SCUOLA SUPERIORE PER MEDIATORI LINGUISTICI (Decreto Ministero dell’Università 31/07/2003)

Via P. S. Mancini, 2 – 00196 – Roma

TESI DI DIPLOMA DI MEDIATORE LINGUISTICO

(Curriculum Interprete e Traduttore)

Equipollente ai Diplomi di Laurea rilasciati dalle Università al termine dei Corsi afferenti alla classe delle

LAUREE UNIVERSITARIE IN SCIENZE DELLA MEDIAZIONE LINGUISTICA

La figura di Otello tra classicità e modernità

RELATORI CORRELATORI Prof.ssa Adriana Bisirri Prof. Paul Farrell Prof. Kasra Samii Prof.ssa Claudia Piemonte

CANDIDATA: FEDERICA PRINCIGALLI

1 ANNO ACCADEMICO 2016/2017

“Io volerò, io volerò via, come un gabbiano pure se il petrolio mi pesa sul dorso smorzando la scia, io volerò via.” (Petrolio, Vittorio Andrei AKA Cranio Randagio)

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3 Indice

SCUOLA SUPERIORE PER MEDIATORI LINGUISTICI 1 EQUIPOLLENTE AI DIPLOMI DI LAUREA RILASCIATI DALLE UNIVERSITÀ AL TERMINE DEI CORSI AFFERENTI ALLA CLASSE DELLE 1 CANDIDATA: 1 ANNO ACCADEMICO 20___/20___ 2

INTRODUZIONE 6

CAPITOLO I – I GRECI E L’IRRAZIONALE 7 CAPITOLO 1.1 - ATE 9 CAPITOLO 1.2 – LA CIVILTÀ DELLA VERGOGNA. 12

CAPITOLO II – OTELLO 14 CAPITOLO 2.1 - TRAMA 14 CAPITOLO 2.2 – ANALISI 15 CAPITOLO 2.3 – IAGO E OTELLO 18

CAPITOLO 3 – IL FEMMINICIDIO. 22 CAPITOLO 3.1 - LA MORTE E IL DISTACCO FORZATO. 25

CAPITOLO 4 – ORSON WELLES, BIOGRAFIA E OPERE. 27 CAPITOLO 4.3 – OTELLO: ANALISI E PERSONAGGI 40

CAPITOLO 5 – , BIOGRAFIA E OPERE 48 CAPITOLO 5.1 - CAPRICCIO ALL’ITALIANA 51 CAPITOLO 5.2 – CHE COSA SONO LE NUVOLE? 51 CAPITOLO 5.3 – L’INCONTRO TRA TOTÒ, NINETTO E PASOLINI. 53

CAPITOLO 6 – IL PERSONAGGIO DEL DRAMMA: L’OTELLO SECONDO WELLES E PASOLINI 55

CONCLUSIONE 61

INTRODUCTION 63

CHAPTER 1 – THE GREEKS AND THE IRRATIONAL 65 CHAPTER 1.1 – ATE 66 CHAPTER 1.2 - SHAME CULTURE 67

CHAPTER 2 – OTHELLO 68 CHAPTER 2.1 – PLOT 68 CHAPTER 2.2 – ANALYSIS 69 CHAPTER 2.3 – IAGO AND OTHELLO 71

CHAPTER 3 - FEMINICIDE 73

4 CHAPTER 3.1 – DEATH AND FORCED SEPARATION 74

CHAPTER 4 – ORSON WELLES, BIOGRAPHY AND WORKS 75

CHAPTER 5 – PIER PAOLO PASOLINI 80 CHAPTER 5.1 – CAPRICCIO ALL’ITALIANA 81 CHAPTER 5.2 – CHE COSA SONO LE NUVOLE? 81 CHAPTER 5.3 – THE ENCOUNTER BETWEEN TOTÒ, NINETTO AND PASOLINI 83

CHAPTER 6 – THE PROTAGONIST OF THE DRAMA: OTHELLO ACCORDING TO WELLES AND PASOLINI 84

CONCLUSION 86

EINFÜHRUNG 88

KAPITEL 1 - DIE GRIECHEN UND DAS IRRATIONALE 89 KAPITEL 1.1 - ATE 90 KAPITEL 1.2 - SCHAMKULTUR 91

KAPITEL 2 - OTHELLO 93 KAPITEL 2.1 - INHALT 93 KAPITEL 2.2 - ANALYSE 94

KAPITEL 2.3 - IAGO UND OTHELLO 96

KAPITEL 3 - FEMINIZID 97 KAPITEL 3.1 - TOD UND ZWANGSABSCHEIDUNG 98

KAPITEL 4 - ORSON WELLES, BIOGRAPHIE UND WERKE 100

KAPITEL 5 - PIER PAOLO PASOLINI 105 KAPITEL 5.1 - CAPRICCIO ALL'ITALIANA 106 KAPITEL 5.2 - CHE COSA SONO LE NUVOLE? 107

KAPITEL 6 - DER PROTAGONIST DES DRAMA: OTHELLO NACH WELLEN UND PASOLINI 108

SCHLUSSFOLGERUNG ERROR! BOOKMARK NOT DEFINED.

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Introduzione In qualsiasi rappresentazione, teatrale o filmica, Otello viene descritto come un uomo tutto d’un pezzo, un generale valoroso innamorato della sua Desdemona. Amore e onore, dunque: questi due elementi sono per Otello strettamente collegati per vari motivi. Innanzitutto, perché lui, Moro, straniero in terra straniera, ha dovuto combattere la sua piccola guerra personale contro i pregiudizi della società per poter avere Desdemona, di cui è sinceramente innamorato, e in secondo luogo, perché è vivo in lui uno spirito militare che non può sopportare di essere sopraffatto, ingannato o raggirato. Il suo linguaggio all’interno della tragedia, non è quello di uno straniero, ma di un nobile, che utilizza termini aulici e armoniosi. Ma dietro le armi e i bei discorsi c’è un uomo fatto anche di sentimenti e passioni e il problema sorge quando la più intima emozione riesce a prendere il controllo anche del soldato più coraggioso e Otello non può accettare di essere tradito come un qualsiasi marito. Giustizia e vendetta, dunque, per riconquistare l'onore perduto. È proprio a questo punto del dramma che Otello agisce come un qualsiasi eroe omerico, pronto a tutto pur di riconquistare l’onore perso non in battaglia, ma in amore. Non è l’unico tratto in comune che la tragedia di Otello ha con i poemi omerici: mentre Otello sembra vivere nella società della vergogna, Iago ha tutte le caratteristiche dell’antica Ate, la figura mitologica che faceva compiere alle persone terribili atti, di cui le persone si rendevano conto solo quando la catastrofe era ormai manifesta. Iago, accecando Otello di gelosia, provoca la morte dell’innocente Desdemona da parte del cieco Otello.

6 Ecco a questo punto che la tragedia del 1603 diventa un fatto di cronaca nera quotidiana sui nostri giornali: l’ennesima donna uccisa dall’uomo che diceva di amarla. Il regista che più di tutti è riuscito a tradurre in immagine filmica la scena dell’uccisione di Desdemona è Orson Welles, donando alla scena una tragicità e una consapevolezza da parte di Desdemona mai visti prima. A differenza del regista americano, Pier Paolo Pasolini, ci presenta una lettura più comica dell’opera di Shakespeare, arrivando a salvare la dolce Desdemona. Il regista italiano, infatti, deciderà di concludere la tragedia con la morte di Otello e Iago, interpretati da e Totò, che guardando il cielo estasiati, si accorgeranno della straziante, meravigliosa bellezza del creato. Sarebbe però errato affermare che il personaggio di Otello è legato solo al mondo della tragedia e della classicità, in quanto viene spesso strumentalizzato dagli intellettuali e dagli artisti moderni per essere portatore di messaggi ormai tipici della nostra realtà quotidiana.

1. I Greci e l’irrazionale

Siamo abituati a pensare i Greci come maestri della razionalità̀, del logos. Ecco cosa scriveva dei Greci Wilhelm von Humboldt nel 1799 :”Per noi la loro conoscenza non risulta solo piacevole, utile o necessaria: in essi soltanto troviamo l’ideale di ciò che noi potremmo essere e realizzare. Mentre qualsiasi altra parte della storia ci arricchisce di umana saggezza o esperienza, dalla frequentazione dei Greci noi traiamo qualcosa di più che terreno, o meglio, qualcosa di vicino al divino.” La sostanza è sempre la stessa: i Greci sono degli dèi. Questa affermazione ne presuppone immediatamente un’altra,

7 ossia che i Greci non sono come gli altri, sono infinitamente superiori agli altri popoli e se i Greci sono dèi allora non possono essere paragonati agli altri popoli perché il divino, per definizione, non ammette il confronto. La Grecia non è forse la culla della cultura e della filosofia, patria di grandi pensatori, medici, e scienziati? Allora come si può considerare il punto di vista di Eric Dodds che nella sua più importante opera, I greci e l’irrazionale, analizza questa civiltà adottando le stesse categorie che gli etnologi adoperano per le società primitive? A primo impatto saremmo portati a rispondere che si tratta di una singola opera poco convenzionale. Ma guardando la questione più da vicino si noterà che non è così inconsueta e che anzi sarebbe opportuno rovesciare la domanda: “perché ritenere i Greci antichi immuni da forme di pensiero primitive, se non è immune alcuna società che cade sotto la nostra diretta osservazione?” Ma cosa intende Dodds per irrazionale? Nel suo testo non fornisce una definizione chiara e definitiva del termine di per sé molto ambiguo, né sembra che il regius professor di greco a Oxford si sforzi a delimitare e a misurare i confini della propria idea di irrazionale. Ciononostante, sfogliando il testo, è possibile farsi almeno un’idea approssimativa di quello che è l’irrazionalità per Dodds: irrazionali sono la pazzia connotata positivamente, fonte da cui trarre ispirazione e vista come un dono divino, l’influenza del mondo onirico nella vita cosciente, la disgrazia o il male interpretati come conseguenti a una colpa commessa dall’uomo, lo sciamanesimo e la dottrina dell’anima. Un comportamento irrazionale, secondo Dodds, è un comportamento diverso da quello che una mente razionale terrebbe in analoghe circostanze. Egli definisce irrazionale tutti quegli aspetti che l’uomo moderno considererebbe tali; gli stessi che costui, visto che si sente legittimo discendente dei greci, preferirebbe mettere in ombra anche nell’antica culla della cultura. Dodds copre, con la sua analisi, un vastissimo arco di tempo che va dall’VIII al II sec. d.C. e la trattazione prende avvio con un tema caro alla tradizione omerica: la questione dell’ate.

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1.1 ATE

Il vocabolo femminile Ate (ἄτη) significa «sciagura, pena, disgrazia, rovina, punizione». Nei poemi omerici, l’annebbiarsi o lo smarrirsi temporaneo della coscienza normale viene attribuito a fattori esterni che offuscavano la mente dell’essere umano. Nella mitologia greca, Ate «che tutti acceca»2, rappresenta l’errore, una sorta di accecamento che annebbia la mente rendendo inconsapevoli delle terribili conseguenze del proprio comportamento e quindi, più in generale, della sventura che la propria condotta provoca sugli altri e su se stessi.

Così dice pubblicamente Agamennone nel diciannovesimo libro dell’Iliade:

“Io dunque al Pelide mi rivolgerò: ma voi altri comprendetemi, o Argivi, capite bene la parola ciascuno. Spesso questo discorso mi facevan gli Argivi

E mi biasimavano; pure non io son colpevole

Ma Zeus e la Moira e l’Erinni che nella nebbia cammina; essi nell’assemblea gettarono contro di me stolto errore quel giorno che tolsi il suo dono ad Achille.

2 OMERO, Iliade, XIX, 91.

9 Ma che potevo fare? I numi tutti compiscono. 3”

Il brano suggerisce che l’accecamento associabile ad Ate e da essa provocato è un fenomeno complesso. Da un lato Agamennone sembrerebbe imputare la causa dei suoi gesti ad operatori esterni – Ate, Zeus, il Destino, le Erinni – l’inizio della contesa con Achille, ossia la tentazione di rifarsi della perdita della propria concubina sottraendo al suo migliore guerriero la schiava Briseide, provocando l’ira funesta che compare nel primo verso del poema. Non è tuttavia possibile trovare un rassicurante confine tra ciò di cui Agamennone è responsabile e ciò che è indotto dall’esterno. Agamennone era consapevole del dolore e dell’amarezza provocata in Achille dalla decisione di sottrargli Briseide, ma resta sordo a quanto sente da Achille e al biasimo di altri Argivi: ci troviamo di fronte ad un esercizio sordo e cieco dell’autorità; sordo e cieco ai feedback, ai segnali e alle conseguenze che la decisione potrà avere sugli altri e su di sé; sordo e cieco agli effetti indotti dalla decisione. Sordo come sarà Creonte condannando Antigone, nonostante le preghiere del figlio che ne è innamorato.

Soltanto nel riconoscimento tardivo dell’errore commesso e delle sventure provocate a se stessi e ad altri ci si accorge della presenza di Ate: chi agisce sotto l’influenza di Ate non vuole provocare le sventure che accadranno, ma non presta attenzione agli avvertimenti e ai presagi che gli si presentano e solo in modo tardivo si rende conto dell’insensatezza della propria condotta.

Tornando all’Iliade, Omero prosegue il brano precedente con una descrizione di Ate:

3 Iliade, Omero, XIX, vv. 83-90

10 “Ate è la figlia maggiore di Zeus, che tutti fa errare, funesta; essa ha piedi molli; perciò non sul suolo si muove, ma tra le teste degli uomini avanza, danneggiando gli umani: un dopo l’altro li impania. Anzi, una volta fece errare anche Zeus, che dicono è il sommo dei numi e degli uomini: ebbene lui pure Era, che è femmina, ingannò con l’astuzia [...]” 4

Figlia di Zeus e Contesa (Eris), Ate fu cacciata dall’Olimpo dopo aver ingannato lo stesso Zeus, precipitata in Frigia, sulla collina in cui sarebbe stata fondata Troia (il luogo cruciale della mitologia omerica e dell’ira di Achille), Ate vaga nel mondo dei mortali poggiando leggera sulle loro teste, senza che questi se ne accorgano.

Nel diciannovesimo libro dell’Iliade, Omero spiega che si diviene consapevoli e ci si ricorda della presenza di Ate quando la sciagura e il massacro sono ormai manifesti:

“Così quando il grande Ettore elmo lucente massacrava gli Argivi presso le poppe delle navi, non potevo scordare Ate per cui un giorno errai. Ma dal momento che ho errato, Zeus m’ha tolto la mente, voglio farne l’ammenda, dare doni infiniti.” 5

Nel libro nono dell’Iliade viene presentata anche l’immagine delle Preghiere 6 , che inseguono Ate per tutta la terra: Ate corre veloce danneggiando gli umani e le Preghiere la inseguono per riparare alla sventura. Eric R. Dodds ha dedicato all’argomento il primo capitolo del saggio I Greci e l’irrazionale, offrendo una ricostruzione di usi e varianti e

4 Iliade, Omero, XIX, vv. 91-97.

5 OMERO, Iliade, XIX, vv. 134-138. 6 OMERO, Iliade, IX, 504-512.

11 segnalando, in particolare, un passaggio rilevante dal mondo omerico all’età successiva della lirica arcaica e della tragedia: da accecamento proveniente dall’esterno (ad opera di Zeus, del destino e delle Erinni), Ate viene intesa in modo più sistematico come castigo e punizione di una colpa propria o degli antenati. Tanto nel mondo omerico quanto nella tragedia, Ate costituisce un operatore mitologico per dare conto del comportamento irrazionale e di tutte le circostanze in cui il senno viene portato via, distrutto, ammaliato. Nella visione omerica, in particolare, Ate è «una pazzia parziale e temporanea» 7 la cui presenza viene riconosciuta troppo tardi, quando una serie di conseguenze funeste si è già manifestata. In Esiodo, Ate significa anche la pena del comportamento smodato e tracotante che non tiene conto dei limiti (la hybris) con l’idea che il debito da pagare riguardi tanto chi sbaglia quanto i discendenti. Nella tragedia le sfumature sono molteplici. Seguendo alcuni passaggi evidenziati da Dodds, quando Fedra rifiuta di mangiare il Coro si chiede se lo stia facendo per Ate e con il proposito di suicidarsi (Euripide, Ippolito, 276; Dodds, 81). Ate afferra e trattiene tutto come una rete sterminata. Ciò vale per tutti i mortali, ma ha risvolti particolarmente inquietanti quando riguarda chi ha ed esercita un potere, come Agamennone o Creonte. Qui Ate si manifesta con la perdita del senso del limite del proprio potere, di ciò che si può fare e di ciò a cui si può rimediare. Chi diventa sordo e cieco all’ambiente in cui vive, ne prepara l’invivibilità per sé e per gli altri e segue una condotta che tardivamente potrebbe apparigli insensata: “non ero io che agivo”, “non volevo questo”.

1.2 La civiltà della vergogna.

7 DODDS R. Eric, I Greci e l’irrazionale, Milano, Rizzoli editore, 2008, p. 47.

12 L'espressione cultura della vergogna, o civiltà della vergogna, fu utilizzata per prima dall'antropologa americana Ruth Benedict in un saggio sulla cultura giapponese intitolato Il crisantemo e la spada. Modelli di cultura giapponese. L’espressione poi, fu utilizzata da E. R. Dodds nell’opera i Greci e l’irrazionale per far riferimento al modello sociale su cui si basava la società omerica. Egli spiega che i grandi eroi dell’epos greca non si sentivano realizzati sapendo nella propria coscienza di essere gloriosi e pieni di onori, ma dovevano sentirsi considerati tali dalla società. Solo in questo modo sapevano di "esistere". Appare quindi ovvio capire che non bastava il sentimento interiore, ma il giudizio degli altri. Nel caso in cui un eroe avesse perso la pubblica stima, sarebbe potuto arrivare anche a uccidersi. Più in generale, quando un uomo agisce in modo contrario a quel sistema di disposizioni razionali con cui ha convissuto per una vita, il suo atto non è propriamente suo, gli è stato imposto. In altri termini, gli impulsi non sistematizzati, non razionali, tendono a venire esclusi dall’io e attribuiti a origine estranea. Evidentemente è più probabile che questo avvenga quando le azioni sono fonte di acuta vergogna per chi le compie. Possiamo presumere che l’uomo omerico si servisse del concetto di Ate proprio perché gli permetteva di proiettare, in buona fede, il proprio insostenibile senso di vergogna sopra una potenza esterna. Il bene supremo dell’uomo omerico non sta nel godimento di una coscienza tranquilla, sta nel possesso della τιμή (timè), la pubblica stima. La più grande forza morale nota all’uomo omerico, non è il timor di Dio, è il rispetto dell’opinione pubblica. È possibile teorizzare quindi, che il concetto di Ate nella cultura greca sorse non soltanto dall’impulsività dell’uomo omerico, ma anche dalla tensione tra impulso individuale e pressione del conformismo sociale, caratteristica della civiltà della vergogna, in cui tutto quello che espone l’uomo al disprezzo o al ridicolo dei suoi simili, tutto quello che gli fa perdere il rispetto, è sentito come insopportabile.

13 Molti studiosi convergono nel dire che nelle società primitive la catena che teneva uniti i popoli era la paura: paura dell’ignoto, paura dei fenomeni naturali a cui non si riusciva a dare spiegazione e paura gli uni degli altri. La perdita del rispetto e l’essere diversi dal gruppo portava all’esclusione e alla rovina. Rovina vista come punizione inflitta dal gruppo e rovina come totale incapacità di fare i conti con un nuovo mondo da soli.

2 – Otello

Tragedia in cinque atti in versi e in prosa ambientata tra Venezia e Cipro, Otello (il cui titolo originale è The Tragedy of Othello, the Moor of ) viene scritta tra il 1602 e il 1604 a partire dalla trama di una raccolta di novelle dello scrittore italiano Giambattista Giraldi Cinzio.

2.1 - Trama

Otello è un generale moro al servizio della Repubblica di Venezia, sposato in segreto con Desdemona, figlia del senatore Barbanzio. Roderigo, un nobile veneziano innamorato di Desdemona viene a sapere del matrimonio da Iago, un soldato con un forte risentimento per Otello poiché preferì promuovere di grado Cassio al posto suo e perché sospetta che abbia giaciuto con sua moglie Emilia. Iago quindi, induce da subito Roderigo a svelare il tutto a Barbanzio che accuserà in seguito Otello di aver sedotto sua figlia con la stregoneria. Intanto giunge a Venezia la notizia che i Turchi stanno per attaccare Cipro e il Doge riunisce tutti i suoi uomini, tra cui Otello e Barbanzio.

14 Otello chiarisce da subito l’equivoco con Barbanzio, dimostrando al senatore che sua figlia è sinceramente innamorata di lui e parte alla volta di Cipro. Insieme al Moro, partono Desdemona, Cassio, Roderigo e l’onesto Iago. All’arrivo scoprono che l’intera flotta turca è stata distrutta da una tempesta. Intanto Iago cerca in tutti i modi di far destituire Cassio e ci riesce con uno stratagemma con l’aiuto di Roderigo. Con l’ignara complicità della moglie Emilia, fa arrivare il fazzoletto di Desdemona nelle mani di Cassio, convincendo Otello (che osserva di nascosto le due vittime su consiglio di Iago) del tradimento di Desdemona. La gelosia di Otello sfocia in una furia cieca in cui uccide Desdemona nel letto nuziale soffocandola. Emilia rivela a Otello che il tradimento di Desdemona era un’invenzione del marito Iago, il quale la uccide per poi fuggire via. Otello, in preda al rimorso, capisce il suo errore e si pugnala a morte, cadendo sul corpo di Desdemona. Anche quando viene catturato, Iago si rifiuta di spiegare i motivi del suo agire e viene condannato a subire tortura. Cassio, invece, prende il posto di Otello al servizio della Repubblica di Venezia.

2.2 – Analisi

Otello è certamente la tragedia della gelosia. Gelosia intesa come possessività che da secoli degrada la donna a oggetto di cui disporre a proprio piacimento. Se l’onore va difeso con il sangue, allora Desdemona, accusata con prove “inoppugnabili” di adulterio (prove non più solide del fiato con cui Iago le articola), merita di morire. Nella tragedia di Otello, oltre alla gelosia per amore, si riscontra la gelosia in ambito professionale: gelosia di cui sarà vittima Cassio, incriminato dalle stesse prove che condannano Desdemona. Si potrebbe dire che Iago metta in piedi un altro dramma, parallelo a quello che ci presenta l’autore. Si sviluppa così un complesso intrigo metateatrale: abbiamo il teatro di cui ci si può fidare, quello “vero”, scritto dall’autore che

15 ci garantisce che la vicenda accade e continuerà ad accadere nel eterno presente del palcoscenico. Si tratta del teatro che ci vuole insegnare qualcosa, come a non essere ingenui o cercare di riconoscere il male e l’ipocrisia. E parallelamente c’è un altro teatro. Un teatro più oscuro e irrazionale. È il teatro di Iago, mistero centrale della tragedia. Egli ricorre agli stessi artifici di Shakespeare, dal materiale linguistico agli attori, ma stende su tutto un velo distruttivo. Iago ha una vocazione al male di cui egli stesso ci fornisce le motivazioni con parole cariche di cinismo e disprezzo. Per prima cosa, Iago spiega al lettore di aver subìto un torto professionale: Otello infatti, ha preferito l’incapace Michele Cassio a lui per la carica di luogotenente 8 . Questa, anche se inquinata dalle astiose valutazioni soggettive di Iago, sembrerebbe essere la motivazione oggettiva della sua malevolenza nei confronti del Moro (il cui punto di vista sulla selezione dei propri ufficiali non sarà mai espresso all’interno del dramma). In seguito, apprendiamo che Iago avrebbe mire libidinose nei confronti di Desdemona. Il lettore a primo impatto potrebbe credere che Iago sia sincero, ma subito dopo, si scopre che l’arma della sessualità sarebbe solo uno strumento di vendetta: Iago, infatti, è convinto che sua moglie Emilia abbia giaciuto con il Moro9. Automaticamente il lettore inizierà a dubitare che le motivazioni di Iago siano troppe e non collimano assolutamente con l’idea che il pubblico si è fatto e si farà di Otello, Cassio e Desdemona. Essi sono tutti personaggi malati nel teatro messo in piedi da Iago: Otello è epilettico, Roderigo è una sacca di denaro da spremere, un sempliciotto da usare come sicario, Cassio è un soldato incapace, un damerino, un banale contabile fedifrago e alcolizzato; Desdemona ed Emilia sono infedeli e meretrici in quanto donne. Si noti come le informazioni che Iago fornisce sugli altri personaggi vengano trasmesse al pubblico nei molti soliloqui del personaggio:

8 SHAKESPEARE, Otello, I, 1, 8-33. 9 SHAKESPEARE, Otello, II, 1, 285-290.

16 si tratta di spazi autoriflessivi che Iago si ritaglia per fare un bilancio della propria situazione mentale. Il problema è che i molteplici soliloqui non chiariscono la personalità di Iago, bensì la offuscano perché in contraddizione con ciò che lo spettatore vede. Né basterebbe dire che Iago è solo un maligno bugiardo. Lo era anche Riccardo III nella galleria dei personaggi di Shakespeare. Però Riccardo mostrava piena coscienza della dicotomia della sua personalità, fra la figura pubblica e le sue inconfessabili pulsioni. Iago, invece, sembra credere alla realtà che si racconta. Attraverso la parola Iago penetra nel mondo, lo corrompe e lo distrugge. Tutto l’agire di Iago si compie per mezzo della parola e Iago verrà spesso accostato al serpente biblico soprattutto nella scena, non a caso detta della “tentazione”, in cui Iago si insinua nella mente di Otello insinuando che Desdemona e Cassio abbiano una relazione:

Iago:” Ah! Questo non mi piace.”

È con queste semplici parole che Iago si insinua nella testa di Otello, per poi ammonirlo di stare attento alla gelosia, “mostro dagli occhi verdi”. Ora drammaturgo, ora regista, ora attore, Iago si avvale della parola per tessere intorno a Otello la sua rete diabolica. È la parola il vero antagonista di Otello e l’azione distruttiva di Iago si riscontra da subito nel linguaggio del Moro. Esso si configura all’inizio della tragedia come bellezza, armonia, espressione e difesa di valori morali, dell’amore e dei sentimenti. Non appena la psiche di Otello viene distrutta da Iago, si distrugge anche il suo linguaggio. La bella retorica del Moro cede e cade in pezzi. Allo stravolgimento morale che segue non appena nasce in lui la gelosia, corrisponde uno stravolgimento linguistico: le parole si imbarbariscono, l’armoniosità dei primi discorsi sparisce, il ritmo si fa spezzato e ansimante. Otello viene reso cieco dalle parole di Iago che creano un muro tra lui e la realtà, rendendola opaca.

17 Ma Otello non è l’unica vittima di Iago: Roderigo è la prima vittima della sua diabolica fantasia, poi ancora Cassio, fino ad arrivare a Desdemona la vera vittima sacrificale del copione. Copione che terminerà con l’uscita di scena di Emilia, l’unica in grado di sconfiggere Iago, uscendo dal suo copione e quindi ribellandosi al suo autore, prima di esserne uccisa. Otello cade perché non riesce a leggere il mondo e quindi a capirlo. La parola diventa per lui un enigma, mistero e inganno, illusione e simulazione, apparenza che però influisce sulla realtà e la distorce.

2.3 – Iago e Otello

OTHELLO: Not I, I must be found: My parts, my title and my perfect soul, shall manifest my rightly: is it they? IAGO: By Janus I think no.10

Giano è una divinità molto antica del pantheon latino, anche chiamato il Dio solare, corrispondente maschile di Diana, era lui ad aprire e chiudere le porte del cielo. Per questo motivo era il protettore degli inizi, intesi sia come soglie e porte delle case, sia come inizio di una nuova impresa, della vita, dell'anno (a lui era infatti dedicato il primo mese, quello che oggi chiamiamo Gennaio) e veniva invocato ogni volta che si doveva dare il via a qualcosa. Secondo una leggenda, giunse a Roma dalla Tessaglia, navigando per il Mediterraneo. Il suo tempio veniva aperto solo durante i periodi di guerra e

10 SHAKESPEARE, Otello, (I, 2, 29-32)

18 chiuso nei tempi di pace. Sua caratteristica peculiare da cui derivano gli appellativi bicefalus o bifrons era l'avere due volti, uno rivolto verso il passato e un viso rivolto verso il futuro, uno custodisce l'ingresso e l'altro sorveglia l'uscita. Il fatto che l'imprecazione di Iago a Giano avvenga proprio all'inizio della tragedia e proprio all'avvicinarsi di una battaglia navale non può non far pensare alla celebre divinità. Giano è posto all'ingresso della tragedia, e i suoi due volti, contrari ma legati da qualche misterioso e a prima vista inafferrabile legame, potrebbero essere le doppie facce di Iago, oppure quelli di Iago e Otello. E come Giano non può essere Giano con un solo volto, ugualmente Iago e Otello non possono esistere l'uno senza l'altro. È lecito a questo punto domandarsi quanto siano effettivamente diversi i due protagonisti e che cosa li renda, per certi versi, così simili. Proprio le loro somiglianze e differenze sono i punti di contatto tra i volti di Giano. L’ambito militare è il primo tratto che accomuna i due protagonisti: Otello è il capitano di un reggimento della Repubblica di Venezia e Iago è il suo alfiere. Dietro le armi ci sono però due uomini fatti anche di sentimenti e passioni, e il problema sorge quando la più intima emozione riesce a prendere il controllo anche del soldato più coraggioso. Iago è il primo a cadere in questa trappola, con la quale innescherà una serie di meccanismi a catena fino a condurre persino il valente Otello a rimanere preda di passioni altrettanto distruttive. Il sentimento che prende il sopravvento su Iago è individuabile sin dall'inizio, quando alla fine del primo atto afferma chiaramente: “I hate the Moor” 11 . Come afferma il professor McCloskey, dunque, “the basic motivation of Iago is hate”12.

11 SHAKESPEARE William, Otello, I, 3, v. 384. 12 McCLOSKEY C. JOHN, The Motivation of Iago, College English, Vol. 3, No. 1 (Oct., 1941), pp. 25-30

19 Ma dove si trova allora la motivation per Otello? Anche Othello, come Iago, riconosce il proprio valore sul campo di battaglia:

My parts, my title, and my perfect soul, Shall manifest me rightly13 My services, which I have done the signiory, Shall out-tongue his complaints.14

In virtù di questo, sa di poter affrontare il Doge e Brabanzio, sa che l'amore di Desdemona, che ha già ottenuto grazie al matrimonio celebrato in segreto, gli spetta di diritto, come Iago sente di meritare la luogotenenza. In questo caso, quindi, non c'è odio come conseguenza di un orgoglio ferito, ma l'amore per una donna di cui Otello deve dimostrarsi meritevole. Il sentimento che lo lega a Desdemona vale per lui più di ogni altra cosa: allora perché arriva a conseguenze tanto disastrose? Perché perdere la fedeltà di Desdemona significa perdere non solo l'amore ma anche l'onore, ed è proprio qui che Iago voleva arrivare, proprio qui voleva condurre Otello per fargli sentire l'emozione di un'umiliazione insostenibile. Amore e onore, dunque: questi due elementi sono per lui strettamente collegati per vari motivi. Innanzitutto, perché lui, Moro, straniero in terra straniera, ha dovuto combattere la sua piccola guerra per poter avere Desdemona e in secondo luogo, proprio come Iago, perché è vivo in lui uno spirito militare che non può sopportare di essere sopraffatto, ingannato, raggirato come un qualunque marito tradito. Giustizia e vendetta, dunque, per riconquistare l'onore perduto.

13SHAKESPEARE William, Otello, I, 1, vv. 29-31

14 SHAKESPEARE William, Otello, I, 2, vv. 18-19

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“Io non son dentro quel che sembro fuori.”

“I am not what I am”: guizzo tragicamente geniale di reminiscenza biblica: Dio nel libro dell’“Esodo”, 3, 14, dice di sé: “I am that I am”. Iago è per Shakespeare l’opposto di Dio, quasi il demonio incarnato. È il principe dei suoi personaggi malvagi, il più alto, per l’intensità e la sottigliezza d’immaginazione che egli ha messo a prova nel concepirlo, e perché è l’illustrazione vivente di due aspetti della malvagità che più devono aver impressionato Shakespeare: la perfetta combinazione di asocialità e di egoismo in essere umano, e il fatto che questi possano albergare in un individuo di eccezionale forza di volontà e d’intelletto. In nessun altro luogo il male è stato ritratto con tanta maestria, come nel personaggio di Iago “I am not what I am” con sei semplici parole Iago riesce a spiegare tutto il senso della sua azione: non bisogna mai dimenticarsi che lui non è ciò che è, che tutto quello che farà avrà un secondo scopo, che il vero Iago è quello degli soliloqui, non quello che parla davanti agli altri personaggi. Otello, proprio come Iago, si presenta da subito come l'uomo tutto d'un pezzo, certo e sicuro del suo valore e dell'amore di Desdemona. Il sottile insinuarsi di Iago nella sua vita però lo cambia: il veleno di Iago scorre lentamente nelle sue vene, lo confonde e lo inquina. In questo modo Otello entra inesorabilmente a far parte di un mondo silenzioso, fatto di sotterfugi, di sospetti, bisbigli, di sussurri d'amore e di grida soffocate. E qui il valore militare serve a poco, perché quello non insegna a controllare la gelosia e l'invidia. Iago ne è la dimostrazione, è stato il primo a far vedere allo spettatore di non averlo imparato: non sopporta Cassio e lo invidia per la sua posizione.

21 Iago dunque sa dall'inizio che c'è una bella differenza tra essere e apparire, sa che ognuno porta con sé il proprio Giano, pronto a voltarsi in caso di necessità. Alla fine del dramma, Otello si rende conto di non essere più Otello (That's he that was Othello; here I am15), si dissocia da sé stesso, parla di sé al passato e in terza persona.

E mentre Iago, abile maestro della parola ha lasciato che fossero gli altri a macchiarsi le mani di terribili delitti, Otello che era un uomo d’azione ha usato poche parole e ha preferito agire. Il male si può ignorare, si può ricacciare nell’angolo sperando che prima o poi se ne vada. Non sempre però l’attesa è la risposta giusta, soprattutto se torna ogni giorno a farti visita, proprio come Iago fa con Otello.

3 Il femminicidio.

Otello che soffoca Desdemona. Carmen pugnalata da José al Metropolitan di New York. Pia de’ Tolomei, fatta uccidere dal marito che voleva risposarsi con un’altra. “Non svelo il nome del mio assassino – dice Pia quando incontra Dante in Purgatorio – Altrimenti vi ricorderete solo di lui e non di me”.

15 SHAKESPEARE William, Otello, V, 2, v. 285

22 Nel V canto della Divina Commedia di Dante Alighieri c’è il famoso dialogo tra Dante e una giovane donna stretta al suo amante silenzioso. Anche i profani di letteratura sanno quasi sicuramente che parliamo di Francesca da Polenta (o da Rimini) e Paolo Malatesta. La protagonista del canto amoroso della Commedia è stata uccisa con violenza dal marito, tra il 1283 e il 1285, per adulterio. Sono passati secoli, la buona educazione, la cultura, la modernità si sono espanse ed evolute al punto tale da non lasciar scampo a nessuno, o quasi, nei paesi occidentali come il nostro, eppure ancora oggi molte donne sono uccise dai mariti, compagni o uomini a loro vicini.

C’era possibilità di giustificazione decenni addietro per l’impensabile art. 587 del codice penale che attenuava le pene e le colpe in omicidi come quelli sopra citati chiamandoli Delitti d’onore. Ma oggi dietro quale motivazione ci si può nascondere? Donne non solo uccise, ma ammazzate per il solo fatto di essere donne. Una cruenta realtà che ha addirittura portato alla creazione di una parola apposita: femminicidio. Non bastava più uxoricidio e, non ci si può nascondere dietro un neutro omicidio. Chi compie questi crimini compie femminicidi, termine di regolare uso in Italia dal 2008.

“Ha cominciato a circolare, prima di tutto nella stampa, nei giornali e poi a entrare proprio nel circolo della nostra lingua. Contrariamente a quanto si sente ripetere spesso, femminicidio non è una brutta parola. È una parola formata del tutto regolarmente, unendo e componendo insieme la parola femmina, con quella parte finale -cidio, che ha il significato appunto di uccisione. Uccisione di una donna. Non è la parola ad essere brutta e spesso si ha paura delle parole non per il loro aspetto esterno, ma per il significato e per l’avvenimento che evocano” 16.

16 Valeria Della Valle, professoressa associata di Linguistica a La Sapienza

23 Andando a leggere il Rapporto Eures (Ricerche economiche e sociali) riguardanti la violenza di genere ci sono numeri disastrosi, il quotidiano La Repubblica pubblica annualmente un estratto interessante da leggere per rendersi contro della nostra società.

Nel 2011 ci furono 137 vittime.

Nel 2012 crebbe il numero di violenze fisiche e sessuali e le morti furono 124.

La stima sul Rapporto ha calcolato che in Italia tra il 2000 e il 2012 ci sono stati 2220 femmicidi, le vittime sono state, in media, di età compresa tra i 35 e i 54 anni e la percentuale che sempre più spaventa è che il 70,7% degli eventi è capitato in contesti familiari, spesso davanti a dei bambini; del 70,7% il 23% sono ex mariti, compagni, conviventi.

Nel 2013 sono state uccise 128 donne.

Nel 2014, ultimo anno al momento utile per analisi complete a riguardo, si sono verificati 152 uccisioni femminili (117 in ambito familiare e 35 per mano criminale). Il rovesciamento che vide negli anni precedenti un incremento di questi crimini al Sud torna a capovolgersi con una diminuzione del 42,7% nel meridione e un aumento dell’8,8% al Nord. La regione con più casi registrati è la Lombardia (aumento del 58%), con la provincia di Milano in prima linea. Nel corso dell’ultimo decennio sono cresciuti e aumentati i centri antiviolenza sul territorio nazionale, a Novembre 2015 se ne contavano ben 188. Nel 2016 si sono infatti registrati 116 casi, all’incirca uno ogni tre giorni.

Solo nell’ultimo anno nello stivale si sono registrati 6.788.00 vittime di violenze fisiche e morali, di cui il 31.5% tra i 16 e i 60 anni. Le telefonate al

24 Telefono Rosa sono in aumento ma il 12% delle donne non denunciano l’accaduto per pudore, per vergogna.

3.1 La morte e il distacco forzato.

Tra le numerose considerazioni che possono essere svolte sulle dinamiche a fondamento di questo tipo di violenza, ce n’è una – in particolare che riguarda i meccanismi psicologici alla base del nostro rapporto con la morte e il lutto.

Come sappiamo bene tutti, ciò che ci fa maggiormente soffrire quando muore una persona amata è la perdita. Il distacco forzato, che abbia indifferentemente avuto luogo all’indomani di una morte improvvisa o avvenuta in seguito a un lungo decorso patologico, crea dilanianti lacerazioni, spesso insanabili, poiché produce nella nostra vita un cambiamento radicale da un punto di vista sia pratico sia emotivo-sentimentale. Ci sentiamo frastornati, abbandonati, feriti da chi ci ha lasciato. L’elaborazione del lutto risponde proprio alla necessità di far fronte, ogni giorno, all’assenza, quindi al venir meno di consuetudini, con le quali si sono riempite le proprie giornate, di specifici rituali che hanno delineato l’intimità con quell’unica persona.

Perdita, distacco forzato, abbandono, assenza e interruzione sono anche le caratteristiche tipiche della fine di una relazione sentimentale, soprattutto quando non è consensuale. La psicoanalisi e la psicologia ci insegnano la somiglianza tra il lutto per la morte di una persona amata e il dolore causato invece dalla conclusione di un legame amoroso. Colui che è stato lasciato dalla moglie, fidanzata o compagna, magari dopo una lunga relazione, si sente abbandonato e spaesato come nel caso del lutto.

C’è però una sostanziale differenza: a morire, in questo caso, non è la

25 persona fisica, ma la relazione sentimentale, l’amore, il legame, di certo non ne conseguirà la definitiva scomparsa dell’amata. Il non accettare la morte (in questo caso, del legame amoroso), quando prende la forma di una malattia grave, si può trasformare nella ricerca della morte fisica dell’amata: “Ti uccido perché tu non sia di nessun altro e continui a essere mia”. In altre parole, la morte diviene il simbolo della continuazione: “ti ho persa in vita, ti continuo a tenere a me nella morte”.

Vita e morte si scambiano i propri ruoli, secondo colui che è stato lasciato e non è capace di elaborare la perdita. Se la vita di chi lascia necessita del distacco, allora per il lasciato, che rifiuta questo distacco, la morte è l’unica soluzione per evitarlo, per far continuare ciò che è finito.

Tale ragionamento è molto complesso e si integra con molti altri meccanismi psicologici, che coinvolgono il possesso, l’orgoglio, la gelosia, un’educazione infantile manchevole, a partire da cui si sono sviluppati traumi, disturbi della personalità, frustrazioni. In altre parole, il cosiddetto “femminicidio” è la conseguenza di un mix letale di aspetti culturali, personali, educativi e patologici. Inoltre, non va dimenticato che, spesso, l’uccisione della compagna o la violenza commessa nei suoi confronti avviene quando la relazione è ancora in corso, non necessariamente a seguito della sua rottura.

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4 – Orson Welles, biografia e opere. Orson Welles nacque a Kenosha (Wisconsin), secondogenito di Beatrice Ives e di Richard Welles. Fin dalla nascita i genitori impartirono al figlio un'educazione poco convenzionale, indirizzandone il precoce talento verso differenti forme artistiche: Welles imparò subito a suonare il pianoforte grazie agli insegnamenti di sua madre e iniziò presto a dedicarsi anche alla pittura. Welles fece la sua prima apparizione teatrale a tre anni, come comparsa nel Sansone e Dalila, rappresentato all'Opera di Chicago, cui seguì la parte del bambino in una versione della Madame Butterfly. Nel 1919 i suoi genitori si separarono e Orson seguì la madre a Chicago, a fianco della quale frequentò ambienti artistici e intellettuali. Il 10 maggio 1924, Beatrice Welles morì improvvisamente. La dolorosissima perdita ebbe profondi effetti sulle scelte artistiche di Orson Welles, che tornò a vivere col padre e decise di abbandonare per sempre la carriera musicale. A dieci anni, Welles si dedicò alle rappresentazioni studentesche e diresse e interpretò il suo primo spettacolo Il Dottor. Jekyll e Mr. Hyde. Intraprese poi gli studi alla Todd School di Woodstock (Illinois), una scuola d'avanguardia diretta dal professor Roger Hill, che Welles citerà più volte come maestro e come colui che gli fornì gli spunti artistici e letterari su cui avrebbe basato la propria carriera e che avrebbe influenzato la sua creatività. Durante i cinque anni trascorsi alla Todd School, Welles proseguì le proprie esperienze teatrali e letterarie, recitando in tragedie e drammi storici shakespeariani e cimentandosi perfino nella magia e nell'illusionismo. In questo periodo diresse anche una versione

27 del Giulio Cesare di Shakespeare, con la quale vinse il premio dell'Associazione Drammatica di Chicago per la migliore realizzazione teatrale scolastica. Nel 1930 il padre morì, lasciando il quindicenne Orson sotto la tutela del dottor Bernstein (in seguito immortalato da Everett Sloane nel personaggio di Mr. Bernstein in Quarto potere). L'anno seguente il ragazzo si diplomò alla Todd School e, dopo aver frequentato brevemente il Chicago Art Institute, ottenne dal dottor Bernstein il permesso di rinviare l'iscrizione all'Università di Harvard e di partire per l'Irlanda, con l'obiettivo principale di sfondare nella pittura. Welles dapprima visitò le Isole Aran e si trasferì poi a Dublino, dove esaurì le proprie finanze. Welles decise di tentare la strada del teatro e si presentò quindi a Hilton Edwards, direttore del Gate Theatre di Dublino, sostenendo di essere un famoso attore newyorkese e ottenendo un ingaggio fra gli attori principali. La sua prima interpretazione fu il duca Karl Alexander del Württemberg nell'edizione teatrale di Jew Sűss. Nel 1933, dopo aver lavorato per due anni come regista e attore in diversi spettacoli anche presso l'Abbey Theatre, Welles decise di trasferirsi a Londra per cimentarsi nel teatro inglese, ma gli fu rifiutato il permesso di lavoro; fu costretto quindi a rientrare negli Stati Uniti, dove realizzò spettacoli presso la Todd School e collaborò con Roger Hill alla stesura di una serie di saggi su Shakespeare.

Nel 1934 il diciannovenne Welles sposò l'ereditiera Virginia Nicolson, dalla quale nel 1937 avrà una figlia. Nel 1934 girò il suo primo cortometraggio alla Todd School, The Hearts of Age, nel quale interpretò la grottesca figura della Morte e a cui partecipò anche la moglie Virginia nel ruolo di un'anziana gentildonna. Questo breve film muto, dal contesto simbolico e drammatico, si ispirava all'opera di registi dell'epoca, da Erich von Stroheim a Luis Buñuel, ai surrealisti francesi. Già in questo cortometraggio si nota come la composizione dell'immagine caratterizzi in maniera evidente la tecnica

28 registica di Welles. In soli quattro minuti la pellicola presentava già tutti gli elementi della futura produzione cinematografica di Welles. Anche l'accuratezza del trucco rappresentò un elemento fondamentale e rivelò una tendenza che Welles sviluppò nel corso della sua carriera di attore, quella del camuffamento e del travestitismo, con l'utilizzo di elaborate tecniche di trucco; in The Hearts of Age, Welles apparve come un vecchio, anche se aveva solo 19 anni. Nel 1934 Welles si trasferì definitivamente a New York, riuscendo finalmente a debuttare a Broadway, dove recitò la parte di Tibaldo in Romeo e Giulietta. Welles iniziò inoltre a lavorare alla radio, realizzando spettacoli come America's Hour, Cavalcade of America, Columbia Workshop: Hamlet e The March of Time (programma di cui farà una parodia all'inizio di Quarto potere). Nello stesso periodo Welles intraprese la collaborazione artistica con il regista e produttore teatrale John Houseman, mettendo in scena lo spettacolo Panic, cui seguì una rappresentazione storica che iniziò a contribuire alla sua notorietà: il Voodoo Macbeth, la versione più rivoluzionaria del Macbeth mai vista fino ad allora; il lavoro consistette in una trasposizione del Macbeth di Shakespeare, in cui l'azione venne trasferita dalla Scozia ad Haiti e in cui le classiche tre streghe furono sostituite da 40 stregoni vudù. Altra particolarità fu la composizione del cast, interamente formato da attori di colore, scelti personalmente da Welles per le strade di Harlem. Il Voodoo Macbeth debuttò il 14 aprile 1936 al Lafayette Theatre di Harlem e dopo due mesi di repliche venne rappresentato per altri due mesi all'Adelphi Theatre di Broadway.

Il periodo dell'affermazione di Welles coincise con un momento di forte impegno sociale da parte del mondo teatrale americano, che portò in scena molti successi attraverso il frutto del lavoro di diverse attività di gruppo. Una delle maggiori tra queste associazioni teatrali collettive fu il Federal Theatre,

29 che a New York vantava quattro grosse compagnie e nell'ambito della quale Welles proseguì la collaborazione con John Houseman. Chiusa l'esperienza del Federal Theatre, Welles e Houseman fondarono una nuova compagnia di prosa, il Mercury Theatre, con l'intento di mettere in scena opere classiche e moderne. La compagnia debuttò con una versione del Giulio Cesare di Shakespeare ambientata nell'Italia fascista, una rappresentazione che suscitò subito diverse polemiche: oltre a Welles nella parte di Bruto, il personaggio di Giulio Cesare venne caratterizzato presentando molte analogie con la figura di Mussolini.

Memorabile rimane la trasmissione andata in onda il 30 ottobre 1938, durante la quale il ventitreenne Welles interpretò un adattamento radiofonico scritto da Howard E. Koch de La guerra dei mondi, romanzo di fantascienza di H. G. Wells. Il programma scatenò il panico in gran parte degli Stati Uniti, poiché molti radioascoltatori credettero che la Terra stesse effettivamente subendo l'invasione da parte di una flotta di astronavi marziane

Welles sapeva che la CBS trasmetteva su frequenze vicine a quelle della più seguita NBC, dove nello stesso momento andavano in onda le popolari trasmissioni del comico e ventriloquo Edgar Bergen, ma sapeva anche che Bergen, in un momento ben preciso della sua trasmissione, mandava sempre in onda uno stacco musicale durante il quale il pubblico tendeva a cambiare stazione: fu in quel momento che Welles decise di far atterrare i suoi marziani. La scelta si rivelò efficace perché gli Stati Uniti piombarono nel caos. La vicenda narrata nel romanzo venne interpretata da Welles come una

30 reale radiocronaca, con l'unico intento di risultare avvincente per il pubblico. L'adattamento del romanzo simulò infatti un notiziario speciale, che a tratti si inseriva sopra gli altri programmi del palinsesto, per fornire aggiornamenti sull'atterraggio di astronavi marziane a Grovers Mill (New Jersey). Il risultato fu fin troppo realistico e andò oltre le aspettative dell'autore stesso. La vicenda si trasformò in un enorme ritorno pubblicitario per Welles, tanto che la RKO si fece avanti proponendogli un contratto per la realizzazione di tre film a Hollywood.

Fin dal momento del suo arrivo a Hollywood, Welles ricevette tiepide accoglienze: pochi invitati presenziarono al ricevimento in suo onore, mentre i giornali e i caricaturisti ironizzarono subito sulla barba che si era fatto crescere per un ruolo teatrale. Welles però ignorò questi atteggiamenti e si concentrò sul suo progetto e sulle sue ambizioni di regista.

Il successivo 21 agosto sottoscrisse con la RKO Pictures il più vantaggioso contratto mai offerto da uno studio.

Per il suo primo progetto alla RKO, Welles iniziò a lavorare a un adattamento del romanzo Cuore di tenebra (heart of darkness) di Joseph Conrad. La sceneggiatura, che venne realizzata in poco tempo, prevedeva alcune variazioni rispetto al romanzo: nel testo originale di Conrad, la storia si svolgeva partendo dal Tamigi a Londra fino ad arrivare nel cuore della giungla attraverso la risalita del fiume Congo; nella versione di Welles, l'azione venne attualizzata e si spostò a New York, con il fiume Hudson che sostituì il Tamigi. Il personaggio di Marlow diventò americano e quello di Kurtz assunse caratteristiche che alludevano alla figura di Hitler. Ma l'elemento essenziale di questa versione di Welles non sta nella concezione della trama, quanto soprattutto nell'originalità di concepire la tecnica filmica e che il giovane

31 regista intendeva esplorare ricorrendo alla narrazione mediante la soggettiva della macchina da presa. Nella visione di Welles, Marlow non era infatti mai visibile in scena, in antitesi con la versione di Conrad, in cui invece Marlow è il narratore in prima persona di tutta la vicenda; la concezione wellesiana in effetti sostituì il personaggio con l'obiettivo della macchina da presa, nel quale lo sguardo del protagonista avrebbe dovuto identificarsi. Solo in alcuni punti si poteva vedere una sigaretta accesa o l'ombra del personaggio. L'idea di Welles era quella di prestare la voce a Marlow e di interpretare anche il personaggio di Kurtz.

Il progetto però fallì per molteplici circostanze. La RKO non si dimostrò disposta a riporre fiducia in una tecnica registica così rivoluzionaria e il budget del film si rivelò troppo alto, vista anche la necessità di allestire un set che ricostruisse gli ambienti africani. Nel 1948 Welles lasciò definitivamente la cittadina californiana e si trasferì in Europa, dove iniziò a concentrarsi su una nuova trasposizione di un dramma shakesperiano, l'Otello, che intendeva dirigere e interpretare. La necessità di finanziare questo progetto lo costrinse ad accettare alcune parti in film americani realizzati in Europa, quali Cagliostro (1949), Il principe delle volpi (1949) e La rosa nera (1950). Nel 1958 Welles accettò un incarico dalla Universal Pictures per dirigere e interpretare L'infernale Quinlan, un film inizialmente di ambizioni modeste che si rivelò invece, secondo il parere degli storici del cinema e di parecchi estimatori, come un altro capolavoro assoluto di Welles, che qui ritrovò la sua inesauribile creatività di regista, ricorrendo a lunghissimi piani sequenza, ad audaci movimenti aerei di gru e a delicate carrellate senza stacchi per assicurare la continuità dell'azione.

Già vincitore di un Oscar nel 1942 per la miglior sceneggiatura originale di Quarto potere, nella sua carriera Welles ottenne altre quattro candidature, e nel 1971 venne insignito dall'Academy of Motion Picture Arts

32 and Sciences di un premio alla carriera "per la superlativa capacità artistica e la versatilità dimostrata nella creazione di opere cinematografiche". Grande opera di questi anni fu anche il documentario F come falso (1973). Girò anche Filming Othello (1978), un documentario dove rievocò la travagliata e avventurosa lavorazione del film Otello e narrò parte della propria biografia.

Di costituzione robusta fin dalla nascita, Welles raggiunse un certo grado di obesità con l'avanzare degli anni, e dovette far fronte anche a problemi cardiaci.

Orson Welles morì a Hollywood, per un attacco cardiaco, il 10 ottobre 1985. Negli Stati Uniti, le reazioni alla sua scomparsa furono nettamente diverse da quelle nel resto del mondo: mentre fuori dall'America i necrologi ponevano l'attenzione sui risultati artistici conseguiti da Welles in quasi mezzo secolo di attività, nella sua patria i commenti vertevano principalmente su una carriera dal debutto spettacolare seguita da una quarantina d'anni di attività discontinua.

“ora vi racconterò la storia dello scorpione. Uno scorpione voleva attraversare un fiume e chiese ad una rana di trasportarlo. “no", disse la rana “no, grazie. Se ti portassi sul dorso potresti pungermi e la puntura di uno scorpione è mortale.” “Ma” disse lo scorpione “dov’è la logica?” (gli scorpioni cercano sempre di essere logici.) “Se ti pungessi, tu moriresti e io affogherei.” La rana si convinse e lasciò che lo scorpione le salisse sul dorso. Ma proprio nel bel mezzo del fiume sentì un dolore terribile e si rese conto immediatamente che lo scorpione l’aveva punta. “E la logica?!” gridò la rana cominciando a discendere verso il fondo con lo scorpione. “Non è logico quello che hai fatto!” “Lo so” disse lo scorpione “ma non posso farci nulla; è il mio carattere.” Beviamo al carattere!

33 Questa metafora della fondamentale incapacità delle persone di cambiare la propria natura o di sottrarsi al destino cui la loro personalità conduce era un motivo ricorrente nella vita e nell’opera di Orson Welles. Questa antica favola araba che Welles sosteneva di aver sentito una volta per poi inserirla nel suo film Rapporto confidenziale del 1955 è rappresentativa di quello che probabilmente è il tema che più gli stava a cuore: che nella vita la maggior parte delle persone è sia scorpione, sia rana, vittima della natura e del destino altrui così come del proprio. Nei suoi film Welles fece la parte dello scorpione con personaggi diversissimi tra loro, come Charlie Kane o Harry Lime, e quella della rana, con personaggi quali Otello e Falstaff. A Orson Welles e alla sua carriera da regista, attore, produttore, sceneggiatore televisivo, radiofonico e teatrale, personaggio televisivo di talk show e varietà, romanziere, mago professionista, giornalista per quotidiani e riviste, venne dato più credito oggi di quanto si facesse quando era ancora in vita, lo stesso Orson Welles aveva detto nel 1855, pochi anni prima di morire: “Dio quanto mi ameranno quando sarò morto”. 17

Capita a chi faccia critica letteraria di occuparsi della Commedia o di Leopardi. A chi commenti l’architettura, del Partenone o delle cattedrali gotiche. A chi si occupa di pittura, di trattare degli Scrovegni o della Cappella Sistina; la musica di Bach o Mozart o Beethoven e via dicendo per le altre forme. Analogo il discorso, pur con le dovute proporzioni, per Orson Welles e il suo Citizen Kane: probabilmente il film più discusso, commentato e studiato. Titolo originale: Citizen Kane Origine: Stati Uniti

17 Orson Welles ne “Il teatro secondo Orson Welles”, pagina 12. Peter Bogdanovich,

34 Prima proiezione pubblica: New York,1 maggio 1941 Regia: Orson Welles Sceneggiatura e dialoghi: Herman J. Mankiewicz e Orson Welles Fotografia: Gregg Toland Scenografia: Van Nest Polglase, con Perry Ferguson Costumi: Edward Stevenson Musica: Bernard Hermann Produzione: Mercury Theatre per RKO Radio Pictures Produttore: Orson Welles Riprese: 29 giugno-23 ottobre 1940 Durata: 120’ (117’13’’) Oscar: sceneggiatura originale Nomination all’Oscar: miglior film; miglior regia; miglior sceneggiatura; miglior attore; fotografia in bianco e nero; direzione artistica per il bianco e nero; montaggio; suono; colonna sonora; outstanding motion picture; Date e titoli di diffusione: Brasile, 16 giugno 1941 (Ciudadão Kane); Argentina, 27 agosto 1941 (El ciudadano); Portogallo, 27 ottobre 1941 ( O Mundo a Seus Pés); Australia, 15 gennaio 1942 (Citizen Kane); Inghilterra, 14 gennaio 1942 (Citizen Kane); Grecia, 26 gennaio 1942 (Politis Kane); Spagna, 11 febbraio 1946 (Ciudadano Kane); Francia, 3 luglio 1946 (Citizen Kane); Italia, ottobre 1947 (Quarto Potere).

Quarto potere è il primo lungometraggio del regista venticinquenne, liberamente ispirato alla biografia del magnate William Randolph Hearst. Le riprese durarono dal 29 giugno 1940 al 23 ottobre 1940.

35 “Non faccia promesse signor Kane, se non è sicuro di mantenerle” “Queste saranno mantenute”, risponde Charles Foster Kane, come chi azzittisce il proprio amante.

Alcuni istanti dopo nel film, ma sei anni dopo nella vita di Kane, c’è una festa nell’ufficio del giornale. Kane sta per partire per un viaggio. Ad un tratto Kane chiama Mr. Barnstein e il fidato signor Barnstein risponde con un semplice “Si?”, in attesa della risposta di Kane che non tarda ad arrivare: ”Non crede che manterrò nessuna di quelle promesse, non è vero? La folla scoppia in una risata: è una festa, ma allo stesso tempo è un momento tragico. Mentire non è solo una via d’uscita per Kane. Egli sa che la menzogna fa parte di se, è parte del suo fascino e della sua forza. Charles Foster Kane così come Orson Welles. Dobbiamo solo decidere quando mentiva consapevolmente e quando meno.

Orson Welles affrontava l’ennesima crisi economica quando incontrò Mankiewicz, che gli propose di raccontare in un film la storia di un grande mgnate, iniziando dalla sua morte e descriverla partendo da diversi punti di vista, di tutte le persone che lo avevano conosciuto e affrontato. Mankiewicz propose John Dillinger e Aimee Semple McPherson come possibili candidati, ma non appena parlò con Welles si decise di trattare la vita di William Randolph Hearst. Tornando indietro, chiunque avrebbe affermato che quella fosse stata una sua idea. Eppure, per Welles e Mankiewicz la collaborazione così come la competizione, erano del tutto naturali. Vivevano e sognavano insieme,

36 probabilmente parlavano anche nello stesso momento, interrompendosi, tale era la loro sintonia. L’uno stava salvando l’altro. Qualcosa di molto profondo e radicale ne uscì dall’idea di Mankiewicz per la realizzazione del film, ma di certo si trattava di un’unica idea. In ogni discussione e intervista, Welles ci tenne a precisare che l’idea di “Rosabella” era stata un’idea del suo collega, che tra l’altro gli era sempre sembrato un espediente forzato e innaturale. Ma doveva esserci un qualcosa, un’ultima parola che ispirasse tutto il processo del film.

Sequenza I – La morte di Kane “No trepassing” (vietato oltrepassare), così recita in primissimo piano un cartello apposto a una recinzione che si svela essere, con un movimento ascendente della ripresa, un cancello barocco alla cui sommità campeggia la lettera “K”, inscritta in un cerchio metallico. Lo spettatore verrà portato a violare il cartello iniziale e vedrà un imponente castello in alto sulla destra. Per i primi attimi, un’improvvisa nevicata a tutto schermo, si rivela essere rinchiusa in una boccia di cristallo contenente una casa ricoperta di neve. Dettaglio di una bocca con dei baffi che pronuncia la misteriosa parola “Rosebud”, appena prima di farsi sfuggire di mano la sfera, che cade sul pavimento infrangendosi in mille pezzi. Entra, in seguito, dalla porta sullo sfondo un’infermiera, ripresa per un istante da un frammento di cristallo con effetto deformante. La donna si avvicina all’uomo, ne constata il decesso, gli ricongiunge le mani sul petto, lo copre con un lenzuolo e infine si allontana. Nuova inquadratura della finestra, con il letto su cui ora sappiamo giacere un cadavere.

37 Sequenza II – Il cinegiornale Sigla di News on the March, nel numero speciale che annuncia la morte del signore di Xanadu. Seguono le immagini del “più bizzarro funerale del 1941” a Xanadu: così lo spettatore viene finalmente a sapere che il defunto è “Charles Foster Kane, potente figura del nostro secolo, vero Gran Khan americano”. Si ricostruiscono nascita ed estensione dell’impero di Kane: trentasette testate, due sindacati, un network radiofonico, catene di negozi, cartiere, case, industrie, foreste, linee di navigazione: il tutto scaturente da una miniera d’oro, la terza per importanza del mondo. Si tenta di ricostruire la storia della sua ricchezza, da quando nel 1868, sua madre Mary aveva ricevuto in eredità una vecchia miniera. Si narra la vita politica dal 1895 al 1941: per quarant’anni i suoi giornali hanno influenzato la vita politica, sostenendo o attaccando le maggiori personalità (lo si vede con Roosevelt, Hitler e Goering). La sua vita privata è segnata da due matrimoni e altrettanti divorzi: prima con la nipote di un presidente Emily Norton e poi con la cantante lirica Susan Alexander.

Sequenza III - Rosebud. In nove minuti si possono sintetizzare efficacemente i fatti che hanno contraddistinto la vita di un uomo, ma non coglierne l’essenza del suo carattere e i misteri della sua personalità. Il responsabile della redazione, Rawlston, chiede al collega Thompson di approfondire l’indagine, per scoprire chi fosse davvero questo grande americano, partendo dalla misteriosa parola pronunciata da Kane in punto di morte.

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39 4.3 Otello: analisi e personaggi A poco tempo dalla rappresentazione di Macbeth del 1948, Orson Welles decide di adattare un altro capolavoro shakespeariano: l’Otello. La travagliata vicenda della realizzazione dell’Otello è stata descritta in numerosi saggi cinematografici e raccontata dal regista in persona in un documentario del 1978 per la televisione dell’ex Germania Ovest, intitolato Filming Othello. L’Otello richiese quattro anni di lavoro dal 1948 al 1952, con riprese molto frastagliate a causa di problemi inerenti ai finanziamenti, il cast e gli allestimenti. Inizialmente fu la Scalera Film (1938-1950), una casa di produzione italiana, ad accettare il progetto di Welles. Tale società pero, fallì durante le riprese del film. È lo stesso Orson Welles a raccontare a Peter Bogdanovich uno dei tanti aneddoti legati a questa situazione economica non proprio idilliaca, come nel caso della realizzazione della scena dell’omicidio di Roderigo. Si tratta della scena in cui Roderigo cerca di uccidere Cassio: Shakespeare nell’atto V della sua tragedia ambienta la scena in una strada di Cipro, mentre Welles, non avendo ricevuto i costumi, decise di ambientare la scena in un bagno turco, dotando gli attori dell’unico costume necessario in quel contesto: un asciugamano.

“Arriviamo in questo porto fuori del mondo – è un posto poco noto, un porticciolo fuori mano sulla costa atlantica del Marocco - e tutti quanti prendiamo alloggio negli alberghi. Due giorni dopo ci arriva un telegramma: i costumi non arrivano perché non sono finiti. Il giorno dopo, un altro telegramma: i costumi non arrivano perché non li hanno cominciati. Poi arriva il telegramma finale: la Scalera Film è fallita. Così mi ritrovavo con una troupe di cinquanta persone in Nordafrica e niente soldi, anche se avevamo la pellicola e le macchine da presa. Ma come si fa a girare Otello senza costumi? Così mi è venuta l’idea di girare due rulli in un bagno turco,

40 perché se i personaggi stanno in un bagno turco non indossano costumi. E abbiamo lavorato in un bagno turco per tre settimane, mentre una serie di sartorelli locali – con delle riproduzioni di Carpaccio attaccate alla parete – tagliava gli abiti; i costumi erano tutti basati su quadri suoi. Progettavo di mostrare molto di più la corruzione della cristianità veneziana, di quel “mondo di scimmie”, come li chiama Otello. Ma ho dovuto rinunciare quando sono stato costretto a girare senza i costumi”

Il genio di Welles reinventa tutta l’ambientazione, trasformando quella che inizialmente era una necessità nell’opportunità di rileggere la scena e amplificarne la drammaturgia shakespeariana. Il cambio di ambientazione può anche essere letto come un espediente per sottolineare la situazione e i personaggi: il fumo rilasciato dai bagni turchi esprime l’atmosfera di complotto che si stava creando; i drappi utilizzati per vestire i personaggi ne esaltano il carattere bestiale e barbarico. A seguito della chiusura della Scalera Film, Welles ebbe molte difficoltà nel riunire il cast durante le riprese: nel primo stop forzato MacLiammóir (Iago) e Hilton Edwards (Barbanzio) andarono a Dublino per la riapertura della stagione teatrale, non potendo quindi essere presenti sul set per molto tempo. La stessa Desdemona fu interpretata da tre attrici diverse: Lea Padovani, Besty Blair e Suzanne Cloutier. Anche in questo caso, però, il genio del regista risolve l’ennesimo problema con una serie di inquadrature e fuori campo, escamotage che fanno sembrare che Desdemona sia interpretata dalla stessa attrice. Welles, quindi inizia a finanziare personalmente la produzione e il film fu costretto a subire tre battute d’arresto: inizialmente il regista pensò di girare le riprese nel Sud della Francia, ma il progetto non venne realizzato. Girò alcune scene a Venezia e alla fine decise di utilizzare alcune ambientazioni reali per gli esterni: venne così impiegata la fortezza di Mogador, in Marocco.

41 La ricostruzione degli interni, invece, venne realizzata in quattro località diverse del Marocco e cinque località italiane. Il rischio di svolgere le riprese in così tante location era quello di una mancanza di omogeneità ambientale, che però ancora una volta Welles riuscì a risolvere con l’uso sapiente della macchina da presa. Nell’analisi dell’Otello di Welles va tenuto in considerazione un aspetto particolarmente importante del regista: mentre noi ci cimentavamo nelle realizzazioni filmiche dei drammi di Shakespeare, Welles non realizzava la mera trasposizione dell’opera teatrale, bensì alterava i testi a favore dell’efficacia filmica. A differenza di molti altri registi che si sono cimentati nell’adattamento dei drammi shakespeariani, Welles continua ad affermare il primato dell’immagine cinematografica sull’aderenza al testo originale. Il mondo che il regista infatti costruirà per il suo Otello è una vera e propria prigione, un covo di ombre che provocano una forte sensazione di oppressione. Già dall’inizio del film si nota discrepanza con l’opera di Shakespeare: mentre l’opera originale inizia in una strada a Venezia con un dialogo tra Roderigo e Iago, la pellicola di apre con il solenne corteo funebre di Otello e Desdemona. Iago, invece, viene trasportato in catene nella direzione opposta rispetto al corteo da una folla inferocita e, imprigionato a una gabbia sospesa, viene condannato a morire di fame. A differenza dell’opera di Shakespeare, quindi, fine inevitabile della trama è palesata sin dall’inizio: sin dall’inizio lo spettatore capirà che non c’è alcuna possibilità per i protagonisti. Non c’è speranza per un lieto fine. Tale ciclicità è assente nell’opera di Shakespeare, ma nel mezzo cinematografico rende perfettamente la predestinazione e l’ineluttabilità verso la catastrofe. Vista la libertà di interpretazione nella soluzione sperimentata da Welles, verrebbe da chiedersi se il risultato finale sia effettivamente coerente

42 con il dramma di Shakespeare. La risposta la fornisce lo stesso regista in un’intervista con Peter Bogdanovich:

BOGDANOVICH: “E per questo ti senti liberissimo di cambiare a tuo piacimento” WELLES:” Non vedo cosa ci sia da discutere: un film è un film, e se prendiamo sul serio il cinema come forma d’arte, allora non sarà inferiore all’opera lirica. Verdi non ha esitato un attimo a fare quel che ha fatto con il suo Otello, che si allontana moltissimo dal dramma di Shakespeare; e nessuno lo critica. Perché mai un film dovrebbe restare più fedele al dramma di un’opera lirica?” BOGDANOVICH:” Sostanzialmente, fai delle variazioni personali su un tema shakespeariano.” WELLES:” Sì. Naturalmente, non si può fare niente senza Shakespeare; ma non si può mettere un dramma sullo schermo. Io non ci credo; secondo me non ci avrebbe creduto neanche Shakespeare. Sarebbe stato uno sceneggiatore grandioso.”19

Quindi, se nel dramma shakespeariano l’ineluttabilità della vicenda viene svelata pian piano, nell’opera di Welles non vi è una lenta progressione verso il disastro: tutto viene rivelato fin dai primi minuti della pellicola. I personaggi wellesiani sono intrappolati nelle loro rispettive storie e la scelta di collocarli in un ambiente circondato da mura imponenti sembra quasi tradurre in immagine la loro condizione, creando di fatto un rapporto tra la sfera psicologica dei personaggi e il mondo in cui agiscono. Anche nelle scene esterne non vi è scampo: tra i canali veneziani i personaggi sono resi prigionieri dalle alte mura degli edifici. La stessa Cipro è circondata da un mare furioso che non offre via di scampo. In questi ambienti claustrofobici

19 BOGDANOVICH, Io, Orson Welles, p. 239.

43 avviene il dramma e i personaggi conducono le proprie vite. Su di essi si staglia la figura imponente di Orson Welles nei panni dell’Otello: imponente per la sua fisicità e per la sua voce profonda. Egli domina letteralmente la scena e riesce a comunicare l’autorità del Moro. L’autorità di Otello viene meno non appena il dubbio di Iago si insinua nella testa del protagonista: le inquadrature diventano distorte con angoli di ripresa insoliti e Otello diventa una piccola figura smarrita. In seguito, la figura di Otello cambia nuovamente: da piccola e smarrita a grande e minacciosa. Se confrontiamo questo sviluppo del personaggio con l’opera di Shakespeare si riscontrerà una certa somiglianza: Welles non sembra aver reinterpretato l’opera, al contrario ne ha accentuato la drammaticità grazie al sapiente uso della macchina da presa e al montaggio. In alcuni casi lo spettatore potrà notare che la recitazione di Welles può sembrare artefatta: un esempio si riscontra nella sequenza “bruciatemi nello zolfo” che corrisponde alla scena II del V atto del dramma “[…] frustatemi, demoni! Scacciatemi dall’incanto di questa visione celeste! Sperdetemi nei turbini. Bruciatemi nello Zolfo! Tuffatemi nelle cascate del fuoco liquefatto. Oh Desdemona! Morta? Desdemona! Morta.”20, ma nel complesso si tratta di una performance di impressionante spessore.

20 SHAKESPEARE William, Otello, 1997, atto V, scena II, p. 222. Traduzione di Emilio Cecchi e Suso Cecchi d’Amico.

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L’estetica del film è inoltre arricchita dalle colonne sonore composte da Angelo Francesco Lavagnino e Alberto Barberis. Si caratterizzano per ostinati di serie di accorsi discendenti al pianoforte, seguiti da un coro privo di parole. Nella scena dell’omicidio di Iago dipinge ed esalta uno dei momenti più raccapriccianti del film, nella fattispecie quando Roderigo cerca di nascondersi sotto le assi del bagno turco e Iago, in silenzio, pugnala più volte la vittima attraverso le stecche con la sua spada.

Tutte le produzioni shakespeariane si ritrovano a dover fare dei tagli al copione originale e ciò diventa particolarmente evidente delle opere cinematografiche. Nell’Otello di Verdi si può osservare come scelse di tagliare il primo atto dell’opera iniziale. Welles, sceglie di mantenere la successione degli atti originali, ma srotola la trama il più velocemente possibile, quasi si trattasse di una valanga che prende sempre più velocità prima di abbattersi.

BOGDANOVICH:” Hai ridotto l’Otello a novantuno minuti” WELLES:” Si, lo sai che non mi piacciono gli spettacoli troppo lunghi.”21

L’Otello venne ultimato e prodotto nel 1952 dalla Mercury Production Inc., una casa di produzione fondata dallo stesso Welles. Il film fu molto acclamato in Europa e vinse la palma d’oro al festival di Cannes del 1952. Negli Stati Uniti la pellicola non trovò un distributore e giunse nelle sale solo nel 1955. L’accoglienza del pubblico americano fu però fredda e il film venne ignorato dalla critica e dal pubblico.

21 BOGDANOVICH Peter, Io, Orson Welles, p. 239.

45 Mentre come si è già detto, la figura di Otello viene esaltata all’interno dell’opera filmica, la figura di Desdemona soffre particolarmente dei tagli al copione. Il suo ruolo di riduce a semplici apparizioni: una figura candida, dai capelli biondi, alla deriva dell’ombra. L’attrice Suzanne Cloutier conferisce al personaggio di Desdemona una dignità estranea all’opera originale. Nel film di Welles, la moglie del Moro è dipinta come una musa ispiratrice, portatrice di grazia e bellezza. In questo caso, il personaggio di Desdemona viene totalmente stravolto: il drammaturgo infatti, dipinse Desdemona come una donna dal carattere deciso e padrona del proprio destino. È Desdemona che sceglie Otello come marito, senza sentire la necessità dell’approvazione del padre e non sottostando alle consuetudini che vedevano di cattivo gusto l’intreccio matrimoniale tra razze diverse. Welles, invece, preferisce rendere Desdemona come una figura quasi evanescente, smaterializzata, in balia del proprio destino. Il personaggio di Desdemona, tuttavia, riesce ad emergere in alcune occasioni, come nella scena finale in cui si trova sul letto con gli occhi aperti ad ascoltare la condanna a morte del marito, occhi che chiude quando il marito scosta le tende.

Per quanto riguarda la figura di Iago Micheàl MacLiammóir riesce a dare un’interpretazione estremamente cupa e ambigua del personaggio, facendolo risultare in perfetta linea con la figura ideata da Shakespeare. Tali caratteristiche vengono esaltate nel film di Welles: l’ambiguità di Iago è estrema e la sua natura maligna accentuata. Iago è una figura psicotica svuotata dell’umorismo sottile presente nel dramma shakespeariano. Lo stesso Welles ha dichiarato:

BOGDANOVICH:” E hai tolto tutta la comicità datata, immagino” WELLES:” La comicità è ottima, ma nel film che volevo fare io non c’era posto per la comicità.”

46 La malvagità di Iago è talmente presente che a volte si fatica a comprendere come gli altri personaggi non si accorgano di che tipo di persona sia. Ciò che colpisce maggiormente dell’interpretazione di MacLiammóir è il fatto che Iago stesso sembri non riuscire a decifrare la sua stessa natura: in una delle sue esternazioni finali, quando recita: “Quello che si sa, si sa” 22 tale ambiguità si manifesta in tutta la sua potenza: Iago non pretende di sapere nulla più sulla sua natura malvagia, ma si limita semplicemente ad assecondarla.

22 In originale recita :”Non chiedetemi nulla. Quello che sapete, sapete. E da questo momento non dirò più una parola”. P. 223

47 5 Pier Paolo Pasolini, biografia e opere

Pier Paolo Pasolini, primogenito dell'ufficiale bolognese Carlo Alberto Pasolini e della maestra Susanna Colussi, nacque nella zona universitaria di Bologna, il 5 marzo 1922. In Pier Paolo crebbe la passione per la poesia e la

48 letteratura, mentre lo abbandonava il fervore religioso del periodo dell'infanzia. Al ginnasio di Reggio Emilia conobbe il primo vero amico della giovinezza, Luciano Serra, che incontrò ancora l'anno seguente al Liceo Galvani di Bologna. A Bologna, dove trascorrerà sette anni Pasolini coltivò nuove passioni, come quella del calcio, e alimentò la sua passione per la lettura. Le letture spaziavano da Dostoevskij, Tolstoj e Shakespeare ai poeti romantici del periodo di Manzoni. Intanto la sua carriera scolastica proseguiva con eccellenti risultati e nel 1939 venne promosso alla terza liceo con una media tanto alta da indurlo a saltare un anno per presentarsi alla maturità in autunno. Si iscrisse così, a soli diciassette anni, alla Facoltà di Lettere dell'Università di Bologna, e scoprì nuove passioni culturali, come la filologia romanza e soprattutto l'estetica delle arti figurative insegnata al tempo dall'affermato critico d'arte Roberto Longhi. Frequentava intanto il Cineclub di Bologna dove si appassionò al ciclo dei film di René Clair; vicino ai gruppi giovanili fascisti (e all’opposizione interna al regime che in essi si manifestava) collaborò con la rivista della Gil di Bologna, “Il Setaccio”. Intanto il padre, con il grado di maggiore, fu destinato alla guerra in Africa Orientale, dove ben presto venne fatto prigioniero dagli Inglesi. Tra le privazioni e i pericoli degli anni del regime fascista, conduce una vita a diretto contatto con la natura: ha amori omosessuali e vari incontri di cui riferisce nei diari, scritti autobiografici, abbozzi letterari allora rimasti inediti. Il fratello Guido, arruolatosi come partigiano nella divisione Osoppo, legata al partito d’azione, viene ucciso in un oscuro episodio da gruppi di partigiani comunisti legati agli sloveni: la notizia raggiunge la famiglia solo molti mesi dopo la fine della guerra, creando in Pier Paolo un senso di lacerazione e di colpa di cui risentirà per gran parte della vita.

49 Molto forte è il suo legame con la madre, difficili sono i rapporti con il padre che, tornato nell’autunno del ’47 dal Kenia, raggiunge la famiglia nel Friuli, ma vive appartato in un grave stato di depressione. Nel novembre del ’45 Pasolini si laurea in lettere a Bologna, con una tesi su Pascoli. Gli eventi degli anni recenti e l’appassionato legame con il mondo popolare vissuto quotidianamente lo hanno portato ad aderire al Pci e a partecipare alle lotte sociali di quegli anni. Nel settembre 1949, in seguito a un episodio legato alla sua vita di omosessuale, viene denunciato per corruzione di minori e atti osceni in luogo pubblico e viene espulso dal Pci. Affronta il primo di ben trentatré processi che subirà nella sua vita. Ma il successo e la fama arrivano nel 1955 con la pubblicazione del romanzo , che suscita però dure reazioni nel chiuso orizzonte degli anni Cinquanta: l’autore deve subire un processo per pornografia, da cui viene assolto. Mentre continua la sua produzione poetica, gli anni Sessanta lo vedono impegnato in primo luogo nel cinema: la sua precedente esperienza di sceneggiatore costituisce una base essenziale per il suo passaggio alla regia, che prende avvio da (1961). Dopo aver portato a termine un ultimo film, scandalosamente provocatorio, Salò o le 120 giornate di Sodoma, e mentre è sempre più ossessionato dalla violenza che domina la vita cittadina, viene ucciso nella notte tra il 1 e il 2 novembre del 1975 da un diciassettenne in uno spiazzale polveroso all’idroscalo di Ostia. Molti suoi scritti inediti, sparsi o incompiuti vedono la luce negli anni successivi: e un vivissimo documento della sua presenza nella vita culturale, delle sue amicizie e dei suoi rapporti personali e intellettuali è dato dai due volumi delle Lettere, apparsi nel 1986 e il 1988. La sua tragica morte è rimasta nella coscienza comune come un atto sacrificale, un martirio quasi reclamato dalla sua disperata e ossessiva provocazione contro il presente.

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5.1 Capriccio all’italiana

Capriccio all'italiana è un film a episodi sul genere della commedia all'italiana, girato nel 1967 e distribuito nel 1968, composto da sei episodi diretti da diversi registi: • La bambinaia, diretto da , con • Il mostro della domenica, diretto da , con Totò • Perché?, diretto da , con Silvana Mangano • Che cosa sono le nuvole?, diretto da Pier Paolo Pasolini, con Totò, Ninetto Davoli, , , , Domenico Modugno e Carlo Pisacane • Viaggio di lavoro, diretto da Pino Zac e , con Silvana Mangano • La gelosa, diretto da Mauro Bolognini, con Ira Fürstenberg e

5.2 Che cosa sono le nuvole?

Fra il marzo e l’aprile 1967 dopo una lunga permanenza in Marocco, Pasolini gira in una sola settimana Che cosa sono le nuvole?, mediometraggio

51 che confluirà come terzo episodio nel film Capriccio all’italiana. L’Otello di Shakespeare viene riletto e rivisitato dal regista in un’opera metateatrale dai colori accentuati, priva di esterni (eccetto la prima inquadratura e l’ultima scena) e con la presenza di attori comici tra cui: Totò, Ninetto Davoli, Ciccio Ingrassia, Laura Betti, Carlo Pisacane, Francesco Leonetti e Domenico Modugno nei panni dell’immondezzaro. Il film è frutto dell’ultima collaborazione tra Pasolini e Totò che già malato e quasi cieco morirà pochi mesi dopo la fine delle riprese. Capriccio all'italiana uscì nel 1968 mentre le riprese dell'episodio Che cosa sono le nuvole? erano state effettuate tra il marzo e l'aprile dell'anno precedente. Totò, morto il 15 aprile 1967, non vide la pellicola.

Tutto si svolge all’interno di un teatro, prima della messa in scena dell’ Otello di Shakespeare: alle pareti sono affissi i quattro manifesti degli spettacoli in programma, sul manifesto che indica lo spettacolo di “Oggi” ritroviamo su "Las Meninas" del pittore di Siviglia Diego Velázquez, il titolo Che cosa sono le nuvole?. L’azione è incentrata sulla gelosia di Otello provocata ad arte dall’onesto Jago, il suo consigliere. Fuori scena il burattino Otello, che è appena “nato” e non conosce ancora il mondo, poco convinto del suo ruolo, chiede spiegazioni al burattino Jago, che gli risponde: “Siamo in un sogno dentro un sogno”. La vicenda si sviluppa in scena come nella tragedia shakespeariana, ma quando Otello, costretto dal suo destino di burattino-attore e dall’odio che deve per forza recitare, sta per uccidere Desdemona, gli spettatori non trattengono la loro sdegno e, per salvare la povera fanciulla innocente, saltano sul palcoscenico e lo uccidono insieme a Jago. Nello sgabuzzino/camerino gli altri burattini piangono addolorati la morte dei loro compagni. Arriva l’immondezzaro/Modugno, carica sul suo camion i due burattini e come un moderno Caronte li trasporta alla discarica e li butta via.

52 Nel mondo reale i due burattini si rendono conto della “straziante, meravigliosa bellezza del creato”.

5.3 L’incontro tra Totò, Ninetto e Pasolini.

Era il 1966: Pasolini aveva 44 anni, Totò 68 e Ninetto Davoli 18. Si venivano ad accostare di fatto, tramite loro, due generazioni molto distanti (Totò era nato nel 1898 e Davoli nel 1948), due sguardi: quelli di Totò colmi di compassione per un mondo che ha visto dolorosamente mutare e che ora, ciechi, vedono solo qualcosa nel momento della recitazione, e quelli di Ninetto Davoli, sgranati sul mondo per lo stupore, irridenti, come se fossero appena nati, ingenui e tragici insieme; due tipologie di attore: il primo con la consapevolezza artistica del mestiere e il secondo con l’istintività di chi non è attore. Una coppia che riassumeva in sé realtà diverse. Si sa che Pasolini non ha mai negato la sua predilezione per gli attori non professionisti “scelti nella vita, a caso, vale a dire scelti per quanto mi sembrano esprimere a loro insaputa”. Non a caso, quando Pasolini scelse attori professionisti si rivolse per lo più ad artisti lontani dalla recitazione naturalistica di quegli anni e legati a un’esperienza teatrale: si pensi ad Alberto Lionello e Ugo Tognazzi (Porcile), ad (Accattone) e Laura Betti (, La terra vista dalla luna, Cosa sono le nuvole?, , I racconti di Canterbury), alla Magnani di e a Totò. Nel 1966 Pasolini è riuscito a cogliere in pieno la selvatichezza e l’ingenuità di chi non è del mestiere di Ninetto, mentre nel caso di Totò le cose stavano ovviamente in modo differente.

53 Artista ormai vecchio e al termine della sua fortunata carriera, protagonista di decine di pellicole che avevano animato le sale cinematografiche italiane negli ultimi vent’anni, amato con entusiasmo dal pubblico e gradualmente anche dalla critica. Non va dimenticato però, che Totò si era formato sulle assi del palcoscenico teatrale e che di quel mestiere portò sempre profondi segni. È certamente anche grazie a quel tipo di formazione antica ed estranea al linguaggio propriamente cinematografico che Totò rimase una presenza eccentrica nel cinema italiano negli anni Cinquanta e successivi, lui che non amò mai veramente quel linguaggio artistico. Attore dalla forza espressiva inaudita e dalla sapienza tecnica fuori da ogni norma; maschera un po’ comica e un po’ tragica, con quel pallore e stupore, quel viso scavato e gli occhi sporgenti, Totò portò sullo schermo ciò che aveva caratterizzato la sua carriera teatrale: il rifiuto del copione definito e la pratica di andare a soggetto, il suo nome d’arte e la sua maschera, il disinteresse per la trama, l’evoluzione psicologica del personaggio. In sintesi, riuscì a portare nel cinema l’anarchica anormalità del tuo teatro. Eppure, questo portò a un serrato sfruttamento di Totò da parte dell’industria cinematografica negli anni ’50 e ’60: Totò sarà protagonista di un numero sorprendente di film, ed è allora che il suo volto e i suoi gesti inizieranno a cristallizzarsi in rigidi cliché, formule replicabili per il divertimento del pubblico, prosciugati dalla loro complessità e contesto culturale in cui si erano formati. Non era possibile per Pasolini nel 1966 prescindere da questa complessa e sfaccettata realtà di Totò e così propose un attore quasi tenero e indifeso, sempre pieno di dolcezza.

54 6 Il personaggio del dramma: l’Otello secondo Welles e Pasolini

“Secondo te, perché Otello viene distrutto con tanta facilità? Pensi che sia un debole? Otello viene distrutto con facilità perché è semplice, non perché sia debole. È l’archetipo dell’uomo semplice, e non ha mai capito le complessità del mondo degli uomini. È un soldato; non ha mai conosciuto le donne. È uno dei temi preferiti di Shakespeare. Per esempio, una curiosità su Lear: chiaramente Lear non conosce le donne, non ha mai vissuto con loro. Sua moglie è morta, e non potrebbe essere viva. È ovvio che non ci sarebbe dramma se ci fosse una signora Lear. Lui invece non ha la minima idea di come funzionano le donne; è un uomo che vive con i suoi cavalieri. È quel tipo di uomo completamente mascolino che Shakespeare vede come un perdente nato, in una situazione tragica. Otello è un altro uomo fatto così. Totale incapacità di capire che cos’è una donna. Tutto il suo modo di trattarla, quando la uccide, è quello di un uomo che non ha il minimo contatto con la realtà, quando c’entra l’altro sesso. Tutto quello che sa fare è combattere, e trattare con gli antropofagi e “gli uomini cui la testa cresce tra le scapole””.23

Così il regista parlerà del personaggio di Otello nella sua intervista con Peter Bogdanovich, presentandoci il lato più umano e allo stesso tempo barbaro del personaggio. Viene automaticamente in mente quello stesso Otello interpretato da un giovanissimo Ninetto Davoli, controllato dall’occhio vigile del regista Pier Paolo Pasolini.

23 Orson Welles ne “Il teatro secondo Orson Welles”, pagina 289. Peter Bogdanovich, Oja Kodar, Jonathan Rosenbaum, 1998. Il Saggiatore S.r.l., Milano 2016. Traduzione a cura di Roberto Buffagni.

55 Era il 1966 e di lì a poco sarebbe iniziato il lavoro su Uccellacci e uccellini, cui sarebbe seguito successivamente La terra vista dalla luna. In entrambi i casi accanto al sessantottenne Totò, si sarebbe affiancato un diciottenne Ninetto Davoli nel pieno della sua selvatica presenza e con uno sguardo sgranato sul mondo pieno di ingenuo stupore. Di fatto, Pasolini formò una coppia ben assortita e complementare costituita da due attori provenienti da generazioni molto distanti: Totò era nato nel 1898 e Davoli nel 1984. Nel primo si riscontrava la consapevolezza artistica e del mestiere, mentre nel secondo l’istintività di chi non è attore. D’altronde è nota la predilezione di Pasolini per gli attori non professionisti, “scelti nella vita, a caso, vale a dire scelti per quanto mi sembrano esprimere a loro insaputa”24 Sarà proprio l’ingenuo Otello-Ninetto a fare affidamento ai molti insegnamenti dell’Onesto Iago-Totò, nel film di Pasolini ancor di più che in quello di Welles. È proprio all’inizio del film pasoliniano che il giovane Otello-Ninetto, dopo essere stato portato con le altre marionette dall’immondezzaro- Modugno, chiederà rivolgendosi a Iago-Totò: Otello: “E perché son così felice?” Iago: “Perché sei nato” Otello: “E perché? Che vuol dire che son nato?” Iago: “Vuol dire che ci sei”25

E come se veramente quella fosse stata una risposta esaustiva termina così il primo dialogo tra i due protagonisti della tragedia, con Otello-Ninetto che sospirando guarda tra il soddisfatto e l’estasiato il mistero della vita descritto da Iago-Totò. Il sipario si apre e lo spettacolo inizia.

24 P.P. Pasolini, Il sogno del centauro, (1969-1975). Incontri con Jean Duflot, Saggi sulla politica e sulla società, Mondadori, Milano 2001, p. 1516. 25 P.P. Pasolini, Che cosa sono le nuvole?

56 Totò vestito di nero, in giacca e pantalone, camicia bianca, guanti viola, cilindro bombato e faccia verde, più che l’onesto Iago sembrerebbe un buffone di corte. In un dialogo con Roderigo-Ciccio Ingrassia, ha lui l’onore di dare l’avvio alla breve vicenda che prosegue con rapide scene, in un gioco che si svolge tra palcoscenico e quinte. Sul palco, Iago tesse la sua tela e nel retroscena Otello assiste affranto agli inganni orditi dall’amico e si chiede con amarezza “Perché dobbiamo essere così diversi da come ci crediamo?” Nella sceneggiatura originaria la risposta del saggio burattino Iago sarebbe stata: “Eh, la nostra vita è come la polenta. Prende la forma della caldaia dove è rovesciata. Ma qual è questa forma? La forma della superficie della polenta contro la caldaia o la forma della caldaia che contiene la polenta? Noi siamo la polenta, il giudizio degli altri è la caldaia.”26

Nel film, di questa battuta resta solo “Eh, figlio mio, noi siamo un sogno, dentro un sogno”27, pronunciata con austera rassegnazione da un Totò in primo piano con gli occhi addolorati e socchiusi. Pare che il motivo per cui la scena venne tagliata in quel punto fosse la difficoltà di Totò nel recitare la battuta integrale scritta da Pasolini. Resta di quelle prove una registrazione radiofonica che testimonierebbe i ripetuti errori di Totò e gli amorevoli aiuti di Pasolini fino a quando chiude clamorosamente la frase, lasciando i presenti ammutoliti e commossi. La metafora della polenta d’altronde, mal si prestava ai tempi rapidi e secchi di Totò e si imponeva come frammento che richiedeva all’attore di abbandonare per un momento la sua maschera. Non possono essere parole di Iago né del burattino dietro le quinte; sono piuttosto, parole dell’autore.

26 G.C. Castello nella recensione del film Che cosa sono le nuvole? Su “Bianco e Nero” p. 284. 27 Totò, Che cosa sono le nuvole?

57 È vero che nel film il burattino si fa saggio portatore di fulminei frammenti di verità. Ma, appunto, fulminei. Risposte di un Iago-Totò provocate dall’ansia e dai tormenti di Otello-Ninetto. Non è per incapacità dunque, che Totò non riesce a dire la battuta, bensì per un rifiuto stilistico. Siamo di nuovo dietro le quinte, dove lo sconfortato Otello si interroga ancora:

Otello: So’ un assassino! So’ un assassino! Chi se lo credeva! Io, io so’ un assassino, mannaggia! A sor Maè! Ma perché io credo a Jago? Perché so’ così stupido?” Puparo:” Forse perché in realtà sei tu che vuoi ammazzare Desdemona” Otello:” Come, io voglio ammazzare Desdemona, e perché?” Puparo:” Forse perché a Desdemona piace essere ammazzata. […] Forse è così”

Stavolta la scena teatrale è guidata dal simbolo dell’intellettuale borghese che dall’alto della sua saccenza e apparente sicurezza, pretende di dare risposte allo sconfortato Otello. Otello non soddisfatto torna a interrogare l’Onesto Iago:

Otello:“ Ma qual è la verità? È quella che penso io da me, o quello che pensa la gente o quello che pensa quello là lì dentro?” Iago:” Cosa senti dentro di te? Concentrati bene, cosa senti? Eh?” Otello:” Sì, sì, si sente qualcosa che c’è…” Iago:” Quella è la verità, ma sssh non bisogna nominarla, perché appena la nomini non c’è più”

58 Ancora una volta la saggia ed esperta marionetta non ha una risposta sul mistero della vita e fornisce al giovane Otello l’ennesima risposta vaga. E se proprio Otello crede di sentire qualcosa dentro di sé (probabilmente l’istinto della vita), Iago consiglia di non darle un nome. Con la scena successiva la recita ha fine: la tragedia di Shakespeare viene interrotta dal pubblico che, per troppa immedesimazione, si precipita sul palco per non permettere alla marionetta Otello di uccidere Desdemona. La catastrofe del dramma non ha luogo: la finzione è distrutta. Le due marionette (Iago e Otello) vengono uccise dal pubblico che non può accettare né capire e che in seguito porterà in trionfo Desdemona.

“Il derubato che sorride ruba qualcosa al ladro ma il derubato che piange ruba qualcosa a se stesso perciò io vi dico finché sorriderò tu non sarai perduta.”

Sulle note della medesima canzone iniziale, l’immondezzaro/Modugno carica i corpi inermi di Totò e Ninetto sul furgone e li getterà nella discarica dove i due prenderanno coscienza del mondo esterno e della “struggente bellezza del creato”.

Una lunga soggettiva che fa girare la terra, il cielo e i due corpi che rotolano urlando per lo spavento. A un tratto l’obiettivo si ferma e punta in alto, contro un immenso cielo azzurro dove corrono veloci le nuvole bianche. Sulla faccia spaccata e gonfia di Otello gli occhi brillano di curiosità e gioia. Anche gli occhi dell’Onesto Iago guardano in estasi il cielo:

59 Otello:” Iiiiih, e che so’ quelle?” Iago:” Sono… sono… le nuvole.” Otello:” E che so’ le nuvole?” Iago:” Boh!” Otello:” Quanto so’ belle! Quanto so’ belle!” Iago:” Ah, oh, straziante, meravigliosa bellezza del creato!”

Nell’unico estremo momento in cui non sono un sogno dentro un sogno di altri, in cui anche la macchina da presa guarda attraverso il loro sguardo, prima ancora di prendere totale consapevolezza del mondo esterno, le marionette guardano passare veloci le nuvole e muoiono. E noi, come loro, vediamo lo stesso squarcio di cielo e di mondo, meraviglioso ma straziante, per qualche secondo. E la fiaba si chiude.

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Conclusione

Come conclusione di questa analisi, si può dunque affermare che la tragedia Shakespeariana di Otello è una tragedia in bilico tra classicità e modernità. I suoi personaggi sembrano vivere e sono cristallizzati nella società della vergogna dei poemi omerici, in cui la più grande forza morale nota all’uomo, non è il timor di Dio, ma l’opinione pubblica, ed è per questo che Otello arriva a compiere un gesto tanto estremo e spregevole per riconquistare l’onore perduto. La figura di Otello è quella che più di tutte è cristallizzata in un limbo, bloccata tra classicità per quanto riguarda le sue azioni e modernità per le conseguenze delle sue azioni. L’Otello di Welles e di Pasolini sono due opere esemplificative di un modo di vedere e rileggere la trama di Shakespeare in modo diverso. Il primo con un’opera in bianco e nero di novanta minuti, un’opera svuotata di quel guizzo comico che si riscontra nell’opera di Shakespeare, in grado di amplificarne la drammaticità, attraverso i tagli al copione e reinterpretando molte scene. Il secondo con un’opera a colori di venti minuti, amplificando il guizzo di comicità con l’uso di un cast di attori formidabili tra cui un giovanissimo Ninetto Davoli e l’attore dalla decrepita saggezza Totò. Mentre Pasolini è riuscito a trovare una via di scampo a Desdemona, nell’opera di Welles la protagonista femminile andrà incontro al suo destino che la vede succube dell’ira di suo marito, proprio come Carmen, Pia de’ Tolomei, Francesca da Rimini, o come le 116 donne uccise nel 2016. Quasi un caso di femminicidio ogni tre giorni.

61 Ancora una volta l’arte ci insegna che la storia, anche quando si tratta di atti così tragici, si ripete e forse avremmo bisogno di più Pasolini nella nostra quotidianità, pronti a salvare la donna prima che la catastrofe si compia.

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SEZIONE LINGUA INGLESE

63 Introduction In any theater or film performance, Othello is describes as a man of integrity, a valiant general in love with Desdemona. Love and honor: these two elements are for Othello closely linked for many reasons. Firs of all, because he is a stranger in a foreign land as he is a Moor, so he had to fight his personal battle against the prejudices of the society, to demonstrate that his love for Desdemona is sincere, and secondly because his military spirit does not accept to be overwhelmed, deceived or wounded. But behind the weapons there is a man made of feelings and passions, and the problem arises when the most intimate emotion manages to take control of the most courageous soldier and Othello can not accept to be betrayed from his wife. Justice and vengeance to regain the lost honor. It is at this point of the drama that Othello acts like any Homeric hero. That is not the only trait that Othello has in common with the Homeric poems: while Othello seems to live in the shame society, Iago has all characteristics of the ancient Ate the mythological figure that represents the mistake, a sort of blindness that clouds the mind, making unconscious of the terrible consequences of one's behavior. Iago, blinding Othello of jealousy, causes the death of innocent Desdemona. At this point, the tragedy of 1603 becomes a matter of daily crime news on our newspapers: another woman killed by the man who said to love her. The director who most of all has been able to translate into the film the image of Desdemona's killing scene is Orson Welles, giving to the scene a tragic look never seen before. Unlike the American director, Pier Paolo Pasolini, presents us a comic reading of Shakespeare's work, saving the life of Desdemona. The Italian director, in fact, decides to end the tragedy with the death of Otello and Iago, played by Ninetto Davoli and Totò, who, looking at the sky, will see the harrowing, marvelous beauty of creation.

64 It would be wrong, though, to say that the character of Othello is tied only to the world of tragedy and classicism, as it is often exploited by modern intellectuals and artists to carry messages that are typical of our daily reality.

1 The Greeks and the irrational

We are used to consider the Greeks as the inventors of rationality and logos. The Greeks are not like the others, they are immensely superior than other people. Is not true that Greece is the birthplace of culture and philosophy, homeland of intellectuals, doctors and scientists? Then how can we consider the point of view of Eric R. Dodds, that in his most important work The Greeks and the irrational analyzes this civilization using the same categories used by the ethnologists to analyze primitive societies? At first glance we would think that it is one singular unusual work. Yet, analyzing Dodd’s point of view, the reader will notice that his opinion is not that unusual, and it would be appropriate to change the question: “Why should we attribute to the ancient Greeks an immunity from "primitive" modes of thought which we do not find in any society open to our direct observation?”

And what does Dodds mean for irrational? Reading his work, it is possible to approximately understand what irrational is for Dodds: irrational is the insanity positively characterized and source of inspiration and seen as a divine gift, the influence of the dream world on the real world, the misfortune and the evil as consequences of a guilt committed by the man, the shamanism and the theory of soul. He defines as irrational all the aspects that a modern man would consider as irrational. Dodds analyzes a period of time that starts from VIII to the II century A.C. and the treatise starts with a very common theme in the Homeric tradition: the problem of ate.

65 1.1 Ate The feminine Greek word “ate” (ἄτη) means “disaster, pain, destruction, punishment”. In the Homeric poems the loss of the normal awareness was due to external factors that obfuscated the mind of the human being. In the Greek mythology Ate “that blindeth all”28 represents the mistake, a sort of blindness that clouds the mind, making unconscious of the terrible consequences of one's behavior and thus, more generally, the misfortune that one's conduct causes on others and themselves.

The presence of Ate is recognized only with the late acknowledgment of the mistake and the catastrophes: those who act under the influence of Ate do not want to cause tragedies, but they do not pay attention to the premonitions and the signs. They lately understand the irrationality of their behavior. Back to the Iliad, Homer gives to the reader a description of the mythological figure of Ate: Daughter of Zeus and Strife (Eris), Ate was thrown out of the Olympus after she cheated Zeus. She fell in Phrygia, on the hill where the city of Troy would have been founded. Ate wanders in the mortal world, laying his feet over the heads of the unaware humans.

Eric R. Dodds dedicated to the argument of Ate the first chapter of his essay, with a full description and an analysis on how the figure of Ate changes throughout the Homeric period, the Lyric age and the period of the Greek tragedy.

28 HOMER, Iliad, XIX, 91.

66 At a first moment, Ate is a blindness due to external factors (caused by Zeus, Fate and Erynies) and then she became the punishment for the forefathers guilt. In the Homeric world and in the Greek tragedy, Ate is a mythological figure that justifies an irrational behavior. In the Homeric concept, Ate is “a state of mind—a temporary clouding or bewildering of the normal consciousness.”29 Notice how in the tragedy of Othello the character of the honest Iago has some similar characteristics in common with this mythological figure: just like Ate, Iago leads people to the mistakes and to tragic acts.

1.2 Shame culture The expression "shame culture” was first used by the American anthropologist Ruth Benedict in an essay entitled “The Chrysanthemum and Sword”. E. R. Dodds then used the expression in his work The Greeks and the irrational to refer to the social model on which the Homeric society was based. He explains that the great heroes of the Greek epic were not fulfilled by knowing in their own conscience that they were glorious and filled with honors because first of all they had to be considered heroes by the society. Only in this way they know they existed and that they were living. So it is obvious to understand that the inner feeling was not enough, but the judgment of others was necessary. If a hero had lost the public estimate, he might even kill himself. More generally, when a man acts in a manner contrary to that system of rational dispositions with which he lived for a lifetime, his act is not his own, it was imposed from someone else. In other words, non-rational impulses tend to be excluded from the ego and attributed to foreign origin.

29 DODDS R. Eric, The Greeks and the Irrational, Milano, 2008, p. 47.

67 Obviously, this is more likely to happen when the actions are a source of acute shame for those who did it. We can assume that the Homeric man used the concept of Ate because it justifies his acts, escaping his sense of shame. The supreme goodness of Homeric Man is not in the enjoyment of a quiet conscience, is in possession of the τιμή (timè), the public estimate. It is therefore possible to theorize that the concept of Ate in the Greek culture arises not only from the impulsiveness of the Homeric man, but also from the tension between individual impulse and the pressure of social conformism, characteristic of the shame culture. Primitive cultures, according to many investigators, represent a stage in the evolution of civilization in which only the "group-mind" existed. The firm and inflexible chain that at such a stage holds people together is fear, fear of the unknown, fear of the natural phenomena they have not succeeded in controlling, and fear of each other. Deviation means ruin and destruction; ruin as punishment which the group will inflict, and ruin through utter inability to cope with a new environment alone.

2 Othello Othello is a tragedy in five acts that take place in Venice and Cyprus. William Shakespeare wrote it between 1602 and 1604, inspired by the novels of the Italian writer Giovanni Battista Giraldi.

2.1 Plot Othello, a Moorish general in the Venetian army, secretly marries Desdemona, the daughter of the senator Barbantio. Roderigo, a Venetian nobleman in love with Desdemona, comes to know about the marriage from Iago, a soldier with a strong resentment for Othello, because he preferred to

68 promote Cassio in his place and because he suspected Othello slept with his wife Emilia. Iago convinces Roderigo to tell Barbantio about the secret marriage of his daughter. In the meantime the Doge calls for all his soldiers, because the Turks are about to attack Cyprus. As they arrive in Cyprus, they find out that a storm destroyed the entire Turkish fleet. Iago gets Cassio drunk, and then persuades Roderigo to draw Cassio into a fight. After that Othello blames Cassio for the disturbance and strips him of his rank. Cassio is distraught and Iago persuades him to importune Desdemona to convince her husband to reinstate him. Then Iago convinces Othello that Desdemona is cheating on him with Cassio. Othello’s jealousy leads to a blind rage: Othello suffocates Desdemona in the nuptial bed. Emilia reveals to Otello that Desdemona's affair with Cassio was an invention of her husband Iago, who kills her and then flees away. Othello, in remorse, understands his mistake and punches him to death, dropping on Desdemona's body. Even when caught, Iago refuses to explain the motives of his action and is sentenced to torture. Cassio, on the other hand, takes the place of Otello at the service of the Republic of Venice.

2.2 Analysis Othello is without a doubt the tragedy of jealousy. If honor is defended with blood, then Desdemona, accused of "irrefutable" evidence of adultery, has to die. One could say that Iago puts up another drama, parallel to the one written by the author. There is a complex metatheatrical intrigue: there is the theatre we can trust, the true script, written by the author who assures us that the story happens and will continue to happen in the eternal present of the stage. This theatre want to teach us something, like not being naïve or trying to recognize evil and hypocrisy.

69 And then, simultaneously, there is a darker and irrational theatre. It is the theater of Iago, the central mystery of the tragedy. He uses the same artifices of Shakespeare, from the linguistic material to the actors, but he uses those artifices with a destructive purpose. Iago has a vocation to the evil that he himself explains to us, with words filled with cynism and contempt. Iago hates Othello for promoting a younger man named Cassio above him, whom Iago considers as a less capable a soldier than himself. Although this assumption is defiled with resentment, this seems to be the objective motivation of Iago’s malevolence towards Othello. Another motivation of Iago’s malevolence is that he is almost sure that Othello had an affair with Emilia, his wife. The reader will soon notice that Iago’s motivations do not coincide with the reality. Othello, Cassio and Desdemona, the are all sick characters in the theatre that Iago set up: Othello is epileptic, Roderigo is a fool, Cassio is a terrible soldier and alcoholic; Desdemona and Emilia are unfaithful and prostitutes since they are women. It is important to notice that those information are given by Iago in his many soliloquies. Those soliloquies do not make Iago’s personality clear, they rather obscure it because they contradict what the audience sees. Nor would it be enough to say that Iago is just a liar, because even Richard III was a liar but he was well aware of the dichotomy of his personality. Iago seems to believe in his deformed reality. Through his words, Iago destroys the world where he lives. He will often compared to the biblical snake especially in the scene, not by chance called “temptation” scene, in which Iago insinuates that Desdemona and Cassio have a relationship:

“Ah, I like not that!”

With these three simple words Iago enters Othello’s mind and then warns him to beware of jealousy, the green-eyes monster.

70 In the tragedy Iago uses the word to weave around Othello his diabolical net. Iago’s influence on Othello can be seen in his language. At the beginning of the tragedy, the language of the Moor is harmonious and elegant and suddenly his words became more barbaric, the rhythm is interrupted and wheezing. Othello is blind because of the words of Iago that create a wall between he and the reality. Othello dies because as he can not see the world he can not even

2.3 Jago and Othello

OTHELLO: Not I, I must be found: My parts, my title and my perfect soul, shall manifest my rightly: is it they? IAGO: By Janus I think no.30 In the Roman religion and mythology Janus was the God of beginnings, gates, transitions, time, duality, doorways, passages, and ending. He is usually depicted as having two faces, since he looks to the future and to the past. Janus is placed at the beginning of the tragedy and at the very beginning of a naval battle. His two faces, opposed but linked at the same time, might refer to the double faces of Iago, or even to the faces of Othello and Iago. And just like Janus is not Janus with just one face, Othello and Iago can’t exist the one without the other. It is reasonable at this point to wonder what how different the two main characters are and what makes them, in some ways, so similar.

30 SHAKESPEARE, Otello, (I, 2, 29-32)

71 The military sphere is the first trait they have in common: Othello is the captain of a regiment of the Republic of Venice and Iago is his ensign. Behind the weapons there are two men made of feelings and passions, and the problem arises when the most intimate emotion manages to take control of even the most courageous soldier. Iago is the first to fall into this trap. The feeling that takes over on Iago is recognizable from the very beginning, when at the end of the first acts it clearly states: "I hate the Moor". As Professor McCloskey says, "The basic motivation of Iago is hate". So where is the motivation for Othello? Just like Iago, he can show his value on the battlefield. By virtue of this, he knows that he can deal with Doge and Brabanzio, he knows that Desdemona's love is legally right, as Iago feels deserved to be a lieutenant. In this case, then, there is no hatred as a result of wounded pride, but love for a woman Othello must prove he deserves. The feeling that binds him to Desdemona is worth it for him more than anything else: then why does it come to so disastrous consequences? Because losing Desdemona's loyalty means losing not only love but also honor, and that was part of Iago’ plan, he wanted to lead Othello to make him feel the emotion of an unsustainable humiliation. Love and honor, therefore: these two elements are closely related to him for various reasons. First, because he, Moro, a stranger on a foreign land, had to fight his little war in order to have Desdemona and secondly, just like Iago, because there is a military spirit in him that can not endure being overwhelmed, deceived, wretched like any betrayed husband. Justice and vengeance, therefore, to regain the lost honor. "I am not what I am": tragically brilliant biblical reminiscence: God in the book of "Exodus", 3, 14, says of himself: "I am that I am". Iago is for Shakespeare the opposite of God, he almost incarnates the Devil. Iago is the living illustration of two aspects of the evil that most must have impressed Shakespeare: the perfect combination of asociality and selfishness in human being, and the fact that they can stay in an individual of exceptional strength

72 of will and intellect. In no other place evil has been portrayed with so much skill as in the character of Iago. Iago’s insinuation in Othello’s mind and life changes him: Iago’s poison flows in his veins and confuses him. In this way, Othello enters inexorably into a silent world of subterfuge, suspicion and whispers.

3 Feminicide Othello that suffocates Desdemona. Carmen stabbed by José at the Metropolitan of New York. Pia de 'Tolomei, killed by her husband who wanted to get married with another woman. "I do not reveal the name of my killer," says Pia when he meets Dante in Purgatory. "Otherwise, you will only remember him and not me." Centuries have passed, good manners, culture and modernity have expanded and evolved, yet still many women are killed by their husbands. There was a chance to justify those homicides decades ago for the unthinkable 587 paragraph of the Criminal Code that by calling them honor crimes. But today behind what motivation can we hide? A crude reality that has even led to the creation of a specific word: femicide. Those who commit these crimes commit feminicide, term of regular use in Italy since 2008. It started circulating first of all in the press, on the newspapers, and then it entered in our daily language. Feminicide is not a bad word. It is regularly formed word for what concerns grammar, combining together the word female, with that final part -cidio, which has the meaning of killing someone. Killing a woman. It is not the word to be ugly and often people are afraid of words for the meaning and for the event they evoke. According to the statistics in 2011 there were 137 victims.

73 In 2012 the number of victims of sexual violence increased and the victims were 124. 2220 women have been killed between 2000 and 2012. Over the last decade, anti-violence centers have grown and increased in national territory, with a total of 188 in November 2015. In 2016, 116 cases were recorded, approximately one every three days.

3.1 Death and forced separation Among the many consideration that can be made about this kind of violence, there is one that analyzes the psychological mechanism of our relationship with death and mourning. As we all know well, what makes us suffer most when a loved one dies is the loss. Forced detachment creates lacerations as it produces a radical change in our lives from a practical and emotional point of view. We feel frustrated, abandoned, wounded by those who left us. The mourning process responds to the need to cope every day with the absence of specific rituals that have outlined the intimacy with that person. Loss, forced detachment, abandonment, and absence are also typical features of the end of a sentimental relationship, especially when it is not consensual. Psychoanalysis and psychology teach us the similarity between mourning for the love of a loved one and the pain caused by the end of a loving bond. The one who has been left by his wife or girlfriend feels abandoned and frightened as in the case of mourning. There is, however, a substantial difference: the death in this case is not of the physical person, but of the sentimental relationship, the love, the bond. Those who do not accept the “death” of the relationship may look for the death of the beloved person. If the one who leaves needs a separation from

74 the other person, the one who has been left and does not accept the separation sees the death as the only solution to avoid it, to continue what is over. It is important to notice that many times the homicide is committed while the relationship is still ongoing, it is not necessarily linked to the breakup. The feminicide is a complex phenomenon, it is the result of a lethal mix of cultural, personal, educational and pathological aspects. This reasoning is very complex and it refers to many psychological mechanisms, involving pride, jealousy and an infantile background from which traumas, personality disorders and frustrations have developed.

4 – Orson Welles, biography and works He was alone the night of October 9-10 1985, which is not the same as lonely. He was not well or strong: he was too heavy; he had diabetes; his heart was exhausted. But that fragility is not the same as self-pity or melancholy. He had always been the most important person in his own drama. He was not a possessive man, not with money or people: he let those things slip through his big hands. But he kept some airs and attributes: command, the magician’s power, the right on self-destruction. He was uncommon in the lucidity with which he knew that, and he acted on it. He was not like the others and they could not be like him. He was determined. He had known great friendships; he had left several people living in his rich shadow, whether they recognized the gloom or not. He had moved people, men and women, with anecdotes, laughter, genius and brightness. He had been loved, admired, revered, yet, something in him was resistant to giving up loneliness. There was something implacable in his soul that depended on being isolated, alone in his house, whether it was in Xanadu or a modest place in Hollywood hills. He died alone that night, sitting on a chair, typing up things he meant to film in the next days. He died early in the morning of October 10th, without

75 nurse, companion or camera. In the early hours he called his friend Henry Jaglom, a film director. Welles saw how he was a model and a father for Jaglom, a god who might grant him admiration or fellowship. He was not a simple man or a straightforward person, not necessarily a nice person. Still, he left a message on Jaglom’s answering machine in the middle of the night:”This is your friend. Don’t forget to tell me how your mother is.” When Jaglom woke up, his friend was dead, which surely adds some magic to the message. There is no reason to think that Welles meant to leave that sentence as his last words. But he was a master, a manipulator; he had the habit of leaving words hanging in the air – rosebud, indeed. He talked like a man who was forever uttering grave last words and leaving us to wonder over them so that we could not be sure whether rosebud is the promise of colour and sweetness, or a knob of youthfull hardness, a bullet that refuses to grow old or die.

Kenosha, Wisconsin, a town fifty miles north of Chicago on the shore of Lake Michigan, the place where George Orson Welles was born on may 6th, 1915. Maurice Bernstein was of Russian descent, a doctor from Chicago. It was said that he had moved north because of trouble in Chicago, caused by his hot temper. In Kenosha, he met the Welles family. Richard Welles and Beatrice Ives had married in November 1903. He was thirty-one and she was twenty-one. Beatrice had a musical talent, she gained from her mother strength of will, strictness and an idealistic imagination. Richard Welles’ mother put a curse on the union when her son married Beatrice, perhaps she saw how little they had in common. Richard Welles was specializes in the light for automobiles. He was also a Dandy, his son saw that his father “hoped to be mistaken for one of those he most admired: some sober figure in the world of high finance, and not the idle,

76 hedonistic London clubman he despised – but so closely resembled.” He was also a drunk, who had his own brand of cigars and a gambler. They had a son, Richard, born in 1904, who was already ten when Orson was born. Beatrice did good works in Kenosha: she helped immigrant families, campaigned for female suffrage and gave piano lessons. She was ill too often. She saw less and less her husband, because the traveled a lot and when he was in Kenosha he kept to male circles. At the age of sixteen he was orphan and this experience created Charles Foster Kane who simply loses his parents, or transcends them. Escapes them. Kane’s orphanhood is in one of the strangest things in that very ghostly film.

“And now I’m going to tell you about the scorpion who wanted to cross a river so he asked the frog to carry him. “No”, said the frog, “No thank you, if I let you on my back you might sting me, and the sting of a scorpion is death”. "But" said the scorpion "where is the logic?" (Scorpions always try to be logical.) “If I sting you, you will die. And I will drown.” So the frog is convinced and allowed the scorpion rise to his back, but, just in the middle of the river he felt a terrible pain and realized that the scorpion had stung him. “Logic?!” said the dying frog to the scorpion as he started drowning, “there is no logic in this”. “I know,” said the scorpion “but I can’t help it. It’s my character.” Let’s drink to character.” This metaphor of the fundamental inability of people to change their nature or to escape the destiny was a recurring motive in Orson Welles's life and work. This ancient Arab fairy tale that Welles claimed to have once heard and then inserted it into his 1955 Mr. Arkadin is representative of what is probably the most important theme: that most people in life are both scorpion, it is frog, victim of the nature and destiny of others as well as of their own.

77 In his films, Welles made the part of the scorpion with characters such as Charlie Kane or Harry Lime and those of the frog, with characters such as Othello and Falstaff. Orson Welles and his career as a director, actor, producer, television screenwriter, talk show and variety character, novelist, professional wizard, journalist for newspapers and magazines, was given more credit today than he did when he was still alive.

Just after his 1948 Macbeth, Welles decided to adapt another Shakespearian tagedy: Othello. The Scalera Film, an Italian production company, accepted the project of Welles that company failed during filming. Orson Welles himself told Peter Bogdanovich about one of the many anecdotes linked to this not so idyllic economic situation as in the case of Roderigo's murder scene. This is the scene where Roderigo tries to kill Cassio: Shakespeare in Act V of his tragedy sets the scene on a road in Cyprus, while Welles, having not received the costumes, decided to set the scene in a Turkish bath, providing actors with the only necessary costume in that context: a towel. Welles reinvents the whole setting, transforming the initially necessity in an opportunity to amplify Shakespeare’s dramaturgy: the smoke of the Turkish bath expressed the atmosphere of deceits and the towels used as dressed enhance the bestial and barbaric nature of the characters. Following the closure of Scalera Film, Welles had a lot of difficulties in gathering the cast during filming and Desdemona was played by three different actresses: Lea Padovani, Besty Blair and Suzanne Cloutier. In Welles’ analysis of his Othello, an important aspect of the director should be considered: while we were experimenting with the film’s realization of Shakespeares’ dramas, Welles did not realize a mere transposition of the theatrical work: he alters the texts in favor of the film effectiveness. From the beginning of the film there is a discrepancy with Shakespeare's work: while the original work begins on a

78 road in Venice with a dialogue between Roderigo and Iago, the film opens with the solemn funeral procession of Otello and Desdemona. Iago, on the other hand, is transported in chains in the opposite direction and, imprisoned to a suspended cage, is sentenced to starve. Unlike Shakespeare's work, the inevitable end of the plot is evident from the beginning: from the beginning, the spectator will understand that there is no chance for the protagonists. There is no hope for a happy ending. This cyclicity is absent in Shakespeare's work, but in the cinematic medium it perfectly expresses predestination and inevitability to the catastrophe. The Wellesian characters are trapped in their own stories and the choice to place them in an environment surrounded by imposing walls almost seems to translate their fate into images, creating a relationship between the psychological sphere of characters and the world in which they act. Even in the outer scenes there is no escape: among the Venetian channels the characters are made prisoners from the high walls of the buildings. A furious sea that offers no escape surrounds Cyprus itself. In these claustrophobic environments drama and characters lead their lives. While the figure of Othello is exalted in the film thanks to Welles's interpretation, Desdemona's figure suffers particularly from the cuts of the plot. His role is reduced to simple appearances: a figure with blond hair drifting in the shadows. The actress Suzanne Cloutier gives the Desdemona character a dignity alien to the original work. In the film of Welles, the Moor’s wife is painted like an inspirational muse, caring for grace and beauty. For what concerns the character of Iago, As for the figure of Iago Micheál MacLiammóir, he gives an extremely gloomy and ambiguous interpretation of the character. Iago is a psychotic figure emptied of the subtle humor present in Shakespearean drama. Iago's wickedness is so present that sometimes it is difficult to understand how the other characters do not realize what kind of

79 person he is. What strikes most of MacLiammóir's interpretation is that Iago himself seems unable to decipher his very nature.

5 – Pier Paolo Pasolini Pier Paolo Pasolini was born in Bologna the 5th March 1922. Growing up, Pier Paolo appreciated always more and more poetry and literature and left the religious fervor of his childhood. In Bologna Pasolini cultivated new passions, such as football, and fueled his passion for reading. The readings ranged from Dostoevsky, Tolstoj, Shakespeare and the romantics such as Manzoni. He enrolled at the faculty of Literature at the University of Bologna at the age of seventeen and he discovered new passions for the Romance studies and the aesthetics of the figurative arts taught at the time by the acclaimed art critic Roberto Longhi. Close to the fascist youth groups (and to the opposition against the regime that they started manifesting) he collaborated with the magazine of Gil of Bologna, "Il Setaccio". Meanwhile, the father, with the rank of Major, was called for the war in East Africa, where the English soon captured him. Among the deprivations and dangers of the Fascist era, he leads a life in direct contact with nature: he has homosexual love and various encounters he refers to in diaries, autobiographical writings, and literary sketches that were unpublished. Brother Guido, a partisan in the Osoppo division linked to the action party, is killed in a dark episode by groups of Communist partisans linked to the Slovenes: the news reaches the family only a few months after the end of the war, creating in the Pier Paolo a sense of laceration and guilt that he will suffer for most of his life. In November of '45 Pasolini graduated in letters in Bologna, with a thesis on Pascoli. The events of recent years and the passionate bond with the popular world experienced daily led him to join the PCI (Italian Comunist Party) and participate in the social fights of those years.

80 Success and notoriety arrive in 1955 with the publication of the novel Ragazzi di vita, which, however, provokes grim reactions in the closed mentality of the 1950s: the author has to undergo a process of pornography, from which he is acquitted. Pasolini was murdered by being run over several times with his own car, dying on 2 November 1975 on the beach at Ostia. His tragic death remains in the common consciousness as a sacrifical act andd he remains a controversial personality in Italy due to his blunt style and the focus of some of his works on taboo sexual matters, but he is an established major figure in European literature and cinematic arts

5.1 – Capriccio all’Italiana Capriccio all’Italiana (Caprice Italian style) is an episodic movie, filmed in 1967 and released in 1968 consisting of six episodes directed by several directors: • La bambinaia, directed by Mario Monicelli, with Silvana Mangano • Il mostro della domenica, directed by Steno, with Totò • Perché?, directed by Mauro Bolognini, with Silvana Mangano • Che cosa sono le nuvole?, directed by Pier Paolo Pasolini, with Totò, Ninetto Davoli, Franco Franchi, Ciccio Ingrassia, Laura Betti, Domenico Modugno and Carlo Pisacane • Viaggio di lavoro, directed by Pino Zac and Franco Rossi, with Silvana Mangano • La gelosia, directed by Mauro Bolognini, with Ira Fürstenberg and Walter Chiari

5.2 Che cosa sono le nuvole? Between March and April 1967 after a long stay in Morocco, Pasolini films in a single week Che cosa sono le nuvole?

81 The Shakespeare's Othello is reinterpreted and revisited by the director with the presence of comedians including: Totò, Ninetto Davoli, Ciccio Ingrassia, Laura Betti, Carlo Pisacane, Francesco Leonetti and Domenico Modugno in the role of the “immondezzaro”. 31The film is the result of the last collaboration between Pasolini and Totò that already sick and almost blind will die a few months after the end of the shooting. Caprice Italian style came out in 1968 while the episode Che cosa sono le nuvole? had been filmed between March and April of the previous year. Totò died on April 15, 1967, and did not see the film.

The scene starts in the backstage of a theatre, before the mise-en- scene of the Shakespeare’s Othello. The action is focused on the jealousy of Othello, provoked by the honest Iago. In the backstage of the theatre the puppet Othello, who is just "born" unconvinced of his role, asks the puppet Iago for some explications, who replies: "We are in a dream in a dream." The story unfolds on stage as in the Shakespearian tragedy, but when Otello, forced by his fate as a puppet- actor, is about to kill Desdemona, the spectators do not stop their disdain and, in order to save poor innocent little girl, jump on the stage and kill him and Iago. The Immondezzaro / Modugno arrives, loaded the two puppets on his truck and as a modern Caronte carries them to the dump and throws them away. In the real world the two puppets, looking at the blue sky full of clouds realize the "harrowing, marvelous beauty of creation."

31 The term “immondezzaro” would be translated in English as garbage man or waste man, yet it is not enough to describe his character. Modugno is a modern Charon, who brings the puppets alive to the backstage and throws them away when they die.

82 5.3 The encounter among Totò, Ninetto and Pasolini

It was 1966: Pasolini was 44, Totò 68 and Ninetto Davoli 18. Two different generations (Totò was born in 1898 and Davoli in 1948) were approached in fact, with two different glances: the one of Totò full of compassion for a world that has painfully changed and now, blind, he manages to see just something at the time of acting, and those of Ninetto Davoli, open wide on the world for the amazement, iridescent, as if they were just born, naïve and tragic together; two types of actor: the first with the artistic awareness of the profession and the second with the instinctivity of the non-actor. It is well known that Pasolini has never denied his preference for non- professional actors "chosen in life, randomly, to be chosen as they seem to express to them without knowledge". In 1966, Pasolini succeeded in exalting the wildness and ingenuity of Ninetto, while in Toto's case things were obviously different. An old artist and at the end of his lucky career, star of dozens of films that have animated the Italian cinemas for the past twenty years, loved enthusiastically by the audience and gradually also by the critics. It is important to notice that Totò’s professional formation occurred on the theatrical stage. Actor with unprecedented expressive force and technical wisdom out of any norm; a somewhat comical and somewhat tragic mask, Totò brought on the screen what characterized his theatrical career: the rejection of the scrip, his name of art and his mask, the lack of interest in the plot, the psychological evolution of the character. He succeeded in bringing the anarchic abnormalities of your theater to cinema. Yet, this led to a tight exploitation of Toto by the film industry in the 1950s and 1960s: Totò will be the protagonist of a surprising number of films, and then his face and gestures will begin to crystallize in rigid clichés,

83 replicable formulas for the public's entertainment, drained by their complexity and cultural context in which they were formed.

6 The protagonist of the drama: Othello accordion to Welles and Pasolini

"Why do you think Othello is so easily destroyed? Do you think he’s weak?

Othello is easily destroyed because he is simple, not because he is weak. He is the archetype of the simple man, and he has never understood the complexities of the world of men. He is a soldier; he never knew women. For example, a curiosity about Lear: clearly Lear does not know women, he has never lived with them. His wife is dead, and she could not be alive. Obviously, there would be no drama if there were a lady Lear. He does not have the slightest idea of how women work; he is a man who lives with his knights. It is that kind of totally masculine man whom Shakespeare sees as a loser born in a tragic situation. Othello is another man doing so. The total inability to understand what a woman is. His way of treating her, when he kills her, is that of a man who does not have the slightest contact with reality when it comes to the other sex. All they can do is fight.”

That is how the director Orson Welles will describe the character of Otello in his interview with Peter Bogdanovich, presenting us the most humane and at the same time barbaric side of the character. Automatically comes to mind the Othello interpreted by a young Ninetto Davoli. It will be the naive Othello-Ninetto to rely on the many teachings of the Iago-Totò, in Pasolini's film even more than in Welles.

84 It is at the very beginning of the Pasolini’s film that the young Othello-Ninetto, after being brought with the other puppets from the immondezzaro-Modugno, will ask to Iago-Totò: Othello: "And why am I so happy?" Iago: "Because you were born" Othello: "And why? What does it mean to be born? " Iago: "It means you are there"

And as if that was a complete answer, it ended the first dialogue between the two protagonists of the tragedy. The curtain opens and the show begins. Iago is dressed in black, in a jacket and trouser, white shirt, purple gloves, a cylinder and a green face, more than the honest Iago he seems like a court clown. In a dialogue with Roderigo-Ciccio Ingrassia, he has the honor to start the short story that continues with quick scenes, in a play that takes place between backstage and stage. Shakespeare's tragedy is interrupted by the audience who rushes to save Desdemona before Othello kills her. The tragic part of the paly does not take place: the fiction is destroyed. The two puppets (Iago and Otello) are killed by the public who can not accept or understand the play. On the notes of the same initial song, the immondezzaro / Modugno loads the dead bodies of Totò and Ninetto on the van and gets them in the landfill where the two will take consciousness of the outside world and of the "dazzling beauty of creation”. Suddenly the video camera stops and points up, against an immense blue sky where white clouds run fast. Before even taking full awareness of the outside world, the puppets watch the clouds and die. And we, like them, see the same gash of heaven and world, wonderful but heartbreaking, for a few seconds. And the fairy closes.

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Conclusion As conclusion of this analysis, it is possible to notice that the tragedy of Othello is a tragedy in balance between antiquity and modernity. His characters seem to be living in the shame society of the Homeric poems, in which the greatest moral force known to the man was not God’s fear, but public opinion, and that is why Othello ends up with such a despicable act to regain his honor. The figure of Othello in particular, is crystallized into a limbo, stuck between antiquity for his actions, and modernity for the consequences of his actions. Welles and Pasolini’s Othello are two examples of a way of seeing and reading Shakespeare’s plot. The first one, with a black and white work of ninety minutes, a work emptied of that comic stroke of the original plot, which amplifies the drama through cuts to the script and reinterpreting many scenes. The second one, with a color movie of twenty minutes, amplifying the comedy through an amazing cast including Ninetto Davoli and Totò. While Pasolini was able to save Desdemona’s life, in the work of Welles the female protagonist will meet her fate, and will be killed by her husband. Just like Carmen, Pia de’ Tolomei, Francesca da Rimini and all the 116 women killed in 2016. That is almost one victim of feminicide each three days. Once again, art teaches us that history, even when it comes to such tragic acts, repeats itself, and perhaps we need more Pasolini in our daily lives, ready to change the plot and save the woman before the catastrophe takes place.

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SEZIONE LINGUA TEDESCA

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Einleitung In jeder Theater- oder Filmaufführung wird Othello als ein Mann voller Integrität beschrieben, ein tapferer General, der in Desdemona verliebt ist. Liebe und Ehre: Diese beiden Elemente sind für Othello aus vielen Gründen miteinander verbunden. Er ist ein Fremder in einem fremden Land, da er ein Mohr ist, also musste er seinen persönlichen Kampf gegen die Vorurteile der Gesellschaft bekämpfen, um zu zeigen, dass seine Liebe zu Desdemona aufrichtig ist, und zweitens, weil sein militärischer Geist akzeptiert nicht, überwältigt, getäuscht oder verwundet zu werden. Aber hinter den Waffen gibt es einen Mann, der aus Gefühlen und Leidenschaften besteht, und das Problem entsteht, wenn die intimste Emotion es schafft, den mutigsten Soldaten zu kontrollieren, und Othello kann es nicht akzeptieren, von seiner Frau betrogen zu werden. Gerechtigkeit und Rache, um die verlorene Ehre zurückzugewinnen. Es ist an diesem Punkt des Dramas, dass Othello wie jeder homerische Held wirkt. Das ist nicht die einzige Eigenschaft, die Othello mit den homerischen Gedichten gemeinsam hat: Während Othello in der Schamgesellschaft zu leben scheint, hat Iago alle Merkmale der antiken Ate, die mythologische Figur, die den Fehler darstellt, eine Art Blindheit, unbewusst über die schrecklichen Folgen des eigenen Verhaltens. Iago, blendend Othello der Eifersucht, verursacht den Tod des unschuldigen Desdemona. An diesem Punkt wird die Tragödie von 1603 eine Angelegenheit der täglichen Kriminalnachrichten in unseren Zeitungen: eine andere Frau, die von dem Mann getötet wurde, der sagte, sie zu lieben.

88 Der Regisseur, der vor allem das Bild von Desdemonas Tötungsszene in den Film übertragen konnte, ist Orson Welles, der der Szene einen tragischen Blick verleiht, der noch nie zuvor gesehen wurde. Anders als der amerikanische Regisseur Pier Paolo Pasolini präsentiert er uns eine Comic-Lesart von Shakespeares Werk, die das Leben Desdemonas rettet. Der italienische Regisseur beschließt tatsächlich, die Tragödie mit dem Tod von Otello und Iago zu beenden, der von Ninetto Davoli und Totò gespielt wird, der in den Himmel blickt und die erschütternde, wunderbare Schönheit der Schöpfung sieht. Es wäre jedoch falsch, zu sagen, dass der Charakter von Othello nur an die Welt der Tragödie und des Klassizismus gebunden ist, wie sie oft von modernen Intellektuellen und Künstlern genutzt wird, um Botschaften zu transportieren, die für unsere tägliche Realität typisch sind.

1 - Die Griechen und das Irrationale

Wir sind gewohnt, die Griechen als die Erfinder der Rationalität und des Logos zu betrachten. Die Griechen sind nicht wie die anderen, sie sind ungeheuer überlegen als andere Menschen. Ist es nicht wahr, dass Griechenland der Geburtsort von Kultur und Philosophie, Heimat von Intellektuellen, Ärzten und Wissenschaftlern ist? Wie können wir dann den Standpunkt von Eric R. Dodds betrachten, dass in seinem wichtigsten Werk Die Griechen und das Irrationale diese Zivilisation analysieren, indem sie dieselben Kategorien verwenden, die von den Ethnologen zur Analyse von Primitivgesellschaften verwendet werden? Auf den ersten Blick würden wir denken, dass es sich um eine außergewöhnliche Arbeit handelt. Doch wenn man Dodds Sichtweise analysiert, wird der Leser bemerken, dass seine Meinung nicht ungewöhnlich ist, und es wäre angebracht, die Frage zu ändern: "Warum sollten wir den alten Griechen eine Immunität von" primitiven

89 "Denkweisen zuschreiben, finden Sie in keiner Gesellschaft, die unserer direkten Beobachtung offensteht? " Und was bedeutet Dodds für irrational? Wenn man seine Arbeit liest, kann man annähernd verstehen, was irrational für Dodds ist: Irrational ist der Wahnsinn, positiv gekennzeichnet und Quelle der Inspiration und gesehen als göttliche Gabe, der Einfluss der Traumwelt auf die reale Welt, das Unglück und das Böse als Folgen einer Schuld, die der Mensch begangen hat, der Schamanismus und die Theorie der Seele. Er definiert alle Aspekte, die ein moderner Mensch als irrational betrachten würde, als irrational. Dodds analysiert eine Zeitspanne, die von VIII bis zum 11. Jahrhundert beginnt und die Abhandlung mit einem sehr gemeinsamen Thema in der homerischen Tradition beginnt: das Problem der Ate.

1.1 Ate Das weibliche griechische Wort "Ate" (ἄτη) bedeutet "Katastrophe, Schmerz, Zerstörung, Bestrafung". In den homerischen Gedichten war der Verlust des normalen Bewusstseins auf äußere Faktoren zurückzuführen, die den Geist des Menschen verschleierten. In der griechischen Mythologie bedeutet Ate, "das alles blind", den Fehler, eine Art Blindheit, die den Verstand trübt und die schrecklichen Folgen des eigenen Verhaltens und damit das Unglück, das jemandes Verhalten auf andere und sich selbst ausübt, unbewusst macht.

Das Vorhandensein von Ate wird erst mit der späten Anerkennung des Fehlers und der Katastrophen erkannt: Diejenigen, die unter dem Einfluss von Ate handeln, wollen keine Tragödien verursachen, aber sie achten nicht auf die Vorzeichen und Zeichen. Sie verstehen in letzter Zeit die Irrationalität ihres Verhaltens. Zurück zur Ilias gibt Homer dem Leser eine Beschreibung der mythologischen Figur von Ate: Tochter von Zeus und Strife (Eris), Ate wurde

90 aus dem Olymp geworfen, nachdem sie Zeus betrogen hatte. Sie fiel in Phrygia, auf dem Hügel, wo die Stadt Troja gegründet worden wäre. Ate wandert in der sterblichen Welt und legt seine Füße über die Köpfe der ahnungslosen Menschen.

Eric R. Dodds widmete sich dem Argument des ersten Kapitels seines Aufsatzes mit einer vollständigen Beschreibung und einer Analyse, wie sich die Figur Ate während der Homerischen Periode, des Lyrischen Zeitalters und der Periode der griechischen Tragödie verändert. In einem ersten Moment ist Ate eine Blindheit aufgrund äußerer Faktoren (verursacht durch Zeus, Schicksal und Erynies) und dann wurde sie die Strafe für die Schuld der Vorfahren. In der homerischen Welt und in der griechischen Tragödie ist Ate eine mythologische Figur, die ein irrationales Verhalten rechtfertigt. Im homerischen Konzept ist Ate "ein Geisteszustand - eine vorübergehende Trübung oder Verwirrung des normalen Bewusstseins". Beachten Sie, wie in der Tragödie von Othello der Charakter des ehrlichen Iago mit dieser mythologischen Figur ähnliche Gemeinsamkeiten hat: Genau wie Ate führt Iago die Menschen zu den Fehlern und zu tragischen Handlungen.

1.2 - Schamkultur Der Ausdruck "Schamkultur" wurde zuerst von der amerikanischen Anthropologin Ruth Benedict in einem Aufsatz mit dem Titel "Die Chrysantheme und das Schwert" verwendet. E. R. Dodds benutzte dann den Ausdruck in seinem Werk Die Griechen und das Irrationale, um auf das soziale Modell zu verweisen, auf dem die homerische Gesellschaft beruhte. Er erklärt, dass die großen Helden des griechischen Epos nicht erfüllt wurden, indem sie im eigenen Gewissen wussten, dass sie glorreich und voller Ehrungen waren, denn zunächst mussten

91 sie von der Gesellschaft als Helden betrachtet werden. Nur so wissen sie, dass sie existierten und dass sie lebten. Es ist also offensichtlich zu verstehen, dass das innere Gefühl nicht ausreichte, aber das Urteil anderer notwendig war. Wenn ein Held die öffentliche Schätzung verloren hätte, könnte er sich sogar umbringen. Allgemeiner gesagt, wenn ein Mensch im Gegensatz zu jenem System der vernünftigen Dispositionen, mit denen er ein Leben lang lebte, handelt, handelt es sich nicht um sein eigenes, sondern um ein anderes. Mit anderen Worten, nicht-rationale Impulse werden vom Ich ausgeschlossen und auf fremde Herkunft zurückgeführt. Offensichtlich geschieht dies eher, wenn die Handlungen eine Quelle scharfer Schande für diejenigen darstellen, die es getan haben. Wir können davon ausgehen, dass der homerische Mensch das Konzept von Ate benutzte, weil es seine Handlungen rechtfertigt und seinem Schamgefühl entgeht. Die höchste Güte des homerischen Menschen ist nicht im Genuss eines ruhigen Gewissens, ist im Besitz des τιμή (timè), der öffentlichen Schätzung. Man kann daher theoretisieren, dass der Begriff der Ate in der griechischen Kultur nicht nur aus der Impulsivität des homerischen Menschen, sondern auch aus der Spannung zwischen dem individuellen Impuls und dem für die Schamkultur charakteristischen Druck des sozialen Konformismus entsteht. Die primitiven Kulturen repräsentieren nach Meinung vieler Forscher eine Stufe in der Entwicklung der Zivilisation, in der nur der "Gruppengeist" existiert. Die feste und unflexible Kette, die auf einer solchen Stufe Menschen zusammenhält, ist Angst, Angst vor dem Unbekannten, Angst vor den natürlichen Phänomenen, die sie nicht kontrollieren konnten, und Angst voreinander. Deviation bedeutet Zerstörung und Zerstörung; ruinieren als Bestrafung, die die Gruppe anrichten wird, und ruinieren sich durch völlige Unfähigkeit, mit einer neuen Umgebung allein fertig zu werden.

92 2 Othello Othello ist eine Tragödie in fünf Akten, die in Venedig und Zypern stattfinden. William Shakespeare schrieb es zwischen 1602 und 1604, inspiriert von den Romanen des italienischen Schriftstellers Giovanni Battista Giraldi.

2.1 - INHALT Othello, ein Mohr General in der venezianischen Armee, heiratet heimlich Desdemona, die Tochter des Senators Barbantio. Roderigo, ein venezianischer Adliger, der in Desdemona verliebt war, erfuhr von der Ehe mit Iago, einem Soldaten, der Othello mit großem Ressentiment begegnete, weil er es vorzog, Cassio an seiner Stelle zu unterstützen und weil er vermutete, dass Othello mit seiner Frau Emilia geschlafen hatte. Iago überzeugt Roderigo Barbantio über die geheime Ehe seiner Tochter zu erzählen. In der Zwischenzeit ruft der Dogen alle seine Soldaten auf, weil die Türken im Begriff sind, Zypern anzugreifen. Als sie in Zypern ankommen, stellen sie fest, dass ein Sturm die gesamte türkische Flotte zerstört hat. Iago bekommt Cassio betrunken und überredet dann Roderigo, Cassio in einen Kampf zu locken. Danach beschuldigt Othello Cassio für die Störung und entzieht ihm seinen Rang. Cassio ist verzweifelt und Iago überredet ihn, Desdemona zu importieren, um ihren Ehemann davon zu überzeugen, ihn wieder einzusetzen. Dann überzeugt Iago Othello, dass Desdemona ihn mit Cassio betrügt. Othellos Eifersucht führt zu einer blinden Wut: Othello erstickt Desdemona im Hochzeitsbett. Emilia verrät Otello, dass Desdemonas Affäre mit Cassio eine Erfindung ihres Ehemanns Iago war, der sie tötet und dann davonfliegt. Othello, in Reue, versteht seinen Fehler und schlägt ihn zu Tode, fallen auf Desdemonas Körper. Selbst wenn er erwischt wird, lehnt Iago die

93 Motive seiner Handlung ab und wird zu Folter verurteilt. Cassio dagegen tritt an die Stelle von Otello im Dienste der Republik Venedig.

2.2 Analyse Othello ist ohne Zweifel die Tragik der Eifersucht. Wenn Ehre mit Blut verteidigt wird, muss Desdemona, der "unwiderlegbarer" Beweis des Ehebruchs beschuldigt wird, sterben. Man könnte sagen, dass Iago ein weiteres Drama parallel zu dem von dem Autor geschriebenen darstellt. Es gibt eine komplexe metatheatrische Intrige: Es gibt das Theater, dem wir vertrauen können, dem wahren Drehbuch des Autors, der uns versichert, dass die Geschichte in der ewigen Gegenwart der Bühne geschieht und fortfahren wird. Dieses Theater möchte uns etwas beibringen, etwa nicht naiv zu sein oder Böses und Heuchelei zu erkennen. Und dann gibt es gleichzeitig ein dunkleres und irrationales Theater. Es ist das Theater von Iago, das zentrale Geheimnis der Tragödie. Er benutzt die gleichen Kunststücke Shakespeares, vom Sprachmaterial bis zu den Schauspielern, aber er benutzt diese Kunstobjekte mit einem zerstörerischen Zweck. Iago hat eine Berufung zu dem Bösen, das er uns selbst erklärt, mit Worten voller Zynismus und Verachtung. Iago hasst Othello, um einen jüngeren Mann namens Cassio über ihn zu werben, den Iago für weniger fähig hält, als ein Soldat. Obwohl diese Annahme durch Ressentiments verunreinigt ist, scheint dies die objektive Motivation von Iago's Boshaftigkeit gegenüber Othello zu sein. Eine weitere Motivation von Iago Böswilligkeit ist, dass er fast sicher, dass Othello hatte eine Affäre mit Emilia, seiner Frau. Der Leser wird bald bemerken, dass Iagos Motivationen nicht mit der Realität übereinstimmen. Othello, Cassio und Desdemona, das sind alle kranken Charaktere im Theater, das Iago aufgestellt hat: Othello ist epileptisch, Roderigo ist ein Narr, Cassio ist ein schrecklicher Soldat und

94 Alkoholiker; Desdemona und Emilia sind untreu und Prostituierte, da sie Frauen sind. Es ist wichtig zu bemerken, dass diese Informationen von Iago in seinen vielen Selbstgesprächen gegeben werden. Diese Selbstgespräche machen Iagos Persönlichkeit nicht klar, sie verdecken sie eher, weil sie dem widersprechen, was das Publikum sieht. Auch wäre es nicht genug zu sagen, dass Iago nur ein Lügner ist, denn selbst Richard III war ein Lügner, aber er war sich der Dichotomie seiner Persönlichkeit durchaus bewusst. Iago scheint an seine deformierte Realität zu glauben. Durch seine Worte zerstört Iago die Welt, in der er lebt. Er wird oft mit der biblischen Schlange verglichen, vor allem in der Szene, nicht zufällig "Versuchung" - Szene genannt, in der Iago unterstellt, dass Desdemona und Cassio eine Beziehung haben:

"Ah, das mag ich nicht!"

Mit diesen drei einfachen Worten kommt Iago in Othellos Verstand und warnt ihn dann vor Neid, dem Monster mit den grünen Augen. In der Tragödie benutzt Iago das Wort, um Othello sein teuflisches Netz zu weben. Iagos Einfluss auf Othello ist in seiner Sprache zu sehen. Am Anfang der Tragödie ist die Sprache des Moores harmonisch und elegant und plötzlich werden seine Worte barbarischer, der Rhythmus wird unterbrochen und pfeift. Othello ist blind wegen der Worte von Iago, die eine Mauer zwischen ihm und der Realität schaffen. Othello stirbt, weil er die Welt nicht sehen kann, kann er nicht darin leben.

95 2.3 – Jago und Othello

OTHELLO ”Ich nicht, man soll mich finden. Mein Stand und Rang und meine feste Seele, Laut solln sie für mich zeugen! Sind sie es?”

IAGO “Beim Janus, nein!”

In der römischen Religion und Mythologie war Janus der Gott der Anfänge, Tore, Übergänge, Zeit, Dualität, Türen, Durchgänge und Enden. Er wird normalerweise mit zwei Gesichtern dargestellt, da er in die Zukunft und in die Vergangenheit blickt. Janus steht am Anfang der Tragödie und am Anfang einer Seeschlacht. Seine beiden Gesichter, die sich gegenüberstehen, aber miteinander verbunden sind, könnten sich auf die Doppelgesichter von Iago oder sogar auf die Gesichter von Othello und Iago beziehen. Und genau wie Janus nicht Janus mit nur einem Gesicht ist, können Othello und Iago den einen nicht ohne den anderen existieren. An diesem Punkt ist es sinnvoll, sich zu fragen, wie unterschiedlich die beiden Hauptfiguren sind und was sie in gewisser Weise so ähnlich macht. Die militärische Sphäre ist das erste Merkmal, das sie gemeinsam haben: Othello ist der Kapitän eines Regiments der Republik Venedig und Iago ist sein Fähnrich. Hinter den Waffen befinden sich zwei Männer aus Gefühlen und Leidenschaften, und das Problem entsteht, wenn die intimste Emotion es schafft, selbst den mutigsten Soldaten zu kontrollieren. Iago ist der Erste, der in diese Falle gerät. Das Gefühl, das Iago übernimmt, ist von Anfang an erkennbar, wenn es am Ende der ersten Akte deutlich heißt: "Ich hasse den Mohren". Wie Professor McCloskey sagt, "Die grundlegende Motivation von Iago ist Hass". Wo liegt also die Motivation für Othello? Genau wie Iago kann er seinen Wert auf dem Schlachtfeld zeigen. Aufgrund dessen weiß er, dass er mit Doge und Brabanzio umgehen kann, er weiß, dass Desdemonas Liebe rechtlich richtig ist, da Iago es

96 verdient, Leutnant zu sein. In diesem Fall gibt es keinen Hass als Folge des verwundeten Stolzes, aber die Liebe zu einer Frau, die Othello beweisen muss, verdient er. Das Gefühl, das ihn an Desdemona bindet, ist es für ihn mehr als alles andere wert: Warum kommt es dann zu so katastrophalen Folgen? Weil Desdemonas Loyalität zu verlieren bedeutet, nicht nur Liebe, sondern auch Ehre zu verlieren, und das war Teil von Iagos Plan, wollte er Othello führen, um ihn das Gefühl einer unhaltbaren Demütigung fühlen zu lassen. Liebe und Ehre also: diese beiden Elemente sind aus verschiedenen Gründen eng mit ihm verwandt. Erstens, weil er, Moro, ein Fremder auf einem fremden Land, seinen kleinen Krieg führen musste, um Desdemona zu haben, und zweitens, genau wie Iago, weil es einen militärischen Geist in ihm gibt, der es nicht ertragen kann, überwältigt, getäuscht, wie jeder verratene Ehemann. Gerechtigkeit und Rache, um die verlorene Ehre zurückzugewinnen. "Ich bin nicht, was ich bin": tragisch brillante biblische Erinnerung: Gott im Buch Exodus, 3, 14, sagt von sich selbst: "Ich bin, dass ich bin". Iago ist für Shakespeare das Gegenteil von Gott, er verkörpert fast den Teufel. Iago ist die lebende Illustration zweier Aspekte des Bösen, die Shakespeare am meisten beeindruckt haben müssen: die perfekte Kombination von Asozialität und Selbstsucht im Menschen und die Tatsache, dass sie in einem Individuum von außergewöhnlicher Stärke des Willens und Intellekts bleiben können. An keinem anderen Ort wurde das Böse mit so viel Geschicklichkeit dargestellt wie im Charakter von Iago. Iagos Andeutung in Othellos Geist und Leben verändert ihn: Iagos Gift fließt in seinen Adern und verwirrt ihn. Auf diese Weise tritt Othello unaufhaltsam in eine stille Welt der Täuschung, des Misstrauens und des Flüsterns ein.

3 Feminizid Othello, der Desdemona erstickt. Josè erdolcht Carmen. Pia de 'Tolomei, von ihrem Mann getötet, der mit einer anderen Frau heiraten wollte.

97 "Ich verrate den Namen meines Killers nicht", sagt Pia, als er Dante im Fegefeuer trifft. "Ansonsten wirst du dich nur an ihn und nicht an mich erinnern." Jahrhunderte sind vergangen, gute Manieren, Kultur und Moderne haben sich weiterentwickelt und dennoch werden viele Frauen von ihren Ehemännern getötet. Es gab eine Chance, diese Tötungsdelikte vor Jahrzehnten für den undenkbaren 587 Absatz des Strafgesetzbuches zu rechtfertigen, indem er sie als Verbrechen bezeichnete. Aber heute hinter welcher Motivation können wir uns verstecken? Eine grobe Realität, die sogar zur Bildung eines bestimmten Wortes geführt hat: Femicide. Diejenigen, die diese Verbrechen begehen, verpflichten sich in Italien seit 2008 zum regulären Gebrauch. Sie begann zunächst in der Presse und in den Zeitungen zu kursieren und trat dann in unsere tägliche Sprache ein. Feminizid ist kein schlechtes Wort. Es ist regelmäßig gebildet Wort für was Grammatik, die Kombination des Wortes weiblich, mit diesem letzten Teil -cidio, die die Bedeutung der Tötung von jemandem hat. Eine Frau töten. Es ist nicht das Wort, hässlich zu sein, und oft haben die Menschen Angst vor Wörtern für die Bedeutung und für das Ereignis, das sie hervorrufen. Laut Statistik im Jahr 2011 gab es 137 Opfer. Im Jahr 2012 nahm die Zahl der Opfer sexueller Gewalt zu und die Opfer waren 124. Zwischen 2000 und 2012 wurden 2220 Frauen getötet. Im letzten Jahrzehnt sind die Anti-Gewalt-Zentren im nationalen Hoheitsgebiet gewachsen und gestiegen, insgesamt 188 im November 2015. 2016 wurden 116 Fälle registriert, etwa alle drei Tage.

3.1 Tod und Zwangsabscheidung Unter den vielen Überlegungen, die über diese Art von Gewalt gemacht werden können, analysiert einer den psychologischen Mechanismus unserer Beziehung zu Tod und Trauer.

98 Wie wir alle wissen, was uns am meisten leidet, wenn ein geliebter Mensch stirbt, ist der Verlust. Die Zwangsabtrennung erzeugt Verwundungen, weil sie aus praktischer und emotionaler Sicht eine radikale Veränderung in unserem Leben hervorruft. Wir fühlen uns frustriert, verlassen und verletzt von denen, die uns verlassen haben. Der Trauerprozess reagiert auf die Notwendigkeit, jeden Tag mit der Abwesenheit spezifischer Rituale fertig zu werden, die die Intimität mit dieser Person umrissen haben. Verlust, erzwungene Loslösung, Verlassenheit und Abwesenheit sind auch typische Merkmale des Endes einer sentimentalen Beziehung, besonders wenn es nicht einvernehmlich ist. Psychoanalyse und Psychologie lehren uns die Ähnlichkeit zwischen Trauer um die Liebe eines geliebten Menschen und dem Schmerz, der durch das Ende einer liebenden Bindung verursacht wird. Derjenige, der von seiner Frau oder Freundin verlassen worden ist, fühlt sich verlassen und verängstigt wie im Fall der Trauer. Es gibt jedoch einen wesentlichen Unterschied: Der Tod ist in diesem Fall nicht die physische Person, sondern die sentimentale Beziehung, die Liebe, die Bindung. Diejenigen, die den "Tod" der Beziehung nicht akzeptieren, können nach dem Tod der geliebten Person suchen. Wenn der Verlassene eine Trennung von der anderen Person wünscht, sieht derjenige, der verlassen wurde und die Trennung nicht akzeptiert, den Tod als die einzige Lösung, um es zu vermeiden, das, was vorüber ist, fortzusetzen. Es ist wichtig zu bemerken, dass der Mord oftmals begangen wird, solange die Beziehung noch nicht abgeschlossen ist, aber nicht notwendigerweise mit der Trennung verbunden ist. Das Feminizid ist ein komplexes Phänomen, es ist das Ergebnis einer tödlichen Mischung aus kulturellen, persönlichen, erzieherischen und pathologischen Aspekten. Diese Argumentation ist sehr komplex und bezieht sich auf viele psychologische Mechanismen, die Stolz, Eifersucht und einen infantilen Hintergrund mit sich bringen, aus dem sich Traumata, Persönlichkeitsstörungen und Frustrationen entwickelt haben.

99 4 – Orson Welles, Biografie und Werke Er war allein in der Nacht vom 9. auf den 10. Oktober 1985, was nicht dasselbe wie einsam ist. Er war nicht gut oder stark; er war zu schwer; er hatte Diabetes; sein Herz war erschöpft. Aber diese Zerbrechlichkeit ist nicht dasselbe wie Selbstmitleid oder Melancholie. Er war immer die wichtigste Person in seinem eigenen Drama gewesen. Er war kein besitzergreifender Mann, nicht mit Geld oder Leuten: Er ließ diese Dinge durch seine großen Hände gleiten. Aber er behielt einige Luft und Attribute: Befehl, die Macht des Zauberers, das Recht auf Selbstzerstörung. Er war ungewöhnlich in der Klarheit, mit der er das wusste, und er handelte darauf. Er war nicht wie die anderen und sie konnten nicht wie er sein. Er war entschlossen. Er hatte große Freundschaften gekannt; er hatte mehrere Menschen in seinem reichen Schatten gelassen, ob sie die Dunkelheit erkannten oder nicht. Er hatte Menschen, Männer und Frauen, mit Anekdoten, Gelächter, Genie und Helligkeit bewegt. Er war geliebt, verehrt, verehrt worden, aber etwas in ihm war widerstandsfähig, Einsamkeit aufzugeben. In seiner Seele lag etwas Unversöhnliches, das davon abhing, isoliert zu sein, allein in seinem Haus, sei es in Xanadu oder an einem bescheidenen Ort in Hollywood Hills. Er starb in dieser Nacht alleine, saß auf einem Stuhl und tippte Dinge auf, die er in den nächsten Tagen filmen wollte. Er starb früh am Morgen des 10. Oktober ohne Krankenschwester, Kamerad oder Kamera. In den frühen Morgenstunden nannte er seinen Freund Henry Jaglom, einen Regisseur. Welles sah, wie er ein Modell und ein Vater für Jaglom war, einen Gott, der ihm Bewunderung oder Gemeinschaft geben konnte. Er war kein einfacher Mann oder eine unkomplizierte Person, nicht unbedingt eine nette Person. Trotzdem hinterließ er mitten auf der Nacht eine Nachricht auf Jagloms Anrufbeantworter: »Das ist dein Freund. Vergiss nicht, mir zu sagen, wie deine Mutter ist. "

100 Als Jaglom aufgewacht war, war sein Freund tot, was der Botschaft sicherlich etwas Magie hinzufügte. Es gibt keinen Grund zu glauben, dass Welles diesen Satz als seine letzten Worte verlassen wollte. Aber er war ein Meister, ein Manipulator; er hatte die Gewohnheit, Worte in der Luft hängen zu lassen - Rosenknospe. Er redete wie ein Mann, der für immer die letzten Worte aussprach und uns über sie wunderte, damit wir nicht sicher sein konnten, ob Rosenknospe das Versprechen von Farbe und Süße oder ein Knäuel jugendlicher Härte ist, eine Kugel, die nicht alt werden will oder stirb.

Kenosha, Wisconsin, eine Stadt fünfzig Meilen nördlich von Chicago am Ufer des Lake Michigan, wo George Orson Welles am 6. Mai 1915 geboren wurde. Maurice Bernstein war russischer Herkunft, ein Arzt aus Chicago. Es wurde gesagt, dass er wegen Schwierigkeiten in Chicago nach Norden gezogen war, verursacht durch sein heißes Temperament. In Kenosha traf er die Familie Welles. Richard Welles und Beatrice Ives hatten im November 1903 geheiratet. Er war einunddreißig und sie war einundzwanzig. Beatrice hatte ein musikalisches Talent, sie gewann von ihrer Mutter Willensstärke, Strenge und eine idealistische Phantasie. Richard Welles 'Mutter verfluchte die Gewerkschaft, als ihr Sohn Beatrice heiratete, vielleicht sah sie, wie wenig sie gemeinsam hatten. Richard Welles war auf das Licht für Automobile spezialisiert. Er war auch ein Dandy, sein Sohn sah, dass sein Vater "hoffte, für einen von denen am meisten bewundert zu werden, die er am meisten bewunderte: eine nüchterne Figur in der Welt der hohen Finanzen und nicht der untätige, hedonistische Londoner Clubman, den er verachtete - "Er war auch ein Betrunkener, der seine eigene Zigarrenmarke und einen Spieler hatte. Sie hatten einen Sohn, Richard, geboren 1904, der bereits zehn Jahre alt war, als Orson geboren wurde.

101 Beatrice hat in Kenosha gute Werke gemacht: Sie hat Migrantenfamilien geholfen, sich für das Frauenwahlrecht eingesetzt und Klavierunterricht gegeben. Sie war zu oft krank. Sie sah immer weniger ihren Mann, weil der viel gereist war und als er in Kenosha war, hielt er sich an männliche Kreise. Im Alter von sechzehn Jahren war er Waise und diese Erfahrung schuf Charles Foster Kane, der einfach seine Eltern verliert oder sie übersteigt. Entkommt ihnen. Kane's Waisenhaus ist in einem der seltsamsten Dinge in diesem sehr geisterhaften Film. "Und jetzt werde ich dir von dem Skorpion erzählen, der einen Fluss überqueren wollte, also bat er den Frosch, ihn zu tragen. "Nein", sagte der Frosch, "Nein, danke, wenn ich dich auf meinem Rücken lassen würde, könntest du mich stechen, und der Stachel eines Skorpions ist der Tod". "Aber" sagte der Skorpion "Wo ist die Logik?" (Scorpions versuchen immer, logisch zu sein.) "Wenn ich dich stöhne, wirst du sterben. Und ich werde ertrinken. "So ist der Frosch überzeugt und lässt den Skorpion auf seinen Rücken steigen, aber in der Mitte des Flusses fühlte er einen schrecklichen Schmerz und erkannte, dass der Skorpion ihn gestochen hatte. "Logik ?!", sagte der sterbende Frosch zum Skorpion, als er anfing zu ertrinken, "darin ist keine Logik." "Ich weiß", sagte der Skorpion, "aber ich kann nicht anders. Es ist mein Charakter. "Lass uns zum Charakter trinken." Diese Metapher der grundlegenden Unfähigkeit der Menschen, ihre Natur zu verändern oder dem Schicksal zu entkommen, war ein wiederkehrendes Motiv in Orson Welles 'Leben und Werk. Diese alten arabischen Märchen, das Welles einmal behauptet, gehört zu haben, und steckte ihn dann in seinem 1955 Mr. Arkadin ist repräsentativ für was ist wohl das wichtigste Thema: dass die meisten Menschen im Leben sind beide Skorpion, es ist Frosch, Opfer der Natur und Schicksal von anderen sowie von ihren eigenen.

102 In seinen Filmen machte Welles den Teil des Skorpions mit Figuren wie Charlie Kane oder Harry Lime und denen des Frosches mit Figuren wie Othello und Falstaff. Orson Welles und seine Karriere als Regisseur, Schauspieler, Produzent, Fernsehdrehbuchautor, Talkshow und verschiedene Zeichen, Romancier, professionelle Assistenten, Journalist für Zeitungen und Zeitschriften, wurden mehr Kredit heute gegeben, als er tat, als er noch am Leben war.

Kurz nach seinem Macbeth 1948 entschied sich Welles, eine weitere Shakespeare-Tragödie anzupassen: Othello. Die Scalera Film, eine italienische Produktionsfirma, hat das Projekt von Welles akzeptiert, dass das Unternehmen während der Dreharbeiten gescheitert ist. Orson Welles selbst erzählte Peter Bogdanovich über eine der vielen Anekdoten, die mit dieser nicht so idyllischen Wirtschaftslage zusammenhängen wie bei Roderigos Mordszene. Dies ist die Szene, in der Roderigo versucht, Cassio zu töten: Shakespeare im Akt V seiner Tragödie zielt auf eine Straße in Zypern, während Welles, nachdem er die Kostüme nicht erhalten hatte, entschied, die Szene in einem türkischen Bad zu setzen, nur notwendiges Kostüm in diesem Zusammenhang: ein Handtuch. Welles erfindet das gesamte Setting neu und verwandelt die anfängliche Notwendigkeit in eine Gelegenheit, Shakespeares Dramaturgie zu verstärken: Der Rauch des türkischen Bades drückte die Atmosphäre der Täuschung aus und die angezogenen Handtücher verstärken die bestialische und barbarische Natur der Charaktere. Nach der Schließung von Scalera Film hatte Welles viele Schwierigkeiten, die Besetzung während der Dreharbeiten zu sammeln und Desdemona wurde von drei verschiedenen Schauspielerinnen gespielt: Lea Padovani, Besty Blair und Suzanne Cloutier. In Welles 'Analyse seines Othello sollte ein wichtiger Aspekt des Regisseurs in Betracht gezogen werden: Während wir mit der Realisierung der Shakespeare-Dramen

103 experimentierten, hat Welles keine bloße Umsetzung der theatralischen Arbeit realisiert: Er ändert die Texte zugunsten von die Effektivität des Films. Seit Beginn des Films gibt es eine Diskrepanz mit Shakespeares Werk: Während die Originalarbeit auf einer Straße in Venedig mit einem Dialog zwischen Roderigo und Iago beginnt, beginnt der Film mit dem feierlichen Trauerzug von Otello und Desdemona. Iago dagegen wird in entgegengesetzter Richtung in Ketten transportiert und wird zu einem suspendierten Käfig verurteilt, um zu verhungern. Im Gegensatz zu Shakespeares Werk ist das unvermeidliche Ende der Handlung von Anfang an erkennbar: Von Anfang an wird der Zuschauer verstehen, dass es für die Protagonisten keine Chance gibt. Es gibt keine Hoffnung auf ein Happy End. Diese Zyklizität fehlt in Shakespeares Werk, aber im filmischen Medium drückt es perfekt Prädestination und Unvermeidlichkeit für die Katastrophe aus. Die Wellesianischen Charaktere sind in ihren eigenen Geschichten gefangen und die Wahl, sie in eine von imposanten Wänden umgebene Umgebung zu stellen, scheint ihr Schicksal fast in Bilder zu verwandeln und schafft eine Beziehung zwischen der psychologischen Sphäre der Charaktere und der Welt, in der sie agieren. Auch in den äußeren Szenen gibt es kein Entrinnen: Unter den venezianischen Kanälen werden die Figuren von den hohen Mauern der Gebäude gefangen. Ein wütendes Meer, das keinen Ausweg bietet, umgibt Zypern selbst. In diesen klaustrophobischen Umgebungen führen Drama und Charaktere ihr Leben. Während die Figur von Othello im Film dank Welles Interpretation erhöht ist, leidet Desdemonas Figur besonders an den Schnitten der Handlung. Seine Rolle reduziert sich auf einfache Erscheinungen: Eine Figur mit blonden Haaren treibt im Schatten. Die Schauspielerin Suzanne Cloutier verleiht dem Desdemona-Charakter eine dem ursprünglichen Werk fremde Würde. In dem Film von Welles ist die Frau des Moores wie eine inspirierende Muse gemalt, die für Anmut und Schönheit sorgt.

104 Was den Charakter von Iago betrifft, Wie für die Figur von Iago Micheál MacLiammóir, gibt er eine extrem düstere und mehrdeutige Interpretation des Charakters. Iago ist eine psychotische Figur, die den subtilen Humor des Shakespeare-Dramas entleert. Iagos Bosheit ist so präsent, dass manchmal schwer zu verstehen ist, wie die anderen Charaktere nicht erkennen, was für ein Mensch er ist. Was MacLiammóirs Interpretation am meisten trifft, ist, dass Iago selbst nicht in der Lage ist, seine eigene Natur zu entschlüsseln.

5 Pier Paolo Pasolini Pier Paolo Pasolini wurde am 5. März 1922 in Bologna geboren. Aufgewachsen schätzte Pier Paolo immer mehr Poesie und Literatur und verließ die religiöse Leidenschaft seiner Kindheit. In Bologna kultivierte Pasolini neue Leidenschaften, wie zum Beispiel Fußball, und brachte seine Leidenschaft für das Lesen zum Vorschein. Die Lesungen reichten von Dostojewski, Tolstoj, Shakespeare und den Romantikern wie Manzoni. Er schrieb sich im Alter von 17 Jahren an der Fakultät für Literatur an der Universität von Bologna ein und entdeckte neue Leidenschaften für das Romanstudium und die Ästhetik der figurativen Kunst, die der gefeierte Kunstkritiker Roberto Longhi lehrte. In der Nähe der faschistischen Jugendgruppen (und der Opposition gegen das Regime, das sie zu manifestieren begannen), arbeitete er mit der Zeitschrift Gil von Bologna "Il Setaccio" zusammen. Inzwischen wurde der Vater mit dem Rang eines Majors zum Krieg in Ostafrika gerufen, wo die Engländer ihn bald einnahmen. Unter den Entbehrungen und Gefahren der faschistischen Ära führt er ein Leben in direktem Kontakt mit der Natur: Er hat homosexuelle Liebe und verschiedene Begegnungen, auf die er in Tagebüchern, autobiographischen Schriften und literarischen Skizzen verweist, die unveröffentlicht sind. Bruder Guido, ein Partisan in der Osoppo-

105 Abteilung, die mit der Aktionspartei verbunden ist, wird in einer dunklen Episode von Gruppen kommunistischer Partisanen getötet, die mit den Slowenen in Verbindung stehen: Die Nachricht erreicht die Familie nur wenige Monate nach dem Ende des Krieges. Pier Paolo ein Gefühl von Zerrissenheit und Schuld, die er die meiste Zeit seines Lebens leiden wird. Pasolini absolvierte im November 45 in Bologna Briefe mit einer Arbeit über Pascoli. Die Ereignisse der letzten Jahre und die leidenschaftliche Verbindung mit der populären Welt führten ihn täglich dazu, sich der PCI (Comunist Party) anzuschließen und an den sozialen Kämpfen dieser Jahre teilzunehmen. Erfolg und Bekanntheit kommen 1955 mit der Veröffentlichung des Romazzi Ragazzi di Vita einher, der jedoch in der geschlossenen Mentalität der 1950er Jahre grimmige Reaktionen auslöst: Der Autor muss sich einem Pornographieprozeß unterziehen, von dem er freigesprochen wird. Pasolini wurde ermordet, weil er am 2. November 1975 am Strand von Ostia mehrmals mit seinem eigenen Auto überfahren wurde. Sein tragischer Tod bleibt als Opferopfer im gemeinsamen Bewusstsein und ist in Italien aufgrund seines unverblümten Stils und der Tatsache, dass einige seiner Arbeiten auf Tabu-Sexualität ausgerichtet sind, eine umstrittene Persönlichkeit in Italien, aber er ist eine etablierte Hauptfigur in der europäischen Literatur und in der filmischen Kunst.

5.1 Capriccio all’Italiana Capriccio all'Italiana (Caprice Italian style) ist ein Episodenfilm, der 1967 gedreht und 1968 veröffentlicht wurde und aus sechs Episoden besteht, die von mehreren Regisseuren geleitet werden: • La bambinaia, Regie von Mario Monicelli, mit Silvana Mangano • Il mostro della domenica, Regie von Steno, mit Totò • Perché ?, Regie von Mauro Bolognini, mit Silvana Mangano Piero Paolo Pasolini, mit Totò, Ninetto Davoli, Franco Franchi, Ciccio Ingrassia, Laura Betti, Domenico Modugno und Carlo Pisacane

106 • Viaggio di lavoro, Regie von Pino Zac und Franco Rossi, mit Silvana Mangano • La gelosia, Regie Mauro Bolognini, mit Ira Fürstenberg und Walter Chiari

5.2 Che cosa sono le nuvole? Zwischen März und April 1967 nach einem langen Aufenthalt in Marokko filmt Pasolini in einer einzigen Woche Che cosa sono le nuvole? Der Othello von Shakespeare wird von dem Regisseur neu interpretiert und rezitiert, wobei Komödianten wie Totò, Ninetto Davoli, Ciccio Ingrassia, Laura Betti, Carlo Pisacane, Francesco Leonetti und Domenico Modugno in der Rolle des "immondezzaro" auftreten. Der Film ist das Ergebnis der letzten Zusammenarbeit zwischen Pasolini und Totò, die bereits wenige Monate nach dem Ende der Dreharbeiten krank und fast blind ist. Caprice italienischen Stil kam im Jahr 1968 während der Episode Che cosa sono le nuvole? war zwischen März und April des Vorjahres gefilmt worden. Totò starb am 15. April 1967 und sah den Film nicht.

Die Szene beginnt in der Hinterbühne eines Theaters vor der Inszenierung des Shakespeare-Othello. Die Aktion konzentriert sich auf die Eifersucht von Othello, provoziert von der ehrlichen Iago. In der Bühnenbühne des Theaters fordert die Puppe Othello, die nur von ihrer Rolle nicht mehr überzeugt ist, die Puppe Iago auf einige Erklärungen, die antworten: "Wir sind im Traum im Traum". Die Geschichte entfaltet sich auf der Bühne wie in der Shakespeare-Tragödie, aber als Otello, der von seinem Schicksal als Puppenspieler gezwungen wird, Desdemona töten wird, hören die Zuschauer ihre Verachtung nicht auf, und um das arme, unschuldige Mädchen zu retten, auf der Bühne und töte ihn und Iago. Der Immondezzaro / Modugno kommt an, lädt die beiden Puppen auf seinen Lastwagen und als moderner Caronte trägt er sie zur Müllkippe und wirft sie weg. In der realen Welt erkennen die beiden Puppen, die den blauen

107 Himmel voller Wolken betrachten, die "erschütternde, wunderbare Schönheit der Schöpfung".

6 Der Protagonist des Drama: Othello nach Welles und Pasolini

"Warum denkst du, dass Othello so leicht zerstört wird? Glaubst du, dass er schwach ist?

Othello wird leicht zerstört, weil er einfach ist, nicht weil er schwach ist. Er ist der Archetyp des einfachen Mannes, und er hat die Komplexität der Welt der Menschen nie verstanden. Er ist ein Soldat; er kannte nie Frauen. Zum Beispiel eine Neugierde über Lear: Klar weiß Lear Frauen nicht, er hat nie mit ihnen gelebt. Seine Frau ist tot, und sie konnte nicht mehr am Leben sein. Offensichtlich würde es kein Drama geben, wenn es eine Lady Lear gäbe. Er hat nicht die geringste Ahnung, wie Frauen arbeiten; Er ist ein Mann, der mit seinen Rittern lebt. Es ist diese Art total maskulinen Mannes, den Shakespeare als Verlierer in einer tragischen Situation sieht. Othello ist ein anderer Mann, der das tut. Die völlige Unfähigkeit zu verstehen, was eine Frau ist. Seine Art, sie zu behandeln, wenn er sie tötet, ist die eines Mannes, der nicht den geringsten Kontakt zur Realität hat, wenn es um das andere Geschlecht geht. Sie können nur kämpfen. "

So beschreibt der Regisseur Orson Welles in seinem Interview mit Peter Bogdanovich den Charakter von Otello und präsentiert uns die humanste und zugleich barbarische Seite des Charakters. Es erinnert automatisch an den Othello, interpretiert von einem jungen Ninetto Davoli. Es wird der naive Othello-Ninetto sein, sich auf die vielen Lehren des Iago-Totò zu verlassen, in Pasolinis Film noch mehr als in Welles.

108 Es ist ganz am Anfang des Pasolini-Films, dass der junge Othello- Ninetto, nachdem er mit den anderen Puppen aus dem immondezzaro- Modugno gebracht wurde, nach Iago-Totò fragt: Othello: "Und warum bin ich so glücklich?" Iago: "Weil du geboren wurdest" Othello: "Und warum? Was bedeutet es, geboren zu werden?" Iago: "Es bedeutet, dass du da bist"

Und als wäre das eine vollständige Antwort, endete der erste Dialog zwischen den beiden Protagonisten der Tragödie. Der Vorhang öffnet sich und die Show beginnt. Iago ist schwarz gekleidet, in einer Jacke und einer Hose, einem weißen Hemd, lila Handschuhen, einem Zylinder und einem grünen Gesicht, mehr als der ehrliche Iago, er scheint wie ein Hofclown. Im Gespräch mit Roderigo- Ciccio Ingrassia hat er die Ehre, die Kurzgeschichte mit schnellen Szenen in einem Theaterstück zwischen Bühne und Bühne zu beginnen. Shakespeares Tragödie wird von dem Publikum unterbrochen, das Desdemona rettet, bevor Othello sie umbringt. Der tragische Teil der Paly findet nicht statt: Die Fiktion wird zerstört. Die beiden Puppen (Iago und Otello) werden von der Öffentlichkeit getötet, die das Spiel nicht akzeptieren oder verstehen können. Auf den Noten des gleichen Anfangsliedes lädt der immondezzaro / Modugno die Leichen von Totò und Ninetto auf den Lieferwagen und bringt sie auf die Mülldeponie, wo die beiden das Bewusstsein der Außenwelt und der "schillernden Schönheit der Schöpfung" erlangen werden. Plötzlich stoppt die Videokamera und zeigt nach oben, vor einem riesigen blauen Himmel, wo weiße Wolken schnell laufen, bevor die Marionetten die volle Aufmerksamkeit auf die Außenwelt haben, die Wolken beobachten und sterben, und wir sehen wie sie denselben Schuss des Himmels und Welt, wunderbar, aber herzzerreißend, für ein paar Sekunden und die Fee schließt.

109 Abschluss Als Schlussfolgerung dieser Analyse kann man feststellen, dass die Tragödie von Othello eine Tragödie im Gleichgewicht zwischen Antike und Moderne ist. Seine Figuren scheinen in der Schamgesellschaft der homerischen Gedichte zu leben, in der die größte moralische Kraft, die dem Mann bekannt war, nicht die Angst Gottes, sondern die öffentliche Meinung war. Deshalb kommt Othello mit einem so verabscheuungswürdigen Akt zur Ehre . Die Figur von Othello im Besonderen kristallisiert sich in einem Schwebezustand zwischen der Antike für seine Handlungen und der Moderne für die Folgen seiner Handlungen. Welles und Pasolini Othello sind zwei Beispiele für eine Art, Shakespeares Handlung zu sehen und zu lesen. Der erste mit einer schwarz-weißen Arbeit von neunzig Minuten, eine Arbeit, die von dem komischen Strich der ursprünglichen Handlung geleert wurde, der das Drama durch Schnitte zum Drehbuch verstärkt und viele Szenen neu interpretiert. Der zweite Film mit einem Farbfilm von zwanzig Minuten verstärkt die Komödie durch eine großartige Besetzung, darunter Ninetto Davoli und Totò. Während Pasolini in der Lage war, Desdemonas Leben zu retten, wird die weibliche Protagonistin in der Arbeit von Welles ihr Schicksal treffen und von ihrem Ehemann getötet werden. Genau wie Carmen, Pia de'Tolomei, Francesca da Rimini und alle 116 Frauen, die 2016 getötet wurden. Das ist fast ein Opfer von Feminizid an allen drei Tagen. Wieder einmal lehrt uns die Kunst, dass die Geschichte, selbst wenn es sich um solche tragischen Handlungen handelt, sich wiederholt und vielleicht brauchen wir mehr Pasolini in unserem täglichen Leben, bereit, die Handlung zu ändern und die Frau vor der Katastrophe zu retten.

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