Anno IV, Numero 8 – Novembre 2014

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Anno IV, Numero 8 – Novembre 2014 Gianni Dessì, Riflessi V Anno IV, numero 8 – Novembre 2014 Angela De Lorenzis, Le nuove drammaturgie contemporanee e la recitazione. Il teatro della presenza di Joël Pommerat, p. 1; Mauro Petruzziello, Attore, performer, recitazione nel nuovo teatro italiano degli anni Zero, p. 61; Sonia Bellavia, L’arte dell’attore nella Schauspielkunst di Hermann Bahr, p. 87; Alberto Scandola, Tra performance e presenza: la recitazione di Brigitte Bardot, p. 112; Maria Venuso, La ‘danza’ di Amina e il ‘canto’ di Giselle, p. 132; Susanne Franco, Archivi per la danza tra ricerca storica e pratica coreografica. I casi di Martha Graham e Rudolf Laban, p. 182. I Libri di AAR Hyppolite Clairon, Memorie e riflessioni sulla declamazione teatrale. Traduzione, introduzione e note di Valeria De Gregorio Cirillo. Acting Archives Review n. 8, novembre 2014 Direzione Claudio Vicentini e Lorenzo Mango Direttore responsabile Stefania Maraucci Comitato scientifico Arnold Aronson (Columbia University), Silvia Carandini (Università di Roma, La Sapienza), Marco De Marinis (Università di Bologna), Mara Fazio (Università di Roma, La Sapienza), Siro Ferrone (Università di Firenze), Pierre Frantz (Université Paris Sorbonne), Flavia Pappacena (Accademia Nazionale di Danza), Sandra Pietrini (Università di Trento), Willmar Sauter (Stockholms Universitet), Paolo Sommaiolo (Università di Napoli “L'Orientale”) Redazione Review: Salvatore Margiotta, Mimma Valentino, Daniela Visone; Essays: Laura Ricciardi, Barbara Valentino Peer Review. Gli articoli vengono esaminati da revisori esterni. Gli articoli richiesti e concordati dalla direzione della rivista secondo il programma editoriale sono sottoposti alla valutazione interna dei direttori o dei membri del comitato scientifico, secondo le competenze. ______________________ Rivista semestrale Autorizzazione del Tribunale di Napoli n. 82 del 21/10/2010 ISSN: 2039-9766 www.actingarchives.unior.it Sito: www.actingarchives.it Anno IV, numero 8 – Novembre 2014 Angela De Lorenzis Le nuove drammaturgie contemporanee e la recitazione. Il teatro della presenza di Joël Pommerat Scrittura o scritture, testo o messa in scena? In che modo i testi teatrali contemporanei e le nuove drammaturgie hanno influenzato o stanno influenzando, per vie dirette o indirette, il corso delle forme teatrali nel periodo che va dalla fine del ventesimo e l’inizio del ventunesimo secolo? Come mai ed in che modo il declino, sempre più palpabile, della figura del regista-taumaturgo, sta aprendo una nuova frontiera della creazione teatrale? Ed in che modo l’autore sta timidamente riconquistando la sua antica centralità nel gioco teatrale, grazie, ad esempio, all’apporto della scrittura collettiva, del teatro di narrazione e dei nuovi modi di produzione del testo? Facciamo un passo indietro. Lungo tutto il corso del ventesimo secolo il regista ha avuto vocazione a diventare un meta-autore, la cui messa in scena si é implacabilmente sovrapposta al testo scritto. É così che la messa in scena, in quanto organizzazione semantica del sistema di segni della rappresentazione, si é progressivamente elevata ad una forma di scrittura.1 Oggi potremmo dire che a questa sequenza storica, in cui la parola scritta entra in concorrenza con modi di espressione plastici, visivi, sonori e recitativi, ne é subentrata un’altra, in cui il potere unificatore del regista comincia ad essere scalfito dall’autonomizzazione ‘polifonica’ dei segni stessi della rappresentazione. Come scriveva già negli anni 1980 Bernard Dort, oggi assistiamo ad un’emancipazione progressiva degli elementi della rappresentazione teatrale. La concezione unitaria del teatro, che essa si fondi sul testo o sulla scena, si sta sfaldando, lasciando progressivamente spazio all’idea di una polifonia significante, di una competizione tra le arti sorelle che collaborano al fatto teatrale.2 Sintomo di tale emancipazione, l’estensione del termine ‘scrittura’ a tutti i segni della creazione teatrale: scenografia, suono, luci, costumi, recitazione, ecc. Ormai, aggiunge Dort, 1 «L’ascensione del regista e la considerazione della messa in scena come luogo stesso del significato (non come traduzione o decorazione di un testo) hanno, senza dubbio, costituito la prima fase [di questa trasformazione che riguarda il teatro]». Bernard Dort, La représentation émancipée, Arles, Actes Sud, 1988, p. 178. Nostra traduzione. Ma su tutta la questione vedi il fondamentale studio di Lorenzo Mango, La scrittura scenica, Roma, Bulzoni, 2003. 2 Bernard Dort, Le spectateur en dialogue, Paris, POL, 1995, p. 273. 1 © 2014 Acting Archives AAR Anno IV, numero 8 – Novembre 2014 bisogna cercare di pensare alla rappresentazione teatrale come luogo di pratiche irriducibili l’una all’altra, che tuttavia si coniugano, come momento in cui queste si affrontano e s’interrogano, come combattimento reciproco, di cui lo spettatore é, in fin dei conti, il solo giudice e la chiave di volta.3 Altro effetto di questa svolta, l’emergere della funzione della ricezione come elemento destinato ad assumere un ruolo partecipativo nella «creazione» dello spettacolo. In un periodo cecovianamente a cavallo tra due secoli, le categorie di porosità, di ‘entre-deux’, hanno costituito l’identikit di una situazione diffusa caratterizzata dalla contaminazione fra i codici e i linguaggi. Negli ultimi anni, grazie all’apporto dei linguaggi sempre più complessi all’opera sui palcoscenici contemporanei (la musica, l’immagine, l’arte contemporanea e le arti plastiche, il video, il linguaggio elettronico, virtuale e quello digitale delle interfacce del web)4 l’opposizione tra teatro di testo e teatro della rappresentazione si relativizza grazie all’emergenza di nuove forme di teatralità in cui é possibile «fare teatro di tutto».5 Ecritures de plateau, performances, ‘scritture sceniche’, ‘scrittura e creazione collettiva’, costituiscono, già nella varietà lessicale, il sintomo di una sperimentazione in atto, in cui l’idea di laboratorio, di cantiere, di work in progress, di lettura pubblica, di ateliers, di prova e di saggio, si impone ed informa le differenti scritture.6 La riflessione sui testi contemporanei e sul loro rapporto con lo spazio della rappresentazione implica quindi una difficoltà legata all’accelerazione della diversificazione delle scritture stesse e della loro ibridazione. In questo senso, gli autori contemporanei, da una trentina d’anni a questa parte, sembrano tornati alla ribalta per iniettare nei loro testi un vento di cambiamento, lanciando una sfida silenziosa all’aura indiscussa del regista. Ma la figura dell’autore partecipa a sua volta del cambiamento, con testi che interagiscono sempre più coi nuovi linguaggi e con le nuove tecniche della scena, dando talvolta la sensazione (ad esempio con l’ipertrofia delle didascalie o con forme di scrittura in ‘presa diretta’ sulla scena) di moltiplicare gli ostacoli all’intenzione del regista o di prenderne addirittura il posto. È quello che vedremo analizzando, fra l’altro, il teatro di Joël Pommerat, autore contemporaneo, che scavalca la dicotomia testo-messa in scena, per proporre una forma di teatro in cui la scrittura del testo e le sue progressive realizzazioni sceniche vanno di pari passo. Vedremo in particolare in che modo la sua ricerca favorisce la genesi di nuove soluzioni 3 Ivi, p. 181. 4 Cfr. Y. Thommerel, Trafic, Paris, éditions Les Petits matins, coll. «Les Grands Soirs», 2013. 5 A. Vitez, Le théâtre des idées, Paris, Gallimard, NRF, 1991. 6 A proposito dello spettacolo come specifico teatrale che trascende il testo, vedi: Florence Dupont, Aristote ou le vampire du théâtre occidental, Paris, Aubier-Montaigne, 2007 et Philippe Lacoue-Labarthe, Jean-Luc Nancy, Scène, Paris, Christian Bourgois éditions, coll. «Détroits», 2013. 2 Angela De Lorenzis, Le nuove drammaturgie contemporanee e la recitazione drammatiche, oltre che di modalità inedite dell’investimento e dell’impegno dell’autore e dell’attore, in un momento storico in cui l’opzione astrattamente ideologica ha mostrato i suoi limiti. A partire dalla realtà francese ed europea, cercheremo quindi di riformulare i termini di queste problematiche, sforzandoci di seguire passo a passo le drammaturgie e le scritture teatrali contemporanee. Testo teatrale o testo letterario? Parallelamente al conflitto storico tra l’autore e il regista che ha animato tutto il ventesimo secolo, troviamo un’altra dicotomia, da cui vorremmo ugualmente emanciparci: quella che oppone il ‘testo letterario’ al ‘testo teatrale’. Marvin Carlson scrive a questo proposito: Nel teatro occidentale, la forma più frequente di concorrenza é quella che oppone il testo letterario al testo drammatico, e alle diverse arti della scena. Da secoli, gli autori drammatici ed i critici che s’interessano al testo, ci hanno messo in guardia contro gli inconvenienti dell’esperienza di teatro totale, che si farebbe a scapito del testo drammatico, spodestato da una sovrabbondanza di elementi non verbali. Questa preoccupazione é stata spesso espressa in termini di rivalità tra il ‘letterario’ e il ‘teatrale’, in cui quest’ultimo é considerato evidentemente nocivo per i valori, presunti superiori, del testo, e accusato di umiliare e disprezzare i suddetti valori, nonché di stornarne l’attenzione del pubblico. Ancora una volta, la teatralità soffre del suo rango di termine derivato e inferiore, prigioniera d’una figura binaria del discorso critico, anche se, in questo caso, la teatralità non minaccia la purezza della vita, ma quella della letteratura.7 In un paese come la Francia, che ha formalizzato
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