«L'uomo Fa Il Luogo E Il Luogo Fa L'uomo»
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Corso di Laurea Magistrale in Filologia e letteratura italiana Tesi di Laurea «L’uomo fa il luogo e il luogo fa l’uomo». Il paesaggio-personaggio ne "Le Confessioni d'un italiano". Relatrice Ch. ma Prof.ssa Ilaria Crotti Correlatori Prof. ssa Marinella Colummi Camerino Prof. ssa Michela Rusi Laureanda Marta D’Isep Matricola 815475 Anno Accademico 2011 / 2012 Sommario I. Paesaggio e letteratura……………………………………………………...p. 1 Il. Il paesaggio-personaggio ne Le confessioni d’un italiano di Ippolito Nievo………………………………………………………………………….p. 22 II. 1 Il paesaggio esperito: la vita come viaggio e i luoghi della memoria..p. 51 II. 2 Paesaggio sensoriale. Vista, udito, tatto, olfatto……....………………p. 83 III. Percepire il paesaggio. Dal lettore al paesaggio: parchi letterari e turismo letterario………………………………………………………………………p. 109 IV. Apparato iconografico……………………………………………………….p. 141 V. Bibliografia generale………………………………………..……….………p. 148 VI. Opere di Ippolito Nievo prese in esame…………………………………..p. 161 VII. Bibliografia della critica nieviana…………………………………………..p. 162 VIII. Testi di riferimento…………………………………………………………p. 169 0 CAPITOLO PRIMO PAESAGGIO E LETTERATURA Che cosa è infatti il paesaggio se non la citazione, all’ordine del giorno del nostro sguardo, dei brani, delle parole, anche di quelle che sono diventate desuete, di un testo che ciascuno di noi è chiamato a leggere e interpretare? MASSIMO QUAINI , I paesaggi invisibili , in Paesaggi culturali. Rappresentazioni, esperienze, prospettive , a c. di Rossella Salerno e Camilla Casonato, Roma, Gangemi, 2008, p. 23. Se si rileva che «le origini del paesaggio risalgono alle origini stesse dell’uomo, a quell’epoca preistorica in cui le culture dei cacciatori lasciano progressivamente posto agli agricoltori sedentari e la rappresentazione spaziale dell’uomo subisce una trasformazione radicale» dal momento che «ogni cosa acquista ora una sua collocazione in riferimento ad un qui centrale, ambito del potere di un soggetto che dà forma alla natura e la trasforma» 1, bisogna anche riconoscere che il paesaggio medesimo deve la sua costituzione in particolar modo all’arte che, come ha osservato Eugenio Turri, «costituisce una delle attività con cui l’uomo scopre e annette il paesaggio alla cultura» 2. 1 MICHAEL JAKOB , Paesaggio e letteratura , Firenze, Olschki, 2005, p. 15. Qui come altrove i corsivi, privi di indicazione contraria, sono da ritenersi originali. 2 EUGENIO TURRI ., Antropologia del paesaggio , Milano, Edizioni di Comunità, 1983, p. 56. Per un’ulteriore analisi del rapporto che intercorre tra il paesaggio e la pittura si veda anche: «il paesaggio non è inizialmente che un quadro, rappresentazione artistica, e soltanto molto più tardi, soprattutto grazie alla prassi artistica, diventerà altra cosa: l’esperienza di un pezzo di spazio percepito in una sola 1 Alla base della costituzione del paesaggio si pongono quindi pittura e soprattutto tecnica prospettica «con la quale gli effetti di lontananza e di profondità, l’orizzonte e il punto di fuga cominciano ad esercitare un influsso che va ben oltre la tecnica dell’arte» 3. È proprio grazie all’arte pittorica che prende forma il significato moderno di paesaggio; già nel periodo rinascimentale infatti l’uomo comincia a sentirsi sempre più legato alla natura e in continuo dialogo con essa, tanto che il paesaggio viene considerato «sfondo vivo e importante dell’uomo» 4. Ma è soprattutto grazie agli artisti fiamminghi e al loro landschap che esso da semplice sfondo pittorico diviene, attorno al XVI secolo d. C., vero e proprio soggetto protagonista dell’arte; se un tempo infatti il paesaggio aveva la funzione di essere mero scenario naturale, con la pittura paesaggistica nordica esso viene ad acquistare un significato sempre più rilevante e un ruolo sempre più prestigioso. Ulteriore linfa vitale verrà offerta in seguito dal movimento romantico che, rapportandosi alla natura con un nuovo approccio, propone un paesaggio «al quale l’uomo presta l’ampia corda del suo sentimento, e che è assunto come elemento e tramite della sua perenne azione umanizzante e pacificamente iniziata con le più remote pitture paleolitiche» 5. Il Romanticismo dunque, riconosce e valorizza l’esistenza di veri e propri “paesaggi sentimentali”, da cui attingerà copiosamente la letteratura. Bisogna pertanto attendere fino al XVIII secolo perché il paesaggio acquisti il significato linguistico attuale, anche se, come sottolinea Jakob, la collocazione della nascita del paesaggio volta da qualcuno , MICHAEL JAKOB , Il paesaggio , trad. it. di Adriana Ghersi e Michael Jakob, Bologna, Il Mulino, 2009, (Gollion, 2008), p. 29. 3 ID., Paesaggio e letteratura , cit ., p. 22. 4 E. TURRI , Antropologia del paesaggio , cit ., p. 60. Per quanto concerne l’importanza che ha avuto il Rinascimento nella comprensione del paesaggio, rimando all’analisi che ne fa Turri in ID., Il paesaggio come teatro . Dal territorio vissuto al territorio rappresentato , Venezia, Marsilio, 1998. 5 E. TURRI , Antropologia del paesaggio , cit ., p. 62. 2 così come viene percepito dalla contemporaneità, non è così semplice «giacché la totalità della natura verrà percepita come paesaggio soltanto a partire dal XVIII secolo» 6. Considerato quindi il timido processo di penetrazione con cui quest’entità si è insinuata nella cultura, un concetto più elaborato verrà teorizzato soltanto verso il XX secolo. Non è questa la sede per approfondire l’evoluzione di tale concetto, a cui è stata dedicata un’ampia produzione critica 7, ma la rapida e sommaria ricostruzione storica con cui ho voluto aprire il mio lavoro è utile per evidenziare la dimensione diacronica di cui gode il paesaggio. Esso è infatti il «risultato di momenti diversi, quindi concrezione di storia, costruzione di cultura» 8. Il paesaggio attraversa e accompagna ogni momento umano, ogni epoca storica, ogni attimo di vita vissuta. Non solo perché la dinamicità che lo caratterizza ne modifica incessantemente le sue forme e i suoi contorni obbligandolo a «mutare con il continuo riterritorializzarsi degli spazi» 9, ma anche e soprattutto perché «nell’esperienza del paesaggio […] ciò che è in gioco è il soggetto stesso» 10 il quale è chiamato ad aprirsi «un ritaglio visuale» 11 in cui il paesaggio appare cangiante, mobile e converso all’individualità. Fatte queste considerazioni ben si comprende come la caratteristica più rilevante di un paesaggio risieda proprio nella sua ‘individualità’, nel suo essere intrinsecamente legato a un particolare soggetto. 6 M. JAKOB , Paesaggio e letteratura , cit ., p. 25. 7 Il termine paesaggio e la sua costituzione hanno goduto negli ultimi decenni di grande attenzione, arricchita da studi che hanno prodotto una fiorente letteratura. Ricordo in particolare gli interessanti lavori di Michael Jakob (2005 e 2009), Fabio Lando (1993) ed Eugenio Turri (1983). 8 E. TURRI , Antropologia del paesaggio , cit ., p. 73. 9 ID., Il paesaggio come teatro , cit ., p. 21. 10 M. JAKOB , Paesaggio e letteratura , cit ., p. 9. Anche Giuliana Andreotti si sofferma sullo stesso punto quando scrive che i paesaggi «non sono entità in sé, ma rapporti speciali tra l’uomo e lo spazio […]: e le graduazioni di tale specialità sono, a loro volta, in rapporto con le suggestioni che, per i più vari motivi, i luoghi possono esercitare. Ciò significa come, non essendo il paesaggio cosa in sé, il suo apprezzamento derivi anche dalle varie generazioni, secondo mutamenti etici, culturali o storici, che ne hanno influenzato e ne influenzano i giudizi», (GIULIANA ANDREOTTI , Alle origini del paesaggio culturale. Aspetti di filologia e genealogia del paesaggio , Milano, Unicopli, 1998, p. 53). 11 M. JAKOB , Paesaggio e letteratura , cit ., p. 14. L’autore afferma inoltre che il paesaggio «emerge solo quando un soggetto guarda il mondo vis-à-vis , dove egli non solo è nel mondo, ma percepisce il mondo come ciò che si dispiega davanti ai suoi occhi», (ivi , p. 41). 3 Quest’operazione non è mai inconsapevole, ma si avvale piuttosto di «un atto intenzionale» che consente all’uomo di «fissare, di ‘incorniciare’, di selezionare un ritaglio della natura» 12 . È interessante pertanto notare come «benché legato in molteplici modi con la natura, il paesaggio è dunque per sua stessa essenza artificiale e innaturale» 13 allo stesso tempo. Non c’è paesaggio senza un soggetto che, osservando e cogliendo un particolare luogo circostante, lo percepisca secondo ciò che Jakob definisce «arrangiamento estetico del visibile» 14 . Come ben sottolinea quest’autore infatti, «il paesaggio non è fenomeno oggettivo, misurabile ed esistente di per sé, bensì qualcosa che nasce in virtù dell’azione dell’uomo e che da questi dipende. Il paesaggio in quanto realtà è il prodotto di una costituzione da parte del soggetto, ossia di un processo storico di costituzione» 15 . Laddove infatti è assente l’uomo che osserva, percepisce e si lascia coinvolgere, non ci sarebbe alcun paesaggio, ma soltanto natura. Un osservatore attivo è quindi indispensabile per l’esistenza del paesaggio. A questo punto emergono due importanti caratteristiche che appartengono al concetto che si sta cercando di focalizzare: la storicità e la soggettività 16 12 Ivi , p. 30. Su questo tema si sofferma anche Raffaele Milani quando rileva che «il paesaggio, nel suo statuto morfologico, non ha canoni e tecniche, non è un’attività, ma un rivelarsi di forme in consonanza con l’intervento materiale e immateriale dell’uomo. È un prodotto della natura, del fare, del percepire, del rappresentare», (RAFFAELE MILANI , L’arte del paesaggio