ACCADEMIA DEI ROZZI

Anno XXIII - N. 45 La pendola riparata di Massimiliano Massini

Si sono conclusi i lavori di restauro e movimento meccanico sono intervenuti i conservazione dell’Orologio a pendolo in- nostri Soci Corrado e Pasquale Versace, terno, collocato nella sala bar della nostra due conosciuti professionisti di orologeria, Accademia. che hanno rimosso il meccanismo e ripuli- L’opera di ripristino ha interessato la to il quadrante; dalla ripulitura è emerso, parte esterna: una cornice lignea con grande stupore, che tale quadrante intarsiata e dorata e la retrostante è cotituito da una pregevole lastra cassa di contenimento del movi- di onice: cosa questa molto rara mento meccanico. in orologeria. Il ripristino della parte Sono stati peraltro indivi- esterna è stato ef- duati i numeri in rilie- fettuato, in modo vo, realizzati su base volontario e gratuito, di ottone e smaltati dai Sigg. Mauro in ceramica; è stato Lamioni e Cesare infine reperito il Polvanesi (già numero di matri- restauratori del cola dell’orolo- lampadario della gio - 4668 - che Sala degli Spec- risulta presente chi) che sono in- nelle nostre tervenuti inizial- Stanze fin dal mente sulla cassa 1896, come evi- in legno, conte- denziato dalle nente il mecca- nostre registra- nismo, rinforzan- zioni d’archivio. dola e ricostruendo Ormai il tempo alcune piccole parti insegna che simili deteriorate dal tempo interventi di recupe- e successivamente ro e di conservazione hanno ripulito tutta delle decorazioni e la cornice esterna ripor- degli arredi della nostra tando in evidenza la sua Accademia, se fatti con originaria doratura. costanza e con l’opera di per- La parte interna è stata oggetto di sone esperte e qualificate - anche riparazione e di riattivazione del movi- Soci che volontariamente si offrono per mento meccanico conservando i compo- prestare i loro utili contributi - consen- nenti originali dell’orologio. tono di mantenere integro l’antico fasto Per tale riparazione e riattivazione del delle Stanze Accademiche.

La Redazione ringrazia Massimiliano Massini, Provveditore dell’Accademia dei Rozzi, sia per aver segnalato il restauro della pendola, che, nel restituirle piena funzionalità, evidenzia l’alto pregio antiquario degli apparati decorativi, sia per la costante, proficua opera di conservazione del patri- 2 monio materiale dei Rozzi da lui svolta in ordine alla carica accademica ricoperta. Il Saluto dell’Arcirozzo

Giunto al termine del mio mandato, desidero rivolgere sentite espressioni di ringra- ziamento ai membri del Collegio, agli Accademici ed ai Soci che in questi non facili anni si sono impegnati per salvaguardare l’antica fama e il prestigio dall’Accademia, contribuendo alla conservazione dell’ingente patrimonio sostanziale e alla diffusione degli alti valori intellettuali tramandatici dai nostri predecessori. A questo proposito mi è gradito ricordare ed evidenziare le numerose iniziative sviluppate dal Collegio in campo culturale, organizzando conferenze, proiezioni, mo- stre e concerti; collaborando con altre importanti istituzioni come l’Accademia Senese degli Intronati, il Circolo degli Uniti, la Società Bibliografica Toscana, la Biblioteca Comunale e l’Archivio di Stato in progetti e programmi di valorizzazione della cultura senese; svolgendo, soprattutto, un’intensa attività editoriale, destinata a collocare le pubblicazioni con il logo della Sughera in centri di studio e in biblioteche di primaria importanza, sia italiani che stranieri. Il generale apprezzamento per il ruolo svolto dalla nostra Accademia in tale am- bito è attestato dalla partecipazione di autorevoli professori universitari come Richard Andrews, Jane Tylus, Claudia Chierichini, Marzia Pieri, Gabriella Piccinni al convegno celebrativo del ventennale della rivista accademica ideata da Giancarlo Campopiano e diretta da Renzo Marzucchi, alla quale ormai fanno seguito un’eccellente fortuna cri- tica e l’unanime riconoscimento di recare sempre nuovi, stimolanti contributi alla co- noscenza delle vicende storiche e storico artistiche di e del suo antico territorio. Sono particolarmente fiero di questa pubblicazione, capace di onorare e di perpe- trare la tradizione di impegno intellettuale che intesse la storia dei Rozzi e non posso esimermi dal rivolgere un particolare ringraziamento al Comitato di Redazione, agli illustri studiosi che con i loro saggi hanno nobilitato le pagine della rivista ed a Ettore Pellegrini che la organizza e la costruisce pagina per pagina con il supporto tecnico della Industria Grafica Pistolesi. Su questa solida base, nel prossimo 2017, si fonderanno le iniziative per celebrare in collaborazione con il di Siena i duecento anni di vita del teatro dei Rozzi e l’Arcirozzo mio successore potrà sviluppare nuove, opportune iniziative nell’interesse dei Soci e dell’intera cittadinanza: a lui vada il mio personale, sincero augurio di tenere sempre alto il nome della nostra amata Accademia.

CARLO RICCI

3 Presunto autoritratto di Ambrogio Lorenzetti ripreso in una incisione del XVIII secolo. La grande esposizione che nel 2017 celebrerà Ambrogio Lorenzetti nelle avite sale del Santa Maria della Scala, grazie ad una ben meditata serie di prestiti, sarà volta ad illustrare il più completamente possibile la vicenda artistica del grande pittore, riunendo le opere prodotte per cittadini, enti o comunità religiose di Siena, con quelle eseguite in alcuni centri vitali dell’antica Repubblica, dove avrebbero lasciato un segno indelebile e prezioso della cultura artistica espressa dalla città negli ultimi secoli del Medio Evo. Se, tuttavia, proficue e ingenti attenzioni sono state riservate dalla critica agli affreschi del Palazzo Pubblico di Siena, raffiguranti le allegorie e gli effetti del buono e del cattivo governo, diversi aspetti della vicenda di Ambrogio sono rimasti in ombra, ad iniziare dal suo insistente e sorprendente rapporto col territorio, sia per averlo mirabilmente rappresentato nelle sue opere, sia per avere realizzato capolavori proprio per committenze che dal territorio provenivano. A questo proposito “Accademia dei Rozzi” vuole offrire un innovativo contributo di conoscenza pubblicando il saggio di Oris Carrucoli, non a caso Presidente del Centro Studi Storici Agapito Gabrielli di , che ricostruisce l’antico sistema stradale senese, sia in funzione della sua indiscussa valenza socio economica, sia alla 4 ricerca delle vie percorse da Ambrogio per diffondere anche lontano dalle mura di Siena l’ alto messaggio di un’arte sublime. Le vie di Ambrogio Lorenzetti tra Siena, Massa e Roccalbegna Economia, devozione e arte nel sistema stradale dell’antico Stato senese di ORIS CARRUCOLI

Nel Medio Evo la viabilità della Toscana sotto questo titolo, si dedica ormai da molti centro meridionale era ancora retaggio delle anni a ricerche specifiche sulla storia dell’im- strade costruite dai romani: la Cassia vetus e portante arteria. Come è doveroso ricordare l’Aurelia, che collegavano la penisola italia- il recente articolo di Giovanni Mazzini sul- na in senso longitudinale, e le vie trasversali la viabilità del basso Chianti al tempo della dai porti tirrenici ai centri dell’interno, in battaglia di Montaperti (in “Fortificare con gran parte ricalcate sulla più antica rete di arte” IV), anche se, in questo caso, l’auto- raccordo tra le lucumonie etrusche. re privilegia l’analisi della valenza strategico Mentre il progressivo impaludamento militare su quella socio economica dei rac- della rendeva problematico il cordi considerati. transito in alcune pianure costiere di questa In questa sede, invece, è nostro interes- area, si era progressivamente affermata per se ricercare come alcune tipicità produttive il numero di viaggiatori e i flussi commer- abbiano influito sullo sviluppo della rete ciali l’arteria che da Roma conduceva verso stradale dell’antico territorio senese e come l’Italia settentrionale e i paesi europei con- questa abbia interferito con quel partico- finanti, tra i quali la Francia, e che, con il lare tipo di percorso legato alla pastorizia nome appunto di Francigena, o Romea, e che erano i tratturi della transumanza tra gli variando nel tempo alcune tratte, attraversa- Appennini e i pascoli della Maremma. So- va l’intero territorio senese, tra Radicofani e prattutto abbiamo voluto approfondire un la Val d’Elsa. aspetto poco studiato, relativo agli sposta- Lungo questa “dorsale” viaria si erano menti di tanti artisti senesi che si avvalevano innestate altre strade trasversali, racco- di queste strade per andare ad eseguire opere gliendo e incanalando su di essa livelli di commissionate loro lontano da Siena, quasi traffico sempre crescenti, perché, supera- sempre da istituzioni religiose nell’intento ta con l’anno mille la paura della fine del di “arredare” con immagini sacre i luoghi di mondo, la vita era ripresa in tutte le sue sosta e di preghiera. Davanti ai tabernaco- forme, alimentando le produzioni agricole li di campagna, come nelle austere pievi o e minerarie di un territorio che ne era par- nei grandi monasteri, il viaggiatore avrebbe ticolarmente ricco, ma che aveva bisogno potuto fermarsi in raccoglimento e rivolgere di un adeguato apparato viario per svilup- a Dio le suppliche per procedere in un cam- parsi. Non dobbiamo poi dimenticare che mino sicuro e destinato a buon fine: viaggio il culto cristiano del pellegrinaggio a Roma terreno e al contempo spirituale. muoveva lungo questa strada una continua Esemplare, in tal senso, è la vicenda arti- processione di fedeli. stica di Ambrogio Lorenzetti, immortalata Il rapporto tra sistema stradale medievale non solo nella opera maxima del “Buon Go- e sviluppo economico è stato al centro di verno”, ma anche nei capolavori di Massa, interessanti studi. Specialmente in merito di Roccalbegna, di Asciano e di altri centri al percorso toscano della Strata Francigena è del contado senese, eseguiti negli anni in doveroso ricordare gli autorevoli ed esaustivi cui la storia politica ed economica di questi saggi di Mario Bezzini e di Renato Stopani, luoghi era saldamente intrecciata con quella tra le altre cose fondatore di una rivista che, della città dominante. 5 Vie commerciali e tratturi nella Toscana centro-meridionale

6 I - Le strade dei prodotti indu- Alcuni degli scali dell’epoca, come il Por- striali, agrari e commerciali to Pisano, Motrone, , o la stessa Genova, erano, infatti, raggiungibili Vie dei metalli e tratturi tra l’Alta Merse pure via terra, dal percorso di una sezione e il Tirreno della via Francigena (Cassia ed Aemilia Scau- ri) e poi dell’Aurelia vetus. D’altra parte, pro- La vicenda della lavorazione dei materiali prio la Francigena, nota anche come Romea ferrosi in rapporto ai sistemi di trasporto ed e considerata la più importante arteria euro- ai relativi traffici commerciali non ha avuto pea, in Toscana faceva sistema con molte vie studi sistematici attribuibili ai singoli territo- commerciali, che, snodandosi sui percorsi ri o alle città della Toscana; in riferimento, delle antiche strade etrusco-romane, corre- tuttavia, all’area delle vano ad essa parallele o, più frequentemen- e, più in particolare, al territorio circostan- te, trasversali. te Massa molti indizi fanno comprendere La dislocazione degli opifici metalliferi come la via “dei metalli” fosse nella realtà lungo costa, dal promontorio di strettamente connaturata con la sequenza (Baratti) al porto di Scabris (), non- delle attività svolte in loco, sia estrattive che ché sulla dorsale tracciata dai corsi del Peco- metallurgiche. ra e della Merse, confermerebbe che l’asse Dall’alta val di Merse, nei bacini del Pe- dei traffici dei materiali ferrosi, semilavorati cora e della Cornia fino al golfo della Ful- o prodotti finiti, coincideva con la via Senen- lonica, è tutto un susseguirsi di resti, anche sis, che fin dall’alto Medio Evo collegava la imponenti, di vecchi scavi minerari e di an- Sena Julia con l’area mineraria di e tichi forni di riduzione del minerale e poi Massa per poi raggiungere il mare dalla val di forni (o forge) di lavorazione del metallo di Cornia: un tracciato cui si sarebbe affian- prodotto. Vere e proprie colline dei detriti di cata o sovrapposta la rete stradale odierna. lavorazione, dell’una (riduzione) o dell’altra Questo percorso era senz’altro il più impor- fase (raffinazione del metallo) fanno da in- tante tra quelli che tagliavano la Toscana in dicatori della via, che dal XII al XIV seco- direzione est ovest; quindi per i traffici tra lo, fino quasi alle soglie dell’ Evo moderno, tutta l’area rivierasca e l’interno, considera- contraddistinse questo territorio e ne so- to il valore economico ed anche il signifi- stenne lo sviluppo. cato strategico dei prodotti metallurgici che Come afferma Federigo Melis nei suoi ne rappresentavano la voce maggiore e che studi tratti dall’archivio trecentesco del com- qui muovevano interessi superiori a quelli merciante di lane pratese Francesco Datini, dell’economia agricola o pastorale. tra i più vasti e ricchi di notizie di carattere Contigua alla valle del Pecora, quella economico, è chiaro che le produzioni della dell’alta Merse era pure caratterizzata da nu- lana per la volumetria, o quelle dei metalli merosi opifici di lavorazione dei materiali per il peso, non potevano essere trasportate ferrosi. Le due vallate hanno il loro apice, o attraverso le vie terrestri senza incorrere in punto di incontro, sulle colline prospicienti gravi inconvenienti logistici e di sicurezza. il castello di Prata, una volta possesso dell’o- Per conferire queste materie prime ai mer- spedale senese di Santa Maria della Scala cati regionali, collocati soprattutto nel nord e vertice del quadrilatero – d’Italia e nelle regioni della Francia e delle Siena – Prata – Massa; castello che domina Fiandre, non poteva che esserci una solu- la valle del Gabellino, da cui si districava zione: in primis, la trasformazione in semi- un’altra via, che passando tra Roccatederighi lavorati o in prodotti finiti, sia delle materie e raggiungeva la pianura della prime minerali, che della lana; in secundis, il Maremma poco più a nord del Castello di loro trasferimento lungo un percorso il più Pietra, di dantesca memoria per avere ospi- breve possibile verso i porti allora disponibi- tato Pia de’ Tolomei. li della costa tirrenica, dove operavano com- Lungo questa direttrice sorse, per molti pagnie private di trasporto marittimo, legate secoli, anche il percorso della transumanza alle grandi città marinare di Genova e Pisa. 7 La veduta di Populonia e del golfo di Baratti, uno dei principali approdi per il minerale proveniente dalle miniere dell’isola d’Elba disegnata da S. J. Ainsley.

E. Romagnoli, rilievo a china e acquarello con la veduta generale del castello di Scarlino, in prossimità del romano Portus Scabris.

che, attraversato il borgo di Tatti, scendeva fase di decadenza e, nel 1419, la transu- a valle fino all’altezza della medievale Co- manza ebbe formale riconoscimento dalla lonna di Buriano, cioè dell’etrusca Vetulo- legislazione senese in materia di pastorizia nia.; variante questa del grande tratturo che, con lo “Statuto dei Paschi”. Da allora uno provenendo dagli Appennini e dopo aver dei punti cruciali di passaggio delle greggi attraversato il Chianti, seguiva più da vici- di pecore e degli armenti fu la via che dal no la Via Senensis verso la costa. Tuttavia, Piano della va verso il padule del nel comprensorio dell’alta Merse – valle del Pozzaione, cioè, il corso iniziale del torrente Pecora il fenomeno della pastorizia transu- Venelle, alla base del colle di Massa. Qui av- mante era meno rilevante che in altre aree veniva la calla o conta dei capi di bestiame contigue alle pianure costiere della Marem- su cui doveva essere pagata la fida, la tassa ma, o, per lo meno lo fu fino al XV secolo, stabilita dallo “Statuto dei Paschi” in favore 8 quando il commercio del ferro iniziò una dell’erario senese. D. Petri, i depositi delle lavorazioni minerarie lungo le sponde della Merse nella Valle Buia, disegno a matita e acquarello.

Ma tornando alle vie interessate dalla incontrare un altro suo cospicuo affluente, produzione dei metalli e dai relativi flussi la Farma, nella cui vallata pure si trovano commerciali, la descrizione di quella che nel siti con più o meno evidenti vestigia di forni corso del XIV secolo avrebbe consolidato il fusori per metalli. Nel comprensorio di que- suo primato non può non iniziare dai ruderi sti due fiumi la studiosa Elena Cortese ne ha della pieve di S. Lucia - raggiungibile supe- individuati una trentina ed uno di questi ap- rando il ponte detto “della Pia”, in prossimi- partenne, probabilmente, proprio ai monaci tà del bivio segnalato dalla colonna di Mon- Cistercensi di S. Galgano. tarrenti, sulla strada che i Lorena avrebbero Seguendo il corso della Merse dalla par- ricostruito nel XVIII secolo per migliorare te opposta, verso la sorgente, e lasciati alle i collegamenti da Massa verso Siena e ver- spalle i castelli di - dove si os- so Firenze - e, appunto, dal turrito cassero servano affreschi (staccati) del XIV secolo - e di Montarrenti, dove si ritrovano elementi di Chiusdino, la via metallorum si insinuava residuali di attività metallurgiche. Da qui la nella stretta Valle Buia, sfiorando il castello via antica, quasi “ricalcata” da quella odier- di Miranduolo - oggi allo stato di rudere - e na, raggiungeva il castello di ; quindi l’antico borgo di , che la sovra- scendeva nella valle del fiume Merse e del stavano dal crinale a sud est. In questa parte suo affluente Feccia, dove, non lontano dal- della valle si trovano le rovine di miniere an- la loro confluenza, fu costruita nel secolo tiche e moderne; da qui iniziava la via tra- XIII l’Abbazia di San Galgano e ancor pri- sversale verso nord, che si collegava al territo- ma, sul vicino colle di Montesiepi, l’omo- rio del castello di Montieri, dapprima feudo nimo eremo dove il Santo conficcò la sua del Vescovo volterrano - tenutario e gestore spada nella roccia a guisa di croce. delle locali miniere di galena argentifera - e Poco dopo aver lambito il complesso poi dominio della Repubblica senese. abbaziale e superato Monticiano, la Merse Al termine di Valle Buia, giunta in vista riceve le acque del torrente Gonna e discen- del castello di Prata nella piana del Gabel- de in una serie di gole naturali per, infine, lino, si trovava la citata biforcazione verso 9 10 D. Petri, vedute disegnate a matita di tre importanti opifici per la lavorazione dei metalli: , forno fuso- rio; Pannocchieschi, ruderi di antichi opifici metallurgici; , ferriera della Farma (dall’alto). Roccatederighi e il Sassoforte. Il nome di di Rondelli. Qui, a conferma della teoria “Gabellino” è spiegato dall’etimologia stes- che lungo il golfo di , partendo sa del termine, quale punto (o ponte) in cui dal porto di Baratti, si lavorasse l’ematite doveva essere pagata una gabella di mode- elbana, non molti anni orsono vennero rin- sta consistenza, al punto da determinarne venute le fosse dei “bassi fuochi” che servi- il toponimo. Superata Prata e scavalcati i vano per la riduzione del minerale di ferro suoi colli, la via proseguiva per Massa, at- e proprio a Rondelli, nel centro del golfo traversando una zona ricchissima di minie- di Follonica, con l’antica Populonia a nord re, alcune delle quali erano già conosciute ovest e l’approdo romano del Portus Scabris e sfruttate al tempo degli Etruschi. La valle a sud, la via dei metalli incrociava l’Aure- dello Stregaio - vicino a - verso lia vetus, che conduceva ai porti del medio sud ed i castelli di Rocchette Pannocchie- Tirreno. Come già accennato, via mare i schi e Cugnano dalla parte opposta, sono prodotti semilavorati potevano essere tra- tutt’oggi luoghi di ricerca archeologica del- sportati a destinazione in modo sicuro ed le antiche coltivazioni di ferro e piombo. economico. Massa era la tappa centrale della via. Tra il XII e il XV secolo, la città si sviluppò e si Tratturi e strade per la Maremma attra- affermò come uno dei più grandi centri di verso le colline dell’Arbia, dell’Orcia e ricerca, lavorazione e commercio dei metalli dell’. estratti dai solfuri misti, quindi: ferro, rame e piombo. La via dei “transumanti” che inizia dal Alle pendici meridionali di Massa, una Basso Chianti e dal sistema collinare dispo- strada, sottostante le rovine di Castel Bo- sto lungo la riva orientale dell’Arbia è un’im- rello, giungeva fino al lago dell’Accesa e portante chiave di lettura per comprendere da qui, a fianco del greto del fiume Bru- quale sia stato, fino ai tempi moderni, il rap- na, sfiorava il colle dell’etrusca e porto tra l’uomo e questo territorio. proseguiva fino a Grossitum. Prima ancora Il percorso dei tratturi, in realtà, nasce del fiume Bruna, la strada attraversava la dalle pendici meridionali dell’Appennino vasta area di Serrabottini (modernamente Tosco Emiliano, tra i monti Falterona e Fu- del Cavone e di Fenice Capanne), dove maiolo, e dopo aver attraversato la val di sono ben visibili i resti delle coltivazioni Chiana e i colli che la dividono dalla Val di metallo che vi venivano effettuate nel d’Arbia, all’altezza di Lucignano, Sinalun- Medio Evo. ga e Torrita, si indirizza verso la val d’Orcia La Rialla, fonderia del rame, non è più passando da un centro urbano molto im- localizzabile, però è sensato collocarla alla portante nel passato: Asciano. base del colle massetano, tra la località di In questa parte di Toscana il paesaggio Massa Vecchia e l’inizio della strada per Ser- è mutevole: colline talvolta aspre, talvolta rabottini (oggi per Capanne Vecchie), che dolci; boschi di querce e di lecci; zone ric- attraversa appunto il torrente Rialla, prima che di corsi d’acqua, che fin dall’epoca ro- ancora dei ruderi di Castel Borello. mana invadevano la “Chiana” e la impalu- Scendendo da Massa verso ovest si giun- davano. Ad Asciano la valle dell’Ombrone ge al villaggio di Valpiana, dove permango- sfocia in una zona alto collinare, caratteriz- no i resti delle fonderie medicee del ferro e zata da campi a monocoltura e pascolo, ma dove, già nel 1349, opifici del genere erano anche da profondi calanchi argillosi e dossi stati acquistati e potenziati da Tollo Albize- cretacei che plasmano la campagna fino in schi, il padre di San Bernardino. prossimità di San Giovanni d’Asso, Passando vicinissima ad altre ferriere e Pienza; qui si apre, in leggero pendio, la seicentesche, oltre Valpiana, la strada co- Val d’Orcia struita dai Lorena in sostituzione di quella Seguendo l’Ombrone, il percorso di che attraversava i Castelli della transumanza raggiungeva il punto di immis- e di Valli raggiunge la costa nella località sione dell’Arbia in prossimità di Buoncon- vento: importante nodo stradale dove le vie 11 E. Romagnoli, rilievo a china e acquarello con la veduta di Asciano ripresa da est.

A. Ruggieri, veduta generale di Buonconvento, disegno a penna e acquarello.

12 che dalla Maremma e dall’Amiata conduce- traverso , i piani di Pari e quelli di vano verso la Toscana centrale incrociavano : itinerario senz’altro più di- la celebre Strata Francigena. La coincidenza retto ed agevole, privo di grossi ostacoli na- topografica tra il sistema viario e la direttrice turali - se non l’attraversamento della Merse dei tratturi creava un autentico e importan- sul punto di confluenza - e, ovviamente, in te polo di scambio delle merci, di sosta per grado di assicurare il costante approvvigio- viandanti e transumanti, nonché di smista- namento idrico per gli animali. Vicino al mento di greggi e mandrie. castello di Monte Antico, ritrovava i tratturi Da Buonconvento, infatti, i pastori e i provenienti da San Quirico e da Montalci- mandriani potevano condurre i loro animali no; incrociava quello risalente verso Cini- verso le pianure maremmane lungo diffe- giano e le pendici occidentali dell’Amiata, e, renti direttrici di marcia: risalendo le colli- poco oltre, tra le mura di , varcava ne verso San Quirico, per poi costeggiare il la porta della Maremma, perché nel castello corso dell’Orcia passando sotto i castelli di i transumanti trovavano la dogana di acces- e Montenero; oppure tagliando da so ai pascoli della pianura grossetana. verso S. Angelo in Colle, fino a Questa direttrice aveva una variante cer- ritrovare l’Ombrone nei pressi dei castelli di tamente non secondaria nel tratturo che da Poggio alle Mura e di Camigliano; oppure Seggiano, oltrepassato Montenero, giungeva in direzione di e Crevole per raggiun- attraverso un celere percorso di bassa colli- gere la val di Merse. Tuttavia, come dimo- na a e da qui si volgeva verso il stravano nei periodi di guerra gli spostamen- borgo di Cana, scendendo poi in pianura da ti degli eserciti da e verso Siena, il tragitto ; oppure risaliva verso il monte da Buonconvento a Paganico più praticato Amiata, sfiorando Monticello, Montelatero- seguiva da vicino il corso dell’Ombrone at- ne e , per poi ridiscendere a Roc-

A. Ruggieri, veduta generale di Magliano, disegno a penna e acquarello.

13 Prata e -, l’ospedale senese di Santa Maria della Scala era proprietario di migliaia di ettari di terreni e di boschi, di- sposti intorno a fattorie fortificate, chiamate “grance”, dotate di frantoio, molino, stalle, officine, capaci magazzini per la raccolta dei prodotti della terra, e destinate a gestire tutte le fasi delle coltivazioni. I tratturi e le più tarde vie di dogana ave- vano ampiezze che variavano dai 100-150 metri fino ai più piccoli di circa 30-40 me- tri: dimensioni proporzionali alla numero- sità e tipologia dei greggi, che allora giun- gevano anche a 1000-2000 pecore, e delle mandrie composte da molte decine di bo- vini e cavalli. Lungo il percorso erano pre- senti strutture di servizio, che rendevano

A. Viligiardi, veduta del castello della Triana. possibile raccogliere e proteggere ogni sera Disegno a penna. il bestiame: da semplici steccati, a recinti lungo le mura dei borghi, a strutture for- calbegna dal castello piccolominiano della tificate. Il transito degli armenti implicava Triana. Qui si aprivano gli ambìti, ubertosi che i proprietari frontisti mettessero a di- pascoli che si estendevano da sposizione i loro campi per l’alimentazione e fino all’aree costiere tra degli animali, ma solo dopo la raccolta dei e Talamone e tra Magliano, , Marsilia- prodotti seminativi. Questa usanza aveva na e l’Argentario. Per l’epoca, un’immensa anche lo scopo di favorire la concimazione pianura e dolci colline che assicuravano il naturale del terreno, nel periodo di riposo benessere degli animali per l’intero inverno. dalla semina. Per l’economia derivata dall’allevamento Mentre i tratturi non erano visibili in transumante, ripresa in modo ampio e dif- ogni stagione, vivendo praticamente solo fuso nei primi secoli del secondo millennio, nei periodi della transumanza, le strade il problema del trasferimento del bestiame commerciali e di pellegrinaggio - almeno le ai pascoli estivi o, viceversa, invernali, era più importanti, il cui tracciato generalmente simile ma non identico a quello del traspor- si snodava su quello delle antiche vie “ba- to lungo le vie commerciali. La sostanziale solate”, create nei secoli della Roma impe- differenza tra i due tipi di percorso consiste- riale - erano evidenziate da solidi lastricati e va nel fatto che il tratturo dei transumanti massicciate; generalmente erano ben man- - nella Toscana dal 1400 detto “via di doga- tenute dalle autorità preposte nei territori na” - non era una strada vera e propria, bensì attraversati: proprietari privati o istituzioni una striscia di territorio, posta soprattutto sui pubbliche - come i comuni talvolta specifi- crinali delle colline, sufficientemente ampia camente avallati dal potere imperiale - che per permettere agli armenti di spostarsi e, al riscuotevano le “gabelle”, vale a dire i pedag- contempo, di pascolare lungo il tracciato, gi incombenti nei tratti di loro competenza. concesso dalle autorità o affittato dai priva- Le altre strade, quelle di uso locale, si svi- ti: feudatari, proprietari dei fondi attraversa- luppavano su sentieri battuti dai carriaggi, ti, o ordini religiosi dei monasteri presenti o su mulattiere strette e tortuose, ben note, sul percorso. Proprio le istituzioni religiose tuttavia, alla gente del posto. e ospedaliere possedevano vaste tenute agri- Nel cuore della Toscana, tra il Casenti- cole con grandi fattorie: specialmente nella no e il mare, le vie di dogana rappresenta- Toscana meridionale, tra la Val d’Orcia - Spe- rono un importante fenomeno socio-eco- nomico, destinato a muovere molteplici 14 daletto e Castiglioncello - e la Maremma – E. Romagnoli, rilievo a china e acquarello dell’Abbazia di S. Antimo.

A. Terreni, Veduta di Monte Oliveto Maggiore, incisione all’acquatinta. interessi pubblici e privati. Per provvedere ta, quando la via di dogana sfiorava quella all’assistenza materiale dei pastori transu- di commercio, il personale di presidio a manti, furono costruiti taverne e alberghi; castelli o a borghi fortificati, che normal- per soccorrerli nei casi, non infrequenti, di mente provvedeva alla sicurezza delle stra- malattie e infortuni furono allestiti piccoli de e alla riscossione delle relative gabelle, si ospedali, generalmente nell’interno di pievi trovava pure a dover controllare e regolare e conventi, dove erano gestiti da istituzioni l’afflusso degli armenti da e verso i pascoli religiose e confraternite di carità come le della Maremma. Misericordie. Ma sorsero pure mercati del Importanti monasteri, basti pensare alle bestiame in corrispondenza di luoghi parti- abbazie di Monte Oliveto, Sant’Antimo e colari, come incroci, ponti e valichi. Talvol- S. Salvatore, e non poche pievi, disseminati 15 sia lungo le antiche vie, sia lungo i tratturi La viabilità nella storia del territorio di transumanza, porgevano il conforto della amiatino e sub-amiatino: la via del sale fede ai pellegrini in cammino verso Roma ed altre strade o, più tardi, verso Loreto, ma anche a chi si spostava per svolgere attività mercantili e ai La storia dell’Amiata e del territorio li- pastori transumanti. mitrofo in epoca alto medievale è simile a Un flusso costante di fedeli, dunque, e quella di molti territori a economia rurale non solo la devozione dei parrocchiani loca- della Tuscia meridionale che sconfina nel li, vivificava questi luoghi dello spirito, dove Lazio, con una variante: l’alta concentrazio- tutti potevano stupirsi davanti a straordinarie ne di popolazione attiva. Furono le prime opere d’arte, come, solo per citarne alcune, invasioni barbariche, dai Goti agli Avari, a alla Badia di Rofeno, presso Asciano, che ac- costringere le popolazioni romane della co- coglieva uno straordinario trittico di Ambro- sta a cercare rifugio nella montagna, ma fu- gio Lorenzetti; come a Buonconvento, dove, rono i Longobardi che permisero loro di ri- nella chiesa San Bartolomeo Pietro Lorenzetti cominciare a costituirsi in nuove comunità. aveva dipinto la grandiosa pala d’altare, in I primi secoli dopo il Mille videro la na- quella di San Lorenzo a Percenna Matteo di scita o il consolidamento degli insediamen- Giovanni una suggestiva crocifissione e nella ti che, in questa area, furono i centri vitali vicina Pieve di Crevole Duccio di Boninsegna dell’economia, del controllo militare e della una Madonna con Bambino. Come in altre vita religiosa. Dovremmo aggiungere anche chiese: a San Quirico e Castiglione d’Orcia, di quell’articolato intreccio di strade che a , a San Giovanni d’Asso, fino a rappresentò un efficiente complemento del- Montenero, dove nella pieve di Santa Lucia la principale direttrice europea di pellegri- troviamo uno dei soli due crocifissi lignei di- naggi e di traffici commerciali: la più volte pinti da Ambrogio Lorenzetti. citata via Francigena.

16 A. Ruggieri, veduta dell’Abbazia di S. Salvatore, disegno a penna e acquarello. In merito agli insediamenti civili e mo- narne l’esercizio con lo “Statuto dei Paschi”, nastici, ai castelli, alle pievi di campagna, una normativa protrattasi fino agli anni del a istituzioni caritatevoli come gli spedali, Granducato Lorenese. dobbiamo ricordare che le città e prima an- In una visione di estrema sintesi, vale cora i villaggi (vichi) ebbero origine e furo- ricordare che, sia il processo di antropizza- no ampliati o ricostruiti proprio in questo zione, sia lo sviluppo di attività economiche periodo cruciale della storia italiana. Allo- tipiche del territorio amiatino, si formarono, ra la vita ed il lavoro degli uomini non si crebbero e si consolidarono tra il IX ed il XV concentrarono solo nei centri urbani, ma si secolo: per oltre mezzo millennio l’Amiata diffusero in modo capillare e proficuo pure rappresentò un primario “snodo” strategico, nelle campagne dove fu possibile avvalersi in cui convergevano finalità politiche e attivi- del fondamentale sostegno dalla viabilità tà tipiche locali, tutte di grande rilievo econo- pubblica. mico, tutte strettamente connesse all’impre- Nell’area dell’Amiata nuove strade si scindibile esigenza di controllare il sistema aggiunsero a quelle antiche, venendo a for- stradale. Così al tempo delle invasioni barba- mare un reticolo viario che avrebbe favorito riche franco-longobarde; così, in seguito, nei lo sviluppo di attività silvo-pastorali autoc- secoli in cui gli Aldobrandeschi vi esercitaro- tone, integrate, in modo significativo, dal- no il loro potere feudale e la Repubblica di la pastorizia transumante, che ogni anno Siena vi estese il suo dominio: tre periodi che riversava sul territorio al di sotto degli 800 segnano l’evoluzione storica, socio-politica e metri di altitudine centinaia di greggi ovi- culturale del territorio in esame. ne e di mandrie bovine e che alimentava le I monaci benedettini fondarono l’abba- cospicue rendite provenienti dalle affittanze zia di San Salvatore alla metà dell’VIII sec. di pascoli pubblici e privati. La pastorizia, per volontà diretta di Rachis, re longobardo, locale e transumante, fu regolata dagli usi che ne decretò anche il rango di feudo sot- civici e dai diritti signorili fin quando lo tomesso al duca del Friuli Erfo. Stato Senese, nel 1419, decise di discipli- La sua fondazione coincise con la ripresa

A. Viligiardi, vedute della rocca di Arcidosso (a sinistra) e delle torri di (a destra), disegni a china. 17 A. Ruggieri, veduta di Seggiano, disegno a penna e acquarello.

dell’uso delle antiche strade romane: Cas- Ma nel 960, con l’avvento del Sacro Ro- sia vetus e Aurelia, ricollegate dalle vie tra- mano Impero, un nuovo potentato iniziò sversali amiatine, con lo scopo di rendere ad affermarsi tra le valli dell’Orcia, del Pa- nuovamente funzionali gli spostamenti tra glia e dell’Albegna: quello dinastico dei con- l’Adriatico ed il Tirreno all’interno del regno ti Aldobrandeschi, nobile consorteria Lon- Longobardo, il cui territorio nel centro Ita- gobarda discendente dai Duchi di Spoleto, lia era interrotto dall’Esarcato Bizantino. che sarebbe ben presto entrata in possesso È in questo contesto che inizia a formarsi di quasi tutta la Maremma fino alla diocesi a est dell’Amiata - in val di Paglia - la corri- di Populonia e di parte della Val d’Elsa fino spondente sezione della citata Francigena, il quasi alle porte di Siena. Sotto la guida di cui tracciato sarà capillarmente annotato dal Ildebrando II, fu creata una nuova contea, vescovo di Canterbury, Sigerico, nella de- inclusa nella Marca di Tuscia, ma apposita- scrizione del pellegrinaggio che lo condusse mente preposta a guardia dei confini “caro- a Roma sullo scadere del X sec. lingi” con le terre dei pontefici romani: il Da allora l’Abbazia evolse la sua origi- Patrimonio di San Pietro. La contea inclu- naria funzione ecclesiale in un ruolo di ca- deva il territorio definito dai Longobardi del rattere politico-strategico, gestendo un va- Ducato di Lucca Fines Maritimenses e riuniva sto territorio, che andava ben oltre quello i feudi di Roselle, , Tuscania e Ca- amiatino e sub-amiatino, dove i monaci di stro, oltre a confermare alla famiglia comita- S. Salvatore, fino quasi alle soglie del nuovo le il dominio sulle valli dell’Orcia e del Pa- millennio, si preoccuparono della messa a glia, nonché su alcuni territori delle diocesi frutto di risorse silvo-pastorali e agrarie, del- di Chiusi e Città della Pieve. lo sviluppo dei commerci, dell’incremento La contea aldobrandesca fu per almeno della presenza umana, rafforzando la loro tre secoli il pilastro politico attorno al quale egemonia anche sui crinali del monte che si riorganizzò e si accrebbe il popolamento guardano la Maremma: da del territorio sub-amiatino. Pressati dall’e- 18 a Roccalbegna. spansionismo del Comune senese, che sotto il governo dei Signori Nove conquistò pro- ca, in quanto di uso pubblico e integrata in gressivamente gran parte dei loro possessi, un sistema di collegamenti che potevano gli Aldobrandeschi si ritirarono nel feudo di “circumnavigare” le aspre pendici superiori Santa Fiora e dal 1439, dopo il matrimonio della montagna senza soluzione di continui- dell’ultima erede con il conte Bosio degli tà, raccordando i 4 assi viari di origine roma- Sforza, si limitarono a controllare il versante na che conservavano, con l’antico tracciato, sud occidentale della montagna, con Castel- la loro sostanziale, proficua funzionalità: le lazzara, Proceno e Scansano. vie Cassia Adrianea e Cassia vetus verso est; Intanto, tra il XIII e il XIV sec., la popo- le vie Aurelia e parte della Clodia dalla parte lazione amiatina aveva raggiunto il massimo opposta, verso il mare. storico. Alcuni centri abitati, consolidatisi in L’Amiata nord occidentale, inoltre, era questo periodo, modificarono la loro strut- servita da altre antiche vie: quella detta “di tura urbanistica, rendendola più adatta alle S. Antimo” che collegava Chiusi, Mon- nuove esigenze economiche e commerciali, tepulciano e la Val di Chiana alla Toscana e rinforzando gli apparati difensivi; accorti centrale, seguendo la valle del fiume Orcia provvedimenti, assunti dalla Repubblica di e incrociando la Francigena tra S. Quirico e Siena per lo sviluppo del territorio, oltre a Castiglion d’Orcia, dove una prima dirama- promuovere interventi di carattere architet- zione si volgeva verso l’ Abbazia ilcinense, tonico nelle così dette “città nove”, come mentre una seconda, più a sud, raggiungeva Buonconvento, Paganico, Roccalbegna e Seggiano e di qui poteva seguire: o un per- Massa, tenevano in grande considerazione corso di media montagna tra Arcidosso, la proprio la gestione e il controllo del siste- Triana e Santa Fiora, o di bassa collina verso ma viario, affidato ad una magistratura con Cinigiano e . competenze specifiche in materia. Tutte queste direttrici di traffico com- La viabilità amiatina, già sviluppatasi du- merciale - talvolta affiancate dai tratturi dei rante il Regno dei Longobardi, aveva lo sco- pastori - su base documentale possono es- po non solo di riunire il territorio alla mag- giore viabilità Toscana e Italiana, ma anche quello di raccordare la costa, provvista di porti e di attività vitali come la produzione del sale, alla parte interna dei possedimenti Aldobrandeschi prima e senesi poi. La gente dell’Amiata non poteva non gio- varsi di una viabilità così espansa e funzio- nale, tant’è che anche a questa opportunità si deve lo sviluppo economico e antropico registrato a cavallo del primo e del secon- do millennio. Nella montagna e nella fascia submontana ancora nel XV secolo si contava, in media, un centro abitato ogni 37 km2. Ri- spetto a quella costiera, la densità abitativa media era di circa 180 abitanti su 100 che ri- siedevano nelle aree di pianura tra Piombino e l’Argentario. Nel periodo di massima espan- sione, coincidente con il dominio aldobran- desco, la popolazione amiatina complessiva era di circa 19 mila abitanti, analoga a quella di importanti città come Viterbo. Dunque, questa parte di Toscana si ritro- vò per almeno cinque secoli al centro di una rete di strade davvero eccezionale per l’epo- A. Viligiardi, Torre della rocca aldobrandesca a Campagnati- co. Disegno a penna. 19 P. Conti, prospetto della torre della Trappola, acquarello (Firenze, ISCAG)

sere fatte risalire all’epoca etrusco-romana, do, si immetteva nella via che scendeva alla come la “via di Sant’Antimo” appena ricor- valle dell’Ombrone, oppure, deviando verso data. Mentre si presume che risalga alla do- il Monte Labbro, andava a confluire nella minazione longobarda la strada che seguiva via di Roccalbegna e poi di Scansano. All’al- la valle dell’Albegna partendo dalle vicinan- tezza del castello della Triana, però, poteva ze dell’antico insediamento romano (man- ancora deviare scendendo fino a ricollegarsi sio) di Hasta sull’Aurelia vetus, tra Alberese e a con l’antica via Clodia. San Donato. Ricerche recenti attestano che di questa Anche una seconda antica strada, detta via si conservano alcune tracce di selciato a “di San Salvatore”, quasi certamente realizza- nord di Roccalbegna, sotto le falde del Mon- ta in epoca etrusco-romana per esigenze stra- te Labbro. Era questa via commerciale che tegiche di collegamento della Val di Chiana in periodo alto medievale serviva pure alla ed in particolare della città di Chiusi con la distribuzione del sale prodotto nelle lagune viabilità amiatina, si apriva sulle valli del Fio- della Maritima. Sia i testi classici di storia ra e dell’Albegna, in modo da avere continui- maremmana, sia recenti ricerche, attestano tà, sia nella via Clodia verso Roma, sia nelle che la produzione di sale nella pianura gros- strade che sfociavano verso la pianura gros- setana e più propriamente alla foce dell’Om- setana e verso il mare Tirreno, per innestar- brone, era già iniziata intorno all’VIII secolo si nella viabilità costiera. Ma questa strada d. C. Altre zone di produzione esistevano assumeva la sua maggiore importanza per il anche vicino alla foce dell’Albegna. fatto di costituire una sorta di circonvallazio- La fabbricazione del sale avveniva per ne alta dell’Amiata, come una grand corniche evaporazione dell’acqua salmastra all’inter- che fasciava la montagna da sud est verso sud no di vasche in terra battuta.Per l’importan- ovest, distaccandosi dalla Cassia vetus all’al- za che questo indispensabile complemento tezza di Radicofani, per poi collegare, man- alimentare rivestiva, più che per la prepara- tenendosi in parità di quota, Abbadia San zione dei cibi, per la loro conservazione di Salvadore, Piancastagniaio e Santa Fiora. Da lungo periodo, la sua produzione e distribu- questo castello, che fu l’ultimo feudo aldo- zione fu oggetto di molteplici interessi da brandesco, la strada si biforcava dirigendosi parte dei potentati, sia feudi, sia liberi comu- a sud verso Castellazzara e raggiungendo, ni, che dominavano nella regione. 20 verso nord, Arcidosso, da dove, proseguen- La produzione del sale nella Maritima grossitana è documentata, dalla fine del XIII II - Massa e Roccalbegna: città secolo, nei pressi della località oggi denomi- “nuove” dello Stato senese nata Trappola, dove esiste ancora una torre- magazzino la cui costruzione iniziale risale All’inizio del trecento, in Italia, si afferma- al 1283 sui terreni allora di proprietà dell’O- rono i movimenti ideali che traevano forza pera del Duomo di . dall’umanesimo francescano e dalle riscoper- Il trasporto e la commercializzazione del te teorie aristoteliche, imperniate sulla crea- tività dell’uomo e sulla sua capacità di inter- sale furono sottoposte ben presto a regime venire positivamente nella realtà quotidiana di monopolio; fra il XII e il XIV secolo, fu- delle cose. Un modo nuovo, basato su criteri rono motivo di scontri politici e militari tra progettuali, si affermò, allora, anche nella co- gli Aldobrandeschi, che ne ebbero per primi struzione delle città, come dimensione mas- il controllo ed il libero comune di Grosse- sima della creatività umana. to, ma anche con altre città, che mostrarono Le maggiori esigenze che i centri abitati sempre il massimo interesse per questo pro- avevano maturato con il crescente urbanesi- dotto strategico: Siena, Pisa e Firenze. mo, fin dall’inizio del XII secolo, erano in- Nel corso del 1300, l’espandersi della dotte specularmente dalla profonda modifica dominazione senese su gran parte della Ma- dell’economia curtense e dallo sviluppo delle remma, fece sì che l’intero processo di pro- attività manifatturiere all’interno delle città. duzione-distribuzione venisse sottoposto ad Le élite di governo si resero conto ben un ferreo controllo fiscale, che si concretiz- presto della differenza notevole che correva zò nella creazione della Dogana del Sale e tra: la “città ideale”, alimentata dal pensiero con l’accentramento della produzione su nuovo sempre più diffuso soprattutto nelle tre luoghi esclusivi: Abbadia al Fango, Foce regioni centrali dell’Italia e la “città reale” dell’Ombrone e Talamone. D’altra parte Sie- ereditata dal profondo Medio Evo. Ancor na disciplinò la materia sempre con grande più notevole divenne il divario tra le esi- attenzione e volle perfino che i magazzini di genze dell’economia cittadina moderna e conservazione del sale fossero ricavati all’in- autoctona, rispetto a quella di servizio del terno del Palazzo Comunale per garantirne contado, sottomesso alla curtis, che ormai declinava in modo definitivo. la sicurezza. Se la città alto medievale aveva strade an- Caduta la Repubblica senese poco dopo guste e convergenti verso la cattedrale, co- la metà del XVI secolo e annesso Talamone struita secondo il dettato teologico e centro allo Stato dei Presidi, controllato dalla Spa- del potere spirituale, quella che si venne ad gna tramite il vicereame di Napoli, le saline affermare tra fine Duecento e inizio Trecen- grossetane accrebbero la loro importanza. to fu una città “nova”, in cui le vie principali Specialmente quelle alla foce dell’Ombro- cambiavano itinerario per condurre agevol- ne e della Trappola s’imposero per la loro mente ai nuovi centri di potere: il palazzo efficienza; tali strutture erano in grado di civico e le sedi delle corporazioni; cioè al produrre un surplus di sale che veniva tra- cuore politico ed economico della città. sportato per la maggior parte via mare a Li- Sotto il controllo dell’ente politicamen- vorno, oppure venduto ad altre città dell’I- te dominante, l’utilità funzionale si saldò talia centrale utilizzando ben due vie: la all’utilità economica in un connubio pro- prima, conosciuta come la “via del sale”, che tetto delle mura civiche, che almeno in un conduceva a Roccalbegna dove si innestava primo tempo, però, non furono oggetto di nell’antica via di “san Salvadore”, l’altra, più ristrutturazioni. La preferenza iniziale, in- recente, che passava da Paganico e da qui fatti, riguardò la riprogettazione o l’amplia- proseguiva per Siena. mento dei luoghi in cui convergeva quoti- A partire dal ‘700 gli impianti della Trap- dianamente la cittadinanza: le piazze dei pola vennero man mano sostituiti da quelli mercati, gli opifici, le manifatture destinate di Castiglione della Pescaia, la cui localizza- a produrre e vendere tutto ciò che serviva alla vita dell’uomo. Strutture sempre più in- zione è individuabile nella località detta “Le gombranti, sempre più dense di manodope- Marze”. ra e palpitanti di lavoro. 21 A. Ruggieri, veduta generale di Massa, disegno a penna e acquarello. (sotto) S. Burali, pianta della città e delle fortificazioni di Massa nel 1664; disegno a penna (Arezzo, Biblioteca Consortile). Le strade urbane furono ripensate e ri- mente si guardò con attenzione anche a mi- costruite secondo la maggiore funzionalità, gliorare i sistemi di difesa del centro abitato: ad iniziare dalle porte di accesso alla città, nel corso del XIV secolo furono riprogettate aperte sui più importanti assi di transito, mura, torri e porte, finchè, nella seconda ampliate per permettere crescenti flussi di metà del successivo XV secolo, l’introduzio- traffico, ritracciate ortogonalmente per una ne in guerra dell’artiglieria obbligò gli archi- più ordinata e salubre vita civica. Natural- tetti militari a trasformare le città in fortezze dotate di massicci apparati bastionati e di postazioni per armi da fuoco.

Massa Massa, adagiata su alto colle nel cuore delle Colline Metallifere e sede della diocesi di Populonia, anticamente dipendeva da un feudatario che era lo stesso Vescovo e che, nel 1225, le concesse autonomia comunale dietro pagamento di 600 lire pisane. Da al- lora la città si resse come libero Comune e per circa un secolo visse uno dei più propo- sitivi e felici periodi della sua storia, crescen- do in campo economico e arricchendosi in quello artistico, grazie alle fiorenti attività connesse con la lavorazione dei metalli che si estraevano copiosamente nell’isola d’Elba e nelle colline circostanti. In questa parte della Tuscia le funzioni estrattive e la produzione di materiali ferro- si erano già note agli Etruschi e ai Romani, un’eredità che i Massani avrebbero raccol- to con successo, migliorando le tecniche di lavorazione e impostando la produzione su 22 basi preindustriali, regolamentate da precise S. J. Ainsley, veduta di Massa e della costa antistante l’isola d’Elba, che traspare sullo sfondo, inchiostro e matita (prima metà XIX sec.). norme statutarie che sono considerate il pri- al castello del Vescovo con la torre del Can- mo codice minerario della storia. deliere ed alla chiesa di San Pietro all’Orto. Fin dalla conquista dell’autonomia co- Questa area, difesa da nuove fortificazioni munale nel 1225, i Massani iniziarono a volute da Siena e progettate da uno dei suoi rivedere la struttura urbanistica della loro più abili architetti, Agnolo di Ventura, fu da città, cercando di evolverla secondo i biso- allora denominata Cittanova e divenne uno gni economici e organizzativi nuovi, che si dei terzi (o terzieri) in cui Massa si divideva espandevano con l’espandersi dell’attività amministrativamente. Qui le vie ritraccia- estrattiva dei metalli. te assunsero un andamento ortogonale e di L’originale tessuto viario, che su tre stra- sezione molto ampia per l’epoca, riservando de principali conduceva ai piedi della Catte- alle spalle del fronte strada notevoli spazi ine- drale fu rivisto e con esso fu programmata la dificati, come annessi superficiari delle pro- ricostruzione di parte della città alta, quella prietà frontiste della strada; alcuni palazzi di più vicina al castello del vescovo conte: una famiglie ricche, anche se non nobili, non fu- città “nova”. rono ricostruiti o furono rifatti in forme tutto Senz’altro l’accresciuta ricchezza data sommato modeste e gli spazi nel retro di ogni dalle attività metallurgiche aveva indotto edificio furono particellati come annessi. a investire nella città e nelle sue istituzio- Questa ristrutturazione della città alta fa ni gran parte delle risorse ottenute con le pensare a ciò che era avvenuto o stava avve- gabelle e le decime previste dallo statuto nendo in altre città toscane, umbre o dell’al- cittadino. In questa seconda parte del XIII to Lazio: Firenze, Pisa, Viterbo, Gubbio, secolo nacquero i palazzi civici: del Comu- dove i tessuti urbani venivano sconvolti dai ne e del Podestà; si ampliò la cattedrale e, progetti di ricostruzione per facilitare dentro cosa quasi unica in Toscana, si accentrarono la città l’impianto degli opifici - soprattut- i tre poteri: i due civici e quello spirituale to lanieri - che assorbivano la manodopera in un’unica piazza, allora ampliata nelle di- espulsa dalle campagne a causa dell’accre- mensioni e rivista nella sua geometria. Una sciuta produttività delle tecniche agricole. geometria dove addirittura i due poteri: civi- Quindi anche la Cittanova di Massa era co e spirituale venivano a fronteggiarsi! sicuramente destinata all’impianto delle Contemporaneamente si mise mano al ri- “fabbriche” che ogni giorno trasformavano assetto della parte alta del centro abitato, in i pani grezzi di piombo e rame in altrettanti cui già si trovavano importanti edifici, oltre lingotti o manufatti dei preziosi metalli. 23 Il progetto purtroppo non ebbe seguito, flussi di traffico commerciale, che in quella visto che nel 1335 l’assoggettamento a Siena, parte della Tuscia erano particolarmente im- ormai potenza egemone nella Toscana meri- ponenti e economicamente significativi. dionale, e la successiva tremenda pestilenza Territorio di frontiera con il Patrimonio europea (1348), finirono per ridimensionare di San Pietro e contemporaneamente a ca- l’economia massana dei metalli e con essa lo vallo della via europea più importante, la sviluppo della città. Una breve ripresa tra il Francigena appunto, che collegava il centro Quattrocento e l’inizio del Cinquecento, ba- della cristianità e sede papale, Roma, con le sata sull’estrazione dell’allume, non fu tale da nazioni del centro e nord Europa, tramite poter rilanciare quel bellissimo esperimento questa arteria poteva pure raccordarsi con che fu la nascita della città “nova”. i porti del sud Italia che rappresentavano, insieme a Venezia, gli approdi più utilizzati Roccalbegna sulle rotte dei traffici per il mondo arabo ed il medio oriente, fino alle Indie. Fu una decisione degli Ufficiali di Balia Siena, inoltre, non disponeva di un porto della Città di Siena, allora appartenenti all’or- suo proprio: Talamone doveva ancora essere dine dei Nove, a decretare la costruzione di acquistato dal patrimonio di San Salvadore - un nuovo borgo fortificato che riunisse le diverrà un possesso senese solo nel 1303 - e abitazioni già presenti nel pianoro, denomi- la mancanza di uno sbocco sulla costa non nato Flaucano, alla base del fortilizio costrui- agevolava i traffici commerciali via mare, es- to dai Signori di Roccalbegna, membri della sendo compressa a nord da Firenze, a ovest famiglia comitale degli Aldobrandeschi. da Pisa e in Maremma dal dominio aldobran- Correva l’anno 1296 e i governanti di desco. Dopo il 1399 gli Appiani, signori di Siena - potenza egemone, come detto, della Piombino, avrebbero controllato il porto e Maremma e della parte occidentale del Mon- gli altri approdi lungo-costa fino a quello di te Amiata - consideravano con attenzione la Scarlino, ma allora Siena era già entrata in posizione di Roccalbegna, lungo le vie che possesso degli scali maremmani più a sud, congiungevano il territorio sub-amiatino: ad e, successivamente, avrebbe acquistato Porto est con la Strata Francigena ed il centro Italia, Ercole, sul promontorio dell’Argentario. ad ovest con l’antica Maritima ed i porti del Dunque la posizione di Roccalbegna, da Tirreno; una posizione di notevole importan- dove si aprivano strade senesi verso la Ma- za strategica, non solo utile, ma addirittura remma, diveniva sempre più rilevante eco- indispensabile per mantenere il controllo dei nomicamente e strategicamente, man mano

A. Romani, veduta di Roccalbegna, disegno a china e acquarello; prima metà del XIX sec. (Biblioteca Comunale degli Intronati 24 di Siena) riodo in cui fu soggetto a un ramo degli Aldobrandeschi, mostra come la Roccha Al- bigna fosse un centro di attività al servizio di un territorio e non un semplice borgo al servizio del signore del castello. Già allora alcuni edifici rivelavano questa sua vocazio- ne: una pieve (san Giovanni), ben tre mo- lini e la casa della lana, dove si accentrava il commercio e la lavorazione del prodotto, il più prezioso dell’economia silvo-pastorale amiatina. Una vocazione riconosciuta e in- centivata da Siena che volle creare le basi di una struttura urbana moderna e funzionale allo sviluppo del borgo e del territorio circo- stante, impostata su una visione “cittadina” Planimetria del borgo e delle fortificazioni di Roccalbegna dell’economia, limitata nelle dimensioni ma lungimirante nel concetto progettuale. che il dominio della Repubblica si allargava sui porti del medio Tirreno e che cresceva Vie dell’Arte e della Fede l’economia agraria e dell’allevamento tran- sumante. Infatti la piazzaforte amiatina non Le dimensioni edilizie differenziavano aveva solo il ruolo di sentinella delle vie i progetti innovativi che Siena, nella prima commerciali, bensì anche quello di centro metà del XIV secolo, aveva elaborato per di conferimento dei prodotti dell’agricol- Roccalbegna e per Massa - come per altri tura, di dogana dei pascoli transumanti, di centri rilevanti sotto l’aspetto economico o centro di servizio sia per i trasportatori di per la difesa del dominio - ma in entram- merci, sia per l’economia silvo-pastorale e bi i casi era paritario l’impegno dei governi agraria della zona. senesi per la crescita dello Stato e non solo Così i progettisti, ai quali i Signori Nove per il mero sfruttamento delle comunità as- dettero l’incarico di tracciare la planimetria soggettate. Non è casuale che questo indiriz- della costruenda città, Fra Michele di Cac- zo politico fosse pensato e sviluppato con cia e Fra Vanni, applicarono i criteri della sapiente equilibrio dall’ordine dei Nove, “città nuova” ed abbandonarono gli schemi che, assunto in quegli anni il governo del- progettuali alto medievali, per dare applica- la Repubblica, era stato il committente dei zione ex novo alle funzionalità della città- maggiori capolavori artistici e architettonici opificio, dove si conferivano le materie pri- senesi, nonché il promotore del generale be- me, si creavano merci finite, si smistavano i nessere allora diffuso in città. carichi di mercanzie, in questo caso, da e per E proprio in campo artistico non è arduo la Maremma. Così la progettazione urbani- rilevare altri aspetti comuni alle due realtà, stica del nuovo insediamento, caratterizzata affidati, come ha scritto Bruno Santi, “alle dall’ impianto ortogonale del reticolo delle realizzazioni di una scuola di arte figurativa strade, assunse una configurazione simile a tra le più importanti non solo nella terra to- quella della Città Nuova di Massa. scana, ma in àmbito nazionale…. [come] la Anche l’aspetto militare fu particolar- senese. A Massa, infatti, dopo una breve pa- mente curato, tant’è che vennero costruite rentesi nel penultimo quarto del Duecento mura poderose per raccordare la vecchia dominata dal governo pisano, che vi ha la- rocca nobiliare posta sulla rupe - detta “il sciato tracce di grande valore, come il com- sasso”, o, più propriamente, “la pietra”- pletamento della facciata della cattedrale con un nuovo cassero capace di proteggere con i leoni e i telamoni in pietra attribuibili dall’alto il pianoro sassoso, dove una volta a Giovanni Pisano e al suo atelier, nonché il sorgeva il nucleo originale di Flaucano. drammatico Crocifisso ligneo giovannèo già La planimetria del borgo relativa al pe- in duomo e ora – come tante altre testimo- 25 e i Santi Pietro e Paolo (ai lati), che correda l’altare maggiore della chiesa arcipreturale di Roccalbegna. Dunque un altro elemento accomuna Massa e Roccalbegna: la pittura di Ambro- gio Lorenzetti, quale straordinario suggello artistico dei consistenti programmi di ag- giornamento urbanistico che Siena aveva deliberato per i due centri, non a caso posti a caposaldo di vie fondamentali in ordine allo sviluppo economico dello Stato, al con- trollo strategico del territorio e ad un terzo aspetto, che avrebbe rappresentato il reale elemento di richiamo per gli artisti ai quali veniva richiesto di eseguire opere di caratte- re religioso: la sacralità del viaggio. Non è casuale, infatti, che tutte le vie dei commerci e delle transumanze fin qui de- scritte fossero costellate di grandi e piccole strutture ecclesiali. Tabernacoli, cappelle via- rie, pievi, abbazie che si distinguevano dalle altre strutture dedicate all’ospitalità, proprio perché attribuivano al contenuto e alla buo- na conclusione del viaggio una sorta di “pre- destinazione soprannaturale”, invitando tut- ti coloro che percorrevano la strada a porsi Le vedute aeree di Massa e di Roccalbegna ne mostrano il sotto la protezione divina, intermediata dalla regolare tessuto viario realizzato con la ristrutturazione ur- banistica voluta da Siena nella prima metà del XIV secolo. Chiesa nelle sue varie gerarchie. In fondo era, né più né meno, l’eser- cizio di un potere spirituale che andava di pari passo con il viaggiatore, dando ad esso nianze d’arte – nel rinnovato Museo di San la netta sensazione di una guida celeste, di Pietro all’Orto, per terminare con le sugge- un controllo superiore anche sul lato ter- stive, singolari immagini nell’affresco delle reno della vita: la costante di quella prote- Fonti dell’Abbondanza, l’egemonia dell’arte zione che proprio chi era in cammino chie- di Siena ha trovato qui - nel succedersi delle deva a Dio, ben consapevole dei pericoli vicende storiche - un terreno fertile e pronto insiti nel viaggio. E’ pensabile che le ope- ad accoglierla. Son tanti i nomi di artisti se- re d’arte commissionate per questi luoghi nesi che hanno lasciato qui il loro indelebile di preghiera, piccoli o grandi che fossero, segno: da … Duccio di Buoninsegna, … a contribuissero alla loro sacralità, amplifi- Sano di Pietro, dal Sassetta a Goro di Grego- cassero il messaggio spirituale della Chiesa rio …” a Ambrogio Lorenzetti, che dipinge e lo diffondessero pure tra coloro che, per per Massa una Maestà di altissima qualità lavoro o per culto, si trovavano a percor- figurativa: una delle maggiori opere nella rere le strade. O, per lo meno, induce a sua intensa produzione pittorica ed uno pensarlo la constatazione che grandi mo- dei maggiori tra i capolavori che illustrano nasteri e antiche pievi, capisaldi della Fede la cultura artistica senese. Valori significati- e dall’arte, si trovassero vicino alle strade vi ed indiscussi, che ritroviamo in un altro più frequentate: basti pensare a Montesiepi dipinto di Ambrogio, purtroppo giunto ai e San Galgano, verso Massa, e a San Quiri- giorni nostri frammentario, ma pur sempre co, San Salvatore e Sant’Antimo, su diret- capace di mostrare tutto il talento composi- trici viarie diverse, ma tutte convertibili su tivo ed espressivo dell’artista: il trittico con Roccalbegna. 26 la Madonna in trono e il Bambino (al centro) III - Le vie terrene e celesti di cevano da corona alla città di Massa, fu il Ambrogio Lorenzetti: capolavori “laboratorio” di Ambrogio per l’espressione delle sue metafore sacre. dell’arte senese da Montesiepi a Il percorso di questo sommo artista Massa; da Asciano, a Montenero nell’antico dominio di Siena è ben “inciso” e a Roccalbegna. tra Asciano, , Montenero d’Orcia e Roccalbegna, e più a ovest, tra il sacello di Montesiepi e l’odierna Massa Ma- Lungo i percorsi dettati dalle committen- rittima: luoghi dove dipinse polittici, affre- ze ricevute tra il 1329 e il 1340, Ambrogio schi, pale d’altare ed un maestoso crocifisso. Lorenzetti ha lasciato una chiara, preziosa In ognuna di queste opere ritroviamo la impronta di arte pittorica: quasi una “dedi- particolare sensibilità di Ambrogio verso la cazione” della sua alta cultura figurativa sia Fede, offerta alla devozione popolare per a comunità civiche primarie per l’economia mezzo di un raffinato impiego delle imma- della Repubblica, sia a quelle ecclesiali di- gini e diffusa con spirito “misericordioso” ai sperse sul territorio, dove non solo veniva fedeli itineranti, come alla gente comune. prestata assistenza spirituale ai viaggiatori, La stessa gente a cui Ambrogio pensava ma istituzioni di matrice religiosa - come le di rivolgersi nell’improntare lo straordinario confraternite e, più tardi, le Misericordie - in affresco del Buongoverno, nel Palazzo Civi- caso di bisogno curavano le loro malattie e co di Siena. Infatti, proprio in questo dipin- si preoccupavano del loro benessere fisico. to il Lorenzetti raffigurò la sua visione del Piccoli ospedali e centri di accoglienza, paesaggio agreste intorno alla città natale, infatti, erano sorti lungo le strade presso pie- composto da uomini laboriosi, più che da vi e conventi, per sviluppare i canoni dell’ac- severi castelli; un paesaggio illustrato dallo coglienza a chi era in cammino, per lavoro svolgersi di una vita regolata dalla Natura e o per Fede, secondo i presupposti della Mi- guidata dalle Virtù della Fede, alle quali, più sericordia predicata da Gesù. Piace pensare volte nei suoi dipinti, affida il buon cammi- che anche molti artisti del tempo, pittori, no ed il governo degli uomini. scultori, architetti, si mettessero in cammi- Lungo la via del “metalli” egli riprodus- no lungo queste strade ed offrissero il loro se una delle sue più importanti e grandio- talento anche per un senso di Misericordia, se opere: la Maestà di Massa Marittima, che allora era assai diffuso e condiviso. riportandovi il fondamento della esistenza Non pochi pittori, infatti, contempora- umana, che va affrontata secondo i principi nei del Lorenzetti: Simone Martini, Lippo agostiniani delle Virtù Teologali. Più tardi Memmi, Segna di Bonaventura, Luca di volle riprendere ed esaltare questo concetto Tommè e il fratello maggiore Pietro, si spo- anche nella sua visione della vita pubblica, stavano da Siena e andavano a prestare la che avrebbe esposto sulle scenografie urba- loro preziosa attività nei grandi centri della ne e rurali del “Buongoverno”. Tuscia e dell’Umbria, fino a Napoli e, addi- La campagna che Ambrogio Lorenzet- rittura, alla corte dei papi in Avignone. ti concepì e dipinse come “frutto” e sotto Ambrogio, invece, attestava la sublime l’influsso della Grazia divina, in gran parte costruzione metaforica dei suoi dipinti sa- è ancor oggi visibile, lungo le direttrici delle cri nei luoghi attraversati, quasi quotidiana- medievali “strade dogane” dall’Appennino mente, dai pellegrini, che lungo la Franci- ai “paschi” oltre la valle dell’Albegna, oppu- gena si recavano a Roma; come dai pasto- re da Siena attraverso boschi secolari e fiumi ri, che guidavano le greggi ai pascoli della incontaminati fino a Massa. verde Maremma; come dai trasportatori del Le Maestà di Montesiepi, in Val di Merse sale, che portavano la loro merce dalle sali- ne costiere verso il contado senese, o la Val Negli anni dal 1335 al 1337, Ambrogio Lo- di Chiana. renzetti si misurò con uno dei temi più im- Anche un’altra via, quella dei “metalli”, portanti della raffigurazione classica religiosa, che si snodava da Siena, passando dalla val- quello della Maestà, la Madonna sul trono ce- le del torrente Rosia a quella della Merse e leste, con in braccio il Bambino ed una corte si inoltrava tra le Colline Metallifere che fa- adorante o testimoniale, di santi e angeli. 27 Montesiepi: La Maestà

L’Annunciazione

Esempi significativi non gli mancarono suoi committenti, decise di dare al tema della di certo, già il suo concittadino Duccio di Madonna sul trono celeste una più terrena e Buoninsegna aveva dato a Siena uno dei più innovativa versione. Nacquero così i due di- celebri, se non il più celebre, dei dipinti sul pinti quasi coevi: l’affresco per la cappella di tema della Maestà e così aveva fatto Simone Montesiepi, del complesso monastico di San Martini, prima di partire per Avignone alla Galgano, dei monaci Cistercensi e la pala per corte del Papa. la chiesa di San Pietro all’Orto, forse destinata Ambrogio però non tenne molto di conto alla costruenda chiesa di Sant’Agostino, com- 28 questi due esempi. Senz’altro d’accordo con i missionatagli dagli Eremitani Agostiniani. Certamente le committenze dell’epoca renzetti, la Madonna teneva nella mano si- molto avevano da dire su ciò che poi sa- nistra uno scettro e sulla destra, invece del rebbe comparso nei dipinti sotto forma di bambino, un globo simbolo di potere divi- metafora teologica e devozionale, ma molto no sugli uomini. Grazie ai restauri si è appu- dipendeva anche dalla sensibilità dell’artista rato che questa prima “audace” versione fu e dalla sua capacità di esprimere in colori rifatta da Ambrogio, sostituita da quella più e forme ciò che a lui si richiedeva: general- tradizionale che oggi vediamo. Sulla stessa mente, un’immagine capace di “penetrare” parete in basso, si trova l’affresco raffiguran- con immediatezza nella coscienza del fede- te l’Annunciazione con al centro la finestra le in preghiera e una composizione dove i della cappella, utilizzata come elemento personaggi ed i concetti della Fede fossero vero della stanza raffigurata nella scena. facilmente riconoscibili. Tutti, infatti, com- mittenti ed artisti, avevano ben chiaro che La Maestà per San Pietro all’Orto di Massa solo la comprensione può stimolare l’emo- Agostiniani e Cistercensi, nell’Italia del zione e solo l’emozione può aprire l’anima ‘300 erano certamente due “potenze” religio- alla preghiera ed alla contemplazione. se e monastiche, ma inserite in contesti quasi Ai piedi del trono della Madonna è diste- opposti: Ordine religioso di diritto pontifi- sa la progenitrice degli uomini, Eva, sulle cui cio, risalente al 1098, i Cistercensi, devoti di spalle si trova una pelle di capra (la lussuria); San Benedetto, potenti proprietari di terre e con la mano sinistra sorregge un fico (sim- monasteri; contemplativi e dediti ad una vita bolo del peccato), mentre con l’altra tiene comunitaria che prevedeva preghiera, lavoro un cartiglio dov’è spiegato il senso morale e studio: “ora et labora” il loro motto. Un’atti- dell’affresco, che descrive l’umanità, preda vità integrata dalla ricopiatura di testi antichi, del peccato originale, ai piedi della Grazia non solo biblici: a loro si deve la riscoperta divina impersonificata dalla Madre di Gesù. dei filosofi Greci. Per i Benedettini Cistercen- Nella prima raffigurazione fatta dal Lo- si la preghiera era sì intesa come contempla-

Massa Marittima: La Maestà per San Pietro all’Orto (foto di Lorenzo Bocci) 29 zione del Cristo, ma anche come atteggia- addensato di istituzioni religiose, come mo- mento positivo al lavoro e alla formazione nasteri e chiese plebane; ma anche di castelli della conoscenza. con il compito di controllare e proteggere Diversi gli Agostiniani “eremitani”, Ordi- le strade, trafficate da merci di ogni genere. ne Mendicante, creato per seguire la regola Possedere una pieve plebana era per l’epo- ispirata agli scritti di S. Agostino, che però ca cosa di non poco conto, poiché significa- non gli era stata data dal Santo di Ippona, va godere di una istituzione religiosa, con ma dal papato nel 1244. annesso il battistero, che fungeva pure da L’Ordine contemplava soprattutto le ope- centro di una sorta di circoscrizione civile. re che il Santo aveva scritto e lasciato all’in- Feudo dei conti Cacciaconti-Scialenghi fin terpretazione e coerente predicazione dei dall’epoca carolingia, fu acquistato da Co- suoi adepti, i quali si dedicavano alla diffu- mune di Siena nel 1275. sione della “pratica di vita” secondo i principi In Asciano ancora c’è una pieve, quella virtuosi della Fede. Nella Toscana del ‘300 le di Sant’Agata, però non è qui che il Loren- comunità eremitane si ritrovavano soprattut- zetti creò una delle sue opere più originali to nei territori di Lucca e di Siena. e innovative, tutt’oggi sorprendente per la Due committenti assai diversi, per con- sfolgorante esibizione di fantasia e di forza vinzione e per stile di vita; due interpreta- creativa offerta dall’artista senese. Fu nel vi- zioni della vicenda cristiana a cui Ambrogio cino monastero di San Cristoforo a Rofeno, Lorenzetti seppe dare un’applicazione figu- dei monaci Cistercensi, e nel trittico, detto rativa quasi perfetta. appunto di Badia a Rofeno, che Ambrogio La Maestà di Massa Marittima presenta, liberò la sua immaginazione, raffigurando insieme ad una moltitudine di personag- “l’impresa divina” di San Michele Arcan- gi disposti ai lati del trono, sei angeli con gelo che sconfigge e uccide il drago con le strumenti musicali e turiboli; mentre altri sette teste, simbolo dei vizi capitali. quattro angeli reggono i cuscini del trono e La rappresentazione occupa il riquadro aspergono fiori alla Madonna. Gli altri perso- centrale del trittico, che riporta nelle pre- naggi rappresentano Profeti, Santi e Patriar- delle laterali le immagini dei santi Bartolo- chi. Questa corte testimonia la preziosità e meo e Benedetto. Realizzata forse in tempi il reale contenuto della metafora incisa dal diversi, fu in seguito integrata con le figure Lorenzetti e rappresentata dalle tre Virtù Teo- dipinte sulle cuspidi: Madonna col Bambi- logali, che siedono sui gradini del trono: la no, San Ludovico da Tolosa e San Giovanni Fede, la Speranza e la Carità. Un percorso in- Evangelista. differibile, che Sant’Agostino aveva descritto L’immagine imponente del San Michele nella sua opera detta Enchiridion ed al quale Arcangelo, con un’armatura bellissima, che Ambrogio senz’altro si ispirò, dandone una lotta contro il demonio impersonificato dal versione figurativa originale e raffinata. drago con le sette teste è descritta nell’A- pocalisse di San Giovanni e divenne mol- Asciano: il trittico di Badia a Rofeno to nota tra gli artisti dell’epoca, come tra i successivi, per l’apparato figurativo caratte- Edificato nelle vicinanze di un precedente rizzato dagli originali, affascinanti contrasti insediamento etrusco, questo suggestivo bor- di colori. La splendida cornice, che risale al go delle Crete senesi era già attestato nell’alto primo Cinquecento, è attribuita al mona- Medio Evo, più precisamente nel 714, quan- co olivetano Fra Raffaello da Brescia ed è do risulta che una pieve in questo luogo fu anch’essa un’opera insigne di arte ebanisti- contesa tra i vescovi di Siena ed Arezzo. ca, esposta oggi nel Museo di Asciano sepa- Le Crete, e quindi Asciano, fin dal pe- ratamente dal trittico. riodo etrusco sono stati il territorio di unio- ne e di transito, delle greggi transumanti, tra la Val di Chiana e le valli dell’Arbia e Serre di Rapolano: Madonna con Bambino dell’Ombrone: un territorio a cavallo tra le Il borgo sorse attorno ad un castello, due Cassie, la vetus per Aretium e la Adrianea costruito, probabilmente durante la guerra 30 per Sena Julia, che in epoca medievale si è contro i Goti nella prima parte del V secolo Il trittico di Badia a Rofeno: S. Michele che uccide il drago e i santi Bartolomeo e Benedetto. d. C., per controllare le vie di comunicazio- “Madonne con bambino” lorenzettiane, che ne con Roma. innovarono il concetto di questa rappresen- Divenuto un insediamento longobardo, tazione sacra, spostandolo verso la corporei- e poi carolingio, fu assegnato da Federico II tà terrena delle figure divine. Gesù si stringe ai feudatari Cacciaconti nel 1234. Dopo la al collo di Maria con le esili dita della mano battaglia di Benevento, nel 1266, con il crollo destra che si aggrappano al suo velo; mentre della potenza imperiale sveva e la successiva la Madre è in un atteggiamento consapevole sconfitta dei ghibellini di Toscana, i Caccia- di amore e ammirazione per il Figlio: chiaro conti furono cacciati dal castello, che cadde esempio di “Madonna eleousa”. La presen- sotto il dominio di Siena, nel 1272. Da allora za del cardellino, che Gesù tiene ben stretto Serre divenne uno dei punti di passaggio del- nell’altra mano, riporta la composizione in le “vie dogane” che Siena organizzò e definì una dimensione terrena. Nella chiesa di San con lo “Statuto dei paschi” nel 1419. Lorenzo (una volta dei santi Lorenzo e An- La tavola fu dipinta da Ambrogio attor- drea) è conservato un crocifisso di Luca di no al 1340, in piena coerenza con le altre Tommè della seconda metà del 1300. 31 32 Madonna con Bambino detta delle Serre di Rapolano. Montenero d’Orcia: Crocifisso Le lotte per il suo possesso portarono, prima, alla perdita del castello da parte degli Situato sulla sommità di un’alta collina, Aldobrandeschi in favore dei Salimbeni, nel Monte Nero sovrasta la Val d’Orcia e fron- 1375, poi al definitivo passaggio sotto domi- teggia i castelli montalcinesi di Castelnuo- nio senese nel 1400. vo dell’Abate e di S. Angelo, nonché quello Il crocifisso di Montenero, insieme a più lontano di Ripa d’Orcia, posti a guardia quello della chiesa del Carmine a Siena, co- dall’altra sponda del fiume. Caposaldo lun- stituisce l’unico dipinto che Ambrogio Lo- go la via più importante della transuman- renzetti volle dedicare alla Crocifissione di za Casentinese, Montenero è citato fin dal Gesù e ci è giunto purtroppo degradato da 1015, come proprietà dell’ Abbazia di San gravi mancanze. La drammaticità, veramen- Salvatore. Divenne poi dominio degli Aldo- te moderna, dell’immagine del Cristo non brandeschi, ma fu sempre conteso anche dai è inferiore a quelle che Giotto seppe dare a signori di Tintinnano: i Salimbeni e dalla fa- sue opere analoghe. miglia Visconti di Campiglia d’Orcia.

Gesù Crocifisso, nella chiesa di S. Lucia a Montenero. Foto di Lorenzo Bocci 33 La Maestà di Roccalbegna, pannello centrale.

34 Roccalbegna: Maestà feriore, ma mostra ancora ai lati un vaset- to di unguento ed un brandello di manto Il forte caposaldo di Roccalbegna corona rosso sormontati da un’aureola: particolari una roccia, chiamata “il sasso” o “la pietra”, che fanno pensare alla presenza di santa che sovrasta il centro abitato dall’altezza di Maddalena. Nei pannelli laterali troviamo sessanta metri e ne rappresenta il simbolo. le immagini dei santi Pietro e Paolo, raffigu- Cresciuta sul fianco meridionale del monte rate da Ambrogio con severa compostezza e Labbro, alla confluenza del fiume Albegna considerate dalla critica tra le migliori prove e del torrente Armancione, Roccalbegna da fornite dall’artista per la forte espressività sempre è stata un punto strategico per il con- dei personaggi ritratti. trollo della via di San Salvatore. L’abitato ri- costruito dopo la conquista da parte di Siena contiene un altro edificio simbolo del luogo: la chiesa dedicata ai santi fondatori del Cri- stianesimo, Pietro e Paolo, costruita nel 1298, secondo lo stile degli Ordini Mendicanti. Nel 1340, il Lorenzetti dipinse, su man- dato del governo senese, il trittico dedicato alla “Madonna in trono”, attorniata da altri santi, che si trova all’interno della chiesa. La Maestà di Roccalbegna, smembrata forse nel corso del 1600, apparteneva in ori- gine ad un polittico, dove la Madonna sedu- ta in trono e con in braccio Gesù, è ritratta in una delle pose tipiche create da Ambro- gio nel tentativo di rendere le posture dei due personaggi sacri realistiche e concrete. Come nella tavola delle Serre, la Madonna assume un atteggiamento naturale ed anima la terrena scena familiare di una madre che tiene in braccio e trastulla il proprio figlio. Dipinta nel pannello centrale, l’opera è Particolare della testa di S. Pietro nel pannello laterale di si- stata inopinatamente privata della parte in- nistra.

35 Progetto Ambrogio Nel 2014 un gruppo di cultori d’arte e storia, insieme al sottoscritto, dettero inizio ad una ricerca sul dipinto della “Maestà” di Ambrogio Lorenzetti in Massa Marittima, di cui veniva “recuperato visiva- mente” e reso intellegibile un particolare sconosciuto ai più: il graffito della colomba dello Spirito Santo, ancora impresso ma quasi “invisibile”, sullo specchio impugnato dalla Fede, virtù teologale, con cui il gran- de pittore senese inizia il percorso di santificazione dell’anima e che sta alla base del trono della Madonna. Nel gruppo degli appassionati d’arte e di nuove esperienze: Lorenzo Bocci fotografo, Sandro e Giorgio Pe- tri grafici ed il pittore Dino Petri. Dalle iniziali dei nostri cognomi nacque l’associazione BCP “progetti”. La ricerca che coinvolse anche il prof. Bruno Santi, produsse una pubblicazione e la mostra didattica presso il complesso museale di S. Pietro all’Orto in Massa ed è stata recensita nel n.44 del bollettino dell’Ac- cademia dei Rozzi Fino agli anni ’80 la non conoscenza del graffito dello Spirito Santo nello specchio della Fede, insieme ai volti del Padre e del Figlio di Dio aveva più volte “sviato” tutti i grandi critici d’arte sul vero contenuto della metafora ideata dal pittore, rendendo contraddittorio il percorso della Fede verso il Paradiso. Così la ricerca fotografica e le immagini ad hoc hanno permesso, oltre alla soluzione in via definitiva della contraddizione interpretativa, la possibilità per gli amanti dell’arte di godersi l’opera, come sostiene il prof. Santi: “in tutto il suo significato teologico e nella sua bellezza cromatica ed espressiva” Così dalla semplice constatazione ottenuta con un obiettivo macro-fotografico scaturì nei mesi successi- vi la voglia di “vedere di più” nell’opera che il Lorenzetti aveva lasciato alla mia cittadina ed in tal senso fu propiziatorio l’intervento di una storica del comune di Roccalbegna, Gilia Pandolfi, che invitò il nostro gruppo ad “indagare” su un possibile rapporto storico-sociale tra i territori: sub amiatino e delle Colline Metallifere e tra questi e l’artista senese, che anche a Roccalbegna aveva lasciato uno dei trittici (forse in origine una Maestà) più belli e insigni del ‘300. L’invito venne raccolto e da lì nacque il “Progetto Ambrogio” che, con l’aiuto convinto di entram- bi gli assessori alla cultura Marco Paperini e Fabiana Fabbreschi e l’incentivo finanziario di entrambi i comuni, portò alla produzione della ricerca e della duplice mostra intitolata “Le vie di Ambrogio” che traccia il parallelo tra due territori, due vie commerciali importantissime: dei metalli e della transumanza ed il lavoro del Lorenzetti che su queste due vie realizzò una serie di insigni dipinti che veramente segnano il passo della sua evoluzione non solo come sublime pittore, ma anche come cittadino “del mondo”, capace di inserirsi in modo appropriato su quei percorsi umani ed economici, lungo i quali non occorrevano solo punti di sosta e ricoveri della Carità cristiana, ma anche luoghi in cui raccogliersi in preghiera e meditare estasiati, ammirando immagini sacre che per la loro definizione pittorica ed i contenuti religiosi erano senz’altro capaci di ridare al viandante la necessaria fiducia e la forza di . Il progetto si compendia e si conclude con una raccolta di testi, inediti ed in parte tradotti da critici d’ar- te stranieri intitolato “Antologia Lorenzettiana”; un contributo originale di nuove visioni e considerazioni sull’arte e sull’artista più innovativo del Trecento senese: Ambrogio appunto. O. C.

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37 Il borgo fortificato di ritratto da Ettore Romagnoli nei primissimi anni del XIX secolo

38 Cristofano di Gano di Guidino discepolo di santa Caterina da Siena e vicario di Armaiolo1 di DORIANO MAZZINI

Chi era Cristofano di Gano di Guidino? Da carta 3r a carta 5v, in sei pagine descrisse il Un notaio vissuto tra il 1343-45 e il 1410, rapporto che ebbe con santa Caterina e la let- di cui sono conservati nell’Archivio di Stato tera da lei ricevuta. Da bravo notaio, Cristo- di Siena un discreto numero di atti rogati, fano, all’inizio del libro dichiarò che quanto registrati in 25 volumetti di imbreviature2. aveva scritto corrispondeva a verità, e pose in Gli studiosi sanno quanto sono importanti prima pagina il signum tabellionis, che i notai questi atti notarili, ma di questi documen- ti si parla quasi sempre tra specialisti, non disegnavano alla fine di ogni atto rogato per interessando quasi mai il grande pubblico. testimoniarne l’autenticità. Cos’ha di speciale Cristofano per essere ri- cordato? Il caso volle che incontrasse Cate- rina Benincasa la cui grandezza lo colpì a tal punto da diventarne un affezionato disce- polo e poco mancò che entrasse nell’Ordine domenicano. Se non ci fosse stato questo incontro molto difficilmente scriveremmo di un notaio come ce n’erano tanti all’epo- ca. Cristofano, come Ponzio Pilato, raggiun- se una certa notorietà - Ponzio Pilato certa- mente più di Cristofano - perché entrambi, in un momento della loro vita, ebbero la Firma e sigillo notarile di Cristofano di Gano di Guidino fortuna di venire in contatto con i più gran- (Siena, Archivio di Stato) di personaggi vissuti nella loro epoca. In un libro di memorie, anche questo conservato nell’Archivio di Stato di Siena - La vita di Cristofano prima dell’incontro con un piccolo volume, a forma di bastardello di Caterina Benincasa 40 carte, non tutte scritte3 che in un prossi- mo futuro vorrei pubblicare integralmente Così inizia: «Im·prima sia manifesto - Cristofano annotò i suoi ricordi: dall’au- a·chi vedrà questa scrittura come io ser Chri- tobiografia, all’incontro con Caterina; dalle stofano di Gano predetto so di vile naçione, notizie sui figli e familiari, all’elenco degli im- e fui figliuolo di Gano di Guidino ed·ebbe mobili acquistati, ai rapporti con i mezzadri. uno fratello ch·ebbe nome Nadduccio […].

1 Il contenuto di questo breve saggio è stato ogget- in Le Fusa del Gatto. Libri, librai e molto altro, Pienza : to della conferenza da me tenuta, il 3 settembre 2016, Socieà Bibliografica Toscana, 2012, pp. 24-36. nel salone delle Terme Antica Querciolaia a Rapolano 2 G. Catoni e S. Fineschi (a cura di), L’archivio Terme, in occasione dei festeggiamenti del 52° Set- notarile (1221-1862). Inventario, Roma: Ministero per tembre Rapolanese. Mi ero già occupato in passato di i Beni Culturali e Ambientali - Archivio di Stato di questo argomento, per quanto riguarda il rapporto del Siena, 1975, pp. 50-51. notaio con santa Caterina da Siena. Vedi D. MAZZINI, 3 Archivio di Stato di Siena (=ASSi), Ospedale di Cristofano di Gano di Guidino e santa Caterina da Siena, Santa Maria della Scala, 1188, (a). 39 El quale Gano mio padre el detto Nadduc- ni, ciò fu Nicolò e Nofrio» dove si fermò cio furo da Guistrigona in·Berardengha, «solo per le spese bene tre anni». Altri tre e furo nati da·llato di donne di quegli da anni continuò a fare il «ripetitore» ai figli di Valcortese. El dicto Gano prese per moglie Mino di Monaldo con uno stipendio di sei la·mia madre che ebbe nome monna Agnesa fiorini l’anno più le spese e inoltre in que- la·quale fu figliuola di Manno di Minuccio sto periodo cominciò a frequentare lezioni Pichoglihuomini […]. Morì el detto mio pa- di «notarìa». In questi anni «morì Manno dre innançi la mortalità grande del Quaran- padre di mia madre a·Rugomagno, la duve totto»4. Dopo la morte del padre la famiglia stava, e poco rimase di lui, certe massariçie fu travolta dai debiti tanto che «non ne ri- di casa. Aveva fatta un·poca d·usura e mia mase chavelle» e la madre - scrive Cristofano madre la restituì»7. - «non mi volse abandonare e con grande La formazione del patrimonio di Cristofano sollecitudine e povertà m·alevò»5. Questo episodio peserà molto sulle decisioni futu- Conseguito il notariato iniziò a rico- re di Cristofano. Il nonno materno Man- prire incarichi pubblici e «ad andare per li no Piccolomini per non lasciare la figlia da offici di fuore in contado, negli·anni del e c sola la condusse a dove abitava, Signore MIIILXII. E così più anni andai mentre Cristofano rimase ancora un anno per·li·offici. Essendo vicario ad·Armaiuolo con lo zio Nadduccio prima di raggiungere vi·cominciai a comprare, e a pocho a po- la madre e il nonno che lo accolse con amo- cho v·[h]o comprato sì·come di·sotto chia- re e lo «trattò come suo figliuolo, e mai non ramente aparirà. Poi ci levammo al·tutto da seppi che padre si fusse se·no lui». Manno Rugumagno e tornamo a·Siena, mia madre e era un Piccolomini e questo conterà mol- io, guadagnando e facendo ella e io più mas- to per Cristofano, perché «egli·mi comin- sariçia che potevano e come avevamo dana- ciò a insegnare a leggiare in fine al·Donato ro lo·investavamo ad·Armaiuolo la duve V 6 e anco el· Donato . Poi acciò io imparasse volte fui vicario»8. Cristofano acquistò ad mi mandò a Siena e posimi con maestro Armaiolo due case più «una meçça casa con Petro dell·Ochio che stava dala Misericor- cantina» e terreni per un valore di 557 fiori- dia e co·llui imparai gramaticha (latino), el· ni, a Rapolano per 47 e ½ e nelle Masse di quale perché io era povaro mi·portò grande Siena, in località Capraia, una casa con ter- amore e fecemi assai vantaggi. E io tornava reno lavorativo e vignato che costarono fio- col detto Nadduccio mio çio, ma mia ma- rini 235. Da c. 10r a c. 14v di questo libro dre e anco Manno suo padre gli mandavano di memorie furono «scritte tutte le poces- ala·casa quasi ciò ch·io log[o]rava». sioni cose e beni che io ser Christofano di Cristofano conoscendo «un pocho gra- Gano [h]o conprate ed·[h]o ad·Armaiuolo maticha», con l’aiuto del suo maestro trovò del contado di Siena, o altruve, e·ciò che il suo primo lavoro come «ripetitore de fi- sono costate e da cui e per quanto preçço, e gliuoli del Ristoro di misser Façio Gallera- quagli·notari [h]anno fatto le·carte»9.

4 Ivi c. 2r. Cristofano si riferisce alla peste nera che Rinascimento un testo utile per iniziare lo studio del colpì Siena tra maggio e settembre del 1348. Da que- latino. Vedi Enciclopedia Italiana di scienze lettere ed sto possiamo ipotizzate che il padre fosse morto negli arti, Roma: Istituto della Enciclopedia Italiana fonda- anni 1346-1347, quando Cristofano aveva 28 mesi e ta da Giovanni Treccani, 1950, vol XIII, p. 139. quindi Cristofano potrebbe essere nato tra il 1343 e 7 Ivi, c. 2v. il 1345. 8 Ivi, c. 2v. 5 Ivi, c. 2v. 9 Qui di seguito, come esempio, riporto il primo 6 Elio Donato, visse a Roma verso la metà del IV acquisto scritto da Cristofano. Ivi c. 10r. «Im·prima secolo d. C. Sotto il nome di Donato sono giunte a cominciai a comprare ad·Armaiuolo. La·prima che noi le seguenti opere: Ars minor o prima (piccola gram- io vi·comprasse, si fu una vigna posta nela·corte matica elementare), destinata agl’infantes o pueri, dedi- d·Armaiuolo luogo deto Tra·fossati, con questi confi- cata a coloro che iniziavano gli studi grammaticali. Ars ni: da l·uno lato le Rede di Giovanni di Nuto, dall·altro 40 maior o secunda (grammatica maggiore). Rimase fino al el fossato, dall·altro Biagio di Guido, dall·altro Gio- Torre castellana di Armaiolo, detta “Finimondo” (foto di Vasco Lucattini) 41 A volte nelle scritture ci dà ulteriori no- nel Piano del Sentino11. Ad Armaiolo acqui- tizie che le rendono ancora più interessanti, stò anche due case e una mezza casa con come la data di acquisto, le denominazio- cantina per un totale di fiorini 65. Infine ni dei luoghi dove erano situati gli appez- Cristofano comprò una casa con «terra lavo- zamenti di terreno, le staia che misuravano rativa e vignata» di oltre 15 staia in località e il pagamento delle tasse alla Gabella dei Capraia, nelle Masse di Siena, del valore di Contratti. fiorini 235. Il primo atto di compravendita di Cri- Un aspetto molto interessante per lo stu- stofano è del 1368 e l’ultimo del 1389. Tra dio della penetrazione cittadina nel contado il 1368 e il 1378 Cristofano annotò di aver è la provenienza di questi immobili che per la comprato terre vignate in località detta Tra- maggior parte appartenevano agli abitanti del fossati, nel comune di Armaiolo, dove im- luogo, tra questi, tre appezzamenti di terreno piantò una vigna di 15 staia, spendendo 139 lavorativo il notaio li acquistò dai suoi mez- fiorini. L’investimento più importante lo zadri Biagio e Ristoro di Guido d’Armaiolo12. fece tra il 1369 e il 1389 acquistando terra la- Anche i tre appezzamenti di terreno ubicati vorativa, spesso con alberi da frutto pregiati nella «corte di Rapolano» provenivano: due come ulivi e noci. In vent’anni acquisterà da abitanti di Armaiolo e uno dalla locale staia 45 e ¼ pagando 320 fiorini e mezzo. Fraternita rappresentata dal suo sindaco Noc- In comune di Armaiolo nelle località: Bo- cio. Cristofano descrisse anche tre acquisti da gliorone, Valcella Pialla, Renario o Bagnolo cittadini: due atti separati con i fratelli Tone e e nel Piano di San Materno10; a Rapolano Buonsignore di Fazio Piccolomini e quattro

vanni d·Andreia, dice la carta a me ser Christofano di e per quello che da detti populi intesi la detta chiesa Gano, conprala da ser Buccio e da Giovanni chiamato credono e tengono fusse pieve d’Armaiolo e che di Nanni frategli carnagli e figliuogli che furo di Vanni di presente la chiesa d’Armaiolo, gode li beni intorno a Buccio da Rapolano. E promissero e vendero per loro detto sito. Però si può credere sia suo annesso e così e per Pietro loro fratello carnale perciò ch·allora era godendo», pubbl. S. Pieri e C. Volpi (a cura di), Visite minore conprossi a dì XIIII di giugno anni Domini pastorali del vescovo Piero Usimbardi dal 1590 al 1611, e c VII, Arezzo: Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepol- MIIILXVIII, fece la carta ser Biagio Venture, avia·lla cro, 2013, p. 429. A Rapolano esistevano addirittura publica. Costò trenta e sette fiorini, e al dicto Giovan- tre chiese dedicate a santi milanesi vissuti nel IV se- ni perch·era minore di XXV anni consentiro tre suoi colo, oltre a quelle appena accennate esisteva anche parenti, cioè Bardo d·Ugolino, Bartalo di Cambio e la pieve dei santi Gervasio e Protasio le cui vestigia Bartalo di Petrocholo dicto Pillante. È la dicta vigna si trovano in mezzo a un bosco sopra il castello di da tre staia e meçço. e o . Vedi U. PASQUI, Documenti per la storia del- Poi nel MCCCLXXX a dì XI di luglio el detto Pie- la città di Arezzo nel Medio Evo, Firenze: presso G. P. tro fratello de detti venditori ratifichò el detto contrat- Vieusseux, 1899, p. 3. to fece la carta ser Salerno Giannini notaio da Siena». 11 Il Piano del Sentino, nome derivatogli dal fiume 10 Il Piano di san Materno, oggi san Paterno, che lo attraversa, si estende nella pianura che partendo deriva il suo nome dal settimo vescovo di Milano dalle pendici di Rapolano, passando sotto il Poggio che visse nella prima metà del IV secolo d. C. Viene Santa Cecilia giunge fino a . In uno ricordato per aver trovato le ossa insepolte di san studio abbastanza recente Giulio Firpo ha dimostrato Vittore e averle seppellite in Sant’Ambrogio a Mi- che la battaglia avvenuta nel 295 a. C. tra i Romani da lano. A san Vittore è dedicata la pieve di Rapolano una parte e una coalizione di Galli, Sanniti, Etruschi e che è l’unica che è giunta, con varie modifiche, fino altri loro alleati dall’altra, si sia svolta in Etruria nell’a- ai nostri giorni. Vedi D. MAZZINI, Vicende storiche del- ger Clusinus (nel Sentino di Rapolano) e non nei pressi la parrocchia di Rapolano in Doriano Mazzini (a cura della città e del fiume Sentino nelle Marche. Vedi G. di) L’archivio della parrocchia di Santa Maria Assunta FIRPO, Quale Sentino? in D. Poli (a cura di), La battaglia in , Rapolano Terme : Parrocchia di del Sentino. Scontro fra nazioni e incontro in una nazione. Santa Maria Assunta, 2008, p. 19. La chiesa di San Atti del Convegno di Studi, Camerino – Sassoferrato, Materno, o meglio, le sue vestigia furono descritte 10-13 giugno 1998, Roma: Editrice il Calamo, 2002, nella visita pastorale del vescovo aretino Piero Usim- pp. 114-120. bardi, effettuata nel piviere di Rapolano dal vicario 12 Per i rapporti di Cristofano con i suoi mezzadri foraneo Curzio Alfei il 25 giugno 1596. Vedi ACVAr vedi G. CHERUBINI, Dal libro di ricordi di un notaio senese (= Archivio Curia Vescovile di Arezzo), Visita 7, c. del Trecento in Signori, contadini, borghesi. Ricerche sulla 535v: «Visitai un sito di chiesa guasta anticamente, e società italiana del basso medioevo, Firenze: La Nuova 42 domandato del titolo mi fu resposto santo Materno Italia Editrice, 1974, pp. 419-425. con Neroccio di messer Bandino Ubertini che voleva entrare nell’Ordine domenicano. di Arezzo, anche se apprendiamo dalle sue A questo punto la madre gli ricordò i sacri- scritture che questi appezzamenti di terreno fici che aveva fatto per lui. Così racconta an- provenivano tutti da abitanti di Armaiolo. cora: «Mia madre avendo paura che io non Di ventisette atti di acquisto, descritti da Cri- tenesse altra via e non prendesse altro stato stofano nel suo libro di memorie, in tredici si come paurosa di non perdare el figliuolo, l’acquirente è lo stesso notaio che pagò fiori- mi cominciò a·ssolecitare e fare sollecitare ni 475 e quattordici atti furono intestati alla che io pigliasse moglie, e io acciò malvolon- madre Agnesa per un valore di 364 fiorini. tieri consentiva, con dicendomi: vuomi tu Quest’ultimi furono rogati dallo stesso Cri- abbandonare? Io non [h]o persona per me, stofano forse per risparmiare sulle notule dei mio padre è morto, e io t·[h]o alevato con notai, forse anche per non aumentare il suo tanta fadigha che mi rimanesti di XXVIII «imponibile fiscale». mesi e mai non mi volsi rimaritare per non In questi atti alcune volte troviamo de- lassarti». A sentire queste parole Cristofano, scritti anche i pagamenti effettuati alla Ga- sia pure malvolentieri, assecondò la madre, bella dei Contratti13 e visto che nell’incipit «Unde parendo a me che la cusciençia mi ri- di questo libro aveva scritto che si poteva mordesse, per suo rispetto cominciai a con- dare piena fede alle scritture riportate14 per sentire del pigliare moglie, e fra l·altre n·ebbi ben cinque volte asserisce di aver evaso il tre per le mani: la figliuola di Francescho fisco, denunciando alla Gabella un prezzo Venture, e quella che io [h]o, e un·altra de più basso di quello pagato al venditore: in la quale non mi ricordo»16. Come vedremo tutto 57 fiorini di evasione15. più avanti la terza donna era una vedova e forse al notaio non sembrò molto onorevo- le citarne il nome. Cristofano non poteva L’incontro con Caterina e il matrimonio certo sposarsi senza la benedizione di Cate- Come abbiamo già visto, alla fine de- rina, così le inviò una «co·la·quale io gli anni Sessanta del Trecento Cristofano potesse avere conseglio, e bene che le·parole si trasferì a Siena dove incontrò Caterina fussero molto inançi pure nol volsi fare se Benincasa «a la quale per meçço di Neri di prima io nol te le scrivesse17». Da quanto Landoccio e di Nigi di Doccio suoi spiritua- sopra si capisce che ormai aveva maturato gli figliuogli, io fui menato, e sì allora e sì la decisione di prender moglie e forse aveva poi udii da·lliei di Dio que non licet homini anche già scelto la donna da sposare, visto loqui, tale che d·una femina non si credareb- che «le parole» o meglio le pratiche di ma- be chi noll·avesse utita, Dio per certo rino- trimonio erano già a uno stadio avanzato. vò lo Spirito Santo in liei. Unde per la sua Cristofano scrisse a Caterina perché tene- santa dottrina e santi amaestramenti avendo va molto a lei e sperava che comprendesse co·lliei assai praticha, Dio m·aveva tochato che era quasi costretto a sposarsi, per non el quore in dispregiare le cose del mondo e abbandonare l’anziana madre. Caterina in- aveva animo più tosto a uscire del mondo vece ebbe una reazione molto dura e nel- che di volermi inviluppare in esso». la risposta fece di tutto per riportarlo sulla Cristofano fu così colpito da Caterina retta via. Cristofano trascrisse questa lettera

13 ASSi, Ospedale di Santa Maria della Scala, 1188, Siena, che sto da Uvile nel popolo di Sancto Pietro (a), c. 14r. «Memoria che a dì XXVII di settembre pagai […] che ci saranno scritte di mia mano si può dare la kabella de la detta conpra fra·l·mese a Petro Bandini piena fede perciò che così è la·verità». piççicaiuolo, camarlengo di kabella, cioè III fiorini e 15 Ivi c. 12r. «Dice la carta di tutti e detti peççi de la L soldi come appare nel suo libro a foglio LXXVII, terra a Monna Agnesa mia madre, costò CXV fiorini e·apare nel·libro di ser Petro di ser Domenicho notaio bene che la carta dice LXXXX fiorini per pagare meno a contratti a foglio XXX». Vedi ASSi, Gabella contratti kabella». 111, c. 30v. 16 Ivi, c. 3r . 14 Ivi c. 1r: «In questo li[b]ro saranno scritte certe 17 Ivi, c. 3v. memorie di me ser Christofano di Gano notaio da 43 nel libro di memorie senza indicazione della Cristofano non annotò subito quale data, ma sappiamo che Caterina si trovava sposa aveva scelto; la riporterà al termine a Pisa, dove si era recata su invito di Piero di una lunga descrizione dei discepoli e di Gambacorti, signore di quella città, nei pri- due Opere della Santa. Così scrive: «Poi mi mesi del 1375. Così Cristofano «per sua auta che io ebbi la risposta da Chaterina reverençia, e anco perché cià parole notabigli come di sopra appare, al nome di Dio presi si la·voglio scrivare qui la sua risposta. El· te- per moglie Mattia figliuola di Fede di Turi- nore dela sua lettara e risposta si è questo. Di no pellicciaio che stava da Provençano»21. fuore diceva data a ser Christofano di Gano Dal 1380 al 1389 Cristofano ebbe da Mat- notaio in Siena»18. Caterina non accettò que- tia ben sette figli, di cui due gemelli. Quattro sta sua decisione, ricordandogli il passo del maschi e tre femmine. L’ultima figlia nacque vangelo «chi non·abandona madre e padre e il 18 luglio 1389 «ne la dicta mia casa da Uvi- suore e frategli e se medesimo non·è degno le, batteggiossi a dì XX di luglio ebbe nome di me»19. Senza mezzi termini gli disse che Caterina, per riverençia di beata Caterina»22. questo suo accondiscendere ai voleri della Dei sette figli sopravvisse uno solo: la madre sembrava venire più dal demonio che secondogenita Nadda23 e il 17 agosto 1390 da Dio. Caterina usò parole durissime verso i scomparve anche la moglie: «fra le IIII e V parenti che con le loro richieste allontanava- ore morì monna Mattia mia donna e sté no Cristofano da «la via di Dio» e addirittu- inferma due dì, poi ad XVIII d’agosto fu ra non esitò a dire che, se costoro dovessero sepellita come mantellata a Frati Minori la· impedire questo percorso, si dovrebbe «pas- duve se sepelliscono le mantellate da capo sare sopra el corpo loro, e seguitare el·vero el·chiostro»24. Padre, col gonfalone de la santissima croce Cristofano per sistemare la sua ultima annegando e uccidendo le nostre perverse figlia, il 14 agosto 1391 vendé una vigna a volontà». Caterina cercò ancora di convin- Iacomo di Domenico detto Megherino, suo cere Cristofano a lasciare la madre, anche se cognato, per duecento fiorini «e quagli ebbe e ormai aveva capito che il suo discepolo ave- portò Nadda mia figliuola quando entrò nel va imboccato la strada verso il matrimonio munistero di sancta Bonda (santi Abbondio e quindi aveva già lasciato l’altra strada che e Abbondanzio fuori porta San Marco)»25. lo avrebbe portato alla perfezione. La lettera Il notaio chiude la parte dedicata a santa si chiude con la risposta al consiglio richie- Caterina con due argomenti a lui molto cari: sto. Caterina entrava malvolentieri in questi i discepoli della Santa «la quale pregando Dio argomenti che appartenevano «a secolari», per tutti e suoi figliuoli molto divotamente ma l’affetto per Cristofano non la poteva e molte volte, ci disse ch·aveva auta graçia esimere da un giudizio: «considerato la con- da·Dio che niuno de suoi figliuoli perirebbe diçione di tutte e·tre, c·ognuna è buona, se vi né andarebbe a·le·pene eternagli»26. Inizian- sentite di non curarvi perch·abbia auto altro do dal confessore della santa, Raimondo da sposo potetel fare, poi che volete impacciar- Capua ne cita ventotto, anche se il numero vi in·el·malvagio e perverso secolo, se lasaste dei discepoli era assai maggiore, come lui però, prendete quella di Francescho Ventura dice. L’altro argomento riguarda le Opere di di Camporeggi»20. Caterina: le lettere in primo luogo che Cate-

18 La trascrizione integrale della lettera inviata da 21 Ivi, c. 5v. Il contratto dotale fu steso il 28 otto- santa Caterina al suo discepolo Cristofano è già stata bre 1375. pubblicata, anche dal sottoscritto, vedi D. MAZZINI, 22 Ivi, c. 6v. Cristofano di Gano … cit. p. 36. 23 Vedi G. CHERUBINI, Dal libro di ricordi … cit, pp. 19 Ivi, c. 3v. Cfr. Matteo, 10, 35-37. Sono venuto in- 414. fatti a dividere il figlio dal padre, la figlia dalla madre e la 24 Ivi, c. 6v. La morte dei figli e della moglie fu nuora dalla suocera; e nemici dell’uomo saranno i suoi fami- causata dalla pestilenza del 1390. liari. Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di 25 Ivi, c. 30v. me, e chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me. 26 Ivi, c. 4r. 44 20 Ivi, c. 4r. rina «mandava quando a uno quando a·uno Neri di Landoccio. Questo audire pare che altro, e sicondo el·grado suo, e di che più sia cosa da non credare, ma a·choloro che lo aveva bisogno per la sua salute costiei e scri- scrissero e udiro nolle pare così, e io so uno veva parole alte e importanti e hedificative, di·quegli»30. Cristofano per divulgare questo le·quagli non si·credarebbero se·no chi l·[h] libro tra le persone erudite, con piacere ma a vedute e lette. Costiei per l·onore di Dio anche con tanta fatica, lo tradusse in latino. non curava di dispiacere, o di piacere. Scrisse La devozione del notaio per la santa se- molte lettare al Sancto Padre papa Urbano nese era così grande che per «riverençia dela quinto, a cardenagli, a misser Barnabò, a·la dicta venerabile Caterina, la feci dipègnare reina Giovanna, a misser Giovanni Aguto. (dipingere) a·Duomo a·llato al·campanile, Andò in prima a·Vignone al Sancto Padre e ala cappella di sancto Iacomo Interciso, el· tanto adoparò che la corte si partì da Vigno- quale anco feci dipègnare quando liei […]. ne e tornò a Roma. Costiei diceva la·verità Anco la·feci dipègnare ad·Armaiolo a·uno in palese»27. Già all’epoca di Cristofano que- cancello dela nostra vigna fra l·altre figu- ste lettere erano state raccolte in un volume: re che vi·sono»31. Questo aspetto è di non «Le quagli lettare sono state ragunate insi[e] modesto interesse per trarne conferma di me, ciò è una grande parte, e sono ridotte in come rientrasse nella normale prassi senese uno libro, de·quagli n·[h]a uno el dicto frate la produzione di opere iconografiche, visto Stefano di Curado, e uno altro Gabriello di anche il noto precedente delle “tavolette di Davino e Neri di Landoccio, le·quagli lettare Biccherna”, le copertine lignee dei libri di sono una bellissima cosa, e di grande hedifi- entrate ed uscite del Comune e quindi og- caçione e utilità»28. Non sappiamo se queste getti d’uso corrente che, però, venivano fatti lettere furono scritte dai suoi discepoli o da dipingere dai più grandi maestri dell’epoca. lei stessa in quanto Giovanni Antonio Pecci Così Cristofano fece dipingere per de- racconta la leggenda che nella Rocca di Tin- vozione l’immagine di Caterina nel cancello tinnano «si riconoscono le vestigie di quella della sua vigna ad Armaiolo. casa dove abitò santa Caterina da Siena, e Rimasto solo, dopo essersi fatto oblato, la stanza particolare dove miracolosamente andò a vivere nell’Ospedale di Santa Maria imparò a scrivere»29. della Scala. Nel 1410 passando per Siena La seconda opera di Caterina alla quale Gregorio XII, Cristofano si prodigò molto Cristofano dà risalto è «Il Dialogo» dove «la per sostenere la canonizzazione di Caterina detta serva di Christo fece una notabile cosa, Benincasa32 che, come sappiamo, avvenne ciò è uno libro el·quale è di volume d·uno sotto il papa senese Pio II nel 1461. Questo messale, e questo fece tutto essendo ella fu l’ultimo atto di amore verso Caterina, alla in·estraççione, perduti tutti e·sentimenti, quale aveva disobbedito per non abbando- salvo che la lengua. Dio Padre parlava in nare la madre ad un incerto destino. Sicu- liei, ed·ella rispondeva e dimandava. Ed ramente le dure parole che la Santa gli ave- ella medesima recitava le parole di Dio Pa- va scritto pesarono come un macigno sulla dre dette a·liei […] questa è cosa mirabile coscienza di Cristofano per il resto dei suoi che da Moisè in qua non si truova che Dio giorni, ma, forse, proprio la sua grande, in- Padre parlasse con persona […]. Ella dice- delebile devozione per Caterina riuscì a far- va e uno scriveva, quando ser Barduccio, gli accogliere più serenamente la morte che quando el dicto Donno Stefano, e quando lo raggiunse in quello stesso anno.

30 27 Ivi, c. 4v. ASSi, Ospedale Santa Maria della Scala 1188, (a), 28 Ivi, c. 4v. c. 5r. 29 ARCHIVIO STORICO DEL MONTE DEI PASCHI DI SIE- 31 Ivi, c. 5v. NA, ms. D 73: G. A PECCI, Lo Stato di Siena antico, e 32 L. DE ANGELIS, Biografia degli scrittori sanesi com- moderno. Parte nona, c. 211, pubbl. in G. A. PECCI, Lo posta ed ordinata dall’ab, Luigi De Angelis pub. Professore Stato di Siena antico, e moderno, Vol V, Parte IX, trascri- nell’I. e R. Università di Siena conservatore della pubblica zione e annotazioni a cura di M. De Gregorio e D. biblioteca e segretario perpetuo dell’Accademia delle belle -arti Mazzini, Siena 2016, p. 629. di detta città. Tomo I, Siena 1824, p. 354. 45 L’unica immagine conosciuta del monastero di San Benedetto ai Tufi è in questo disegno a penna rilevato da Ettore Roma- gnoli nei primi anni del XIX secolo Nel codice Vaticano Latino 11274 della Biblioteca Apostolica Vaticana che riporta gli elenchi dei libri conservati nelle biblioteche dei monasteri olivetani, redatti tra il 1598 e il 1603, a seguito di un’indagine promossa dalla Congre- gazione dell’Indice, si trova anche l’elenco dei libri del distrutto monastero di San Benedetto fuori Porta Tufi a Siena. Fondato nel 1322, appena tre anni dopo l’abbazia di Monte Oliveto Maggiore (26 marzo 1319), a seguito di una donazione del nobile senese Bonaventura di Gualcherino (o Valcherino), terziario francescano, rettore e amministratore della casa della Misericordia, è il primo dei dieci loca (monasteri) fondati prima dell’approvazione pontifi- cia della Congregazione benedettina di Monte Oliveto, il 21 gennaio 1344, sempre caro ai monaci olivetani perché proprio in questo monastero il loro fondatore, San Bernardo Tolomei, concluse la sua esistenza terrena durante la grande peste del 1348. L’edificio monastico, al quale fin dal 1406 era stata unita la vicina chiesa di San Teodoro ebbe, agli inizi del XVI secolo, notevoli ampliamenti, ma verso la metà dello stesso secolo i Signori Otto di Guerra, in occasione delle guerre del 1544, per maggiore sicurezza della città, essendo il monastero situato fuori delle mura, ne ordinarono una parziale distruzione mentre i monaci ripararono dentro le mura della città a San Leonardo presso Porta Romana. Finita la guerra, dopo un accurato restauro, i monaci ritorna- rono ad abitare il loro monastero fuori Porta Tufi, rimanendovi fino alla sop- pressione napoleonica del 16 maggio 1808. L’intero complesso, rimasto privo dei suoi abitanti, fu dapprima adibito, nel 1812, a ricovero per i poveri vecchi, poi, nel 1817, trasformato in lazzaretto per i malati di tifo petecchiale, infine, passato in mani private con atto pubblico del 10 ottobre 1820, fu abbattuto e i frammenti rivenduti come materiale da costruzione, vi rimasero appena i sotterranei con poca parte della fabbrica. L’intera area e quanto rimaneva del monastero fu acquistato dalla Confraternita della Misericordia per fondarvi il suo cimitero, inaugurato il 24 settembre 1843 dal vescovo Giovanni Domenico Mensini. Con la soppressione del monastero il ricco patrimonio artistico che 46 l’adornava fu disperso in diverse sedi. Le campane della chiesa e il Compianto su Cristo morto, in terracotta policromata, di Francesco di Giorgio Martini andarono alla non lontana parrocchia di ; la pala con le Stimmate di santa Caterina da Siena di Domenico Beccafumi, la tavola con la Natività di Gesù e i santi Bernardo, Tommaso e angeli di Francesco di Giorgio Martini e la pala con la Madonna in trono con il Bambino e i santi Maria Maddalena, Caterina da Siena, Girolamo, Benedetto, Domenico e Michele di Andrea del Brescianino all’Istituto di Belle Arti ora alla Pinacoteca Nazionale di Siena; la tela con Santa Francesca Romana e l’angelo di Ventura Salimbeni all’orato- rio della Contrada della Chiocciola. Gli splendidi pannelli del coro, intarsiati da fra Giovanni da Verona tra il 1511 e il 1516, furono collocati nel coro della chiesa abbaziale di Monte Oliveto Maggiore in sostituzione di quelli, eseguiti dallo stesso fra Giovanni, trasferiti nel coro del duomo di Siena. Il gruppo marmoreo dell’altare maggiore con il Transito di san Benedetto e due angeli- candelabro, realizzato da Giovanni Antonio Mazzuoli nel 1693, con il santo morente sostenuto da due angeli, fu trasportato nella chiesa di San Cristoforo, per interessamento della famiglia Tolomei che ne aveva il patronato. I banchi della sacrestia ed altri arredi alla pieve di San Giovanni in città. Gran parte dei documenti dell’archivio e dei libri della biblioteca all’Archivio di Stato e alla Biblioteca degli Intronati. La biblioteca monastica andata dispersa pos- sedeva un consistente numero di libri se già a fine Cinquecento ne sono stati catalogati 292, compresi quattro manoscritti e 58 incunaboli. R.D.

L’incisione ottocentesca mostra la cripta del monastero olivetano dei Tufi trasformata nei voltoni del cimitero monumenta- le della Misericordia. 47 Un catalogo cinquecentesco dei libri del monastero di San Benedetto a Porta Tufi

trascrizione di ROBERTO DONGHI

Vaticano Latino 11274 [22] Volumen Bibliae cum testo novo. Ve- netiis, 1483. Libri del monastero e monaci di S. Benedetto [23] Augustinus, De civiate Dei contra paga- fuor porta Tuffi di Siena (f.418v) nos. Lugduni, 1520. [24] Opus restitutionum Francisci de Platea. (f. 405v ) Venetiis, 1477. [1] Concordantia discordantium canonum. [25] Ioannis Philonio de Lignamine Siculi. Venetiis, 149.. [26] Nicolai de Lyra Super epistolas Pauli. [2] Decretales d. Gregorii. Venetiis, 1491. Mantuae, 1478. [3] Apparatus Decretalium. Venetiis, 149… [27] Pastorale M. Francisci Eximener, et [4] Decretales Sexti. Romae, 147… Tractatum de reparatione lapsi divi Chrisostomi. [5] Divi Augustini De civitate Dei. Romae, Manu scriptum. 147… [28] Summa Pisanella dicta Supplementum. [6] Catena aurea divi Thomae. Venetiis, Venetiis, 1474. 148… [29] Biblia cum Testamento novo. Venetiis, [7] Scotus, Super Sententias. Venetiis, 1506. 1476. [8] Lactantii Firmiani De divinis institutio- [30] Rationale Divinorum [Officiorum] Du- nibus. Manu scriptum. randi. [9] Gregorii Riminensis, Super Magistrum [31] Egidius Romanus, De esse et essentia, et sententiarum. Mediolani, 149… de angelis. Venetiis, 1503. [10] Nicolai de Lyra Postillae in libros Sacrae [32] Summa Divi Antonini archiepiscopi. Scripturae. Mantuae, 148… Venetiis, 1477. [11] Summa Catholicon Ioannis de Ianua. [33] Repertorium Gulielmi Varridonis. Pa- Venetiis, 148… duae, 1486. [12] Tractatus Origenis in libros Iudicum. [34] Summa Rosella fratis Baptistae Troa- Venetiis, 1503. malde. Papiae, 1489. [13] Summula confessorum Antonini ar- [35] Roberti Carazzoli De timore divinorum chiepiscopi. iudiciorum. [14] Roberti de Litio Sermones quadragesi- males. Venetiis, 147… (f. 407v ) [15] Angeli Politiani Opera. Florentiae, [36] Divi Thomae Summa contra Gentiles. 1499. Venetiis, 1501. [16] Augustini episcopi Sermones ad eremi- [37] Ioannis Chrisostomi De compuntione tas. Manu scripti. cordis. [38] Concordantia discordantium canonum (f. 407r ) Bartolomaei Brixiensis. Venetiis, 1485. [17] Quaestiones Ioannis Parisienis in ter- [39] Divi Thomae Summa contra Gentiles. tium Aristotelis. Parme, 1481. Venetiis, 1501. [18] Francisci Lecheti, In primum sententia- [40] Divi Augustini Epistulae diversae. Ve- rum in testum Scoti. Neapoli, 1512. netiis, 1494. [19] Prima pars divi Thomae. Venetiis, 1484. [41] Summa Gaetana. Romae, 1521. [20] Alfonsi de Toleto, In primum sententia- [42] Summa Angelica. Venetiis, 1481. rum lectura. Venetiis, 1490. [43] Summa Pisanella. Romae, 1441. [21] Niccolai de Lyra In epistulas Pauli. Ve- [44] Divi Bernardi Epistulae. Mediolani, 48 netiis, 1488. 1495. [45] Floretus, Super septem vitia, et opera (f. 408v ) misericordiae. Lugduni, 1497. [75] Lexicon graecum. Venetiis, 1546. [46] Reginaldi Poli Cardinalis De Concilio. [76] Problemata Alexandri Aphrodisii. Vene- Romae, 1562. tiis, 1488. [47] Summa Angelica. Venetiis, 1485. [77] Anselmi Cantauriensis In epistolas Pau- [48] Compendium divi Thomae a frate Petro li. Coloniae, 1545. Bergomensis completum. Venetiis, 1539. [78] Ludovici Clitonei Elucidatorium Eccle- [49] Divi Augustini Opuscula, tom. 1, 2, 3. siasticum. Parisiis, 1540. Venetiis, 1545. [79] Gregorii Ariminensis In secundum sen- [50] Divi Augustini De doctrina christiana tentiarum. Mediolani, 1494. libri quattuor. Venetiis, 1538. [80] Thomas de Vio, In epistolas apostolo- [51] Divi Gregorii papae Homiliae, eiusque rum. Venetiis, 1531. Pastorale. Lugduni. [81] Ioannis Taulerii Opera de tempore et [52] Sermones moral.mi Guleberti de Peral- sanctis. Coloniae, 1553. do. Avinione, 1519. [82] F. Francisci Lecheti In secundum sen- [53] Divi Hieronymi Epistulae. Lutetiae, 1512. tentiarum Scoti. Sallodii, 1517. [54] Marci Maruli De humilitate, et gloria [83] Genebrardi Theologi In psalmos expo- Christi. Venetiis, 1536. sitiones. Parisiis, 1588. [55] Divi Gregorii papae In primo Regum [84] M. Antonii Trombettae Quaestiones de espositiones. Venetiis, 1538. prescientia futurorum cont. Venetiis, 1493. [85] Gabrielis Biel Sacri canoni expositio. (f. 408r ) Lugduni, 1514. [56] Divi Thomae Contra Gentiles Summa [86] Gratia Dei Comentaria in predicabilia aurea. Lugduni, 1521. Porphirii. Venetiis, 1491. [57] Divi Bernardi In Cantica canticorum. [87] Divi Antonini Prima pars summae. Ve- Brixiae, 1500. netiis, 1481. [58] Ciprianus, Adversus Iudeos. Lugduni, 1537. [88] Guidi Brianxonis Super quartum sen- [59] Sermonarium de penitentia in adventu tentiarum. Landepage, 1512. et quadragesima fratis Michaelis. Venetiis, 1496. [89] Gulielmi Durandi De modo celebrandi [60] Ioannis Pici Cartusiani, In Cantica can- generalis concilii. Lugduni, 1531. ticorum. 1524. [90] Caroli Borromei Constitutiones. Me- [61] Divi Bonaventurae Dieta salutis. Vene- diolani, 1565. tiis, 1497. [91] Scoti Scriptum in secundum et tertium [62] Divi Augustini Contra Pelagianos libri sententiarum et Quolibeta Scoti. Venetiis, 1490. sex. Venetiis, 1538. [92] Divi Thomae Prima secundae. Venetiis, [63] Ioannis Bofensis episcopi Confutatio 1513. assertionis Luteranae. Antuerpiae, 1537. [93] Divi Thomae Tertia Summae. Venetiis, 1493. [64] Pauli Soncinnati Epistulae. Lugduni, 1580. [94] Divi Thomae In Apocalipsim. Venetiis, [65] Capreoli Questiones super libros sen- 1562. tentiarum. Lugduni, 1580. [66] Lodulphi de Saxonia, Vita Iesu Christi. (f. 409r ) Lugduni, 1522. [95] Divi Thomae, In Cantica canticorum. [67] Opuscula divi Bonaventurae. Venetiis, Venetiis, 1516. 1504. [96] Gaetani Opuscula. Venetiis, 1514. [68] Egidius Romanus, In epistulam ad Ro- [97] Gregorii Ariminensis In secundum sen- manos. Romae, 1555. tentiarum. Venetiis, 1521. [69] Egidius Romanus, De Summa Trinita- [98] Augustini Steuchi Eugubini De perenni tis, De Corpore Christi , Theoremata de renucia- philosphia. Lugduni, 1540. tione papae. Romae, 1555. [99] Scoti Reportationes in quartum senten- [70] Exameron. Romae, 1555. tentiarum. Venetiis, 1547. [71] Petrus Lombardus, Super psalmos Da- [100] Ioannis Bacchonis Super quartum sen- vidis. Parisiis, 1546. tentiarum et tertium. Venetiis, 1525. [72] Dicta praeciosa ex doctoribus excerta a [101] Hieronimi Gadii Lectura in quolibeta ven. Beda. Venetiis, 1580. Scoti. Bononiae, 1533. [73] Pauli Cortesi Super libros sententiarum. [102] Scoti Quaestiones quolibeta reportate Romae, 1504. per Petrum Tatarettum. Parisiis, 1520. [74] Bartholomeus Camerarius Beneneven- [103] Biblia cum concordantiis veteris et tani, De predestinatione. Parisiis, 1556. novi Testamenti et Canonum. Lugduni, 1516. 49 [104] Aloisii Granate Opera vulgari sermo- [133] Martini Comerii Colloqui de religione ne. Venetiis, 1582. libri quattuor. Coloniae, 1568. [105] Navarrae Enchiridion de horis canoni- [134] Flagellum et fustis demonum fratis cis. Romae, 1578. Hieronimi Menghi. Bononiae, 1586. [106] Divi Thomae Summa theologiae. Ve- [135] Pratica exorcistarum fratis Polidori Pa- netiis, 1586. tavini. Patavii, 1587. [107] Summa Tabiena. Bononiae, 1520. [136] Il modello di Martin Luthero, di Iaco- [108] Roberti Holcot Angli In quattuor libri mo Moronessa. Venetia, 1556. sententiarum. Lugduni, 1518. [137] Historia chatolica temporum nostro- [109] Bartholomei Baffi De admirabili chari- rum vulgaris Fonteni. Venetiis, 1563. tate Dei in Urbe Romana. Mediolani, 1569. [138] Summa Rogei Senensis de vitiis et vir- [110] Malleus maleficarum. Papiae. tutibus. Manu scripta. [111] Raphaellis de Nobilibus Dialogi vulga- [139] Speculum peregrinorum questionum res. Bononiae, 1538. Bartholomei Sibillae. Lugduni, 1516. [112] Raimundi Summa sepetem sacramen- [140] Rayneri Snaigudani Paraphrases in ta complectens. Venetiis, 1569. psalterium. Venetiis, 1572. [113] Divi Augustini Flores. Lugduni, 1580. [142] Opere spirituali di Fulvio Andronio. [114] Modus legendi abreviationes Haloan- Venetia, 1588. dri. Venetiis, 1589. [143] Vicentii Fulmerensis Fasciculus mirrhe. Venetiis, 1541. (f. 409v ) [144] Speculum perfectionis Augustini ca- [115] Concilium Tridentinum. Venetiis, 1596. nonici regularis. Bruselde, 1546. [116] M. Paduani Barlettani De ecclesiastica [145] Nicolai de Orbellis Liber super senten- repubblica; Etica Spiritui Sancti Lucretii Tiro- tias. Lugduni, 1503. bosci Asculani; Matthei Ori De quinque verbis [146] De osculatione pedum Romani Ponti- Pauli. Venetiis, 1588. fici Iosephi Stefani. Rome, 1588. [117] D. Armandi Bellovisii Difficilium ter- [147] Sacrarum caerimoniarum S. R. Eccle- minorum declaratio. Venetiis, 1581. siae Christophori Marcelli. Venetiis, 1573. [118] Petri Grisologi Homiliae. Venetiis, 1588. [148] Petri Francisci Zini Opera documento- [119] Divi Thomae Scriptum in quartum rum veritatis. Venetiis, 1561. sententiarum. Lugduni, 1521. [149] F. Dominici Cavalca Disciplina spiri- [120] Divi Thomae In Isaiam. Lugduni, 1531. tualium vulgare. Florentie, 1569. [121] Rabani Maguntinensis In Genesim et [150] Ioannis Chrisostomi Enarrationes in Exodum commentaria. Coloniae, 1532. Genesim et homiliae. Antuerpiae, 1547. [122] Declarartio himnorum sanctorum [151] Figure del vecchio e novo Testamento doctorum ecclesiae. con i versi del Maraffi. Lugduni, 1554. [123] Chatechesis fratis Ioannis Baptistae [152] Aimonis In Isaiam prophetam comen- Eugubini. Placentiae, 1574. [124] Primasii In divi Pauli epistolas com- taria. Parisiis, 1538. mentaria. Parisiis, 1543. [125] Francisci Titelmani In omnes divi Pau- (f. 410v ) li epistolas. Burgundie, 1540. [153] Ambrosii Guistelli Adversus huius [126] F. Iacobi Valdi Tabulae compendiosae mundi philosophos. Venetiis, 1537. in euangelia et epistulas. Venetiis, 1556. [154] Baptistae Folengi Comentaria in epi- [127] Cathechismus vulgari sermone iuxta stolas Ioannis. Venetiis, 1546. Concilium Tridentinum. Venetiis, 1574. [155] Niccolai de Lyra Expositio literalis in [128] Iavelli Dispositio moralis christianae epistolas et euangelia. Venetiis, 1519. philosophiae. Venetiis, 1565. [156] Paraneses christiane domini Iadoci [129] Hieronimi Pistoriensis Conciones vul- Daumoderii. Venetiis, 1572. gares. Venetiis, 1570. [157] Concilii provincialis Coloniensis [130] Titelmani Parafrastica in euangelium 1536. Venetiis, 1543. Metthei. Antuerpiae, 1545. [158] Ioannis Vallonis Lectura in formalitati- [131] Pauli de Palagio Enarrationes in euan- bus Scoti. Florentiae, 1580. gelium Matthei. Venetiis, 1571. [159] Il tesoro di maestro Brunetto. Venetia, 1533. (f. 410r ) [160] Dominici Soti De ratione tegendi et 50 [132] Divi Augustini Opuscula. Venetiis, 1547. detegendi secretum. Brixiae, 1581. [161] Formalitates Scoti. 1493. [189] Io. Altenstaig Mindelhaimensi Lexi- [162] Divi Maximi episcopi Homiliae. Co- con theologiae. Venetiis. 1583. loniae, 1531. [190] Io. Viguerii Granatensis Institutiones [163] Ioannis Caraffa, Tractatus de simonia. christianae. Venetiis, 1571. Romae, 1556. [191] Ioannis Segobienis, De predicatione [164] Tabula generalis Scoti aedita ab Anto- euangelica. Brixie, 1586. nio de Fantis. Lugduni, 1520. [165] Quaestiones quolibetarum Scoti aedi- (f. 411v ) tae ab Antonio de Fantis. Lugduni, 1520. [192] Divi Irenei episcopi Adversus hereses. [166] Disputationes collationales Scoti. Parisiis, 1567. Lugduni, 1520. [193] Egidii Topiarii Conciones in epistolas [167] Scriptum Scoti super secundo et tertio et euangelia. Parisiis, 1577. sententiarum. Lugduni, 1520. [194] Della felicità suprema del cielo del r. f. [168] Martini Peresii De divinis et apostoli- Antonio Polsi. Perugia, 1575. cis traditionibus. Venetiis, 1551. [195] Concetti scritturali sopra il Magnificat [169] Nicolai Villagagnonis Ad articulos ca- di D. Cesare. Venetia, 1593. lumniae. Venetiis, 1563. [196] Gregorii Primaticci Senensis Exposi- [170] Ioannis Garetii De vera essentia Cor- tiones in epistolas. Seneis, 1573. poris Christi. Venetiis, 1563. [197] Philosphia christiana, et studium peni- [171] Ioannis Antoni Delphini Universum tentis. Senis, 1528. fere negoc. de Ecclesia. Venetiis, 1552. [198] F. Ambrosii Chatarini Senensis Dispu- [172] F. Ioannis Nider Consolatorium timo- tationes. Senis, 1532. ratae conscientiae et de lepra morali. [199] Divi Petri Chrisologi Sermones. Bo- nonie, 1534. (f. 411r ) [200] Canones Concilii Coloniensis anno [173] Opera di s. Antonino detta Curam il- 1536; Formula visitationis episcopalis; Enchiri- lius habe. In Venetia, 1534. dion christianae institutionis. Veronae, 1543. [201] F. Petri Hieremiae Sermones ad adven- [174] Aenea Piccolominei Epistolae diversae. tu usque quadragesimae. Venetiis, 1502. [175] Orationes et sermones diversi. Romae. [202] F. Cherubini de Spoleto Sermones [176] Divi Thomae Summa de articulis fidei. quadragesimae. Venetiis, 1502. Romae, 1475. [203] Divi Ioannis Chrisostomi Homeliae in [177] Formalitates Scoti per m. Antonium psalmos gentiano Erueto interprete. Venetiis, 1549. Sirecti et quaestiones supra librum elemcorum. [204] F. Ectoris Pinti Comentaria in Ezechie- 1403. lem. Lugduni, 1581. [178] F. Adae Premonstratensis De tripartito [205] Eiusdem Comentaria in Danielem. Ve- tabernaculo. Parisiis, 1518. netiis, 1583. [179] Homiliae sanctorum doctorum ab Al- [206] Thomae Elicii Christiane religionis ar- cuino iussu Caroli collectae. Venetiis, 1525. cana. Venetiis, 1569. [180] Ioannis Nider Preceptorium divinae [207] Divi Anselmi episcopi Cantauriensis legis. Nurinberge, 1496. Opuscula. Venetiis, 1540. [181] Divi Augustini Sermones aurei in [208] Item Opuscula divi Anselmi episcopi euangelium secundum Ioannem. Cantauriensis. Romae,1498. [182] Ecchini De sacrificio Missae contra (f. 412r ) Luteranos. Coloniae, 1526. [209] Meditationes r.mi Ioannis de Turecre- [183] Niccolai Villagagnoni De verissimo mata. Romae, 1498. Ecclesiae sacrificio. Parisiis, 1562. [210] Divi Gregorii papae Expositio in Job. [184] Gaufredi Bussardi Cenomani De divi- Brixiae, 1498. nissimo Missae sacrificio. Parisiis, 1540. [211] Cipriani episcopi et martiri Opera. Ve- [185] Curae pastoralis ratio brevis per Wolff- netiis, 1547. gangum Sedelium. Ingostadi, 1556. [212] Gulielmi Paraldi episcopi Lugdunensis [186] Georgii Cassandri De ritu celebrandi De virtutibus et vitiis. Brixiae, 1494. Missam. Coloniae, 1558. [213] Allegoricarum et moralium sententia- [187] Cornelii Mussi De divina historia. Ve- rum in novum instrumentum ex autoribus san- netiis, 1587. ctis collectanea. [188] Enrici Arphii Theologia mistica. Ro- [214] F. Armandi de Bellovisu Sermones as- mae, 1586. sumpti ex psalmos. Lugduni, 1525. 51 [215] F. Ambrosii Eremitae episcopi Lamo- [241] Exempla sacrae scripturae divi Bona- censis Conciones. Venetiis, 1523. venturae. [216] Laeli Zecchii Tractatus theologici et [242] Christofori Marcelli veneti De autoris canonici. Brixiae, 1591. s. Pont. Florentiae, 1521. [217] Petri Lombardi Sententiarum libri [243] Cipriani Beneti Aragonensi De prima quattuor. Lugduni, 1540. orbis sedem. Romae, 1512. [218] Francisci Vargas De episcoporum iu- [244] F. Stephani Brulefer Reportationes in risditione et pontificis autoritate. Romae. 1563. primum s. Bonaventurae. 1507. [219] F. Stephani Brulefer Super secundo [245] Pars tertia Summae beati Antonini, et Sententiarum s. Bonaventurae. 1501. quarta pars. Venetiis, 1503. [220] Philonis Iudei Lucubrationes per Si- [246] Conciones M. Petri de Aliaco Card. gismundum Gelenium Latinem. Lugduni, 1555. super Sententias. Parisiis. [221] Paduani Barlettae Concilium Pauli. [247] Compendium autoritatum Aristotelis. Venetiis, 1545. [248] Historiale beati Antonini archiepisco- [222] Compendium theologicae veritatis. pi, prima, secunda, tertia pars. Venetiis, 1548. [249] Modo di comporre una predica del Pa- [223] Responsiones casuum conscientiae per nigarola. Padova, 1599. Ludovicum de Beia. Bergomi, 1588. [224] Francisci a Vittoria Summa sacramen- (f. 413r) torum. Venetiis, 1575. [250] Petri Canisii Societatis Iesu Autotitates [225] Ioannis Eckii Enchiridion adversus Lu- sacrae scripturae. Venetiis, 1571. theranos. Parisiis, 1565. [251] Sermones Dormi secure nuncupati. [226] Pandetta legis euangelicae Simone Ce- Lugduni, 1492. lestino autore. Lugduni, 1555. [252] Alexandri de Ales Quarta pars sum- [227] Comentari in epistolas Pauli ex lucu- mae. Papiae, 1489. brationes s. Augustini per Bedam. Venetiis, 1543. [253] Horologium sapientiae beati Enrici [228] Sermones super epistulas quadrage- Sisi Predicatorum. Venetiis, 1492. simae que inscribitur Anima fidelis. Venetiis, [254] Petri Reginaldeti Speculum finalis re- 1516. tributionis. Lugduni. [255] De exemplis et similitudinibus rerum. (f. 412v ) Venetiis, 1499. [229] Summa confessorum cuiusdam reli- [256] Divi Thomae Aurae conclusiones ip- giosi Hispalensis Ordinis Predicatorum. Hispali, sius summae. Venetiis, 1572. 1526. [257] F. Antonii Marinarii Consonantia Iesu [230] Sermoni di s. Agustino alli eremiti. In et prophetarum. Venetiis, 1526. Venetia, 1515. [258] Beati Gregorii papae Expositio super [231] Salmi penitentiali di David per Hiero- Cantica canticorum. Venetiis, 1519. nimo Benvicini. In Fiorenza, 1505. [259] Enchirion Aurelii Linariensis. Luce, [232] Ionnis Gagnei Parisini Scholie in divi 1565. Pauli epistolas. Parisiis, 1539. [260] Divi Antonini archipeiscopi Dialogi [233] F. Francisci Ruizii Abbati Regulae in- peregrini cum duobus discipulis, Dialogus r.mi telligendi scripturae. Lugduni, 1546. Baptistae episcopi Vintimiliens Predicatorum, [234] Libellus aureus divi Bonaventurae De veris et falsis virtutibus M. Uberti, Regule ascriptus de exemplis. Venetiis, 1533. brevissime ad religiosos Savonarolae. Venetiis, [235] F. Gregorii capuccini Enchiridion ec- 1495. clesiasticum. Venetiis, 1588. [261] Speculum vitae humanae. Parisiis, [236] Interrogatorium confessionale per Ia- 1510. cobum Cavicenum. Parmae, 1509. [262] Io. Ludovici Vivis Praecationes diur- [237] Figurae Bibliae Antonii de Rampengo- nae ad usum puerorum; Nicolai…. Carmina de lis. Venetiis, 1496. moribus; Paslmi septem Davidis carine elegiaco [238] Sermones quadragesimales qui inscri- a Sebastiano Solido. Delinge, 1551. bitur Anima fidelis. Lugduni, 1499. [263] Pratica del oratione mentale del Bellin- [239] Dictionarium pauperum pro concio- tani cappuccino. natoribus sacris. Coloniae, 1501. [264] Pusillanimum consolatio Ludovici [240] Petri Lombardi Sententiarum libri Blosii. Venetiis, 1571. 52 quattuor. Parisiis, 1514. (f. 413v ) [279] Summularum Pauli Venetis. Venetiis, [265] Giovanni Gerson, Libri 4 della imita- 1489. tione di Christo. In Venetia, 1574. [280] Petri Ispani Logica. Venetiis, 1501. [266] Severino Boetio, De conforti filosofici [281] Chrisostomi Iavelli Philophia. per Lodovico Dominici. In Venetia, 1562. [282] Petri Tatareti In Summulas Petri Ispa- [267] Bernardino Glicini, Nel Petrarca expo- ni. Venetiis, 1520. sitione. Venetia, 1478. [283] Ethica Aristotelis. Eidelburge, 1562. [268] Croniche di Eusebio Hieronimo. [284] Plinio, Delle istorie naturali. Venetiis, [269] Quaestiones Ioannis Parisiensis in ter- 1513. tium Aristotelis. Parmae, 1481. [285] Antoni Andr. Quaestiones in me- [270] Albertus de Saxonia, Super opera phi- thaphisica. Venetiis, 1532. sicorum. Venetiis, 1516. [271] Ioannes de Ianduno, In methaphisica. (f. 414r ) Venetiis, 1505. [286] Gualterii Burlei In artem veterem. [272] De proprietate sermonis Noni Marcel- [287] Ioannis Comertis In C. Solinii enarra- li. Venetiis, 1483. tiones. Vienne, 1520. [273] Divi Thomae Comentarium in libros [288] Amonii Comentaria in Porfirium. Ve- Boetii de consolatione. Lugduni, 1503. netiis, 1539. [274] Alexandri Gramatici Opera gramatica- [289] Egidii In libros posteriorum Aristote- le. Venetiis, 1486. lis. Venetiis, 1531. [275] Diomedis Gramaticale opus. Vicen- [290] Gulielmi Entibei De sensu composito. tiae, 1486. Venetiis, 1404. [276] Logica Petri Mantuani. Bononiae, 1493. [291] Quinque predicabilium Porphirii. Ve- [277] Logica Niccolai Borbelli. Basileae, 1503. netiis, 1516. [278] Benedicti Flacci Gramaticae institutio- [292] Francisci Filedelfi Epistulae. Venetiis, nes. Sarni, 1548. 1489.

La morte di Bernardo Tolomei avvenuta nel monastero olivetano dei Tufi, dipinta da Iacopo Alessandro Calvi detto “Il Sordino”, oggi nella collezione d’arte della Confraternita di Misericordia di Siena. 53 Autoritratto di Dario Neri; xilografia a due colori, 1924.

54 Un artista senese del Novecento di ALFREDO FRANCHI

Nel primo numero della rivista La Diana, fascino, capace di operare con efficienza e uscito nel 1926, venivano illustrate le idealità creatività nei diversi ambiti, anche di grande cui la stessa si sarebbe ispirata in uno scritto responsabilità, in cui si era trovato ad agire. dal titolo emblematico, “Dichiarazione d’a- All’inizio dello scritto, parlando della more”, di cui giova riferire gli enunciati fon- sua attività di pittore, egli mette in rilievo la damentali: “Questa nuova rassegna non è della mancanza di continuità imputabile all’attra- carta stampata per vanità letteraria…è, diciamo- zione provata per attività diverse, di natura lo schietto, un convegno di scrittori e di studiosi non artistica; ogni lavoro difatti lo attraeva, umilmente e fervidamente innamorati della loro senza però esaurire la sua creatività e così bellissima regina: Siena… è… un atto d’amore doveva fare “sforzi continui per non intrapren- e di fede nella potenza animatrice di una Città dere nuove esperienze”2, ad effettuare le quali che fu patria d’anime ricche, sensibili, avventu- era sollecitato anche dai ripetuti successi di rose… La Diana … esprime simbolicamente, un volta in volta conseguiti3. Era nato a Mur- desiderio affannoso di ricerca, l’inquietudine di lo , un paesino in provincia di Siena, nel una vita interiore che vana cosa sarebbe ricercare 1895, da una famiglia di piccoli proprietari alla superficie della nostra esistenza, ma che Sie- terrieri e commercianti al minuto. La madre na… può ritrovare solo scavando sotterra… là aveva appreso a leggere ed a scrivere da sola dove riposano i Morti, i grandi Antenati… La ed aveva imparato a memoria tutta una serie Diana vorrebbe risvegliare da l’oblio quelle forze di poesie e composizioni popolari. Il non- artistiche e spirituali che Siena nasconde nella sua no, Dario, era una delle persone “più colte Storia millenaria e che cercano di esprimersi nella del paese”4; la sua occupazione principale Vita odierna”1. La rivista, una delle più belle era di “scrivere lettere per gli analfabeti, cioè per uscite nel Novecento, era arricchita, secon- quasi tutti gli abitanti del Comune, fare burle e… do una moda diffusa, dalle raffinate xilogra- scrivere sui muri delle soffitte di casa, le memorie fie dell’artista senese Dario Neri che, eviden- dei fatti più importanti del paese”5. Non aveva temente, aderiva ai principi ideali accennati. troppa voglia di lavorare e così gli affari, Per delineare il profilo di questo protagoni- sotto il profilo economico, non andarono sta della storia senese del Novecento niente per niente bene6. I genitori, tuttavia, con le di meglio della lettera inviata dallo stesso, loro doti di accortezza ed iniziativa, risolle- molti anni dopo, al presidente del sindacato varono in breve tempo le sorti della fami- “Belle arti”, Antonio Maraini, in cui si trova- glia, stando al vivace resoconto che merita no le notizie essenziali intorno alle fasi ed ai di essere riportato per intero: “Mio padre è momenti decisivi della sua formazione, in- stato attivissimo e accorto mercante. Cominciò a sieme a tutta una serie di riflessioni originali sedici anni comprando una ciuca e facendo tra- sul significato dell’arte e sul rapporto che sporti e piccoli traffici. Poi comprò cavalli e con i intercede tra essa e la vita. Ne viene fuori cugini mise su un’impresa di vettura e diligenza un personaggio singolare, dotato di grande Murlo-Siena…Comprava e vendeva tutto quello

1 LA DIANA, Rassegna d’arte e vita senese, Anno I, bane rese con asciuttezza e grande vigoria di contrasti Fascicolo I, 1926 Siena, pp. 5-6. Nel catalogo della di bianchi e di neri”. mostra dedicata a DARIO NERI nel 1978, Electa Edi- 2 D. NERI, op. cit., p. 15. trice Milano, alla p. 8, il curatore Enzo Carli così si 3 Op. cit., p. 15. esprime: “da ricordare, del Neri, le fregiate copertine e 4 Op. cit., p. 15. le incisioni per i primi numeri della rivista d’arte sene- 5 Op. cit., p. 15. se La Diana, la più sontuosa che allora si pubblicasse 6 Op. cit., p. 15: “voglia di lavorare ne aveva in Italia, e soprattutto alcune xilografie di vedute ur- poca…Perciò gli affari gli andarono piuttosto male”. 55 che gli capitava, dai terreni ai vitelli alle civaie. so della sua giovinezza10. Terminate le scuole Una volta alla fiera di Rosia barattò un caval- elementari venne iscritto a Siena alle scuole lo che calciava maledettamente con una partita tecniche con l’obiettivo di fare l’ingegnere; di pantofole che si mise a vendere… Mia madre la sua libertà divenne ancora maggiore, dan- ebbe… la geniale idea, per quei tempi e il piccolo dogli agio di distinguersi in attività sportive, paese, di andare a comprare alle fabbriche o dai del resto, per fare esercizio fisico, andava e principali grossisti quello che occorreva per la pic- tornava da Murlo a Siena in bicicletta ed cola bottega, invece che da altri negozianti come era diventato “campione studentesco senese di si faceva per il passato. Così poté vendere a più mezzofondo”11. Concluso il ciclo degli studi basso prezzo degli altri bottegai roba più nuova tecnici, senza esiti eclatanti, venne inviato a o più fresca, aumentando rapidamente il numero Firenze per completare la sua preparazione dei clienti… tanto che mio babbo dovette costruire all’Istituto situato in via Giusti. Si trattò di nel 1903 una nuova casa con un grande negozio un momento decisivo della sua vita, ancora e magazzini. Questo diventò in breve un piccolo a distanza di anni ricordato con emozio- emporio in cui si trovava di tutto e ciò che non ne: “Qui più libertà ancora. Splendida Firenze c’era si poteva avere nelle ventiquattro ore. Io fui che mi hai aperta la mente a tutte le cose belle!”12. abituato fin da bambino a stare al banco: ero spe- Egli non pensava ancora all’eventualità di cializzato nella vendita di sale e tabacchi”7. fare il pittore quando ebbe agio di visitare la La presenza assidua nei luoghi in cui si galleria degli Uffizi e di risultare vincitore in svolgeva l’attività dei genitori facilitò la co- un concorso scolastico di pittura svolto nel noscenza effettiva degli uomini e della vita 1912. A seguito di tali esperienze, certo non reale, cosa di sommo aiuto per lui nel corso programmate, decise di abbandonare l’Isti- di tutte le successive esperienze. Influenzato tuto Tecnico, nonostante le vibranti proteste dall’esempio dei genitori, giunti al benesse- paterne13, e di andare a studiare nella Scuola re tramite l’indefessa attività lavorativa, pen- Fiorentina di Pittura di Giuseppe Rossi Nel- sò di continuarne lo stile di vita senza im- la nuova scuola provò “la gioia di lavorare a pegnarsi nella pittura per la quale, del resto, ciò che piace davvero”14, a differenza di quanto non era nella condizione di spirito giusta, si era verificato nelle precedenti esperienze in quanto l’agiatezza economica familiare lo scolastiche15. A distanza di un anno si pre- privava di quella “umiltà di vita che è richiesta sentò da privatista agli esami di abilitazione dall’arte”8. Del resto in quel tempo era diffu- all’insegnamento nell’Accademia delle Belle sa la concezione che unicamente “i poveri si Arti di Firenze conseguendo l’ambita pro- potessero mettere a fare gli artisti”9. L’influenza, mozione. In tal modo adempiva la condi- il vero e proprio condizionamento negativo zione imprescindibile posta dal padre per dell’ambiente familiare lo rendevano poco dedicarsi alla pittura16. La professione di propenso ad intraprendere l’attività artistica, insegnante non rientrava però nei suoi inte- nel medesimo tempo tuttavia il controllo ressi immediati e, per aggirarne l’eventualità, esercitato su di lui era più teorico che reale si arruolò come volontario nel reggimento a causa degli impegni di lavoro dei genitori genio telegrafisti proprio alla vigilia della che, di fatto, gli davano una libertà effettiva prima guerra mondiale in cui si trovò coin- di cui si sarebbe avvalso con sagacia nel cor- volto nell’intera sua durata. Al suo termine,

7 Op. cit., p. 15. tempo) che mi fruttò l’espulsione da tutte le scuole del 8 Op. cit., p. 15. Regno, ridotta poi per intercessione del buon profes- 9 Op. cit., p. 15. sore di italiano Gildo Valeggia ad un anno”. 10 Op. cit., p. 15: “Occupati come erano, i miei 14 Op. cit., p. 15. genitori mi lasciarono molta libertà e questa è stata la 15 Op. cit., p. 15: “Alle scuole elementari non sono mia prima fortuna”. stato prodigio in nulla, ma ero diligente e piuttosto 11 Op. cit., p. 15. solitario”. 12 Op. cit., p. 15. 16 Op. cit., pp. 15-16: “Con questo assolvevo la 13 Op. cit., p. 15: “L’abbandono dell’istituto fu so- condizione postami da mio padre per potere fare il lennizzato con una certa chiassata che feci a lezione pittore”. 56 di storia (rimasta memorabile tra gli studenti del mio Entrambi inediti, i due olii di Dario Neri rappresentano rispettivamente un temporale a Monsindoli (metà anni ’20) e il tramonto sulle colline di Radi (1954).

57 per la mancanza di esercizio, aveva perso trovarsi fuori strada, sentiva l’esigenza fortis- quasi del tutto la capacità di disegnare. Non sima di “riprendere contatto con le cose reali, con una grande tragedia se è pur vero che egli, il vero senza orpelli”25. Non fu facile separarsi in quell’epoca, rimaneva aderente, in am- dal De Carolis, sia per la sua indubbia peri- bito teorico e pratico, al cattivo gusto im- zia, sia per l’amabilità della persona. Nelle perante17 che induceva a non darsi pensiero relazioni umane niente è semplice: talvolta di sottili questioni estetiche: “Piaceva tutto, sono proprio le qualità positive di una per- si vendeva tutto”18. A distanza di anni Dario sona a renderne ambigua la frequentazione Neri esprimerà un giudizio severo sulla pro- e difficile il distacco, indispensabile comun- duzione artistica del momento e sulle opere que al fine di proseguire nello sviluppo ori- che andavano per la maggiore19. ginale e creativo della personalità. Forte di L’esperienza della guerra lo segnò in tale convinzione egli si allontanò da Bolo- profondità, come accadde alla gran parte gna e fece ritorno a Campriano, nella terra dei partecipanti. Nonostante la giovane età acquisita dal padre avanti guerra, ubicata ebbe “gravi responsabilità”20, che lo maturaro- “dove i lecci della Maremma finiscono e le Crete no non solo come militare, ma anche come Senesi cominciano”26, terra di confine tra “due uomo, divenuto “abile nel comandare e nell’or- nature possenti, ma una di colore fosco, l’altra di ganizzare”21. Tali attitudini sarebbero state colore aereo”27, in cui l’artista, tornato alle ori- conservate, con indubbio vantaggio, nelle gini, ritrovò se stesso nella sua dimensione fasi successive della vita22. Al termine della genuina. In tale condizione di spirito si rese guerra, mentre si trovava a Bologna, ebbe ancor più estraneo alle polemiche artistiche l’opportunità di conoscere e frequentare in quanto da esse non traeva più alimento Adolfo De Carolis. Si trattò della svolta epo- per la sua creatività che si esaltava invece cale della sua vita poiché il famoso incisore nella contemplazione prolungata delle crete non solo gli svelò tutti i segreti della tecni- “nel loro splendido mutare nel giro delle stagio- ca, ma gli fece capire, come nessun altro, ni e delle luci”28. Dapprima fece ricorso alla la suprema dignità dell’avventura artistica. tecnica a tempera poiché gli pareva la più Neri iniziò ad incidere legni e ad occuparsi efficace nel “rendere quelle sinfonie di bianchi di decorazioni murali secondo le procedure che ne costituiscono le caratteristiche e il fasci- messe in atto dal De Carolis “l’uomo più buo- no”29, formula suggestiva quanto mai atta a no e gentile”23 che avesse mai conosciuto. No- significare la musica silenziosa che s’avverte nostante i progressi conseguiti rimaneva in provenire dalle crete. Di seguito s’avvalse lui una certa insoddisfazione, egli avvertiva della pittura ad olio, gestita con sobrietà, una sorta di blocco alla sua creatività, quasi con l’uso delle tinte tenui dell’affresco, atte risucchiata ed appiattita nelle modalità teo- a rendere “il colore che hanno i campi quando riche e pratiche del maestro che lo avevano le nuvole coprono il sole o nelle luci del crepusco- distolto dal contatto effettivo e diretto della lo”30, senza fare ricorso al giuoco violento realtà e della vita24. Ebbe la sensazione di dell’ombra e della luce, del resto trascura-

17 Op. cit., p. 16: “Le mie idee di arte erano quel- della mia vita”. le della cuccagna artistica fiorentina di quell’epoca. 23 Op. cit., p. 16. Piaceva tutto, si vendeva tutto e pochi artisti si dava- 24 Quando nel rapporto educativo si rimane su- no pensiero di ricerche profonde. Quando rivedo le balterni e in condizione di perenne dipendenza dai opere che facevano furore allora francamente me ne docenti, non si consegue la libertà e l’autonomia che meraviglio molto”. sono la prova più certa della validità dell’insegnamen- 18 Op. cit., p. 16. to ricevuto. 19 Op. cit., p. 16. 25 Op. cit., p. 16. 20 Op. cit., p. 16. 26 Op. cit., p. 16. 21 Op. cit., p. 16. 27 Op. cit., p. 16. 22 Op. cit., p. 16. “In quegli anni sebbene giovanis- 28 Op. cit., p. 16. simo ebbi gravi responsabilità e diventai precocemen- 29 Op. cit., p. 16. te uomo. Divenni soprattutto abile nel comandare ed 30 Op. cit., p. 16. 58 organizzare, cosa questa che è stata la croce e delizia bile “in tali vasti orizzonti”31. La descrizione mere l’amministrazione dell’Istituto Sclavo. del modo di dipingere consente di calibrare In realtà tale scelta non fu semplicemente più esattamente la sua personalità ed insie- imposta in quanto era in sintonia con il me l’influenza dell’arte sulla vita emotiva, suo “congenito senso degli affari – ed il - gusto colta nella incantevole, effimera fugacità. Il dell’organizzazione”36, rimasto al fondo della paesaggio raffigurato veniva dipinto in una personalità e mai del tutto scomparso. Per prolungata seduta dal vero, con qualche lie- ben sette anni rimase coinvolto nell’impe- ve integrazione di dettaglio, poiché egli si gnativa esperienza dirigenziale conseguendo era reso conto dell’impossibilità di “trovare validi risultati37. Durante tale periodo solo due giorni con colore uguale essendo nello stesso sporadicamente ebbe l’opportunità di dedi- stato d’animo”32. D’altra parte per lui era im- carsi alla pittura “con una voglia e una gioia”38 possibile dipingere senza “una voglia estre- che gli facevano apparire al confronto “arido ma”33 e senza la forte emozione indotta dal e vuoto il lavoro di ufficio”39. Si rese allora con- soggetto da effigiare. Non riusciva a capire to di quali erano i valori della vita e che l’Arte come si potesse fare di tale attività una pra- era espressione di quelli più elevati40, confi- tica abitudinaria e ripetitiva e non invece gurandosi come esperienza atta a discernere un’esperienza privilegiata dello spirito che il vero dal falso e a distogliere da “ambizioni soffia quando e dove vuole. E così gli pote- e miraggi”41 che avviliscono l’esistenza uma- va capitare di avere “una bella visione”34 in un na sino a privarla di ogni autenticità. In tal luogo in cui era passato più volte con indif- senso era sollecitato a dipingere solo quan- ferenza. In ogni caso l’emozione singolare do ne avvertiva l’interiore necessità e non a provata andava subito trasferita in sede pit- comando o per decisione aprioristica. Tra gli torica dal momento che gli era successo più artisti che lo avevano ispirato fondamentale volte di ritornare in un luogo che lo aveva era stata l’influenza dei pittori senesi, in par- attratto senza provare niente: a dispetto del- ticolare modo Ambrogio Lorenzetti42 con la inalterata situazione fisica era il suo stato la raffigurazione della campagna senese, del d’animo ad essere scomparso una volta per paesaggio delle crete da lui tanto amato43. sempre35. Negli ultimi tempi i suoi interessi si erano Nel 1929, mentre era impegnato nella sua allargati alla resa pittorica degli uomini e attività pittorica, sposò la figlia dello scien- della città di cui riteneva di avere finalmen- ziato Achille Sclavo; essa accettò di vivere te “scoperta l’anima”44. La dichiarazione con- con lui a Campriano fino al 1935 quando, clusiva dell’artista rivela conferma che, nel per necessità familiari, fu indotto ad assu- corso della sua produzione pittorica, egli era

31 Op. cit., p. 16. aristocratici, di frequentare senza imbarazzo, anzi, di 32 Op. cit., p. 16. esserne uno dei più assidui e graditi ospiti, il sofisti- 33 Op. cit., p. 16: “Io non dipingo se non ne ho catissimo ambiente de , la splendida dimora una voglia estrema e se il soggetto non mi dà una fiorentina di Bernard Berenson, del quale fu devoto e emozione”. fedelissimo amico e l’editore italiano”. 34 Op. cit., p. 16. 38 Op. cit., p. 16. 35 Op. cit., p. 16: “Non riesco a capire come si 39 Op. cit., p. 16. possa dipingere il paesaggio tutti i giorni, qualunque 40 Op. cit., p. 16. “Un altro vantaggio ho avu- sia il soggetto in qualsiasi regione. Ho perfino il so- to dalla conoscenza del mondo degli affari: nessun spetto che un paesaggio sia un nostro particolare stato uomo è puro e buono come l’artista”. d’animo perché a volte vedo una bella visione in un 41 Op. cit., p. 16. luogo davanti a cui sono passato cento volte senza 42 Op. cit., p. 17: “Io cerco di dipingere ciò che averne emozioni. E viceversa se un soggetto mi attrae vedo quando sento il bisogno di dipingere. Come stu- e non posso dipingerlo… quando ci ritorno spesso dio dei maestri del passato, sono andato a ritroso… non ci trovo niente”. ora non comprendo che i primitivi senesi e specie 36 Op. cit., p. 16. Ambrogio Lorenzetti. Che emozione quando nell’af- 37 Op. cit., p. 7: “Dario Neri era un uomo sem- fresco del Buon Governo scoprii pezzi di paesaggio plice che conservò fini all’ultimo l’agreste schiettezza vero delle crete”. che gli veniva dal provenire da una famiglia di pic- 43 Op. cit., p. 17. coli commercianti e coltivatori del contado senese: il 44 Op. cit., p. 17. che non gli impedì, anche per i suoi modi naturaliter 59 rimasto fedele ai motivi ideali della rivista ziale, si recò a visitare una mostra di opere senese La Diana di cui era stato collabora- del Neri allestita alla Galleria Michelangio- tore attento e sensibile. A conferma e veri- lo: “appena entrato nel locale, e data un’occhiata fica della convinzione , di avere conosciuto ai molti quadri che v’erano esposti”48, Soffici si e svelato l’anima di Siena, giova analizzare accorse subito di quanto fosse stata errata la gli scritti critici più importanti dedicati alla valutazione iniziale. I dipinti raffiguravano delucidazione della sua opera. vedute “di quei vasti prospetti brulli e acciden- In un saggio dedicato a Siena, alla sua tati che sono detti - che per la loro con- storia, all’arte, alla cultura, del lontano figurazione prospettica avevano costretto il 1923, Piero Calamandrei riteneva che per pittore – a quella secchezza e linearità, che pote- comprendere la città bisognava uscire dalle vano sembrare un mancamento nella nuda ripro- sue mura ed allontanarsi nella campagna cir- duzione”49, nella quale, inoltre, la mancanza costante, sino a giungere nella “gran distesa del colore costituiva un ulteriore fattore delle crete, tempestose e variabili nelle tinte come negativo al fine di una corretta valutazione un oceano vero” di cui, a suo avviso, era com- dell’opera che, veduta direttamente, colpiva piuto interprete nella sua pittura Dario Neri invece per la verità dei colori, pur nella loro che le aveva viste “affocate e giallastre come un “parchezza e monotonia: fosse quella dei larghi deserto africano nei grandi meriggi estivi, o ro- cieli o dei terreni accavallonati, tondeggianti see e morbide nei tramonti come una nuvolaglia o sbranati dove soltanto qualche zona erbosa o contemplata da un picco alpino quando l’ultimo fiorita portava note violente di verde, di vermi- sole la sfiora, o razzate a perdita d’occhio di trifo- glio, di amaranto secondo la stagione o l’ora della glio rosso nei mattini di primavera, mentre tutto giornata”50. Soffici si ricordò subito di aver il cielo è tutto un trillare di invisibili allodole”45. contemplato anni prima il paesaggio delle Tale giudizio, nella sua concisione, anticipa- crete e di essere rimasto “impressionato dalla va la valutazione prima riferita per una sor- grandiosa povertà, dalla scheletrica conformazio- ta di affinità elettiva che, senza complicate ne e insieme dalla ascetica spiritualità di quelle mediazioni culturali, allineava la sensibilità lande solitarie”51, ora, dinanzi ai dipinti del dell’artista e quella del suo interprete. Neri, rinnovava l’emozione sperimentata Tra i critici che si sono occupati della nella prima visione diretta e questa era una produzione pittorica del Neri merita di esse- prova certa della sincerità dell’artista, della re ricordato Ardengo Soffici che, in manie- sua fedeltà poetica nella resa dello spetta- ra diffusa, parla del primo approccio avuto colo naturale52. Rimaneva una sola riserva e in maniera indiretta, tramite alcune ripro- cioè che il pittore non avesse abbastanza duzioni fotografiche in bianco e nero, che sentito ed adeguatamente espresso la “telluri- non lo avevano entusiasmato in quanto vi ca plasticità, la corposità” che avrebbero impli- coglieva “un certo sbandamento di forme, una cato “una materia pittorica ed una tecnica della certa secchezza piuttosto lineare che plastica, un massima massiccezza e rudezza, mentre quelle certo sentore di ”46, caratteristiche del nostro pittore erano l’una assai lieve, magra e del tutto estranee a ciò che egli apprezzava l’altra piuttosto delicata e blanda”53. nella pittura47. Lo scritto inizia volutamente A seguito di una libera conversazione con questi rilievi critici che vennero accan- con l’autore proprio dinanzi alle sue opere tonati quando, superato il preconcetto ini- ammirate per “il fascino e la bellezza speciale”54

45 R. BARZANTI – S. CALAMANDREI, Dolce patria no- 51 Op. cit., pp. 9-10. stra – La Toscana di Piero Calamandrei, Editrice Le Bal- 52 Op. cit., p. 10. “Era già un bel fatto. Voleva dire ze Montepulciano 2003, p. 76. che il pittore era di animo sincero, che si era abban- 46 D. NERI, op. cit., p. 9. donato allo stimolo della natura e che aveva saputo 47 Op. cit., p. 9. rendere con i mezzi della sua arte gran parte almeno 48 Op. cit., p. 9: “mi accorsi subito di essermi sba- di ciò che quella natura caratterizzava, e che essa pote- gliato”. va suggerire ad uno spirito poetico”. 49 Op. cit., p. 9. 53 Op. cit., p. 10. 60 50 Op. cit., p. 9. Xilografi e con la veduta di Siena, diurna e notturna (sopra e a destra), dell’Ab- bazia di Monteoliveto (sotto) e della piazza Pio II di Pienza, vista da sotto il portico del Palazzo comunale.

61 Soffici, con l’abituale sincerità, palesò le ri- reminiscenze e ai fantasmi che promanano… dal serve appena riportate. Nel vivace, aperto paese, dalle torri, dai tetti, dai muri, dagli albe- colloquio intercorso, alla fine risultò che ri”60. La nostra interiorità si salda in maniera “era semplicemente questione di temperamen- indissolubile alla esteriorità secondo nessi to personale e di appartenenza ad una diversa che si precisano di volta in volta, in relazio- scuola regionale…ad una differenza di caratte- ne al definito ambito storico- culturale in re spirituale”55. Si trattava, in definitiva, di cui si vive e si opera. Nel caso di Neri le prendere atto che Soffici “fiorentino, realista figurazioni più significative risentono delle nel senso classico e romano”56, prediligeva e ri- “fascinose forme e tinte del paesaggio senese”61, in cercava nella pitture “quei valori di corpulenza cui l’aridità delle crete si sublima in luce ri- e sodezza di cui…Masaccio ci offre l’inarrivabile generatrice, nello sfondo della città lontana esempio nel suo tipico capolavoro della Cappella “dolcemente sdraiata nei vapori e nei lumi vari Brancacci”57, mentre il Neri, “senese di Mur- del giorno… come l’amata non raggiungibile, lo”, rinveniva come antecedenti ed ispirato- tutta circonfusa del suo desiderio nostalgico”62. ri Duccio e i Lorenzetti “pittori di lontana, L’amore verso la propria terra si fonde con arcana derivazione orientale, portati più al l’amore per la vita registrata nelle sue mo- mistico che al sensorio, più al descrittivo che al venze, nei colori che variano nel mutare costruttivo”58. In tale confronto di spiriti li- delle ore e delle stagioni. Il pittore “ne vuo- beri si travalicava la dimensione personale le rivivere la parvenza, immobilizzandola nella della controversia e ci si apriva, in maniera fissità d’un ricordo”63; questo accade quando illuminante, alla comprensione della diver- raffigura le crete come “cumuli d’argilla d’u- sa tradizione culturale che fa da sfondo alla na rotondità sublunare, divorati dal silenzio”64, pittura senese e fiorentina; in tal senso non ed ancora, in una prospettiva controluce, si trattava tanto di decidere chi avesse torto tragica, quando egli dipinge alcune casupole o ragione quanto di prendere atto del para- inerpicate “sul margine alto degli scoscendimen- digma estetico, plausibile e non esclusivo, ti”65, come se la vita, in presenza di un pe- entro cui ci si collocava, sia a livello operati- ricolo, si fosse annidata sul ciglio del vuo- vo, sia a livello di critica d’arte 59. to. Nell’analisi effettuata da Gadda l’opera Tra gli studiosi che si sono occupati pittorica si trasfigura liricamente in sofferta dell’opera pittorica di Dario Neri in maniera meditazione intorno al senso della vita, di- originale ed illuminante va annoverato Car- versamente da quanto era sembrato ad altri lo Emilio Gadda. Lo scrittore inizia la sua critici in una prima, superficiale valutazio- disamina a partire dalla convinzione che la ne, poi accantonata tramite una ricognizio- nostra anima sia profondamente legata alla ne più accurata. Esemplare la svolta critica realtà oggettiva, ai simboli che la evocano di Enzo Carli66 quando si rese conto che i dal momento che, al di là di quanto si pensa dipinti del Neri non si limitano a registrare in una diffusa concezione interioristica, “noi con fedeltà “le molteplici forme e le più intime siamo consegnati alla terra, alle acque, all’arena, e segrete variazioni di un paesaggio geografica- alla casa, agli strumenti, agli amici nostri, alle mente ben determinato”67, in quanto invece rie-

54 Op. cit., p. 10. 61 Op. cit., p. 11. 55 Op. cit., p. 10. 62 Op. cit., p. 11. 56 Op. cit., p. 10. 63 Op. cit., p. 11. 57 Op. cit., p. 10. 64 Op. cit., p. 12. 58 Op. cit., p. 10. 65 Op. cit., p. 12. 59 Op. cit., p. 10: “un più grande abbandono 66 Op. cit., p. 13: “quando vidi per la prima volta nell’esecuzione e una più larga e spregiudicata fat- un gruppo di tele di Dario Neri, il giudizio che ne feci tura… libererebbe la sua poeticità da quell’ombra di in cuor mio fu tutt’altro che benevolo: ecco un pit- letterario di cui dicevo in principio… ed è forse un tore fuori del nostro tempo… ecco un tipico caso di residuo dell’influenza che esercitò su lui giovane l’arte provincialismo, tutt’al più di nobile dilettantismo… piuttosto speciosa e manierata di certi nostri pittori mi parve privo del tormento di una ricerca e del mi- del tempo”. stero, e beatamente appagato del superficiale aspetto 62 60 Op. cit., p. 11. delle cose” E.Carli. scono a cogliere nelle variegate modulazioni ti e delle suggestioni operanti in qualsivoglia dei poggi e delle crete, nelle zone prative, opera pittorica, si poteva rimanere estranei nei terreni argillosi “i segni di una bellezza pro- “allo slancio, all’abbandono bramoso e nostalgico fondamente spirituale, e quasi il simbolo visibile con cui il pittore cerca di fissare nella tela qualche e l’occasione di un intimo accordo tra il sentimen- cosa che gli è immensamente caro”70; nel caso to individuale e le segrete leggi che governano il in questione l’amore dell’artista per la sua creato”68. L’artista opera con la squisita de- terra si coglieva da ogni minimo particolare licatezza del protagonista che cerca di scom- dei suoi quadri71. In tale avvertenza Carli si parire dietro l’opera realizzata, rifiutando gli avvicinava alla conclusione di Gadda, ve- effetti del pittoresco in cui l’afflato univer- dendo anche lui nelle opere di Dario Neri sale dell’opera verrebbe meno, e così “una “una limpida e toccante evocazione poetica”72, strada serpeggiante tra le crete… non ci interessa formula quanto mai appropriata a significa- più in quanto strada, o in quanto è quella deter- re la fusione empatica tra l’artista ed i suoi minata strada… ma vale innanzi tutto come li- interpreti. Berenson era del parere che ciò nea o come elemento di collegamento tra piani in che risulta incomprensibile non appartiene profondità, come mezzo generatore di nuove sug- all’arte. L’opera del Neri gli sembrava non gestioni prospettiche o come indice rivelatore delle solo chiaramente intelligibile, ma anche li- articolazioni plastiche del terreno”69. Tra gli an- bera dalle astruse elucubrazioni di certa cri- tecedenti dei dipinti del Neri il critico indi- tica moderna: dopo averla osservata si era viduava anche Giovanni di Paolo, il pittore accorto di “godere la campagna del Senese – a più astratto del Quattrocento senese, fermo lui cara – in modo ancor più intenso e cosciente restando che, nella identificazione delle fon- di prima”73.

Dario Neri (a sinistra nella foto) con Nicky Mariano e Bernard Berenson ai Tatti nei primi anni ’50.

67 Op. cit., p. 13. le brulle crete… brilla talvolta lontano il solitario mi- 68 Op. cit., p. 13. raggio di Siena”. 69 Op. cit., p. 14. 72 Op. cit., p. 14. 70 Op. cit., p. 14. 73 Op. cit., p. 9: “Dario Neri è… uno dei più per- 71 Op. cit., p.14: “E l’amore che il Neri ha per la suasivi e spontanei (pittori di paesaggio). Dipinge sua terra si rivela ed erompe quasi si può dire da ogni quello che vede e quello che vedo io e quello che mol- minima pennellata dei suoi quadri: sia che egli dipin- ti altri saprebbero vedere se non fossero vittime della ga un cipresso in vetta a un tumulo o un pagliaio in prepotenza di chi afferma che solo la visione dei più fondo a un valloncello solitario… sia che egli domini famosi e monetariamente quotati pittori… merita di una sconfinata distesa di campi variamente coltivati venir presa in considerazione”. ed apra immensi spazi abbaglianti di luce, dove oltre 63 d’agosto 1997 dedi- cato ai cinquant’anni del Comitato Amici del Palio; l’autore, Marco Borgianni, presenta il Drappellone alla cui base compare lo stemma dell’allora sindaco Pierluigi Piccini: il terzo da sinistra della fila in basso.

64 Stemmi dei Sindaci nei drappelloni del Palio Araldica e Contrade di ROBERTO BARZANTI

Sarà capitato anche a voi di essere inter- lora qualche primo appunto sulla seconda pellati su qualche dettaglio della complicata metà dello scorso secolo, giusto per evitare iconografia paliesca e restare zitti, incapaci che l’immaginario paliesco integralmente si di fornire una risposta certa o almeno plau- restringa all’ossessivo almanaccare attorno a sibile. Accade di frequente con gli appassio- cavalli e fantini. La patina civica della cele- nati di araldica. Se costoro osservano pigno- brazione si è molto assottigliata. L’ippica fa lescamente il drappellone s’imbattono in un da padrona. Non vorrei prenderla alla larga, elemento che desta curiosità, non decifrabi- ma qualche nota introduttiva è inevitabile. le facilmente. «E quello stemma lì di chi è? I rappresentanti del patriziato senese, Che rappresenta?». Perlopiù è lo stemma del cioè i discendenti da famiglie che avevano Podestà o del Sindaco. Perché tra gli stemmi avuto un forte rapporto con il potere cittadi- prescritti dall’articolo 93 del regolamento no, si gloriavano di annoverare il blasone di della festa c’è anche quello del capo dell’am- famiglia tra quelli che abbellivano l’ambito ministrazione comunale in carica, come re- stendardo. E non da meno erano i nobili che cita una formula che copre pure la figura di non potevano vantare di essere stati ammes- un eventuale commissario. Se era semplice si a cariche istituzionali del Comune alme- riprodurre l’arme gentilizia di un Sindaco o no da due secoli, secondo quanto stabiliva di un Podestà proveniente da una famiglia la legge promulgata nel 1750 da Francesco di antiche radici, in tempi recenti il rispetto Stefano di Lorena. Per far qualche esempio dell’obbligo araldico è diventato assai pro- prendiamo le mosse dal 1946, da quando blematico e i Sindaci si son dovuti inventare Sindaco era Ilio Bocci, operaio e comunista. un’insegna accettabile o commissionare av- Quando gli fu chiesto quale fosse lo stemma venturose ricerche. Forse sarebbe un obbli- che Bruno Marzi avrebbe dovuto dipingere go da cancellare (e non il solo): eredita un pel Palio di luglio, rimase interdetto, ma non mondo che non esiste più, un senso aristo- disperò. Adottò una soluzione ammiccante, cratico del dominio oggi svanito del tutto. una soluzione che sicuramente avrebbe fatto Ma si sa quanto a Siena si voglia restar fedeli piacere ai senesi e l’avrebbe battezzato con- ad ogni costo alla tradizione. Così lo stem- tradaiolo, una soluzione molto nazional-po- ma del primo cittadino o di uno dei com- polare, o meglio municipal-contadina. Ecco missari che si son succeduti alla guida del spiegato lo scudo che gli araldisti chiamano Comune finisce per introdurre nell’affollata “perale” ben visibile alla destra del dipinto: sequenza iscritta in ogni drappellone uno a fasce gialle e rosse accostato – cioè attra- stemma, perlopiù uno scudo sannitico in versato – da banda turchina. Mi scuso se la forma franco-italiana o uno scudo gotico o nomenclatura è approssimativa: si dovrebbe qualcosa che loro assomigli, di ardua decrip- dire oro e non giallo, ma in questo caso il tazione. Anche gli esegeti – numerosi e non prestito dei colori è così evidente da tolle- sempre attrezzati – del serico stendardo non rare l’imprecisione. Insomma Bocci prese si sono soffermati più di tanto sull’enigma- pari pari la bandiera della Chiocciola e fece tica decorazione, sicché il tema lascia spazio elaborare una geometria araldicamente ac- alle divagazione più strambe. Il simbolico, cettabile. S’ispirò ad un’usanza fino a qual- e tanto più il simbolico fantasioso, rispec- che anno fa in auge: chi diventava senese chia più di quanto non si creda convinzioni doveva far propri i colori della Contrada dal personali e collettive costumanze. Ecco al- cui territorio aveva fatto ingresso in città: in 65 MINO MACCARI, Palio d’Agosto del 1970, BRUNO MARZI, Palio di Agosto del 1952, in occasione del centenario dedicato a Brandano, della breccia di Porta Pia, vinto dalla Nobile Contrada dell’Oca vinto dalla Contrada della Selva 66 Sindaco Ilio Bocci Sindaco Roberto Barzanti ALBERTO SUGHI, Palio di Luglio del 1978, RICCARDO TOMMASI FERRONI, Palio d’Agosto del 1986, vinto dalla Contrada della Pantera vinto dalla Imperiale Contrada della Giraffa Sindaco Mauro Barni Sindaco Vittorio Mazzoni della Stella 67 questo caso l’ingresso era avvenuto da porta mente “Lucens omnia vinco”: di impronta San Marco. Niente da eccepire. Il tartuchi- laico-illuminista, quindi apprezzatissimo no Ugo Bartalini – ingegnere e socialista, dal titolare. sindaco dal 1956 – non dovette ricorrere a I Palî ch’ebbero a sindaco Pierluigi Pic- lambiccate invenzioni, perché aveva pronto cini si fregiano di uno stemma che su fon- lo stemma di famiglia: un aggressivo leone do di cupo azzurro raffigura un’aquila – la rampante bicolore, bianconero. Si trovò a Contrada di appartenenza – che nelle grin- mal partito, invece, il grande Mario Bucci fie trascina attorti serpenti. È tra i più sofi- detto Marte, estroso innovatore, nel prepa- sticati, perché sta a significare il momento rare il magnifico drappellone del Palio stra- conclusivo della corsa: l’aquila è lo spirito, ordinario del settembre 1969, celebrativo i serpi aggrovigliati sono ricavati da quella del primo trionfale allunaggio. Per il Capo sorta di paracarro accostato nel Campo ai dell’amministrazione, Luciano Mencaraglia, colonnini davanti al Palazzo Pubblico, e coniò un metallico tondo giallo-rosso. Nella simboleggiano la materia, mentre il sole si parte gialla – oro – compaiono in alto colori rifà all’orifiamma bernardiniano: altra luce! che arieggiano al Bruco: un cocktail tra la Luce sovrannaturale! Il serpente è anche se- Contrada di Barbicone e il vessillo comu- gno di un nietzschiano eterno ritorno, come nista? Una strategia mimetica non dissimile il corteo storico, che avanzando torna all’o- da quella di Bocci? Non ebbi il coraggio di rigine. Quei serpi attorti richiamano quelli chiederlo al sindaco di cui fui vice. Poi fui che Jacopo Cozzarelli raffigurò negli elegan- io a dover improvvisare uno stemma fuo- ti bracciali bronzei del Palazzo del Magni- ri da qualsiasi grammatica araldica e anzi fico. E in quel caso indicavano l’autoritaria spavaldamente ideale. Non ebbi esitazioni: supremazia del potente Signore sulle fazioni suggerii un libro aperto su fondo rosso con in lotta fra loro. posato sopra un ciuffo di ginestra, “fiore del Resta il trio Cenni, Ceccuzzi e Valentini. deserto”, in omaggio a Giacomo Leopardi. Maurizio Cenni volle con modesta e irri- Toccò a Carlo Semplici piazzarlo per primo verente ironia un omaggio al nonno mani- nel rituale drappo: era dedicato a Federigo scalco e ai colori del Nicchio, con tanto di Tozzi ed il piccolo scudo che sovrastava la ferro di cavallo e un crescente in argento: Balzana vi si trovò a pieno agio. Canzio nelle intenzioni si riferiva all’abitudine di Vannini scelse a insegna un’arme tagliata in sacramentare che i buoni cristiani dicono argento e nero con soprammesse due stel- sia tipica dei turchi (donde la mezzaluna!). le, una azzurra e una rossa. Il successore Quasi una blasfema sciarada. Franco Cec- Mauro Barni – primo Palio16 agosto 1979, cuzzi scelse una Fenice che – si sa – riesce autore Domenico Purificato – tirò fuori lo a risorgere sempre dalle ceneri: si respirava stemma di famiglia e toccò al bravo Cesare già aria di crisi: presentimento e speranza Olmastroni, come quasi sempre, applicarsi (delusa). E Bruno Valentini ha optato per a dovere. Giovanni Battista Barni, ispettore l’amato – fino a un certo punto – Comu- scolastico, aveva a suo tempo svolto ricerche ne di Monteriggioni e alla cerchia delle sue che l’avevano condotto a rispolverare uno mura, la cui torre più alta è sormontata da stemma ripartito – niente a che vedere con una stella a quattro punte, che stanno per i i caricaturali odierni “ripartiti” – in geome- quattro membri della sua famiglia. Una stra- tria complessa: su fondo oro un gallo s’erge nezza dopo l’altra, insomma. E in ognuna canterino su montante azzurro, istoriato di qualcosa della personalità del sindaco coin- tre auree stelle. volto nel gioco. “Se potessimo chiedere a Vittorio Mazzoni della Stella fu facilitato Sigmund Freud – osserva Giovanni Santi- nel compito e, dopo rapido rovistare, pro- Mazzini nel suo enorme messale dedicato pose un impeccabile scudo tagliato in oro e all’immaginifico lessico dell’araldica – un azzurro con tanto di stella, ramoscello d’o- parere in merito, certamente ci rispondereb- livo e motto. In alcuni drappelloni si legge be che l’Araldica civica è la lizza, o peggio “Luce omnia vinco”, in altri forse corretta- la quintana, dell’Ego torneante”. Così il Pa- 68 lio. Gli araldisti si scandalizzeranno di tante conferimento del diritto di voto alle don- stranezze. Ma anche il loro linguaggio suo- ne. Questa mania di soprammettere alle sa- na oscuro ai più: la Balzana, tradotta nella cre dediche devozionali la celebrazione dei loro cifrata terminologia, è uno “spaccato più svariati anniversari, magari di timbro d’argento e di nero”. Per noi ben altro. Il istituzional-politico, andrebbe attenuata o drappellone, del resto, si presta alle più varie abolita. Mette l’esecutore nei guai e non è letture. Solo da poco si ascolta un fastidioso affatto intonata alla consuetudine che co- strologare sui colori pretendendo di trarne minciò agli inizi del Novecento. Si presta ad previsioni di vittoria o scaramantici avverti- un uso propagandistico e/o populistico del menti. E l’iconografi a è di continuo tradita serico trofeo e gli dà il sapore di un manife- e/o reinventata. Francesco Mori per il 2 lu- sto. Coenegracht se l’è cavata egregiamente, glio 2016 s’è guardato bene dal rifare con attingendo al suo stupefacente mestiere di ossequio compunto la mummifi cata statuet- disegnatore e grafi co di prim’ordine. Per lo ta della mutila Madonnina di Provenzano. stemma del sindaco ha constatato che quel- La sua Madonna della Misericordia è piut- lo inventato fantasiosamente da Valentini tosto una Santa Barbara – “Santa Barbara era quasi identico al blasone di Tournai, la benedetta liberaci dal tuono e dalla saetta!”. cittadina belga dove risiede e dove nacque Una sorta di celeste ombrello parafulmi- Rogier van der Weiden, maestro fi ammingo ni, a evitare eventuali nuovi incendi. Jean- che ha avuto molto a che vedere con l’Italia: Claude Coenegracht per agosto ha avuto la vi riscosse l’ammirazione entusiasta di Piero sventura di dover combinare la tradizionale della Francesca. Imprevedibili analogie delle dedica all’Assunta con la celebrazione della immagini. Interrogativi e sorprese – o repli- ricorrenza del settantesimo anniversario del che – a non fi nire.

Blasone di Bruno Valentini, come appare Blasone della città belga di Tournai sul Drappellone vinto dalla Contrada della Lupa nel Palio d’agosto 2016 (ringraziamo Enzo Mecacci per la cortese collaborazione)

69 L’incisione di fine Ottocento, presa probabilmente da una fotografia, ritrae l’archeologo Isidoro Falchi seduto sulle mure ciclopiche di Vetulonia.

70 “Columna olim Vitulonia” Una scoperta nei manoscritti dell’Archivio Segreto Vati- cano e la possibile riapertura del problema di Vetulonia: un caso chiuso nel 1888 di PAOLO ANGELO POLI

Durante l’estate del 2015, andavo con- luce dal medico-archeologo Isidoro Falchi sultando e trascrivendo alcuni manoscritti (Montopoli in Val d’Arno, 26 aprile 1838 conservati nell’Archivio Segreto Vaticano, – Campiglia Marittima, 30 aprile 1914), quando, del tutto inaspettatamente, la mia nei pressi del paesello al tempo nominato attenzione fu attirata da un dato sorpren- Colonna di Buriano. Egli stesso, in diversi dente, riferito nella relazione sullo stato del- scritti, ci documenta sia la progressione dei la diocesi, predisposta dal Vescovo di Gros- suoi scavi, sia le argomentazioni che aveva seto in occasione della Visita ad Limina1 del elaborato per l’identificazione del sito, in- 1594. Infatti, Clemente Politi, Vescovo di vero non senza l’aspra opposizione di Carlo Grosseto dal 26 aprile 1591 al 25 ottobre Dotto De’ Dauli (Roma, 27 ottobre 1846 – 1606, esaurite le considerazioni sulla par- Roma 8 aprile 1901) e di altri studiosi suoi rocchia di Buriano, apriva su quella di Co- contemporanei4. Secondo una pubblicazio- lonna in questi termini: oppidum seu castrum ne del 18915, l’intuizione di aver ritrovato Columnae (olim Vitulonia, ut aiunt)2. Ovvero: Vetulonia l’ebbe fin dalla sua prima salita forte o castello di Colonna, un tempo, come di- sul poggio di Colonna “nell’anno 1880, e cono, Vetulonia. Non solo. Anche la relazio- precisamente il 27 maggio, giorno di festa, con- ne redatta nel 1639 da Ascanio Turamini, dottovi da tre monete etrusche di là pervenutegli6, Vescovo di Grosseto dal 2 marzo 1637 al 2 e attratto dagli avanzi di grande antichità, che a settembre 1647, esprimeva il medesimo con- Colonna, già sapeasi, esistenti7”. Un’intuizione cetto: Columna, olim Vitulonia nuncupata3. che rapidamente si tramutò nell’incrollabile Ossia: Colonna, un tempo chiamata Vetulonia. convinzione “che là finalmente s’avesse a ritro- Le ragioni della sorpresa sono presto vare la tante volte invano cercata Vetulonia”. dette. Qualunque maremmano, un poco Da tempo dunque era nota la presenza interessato alla storia del proprio territorio, in loco di rovine apparentemente ricondu- possiede certamente la nozione che l’etrusca cibili alla civiltà etrusca, circostanza peraltro Vetulonia, scomparsa nella notte dei tempi, comune a numerose località dell’Italia cen- sul finire del XIX secolo fu riportata alla trale. Eppure, secondo un diffuso convinci-

1 Papa Sisto V, con la bolla Romanus Pontifex del 20 nome di Colonna fu sostituito con quello di Vetu- dicembre 1585, aveva gravato i Vescovi dell’obbligo lonia. di relazionare alla Sede Apostolica circa lo stato mate- 5 I. FALCHI, Vetulonia e la sua necropoli antichissima, riale e spirituale delle diocesi loro affidate, particolar- 1891, pp. 8-9. mente in ordine all’effettiva applicazione dei decreti 6 I. FALCHI, Ricerche di Vetulonia, 1881, pp. 19; 27. tridentini. Così, ogni tre anni, ciascun Vescovo era Tra il 1873 e il 1880, il Falchi aveva avuto in posses- tenuto a recarsi in pellegrinaggio a Roma sulle tom- so dal Cav. Filippo Rossi Cassigoli di Pistoia alcune be degli apostoli Pietro e Paolo (Limina Apostolorum), monete rinvenute a Colonna con impressa la legenda presentando contestualmente una relazione scritta vatl, molto simili a quelle già note nel ‘700 e attribuite alla Congregazione del Concilio. A tal fine si pre- al conio vetuloniese. Cfr. J. ECKHEL, Doctrina numorum supponeva che il Vescovo visitasse preventivamente veterum, 1792, Vol. I, p. 94. ogni parrocchia della diocesi, onde avere cognizione 7 Alla voce Colonna il Repetti aveva scritto: “Gran- chiara e diretta della situazione. Se molte di queste di cose sono state dette e congetturate dai moderni al pari che relazioni risultano estremamente stringate, alcune vi- da passati scrittori sopra questo castello di Colonna, come ceversa non lesinano dettagli, paese per paese, chiesa quello che tuttora conserva qualche resto di mura ciclopee con per chiesa. alcuni tratti di vie romane lastricate a grosse e larghe pietre, 2 Archivio Segreto Vaticano, Congr. del Concilio, Re- non senza aver fornito, mediante qualche scavo, dei vasi fit- lat. Dioec. 375A, f. 27v. tili, delle monete romane e altri cimeli”. Cfr. E. REPETTI, Di- 3 Archivio Segreto Vaticano, Congr. del Concilio, Re- zionario geografico fisico storico della Toscana contenente la lat. Dioec. 375A, f. 208r. descrizione di tutti i luoghi del Granducato. Ducato di Luc- 4 Ciononostante, con Regio Decreto del 1887, il ca, Garfagnana e Lunigiana, 1835-1843, Vol. I, p. 783. 71 Vetulonia, gli scavi della città etrusca.

mento, nessuno prima del Falchi si era mai Grove, 21 luglio 1814 – South Kensington, spinto ad associare tali vestigia alla perduta 15 novembre 1898), oltre alle tante ipotesi Vetulonia. Non lo aveva fatto il Repetti, non storicamente formulate, accennava ad una lo avevano fatto molti altri eruditi, i quali, che avrebbe voluto Vetulonia proprio a Co- fin dal XV secolo, sovente con un approc- lonna8, pur senza darvi credito e senza rife- cio più apologetico che scientifico, avevano rire neppure la fonte proposto ciascuno una diversa soluzione, Quanto al Falchi, se nella pubblicazione posizionando l’antica città su e giù per la del 1891 aveva accreditato quale circostan- terra di Maremma, nell’accezione territorial- za originaria della scoperta di Vetulonia la mente più estesa del nome. sua ricognizione maggiaiola del 1880, dal Vi è peraltro un dato storiografico poco suo volume sulla Maremma9, si evince chia- considerato. Già nel pieno della polemica ramente come l’ipotesi colonnese gli fosse sull’identificazione di Vetulonia, il filologo già nota prima di quella leggendaria scarpi- Luigi Adriano Milani (Verona, 26 gennaio nata. A questi fatti, se ne deve aggiungere 1854 – Firenze, 9 ottobre 1914), prima soste- un altro, non meno sibillino. Nel 1837, l’e- nitore e in seguito detrattore del Falchi, ave- truscologo Francesco Inghirami (, va richiamato l’attenzione su una nota a piè 23 ottobre 1772 – Fiesole, 17 maggio 1846), di pagina della seconda edizione, edita nel assertore dell’identificazione di Vetulonia 1878, di Cities and Cemeteries of Etruria, ove con Castiglion Bernardi in Val di Cornia, l’esploratore inglese George Dennis (Ash aveva pubblicato10 un documento del 1181,

8 G. DENNIS, Cities ad Cemeteries of Etruria, 1878 pster, II. p. 56). I should state that when Mannert (Geog. (II ed.), Vol. II, p. 263, nota 1. “It may be well to resta- p. 358) asserts that the village of Badiola on an eminence te the various sites where Vetulonia has supposed to have by the river Cornia, and a geographical mile-and-a-half stood. At or near Viterbo (Vol. 1. p. 151) – on the site of (about six miles English) from the coast, preserves the me- (Vol. 1. p. 446) – on the hill of Castiglione Bernar- mory of the ancient city, he evidently refers to the site five di, near Monte Rotondo (ut supra, p. 196) – at Massa miles west of Massa”. Marittima, or five miles westward from that town (p.198) 9 I. FALCHI, Trattenimenti popolari sulla storia della – below Monte Calvi, three miles from the sea, buried in Maremma e specialmente di Campiglia Marittima, 1880, a dense wood (p. 206) – at Castagneto (p. 202) – and p. 109. at Colonna di Buriano (p. 223). Ermolao Barbaro, the 10 F. INGHIRAMI, Sulle ricerche di Vetulonia, 1837, pp. 72 earliest writer on the subject, place it at (see Dem- 29-34. Vetulonia, le mura ciclopiche. sebbene in una trascrizione alterata, che de- Politi sembrerebbe deporre a favore di una finiva una permuta di terreni tra l’abbazia di plurisecolare traditio del nome di Vetulonia. San Pancrazio al Fango, al tempo adagiata Il Vescovo infatti, solitamente ricorre ad sull’isola Clodia del lago Prile e l’abbazia di espressioni quali ut aiunt, ut fertur, vulgo dici- San Bartolomeo in Sestinga, nei dintorni di tur, ut dicunt, quando, mancando documenti Colonna. Con quell’atto, l’abate di San Pan- scritti in grado di attestare un certo fatto o crazio si obbligava a cedere al suo omologo diritto, non può far altro che affidarsi alla di San Bartolomeo un terreno super podium testimonianza orale dei sui interlocutori, de Vitulonia, le cui confinazioni erano ben siano essi il parroco o gli autoctoni. Natu- definite attraverso una serie di toponimi. Il ralmente, l’ammissibilità di una simile tra- Falchi, intento a suffragare i propri convin- ditio, rende realistica anche l’ipotesi di un cimenti con fondamenti letterari, oltre che popolamento ininterrotto del sito, almeno con i risultati degli scavi, non lesinò di in- dall’epoca etrusca in poi. formarsi presso gli abitanti più avveduti di Comunque stiano le cose, questo excur- Colonna circa il persistere in loco di quegli sus reca un dato certo: allo stato delle cono- stessi toponimi11. L’indagine si rivelò pro- scenze, la relazione Politi del 1594 e la rela- mettente. Perché tuttavia, tra tutti i nomi, zione Turamini del 1639 sono i più antichi non si informò proprio del podium de Vitulo- documenti, oltre che gli unici, ad attestare nia? E se lo fece, perché nei suoi scritti non esplicitamente la coincidenza di Colonna avrebbe mai accennato ad un dettaglio così con Vetulonia. Se la resistenza al tempo del rilevante? Senza dubbio è eccessivo consi- nome di Vetulonia nel paese di Colonna, derare dirimente una simile circostanza, grazie ad una traditio orale, pare più che un tuttavia non può neppure mettersi del tutto sospetto e se l’attribuzione della scoperta a tacere il sospetto che egli possa aver deli- archeologica di Vetulonia semplicemente beratamente omesso di registrare l’esistenza all’intuizione del Falchi non può conside- di una traditio orale, strettamente locale, del rarsi del tutto pacifica, si pone allora un nome di Vetulonia in quel di Colonna. problema ulteriore: quando e come il nome In effetti, il frammento della relazione di Colonna si è sovrapposto e imposto su

11 I. FALCHI, Ricerche cit., p. 24. 73 Reperti etruschi provenienti dalla necropoli di Vetulonia in una litografia di fine Ottocento.

74 quello apparentemente ben più illustre di spesso riprodotta, con funzione essenzial- Vetulonia? Ammesso e non concesso, s’in- mente decorativa, anche in numerose tom- tende, che il nome di Vetulonia sia davvero be, ad esempio a Cerveteri. Ora, columen, o più antico di quello di Colonna. la sua variante culmen, da cui l’italiano cul- In effetti Vetulonia è nome latino docu- mine, signifi ca anche vertice, cima. Inoltre, mentato a partire dal I secolo a.C., la cui al di là del passo vitruviano, non può non derivazione dall’etrusco Vatl, pur plausibile, balzare all’occhio che il nome columna (co- non può considerasi certa in assoluto. Vi è lumen) ha un aspetto più etrusco che latino. anzi chi12 ha ipotizzato che in esso sarebbe La doppia nasale mn preceduta dalla labiale da leggere semplicemente il generico signifi - l ricorre infatti in diverse parole etrusche. Si cato di vetula urbs, città vecchia. Peraltro, se trova, ad esempio, nell’epigrafe dell’ipogeo è vero che la stessa legenda Vatl si riscontra perugino dei Volumni, ove si legge di un in numerosissime monete rinvenute nel cir- Velimna17. Columna quindi, se non addirittu- condario di Vetulonia, queste non sarebbero ra parola di origine etrusca, in un contesto anteriori al III secolo a.C. e, oltretutto, la urbano etrusco, avrebbe potuto designare ricostruzione di un ipotetico Vatluna o Vet- la parte sommitale della città, quella che i luna, sulla falsariga di Pupluna13 (Populonia), Greci chiamavano acropoli. Non a caso il è allo stato meramente ipotetica, non essen- perimetro del castrum medievale di Colon- dosi fi nora trovati riscontri epigrafi ci o nu- na pare coincidere quasi perfettamente con mismatici a favore, eccetto un Vetalu14. quella che dovette essere l’acropoli di Vetu- D’altronde, nel sito in questione, Colon- lonia, le cui famose mura ciclopiche non na, o, per la precisione, la sua variante di Co- ebbero forse altra funzione se non quella lonnata, è nome documentato solo a partire di sostenere, dal lato orientale, una spianata dall’ VIII secolo, quando compare in due sacra, prossima ad un quadrato di circa 40 manoscritti conservati nell’Archivio Arcive- metri di lato. Questo spiegherebbe anche la scovile di Lucca. In proposito il Repetti ar- coesistenza e alternanza dei nomi di Vetu- gomenta che in epoca medievale nomi quali lonia (Vatl) e di Colonna nelle loro diverse Colonia, Colognora, Colonna, Colonnata veni- varianti, documentata però solo in epoca vano sovente impiegati alternativamente e medievale, tale che il primo designerebbe confusamente, seppur riferiti ad un medesi- l’intero insediamento urbano, mentre il se- mo insediamento15. Un rilievo quest’ultimo condo l’acropoli. non suffi ciente a suffragare l’ipotesi di un In conclusione, non sarà stata troppo Colonna derivato da colonia, nome eventual- precipitosa la scelta, fatta nel 1887, di sosti- mente attribuito alla città etrusca dopo la tuire, sic et simpliciter, il nome di Colonna sottomissione a Roma. Per parte mia, non con quello di Vetulonia? potendo allo stato avanzare un’ipotesi pre- cisa o prediligerne una in particolare, mi li- miterò ad aggiungere alcune considerazioni, ma senza alcun intento più che suggestivo. Nel De Architectura di Vitruvio, il nome columna, inteso come elemento architettoni- co di sostegno, è etimologicamente derivato da columen16, che designa anch’esso un ele- mento architettonico con funzione analoga. Nello specifi co è detta columen la trave apica- le, su cui poggiano gli spioventi di un tetto. Gli Etruschi ne fecero certamente uso nella La regia burocrazia, il 28 maggio 1888, sopprime il toponi- costruzione dei loro templi e la troviamo mo di “Colonna” e lo sostituisce con quello di Vetulonia.

12 S. FERRI, Città etrusche con due nomi, in Rendi- 15 R. REPETTI, Dizionario cit., vol. I, p. 785. conti Morali dell’Accademia dei Lincei – 1954 – Serie 16 MARCUS VITRUVIUS POLLIO, De Architectura, L. IV, VIII, vol. IX, fasc. 5-6, pag. 252. cap. II: Sub tectis si maiora spatia sunt, columen in summo 13 M. PALLOTTINO, Testimonia Lingua Etruscae, se- fastigio culminis, unde et columnae dicuntur. conda edizione 1968, n. 378. 17 M. PALLOTTINO, Testimonia cit., n. 605. 14 M. PALLOTTINO, Testimonia cit., n. 379. 75 Ultima mappa della miniera delle Cetine di Cotorniano - 31 dicembre1946

76 Miniera delle Cetine - Galleria “armata” verso il pozzo Crida Le Cetine di Cotorniano miniera “nata e vissuta” per la guerra… ma anche “paradiso” per la mineralogia di MASSIMO BATONI - SILVIO MENCHETTI

La miniera delle Cetine di Cotorniano Suergiu (situato nei pressi di Villasalto in operò, con lunghi periodi di chiusura, dal Sardegna), noto addirittura prima del 18502, 1878 al 1948. la coltivazione mineraria cominciò solo nel La coltivazione era dedicata all’estrazio- 18803, addirittura dopo quella delle Cetine? ne di stibina (minerale da cui si ricava l’an- La ragione per cui una evidente presenza timonio) e, alla fine del XIX secolo, era già di stibina non fosse sfruttata nel 1862 è spie- ben conosciuta: Vittorio Simonelli, natura- gata dal fatto che, fino alla seconda metà del lista e paleontologo, così ne parla nel “Bol- XIX secolo, l’antimonio e i suoi sali avevano lettino Senese di Storia Patria” (volume pri- avuto un impiego estremamente modesto4, mo, R. Accademia dei Rozzi, 1894): “Come limitato quasi esclusivamente all’indurimen- fenomeni dipendenti dalle attività chimiche delle to del piombo utilizzato per i caratteri da acque sotterranee e più o meno direttamente con- stampa (una lega che, di solito, conteneva nessi al vulcanismo quaternario, ho accennato da piombo al 90%, antimonio al 3-5% e stagno principio alla formazione di filoni metalliferi... al 5-7%) e ad alcuni prodotti ad uso medico Ricorderò fra i primi i giacimenti antimoniferi (uso, per altro, molto controverso e di dub- delle Cetine di Cotorniano nel Comune di Sovi- bia efficacia), limitato a farmaci emetici o cille…”. purgativi come il tartrato doppio di antimonile La miniera delle Cetine, pur piccola ri- e potassio oppure la polvere di Algarotti (ossi- spetto ad altre, ha una storia particolare ed cloruro di antimonio). affascinante che si intreccia ripetutamente Tornando all’affioramento di stibina alle con quella del nostro Paese. Cetine, cosa era accaduto tra il 1862 e il In “Le Cetine di Cotorniano - miniera e mi- 1878 che possa spiegare l’investimento, co- nerali” (Menchetti et al. 2015) si afferma che munque cospicuo, per iniziarne la coltiva- “Campani (1862)1 parla delle “Cetine di Cotor- zione mineraria? niano, Comunità di Radicondoli” come luogo Perché l’antimonio era diventato im- dove si trova ‘antimonio solforato’ ossia ‘stibina’ provvisamente importante? anche se ‘non coltivata’ ma, subito dopo, viene La spiegazione la troviamo nella Storia notato che, però, “I lavori minerari comincia- dell’Europa del 1800, che fu storia di conti- rono… solo nel 1878”. nue guerre degli Stati Nazionali Europei tra Da come ne parla il Campani nel 1862 loro oppure di conflitti legati alle “imprese” pare di capire che l’affioramento di stibina coloniali (in tutto il XIX secolo si contano fosse noto da tempo… ma passarono ben oltre 50 guerre che li hanno visti protagoni- 16 anni da quella data prima che comincias- sti, guerre che diventano più di 70 se si ag- se la coltivazione… perché? giungono quelle che riguardarono altre due E come mai anche nell’altro grande gia- Grandi Potenze: Stati Uniti e Giappone, cimento italiano di stibina, quello di Su che, quasi insignificanti all’inizio del 1800,

1 G. CAMPANI, Siena e il suo Territorio - Sulla costitu- 3 MASSIMO RASSU, Villasalto - l’ambiente, la storia, la zione geologica e sulla ricchezza mineraria della provincia miniera, 2004 di Siena, 1862 4 Vedi “Breve nota storica sull’antimonio” a pag. 2 A. LA MARMORA, Viaggio in Sardegna, vol. 3°, 93. 1839. 77 ebbero una importanza crescente nella sua Già dalle guerre napoleoniche le armi da seconda metà). fuoco leggere e pesanti erano diventate di Ma quale è il nesso tra guerre e antimo- gran lunga quelle decisive e, nel corso del nio? secolo, gli scontri a distanza ravvicinata, che Una prima parziale risposta viene dal avevano caratterizzato e deciso le battaglie fatto che, a partire dal 1850 circa, le pallot- dall’antichità fino a quasi tutto il 1700, per- tole delle armi leggere cominciarono a non sero sempre più la loro importanza. essere più di solo piombo ma di una lega Sino ad oltre la metà del XIX secolo le con l’antimonio (al 3%), che, indurendo il armi da fuoco furono caratterizzate dall’a- proiettile, consentiva una maggiore capaci- vancarica5 e anche se la loro evoluzione tà di penetrazione. Ma ben presto, per al- tecnica6 era stata notevole i limiti erano tri motivi, il bisogno di antimonio crebbe evidenti: bassa frequenza di tiro dovuta esponenzialmente. ai tempi lunghi e laboriosi per il ricarica- La spinta propulsiva fu determinata dalla mento (che, inoltre, doveva esser fatto in continua ricerca degli Stati Nazionali di ga- piedi esponendosi così ai colpi del nemico, rantirsi una superiorità (o quanto meno una vedi Fig. 1), necessità di ripulire la canna non palese inferiorità) militare. dai residui7 dello sparo, poca precisione8,

Fig. 1 Fig. 2 Fig. 3 Il ricaricamento dei fucili Meccanismo di sparo dei fucili ad Preparazione della cartuccia (a sinistra) ad avancarica doveva avancarica: il cane batteva su una per il fucile ad avancarica essere fatto capsula d’innesco che avviava e sequenza del suo caricamento (a destra). necessariamente in piedi. l’esplosione della polvere.

5 Armi da fuoco nelle quali la polvere da sparo (o ad utilizzare cartucce già pronte, contenenti sia la dose “polvere nera”, costituita da salnitro, zolfo, polvere di di polvere necessaria sia la (Fig. 3). carbone), lo “stoppaccio” (di canapa, di stoffa o di car- 7 La combustione della polvere nera è una reazio- ta) ed il proiettile venivano inseriti, uno dopo l’altro, ne di ossidoriduzione complessa che produce molti dalla cima della canna e compressi con una bacchetta prodotti finali; alcuni di questi sono solidi e costitui- (Fig. 1). La parte posteriore (culatta) della canna era vano quei residui pulverulenti e/o catramosi che, non chiusa ad eccezione di un piccolo foro (focone) per- potendo essere espulsi completamente, sporcavano pendicolare al suo asse attraverso cui un sistema di le canne dei fucili e dovevano essere periodicamente accensione (evolutosi nel tempo: miccia, acciarino a rimossi per evitare l’inceppamento o, addirittura, l’e- pietra focaia, percussione) innescava la deflagrazione splosione dell’arma. della polvere da sparo in modo che il proiettile (ge- 8 L’interno della canna (almeno fino a circa la neralmente sferico) venisse proiettato con forza fuori metà del XIX secolo) dei fucili era liscio e questo fatto dalla canna dai gas prodotti dall’esplosione. non consentiva una gran precisione nel tiro. Infatti 6 Nell’ultima fase, prima dell’avvento delle armi la palla, avendo un diametro leggermente inferiore a a retrocarica, si svilupparono i fucili detti a percussione quello della canna, sotto l’effetto della spinta dei gas dove una capsula (innesco) di materiale esplodente (ful- di esplosione, lungo il suo percorso di uscita rimbal- minato di mercurio) innescava la deflagrazione della zava da un lato all’altro della canna stessa e la sua polvere da sparo (Fig. 2). Il cane dell’arma, percuotendo direzione finale era determinata dall’ultimo rimbalzo. la capsula, causava una piccola esplosione che accende- Un certo miglioramento si ottenne (nelle sole armi va la polvere all’interno della canna. In questa fase, per leggere) con il fasciamento (carta o stoffa) della palla, 78 velocizzare le operazioni di caricamento, si inizieranno in modo da imporgli un minor gioco. frequenza di pericolosi malfunzionamenti propri armamenti. La dimensione di questo dell’arma stessa. sforzo bellico generale fu colossale… se solo Erano limiti importanti ma nel corso del l’Italia necessitava almeno di 500.000 nuovi XIX secolo furono fatte importanti innova- fucili11 per il suo esercito, quanti ne saranno zioni: le nuove scoperte scientifiche appro- stati necessari per riarmare quelli di Francia, fondirono le conoscenze di meccanica, chi- Gran Bretagna, Austria, Russia e tutti gli altri mica e fisica, determinando continui svilup- stati europei? pi della tecnica e, come spesso è accaduto (e Dei fucili a retrocarica ne fece le spese accade), fu proprio la pressante richiesta di anche Garibaldi: il 3 novembre 1867 a Men- evoluzione degli armamenti ad accelerarne tana i volontari garibaldini, armati con vec- la velocità. chi catenacci ad avancarica, si scontrarono La svolta fu il passaggio, prima delle sole con un battaglione francese armato dei nuo- armi leggere, poi anche delle artiglierie, alla vi fucili a retrocarica Chassepot e furono fa- retrocarica. L’ostacolo principale da supera- cilmente sconfitti. re per renderla possibile era garantire che la La rivoluzione copernicana della retro- culatta fosse a tenuta di gas, problema risol- carica si portò vorticosamente dietro quella to per le armi portatili con lo sviluppo del- delle cartucce, degli inneschi, della canna12 e la cartuccia, prima in carta poi in metallo, infine quella della polvere esplosiva. mentre per l’artiglieria la soluzione fu l’in- La caratteristica fondamentale delle venzione dell’otturatore a vite interrotta. cartucce per i fucili a retrocarica fu la pre- Il primo esercito a dotarsi di fucili a senza dell’innesco, ossia una capsula esplo- retrocarica fu quello prussiano che li usò siva collegata direttamente alle altre tre per la prima volta a Sadowa (3 luglio 1866) componenti (bossolo, polvere e proiettile) contro l’armata asburgica dotata di fucili che, dopo essere stata colpita con un cane, Lorenz ad avancarica (una delle versioni un percussore ad ago o un altro meccani- tecnologicamente più avanzata di tale tipo di arma). Pur non ancora dotati di moderne cartuc- ce, i fucili prussiani Dreyse (Fig. 4) dimostra- rono una schiacciante superiorità potendo contare su una drastica riduzione dei tempi di ricarica: la differenza di frequenza dei col- pi sparati in un minuto era impressionante9 e determinò la totale disfatta austriaca10. Dalla seconda metà del 1866 a tutte le nazioni europee fu estremamente chiaro che non potevano più fare la guerra con i fu- Fig. 4 - Fucile Dreyse cili ad avancarica, divenuti “obsoleti” dalla Il Dreyse era un fucile a retrocarica munito di un otturatore mattina alla sera del 3 luglio 1866. Tutti gli girevole e scorrevole (a catenaccio) il cui percussore era un lungo ago che, dopo aver attraversato la cartuccia di carta Stati Nazionali Europei iniziarono, quindi, che conteneva la polvere nera, batteva sulla capsula una frenetica rincorsa all’adeguamento dei d’innesco posta sulla base della cartuccia stessa.

9 Il Dreyse sparava fino a 12 colpi al minuto e po- di Custoza sia in quella navale di Lissa. teva essere ricaricato velocemente anche se il soldato 11 In Italia, dopo un attento esame dei numeri ne- rimaneva chino o, addirittura sdraiato a terra, mentre cessari per riarmare l’esercito, si dovette constatare che gli austriaci, per esplodere un solo colpo al minuto, le risorse non consentivano di spendere più di 10 lire dovevano anche alzarsi in piedi per la ricarica, espo- ad arma e, poiché il costo di una carabina a retroca- nendosi così fatalmente ai tiri degli avversari. rica era stato stimato ad oltre 50 lire, era necessario 10 La disfatta dell’Impero Austriaco a Sadowa fu di trasformare in qualche modo i fucili ad avancarica in tale entità che, addirittura, permise al neo Regno d’I- dotazione; pertanto i primi fucili a retrocarica italiani, talia, alleato della Prussia, di vincere la III guerra d’In- i Carcano modello 1867, nacquero già obsoleti. dipendenza e di annettere il Veneto, nonostante fosse 12 Vedi “Breve nota storica sull’evoluzione della stato nettamente sconfitto sia nella battaglia campale cartuccia e della canna” a pag. 94. 79 smo, dava il via all’esplosione della carica di iniziare la coltivazione mineraria della sti- della polvere da sparo, i cui gas provoca- bina alle Cetine è svelato: nel 1862, data del- vano l’espulsione violenta del proiettile la segnalazione di Giovanni Campani, l’anti- determinandone velocità e gittata. monio non aveva quasi nessuna importanza, I primi inneschi erano costituiti soltanto da ma nella seconda metà degli anni ’70, quando tutti fulminato di mercurio, ma vennero presto gli eserciti del mondo si erano ormai dotati di fuci- cambiati per la facilità di dare mancate ac- li a retrocarica ed era ormai evidente che il solfuro censioni. In Italia furono usati solo dal 1867 d’antimonio era indispensabile per gli inneschi delle al 1874/75 per i primi fucili a retrocarica, i loro cartucce, le miniere di stibina divennero imme- Carcano mod. 1867, che furono utilizzati diatamente di importanza strategica. dai Bersaglieri in un’unica occasione storica: Milioni di fucili a cui fornire il muni- la “Presa di Porta Pia”. zionamento significava doversi assicurare a Successivamente si ricorse generalmente tutti i costi e con grande rapidità una gran- a miscele di fulminato di mercurio, clorato dissima fornitura di antimonio, pena una di potassio e solfuro di antimonio. Il pri- pericolosa inferiorità militare. mo di essi (iniziatore) aveva la funzione di L’ultimo atto rivoluzionario nell’evolu- innescare la reazione, ma per garantire una zione delle armi da fuoco fu l’invenzione fiamma (dardo) di durata e intensità adatta della polvere da sparo infume13 che, a partire all’attivazione della carica di polvere nera, dagli anni ’90, sostituì progressivamente la era necessario il solfuro di antimonio (com- polvere nera. La grande potenza di questa bustibile) per prolungare la durata della fiam- nuova polvere da sparo, unita alla qualità di ma ed il clorato di potassio (ossidante) per non sporcare le canne, aprì anche la possibi- aumentare la temperatura. lità di progettare e costruire fucili di calibro A seconda della percentuale di ossidan- minore, che garantivano una maggiore effi- te e combustibile si ottenevano inneschi di cienza attraverso un significativo aumento diversa potenza quindi adatti ai vari tipi di della velocità e della precisione di tiro. cartuccia per pistola, carabina, mitraglia, L’evoluzione delle armi leggere portò an- mortaio, artiglieria. che l’artiglieria ad avere uno sviluppo simile. Nella Tabella 1 sono riportate sia la com- Le modifiche principali furono: costruzione posizione della miscela innescante che le in acciaio degli affusti, canna rigata, uso di funzioni di ciascun componente (in neretto proiettili cilindrico-ogivali sparati da cartuc- il composto contenente antimonio). ce in tutto e per tutto simili, innesco com- A questo punto il “mistero” della necessità preso a quelle delle armi leggere.

Tabella 1 - Prodotti utilizzati nella miscela innescante, loro funzione e % di presenza.

Componente Quantità nelle Quantità in e sua Funzione armi leggere artiglieria composizione chimica

Fulminato di mercurio Innescare la reazione ~ 37,5 % ~ 50,0 %

Hg(CNO)2

Solfuro di antimonio Mantenere la combustione per un tempo sufficientemente ~ 25,0 % ~ 25,0 % Sb2S3 lungo per avere una buona e sicura accensione della polvere

Clorato di potassio Fornire ossigeno al combustibile per ottenere un volume ~ 37,5 % ~ 25,0 % KClO3 apprezzabile di gas incandescente

13 Il chimico francese Paul Marie Eugène Vieille per la prima volta nel 1884 attraverso un processo di 80 (Praga, 2 settembre 1854 - 14 gennaio 1934) la ottenne gelatinizzazione della nitroglicerina. La svolta fu però data dall’invenzione Quest’evoluzione dell’artiglieria dette un dell’otturatore a vite interrotta (Fig. 5), che ulteriore impulso all’importanza dell’anti- permise di applicare la retrocarica anche monio: nelle granate il suo solfuro era usato ai cannoni. Pur rimanendo caratterizzata sia nell’innesco sia nella spoletta (dispositi- da una struttura simile a quella delle armi vo atto a far esplodere la carica al momento leggere, la storia del proiettile di artiglieria dell’urto contro il bersaglio), mentre negli però prese ben presto strade sue proprie: il shrapnel serviva anche per indurire le sfere proiettile, che all’inizio era solo una palla di piombo (lega con antimonio al 10/15%) di pietra o di ferro utilizzata per lo sfon- di cui erano riempiti (la spoletta era a tem- damento di muri ed altre difese, diventò po ed esplodendo prima del contatto con un contenitore di esplosivo (granata - Fig. il suolo, le scagliava sui soldati nemici sot- 6) o di altri proiettili (shrapnel14 - Fig. 7). tostanti).

Vite interrotta dell’otturatore

Fig. 5 - Otturatore a vite interrotta. Funzionamento: • viene immesso il proiettile nella canna • ruotando l’otturatore su un perno la sua vite interrotta viene inserita nei vuoti della vite interrotta della culatta • con un’apposita leva all’otturatore viene fatto fare Vite interrotta un quarto di giro per bloccare e sigillare la culatta ed della culatta impedire la fuoriuscita dei gas • Il cannone è pronto per lo sparo

Entrambi questi tipi di proiettile furono

Spoletta largamente usati sia nelle guerre coloniali sia durante la prima guerra mondiale e, con al- cune variazioni, anche durante la seconda. Nel corso del XX secolo l’importanza dell’antimonio sia per le armi leggere che per quelle pesanti rimase inalterata fino a tutta la seconda guerra mondiale; infatti, nel con- tinuo miglioramento chimico e tecnologico dell’innesco, l’unico componente che non fu mai sostituito da uno più efficace fu proprio il solfuro di antimonio. Il fulminato di mercu- Fig. 6 - Granata rio fu soppiantato da una miscela di stifnato di piombo e tetrazene, che meglio si adattava alle polveri infumi, mentre il clorato di potassio, che creava problemi di corrosione della can- na, fu sostituito con il nitrato di piombo o di bario, oppure con il biossido di piombo. A partire dai primi anni del ‘900 si re- gistrò anche una colossale evoluzione degli

14 Gli Shrapnel devono il nome al loro inventore, Henry Shrapnel, ufficiale inglese (Royal Artillery) del Fig. 7 - Shrapnel XVIII secolo. 81 armamenti: l’affermarsi dell’aviazione e dei fabbricazione dei bossoli (in realtà dei proiettili mezzi corrazzati mutarono drasticamente il e degli inneschi, perché i bossoli erano in modo di fare la guerra. rame o in ottone, ndr) per le cartucce dei nuovi In questi cambiamenti l’importanza stra- fucili, ed in diversi altri lavori per l’artiglieria” e tegica dell’antimonio crebbe esponenzial- per quanto riguarda il suo uso negli esplo- mente: infatti sia le bombe d’aereo15 che le sivi si limita a dire: “I sali ossidanti, come il mine anticarro necessitavano di spolette e nitrato ed il clorato di potassa, fanno con l’anti- detonatori, i cui inneschi molto spesso uti- monio dei composti esplosivi…” e, poi, “L’an- lizzavano il suo solfuro. timonio… viene impiegato… nella pirotecnica In conclusione possiamo affermare che per la confezione di fiamme di bengala bianche, evoluzione degli armamenti, produzione impiegate per segnali di marina, o nei fuochi d’ar- bellica e antimonio tra il 1866 e il 1945 sono tifizio come decorazione”. Decisamente troppo legati intimamente: ottanta anni che quasi poco. Non è credibile che Traverso ignoras- coincidono con il periodo di attività della se l’uso e la destinazione della stragrande miniera delle Cetine di Cotorniano. maggioranza della produzione di antimonio proveniente dalle due miniere (le più im- portanti d’Italia, Le Cetine in Toscana e Su Le Cetine e la Storia d’Italia Suergiu in Sardegna) di cui era direttore per La miniera delle Cetine “nacque” dunque mandato della Società Anonima delle Miniere e per scopi bellici: nel 1880 la Regia Camera Fonderie di Antimonio. Si deve perciò pensare di Commercio ed Arti delle Provincie di Sie- che non potesse né dovesse parlarne. Del resto na e Grosseto lo conferma asserendo che lo è logico che una produzione con un peso sfruttamento minerario era finalizzato alla così importante nell’industria bellica fosse produzione di antimonio per gli armamenti. “secretata”. Fatto che viene chiaramente ribadito da tre Maria Gabriella Pasqualini nel suo “Carte successivi e ravvicinati (1880, 1882, 1883) segrete dell’intelligence italiana 1861-1918” illu- rapporti del Corpo delle Miniere: nel primo stra chiaramente, pur nell’ovvia difficoltà di si riportava che “La produzione fu consumata reperire documenti ufficiali16, la grande atti- negli arsenali di artiglieria nel regno”; mentre vità di spionaggio e controspionaggio fun- nel secondo e nel terzo, riferendosi alla fon- zionante in quel periodo, anche affiancata deria che ricavava l’antimonio dalla stibina da apposite disposizioni repressive atte a delle Cetine, si annotava “… il regolo (anti- impedire “… l’azione di corruzione o tentativo monio grezzo prodotto dalla fusione della di corruzione di cittadini dello Stato, per ottenere stibina, ndr) si vende alla nostra artiglieria” e comunicazioni di segreti interessanti la potenza “Si ottennero 222 tonnellate di regolo del valore militare…”. di lire 277.500, le quali furono vendute ai nostri Nel 1883 il Ministero di Grazia e Giusti- arsenali militari”. zia (in parallelo con quanto avevano fatto la Ma dopo queste comunicazioni dei pri- Francia ed altri stati europei), ritenendo che missimi anni il silenzio più totale… nep- occorresse colmare le lacune legislative in pure un accenno all’uso militare. Anche materia di sicurezza, presentò il progetto di G.B. Traverso nel suo “L’antimonio” (1897) un nuovo codice penale. In esso si afferma- ne parla in modo molto scarno e solo in va che “chiunque anche indirettamente palesa relazione alla lega con il piombo: “Questa segreti politici e relativi ad operazioni e comunica lega di piombo e antimonio viene impiegata per piani di dette operazioni o documenti segreti che la fabbricazione dei caratteri di stampa, per la interessano la conservazione alla sicurezza dello

15 La prima bomba d’aereo fu utilizzata in Libia, pirono l’importanza e cominciarono un convulso svi- nella guerra Italo-Turca: il tenente Giulio Gavotti del- luppo delle loro forze aeree. la neonata Regia Aeronautica la usò il 1° novembre 16 Nel Corpo di Stato Maggiore fu sempre presen- 1911 per colpire le truppe turche. Subito dopo, come te un Ufficio che si occupò dei segreti di Stato, ma 82 accadde per il fucile a retrocarica, tutti i paesi ne ca- la sua “esistenza” fu resa nota solo il 23 agosto 1906. Stato, ad uno stato estero, o agli agenti di esso; La miniera delle Cetine, dopo 20 anni di ovvero agevoli in un modo qualsiasi ad uno stato media attività, a partire dal 1898, per circa estero e agli agenti di esso la conoscenza di tali dieci anni, ebbe una produttività alta e red- segreti operazioni o documenti è punito con la pri- ditizia, raggiungendo il suo apice negli anni gionia da 15 mesi a cinque anni e con la multa tra il 1899 e il 1904 (Fig. 8) maggiore di Lit. 1.250. Si aumenta la pena se i Poi, nel 1908, impoveritosi il giacimento documenti sono comunicati ad uno stato nemico e in presenza di una profonda crisi econo- e da persona addetta istruita dei segreti ed in pos- mica internazionale che interessò tutti i mi- sesso dei piani o documenti... “. nerali metallici, la coltivazione divenne an- Dal 1883 queste norme, predisposte per tieconomica e la miniera chiuse i battenti18. reprimere gli atti che potevano mettere a L’attività estrattiva riprese però sette anni pregiudizio la sicurezza dello Stato, furono dopo, nel 1915, all’inizio della prima guerra più che sufficienti per “sconsigliare” Tra- mondiale. L’antimonio era indispensabile e verso (e chiunque altro) a divulgare notizie quindi lo Stato Italiano si fece carico delle che potessero infrangerle. Nondimeno, no- spese di gestione19. nostante che da quella data non esista più Nel novembre 1918, terminata la guerra, alcuna traccia scritta che evidenzi la stretta cessarono le sovvenzioni statali e a dicem- connessione tra la coltivazione mineraria bre la miniera era già nuovamente chiusa20. della stibina alle Cetine e l’industria bellica, Lo stato di abbandono durò a lungo, ma gli avvenimenti la testimoniano17. nel 1935 il Ministero delle Corporazioni

Fig. 8 - Immagine della miniera delle Cetine tratta da una cartolina del 1902. Gli edifici in primo piano erano quelli della fonderia che sovrastava la discarica delle scorie di fusione. Dietro la fonderia si vedono gli edifici della direzione, gli alloggi per la mano d’opera e i fabbricati destinati alle altre infrastrutture minerarie. Sulla collina si notano poi il condotto dei fumi e la ciminiera.

17 A confermare questa tesi è anche il singolare pa- aumento, 2 lire al Kg. (contro le 0,70 del 1903 e le 0,58 rallelismo tra le Cetine e la miniera di Su Suergiu, di del 1902, ndr)”. Poi nel 1908, come le Cetine, chiuse. cui Massimo Rassu (vedi nota 3) dice “… l’antimonio 19 Anche Su Suergiu riapre in quegli anni: “… nel - essendo usato soprattutto per usi bellici - ha avuto sempre 1914 si produssero 135 tonnellate di regolo… Ma sarà la sua massima espansione in tempo di guerra. La fine di l’entrata dell’Italia nella Grande Guerra l’anno seguente a ogni conflitto ha rappresentato l’inizio di altrettante crisi riaccendere le sorti della miniera” la cui produzione fu produttive…”. “… assorbita interamente dalle crescenti esigenze della no- 18 Per continuare il confronto con Su Suergiu, stra industria bellica”. Rassu afferma che l’attività estrattiva, iniziata come 20 A Su Suergiu invece le cose andarono in modo abbiamo visto nel 1880, ebbe vari problemi fino al leggermente diverso, l’attività non cessò del tutto, pur 1899, poi “… a partire dall’anno 1900…” la produzio- mantenendosi su un livello medio decisamente molto ne crebbe ed il suo culmine fu quando “la guerra russo- basso fino al 1936, quando la produzione riprese con giapponese degli anni 1904-05 provocò l’esaurimento delle forza, spinta dagli stessi motivi bellici che fecero ripar- scorte dell’antimonio, il cui prezzo di mercato subì un forte tire anche la miniera delle Cetine. 83 (che aveva la delega dell’Industria) dispose sigliabile se non “in caso di grandi necessità...”. che fosse fatto un sopralluogo da parte del Nel 1935/36 per il Regime Fascista, alle Corpo delle Miniere sulle possibilità di ri- prese con le Sanzioni, le “grandi necessità” presa dell’attività mineraria: “Per l’interesse sopraggiunsero: vi fu, infatti, una forte ri- particolare che nei riguardi del Comitato per la chiesta di antimonio per usi bellici dovuta Mobilitazione Civile21, presenta la questione del- sia alla guerra d’Etiopia, sia a quella di Spa- la produzione in Italia dell’antimonio, si prega la gna dove, oltre alla fornitura di armi e mu- S.V. di voler indicare se vi è la possibilità, ed in nizioni alla Falange franchista, vi fu anche quale modo e misura, di riattivare le vecchie mi- l’intervento di reparti di camice nere. niere antimonifere che coltivano il giacimento di Nuovamente sovvenzionata dallo Stato Rosia, e se vi siano indizi tali che consiglino la ri- la miniera tornò così ad essere coltivata, la presa di ricerche per stibina nelle zone indiziate”. produzione ebbe un picco nel 1938, calò nel Il Corpo delle Miniere fece una ricogni- 1939 (erano terminate le ostilità sia in Etiopia zione da cui emerse una situazione disa- che in Spagna), per riprendere con forza all’i- strosa: della fonderia, delle officine, delle nizio della seconda guerra mondiale. tettoie, dei lavatoi non restavano che ruderi; Fino all’8 settembre 1943 la miniera non non esisteva più alcun macchinario; le gal- ebbe cali di produzione23, ma dopo, durante lerie non presentavano “tracce apprezzabili di l’occupazione tedesca del territorio nazio- minerale” e sui piazzali esterni della minie- nale, l’attività estrattiva fu più difficile (ral- ra vi erano solo alcuni cumuli di materiale lentamenti e interruzioni furono dovuti alla povero. Il giudizio finale fu che, forse, nel difficoltà di reperire il combustibile per la giacimento vi era ancora del minerale utile, fonderia ma anche alle formazioni partigia- ma visto il suo basso tenore22, la ripresa della ne di stanza nella zona24). L’esercito tedesco coltivazione non era economicamente con- e il Regime di Salò vollero però continuare

Fig. 9 Grafico della produzione della miniera delle Cetine di Cotorniano nei suoi 70 anni di attività

21 Era un organo di studio e di consultazione della arrestati e denunciati al Tribunale militare di Firenze. Commissione Suprema di Difesa del Governo Fascista. (Del fatto si ha notizia da una nota del direttore al Aveva il compito di individuare le risorse necessarie Corpo delle Miniere ed ai Carabinieri). alla guerra, studiandone la possibile utilizzazione e 24 Nella primavera del 1944 le formazioni parti- riferirne alla Commissione di Difesa stessa. giane della Brigata Garibaldi “Spartaco Lavagnini”, 22 Concentrazione di minerale utile nella roccia che operavano nella zona di Monte Quoio, fecero incassante. varie incursioni nella miniera. La notte tra il 13 e il 23 Nel 1943, dopo la caduta del Fascismo il 25 lu- 14 aprile requisirono tutto l’esplosivo: “trenta ribel- glio, alle Cetine vi fu uno sciopero massiccio: il 17 li armati penetrano nei locali della miniera di antimonio. agosto 125 dipendenti della miniera si rifiutarono Dopo aver immobilizzato la guardia... si impadronirono di recarsi al lavoro (lo sciopero fu politico e legato di kg. 245 di esplosivo e di 600 detonatori”, dal Notizia- a quelli che dal 15 al 20 agosto 1943 si tennero nelle rio GNR (Guardia Nazionale Repubblicana, ndr) del grandi fabbriche di Torino, Milano, Genova, e in mol- 23/4/1944. A giugno, il 4 occuparono la miniera in- te altre parti d’Italia. Le richieste erano: pace imme- terrompendo la produzione e sequestrando esplosivi, diata, liberazione dei detenuti politici, ricostituzione armi ai guardiani, riserve di carburo (Giovanni Verni, 84 delle commissioni interne). Ben 52 minatori furono Cronologia della Resistenza Toscana, Ed. Regione Tosca- la produzione fino all’ultimo momento: la le Cetine rappresenta la cosiddetta località miniera delle Cetine, infatti, era rimasta l’u- tipo (Type Locality, TL nella letteratura in- nica fonte di antimonio ancora in loro pos- ternazionale). Si tratta cioè di minerali nuo- sesso, visto che in Sardegna (dove si trova vi in assoluto che sono stati trovati, studiati la miniera di Su Suergiu) le truppe italiane, e descritti in letteratura per la prima volta fedeli alla monarchia, aspettarono in armi su materiale raccolto alle Cetine. Per altri l’arrivo delle forze alleate, impedendo l’oc- cinque si tratta della seconda segnalazione cupazione dell’isola. in natura. La miniera, dunque, rimase in funzione I minerali ufficialmente riconosciuti fino alla fine di giugno del ‘4425 cessando dall’I.M.A. (International Mineralogical As- la sua attività solo poco prima dello sfon- damento del fronte, quando le truppe tede- Fig. 10: MINERALOGIA DELLE CETINE sche in ritirata minarono e fecero saltare la Minerali identificati 80 (+ 3UK) fonderia per impedire alle forze alleate di poterne usufruire. Località tipo 4 Il grafico della Fig. 9 mostra chiaramen- onoratoite te il parallelismo che intercorre tra l’attivi- briziite tà mineraria (indicata in quantità annue di citineite minerale estratto) e gli eventi bellici del XX rosenbergite secolo. Secondo ritrovamento 5 La miniera chiuse poi, definitivamente, peretaite nel 1949 dopo che, tra la fine del 1946 e coquandite jurbanite nel 1947, fu esaurita la raccolta del materia- elpasolite le residuale giacente sui piazzali o deposto uklonskovite dentro le gallerie26. sociation) sono oltre 5000 e quindi potrebbe sembrare che le 80 specie minerali descritte La Mineralogia delle Cetine di Cotorniano per la nostra miniera siano ben poca cosa,

La stibina Sb2S3 era quindi l’unico mine- ma non è così. Infatti si ha a che fare con rale di interesse minerario, quello cioè che una zona estremamente piccola e circoscrit- veniva coltivato. ta e quindi si tratta di cifre notevolissime. E’ però doveroso evidenziare che fin Nella Fig. 11, il grafico dei minerali tro- dall’inizio e parallelamente all’attività mine- vati alle Cetine è suddiviso in quattro perio- raria fiorirono molte ricerche sulla mineralo- di il primo dei quali (1878-1948) è siglato gia delle Cetine a cura dei maggiori studiosi “dall’inizio alla fine dell’attività mineraria”; italiani come Artini, G. D’Achiardi, Pelloux, in questo periodo furono descritti 14 mi- Manasse, tanto per citarne alcuni operanti nerali. Viene da chiedersi: e gli altri 66 per fra la fine dell’ottocento e i primi del nove- arrivare a 80? La risposta è semplice: dopo cento. la fine dell’attività mineraria gli ingressi alle Dalla Fig. 10 si ricava che i minerali tro- gallerie della miniera rimasero sostanzial- vati alle Cetine fino ai giorni nostri sono mente aperti fino al 1997 permettendo le as- ottanta più 3 UK (unknown, ossia non an- sidue ricerche di moltissimi collezionisti in cora definiti); inoltre per quattro di questi gran parte dilettanti (Fig. 12, 13, 14).

na / Carocci, 2005) e la notte tra il 6 e il 7 portaro- alleati, il personale impegnato era ancora costituito da no via viveri, materiali vari e confiscarono il denaro ben 127 operai (Corpo delle Miniere, rapporto succes- giacente nella cassa (di tutti questi fatti restano anche sivo a visita ispettiva). specifiche note mandate dal direttore alla Questura, al 26 Anche Su Suergiu lavorò a pieno ritmo duran- Corpo delle Miniere e al beauftragte für bergbau (respon- te la guerra e, non avendo subito danni, continuò, sabile per l’estrazione del comando di occupazione con fasi alterne ma in progressiva diminuzione, la tedesco). sua attività fino al 1967, anno della sua definitiva 25 Il 30 marzo 1944, alla vigilia dell’arrivo degli chiusura. 85 Fig. 11 - Grafico dei minerali trovati alle Cetine

Fig. 12 - 13 - 14 Collezionisti al lavoro all’interno della miniera negli anni ’70

Con la successiva collaborazione fra col- alla cifra di 80 minerali più 3 UK e “questa lezionisti e ricercatori dell’Università e del modesta miniera di antimonio diventa una del- CNR si arrivò alla descrizione di circa 70 le località mineralogiche più famose del mondo” specie. La chiusura degli ingressi della minie- (Menchetti et al. 2015). ra, attuata nel 1997 per motivi di sicurezza, Torniamo indietro di qualche riga “Si portò delusione nel mondo dei collezionisti tratta cioè di minerali nuovi… descritti per la che però non si arresero: infatti le ricerche prima volta su materiale raccolto alle Cetine”. continuarono utilizzando la grande quan- Onoratoite, cetineite, brizziite, rosenbergite tità di materiale accumulato nelle cantine sono i nuovi minerali. 86 dei più assidui frequentatori. Si arriva così Ma quante possibilità ci sono di trova- re un minerale nuovo e cosa corrisponde a gite) sono conservati nella “Collezione mi- questa definizione? In realtà il ritrovamento neralogica degli olotipi del Museo di Storia di una nuova specie minerale è meno raro di Naturale di Firenze” mentre quello dell’o- quanto si possa immaginare, anche se para- noratoite è depositato presso l’equivalente gonato ad altri settori delle scienze naturali Museo di Roma. Una delle regole imposte - in particolare botanica e zoologia ove le dall’I.M.A. è infatti quella di depositare il nuove specie sono frequentissime - rimane “campione tipo” presso una struttura ricono- pur sempre un evento non comune. Attual- sciuta che dia garanzie per quanto concerne mente vengono descritte più di 100 nuove le competenze scientifiche e la conservazio- specie ogni anno. Dal 1959 ci sono preci- ne. Da qui nascono le collezioni degli olo- se regole I.M.A. da rispettare ed è necessa- tipi: l’olotipo, da Óloj (intero, tutto) tÚpoj ria una formale approvazione del nuovo (modello), è un singolo campione, esplicita- minerale (e del suo nome) da parte di una mente designato dall’autore, sul quale sono Commissione ad hoc di questo ente inter- state fatte tutte le ricerche necessarie per la nazionale. In tempi neanche molto lonta- descrizione originale della nuova specie. ni, un minerale veniva considerato nuovo Dato che i ricercatori che hanno descritto quando differiva dalle altre specie note per cetineite, brizziite e rosenbergite operavano una composizione chimica sostanzialmente nell’ambito del CNR di Firenze, è ovvio che diversa e per differenti caratteristiche cristal- i tre olotipi siano stati depositati a Firenze, lografiche. Dobbiamo però precisare, anche mentre l’onoratoite scoperta e descritta da se non le descriveremo, che adesso le cose ricercatori romani è conservata a Roma. sono molto più sofisticate e complesse. Nessuno dei quattro nuovi minerali delle L’altro aspetto da chiarire è quello relati- Cetine è stato discreditato, cioè considerato vo ai nomi: come vengono attribuiti i nomi una specie non più valida; questo succedeva ai minerali, in particolare a quelli nuovi? abbastanza spesso in passato, in particolare Nel caso di cetineite, onoratoite, brizziite, prima del 1959, in quanto le attribuzioni di rosenbergite, il primo nome deriva dalla nuovi minerali erano fatte senza un control- località di ritrovamento (Cetine) gli altri 3 lo da parte della comunità scientifica inter- sono dedicati a importanti personaggi del- nazionale. Spesso si trattava di un minerale la mineralogia. Utilizzato anche il criterio identico ad un altro già esistente o di una di dedicare un minerale a personalità non varietà che non aveva diritto a fregiarsi del- del settore (goethite da Johann Wolfgang lo status di minerale. Ad es. la mussolinite von Goethe). Molto utile e mnemonico il venne discreditata in quanto varietà di talco criterio della composizione chimica: calcite e la traversoite (dedicata al più famoso tra i (carbonato di calcio), stibina o antimonite direttori della miniera delle Cetine) poiché (solfuro di “stibium” = antimonio). Citere- era una miscela di crisocolla e gibbsite. mo anche l’utilizzo di alcune caratteristiche Una procedura particolare che è stata se- fisiche tipiche del minerale: l’ortoclasio, dal guita nello studio di uno dei minerali delle greco ÑrqÒj retto e cl£sij rottura, presenta Cetine è quella della “Ridefinizione di una infatti due sfaldature perpendicolari o quasi specie minerale”. Si tratta di questo: avevamo fra loro; la pirite da pàr (fuoco) perché scin- a che fare con un solfato idrato di magne- tilla allo sfregamento. sio e sodio descritto la prima volta da autori

Si usa il suffisso “ite” anche se questo russi con la formula NaMg(SO4)OH·H2O al spesso non è vero per i nomi di minerali di quale venne dato il nome di uklonskovite. vecchia definizione (allume, gesso, ortocla- Il minerale delle Cetine mostrava però una sio, quarzo, ecc.). sicura presenza di fluoro e quindi la formu-

Gli olotipi di tre dei quattro nuovi minerali la era NaMg(SO4)F·H2O, con F al posto di delle Cetine (cetineite, brizziite e rosenber- OH27. Si trattava di una fluorouklonskovi-

27 C. Sabelli, Uklonskovite, NaMg(SO4)F·H2O: new Minéralogie, vol. 108, 133 - 138, 1985. mineralogical date and structure refinement, Bulletin de 87 te oppure la formula degli autori russi non patte di colore verdastro (Fig. 15) in cui so- era corretta? Instaurata una collaborazione vente si osservano piccole sfere di antimo- con il conservatore del Museo Fersman di nio metallico. Mosca e lavorando sull’olotipo lì depositato Si tratta di una fusione malriuscita e è stato appurato che anche il campione rus- quindi gettata in discarica perché non uti- so ha la stessa composizione del minerale lizzabile. delle Cetine. A questo punto è stata propo- La sua struttura cristallina presenta una sta all’I.M.A. la ridefinizione della uklonskovite organizzazione atomica caratterizzata da

con la formula NaMg(SO4)F·H2O e un’ap- tunnel infiniti paralleli all’asse di simmetria

posita commissione sta vagliando il lavoro esagonale, formati da piramidi SbO3, (ca- e stabilirà se cambiare o meno la formula ratteristiche dell’antimonio trivalente) con nella lista ufficiale dei minerali. all’interno potassio, sodio e acqua. In base a Cetineite e brizziite esistono come nuo- queste caratteristiche è divenuta il capostipi- vi minerali solo perché sono stati approvati te di una classe numerosissima di semicon- dall’I.M.A. e descritti in letteratura prima del duttori nanoporosi con struttura definita 1996. Si tratta infatti di minerali antropoge- cetineite-type. nici in quanto trovati nelle scorie di fusione; Infine dalle foto riportate nelle Fig. 16, 17 nella loro genesi è quindi intervenuta la mano e 18 si vede che si tratta di cristalli aciculari dell’uomo. Dopo il 1996 le regole I.M.A. sono di colore dal rosso all’arancio al giallo che cambiate e i prodotti antropogenici non ven- formano un bellissimo insieme. Anche belli, gono più accettati come minerali. Questa re- pur non apparendo colorati, sono i ventagli gola però non aveva e non ha effetti retroattivi di cristalli aciculari visibili (Fig. 19) al micro- e quindi cetineite e brizziite permangono nel- scopio elettronico a scansione (SEM). la lista ufficiale dei minerali I.M.A. Non altrettanto belli ma sempre molto D’altra parte sarebbe stato un vero pecca- interessanti i cristalli di brizziite, ossido dop- to perché la cetineite (dedicata appunto alla pio di sodio e antimonio, anch’essa trovata miniera delle Cetine), ossisolfuro idrato di nelle scorie; si suppone però che questo ma- antimonio sodio e potassio28, è interessantis- teriale non sia, come la cetineite, residuo di- sima per tre motivi: genesi, struttura cristal- retto del trattamento del minerale nel forno lina e aspetto estetico. di fusione ma derivi da alterazione di detriti È stata trovata in scorie di fusione com- al contorno della fornace così da subire un marcato effetto termico29. La brizziite è sta- ta ultimamente rinvenuta anche su matrice naturale (stibina) alla miniera di Pereta ed è dedicata al colonnello Giancarlo Brizzi (Fig. 20) collezionista Dilettante con la D maiuscola, che per lunghis- simi anni è stato l’anima delle ri- cerche e degli studi dei minerali delle Cetine.

Fig. 15 Cristalli arancioni di cetineite dentro una scoria di fusione Coll. Mirco Bonechi (Foto L. Ceccantini)

28 C. Sabelli, G. Vezzalini, Cetineite, a new oxide- 29 F. Olmi, C. Sabelli, Brizziite, NaSbO3, a new mi- sulfide from Cetine mine, , , Neues Jahrbuch neral from the Cetine mine (Tuscany, Italy): description and 88 für Mineralogie, 1987. crystal structure, European Journal of Mineralogy, 1994. Fig. 16, 17, 18 Ciuffi di cristalli gialli e arancioni di cetineite Coll. Valerio Paoletti (Foto B. Fassina)

Fig. 19 Ventagli di aghi di cetineite fotografati al microscopio elettronico Coll. e foto Italo Campostrini 89 Nelle Fig. Inizialmente era stata erroneamente identi- 21, 22, 23 e 24 ficata con la valentinite, come si rileva ad sono riporta- es. dall’etichetta del campione conservato al te alcune foto Museo Doria di Genova (Fig. 22), poi la pre- degli altri due senza del cloro fece capire che si trattava di nuovi minerali una specie nuova30. La rosenbergite infine, delle Cetine. ha una storia che vale la pena di illustrare. L’onoratoi- In letteratura era nota una fase sintetica cri- te si presenta stallina corrispondente al trifluoruro triidra- sotto forma di to di alluminio. Nel 1988 il prof. Rosenberg bellissimi ciuffi segnalava di aver trovato la corrispondente di esili cristalli fase naturale fra le incrostazioni dell’area bianchissimi sommitale del vulcano Erebus, in Antartide. su una matri- Rosenberg però non riuscì a caratterizzar- ce di stibina la come nuovo minerale per la scarsità del Fig. 20 - Giancarlo Brizzi e/o quarzo. materiale disponibile. Negli anni novan-

Fig. 21 e 22 Cristalli di onoratoite Coll. Massimo Batoni (Foto B. Fassina) (sopra) Coll. Museo Doria Genova (Foto L. Ceccantini) (sotto)

30 Belluomini et al., Onoratoite, a new antimony oxy- logical Magazine, 1968. 90 chloride from Cetine di Cotorniano, Rosia (Siena), Minera- ta un materiale sconosciuto fu sottoposto come già osservato da Artini32, spesso i cri- all’attenzione di ricercatori universitari e stalli sono più o meno alterati per la presenza del CNR di Firenze da parte di collezionisti di patine giallastre di stibiconite che possono che lo avevano raccolto alle Cetine. Risultò essere più o meno estese. L’alterazione può chiaramente che quel materiale era identi- essere solo superficiale (Fig. 26) ma può arri- co a quello trovato da Rosenberg e quindi vare ad alterare completamente il cristallo an- l’analogo naturale del trifluoruro sintetico. che nella sua anima interna. In questi casi si In base a questi precedenti31 il minerale fu parla di pseudomorfosi (forma falsa) perché il dedicato al prof. Rosenberg. cristallo non è più di stibina (solfuro) ma di Nelle foto delle Figg. 23 e 24 alcune im- stibiconite (ossido idrato) anche se continua magini di cristalli di rosenbergite la cui bel- a mostrare la forma esterna della stibina. lezza non ha bisogno di commenti. Per finire il gesso, solfato biidrato di cal- Vorremmo chiudere con alcune immagi- cio, minerale comunissimo e molto noto. ni di campioni di stibina e di gesso. Alle Cetine sono stati trovati alcuni dei più La stibina è d’obbligo in quanto é il “mi- bei campioni di gesso in assoluto: bellissimi nerale” per eccellenza delle Cetine. Si pre- geminati a coda di rondine (Fig. 27) ma più senta (Fig. 25) in cristalli prismatici, grigio che altro formazioni di gesso detto coralloi- metallico, anche di notevole lunghezza con de (Fig. 28) le cui bacchette ricurve hanno striature parallele all’allungamento. Però, spesso una fantastica bellezza ed eleganza.

Fig. 23 e 24 Cristalli di rosenbergite Coll. Roberto Fanfani - a sx (Foto B. Fassina) - Coll. Valerio Paoletti - a dx (Foto B. Fassina)

31 32 Olmi et al., Rosenbergite AlF[F0,5(H2O)0,5]·4H2O a E. Artini, Appunti di mineralogia italiana: antimo- new mineral from the Cetine mine (Tuscany, Italy): descrip- nite delle Cetine, Atti Reale Accademia Nazionale dei tion and crystal structure, European Journal of Minera- Lincei, 1894. logy, 1993. 91 Fig. 25 Fig. 26 Cristalli di stibina - Coll. Museo Doria, Genova Cristalli di stibina coperti da una patina di stibiconite (Foto L. Ceccantini) Coll. Museo dei Fisiocritici, Siena (Foto L. Ceccantini)

Fig. 27 Cristallo di gesso geminato a coda di rondine Coll. Museo Doria, Genova (Foto L. Ceccantini)

Fig. 28 Cristalli di gesso coralloide 92 Coll. Museo Doria, Genova - (Foto L. Ceccantini) Breve nota storica sull’antimonio Solo nel XVI secolo i primi iatrochimici34 L’antimonio e il suo solfuro più comune in cominciarono a distinguere l’antimonio dalla natura, la stibina, sono noti fin dall’antichità. stibina. Venivano sicuramente usati per la cosmesi La prima indicazione per ottenerlo figura nel degli occhi fin dall’antico Egitto (Fig. 29). De la pirotechnia, (1540) del metallurgista senese Vannoccio Biringuccio, che precede il noto De re metallica di Georg Agricola (1556) a cui, però, fu attribuita la prima preparazione dell’antimonio metallico; l’errore si spiega col fatto che il testo di Agricola era scritto in latino e, quindi, gli stu- diosi del tempo, che ben lo conoscevano, lo les- sero tutti, mentre quello di Biringuccio, scritto

Fig. 29 - Geroglifici egiziani risalenti al 1890 a.C. Nella parte superiore vi è scritto: “L’arrivo, portando antimonio”. (Tigay, The Posen Library of Jewish Culture and Civilization, 2010) In epoca romana entrambi erano chiamati stibium, mentre dall’Alto Medioevo (800 d.C.) furono indicati con antimonium. Entrambi i nomi erano usati sia per l’elemento sia per il sol- furo perché gli antichi naturalisti e gli alchimisti medioevali non erano capaci di distinguerli tra loro, quindi, confondendoli, usavano indiffe- rentemente lo stesso nome per l’uno e per l’altro. L’origine del nome antimonium è incerta: la spiegazione più accreditata sembra essere la de- rivazione dal greco ¢ntˆ «contro» e mÒnoj uno, unico, solo, quindi con il significato di “contra- rio alla solitudine”, ossia non esistente da solo come elemento nativo. Samuel Johnson33, invece, nel suo dizionario di chimica, ne dà una spiegazione fantasiosa: «La ragione della sua denominazione moderna si può ricondurre a Basilio Valentino, un monaco tede- sco, che, narra la tradizione, dopo aver gettato un po’ di antimonio ai porci, osservò che la sostanza aveva avuto un forte effetto lassativo, terminato il quale gli animali avevano iniziato subito a ingrassare; una dose del genere, pensò quindi, avrebbe potuto far bene anche ai suoi compagni monaci. L’esperimento tutta- via andò così male che i monaci morirono tutti; di conseguenza da allora la medicina ha chiamato questa sostanza antimoine, cioè anti-monaco». Fig. 30 - Currus Triumphalis Antimonii

33 Samuel Johnson (Lichfield, 18 sett. 1709 - Lon- rimedi, basati su medicamenti ricavati da sostanze dra, 13 dic. 1784) fu un critico letterario, poeta, saggi- minerali. Alle esperienze degli iatrochimici si deve sta e biografo inglese. la scoperta di alcuni medicinali utilizzati per secoli 34 La iatrochimica (dal greco „©trÒj, medico) è sta- (alcuni ancora oggi in uso) come l’acetato d’ammo- ta una branca della chimica e della medicina del XVI nio, l’etere dietilico, il laudano, la tintura di colchi- e XVII secolo, che affondava decisamente le sue radici co, quella di ferro e il tartaro emetico, quest’ultimo nell’alchimia, ancora molto diffusa in quel periodo. Il contenente antimonio. La iatrochimica e la iatro- suo massimo esponente fu Philippus Aureolus Theo- meccanica (che riteneva gli organi del corpo umano phrastus Bombastus von Hohenheim, meglio cono- simili a macchine, quindi con struttura e funzione sciuto come Paracelso (1493 - 1541). conoscibili e misurabili) furono i termini di pas- La iatrochimica si prefissava di correlare i pro- saggio verso la chimica, la fisica e la medicina della cessi chimici che avvengono all’interno dell’organi- Scienza Moderna. smo umano con gli stati patologici e con i possibili 93 in italiano, ebbe una “platea” molto ristretta. A dei numerosi testi attribuiti a Basilio Valentino Lipsia fu poi pubblicato (1604) Triumphwagen des abbia usato questo nome come pseudonimo e Antimonij (Fig. 30), poi tradotto in latino, Cur- tale monaco non sia mai esistito. La storia dei rus Triumphalis Antimonii che, come i primi due, manoscritti nascosti e ritrovati è, probabilmen- tratta anche della preparazione dell’antimonio te, solo un falso, inventato forse per rendere più metallico. L’editore, Johann Thölde, narra che il “attraenti” i testi e forse, visto il periodo, anche testo fu trovato nel 1600, nascosto in una colon- per non incorrere nelle “attenzioni” di qualche na dell’abbazia di Erfurt dove l’autore, il mona- inquisitore. co benedettino Basilio Valentino, l’avrebbe na- L’origine del simbolo Sb dell’antimonio si scosto 150 anni prima. Oggigiorno, benché per deve invece a Jöns Jacob Berzelius35, che lo usava secoli sia stato dato credito a questa versione, si abbreviando il nome latino stibium. ritiene che il vero autore (forse lo stesso editore)

Breve nota storica sull’evoluzione della cartuc- sandole fino alla loro sufficiente compattazione. cia e della canna La forma del proiettile cominciò gradata- mente a passare da quella sferica a quella cilin- Le prime cartucce furono preparate per i fu- drico-ogivale che, aveva migliori caratteristiche cili ad avancarica di ultima generazione, ne pos- balistiche. siamo vedere degli esempi nella Fig. 31. Consi- All’inizio le cartucce per i fucili a retrocari- stevano in un sacchetto di carta (da cui il nome) ca erano ancora di carta oppure di cartone, ma contenente sia la polvere che il proiettile. già avevano le caratteristiche di quelle moderne, Il soldato strappava (con i denti) la carta, ver- ossia di essere l’assemblaggio di quattro compo- sava la polvere nella canna in cui, poi, infilava nenti fondamentali: innesco, bossolo, polvere e carta e palla che ribatteva con una bacchetta pres- proiettile (Fig 32).

Fig. 31 - Cartucce per fucili ad avancarica

Fig. 32 Cartuccia a percussione centrale con bossolo in metallo per il fucile italiano “Carcano mod. 91”

Innesco Bossolo Polvere Proiettile

35 Jöns Jacob Berzelius (Väversunda, 20 agosto 1779 - Stoccolma, 7 agosto 1848) è stato un importan- 94 te chimico svedese. Queste non riuscivano però a risolvere il pro- canne”. Fu scoperto, blema di una più o meno cospicua fuga di gas infatti, che scanala- dalla parte posteriore, che persistette fino all’im- ture elicoidali all’in- piego di cartucce a percussione centrale con terno della canna bossolo metallico, che, dilatandosi al momento (Fig. 33) aumentava- dello sparo, chiudeva ermeticamente la culatta, no la precisione del garantendo così una maggior potenza e precisio- tiro stabilizzando ne di tiro. giroscopicamente la Con il bossolo metallico si affermò definiti- direzione del proiet- vamente la forma cilindrico-ogivale del proiet- tile. Per questo dagli Fig. 33 Rigatura elicoidale della canna tile. ultimi decenni del Con la retrocarica e la polvere senza fumo si XIX secolo essa fu utilizzata in tutte le armi da affermò definitivamente anche la “rigatura delle fuoco, dalle pistole ai grandi calibri di artiglieria.

I due autori sono gli editors di “Le Cetine di Cotorniano - miniera e minerali” (AMI, 2015) di cui l’articolo rappresenta un approfondimento. Gli interessati possono contattare Massimo Batoni o Silvio Menchetti. Mail - [email protected] e silvio.menchetti@unifi.it 95 Indice

MASSIMILIANO MASSINI, La pendola riparata ...... pag. 002

ARCIROZZO, Saluto ...... » 0 3

ORIS CARRUCOLI, Le vie di Ambrogio Lorenzetti tra Siena, Massa e Roccalbegna. Economia, devozione e arte nel sistema stradale dell’antico Stato senese ...... » 014

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ROBERTO DONGHI, Un catalogo cinquecentesco dei libri del monastero di San Benedetto a Porta Tufi ...... » 46

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Il sigillo del notaio Guidini, riprodotto a p. 39, ASSi, fondo Ospedale di Santa Maria della Scala, 1188 (a), c. 1r, è pubblicato su autorizzazione dell’Archivio di Stato di Siena, n. 1109/2016 del 4/11/2016.

Le vedute di Ettore Romagnoli, conservate nella Biblioteca Comunale degli Intronati, sono pubblicate su autorizzazione di detta Biblioteca del … Le immagini sono tratte dal volume: Vedute dei contorni di Siena, Siena, Betti, 2000; la Redazione rivolge all’editore Luca Betti sentite espressioni di gratitudine per 96 la collaborazione offerta in questa, come in altre circostanze.