MILANO PERDUTA MILANO SPERATA

RITRATTI DI CITTÀ: MILANO PERDUTA MILANO SPERATA

Mostra itinerario: Milano 25 novembre – 17 dicembre 2014 a cura di Maria Pompeiana Iarossi e Sara Conte Con il patrocinio di Zona 1 di Milano

Consulenze: Ludovica Cappelletti, consulenza progetti napoleonici Silvia Sangion, consulenza e ricerche archivistiche vedutistica

L’itinerario proposto si configura come una di sperimentazione diretta nello spazio fisico della città di una selezione dei contenuti informativi presenti nello spazio virtuale del sito www.ritrattidicitta.it. Il percorso si rivolge a un pubblico il più possibile vasto, dal turista allo studente fino all’abitante di Milano non sempre a conoscenza della storia e delle trasformazioni dei luoghi della città che ogni giorno usa e attraversa. Il circuito urbano, che si sviluppa all’interno del tessuto storico della città, si articola in 22 tappe e conduce il visitatore alla scoperta dei luoghi di Milano scomparsi oppure oggetto di progetti non realizzati. Lungo il percorso sono individuate 11 postazioni contrassegnate da totem di colore azzurro e giallo, ciascuno dei quali munito di una finestra che inquadra una specifica prospettiva della città attuale, posta a diretto confronto con la riproduzione di una particolare immagine storica, costituita da un veduta storica o da una prospettiva di progetto presa dalla medesima posizione. Grazie all’immediatezza del confronto visivo, si può così comprendere come quel luogo era e quali trasformazioni lo abbiano investito oppure come sarebbe potuto essere se un determinato progetto fosse stato realizzato. L’apposizione del codice QR relativo ad ogni tappa permette all’utente di scaricare dal portale web la guida per la visualizzazione dei contenuti specificamente riferibili a quell’ambito urbano. Alle 11 tappe contrassegnate dai totem ne sono affiancati 11 individuate invece da pellicolature stradali contenenti le indicazioni utili a orientare lo sguardo del visitatore per A sinistra il totem posizionato in piazza della Scala, a destra la pellicolatura stradale della tappa Collegio elvetico la fruizione visiva del luogo, anch’esse corredate da codici QR per l’accesso al portale web. Nella documentazione illustrativa relativa a ciascuna tappa sono indicati i mezzi pubblici di collegamento ed i tempi di percorrenza a piedi tra le singole tappe.

1 MILANO PERDUTA MILANO SPERATA MAPPA ITINERARIO

1 2 MILANO PERDUTA MILANO SPERATA I PROTAGONISTI

Gli architetti

Commissione d’Ornato

Milano, 1807. Un gruppo di architetti si riunisce, chiamato dal viceré del Regno d’Italia appena costituito. , Luigi Cagnola, Luigi Canonica, Paolo Landriani e Giuseppe Zanoia costituiscono la Commissione d’Ornato: ad essa è affidato il compito di conferire adeguato ordine alla città di Milano. La grande stagione napoleonica sprona la città verso una nuova misura metropolitana e culturale. Gli architetti si fanno dunque autori della dimensione quotidiana di tale ordine, espressione di emergenti esigenze e valori. Primo compito della Commissione d’Ornato è dunque tracciare il nuovo piano regolatore, il grande Piano dei Rettifili.

Luigi Canonica

Luigi Canonica nasce nel Canton Ticino, ma la sua carriera si svolge a Milano. Qui fa propri gli insegnamenti di Giuseppe Piermarini, antesignano del neoclassicismo. La rigorosa formazione dell’Accademia di Brera rimarrà evidente nell’opera di Canonica. La sua grande professionalità è messa presto al servizio della Repubblica Cisalpina: nominato Architetto di Stato, si occupa di sovraintendere alle maggiori opere di sistemazione urbana di Milano. In questo ha un ruolo fondamentale lo studio dell’esperienza neoclassica francese e austriaca, che profondamente influisce nella sua formazione. L’architettura di Canonica restituisce un rapporto nuovo tra contenuto sociale illuminista e forma architettonica, si sta chiedendo agli architetti di dare forma alle nuove esigenze di chi abita la città: l’architettura diviene civile, e pubblica.

Luigi Cagnola

Luigi Cagnola è un architetto milanese, la cui architettura è l’esito di un avvicinamento profondo, ma insolito, alla progettazione: è aristocratico esperto in materia legislativa, la cui grande cultura lo induce ad interessarsi di un mestiere estraneo al proprio e a dirigersi a Roma ad approfondire l’architettura e l’archeologia, e a Venezia. Tornato a Milano, disegna ipotesi per chiese, palazzi, ville, archi trionfali. In questo atlante di costruzioni possibili si concentrano architetture di ordini giganti, opera di un architetto autodidatta che nelle composizioni romane e greche, e cinquecentesche trova il proprio insegnamento. Cagnola immagina strutture grandiose, ma lievi, in cui si vedono emergere tanto i segni della tradizione lombarda quanto i guizzi di immaginazione del nuovo ambiente architettonico. Cagnola continuerà anche durante la dominazione austriaca la propria attività a Milano, dove dal 1807 al 1833, anno della sua morte, farà parte della Commissione d’Ornato.

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Giovanni Antonio Antolini

Giovanni Antonio Antolini è un architetto emiliano che opera anche a Milano all’inizio dell’Ottocento. Egli fa proprio l’insegnamento dell’architettura classica e ne applica i principi alla città di inizio Ottocento. Non incide una nuova città su quella esistente, ma ne incontra le tendenze nella storia. Ma oggi il Foro non c’è, al suo posto un grande emiciclo, giardini, il Castello. Questo incredibile luogo urbano è solo sulla carta ma vi emerge l’intelligenza antoliniana. Egli si rivela capace di progettare un intero sistema vivente ed evocativo, in cui prende corpo il valore civile della città neoclassica. Antolini si distinguerà per un’esperienza incredibilmente ampia, una commistione perfetta di ingegneria e architettura, storia e progetto. Racconterà le proprie composizioni in una nota autobiografica pubblicata postuma, nel Giornale Arcadico (1842).

Giuseppe Zanoja

Giuseppe Zanoja nasce a Genova nel 1752, da genitori originari di Novara. Fu un architetto, letterato e religioso della scena lombarda, consacrato sacerdote a fine secolo: insegnante all’Accademia di Brera, realizza il progetto per Porta Nuova tra il 1810 e il 1813, in un linguaggio architettonico piuttosto diverso rispetto ad altre composizioni. Per la facciata del Duomo, infatti, propone un’immagine ben differente, legata ad uno stile gotico inadeguato al periodo. Nel 1807 diviene parte della Commissione d’ Ornato, e insieme ad altri architetti viene incaricato di sovraintendere allo sviluppo urbano e redigere il piano regolatore per la città di Milano. Muore ad Omegna nel 1817.

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I vedutisti:

Le prime opere pittoriche aventi come soggetto la città di Milano risalgono alla fine del XVII secolo. In questo periodo le immagini della città ci mostrano, accanto ai luoghi deputati del potere, i principali cantieri dell’epoca, dal Duomo all’Ospedale Maggiore, e le strade del corso cittadino, i grandi rettilinei come quelli di Porta Orientale o Romana. Questa selezione di soggetti rimarrà standardizzata per quasi un secolo e avrà numerose derivazioni ed imitazioni. Le vedute di questo periodo sono da ammirare più per il loro valore documentario che per la bravura stilistica dei loro autori: primo fra tutti un misterioso artista noto come Il Sebastianone. Pittore di genere attivo dalla fine del Seicento e durante la prima parte del secolo successivo, si hanno pochissime notizie certe riguardo alla vita di questo Sebastiano Giuliense che realizzò numerose ed importanti vedute della Milano dell’epoca.

Domenico Aspari (1745-1831), nasce a Milano e grazie alle sue doti di disegnatore, pittore ed incisore, all’atto della fondazione dell’Accademia di Brera nel 1776, vi ottiene la cattedra degli elementi di figura, entrando a far parte del primo gruppo di insegnati prescelti. L’opera a cui è maggiormente legato il suo nome è la raccolta di sedici stampe dedicate alla sua città: Vedute di Milano. Grazie a quest’opera il valore prettamente documentario, che aveva caratterizzato fino ad ora il genere della veduta urbana, si arricchisce di valore artistico. Da questo momento in poi le raffigurazioni urbane dell’artista costituiranno un modello imprescindibile da studiare e col quale confrontarsi, un esempio da seguire e successivamente da aggiornare a seconda del momento storico in cui i diversi artisti si troveranno immersi.

Proprio all’Aspari sono ispirate le incisioni realizzate da Gaspare Galliari (1761-1823). Durante il periodo napoleonico ci si rende conto della necessità di aggiornare il materiale visivo avente come oggetto la città e le opere di questo artista ci parlano principalmente proprio della Milano napoleonica, attraverso tutti quei luoghi divenuti simbolo nel nuovo governo. Il linguaggio visivo riprende i motivi di derivazione classica che lo stesso Aspari attinse dal romano Piranesi e arricchendolo con un sapiente uso dello spazio prospettico di derivazione scenografica, in quanto l’artista nasce e cresce in una famiglia di pittori e scenografi.

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Giovanni Migliara (1785-1837) nasce in Piemonte ma la sua vicenda biografica, insieme alla carriera aristica, è indissolubilmente legata a Milano. Ispirato dai vedutisti veneziani del Settecento realizza vedute della città e di interni di chiese e conventi che gli valgono numerosi riconoscimenti e committenze dai più prestigiosi personaggi dell’epoca. Con le sue opere è presente alle esposizioni d’arte dell’Accademia di Brera, di cui è membro e dalla quale gli viene offerta una cattedra a cui l’artista deve però rifiutare. Quella del Maestro è una pittura che va a rivaleggiare con la realtà, attraverso il sublime uso della luce e il sapiente utilizzo dei tagli prospettici; una pittura urbana, per soggetto come per atmosfera, fatta di vedute cittadine eleganti e puntuali. L’influenza dell’artista è tale da condurlo a fondare una scuola d’arte alla quale altri significativi vedutisti, qui presenti, legano nome e opere:Luigi Bisi, Pompeo Calvi, Battista Dell’Acqua.

Fra gli allievi del Migliara spicca la figura di Luigi Premazzi (1814-1891), formatosi, oltre che presso la scuola privata del Maestro, anche all’Accademia di Belle Arti di Brera. Il suo repertorio pittorico è composto da vedute della città di Milano, e in seguito anche di altre, eseguite secondo i dettami della pittura prospettica. La sua pittura liscia e pulita risente delle ricerche di Luigi Bisi da cui riprende l’attenzione documentaristica per i dettagli architettonici.

In diretta competizione col Migliara, si pone il lavoro dell’altro maestro indiscusso del genere della veduta di questo periodo, (1788-1847). Nato a Verona, esordisce all’Esposizione di Belle Arti di Brera nel 1818 per poi partire alla volta di Parigi dove ottiene uno straordinario successo sia da parte del pubblico che della critica. Rientra a Milano nel 1832 e qui si dedica alla realizzazione di vedute dalle quali trapela il suo interesse per gli effetti atmosferici e gli elementi naturalistici, nonchè l’attenzione che egli rivolge agli aspetti più quotidiani e umili della realtà urbana: è attratto dallo spettacolo pittoresco e vivace che può offrire una contrada, un vicolo o una piazza animata da alberi e corsi d’acqua.

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Quando Angelo Inganni (1807-1880) esordisce nell’ Esposizione Nazionale di Brera del 1834, Milano ha ormai assunto un ruolo di vetrina artistica internazionale, paragonabile soltanto alla Parigi dei Salons. Di origine bresciana, sa conferire al genere della pittura urbana di Migliara e Canella una nuova atmosfera. Più vicina alla realtà quotidiana della gente, la sua pittura racconta la città attraverso punti di vista coinvolgenti, più ravvicinati e insoliti, che si contrappongono ai metodi più tradizionali della vecchia scuola di Giuseppe Elena (1801-1867), dove a suggerire e determinare il punto di vista migliore da utilizzare è il soggetto momumentale stesso. Inganni realizza opere per importanti committenti quali il generale Radetzky, l’Imperatore Ferdinando I d’Austria, Napoleone III, e per far fronte alle numerose e insistenti richieste, decide di aprire un’organizzata bottega, dove assume come collaboratrice una giovane ragazza della quale egli è tutore e che diventerà la sua seconda moglie: Amanzia Guerillot (1828-1905). Realizza per lui le commissioni minori, imitandone lo stile e riproponendone i soggetti.

7 MILANO PERDUTA MILANO SPERATA I PROTAGONISTI

Allievo di Luigi Bisi all’Accademia di Brera, Filippo Carcano (1840-1914) si forma all’interno del gruppo degli Scapigliati milanesi e fin da subito si dedica alla produzione di opere di stampo realista. Dopo le iniziali difficoltà ad incontrare il gusto della critica inizia a riscuotere un grande consenso sia dal punto di vista artistico che commerciale. Diventa professore di figura all’Accademia di Brera ed è considerato il caposcuola del Naturalismo lombardo.

La rilettura nostalgica e malinconica delle opere di Inganni da parte degli artisti degli anni successivi trova le sue radici nell’immagine di città popolana, raccolta e rimpianta a partire da subito dopo l’Unità d’Italia. L’impronta del ritrattista di città si viene così trasformare in quella non più diretta del testimone del bel tempo passato e perduto agli occhi di chi, come Giovanni Greppi, si ritrovò a vivere gli epocali mutamenti del tessuto cittadino che modificarono l’identità della città insieme al modo di viverla.

A cura di: Ludovica Cappelletti, consulenza progetti napoleonici Sara Conte, progettazione itinerari e realizzazione grafica guide Silvia Sangion, consulenza e ricerche archivistiche vedutistica

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