Barnabiti Studi 27
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LETIZIA GIOVAGNONI P. GIUSEPPE COLIZZI ALL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PERUGIA Giuseppe Colizzi è stato un personaggio decisivo per le sorti dell’Uni- versità degli Studi di Perugia nella prima metà del secolo XIX. Era un bar- nabita di origine romana, scienziato (chimico per la precisione), giurista, docente appassionato e ottimo amministratore. Quest’uomo dedicò gran parte della propria vita alla cura dello Studio perugino, soprattutto duran- te il periodo napoleonico (1809-1814), quando ne fu nominato Ispettore e, con grande tenacia ed abilità, riuscì a ottenere lo stabile di Monte Morci- no, appartenente ai monaci olivetani prima della soppressione, che è tutt’oggi la sede del Rettorato dell’Università. In aggiunta fu lui a propor- re e far accettare una riorganizzazione degli studi, che si mantenne prati- camente integra fino alla riforma di Leone XII del 1824. È importante ini- ziare, ai fini della comprensione dell’ambiente e del movimento culturale in cui il Colizzi si trovò ad operare per gran parte della sua vita, con un pic- colo excursus sulla storia dell’Ateneo, soffermandosi soprattutto sugli even- ti legati al biennio della Repubblica Romana (1798-1799). Dopo l’emanazione del breve di Urbano VIII nel 16251, lo Studio pe- ———— 1 Il breve di Urbano VIII affidava la direzione dell’Università di Perugia da una par- te all’autorità del vescovo, in quanto rappresentante del papa e garante dell’ortodossia cat- tolica sul territorio, e dall’altra ai Collegi dei dottori, i quali conoscevano bene le necessità e i bisogni dell’Università. Tutti i poteri decisionali erano ora nelle mani del vescovo pro tem- pore, che diventava Preside dello Studio, mantenendo comunque il titolo di cancelliere che confermava il potere, di cui era depositario sin dal Trecento, di concedere apostolica aucto- ritate i gradi dottorali, i quali implicavano la licentia ubique docendi. Oltre a questo, aveva il compito di vigilare sulla scelta annuale dei lettori e del personale amministrativo e sulla determinazione dei salari. Infine il breve concedeva al vescovo anche la possibilità di pro- porre alla Sede Apostolica nuovi statuti, e gli affidava il compito di conservare in archivio tutte le Costituzioni Apostoliche già edite e tutti i documenti riguardanti l’Università. I Col- legi dei dottori, dal canto loro, fungevano da consiglieri del vescovo per tutte le funzioni di presidenza affidate loro dal breve. (Sulla riforma urbaniana si veda G. ERMINI, Storia dell’Università di Perugia, Firenze, Olschki, 1971, vol. I, pp. 209-211, e L. BONAZZI, Storia di Perugia dalle origini al 1860, Città di Castello, Unione Arti Grafiche, 1960, vol. II, pp. 301- 302). All’inizio di questo lavoro intendo ringraziare la Prof.ssa Regina Lupi, la quale mi ha guidato pazientemente durante l’elaborazione e mi ha dato un aiuto prezioso nel reperire ed interpretare le fonti perugine, e Padre Giuseppe Cagni per avermi dato la possibilità di 8 Letizia Giovagnoni [2] rugino si trovò ad attraversare un periodo di profonda crisi, durato quasi due secoli e connotato da immobilismo culturale ed accademico. Alcuni tentativi di cambiamento, sulla scia del resto d’Italia, si ebbero nella prima metà del XVIII secolo grazie a due vescovi: Anton Felice Marsili2 e Giu- seppe Vitale De’ Buoi3. La vera cesura per l’Università degli Studi di Perugia e per la città in- tera fu il biennio della Repubblica Romana (1798-99). Annibale Mariotti4, insieme a pochi altri artefici della Repubblica, sentì subito la necessità di un riordino dell’assetto universitario, e di un’abolizione definitiva del breve ———— consultare i documenti nell’archivio dell’Ordine barnabita a Roma, per avermi assistito co- stantemente nell’esame delle carte e per avermi dato, insieme a Padre Filippo Lovison, la possibilità di pubblicare questo mio elaborato. 2 Il Marsili fu vescovo di Perugia, dopo essere stato arcidiacono a Bologna, dal 1702 al 1710. Il riordino dell’Università che egli auspicava non mirava ad intaccare l’ordinamen- to amministrativo, ma tentò semplicemente di sfruttare i poteri del vescovo in materia di as- segnazione di cattedre. Più che altro il Marsili cercò di risvegliare la città dal torpore cul- turale in cui giaceva da almeno un secolo. La Perugia che si trovò di fronte, però, era poco reattiva agli stimoli da lui introdotti e dovette affrontare l’opposizione netta del Collegio dei Medici, preoccupato di tutelare i propri privilegi come corporazione all’interno dello Stu- dio e nell’attività professionale. Sull’argomento cfr. R. LUPI, Gli Studia del papa. Nuova cul- tura e tentativi di riforma tra Seicento e Settecento, Firenze, Centro Editoriale Toscano, 2005, pp. 112-113. 3 Giuseppe Vitale De’ Buoi venne nominato vescovo di Perugia nel 1711, subito do- po la morte del Marsili. Tra il 1719 e il 1720 s’impegnò in un progetto di riforma dell’Uni- versità che implicava anche una revisione importante degli ordinamenti. Nel documento presentato al pontefice, il vescovo espose il suo piano in undici punti, tra cui l’introduzio- ne della pratica del concorso come sistema di reclutamento dei docenti, che rappresentò l’elemento più innovativo dell’intero riordino voluto dal De’ Buoi. Tale riforma risultò es- sere poco gradita sia ai capi della magistratura cittadina sia ai lettori collegiati. Per questo motivo la Congregazione, creata ad hoc proprio per esaminare e per giudicare il progetto del vescovo, decise di tornare all’osservanza del breve di Urbano VIII. Di tutte le proposte del De’ Buoi, comunque, venne accettata solo la pratica del concorso, anche se l’ultima parola sull’assegnazione delle cattedre restava ai collegi e alla rappresentanza della magistratura cit- tadina. Per ulteriori notizie sulla riforma del vescovo De’ Buoi vedi LUPI, Gli Studia del pa- pa cit., pp. 116-117. 4 Annibale Mariotti nacque nel 1738. Tipico rappresentante della borghesia delle pro- fessioni (anche il padre era medico), egli venne introdotto nel collegio medico nel 1755 an- cora giovanissimo e ad un anno dalla laurea. Nell’Università insegnò Logica, Botanica, Me- dicina pratica e teorica. Piuttosto noto anche al di fuori del territorio perugino, grazie ai suoi studi e alla sua bravura come medico, andò a Roma e nelle altre principali città universita- rie italiane che contribuirono a orientarlo verso posizioni di larga apertura da un punto di vista sia scientifico che politico. Il Mariotti fu anche uno studioso di letteratura e storia. Le sue opere, tutte conservate alla Biblioteca comunale Augusta di Perugia, hanno per ogget- to la storia cittadina, l’Università, gli artisti del passato ecc. Per un approfondimento sulla figura del Mariotti si veda R. CHIACCHELLA, Annibale Mariotti, in Dizionario Biografico de- gli italiani, Roma, Istituto dell’Enciclopedia italiana, 2008, vol. LXX, pp. 569-571 e Anni- bale Mariotti 1738-1801. Cultura scientifica, storica e politica nell’Umbria di fine Settecen- to. Atti del Convegno di studi (Perugia, 13-14 dicembre 2001), a cura di M. Roncetti, «Bol- lettino della Deputazione di Storia patria dell’Umbria», XCIX, 2002. Oltre al Mariotti è ne- cessario citare tra i promotori della Repubblica anche Antonio Brizi , esponente di spicco del ceto dei professionisti della città, e Giuseppe Antinori, ancora poco più che ventenne all’epoca della Repubblica, il quale avrà le redini dell’Ateneo perugino insieme al Colizzi in epoca napoleonica. [3] P. G. Colizzi all’Università degli Studi di Perugia 9 del 1625. Il Mariotti inviò un progetto di riforma temporaneo al Ministro dell’Interno Antonio Franceschi5, il quale, dopo averne preso visione, lo approvò nel marzo del 1798 con il titolo “Stabilimenti per la provvisoria Riforma della Università di Perugia”. Tale “Piano provvisorio”, ispirato ai principi rivoluzionari di eguaglianza e libertà, prevedeva, sul piano mera- mente tecnico, lo spostamento della sede dell’Università al Collegio dell’Or- dine dei Barnabiti6, in procinto di essere soppresso, e che le rendite dei tre collegi studenteschi perugini7 finissero nelle casse dello Studio, così da tri- plicarne le entrate8. Anche l’organizzazione degli insegnamenti, sempre se- guendo la scia rivoluzionaria, venne completamente cambiata. Infatti, do- po secoli di attività, furono soppresse le cattedre di teologia e di diritto ca- nonico, mentre le materie filosofiche e giuridiche furono fortemente rin- novate. Nella sfera filosofica, ad esempio, gli insegnamenti di Metafisica e di Logica furono sostituiti rispettivamente con la cattedra di “Istoria delle opinioni e de’ culti” e con quella di “Analisi dell’Intendimento Umano”. In campo giuridico vennero introdotti gli insegnamenti di Diritto Costituzio- ———— 5 Romagnolo di origine borghese e di ideologia liberale, si trasferì per lavoro a Narni con la famiglia. Durante la Repubblica romana, oltre a quella di Ministro dell’Interno, ri- coprì anche la carica di Prefetto Consolare di Spoleto, ma, una volta restaurato lo Stato pontificio, abiurò immediatamente per poter riprendere la professione medica. Molto più nota è sua figlia Caterina Franceschi Ferrucci, intellettuale di spicco durante il Risorgimento italiano. Fu ammirata ed elogiata da personaggi importanti come Leopardi, Manzoni e Car- ducci (cfr. P. PIZZONI, L’autore degli “Stabilimenti per la provvisoria riforma repubblicana del 1799” nella Università di Perugia, in «Bollettino della Deputazione di Storia patria dell’Um- bria», XL, 1943, pp. 147-156). 6 In una lettera del Ministro Franceschi indirizzata probabilmente al governo perugi- no troviamo scritto: «Perugia avrà un solo Pubblico