- dessore Give Blood, il debutto di Beatrice Antolini – Big inizio 2005. I Brakes stavolta in- Saloon (Madcap / Silly Boy nestano nella loro formula a base Entertainment, 2006) punk’n’roll - straight, melodico e La musica di Beatrice Antolini è un senza particolari pretese, con echi po’ come quei clown a molla che del primissimi Radiohead nelle chi- escono dalla scatola all’improv- tarre e di spasmi Clinic nella voce viso: qualcosa che non ti aspetti, – elementi di country-folk, e non è un battere del cuore accelerato, la certo un caso se le nuove canzoni meraviglia della plastica colorata, sono state realizzate a Nashville forse anche un vago timore sotto- con la supervisione di Stuart Sikes cutaneo. Non soltanto per la propo- (già con la recente Cat Power). sta musicale, in generale vibrante, Ecco così che la palette stilistica giocosa, psichedelica, trascinante, si allarga includendo ballate ameri- allo sfinimento. quanto per la totale assenza, al suo cane come If I Should Die Tonight, The World… dei Capulet è allora interno, di punti di riferimento fa- Cease Or Desist e ancor più Mobile un esercizio di indulgenza tra i più cilmente identificabili. L’etica alla Communication, accanto alle qua- hard che si possano sentire. Se pro- base di Big Saloon è tutta qua, nel li ritroviamo l’english rock and roll prio vi va, ascoltate gli undici minuti suo essere sintesi di idee in libertà, di Hold Me In The River (retta da di No Time Spoke The Clocks (c’è coacervo di stili e maniere – pop, un bel riff), della spassosa Spring persino un accenno cantato alla Mo- psichedelia, ragtime, pianismo di Chicken (a metà fra Bees e Jam), torpsycho) per rendervi conto del- classe, jazz e molto altro ancora e della spastica Porcupine or Pi- l’uso indefesso del muro di suono -, sentire creativo e con un note- neapple (quasi Pixies); dal canto fatto esplodere sopra un pianissi- vole fiuto per la melodia, vaporoso loro Isabel, la title track e la con- mo; pratica – di derivazione Glenn e sensuale sussurro. Una facilità di clusiva No Return sanno mettere degli Slint – che mandò nell’Olimpo linguaggio che sposa con semplici- bene in mostra le nuove frecce in gli episodi mogwaiani sopra citati e tà e invidiabile cognizione di cau- faretra dei Nostri, tra arpeggi sche- che contraddistingue anche evolu- sa la liquida rapidità del pianoforte letrici alla Drake, folk rock moderno zioni alla Explosions In The Sky e in Bread & Puppets, il cocktail di in stile Westcoast (vedi alla voce alla Godspeed You! Back Emperor, sconclusionate parabole barrettia- Shins) e atmosfere semi-deser- ma che qui, aldilà della prevedibilità ne e malinconie cubane di Monster tiche e cameristiche, con un sen- estrema, sembra calibrata per in- Munch, le morbidezze espansive so della melodia più che decente. nervosire chi ha amato il post-rock. di Turtle & Peach In Love, il blues Non saranno forse cool e clamoro- Forse che è inutile tanta violenza sotto anfetamina Hi! Goodbye!, il si come le altre superstar di NME, recensoria, date le scarse aspet-

s e n t i r e a s c o l t a r e 4 5 tative arguibili dalle tre righe del pi diluiscono in un disco se non in titolo, onestissima cartina al torna- una carriera intera. Perciò lascia- sole. (4.9/10) tevi andare e, cito testuale, “sarete Gaspare Caliri accompagnati per mano in questo tunnel degli orrori e delle leccor- C o n t r i v a – S e p a r a t e nie”! Un unico cruccio intristisce il Chambers (Morr Music / povero ascoltatore al termine del Wide, novembre 2006) disco: ma perché l’idea di scioglier- Si parla continuamente di decaden- si viene sempre ai gruppi sbagliati? za. Che ormai il suono Morr – che (7.0/10 ) più di ogni altro ha saputo traghet- Stefano Pifferi tarci dalle nebbie del post rock alle inquietudini del terzo millennio Crime In Choir - Trumpery – è bollito, vecchio, ingessato. Che Metier (Gsl Records/ ra. Signori e signore benvenuti nel l’etichetta berlinese non fa uscire Audioglobe, 17 Dicembre mondo (postumo) dei Crap, quartet- più bei dischi dai tempi di Scary 2 0 0 6 ) to di jazz acrobatico (parole loro) World Theory dei Lali Puna. Che. Provate a passare il nuovo disco composto da alcuni dei più sperico- E poi arriva la sorpresa. I Contriva. dei Crime In Choir (terzo personale lati e temerari musicisti italiani. Un curriculum discreto alle spal- e primo per la Gsl) a vostro fratello Gente che non ha bisogno di pre- le e un nuovo lavoro – Separate maggiore (ma anche a vostro pa- sentazioni: equilibristi del penta- Chambers – pubblicato da Morr. dre, se l’età lo consente) spaccian- gramma, vecchie volpi del palco- Che suona – pure questo – come dolo per la ristampa di un dimenti- scenico, apparentemente buffoni un album dei già citati Lali Puna. cato gruppo prog d’antan, e vedrete di corte al servizio dello spettacolo Dove però al posto di drum ma- che chicchessia si morderà le mani più antico del mondo. chine e sintetizzatori ci sono chi- per come, all’epoca, il disco gli sia tarre e amplificatori valvolari, pelli Crap rappresenta purtroppo l’uni- sfuggito tra le mani. di batteria ammaccate e tastiere, co lascito discografico del quar- I Crime In Choir non sono i Mars plettri consumati e bacchette di le- tetto che dopo aver girovagato per Volta tanto meno i Super Numeri, gno. Ma una certa affinità elettiva l’Italia con una esplosiva miscela non evidenziano alcun background col meglio della scena indietronica di jazzcore e salmastra ironia (vedi hard-core (i primi) o electro (i se- si sente. Anche perché poi scopri lo splendido poema stilnovista di condi): i Crime In Choir non evi- che Max Punktezahl, il chitarrista, Sudone, composto e declamato denziano background al di fuori del è stato in tour con i Notwist, che da Ricci) da alle stampe il proprio progressive! vuol dire ancora Lali Puna, che vuol testamento, registrato nel lontano Kenny Hopper (ex At The Drive In) dire indietronica, che vuol dire Morr ottobre 1998! al Rhodes, Jesse Reiner (dei Ci- Music. Una sorta di cerchio che si 14 pezzi dai titoli improbabili (oscar tay) alla tastiere, Jarrett Wrenn (ex chiude, quindi. Una famiglia allar- a Attacco D’Asma A Las Vegas, At The Drive In) alla chitarra, Tim gata che non nega ai nuovi arrivati quasi una risposta a Thompson) Soete (dei Fucking Cramps) alla un posto al proprio tavolo. e dalle musiche inverosimili: sci- batteria, Matt Waters (dei Mass) I Can’t Wait è il controcanto acu- voloni free, rincorse verso caotici al sassofono e tromba e Jonathan stico e live dei Ms. John Soda, ma abissi, convulsioni ritmiche, turbi- M. Skaggs al basso colonizzano con maggior enfasi melodica e un nio di fiati che si inseguono senza il pianeta (qualcuno ricorda minor tasso di banalità al glucosio. un apparente senso per ritrovare una famosa trilogia?) senza patire La saltellante No One Below è una poi sempre la strada principale del discriminazioni, e lo vivono osten- marcetta cinematografica in nottur- tema. Immaginate il Mezzogiorno E tando l’effige in rilievo della Can- na che sa di polvere e malinconia. Mezzo Di Fuoco di Brooksiana me- terbury cosmica (per delucidazioni, Say Cheese è una ballata folk stru- moria in salsa free-jazz e non sa- chiedere sempre del pianeta Gong) mentale che poi si inoltra in visio- rete lontani dal vero: uno starnaz- e l’animo dopato degli Hawkwind, la ni psichedeliche. Tre esempi di un zare continuo di sax e tromba che furiosa enfasi dei Magma (ma an- lavoro che sa dire la propria in tre duellano all’ultimo respiro sostenuti che molto Eskaton, quindi screziato situazioni diverse – il pop, il post dalla batteria di Andreini, roboante zeuhl) e le larghe vedute kraute (la rock, la ballata. Tre esempi tratti da e avventurosa come sempre, e dal bio del gruppo recita Faust, ma noi un album che piace. E non poco. sodale Cipriani che stende col suo prediligiamo gli Embryo). (7.0/10) basso monstre la base per i dera- Un cognome come Hopper, poi, tra- Manfredi Lamartina gliamenti di cui sopra. disce i sentimenti e incoraggia tan- Citare qualche pezzo invece de- genze con Hugh dei Soft Machine, Crap – Self Titled (Megaplòmb gli altri sarebbe un mero ed inutile ma della macchina molle si odono / Wide, 3 novembre 2006) esercizio di stile; sappiate soltanto pochissime intelaiature (forse qual- Ironia, sberleffo, tecnica, cuore, su- che ogni canzone qui presente con- cosa di Third, ma lasciamo libera dore, follia e mille altre cose anco- tiene in sé idee che tanti altri grup- la soggettiva immaginazione…); e

4 6 s e n t i r e a s c o l t a r e turn it on

Lee Hazlewood - Cake Or Death (BPX1992, 4 dicembre 2 0 0 6 ) Buffo come un titolo sarcastico (Cake or Death, preso in prestito dal co- mico inglese Eddie Izzard) riesca focalizzare il senso di un disco di com- miato - come si dice nelle note di copertina - , l’ultimo del genio del pop Lee Hazlewood. Una carriera gloriosa di autore, arrangiatore, produttore e attore, il successo mondiale dovuto a un paio di hit regalate a – This Boots Are Made For Walking e Some Velvet Morning, una fama di culto resa palese negli ultimi decenni dall’ammirazione di decine di musicisti, dai Sonic Youth ai Lambchop, da Jarvis Cocker a Lydia Lunch, da Einsturzende Neubaten a Nick Cave e Beck, con cover, omaggi e ristampe del suo repertorio. La sua cifra stilistica era/è rappresentata da un pop orchestrale venato di country e soul, con senso spiccato per la melodia e arrangiamenti raffinati, caratteristiche che ritroviamo anche in quest’ultima fatica; registrato tra la Svezia (dove vive da anni), Los Angeles e Berlino, vede la collaborazione di numerosi musicisti (da Duane Eddy a Tommy Parsons, Bela B., Richard Bennett), ed esemplifica al meglio il senso di una gloriosa carriera. Hazlewood infatti raccoglie nell’album quanto più possibile gli è consono; in ogni singola canzone c’è una strut- tura di base intorno a cui vengono sviluppati sottomotivi (talking, digressioni, field recordings, pezzi di altre song) che si intersecano l’uno nell’altro (con arrangiamenti che echeggiano a volte Van Dyke Parks e Nilsson), misti allo straordinario senso dell’umorismo sua caratteristica. Ecco che emerge la critica alla cultura americana e al senso di appartenenza (l’inno USA presente nel soul Anthem, dove nel ritornello afferma con orgoglio di “non aver mai votato repubblicano” mentre passa in rassegna le caratteristiche a stelle e strisce); dall’altro lato il suo “patriottismo”: mentre condanna la guerra, celebra nel contempo l’umanità dei soldati che la combattono (Baghdad Knights); la presa in giro della psicanalisi nello spassoso valzer-patchwork Fred Freud , immaginario fratello di Sigmund, che cura i pazienti con una terapia a base di musica (e qui citazioni da Bach, Mozart, Stra- vinsky, fino alla sarabanda finale con echi appena udibili di Star Wars!); le canzoni a due voci sua particolarità (che lo accomuna all’altro grande francese Gainsbourg), in The First Song Of The Day (un beat morriconiano - un omaggio? – con le voci in tedesco di Bela D., leader della storica band new wave Die Artze e di Lula, anche nell’iniziale jazz di Nothing) e nel country- rock della ballad Please Come To Boston (una cover di Dave Loggins, in odore di Cash). Proprio le cover, i rimaneggiamenti e le reprise sono uno dei leit-motiv del disco: l’auto-omaggio di These Boots, qui nella original version, Boots (Original Melody) in chiave jazz con Duane Eddy alla chitarra, e ancora echi morriconiani; il ripescaggio dal suo passato di It’s Nothing To Me, pezzo di Pat Paterson che, come spiega lo stesso Hazlewood, è reso “come il tema western di un film di Eastwood”: archi a profusione e da qui i Lambchop hanno preso a piene mani. E ancora cover: Some Velvet Morning, resa in una delicata quanto improbabile ver- sione familiare con la nipotina, la piccolissima Phaedra, convinta che la canzone sia stata scritta per lei.. E non manca il classico talking crooning-pop (T.O.M.) a chiudere il disco. Il Nostro si diverte in questo excursus guidandoci alla ri-scoperta del suo universo. Consigliato anche a chi deve ancora farne la conoscenza. (7.2/10) Teresa Greco

s e n t i r e a s c o l t a r e 4 7 l’Hopper dei Crime In Choir, tra l’al- possiede più il ruolo totalizzante e un tantino ottimisti non guasta mai. tro, siede al Rhodes, canovaccio, goliardico di una volta. (6.9/10) di riflesso alle rasoiate di Reiner, No, non siamo di fronte al disco del- Gaspare Caliri e Daniele dell’ossuto Kozmigroov di Women la resa, della vittoria della fruibili- F o l l e r o Of Reduction. tà e della orecchiabilità. Tutt’altro. Complete Upsmanship rafforza la Come nei due precedenti album, Dirty Faces – Get Right medesima idea di groove e Land Of già forieri della svolta musicale, with God (Brah / Wide, 21 Sherry Wine And Spanish Hours, su uno sfondo di ironica e beffarda novembre 2006) dopo un principio fin troppo pomp si banalità si nascondono ancora idee A seguire l’onesto debutto dell’an- libra in frasi di sax manco fossero i no scorso ( , sem- Colosseum in trance agonistica. Superamerican pre su Brah) gli instabili Dirty Fa- Troppa carne al fuoco, lo ammettia- ces si riaffacciano sul mercato con mo, e la pletora di nomi e nomignoli la seconda parte di una misteriosa rischia di sviare più che indirizzare; trilogia. ma prometteteci, ora che siamo alla fine, di tenerli d’occhio, loro come La formazione cambia di nuovo: gli Upsilon Acrux, altri pertinenti sparisce la seconda batteria che progger a breve – promesso – su aveva contraddistinto i live prece- queste pagine. (7.0/10) denti, si raddoppiano le chitarre e in Punkin Pie si riaffacciano addirit- Gianni Avella tura i fondatori Dickie Powers, alla chitarra e voce, e God-of-Fortune D e e r h o o f – F r i e n d Powers alla batteria. Opportunity (Kill Rock Stars fresche e soprattutto uno stile che Cambiano gli addendi ma non / Goodfellas, 23 gennaio (quello sì) resta a testimoniare un il risultato: uno sporco suono 2 0 0 7 ) percorso logicamente evolutivo e (super)americano fatto di chitarre Facendo il punto sul processo di una personalità da band importan- dense e grasse, una sezione ritmi- “normalizzazione” pop (ma potrem- te. Di più: la consapevolezza di po- ca granitica e pulita, una voce che mo anche definirlo allontanamento ter ancora sperimentare giocando, traccia un percorso tortuoso negli definitivo dal garage noise) già in- senza smarrire la poetica di fondo. ultimi venti anni di musica rock trapreso da Runners Four, l’usci- Solo ragionando su questa maturità americana al limite tra garage punk ta di un album nuovo di zecca ci stilistica si possono comprendere selvaggio e blues inacidito. permette di aggiungere qualche i tentativi di quest’album di esplo- Nella musica del sestetto di Pit- tassello in più, un capitolo (quasi) rare terreni impropri per un grup- tsburgh è facile intravedere una definitivo sulla “svolta” della band po considerato ancora (ma quanto ossatura, seppur scheletrica, di californiana e giudicare il risultato ancora?) di matrice garage. E ma- matrice blues sia nei pezzi più dera- senza pregiudizi. gari apprezzarli, questi tentativi. glianti, dalle parti della Jon Spen- Tutto è più quadrato, questa volta, e Come negli accenni prog di Cast cer Blues Explosion degli esordi forse semi-serio. Anziché comporre Off Crown, nelle cantilene gioco- (vedere l’attacco frontale di Dead i frammenti di contrappunti senza samente matsuzakiane di Kidz Are Man’s Boots o l’assalto al calor punti, di allegra e calcolata appros- So Small, nella sghemba ballad bianco di Push It… (Begin)), sia nei simazione, come erano abituati a Choco Fight, o nell’insolito duetto pezzi più lenti e sofferti che fanno fare, i Deerhoof in Friend Oppor- voce-pianoforte di Whither The In- pensare ad una versione caricatu- tunity costruiscono con mattoncini visibile Birds? I paggi sono morti, rale ed epica della ballad southern più classici, soprattutto melodica- evviva i paggi, allora? Forse. Ma rock, suonata con impeto grezzo e mente parlando: +81 – per esempio c’è un nascituro - l’ultimo brano, la punk (la ruffiana Like A Thief o la – è di fatto un’operazione di inca- lunga Look Away. Lì i Deerhoof si depravata cantilena di Slow Train). stro tra un divertissement fanfare- concedono alla suite psichedelica, In Watching The War From Above, sco e un disimpegno blueseggiante. architettata ancora su effetti “à la complice un organo stuprato, sem- La voce non gira più distrattamente Deerhoof” e sui gorgheggi di Sato- bra di rivedere il Nick Cave più ma- attorno alle note, ma le stringe a mi, entrambi però in secondo piano lato che delira di guerre viste dal- sé, e spesso diventa la principes- rispetto ad una cupa ariosità, alle l’alto con voce roca e alcolizzata. sa nella struttura del brano, cui gli tonalità minori, a disimpegni quasi Un disco che reitera la tradizione altri strumenti devono assistere. post-rock e meditazioni acid. Certo, di un certo tipo di suoni (dai Bea- Siamo allora di fronte ad un disco Matchbox Seeks Maniac è un roc- sts Of Bourbon, a Jon Spencer, equilibrato, tra il garage melodico kettino (con tanto di ritornello da passando per Pussy Galore e Bad e la schizofrenia compositiva, e di hit single “indie”) senza infamia e Seeds), pur non aggiungendo nulla per sé questa è una mezza (anche senza lode e potrebbe essere pro- di nuovo. Piacevole e godibile, ma se prevedibile) novità. L’eccentrici- prio questo il prossimo passo ver- destinato solo agli appassionati del tà non può certo mancare, ma non so la perdita di senso. Ma essere genere. (6.2/10)

4 8 s e n t i r e a s c o l t a r e (Tilomo Mix) lasciano fantasticare ture Perfect Morning - un Geffen su un diverso concetto di musica del ‘94 - e Volcano del 2003 per da ballo, mentre The Rhyme Of The la Universal), ecco la sorprendente Ancient Mariner affonda le parole di rinascita della premiata ditta assie- Samuel Taylor Coleridge - davvero me ai New Bohemians. L’organico è un topos della popular music tutta - lo stesso, ma il suono è molto più , scandite dall’ex CCCP e CSI Mas- ricco e maturo, infarcito dalle calde simo Zamboni, in una tenebrosa tastiere di Carter Albrecht, strapaz- ed ottundente trance elettronica. zato dalle chitarre acidule di Ken- L’Uomo Precario si presta, con mi- ny Withrow, pervaso dallo sfarfallio rabile capacità di sintesi, ad esem- percussivo di John Bush, e soprat- plificare le abilità sinestetiche di tutto prodotto benissimo da Bryce Duozero: in cinque minuti che sa- Goggin, già al lavoro per Phish ed rebbe bene far ascoltare ad ogni Herbie Hancock. Stefano Pifferi sindacalista - per l’efficacia con Quanto a Edie, sciorina quella stes- cui, semplicemente descrivendo sa grazia capricciosa e sottile, ap- D u o z e r o – E s p e r a n t o una foto, tratteggiano la condizione pena indorata dal velluto dagli anni, (Smallvoices / Audioglobe, di uno e di tanti lavoratori - i sensi incapace di altro se non di dolcezza ottobre 2006) dell’ascoltatore vengono avidamen- anche quando canta di strane cose Esattamente come l’idioma conce- te contesi dalla straniante atmosfe- che stanno per accadere. Certo, pito da Ludwik Zamenhof, l’Espe- ra indotta dalla musica, dal mero sentirla azzardare fremiti soul (Lo- ranto di Duozero è lingua pianifica- suono delle parole di Davide Bre- ver Take Me), latin-jazz (No Dinero) ta: programmaticamente confonde gola e dal loro referente - la foto o tirati southern-rock’n’roll (Long laddove vi è ordine, disorienta con che pare, ad un certo punto, di pos- Lost Friend), fa un po’ l’effetto di disegno preciso chiunque ritenga sedere tra le mani. (7.0/10) una scrittrice Harmony che prova di circoscrivere al suo interno un Vincenzo Santarcangelo a scrivere il sequel de Il giovane unico filo conduttore. Esattamente Holden. Però tra le righe di queste tredici canzoni s’avverte tanta con- come l’idioma concepito da Ludwik E d i e B r i c k e l l & N e w sapevolezza, passione e duttilità, Zamenhof, l’Esperanto di Duozero Bohemians - Stranger quella coesione e quel senso del è lingua dalla morfologia agglu- Things (Fantasy / Universal, suonare divertendosi che scalda- tinante: vi convergono industrial, novembre 2006) no l’aria. Il risultato è un AOR coi elettronica minimale, dub, un inna- Dopo il folgorante Shooting Rub- fiocchi, nulla di più, nulla di meno. to ardore sperimentale ed un gusto berbands at the Stars (Geffen, Difficile anzi impossibile ripetere i per la melodia tutto italiano. 1988), Edie Brickell & New Bohe- fasti di quel clamoroso esordio, ma Dopo un album d’esordio, e varie mians licenziarono un Ghost of una Early Morning o una One Last tracce sparse su compilation, Fa- a Dog (Geffen, 1990) che fu come Time possiedono le giuste moven- brizio Tavernelli (chitarra ed elet- lanciare un sassolino nel bitume ze e disinvoltura per tormentare tronica, ex AFA) ed Enrico Marani dell’anonimato. Poi, più o meno, come si conviene frequenze e cuo- (laptop, elettronica, Forbici di Ma- il vuoto. Una delle tante, innume- ri. (6.5/10) nitù) tornano con settanta minuti revoli parabole smorzate. Poi le abbondanti di musica che si intui- cronache ci hanno raccontato che Stefano Solventi sce lungamente riflettuta, germina- Edie è diventata la signora Simon, ta da intuizioni lungamente custodi- nel senso di Paul, notizia che ha El Goodo – Self Titled te su laptop e poi affidate alla cura relegato in secondo piano ogni di ( E m p y r e a n R e c o r d s / speciale dei numerosi ospiti che lei proposito musicale. Invece, Goodfellas, novembre 2006) affollano la scaletta. dopo due album in solitario (Pic- Pubblicazione americana per l’omo- Il risultato è un suono in grado di nimo album di debutto dei galle- innescare un caleidoscopico corto- si El Goodo, licenziato origina- circuito sensoriale, tanto che ascol- riamente dalla piccola etichetta tare il disco non fa che alimentare indigena Placid Casual ed oggi la curiosità per le performance live ristampato, ad un anno esatto di che esso ha ispirato. Prana è in gra- distanza, dalla Empyrean Records. do di riportare alla memoria dei più Come i conterranei Super Furry Ani- riusciti esperimenti di commistione mals, anche gli El Goodo muovono i tra elettronica e spoken word – e, loro sforzi in direzione di un sofisti- con il recitato in francese di Marc cato pop/rock dalla chiare influenze Girard, allo splendido omaggio psichedeliche, riuscendo nella non che la Mille Plateaux tributò dieci facile impresa di confezionare un al- anni fa al filosofo francese Gilles bum che, seppur fortemente deriva- Deleuze. September e September tivo, riesce in ogni modo a suonare

s e n t i r e a s c o l t a r e 4 9 fresco e gradevole. tra angolazione. Altra osservazione Merito di una manciata abbondante pertinente. Non è tutto: 1983 parla di canzoni costruite con tatto e me- dei ghetti lustrandoli a puntino per i stiere: dall’iniziale Life Station ed i club, come ha sempre fatto la loun- suoi lamenti Galaxie 500, alla “bi- ge, ulteriore matrice del disco - nel- gstariana” If I Were A Song, dagli la veste indianeggiante con basso scrosci Jesus And Mary Chain di Seventies (Bad Actors) o abbigliata Honey e Here It Comes al roman- da profondità house negre e mel- ticismo tutto Menswear di What mose (Shifty); con etnicismi Mice Went Wrong? (or:How I Learnt To Parade (Untitled #7), o nostalgia Stop Worrying And Love The Bomb), Stereolab (Orbit Brazil) - che pe- esempi lampanti di come si pos- raltro fanno da ponte per l’exotica sa suonare quantomeno piacevoli saudade d’antan (Unexpected De- pur non avendo niente, ma proprio light); tutto con Aphex undercover niente, di nuovo da dire. (6.2/10) te etnica afosa à la (Hello) - e ci sta da dio! Stefano Renzi via Afrika Bambaataa e pure del- Si sogna e si balla, insomma. Si l’(acid)jazz; l’indietronica di Styro- fanno ragionamenti oppure si deci- e la saudade brazilera. Anzi de che basta ascoltare quel suono Fitness Pump – Riviera foam lasciate perdere, pensate che la lì, sotto a tutti gli altri, e godersi (Tafuzzy, 2006) prima cosa che risalta ascoltando quel ritmo, pasta che non annoia, E’ l’acqua la protagonista del secon- è l’intelligenza con la quale è con quella mano a tirarti dentro. do episodio discografico dei Fitness 1983 stato assemblato. Colpisce il gusto Forse non lo citeremo tra 10 anni, Pump. Quella della copertina cer- nero con cui l’elettronica bianca di- ma Flying Lotus, nipote d’arte di to, di un turchese intenso e solcata venta di nuovo cioccolato fondente Alice Coltrane di casa a Los An- dai classici cerchi - che nel nostro (e sexy), stupisce che la granel- geles, è l’intellettuale con in tasca caso nascondono le facce dei musi- la dei pixel si veda ancora senza il perfetto biglietto da visita per cisti - ma soprattutto quella del mare imbarazzi eppure sia così soffice. gli aficionados delle chill out. Nel – e della riviera, ovviamente -, tema Zucchero filato. suo portafoglio soltanto carte Visa conduttore di un disco morbido ed è l’appeal ambient-ci- Gold, con le quali può riscuotere da elegante. Cartina di tornasole degli Flying Lotus nematico-indietronico continuamen- chiunque ami un range di musica umori e delle esperienze passate e te immerso nei beat, l’occhiale di che va dall’exotica anni ’50 all’in- al tempo stesso fonte di ispirazione plastica che convive con il ciondo- dietronica tedesca. La promiscuità per le musiche, il primo elemento lare del capo. C’è hip-hop e ce n’è dell’arte contemporanea. (7.3/10) dell’Universo trasforma i suoi silenzi tanto, ma non quello che si sente in in linde geometrie analogiche di syn- Edoardo Bridda e Gaspare giro; non pensate al frullato ultraci- th, soffici chitarre, batterie soffocate C a l i r i netico di Prefuse 73, alle contami- e lontanissime, trasparenti serialità nazioni indie-rock dei o in loop, immense profondità. Clouddead al più moroderiano (anche Che siano le atmosfere jazzy di Pim Dabrye Gang Wizard – Byzantine se ci stiamo avvicinando). Nulla è Pum Pam a parlare o le inquietudini Headache (Load / Goodfellas, finalizzato, niente cutting, piuttosto mini-kraut della title-track, le inter- ottobre 2006) Morr sound frullato di groove, in ferenze elettro-fuzz di E ad un certo Affrancatisi,dopo tre dischi dalla una dialettica in cui alle volte pre- punto è sempre agosto o le narco- Ecstatic Peace di Thurston Moore, vale l’uno alle volte l’altro, alle vol- tiche lentezze di Ho fatto un dise- i losangelini Gang Wizard affron- te c’è dell’altro ancora in un gioco gno per te, il risultato è sempre un tano la quarta prova con la Load. di scatole cinesi dove la più grande sentire in bilico tra pop minimale e L’imprinting rumorista/destruttura- è un contenitore frivolo, giocoso, rotondità sintetiche, gemme sonore to – che è qualcosa di molto vici- mentre nelle successive l’incastro leggere e preziose derive, buono no all’anima delle persone – non è sempre più ingegneristico. per colonizzare un pomeriggio ma- perde centralità; il nome tutelare Forse seguendo le intenzioni del ti- linconico o una spiaggia deserta di di Byzantine Headache sembra tolo dell’album, Flying Lotus ci ha fine agosto. (6.8/10) essere ancora quello dei Dead C, voluto far passeggiare nei bassi- da cui ancora va accertata l’eman- F a b r i z i o Z a m p i g h i fondi proto-hip-hop della New York cipazione. di Basquiat, fresca di una rasatura Ricordo nel ricordo, il baccano Flying Lotus – 1983 (Plug che si è portata via barbe e zampe fa sempre pensare a New York; Research / Wide, novembre d’elefante, lasciando dei rimasugli Another Misplayed Endgame è però 2 0 0 6 ) discomusic. 1983 sarebbe un trat- una continua attesa spezzata di Immaginate l’estetica breakbeat/ tatello di poco più di mezz’ora sulla una partenza alla Theoretical Gir- hip hop illuminata di casa Anticon e contaminazione tra black-music e ls, mediata da uno stress figlio dei ritornate al Warp sound, all’imma- l’elettronica dei synth vintage dei Throbbling Gristle e lontana dalla ginario Aphex prima maniera; uni- Boards Of Canada e degli AIR. Al- tempesta no-wave - piuttosto redi-

5 0 s e n t i r e a s c o l t a r e turn it on

Micecars – I’m The Creature (Homesleep / Audioglobe, novembre 2006) Che poi si sa come vanno certe cose. L’attesa cresce, il nome circola, la gente mormora, i blog impazzano. E il passaparola esplode. Con le con- seguenze che sappiamo. Ovvero, la nascita di due opposte fazioni: gli entusiasti, veri e propri agit-prop dell’indie che ne (stra)parlano con tutti, naturalmente prima di tutti (“Ma ascolta questo gruppo, sono fichissimi, il punto d’incontro impossibile tra lo scazzo lo-fi dei Pavement e i ritornelli corali dei Broken Social Scene”), e gli scettici, gente spietata che inarca sprezzante il sopracciglio appena una band è conosciuta da un numero di persone superiore alla popolazione del proprio condominio (“Tutto qua? Ma se già ci sono i Pavement e i Broken Social Scene perché dobbiamo accontentarci di ‘st’italiani che vogliono fa’ gli ‘mmericani?”). Benvenuti allora nel mondo dei Micecars. Il gruppo con cui tutti abbiamo dovuto fare i conti negli ultimi mesi, ben prima che uscisse questo benedetto disco d’esordio targato Homesleep. Roba da far invidia alla stampa inglese, che pure di fenomeni simili se ne occupa ormai con cadenza settimana- le. Ma per la verità I’m The Creature è un cd realmente fico. Il punto d’incontro impossibile tra lo scazzo lo-fi dei Pavement e i ritornelli corali dei Broken Social Scene. Che detta così sembra la classica esagerazione da giornalismo musicale d’accatto. Bastano però pochi minuti – quelli corrispondenti all’iniziale Watch Over Your Gun! – per riconoscere che, al di là di tutto quanto ruota intorno al nome Micecars, l’album funziona. Perché c’è melodia, quella buona che ha accompagnato i nostri passi dall’adolescenza alla maturità. Perché c’è ritmo, quello che ci fa muovere il sedere e ci permette di impugnare la notte per indirizzarla dove c’è musica e divertimento. Perché c’è bravura, quella che ci fa applaudire anche quando chi sta di fronte a noi, tutto sommato, si limita a copiare lo stile di chi ha più classe ed esperienza. E dunque meno male che ci sono i Micecars. Meno male che scrivono canzoni che chiunque può cantare. Meno male che, tra una chitarra distorta e un ritornello dannatamente orecchiabile, mantengono una sana dose di (auto)ironia. E meno male che se ne parla, e tanto, in giro. Forse, qui in Italia dovremmo cominciare a prenderci meno sul serio, e a pavoneggiarci un po’ di più quando un buon album ce lo permette. Gli inglesi lo fanno sempre. E riescono così a esportare la merda che sappiamo. Magari comportandoci come loro miglioreremmo la scena musicale europea. E il nostro ego, ça va sans dire. (7.3/10) Manfredi Lamartina

s e n t i r e a s c o l t a r e   lico il cui finale vale da solo il prez- fantasma), per dirigersi – metafo- zo di copertina – dalla successiva ricamente – a Berlino. Vero punto traccia. Tutto sembra presagire un d’approdo per le nove canzoni di continuum col precedente, bellissi- Dividing Opinions. mo Hypnotic Underworld, ma quei Che è sul serio una sterzata bru- cinque giri di orologio vengono di- sca verso nuovi territori. Già il pre- laniati dal pastiche di Hemicyclic cedente lavoro, Punk… Not Diet!, Anthelion, funesta psych-opera che ammoniva i critichini italiani che sì, martoria oltremodo i devastati Can il post rock ci piace e ci nutre, ma di Aumgn (da Tago Mago) ed i “se- c’è ben altro da sentire, ascoltare, paratisti” Amon Duul 2 dei primor- vivere. Il ben altro, naturalmente, è di. Mezz’ora che soffoca ogni nesso l’indietronica, che se quattro anni tra tatto e realtà. Masaki Batoh si fa faceva timidamente capolino divide tra chitarra e uno strumento in mezzo alle trame dei chitarristi viva et pater familias, nel negarci di sua creazione, lo stringer, che ri- Jukka Reverberi e Corrado Nucci- l’appagamento. Il nichilismo ritorna calca l’ondulatorio suono del The- ni, stavolta pretende ed ottiene un semmai nell’autodistruzione mu- remin; ad assisterlo, tra pianoforti proprio spazio ed una propria di- sicale dei Mars dell’ep omonimo sghembi, vibrafoni e synth analogi- mensione. E il risultato, sotto certi (Don’t Let Rep33 Ever Fuck With ci, gli stessi elementi dal 2004. Un aspetti, è sorprendente. Se prima Your Facce). Ma l’opposizione di- vero evento. Non l’unico, di evento: le canzoni erano mosche bianche sfattista ad ogni melodia prospet- difatti, dopo le riletture di Rolling all’interno di una giungla di bra- ta una doppia lettura: un bollore Stones, Syd Barrett e Pearls Befo- ni strumentali, ora le parti si sono ghiacciato, quando il mal di testa re Swine i nipponici, setacciando il invertite, come dimostra l’unico è sincero, o un bollito, se il dolore sempre verde catalogo Esp corrono pezzo della raccolta privo di cor- nasce dalla noia. sino al 1969, annata di Caledonia, de vocali (July’s Stripes). Il resto Di fatto i GW non sempre riescono a rituale bandistico dal debutto dei del disco, infatti, prosegue l’opera scegliersi la giusta emicrania (trito temibili Cromagnon di poco ritoc- di destrutturazione del monolitico lo shouting hard-core di The Pretty cato (manca giusto l’intro di fre- suono GDM iniziata con Othello Ape), ma la procurano – bizantina- quenze radio) che tra cornamuse, (una bella marcetta in quattro quar- mente e piacevolmente parlando – flauti e urla beduine non patisce ti presente nell’ep North Atlantic in alcuni capitoli Royal Trux (Soft i ventotto anni trascorsi dalla sua ): approccio com- Crust From 00), o quando il suono Treaty Of Love prima volta. Ma c’era stato anche positivo più indie che post, quindi, industriale di Sheffield viene spo- un prima, ovvero la traversata, per con voci malinconiche di stampo sato (certamente con rito pagano) niente indenne, nell’apocalittica Morr ed un’atmosfera di fondo che ad impressioni post-rock (When Carmina Burana in acido di Water richiama le incursioni elettroniche The Song Begins e The Ridicole Of Door Yellow Gate, un episodio fon- di e . Un risul- Pern, con un deliquio vocale degno Hood 65daysofstatic dato su decise note di piano che tato paradossale, a pensarci bene, del primo et invasatissimus James proseguono sino alla seguente ca- considerando che il cantante Ales- Chance), cercando di non dimen- tarsi lisergica di Gareki No Toshi. E sandro Raina ha lasciato da tempo ticarsi della declamazione dada- poi il dopo, in classico stile Ghost la formazione. In pratica, i Giardini noise alla David Thomas di Metal nella ballata Grisaille: Batoh, una di Mirò si avventurano negli stessi Coax Concrete Warm String Plastic sei corde e la quiete dopo la tem- territori esplorati qualche anno fa Tithe, Remember Dials, ancora su pesta. dai compagni di etichetta (anti)sviluppo Mars. Yuppie E poi l’ovvio. Loro, i redneck dagli prima che Matteo Agostinelli e Resta un cerchio alla testa incate- Flu, occhi a mandorla. E un disco, il più soci tornassero sui loro passi – in- nato al fragore e ai feedback, ma estremo della recente storia dei die rock semplice ed efficace – col scardinabile da un’apertura verso Ghost. Quasi dimenticavo: si chia- più riuscito . un’improvvisazione meno amor- Toast Masters ma . ( ) La sensazione che si ricava da fa che in precedenza – lasciando In Stormy Nights 7.0/10 Di- è allora contro- emergere il fantasma fatto di toc- Gianni Avella viding Opinions versa. Da un lato, sembra mancare chi di Interstellar Overdrive (Step- quella spontaneità e quell’emotività ped On A Tack). (6.3/10) Giardini di Mirò – Dividing Opinions (Homesleep / che percuoteva le note del capola- Gaspare Caliri Audioglobe, 27 gennaio voro Rise And Fall Of Academic 2 0 0 7 ) Drifting. Come dire che si stava Ghost - In Stormy Nights Sono tornati i Giardini di Mirò. E meglio quando si era ingenui e deri- (Drag City / Wide, 23 purtroppo per coloro che erano già vativi (d’altronde, basta sussurrare gennaio 2007) pronti per il tiro al bersaglio, la band Pet Life Saver ed è ancora un sus- Sono pochi i minuti, cinque per ha fatto ciao ciao con la manina ai sulto di nervi e passioni). Dall’al- l’esattezza, che dividono Motherly Mogwai, a Glasgow, al post rock tro, però, c’è il senso della sfida e il Bluster – un solenne folk psichede- (di cui comunque tuttora aleggia il gusto di provarci, anche a costo di

5 2 s e n t i r e a s c o l t a r e fare qualche mossa sbagliata. Che zione Louise Attaque-Stereolab di do sincopi spettacolari e destruttu- per fortuna non si verifica. Perché Les Films d’Horreur, che nel finale razioni (di provenienza math) dei i Giardini di Mirò sono un gruppo in va ad intorbidarsi come una sfer- riff (World Series, dove i vocalizzi evoluzione, che sa cosa sta facen- zante beffa dEUS? Sinceramente, si stagliano come emessi da un do e sa dove sta andando. E a noi trovo che sia un disco splendido. A Tom Verlaine cappone arrogan- non resta che stare seduti, metterci cui il DVD incluso nella confezione te). Balena il dubbio che proprio comodi, ed osservare il panorama. - un surreale cortometraggio realiz- la voce rappresenti un pericolo per (6.8/10) zato dagli stessi Grimoon sulla scia il suono “alla Hella”. In Dull Fangs Manfredi Lamartina di quelli confezionati per accompa- sventiamo un’inflessione vocale tra gnare le esibizioni live - fornisce Robert Plant e Muse, ma si assiste Grimoon - La Lanterne ulteriore valore aggiunto. (7.4/10) a più riprese ad una versione su- M a g i q u e ( M a c a c o / Stefano Solventi personica (e duemilesca) dell’hard- Audioglobe / Shinseiki, 20 rock di una volta. Arriva poi la con- novembre 2006) Hella – There’s No 666 In vincente Soundtrack To Insecurity, Tra sogno e mistero, tra impegno Outer Space (Ipecac / Wide, dove lo pseudo-Verlaine è accom- e incanto, i Grimoon esordiscono 27 gennaio 2007) pagnato da un lungo disimpegno alla , scandito da scosse con un lavoro che sorprende per Dopo Ummagumma – la spartizione Primus autorevolezza, fantasia, intensità. tra i componenti di un non-gruppo strumentali che fanno il verso agli impossibili ritmici ed elettronici di Prodotti (benissimo) da Giovanni – i Pink Floyd fecero uscire Atom ; e si rimettono le “Micevice” Ferrario, sono un se- Heart Mother – la via barocca, più Squarepusher stetto perlopiù veneto (Marghera convenzionale e massimalista. Gli cose a posto. Ma un’ora è lunga, e si fa a tempo e dintorni) con la non trascurabile Hella sono sempre stati massimali- eccezione della vocalist e tastieri- sti. Nel 2005 fecero uscire il masto- a cambiare (parzialmente ma con- tinuamente) idea, sugli Hella, sul sta, la franco/belga Solenn Le Mar- dontico Church Gone Wild / Chir- disco, sui tempi che (si rin)corrono. chand, la cui irrequietezza flautata pin Hard, doppio album che ancora - una tenera apprensione in close- ci perplime, diviso appunto tra i Forse, coerentemente col titolo, il up - caratterizza i pezzi cantati in due musicisti - con la prima bestia voto più giusto è (6.6/10). francese, ovvero tutti tranne uno. Il appannaggio del solo mostruoso Gaspare Caliri folk è la chiave e la scintilla di un batterista Zach Hill, e la seconda discorso eccitante e antico, rapito del chitarrista Spencer Saim. E Herman Dune - Giant (Source spesso da oniriche suggestioni AIR ora – pur conservando l’ira fune- / Virgin, novembre 2006) (le tastiere sibilanti e cremose del- sta – vanno in braccio a scelte più A chi consiglierei questo disco? A la title track), strattonato da umori classiche, attorno ad un organico tutti quelli che sentono il bisogno western (l’agra allegria Calexico di riassemblato con Josh Hill, Aaron d’un anello di congiunzione tra Moka) e striscianti tentazioni pa- Ross e Carson Mcwhirter. Jens Lekman e M. Ward, ovvero tchanka (la marcetta rabbiosa di Li- There’s No 666 In Outer Space berté), preda di ossessioni “colte” è dunque un free-noise meno free vicine alle nevrosi cameristiche dei e meno noise, più vicino alla tra- Venus (si veda il tango veemente e dizione “a rotta di collo” del rock, dolciastro di Mr Carré) ma capace che sopra ai Lighting Bolt - riferi- altresì di spacciare trame pop ac- mento principe di un tempo ancora cattivanti e antibanali (l’ebbrezza vicino - va a condividere pani e pe- art-wave Talking Heads di I’m Loo- sci con i Mars Volta (che ci piaccia king For Paris, il dream-folk me- o meno, già termine di paragone). sto e luccicoso di Lucie, la pseudo La vera novella è la voce - prota- nostalgia vagamente Baustelle di gonista perché collante addirittura Cinéma...). quasi melodico tra le schegge della Fisarmonica, violini, elettricità ed sezione ritmica impazzite secondo elettronica, organi, rhodes e persi- una progressione poco progressive no un clarinetto a primeggiare tra – ma forte di una sfacciata epicità gli impalpabili struggimenti di Fron- sicuramente prog, ai limiti dell’hy- tiére, dove il folk autoriale trasfigura bris metallara. di un’andatura sciroccata & dinoc- in un raga impalpabile, aspergendo La batteria (da sempre tratto di- colata tra sogno e malinconia, tra psichedelia spersa, malinconica, stintivo della band) è un galoppo mistero e scazzo, tra sentimento lunare. E’ la traccia più bella, as- continuo, come nei Don Caballero e gioco. Una voglia di pop che de- sieme alla conclusiva Même Les ma anche nel core depressoide dei cide di partire dal folk-soul un po’ Mains Vieillissent, folk che sguin- Death Of Marat. Ma la preoccupa- come usava fare il giovane Van zaglia theremin e fisarmonica sulle zione di tappare ogni buco sonoro Morrison, sulla schiuma d’un entu- tracce d’un languore cinematico. trascina a volte oltremisura la lun- siasmo brioso che metteva insieme Ma che dire dell’irresistibile ibrida- ghezza dei brani, pur sperimentan- quasi senza accorgersi mondi così

s e n t i r e a s c o l t a r e   lontani così vicini (non aspettatevi con rincorse a perdifiato. I canonici mento spaziotempo. Le chitarre e il però né la voce né l’impeto del leo- momenti di calma apparente abita- piano in cocciuto reverse, i found ne irlandese). Il tutto poi condito da no le inquietudini più kraute come voices (c’è addirittura Orson Welles effluvi latini - per non dire africani in Hollow Buttons e Bunnies Are in 32 Million People Listening In On - con languida disinvoltura ed esi- Full Of Magic o chiccherie Stereo- Radios e Your Love Is Freedom), la ti stranianti. Senza contare le bru- lab come in Famous Hero. glassa cosmica degli pseudo-archi me tex-mex di una Your Name/My La quadratura del cerchio la band (con effetto vagamente bjorkiano Game (tipo i Calexico alla camo- la ottiene proprio quando amal- in Never Factory), ronzii di raga milla) o il dylanismo caracollante di gama le due componenti, come in cybernetici, balocchi funk, utopie Glory Of Old. Alarm Will Sound e Oskar. Le ec- fanciulle Air, urgenza ludica Paul Trombe, sax, flauti, slide guitar, cori centriche visioni della band sono Hardcastle. Una genuina riartico- (femminili) guizzanti e setosi, tante già sufficientemente articolate. lazione di formule che a loro volta percussioni, insomma è una festa Manca ancora però quel “quid” che erano tutto un riarticolare, il tutto bucolica per questa band di fratelli li può far differenziare. Quel qual- lasciato macerare con cura fino al svedesi sparsi nel mondo (Berlino, fragrante confronto con l’attualità. New York e Parigi), di cui ogni di- L’artificio è la chiave di lettura, un sco (con questo fanno sette in sei gioco franco di espedienti, trucchi, anni) sembra appunto celebrare la mestiere, metodo. Una finzione riunione. Forse non dovrebbero mai complice, un tiepido intrigo di segni separarsi, magari così gestirebbe- che necessita ed avvalora la reci- ro meglio l’evidente ipertrofia crea- proca intesa (di chi suona, di cosa tiva: sono davvero troppe queste suona, di chi ascolta). Un po’ come sedici canzoni, non basta il trepi- fingere d’essere stato il primo uomo dante garbo e la sapiente modula- a mettere piede sulla luna. Magari zione di umori ad evitare una certa con indosso il doposcì che campeg- ripetitività, specialmente da metà gia in copertina. Ha ha. (6.6/10) programma in poi. Con tutto ciò, ri- Stefano Solventi mane un buon album per tutti gli in- die rockers bisognosi di abbassare Hue – Un’estate senza e ammorbidire i volumi. Un lavoro pioggia (Grey Sparale / non banale, suadente ma non ad- cosa che ad esempio hanno i Pat- Trazeroeuno, 2006) domesticato. Forse neanche troppo tern Is Movement, che sullo stesso L’estate del 2003 fu l’estate più innocuo (come in effetti sembra). terreno accidentato si muovono con calda del secolo in Italia e nella (6.3/10) una scioltezza senz’altro maggio- maggioranza dell’Europa. Le regi- re. Speriamo che la tromba jazz di Stefano Solventi strazioni di questo disco riflettono Eureka prenda il sopravvento sulla pedissequamente l’umidità, il sen- scrittura dei quattro bravi ragaz- Hi Red Center – Architectural so di afoso, il caldo torrido delle zi di Brooklyn e ci regali un gran- Failures (Pangaea, 2006) città, delle campagne, dei paesi di de secondo disco – della maturità. Arrivano da Brooklyn, sono in quat- provincia di quel periodo. Matteo (6.8/10) tro, si chiamano Hi Red Center e Uggeri, Hue, nell’estate del 2003 possono agevolmente collocar- Antonello Comunale si avventura da solo in un viaggio si lungo una linea evolutiva che nell’Italia di mezzo, che dall’Emila da gruppi post-avant-math-rock Homespun - When I Was Romagna passa per la Toscana, dal anni ‘90 come Us Maple, Storm & The First Man On The Moon Lazio approda in Abruzzo. Armato Stress e Don Caballero arriva fino (Soffici Dischi / Audioglobe, di un microfono e di un minidisc a contemporanei eroi del settore dicembre 2006) Hue registra i suoni delle cose, i come The Standard e Pattern Is Francesco Prosperi, aretino quasi discorsi delle persone che gli sono Movement. Architectural Failures trentenne già cantante dei Mantra- a fianco, i canti popolari e i canti è il loro disco di debutto e come turbato e da un bel po’ di anni alle delle chiese che visita. Un grande tutti i lavori meditati a lungo mette prese con tentazioni d’altro tipo, archivio da cui attingere e da ela- molta carne a cuocere. Derive post, tra scellerate esperienze d’imba- borare, che un anno dopo in fase sezionamenti jazzy, post krautismi, stardimento pop (il progetto Radio di montaggio con l’aiuto di Davide chincaglierie analogiche come se i Divano), metateatro (VillaWanda Valechi (Aal) e il contributo di altri Tortoise di Standards fossero mar- assieme all’ex-Mariposa Alessan- musicisti come Giuseppe Verticchio citi dal proprio interno. La misce- dro Fiore) e soprattutto una smania (aka Nihm) e Andrea Marutti (Ne- la è senz’altro avvincente quando electro che lo porta ad esordire col ver Known/Amon) si trasforma nel cerca di trovare ragioni nel caos: moniker Homespun. Trame tiepide, disco in questione. l’iniziale Red/Green o Evil Doer che diafane, suadenti, pop atmosferico Quest’estate senza pioggia è allo- vivono sull’arditezza della sezione se volete, screziato di drill e glitch, ra una psicogeografia dell’anima ritmica, sulle distorsioni e partono d’inquietudine storta da spaesa- viandante. Un dialogo con la natura

5 4 s e n t i r e a s c o l t a r e turn it on

Mira Calix – Eyes Set Against The Sun (Warp/Self, 23 gennaio 2006)

Se ne parla più diffusamente su questo stesso numero e il nuovo lavoro di Mira Calix arriva a confermare, ancora una volta, il teo- rema dell’elettroshifting. Lo spostamento di asse dalla ortodossa prassi elettronica ad una mimesi analogica sempre più diffusa. Nel caso di Chantal Passamonte, la prima donna di casa Warp, lo scarto tra i gelidi autechrismi del primo disco OneOnOne (Warp / Self, 2002) e il lavorio acustico dell’ultimo Eyes Set Against The Sun non potrebbe essere più evidente. E non solo. Qui si pratica una visione pastorale dei suoni, una sorta di panteismo bucolico neo hippie che accomuna la Calix ad altri freaks del nuovo mondo elettronico come Orla Wren. La Nostra, del resto, è la stessa che non più tardi di tre anni fa, si trovò a comporre una suite (3 Commissions) commissionatale dal Museo di Storia Naturale di Ginevra e interamente composta dal suono degli insetti.

Eyes Set Against The Sun aumenta a dismisura la fauna fantastica dell’artista sud africana, am- bientandola in un paradiso terrestre senza tempo, dove rigagnoli, cinguettii, cori di bambini (il Woo- dbridge School Junior Choir) e contretismi attinti dal mondo animale e minerale, interferiscono con- tinuamente sulla traccia sonora. L’unico vero momento assimilabile al passato remoto è la sindrome di Stoccolma documentata sul secondo brano: canto paranoideo su ritmica esangue per un incubo da eroinomane. Sul resto del disco, l’inserto di elementi “altri” è ingente e strutturale. La flebile me- lodia di archi e canto di pettirossi di Protean; la misteriosa sinfonia per orchestra e found objects di The Way You Are When; lo xilofono di bamboo trovato in Indonesia nella successiva Tillsammans; o anche il puro suono della propria voce, mai troppo presente e mai del tutto assente, a scrivere le malinconiche melodie di Umbra/Penombra e dell’austera One Line Behind.

La Calix questa volta si pone al centro di un dipinto, dove i suoni sono colori e i colori sono materia. Il tempo delle serigrafie prettamente elettroniche è forse finito per sempre, ma lo scatto d’autore, mai come ora, è in riga con i diktat del contemporaneo. Il coro di bambini ritorna di nascosto nel- la hidden track, cantando a cappella, ripetutamente, il titolo del disco: occhi puntati verso il sole. Perché bisogna prima accecarsi per trovare il sentiero che conduce al giardino delle delizie di Mira Calix. (7.2/10)

Antonello Comunale

s e n t i r e a s c o l t a r e   delle cose che ci circondano, con la Perché Apple Bay è un disco fre- tanto impeccabili quanto rispettosi. percezione che abbiamo degli spazi sco e genuino come una domenica Qualche dubbio sulla credibilità e della nostra presenza nel mondo. di aprile, quando il cielo lassù è può tuttavia ancora restare: a volte Gli intermezzi strumentali (chitarre terso e per qualche istante verreb- impegno e devozione non bastano, acustiche ed effettate e flebili in- be voglia di abbandonare le rigide folk vuol dire anche vivere sulla serti elettronici) sono piccole se- logiche stagionali per un salutare propria pelle ciò che si canta; ma renate che flirtano con i suoni re- tuffo nelle acque del Mediterraneo. la passione di Isobel, allieva dili- gistrati, alimentando un senso di La voce baritonale di Stephen Mer- gente, è sincera e va senz’altro malinconia per il tempo che passa ritt si adagia pigra e indolente sul rispettata. Ah, e chi fosse ancora e non ritorna indietro. L’idea del la- tappeto sonoro orchestrato dal re- a caccia delle tenere tinte pastello voro è quella di comporre una se- sto della band, che rivela un gusto dei primi Belle & Sebastian o dei rie di cartoline sonore che possano melodico fuori dal tempo ma – e Gentle Waves, rinunci definitiva- restituire alla memoria proprio quei forse proprio per questo – dentro il mente all’idea: qui non ne troverà momenti accaduti. Se le stagioni buon gusto. Sono dodici brani deli- alcuna traccia. (6.8/10) passano e si susseguono l’un l’al- ziosi, quindi, per venticinque minuti Antonio Puglia tra come gli amori di un’amante, le da assaporare con leggerezza. Che fotografie ci aiuteranno a ricordare è quanto di meglio si possa chie- Jacob’s Stories – Fledgling testimoniandoci la misteriosa bel- dere ad un disco di onesta – bella (Gravity Dip / Goodfellas, lezza delle cose. Dopo tutto non – musica pop.(7.0/10) dicembre 2006) è questa la vera missione del fo- Manfredi Lamartina Prima di pubblicare il presente de- tografo e per assonanza del field butto, Stuart Lee, al secolo Jacobs recorder? (7.1/10) Isobel Campbell – Milkwhite Stories, ha diviso il palco, tra gli Antonello Comunale Sheets (V2, novembre 2006) altri, con Hood e The Paper Chase. Le ambizioni folk dell’ex musa di Noi purtroppo non c’eravamo, ma è Irene – Apple Bay (Labrador Stuart Murdoch ormai non sono più facile immaginare il pubblico rapi- / Goodfellas, novembre un mistero sin dai tempi di Amorino, to da quest’ometto di postura mal 2 0 0 6 ) fino ai recenti duetti in chiaroscuro tratteggiata (tra le foto di My Spa- Irene non è il nome di una ragazza. con Mark Lanegan di Ballad Of ce indossa un cappellino di lana È invece la sigla dietro alla quale Broken Seas (bissati dal vivo con mentre da del tu al pianoforte) che, Eugene Kelly dei Vaselines). Se con il solo DIY dei Duemila appres- il concetto non fosse ulteriormen- so, sfodera una voce apollinea e te chiaro, questa nuova raccolta novello talento. di canzoni - registrata nello stesso Nonostante venga dopo Ben Cri- periodo del disco precedente - suo- stophers (chi lo ricorda?), l’ottimo na come una presa di posizione an- Milosh nonché, irreparabilmente, cora più netta da parte della scoz- Thom Yorke, il Nostro afferra a zesina: Milkwhite Sheets va dritto denti stretti l’ultima carrozza indie- al cuore della questione, andando tronica – piena in quasi ogni ordine ad esplorare il cantautorato intimi- di posto – e tiene deciso la presa. sta più ombroso e tormentato(Nick Le carte da giocare, Stuart, le sco- Drake, Fred Neil, Tim Buckley), ci- pre subito nell’incipt di The Fu- mentandosi altresì nei territori del ture, trasognata chamber music folk più tradizionale rileggendone al crocevia tra Sigur Ros e certa si nasconde una band svedese che alcuni motivi. e(ste)tica 4Ad. Poi gli attimi scor- ama cantare col sorriso sulle lab- Isobel sposa in pieno la causa, rono e A Night With Steve, model- bra ed il sole nel cuore. Un po’ alla quindi, e il risultato è insieme una lata su ovattati friendly glitch, de- maniera – sbarazzina, dolce, irresi- dichiarazione d’amore per i suoi stibile – dei . modelli (Willow’s Song e Thursday’s Pop per innamorati. Pop per inna- Child navigano negli abissi di Hap- morarsi. Pop per amore del pop. py/Sad, James è uno strumentale Una piccola sorpresa del mondo in pieno stile Bryter Layter, così indipendente, che quando vuole è come la title track e Are You Going in grado di parlare la stessa lingua To Leave Me) e un tributo, che di- con cui si comunica nei piani alti venta sfida quando c’è da reinter- delle major, ma – e questa è una pretare traditional come Loving dote che nessun passaggio radio- Hannah (sfida in questo caso vinta, fonico potrà mai garantire – con per inciso); e se le interpretazioni maggiore emotività, maggiore pa- vocali non sempre sono ficcanti e dronanza dei mezzi, maggiore sen- opportune come dovrebbero, a con- so di stupore e meraviglia. trobilanciare ci sono arrangiamenti

  s e n t i r e a s c o l t a r e nota una certa inclinazione velata. mentale Tiny Colour Movies. Fuori il disco compie il suo corso, tra ca- tempo massimo? In fondo Foxx cita novacci che sanno di Murcof (Exit se stesso e il suo immaginario con The Quiet Man) e Yorke adagiato una capacità di sintesi encomiabile sull’ovatta (Bliss) ma l’inclinazione e questo basta. (6.9/10) di cui sopra si fa sempre più pal- Teresa Greco pabile; e poco prima della carez- za d’altri tempi nel clavicembalo John Tejada – Cleaning di Old Swimmers si materializza, Sounds Is A Filthy Business nella delicatissima Mr. In-between, (Palette / Audioglobe, 26 un delicato dialogo tra pianoforte ottobre 2006) e voce (e che voce…) che il Rufus Festeggiando i dieci anni della la- Wainwright di Poses (la canzone) bel personale Palette, Tejada sfor- benedirebbe ad occhi chiusi. Ja- na un album di elegante techno cob’s Stories ha stile, molto più tato il poemetto America Mystica di d’ascolto dove il più verace sound stile che il contesto in cui è circo- Eugene Jolas, che dà il titolo al di- degli Orbital (leggi “live”) ritorna scritto - l’ormai logoro Glitch pop sco. (7.0/10) sotto il dominio del 4/4. In What - possa indicare. (6.5/10) A n t o n e l l o C o m u n a l e Happened To Manners? il sound Gianni Avella del famoso duo declina verso so- John Foxx And Louis Gordon norità più berlinesi, altrove l’amore Jackie O Motherfucker – From Trash (Metamatic / per album come Orbital 1 & 2 e - America Mystica (Very Audioglobe, 13 novembre Snivilisation (in tracce tipo Steel Friendly / Goodfellas, 2 0 0 6 ) Cube Idolatry e High Rise) pompa n o v e m b r e 2 0 0 6 ) Messi per un attimo da parte i il sangue nel cuore di corpi quali Dalla New Weird America all’Ameri- panni ambient alla Cathedral Clever Bunch (con richiami acid) ca Mystica, il percorso dei Jackie-O Ocean (progetto in collaborazio- e Mutation. Il sound è attualizzato Motherfucker lungo le strade ferra- ne con Harold Budd e Steve Jan- dalla produzione: sonorità lisce e te e le miglia e miglia che separa- sen), arriva per John Foxx From tonde, senza scossoni né disturbi, no un concerto da un altro, in una Trash, il quarto disco realizzato che finiscono per parare verso lidi lunga on the road psichedelica. insieme al produttore, musicista IDM (Panorama) o new age (The Questo doppio album altro non è e DJ Louis Gordon, (dopo Shif- Zone). Meglio fanno tracce più ro- che il personale Ummagumma del- ting City, 1997, The Pleasures of botiche e aceeed come Science, I la compagine di Portland. Quattro Elecricity, 2001 e Crash and Burn, Think in puro old skool remember, lunghe composizioni in presa diret- 2003). Pura musica sintetica, un ma anche qui troppa maniera per il ta e registrate in ambienti e situa- ritorno al passato e alle radici dancefloor e troppa ortodossia per zioni diversissimi l’uno dall’altro, elettro-rock e synth pop. la cuffia. cha vanno dalla radio WMFU del La vena melodica, applicata alle È come se Tejada fosse il bypass New Jersey al cinema Cube di Bri- fredde macchine ballardiane, ri- sul cuore del suond che fu. Certo, stol, passando per l’Instant Chavi- suona limpida tra caldi echi kraf- meglio il suo rigore a certi peccati re di Parigi a non meglio precisati twerkiani (A Room As Big As A City, e ingenuità della Britannia dei No- luoghi di Minneapolis. From Trash, Another You), sintesi vanta, eppure cresce una certa no- Anche l’assetto del gruppo cambia BowieEnoRoxyNeu! (Your Kisses stalgia nell’ascoltare album come a seconda delle tracce, confer- Burn) glam tra Iggy e art-kitch alla Cleaning. Nostalgia per i calei- mando attorno al deus-ex-machi- Bolan (Friendly Fire), claustrofo- doscopi breakbeat e l’orchestrali- na, Tom Greenwood, menti e spiriti bie (Impossible) e ipnosi post-punk tà che rendevano potenti (e varie) affini come Honey Owens (Valet), (Never Let Me Go), tra alienazio- le tracce dei fratelli Paul & Phil Alexander Tucker e Samara Lubel- ne e scenari apocalittici (A Million Hartnoll dei tempi migliori. C’è di ski. Quello che resta identico come Cars) così familiari al Nostro e ai meglio? Beh sul genere noi oggi si sempre è il lungo sballo lisergico, suoi /nostri incubi metropolitani. tifa per il giovane Holden (James). il magmatico colare di suoni diluiti Un modo per esorcizzare le paure, (5.5/10) verso l’eternità. In questo i Jackie- forse. Edoardo Bridda O sono pressoché ineguagliabili. Un tuffo al cuore, questo ritorno. Va da sé che queste quattro lun- Tra le recenti ristampe dei primi Julie Doiron - Woke Myself ghissime tracce (tempo medio: 20 Ultravox! di foxxiana memoria e il Up (Jagjaguvar, gennaio minuti) richiedano molta dedizio- ricordo delle prove soliste del No- 2 0 0 7 ) ne e una buona propensione a la- stro (Metamatic su tutte) si situa Julie Doiron, canadese, chitarrista sciarsi andare, ma se si è disposti quest’ultimo disco, una prosecu- e cantante, trentaquattro anni e già a giocare al loro gioco si viene am- zione e un ritorno di quel percorso sette album in proprio. Senza con- piamente ripagati. musicale e tematico, già in parte tare la militanza alle quattro corde All’interno del booklet viene ripor- accennato con il precedente stru- negli psichedelici Eric’s Trip (band

s e n t i r e a s c o l t a r e   del New Brunswick attiva fino al ‘96) Incatenati alla Rupe Tarpea d’un e collaborazioni con Wooden Stars, suono che è già di per se stesso Herman Dune, Howe Gelb e Okker- una condanna a morte esibita, i vil River. Per non dire della collate- Lanterns procedono nella musica rale passione per la fotografia, che ambientale “modulata” senza mai l’ha portata persino a pubblicare un cedere nei loro propositi oltranzisti. volume-portfolio (The Longest Win- Card Whote, Sju Sjosjuka Sjuksy- ter - Broken Jaw Press, 1999). Con strar, Fuzzing Sculpt e I Touch You tutto ciò, Julie non è certo una ce- ricordano da vicino la prassi ama- lebrità, anzi. E’ quel che si dice un toriale di certi Double Leopards. fenomeno sotterraneo, in sintonia When The Sky Begins To Bruise è del resto col tono della sua musica, però un gioiello come questi ultimi refrattaria al clamore per quanto raramente hanno messo su disco. covi inquietudine profonda e quella Un piano che spruzza le note a scorbutica affabilità che tanto pia- grappoli, sognanti, un continuo tril- bonus cd allegato affida due trac- ce alla platea degli indie-rockers. lio di campanellini giocondi ed un ce, Panic In Babylon e Purity Rock, Questo Woke Myself Up la conferma harmonium che pacioso e bradipe- alle cure di TV On The Radio e DJ autrice accorata ma non disposta sco improvvisa frasi modali, sono Spooky con risultati oltremodo ec- alla svenevolezza, capace di frivo- l’equivalente sonoro d’una fiaba cellenti. Disco dispensabile per ta- lezze struggenti come una Lucinda per bambini girata come film muto luni e necessario per altri: la diffe- Williams coverizzata da Cibelle (I e musicata come film dell’orrore renza è pari a quella che passa tra Left Town), incertezze propulsive (quello vero, psicologico innanzi- una solita giornata di sole e l’enne- e ombre gelatinose Cat Power (No tutto). (6.5/10) sima, bella giornata di sole. More, Dark Horse), apprensione in Massimo Padalino De gustibus. (7.0/10) bilico e deflagrazioni quiete à la Ja- Gianni Avella son Molina (The Wrong Guy), per- Lee Scratch Perry - Panic In sino sbrigativo piglio blues come Babylon (Narnack Records, Lisa Gerrard - The Silver una PJ Harvey basale e svampitella 21 novembre 2006) Tree (Rubber, novembre (Dont Wanna Be / Liked By You). Avanzano le primavere, ma Lee 2 0 0 6 ) Spigoli resi friabili da una voce Scratch Perry le deride con un en- Chi sia Madame Gerrard lo sa pres- stentorea e sfarfallante. Mestizie tusiasmo degno dei giorni migliori. soché ognuno, ma in che tempi e Panic In Babylon dovrebbe essere luoghi viva effettivamente solo lei - condizionale alla mano – l’album può dircelo. Sin dai conturbanti e numero 49 (o forse 50…) di una car- fascinosi dei Dead Can Dance, la riera iniziata nel lontano 1969, lad- sua voce è difatti sospesa tra an- dove gli strike (vedi il fondamentale cestrali sentieri e madrigali istin- Super Ape) furono appendice, tra tivi, che invocano e celebrano le gli altri, per la claustrofobica wave innumerevoli “terre di mezzo” che dei P.I.L. Era da From The Secret la mente può costruire. Un canta- Laboratory (album del 1990 a quat- re la voce che suggerisce panorami tro mani coi Dub Syndicate) che a volte reali e a volte impossibili, Perry non ostentava da par suo la degnamente supportato da una ri- propria classe, e per farlo si accasa cerca sonora al pari coerente e pro- negli uffici della Narnack Records, fonda. tête à tête tra un Langhorne Slim e Più una vestale impegnata a offi- Guitar Wolf. ciare misteriosi culti, forse, che un imbambolate e giocosità col cuore Panic In Babylon, comunque, non personaggio da attualità pop, e ciò che sanguina scuro. Rigurgiti dol- elude il classico idioma - come giu- nonostante Lisa non s’è negata ne- ciastri per esotismi lunatici. Atmo- sto che sia – reggae/dub di Purity gli anni numerose e remunerative sfere desertiche e un’irrisolta ten- Rock (grande lavoro di basso), Fi- partecipazioni a colonne sonore per sione tra semplicità e riarticolazioni ght To The Finish, Inspector Gad- film di successo. Ben vengano, se folk. La carica c’è, ma non sembra get 2004 e Devil Dead, quest’ultima con una cadenza d’altre epoche - il voler deflagrare, forse preda dello catturata live un dì sconosciuto. precedente disco solista risale al stesso poetico abbandono che ren- Dinanzi a cotanta “maniera” si di- lontano1995 - ci invia missive come de tanto amabili queste creaturine stingue la traccia numero cinque, The Silver Tree. in forma di canzone. (6.7/10) Voodoo, digressione cosmica del Assolta in fretta una copertina di Stefano Solventi verbo dub come la poteva intendere gusto discutibile, ci si inoltra nel- il Bowie teutonico se avesse affi- le profondità di un universo sonoro Lanterns - Blue Beads (Sloow dato le cure della sua trilogia alle che richiama spesso le muse “neo Tape, novembre 2006) manopole del jamaicano, che nel folk” che a lei devono senz’altro

5 8 s e n t i r e a s c o l t a r e turn it on

Of Montreal - Hissing Fauna, Are You the Destroyer? (Polyvinyl / Audioglobe, 23 gennaio 2007) Trovato il cuneo nel quale infilarsi – una triangolazione sixties pop + synth pop + disco music -, gli Of Montreal continuano a ficcarci il nettare come api operaie alla ricerca del sacro graal della reinvenzione pop (postmoder- namente parlando, s’intende). E a forza di scrivere e riscrivere, montare e rimontare il mosaico è bello al punto da far sparire la colla. Dai già buoni standard del precedente The Sunlandic Twins i ragazzi del collettivo ca- pitanato da Barnes arrivano dritti al traguardo: una più che generosa man- data dal titolo neo ambientalista Hissing Fauna, Are You The Destroyer? - che nel gioco umorista di sottesi significherà che se mescoli Brian Wilson e gli Abba la natura si rivolta, ma chi sarà il distruttore? Certamente loro, gli Of Montreal. E se stringere patti con il diavolo è il massimo della bla- sfemia applicata, allora ascoltate A Sentence of Sorts in Kongsvinger (gli Abba in balletto sul pista di Tony Manero, con interventi a cappella in puro aulic pop), o peggio fate ascoltare Gronlandic Edit al vostro padre ex hippy (disco punk con i Bee Gees in estasi omosex). Ma l’album è soltanto in parte ballabile e Barnes non è certo tipo da ficcarsi su un solo missaggio. Infatti la tracklist presenta momenti diversissimi: si parte addirittura con un tributo al ciuffo di Jarvis Cocker con l’ironi- ca Suffer For Fashion (glam psych), e non mancano operazioni di chirurgia Wilson-Beatles, Pet Sounds meets Magical Mystery Tour (quel delizioso pop chiamato Sink the Seine) e quando spunta il synth pop à la Camerini in salsa vittoriana di Heimdalsgate Like a Promethean Curse ci si inchina a tanta ruffiana potenza! Per chi ha nostalgia di un certo motorik tra La Dusseldorf e la prima fase degli Human League con la fissa della dignità del lavoro ecco undici minuti di berlinese coolness The Past is a Grotesque Animal, un crescendo calcolato che non fa un piega. E agli Shins più lineari e prodotti dell’ultima prova sembra dedicata Bunny Ain’t No Kind of Rider, un prog pop funambolico confezionato volutamente in lo-fi. Parlare poi del funky disco che rimastica la Kiss di Prince Labyrinthian Pomp, o dello scimmiotto Franz Ferdinand di She’s a Rejector mi farà fare la vetrina di tutto l’album ma fidatevi, è atto dovuto. Facciamo pure arrivare le ruspe e radiamo al suolo l’amazzonia pop in circolazione. Sono tornati gli Of Montreal, e non ce n’è per nessuno. (7.5/10) Edoardo Bridda

s e n t i r e a s c o l t a r e 5 9 ner? In linea con le hard electroni- che cosa vuol dire fare musica al di cs dell’ultima prova del duo, Mound fuori degli schemi consolidati, man- Magnet presenta un attacco ancor tenendo rigore artistico e fruibilità più caotico e stordente per le orec- di fondo. (6.5/10) chie dei fedeli della casa, almeno Manfredi Lamartina all’inizio. Si comincia nel pieno del pandemonio con il collasso digital- Luxluna - Borgoapocalisse analog di Opposite Of Windward, in ( A n o m o l o R e c o r d s , pratica gli di Gantz Graf; novembre 2006) segue un’insulsa Cephalopod (St. Al terzo lavoro per Anomolo Recor- Werner alle prese con arpeggi ama- ds - etichetta senza fini commer- toriali alla chitarra continuamente ciali, il catalogo è a disposizione infilzati di bleep e glug e boing), in download gratuito - i marchigiani e completa la prima quaterna una Luxluna realizzano un concept sul qualcosa (si fatica a concepire una Vortext dove quel fare semiserio paradosso dell’anomalia che diven- Joanna Newsom così com’è, senza sfocia, prima in uno scimmiotto ta normalità. Narrano un affresco un tale esempio pratico e vocazio- fennesziano e poi, per gradire, in amaro e angoscioso in dieci emble- nale), insieme collocandosi a debita un improv di cartilagini droide e matici “atti”, ravvivati da un sarca- distanza da pericolose e fasulle ten- segnali dallo spazio. Il disco si ri- smo sferzante che sfiora il grottesco tazioni “new age”. Per fortuna no- compone per poi andare in frantu- e la comicità. Prima si attraversano stra e sua, la Signora non è Enya, mi, sposando un beat e decostruen- otto situazioni conflittuali, para- né tanto meno una delle troppe si- dolo come oramai da manuale. Più digmatici teatrini di vita quotidiana rene del presunto “lato oscuro”: le che ilarità Mouse On Mars (evidenti (la “doverosa” prostituzione di una trame su cui intesse le sue corde in Harpoon Point e nella tahitiana ragazza rumena al desco dell’occi- vocali - cristalline o cupe; gregoria- Conturn), scopriamo che il tedesco dente abbiente, la sublimazione dei ne o glissate alla Ligeti – sono lì a s’è messo a giocare “a fare la guer- due adolescenti nel codice ipermi- dimostrarlo. Ci si accosta titubanti ra”. I guerrieri sono sempre loro: gli nimale dei messaggini, la nevrotica a quest’ora di suoni quasi ultrater- aut(siders) di Manchester, magari crisi d’astinenza del consumatore reni, allora, per lasciarsi traspor- sfidati con un pizzico d’attitudine compulsivo, la misantropica luci- tare mano a mano in un universo Punk, ma tant’è. Solo per feticisti dità dello spazzino-filosofo, ecce- a sé stante, fatto di meandri cupi e Sonig e neonostalgici. (5.0/10) tera), poi una veggente ciarlatana aperture al cielo, raggiungendo alla Edoardo Bridda tira le fila di sentenze crude(li) in fine l’intimità rivelatrice di un’oasi un delirio mistico mariano, infine la sonora che mescola tra loro tradi- L’Ocelle Mare – Self Titled chiusura in dissolvenza d’un eroe zioni assai eterogenee. Arabia ed (Ruminance, 15 gennaio senza altra voce che il proprio gi- Europa, accademia e folk, plettri o 2 0 0 7 ) masse d’archi, inquietanti slarghi di Thomas Bonvalet, colui che si na- ritmo o sottilissime lamine di voci: sconde dietro al progetto L’Ocelle non c’è differenza alcuna per la sa- Mare, sforna con la sua chitarra pienza millenaria dell’alchimista. acustica un disco di avant folk stru- Lavoro di non facile assimilazione, mentale che farebbe la felicità di e ce lo si aspettava dati i suoi ante- David Grubbs. Un continuo arpeg- signani e quanto espresso coi Dead giare che srotola lungo tutta la du- Can Dance (che, è bene rimarcarlo, rata del cd – sedici canzoni senza erano comunque su un piano qua- alcun titolo per venticinque minuti litativo superiore), incantesimo av- totali – una serie di buone melodie volgente che lascerà indifferenti o dal vago – e gustoso – sapore jaz- tedierà la maggior parte del pianeta zato, condito qua e là da azzeccati e viceversa sarà gioia degli adepti innesti di field recordings. del culto. Per costoro, si tratta di Inutile dire che si tratta di un lavoro rovagare di fisarmonicista apolide, un’esperienza d’insieme da ascol- raffinato, intransigente e ben rea- senza altra ricchezza che una so- tare e vivere d’un fiato, che gli lizzato. Il basso minutaggio finale pravvivenza sradicata e precaria. verrà più volte levato dalla stessa consente all’ascoltatore di lasciarsi Se le liriche si meritano pieni voti mano della sacerdotessa. (7.0/10) catturare dai fraseggi di Bonvalet per intensità - l’interpretazione sem- Giancarlo Turra senza per questo dover accusare pre sopra le righe però mai gratui- segni di noia e stanchezza. Che in ta, spesso coinvolta fino alla com- Lithops - Mound Magnet certe latitudini sonore rappresenta- mozione - ed originalità - vedi come (Thrill Jockey / Wide, 7 no qualcosa di più di un semplice riescono a rendere l’instupidimento n o v e m b r e ) spauracchio. L’Ocelle Mare, quindi, verbale della “generazione sms” Cosa avrà avuto in mente St. Wer- è un esempio maturo e concreto di in :) - le musiche fanno altrettanto

6 0 s e n t i r e a s c o l t a r e bene, adoperando con disinvoltura Presa di coscienza che in piccolo, perterrito nel suo percorso sulla via trame psych, funk-wave, gighe bal- per Matt Elliott, significa anche ve- di un folk rurale ma trasfigurato. caniche, tango, folk ed electro. Per nire a patti con il suo nuovo ruolo di Gentili droni di violino, una chitarra dire, Kant sciorina ballad folk-rock cantautore. Failing Songs è il disco che pizzicata lascia cantare la sua laconica come un Marlene Kuntz della definitiva consacrazione folk. voce melodiosa nel vuoto, rendo- stemperato Leonard Cohen, Asti- Il bozzolo che finalmente si schiude no i 5 pezzi di A Guide For The nenza esala psichedelia ora attoni- e diventa farfalla. Le dodici canzoni Perplexed un perfetto archetipo di ta ora febbrile (un Marco Parente del programma sono infatti piccoli e struttura ciclica ad uso e consumo al crocicchio di Haight Ashbury), meditati costrutti folk che non han- di quel folk, da ‘teste pensanti’, che Zappertic è un collage di found no neppure più un grammo di quella piano piano, nell’ultimo decennio, sounds televisivi e perturbazioni lanugine elettronica che si posava Mazzacane-Connors ha promosso digitali su tappeto di pianoforte, Il sui due predecessori. ad una (ristretta) ribalta. Di critica, torto e la ragione consuma spasmi Dallo splendido isolamento francese se non di pubblico. Il titolo omag- acidi con agilità disarmante, e così in cui si è ritirato, Matt Elliott gioca gia poi Mosè Maimonide, perfetto via. Il bello è che tutto si tiene per- a fare l’asceta che scrive canzoni esempio di tolleranza interazziale ché il trapasso stilistico è funzio- in odore di eternità. Canzoni clas- con la sua “La Guida dei Perples- nale allo spaesamento ambientale, si” (XII sec.), scritta in arabo, ma al senso di babilonia etico-emotiva. zeppa di citazioni in ebraico, come Forse le canzoni perdono un po’ di esegesi della Torah. (6.0/10) senso ed efficacia se estrapolate Massimo Padalino dal progetto, ma neanche troppo in fondo (ad esempio, a mio avviso Menomena - Friend and Foe una Le campane nuove non sfigure- (Barsuk / Merge, gennaio rebbe in una ideale classifica indie- 2 0 0 7 ) rock nostrana). Una delle più belle I Menomena da Portland sono un sorprese dell’anno. (7.2/10) trio refrattario alla banalità, se è Stefano Solventi vero che il loro nome non ha altro senso e spiegazione che non ram- Matt Elliott – Failing Songs mentare la celebre Mah Nà Mah (Acuarela / Ici d’ailleurs / Nà di Piero Umiliani, mentre il ti- Venus, novembre 2006) tolo del loro primo album (I Am the Ce li figuriamo chiari, i confini del- Fun Blame Monster!, 2003) altro l’Europa perennemente in fieri della siche e asciutte, come fatte da un non è che l’anagramma di The First contemporaneità. I contorni empati- Leonard Cohen che balla un satan- Menomena Album. Cosa aspettarsi ci dei cugini e dei fratelli d’oltralpe, tango sulle rovine della modernità. dunque da una band siffatta se non le contraddizioni da grosse koali- Our Weight In Oil, Chains o ancora una musica composita, genialoide, tion tedesca, le austerità dei paesi Broken Bones sono intrise fino alle sconcertante? Infatti. Immaginate scandinavi, le vetuste desolazioni ossa di umori europei, senza per un acceleratore di particelle ali- dei Balcani e le sottili e cupe re- questo assumere una posa folklori- mentato dalla tracotanza struggen- crudescenze totalitarie della Rus- stica o anche solo allinearsi di stri- te dei Blur e dal fantasmagorico sia putiniana, fino al sentimento scio a questa timida balcanic wave, intruglio black-prog dei TV On The islamico che bussa dalle porte di smossa quest’anno da Jeremy Bar- Radio, quindi mettetelo all’opera Istanbul. Le “canzoni del fallimen- nes con A Hawk And A Hawksaw su canovacci pop/wave alla ma- to” parlano anche di questo, del po- e dai Beirut di Zach Condon. Matt niera dei Wire (Wet And Rusting), sto da cui veniamo e del ruolo che Elliott parla un idioma più antico futuristiche fanfare per vaticini Pe- ciascuno di noi ha con quello che si con l’abilità di saperlo rendere at- ter Gabriel e grumi noir Morphine può cambiare e quello che da seco- tuale. Allora è anche possibile cita- (Airaid), marcette circensi su atto- li resta e resterà per sempre immu- re il Theodorakis di Zorba il Greco niti sfondi Radiohead (Boyskou- tabile. Qui si registra il fallimento e invocare il fantasma della Callas, ts Sweet Boyskouts), smanie tea- di un’ipotesi migliore per il nostro ululare con i cori morriconiani e trali Waits mischiate all’ipertrofia accadere quotidiano. piantare i semi per un domani mi- blues-rock degli ultimi Beatles Terza parte di un’ideale trilogia gliore, se non per un prato, almeno (The Pelican), folk soul immersi in sulle radici di noi stessi, comin- per un giardino. (7.3/10) una glassa cangiante Mercury Rev ciata con la presa di coscienza del Antonello Comunale (Evil Bee) e languori Flaming Lips disastro (The Mess We Made) e narcotizzati gospel (Rotten Hell). Il con la successiva sbornia per can- Matthew De Gennaro - A tutto col drumming costantemente cellare dalla mente i sentimenti di Guide For The Perplexed sopra le righe, le chitarre nevraste- una colpa troppo grande da poter (Epigonic Recordings, niche, i barriti di sax, le traiettorie sopportare (Drinking Songs), Fai- novembre 2006) smerigliate dei synth e quelle tiepi- ling Songs è la presa di coscienza. Matthew De Gennaro prosegue im- de degli hammond, i glockenspiel,

s e n t i r e a s c o l t a r e   le lap steel, i pianoforti, i violon- anni Novanta, ai quali abitudine e Cammut. I tre sembrano aver dige- celli... iperproduzione discografica anco- rito e rigurgitato in queste sei trac- Tutto cospira a comporre un mosai- ra non hanno sottratto forza per- ce interamente strumentali la psi- co di simultaneità e compresenza, suasiva e capacità di sorprendere. chedelica cosmica dei Pink Floyd l’intero repertorio pop/rock a dispo- Walking City appoggia raffinate ta- e quella industriale di Godflesh e sizione con una rapidità ed un’effi- stiere su un robusto rotolare ritmico Hawkwind, il rigore del math à la cacia inedite, quel che ci dicono in e uno sfondo (fanta) entomologico; Don Caballero, il noise-rock anni ogni istante questi tempi d’ascolta- Barracuda accoglie di tutto un po’ - ’90 della Amphetamine Reptile e le tori mai tanto facoltosi e ascolti fin organo reggae, armonica blues, sa- esagerazioni del catalogo Load, in- troppo fuggitivi. Ai Menomena va il pori da Rive Gauche e di nuovo bra- farcendo il tutto di vuoti quasi dub merito d’esserne interpreti entusia- siliani – in magica armonia; Sweet e vertigini ascensionali; insomma, sti, probabilmente anche genuini. Samsara si concede tentazioni jazz la lezione di tutto il rock estremo (6.9/10) sottomarine degne dei Pram. degli ultimi vent’anni. (7.0/10) Stefano Solventi Il titolo del disco indica il proces- Stefano Pifferi so di perdita dell’esoscheletro che Miho Hatori – Ecdysis (Ryko/ è caratteristico degli artropodi e, Nine Horses – Money For I r d , n o v e m b r e 2 0 0 6 ) simbologia voluta o meno, rende in All (Samadhisound / Self, C’era una volta un gruppo geniale, pieno l’idea di un talento multifor- gennaio 2007) simpatico e dal buffo nome, Cibo me e gestito con encomiabile par- In attesa del seguito di Snow Bor- Matto, che esordì alla grande per simonia. A tal proposito, l’autrice ne Sorrow, i Nine Horses di Da- poi perdersi con un trascurabile chiama in causa le cicale: ad ascol- vid Sylvian fanno uscire un paio di secondo disco. I suoi cervelli pen- tare questa decina di canzoni, si nuove canzoni accompagnate da santi – soliti scegliersi compagni di insinua il sospetto che, strato sotto una carovana di remix (di brani pro- viaggio come Sean Lennon, Marc strato, si nasconda invece lo spirito venienti dal succitato album) e da Ribot e Buffalo Daughters - era- dell’altrettanto proverbiale formica. una canzone (Birds Sing For Their no due giapponesi(ne) trapiantate a (7.2/10) Lives, realizzata con Stina Norden- New York, Yuka Honda e, per l’ap- Giancarlo Turra stam) originariamente comparsa punto Miho Hatori. come bonus-track in Giappone. Mo- Chiusi definitivamente i giochi con M o r k o b o t – M o s t r o ney For All è allora un misto tra un la collega, Miho s’è presa il tempo ( S u p e r n a t u r a l C a t 2 5 ep nuovo, un ep vecchio e un tenta- necessario per ripresentarsi con un novembre 2006) tivo di arricchire la discografia che lavoro in solitaria, che porta con sé Il secondo passo ufficiale di questo arricchisce (di spirito, si intenda) una parte non piccola del bagaglio misterioso trio italico è un moloch una persona in particolare: Burnt di suggestioni che rimpiangevamo di 45 minuti, tanto granitico quan- Friedman, uno dei tre membri dei in Viva La Woman. to eterogeneo. Brutalmente sot- Nine Horses. Vocalità di una Bjork con meno tomessi da Morkobot (dominatore Suoi i rimaneggiamenti delle vec- tecnica e ardimento ma pari sedu- delle forze magnetiche e regolatore chie uscite della nuova uscita. Sue zione esotica, tavolozza strumenta- ancestrale dei flussi di coscienza, le nuove ricercatezze e rincorse le sfruttata con gusto e abilità nel- recita la loro bio) Lin, Lan e Len della stessa sensualità delicata che l’incrociare tra loro generi disparati si rifanno pesantemente ad un im- Sylvian corteggia da una vita. Suoi senza strafare sono le coordinate maginario sci-fi che riescono a tra- i riusciti inserti di fiati. che spiegano Ecdysis, benissimo mutare in musica con una strumen- Ma andiamo con ordine. Le prime riassunte dalla title track e da una tazione anomala e una creatività due tracce (la title-track e Get The sospesa The Spirit of Juliet. Da su- piuttosto eclettica. Immaginate dei Hell Out, gli inediti di cui sopra) bito, quel senso di ricercata sempli- Primus cresciuti a pane e H.P. Lo- nulla aggiungono e nulla tolgo- cità che si assapora in molti aspetti vecraft che incidono per la Load e no nell’universo dei nove cavalli. della cultura del Sol Levante – e avrete una idea vaga della propo- che tanti scambiano per freddezza sta contenuta in Mostro. In realtà – diviene una presenza palpabile, la faccenda è molto più comples- nonostante i suoni guardino altro- sa. Capaci di muoversi agilmente ve, verso un pop obliquo cantato tra gli sconquassi à la Lightning in lingua madre (A Song For Kids), Bolt meno caotici, le slabbrature e puntino dolcezze senza luogo (In afasie ritmiche della feroce Zorgon- Your Arms, prossima a una Hanne gollac fino ad arrivare nelle lande Hukkelberg più lineare) o si cari- più remote del cosmo ben rappre- chino di umori adeguatamente ver- sentate dalla dispersione astrale deoro nella conclusiva Amazona. per percussioni e synth della parte Altrove, il calderone propone quegli centrale di Kaklaipus (molto simi- ibridi sonori che abbiamo imparato le al tribalismo degli ultimi Liars) a conoscere e apprezzare da metà o dalla liquida psichedelia noise di

6 2 s e n t i r e a s c o l t a r e turn it on

Ronin – Lemming (Ghost Records / Audioglobe, 14 gennaio 2 0 0 7 ) L’album d’esordio dei Ronin di Bruno Dorella, uscito un paio di anni fa, era noir. Un buco nero che flirtava tanto con i Calexico quanto con Angelo Badalamenti. Post rock e free jazz che convolavano a nozze. Blues cine- matografico che seduceva e meravigliava. Fantasie acustiche e sperimen- tazioni intransigenti. Adesso, Lemming. Il nuovo disco. Che tutto è, tranne quanto ci si aspettava, viste le premesse. Perché Dorella ha spostato la sua creatura in direzioni non inedite ma comunque particolari. Operando una virata stilistica che lo ha portato a ta- gliare i rami più estremi della sua musica – spariscono sia i deragliamenti avant che le prelibatezze pop – lasciando così un tronco sonoro spoglio in mezzo al deserto. L’unica concessione alla forma canzone, allora, è quella poco accomodante di Il Galeone, poesia anarchica scritta nel 1967 da Bel- grado Pedrini e musicata in seguito da Paola Nicolazzi. La versione fatta dai Ronin ne consolida lo scheletro di folk da strada, mentre l’insolita scelta dell’americana Amy Denio come cantante dona una carica esotica ad un pezzo fortemente italiano. Il resto dell’album s’immerge in soluzioni strumentali che odorano di mille fragranze. C’è il Sud America carioca e multicolore di La Banda. C’è l’ossessiva chitarra acustica di Mantra Infernale. C’è la bellissima desolazione di You Need It, Then It Comes, arpeggi psichedelici che sono splendide comete a rigare di malinconia la volta delle stelle. Ci sono le tentazioni etniche di L’Etiope, un passo in avanti verso una world music davvero globale. C’è la riproposizione di Mar Morto, presa di peso dal precedente cd e qui rinvigorita con l’ausilio della nuova band, fugace fotografia di un approccio post rock non del tutto dimenticato. C’è una frase molto particolare, scritta da Dorella nelle note di presentazione di Lemming riservate alla stampa, che fotografa alla perfezione – pur con tutta l’ironia del caso – l’esatta portata di questo disco. “La mia piccola visione, la certezza di essere un musicista suicida e di avere nei Ronin un magnifico gruppo di visionari perden- ti”. Certo, i Ronin perdenti non lo sono. Ma musicisti suicidi, questo può anche darsi. Perché si sono sbarazzati di quel minimo appeal pop che faceva bella mostra di sé in due o tre brani – peraltro ottimi – dell’esordio. Ma fa bene al cuore – e alle orecchie – sapere che lì fuori c’è qualcuno che si lascia guidare dall’istinto e non dai calcoli, dalla passione e non dalla finzione. (7.2/10) Manfredi Lamartina

s e n t i r e a s c o l t a r e   Fungono semmai da anello (poco) nudità - da ascoltare nell’intimità di mancante tra i due tipi di miscela- una casa - come nell’intimità di una tura convocati da Sylvian e da Frie- casa è stato generato. dman. Se quello del primo è infatti At Home With non nascon- il dandismo astrale ricco di etnie de quell’infatuazione per l’avant- marziane e di percussività vicine e folk di cui già Joan Of Arc sapeva lontane, cui siamo abituati, Fried- dirci: ma è disco folk, solo se folk man sviluppa una rarefazione acco- rima con canzone. Non disdegna di ra più jazzy calda e più terrestre, utilizzare, in brani come The Sad forte di un sax (Serotonin, peraltro Waltzes Of Pietro Crespi e Bags Of già forte dello strumento a fiato Bone, destrutturazioni nella versione di Snow Borne Sor- o Gastr Del Sol, ma - immerse in row, ma ora più ottonica di prima; bagno di buonismo e addomestica- ma anche The Banality Of Evil) o di mento sinfonico - fanno di The Sad un arrangiamento chill-jazz (Won- re una serie di remix realizzati dal Waltzes Of Pietro Crespi e Bags derful World, la sua versione di Get losangelino tra il 2000 ed il 2005. Of Bone solo canzoni: che Kinsella The Hell Out). Trattamenti, com’era lecito aspet- conferma di saper scrivere, ma che L’impressione finale è che comun- tarsi, operati sul materiale più di- non riescono a fugare l’impressione que le due menti arrangiatrici siano sparato: dal jazz di Build An Ark di trovarci, dopotutto, al cospetto di reciprocabili, senza sbalzi, senza e Phil Ranelin, all’indie rock dei un David Grubbs in (sopr)abiti da sorprese, senza necessità di un di- Clearlake sino ad arrivare al dub/ chierico. sco apposito. Con qualche piccola hip hop di Busdriver tutti prodotti Le radici, si diceva, ed ecco quasi sfumatura di differenza; ma qui si confezionati con il medesimo tocco, in coda la cover di Femme Fatale: parla di arte della sfumatura, inte- leggero ed elegante, in grado di far eseguita con devozione e quasi sa come artigianato della gestione captare all’ascoltatore la mano del pedissequamente, dirà a qualcuno della sfumatura. Che ci sia stato manipolatore di turno senza però di un Kinsella ancora troppo imbri- dell’arte, beh, de gustibus.(6.2/10) trasformare e decontestualizzare gliato in una rilettura scolastica ed Gaspare Caliri il lavoro originale in maniera bruta asettica di quelle radici; sembre- e selvaggia, metodo assai abusato rà ad altri - il folto stuolo dei suoi seguaci - il gioiello della migliore N o b o d y – R e v i s i o n s da molti produttori contemporanei uscita a nome Owen. (6.2/10) Revisions (Plug Research / in vena di inutili sperimentalismi. Wide, dicembre 2006) Godibilissimo. (7.0/10) Vincenzo Santarcangelo Elvin Estrela (al secolo Nobody) è Stefano Renzi un produttore californiano, uno dei Panda & Angel – Self Titled migliori prodotti della scena elet- Owen – At Home With Owen (Jade Tree, novembre 2006) tronica della west coast americana (Polyvinyl / Goodfellas, Novità in casa Jade Tree. Si tratta balzati agli onori della cronaca nel ottobre 2006) dei Panda & Angel, band slow core corso degli ultimi anni. Lo dico sen- Nei giorni in cui folk pare far rima di Seattle. L’omonimo Ep è dunque za tema di smentita, vista la bontà soprattutto con cerebrale, il nuovo l’esordio di un progetto che si trova dei tre album in studio sino a qui Owen rischia di far notizia nella ad un tiro di schioppo dai Low e dai pubblicati, Soulmates, Pacif Drift sua consueta essenzialità. Indub- Picastro. Ed un retroterra simile è e And Everything Else…, piccoli biamente è sempre garanzia di qualità. Perché i brani ma caleidoscopici acquarelli post stato sobillato dal fascino per la so- mostrano una scrittura valida, pur hip hop nel quale il buon Elvin fisticazione: chitarra sotto braccio, nel rispetto dei canoni del genere. da sfoggio di tutto il suo eclettico ha intorbidato le acque dell’indie Ma non mancano le variazioni sin background fatto di rap, dub, psi- rock a stelle e strisce - di Cap’n dall’incipit Mexico, che è un frullato chedelica, jazz e rock obliquo. Nel Jazz, Joan Of Arc, Owls e Ame- di sensibilità pop che nel finale si suo piccolo (visto che critica e pub- rican Football - con cervellotico lancia in una coda a base di chitar- blico lo hanno spesso snobbato) un cipiglio cantautorale e grazie ad re e strumenti a fiato. Nella succes- talento senza margini, senza confi- intuizioni in verità non sempre del siva Dangerous il ritmo accelera e ni, difficilmente etichettabile e per tutto messe a fuoco. le distorsioni fanno la loro rumoro- questo capace di qualsiasi gesto, Ma Owen è il progetto grazie al sa comparsa. Con China invece la dal più sublime al più mediocre. quale Kinsella torna a fare i con- band stacca la spina e culla l’ascol- Se per distrazione, incuria o negli- ti con le radici: della propria terra, tatore con una struggente ballata in genza nessuno dei tre album men- innanzitutto, e della musica che acustico. zionati è passato dai vostri lettori ama. Ormai da cinque anni, suona Un lavoro ben fatto. (7.0/10) cd, è adesso il caso di correre ai sempre lo stesso disco: ben scritto M a n f r e d i L a m a r t i n a ripari procurandosi questo nuovis- ed arrangiato, immediato e diretto simo Revisions Revisions, attra- - come immediate e dirette sono le verso il quale è possibile recupera- canzoni che si mostrano nella loro

6 4 s e n t i r e a s c o l t a r e sempre lungo una linea di malinco- tra impegno e disimpegno, tra folk nica accortezza melodica. Gli archi e pop, tra palco e telecamere. An- di Il paese immobile, il riverbero di che in questo Racconti e canzoni chitarra alla Waters di Colpi a vuo- Pippo rifiuta il “compromesso”, tira to, il basso effettato in Declino e ca- dritto facendo la propria cosa. Se duta che volteggia sul lavorio elet- concede deviazioni, si tratta di ma- tronico di Hue. Forse il tutto è un teria per palati fini, tipo una cover po’ troppo rigido, ma probabilmente di Brel (Amsterdam), un duetto con è un effetto collaterale per ottenere l’americano Bob Gault (in Welco- una forma così pulita. (7.0/10) me Home) oppure l’asciutta, trepi- Ps. La grafica delle produzioni Tra- da, insospettabile rivisitazione di zeroeuno è una gioia per gli occhi. Vorrei incontrarti dal repertorio del Antonello Comunale primo Alan Sorrenti. Figuriamoci. Niente sfracelli da ipermercato, no. Ma una onesta, appassionata testi- Passo Uno – Il Passato Pippo Pollina - Racconti monianza d’autore. (7.0/10) Riemerso OST (Trazeroeuno, e canzoni (Storie Di Note/ 2 0 0 6 ) Egea, dicembre 2006) Stefano Solventi “Passo Uno si propone di realizza- Venticinque anni di carriera per il re atmosfere sonore strettamente cantautore siciliano, celebrati con Primordial Undermind - legate al rapporto con l’immagine, 25 canzoni estratte da recentissi- Loss Of Affect (Strange che sia essa statica o in movimen- me esibizioni in Svizzera (la sua Attractors / Goodfellas, 14 to”. Questa breve frase presa dal patria adottiva) e Roma, distribui- novembre 2006) sito della formazione milanese Pas- te in un cofanetto (cd + dvd) sobrio Negli album dei PU vige una regola so Uno ha già lo status del mani- ed elegante proprio come la filoso- suprema; far sì che stimoli discre- festo d’autore, della missione da fia di quel tour, concepito per duo tamente disparati - dalla ferocia assolvere come artisti. Sono in tre (Pippo al piano, chitarra e voce, più distorta, al folk cosmico, al velluto (Alessandro Bider, Stefano de Pon- il bravo Enzo Sutera alla chitarra orientale - entrino in ogni caso a far ti, Andrea Avolio) e sono già alla “senziente”) oppure in trio con l’ag- parte del gioco. Nessun gioco. O seconda colonna sonora dopo quel- giunta dell’attrice Serena Bandoli meglio, tutti: ogni elemento in gra- la per il documentario Villa Sotto- al reading e al canto. Una brusca do di apportare significato stilistico casa – Luoghi Volti e Suggestioni. generosità, un’intensità che non (poco importa se forte o meno). Il Passato Riemerso è un lavoro ha bisogno di belletto, la coerenza In Loss Of Affect questo dogma, che si appoggia invece al documen- di Pollina a sfidare per l’ennesima manco a dirlo, è rispettato con pre- tario Memorie di Crespi D’Adda – Il volta quel controsenso che lo vuo- cisione. La terna 3Rd Class Sissy Passato Remoto di Stefano De Pon- le fenomeno per pochi malgrado – Driftglass - Blinding Stars è una ti e Michela Mozzanica. Coadiuvati una cifra cantautoriale tesa ma non specie di brano uno e trino spezzet- per l’occasione dalle registrazioni certo complicata. Un Fossati meno tato lungo l’album, in cui convivono sul campo di Hue che si occupa an- pensoso (Il pianista di Montevideo), percussioni minime ma caotiche, di- che del missaggio finale, il disco in un vibrante De Gregori (Centopas- storsioni noir-acide, jam astronaute questione può tranquillamente es- si), uno sdegno De André che non Bardo Pond - Hawkwind, crescendo sere catalogato alla voce ambient. scorda mai la tenerezza (19 Lu- psicotici, droni gorgoglianti e sovra- Musiche d’ambienti, sapientemente glio 1992), un lirismo accorato che toni assortiti. Intercessor intona una miscelate con i campionamenti di s’ammorbidisce latin-blues al modo zona glaciale di sibili e rimbombi e Hue, stabiliscono lo scheletro di un del miglior Nino Bonocore (Questa si evolve in dark ambient progressi- lavoro in cui ogni elemento è cesel- sera). Dimostrando en passant che vo e musica concreta primitiva. lato con parsimonia e controllo. Che se e quando vuole possiede la co- E dopo lo space-psych rétro arriva una colonna sonora viva vita propria municativa d’un Baglioni o del pri- la canzona modale acustica free- anche senza il supporto delle imma- mo Venditti (Sotto la ruota) senza form Fahey-iana (strumentale, s’in- gini è il maggior complimento che si con ciò venir meno a se stesso. tende) di Breathe Deep, e solo in possa fare a lavori di questo tipo, Strano dunque che uno con tali seconda battuta lo sketch cosmico e il caso in questione rientra certa- capacità, il background vero e da rituale esoterico di Pertussis, mente nella categoria. Gli eleganti sofferto, quel pizzico d’inevita- con dodecafonia stellare e implo- interludi, che in numero di quattro bile presunzione e – last but not sioni noise sullo sfondo. Rimango- si alternano per tutto il disco stabili- least - faccia d’attore (lo è davve- no, a completare il puzzle, il folk- scono una forma di musica strumen- ro - e di un certo successo - per rock dell’iperuranio di Tremens, tale raffinata, che si concretizza so- la tv elvetica), in Italia non abbia l’electro free-jazz ambientale di prattutto con emozionanti arpeggi di mai saputo affrancarsi dallo sta- Color Of Nothing e la soundscape chitarra acustica persi nell’ambiente tus di culto. Gli è mancato – non di tremori spaziali di In Violation. a mo’ di presa diretta. lo ha cercato - il guizzo canzonet- Sulla carta tutto è dunque incasel- Il resto del programma si muove tistico che ricomponesse la frattura lato in un rigido disegno da divina

s e n t i r e a s c o l t a r e   alle melodie, che suonano senza ria del suono, vede qui una delle ombra di dubbio folk, arrangiamen- sue rappresentazioni più brillanti. ti semplici, ma efficaci nel creare L’abbaiare di un cane, un sospiro la migliore cornice per il canto e femminile, il dialogo di un film, un sottolineare i testi. Buon disco che cinguettio, dei gabbiani, e mille al- lascia intuire e aspettare una pro- tri dettagli dialogano con la “voce duzione futura migliore. (6.9/10) narrativa” del laptop per creare una Andrea Erra realtà virtuale impenetrabile, che tende a nascondersi e a rivelarsi P u n c k – A C o n s t a n t piano piano, timidamente. Migration (Between Reality Quando tutto questo viene assem- And Fiction)(Creative blato al meglio, Punck non ha nulla Sources, novembre 2006) da invidiare a più celebrati esteti Che siano le estati senza pioggia del suono come Loren Chasse e , mentre il mastering provvidenza; l’impatto è però disor- di Hue, le memorie che fanno ru- Steve Roden di Hue enfatizza un retrogusto per ganico, talvolta verbosetto, o privo more di Kinetix, le dediche ad Alan certa dark ambient di matrice in- di una direzione cardinale. Qualora Lomax di Fabio Orsi, o ancora le dustriale, dando un tono particolar- si giochi per sottrazione, tuttavia, musiche dei vari Ielasi, Rinaldi, De mente metropolitano al disco. All’in- la risultante porta un tasso di co- Gennaro, Borrelli e i regali ad Ete- scienza poetica elevato e non con- ro Genio, la scena italiana dell’elet- terno del cd, una dedica: “Dedicato troindicato, difficile e non ostico, tronica di ricerca e dell’elettroacu- a chi ha viaggiato con me verso il avanguardistico e non supponente. stica di frontiera è ormai una realtà centro dell’universo”. A chi ha viag- (6.3/10) solida, tangibile, personale, appas- giato e a chi viaggerà avendo que- Michele Saran sionante. Adriano Zanni, Punck, fa sta colonna sonora. (7.4/10) parte di tutto questo. Da un lato A n t o n e l l o C o m u n a l e Priska – La fureur de distribuisce suoni altrui attraverso papavoine (Nota, novembre la meritoria net-label Ctrl+alt+canc, Rivulets – You Are My Home 2 0 0 6 ) dall’altro – ed è la parte che ci in- (Important, 28 novembre Giovane artista di formazione clas- teressa ora – crea in proprio ricer- 2 0 0 6 ) sica (è diplomata in chitarra) in catissimi lavori di creativa ambient Se pure ancora, idealmente, parte questo album di esordio si muove music. del giro Chairkickers dei Low, Na- al confine tra sonorità cantautorali Approdato per l’occasione sulla than Amudsen suona oggi più soli- e folk, echi di musica antica e ar- portoghese Creative Sources, per tario che mai, dopo tre anni passati rangiamenti essenziali. il suo secondo disco Punck trova a solcare in lungo e largo i palchi Le musiche sono composte da un’intestazione quanto mai cal- europei. La filigrana di eterea di- Priska, mentre i testi (in italiano, zante. Perché di questo si tratta: sperazione che accompagnava i dialetto friulano e francese) sono migrazioni costanti tra la realtà e suoi primi due dischi viene rispetta- di Lino Straulino, uno dei più im- la finzione. Un titolo che parrebbe ta anche qui, anzi viene sottolinea- portanti rappresentanti della sce- perfetto per un’ode alla sala cine- ta amabilmente dalle sapienti mani na musicale friulana. Priska scrive matografica e che per la natura di Bob Weston, che sostituisce Alan prediligendo atmosfere scure e ritmi stessa dell’operazione traduce per- Sparhawk in cabina di regia. lenti: affida alla chitarra (prevalen- fettamente la suggestione primaria You Are My Home è un po’ un salto temente acustica) il ruolo di pro- di questi luoghi e di come questi di qualità per il cantautore di Dulu- tagonista mentre gli altri strumenti luoghi “suonano”. th, che passa alla distribuzione Im- sono chiamati a caratterizzare i bra- Le costruzioni di Punck sono as- portant dopo essere stato amore- ni colorandoli con pochi tocchi (ad semblate con elementi variabili di volmente allevato dai Low. Lo stile esempio il flauto nella prima trac- elettroacustica, microwaves, con- è appena più confidenziale rispetto cia Jesus mari o il breve riff di ta- cretismi, drones. Nei vuoti abis- alle scarnificate melodie di Debri- stiera in Dans le bureau des objets sali di A Constant Migration, Pas- dment. Le canzoni sono arrangiate perdus). Anche dove il ritmo si fa saggi, percorsi, aperture o ancora meglio e figlie di un’attenta medita- più vivace – la traccia 7, Sans della splendida Hagakure (II, 105) zione in studio, laddove arrivano gli amour, con un malinconico violino , l’ascolto diventa un avventuroso amici di sempre a dare una mano: o la successiva Vita, animata dal percorso con la benda sugli occhi. Jessica Bailiff, Chris Brokaw, LD suono della chitarra elettrica – si Una tappa silenziosa per tastare la Beghtol (the Magnetic Fields), Jon respira il profumo di una giornata realtà delle cose e tradurre con la DeRosa (Aarktica), Marc Gartman che volge al tramonto avvolta nel- nostra coscienza quello che credia- (No Wait Wait), Brian John Mitchell la nebbia. Bella Dut l’amor con il mo di intendere. L’ascolto acusma- (Remora), Aaron Molina (if thou- suono dell’organo a dare un sapo- tico di cui parlavano i teorici della sands), e Mimi Parker (Low). re sporco alla melodia. musica concreta e che concentra Se anche le cose si fanno in modo Songwriter raffinata Priska unisce l’attenzione sulla natura prima- più professionale, alla base resta

  s e n t i r e a s c o l t a r e turn it on

The Shins – Wincing The Night Away (Sub Pop / Self, 23 gennaio 2007) Un lavoro dalla scrittura limpida e dagli arrangiamenti rotondi. Sezioni ritmiche compatte e voce in primo piano. Un suono potente ma levigato. Un’attitudine scanzonata unita a momenti agrodolci e meditativi. Comporre un album pop a tutto tondo, con ogni tassello al giusto posto, è sempre stata l’ambizione di . Per questo aveva scelto Phil Ek nel precedente Chutes To Narrow e per lo stesso motivo ora punta anche su un nome di peso come Joe Chiccarelli, un pezzo da novanta del desk con un curriculum zeppo di stelle (Beck, Elton John, U2, Rufus Wainwright, Bon Jovi, Bangles, sua eminenza Brian Wilson, Zappa e dozzine di altri) e Grammy. Il personaggio chiave insomma, colui in grado di dare la sferzata giusta a quegli Shins che nel frattempo sono diventati fenomeno di punta di un certo pop-psych che ama giocare di sponda tra la California e l’In- ghilterra, un gruppo la cui notorietà è cresciuta tantissimo negli ultimi due anni riempiendo sale e facendo rientrare abbondantemente la Sub Pop degli investimenti fatti. Registrato nel seminterrato di proprietà del cantante a Portland, Wincing The Night Away - terzo album per l’egida Shins dal 2001 - è lo specchio di queste speranze e desideri. E con un singolo come Phantom Limb tutto sembra tornare perfettamente. L’attacco è splendido, l’equilibrio tra slancio emotivo e nostalgia altrettanto misu- rati, il contorno di batteria, tastiere e chitarra ineccepibile. Funziona pure la saga della speranza a base di “oh oh” anni ’80 sul finale. Si rischia lo stucchevole, è vero, ma siamo dalle parti del classico e tutto si perdona. A primo acchito l’album pare l’Ocean Rain (Echo And The Bunnymen) degli Shins, poco slancio in sedicinoni panoramici, ma non è esattamente così. Di fatto, il suddetto brano di punta divide idealmente la tracklist: da una parte l’iniziale Sleeping Lessons dall’attacco onirico in circolarità di tastiere che detona in un pop-punk aereo (roba da far saltare le folle ai concerti), la brillante attitudine psych sotto mestizia Morrissey di Australia e il rombo di chitarra di Pam Berry (omaggio ai Jesus And Mary Chain, secondo Mercer), dall’altra una Sea Legs con la chitarra legata, le sincopi e il canto leggermente salmodiato, poi la tensione che scema nella ballata bucolica Red Rabbits e nelle non eccelse Spilt Needles e Black Wave, salvo poi recuperare mordente in brani dal jangling chitarristico come o nella smithsiana Girl Sailor (in odor degli amati twang sessanta). Un andamento ondivago dunque, che toglie il riflettore dal capolavoro e lo posiziona su un set comunque vivo, generoso e non meno intrigante. Pagato il pegno all’arto fantasma, gli Shins sono entrati in major league con il beneplacito degli indie-kid. (7.0/10) Edoardo Bridda

s e n t i r e a s c o l t a r e   sempre quel piglio da Nick Drake chitarra elettrica poco rumorosa e , l’album autunnale, che solo con la propria la canzone acustica appena elet- è un lavoro quasi interamente so- chitarra si lecca le ferite della vita. trificata, con qualche accenno di lista, in cui Bell oltre ad utilizzare Can’t I Wonder lo dice chiaramente drum machine per stare al passo strumenti elettronici suona anche il prima di chiudersi a passo soste- coi tempi (ancora I Hate You Rob basso. L’unico ad accompagnarlo è nuto con la batteria in crescendo. Crow, Ring). Joey Yates che suona la batteria Meglio ancora fa la title track, che Certo che Rob ha un modo peculia- in W. L’apporto di Yates seppure flirta evidentemente con lo spaesa- re di suonare la chitarra che riscatta fugace è molto significativo e tra- mento delle cose migliori di Jessica tutto il disco, con un’innata capacità sforma le atmosfere ambientali dei Bailiff. Ma più che ai soliti sospet- nello svelare il potenziale mathy di restanti altri due brani (GB e IDK, ti, questa volta Rivulets fa pensare ogni riff (deformazione Pinkback?); molto Braxton oriented) in un jazz soprattutto ai rollercoaster desolati ne dà continua dimostrazione, già progressive di gran classe che ri- di Mark Kozelek (Red House Pain- dall’inizio (Bam Bam); sviluppa in- corda certi Soft Machine. ters) e ai fiumi che portano veleno trecci chitarristici che raramente si Lo stile di Connor attinge a piene di Chris Hooson (Dakota Suite). To limitano all’arpeggio, ma si concen- mani alle espressioni più avanguar- Be Home, You Sail On, quelle note trano sul cambiamento di piccole diste del jazz creando un legame di piano che accompagno il “there strutture. C’è che però le sue testu- con l’elettronica che segue le orme is no happy ending”, dicono di un re non accumulano tensione; di con- degli sperimentatori più indomiti autore molto più sincero del resto seguenza non possono trattenerla (Braxton, per l’appunto e prima di della schiatta intimo-cantautorale. per accrescerla, come fa il math- tutti). E poi gli uccelli. Il loro can- (7.0/10) rock. Sarà il vivere bene. Ma così ci tare per quarti di tono che ha ap- Antonello Comunale si rischia di annoiare. (6.3/10) passionato tanto Oliver Messiaen, Gaspare Caliri quella leggerezza della voce, squil- Rob Crow – Living Well (Temporary Residence / S h e d d i n g – W h a t G o d Goodfellas, gennaio 2007) Doesn’t Bless, You Won’t Rob Crow si dà da fare, eccome. Love; What You Don’t Love, Dozzine di progetti, collaborazioni, The Child Won’t Know amici. Lo troverà il tempo per con- (Hometapes, 14 novembre fezionare bei dischi? A quanto pare 2 0 0 6 ) tutto questo lo appaga, e figlia, e Un tributo a Eric Dolphy e alla voce fa dischi dove parla di come vive degli uccelli. Così definisce Connor bene. E Living Well è il nuovo di- Bell aka Shedding il suo secondo sco dell’ex cantante-chitarrista de- album. Tra i primi a produrre un di- gli Heavy Vegetables, e l’attuale sco per l’etichetta Hometapes (Now dei Pinback, nonché di mille altre I’m Shedding, 2003), Bell proviene cose (a titolo d’esempio, si divide da Louisville, nel Kentucky ed è lì a metà i The Ladies con Zach Hill, che cresce come musicista, orien- tuono tonante degli Hella). tato verso Mouse On Mars, Nurse lante, atonale, trova in quest’album Ci felicitiamo per la sua serenità, e With Wound e Faust . Il jazz rap- una sua interpretazione. Un umile e ci ascoltiamo un disco di ballate non presenta una scoperta molto tarda appassionato omaggio a chi, come troppo impegnative, ma ricercate, per lui, ma definitiva e irresistibile. loro, ascolta il mondo con un orec- di un approccio lo-fi contradditto- Il suo amore per Dolphy sta alla chio diverso dal nostro. (7.0/10) riamente ripulito, non imbellettato base di What God Doesn’t Bless…, ma reso innocente, per non dare fa- un disco che passa al setaccio i ge- Daniele Follero stidio. Queste melodie di derivazio- sti musicali del sassofonista ame- ne grunge (in I Hate You, Rob Crow ricano tagliuzzando e ricomponen- Spigo - Luci stanche (Bad lo spunto più interessante è la coda do i suoi fraseggi di ampio respiro Flower, novembre 2006) melodica del ritornello, figlia di (campionando soprattutto le sue All’esordio per Bad Flower, i vicen- Cobain, come tutta Focus) o indie esecuzioni con il flauto) riuscendo tini Spigo pestano e ringhiano come ’90 (i soliti Pavement in No Sun, le a ricomporli rispettandone i linea- fratellini dei Marlene Kuntz sotto extension Built To Spill in Burns), menti caratteristici e senza spez- il poster degli zietti Sonic Youth. passando dagli Eels più rilassati zettarne la continuità. L’effetto è E con questo abbiamo detto quasi (Liefeld), sono forse più adatte ad etereo, lieve, con field recordings tutto. Salvo che l’attitudine noisy essere ascoltate come sottofondo elaborati da live electronics, che è totalmente accademica, la furia di una qualche attività estranea al- dialogano con sax e flauti campio- si dipana embedded come un tema l’ascolto puro della musica (magari nati. Frutto di tre anni di performan- messo in bella e la bruttacopia nel un’attività quotidiana di quelle che ce live al fianco di artisti come Da- cestino. Per quanto s’impegnino fanno stare bene il nostro). Balla- vid Grubbs, Dat Politics, Comets nel gioco duro, per quanto i testi te che vivono sulla soglia tra una On Fire, Greg Davis, Mountains e mirino il bieco letterario, ci si ferma

6 8 s e n t i r e a s c o l t a r e sulla soglia della profondità, l’im- E allora gli ospiti si chiamano Jar- patto è energico ma privo di sca- vis Cocker, a recitare non senza brezza, sostanzialmente innocuo. una vena sarcastica, un classico Cosa manca, a questi ragazzi? E’ dell’infanzia, le paradossali avven- una storia vecchia come il cucco. ture di The Lion and Albert, Bonnie Certo, dimostrano di saper mano- “Prince” Billy a cantare la malin- vrare bene gli attrezzi e la materia, conica ballad Puff The Magic Dra- e non è poco. Ma il tormento lirico gon, Stuart Murdoch nel delizioso d’un Godano, quel languore sfocato walzer-ninnananna Florence’s Sad che s’incendia(va) acido, non è una Song, Cerys Matthews nella seba- cosa che s’improvvisa. O c’è, o te stianiana White Horses, Kurt Wa- lo regala la vita a suon di strapazzi gner con coro di bambini e archi (e non sono cose che si augurano nella ballad ariosa di Inch Worm. E così, a cuor leggero). naturalmente Stuart Staples nell’in- In questo Luci stanche le catarsi si canto per archi di Hushabye Moun- dopo Searching For Melody, 2003 consumano come da copione, sono tain, e nella conclusiva sussurrata e l’omonimo dell’anno successivo) un gioco che conosci, che sai già Hey, Don’t You Cry. Turner ripresenta la formula vincen- come va a finire, come capita alla Nella cultura anglosassone la let- te a base di cantautorato a forti tinte ballad noir di Cerebrofilm o alla teratura per l’infanzia costituisce folk, ma virato questa volta verso un nevrastenia brumosa di Io non rido un ricco filone, anche per quanto punk-garage sixties in cui centrale abbastanza. Altrove poi accadono riguarda gli illustratori, che con- è l’operato del farfisa. Ciò che ne veri e propri errori strategici, quan- fluisce nella letteratura inglese, esce è un bulldozer profondamente do l’immaturità conquista la scena con una lunga tradizione in questo americano che tritura garage-blues, e fa sbraitare il chorus di Scacciato senso, risalente all’Ottocento; il punk, country’n’roll come niente come un Grignani (argh!) in fregola progetto è quindi inserito in questo fosse: Reject The Future è un as- rockettara, per non dire della milon- ambito, anche come riscoperta di salto cow-punk che ricorda i primi ga acre di Non creo amore sperpera- song e storie ormai dimenticate che Meat Puppets; Stupid Blues una ca- ta tra sciocche derive pseudo-Muse vale la pena di conoscere, secon- valcata epica e storta in un minuto (ri-argh!). Non mancano altresì se- do le intenzioni degli autori, e che netto, molto vicina ad alcune cose gnali positivi, in particolare quella si innesta perfettamente nel pop di del gruppo madre, periodo Piece Of Oscenità dove turgidi deliri Afte- artisti quali Belle & Sebastian e Tin- Cake; Everyone’s An Ex riesuma i rhours (periodo Germi) squarciano dersticks. Un disco assolutamente ritornelli appiccicosi dei , un mood vagamente Portishead, in tema quindi, tra candori childi- mentre in Banzai Against Nature la ma anche quella Docili che rivan- sh, ballad malinconiche e spleen voce di Turner è pericolosamente ga certi Radiohead chitarrosi tra esistenzial-romantici, umori ironici, vicina a quella di Michael Stipe. interessanti baluginii digitali. Ok, in cui i motivi infantili, innestati dai La stramba The Party’s Over funge consideriamoli gli ultimi compiti di ricchi arrangiamenti e dalla coralità poi quasi da spartiacque grazie al scuola. Consideriamo esaudito il del progetto, rendono il risultato un suo caracollare ubriaco, dato che rito iniziatico. Poi, ragazzi, c’è da delizioso esperimento nel suo ge- nella seconda parte dell’album i lavorare. (5.2/10) nere. (6.7/10) suoni prettamente garage sembra- Stefano Solventi Teresa Greco no svanire come in una dissolven- za incrociata per lasciare spazio ad Stuart Staples & Dave Steve Turner And His Bad atmosfere più propriamente sixties, Boulter – Songs For The Ideas – New Wave Punk in cui organi e tastiere si accompa- Young At Heart (Cityslang / A s s h o l e ( F u n h o u s e / gnano alle chitarre, i tempi rallenta- V2, 26 gennaio 2007) Goodfellas) no e il tutto risulta meno aggressivo. Troviamo così piccole perle come I Da un’idea di Dave Boulter nasce il Per la serie a volte ritornano, que- Know You Scorpio, con melodie alla side-project Songs For The Young sta volta è il turno di Steve Turner, (argh!) Eagles, Pushing Up Daisies at Heart, un disco di canzoni, sto- già leggendario chitarrista dei Mu- su cui aleggia il fantasma dei Doors, rie e ricordi infantili condiviso con dhoney, forse i più sottovalutati del o Baby Baby Baby che nei suoi co- i sodali Stuart Staples e .Neil Fra- lotto dei grungers di inizi anni ’90. retti si abbevera di effluvi B52’s. zer dei Tindersticks, coadiuvati da Non nuovo ad excursus al di fuori un manipolo di artisti scelti per del gruppo madre (dal garage-punk Come in una sorta di viaggio a ritro- ogni pezzo. Una rivisitazione del dei Fall-Outs all’hard rock-blues so nel tempo dal punk-garage pre- mondo dei più piccoli, attraversato dei Monkeywrench col sodale Mark 77 alle melodie da stagioni dei fiori dalla musica ascoltata anni fa alla Arm, fino ai depravati sonici Thrown caratterizzate da un suono vintage, radio, in televisione, nelle recite Ups) Turner da qualche tempo a Turner ha confezionato forse l’al- scolastiche, per “giovani nell’ani- questa parte si spende anche in bum più gradevole della sua carrie- mo” come si dice nelle note di pre- prima persona. In New Wave Punk ra solista. (6.5/10) sentazione. Asshole (terzo disco in solitario Stefano Pifferi

s e n t i r e a s c o l t a r e 6 9 Svarte Greiner - Knive (Type Skovdin e The Dining Table) fatto di nel folk e nel songwriting, anche di / Wide, novembre 2006) passi nell’erba, mulinelli di remi e stampo classico (Bowie su tutti). In questo finale 2006 i bagarini corde, tribalismi dell’africa profon- Merito di Bejar, certo – chi ha ap- sono in fermento. Le scommesse sul da, sia un’architettura del sopran- prezzato Rubies di Destroyer non doom folk sono in piena salita e se naturale grazie all’organo (le brume potrà che gradire Widow’s Walk, gente come Black Forest/Black Sea più tipicamente Deaf Center ma so- lo scarabocchio Malkmus A Venue potrebbe tranquillamente patroci- pratutto Black Tape For A Blue Girl Called Rubella, o il barlume Robyn nare parte della scena, più indietro di The Black Dress), e all’appeal Hitchcock The Freedom - ma an- sicuramente dovremmo citare l’eter- medioevale. Soltanto un vocalizzo che delle alchimie sonore che si no lavoro di David Tibet, leader dei di musa, presente a sprazzi in tutto vengono a creare di volta in volta, sempre quotati Current 93. il lavoro, riempie gli spazi rimasti in- in un insieme pastoso e oscuro di Dopo Xela a portare omaggio ai custoditi dalla materialità boschiva. sovraincisioni (chitarre, tastiere, maestri delle colonne sonore del- La sua bellezza suggellerà l’opera elettronica analogica e non, per- la paura, l’etichetta Type presenta con l’eunuca (e mortifera) preghiera cussioni, drum machine) - e freake- il secondo capitolo della persona- Final Sleep. L’antieroe assurge al rie assortite. Tanto che lo stesso le saga horror con l’ottimo Svarte cielo. Il disco-fato si compie. discorso vale quando sono Krug e Greiner, metà dei Deaf Center, ov- Grande lavoro d’ambienti per Kni- Mercer a prendere il comando: vedi vero Erik K. Skodvin. ve. Consistente spessore visivo e le più convenzionali All Fires e Are persino (anche se non direttamen- You Swimming In Her Pools, ma Con Knive il norvegese confeziona te paragonabile) più convincente e anche il blob Tv On The Radio di sfaccettato dei già buoni Deaf Cen- Nubile Days e Petersburg, Liberty ter. Xela è ancora un gradino più Theater, 1914 (che vedremmo bene su. Ma un gradino non è una scala. intonata da Micah P Hinson), o il (7.2/10) twist psicotico e sgraziato di The Edoardo Bridda Partisan But He’s Got To Know (Nick Cave in combutta con Panda Bear & Co). Indicazioni di massima, Swan Lake – le nostre: perdersi in questo mag- (Jagjaguwar / Wide, 21 ma in fondo è piacevole, e forse è novembre 2006) meglio gettar via la bussola per gu- Il Canada è una realtà con cui or- starsi ogni sfumatura, ogni cambio mai siamo ben abituati a fare i conti, d’atmosfera. Chiamatelo freak-folk- tanto che la bandiera con la foglia pop, se volete una definizione. d’acero è diventata una garanzia L’impressione tuttavia è che rispet- di qualità esattamente come quel- to ai recenti Grizzly Bear - per tirar la a stellestrisce e la Union Jack. fuori un nome - questi altri animali una collezione di tracce d’ambient Cosa aspettarsi allora se musicisti abbiano decisamente una marcia scura fatta d’arpeggi alla chitarra provenienti da band indie apprez- in più. Sapere che Swan Lake sarà elettrica a picco nel vuoto, archi zate come Destroyer, New Porno- un progetto autonomo – i tre hanno sospesi alla Badalamenti ridotti a graphers, , Sunset Rub- promesso alla label almeno un altro fantasmi di se stessi e, soprattutto, down e uniscono le forze disco – diventa così una promes- un campionario concreto di suoni in un supergruppo? Se poi sul cd sa per il futuro. Staremo a vedere. legnosi e metallici ognuno protago- troviamo il marchio della Jagjagu- (7.2/10) nista nella traccia che ne richiama il war, un pronostico negativo diventa nome. In My Feet, Over There la tra- ancora più improbabile. Troppo fa- Antonio Puglia ma s’abbevera di cigolii di porte, pa- cile, direte voi. E intanto il progetto Tall Firs – Self Titled vimenti scricchiolanti e uno sfregare Swan Lake, mostro a tre teste che (Ecstatic Peace, novembre di oggetti contundenti non ben iden- vede coinvolti Dan Bejar, Spen- 2 0 0 6 ) tificati, nella landa jazzy di Ocean cer Krug e , è proprio Basterebbe l’iniziale More To Come Out Of Wood è rievocata la nave del quello che ci si aspetta dalla somma per inquadrare i Tall Firs come l’en- movie The Fog, tanti sono i richiami delle parti. E anche qualcos’altro. nesimo gruppo sorto sulla scia del- all’acqua e allo sfregare dei legni. In Beast Moans (e qua l’accosta- la rinascita folk o weird-folk ame- Pian piano il lavoro scivola morbido mento agli Animal Collective viene, ricana. Eppure il trio newyorkese e sicuro in una mistica-ritualistica, come dire, istintivo) ogni brano è un al (tardivo) esordio per la Ecstatic come se, da un’iniziale thrilling à la laboratorio sonoro, ogni melodia il Peace, è uno di quelli che sa gioca- Blair Witch Project, l’immaginario punto di partenza da cui si svilup- re di fino. Sembrano una versione protagonista scoprisse frammenti di pano intuizioni eccentriche e appa- no freak della Akron/Family, sci- senso tra architetture del trascen- rentemente casuali; un’idea obliqua volano sullo stesso piano scosceso dente e voci celesti. del pop che può ricordare Xiu Xiu dei Codeine, si permettono di usa- Da qui si dipana sia un filone etno e Parenthetical Girls, ma che ha re tutti gli elementi di base del ge- dark alla Xela (In An Ordinary Hike comunque le radici ben piantate nere ma rifiutandone in toto l’hype.

7 0 s e n t i r e a s c o l t a r e turn it on

Tin Hat – The Sad Machinery Of Spring (Hannibal/Rykodisc, 30 gennaio 2007) Erano partiti come trio. Il Tin Hat Trio di Mark Olson, Carla Kihlstedt e Rob Burger. Perso quest’ultimo, divennero un Quartet con l’ingresso in forma- zione di Ben Goldberg e Zeena Parkins. Ora per il nuovissimo lavoro, il primo licenziato da Hanninal/Rycodisc, diventano addirittura un Quintet, con l’aggiunta del multistrumentista Ara Anderson. Deve essere stata pro- prio questa assidua tendenza a cambiare line-up a convincerli a tagliare la desinenza finale, lasciando solo la radice Tin Hat. Se c’è qualcosa che non cambia invece è l’immutata meraviglia della musica. The Sad Machi- nery Of Spring ci riconsegna senza grandi cambi di registro l’universo musical-gitano del Tin Hat Trio. Una terra di nessuno dove cadenze teatrali convivono fianco a fianco a rozzezze country-folk, dove gli umori caldi del mediterraneo sposano le dolenze balcaniche e il realismo magico sud americano va a braccetto con l’esoterismo ebraico; in definitiva un treno in corsa che attraversa regioni diverse e solo apparentemente inconciliabili come jazz, blues, folk, musica da camera. Un colpo al cuore per uno come Tom Waits che si auto invitò su Helium e li ha sempre sponsorizzati.

The Sad Machinery Of Spring trova radice nel lavoro dell’artista ebreo-polacco Bruno Schulz, romanziere e arti- sta grafico ucciso per strada, nel 1942, da un ufficiale nazista. Quello di Schulz è un mondo kafkiano, grottesco, malinconico, che non a caso ha dato ispirazione ai Brothers Quay, per il loro The Streets of Crocodile. E’ pro- prio nell’intersezione tra l’esistenzialismo mitteleuropeo di Schulz e le visioni fantastiche dei fratelli Quay che possono trovare sistemazione brani leggeri ma mai evanescenti come The Secret Fluid of Deusk, la splendida Daisy Bell cantata dalla Kihlstedt o ancora meraviglie come Dionysus che sembra un frammento del Bolero di Ravel rifatto dalla Penguin Cafè Orchestra. Il clarinetto di Anderson, l’arpa di Zeena Parkins e soprattutto il violino della Kihlstedt sanno tirar su dal nulla, ampie e immaginifiche scenografie come l’eden misterioso di The Land Of Perpetual Sleep.

Molta della musica dei Tin Hat è vicinissima all’ideale di crossover folk transculturale dietro cui va dietro Jeremy Barnes con gli A Hawk and a Hawksaw, con la differenza che Olson e la Kihlstedt non lavorano mai di addizione. Piuttosto la loro è una mirabile sintesi ed è anche per questo che ormai hanno uno stile riconoscibile. L’Esperan- to, come titolavano in un loro vecchio brano, piuttosto che una fugace fiera dell’est. (7.3/10) Antonello Comunale

s e n t i r e a s c o l t a r e   Due chitarre suonate in punta di The Earlies - The Enemy meglio nella macedonia orgiastica corda, minimo e melodie Chorus (Secretly Canadian, di Breaking Point, sorta di raga bal- essenziali; questi gli ingredienti 23 gennaio 2007) canico come un profluvio di gomita- necessari ai tre per servire un ricco Manipolo mancuniano/texano ri- te a qualsivoglia aspettativa. Devo piatto che, in un eccesso di umiltà, velatosi col tonitruante avant-pop dire che faccio fatica a trovarci un descrivono come electric folk. Tall di This Were The Earlies (Wea, cuore di carne e sangue, per quanto Firs è un unicum atemporale, pro- 2004 - Secretly Canadian, 2005), non manchino momenti più franchi fondamente intimo e personale, in The Earlies calano oggi la carta del e nudarelli (come la title track). Ma cui trovano spazio melodie vocali secondo esordio, essendo il prede- nel carosello di rapimenti non fai in desolate e introverse, intrecci di cessore una raccolta di materiale tempo a sentirne la mancanza. Un chitarre sul guado tra disperazione già edito nei formati minori (come disco che ci dice dove siamo, come e bellezza, batterie “spazzolate” e del resto denota quel “were”). Ecco stiamo, dove saremo nei prossimi rintocchi lievi di organo quasi che quindi la versione aggiornatissima cinque minuti. Mica poco. (7.1/10) il disco stesso fosse una questione del combo più eccitante in circo- Stefano Solventi privata. lazione, o comunque uno dei più Così Don’t Complain si nutre delle emblematici fenomeni sulla piazza. The Long Blondes – Someone melodie dell’ultimo Oneida, ma le Già, perché è tutta una rielabora- To Drive You Home (Rough rivede in versione disidratata – non zione pop-psych, un gioco d’incastri Trade / Self, 13 novembre solo unplugged, sia chiaro, ma ri- e accostamenti e giustapposizioni, 2 0 0 6 ) dotte all’osso; Buddy/Baby è una fidando nel desiderio di finzione Arriva finalmente il momento del magistrale nenia che accompagna giocata da entrambe le parti dello debutto sulla lunga distanza per stereo. Una zona franca dove sti- questo quintetto da Sheffield, che li diversi s’incontrano nell’illusoria da un paio d’anni, grazie a qualche coincidenza d’intenti e forme, una singolo art-wave azzeccato rila- coreografia di movenze mecca- sciato da oscure label indie (Gid- niche, sguardo onnicomprensivo, dy Stratospheres, Separated By trovate instancabili e farneticanti Motorways), aveva fatto drizzare epifanie. La trasfigurazione cine- le antenne nell’ambiente brit che matica dei Mercury Rev è solo una conta. Alla fine è stata la Rough delle fragranze principali, laddove Trade ad accaparrarsi The Long tastiere luccicose, ottoni e slide no- Blondes, secondo un copione an- stalgiche srotolano un country soul nunciato che li aveva visti per tutto apolide Scott 4 (The Ground We il 2005 “best unsigned band” e futu- Walk On), una laconica congettura ri cocchi di NME e affini. Da questa Wire impasta le spezie di un sogno storia, sentita e strasentita, ci si futurista Kinks (Burn The Liars), aspetta il solito disco ultra-hype di dolcemente per l’intera durata con grugniti electro-blues tallonano new-new-new wave (le generazioni i suoi intrecci strumentali, mentre agnizioni wave Depeche Mode fat- ormai non si contano più…), e per The Breeze è una outtake scarnifi- te a pezzi e frankensteinizzate da certi versi è proprio così. cata e fantasmatica dai Sonic You- qualche pazzoide art-prog (Bad Is th ultima maniera (da A Thousand As Bad Does), dove infine - tanto Leaves in poi). Quando i tre perdo- per tagliare corto - un Beck si aggi- no il controllo con The Woods (quasi ra in un sogno beatlesiano tra ron- che il richiamo della foresta fosse zii in reverse, arpeggi vibratili, riff irrinunciabile) ecco il maelstrom so- di ottoni e spaesamenti Beta Band noro che culmina con la spettaco- (Foundation and Earth). lare batteria multiforme di Sawyer Tale impasto di soul e psichedelia, nella parte centrale. Dopotutto non di electro e prog, di pop iperbolico di pivellini si tratta, avendo Sawyer e folk smerigliato, di stravisione si- trascorsi in studio e live con gente derale e acida, è difficile da definire del calibro di Mekons, At The Dri- perché non mira ad una sintesi ma ve-In, Fiery Furnaces e TV On The alla simultaneità, è un metagenere Radio, mentre Mullan ha spesso consapevole d’esserlo, è il Major collaborato con Chris Corsano. Tom contemporaneo con l’IPod nel Disco umorale ed eclettico, intrin- cervello spedito a perdersi nella secamente folk e quasi confiden- varieta della capacità (della memo- A dirla tutta, questi ragazzi prove- ziale, Tall Firs è una di quelle gem- ria), tra arrangiamenti che sono al- nienti dalla stessa cittadina inglese me nascoste da raccomandare solo trettante occasioni di manipolazio- che ha dato i natali a Human Lea- agli amici più cari. (7.2/10) ne e mutazione, come capita nella gue, ABC e - soprattutto - Pulp Stefano Pifferi strutturata Little Trooper e ancora qualche carta in più da giocare ce

7 2 s e n t i r e a s c o l t a r e l’hanno. Non soltanto l’orecchiabili- piro. Non un succhiasangue ma un TK Webb – The Phantom tà della maggior parte dei brani di mostro che si nutre di sentimenti, Parade (The Social Registry Someone To Drive You Home, una che usa l’amore per ottenere in cam- / Goodfellas, 21 novembre fucina di singoli come era l’esordio bio potere. È l’ennesimo spunto al 2 0 0 6 ) dei Franz Ferdinand (con cui condi- macrotema, un pamphlet sulla ses- Secondo disco per Thomas Kelley vidono la stessa fascinazione per gli sualità e sull’ossessione d’amare, Webb, qui accompagnato da una Orange Juice), ma anche la perso- dell’alienazione del sesso-plastica, vera e propria band dopo il prece- nalità e il carisma della frontwoman l’ennesima piega di una società non dente KCK (2005) che lo vedeva Kate Jackson, un po’ , troppo diversa da quel mondo b-mo- alle prese col suo blues aiutato da un po’ Siouxsie / Karen O, un po’ vie horror da sempre inscenato dal sole chitarra e percussioni. una Morrissey / Jarvis Cocker in combo. Registrato in Transilvania The Phantom Parade costeggia gonnella (occhio ai testi, dunque). in seguito a una di quelle classiche folk, rock e roots music, lambendo Aggiungiamo ambizioni avant-wave vicissitudini-peripezie che fanno il nuovamente il blues ma stavolta in à la Gang Of Four / Pop Group e mito, l’album - che si avvale dell’ot- maniera minore (l’apertura con The la produzione di Steve Mackey dei timo contributo della Film Orchestra Desert, You Got Faded, il lo-fi di Pulp, e così ci spieghiamo perché di Bucarest - suona molto lontano Wet Eye’d Morn), tra nostalgie dy- non solo questi brani divertono come da Duck Step e dalla musica sketch laniane (l’armonica in apertura del- dovrebbero, ma reggono i paragoni (eccezion fatta per Elevation); torna la ballad sghemba Sunday Night, con contemporanei rispettati come piuttosto a testa alta al format Wor- tra elettrica e tastiere, il country Futureheads e già citati Franz Fer- mwood, ma senza perdere di vista scarnificato della title track), rock dinand (Heaven Help The New Girl, gli arrangiamenti. sbilenco con richiami stones-iani sorta di nuova Take Me Out) fosse Mark Of The Male (la parte dove (Which Witch, Oh Baby No), folk anche soltanto per quell’attitudine il protagonista accarezza l’idea di elettrico (Lesser Dude) e tutto un art-punk à la Slits sposata a Smiths diventare un serial killer) funziona campionario di brani omaggio, a e Libertines (su tutte le quasi de- alla grande: proietta un riff di syn- continuare idealmente la tradizio- menziali Separated By Motorways, th acquoso su un muro nudo d’in- ne. Un songwriter con la passione ), con quel dustrial Chrome fatto di cadenze per la musica delle radici, al di fuori pizzico di provincia brit che fa tanto possenti, improv chitarristici e kling di ogni hype. E questo basta, per His n’Hers (You Could Have Both, klang. Buoni anche tutti gli episo- un disco tutto sommato godibile Weekend Without Make Up). Just di che scoperchiano il dub gotico for fun, è chiaro, ma con più spes- di marca Scorn (Life) come quello sore di quanto si creda. (6.7/10) etnico à la Laswell (tracce di Mate- Antonio Puglia rial in Elevation). Tra le bad side (e ce ne sono) non si nascondo le osti- T h e R e s i d e n t s - T h e nazioni della vecchiaia: Isolation è Residents Present Tweedles! il classico interludio rez tastieroni, (Mute, 27 ottobre 2006) suspence e rullo di tamburi (senti- Guai a sottovalutarli, i Rez. Mal- to mille e più volte), Ugly At The grado due prove non proprio en- End l’altrettanto abusato tribalozzo tusiasmanti, la furibonda attività balinese con coraccio straziante in marketing e le infinite ristampe e falsetto. Fortunatamente però un side project multimediali, i quattro brano come Stop Signs è la dimo- di San Francisco, a circa un anno strazione di una senescenza anco- di distanza dal precedente Animal ra lontana. Si può sempre cavare Lover, ci riprovano riuscendo a qualcosa di nuovo dal tipico sostra- anche se privo di particolari picchi. stupire dove prima avevano deluso to angelico-demoniaco dell’album Prendere o lasciare. ( ) (o confermato un’autoreferenzia- “religioso”, portandolo magari verso 6.5/10 lità eccessiva). Anche nel nuovo una palude techno-tribale, oppure Te r e s a G r e c o capitolo regna l’aplomb teatrale, il aggiungendo un effetto concreto... Two Dead Bodies – Reflect concept album performativo e musi- Lo zenit non dura a lungo, eppure (AfeRecords-Bar La Muerte, cale assieme, lo show tragicomico quando l’equilibrio instabile tra i li- aprile 2006) ad alto tasso di pathos, espedienti rismi decadenti dell’Est, le spezie Una dissezione del corpo rock alla ai quali i Nostri sono affezionati fin mediorientali e l’avant spettacolo C.S.I. – Miami, al tempo stesso dalla fine degli Ottanta; eppure, già s’innescano, Tweedles è davvero scientificamente meticolosa e tre- dalla trama, il discorso sembra vin- un bello spettacolo. Anche la storia mendamente opprimente. Questo cente e tale si confermerà. del clown sessuomane così com’è, offrono i due corpi morti – al secolo Tweedles, liberamente ispirato a non è niente male (i testi di Brown Mauri e Reali, già attivi come I/O e John Wayne Gacy (un serial killer Cow, Keep Talkin’ e Sometimes so- con la EbriaRecords – in Reflect, pri- che aveva lavorato come pagliac- prattutto). (6.8/10) ma collaborazione tra la Afe records cio), è un clown e assieme un vam- Edoardo Bridda e Bar La Muerte di Bruno “OvO” Do-

s e n t i r e a s c o l t a r e   rella. Il duo esuma dal cadavere del episodi, un po’ come se Vanessa Non è altro che folk-pop, ma è pro- rock l’anima più intima e profonda, togliesse l’otturatore e riprendesse prio folk-pop. (6.6/10) quella atavicamente tribale e reite- in soggettiva quel che (le) capita tra Stefano Solventi ratamente ritmica partendo da pre- cuore, testa e memoria: trepidazio- supposti tutto sommato rock, anche ni minime, certe folgoranti euforie, William Elliott Whitmore nella strumentazione. Un tour de for- distacchi a muso duro, malinconie - Song Of The Blackbird ce ritmico che si sviluppa in cinque grigiastre, insomma quelle cose lì, (Southern/Wide, 8 novembre pezzi sofferti e privi di titolo, poiché da sempre pane e companatico del- 2006) è l’essenza ciò che conta, non i det- la vita e (quindi) del folk-pop. Chiamatela, se volete, american tagli; E qui la materia rock è trattata Genere che viene applicato con folk music. Non c’è definizione più visceralmente, aperta indagata la- puntualità e disinvoltura, con agile calzante per quello che William cerata e poi riassemblata, mediante e parco dispiego di mezzi ed espe- Elliott Whitmore ci canta e suona, gli strumenti del noise tribale, della dienti (i cicalecci luccicosi del jingle piantato nel mezzo di una terra più distorsione, dell’effettistica. mitologica che reale a ricordarcene Musica ancestrale e intensa, pre- la profondità, la durezza, l’impronta suntamente rock per timbriche ma indelebile al centro del grande So- destrutturata, sviluppata in un conti- gno Occidentale. Lui e quel banjo nuum che fa sfociare, di tanto in tan- fatto di nervi e filo spinato, la chitar- to, riferimenti e influenze rivomitati ra che pettina turbamenti e amarez- dopo una fagocitazione incessante: ze, il vocione che stempera bianco e gli Helmet squadrati e il Merzbow nero, spleen e mistero, inquietudine allucinato nascosti in Reflect – Part e furia. Ad aiutarlo troviamo talora la One; i Liars soppressi/repressi in batteria asciutta e puntuale di John Reflect – Part Two; il moloch god- Crawford, più Dave Zollo al piano fleshiano della finale e estenuan- e all’hammond. Quel che ne esce te Reflect – Part Five. Nomi utili, sono folk agri e blues sabbiosi, cupi però, solo a dare coordinate a chi rituali di appartenenza country, soul legge; chi suona invece sembra in- irruviditi di frontiera appalachiana, consciamente rifarsi ad una primor- tutto così risaputo ma totalmente diale instabilità emotiva che assume jangle, la croccante rugosità dei riff, “in parte”, capace di creare con le ora i tratti di un minaccioso assalto i tiepidi fondali d’organo, le ficcanti suddette particelle elementari spa- all’arma bianca (le prime 2 tracce), traiettorie della e-bow, il piano che zi armonicamente suggestivi, caldi, ora sconfinando verso territori quasi rimaglia le ritmiche e puntella le ar- genuini. raga,con tanto di sciamanico vociare monie...). Soprattutto con uno starci Si ascolti la ballad con l’anima in bi- in sottofondo, tanto è il calore man- dentro leggero e naturale, come al- lico di Rest His Soul, la melodia dy- trico proposto da un pezzo come Part tro non si meritano questi bozzetti in laniana corroborata gospel di Take Five. Se questo è il tipo di incursio- punta di cuore, come diversamente It On The Chin, la vischiosa The ni in ambiti rock della Afe, di solito non potrebbe questa voce setosa e Chariot (con l’hammond a scaraboc- dedita a produzioni elettroniche, sa- arguta. Tutto molto risaputo se vo- chiare un assolo liquoroso) o infine remmo ben felici di accogliere nuovi gliamo, ben avviato lungo il solco l’amarezza arresa di Everyday. Ven- sconfinamenti. (7.2/10) che attraversa cantautorato e AOR, gono in mente i soliti, scomodi para- inquietudine e radici, la west coast Stefano Pifferi goni, da Robert Johnson a Johnny coniugata pop, la rurale urbanità Cash passando per una versione Vanessa Peters & Ice Cream e la trepida dut- Lucinda Williams scarnificata di Bob Seger, però se On Mondays – Little Films tilità Beth Orton, le peregrinazioni mi è concesso azzarderei anche un (Little Sandwich Music / BMI, sentimentali di una e Aimee Mann pizzico degli Hootie & The Blow- 20 novembre 2006) la tradizione screziata college alla fish più essenziali, non fosse per lo Tra Dallas e l’Italia si compie que- maniera di certi Jayhawks. sforzo estetico di compiere l’ennesi- sta quarta fatica lunga di Vanessa Vanessa non offre coordinate nuo- ma “reunion” tra sensibilità bianca e Peters, sceneggiatrice e protago- ve, ma la propria sensibilità e de- nera, che la band di Columbia dila- nista di tredici canzoni ben dirette vozione. Qualche volta sta un po’ pidò presto sull’altare dell’AOR. In- dal producer Salim Nourallah, coi troppo nei ranghi (Signposts, Such vece, Mr. Whitmore non si fa frega- tre Ice Cream On Mondays da Ca- Good Actors) ma altrove libera re. Il suo country blues suona vero stiglion Fiorentino bravi ad interpre- fantasmi tex-mex (Big Time Un- e polposo, senza altre “corruzioni” tare il non facile ruolo di backing derground), guizzi no-depression che non l’estrema pulizia formale. band (e senza incresciosi retrogusti (Bonnie & Clyde) e morbidezze Per tutto ciò, merita ben più d’un da spaghetti western). Per quanto psych (Never Been Good) che è apprezzamento di genere per il ge- non si possa parlare di concept al- una bellezza. Come dire, una certa nere. (6.8/10) bum, c’è tuttavia una strutturazione prevedibilità è il giusto rischio da Stefano Solventi per “scene” che tiene assieme gli correre per raggiungere lo scopo.

7 4 s e n t i r e a s c o l t a r e You Should Play In A Band mostrano voglia di far respirare il voce e percussioni. – Self Titled (BlackCandy / repertorio, prima con un folkettino Poi il ritorno nel 2006. Il titolo Audioglobe, 20 novembre che se la gioca tra delicatezza e ru- omaggia il meraviglioso Tea For 2006) vidità (Borders Of Lovers), poi con The Tillerman e i presupposti sem- E così un giorno la Juniper Band una ballad letargica e profumata brano a suo favore: Yusuf torna a scoprì l’ebbrezza di rimettersi in (Our Beautiful Land), una roba tipo imbracciare la chitarra acustica gioco. L’occasione fu un set acu- i Pecksniff che rifanno i Red Hou- ripescando nel labirinto delle me- stico nel maggio del 2005: forma- se Painters. Sulla stessa falsariga morie il prezioso ex-collaboratore zione rimpolpata (due chitarristi e le due cover: una tirata When You Alun Davies. Ne risulta, dispiace una cantante in più), arrangiamenti Dance I Can Really Love You mes- dirlo, un buco nell’acqua. Il recu- rigirati come calzini, pianoforte, or- sa lì per dare una scossa e dichia- pero della storica I Think I See The gani, violino, tromba, qualche cover rare orgogliosa appartenenza al Light perde il confronto con la ver- a guarnire il tutto, e soprattutto la club degli younghiani, e la ben più sione precedente omaggiando un sensazione di aver toccato alcu- riuscita World War Pigs di Julian beat all’acqua di rose. La cover ni punti parecchio sensibili. Quella Cope, ettolitri di rabbia sublimati Please Don’t Let Me Be Misunder- sera in pratica nacque You Should nel folle caracollare d’un bozzetto stood suona enfatica e quasi astuta Play In A Band, non un side project - pixiesiano. Non starò a girarci in- (voglia il ‘Gatto’ farsi perdonare da come ci tengono a sottolineare - ma torno: in prospettiva è un progetto chi l’aveva additato per la mezza una band sorella della Juniper, dalla degno di attenzione, a patto che adesione alla fatwa contro Salman quale si fa imprestare sette canzoni venga reciso l’ingombrante cordo- Rushdie?). Midday testimonia lo per questo esordio, rileggendole alla ne ombelicale. (6.4/10) smalto del vecchio songwriting ma, luce di un folk-rock denso e spezia- Stefano Solventi causa il mix di Rick Nowels (già to. Si va dal country rock impetuoso con Madonna e Dido), tiene distan- e nostalgico - il piano al galoppo e Yusuf (Cat Stevens) – An te l’ascoltatore. Heaven commuove la tromba sguainata, tipo Nick Cave Other Cup (Polydor, 2006) nella strofa e banalizza nel ritornel- adottato dalla combriccola Calexico Parafrasando lo spot per una nota lo. Greenfields cita (anche troppo) (Gemini) - alla psichedelia mesta e marca di patatine si direbbe che Imagine e Over The Rainbow. May- irrequieta, che tra cigolii di violino Cat Stevens nella vita “le abbia be There’s A World ‘cantilena’, ma ed evanescenze varie chiama i Low provate veramente tutte”. Parliamo i bimbi di oggi non sono più quelli di religioni e filosofie, naturalmen- dei ’70 e le tematiche del ‘mondo te. Nato da padre greco ortodosso migliore’ si possono cantare anche e madre cattolica, Steven Demetre con un pizzico di fantasia in più. Georgiou viene svezzato in realtà Inutile l’interludio When Butteflies dalla swinging London e dalle mode Leave; Whispers From banalizza del momento. È l’inciampo di un ri- oriente e musica etnica. covero per tubercolosi a fargli ri- Question: riuscirà Yusuf a recupe- pensare una carriera altrimenti già rare quel tanto del proprio ingegno rilassata sul pop da salotto buono per farcene dono una volta ancora? di Matthew and Son e New Masters. Answer: no. La forza che tendeva Dal folk sui generis di Mona Bona passione e dolcezza ai tempi che Jackon in poi azzeccherà nove al- furono era la ricerca di una rispo- bum eleganti, orecchiabili e origi- sta, che oggi non perde occasione nali in un melting pot di rimbalzi per ricordarci d’aver trovato. Lui da un Credo all’altro. Buddismo, Crede. (5.9/10) Cristianesimo, Taoismo, New Age, Filippo Bordignon a flirtare coi Dirty Three (Cold Bo- virate oscure verso la numerologia dies). (con l’album del ’75 Numbers). Poi, Quel che si respira è insomma guarda caso, la conversione defi- un’aria ben diversa rispetto al cupo nitiva avviene grazie a una scam- slowcore targato Juniper, ma la filia- pata disgrazia; il Nostro si spoglia zione è evidente e impone una certa di fama e chitarre e lascia tutto o monotonia al programma, malgrado quasi per la fede islamica. Di tanto le atmosfere beneficino dei liquidi in tanto negli anni registra qualche inneschi psych, di umori cinematici, album a nome Yusuf Islam (The Life del rapimento seventies portato in of the Last Prophet, ’95); si tratta di dote dalla bella voce di Maria Giu- materiale didattico per diffondere lia, che doppia sistematicamente l’ultima sua certezza a quanti vor- il timbro tormentato di Francesco ranno ascoltarlo. Qua e là, come Begnoni. Le due tracce inedite, una stizzosa concessione, una can- che non a caso aprono il disco, di- zoncina dedicata ad Allah per sola

s e n t i r e a s c o l t a r e   Backyard

mantiene in nuce tutti gli elementi Of Trees, Turbulence, Shy Retirer, che hanno contribuito a fare della (Afternoon) Soaps... Mancherebbe città della costa orientale una sce- Here We Go, ma va bene uguale. na in sé, con le varie coloriture e In fondo basterebbe soltanto la car- sfumature di grigio che da sempre tolina d’addio che i due hanno scel- la contraddistinguono. to per suggellare il tutto: una ver- New York (in musica) è sempre New sione meravigliosamente ubriaca di York. (7.0/10) It’s A Heartache di Bonnie Tyler e Stefano Pifferi il divertissement per casio e voce Bon Voyage – le trovate entram- Arab Strap – Ten Years be come ghost track dopo There’s O f Te a r s ( C h e m i k a l No Ending-, uno sberleffo e omag- Underground / Audioglobe, gio insieme, a se stessi anzitutto. 7 novembre 2006) Fosse un necrologio – in fondo lo AA.VV. – Dovevamo aspettarcelo. The Last è – diremmo: “vogliamo ricordarli Vol. 3 (Soul Jazz , 2006) Romance era un titolo inequivoca- così”. (7.2/10) Continua a buon ritmo la riscoper- bile. Eppure non si può non provare Antonio Puglia ta dell’undeground newyorkese del una punta di amarezza nell’appren- periodo fine ’70 inizi anni ’80 da dere dello scioglimento degli Arab Herbert - 100 lbs reissue (K7 parte della Soul Jazz. In questo Strap, che – notiamo - arriva a un / Audioglobe, 13 novembre terzo volume della serie l’occhio anno circa da quello dei compari 2 0 0 6 ) del curatore si sposta su un versan- Delgados. Come se una generazio- Matthew Herbert non è mai stato te decisamente più ostico rispetto ne di indie rock scozzese si stesse uno sprovveduto, tanto meno uno alle precedenti raccolte. Non solo estinguendo, o meglio, crescendo che rincorre le mode. Anche quan- per la presenza di gente del calibro decida di intraprendere altre, nuo- do apparve con un album sotto lo di Martiv Rev o Ike Yard (di recente ve strade. Bando alle malinconie, pseudonimo di Herbert, mettendo osannati con una raccolta su Acu- in ogni caso: sono gli stessi Aidan assieme i tre eppì che raccoglieva- te), ma per l’intero tenore dei quin- Moffat e Malcom Middleton che ci no la primissima infornata delle sue dici pezzi qui presenti. invitano ironicamente a salutare produzioni, aveva un’idea chiara di Fraseggi industrial-tribali (Loss di il loro “pensionamento” con Ten come doveva suonare l’house del- Ike Yard), synth-pop per il giorno Years Of Tears, non certo il solito l’epoca. Anche allora, aveva avuto del giudizio (Nudes In The Forest di greatest hits – dalla Chemikal non un’intuizione: partendo da un con- Dark Days), punk sintetico e diffor- ci si poteva aspettare altrimenti - cetto ne aveva ricavato una sintesi me (Boris Policeband), funk-blues quanto un regalo per i più fedeli e sonica. deviato (James Blood Ulmer), no- affezionati. Era un periodo dove i generi che wave percussiva (Ut). In pratica Diciotto tracce tra singoli, demo, andavano per la maggiore erano tutti i prodromi di ciò che oggi ve- live, alternate take che, aldilà del diamo uscire dal seno della Grande valore filologico e rappresentati- Mela. vo, finiscono per fornirci un ritratto Pezzi monstre della raccolta sono particolare della band: più sporco, la lunga Temptation di Martin Rev, punk e divertito (vedi le prime cose: una nenia proto-techno in cui rivive Islands, l’esordio neworderiano il messaggio degli immensi Suicide, First Big Weekend, I Saw You – “de- e la fantastica ripresa di Jailhouse dicata” a Isobel Campbell - e su tut- Rock da parte di Judy Nylon, roba te Gilded, tra Fall e Joy Division) da far rabbrividire operazioni sep- e non necessariamente depresso e pur piacevoli come Nouvelle Va- tristissimo come fama vuole. Certo, gue. poi le perle sono tutte lì a ricordar- Una raccolta che, seppur meno ci quanto meravigliosamente tristi “rock” rispetto ai precedenti volumi, hanno saputo essere i due: Packs

  s e n t i r e a s c o l t a r e tutt’altri, in primis drum’n’bass ma che si è estesa fino ai giorni nostri, soprattutto una dance molto mu- Malcolm Ross è entrato subito dopo scolare, fatta di mega produzioni e a far parte di Orange Juice, Aztec anthem, inni house per grandi loca- Camera e Blancmange; Weddel e li, orge groove; eppure c’era ancora Terrance hanno formato gli Happy tanto da imparare dall’ambient hou- Family su 4AD. se dei primi Novanta (Fingers Inc., La compilation Entomology racco- Tyree, Deep Dish, Omniverse). glie le Peel Session dell’81, il citato Con la reissue, l’uomo ritorna Sorry For Laughing, The Only Fun sull’argomento: “I had an idea of In Town (altro disco postumo) e i what house music should sound singoli. Influenzati in ugual modo like in that period and I followed dal punk, dai Pere Ubu e dalla sce- that through, with a combination of na newyorkese post-77 (Television) very dry acoustic sounds and very così come dai Velvet Underground, clear electronic sounds”. Questa No More Borders e Back Back Back la band oscilla tra chitarrismo svel- l’essenza dell’esordio sulla lunga Back l’acid viene destrutturata e to (Heads Watch, Sorry For Lau- distanza di Herber,t ristampato con poi ricomposta dentro l’intestino. I ghing ), pop soul e funk che pare un bonus disc di remix del periodo Hadn’t Known (I Only Heard), I’ll uscito da solchi Orange Juice e 1994-2000 forse anche più impor- Do It e Trafalgar Road infine arran- Pop Group (Endless Soul, Chan- tanti dell’originale. Un album anco- giano il late night singing al groove ce Meeting, Heart of Song), oscure ra fresco dunque, fatto di sonorità più sensuale della casa. trame post-punk che rimandano a asciutte e calibrati inserti acustici. È la compila definitiva dell’House Joy Division, Sound e Fall (Drone, Una variante dentro il genere che, più salottiera dei ’90 e, per gli ultra Sense Of Guilt) nonché schegge se rappresenta materia di scambio musicologi, il fuoco cammina con psicotiche alla Talking Heads (Fi- per addetti ai lavori, suonerà a tutti me della “maturità” dell’uomo (Back nal Request). gli altri come una collezione di sti- To The Start). È quanto basta per Uno dei gruppi cardine che avreb- lose tracce dance per nulla stagio- portarvelo a casa. (7.2/10) be avuto influenza su molte scene, nate. La versione bianca ed english Edoardo Bridda dalla C86 alla Creation fino all’in- mannered del sound house inventa- die-pop e ai giorni nostri (Franz to dai neri. Rude è breakbeat funk Josef K – Entomology Ferdinand per fare un nome), i con tastierini ambient house, Desi- (Domino / Self, 20 novembre kafkiani Josef K restano i più oscu- re alterna un classico 4/4 a un riff 2 0 0 6 ) ri ed enigmatici tra gli artefici del di synth post-Carpenter, Thinking Dopo gli Orange Juice la Domi- “suono di Glasgow”. (7.5/10) Of You è puro succo groove da no rispolvera gli Josef K, altra Teresa Greco scuola di Chicago che si apre a cult band di inizio Ottanta, a ca- smalti spaghetti house (naïf senza vallo tra post-punk e pop, sempre & Crazy Horse esagerare), Friday They Dance ri- per la label scozzese Postcard di – Live At Fillmore East, chiama più direttamente l’ambient Alan Horne. Il gruppo di Edimburgo 1970. Neil Young Archives house, Oo Licky è un’altra di quelle (Paul Haig, Malcolm Ross, David Performance Series Disc chicche che facevano la felicità di Weddel, Ronnie Torrance), nato dal 02 (Warner / Reprise, 14 club come il nostrano New York Bar punk con i TV Art, ebbe vita esi- novembre 2006) (mito degli After Tea della domeni- gua e tormentata, tra una serie di “Because sound matters”: l’adver- ca anni ‘90). Sul bonus cd le cose singoli, un album mai uscito (Sor- tisement dell’adesivo in copertina si fanno sperimentali e ancor più ry For Laughing, pubblicato poi racchiude tutto il senso dei Neil interessanti: Back to The Start è nel 1990) e tensioni sparse, fino Young Archives, un’operazione pia- roba che i Matmos hanno ascolta- a sciogliersi prematuramente nel nificata da anni e finalmente giunta to molto attentamente, The Puzzle 1982, prima della pubblicazione del adesso al suo primo, fatidico capi- gioca con i glitch in una sorta di vi- mini The Farewell Single su Les tolo (che in realtà è il vol. 2, men- deogame ’80 (chiara anticipazione Disques du Crepuscule. Paul Haig tre il vol. 1 conterrà un concerto di molta microelettronica 8 bit), in ha continuato una carriera solista acustico, previsto per i primi mesi

s e n t i r e a s c o l t a r e   del 2007… il solito, ineffabile Mr sonico senza pari di Down By The Shakey). Il suono anzitutto, perché River e Cowgirl In The Sand, qui in- nonostante i suoi cassetti traboc- cendiarie come non mai. E il resto chino di materiale inedito - dal vivo della scaletta non è certo da meno, e soprattutto in studio - , il vecchio con un paio di rarità come Winter- Neil, da audiofilo incallito quale è long (poi pubblicata nella raccolta (ricordate l’attesa infinita per la Decade e coverizzata, tra gli altri, rimasterizzazione in cd di On The dai Pixies) e Wonderin’ (cui toc- Beach?), alla reperibilità del mate- cherà la strana sorte di resuscitare riale preferisce la qualità sonora. nella beffa rockabilly di Everybo- Ecco quindi che il primo dei suoi dy’s Rocking), più il regalo di Neil bootleg ufficiali è in realtà un’esibi- a Danny, Come On Baby Let’s Go zione nota ad ogni younghista che Downtown (qui in un contesto de- si rispetti, quella del marzo 1970 al cisamente più solare che in Toni- Fillmore East di New York insieme ght’s The Night). ascolti la “nuova” versione di I Am ai fidi Crazy Horse; per lo stesso Insomma, c’è tanta di quella mito- The Walrus -, l’esito, decisamente motivo la scaletta originaria, che logia in ballo a rendere impossibile psichedelico, a volte fa saltare dal- prevedeva anche un set acustico in qualsiasi stroncatura, e – questo è la sedia - Being For The Benefit of apertura, è ridotta ai sei brani elet- proprio il bello - la qualità del tut- Mr. Kite! che tracima in I Want You trici catturati al meglio sul soun- to non è da meno. Tanto che alla -, altre risulta un po’ forzato - Dri- dboard. versione cd si affianca un DVD au- ve My Car/The Word/What You’re Niente che finora non si potesse dio in 5.1 per assaporare una volta Doing, della serie “chi più ne ha, ne recuperare in veste non ufficiale, per tutte il suono perfetto. A questo metta” -, altre ancora ha del mira- e tanto basterebbe per lasciare a punto non è difficile immaginare il coloso - l’arrangiamento d’archi ad bocca asciutta tutti quegli appas- loner che sorride sardonico, al pen- hoc per l’ormai celebre While My sionati che da anni sbavano al solo siero di aver giocato ai suoi fans Guitar Gently Weeps acustica -; e, pensiero dei tesori nascosti del ca- il miglior tiro mancino possibile… in ogni caso, ritrovare l’ottuagena- nadese. Tuttavia, il valore di que- (7.5/10) rio producer coinvolto con il figlio in sto documento è e resta alto, e non Antonio Puglia un’impersonazione dei 2 Many Dj’s potrebbe essere altrimenti dato che - sentite un po’ Within You Without il concerto è la viva testimonianza You / Tomorrow Never Knows - non – Love (Emi / di uno dei momenti più alti della era una cosa che francamente ci Capitol, 17 novembre 2006) carriera iniziale di Young. Every- aspettavamo, specie con i risulta- Lo diciamo subito: quella che, dopo body Knows This Is Nowhere è ti che ascoltiamo su disco finito. 1 e Let It Be… Naked, ha tutto uscito da pochi mesi, e alla guida Viene da chiedersi se, separati dal l’aspetto dell’ennesima uscita na- dei Crazy Horse – di lì a poco a de- contesto originario dello spettaco- talizia a nome Fab Four è in realtà buttare in proprio con l’aiuto di un lo multimediale, questi quasi 80 la colonna sonora di un omonimo membro aggiunto d’eccezione come minuti di musica possano davvero spettacolo del Cirque du Soleil, Jack Nitzsche, presente anche qui reggersi sulle proprie gambe. La ri- che ha debuttato lo scorso 30 giu- alle tastiere – c’è ancora quell’ani- sposta è: certo che sì. gno a Las Vegas nel plauso di diretti ma persa di Danny Whitten. Il da- E non solo perché il materiale è interessati e non. Il fatto che inve- mage done e Tonight’s The Night quello che è - per avere conferma ce Love venga pubblicizzato come sono fantasmi di un futuro ancora delle virtù mitopoietiche ed evo- il nuovo disco dei Beatles, rientra lontano, e su quel palco le due chi- cative delle canzoni dei quattro perfettamente nella prassi dettata tarre si corteggiano, si scontrano, non aspettavamo di sicuro questo dal Marketing, sovrano implacabile gareggiano e duellano nell’assalto del tutto incurante delle umane vi- momento. In sé, Love si rivela un cissitudini. Nulla di “nuovo” quindi, tributo sincero al periodo più crea- sotto ogni punto di vista. O invece tivo e psichedelico della band (‘66- sì? ’69), riuscendo ad esprimere quello Vediamo: per lo show circense Sir stesso spirito avventuroso con cui George Martin e il figlio Giles hanno le canzoni originarie sono state rimasterizzato, manipolato, taglia- realizzate to e incollato ventisei canzoni (più in studio in quei bei tempi che furo- bits & pieces assortiti) dall’illustre no. Adesso, come da copione, puri- catalogo, in una sorta di collage / sti e integralisti si tureranno il naso mash-up sonoro che mischia hits e schifati, mentre i fan più audaci (e brani meno noti, attingendo anche indie, ne siamo sicuri), i filologi dei dal Sacro Graal delle Anthology. quattro e gli audiofili andranno in Se la perizia, anche in fase di pu- sollucchero (grazie anche alla ver- litura del suono, è indiscutibile - si sione in DVD audio per maniaci del

7 8 s e n t i r e a s c o l t a r e 5.1). Da parte nostra, un biglietto ria. La legnosa e boschiva Mit Dir per questo magical mystery tour è In Der Gegend Taken, alt take piut- raccomandato. (7.3/10) tosto diversa da quella pubblicata Antonio Puglia su Veiculo (un camuffo ambient della kraftwerkiana Trans Europe Express) proviene dal 12’’ Paris To Rococo Rot - Taken From 25 del 1997 ed è stata registrata al Vinyl (Staubgold / Wide, 27 Milchhof, uno spazio artistico libe- novembre 2006) ro nel quale Robert e Ronald Lip- Proprio come recita il titolo, la pok lavoravano a vari progetti, tra i compilation contiene materiale pre- quali pittura e design. Autonachmit- cedentemente disponibile soltanto tag, ipnotica, dubby e dalle croma- in vinile. Tracce rare, out-of-print, ture antiquarie, era originariamente contenuta nell’eppì Lips del 1996 e ha visto la co-produzione di Move D barba alla politically correctness di fresco del capolavoro Kunststoff, Bono), e che la loro vena proceda collaborazione che continua nella inesorabilmente a singhiozzo già successiva Schon Sehr Viel Telefo- dal flop di Pop (per alcuni, anche niert dove i Nostri non mancano di da prima). Tutte cose sapute e risa- annotare quanto il lavoro del ragaz- pute, insomma. zo di Heidelberg abbia aperto loro i Con 18 Singles però la faccen- confini (ascoltare per credere!). da diventa spudorata. Vero è che Sul versante più ambient post-club- la raccolta esce in simultanea con bing (e pure più jazzy vedi batteria) l’autobiografia dei quattro - di cui troviamo invece Jacky’s Dream (ori- presenta il medesimo artwork - , ma ginariamente sulla jukebox series di se i recenti Best Of 1980-1990 e 7’’ della Sub Pop) e Days Between 1990-2000 offrivano almeno un cd Stations (sempre Paris 25), mentre extra di b sides, rarità e remix (spe- su quello più Warp-Autechre, Te- cie nella prima raccolta, da leccarsi track uscite in svariati 10’’ e 12’’ su lema (Längs) appartenente al 12’’ i baffi), qui troviamo una selezione fide etichette assortite tra il 1996 e omonimo su City Slang. Ancora: – non cronologica e, giustamente, il 2004 (Fat Cat, Sub Pop, Domino She Understands The Dynamics incompleta - dei maggiori singoli di e City Slang) e qui riunite in una sintetizza il Veiculo sound, quan- successo, noti e stranoti, con una quarantina di minuti con cameo di do Days e Hotel Morgen (contenu- sinistra predilezione per il materia- un’affascinante traccia video tratta te nel 12’’ Cosimo per la Domino, le più recente. dall’eppì (e brano omonimo) Tele- 2004) bilanciano il rigore con misu- Ciliegina sulla torta, la consacra- ma diretta da Sebastian Kutscher. rate dosi di frivolezza non lontana zione definitiva dei quattro presso In una veste più ruvida e meno tec- dagli Yellow Magic Orchestra. le nuovissime generazioni di MTV nocratica, magari più installativa Il tutto suona sfaccettato e al tem- in un duetto con i Green Day, The (quando non chill out per specifica po organico dall’inizio alla fine. Saints Are Coming, in cui i Nostri commissione) e meno album orien- Taken From Vinyl è una compila assumono le già recuperate pose ted, l’idea palindroma To Rococo imprescindibile per conoscitori e (post)punk in un brano che, stando Rot rimane assolutamente intatta, collezionisti, quanto uno scalo al- al videoclip, trasforma una cover risoluta quanto avvolgente perché trettanto obbligatorio per tutti gli degli Skids in un retorico omaggio arrotolata in un verso o nell’altro. altri. (7.5/10) al disastro di New Orleans. Aggiun- Il combo tedesco si conferma - an- giamo soltanto un altro - un po’ sci- cora una volta se ce n’era bisogno Edoardo Bridda pito – inedito, Window In The Sky - ponte fondamentale tra alcune in- (prodotto come l’altra da re Mida tuizioni dub kraut dei Tortoise e la U2 – 18 Singles (Island / Rick Rubin, annunciata griffe sul nu elettronica tedesca (dei Novanta Universal, novembre 2006) prossimo album U2), e il valore di e dei Duemila), il Kling Klang per A criticare ferocemente gli U2 in questa raccolta si riduce tutto qui. la generazione slow del post rock nome della loro perduta integrità ar- Non stupitevi quindi se, nonostante e oltre, verso l’indietronica di ora e tistica - e addirittura morale -, og- il dischetto contenga Pride, Sunday tanto altro. gigiorno si rischia di essere, nella Bloody Sunday, New Year’s Day e Soltanto il digipack, raffigurante migliore delle ipotesi, ridicolmente I Will Follow (e ingannevolmente una delle prime performance del ingenui. Ché non è un mistero che i in copertina riporti un nostalgico trio (alcuni registratori a bobine dublinesi da quasi vent’anni smuo- ritratto dell’epoca di Boy/October), settati per suonare in senso orario vano più soldi di una multinaziona- l’operazione intera si becchi inevi- e antiorario) e corredato da ben sei le, che il loro sia un marchio che fa- tabilmente un bel (4.0/10) pagine di linernote super esaustive, rebbe inferocire ogni no global che è degno d’acquisto. Il resto è sto- si rispetti tanto quanto la Nestlè (in Antonio Puglia

s e n t i r e a s c o l t a r e 7 9 Dal vivo Riccardo Sinigallia

Riccardo Sinigallia - Circolo familiare, fatto di una solida e no- prende in giro (i cavi malfunzio- degli Artisti, Roma (30 strana tradizione cantautorale, che nanti e impolverati dalla storia del n o v e m b r e 2 0 0 6 ) perde in parte il vezzo della speri- Circolo, il bis senza Alba chiara, “Sei con la band?” mi chiedono al- mentazione elettronica (se non per perché quella “non la sappiamo”), l’entrata del Circolo degli Artisti. alcuni effetti sulla voce e giochi di si ricorda generosamente chi non Sì, siamo tutti ospiti di Riccardo synth), per dedicarsi anima e corpo c’è (Emidio Clementi e Francesco questa sera. Come sempre, quan- al sound organico e viscerale degli Zampaglione) e si ringrazia per es- do passa da Roma, il live diventa strumenti. sere stati insieme. Oggi come ieri, pretesto per trascorrere una serata Delusione, sorpresa, coscienza il potere della canzone italiana con amici. Di una vita o sconosciuti di se stessi e degli altri, voglia di d’autore. che siano. È successo tre anni fa, ricominciare guardando avanti, di Valentina Cassano all’epoca del debutto solista, e si Uscire fuori con rabbiosa elettricità ripete anche oggi. È un po’ come dal bozzolo di illusioni e insicurez- Matt Elliott – British School, imbucarsi ad una festa: tanti visi ze costruito negli anni. Sono le sue Roma (21 novembre 2006) più o meno noti, chiacchiere, birra. storie, ma anche quelle di ciascu- Ultimo appuntamento della rasse- E Riccardo, seduto al pianoforte ad no di noi. Parole come confessioni. gna Tracks a cura di Daniela Ca- aprire e zittire tutti con Finora, sen- Sussurrate con la chitarra in Una scella, il live di Matt Elliott è l’even- za l’enfasi e la coda sintetica del canzone per Fede, rigonfie di amo- to che si presumerebbe più atteso, disco, ma con umile coraggio. revole pathos in Laura, rarefatte e tenendo conto della diffusione e Un uomo, prima ancora che un ar- sognanti in Se potessi incontrarti delle critiche positive che ha rice- tista, esattamente a metà strada, ancora. Poi il presente che si riap- vuto il suo penultimo Drinking Son- proprio come il titolo dell’ultimo al- pacifica con il passato in La descri- gs. La sala di 120 posti in effetti è bum. Sereno, insieme ai compagni zione di un attimo e Bellamore, mi- gremita, ma a parte qualche per- di sempre (Laura Arzilli, il fratello crofono strappato dal pubblico per sona rimasta in piedi non c’è tutta Daniele Sinigallia, Matteo Chiarel- due episodi di accesa coralità sem- quella folla che ci si aspettava. La lo, Alessandro Canini), teso ad ac- pre più rari da vedere e vivere. curiosità ad ogni modo è tanta: per cogliere i presenti in un abbraccio Tra un problema tecnico e un daje, la prima volta a Roma si può sen- melodico rassicurante, stranamente Laura!, si ride e si scherza, ci si tire dal vivo l’ammaliante voce del

8 0 s e n t i r e a s c o l t a r e cantautore inglese. altro contesto avrebbe senz’altro dietro ai technics (Mike Relm) e un Nel concerto vengono presentati reso diversamente, mentre in que- trio di smilzi indie-rocker (il Dub per lo più brani dall’ultimo Failing sta situazione crea solo confusione Trio). In altre parole, un combo hip Songs, e fin dall’inizio è come ri- e smarrimento. hop bianco-nero (con l’ospite …a trovarsi in un cafè-chantant, tanto Il Nostro comunque ritorna per un parti invertite) che ha tutto l’aspet- Elliott ha assimilato francesità dal- bis presentandoci una nuova can- to di un organico da Mtv. Niente è la sua nuova residenza. In bilico tra zone che ha provato pochissimo, e quel che sembra, eppure si respira malinconia francese, un Leonard che difatti sbaglia in diversi punti, un’aria fiera ma tranquilla, agguer- Cohen più abissale e un Tom Wai- complice anche la bottiglia di Jack rita ma per nulla insidiosa, da hea- ts più gentile, Elliott ripropone alla Daniel’s mezza vuota ai suoi piedi. vy rotation. Non sentirete Patton perfezione le atmosfere del disco. Una performance comunque che at- prendere in giro i bolognesi e nem- Senza percussioni, violino, tromba testa la magia di questa voce, ca- meno lo vedrete puntare il dito me- e fisarmonica, ci si aspetterebbe pace di unire le sponde dell’Atlanti- dio al pubblico - e ancora - non lo una performance più piatta, inve- co e del cantautorato acustico con ascolterete al meglio del sarcasmo ce canzoni come Our Weight In Oil l’elettronica, e che lascia intrave- feroce di cui è leader indiscusso. e The Failing Song mantengono la dere orizzonti interessanti per il Da O’Brien, c’è un ragazzo vestito loro precisa identità con quelle in- nuovo cantautorato. di bianco e una band. Promuovono confondibili melodie d’altri tempi, Andrea Monaco l’album, proprio come han fatto altri complice anche l’anacronistico uso personaggi dello stardom r’n’b stel- della chitarra come un padrinesco Peeping Tom – Estragon, le strisce, alle stesse regole. Il ca- mandolino. Elliott canta quasi sem- Bologna (19 novembre muffo c’è ma non si vede. È uno tra pre con voce soffusa, quasi sussur- 2 0 0 6 ) i migliori escogitati dall’uomo. rata, salvo poi esplodere, con l’aiu- Vantaggi multimediatici. Se legge- “Era quello che volevo sentire to di loop, in quei metafisici cori da re recensioni vi annoia o semplice- quando accendevo la radio. La mia taverna che sono il suo marchio di mente siete oltre la parola scritta e versione della pop music”, questo fabbrica, pietrificando il pubblico vi nutrite unicamente di My Space e dichiarava Patton all’indomani del- sbigottito per la dirompenza e l’im- You Tube. Ecco quel che fa per voi: l’uscita di Peeping Tom. A quello petuosità di questi intrecci vocali. il link dello show di Conan O’Brien show, c’è il regalo infiocchettato Purtroppo a metà concerto (che dove lo scorso maggio Patton anti- con gli stessi nastrini delle Spears non dura comunque molto) ritorna- cipa al mondo la lineup e l’appeal e dei Timberlake, con la carta ru- no i Third Eye Foundation delle del Peeping Tom tour. vida dei negroni d’orati. Dal vivo, origini ed Elliott, facendosi pren- Lì troverete: l’ex Faith No More stasera, il pacco si scarta. Boom! dere la mano dall’elettronica, fino (meno ex che abbiate mai visto), un Dimenticatevi le critiche rivolte al alla fine si lancia in un immotivato possente rapper noto anche come disco. Troppi ospiti. Confezione in- drum & bass, che spezza brusca- human beat box (Rahzel), un ta- gombrante. Ambiguità tra avant e mente con quanto suonato fino a stierista che pare Zorn da giovane pop ecc. Davanti agli occhi del pub- poco prima. Non si riesce davvero (Alap Momin dei Dalek), una voca- blico bolognese c’è il progetto pop a capire il perché di questo schizo- list che è un’icona black (Imani Cop- marchiato Patton “in chiaro”, tutto frenico cambio di rotta, che in un pola), uno scratcher e turntablist il pensiero dell’uomo asservito alla Matt Elliott

s e n t i r e a s c o l t a r e 8 1 formula pronta a divincolarsi e ri- dell’ultima prova, eppure un’impal- ni manovrati dalla cantante. Man comporsi attorno al formato canzo- pabile amarezza sale canzone dopo mano che avanza il concerto può ne r’n’b e hip-hop. Soul Mike tiene canzone: The Books non contem- scaturire una piccola perplessità, le fila, infila i trucchi schizofrenici plavano narrazioni nello streaming, articolabile in almeno un paio di dei Fantomas con parsimonia, tut- facevano collidere trame differenti, osservazioni; da un lato c’è la poca t’attorno un granitico scheletro rit- action painting e instant emotion incisività del folk tradizionale su cui mico heavy dub a modulare il climax stando alla larga dai leit motiv, de- i Tunng architettano le sovrastrut- (praticamente gli Scorn più risoluti pistavano più che ricongiungere ture di rumori trovati ed elettroni- e grind), tra sensuali vocalizzi e ta- le traiettorie. Invece è una conci- ca varia ed eventuale; dall’altro la stiere cosmiche, rapping, “human liazione tra vita e arte quella a cui premiata formula di far nascere una beats” e djing spinto. assistiamo con Zammuto (un Tom base techno dagli arpeggi delle chi- Il singolo (molto Faith No More) Cruise ancora più mignon) neopa- tarre e dalle melodie pulite, (come Mojo, l’hard funk Sucker, il giochet- pà, e DeJong (il lungagnone battia- in Engine Room, peraltro riuscitis- to “Fantomas meets a Boy Band” di tesco) novello sposo, entrambi con sima dal vivo), alla lunga, risulta un We’re Not Alone, tutta un’altra sto- famiglie in attesa presso il vicino po’ ripetitiva. ria: i brani acquistano vesti protei- Hotel. Resta di fatto che dalla folk-tronica che, dirette. Sono strutture aperte Già trentenni, c’hanno messo un po’ dei Tunng possano dipartire mille per interpretazioni estemporanee. più tempo della media del Paese, ma idee e prospettive, lavorando an- Patton, più comunicativo e cinico ci sono arrivati: l’America simbolica zitutto sulla parte acustica (chi ha che mai, è melodico come non lo come specchio del contemporaneo detto Akron/Family?), sperando era dalla cover di I’m Easy senza ora è l’America cinematografica di che non diventi un’ondata di genere che la lezione degli ultimi anni sia provincia. Ed è soprattutto il video – che sarebbe meglio di altre, ma stata rinnegata. Le gag infine si a chiarirlo: i Books ne scelgono al- che forse eviteremmo. sprecano. La più bella? “Oh ragaz- cuni autoassemblati, materiale che Gaspare Caliri zi, c’è tanto di cui ridere. RIDETE! hanno trovato ovviamente, ma sal- Fate come me [imita la risata hor- vo pochissime eccezioni la maggior ror]. Pensate, non so, a Berlusconi. parte di loro si riduce a reportage A Bush. C’è un mondo da ridere. Lo para-Unicef o, peggio, a documen- Tsunami? RIDETE! Ridete perché tari. Tra quest’ultimi, a un certo lo show sta per finire. Non siete punto, c’è quello degli anziani (al- svegli? Pensate di essere a un con- l’ospizio, alla festa danzante, nel certo di Carboni? Beh fanculo Luca quotidiano) che non è altro che un Carboni”. surrogato di Fandango via Cocoon. Rispetto per Luca, ma lo show da Non sono questi i Books che ama- non perdere mai in città è quello di vamo. Proprio no. Mike. Venti euro ben spesi. Edoardo Bridda Edoardo Bridda

Tunng - Il Covo, B o l o g n a The Books – Circolo della ( 1 7 n o v e m b r e 2 0 0 6 ) Grada, Bologna (2 dicembre A vederli sembrano più america- 2 0 0 6 ) ni che inglesi: uno si aspetta dei È la prima volta che i Books ven- personaggi ricchi di charme londi- gono in Italia, e questa piccola nese e si trova sei persone che si tournée è importante non solo per scambiano dei cappelli da far west l’esclusività dell’evento. Queste o Hazzard. date concludono un ciclo di vita, Ma questi discorsi durano gene- una trilogia iniziata nel 2002 con ralmente qualche secondo, prima Thoughts For Food e completata che il giudizio estetico non venga nel 2005 con Lost And Safe. Un sormontato dalla musica e dal vero percorso che ha visto un’iniziale motivo di noi – e loro – messi là stacco dal luogo comune sostituir- al Covo di Bologna. E così i Tunng si a una ricongiunzione melodica, iniziano un concerto abbastanza at- da found voices protagoniste a un teso, se non altro per stare a vede- aplomb chamber folk sempre più re la versione live dell’organico di determinante. Comments Of The Inner Chorus, Alla Grada, i due portano a termine che per l’occasione si compone di la missione, l’approccio allo stru- sei elementi, tra cui ben tre chitar- mento è accorato, la voce di Zam- re (di cui almeno una evitabile) e muto non sfigura nei brani cantati una serie di aggeggi perlopiù afo-

8 2 s e n t i r e a s c o l t a r e (Gi)Ant Steps (Gi)Ant (Gi)Ant Steps

Un giorno ti svegli e il rock è di- Eppure, rispetto a quelli la formazi- di un impietosito Monk, i h g i p m a Z o i z i r b a F il e i t quale n e v l o S o n a f e t S i d non a r u c a z z a j a c i r b u r a n u ventato quella cosa eccitante che: one era identica: Trane e Davis più ci penserà due volte ad accogliere può aspettare. Di colpo, non sai Red Garland al piano, Philly Joe il musicista ramengo sotto la pro- bene come né perché, hai voglia di Jones ai tamburi e Paul Chambers pria ala. Assieme a lui imbastì un jazz. Una voglia di pancia, di tes- al basso. E allora? Allora, ecco quartetto che infiammò il Five Spot ta, di piedi, che ti offre una nuova spuntare lo zampino dell’ineffabile di New York, tanto che qualcuno verginità e la possibilità di nuovi Thelonious. In effetti, Miles era let- ebbe a definirlo “il migliore gruppo piaceri. Calma. Ci vuole calma. teralmente ossessionato da una jazz in circolazione”. Peccato che, Esistono guide affidabili e affabili, sua canzone, ‘Round Midnight. Non a parte una specie di bootleg reg- “jazz for dummies” a profusione. era il primo, non sarà l’ultimo. Neg- istrato da Naima, allora moglie di Ma di seguire liste e metodi non se li anni, è capitato anche a Parker, Trane, non ci abbiano lasciato al- ne parla, non è più il caso. Istinto, Gillespie, Bud Powell, Herbie Han- cuna testimonianza fonografica. sensazioni, e via andare: a costo cock, Chet Baker, Bill Evans, ec- In ogni caso, per la vita e l’arte di di farla più lunga e storta, che sia cetera. Insomma, sembra quasi che Trane si trattò di una svolta decisi- questa la strada. C’è chi lo chiama non sei un jazzista se non ti ci mi- va, vuoi anche per la (parziale) dis- disincanto, chi testa dura. Fate voi. suri, con ‘Round Midnight. Da par intossicazione con annessa svolta Intanto, beccatevi questa nuova ru- suo, Davis ne fece una malattia: religiosa. Il mondo se ne accorgerà brica. I nostri passi da formica nella la provava e riprovava, però non presto. Anche Miles. Intanto però terra dei giganti. azzeccava il giusto mood. Monk c’è questo disco, queste canzoni al – chiamato ad esprimere un parere bivio: l’eleganza spiegazzata della Miles Davis – ‘Round About - lo bocciava regolarmente, senza porteriana All Of You, le impennate Midnight (Columbia, 1956) pietà. Ma il trombettista – ci man- bop tra agilità e afflizione di Tadd’s cherebbe - non s’arrese. Continuò Delight, la guizzante iterazione di Dovendo scegliere un disco per in- a provare finché, una sera che rese sax e tromba nella parkeriana Ah- augurare (Gi)Ant Steps, cosa meg- Miles felice - parole sue – “più di leu-cha. Quindi, l’angolosa prova un maiale nella propria merda”, d’ensemble di Dear Old Stockholm, lio di ‘Round About Midnight? Album che prende le mosse da l’ineffabile Thelonious si dichiarò suadente e cupa, leziosa e sin- una celebre composizione di The- soddisfatto del risultato. copata. Infine, soprattutto, c’è la lonious Monk, la firma è di Miles Un gran risultato, in effetti: la trom- tristezza ammorbidita di Bye Bye Davis col suo primo stratosferico ba di Davis in questo pezzo ha un Blackbird, dove il cool si avvolge quintetto, nel quale esercitava un suono incredibile, cova un’angoscia nel velluto di suadenti movenze sassofonista sul punto di decollare terminale pur muovendosi sinuosa pop. Occorre aggiungere che con verso gli spazi interstellari, tale e leggera, come fumo, come una un pugno d’euro in più vi beccate la John Coltrane. Mica male, no? Fu filigrana che nasconde e svela. Legacy Edition, volume doppio che il primo titolo di Miles per la Colum- Poi c’è Coltrane, certo: spende un aggiunge un’intera esibizione live assolo agile e laconico, audace e (a Pasadena, febbraio ‘56) e so- bia. Correva l’anno 1955: Kind Of corroborato da una strana solen- prattutto una ‘Round Midnight col- Blue, il disco che ha squadernato il jazz sbalzandolo di qualche piano nità. Fu il suo primo, grande as- ta dal festival di Newport del ’55, tra il sensibile e il soprasensibile, solo, o almeno così dicono i libroni dove il piano di Thelonious himself sarebbe arrivato solo quattro anni di storia, ché prima di allora Trane e la tromba di Davis ci strapazzano più tardi. Già qui però si avverte passava per il vaso di coccio della ulteriormente e per benino. Soldi uno spostamento, le trame sono band. Malgrado ciò, tempo pochi spesi bene. più torbide e sfumate, la tromba mesi e Miles avrebbe cacciato lui e Philly Joe Jones dal Quintet a stranamente intossicata rispetto Stefano Solventi alle disinvolte scorrerie di lavori causa della loro rovinosa tossicodi- praticamente coevi come i peraltro pendenza. Li aveva avvisati, Davis. Garbatamente e meno. Arrivò an- stupendi Workin’, Coockin’, Stea- che a schiaffeggiare un Coltrane min’ e Relaxin’, ultimi opus per la Prestige. inebetito dall’eroina sotto gli occhi

s e n t i r e a s c o l t a r e 8 3 WE ARE DEMO

S i d e A ve. Come un’opera di De Chirico noforte, Antonella Deliperi al vio- Ideale punto di connessione tra questo brano riesce a fondere in loncello e l’opera di alcuni musicisti l’anfetamina robotica dei Talking maniera armonica momenti sonori dell’area sarda a fare da contorno. Heads, l’ironia di Alberto Camerini (...) radicalmente distanti. Dal Ba- Risultato dell’incontro è From This e l’estetica glamour dei più recenti rocco al funky, al progressive, al World, elegante parentesi dalla di- Franz Ferdinand, i Tribuna Ludu pop ed un sano tocco di Anni ‘80, zione perfetta sospesa tra vocaliz- fanno, parole loro, “musica da bal- l’ascoltatore è proiettato in un con- zi in vibrato e scambi strumentali lo per mentalmente disturbati”. Che tinuum del tutto consequenziale”. ariosi, accordi in minore e suoni a essere meno di parte e politica- Bastano poche delle dettagliatis- notturni, slanci ricchi di pathos e mente più corretti vuol dire occu- sime note stampa allegate al disco buffetti acustici, dissonanze scara- parsi di una new wave spigliata e per farsi un idea di quello che è il bocchiate – Fascination Of A Long strafottente rinchiusa nei pattern pirotecnico universo musicale dei Way – e melodie toccanti. Una pro- ritmici propri della lingua di Dante. Bayreuth Project. Una diga fatta di va convincente con il gusto per la Un lavoro sporco, ne converrete, raziocinio e teste pensanti peren- decorazione quella degli Charme costantemente minacciato dal “ridi- nemente in procinto di soccombere De Caroline, che oltre a raccogliere colo dietro l’angolo”, tuttavia por- sotto il peso di stimoli stilistici ru- musica dalle raffinate tessiture, fi- tato a termine egregiamente dalla bati alla lirica, al pop, al jazz, alla nisce per diventare, nelle mani dei band toscana in cinque tappe di un musica colta, al rock. Sullo sfondo, suoi autori, anche una pièce teatra- trip in levare adatto anche al dan- ad agire da collante, un’attitudine le . (6.9/10) progressiva che mette ordine tra ce floor più alternativo. Se L’idiota Fabrizio Zampighi si muove tra canoni formali piut- elaborate forme-canzone e scambi tosto usuali per il genere, JpII già vorticosi, toni semiseri e citazio- S i d e B mescola bassi pulsanti a critiche ni filosofiche in tedesco, col fine di I monzesi Confusion Is Next sono feroci contro l’ipocrisia della reli- creare – come i diretti interessati un quartetto punk-rock noise e gione, Cardiopalma è un diverten- sottolineano in più di un’occasione melodico, ma loro preferiscono di- te esperimento di cut up linguistico – il prototipo dell’ ‘”Opera Totale”. chiararsi devoti all’eroica stagione che aspira a diventare la love song Difficile di questi tempi trovare una grunge, quella dei primi Nirvana e dell’era del Bit, Lui Lui – tradiziona- band tanto folle da rinchiudere nel- Mudhoney. Vale a dire: scellera- le brasiliano – rivela il piccolo Bir- lo stesso EP Henry Miller, Wagner, tezza accorata e sferzante vigoria thday Party che si nasconde dentro i Pink Floyd di Ummagumma – date seventies, il tutto invasato post- ognuno di noi. un’occhiata alla copertina -, le leg- hardcore con qualche benemeri- I Tribuna Ludu sono bravi a costrui- gi del Caso e Ghostbusters, ma i to rigagnolo metal. Danno spesso re geometrie simbiotiche e pulitissi- Bayreuth Project sembrano riuscire infatti l’impressione che l’orologio me ma soprattutto a mantenere un nell’impresa, implodendo in un pro- emotivo sia fermo a un paio di de- profilo basso e squisitamente ironi- getto artistico complesso ma tutto cenni fa, zona Seattle o giù di lì co sia nelle musiche che nei testi, da scoprire. (6.9/10) (vedi una Wood che rumina emerito non dimenticando nemmeno per un Il crooning di Nick Cave e, perchè spleen Cobain, o quella Tormented istante che il rock è anche – o forse no, del nostro Giancarlo Onora- che sembra una outtake dei Green soprattutto – gioco. (7.0/10) to – ma potremmo citare anche i River), quasi che il grunge l’avesse- “Il Muumin è uno spirito della Fin- Sophia o i Tindersticks - unito a ro succhiato col latte della mamma. landia che vive nella natura, si può particelle elementari di quello anni Ok, se Spread The Spirit non fos- a cura di Stefano Solventi e Fabrizio Zampighi comunicare con lui ed esso è pron- ‘80 – The Wave Of The Time That se che questo, dovremmo limitarci to a consigliarci come nel caso del Lives – dà vita agli Charme De Ca- ad apprezzarne la convinzione che brano. Il brano del Vibrafono nella roline, band di Cagliari all’esordio lo muove - e già non sarebbe poco. parte centrale è il tema di una nota discografico ma dalla storia musi- Però c’è dell’altro, ovvero il tentati- trasmissione che conduceva Corra- cale piuttosto corposa. In realtà un vo di fondere nello stesso crogiolo do. Ne segue l’inizio di una Corale duo più che una formazione classi- il lavorio arty dei Sonic Youth (Chlo- di Bach riletta in chiave progressi- ca, con Alessandro Muroni al pia- rine), la sbrigliatezza battaglie-

WE ARE DEMO8 4 s e n t i r e a s c o l t a r e WE ARE DEMO ARE WE

ra dei Clash (Trashing Happy), le quanto complesso - va giù liscio e Il tutto cosparso di improvvise, sen- ubbie meditabonde di certi Hüsker intenso. Nell’ordine, incontriamo sazionali complicanze, dalle tossi- Dü (Insane Asylum), nonché - udi- una Tonight Goodbye che mescola il ne Hitchcock (nel senso di Robyn) te udite - la pop wave acidula degli passo dolceagro dei Grant Lee Buf- tra elettriche nostalgie beat di Una Psychedelic Furs (Steam). Il so- falo al fiabesco di certi Smashing sera, agli inneschi wave-pop (circa spetto che molte di queste filiazioni Pumpkins, poi una Catch Me! che Human League) irrorati di electro siano, come dire, non programma- blandisce sciorinando funky dance funk Herbie Hancock in Giro di vite, te o addirittura inconsapevoli, è un e ghigno paisley tra giochetti sin- passando per la melliflua liaison punto a favore della loro fragranza. tetici, infine l’accorata Have A Smi- David Sylvian-Garbo di Termopili. Così come alcuni evidenti difettucci le che setaccia umori dark wave e Ok, mi son fatto un po’ prendere di esecuzione - quel che si dice il brume folk-rock di stampo Mojave3/ la mano. Ma non è tutta colpa mia. bello della presa diretta: il disco è Linkous, con la melodia che distilla Sono gli intrugli caserecci di Ales- stato registrato, missato e maste- malanimo in un guazzo di gracidii sandro/Humpty ad intrigarmi senza rizzato in dieci ore, senza ulteriori sintetici, cori cremosi e tastiere tie- scampo. Le sue danze fosche e cin- ritocchi - e certi schietti massima- pide. Dalla voce - irrequieta e felpa- guettanti da robot guitto. Il cinismo lismi - “niente robaccia elettronica” ta - alla scrittura, tanta personalità ostentato dei testi, sordidi e argu- - contribuiscono a rendermi la pro- e neanche un pizzico di sudditanza. ti come un taglione applicato alla posta ancora più accattivante. Alla Anche per loro, pare, un album a dura legge del reale. Sempre più fine sono tutte cose già sentite. Ma breve. (7.0/10) bravo. (7.3/10) fa sempre piacere sentire un mani- Traducendo dall’ostico tedesco - Stefano Solventi polo di cuori ruvidi e pieni al lavoro. utilizzato con pudore hitchcockiano Il primo album è alle porte: dateci (nel senso di Alfred) - si ottiene non Bonus Track dentro. (6.8/10) solo il titolo dell’ennesimo lavoro di Già vibrafonista per Brychan, Ro- Indie folk sognante per i napoleta- Humpty Dumpty, ma addirittura un berto Celi intende mostrare nelle ni Pipers, costituitisi recentemente micromanifesto poetico che informa quattro tracce di Vibrando le pos- e subito finiti nelle amorevoli grin- tutto il programma di questo Eine sibilità pop del suo vibrafono, la fie dell’instancabile Paolo Messe- Traurige Welt für Scheiße Leute. melodia che cede alle luccicose re, che ha messo a disposizione il Ovvero: un mondo triste per gen- sfaccettature del suono, la densità suo Seahorse Studio per realizzare te di merda. Ebbene, sì. Sedicente guizzante ed eterea, la capacità di questo 1/2 Penny Marvel. All’epo- neo-psichedelico, il buon Alessan- evocare esotismi amicali e nostal- ca - marzo 2006 - della formazione dro torna dopo un po’ di mesi ad gie incognite. Sembra di sprofon- non faceva ancora parte Lucio, per incantarci e atterrirci con le sue dare continuamente nella stessa cui alla batteria fu reclutato Davi- canzoni-trappola, cogli irresistibili gelatina pop di Sentimento nuevo de Fusco dei Blessed Child Opera teatrini electro dove si consumano di Battiato, o tra le gustose soun- (che - lo ricordiamo a beneficio dei nonchalance rabbiosa, amaro di- dtrack jazzy di qualche decennio distratti - è la band di Messere). stacco, suadenti condanne, diver- fa (voto: 6.6/10 web: www.rober- Per il resto, è questione di piano, tenti sentenze. Con l’acume acidulo toceli.it ). Mickey Eats Plastic ci chitarre e tastiera, palpabili influssi di un elefantino Barrett attraverso offre invece electro imbastardita di brit-pop, venolina psych addome- brume Joy Division (Amigdala), con suoni suonati e viceversa. Danza sticata, ma anche beat post-moder- l’algida ferocia e l’understatement di singulti, pulsazioni, sibili, found no addizionato di bagatelle electro. beffardo d’un Faust’O (Colite spa- sounds cinguettanti, una vena vin- I tre pezzi in scaletta mostrano una stica), con la laconica psichedelia tage che non smette mai di pulsare bella duttilità, la freschezza dei de- Skip Spence che incoccia cantau- sotto la pelle cyber. Forse troppo buttanti e l’accortezza di chi ha le torato wave Fiumani (Yin), col pas- dentro l’immediato ieri, ma ben fatto idee chiare a proposito degli ingre- so krauto che soavemente sposa (voto: 6.7/10) dienti, ragion per cui il cocktail - per l’allure dei Notwist (Tutto questo).

s e n t i r e a s c o l t a r e 8 5 Un lontano passato nell’ombra degli Eighties. L’inarrestabile ascesa al culmine della stagione Britpop. L’inevitabile crisi a fine ’90. E oggi, soltanto Jarvis. Eppure quella dei Pulp è una storia di cui non ci si Cul De Sac può (non ci si deve) scordare facilmente. Vi spieghiamo il perché. un’epifania a Boston di Giancarlo Turra

Su cosa resti oggi del post rock è li ripagherà con affiatamento e in- nulla aggiungono né tolgono, altre dibattito acceso e in pieno svolgi- terplay invidiabili, i nostri decidono due gemme: Electar, tra Colonia e mento. Più facile è invece fare la di fissare su nastro una parte delle spiagge di California puntando le conta di chi ancora c’è dopo quel- loro fatiche: Ecim trova lo sbocco stelle, e l’elegia filmica dai risvolti l’ultimo rinvigorente sussulto: tra i di cui s’è detto (Cappella, 1991/Nor- sinistri Lauren’s Blues. pochi superstiti, c’è chi guarda al theastern, 1992/Strange Attractors proprio passato cercando lumi e chi Audio House, 2006, 7.8/10) e por- Dopo una lunga pausa, il gruppo si ha cambiato pelle. A metà del gua- ge sicuro una miscela inebriante di ripresenta con I Don’t Want To Go do si situano i Cul De Sac, riporta- cui s’acorgono in pochissimi data To Bed (Flying Nun, 1995 7.5/10), ti alle cronache dalla riedizione su l’esigua tiratura, e tanto è fuori dal sulle prime un passo indietro a for- Strange Attractors del loro esordio tempo in pieno grunge. Sulla poten- me meno strutturate, sennonché le Ecim in un momento in cui la loro te ritmica “motorik” di Guttmacher e registrazioni sono di poco posterio- sorte appare piuttosto incerta. Mai l’elastico basso di Fujiwara, le sei ri (o addirittura contemporanee) al “famoso”, il quartetto, nemmeno en- corde intessono blues visionari e debutto. Un’ora e un quarto di “ma- tro gli angusti spazi del sottobosco country cosmici, mentre le tastiere nuale” del rock krauto, cui vanno di indipendente americano tanto che, generano rumori che richiamano - nuovo riconosciuti pregi di presen- alla ricerca di un’etichetta che li fin dalla fumigante Death Kit Train timento e misura. Anticipando un facesse debuttare, dovettero spin- - l’approccio allo strumento di Allen Tago Mago inciso dagli Amon Duul gersi fino in Inghilterra. Nessuna Ravenstine. Le atmosfere spaziano II (Doldrums) e rimasugli noise, si copertina, ma musiche altrettanto da folk di ricca provenienza a triba- stende la memorabile Abandoned geniali e di più ardua assimilazione lismi, da aeriformi dilatazioni a irru- Hospital, ipotesi di un Miles Davis rispetto a Stereolab o Tortoise, e zioni del primitivo; eppure, a fare la circa Bitches Brew germanizzato a il problema – ammesso che lo sia differenza con numerosi colleghi ed colpi di crescendo minimale. Altre – sta proprio lì. Ciò nonostante, eb- epigoni, non ci sono freddi virtuosi- cose memorabili sono Graveyard bero il merito di essere tra i primis- smi. C’è invece senso della misura, For Robots (feedback sulla Repub- simi della loro generazione a risco- corroborato da uno spirito surreale blica Selvaggia) e Roses In The prire artisti e generi sepolti, degli che bilancia eccentricità e ricerca: Wallpaper, incedere tambureggian- splendidi precursori che calarono valga come esempio il rifacimento te che scampa di un pelo il disfa- un poker d’assi nel giro di un lustro – fallibile perciò umano – della Song cimento. This Is The Metal That e prepararono il terreno alle gene- To The Siren di Tim Buckley affi- Do Not Burn invia cartoline da una razioni successive. Graziata da in- data all’ospite Dredd Foole. Un’ec- Grecia che s’annebbia e incattivisce fluenze disparate e apertura men- cezionalità la voce, e il resto del pian piano, mentre l’ottima Lully’s tale, la band prese forma da jam programma vi rinuncia preferendo Gangrene suona come Careful With cui partecipavano sul finire degli un impatto strumentale che incrocia That Axe, Eugene eseguita da Jerry Ottanta alcuni elementi della sce- krautrock e psichedelia (in parti an- Garcia zuppo di calmanti. na di Boston. Il tastierista Robin che diseguali: The Moon Scolds The Guttmacher nel frattempo dà forfait, Amos era salito dalla Florida per Morning Star sono i Pink Floyd del si trasferisce in California ed è so- entrare nei Girls e Chris Fujiwara 1968) o reinventa la faheiana The stituito da Jon Proudman: lo stile alternava il basso ai film indipen- Portland Cement Factory At Monoli- ne risente abbracciando una benve- denti, mentre Chris Guttmacher th, California. La formazione onora nuta fluidità discorsiva. All’altezza possedeva il retroterra più impen- gli stilemi di quanto Simon Reynol- del terzo lp, arriva un capolavoro: il sato, avendo militato alla batteria ds etichetterà entro due anni “post levigato e onirico China Gate (Thir- coi punk Bullet LaVolta. rock” ma all’epoca sono tra i pochis- sty Ear, 1996, 8.0/10) fonde difatti Ultimo ma non meno importante, simi, sulla scia dei disciolti Savage ogni elemento con inventiva, tem- Glenn Jones maneggiava abile la Republic o dei laconici Pell Mell, prando lo slancio psichedelico con chitarra inseguendo il mito John ulteriori referenti della wave caden- un robusto minimalismo, sposando Fahey, col quale addirittura in- zata The Invisibile Worm. A chiudere l’atonalità a folk e country e mani- tratteneva da anni una fitta corri- i giochi fino alla recente ristampa, festando influssi surf fino a prima spondenza. Dopo una gavetta che che regala tre discreti bonus che celati. In poco più di un’ora sfilano

Classic 8 6 s e n t i r e a s c o l t a r e Classic brani suggestivi e immaginifici col- locati alle più disparate latitudini, conferendo al disco una marcata originalità. Sakhalin è Link Wray in Arabia (evocata a tinte fosche da James Coburn), Nepenthe e Hemi- spheric Events Command riassumo- no con epica priva di sbavature le coordinate stilistiche fin qui citate. Il mostro di undici minuti The For- th Eye conduce con mano ferma tra campi magnetici chitarristici con un gioco tra pieni e vuoti, che The Co- lomber riempie di un’idea a stelle e strisce della Germania anno 1972. A fine corsa, la sinuosa ed elegan- te Utopia Pkwy. ossequia i Can con alata bellezza. Coronando il sogno di Glenn Jones, il vate Fahey accon- sente poco dopo a collaborare con la band su The Epiphany Of Glenn Jones (Thirsty Ear, 1997 8.0/10). Un autentico paradigma per la catego- ria “capolavori ostici oltre il culto”: registrato in un clima per nulla idil-

liaco, col Maestro a insultare e mal- Cul De Sac trattare i volenterosi allievi, affresca complesso e intimidente tortuosi, lu- collaborazione con l’uomo di Takoma sonora Strangler’s Wife (Strange nari blues, sfregiati da paradossa- Park torna nell’inquieta On The Roof Attractors, 2003 6.3/10) consta di li folate da dopo bomba. L’assidua Of The World, redenta in apertura da abbozzi ben eseguiti ma è occa- frequentazione evidenzia i risvolti di Etaoin Shrdlu che mescola elettroni- sione sprecata da una band altrove Maggie Campbell Blues, Come On ca e tradizione ellenica. Da più parti maestra nell’arte di evocare. Jones In My Kitchen (da Robert Johnson) si accusa il gruppo di revivalismo, gioca nel 2004 la carta solista con e Magic Mountain, mentre il finale che chi scrive legge invece come un This Is The Wind That Blows It Out palesa un’ostilità che trova un sen- sereno rifarsi a tragitti più familiari (Strange Attractors; 7.0/10), lp di so nell’insieme. Un epocale lavoro senza adombrare il gusto per la ri- “primitive guitar” sincero nel riverire sul corpo del blues, insomma, che cerca. Prova ne sia che il seguen- Fahey e Robbie Basho e superiore ne esce rinato in forme inedite, tolto te Immortality Lessons (Strange al doppio Abhayamudra (Strange dal museo e restituito al mondo vivo Attractors, 2002 7.2/10) è tutto dal Attractors, 2004, 5.0/10), che docu- e scalpitante. vivo, con brani in maggioranza ine- menta alcune date dell’ex Can Damo Dopo una tale fase creativa, il suono diti e di buon livello, vetta una The Suzuki coi bostoniani ad accompa- dei Cul De Sac si cristallizza con un Dragonfly’s Bright Eye in sosta nel- gnarlo. Materiale improvvisato sul “ritorno a casa” che ricorre spesso l’alveo psichedelico floydiano senza palco sfilacciato e indulgente, svago nelle band d’oltreoceano, dalla svol- perdere di vista il calendario, come d’autore poco significativo e avvolto ta dei Grateful Dead fino alle rivisi- del resto fanno gli orientalismi del da una patina retrò, lontana dagli ot- tazioni dei Royal Trux. Come costo- brano omonimo. timi concerti che la band è solita of- ro, però, si conserva qualcosa delle Devono passare altri quattro anni frire. Notizie di fine estate 2006 dan- esperienze precedenti che mantiene perché si possa ascoltare un nuovo no l’ex batterista dei Karate Gavin viva la fiamma. Crashes to Light, disco in studio: Death Of The Sun McCarthy in squadra, e chissà che Minutes To Its Fall (Thirsty Ear, (Strange Attractors, 2003, 7.0/10) effetto potrà avere. Nel frattempo, in 1999, 7.3/10) testimonia compat- aggiunge Jonathan LaMaster (violino attesa che i dubbi sul futuro si sciol- tezza e sonorità più potabili, grazie e basso) e Jake Trussell (tastiere e gano, rimettiamo su Ecim e China anche all’esplosione coeva del feno- giradischi) ad Amos, Jones e Proud- Gate riflettendo un’ennesima volta meno “post rock” a livello mediatico man. I nuovi innesti apportano linfa e su quell’epifania di Glenn Jones, che più elevato. Nella line-up Michael verve nel collage Dust of Butterflies portò in dote una meraviglia grande Bloom ha preso il posto di Fujiwa- e nella battente Turok Son Of Stone, quando tanti erano ancora piccoli o ra, e la psichedelia non è mai stata e sorprende il raga indiano Bamboo neppure nati. così presente come nell’imponenza Rockets. Disco di buon peso, che la- di Sands Of Iwo Jima e nella medi- sciò perplessi i più, ma non quanto tazione A Voice Through A Cloud. La giunto da allora in poi: la colonna

s e n t i r e a s c o l t a r e 8 7 I Roxy Music scontratisi con Kraftwerk e Neu! sull’autostrada M1. L’irruenza del punk e la tecnologia kraut per tramite di Bowie in com- butta con Eno all’ombra del Muro. Sonorità per prospettive metropo- litane. Ci sono stati anni in cui il nome Ultravox! era sinonimo di un ULTRAVOX! cuore umano celato tra macchine apparentemente fredde. ultravox mon amour di Giancarlo Turra

L’Inghilterra presa d’assalto da Pi- importanti gruppi new wave, gli Ul- per riascoltarli, allora, meglio se stols, Clash e compagnia bellis- travox! si fanno notare per la loro approfittando delle nuove ristam- sima è una nazione in decadenza, assenza: su di loro ha pesato infat- pe in digitale, rimasterizzate e dal impero e prestigio della potenza ti l’aver intrapreso, all’inizio degli prezzo abbordabile, corredate da che fu ormai solo pura nostalgia. Ottanta, una carriera devota a un libretti ricchi di note informative e In realtà, paura e alienazione sono pop elettronico gonfio d’epico ro- appetitoso materiale iconografico. sentimenti diffusi in tutto l’occiden- manticume a buon mercato, ma già te lungo gli anni Settanta, nei quali siamo alla fine di questa vicenda e Ai primordi ci furono i Tiger Lily, l’ottimismo del “decennio favoloso” pertanto non precorriamo gli eventi. effimera risposta alla noia londi- è stritolato dai meccanismi del si- Ci sono stati anni, brevi ma intensi, nese di metà ‘70 assemblata dal stema, le crisi energetiche e il ter- in cui il loro nome era – ed è a mag- cantante Dennis Leigh (lineamenti rore dell’olocausto nucleare. Sce- gior ragione tuttora, in pieno revi- da Malcom McDowell un po’ teppi- nari urbani che furono preconizzati val della “nuova onda” - sinonimo sta urbano e un po’ dandy: in realtà anni prima sulla carta da Huxley, di un cuore umano palpitante celato studente d’arte folgorato dal Futu- Orwell e Ballard sembrano dive- tra macchine apparentemente fred- rismo) col violinista , nire realtà della più agghiacciante, de, di un equilibrio tra l’irruenza il chitarrista Steve Shears e la se- si possono toccare con mano nella del punk e la tecnologia “kraut” per zione ritmica composta da Chris desolazione delle aree suburbane tramite di Bowie in combutta con Cross al basso e di New York e Londra o nelle aree Eno all’ombra del Muro. Sonorità alla batteria. L’epoca storica porta più industrializzate del pianeta. adattissime a fungere da colonna in dote l’ispirazione del glam più Questo l’humus che fa crescere sonora per prospettive metropolita- raffinato e intellettuale (Bowie e il l’adeguatamente malefica pianta ne perché colà concepite. I Roxy primo Ferry punti di riferimento vo- del punk, capace della scossa che Music scontratisi con Kraftwerk e cali di Leigh, nel frattempo rinato sappiamo e di succosi frutti disco- Neu! sull’autostrada M1, insomma, John Foxx) e l’anelito sperimenta- grafici, nonché di quel “posteriore” nonché il “dopo punk” prima che le avanguardistico del miglior rock sviluppo che sviscererà – facendo- questi si fosse esaurito. Quasi tre di scuola germanica; la propulsio- ne un tema ricorrente – le angosce decenni di mezzo da quell’epoca ne ad alzarsi dalla sedia fu invece di cui sopra. e ancora niente rughe sui loro tre pura cortesia delle Bambole di New Quando si compilano liste dei più primi album: quale miglior pretesto York, viste esibirsi alla televisione. Ultravox!

Classic 8 8 s e n t i r e a s c o l t a r e Classic del 1977, liriche ballardiane che da incombente presagio divengo- no realtà, fatta di uomini macchina che s’aggirano il sabato notte per una “city of the dead” dal caracol- lare Johansen-Thunders e le pile inacidite, poi stentano nella “vita alla fine dell’arcobaleno” squadrata ma con defilate tastiere da chiesa. Slip Away è Ferry che glassa il suo cuore fifties in linee slanciate, che i primi Simple Minds sogneranno senza mai avvicinarvisi. L’esplica- tiva I Want To Be A Machine por- Il primo singolo – raro e bruttino ta sul luogo del delitto spettri che fetto con tutti gli altri grazie a una – serve giusto a capire la necessi- entrano ed escono da tubi catodici, stupefacente maturità. tà di una svolta e investire le 300 tallonati da un violino che squarcia La stessa che permette di partori- sterline ricavate in un sintetizza- il brano e ne getta via i pezzi tra re gioielli epocali come l’incalzare tore, subito affidato alle abili mani incubi d’un Fripp balcanico. fumigante di The Man Who Dies – background classico che emerge L’eco dei lustrini bowiani riemerge Everyday e, sopra ogni cosa, un in- - di Currie. nella baldanza falsamente cheap di cantesimo di tastiere radenti e sax Mossa azzeccata, che imprime alla Wide Boys, e Dangerous Rhythm romantico che incornicia la melodia band una spinta innovativa, tem- avanza come un reggae mutante indimenticabile di Hiroshima Mon perando il gelo di parsimoniosa mentre la candeggina satura l’aria. Amour, pellicola mentale di Foxx elettronica e distacco vocale con Scavalcando la discreta parentesi composta senza aver mai visto irruenza chitarristica e contorci- The Lonely Hunter, i cinque salu- l’omonimo titolo del regista Alain menti di archetto. Una musica dal- tano con due classici assoluti: la Resnais. Un caposaldo, in defini- l’eminente impronta modernista ed mutazione folk wave The Wild, The tiva, e il punto di partenza miglio- europea, fin da subito, il cui ascolto Beautiful And The Damned e il pia- re per accostarsi alla formazione, rivela allo stesso momento le radi- no di My Sex, alienato riflettere che specie nella nuova versione in cd ci e il gusto peculiare. Si sfrutta il diviene pian piano constatazione che arricchisce la scaletta col sin- momento anche per un cambio di amara, rischiarata da una fioca luce golo (affilata innodia ragione sociale, adottando quel- elettrica. (La ristampa in cd offre punk), riproposto anche in versio- l’Ultravox! tenuto fino alla fine (al- in più un pugno di incisive tracce ne “live” come The Man Who Dies l’incirca: nel loro periodo peggiore dal vivo: Slip Away, The Wild, The Everyday (di cui è presente anche si faranno chiamare U-Vox…), dal Beautiful And The Damned, My Sex un “alternate mix” più ruvido). Com- mai ben chiarito significato e omag- e la discreta Modern Love). pletano il rimpolpato piatto la breve giante la coppia Dinger-Rother nel Pubblicata a quarantacinque giri, Quirks (un ricalco cibernetico di So punto esclamativo apposto in coda. My Sex riscuote un discreto suc- Sad About Us degli Who) e una Hi- Una serie di intensi concerti nel fit- cesso britannico e, siccome in quei roshima Mon Amour assai distante to circuito underground di Londra giorni se hai qualcosa da dire non da quella poi finita su lp. Priva di li mette in risalto, e mentre infuria sprechi il tuo tempo, l’ottobre dello sassofono e con violino, batteria l’uragano punk, tra i contendenti la stesso anno recapita un altro tren- e chitarre a farla da padrone, mo- spunta la Island di Chris Blackwell. tatrè giri del gruppo. Ha! Ha! Ha! stra discendenza diretta da Virginia Il nome della band fa bella mostra è un capolavoro che mette a fuoco Plain dei Roxy Music, e ciò nono- di sé sull’omonimo album d’esor- anche quel poco d’indeciso che si stante rifulge di luce accecante. dio, modellato con tubi al neon trascinava nel debutto, pertanto il Come spesso accade, le platee fluorescente sotto al quintetto, in- miglior disco della band, compatto, ancora non sono sufficientemente deciso se rifarsi alle atmosfere di articolato, offerto senza eccedere ricettive e così s’insinuano crepe For Your Pleasure o alle pose di La in irruenza né orpelli. Schiaffeggia nell’armonia di gruppo. Si tempo- Düsseldorf. In cabina di regia sie- il glitter col punk per The Frozen reggia col pregevole e.p. dal vivo de - a fianco di un giovane Steve Ones e declina electrobilly iper- Retro fino al gennaio 1978, dopo di Lillywhite – l’uomo del momento, accelerato con ROckWrok, dipinge che a Shears è dato il benservito: quel Brian Eno che rende il grup- epica modernista su Artificial Life gli subentra Robin Simon quei dieci po partecipe delle sue innovative e dipana un violino di scuola King giorni prima di partire tutti per un modalità di affrontare strumenti e Crimson dentro gli ambienti can- tour europeo. Il passo successivo è composizione: puntare a un suono gianti di Distant Smile. Presente l’ultima carta rimasta da giocare per e poi adattarsi a quanto emerge dal anche nell’ipotetico Ziggy berlinese far saltare il banco: Systems Of Ro- processo creativo. Il risultato è un che anima While I’m Still Alive, lo mance viene concepito in Germania colpo inatteso per il freddo inizio strumento di Currie si bilancia per- assieme a , e l’uomo

s e n t i r e a s c o l t a r e 8 9 Ultravox!

ombra di buona parte del krautrock musica che pare muoversi nell’aria piani alti delle classifiche, mentre presenzia a chiudere un cerchio. La soprastante (Plank la fece cantare gli esiti artistici coleranno a picco copertina ostenta segnali di cam- a Foxx di mattina presto, in un gra- fino a sfiorare e poi oltrepassare il biamento ovunque, perché adesso naio nei pressi dello studio). Come ridicolo. Per quanto ci riguarda, la ci si chiama solo Ultravox e sono una meccanica Dislocation dal cuo- storia si chiude con l’ultima frase stati buttati gli abiti decadenti, a re che si volge all’Asia, come una intonata da Foxx in Just For A Mo- favore di austere mises che saran- Maximum Acceleration che traspor- ment, a rileggersela oggi profetica no presto neoromantiche, manco a ta Bowie da Heroes a Scary Mon- ed esplicativa: “Quando le strade dirlo con quell’anticipo che lascia sters, come gli incongrui accenti saranno tranquille, ce ne andremo critica e fan spiazzati e divisi. Lo “mod” dell’esuberante When You via in silenzio.” stesso fa la musica, adesso più al- Walk Through Me. (La riedizio- gida, con il violino scomparso e la ne aggiunge la battente cantilena sei corde acquietata su tappeti di inedita Cross Fade e una gustosa tastiere equilibratissime e compat- elettro poppizzata.) tezza ritmica “motorik”. Someone Poiché di incrementi nelle vendite Else’s Clothes e I Can’t Stay Long ce ne sono, ma non quanto si spe- sono le intuizioni dell’anno prima rava e malgrado la presenza al fe- sotto sedativo o, se preferite, dei stival di Reading, l’etichetta molla La Düsseldorf più sereni, laddove il gruppo a capodanno del 1978. il magnifico apripista Slow Motion Eccessivo l’anticipo su eleganti sferza un vento di brividi su pano- manichini, gotici emaciati e falsi rami impalpabilmente malinconici. intellettuali tecnologici pagato dai Al tempo in parecchi non gradirono nostri, che sulle prime non si perdo- la svolta “mitteleuropea” e ancora no d’animo e si auto finanziano una da più parti si persiste nel conside- visita oltreoceano. Faranno il tutto rarla un fallimento, ma a chi scrive esaurito in ogni data , a New York lo sforzo di rendere più potabile la per vederli faranno la fila persona- proposta smussando angoli e aspe- lità come Jean Michel Basquiat e rità pare tuttora ben più che sem- un giovane Vincent Gallo. plicemente decoroso. Vero: cose Foxx ha comunque la testa da tut- come Blue Light paiono spianar la t’altra parte, e al ritorno saluta per strada a Enole Gay e Ragazze Da intraprendere la carriera solista, Film, ma la classe rimane inarriva- ricca di soddisfazioni artistiche bile, e altrettanto la distanza che (almeno una piccola grande me- la separa da chi ricopiò intascando raviglia in carniere: The Garden) fior di soldoni. Con i doverosi di- ma non economiche. O meglio, non stinguo, il cambio di pelle fu coe- quante ne raccoglieranno coloro rente quanto quello a noi vicino tra che nel frattempo han preso nota, El Guapo e Supersystem: i Kraf- come il reo confesso Gary Numan: twerk addizionati di chitarre del Simon trova rifugio nei Magazine e singolo autunnale Quiet Men sono i resti del gruppo convocano Midge lì a eterna attestazione, come la “baffetto” Ure a prendere il coman- straziante e conclusiva Just For A do delle operazioni. Questi viag- Moment, la voce così estranea alla gerà senza scalo dai Rich Kids ai

Classic 9 0 s e n t i r e a s c o l t a r e s e n t i r e a s c o l t a r e 9 1 Classic album

condizionate. Basta far scattare il orizzonte di falsa serenità; il flau- meccanismo, ma talvolta può servi- to che guida la melodia perfetta re più di un tentativo ed è lì che in di Lewisdale Blues lo fischiettano tanti perdono la pazienza. Sacro- pure i bimbi. Train è puro old time santo allora amarlo con ancor più tirato fuori dalla polvere che solle- slancio oggi, John Fahey, quando vano le danze di Bill Cheatum; Je la fretta e l’effimero si frappongo- Ne Me Suis Reveillais Matin Pas no alla serenità e alla ricerca del En May è restituita all’Anthology di tempo necessario a capire. S’ha Harry Smith per dirigersi là dove da assimilare John, deve infiltrar- andiamo tutti, ma con un sorriso; si piano sotto pelle, respirarci da The Story Of Dorothy Gooch, Part dentro, rimbalzare tra gli angoli I sono i Gastr Del Sol che inse- del cervello. Solo allora ne sarà guono logiche oniriche in sovrap- lampante la grandezza ed evidente posizione, disturbi su un distillato John Fahey – The Voice Of la cospicua figliolanza. Solo allo- blues. Lonesome Valley termina il The Turtle (Fantasy, 1968) ra la sua semplice purezza verrà a tutto su un fugace, sinistro rintoc- Le avete mai sentite, voi, le tarta- galla. Come un Celacanto, specie care che riporta con sottile circo- rughe emettere un suono distinto? di pesce del Cretaceo che si pen- larità all’inizio, alle “Volk Roots” John Fahey c’è riuscito, ma non si sava estinto e un bel giorno, negli annunciate dalla copertina. Chiudi è limitato a dar voce all’inaudibile, anni ’30, si riaffacciò in un canale gli occhi e ti si presentano davanti, erigendogli attorno una muraglia di africano. John ne era affascinato, anche se non hai mai letto James mitologie che giocano con l’ascol- e non è difficile afferrarne le ra- Agee o visto una foto di Walker tatore, e quanto di post moderno gioni. Evans, non conosci Steinbeck né c’è in tutto questo. Una specie di Nello specifico, con The Voice Of Faulkner (dal cui cuore attorci- Thomas Pynchon della chitarra, The Turtle il chitarrista s’accosta gliato proviene A Raga Called Pat, che prese il blues dalle fonti – ad- alla cultura hippie, pur senza ca- Part III, dalla mente del Vardaman dirittura riscoprendone alcune – e larvisi come nei “rockismi” sui ge- di Mentre Morivo). All’inizio della l’intinse in una metafisica dal gu- neris di The Yellow Princess, piut- carriera Fahey s’era inventato dal sto europeo. Le dita creavano così tosto osservandola dall’esterno e nulla uno pseudonimo, evocando mondi senza pari, che suonasse o offrendone una lettura dai confini. un bluesman per celarcisi dentro redigesse le assurde ma credibili Facendo caso all’anno di uscita ci più che dietro: lo scopo era forse note di copertina dei suoi album, si può aspettare lo sguardo fisso esorcizzare il blues, capirlo e poi con la sicura costantemente levata nella psichedelia: invece niente raccontarlo con parole – suoni cioè all’ironia e la voglia di farsi beffe viaggi astrali, piuttosto si cade - che fossero solo suoi. L’aveva di accademisti e convenzioni. Si- dentro un io tormentato - com’è ri- chiamato, quel chitarrista (quasi) mile in parte nell’operato all’auto- correnza per il Genio - che si ripa- mai esistito, Blind Joe Death… re de L’incanto Del Lotto 49, Fahey ra in anfratti come l’orrido di cori Giancarlo Turra se ne distacca allorché la sua mu- muti tibetani A Raga Called Pat, sica resta ancorata a terra e non Part III, poi calpestarsi tra corde diviene splendida applicazione di finché non ne esce la maestà stili- esercizi intellettuali. stica accecante. Quel medesimo io Magicamente, resta in bilico su che, infine, trova asilo nella Sto- quella sottile striscia che separa ria, accertata (Nine-Pound Ham- cuore e mente, prendendo da uno mer) o fittizia (Bottleneck Blues) e dall’altra e quando raggiunge i non fa gran differenza, perché en- suoi vertici - che sono numerosi trambe si fondono indistinguibili e non si limitano a questo disco nella coppia di Bean Vine Blues. – consegna le chiavi per porte che E allora: il gong in distorsione di A aprono su bellezze supreme e in- Raga Called Pat, Part IV apre un

Classic 9 2 s e n t i r e a s c o l t a r e Classic fulmineo exploit al botteghino, giu- mente più “alla Soundgarden” sto il tempo che i fan si accorges- sfuggono al new deal: al di là del sero di cosa si trattava. La critica chorus veemente come ai bei tem- approvò, ma l’affezionato pubblico pi (non un decibel di meno), Blow non capì. E rifiutò. Sono cose che Up The Outside World ha nei versi fanno male, soprattutto quando si il germe della psichedelia più ra- è appena compiuto il passo decisi- refatta, mentre Dusty chiama nel- vo, il disco “da grande”. Per conce- l’agone la percussività asciutta di pire il quale la band aveva messo Cameron tra chitarroni acustici e in gioco certi delicatissimi equilibri acidità sì elettriche ma quasi byr- artistici e caratteriali. Infatti, poco dsiane. Insomma, quel che voglio tempo ancora e i Soundgarden dire: i Soundgarden ci erano riu- avrebbero fatto crack. Fine della sciti, erano andati oltre, si erano storia. superati rimanendo se stessi anzi Soundgarden – Down On The Canto del cigno non preventivato, di più. E ci sono rimasti secchi. Ma Upside (A&M, 21 maggio Down On The Upside non è certo questo è l’unico loro disco che rie- 1996) un album esente da difetti, ma è sco ad ascoltare senza fare i conti A proposito dei primi Soundgar- la cosa migliore che i Soundgar- col passato. den: Ultramega OK (SST, 1988) den avrebbero potuto licenziare a Stefano Solventi e Louder Than Love (A&M, 1990) quel punto della carriera. La mar- furono mazzate paurose. Blues, cia giusta, lo sbocco naturale. Se- punk, psych, hard, heavy metal e dici tracce per un magma denso e fottutissimo rock’n’roll, sporco e cangiante, cupezza grave dissemi- incazzato come nelle migliori oc- nata di vuoti, di respiri trattenuti casioni. In primo piano sua mae- e sguardi allibiti. La trama che si stà la chitarra, rovente e dinamica, sfilaccia e ondeggia, tuffandosi consapevole e letale. Ma la luce nella visione liquida, sostando nel- dei riflettori è tutta per lo shouter la curva delle sensazioni. Certo, Chris Cornell: straordinari i mez- sono ancora molti gli episodi mu- zi, mirabile l’ardore, inconfondi- scolari, però sono spesso sottopo- bile lo stile (e, diciamolo, anche sti a inusitate ibridazioni, vedi la uno sborone senza limiti). Il terzo pazzesca Ty Cobb che centrifuga album aveva un titolo che non la- hardcore punk e country in punta sciava adito a dubbi, Badmotor- di mandolino, o i tempi da coma finger (A&M, 1991): il lavoro ritmi- etilico di Never The Machine Fo- co di tamburi e basso come minimo rever, oppure la trasfigurazione da impetuoso, l’interazione degli ele- punk in blues di No Attention, e la menti esplosiva. Al confronto, il distonia canora d’impronta wave di successivo Superunknown (A&M, An Unkind… 1994) è quel che si dice un fumet- Meno digeribile suona il pre-dige- tone: apice commerciale dei Soun- rito, ovvero certe concessioni alle dgarden, mi colpì fin da subito per sirene emmetiviane come il singolo la cupezza involuta, per gli slan- Burden In My Hand: non un brutto ci brumosi e icastici. Al banchetto pezzo, strutturato su un capriccio furono invitati stilemi dark, folk- folk blues à la Page (Jimmy, inten- blues, la faccia scura della psiche- do), però maledettamente sconta- delia. Un po’ troppo forse, ma quel to. In compenso può capitare di im- che conta è aver tenuto altissima battersi in autentici “monstre” come la bandiera dell’hard rock made Applebite (incedere da monatti in in Seattle quando ormai la formu- processione, il moog stralunato, la letta del grunge stava esaurendo voce in gelatina sintetica), il folk l’effervescenza. Non è un caso se rock slittante di Zero Chance (zep- contemporaneamente i Pearl Jam peliniano, sì, ma capita spesso di aprivano al folk-rock - con licenza pensare a Tim Buckley, ed è un di sgomitare - in Vitalogy (Sony, signor merito), o l’escursione Pink 1994). Floyd della conclusiva Boot Camp Quindi, anno domini 1996, arrivò (folate di feedback, found voices, Down On The Upside. Spinto da wah wah gassificato, melodia so- un battage pubblicitario senza pre- spesa su un decollo trattenuto). cedenti per la band, usufruì di un Neppure alcuni pezzi struttural-

s e n t i r e a s c o l t a r e 9 3 Angel Heart. Ascensore per l’inferno (di Alan Parker, Usa / Uk 1987)

d i Alfonso Tramontano Guerritore

oggetti ambigui, magici, che parte- lotte Rampling nella parte della cipano al film come veri personag- fattucchiera borghese ex compagna gi: le pale di un vecchio ventilatore di Johnny, qualcuno strappa via il che roteano di presenza, le siga- cuore. Lei aveva provato a fare rette e i pacchetti accartocciati, gli l’oroscopo all’investigatore, ma specchi pallidi che non mentono. c’erano troppe incertezze nel suo E le coincidenze, che diventano futuro. “Quello che vedo – spiega sempre più pressanti, sempre più leggendogli la mano – non credo ti chiare. Rourke è Harry Angel, in- piacerebbe”. Dopo poco, viene ri- vestigatore privato di mezza tac- trovata senza il cuore, deposto su ca, incaricato dall’equivoco Luis dei fogli di giornale, torace sven- Cyphre, un De Niro assai cattivo, trato con perizia da macellaio da un di scovare il fantomatico Johnny coltello antico. Favourite. Il tipo è scomparso dalla clinica dov’era ricoverato in seguito Infine arriva la sequenza rapidis- ad uno shock da granata, alla fine sima che stringe il cerchio: prima della seconda guerra mondiale. muore l’avvocato che aveva contat- tato Harry Angel, poi muore il ricco “So chi sono. Io so chi sono!”: l’os- Il lavoro ha inizio subito dopo il padre della Krusemark, adoratore sessione è un circolo vizioso che colloquio, con l’ambiguo Cyphre a di satana che finisce rovesciato in confonde e intontisce. I contorni lanciare il primo messaggio : “Ho un pentolone bollente, e per ultima diventano labili, le azioni restano come l’impressione di averla già vi- la splendida Epiphany- Lisa Bonet sfumate nella memoria. Il cuore ha sta da qualche parte”. Harry inizia - , figlia proprio di Johnny. Le un ritmo e la mente ha una linea, proprio dalla clinica, ma per ogni immagini sono dense di mistero e ma nessuna delle due direzioni ha passo, per ogni situazione investi- morte, come la pioggia che bagna un senso. Il detective privato Harry gativa trova la morte a sbarrargli il i corpi di Harry e di Epiphany nel Angel ha perso le tracce, oggetti passo . “Io mi occupo di divorzi, mentre di un intenso e violento am- smarriti lo mettono in gioco. Ma lui di assicurazioni – spiega smarrito plesso, in una stanza d’albergo pic- ha perso il cammino. Eppure lo ha al suo datore di lavoro – tutti que- cola e fradicia. O come l’intrusione fin troppo presente, tra i vicoli di sti omicidi ..ho paura”. Harry inizia di Angel nella casa del dottore, in New Orleans, incantato dal tip tap a collezionare morti. Come se la un ambiente cupo e sospeso, tra dei bambini, inseguito da polli infu- grande falciatrice, ammantata di vecchi mobili e boccette di morfina. riati, sorpreso a ficcare il naso sul- riti vodoo e sortilegi di magia nera, In un incubo che lo lascia sveglio di le vie del sangue. Nel torbido hu- lo seguisse attenta. Sono decessi soprassalto mentre i poliziotti fru- strani, quasi immediati rispetto al gano nell’albergo, Harry si ritrova a cura di Teresa musGreco annerito della pellicola, nelle immagini ombrate che immergono suo arrivo: prima il dottor Fowler, tra sogno e realtà con la camicia ogni espressione del volto di Mic- morfinomane pagato per attestare zuppa di sangue e un rasoio tra le key Rourke in un gioco dove il noir la falsa permanenza dello scompar- mani, affacciato sulla stanza delle si perde nei rimandi, nelle tracce, so nella clinica. Poi, lungo l’asse esecuzioni. La confusione tra Harry nella musica ossessiva di un moti- New York - New Orleans , ci lascia e Johnny è una danza sinuosa, un vetto blues. le penne un chitarrista che aveva gatto che balla col topo, e la tra- Il film sembra girato in una camera lavorato con Johnny, Toots Sweet. ma intessuta di ricordi e déja-vu, oscura piena di polvere e fumi, la Tra strane danze tribali e zampe di brividi e premonizioni. Le immagini pellicola trasuda, torbida, e dallo gallina, la storia mostra qualcosa annebbiate riemergono sempre più schermo arrivano effluvi venefici. di innaturale. Alla povera Margaret frequenti dal passato e stordiscono Gli ambienti sono inquieti, ornati di Krusemark, interpretata da Char- l’investigatore Angel, in una lenta

la sera della94 prima s e n t i r e a s c o l t a r e la sera della prima della sera la Mickey Rourke e Rpbert De Niro e inesorabile presa di coscienza. Proprio la maga, insieme al padre, – all’inferno”. Non è certo la sto- Ogni visita nell’incarico del de- aveva prelevato Johnny dalla cli- ria a fare grande questo viaggio tective diventa dopo poco un altro nica mentre questi era ancora in realizzato da Alan Parker, autore morto. La coscienza preme, Angel stato di semincoscienza, per sotto- tra l’altro del celebre meraviglioso chiede lumi al suo cliente, che tra porlo ad un rito: trovato un uomo cartone The Wall: è l’atmosfera, vaghi rimandi bibilici continua a co- della sua stessa età, bisognava il denso baratro nascosto dentro le struire la sua tela. E intanto la poli- sacrificarlo permettendo a Johnny persone, un fiume torbido dove il zia inizia a mettere insieme i pezzi. di sfuggire al suo misterioso patto, confine è indistinguibile. “So chi Ma com’è possibile che Harry sia stipulato con Mr. Luis Cyphre. sono. So chi sono..!” La voce os- sempre così vicino a Johnny, qua- Ma se Johnny ha divorato il cuore sessiona, sempre meno convinta. si al punto da sfiorarlo senza mai di Harry, resta sempre Johnny, coi Incerta. Poi consapevole, amara. arrivarci? Com’è che sembra riper- ricordi del giovane investigatore Rassegnata. Il cuore rimbomba. Il correrne le tracce fino a diventare mescolato ai suoi incubi. La storia carrello dell’ascensore scivola len- parte della sua strana, vecchia e del patto col diavolo è certamente to e costante verso la stanza della misteriosa vita? E cosa c’entra il banale, vecchia come il mondo. Mr sedia. Prima dell’inferno. diavolo? E la magia? E quelle im- Favourite era un oscuro cantante magini dell’ascensore, della grata che aveva scelto la fama, diven- metallica che si richiude violenta, tando un mito negli Usa. L’ascesa la sedia elettrica con la donna ve- era arrivata dall’inferno, evocando stita di nero, le mura imbrattate di il maligno attraverso la magia nera, sangue, le urla, le voci che ripeto- con una formula appresa in un an- no “Johnny, Johnny….” tico testo esoterico. Dopo aver ten- tato di fuggire alla sua sorte, dopo Tutto si spiega nell’epilogo, che aver dimenticato parte del suo è anche la parte più didascalica passato, finalmente Johnny torna del film, con l’investigatore priva- a guardarsi. “Arrostirai per que- to Harry Angel che ritrova la me- sto” – gli dice il poliziotto, prean- daglietta da militare col suo nome nunciando la sedia elettrica. “Lo in casa della strega Krusemark. so - ammicca sconfortato Johnny

s e n t i r e a s c o l t a r e 9 5 Visioni

A Scanner Darkly - Un oscuro scrutare (di Richard Linklater, U S A 2 0 0 6 ) Un romanzo doloroso e visionario di Philip K. Dick (Un oscuro scrutare, 1977) è alla base di questo atteso film di Richard Linklater. Dick prendeva atto, autobiograficamente, della disfatta di una generazione annullata dal- le droghe, facendone un ritratto impietoso ed amaro - tra giallo e romanzo di attualità, molto poco sci-fi - ambientato in un futuro prossimo in cui la tecnologia ed il controllo sociale schiacciano l’individuo. Linklater realizza A Scanner Darkly con il rotoscope (ovviando a costosi effetti elettronici), la stessa tecnica usata per il suo A Waking Life (2001), girando il film e poi ridisegnando e ridipingendo digitalmente ogni foto- gramma; si ottiene così un misto tra animazione e dal vero, perfettamente aderente alla storia, in cui i personaggi sono sfumati ambiguamente, tra paranoie, allucinazioni, doppi e realtà parallele. Nella California del 1994 dominata da una misteriosa droga, la sostanza M (come morte, che distrug- ge il cervello, provocando schizofrenia e visioni), un agente della sezione narcotici, Fred (un matrixiano Keanu Reeves) si infiltra nell’ambiente per scoprire chi c’è dietro al traffico illegale. Una speciale tuta cangiante come un ologramma ne nasconde l’identità ai colleghi, e un’apparecchiatura gli permette di spiare se stesso nelle vesti di drogato (Bob Arctor). Un incubo lisergico in cui si ritrovano le costanti di Dick, tra paranoia, double, realtà e finzione, droghe e critica all’autorità. Linklater ne fa innanzitutto una versione straparlata. Deliri, conversazioni, dialoghi surreali (con Robert Downey Jr e Woody Harrelson, inarrestabili spalle) e ironici sono alla base del film, che diventa così essenzialmente una commedia (con un finale drammatico) con elementi di thriller, un pulp psichedelico aggiornato ai nostri giorni, in cui i governi che spiano l’individuo non fanno comunque più sensazione. Un altro prodotto postmoderno quindi. Vi si può vedere allora la critica politica: il futuro preconizzato da Dick è già qui da tempo purtroppo, le paranoie e le crisi di identità all’ordine del giorno, e l’ingerenza di mezzi di comunicazione e governativi sono sotto gli occhi di tutti. In questo caso doppiamente nella società americana, ci suggerisce il regista. Il risultato è alterno, come tutti i film tratti dallo scrittore (ad eccezione di Blade Runner, che comunque virava più verso il cyber-punk di Gibson, che verso Dick, a dire la verità). A Linklater preme lo sdoppiamento di iden- tità e personalità, evidente anche nella struttura uomo/cartoon e spia/spiato (e il controllo dell’individuo su se stesso, “l’oscuro scrutare”); la marginalizzazione del diverso nella società e il leit-motiv del controllo, a scapito di altri temi dickiani, come l’uso “esplorativo” delle droghe, e tutta la cultura relativa nell’America degli anni ’60. Un Dick riletto quindi assolutamente alla maniera del regista. Resterà deluso chi si aspettava qualcosa alla Cronenberg. Teresa Greco

la sera della9 6 prima s e n t i r e a s c o l t a r e la sera della prima della sera la

Flags Of Our Fathers (di Clint Eastwood, USA, 2006) Chi sono gli eroi? Uomini che decidono di sacrificarsi per la collettività co- stretta poi a sdebitarsi trasformandoli in simboli di lealtà, onestà, corag- gio. Questo è il tema dell’ultimo film di Clint Eastwood sviluppato attorno alla presa dell’isola giapponese di Iwo Jima, che serviva le operazioni di guerra degli americani nel conflitto contro il Giappone durante la seconda guerra mondiale. Dopo i primi scontri un gruppo di soldati viene incarica- to di salire in vetta al primo monte conquistato per piantare la bandiera americana. Insieme a questi soldati c’era Rosenthal, pronto a scattare la famosa istantanea dell’alzabandiera che gli procurò, in seguito, il premio Pulitzer. In quella foto nessun viso è riconoscibile. Questo aumenta il suo potere figurativo, ma permette anche contraffazioni: perfetto! In patria, infatti, le cose non andavano proprio bene: le sorti della guerra non erano decise, le casse dello Stato vuote, bisognava convincere gli americani a comprare più Buoni del Tesoro per dare slancio all’industria bellica. Si dà il via, così, al processo di costruzione dell’eroe. Si trovano tre superstiti dei sei mostrati dalla foto: una chiara, tipicamente americana, mercifica- zione.

È evidente il netto rifiuto di Eastwood per questo tipo di spettacolarizzazione becera e opportunista. Tutto il film rappresenta un processo di decostruzione, di demistificazione della lettura retorica che la cultura ufficiale ha fatto del mito (eroe e leggenda). L’antieroe che Eastwood contrappone a quello ufficiale abita nella contraddit- torietà degli eventi ed è lì che vengono piazzati i personaggi che lui ama di più: non nel vuoto di una leggenda ufficiale ma a ridosso della tragica miseria della vita. Salvo, poi, ricostruire sotto altre spoglie quel mito che si vuole decostruire. Contrariamente al cinema classico, dove l’eroe è irreprensibile quanto la sua vittoria sui cattivi e un certo tipo di “retorica” si adatta alla sua celebrazione, nel cinema di Eastwood l’antieroe deve farsi strada tra la falsa coscien- za della società americana dove nessuno può più salvarsi. I suoi personaggi compiono gesti incomprensibili, subliminali, spesso deliberatamente svantaggiosi, apparentemente senza una razionalità. L’impianto poetico è lo stesso di Million Dollar Baby. Solo che là erano due personaggi solitari, alla ricerca di un riscatto, che doveva- no fare i conti con se stessi, con la propria storia, con le situazioni tragiche, con la moralità. Qui invece, come in ogni film di guerra, l’impianto è corale. Quanto più è atroce la violenza dello scontro, tanto più è forte il richiamo morale. E quando c’è un racconto morale, affiora inevitabile il mito. Come molti racconti nella tradizione americana la parabola dell’eroe è parte di un processo di costruzione e di esaltazione del mito nazionale. E Eastwood se ne rende conto nel finale del film, quando spegne i riflettori, smorza gli acuti e ci mostra alcuni ragazzi che fanno il bagno sulla spiaggia della battaglia, giocano nell’acqua e sono contenti di averla scampata. Non pensano minimamente all’eroismo perché la realtà, poi, si prende sempre una rivincita mostrandosi per ciò che è: qualcosa di molto più ordinario. Costanza Salvi

s e n t i r e a s c o l t a r e 9 7 I figli degli uomini (di Alfonso Cuaròn, USA 2006) Immagini dal futuro possibile? Appunti sull’imminente disastro? Apologia hollywoodiana del collasso? Forse questo film è quanto di più vicino si possa immaginare alla realtà del prossimo cinquantennio. Non è un dato di fatto, ovviamente, perché Alfonso Cuaron non è Nostradamus, ma una sensazione netta, un gusto inquietante che pervade i pensieri mentre in sala si accendono le luci e partono i titoli di coda. Siamo nel 2027 nel- l’apocalittica Inghilterra, e i Pesci - organizzazione ecoterrorista - lottano per scatenare la rivolta in un mondo sterile: su tutta la terra da anni non nasce un bambino, l’amore sembra scomparso e la speranza è affidata ad una giovane donna di colore incinta. La leader del gruppo è Julian (Julianne Moore), che a sua volta crede in Theolonius (Clive Owen), stralunato protagonista, antieroe investito suo malgrado dal compito ingeneroso di salvare il mondo. Jasper (Michael Caine) è una visione hippie che coltiva ganja e ascolta Ruby Tuesday degli Stones in versione Battiato (???), rollando ottimismo nelle cartine. Tutto il film vive di immagini e sensazioni contrapposte: l’ironia si mescola alle lacrime, i boschi e le campagne stridono con alienate oscurità metropo- litane, la luce emerge dal buio lottando con raggi sottili contro il grigio. Vetrate incolori, sottopassaggi lerci, rifiuti in fiamme e colori seppia nelle aree urbanizzate, e accanto, alberi che dondolano altissimi sfrondando dolcemente al vento. E poi scontri a fuoco, polizia senza umanità, messaggi per scoraggiare l’immigrazione non autorizzata, stranieri disperati messi in gabbia nella versione degenerata dei Cpt. Il fatidico parto, il primo da tanti anni, avviene in un tugurio, sul confine dei diseredati, nell’umido di una stanza buia, con il bue e l’asinello assenti giustificati. Da- vanti alla bimba la guerriglia si placa, con un miracoloso cessate il fuoco sulla scia del vagito. La scena avviene in un casermone di periferia, simile alle vele di Secondigliano, ammassato da profughi e disperati che vivono in pochi metri, con giardinetti tra le macerie, cortili di cemento e galline a razzolare tra scale e follia. E proprio gli animali popolano in ordine sparso l’intero film, tracce sparse di una natura che non si piega all’apocalisse: muc- che, galline, cani domestici, pappagalli e una specie di lama che attraversa il corridoio a Theo. Forse bisognava partire dalla fine, con Theo, la bambina e la madre in attesa alla boa della mistica nave Tomor- row, per portare la bimba al progetto umano e coltivare l’ultimo seme di speranza. Forse bisognava raccontare le onde, quella piccola barca a remi, la morte e la speranza, perché era più giusto. Ma il film resta in mente, confonde, lascia quello strano brivido del futuro possibile. Fortunatamente Alfonso Cuaron non è Nostradamus. Forse. Speriamo. Alfonso Tramontano Guerritore

la sera della98 prima s e n t i r e a s c o l t a r e la sera della prima della sera la

Marie Antoinette (di Sofia Coppola, USA 2006) Come gli altri film di Sofia Coppola, anche Marie Antoinette racchiude la storia di una giovane donna persa nei complicati meccanismi della vita. E a rileggere la sua breve filmografia, verrebbe da pensare che, in fondo, la regista non abbia fatto altro che girare e montare lo stesso identico film. Se avete presente gli altri titoli, vi sarà facile immaginarl: Il giardino del- le vergini suicide non era altro che la storia di un paio di ragazze perse dentro i confini ferrei di una famiglia, e il più recente Lost In Translation raccontava di una donna sola e senza punti di riferimento all’interno di una cultura sofisticata e lontana, quella giapponese. E, sorprendentemente, Marie Antoinette continua a mettere in scena la vicenda di una ragazza che a soli quattordici anni ha già il destino segnato: per ragioni più grandi di lei, dovrà abbandonare l’Austria, spogliarsi di tutto, entrare in Francia, qui diventare regina e sottomettersi alle assurdità della vita di corte. Per questo, allora, non è del tutto azzardato definire il film come Lost in Ver- sailles: forse solo così è possibile capire meglio il film, ma anche il metodo di lavoro della regista. A guardare bene, è come se Sofia Coppola in questo suo ultimo film aves- se condensato e reso più complessi temi e suggestioni che già apparivano nei suoi lavori precedenti: infatti, è molto semplice rintracciare sia il tema della famiglia come luogo chiuso e senza uscita (in questo caso quello della famiglia reale), sia quello dell’approdo in una cultura nuova, aliena e sofisticata. E se nei precedenti film le protagoniste si perdevano al solo contatto con una di queste due realtà, qui è come se Maria Antonietta si perdesse due volte, senza la speranza di addolcire gli eventi (come lasciava intendere l’happy end di Lost In Translation) e trovare una duratura posizione nel mondo. Il simbolo di tutto questo è proprio la reggia di Versailles. Ed è un simbolo senza pari. Perché, in un solo momen- to, rappresenta la gabbia dorata in cui la famiglia reale si auto-reclude ed il picco di eleganza e sofisticazione di una cultura. Se ci fate caso, allora, troverete nel film non uno, ma due protagonisti: la regina e Versailles. Sofia Coppola è molto attenta a dosare i piani, e fa in modo di bilanciare con esattezza la visibilità della reggia e quella della regina. Per tutto il film è come se i due si sfidassero: si attraggono, si respingono in continuazione. Maria Antonietta lotta, ma alla fine cede alle lusinghe di Versailles – c’è una scena toccante, nella seconda parte del film, in cui è difficile separare la figura della regina da quella della carta da parati della reggia. Ed è proprio qui che comincia la sua fine, quando dopo un lungo errare e perdersi la regina cerca una posizione netta e definitiva nel mondo. Le protagoniste di Sofia Coppola sono personaggi vulnerabili, messe sotto scacco dalla appartenenze sociali e familiari. E questo film, nel 2006, la dice più lunga di qualsiasi trattato di sociologia. Giuseppe Zucco

s e n t i r e a s c o l t a r e 9 9 Tra i più longevi compositori del “secolo breve”, con una carriera Igor settantennale (!), Igor Stravinskij rappresenta, forse meglio di ogni altro musicista, il Novecento musicale, secolo che ha attraversato quasi tutto (fino alla sua morte nel 1971) indenne da qualsivoglia invecchiamento, sempre accompagnato da una ricerca indomita e Stravinskij innovatrice.

di Daniele Follero

Mondano, avanguardista, farà, nel 1939, all’alba del secondo l’interesse per la tradizione musi- inattuale: genio conflitto mondiale, passando dalla cale del proprio paese. Francia agli Stati Uniti. La distan- In questo periodo, cosiddetto “rus- “La musica è incapace di esprimere za dalla “sua” Russia non riuscì a so”, difatti, cominciano già ad in- altro che sé stessa” (Igor colmarsi neanche dopo l’invito nel- travedersi tutte le caratteristiche Stravinskij) l’Urss post-staliniana nel 1962 per della sperimentazione musicale di una serie di concerti, che rimase un Stravinskij: l’introduzione di ritmi Un vero “uomo di mondo”, Stravin- evento isolato nella vita di questo fortemente irregolari, lo sviluppo di skij. Nato in Russia, naturalizzato perenne emigrante. piccole cellule motiviche, l’allarga- francese, poi cittadino statunitense: mento dell’orchestra, la poliritmia, la parabola della sua vita è segnata Dalla Russia alla mondanità l’uso strutturale dell’ostinato (che dalla mondanità, nel senso più co- La carriera artistica di Stravinskij, affascinerà tanto compositori come smopolita che questa parola richia- cominciata sotto l’ala protettiva di Reich e Riley). Il tutto connesso ad ma. Rimskij-Korsakov, all’epoca uno dei una poetica che guarda alla tradi- La sua musica, che ha attraversato più influenti musicisti della Russia zione di una Russia pagana, ance- indenne due guerre mondiali, varie ancora zarista, si può dividere net- strale. Il termine “primitivismo” in dittature e l’ostracismo di critici di tamente in tre periodi. E non per questo senso è legato proprio alla ogni età e provenienza, è riuscita a voler mettere dei paletti o fare delle ricerca di un passato primordiale, mettere d’accordo un po’ tutti: i mu- inutili semplificazioni, ma per rap- non certo alla semplificazione delle sicologi più tradizionalisti e conser- presentare la volontà dello stesso tecniche artistiche fino all’essen- vatori lo vedono come il più grande autore, intento a razionalizzare, zialità fanciullesca, come nella pit- prosecutore della tradizione classi- concettualizzare e catalogare la tura di Mirò. ca attraverso i nuovi linguaggi del sua opera. E’ L’Oiseau De Feu (L’uccello di Novecento; le avanguardie lo hanno Diversi tra loro, i tre periodi stili- fuoco, 1910) ad inaugurare la col- considerato un punto di riferimento, stici della carriera di Stravinskij laborazione con i Ballets Russes quasi una guida spirituale da tenere (primitivismo, neo-classicismo e di Diaghilev, a cui segue l’anno sempre presente; i folkloristi e gli dodecafonia) rappresentano diver- dopo Petrushka, clamoroso tentati- etnomusicologi apprezzano le sue se esigenze, percorsi stilistici qua- vo (riuscito in pieno) di rivalutare interpretazioni della musica popola- si agli antipodi, che trovano una provocatoriamente un genere ve- a cura di Danielere Follero russa e il suo profondo interessa- ragion d’essere in una personalità ramente popolare come il teatro di mento al folklore. musicale forte e unificante. marionette. Niente è rimasto inesplorato nel La prima fase artistica del compo- Ma è Le Sacre Du Printemps (La percorso artistico di Stravinskij, sitore, nato a Oranienbaum, vicino sagra della primavera, 1913) l’ope- personaggio ambiguo, ottimo musi- San Pietroburgo, nel 1882, è se- ra più rappresentativa di questo cista, severo ed esigente direttore gnata dall’interesse per il balletto, periodo e probabilmente quella più d’orchestra, raffinato intellettuale e, genere che proprio grazie al suo eseguita e rappresentativa di tutto allo stesso tempo, abile manager di estro compositivo subirà una irre- il repertorio stravinskijano, sum- sé stesso. Nella sua biografia non versibile trasformazione. E’ un pe- ma di tutta la sua arte. Nel Sacre ci sono tracce di attivismo politico riodo che risente moltissimo degli viene fuori una potenza metrico- e questo suo “distacco” dalle ideo- insegnamenti del maestro e della ritmica inaudita, inconcepibile per logie lo aiuterà non poco a superare collaborazione con il grande coreo- l’ascoltatore occidentale, abituato indenne, senza prendere posizioni grafo Sergeij Diaghilev, conosciuto al canonico 4/4. Il richiamo a una nette, gli eventi più tragici del se- nel suo primo soggiorno a Parigi. natura pagana, dionisiaca, che si colo appena trascorso: scoppiata Il balletto diventa così il tramite, il apre alla primavera nella maniera la prima guerra mondiale si rifugia mezzo attraverso il quale esprime- più violenta possibile, rappresenta nella neutrale Svizzera e lo stesso re il proprio linguaggio musicale e l’evocazione per eccellenza. I re-

i cosiddetti1 0 contemporanei 0 s e n t i r e a s c o l t a r e gistri degli strumenti sono portati contemporanei cosiddetti i agli estremi, il sistema tonale ab- battuto sotto i colpi della poliritmia. Tutto viene messo in discussione. È l’avanguardia.

Uno sguardo all’indietro e uno in avanti: il neo- c l a s s i c i s m o s e c o n d o Stravinskij Il modo in cui Stravinskij ha con- traddetto l’idea di progresso, che ha caratterizzato gran parte della stagione delle avanguardie (più im- pegnate, a volte, a fare tabula rasa della tradizione che a costruire nuovi linguaggi) è a dir poco straor- dinaria. Lui, proprio il caposcuola del Novecento, il faro dei giovani “rinnovatori”, nel pieno della sua stagione sperimentale, fa un passo indietro. Anzi, vari passi indietro, fino ad arrivare a volgere lo sguar- do agli albori dello stile “classico”, a quel Giovan Battista Pergole- si, genio prima del Genio (leggasi nica di Schoenberg, compone Sin- vecchiaia comincia ad interessarsi Mozart). Pulcinella (con la sceno- fonie (Symphony Of Psalms, 1930; ad argomenti di carattere biblico- grafia di Pablo Picasso), nel 1920 Symphony in C, 1940; Symphony In religioso (Threni, 1958; A Sermon A cambia le carte in tavola e inaugura Three Movements, 1945), Concerti Narrative And A Prayer, 1961). quella fase compositiva cosiddetta (Dumbarton Oaks) e Opere, clas- Ma c’è ancora tempo per uno sguar- neo-classica, costruita su citazio- sicheggianti sia per forma che per do al passato, come se in qualche ni, ricostruzioni, strutture e forme temi (Oedipus Rex, 1927; Apollon modo ci fosse qualche cerchio da dell’epoca dominata dai fantasmi di Musagete, 1928) fino a culminare in chiudere. Il ritorno al balletto con Bach, Haendel, Mozart, Beethoven. quel Rake’s Progress (1951), sinte- Agon, scritta tra il 1954 e il 1957, Uno sguardo al passato, certo. Ma si di due secoli di Teatro dell’Opera sembra la metafora di una vita che il neo-classicismo di Stravinskij non e capitolo finale della sua indagine da sola rappresenta un’epoca, di è quello di Respighi, dei pedanti classicista. un secolo che si guarda allo spec- accartocciamenti reazionari di pro- chio attraverso uno dei suoi per- vetti accademici diplomati in com- Un personaggio “popular” sonaggi più rappresentativi. Così posizione. Per Stravinskij il classi- tra Marilyn Monroe e rappresentativo da ottenere un po- cismo è uno strumento attraverso il To p o l i n o sto d’onore tra i personaggi del No- quale esprimere sotto altre forme il È proprio a questo punto, quando la vecento del Time, così popolare da suo stile. Ed ecco allora che Mon- dodecafonia è già passata alla sto- meritarsi una stella nella Hollywood teverdi, Gluck, Haydn, Gesualdo da ria e le tecniche seriali sono state Walk of Fame insieme a Marilyn Venosa, si travestono da contem- già belle e digerite che Stravinskij, Monroe e Topolino. poranei, la loro poetica si arricchi- genio così piacevolmente inattua- Non voleva proprio andarsene da sce di dissonanze improbabili, rit- le, si avvicina a questi linguaggi questo modo, Igor Stravinskij, ma mi sincopati e impasti timbrici e le ormai storicizzati. Come se avesse lo ha dovuto fare. Se n’è andato a regole del sistema tonale vengono voluto aspettare, come se non si 88 anni, da cosmopolita qual era, rimodellate nel segno di una liber- fidasse dei tentativi dei suoi colle- nella New York capitale del mondo e tà espressiva senza limiti, che non ghi di cambiare il corso della storia. della mondanità. Ma era soprattutto disdegna la politonalità. Insomma, Anche in questo caso il suo appro- un grande artista ed è probabilmen- lo stile stravinskijano indossa vec- do al territorio dei dodici semitoni te per questo, per distinguerlo dalle chie vesti scrollandosi di dosso la non è radicale, è semplicemente celebrità di cartapesta e cellulosa, polvere. In un miscuglio di interessi personale: Cantata (1952), Three che il suo corpo riposa a Venezia, letterari (la cultura greca) e musi- Songs From Shakespeare (1953), città d’arte per antonomasia, al cali (il classicismo viennese e le In Memoriam Dylan Thomas (1954) fianco del suo amico e collaborato- sue forme), nell’arco di trent’anni, inaugurano questa nuova stagione re di una vita Sergeij Diaghilev. il compositore, rimasto freddo e im- artistica del Nostro (la meno fortu- passibile alla rivoluzione dodecafo- nata e nota, in realtà), che con la

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