Ente Parrocchia di Santa Maria Assunta in Pieve Tesino [1184] -

Luoghi Pieve Tesino

Archivi prodotti Ufficio parrocchiale di Santa Maria Assunta in Pieve Tesino, [1184] -

Storia L'abitato di Pieve Tesino si trova allungato sulle falde meridionali del Monte Silana, sovrasta la conca del Tesino e fino al 1786 era sotto il dominio dei vescovi di Feltre. Sulla prima carta del registro di cronache della parrocchia(1) il parroco don Pietro Zortea scriveva: "Carte , documenti, memorie appartenenti alla vetusta parrocchia di Pieve Tesino la cui fondazione è ab immemorabili. La cattolica fede vi fu praticata da san Prosdocimo. Nel 125 dopo Cristo Pieve era già comunità religiosa (...)". La chiesa di S. Maria Assunta, eretta dunque ab immemorabili, fu sede pievana di tutta la valle. Le prime notizie risalgono al 1184, anno in cui venne consacrata dal vescovo di Feltre Fontejo.
Anticamente il suo mantenimento era a carico delle tre comunità presenti sul territorio della pieve e precisamente quella di Pieve, quella di Castello e quella di Cinte. In realtà sembra che anche il conte Wolckenstein d'Ivano, patrono, dovesse provvedere al mantenimento "e invece non concorse mai con nulla"(2).
Lo ius patronatus per la nomina del pievano, per antica usanza, spettava alle comunità del Tesino unite assieme; nel 1449 i rappresentanti di queste stabilirono che, in caso di mancato accordo tra di loro per la nomina, dovessero provvedervi dodici elettori nominati in rappresentanza (due da Cinte, quattro da Pieve e sei da Castello). Con decreto vescovile del 20 settembre 1452 tale accordo venne ratificato. Questo diritto, difeso con forza dalle tre comunità, andò a decadere nell'anno 1643 quando l'allora pievano, don Giambattista Moranduzzo, senza sentire il parere delle stesse e ottenuto l'appoggio dell'arciduchessa Claudia, governatrice d'Austria e giurisdicente d'Ivano, passò la pieve nelle mani di suo nipote Gasparo Moranduzzo. A nulla servì l'insurrezione delle comunità che da allora persero per sempre il diritto di nomina del loro pievano passandolo involontariamente nelle mani del Governo che lo trasferì ai giurisdicenti d'Ivano, i conti Wolkenstein.
Nel 1492 la parrocchia di Pieve Tesino fu occupata dal vescovo di Drivasto Francesco Della Chiesa da Milano, suffraganeo del vescovo di , il quale investì dei compiti pastorali un certo sacerdote Pelloso rifondendogli un compenso annuo.
Il parroco-pievano di Pieve Tesino esercitava la cura delle anime su tutti e tre i paesi della valle che, per contro, dovevano provvedere al suo mantenimento pagando una primizia in sorgo, burro e formaggio raccolta in determinati periodi dell'anno(3). Particolarmente consistente era il contributo a cui era obbligata la comunità di Castello e, per contro, notevoli erano anche le incombenze del pievano verso questa comunità. In forza di un decreto vescovile del 1629 il pievano doveva recarsi a Castello per ben tre volte in settimana per celebrare la messa, confessare ed amministrare i sacramenti agli infermi che visitava, dare alla comunità l'Ulivo, l'Olio Santo e le candele benedette nel giorno della Purificazione. Era libero di ricevere tutte le offerte che gli fossero fatte in chiesa, in più per ogni defunto riceveva un'elemosina di 40 soldi e mezzo per la celebrazione dell'obito. Il pievano era assistito da un cappellano che era il vice parroco di Castello. In forza di un decreto del vescovo di Feltre del 25 dicembre 1667 il diritto di precedenza nelle funzioni pubbiche spettava sempre al pievano, seguito poi dal cappellano, dai rettori, dagli altaristi e dai primissari; tale diritto venne ribadito nuovamente con un altro decreto del 23 luglio 1677.
Il 22 giugno 1726 il vescovo di Feltre, Pietro Maria dei Marchesi Suarez, concesse il titolo di arciprete al parroco don Tommaso Braus(4) e ai suoi successori; tale titolo venne abrogato assieme a molti altri con l'annessione della Valle del Tesino alla diocesi di Trento e riconcesso solo con decreto vescovile dell'8 agosto 1925(5).
Molto aspri e lunghi furono i contrasti tra Pieve Tesino e Castello nel momento in cui quest'ultimo pretese l'indipendenza ecclesiastica dalla matrice(6) si trova testimonianza di questa "querelle" nella documentazione contenuta in archivio riguardante la curazia di (7).
La zona del Tesino fu teatro di numerosi combattimenti in più occasioni belliche, basti pensare al 19 luglio 1809 quando la popolazione insorse scacciando

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dalla valle un distaccamento di franco-bavaresi. Fu anche territorio di operazioni durante la prima grande guerra durante la quale Pieve venne occupata dall'esercito italiano e sottoposta ai bombardamenti delle artiglierie che distrussero in gran parte gli abitati portando danni anche all'edificio ecclesiastico. Nel 1916 tutta la popolazione venne fatta sgomberare e collocata in campi profughi disseminati su tutto il territorio nazionale. Pieve dovette sopportare anche i tragici eventi della seconda guerra mondiale.
Incorporata nel decanato di la parrocchia di Pieve Tesino attualmente confina con la parrocchia di Castello Tesino, con la parrocchia di e con quella di . Con D.M. 30 dicembre 1986, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 24 gennaio 1987 è stata dichiarata persona giuridica privata (Trib. di Trento, Reg. Pers. Giurid. n° 427).

Funzioni, occupazioni e attività Le chiese esistenti sul territorio con origini più antiche vengono denominate pievi ("pluif" in celtico, "plou" in bretone, "plêf" in ladino-friulano, "plaif" in engadinese, "ploâh" in ladino della Val di Non). L'origine del termine, lungi dall'essere stato studiato nella sua complessità, è però molto difficile da definire.
L'esigenza di garantire al popolo cristiano e in special modo a coloro che vivevano lontano dalle sedi vescovili quell'insieme di servizi sacramentali e pastorali che va sotto il termine generico di "cura d'anime" rese presto necessario l'invio di ecclesiastici nella campagne per annunciare il Vangelo anche lontano dalle mura cittadine(8). In Occidente ciò accadde a partire dalla seconda metà del IV secolo. Buona parte della storiografia chiama "pievi" i centri di cura d'anime sorti nel territorio extraurbano fin dal IV-V secolo ma è solo a partire dall'VIII secolo che il termine "plebs" cominciò a significare non solo la comunità cristiana ma anche il territorio in cui tale comunità risiedeva e l'edificio sacro al quale essa faceva riferimento. A una stabile suddivisione territoriale delle diocesi in circoscrizioni minori si giunse con la legislazione carolingia all'inizio del IX secolo. Questa estese anche all'Italia centro-settentrionale le norme che rendevano obbligatorio il pagamento della decima e precisò che gli introiti provenienti da tale pagamento dovevano essere destinati solo alle chiese battesimali. "Nacque in questo modo il "sistema" pievano, nel quale la realtà vivente (l'insieme del clero e del "popolo di Dio"), la realtà di pietra (il complesso degli edifici) e la realtà giurisdizionale (l'ambito territoriale di esercizio della giurisdizione spirituale, dal quale l'ente otteneva anche il suo sostentamento) assumevano significativamente lo stesso nome: plebs, pieve"(9). Da questo momento si viene a creare una completa ripartizione del territorio diocesano in distretti ecclesiastici minori, che riproducevano strutture civili preesistenti o rispettavano determinati confini naturali. In seguito i mutamenti demografici spinsero alla formazione di nuove pievi, ma il "sistema pievano" non fu per questo scardinato mantenendosi stabile fino alla fine del XIII secolo.
Non è possibile attestare, dall'esame dei documenti pervenuti, se nel territorio prima del 1000 il termine pieve fosse utilizzato nell'accezione sopra descritta (cioè indicante la triplice realtà istituzionale, edilizia e territoriale), per questo è necessario rivolgersi a fonti del XII secolo. Se ci si limita da prendere in considerazione le 68 circoscrizioni pievane della diocesi di Trento esistenti alla fine del XIII secolo si scopre che ben 33 di esse sono attestate prima del 1200 e altre 25 compaiono nella prima metà del XIII secolo.(10)

Dal punto di vista etimologico il termine "parrocchia" deriva dal greco e serviva ad indicare nel linguaggio classico qualsiasi circoscrizione territoriale. ll sistema di ripartire il territorio diocesano in circoscrizioni territoriali minori si sviluppò nei secoli fino al basso medioevo anche in conseguenza del moltiplicarsi di nuove chiese sotto la spinta delle crescenti esigenze dei fedeli. La consacrazione definitiva del sistema parrocchiale si ebbe però con il Concilio di Trento che, sulla base della precedente normativa pontificia e conciliare, dettò una nuova e completa disciplina della struttura della Chiesa. Il Concilio prescrisse che, per la più efficace tutela della cura delle anime affidate ai vescovi, il "populus fidelium" si dovesse distinguere in parrocchie proprie con confini determinati e che a ciascuna di esse si assegnasse un parroco proprio e perpetuo, dal quale soltanto si potessero ricevere i Sacramenti (Sess. XXIV, cap. 13). In conseguenza il Concilio ordinò che venissero erette parrocchie in tutti i luoghi in cui esse non esistevano e stabilì delle norme per assicurare ai parroci in ogni caso il minimo reddito. Al parroco era richiesto l'impegno della residenza, era raccomandata la conoscenza del popolo attraverso la compilazione e l'accurata custodia dei libri parrocchiali, egli inoltre doveva partecipare alle adunanze vicariali.
I principi enunciati dal Concilio di Trento, e successivamente ribaditi nella normativa pontificia, sono stati accolti e sintetizzati nel testo del Codice di diritto canonico del 1917 che nel can. 216 §1 dispone che il territorio di ogni diocesi debba essere diviso in "distinctas partes territoriales", a ciascuna delle quali "sua peculiaris ecclesia cum populo determinato est assignanda suusque peculiaris rector, tamquam proprius eiusdem pastor, est praeficiendus pro necessaria animarum cura". Dunque l'istituzione parrocchiale risulta costituita, oltre all'elemento territoriale, da altri tre elementi, ossia un determinato "popolo", una peculiare "chiesa" e un "pastor".
Il Codice di diritto canonico del 1983 ha riconosciuto la personalità giuridica della parrocchia espressamente concepita come "Communitas Christifidelium" (CIC 1983, can. 515 §3). Tale riforma è stata recepita sia nell'accordo tra Stato e Chiesa (legge 121/1985) sia nelle disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici (legge 222/1985); le diocesi e le parrocchie acquistano la personalità

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giuridica civile dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto del Ministero dell'interno che conferisce loro la qualifica di "ente ecclesiastico civilmente riconosciuto".

Fonti archivistiche e bibliografia

Note (1) Cfr. "Archivio dell'ufficio parrocchiale di Pieve Tesino", "Repertori degli atti", reg. 1.
(2) Cfr. "Archivio dell'ufficio parrocchiale di Pieve Tesino", "Carteggio e atti", fasc. 11.
(3) Cfr. "Archivio del beneficio parrocchiale di Pieve Tesino", "Carteggio e atti", b. 1.
(4) Ibidem.
(5) Cfr. "Archivio dell'ufficio parrocchiale di Pieve Tesino", "Carteggio e atti", fasc. 7.
(6) Castello Tesino, curazia di Pieve dal 1452, ottenne l'elevazione a parrocchia il 14 febbraio 1786.
(7) Cfr. "Archivio dell'ufficio parrocchiale di Peive Tesino", "Carteggio e atti", fasc. 2.
(8) E.CURZEL, Le pievi trentine. Trasformazioni e continuità nell'organizzazione territoriale della cura d'anime dalle origini al XIII secolo (studio introduttivo e schede), Bologna 1999, p.5 e segg. Si rimanda alla ricca bibliografia contenuta nel volume.
(9) Ibidem, p. 7.
(10) Cfr. ibidem, p. 29 e tabelle riprodotte.

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