Dal Verbano Al Chaco. L'avventurosa Vita Di Guido Boggiani, Il Piemontese Che Sparì Nella Giungla
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Dal Verbano al Chaco. L’avventurosa vita di Guido Boggiani, il piemontese che sparì nella giungla di Archivio Iconografico del Verbano Cusio Ossola L’uomo che visse nella giungla era nato a Omegna il 25 Settembre del 1861, da Giuseppe e Clelia Gené. I genitori, che erano dei facoltosi proprietari terrieri novaresi, possedevano una villa a Stresa e si trovavano nel Cusio per il lavoro del padre. Giuseppe Boggiani stava organizzando la prima compagnia di navigazione del Lago d'Orta. Il piccolo Guido venne educato al disegno e alla pittura dal padre, mentre la mamma, che era figlia di Giuseppe Gené, un famoso professore di zoologia all’Università di Torino, gli trasmise l’attitudine allo studio e alla classificazione scientifica. I miei genitori hanno notato e incoraggiato la mia precoce vocazione per l'arte, la mia attrazione per le immagini, le forme e colori, ricordava il Boggiani in una intervista. Era un giovane biondo, bello e affascinante. Sapeva suonare il pianoforte, scrivere poesie e dipingere. La fame per la ricerca e l’avventura lo portarono lontano dal Verbano, nelle selvagge foreste del Paraguay, a studiare popolazioni isolate e primitive. Boggiani ha lasciato ai posteri una serie di dipinti, centinaia di straordinarie fotografie di indios e una preziosa collezione etnografica sparsa nei più importanti musei europei. L’Archivio Iconografico del Verbano Cusio Ossola ne ha tratteggiato la breve vita attraverso le immagini, in corrispondenza con la mostra Boggiani y el Gran Chaco, inaugurata il 22 Marzo 2012 presso il Museo Puyrredón di Buenos Aires. Nel 1878 si era iscritto all’Accademia di Brera e, dopo due anni di studi, era diventato l’allievo prediletto di Filippo Carcano. Si racconta che il vecchio pittore apprezzò e amò il ragazzo, pieno d’ingegno e di entusiasmo, e si invaghì della sorella. Le tele del Boggiani erano apprezzate dalla critica e pubblico. Nel 1881 presentò a Milano, per l’Esposizione generale italiana due paesaggi. L’anno successivo espose alla Promotrice di Firenze una serie di vedute del Lago Maggiore e si assicurò un premio alla mostra di Brera, dove aveva portato sedici opere. La Galleria Nazionale d’Arte Moderna acquistò nel 1882 il suo quadro La raccolta delle castagne per 6000 Lire. Edoardo Scarfoglio scrisse che il giovine piemontese si recò nella capitale con le mani piene di tutti i doni della gioventù e di tutte le promesse della gloria. Si presentò alla mostra co' suoi boschi di castagni pieni d'aria e di luce, con le 1 sue visioni del Lago Maggiore armoniose e vibranti, co' suoi vent'anni ardenti di fede ed assetati di bellezza. Nello stesso anno ricevette il Premio Principe Umberto con All’ombra dei castagni. Il Boggiani decise di trasferirsi a Roma dove conobbe Gabriele D’Annunzio e anche Scarfoglio. Come racconta Maurizio Leigheb, l’esploratore italiano che ha scritto molti libri sul Boggiani, il novarese cedeva il suo studio per i rendez-vous di D’Annunzio con “Barbarella” Leoni e frequentava la migliore società cittadina. Era conosciuto a corte, ospite gradito alle feste del Quirinale, convitato del cardinale Hohenloe nella villa d’Este, a Tivoli. Nel 1884 fu ospite, con D’Annunzio e Scarfoglio, del cenacolo di artisti creato in Abruzzo da Francesco Paolo Michetti nel suo convento di Francavilla a Mare. Boggiani, snello, raffinato nei gusti e nei modi, dipingeva tra gli olivi, ma già pensava altrove, era già pronto a partire per l’America dove va a cercar la fortuna e a trovar mogli belle e ricche alli amici brutti e poveri, come ne scriveva D’Annunzio. Inviò all’Esposizione Nazionale di Torino Gli ulivi a Francavilla a Mare, Sentiero presso il Lago Maggiore, Villaggio sul Lago Maggiore, Ortensie, tutte opere ormai disperse; nel 1885 fu eletto socio onorario dell’Accademia di Brera e nel 1887 espose a Brera e a Venezia. Partì nel 1887 per l’Argentina spinto da una invincibile smania di vedere mondo nuovo e gente nuova, nuove terre e nuovi orizzonti. Si fermò per alcuni mesi a Buenos Aires, nelle Pampas e a Mar della Plata. Da lì raggiunse nel 1888 il Paraguay, una regione a quel tempo ancora selvaggia, prima nella capitale Asunción e poi nel 1889 a Puerto Casado. Da lì diresse a nord, nel Chaco, al confine con la Bolivia, dove si stabilì per studiare gli indigeni Chamacoco e stilare un vocabolario della loro lingua. Viaggiò anche sulle rive del fiume Nabileque, affluente del Rio Paraguay, nella fitta giungla del Mato Grosso do Sul, per studiare i Caduvei e le loro pratiche rituali. Dormì nella selva, navigò sui tronchi d’albero scavati dal fuoco lungo il filo delle riviere, abitò con gli indii nelle capanne di foglie di palma e li seguì nelle spedizioni di caccia. Osservò gli usi e i costumi, la lingua, fermò sulla carta con disegni e schizzi gli indios e le loro attività. La riproduzione autotipica di alcuni schizzi all’acquarello o a lapis, unico materiale artistico che io potei raccogliere affrettatamente durante la mia escursione, e che io non volli ritoccare né acconciare in nessuna maniera, perché anche se fossi riuscito a renderli, per il volgo, più comprensibili, avrei certamente loro tolto parte del loro merito, che è quello della assoluta fedeltà col vero, al che io tengo assai più che a qualunque altra cosa. Boggiani vestiva 2 come gli indigeni e camminava scalzo, ma era ugualmente inserito nei circoli intellettuali e scientifici di Asunción. Partecipò alla fondazione della locale Associazione Filarmonica del Quartetto. Nella sua casa di Asunción aveva appeso alle pareti quadri pre-raffaelliti, di Gustav Klimt e di pittori argentini. Il pittore toscano Lorenzo Viani ci ha regalato un ritratto di Guido Boggiani in un articolo pubblicato nel “Corriere della Sera” del 29 Settembre 1935: il pittore cereo, dai piedi delicati, per assuefarsi ai travagli degli spini e delle morsicature delle serpi, che s’adeguano al colore della vegetazione insidiosamente, passeggiava a piedi nudi, sopra i pruni. L’orme si macchiavano del suo sangue vivo; i piedi suppliziati, piagati come quelli di un martire cristiano, si cicatrizzarono lentissimamente, risuolando le piante di cuoio battuto e ribattuto dai poderosi martellamenti del cuore. Dopo il supplizio, Guido Boggiani, solo, con un sacco, delle fiale, una siringa, dei lapis, della carta, e una bandiera italiana (sotto cui furono rinvenute le sue ossa) si avventurò nel Chaco pauroso. Nel suo libro sui Viaggi di un artista nell’America meridionale. I Caduvei, il Boggiani pubblicò un disegno di una donna che egli chiama “Ritratto di mia moglie”. Ho pensato bene, o male che sia, di contrattare coi padroni della schiavetta, perché essa rimanga con me per tutto il tempo che resterà qui ancora. Dopo trattative andate assai per le lunghe, vi hanno acconsentito mediante il pagamento anticipato di una decina di metri di tela cotona, di alcuni fazzoletti dai colori vivaci e di altre piccole cosette di poca importanza. Per cui da oggi in poi sono ammogliato… sino a nuova avviso. Mi va il pensiero a M.me Chrysantheme di Pierre Loti; ma che differenza tra i Giapponesi ed i Caduvei! Quelli industriosi, delicati, pieni di gentilezze e di raffinatezze; questi imvece primitivi, gorssolani e poco scrupolosi. Se però non la si può paragonare a quella, questa non è meno bella di forme e, forse, artisticamente anche più bella. È formata come una statua, e ben contento sarebe un artista d’avere modelli simili a lei. Ha due begli occhi vivacissimi e mani e piedi bellissimi. Quanto a carattere, non posso dirne molto, ma è allegra e ignorantissima di ogni cosa, ciò che non guasta affatto. Un bel mobile, insomma… Durante le sue esplorazioni il Boggiani raccolse una strabiliante collezione di oggetti, tra cui abiti, utensili, armi e copricapi, che cedette nel 1894 al Museo Kircheriano (oggi Museo Etnografico di Roma Luciano Pigorini), al Museo di Storia Naturale dell’Unversità di Firenze e al Museum für Völkerkunde di Berlino. La collezione zoologica di pesci del Chaco fu acquisita dal Museo Civico di Genova. Non smise mai di dipingere e disegnare, ma prediligeva per comodità il disegno e l’acquarello. Oltre agli 3 studi etnografici si dedicò all’attività imprenditoriale tra il Paraguay e l’Italia, trasformandosi in commerciante di pelli pregiati e in piantatore, esportando il legname in Italia. Nel 1893 fu designato dal governo italiano delegato artistico all’Esposizione Mondiale di Chicago. Nel gennaio dello steso anno, dopo sei anni, fece ritorno in patria per pubblicare i risultati dei suoi studi e per divulgarli in conferenze alla Società Geografica Italiana. A Roma incontrò Vittorio Bottego, l’ufficiale emiliano famoso per le sue esplorazioni nel Corno d’Africa. Boggiani si rinchiuse nel Museo Kircheriano per ordinare e dare una forma a tutte le informazione raccolte in Sudamerica. Nel 1894 diede alle stampe I Ciamacoco e Viaggi d'un artista nell'America Meridionale, mentre nel 1895 pubblicò I Caduvei e il Vocabolario dell’idioma Guanà (1895). Questo popolo aveva colpito Boggiani non solo per la vita in armonia con la natura, ma anche per la loro abilità di decoratori nei complessi disegni corporali. A differenza dell’amico D’Annunzio il suo stile narrativo era privo di retorica e sarebbe poi piaciuto a Claude Levi Stauss che lo citerà nei suoi Tristi tropici. Nel 1900 scrisse un breve Compendio de etnografia paraguaya moderna, che venne pubblicato ad Asunción, con una mappa della distribuzione territoriale delle tribù. Negli stessi anni espose una serie di dipinti del periodo latino americano, tra cui il colossare Quies (opera dispersa) ed entrò nella cerchia del poeta e scrittore Adolfo De Bosis, autore dal 1895 della rivista estetizzante “Il Convito”. Tra il 13 Luglio e il 16 Settembre del 1895 salpò per una crociera nel Mediterraneo sulla Fantasia di Edoardo Scarfoglio, un ketch di 93 tonnellate, così battezzato in onore del primo romanzo di sua moglie, Matilde Serao.