Una Lattina Di Celtia Che Finirebbero Per Restare Bloccati Qui: Holt in Tunisia
Tunisia, 11 ottobre 2016. Inviati del governo tedesco grezzo. Nella stanza ci sono sgabelli da bar neri, divani rossi, tavoli in plastica azzurri. Alle pareti pendono lucine verdi e blu, in tv trasmettono una partita di calcio: Nizza contro Olympique Lyon. La cantina è un bar per immigrati che arrivano dall’Africa occidentale: Camerun, Gabon e Costa d’Avorio. Bianchi se ne vedono pochi da queste parti. Il bar è clandestino, ma non è un segreto. La polizia chiude un occhio, un favore che si paga profumatamente, spiega Blamassi. Una donna scende dalla scala con un abito rosso sgargiante e i tacchi alti. Serve pollo arrosto con manioca e insalata di pomodori. Blamassi addenta una coscia di pollo. “Clandestine, mais délicieuse”, clandestina, ma deliziosa, dice. Blamassi è arrivato a Tunisi dodici anni fa per studiare all’università. Oggi lavora per l’organizzazione per rifugiati Terre d’asile Tunisie. Ha fondato un’associazio ne, Sahara connection, per aiutare i giova ni africani a trovare un futuro nel loro pae se e dissuaderli dall’intraprendere la tra versata verso l’Europa. Blamassi ha lo stesso obiettivo di Vornholt: non vuole che la gente fugga attraverso il Mediterraneo. Però non crede che questo obiettivo si rag giunga controllando più severamente i conini. “La migrazione non è un proble ma di politiche di sicurezza, ma di man canza di posti di lavoro, di assistenza sani taria, di sogni”, dice. Blamassi racconta dell’Africa occiden tale e delle aziende europee che vanno a investire lì: il gruppo industriale svizzero Nestlé, che domina il mercato del cacao, l’azienda di logistica francese Bolloré, che gestisce i porti, il gruppo petrolifero Total, che estrae il greggio.
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