SENTIERI DELLA RICERCA DELLA RICERCA Rivista Di Storia Contemporanea
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12 I SENTIERI ISSN 1826-7920 I SENTIERI DELLA RICERCA DELLA RICERCA rivista di storia contemporanea Giordano Ghirardini Magnani Alasia Clodomiro Leigheb Veronica Bassi Morlotti dicembre 2010 Fabei Ferranti Fontana Omodeo Zorini Bellini 20,00 12EDIZIONI CENTRO STUDI “PIERO GINOCCHI” CRODO I SENTIERI DELLA RICERCA rivista di storia contemporanea EDIZIONI CENTRO STUDI “PIERO GINOCCHI” CRODO I Sentieri della Ricerca è una pubblicazione del Centro Studi Piero Ginocchi, Crodo. Direttore Angelo Del Boca Condirettori Giorgio Rochat, Nicola Labanca Redattrice Severina Fontana Comitato scientifico Marina Addis Saba, Aldo Agosti, Mauro Begozzi, Shiferaw Bekele, Gian Mario Bravo, Marco Buttino, Giampaolo Calchi Novati, Vanni Clodomiro, Jacques Delarue, Mirco Dondi, Angelo d’Orsi, Nuruddin Farah, Edgardo Ferrari, Mimmo Franzinelli, Sandro Gerbi, Francesco Germinario, Claudio Gorlier, Mario Isnenghi, Lutz Klinkhammer, Nicola Labanca, Marco Lenci, Aram Mattioli, Gilbert Meynier, Pierre Milza, Renato Monteleone, Marco Mozzati, Richard Pankhurst, Giorgio Rochat, Massimo Romandini, Alain Rouaud, Gerhard Schreiber, Francesco Surdich, Nicola Tranfaglia, Jean Luc Vellut, Bahru Zewde La rivista esce in fascicoli semestrali Direttore Angelo Del Boca Editrice: Centro Studi Piero Ginocchi Via Pellanda, 15 - 28862 Crodo (VB) Stampa: Tipolitografia Saccardo Carlo & Figli Via Jenghi, 10 - 28877 Ornavasso (VB) www.saccardotipografia.net N. 12 - 2° Sem. 2010 Numero di registrazione presso il Tribunale di Verbania: 8, in data 9 giugno 2005 Poste italiane spa Sped. in a.p. D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 Prezzo di copertina � 20,00 Abbonamento annuale � 30,00 Abbonamento sostenitore � 100,00 C.C.P. n. 14099287 intestato al Centro Studi Piero Ginocchi via Pellanda, 15 - 28862 Crodo (VB) causale abbonamento: ISDR Questo volume esce grazie anche al contributo dell’avvocato Anwar Fekini, che con Angelo Del Boca ha fondato in Crodo il Centro di documentazione Arabo- Africano presso il Centro Studi Piero Ginocchi. Provincia del Verbano Cusio Ossola Comune di Crodo Sommario vivere la Resistenza 7 Memoria e storia della deportazione: il «caso» Piemonte di Fabiana Giordano 29 Valtellina, il movimento partigiano in alta valle di Gian Paolo Ghirardini 65 L’interprete di Malraux Emanuele Farina: il difficile percorso di un intellettuale antifascista di Alberto Magnani 81 1944-45. Lettere dal carcere fascista di Torino di Gianni Alasia storia nazionale 91 La lotta politica degli insegnanti nel primo dopoguerra di Vanni Clodomiro 123 Da non pubblicare. Occultamenti, ripensamenti e scarti nel Fondo fotografico Lavatelli di Giuseppe Veronica l’Africa e il resto del mondo 133 Tra esplorazione, ideologia e scienza. Ugo Ferrandi, Guido Boggiani e Alessandro Faraggiana: tre viaggiatori novaresi a confronto di Maurizio Leigheb 171 Per un bilancio dell’agricoltura italiana nella Libia coloniale di Gabriele Bassi 203 I diari di mio padre di Romano Morlotti 243 ‘Abd el-Krīm e la guerra del Rif (1921-1926). Una pagina eroica nella storia della lotta di liberazione del Marocco di Stefano Fabei 265 Epigoni di storia militare del Messico di Alessandro Ferranti rassegna bibliografica 299 La riflessione sulla storia in Germania tra Sette e Ottocento di Vanni Clodomiro 307 La revisione dello statuto epistemologico della storia nel dibattito apertosi negli anni settanta del Novecento tra filosofi e storici di Severina Fontana 313 Schede vivere la Resistenza Memoria e storia della deportazione: il «caso» Piemonte di Fabiana Giordano Il rapporto tra storia e memoria nella letteratura storiografica Storia e memoria sono due termini di una stessa area semantica spes- so confusi e ritenuti quasi sinonimi; caratterizzate la prima dal distacco consapevole dal passato e la seconda dalla sua nostalgica e incessante rie- vocazione, rappresentano due poli opposti di una stessa linea che a volte s’incontrano, sovrapponendosi, altre si allontanano, entrando in contrap- posizione. La loro radice comune è stata individuata da Jedlowsky1 nel tentativo – operato da entrambe in modi e con mezzi diversi – di salvare il passato dal tempo. Storia e memoria assumono un’importante valenza etica rispon- dendo ad un’esigenza morale di pietas e soprattutto riflettendo non solo ciò che è stato, ma anche ciò che siamo stati. Essere disposti al ricordo implica l’essere disposti anche ad una sincera autoanalisi di fronte al riemergere di fatti che avremmo preferito dimenticare o negare alla nostra coscienza; mentre è facile e naturale mantenere viva la memoria di torti subiti, la valenza etica di storia e memoria si esprime soprattutto nel momento in cui ricordiamo i torti che abbiamo inflitto: in questo caso il ricordo salva il passato, chiamandoci al contempo ad un’assunzione di responsabilità nel presente. Essendo accomunate dall’etica della responsabilità, che è la base su cui costruire un’idea condivisa riguardo il passato, svolgono entrambe irri- nunciabili funzioni civili; quindi dal punto di vista della responsabilità si rende davvero necessario avviare una effettiva riconciliazione tra storia e memoria, che si distinguono principalmente per il modo, diametralmente opposto, di porsi rispetto al tempo trascorso: mentre la memoria tende a rendere presente il passato, la storia, partendo dalle domande del presente, sancisce rispetto ad esso una separazione definitiva: «in un certo senso la 7 Fabiana Giordano memoria rifiuta la morte e la storia la accetta»2. La memoria nasce dalla percezione, dalla soggettività, dall’immediatez- za, pertanto è difficilmente in grado di sottostare alle leggi della ragione, che si sforza di guardare avanti e procedere verso il futuro; né d’altra parte si lascia facilmente inglobare nelle definizioni risolutive della storia. La memoria è selettiva e personale, quindi spesso irriducibile alle ricostruzioni d’insieme o alle generalizzazioni; è elaborazione dell’esperienza vissuta e della percezione del passato, di conseguenza non può che essere singolare e particolare, contrapponendosi al respiro universale della storia. Per questo motivo, i portatori di una memoria densa e pregnante come è quella della deportazione stentano a riconoscersi e identificarsi nelle rico- struzioni degli eventi da loro vissuti proposte dagli storici: il resoconto spo- glio e asettico, «scientifico» di questi ultimi mal si concilia con il significato che quegli stessi eventi occupano nel ricordo dei sopravvissuti, che aggrap- pandosi alla memoria tendono a sacralizzarne ed eternizzarne il contenuto. La memoria, come si è detto, tende a unire presente e passato, e trovan- dosi tra questi due estremi opera il loro congiungimento. Compito della storia dovrebbe essere non tanto il tentativo di ricondurre la singolarità dell’esperienza vissuta in un discorso univoco e unitario, svuotandola di gran parte di significato; lo storico dovrebbe piuttosto cercare di includere la memoria nel suo contesto generale, passandola al vaglio di una verifica oggettiva, sforzandosi di svelarne la dinamica d’insieme, denunciandone se necessario contraddizioni e insidie. In questo modo si avrebbe un arricchi- mento della storia attraverso la memoria. Tutto ciò che la storia può ricostruire sulla vita nel lager può essere reso penetrabile, tangibile e reale solo grazie al contributo di persone che dav- vero vi hanno vissuto e sofferto; narrando la propria storia esse ne offrono la più importante interpretazione, perché: «la prigionia non è mai una pa- rentesi nella vita; e non lo è il suo ricordo nella memoria. In ogni racconto di esperienze traumatiche sono incorporati profondamente il prima – ciò che si era, ciò che si aveva fino a quel momento; e il dopo – quel che si è diventati, quel che si è perduto, ritrovato e scoperto»3. È interessante rilevare che già durante il compimento dello sterminio il problema della memoria di ciò che quotidianamente si consumava era ben presente ai protagonisti di quell’evento: dalle testimonianze dei sopravvis- suti emerge che già durante la prigionia la cancellazione delle prove era l’ossessione dei carnefici, e l’oblio quella delle vittime. 8 Memoria e storia della deportazione: il «caso» Piemonte Gli oppressori, ben consapevoli dell’enormità dei fatti compiuti, im- maginavano cosa sarebbe potuto accadere a guerra conclusa; Primo Levi, che definì la storia del III Reich come una guerra contro la memoria, ri- corda il sadismo con cui gli aguzzini tormentavano i prigionieri nel loro punto più sensibile: «molti sopravvissuti ricordano che i militi delle SS si divertivano ad ammonire cinicamente i prigionieri: “in qualunque modo questa guerra finisca, la guerra contro di voi l’abbiamo vinta noi; nessuno di voi rimarrà per portare testimonianza, ma se anche qualcuno scampasse, il mondo non gli crederà”»4. Come è risaputo, i nazisti tentarono di nascondere o distruggere ogni traccia materiale dell’accaduto; infine, avvicinandosi la disfatta, misero in atto le famigerate «marce della morte»: con l’intento di decimare gli ultimi sopravvissuti allo sterminio, essi trasferirono a piedi da un campo all’altro, per centinaia di chilometri, migliaia di prigionieri sfiniti da mesi di prigio- nia, fame, freddo, malattie e stenti. Proprio per questo l’ossessione di «rac- contarla» sarà per molti prigionieri il più valido motivo per cui resistere, quasi «un voto, una promessa che il credente fa a Dio e il laico a se stesso: se ritorno racconterò, affinché la mia vita non sia priva di scopo»5. Le vittime, consapevoli di potersi opporre ai crimini nazisti con la sola arma della propria