FONDAZIONE TEATRO DI VENEZIA

LA FENICE PER VERDI 2001

SIMON BOCCANEGRA

Si ringrazia per la collaborazione Ritratto di . (1851).

2 FONDAZIONE TEATRO LA FENICE DI VENEZIA

SIMON BOCCANEGRA

musica di GIUSEPPE VERDI

PALAFENICE AL TRONCHETTO versione Milano 1881 Venerdì 26 gennaio 2001, ore 20.00, turno A Domenica 28 gennaio 2001, ore 15.30, turno B Martedì 30 gennaio 2001, ore 20.00, turno D Giovedì 1 febbraio 2001, ore 20.00, turno E Sabato 3 febbraio 2001, ore 15.30, turno C

versione Venezia, Teatro La Fenice 1857 Venerdì 2 febbraio 2001, ore 20.00, fuori abb. in forma di concerto

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Edizioni dell’Ufficio Stampa del TEATRO LA FENICE Responsabile Cristiano Chiarot

Coordinamento musicologico e redazionale Carlida Steffan

Hanno collaborato Pierangelo Conte, Giorgio Tommasi

Ricerca iconografica Maria Teresa Muraro

Copertina Tapiro

Pubblicità In copertina AP srl Torino GIUSEPPE VERDI VeNet Venezia (Roncole di Bussetto, 1813 - Milano 1901)

4 SOMMARIO

7 LA LOCANDINA

11 I LIBRETTI

70 SIMON BOCCANEGRA IN BREVE

73 STRUTTURA MUSICALE DELL’

76 ARGOMENTO - ARGUMENT - SYNOPSIS - HANDLUNG

95 MARCELLO CONATI UN’OPERA SOLA, DUE DRAMMI DIVERSI GENESI E VICENDE DEL SIMON BOCCANEGRA

135 DANIELA GOLDIN FOLENA SIMÓN BOCANEGRA DA VERDI A PIAVE A BOITO

145 MARCO BEGHELLI DA VENEZIA A MILANO IL LIFTING VOCALE DEI CINQUE PROTAGONISTI

155 HAROLD S. POWERS ANALIZZANDO SIMON BOCCANEGRA

175 LAURA MEGNA E IL DOGADO A GENOVA

185 CARMELO DI GENNARO INTERVISTA A ELIO DE CAPITANI

188 SIMON BOCCANEGRA ALLA FENICE

195 GIUSEPPE VERDI a cura di MIRKO SCHIPILLITI

219 BIBLIOGRAFIA PER IL CENTENARIO a cura di GILDO SALERNO

227 BIOGRAFIE

5 Carlo Sala, bozzetto per Simon Boccanegra. Venezia, PalaFenice, gennaio 2001.

6 LA LOCANDINA

SIMON BOCCANEGRA melodramma in un prologo e tre atti (versione definitiva Milano 1881) libretto di FRANCESCO MARIA PIAVE con aggiunte e modifiche di

musica di GIUSEPPE VERDI edizione CASA RICORDI, Milano personaggi ed interpreti principali Simon Boccanegra CARLO GUELFI Maria Boccanegra (Amelia) LUCIA MAZZARIA Jacopo Fiesco AYK MARTIROSSIAN FABIO SARTORI Paolo Albiani MARCO VRATOGNA Pietro PAOLO RUMETZ Un Capitano dei balestrieri DARIO BALZANELLI Un’ancella di Amelia GISELLA PASINO

regia ELIO DE CAPITANI scene e costumi CARLO SALA video e assistente regia FRANCESCO FRONGIA

luci FABIO BARETTIN –––––––– • –––––––– in forma di concerto prima esecuzione in tempi moderni della partitura originale SIMON BOCCANEGRA melodramma in un prologo e tre atti (prima versione Venezia, Teatro La Fenice 1857) libretto di FRANCESCO MARIA PIAVE

musica di GIUSEPPE VERDI personaggi ed interpreti principali Simon Boccanegra ANTONIO SALVADORI Maria Boccanegra (Amelia) SERENA FARNOCCHIA Jacopo Fiesco MAURIZIO MURARO Gabriele Adorno MAURIZIO GRAZIANI Paolo Albiani MARCO DI FELICE Pietro PAOLO RUMETZ Un’ancella di Amelia GISELLA PASINO

–––––––– • –––––––– maestro concertatore e direttore ISAAC KARABTCHEVSKY ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO LA FENICE direttore del Coro GIOVANNI ANDREOLI maestro del Coro ALBERTO MALAZZI nuovo allestimento 7 direttore musicale di palcoscenico GIUSEPPE MAROTTA direttore di palcoscenico PAOLO CUCCHI responsabile allestimenti scenici MASSIMO CHECCHETTO altro direttore di palcoscenico LORENZO ZANONI maestri di sala STEFANO GIBELLATO, ROBERTA FERRARI maestri di palcoscenico SILVANO ZABEO, ILARIA MACCACARO maestro suggeritore PIERPAOLO GASTALDELLO maestro alle luci GABRIELLA ZEN capo macchinista VALTER MARCANZIN capo elettricista VILMO FURIAN capo attrezzista ROBERTO FIORI capo sarta MARIA TRAMAROLLO responsabile della falegnameria ADAMO PADOVAN capogruppo figuranti CLAUDIO COLOMBINI scene DECOR PAN (Treviso) attrezzeria RANCATI (Milano), LABORATORIO TEATRO LA FENICE calzature C.T.C. (Milano) parrucche FABIO BERGAMO (Trieste) realizzazione contributi video ON AIR (Milano) sistemi video IDEOGRAMMA (Rimini)

8 Foto delle prove di Simon Boccanegra. Regia di Elio De Capitani. Venezia, PalaFenice, gennaio 2001.

9 Ritratto di Francesco Maria Piave.

10 IL LIBRETTO

SIMON BOCCANEGRA libretto in tre atti e un prologo di FRANCESCO MARIA PIAVE

[con modifiche di GIUSEPPE MONTANELLI]

Venezia, Teatro La Fenice, 1857

11 Foto di Giuseppe Verdi con dedica autografa «All’Amico Checco Maria Piave. Venezia 19 Febbraio 1857».

12 Frontespizio del libretto per la prima rappresentazione assoluta di Simon Boccanegra. Venezia, Teatro La Fenice, 12 marzo 1857. (Venezia, Archivio Storico del Teatro La Fenice).

13 Prologo

PERSONAGGI ARTISTI SIMON BOCCANEGRA, corsaro al servizio della repubblica genovese Giraldoni Leone JACOPO FIESCO, nobile genovese Echeverria Gius PAOLO ALBIANI, filatore d’oro genovese Vercellini Giacomo PIETRO, popolano di Genova Bellini Andrea Marinai, popolo, domestici di Fiesco, ec.

Dramma

SIMON BOCCANEGRA, primo di Genova Giraldoni Leone MARIA BOCCANEGRA, sua figlia, sotto il nome di AMELIA Bendazzi Luigia JACOPO FIESCO, sotto il nome d’ANDREA Echeverria Gius. GABRIELE ADORNO, gentiluomo genovese Negrini Carlo PAOLO, cortigiano favorito del doge Vercellini Giacomo PIETRO, altro cortigiano Bellini Andrea UN SERVO DI AMELIA N.N.

Soldati, marinai, popolo, senatori, corte del doge, prigioni e donne africane, ec.

L’azione è in Genova e sue vicinanze, nella prima metà del secolo XIV.

N.B.: Tra il Prologo ed il Dramma passano alcuni lustri.

14 Prologo

UNA PIAZZA DI GENOVA.

Nel fondo è la chiesa di san Lorenzo, che verrà poi illuminata internamente. A destra dello Spettatore è il palazzo dei Fieschi in marmo, con portone e gran balcone praticabili. Nella facciata di fianco al balcone è una Immagine, davanti a cui arde un lanternino. Fra il palazzo e la chiesa è una strada. Alla sinistra una casa di povero aspetto; altra più regolare nel fondo. Fra tali due case entra una via. Comincia a far notte.

SCENA PRIMA

PAOLO e PIETRO in iscena, continuando un discorso.

PAOLO Che dicesti?… all'onor di primo abate Lorenzin, l'usuriere?… PIETRO Altro proponi Di lui più degno! PAOLO Il prode, che da’ nostri Mari cacciava l’african pirata, E al ligure vessillo Rese l’antica nominanza altera. PIETRO Intesi… e il premio?… PAOLO Oro, possanza, onore. PIETRO Vendo a tal prezzo il popolar favore. (si dan la mano; Pietro parte)

SCENA II.

PAOLO solo.

Abborriti patrizii, Alle cime ove alberga il vostro orgoglio, Disprezzato plebeo, salire io voglio.

SCENA III.

DETTO e SIMONE che entra frettoloso.

SIMONE Un amplesso… Che avvenne? – Da Savona Perché qui m’appellasti? PAOLO All’alba eletto Esser vuoi nuovo abate? SIMONE Io?… no. PAOLO Ti tenta Ducal corona? SIMONE Vaneggi? PAOLO (con intenzione) E Maria?

15 SIMONE O vittima innocente Del funesto amor mio!… Dimmi, di lei Che sai?… Le favellasti?… PAOLO (additando il palazzo Fieschi) Prigioniera Geme in quella magion… SIMONE Maria! PAOLO Negarla Al Doge chi potria? SIMONE Misera! PAOLO Assenti? SIMONE Paolo… PAOLO Tutto disposi… e sol ti chiedo Parte ai perigli e alla possanza… SIMONE Sia… PAOLO In vita e in morte?… SIMONE Sia. PAOLO S’appressa alcun… T’ascondi… Per poco ancor, mistero ti circondi. (Simone entra in chiesa, Paolo s’appoggia al palazzo dei Fieschi in modo da essere illuminato dal lanternino. È notte.)

SCENA IV.

PAOLO, PIETRO, Marinari, Artigiani.

PIETRO All’alba tutti qui verrete? CORO Tutti. PIETRO Niun pei patrizii?… CORO Niuno. – A Lorenzino Tutti il voto darem. PIETRO Venduto è a’ Fieschi. CORO Dunque chi fia l’eletto? PIETRO Un prode. CORO Sì. PIETRO Un popolan… CORO Ben dici… ma fra i nostri Sai l’uom? PIETRO Sì. CORO E chi? Risuoni il nome suo! PAOLO Simone Boccanegra. (avanzandosi) CORO Il Corsar? PAOLO Sì… il Corsaro all’alto scranno… CORO È qui? PAOLO Verrà. CORO E i Fieschi? PAOLO Taceranno. (Chiama tutti intorno a sè; quindi, indicando il palazzo de’ Fieschi, dice loro con mistero:) L’atra magion vedete?… de’ Fieschi è l’empio ostello, Una beltà infelice geme sepolta in quello; Sono i lamenti suoi la sola voce umana Che risuonar s’ascolta nell’ampia tomba arcana.

16 CORO Già volgono più lune, che la gentil sembianza Non allegrò i veroni della romita stanza; Passando ogni pietoso invan mirar desia La bella prigioniera, la misera Maria. PAOLO Si schiudon quelle porte solo al patrizio altero, Che ad arte si ravvolge nell’ombre del mistero… Ma vedi in notte cupa per le deserte sale Errar sinistra vampa, qual d’anima infernale. CORO Par l’antro de’ fantasimi!… Oh qual terror!… PAOLO (Si vede il riverbero d’un lume) Guardate, La fatal vampa appare… CORO Oh ciel!… PAOLO V’allontanate. Si caccino i demonii col segno della croce… All’alba. CORO Qui. PIETRO Simon. CORO Simone ad una voce. (partono)

SCENA V.

FIESCO esce dal palazzo, che chiude da fuori, scordando la chiave nella toppa; poi Donne e Servi a tempo.

FIESCO A te l’estremo addio, palagio altero, Freddo sepolcro dell’angiolo mio! … Né a proteggerti io valsi!… Oh maledetto!… E tu, Vergin, soffristi (volgendosi all’Immagine) Rapita a lei la virginal corona?… Ma che dissi!… deliro!… ah mi perdona! (s’inginocchia) Il lacerato spirito Del misero vegliardo Di più crudele spasimo Era segnato al dardo. – Il serto a lei de’ martiri Pietoso il cielo diè… Resa al fulgor degli angeli, Prega, Maria, per me (S’odono lamenti dall’interno del palazzo.) DONNE È morta!… È morta!… a lei s’apron le sfere!… Mai più!… mai più non la vedremo in terra!… UOMINI Miserere!… miserere!… (Al suono di lugubre marcia Donne in lutto e Domestici escono dal palazzo, attraversano la scena e spariscono.)

SCENA VI.

DETTO e SIMONE che allontanandosi dalla chiesa si dirige verso FIESCO.

SIMONE Suona ogni labbro il mio nome. – O Maria, Forse in breve potrai

17 Dirmi tuo sposo!… alcun veggo!… chi fia? FIESCO Simon?… SIMONE Tu! FIESCO Qual cieco fato A oltraggiarmi ti traea?… Sul tuo capo io qui chiedea L’ire vindici del ciel. SIMONE Padre mio, pietade imploro Supplichevole a’ tuoi piedi… Il perdono a me concedi… FIESCO Tardi è omai – SIMONE Non sii crudel. Sublimarmi a lei sperai Sopra l’ali della gloria, Strappai serti alla vittoria Per l’altare dell’amor. FIESCO Io fea plauso al tuo valore, Ma le offese non perdono… Te vedessi asceso in trono… SIMONE Taci… FIESCO Segno all’odio mio E all’anatema di Dio È di Fiesco l’offensor. SIMONE Pace… FIESCO No – pace non fora Se pria l’un di noi non mora. SIMONE Vuoi col sangue mio placarti? (gli presenta il petto) Qui ferisci… FIESCO Assassinarti?… (ritirandosi con orgoglio) SIMONE Sì, m’uccidi, e almen sepolta Fia con me tant’ira… FIESCO Ascolta: Se concedermi vorrai L’innocente sventurata Che nascea d’impuro amor, Io, che ancor non la mirai, Giuro renderla beata, E tu avrai perdono allor. SIMONE Nol poss’io! FIESCO Perchè? SIMONE Rubella Sorte lei rapì… FIESCO Favella? SIMONE Del mar sul lido tra gente ostile Crescea nell’ombra quella gentile; Crescea lontana dagli occhi miei, Vegliava annosa donna su lei. Di là una notte varcando, solo Dalla mia nave scesi a quel suolo. Corsi alla casa… n’era la porta Serrata, muta!

18 FIESCO La donna? SIMONE Morta. FIESCO E la tua figlia?… SIMONE Misera, trista, Tre giorni pianse, tre giorni errò; Scomparve poscia, nè fu più vista, D’allora indarno cercata io l’ho. FIESCO Se il mio desire compir non puoi, Pace non puote esser tra noi! Addio Simone!… (gli volta le spalle) SIMONE Coll’amor mio Saprò placarti. FIESCO (freddo senza guardarlo.) No. SIMONE M’odi. FIESCO Addio. (va alla chiesa e si ferma sui gradini della porta.) SIMONE Oh de’ Fieschi implacata, orrida razza!… E tra cotesti rettili nascea Quella pura beltà?… Vederla io voglio… Coraggio! (dà 3 colpi alla porta) Muta è la magion de’ Fieschi? Dischiuse son le porte!… Quale mistero!… entriam. (entra nel palazzo) FIESCO (dai gradini della chiesa) T’innoltra e stringi Gelida salma. SIMONE (comparisce sul balcone) Nessuno!… qui sempre Silenzio e tenebra!… (stacca il lanternino dalla Immagine, ed entra; s’ode un grido poco dopo) Maria!… Maria!! FIESCO L’ora suonò del tuo castigo… SIMONE (esce dal palazzo atterrito) È sogno!… Sì; spaventoso, atroce sogno il mio!… VOCI Boccanegra!… (lontane) SIMONE Quai voci! VOCI (più vicine) Boccanegra! SIMONE Eco d’inferno è questo!…

SCENA VII.

DETTI, PAOLO, PIETRO, Marinai, Popolo d’ambo i sessi, con fiaccole accese.

CORO Doge il popol t’acclama! SIMONE Via fantasmi! PAOLO Che di’ tu? SIMONE Paolo!… Ah!… una tomba… PAOLO Un trono! … FIESCO (Doge Simon?… m’arde l’inferno in petto! …) CORO Viva Simon, del popolo l’eletto!!! (s’alzano le fiaccole, le campane suonano a stormo… Tamburi ec. ed alle grida “Viva Simone” cala il sipario.)

Fine del Prologo.

19 Atto Primo

PALAZZO DE’ GRIMALDI FUORI DI GENOVA. Salotto di passaggio con porta nel fondo e largo poggiuolo, fuor del quale si vedrà la campagna ed il golfo di Genova. Una porta a sinistra mette alle stanze interne, altra alla destra dà in vari saloni. Qualche tempo dopo l’alzata del sipario albeggia.

SCENA I.

AMELIA sola, seduta presso il poggiuolo.

I. Come in quest’ora bruna Sorridon gli astri e il mare! Come s’unisce, o luna, All’onda il tuo chiaror!… Amante amplesso pare Di due virginei cor! II. Ma gli astri e la marina Che pingono alla mente Dell’orfana meschina?… La notte atra, crudel, Quando la pia morente Sclamò: – Ti guardi il ciel. III. O altero ostel, soggiorno Di stirpe ancor più altera, Il tetto disadorno Non obliai per te!… Solo in tua pompa austera Amor sorride a me. (È giorno) Spuntò il giorno!… Ei non vien!… Forse sventura… Forse altro amor!… No, nol consenta Iddio!… L’alma mel dice!… Ei m’ama! È il fido mio. VOCE Cielo di stelle orbato, (lontana) Di fior vedovo prato, È l’alma senza amor. AMELIA Ciel!… la sua voce!… È desso!… Ei s’avvicina!… oh gioia!… «Tutto m’arride l’universo adesso!…» VOCE Se manca il cor che t’ama, (più ) Non empiono tua brama Gemme, possanza, onor. AMELIA Il palpito deh frena, O cara innamorato, In questo dì beato, No, non vorrei morir. Ad iride somiglia

20 La dolce sua parola, Che in terra puote sola Calmare i miei sospir.

SCENA II.

DETTA e GABRIELE dalla destra.

AMELIA Ti veggo alfin – Perché sì tardi giungi? GABRIELE Perdona, o core… I lunghi indugi miei T’apprestano grandezza… AMELIA Pavento… GABRIELE Che? AMELIA L’arcano tuo conobbi… A me il sepolcro appresti, Il patibolo a te!… GABRIELE Che pensi? AMELIA Io amo Andrea qual padre, il sai; Pur m’atterrisce… In cupa Notte non vi mirai Sotto le tetre volte errar sovente Pensosi, irrequieti? GABRIELE Chi? AMELIA Tu, e Andrea, E Lorenzino e gli altri… GABRIELE Ah taci… il vento Ai tiranni potria recar tai voci! Parlan le mura… un delator s’asconde Ad ogni passo… AMELIA Tu tremi?… GABRIELE I funesti Fantasmi scaccia?… AMELIA Fantasmi dicesti? Vieni a mirar la cerula Marina tremolante; Là Genova torreggia Sul talamo spumante; Là i tuoi nemici imperano, Vincerli indarno speri… Ripara i tuoi pensieri Al porto dell’amor – GABRIELE Angiol che dall’empireo Piegasti a terra l’ale, E come faro sfolgori Sul tramite mortale, Non ricercar dell’odio I funebri misteri; Ripara i tuoi pensieri Al porto dell’amor.

21 AMELIA (s’appressa alla finestra:) Ah!.. GABRIELE Che mai fia? AMELIA Vedi quell’uom?… qual’ombra Ogni dì appar. GABRIELE (va alla finestra) Forse un rival?…

SCENA III.

DETTI, un SERVO ch’entra dalla destra, quindi PIETRO dalla parte stessa.

SERVO Del Doge Un messaggier di te chiede. AMELIA S’appressi. SERVO (esce) GABRIELE Chi sia veder vogl’io… (va per uscire) AMELIA (fermandolo) T’arresta. PIETRO (inchinandosi ad Amelia) Il doge Dalle caccie tornando di Savona Questa magion visitar brama. AMELIA Il puote. (Pietro parte)

SCENA IV.

GABRIELE ed AMELIA.

GABRIELE Il doge qui? AMELIA Mia destra a chieder viene. GABRIELE Per chi? AMELIA Pel favorito suo. – D’Andrea Vola in cerca… Affrettatevi… prepara Il rito nuzial… mi guida all’ara. AMELIA E GABRIELE Sì, sì dell’ara il giubilo Contrasti il fato avverso, E tutto l’universo Io sfiderò con te. Di casto amore il palpito È del destin più forte; Vivranno oltre la morte In noi l’amor, la fé. (Amelia parte dalla sinistra.)

SCENA V.

GABRIELE va per uscire dalla destra, e incontra ANDREA.

GABRIELE (Propizio giunge Andrea!) ANDREA Sì mattutino Qui?

22 GABRIELE A dirti… ANDREA Che ami Amelia. GABRIELE Tu che lei vegli con paterna cura A nostre nozze assenti. ANDREA Se umìl sua culla fosse? GABRIELE Umìle!!… una Grimaldi?… ANDREA No – la figlia Dei Grimaldi morì tra consacrate Vergini in Pisa. Un’orfana raccolta Nel chiostro il dì che fu d’Amelia estremo Ereditò sua cella… GABRIELE Ma come dei Grimaldi Anco il nome prendea?… ANDREA De’ fuorusciti Perseguia le ricchezze il nuovo doge; E la mentita Amelia alla rapace Man sottrarle potea. – GABRIELE L’orfana adoro. ANDREA Di lei se’ degno! GABRIELE A me fia dunque unita. ANDREA In terra e in ciel. – Ma non rallenti amore La foga in te de’ cittadini affetti. (squillo di tromba) GABRIELE Il Doge vien – Partiam – Benché la fama Ti dica estinto, ei ravvisar potria Fiesco in Andrea… ANDREA S’appressa ora fatale; Già noi de’ Guelfi aspetta Il convegno forier della vendetta. GABRIELE Paventa, o perfido Doge, paventa! … D’un padre io vendico L’ombra cruenta. ANDREA Paventa, o perfido Doge, paventa! … Mi chiede vindice La figlia spenta. (escono dal fondo)

SCENA VI.

Il suono delle trombe s’avvicina ognor più, finché dalla destra entra il DOGE seguito da PAOLO, PIETRO, Cacciatori, Guardie; AMELIA viene dalla sinistra con alquante DAMIGELLE.

DOGE Il nuovo dì festivo (a Paolo) Chiede presente alla cittade il doge. – Di qua partir convien. PAOLO Quando? DOGE Allo squillo Dell’ora. (ad un cenno il Corteggio s’avvia dalla destra.) PAOLO (da sè guardando Amelia) (Oh qual beltà!) (via) (Ad un cenno d’Amelia le Damigelle rientrano a sinistra.)

23 SCENA VII.

AMELIA e il DOGE.

DOGE Favella il doge Ad Amelia Grimaldi? AMELIA Così nomata sono. DOGE E gli esuli fratelli tuoi non punge Desio di patria? AMELIA Possente… ma… DOGE Intendo… A me inchinarsi sdegnano i Grimaldi… Così risponde a tanto orgoglio il doge… (le porge un foglio) AMELIA (leggendo) Che veggo!… il lor perdono? DOGE E denno a te della clemenza il dono. Dinne, perché in quest’eremo Tanta beltà chiudesti? Del mondo mai le fulgide Lusinghe non piangesti? Il tuo rossor mel dice… AMELIA T’inganni, io son felice… DOGE Agli anni tuoi l’amore… AMELIA Ah mi leggesti in core! Amo uno spirto angelico Che ardente mi riama… Ma di me acceso, un perfido L’or dei Grimaldi brama… DOGE Paolo! AMELIA Quel vil nomasti!… E poiché perdonasti Ai non fratelli miei, Dirò chi son… DOGE Chi sei? AMELIA Orfanella il tetto umile M’accogliea d’una meschina, Dove presso alla marina Sorge Pisa… DOGE In Pisa tu? AMELIA Grave d’anni quella pia Era solo a me sostegno; Io provai del ciel lo sdegno, Involata ella mi fu. Colla tremola sua mano Pinta effigie mi porgea, Le sembianze esser dicea Della madre ignota a me. Mi baciò, mi benedisse, Levò al ciel, pregando, i rai… Quante volte la chiamai L’eco sol risposta diè. DOGE (Se la speme, o ciel clemente, (da sè)

24 Ch’or sorride all’alma mia, Fosse sogno!… estinto io sia Della larva al disparir!) AMELIA (Come tetro a me dolente S’appressava l’avvenir!) DOGE Dinne… alcun là non vedesti? AMELIA Uom di mar noi visitava… DOGE E Giovanna si nomava Lei che i fati a te rapir?… AMELIA Sì. DOGE E l’effige non somiglia Questa? (trae dal seno un ritratto, lo porge ad Amelia, che fa altrettanto) AMELIA Uguali son!… DOGE Maria!… AMELIA Il mio nome!… DOGE Sei mia figlia. AMELIA Io… DOGE M’abbraccia, o figlia mia. AMELIA Padre, padre il cor ti chiama! Stringi al sen Maria che t’ama. DOGE Figlia!… a tal nome palpito Qual se m’aprisse i cieli… Un mondo d’ineffabili Letizie a me riveli; Qui un paradiso il tenero Padre ti schiuderà… Di mia corona il raggio Aureola tua sarà AMELIA Padre, vedrai la vigile Figlia a te sempre accanto; Nell’ora malinconica Asciugherò il tuo pianto… Non di regale orgoglio L’effimero splendor, Mi cingerà d’aureola Il raggio dell’amor. DOGE Ma sì teneri affetti a me, bersaglio A patrizio livor, mostrar non lice. AMELIA Io nel mistero ancor vivrò felice. (accompagnata dal Doge fino alla soglia, entra nella stanza a sinistra.)

SCENA VIII.

DOGE e PAOLO dalla destra.

PAOLO Che rispose? DOGE Rinunzia ogni speranza. PAOLO Doge, nol posso!… DOGE Il voglio. (entra nelle stanze di Amelia.) PAOLO Il vuoi!… scordasti che mi devi il soglio?

25 SCENA IX.

PAOLO e PIETRO dalla destra.

PIETRO Che disse? PAOLO A me negolla. PIETRO Che pensi tu? PAOLO Rapirla. PIETRO Come? PAOLO Sul lido a sera La troverai solinga… Si tragga al mio naviglio; Di Lorenzin si rechi Alla magion. PIETRO S’ei nega? PAOLO Digli che so sue trame, E presterammi aita… Tu gran mercede avrai… PIETRO Ella sarà rapita. (escono da opposte parti.)

SCENA X.

VASTA PIAZZA DI GENOVA.

Di fronte è il porto con legni pavesati. Più lontano a destra veggonsi colline con castelli e palazzi. A destra e sinistra, ricchi fabbricati sostenuti da fughe d’archi con balconi ornati a festa, dai quali leggiadre donne assistono alla solennità. Nel fondo a destra è una larga via; a sinistra ampia scalea per cui salesi a grandioso palazzo; presso alla bocca d’opera è un palco riccamente addobbato. Si festeggia l’anniversaria ricorrenza dell’incoronazione di Boccanegra.

All’alzar della tela la piazza è innondata da popolo d’ogni ordine che lietamente vi si aggira, portando bandiere, palme, verdi rami, e cantando il seguente Coro, finché giungono il DOGE e la Corte.

CORO GENERALE

CORO I A festa! (incontrandosi) CORO II A festa, o Liguri… Splende sereno il giorno! TUTTI Già cinque lustri corsero Che d’ogni gloria adorno Siede Simon sul trono! … CORO I A festa! … CORO II Udite! TUTTI Un suono Di giubilo dal mar! … (tutti vanno al mare) CORO Sull’arpe, sulle cetere (da lontano avvicinandosi) Tempriam soavi accenti… L’eco di tanto giubilo Partin sull’ale i venti…

26 (Arriva una barca con Giovanette in festivi abbigliamenti.) Nembi di mirto e fiori Tra festeggianti cori Copran la terra e il mar. (Scendono a terra e vanno ad incontrare il DOGE, che seguito dai Senatori, da PAOLO, PIETRO e dalla sua corte viene dalla scalea, e va a prender posto sul destinato palco, mentre il Popolo con entusiasmo lo accoglie, e le Dame dalle finestre agitano bianchi lini, e gettano fiori sul suo passaggio.)

TUTTI Viva Simon!.. di Genova Amor, sostegno e gloria; Tu sei di guerra il fulmine, Il sol della vittoria! Delle tue gesta il grido Al più remoto lido Va ripetendo il mar. (Il DOGE seduto, compariscono Prigioni e Donne africane, che formano gruppi e danze di carattere, mentre si canta:) UOMINI Prode guerrier, qui sfolgori Ne’ ludi il tuo valore. DONNE Intreccia, o figlia d’Africa, La danza dell’amore… TUTTI Letizia di carole Agguagli i rai del sole Che scherzano col mar. (La comune gioia è improvvisamente interrotta da grida.) VOCI Tradimento! (interne) CORO Quai grida!… VOCI (interne e più presso) Tradimento!

SCENA X

DETTI e GABRIELE ch’entra con pugnale sguainato, seguito da FIESCO e da alcuni Servi.

DOGE Chi sei tu che brandisci il pugnale? GABRIELE Qui prorompo tua infamia a scoprir. Accoglienza tradivi ospitale, Festi Amelia a’ tuoi sgherri rapir. DOGE Forsennato! GABRIELE M’oltraggi. DOGE Tu menti. GABRIELE Osi Adorno nomar menzognero? FIESCO (Vien – l’impresa de’ Guelfi cimenti.) (a Gabriele a parte) CORO Qual si svolge improvviso mistero! (tra loro) DOGE Ov’è Amelia? (piano a Paolo) PAOLO Nol so. (piano al Doge) DOGE La tua vita (come sopra) Pagherà, se lei tosto non rendi. PAOLO Doge!… (come sopra) DOGE (a Gabriele) Tu che la vergin difendi

27 Va… t’assolvo… GABRIELE Rifiuto… qui sto; E alla Ligure gente t’accuso… A me ardisci parlar di perdono?… Un pirata s’asside sul trono… Sì, costui vergin casta involò. ANDREA (Ah sei perduto!) (piano a Gabriele) GABRIELE Il Doge è infame… ANDREA (come sopra a Gabriele) Cessa. DOGE Folle!…

SCENA XII.

DETTI ed AMELIA, che viene frettolosa dalla destra.

AMELIA Il doge è innocente… TUTTI Amelia!… dessa!! AMELIA (Egli è salvo!… o ciel respiro! (fissando Gabriele) Lo perdea l’ardente affetto… Dal periglio il mio diletto Io col pianto involerò.) DOGE (Ella è salva! alfin respiro! (fissando Amelia) Per due volte l’alma mia Sì bell’angelo smarria, Per due volte il ritrovò!) GABRIELE (Ella è salva! alfin respiro! (fissando Amelia) Come fulmine il mio brando Sulla fronte del nefando Rapitore piomberà.) PAOLO E PIETRO (Ella è salva!… a sue promesse (tra loro) Fu Lorenzo mentitore!… Maledetto traditore, Duro fio ne pagherà.) ANDREA E CORO (Ella è salva!… ma chi osava (tra loro) Oltraggiar quel vergin fiore? Maledetto il traditore!… Per lui taccia in cor pietà.) DOGE Amelia, di’ tu come fosti rapita, E come al periglio potesti campar. AMELIA Nell’ora soave, che all’estasi invita Soletta men givo sul lito del mar. Mi cingon tre sgherri, m’accoglie un naviglio… CORO Orror! AMELIA Soffocati non valsero i gridi… Io svenni, e al novello dischiuder del ciglio Lorenzo in sue stanze presente mi vidi… CORO Lorenzo! AMELIA Mi vidi prigion dell’infame! Io ben di quell’alma sapea la viltà. Al doge, gli dissi, fien note tue trame,

28 Se a me sull’istante non dai libertà. Confuso di tema, mi schiuse le porte… Salvarmi l’audace minaccia poteo… CORO Al vile Lorenzo la morte, la morte! AMELIA Non egli è di tanto misfatto il più reo; Io, salva, promisi serbargli la vita. DOGE Ch’ei viva, ma tosto da Genova in bando. GABRIELE Or noma l’iniquo che t’ebbe rapita… AMELIA Al doge dirollo… CORO A tutti… DOGE Comando, Tacete! TUTTI Giustizia, giustizia tremenda, Gridiam palpitanti di sacro furor. Del ciel, della terra l’anatema scenda Sul capo esecrato del vil traditor! (Quadro e cade la tela.)

Fine dell’Atto Primo

Giuseppe Bertoja, Palazzo de’ Grimaldi fuori di Genova. Bozzetto per il Simon Boccanegra (Atto I). Prima rappresentazione assoluta al Teatro La Fenice di Venezia, 12 marzo 1857. (Venezia, Museo Correr).

29 Atto Secondo

PALAZZO DUCALE IN GENOVA.

Ricco salone. Alla sinistra una porta che dà sul foro. Vicino al prosceno un’uscio nascosto. Alla destra un’uscio che mette alle sale interne. Nel fondo un lungo e largo terrazzo, fuor del quale si vede la piazza . A mezza scena a destra seggiolone, tavola coll’occorrente per iscrivere.

SCENA I.

PAOLO e PIETRO.

PAOLO (a Pietro, traendolo verso il terrazzo.) Quei due vedesti? PIETRO Sì. PAOLO Li traggi tosto Qui prigionieri per l’adito ascoso, Che questa chiave schiuderà. PIETRO T’intesi.

SCENA II.

PAOLO solo.

PAOLO O doge ingrato!… ch’io rinunci Amelia E i suoi tesori?… fra tre dì a me il bando? A me cui devi il trono?… Tre giorni troppi alla vendetta sono.

SCENA III.

DETTO, ANDREA e GABRIELE dalla destra fra soldati, che ad un cenno di PAOLO si ritirano.

FIESCO Prigioniero in qual loco mi trovo? PAOLO Nelle stanze del doge, e favella A te Paolo. FIESCO Tal nome m’è nuovo. PAOLO Io so il nome che celasi in te. Tu sei Fiesco. FIESCO Che parli?… PAOLO Al cimento Preparasti de’ Guelfi la schiera? FIESCO Io… PAOLO Ma vano fia tanto ardimento! Questo doge, abborrito da me Quanto voi l’abborrite, v’appresta Nuovo scempio…

30 FIESCO Mi tendi un agguato. PAOLO Un agguato?… Di Fiesco la testa Il tiranno segnata non ha?… Io t’insegno vittoria. – FIESCO A qual patto? PAOLO Trucidarlo qui, mentre egli dorme… Fiesco Osi a Fiesco proporre un misfatto? PAOLO Tu rifiuti? FIESCO Sì. PAOLO Stolido: – Va. FIESCO (parte dalla destra; Gabriele fa per seguirlo, ma è arrestato da Paolo.)

SCENA IV

PAOLO e GABRIELE.

PAOLO Udisti? GABRIELE Vil disegno! PAOLO Amelia dunque mai tu non amasti? GABRIELE Che dici? PAOLO È qui. GABRIELE Qui Amelia!… PAOLO E del vegliardo Segno è alle infami dilettanze. GABRIELE Astuto Dimon, cessa… PAOLO (corre a chiuder la porta.) GABRIELE Che fai? PAOLO Da qui ogni varco t’è conteso. – Ardisci Il colpo… O sepoltura Avrai fra queste mura. (parte frettoloso dalla sinistra porta, che si chiude dietro.)

SCENA V

GABRIELE solo.

O inferno!… Amelia qui!… L’ama il vegliardo!… E il furor che m’accende M’è conteso sfogar!… Tu m’uccidesti Il padre… tu m’involi il mio tesoro… Trema, iniquo… già troppa era un’offesa – Doppia vendetta hai sul tuo capo accesa. Sento avvampar nell’anima Furente gelosia; Tutto il suo sangue spegnerne L’incendio non potria; S’ei mille vite avesse, Se mieterle potesse D’un colpo il mio furor,

31 Non sarei sazio ancor. Che parlo! … Ohimè! … deliro! … Piango! … pietà, gran Dio, del mio martiro! … Pietoso cielo, rendila, Rendila a questo core, Pura siccome l’angelo Che veglia al suo pudore; Ma se una nube impura Tanto candor m’oscura, Privo di sue virtù, Ch’io non la vegga più.

SCENA VI.

DETTO ed AMELIA dalla sinistra.

AMELIA Tu qui?… GABRIELE Amelia! AMELIA Chi il varco t’apria? GABRIELE E tu come qui? AMELIA Io… GABRIELE Ah sleale. AMELIA Ah crudele!… GABRIELE Il tiranno ferale… AMELIA Il rispetta… GABRIELE Egli t’ama… AMELIA D’amor Santo… GABRIELE E tu? AMELIA L’amo al pari… GABRIELE E t’ascolto, Né t’uccido? AMELIA Infelice!… mel credi, Pura io sono… GABRIELE Favella… AMELIA Concedi Che il segreto non aprasi ancor. GABRIELE Parla – in tuo cor virgineo Fede all’amante rendi – Il tuo silenzio è funebre Vel che su me distendi. Dammi la vita o il feretro, Sdegno la tua pietà. AMELIA Sgombra dall’alma il dubbio… Santa nel petto mio L’immagin tua s’accoglie Come nel tempio Iddio. No, procellosa tenebra Un ciel d’amor non ha. (s’ode uno squillo) AMELIA Il Doge vien – Scampo non hai – T’ascondi!

32 GABRIELE No. AMELIA Il patibol t’aspetta. GABRIELE Io non lo temo. AMELIA Nell’ora stessa teco avrò morte… Se non ti muove di me pietà. GABRIELE Di te pietade?… (tra se) (Lo vuol la sorte… Si compia il fato… Egli morrà…) AMELIA (nasconde Gabriele sul terrazzo.)

SCENA VII.

AMELIA e il DOGE, ch’entra dalla destra leggendo un foglio.

DOGE Figlia? AMELIA Sì afflitto, o padre mio? DOGE T’inganni… Ma tu piangevi. AMELIA Io… DOGE La cagion m’è nota Delle lagrime tue… Già mel dicesti… Ami; e se degno fia Di te l’eletto del tuo core… AMELIA O padre, Fra’ Liguri il più prode, il più gentile… DOGE Il noma. AMELIA Adorno… DOGE Il mio nemico! AMELIA Padre!… DOGE Vedi qui scritto il nome suo?… congiura Coi Guelfi… AMELIA Ciel!… perdonagli!… DOGE Nol posso. AMELIA Con lui morrò… DOGE L’ami cotanto? AMELIA Io l’amo Di pura inestinguibil fiamma. O al tempio Con lui mi guida, o sopra entrambi cada La scure del carnefice… DOGE O crudele Destino! O dileguate mie speranze! Una figlia ritrovo; ed un nemico A me la invola… Ascolta: S’ei ravveduto… AMELIA Il fia… DOGE Forse il perdono Allor… AMELIA Padre adorato!… DOGE Ti ritraggi – Attender qui degg’io l’aurora… AMELIA Lascia

33 Ch’io vegli al fianco tuo… DOGE No, ti ritraggi… AMELIA Padre! … DOGE Il voglio… AMELIA (entrando nella segreta) Gran Dio! come salvarlo? (annotta.)

SCENA VIII.

DOGE e GABRIELE nascosto.

DOGE Doge! – Ancor proveran la tua clemenza I traditor?… No, di paura segno Fora il perdono… Ahimè la mente oppressa… (siede) Stanche le membra… ciel!… mi vince il sonno… Oh Amelia… ami… un nemico… (s’addorme) GABRIELE (entra con precauzione, s’avvicina al Doge e lo contempla.) Sento ritegno?… È riverenza o tema?… Vacilla il mio voler?… Tu dormi, o veglio, Del padre mio carnefice, tu mio Rival… Figlio d’Adorno! … la paterna Ombra ti chiama vindice… (brandisce un pugnale e va per trafiggere il Doge; ma Amelia rientrata va rapidamente a porsi tra esso ed il padre.)

SCENA IX.

DETTI ed AMELIA.

AMELIA Insensato! Vecchio inerme il tuo braccio colpisce? GABRIELE Tua difesa mio sdegno raccende. AMELIA Santo, il giuro, è l’amor che ci unisce, Né alle nostre speranze contende. GABRIELE Che favelli?… DOGE (destandosi) Ah!… AMELIA Nascondi il pugnale, Vien… ch’ei t’oda… GABRIELE Prostrarmi al suo piede? DOGE (entra improvvisamente tra loro, dicendo a Gabriele:) Ecco il petto… colpisci, sleale! GABRIELE Sangue il sangue d’Adorno ti chiede. DOGE E fia ver?… Chi t’aprì queste porte? AMELIA Non io. GABRIELE Niun quest’arcano saprà. DOGE Il dirai fra tormenti… GABRIELE La morte, Tuoi supplizi non temo. AMELIA Ah pietà! DOGE Ah quel padre tu ben vendicasti, Che da me contristato già fu…

34 Un celeste tesor m’involasti… La mia figlia… GABRIELE Suo padre sei tu!!! Perdono, Amelia – Indomito Geloso amor fu il mio… Doge, il velame squarciasi… Un assassin son io… Dammi la morte; il ciglio A te non oso alzar. AMELIA (Madre, che dall’empireo Proteggi la tua figlia, Del genitore all’anima Meco pietà consiglia… Ei si rendea colpevole Solo per troppo amor.) DOGE (Deggio salvarlo e stendere La mano all’inimico? Sì – pace splenda ai Liguri, Si plachi l’odio antico; Sia d’amistanze italiche Il mio sepolcro altar.) CORO All’armi, all’armi, o Liguri, (interno) Patrio dover v’appella - Scoppiò dell’ira il folgore; È notte di procella. Le Guelfe spade cingano Di tirannia lo spalto - Del coronato veglio, Su, alla magion, l’assalto. AMELIA Quai gridi?… (corre alla finestra) GABRIELE I tuoi nemici… DOGE Il so.

AMELIA S’addensa Il popolo. DOGE (a Gabriele) T’unisci a’ tuoi… GABRIELE Che pugni Contro di te?… mai più. DOGE Dunque messaggio Ti reca lor di pace e di perdono… GABRIELE Teco a pugnar ritorno, Se la clemenza tua non li disarmi. DOGE Questo è il tuo premio. (accennando Amelia) AMELIA Oh padre! VOCI All’armi! GABRIELE E DOGE All’armi! GABRIELE (esce e cade la tela.)

Fine dell’Atto Secondo Atto Terzo

35 Giuseppe Bertoja. Bozzetto di interno (forse non realizzato) per il Simon Boccanegra. Prima rappresenta- zione assoluta al Teatro La Fenice di Venezia, 12 marzo 1857. (Venezia, Museo Correr).

36 Scena come nell’Atto Secondo. Le tende sono tirate sui veroni del fondo. Una lucerna arde sulla tavola.

SCENA I.

Il DOGE entra dalla sinistra seguito da GABRIELE, PAOLO, PIETRO, SENATORI, Scudieri, Paggi, ec. ec.

SENATORI Doge, a’ tuoi passi è scorta Il sol della vittoria; Fronda di nuova gloria Aggiungi ai colti allor. POPOLO Fra i procellosi nembi (dalla piazza) Delle fraterne offese, Doge, per te s’accese, Astro serenator. DOGE Brando guerrier nella mia destra splende; La vostra quel della giustizia impugni. (poi a Gabriele) Tu vieni al tempio, ove alla tua prodezza Degna mercè t’aspetta. PIETRO (a Paolo a parte) Fa cor, tutto disposi. PAOLO Alfin l’ora suonò della vendetta! … (Tutti, meno Paolo, escono dalla destra.)

SCENA II.

PAOLO, poi FIESCO dalla sinistra.

CORO Dal sommo delle sfere Proteggili, o Signor; Di pace sien foriere Le nozze dell’amor. PAOLO Oh mio furor!… perduta io l’ho per sempre!… (apre la porta ed introduce FIESCO, cui dice:) Io la promessa tenni – Ecco le stanze Del doge… E i tuoi ch’esser dovean qui teco Ove sono? FIESCO Nol so… Fuggian… PAOLO Fuggiamo Noi pur… FIESCO Fuggir!… PAOLO Se complice alla morte Del doge qui segnato esser non vuoi? FIESCO La morte!… Che dicesti?…. PAOLO Veleno ardente… FIESCO Infame! PAOLO Vendicati Siam tutti… FIESCO Orror!… va’… fuggi.

37 PAOLO E tu? FIESCO Qui resto. PAOLO Io co’ tuoi riederò. (esce dalla sinistra.)

SCENA III.

FIESCO solo.

FIESCO Simon, non questa Vendetta io chiesi – D’altra fine degno Eri… Al sospetto di cotanta infamia Saprà sottrarmi morte… (si ritira nel fondo.)

SCENA IV.

DETTO e DOGE, seguito da PIETRO dalla destra.

DOGE M’ardon le tempia – Un fuoco io sento Serpeggiar per le vene… Alle marine Aure il veron dischiudi. PIETRO (alza le tende, e si vede la piazza illuminata.) DOGE Qual fulgore? PIETRO La tua vittoria il popolo festeggia. DOGE Chi turbar degli estinti osa la pace? E schernisce ai caduti?… Va’ – comando – Questa luce s’estingua. (Pietro esce dalla sinistra.)

SCENA V.

DOGE e FIESCO nel fondo.

DOGE Oh refrigerio! … la marina brezza! … Il mare!… il mare!… quale in rimirarlo Di glorie e di sublimi rapimenti Mi si affaccian ricordi! – Il mare!… il mare!… Perché in suo grembo non trovai la tomba? FIESCO Era meglio per te! (avvicinandosi) DOGE Chi osò inoltrarsi?… FIESCO Chi te non teme. DOGE (verso la destra chiamando:) Guardie? FIESCO Invan le appelli… Non son qui i sgherri tuoi – M’ucciderai, ma pria m’odi… DOGE Che vuoi? FIESCO Delle fauci festanti al barlume Cifre arcane, funebri vedrai – Tua sentenza la mano del nume Sopra queste pareti vergò.

38 Di tua stella s’eclissano i rai; La tua porpora in brani già cade; Vincitor fra le larve morrai Cui la tomba tua scure negò. (I lumi cominciano a spegnersi nella piazza, per modo che allo spirare del Doge non ne arderà più alcuno.) DOGE Quale accento? FIESCO Lo udisti un’altra volta. DOGE Fia ver? – Risorgon dalle tombe i morti? FIESCO Non mi ravvisi tu? DOGE Fiesco!… FIESCO Simone, I morti ti salutano! DOGE Gran Dio!… FIESCO Compiuto alfin di quest’alma è il desio! FIESCO Come fantasima Fiesco t’appar, Antico oltraggio A vendicar. DOGE Di pace nunzio Fiesco sarà, Suggella un angelo Nostra amistà. FIESCO Che dici? DOGE Un tempo il tuo perdon m’offristi… FIESCO Io? DOGE Se a te l’orfanella concedea Che perduta per sempre allor piangea. – In Amelia Grimaldi a me fu resa, E il nome porta della madre estinta. FIESCO Cielo!… perché mi splende il ver sì tardi? DOGE Piangi?… Perché da me volgi gli sguardi? FIESCO Piango, perché mi parla In te del ciel la voce; Sento rampogna atroce Fin nella tua pietà. DOGE Vien, ch’io ti stringa al petto, O padre di Maria; Balsamo all’alma mia Il tuo perdon sarà. FIESCO Ahimé! morte sovrasta… un traditore Il velen t’apprestò. DOGE Tutto favella, Il sento, a me d’eternità… FIESCO Crudele Fato! DOGE Ella vien… FIESCO Maria… DOGE Taci, non dirle… Anco una volta benedirla voglio. (s’abbandona sul seggiolone.) SCENA ULTIMA

39 DETTI, MARIA, GABRIELE, SENATORI, Paggi con torcie, Scudieri, ec. ec.

MARIA Chi veggo!… (vedendo Fiesco) DOGE Vien… GABRIELE (Fiesco!) MARIA (a Fiesco) Tu qui! DOGE Deponi La meraviglia – In Fiesco il padre vedi Dell’ignota Maria, che ti diè vita. MARIA Egli?… Fia ver?… FIESCO Maria!… MARIA Oh gioia! Dunque Gli odii funesti han fine!… DOGE Tutto finisce, o figlia… MARIA Qual ferale Pensier t’attrista sì sereni istanti? DOGE Maria, coraggio… A gran dolor t’appresta… MARIA Quali accenti! Oh terror! (a Gabriele) DOGE Per me l’estrema Ora suonò! (sorpresa generale.) MARIA eGABRIELE Che parli?… DOGE Ma l’Eterno In tue braccia, o Maria, Mi concede spirar… MARIA eGABRIELE (cadendo a’ pie’ del Doge) Possibil fia?… DOGE (sorge e imponendo sul loro capo le mani solleva gli occhi al cielo, e dice:) Gran Dio li benedici Pietoso dall’empiro; A lor del mio martiro Cangia le spine in fior. MARIA No non morrai, l’amore Vinca di morte il gelo, Risponderà dal cielo Pietade al mio dolor. GABRIELE O padre, o padre, il seno Furia mi squarcia atroce… Come passò veloce L’ora del lieto amor! FIESCO Ogni letizia in terra È menzognero incanto, D’interminato pianto Fonte è l’umano cor. CORO Sì – piange, piange, è vero, Ognor la creatura; S’avvolge la natura, In manto di dolor! DOGE Senatori, sancite il voto estremo. – (i Senatori s’appressano) Questo serto ducal la fronte cinga Di Gabriele Adorno. – Tu, Fiesco, compi il mio voler… Maria!!! (spira) MARIA eGABRIELE Oh padre! … (s’inginocchiano davanti al cadavere)

40 FIESCO (s’avvicina al verone circondato da’ Senatori e Paggi, che alzano le fiaccole:) Genovesi! … In Gabriele Adorno il vostro Doge or acclamate. – VOCI (dalla piazza) No – Boccanegra!!! FIESCO È morto… Pace per lui pregate! … (Esclamazione generale; lenti e gravi tocchi di campana; Fiesco e i Senatori s’inginocchiano; cade la tela.)

FINE

Giuseppe Bertoja, Palazzo Ducale di Genova. Bozzetto per il Simon Boccanegra (Atto II e III). Prima rappre- sentazione assoluta alla Fenice di Venezia, 12 marzo 1857. (Venezia, Museo Correr).

41 Arrigo Boito che collaborò con Verdi al rifacimento del libretto di Simon Boccanegra per la versione milanese al Teatro alla Scala (1881).

42 IL LIBRETTO

SIMON BOCCANEGRA melodramma in un prologo e tre atti di FRANCESCO MARIA PIAVE

[con aggiunte e modifiche di ARRIGO BOITO]

Milano, Teatro alla Scala, 1881

43 SIMON BOCCANEGRA

Personaggi

Prologo

SIMON BOCCANEGRA, corsaro al servizio della Repubblica genovese baritono JACOPO FIESCO, nobile genovese basso PAOLO ALBIANI, filatore d’oro genovese basso PIETRO, popolano di Genova baritono

Marinai, Popolo, Domestici di Fiesco ecc.

Dramma

SIMON BOCCANEGRA, primo Doge di Genova baritono MARIA BOCCANEGRA, sua figlia, sotto il nome di AMELIA GRIMALDI soprano JACOPO FIESCO, sotto il nome d’ANDREA basso GABRIELE ADORNO, gentiluomo genovese tenore PAOLO ALBIANI, cortigiano favorito del Doge basso PIETRO, altro cortigiano baritono UN CAPITANO dei balestrieri tenore UN’ANCELLA di Amelia mezzosoprano

Soldati, Marinai, Popolo, Senatori, Corte del Doge ecc.

L’azione è in Genova e sue vicinanze intorno alla metà del secolo XIV. N.B. Tra il Prologo ed il Dramma passano 25 anni.

44 PROLOGO SCENA TERZA

Detto e SIMONE che entra frettoloso. Una Piazza di Genova. Nel fondo, la chiesa di San Lorenzo. A destra, il SIMONE palazzo dei Fieschi, con gran balcone; nel muro Un amplesso… Che avvenne? – Da Savona di fianco al balcone è un’Immagine, davanti a Perché qui m’appellasti? cui arde un lanternino; a sinistra altre case. Va- rie strade conducono alla piazza. È notte. PAOLO (misteriosamente) All’alba eletto SCENA PRIMA Esser vuoi nuovo abate?

PAOLO e PIETRO in iscena, continuando un SIMONE discorso. Io?… no.

PAOLO PAOLO Che dicesti?… all’onor di primo abate Ti tenta Lorenzin, l’usuriere?… Ducal corona?

PIETRO SIMONE Altro proponi Vaneggi? Di lui più degno! PAOLO PAOLO (con intenzione) Il prode, che da’ nostri E Maria? Mari cacciava l’african pirata, E al ligure vessillo SIMONE Rese l’antica rinomanza altera. O vittima innocente Del funesto amor mio!… Dimmi, di lei PIETRO Che sai? Le favellasti?… Intesi… e il premio?… PAOLO PAOLO (additando il palazzo Fieschi) Oro, possanza, onore. Prigioniera Geme in quella magion… PIETRO Vendo a tal prezzo il popolar favore. SIMONE Maria! (si dan la mano; Pietro parte.) PAOLO Negarla Al Doge chi potria? SCENA SECONDA SIMONE PAOLO solo. Misera!

Aborriti patrizi, PAOLO Alle cime ove alberga il vostro orgoglio, Assenti? Disprezzato plebeo, salire io voglio.

45 SIMONE CORO Paolo… Sì.

PAOLO PIETRO Tutto disposi… e sol ti chiedo Un popolan… Parte ai perigli e alla possanza… CORO SIMONE Ben dici… ma fra i nostri Sia… Sai l’uom?

PAOLO PIETRO In vita e in morte? Sì.

SIMONE CORO Sia. E chi?… Risuoni il nome suo?…

PAOLO PAOLO S’appressa alcun… T’ascondi… (avanzandosi) Per poco ancor, mistero ne circondi. Simone Boccanegra.

(Simone s’allontana. Paolo si trae in disparte CORO presso il palazzo dei Fieschi.) Il Corsar?

PAOLO Sì… il Corsaro all’alto scranno… SCENA QUARTA CORO PAOLO, PIETRO, Marinai e Artigiani. È qui?

PIETRO PAOLO All’alba tutti qui verrete? Verrà.

CORO CORO Tutti. E i Fieschi?

PIETRO PAOLO Niun pei patrizi?… Taceranno.

CORO (Chiama tutti intorno a sé; quindi, indicando il Niuno. – A Lorenzino palazzo de’ Fieschi, dice loro con mistero:) Tutti il voto darem. L’altra magion vedete?… de’ Fieschi è PIETRO [l’empio ostello, Venduto è ai Fieschi. Una beltà infelice geme sepolta in quello; Sono i lamenti suoi la sola voce umana CORO Che risuonar s’ascolta nell’ampia tomba arcana. Dunque chi fia l’eletto? CORO PIETRO Già volgono più lune, che la gentil sembianza Un prode. Non allegrò i veroni della romita stanza; Passando ogni pietoso invan mirar desia

46 La bella prigioniera, la misera Maria. Era serbato a strazio D’infamia e di dolore. PAOLO Il serto a lei de’ martiri Si schiudon quelle porte solo al patrizio altero, Pietoso il cielo die’… Che ad arte si ravvolge nell’ombre del mistero. Resa al fulgor degli angeli, Ma vedi in notte cupa per le deserte sale Prega, Maria, per me. Errar sinistra vampa, qual d’anima infernale. (s’odono lamenti dall’interno del palazzo) CORO Par l’antro de’ fantasmi!… Oh qual orror!… DONNE È morta!… È morta!… a lei s’apron le sfere!… PAOLO Mai più!… mai più non la vedremo in terra!… Guardate, (si vede il riverbero d’un lume) UOMINI La fatal vampa appare… Miserere!… miserere!…

CORO (varie persone escono dal palazzo e, traversando Oh ciel!… mestamente la piazza, s’allontanano)

PAOLO V’allontanate. Si caccino i demoni col segno della croce… SCENA SESTA All’alba. Detto e SIMONE che ritorna in scena esultante. CORO Qui. SIMONE Suona ogni labbro il mio nome. – O Maria, PAOLO Forse in breve potrai Simon. Dirmi tuo sposo!… * Alcun veggo!… chi fia?

CORO (*scorge Fiesco) Simone ad una voce. FIESCO (partono) Simon?

SIMONE Tu! SCENA QUINTA FIESCO FIESCO esce dal palazzo. Qual cieco fato A oltraggiarmi ti traea?… (rivolto al palazzo) Sul tuo capo io qui chiedea A te l’estremo addio, palagio altero, L’ira vindice del ciel. Freddo sepolcro dell’angiolo mio!… Né a proteggerti io valsi!… Oh maledetto!… SIMONE (volgendosi all’Immagine) Padre mio, pietade imploro E tu, Vergin, soffristi Supplichevole a’ tuoi piedi… Rapita a lei verginal corona?… Il perdono a me concedi… Ma che dissi!… deliro!… ah, mi perdona! Il lacerato spirito FIESCO Del mesto genitore Tardi è omai.

47 SIMONE FIESCO Non sii crudel. Perché? Sublimarmi a lei sperai Sovra l’ali della gloria, SIMONE Strappai serti alla vittoria Rubella Per l’altare dell’amor! Sorte lei rapì…

FIESCO FIESCO Io fea plauso al tuo valore, Favella. Ma le offese non perdono… Te vedessi asceso in trono… SIMONE Del mar sul lido fra gente ostile SIMONE Crescea nell’ombra quella gentile; Taci… Crescea lontana dagli occhi miei, Vegliava annosa donna su lei. FIESCO Di là una notte varcando, solo Segno all’odio mio Dalla mia nave scesi a quel suolo. E all’anàtema di Dio Corsi alla casa… n’era la porta È di Fiesco l’offensor. Serrata, muta!

SIMONE FIESCO Pace… La donna?

FIESCO SIMONE No, – pace non fora Morta. Se pria l’un di noi non mora. FIESCO SIMONE E la tua figlia?… Vuoi col sangue mio placarti? (gli presenta il petto) SIMONE Qui ferisci… Misera, trista, Tre giorni pianse, tre giorni errò; FIESCO Scomparve poscia, né fu più vista, (ritraendosi con orgoglio) D’allora indarno cercata io l’ho. Assassinarti?… FIESCO SIMONE Se il mio desire compier non puoi Sì, m’uccidi, e almen sepolta Pace non puote esser tra noi! Fia con me tant’ira… Addio, Simone…

FIESCO (gli volge le spalle) Ascolta: Se concedermi vorrai SIMONE L’innocente sventurata Coll’amor mio Che nascea d’impuro amor, Saprò placarti. Io, che ancor non la mirai, Giuro renderla beata, FIESCO E tu avrai perdono allor. (freddo, senza guardarlo) No. SIMONE Nol poss’io!

48 SIMONE SIMONE M’odi. Eco d’inferno è questo!…

FIESCO Addio. SCENA SETTIMA (s’allontana, poi si arresta in disparte ad osservare) Detti, PAOLO, PIETRO, Marinai, Popolo d’ambo i sessi, con fiaccole accese. SIMONE Oh de’ Fieschi implacata, orrida razza! PAOLO ePIETRO E tra cotesti rettili nascea Doge il popol t’acclama! Quella pura beltà?… Vederla voglio… Coraggio! SIMONE (va alla porta del palazzo e batte tre colpi) Via fantasmi! Muta è la magion de’ Fieschi? Dischiuse son le porte!… PAOLO ePIETRO Quale mistero!… entriam. Che di’ tu?…

(entra nel palazzo) SIMONE Paolo!… Ah!… una tomba… FIESCO T’inoltra e stringi PAOLO Gelida salma. Un trono!

SIMONE FIESCO (comparisce sul balcone) (Doge Simon?… m’arde l’inferno in petto!… Nessuno!… qui sempre Silenzio e tenebra!… CORO (stacca il lanternino della Immagine, ed entra; Viva Simon, del popolo l’eletto!!! si ode un grido poco dopo) Maria!… Maria!… (s’alzano le fiaccole, le campane suonano a stor- mo… tamburi ecc… ed alle grida «Viva Simone» FIESCO cala il sipario.) L’ora suonò del tuo castigo…

SIMONE (esce dal palazzo, atterrito) È sogno!… Sì; spaventoso, atroce sogno il mio!

VOCI (da lontano) Boccanegra!…

SIMONE Quai voci!

VOCI (più vicine) Boccanegra!

49 ATTO P R I MO Se manca il cor che t’ama, Non empiono tua brama Oro, possanza, onor. Giardino de’ Grimaldi fuori di Genova. Alla sinistra, il palazzo; di fronte, il mare. AMELIA Spunta l’aurora. Ei vien!… l’amor M’avvampa in sen E spezza il fren SCENA PRIMA L’ansante cor!

AMELIA osservando l’orizzonte

Come in quest’ora bruna Sorridon gli astri e il mare! SCENA SECONDA Come s’unisce, o luna, All’onda il tuo chiaror! Detta e GABRIELE dalla destra. Amante amplesso pare Di due verginei cor! GABRIELE Anima mia! Ma gli astri e la marina Che pingono alla mente AMELIA Dell’orfana meschina?… Perché sì tardi giungi? La notte atra, crudel, Quando la ria morente GABRIELE Sclamò: ti guardi il ciel. Perdona, o cara… I lunghi indugi miei T’apprestano grandezza… O altero ostel, soggiorno Di stirpe ancor più altera, AMELIA Il tetto disadorno Pavento… Non obliai per te!… Solo in tua pompa austera GABRIELE Amor sorride a me. Che? (è giorno) S’inalba il ciel, ma l’amoroso canto AMELIA Non s’ode ancora!… L’arcano tuo conobbi… Ei mi terge ogni dì, come l’aurora A me il sepolcro appresti, La rugiada dei fior, del ciglio il pianto. Il patibolo a te!…

UNA VOCE GABRIELE (lontana) Che pensi? Cielo di stelle orbato, Di fior vedovo prato, AMELIA È l’alma senza amor. Io amo Andrea qual padre, il sai; AMELIA Pur m’atterrisce… In cupa Ciel!… la sua voce!… È desso!… Notte non vi mirai Ei s’avvicina!… oh gioia!… Sotto le tetre volte errar sovente «Tutto m’arride l’universo adesso!…» Torbidi, irrequïeti?

UNA VOCE GABRIELE (più vicina) Chi?

50 AMELIA SCENA TERZA Tu, e Andrea, E Lorenzino, ed altri… Detti, un’ANCELLA, quindi PIETRO.

GABRIELE ANCELLA Ah taci… il vento (entrando) Ai tiranni potria recar tai voci! Del Doge Parlan le mura… un delator s’asconde Un messagger di te chiede. Ad ogni passo… AMELIA AMELIA S’appressi. Tu tremi!… (l’Ancella esce) GABRIELE I funesti GABRIELE Fantasmi scaccia! (va per uscire) Chi sia veder vogl’io… AMELIA Fantasmi dicesti? AMELIA Vieni a mirar la cerula (fermandolo) Marina tremolante; T’arresta. Là Genova torreggia Sul talamo spumante; PIETRO Là i tuoi nemici imperano, (inchinandosi ad Amelia) Vincerli indarno speri… Il Doge, Ripara i tuoi pensieri Dalle cacce tornando di Savona, Al porto dell’amor. Questa magion visitar brama.

GABRIELE AMELIA Angiol che dall’empireo Il puote. Piegasti a terra l’ale, E come faro sfolgori (Pietro parte) Sul tramite mortale, Non ricercar dell’odio I funebri misteri; Ripara i tuoi pensieri SCENA QUARTA Al porto dell’amor. GABRIELE ed AMELIA. AMELIA (fissando a destra) GABRIELE Ah! Il Doge qui?

GABRIELE AMELIA Che mai fia! Mia destra a chieder viene.

AMELIA GABRIELE Vedi quell’uom?… qual ombra Per chi? Ogni dì appar. AMELIA GABRIELE Pel favorito suo. – D’Andrea Forse un rival! Vola in cerca… T’affretta… va’… prepara

51 Il rito nuzïal… mi guida all’ara. Ombra d’arcani l’amor mio! T’ascolto.

(a 2) ANDREA Amelia tua d’umile stirpe nacque. Sì, sì dell’ara il giubilo Contrasti il fato avverso, GABRIELE E tutto l’universo La figlia dei Grimaldi! Io sfiderò con te. Innamorato anelito ANDREA È del destin più forte; No – la figlia Amanti oltre la morte Dei Grimaldi morì tra consacrate Sempre vivrai con me. Vergini in Pisa. Un’orfana raccolta Nel chiostro il dì che fu d’Amelia estremo (Amelia entra nel palazzo) Ereditò sua cella…

GABRIELE SCENA QUINTA Ma come de’ Grimaldi Anco il nome prendea?… GABRIELE va per uscire dalla destra e incontra ANDREA . ANDREA De’ fuorusciti GABRIELE Perseguia le ricchezze il nuovo Doge; (Propizio giunge Andrea!) E la mentita Amelia alla rapace Man sottrarle potea. ANDREA Sì mattutino GABRIELE Qui?… L’orfana adoro!

GABRIELE ANDREA A dirti… Di lei sei degno.

ANDREA GABRIELE Che ami Amelia. A me fia dunque unita?

GABRIELE ANDREA Tu che lei vegli con paterna cura In terra e in ciel! A nostre nozze assenti? GABRIELE ANDREA Ah! tu mi dài la vita. Alto mistero Sulla vergine incombe. ANDREA Vieni a me, ti benedico GABRIELE Nella pace di quest’ora, E qual? Lieto vivi e fido adora L’angiol tuo, la patria, il ciel! ANDREA Se parlo GABRIELE Forse tu più non l’amerai. Eco pia del tempo antico, La tua voce è un casto incanto; GABRIELE Serberà ricordo santo Non teme De’ tuoi detti il cor fedel.

52 (squilli di trombe.) AMELIA Ecco il Doge. Partiam. Ch’ei non ti scorga. Possente… ma…

ANDREA DOGE Ah! Presto il dì della vendetta sorga! Intendo… A me inchinarsi sdegnano i Grimaldi… (partono) Così risponde a tanto orgoglio il Doge…

(le porge un foglio)

AMELIA SCENA SESTA (leggendo) Che veggo!… il lor perdono?

DOGE, PAOLO e seguito, poi AMELIA dal palazzo. DOGE E denno a te della clemenza il dono. DOGE Paolo. Dinne, perché in quest’eremo Tanta beltà chiudesti? Del mondo mai le fulgide PAOLO Lusinghe non piangesti? Signor. Il tuo rossor mel dice…

DOGE AMELIA Ci spronano gli eventi, T’inganni, io son felice… Di qua partir convien.

DOGE PAOLO Agli anni tuoi l’amore… Quando?

AMELIA DOGE Ah mi leggesti in core! Allo squillo Amo uno spirto angelico Dell’ora. Che ardente mi riama… (ad un cenno del Doge il corteggio s’avvia dalla Ma di me acceso, un perfido, destra) L’ôr de’ Grimaldi brama… (Oh qual beltà!)

DOGE Paolo!

SCENA SETTIMA AMELIA Quel vil nomasti!… E poiché tanta AMELIA e il DOGE. Pietà ti muove dei destini miei, Vo’ svelarti il segreto che m’ammanta… DOGE Non sono una Grimaldi!… Favella il Doge Ad Amelia Grimaldi? DOGE Oh ciel… chi sei?… AMELIA Così nomata io sono. AMELIA Orfanella il tetto umíle DOGE M’accogliea d’una meschina, E gli esuli fratelli tuoi non punge Dove presso alla marina Desio di patria? Sorge Pisa…

53 DOGE DOGE In Pisa tu? Maria!…

AMELIA AMELIA Grave d’anni quella pia Il mio nome!… Era solo a me sostegno; Io provai del ciel lo sdegno, DOGE Involata ella mi fu. Sei mia figlia. Colla tremola sua mano Pinta effigie mi porgea, AMELIA Le sembianze esser dicea Io… Della madre ignota a me. Mi baciò, mi benedisse, DOGE Levò al ciel, pregando, i rai… M’abbraccia, o figlia mia. Quante volte la chiamai L’eco sol risposta die’. AMELIA Padre, padre il cor ti chiama! DOGE Stringi al sen Maria che t’ama. (da sé) (Se la speme, o ciel clemente, DOGE Ch’or sorride all’alma mia, Figlia!… a tal nome io palpito Fosse sogno!… estinto io sia Qual se m’aprisse i cieli… Della larva al disparir!) Un mondo d’ineffabili Letizie a me riveli; AMELIA Qui un paradiso il tenero Come tetro a me dolente Padre ti schiuderà… S’appressava l’avvenir! Di mia corona il raggio La gloria tua sarà. DOGE Dinne… alcun là non vedesti?… AMELIA Padre, vedrai la vigile AMELIA Figlia a te sempre accanto; Uom di mar noi visitava… Nell’ora malinconica Asciugherò il tuo pianto… DOGE Avrem gioie romite E Giovanna si nomava Note soltanto al ciel; Lei che i fati a te rapir?… Io la colomba mite Sarò del regio ostel. AMELIA Sì. (Amelia accompagnata dal padre fino alla soglia, entra nel palazzo; il Doge la contempla DOGE estatico mentre ella si allontana) E l’effigie non somiglia Questa?

(trae dal seno un ritratto, lo porge ad Amelia, SCENA OTTAVA che fa altrettanto) DOGE e PAOLO dalla destra. AMELIA Uguali son! PAOLO Che rispose?

54 DOGE PIETRO Rinuncia a ogni speranza. Ella sarà rapita.

PAOLO (escono.) Doge, nol posso!…

DOGE SCENA DECIMA Il voglio. Sala del Consiglio nel Palazzo degli Abati. (entra nelle stanze d’Amelia) Il DOGE, seduto sul seggio ducale; da un lato, do- dici Consiglieri nobili; dall’altro lato, dodici Con- PAOLO siglieri popolani. Seduti a parte, quattro Consoli Il vuoi!… scordasti che mi devi il soglio? del mare e i Connestabili. PAOLO e PIETRO stanno sugli ultimi seggi dei popolani. Un Araldo.

DOGE SCENA NONA Messeri, il re di Tartaria vi porge Pegni di pace e ricchi doni e annunzia PAOLO e PIETRO dalla destra. Schiuso l’Eusin alle liguri prore. Acconsentite? PIETRO (entrando) TUTTI Che disse? Sì.

PAOLO DOGE A me negolla. Ma d’altro voto Più generoso io vi richiedo. PIETRO Che pensi tu? ALCUNI Parla. PAOLO Rapirla. DOGE La stessa voce che tuonò su Rienzi, PIETRO Vaticinio di gloria e poi di morte, Come? Or su Genova tuona. – Ecco un messaggio (mostrando uno scritto) PAOLO Del romito di Sorga, ei per Venezia Sul lido a sera Supplica pace… La troverai solinga… Si tragga al mio naviglio; PAOLO Di Lorenzin si rechi (interrompendolo) Alla magion. Attenda alle sue rime Il cantor della bionda Avignonese. PIETRO S’ei nega? TUTTI (ferocemente) PAOLO Guerra a Venezia! Digli che so sue trame, E presterammi aita… DOGE Tu gran mercede avrai… E con quest’urlo atroce Fra due liti d’Italia erge Caino

55 La sua clava cruenta! – Adria e Dalla plebe inseguito… accanto ad esso Hanno patria comune. Combatte un Guelfo. A me un araldo.

TUTTI PIETRO È nostra patria (sommesso) Genova. (Paolo, Fuggi o sei côlto.) (tumulto lontano) DOGE PIETRO (guardando Paolo che s’avvia) Qual clamor! Consoli del mare, Custodite le soglie! Olà, chi fugge ALCUNI È un traditor. D’onde tai grida? (Paolo confuso s’arresta) PAOLO (balzando e dopo essere accorso al verone) VOCI Dalla piazza de’ Fieschi. (in piazza) Morte ai patrizi! TUTTI (alzandosi) CONSIGLIERI NOBILI Una sommossa! (sguainando le spade) All’armi! PAOLO (è sempre alla finestra, lo ha raggiunto Pietro) VOCI Ecco una turba di fuggenti. (in piazza) Viva il popolo! DOGE Ascolta. CONSIGLIERI POPOLANI (il tumulto si fa più forte) (sguainando le spade) Evviva! PAOLO (origliando) Si sperdon le parole… DOGE E che? voi pure?

VOCI INTERNE Voi: qui!! vi provocate? Morte! VOCI PAOLO (in piazza) (a Pietro) Morte al Doge. È lui? DOGE DOGE (ergendosi con possente alterezza; sarà giunto (che ha udito ed è presso al verone) l’araldo) Chi? (Morte al Doge? Sta ben. – Tu, araldo, schiudi Le porte del palagio e annuncia al volgo PIETRO Gentilesco e plebeo ch’io non lo temo, Guarda. Che le minacce udii, che qui li attendo… Nelle guaine i brandi. DOGE (guardando) (ai Consiglieri, che ubbidiscono) Ciel! Gabriele Adorno

56 VOCI POPOLO (in piazza) Assassin! Armi! saccheggio! Fuoco alle case! GABRIELE Ei la Grimaldi ALTRE VOCI Avea rapita. Ai trabocchi! DOGE ALTRE (Orror!) Alla gogna! POPOLO DOGE Menti! Squilla la tromba dell’araldo… ei parla… (una tromba lontana. Tutti stanno attenti ori- GABRIELE gliando. Silenzio) Quel vile Tutto è silenzio… Pria di morir disse che un uom possente Al crimine l’ha spinto. UNO SCOPPIO DI GRIDA Evviva! PIETRO (a Paolo) VOCI (Ah! sei scoperto!) (più vicine) Evviva il Doge! DOGE (in agitazione) DOGE E il nome suo? Ecco le plebi! GABRIELE (fissando il Doge con tremenda ironia) T’acqueta! il reo si spense SCENA UNDICESIMA Pria di svelarlo.

Irrompe la folla dei popolani, i Consiglieri ecc. DOGE ecc., molte donne, alcuni fanciulli, il DOGE, Che vuoi dir? PAOLO, PIETRO. I Consiglieri nobili sempre divisi dai popolani. ADORNO e FIESCO afferrati dal GABRIELE popolo. (terribilmente) Pel cielo! POPOLO Uom possente tu se’! Vendetta! vendetta! Spargasi il sangue del fiero uccisor! DOGE (a Gabriele) DOGE Ribaldo! (ironicamente) Quest’è dunque del popolo la voce? GABRIELE Da lungi tuono d’uragan, da presso (al Doge, slanciandosi) Grido di donne e di fanciulli. – Adorno, Audace Perché impugni l’acciar? Rapitor di fanciulle!

GABRIELE ALCUNI Ho trucidato Si disarmi! Lorenzino.

57 GABRIELE AMELIA Empio corsaro incoronato! muori! Mi vidi prigion dell’infame! (divincolandosi e correndo per ferire il Doge) Io ben di quell’alma sapea la viltà. Al Doge, gli dissi, fien note tue trame, Se a me sull’istante non dài libertà. Confuso di tema, mi schiuse le porte… SCENA DODICESIMA Salvarmi l’audace minaccia potea…

AMELIA e detti. TUTTI Ei ben meritava, quell’empio, la morte. AMELIA (entrando ed interponendosi fra Gabriele e il AMELIA Doge) V’è un più nefando che illeso qui sta. Ferisci! TUTTI DOGE Chi dunque? Amelia! AMELIA TUTTI (fissando Paolo che sta dietro un gruppo di Amelia! persone) Ei m’ascolta… discerno le smorte AMELIA Sue labbra. O Doge… ah, salva… Salva l’Adorno tu. DOGE E GABRIELE Chi è dunque? DOGE (alle guardie che si sono impossessate di Ga- POPOLANI briele per disarmarlo) (minacciosi) Nessun l’offenda. Un patrizio. Cade l’orgoglio e al suon del suo dolore Tutta l’anima mia parla d’amore… NOBILI Amelia, di’ come tu fosti rapita (come sopra) E come al periglio potesti scampar. Un plebeo.

AMELIA POPOLANI Nell’ora soave che all’estasi invita (ai nobili) Soletta men givo sul lido del mar. Abbasso le spade! Mi cingon tre sgherri… m’accoglie un naviglio. AMELIA POPOLO Terribili gridi! Orror! NOBILI AMELIA (ai popolani) Soffocati non valsero i gridi. Abbasso le scuri! Io svenni e al novello dischiuder del ciglio Lorenzo in sue stanze presente mi vidi… AMELIA Pietà! TUTTI Lorenzo! DOGE (possentemente) Fratricidi!!!

58 Plebe! Patrizi! Popolo Che rasserena il mar. Dalla feroce storia! Erede sol dell’odio GABRIELE Dei Spinola dei D’Oria, (offrendo la spada al Doge) Mentre v’invita estatico Ecco la spada. Il regno ampio dei mari, Voi nei fraterni lari DOGE Vi lacerate il cor. Questa notte sola Piango su voi, sul placido Qui prigione sarai, finché la trama Raggio del vostro clivo, Tutta si scopra. – No, l’altera lama Là dove invan germoglia Serba, non voglio che la tua parola. Il ramo dell’ulivo. Piango sulla mendace GABRIELE Festa dei vostri fior, E sia! E vo gridando: pace! E vo gridando: amor! DOGE (con forza terribile) AMELIA Paolo! (a Fiesco) (Pace! lo sdegno immenso PAOLO Nascondi per pietà! (sbucando dalla folla, allibito) Pace! t’ispiri un senso Mio Duce! Di patria carità.) DOGE PIETRO (con tremenda maestà e con violenza sempre (a Paolo) più formidabile) (Tutto fallì, la fuga In te risiede Sia tua salvezza almen.) L’austero dritto popolar, è accolto L’onore cittadin nella tua fede: PAOLO Bramo l’ausiglio tuo… V’è in queste mura (a Pietro) Un vil che m’ode e impallidisce in volto, (No, l’angue che mi fruga Già la mia man l’afferra per le chiome. È gonfio di velen.) Io so il suo nome… È nella sua paura. Tu al cospetto del ciel e al mio cospetto GABRIELE Sei testimon. – Sul manigoldo impuro (Amelia è salva, e m’ama! Piombi il tuon del mio detto: Sia ringraziato il ciel! (con immensa forza) Disdegna ogn’altra brama Sia maledetto! e tu ripeti il giuro. L’animo mio fedel.) PAOLO FIESCO (atterrito e tremante) (O patria! a qual mi serba Sia maledetto… (Orror!) Vergogna il mio sperar! Sta la città superba TUTTI Nel pugno d’un corsar!) Sia maledetto!!!

CORO (fissando il Doge) Il suo commosso accento Sa l’ira in noi calmar; Vol di soave vento

59 ATTO SECONDO SCENA TERZA

DETTO, FIESCO e GABRIELE dalla destra, condotti Stanza del Doge nel Palazzo Ducale in Genova. da PIETRO, che si ritira. Porte laterali. Da un poggiolo si vede la città. Un tavolo: un’anfora e una tazza. – Annotta. FIESCO Prigioniero in qual loco m’adduci?

SCENA PRIMA PAOLO Nelle stanze del Doge, e favella PAOLO e PIETRO. A te Paolo.

PAOLO FIESCO (a Pietro, traendolo verso il poggiolo) I tuoi sguardi son truci… Quei due vedesti? PAOLO PIETRO Io so l’odio che celasi in te. Sì. Tu m’ascolta.

PAOLO FIESCO Li traggi tosto Che brami? Dal carcer loro per l’andito ascoso, Che questa chiave schiuderà. PAOLO Al cimento PIETRO Preparasti de’ Guelfi la schiera? T’intesi. FIESCO (esce) Sì.

PAOLO SCENA SECONDA Ma vano fia tanto ardimento! Questo Doge, aborrito da me PAOLO solo. Quanto voi l’abborrite, v’appresta Nuovo scempio… Me stesso ho maledetto! E l’anatèma FIESCO M’insegue ancor… e l’aura ancor ne trema! Mi tendi un agguato. Vilipeso… reietto Dal Senato e da Genova, qui vibro PAOLO L’ultimo stral pria di fuggir; qui libro Un agguato?… Di Fiesco la testa La sorte tua, Doge, in quest’ansia estrema. Il tiranno segnata non ha?… Tu, che m’offendi e che mi devi il trono, Io t’insegno vittoria. Qui t’abbandono al tuo destino FIESCO In quest’ora fatale… A qual patto? (estrae un’ampolla, ne vuota il contenuto nella tazza) PAOLO Qui ti stillo una lenta, altra agonia… Trucidarlo qui, mentre egli dorme… Là t’armo un assassino. Scelga morte sua via FIESCO Fra il tosco ed il pugnale. Osi a Fiesco proporre un misfatto?

60 PAOLO SCENA QUINTA Tu rifiuti? GABRIELE solo. FIESCO Sì O inferno! Amelia qui! L’ama il vegliardo! E il furor che m’accende PAOLO M’è conteso sfogar!… Tu m’uccidesti Al carcer ten va. Il padre… tu m’involi il mio tesoro… Trema, iniquo… già troppa era un’offesa, (Fiesco parte dalla destra; Gabriele fa per se- Doppia vendetta hai sul tuo capo accesa. guirlo, ma è arrestato da Paolo) Sento avvampar nell’anima Furente gelosia; Tutto il suo sangue spegnerne SCENA QUARTA L’incendio non potria; S’ei mille vite avesse, PAOLO e GABRIELE. Se mieterle potesse D’un colpo il mio furor, PAOLO Non sarei sazio ancor. Udisti? Che parlo!… Ohimè… deliro… Piango!… pietà, gran Dio, del mio martiro!… GABRIELE Pietoso cielo, rendila, Vil disegno! Rendila a questo core, Pura siccome l’angelo PAOLO Che veglia al suo pudore; Amelia dunque mai tu non amasti? Ma se una nube impura Tanto candor m’oscura, GABRIELE Priva di sue virtù, Che dici? Ch’io non la vegga più.

PAOLO È qui. SCENA SESTA

GABRIELE Qui Amelia? Detto ed AMELIA dalla sinistra.

PAOLO AMELIA E del vegliardo Tu qui?… Segno è alle infami dilettanze. GABRIELE GABRIELE Amelia! Astuto Dimon, cessa… AMELIA (Paolo corre a chiuder la porta di destra) Chi il varco t’apria? Che fai? GABRIELE PAOLO E tu come qui? Da qui ogni varco t’è conteso. – Ardisci Il colpo… O sepoltura AMELIA Avrai fra queste mura. Io…

(parte frettoloso dalla porta di sinistra, che si GABRIELE chiude dietro) Ah, sleale!

61 AMELIA Un ciel d’amor non ha. Ah crudele!… (s’ode uno squillo) Il Doge vien. Scampo non hai. T’ascondi! GABRIELE Il tiranno ferale… GABRIELE No. AMELIA Il rispetta… AMELIA Il patibol t’aspetta. GABRIELE Egli t’ama… GABRIELE Io non lo temo. AMELIA D’amor AMELIA Santo… Nell’ora stessa teco avrò morte… Se non ti move di me pietà. GABRIELE E tu? GABRIELE Di te pietade?… (tra sé) (Lo vuol la sorte… AMELIA Si compia il fato… Egli morrà…) L’amo al pari… (Amelia nasconde Gabriele sul poggiolo) GABRIELE E t’ascolto, Né t’uccido? SCENA SETTIMA

AMELIA Detta e il DOGE, ch’entra dalla destra leggendo Infelice!… mel credi, un foglio. Pura io sono… DOGE GABRIELE Figlia!… Favella… AMELIA AMELIA Sì afflitto, o padre mio? Concedi Che il segreto non aprasi ancor. DOGE T’inganni… GABRIELE Ma tu piangevi. Parla – in tuo cor virgineo Fede al diletto rendi – AMELIA Il tuo silenzio è funebre Io? Vel che su me distendi. Dammi la vita o il feretro, DOGE Sdegno la tua pietà. La cagion m’è nota Delle lagrime tue… Già mel dicesti… AMELIA Ami; e se degno fia Sgombra dall’alma il dubbio… Di te l’eletto del tuo core… Santa nel petto mio L’immagin tua s’accoglie AMELIA Come nel tempio Iddio. O padre, No, procellosa tenebra Fra’ Liguri il più prode, il più gentile…

62 DOGE DOGE Il noma. Ti ritraggi… Attender qui degg’io l’aurora… AMELIA Adorno… AMELIA Lascia DOGE Ch’io vegli al fianco tuo… Il mio nemico! DOGE AMELIA No, ti ritraggi… Padre!… AMELIA DOGE Padre!… Vedi qui scritto il nome suo?… congiura Coi Guelfi… DOGE Il voglio… AMELIA Ciel!… perdonagli!… AMELIA (entrando a sinistra) DOGE (Gran Dio! come salvarlo?) Nol posso.

AMELIA Con lui morrò… SCENA OTTAVA

DOGE Il DOGE e GABRIELE nascosto. L’ami cotanto? DOGE AMELIA Doge! ancor proveran la tua clemenza L’amo I traditori? Di paura segno D’ardente, d’infinito amor. O al tempio Fora il castigo. – M’ardono le fauci. Con lui mi guida, o sovra entrambi cada (versa dall’anfora nella tazza e beve) La scure del carnefice… Perfin l’onda del fonte è amara al labbro Dell’uom che regna… O duol… la mente è DOGE [oppressa… O crudele Stanche le membra… ahimè… mi vince il sonno Destino! O dileguate mie speranze! (siede) Una figlia ritrovo; ed un nemico Oh! Amelia… ami… un nemico… A me la invola… Ascolta: S’ei ravveduto… (s’addormenta)

AMELIA Il fia… GABRIELE (entra con precauzione, s’avvicina al Doge e lo DOGE contempla) Forse il perdono Ei dorme!… quale Allor… Sento ritegno?… È reverenza o tema?… Vacilla il mio voler?… Tu dormi, o veglio, AMELIA Del padre mio carnefice, tu mio Padre adorato! Rival!… Figlio d’Adorno!… la paterna Ombra ti chiama vindice.

63 (brandisce un pugnale e va per trafiggere il DOGE Doge, ma Amelia, che era ritornata, va Il dirai fra i tormenti… rapidamente a porsi tra esso e il padre) GABRIELE La morte, Tuoi supplizi non temo. SCENA NONA AMELIA Detti e AMELIA. Ah pietà!

AMELIA DOGE Insensato! Ah, quel padre tu ben vendicasti, Vecchio inerme il tuo braccio colpisce? Che da me contristato già fu… Un celeste tesor m’involasti… GABRIELE La mia figlia… Tua difesa mio sdegno raccende. GABRIELE AMELIA Suo padre sei tu!!! Santo, il giuro, è l’amor che ci unisce, Perdono, Amelia. Indomito, Né alle nostre speranze contende. Geloso amor fu il mio. Doge, il velame squarciasi… GABRIELE Un assassin son io… Che favelli?… Dammi la morte; il ciglio A te non oso alzar. DOGE (destandosi) AMELIA Ah! (Madre, che dall’empireo Proteggi la tua figlia, AMELIA Del genitore all’anima Nascondi il pugnale! Meco pietà consiglia… Vien… ch’ei t’oda… Ei si rendea colpevole Solo per troppo amor.) GABRIELE Prostrarmi al suo piede? DOGE (D’egg’io salvarlo e stendere DOGE La mano all’inimico? (entra improvvisamente fra loro, dicendo a Sì, pace splenda ai Liguri, Gabriele) Si plachi l’odio antico, Ecco il petto… colpisci, sleale! Sia d’amistanze italiche Il mio sepolcro altar.) GABRIELE Sangue il sangue d’Adorno ti chiede. CORO INTERNO All’armi, all’armi, o Liguri, DOGE Patrio dover v’appella. E fia ver?… chi t’apria queste porte? Scoppiò dell’ira il folgore, È notte di procella. AMELIA Le guelfe spade cingano Non io. Di tirannia lo spalto; Del coronato veglio, GABRIELE Su, alla magion, l’assalto. Niun quest’arcano saprà.

64 AMELIA DOGE (corre al poggiolo) Dunque messaggio Quai gridi? Ti reca a lor di pace, E il sole di domani GABRIELE Non sorga a rischiarar fraterne stragi. I tuoi nemici… GABRIELE DOGE Teco a pugnar ritorno, Il so. Se la clemenza tua non li disarmi.

AMELIA DOGE (sempre alla finestra) (accennando Amelia) S’addensa Sarà costei tuo premio. Il popolo. GABRIELE E AMELIA DOGE O inaspettata gioia! (a Gabriele) T’unisci a’ tuoi… AMELIA O padre! GABRIELE Ch’io pugni DOGE E GABRIELE Contro di te?… mai più. (snudando le spade) All’armi!

65 ATTO TERZO Gli divora la vita.

FIESCO Interno del Palazzo Ducale. (a Paolo) Di prospetto, grandi aperture dalle quali si Infame! scorgerà Genova illuminata a festa: in fondo, il mare. PAOLO Ei forse Già mi precede nell’avel!… SCENA PRIMA CORO INTERNO UN CAPITANO dei balestrieri, con FIESCO, dalla (Dal sommo delle sfere destra, poi dalla sinistra PAOLO in mezzo alle Proteggili, Signor; guardie. Di pace sien foriere Le nozze dell’amor.) GRIDA (interne) PAOLO Evviva il Doge! Ah! orrore!! Quel canto nuzïal, che mi persegue, ALTRE GRIDA L’odi?… in quel tempio Gabriele Adorno Vittoria! Vittoria! Sposa colei ch’io trafugava…

CAPITANO FIESCO (rimettendo a Fiesco la sua spada) (sguainando la spada) Libero sei: ecco la spada. Amelia?! Tu fosti il rapitor?!… Mostro!! FIESCO E i Guelfi? PAOLO Ferisci. CAPITANO Sconfitti. FIESCO (trattenendosi) FIESCO Non lo sperar; sei sacro alla bipenne. O triste libertà! (a Paolo) (le guardie trascinano Paolo fuori di scena) Che?… Paolo?! Dove sei tratto?

PAOLO SCENA SECONDA (arrestandosi) All’estremo supplizio. FIESCO solo. Il mio demonio mi cacciò fra l’armi Dei rivoltosi e là fui côlto; ed ora Inorridisco!… no, Simon, non questa Mi condanna Simon; ma da me prima Vendetta chiesi, d’altra meta degno Fu il Boccanegra condannato a morte. Era il tuo fato. – Eccolo… il Doge. Alfine È giunta l’ora di trovarci a fronte! FIESCO Che vuoi dir? (si ritira in un angolo d’ombra)

PAOLO Un velen…, più nulla io temo,

66 SCENA TERZA Tua sentenza la mano del nume Sovra queste pareti vergò. Il DOGE: lo precede il CAPITANO con un trom- bettiere, FIESCO in disparte. Di tua stella s’eclissano i rai; La tua porpora in brani già cade; CAPITANO Vincitor fra le larve morrai (al verone) Cui la tomba tua scure negò. Cittadini! per ordine del Doge S’estinguano le faci e non s’offenda DOGE Col clamor del trionfo i prodi estinti. Quale accento?

(esce seguito dal trombettiere) FIESCO Lo udisti un’altra volta. DOGE M’ardon le tempia… un’atra vampa sento DOGE Serpeggiar per le vene… Ah! ch’io respiri Fia ver? – Risorgon dalle tombe i morti! L’aura beata del libero cielo! Oh refrigerio!… La marina brezza!… FIESCO Il mare!… il mare!… quale in rimirarlo Non mi ravvisi tu? Di glorie e di sublimi rapimenti Mi si affaccian ricordi! il mare!… il mare!… DOGE Perché in suo grembo non trovai la tomba!… Fiesco!

FIESCO FIESCO (avvicinandosi) Simone, Era meglio per te! I morti ti salutano!

DOGE DOGE Chi osò inoltrarsi?… Gran Dio!… Compiuto è alfin di quest’alma il desio! FIESCO Chi te non teme… FIESCO Come fantasima DOGE Fiesco t’appar, (verso la destra chiamando) Antico oltraggio Guardie? A vendicar.

FIESCO DOGE Invan le appelli… Di pace nunzio Non son qui i sgherri tuoi – Fiesco sarà, M’ucciderai, ma pria m’odi… Suggella un angelo Nostra amistà. FIESCO Che vuoi? FIESCO Che dici? (i lumi della città e del porto cominciano a spegnersi) DOGE Un tempo il tuo perdon m’offristi… FIESCO Delle faci festanti al barlume FIESCO Cifre arcane, funebri vedrai. Io?

67 DOGE SCENA ULTIMA Se a te l’orfanella concedea Che perduta per sempre allor piangea. Detti, MARIA, GABRIELE, Senatori, Dame, Gentil- In Amelia Grimaldi a me fu resa, uomini, Paggi con torce ecc. ecc. E il nome porta della madre estinta. MARIA FIESCO (vedendo Fiesco) Cielo!… perché mi splende il ver sì tardi? Chi veggo!…

DOGE DOGE Piangi?… Perché da me volgi gli sguardi?… Vien…

FIESCO GABRIELE Piango, perché mi parla (Fiesco!) In te del ciel la voce; Sento rampogna atroce MARIA Fin nella tua pietà. (a Fiesco) Tu qui! DOGE Vien, ch’io ti stringa al petto, DOGE O padre di Maria; Deponi Balsamo all’alma mia La meraviglia – In Fiesco il padre vedi Il tuo perdon sarà. Dell’ignota Maria, che ti die’ vita.

FIESCO MARIA Ahimè! morte sovrasta… un traditore Egli?… Fia ver? Il velen t’apprestò. FIESCO DOGE Maria!… Tutto favella, Il sento, a me d’eternità… MARIA Oh gioia! Dunque FIESCO Gli odii funesti han fine!… Crudele Fato! DOGE (grave) DOGE Tutto finisce, o figlia… Ella vien… MARIA FIESCO Qual ferale Maria… Pensier t’attrista sì sereni istanti?

DOGE DOGE Taci, non dirle… Maria, coraggio… A gran dolor t’appresta… Anco una volta benedirla voglio. MARIA E GABRIELE (s’abbandona sopra un seggiolone) Quali accenti! oh terror!

DOGE Per me l’estrema Ora suonò!

68 (sorpresa generale) DOGE T’appressa, o figlia… io spiro… MARIA E GABRIELE Stringi… il morente… al cor!… Che parli?… CORO DOGE Sì, – piange, piange, è vero, Ma l’Eterno Ognor la creatura; In tue braccia, o Maria, S’avvolge la natura Mi concede spirar… In manto di dolor!

MARIA E GABRIELE DOGE (cadendo ai piedi del Doge) Senatori, sancite il voto estremo – Possibil fia?… (i Senatori s’appressano) Questo serto ducal la fronte cinga DOGE Di Gabriele Adorno – (sorge e, imponendo sul loro capo le mani, Tu, Fiesco, compi il mio voler… Maria!!! solleva gli occhi al cielo e dice:) Gran Dio, li benedici (spira) Pietoso dall’empiro; A lor del mio martiro MARIA E GABRIELE Cangia le spine in fior. (s’inginocchiano davanti al cadavere) Oh padre! MARIA No, non morrai, l’amore FIESCO Vinca di morte il gelo; (s’avvicina al verone circondato da’ Senatori e Risponderà dal cielo Paggi, che alzano le fiaccole) Pietade al mio dolor. Genovesi!… In Gabriele Adorno il vostro Doge or acclamate. GABRIELE O padre, o padre, il seno VOCI Furia mi squarcia atroce… (dalla piazza) Come passò veloce No – Boccanegra!!! L’ora del lieto amor! FIESCO FIESCO È morto… Ogni letizia in terra Pace per lui pregate!… È menzognero incanto; D’interminato pianto (lenti e gravi tocchi di campana. Tutti s’in- Fonte è l’umano cor. ginocchiano.)

69 SIMON BOCCANEGRA IN BREVE

Le due versioni del Simon Boccanegra – ri- sbagliato». A differenza di Traviata, tutta- salenti, rispettivamente, al 1857 e al 1881 – via, al Boccanegra non arrise in seguito offrono la possibilità d’un interessante raf- una piena riabilitazione: non ne risultò in- fronto tra la prima maturità artistica di Ver- fatti complessivamente migliore l’acco- di e la sua tarda fase creativa. glienza nel resto d’Italia. Trionfò a Reggio La versione del ’57 fu il penultimo frutto Emilia e Napoli, piacque a Roma, crollò a della collaborazione con Francesco Maria Firenze e Milano. Le osservazioni della cri- Piave (conclusa nel 1862 dalla Forza del tica presente alla “prima” veneziana rias- destino), già autore di numerosi libretti sumono le principali perplessità suscitate: verdiani fra i quali Ernani, e Tra- la «Gazzetta privilegiata di Venezia» af- viata. La genesi del Simon Boccanegra ven- fermò essere la musica del Boccanegra ne dalla proposta per una nuova opera «troppo grande e severa», insomma «di avanzata a Verdi dalla dirigenza del Teatro quelle che non fanno subito colpo», non da La Fenice nella primavera 1856. Fu Verdi a ultimo perché caratterizzata da una «tinta scegliere il soggetto, mutuandolo dal dram- lugubre». Quest’ultima osservazione trovò ma omonimo scritto nel 1843 dal dramma- eco in altre voci, tutte rispettose del genio turgo spagnolo Antonio García Gutiérrez, verdiano, ma che lamentavano eccessive al cui repertorio aveva già attinto col Tro- «oscurità», «severità» ed «astrusità armoni- vatore. Quasi naturale fu il ricorso, per la che». Circolò persino una voce – con ogni stesura del libretto, a Piave (impiegato, nel probabilità infondata – che riferiva d’una medesimo periodo, come direttore di pal- organizzatissima claque ostile facente capo coscenico del teatro veneziano), il cui ruo- a Meyerbeer… lo fu prezioso anche come intermediario Che Verdi, con le sue scelte musicali, aves- col Teatro veneziano e con gli ambienti se frustrato radicate aspettative del pubbli- della censura. Al controllo sulla prepara- co, è fin troppo evidente; e tuttavia nessuno zione del libretto Verdi dovette attendere da se ne chiese, in fondo, il perché: la trama lontano, essendo costretto a Parigi da vicis- del Simone inscena una vicenda impernia- situdini legali; fu così che, all’insaputa di ta sulla tragica disumanità dell’odio politi- Piave, si avvalse anche della collaborazio- co, della sete di potere, del desiderio di ven- ne di Giuseppe Montanelli, patriota italiano detta e della ragion di stato. La carenza, in esule nella capitale francese in seguito alla quest’opera, di leggiadria e di epidermica condanna ai lavori forzati a vita per la par- piacevolezza è immediata conseguenza di tecipazione ai moti toscani del ’49. questo fondamentale aspetto del testo: a L’esito della prima rappresentazione (12 chiunque riconosca la primarietà della ra- marzo 1857) fu infelice. In una lettera alla gione drammaturgica – vale a dire la cen- contessa Maffei, Verdi stesso lo paragonò a tralità, per l’ideazione musicale, degli un precedente, clamoroso, insuccesso ve- eventi presentati in scena – la «tinta» oscu- neziano: «Il Boccanegra ha fatto a Venezia ra della musica verdiana sarebbe dovuta un fiasco quasi altrettanto grande che quel- apparire come una necessità non meno che lo della Traviata. Credeva di aver fatto assoluta. qualcosa di passabile, ma pare che mi sia Verdi restò affezionato al Boccanegra, ma

70 non fu impermeabile alle perplessità del più articolato nelle strutture organizzate e pubblico: il suo atteggiamento verso questo regolari della “scena”, ma in forme aperte lavoro mantenne qualche ambivalenza, ri- espanse ad unità strutturali corrispondenti scontrabile nelle espressioni ironico-affet- agli atti. Non molto dissimile, sotto questo tuose ad esso riservate («Gli ho voluto bene aspetto, era stata anche l’evoluzione di Ver- come si vuol bene al figlio gobbo», «Tavolo di, maturata anche grazie alle nuove espe- zoppo», «gambe storte«, «cane ben bastona- rienze nel genere del grand-opéra con Don to»). Significativo è che, in vista del succes- Carlos (1867) e Aida (1871). Tutto ciò non sivo Ballo in maschera, accantonasse per poteva non riflettersi anche sulla revisione «soverchia monotonia» progetti di lavori del Boccanegra, la cui struttura originaria caratterizzati da «punti di scena interessan- rientrava nel canone della tipica articolazio- tissimi, ma senza varietà», con «una corda ne in forma chiusa del melodramma italia- sola, elevata […] ma pur sempre la stessa»; no dell’Ottocento, e la cui rielaborazione, eppure il “caso” Boccanegra rimase per per contro, mirò in primis alla continuità del Verdi un capitolo non completamente chiu- discorso musicale. so: fu , nel 1879, a proporre Nel dettaglio, il più vistoso intervento ebbe l’idea d’una revisione, suscitando sulle pri- luogo nella seconda parte del primo atto: me il netto rifiuto del compositore («ho ri- qui inni e danze vennero sostituiti dalla tor- cevuto […] un grosso pacco che suppongo va scena del Consiglio e dall’impressionan- una partitura di Simone! Se […] verrete a S. te episodio della maledizione di Paolo. Agata di qui a sei mesi, un anno, due, tre, Complessivamente l’intervento comportò ta- ecc. la troverete intatta come me l’avete gli, sostituzioni (il giuramento fra Adorno e mandata. Vi dissi […] che detesto le cose Fiesco, ad esempio, venne sostituito dalla inutili»). benedizione di quest’ultimo), e anche mo- Convinto d’aver terminato la propria car- difiche nella strumentazione, nella cui arte riera creativa, Verdi riteneva «meglio finire Verdi s’era nel frattempo molto raffinato, coll’Aida e colla Messa [il , del soprattutto in forza dell’esperienza con i 1874] che con un arrangement»… Già dal due citati grand-opéra. 1880, tuttavia, era alle prese col nuovo Si- La nuova versione esordì con grande suc- mone. Trattandosi della prima collabora- cesso il 24 marzo 1881 alla Scala di Milano. zione con Boito (il librettista degli ultimi Nonostante la felice accoglienza, la fortuna due capolavori verdiani), la revisione rap- di quest’opera non fu, nemmeno nella nuo- presentò fra l’altro una sorta di prova gene- va veste, immediata e unanime: la definiti- rale in vista di , il cui libretto, frattan- va rinascita e consacrazione del Simone è to, Verdi aveva ricevuto (ma senza accetta- storia del Novecento; storia che – può forse re di prender alcun impegno). sorprendere – prese le mosse negli anni Nel tempo trascorso fra le due versioni gran- Trenta in Germania e di là si trasmise ai di cambiamenti erano intervenuti tanto nel- palcoscenici italiani ed internazionali. la concezione verdiana quanto nella storia dell’opera europea: Wagner aveva esplorato (GIANNI RUFFIN) la possibilità d’un dramma musicale non

71 Frontespizio della partitura di Simon Boccanegra. (Venezia, Archivio Storico del Teatro La Fenice).

72 STRUTTURA MUSICALE DELL’OPERA a cura di GILDO SALERNO

Venezia 1857 Milano 1881

SIMON BOCCANEGRA SIMON BOCCANEGRA Libretto in tre Atti e un Prologo Melodramma in un Prologo e tre Atti di FRANCESCO MARIA PIAVE di FRANCESCO MARIA PIAVE [con modifiche di GIUSEPPE MONTANELLI] [con aggiunte e modifiche di ARRIGO BOITO] musica di GIUSEPPE VERDI musica di GIUSEPPE VERDI

PROLOGO PROLOGO

1. Preludio 2. Recitativo, Racconto e Coro d’Introduzione 1. Introduzione, Scena e Coro Scena I «Che dicesti?… all’onor di primo abate» Scena I «Che dicesti?…all’onor di primo abate» Paolo, Pietro Paolo, Pietro Scena II «Aborriti patrizi» Paolo Scena II «Aborriti patrizi» Paolo Scena III «Un amplesso… Che avvenne? – Da Sa- Scena III «Un amplesso… Che avvenne? – Da Sa- vona» Paolo, Simone vona» Paolo, Simone Scena IV «All’alba tutti qui verrete?» Scena IV «All’alba tutti qui verrete?» Paolo, Pietro, Marinai, Artigiani Paolo, Pietro, Marinai, Artigiani 2a. Racconto di Paolo «L’atra magion vedete?» 1a. Racconto di Paolo «L’atra magion vedete?» Paolo, Coro Paolo, Coro 3. Recitativo e Romanza Fiesco 2. Aria Fiesco Scena V «A te l’estremo addio, palagio altero» e Scena V Aria« A te l’estremo addio, palagio alte- Romanza «Il lacerato spirito» Fiesco ro… Il lacerato spirito» Fiesco 4. Recitativo e Duetto Simone - Fiesco 3. Duetto Simone - Fiesco Scena VI «Suona ogni labbro il mio nome» Scena VI «Suona ogni labbro il mio nome» Simone Simone Duetto «Simon?… – Tu! – Qual cieco fato» Duetto «Simon?… – Tu! – Qual cieco fato» Fiesco, Simone Fiesco, Simone 5. Scena e Coro-Finale 4. Scena e Coro-Finale «Oh de’ Fieschi implacata, orrida razza!» Simone «Oh de’ Fieschi implacata, orrida razza!» Simone Scena VII «Doge il popol t’acclama!» Scena VII «Doge il popol t’acclama!» Paolo, Pietro, Simone, Fiesco, Marinai, Popolo Paolo, Pietro, Simone, Fiesco, Marinai, Popolo

ATTO PRIMO ATTO PRIMO

6. Scena e Cavatina Amelia 5. [Introduzione e] Aria Amelia Scena I e Cavatina «Come in quest’ora bruna» Scena I e Aria «Come in quest’ora bruna» Amelia Amelia «Cielo di stelle orbato - Ei vien!..l’amor»

73 «Cielo di stelle orbato» Gabriele, Amelia Gabriele (da fuori), Amelia 6a. Cabaletta «Il palpito deh frena» Amelia 6. Duetto Amelia - Gabriele 7. Duetto Amelia - Gabriele Scena II e Duetto «Anima mia! – Perché sì tardi Scena II e Duetto «Ti veggo alfin – Perché sì tardi giungi?… Vieni a mirar la cerula» giungi?… Vieni a mirar la cerula» Gabriele, Amelia Amelia, Gabriele Scena III «Del Doge/ Un messagger» Scena III «Del Doge/ Un messagger» Ancella, Amelia, Gabriele, Pietro Servo, Amelia, Gabriele, Pietro Scena IV «Il Doge qui? – Mia destra a chieder vie- Scena IV «Il Doge qui? – Mia destra a chieder vie- ne… Sì, sì dell’ara il giubilo» ne… Sì, sì dell’ara il giubilo» Gabriele, Amelia Gabriele, Amelia 7. Scena e Duetto Gabriele – Andrea (Fiesco) 8. Duetto e Giuramento Gabriele – Andrea (Fie- sco) Scena V e Duetto «Propizio giunge Andrea!… Scena V e Duetto «Propizio giunge Andrea!» Vieni a me, ti benedico» Gabriele, Andrea Gabriele, Andrea 8a. Giuramento «Paventa, o perfido» Gabriele, Andrea 8. Scena e Duetto Simone-Amelia 9. Scena e Duetto Simone-Amelia Scena VI «Paolo. – Signor.» Simone, Paolo Scena VI «Il nuovo dì festivo» Simone, Paolo Scena VII e Duetto «Favella il Doge/ ad Amelia Scena VII e Duetto «Favella il Doge/ ad Amelia Grimaldi?…..Dinne, perché in quest’eremo» Grimaldi?…..Dinne, perché in quest’eremo» Simone, Amelia Simone, Amelia «Figlia!…a tal nome palpito» Simone, Amelia «Figlia!…a tal nome palpito» Simone, Amelia 9. Scena e Dialogo Pietro - Paolo 10. Scena e Duetto Pietro - Paolo Scena VIII «Che rispose? – Rinunzia ogni spe- Scena VIII «Che rispose? – Rinunzia ogni spe- ranza» Simone, Paolo ranza» Simone, Paolo Scena IX «Che disse? – A me negolla» Scena IX «Che disse? – A me negolla» Pietro, Paolo Pietro, Paolo 10. Finale I: Scena del Consiglio. 11. Finale I. 11a. Coro di Popolo e Barcarola Scena X «Messeri, il re di Tartaria» Scena X «A festa! – A festa, o Liguri!» Coro Simone, Patrizi, Plebei, Paolo, Pietro 11b. Inno al Doge «Viva Simon!…di Genova» Tutti 11c. Ballabile di Corsari Africani con Coro «Pro- de guerrier, qui sfolgori» Uomini, Donne, Tutti 10a. Sommossa 11d. Scena e Sestetto Scena XI «Vendetta! Vendetta!» Scena XI «Chi sei tu che brandisci il pugnale?» Detti, Popolo, Gabriele, Fiesco Simone, Gabriele, Fiesco, Paolo, Pietro, Coro Scena XII «Ferisci! – Amelia!…» Amelia e Detti Scena XII «Il Doge è innocente!…» e Sestetto «(Egli è salvo!…o ciel respiro!)» Amelia e Detti 10b. Racconto di Amelia 11e. Racconto di Amelia e Stretta «Nell’ora soave che all’estasi invita» «Nell’ora soave che all’estasi invita» Amelia e Detti Amelia e Detti 10c. Pezzo d’assieme «Giustizia, giustizia tremenda» Tutti «Plebe! Patrizi! – Popolo» Simone, Detti 10d. Maledizione «Paolo! –Mio Duce!» Simone, Detti

ATTO SECONDO

74 ATTO SECONDO 11. Scena e Recitativo Paolo 12. Scena e Duetto Paolo – Andrea (Fiesco) Scena I «Quei due vedesti?», Paolo, Pietro Scena I «Quei due vedesti?», Paolo, Pietro Scena II «Me stesso ho maledetto!» Paolo Scena II «O doge ingrato!…», Paolo 12. Scena e Duetto Paolo – Andrea Scena III «Prigioniero in qual loco m’adduci?» Scena III «Prigioniero in qual loco mi trovo?» Paolo, Andrea (Fiesco) Paolo, Andrea (Fiesco) 13. Scena ed Aria Gabriele 13. Scena ed Aria Gabriele Scena IV, «Udisti? –Vil disegno!» Paolo, Gabriele Scena IV, «Udisti? –Vil disegno!» Paolo, Gabriele Scena V e Aria «O inferno! Amelia qui…Sento Scena V e Aria «O inferno! Amelia qui…Sento avvampar nell’anima…Pietoso cielo, rendila» avvampar nell’anima…Pietoso cielo, rendila» Gabriele Gabriele 14. Scena e Duetto Amelia e Gabriele 14. Scena e Duetto Amelia e Gabriele Scena VI «Tu qui?…– Amelia!» e Duetto «Parla – Scena VI «Tu qui?…– Amelia!» e Duetto «Parla – in tuo cor virgineo» Amelia, Gabriele in tuo cor virgineo» Amelia, Gabriele 15. Scena e Terzetto-Finale II 15. Scena e Sogno del Doge Scena VII «Figlia!… – Sì afflitto, o padre mio?» Scena VII «Figlia!… – Sì afflitto, o padre mio?» Simone, Amelia Simone, Amelia Scena VIII «Doge! – Ancor proveran la tua Scena VIII «Doge! – Ancor proveran la tua clemenza?» Simone, Gabriele clemenza?» Simone, Gabriele Scena IX e Terzetto 16. Scena, Terzetto e Coro. Finale II «Insensato! / Vecchio inerme… Perdono, Amelia» «Insensato! / Vecchio inerme… Perdono, Amelia» Simone, Amelia, Gabriele, Coro Simone, Amelia, Gabriele, Coro

ATTO TERZO ATTO TERZO 16. [Introduzione]. Scena e Recitativo Paolo e 17. Coro d’ Introduzione Fiesco con Coro Scena I «Evviva il Doge!» Scena I e Coro «Doge, a’ tuoi passi è scorta» Capitano, Paolo, Fiesco Senatori, Popolo, Simone, Pietro, Paolo «Il mio destino mi cacciò fra l’armi» Paolo Coro nuziale «Dal sommo delle sfere» 17a.Coro nuziale e Scena Coro, Paolo, Fiesco «Dal sommo delle sfere» Coro, Paolo, Fiesco 17. Scena e Duetto Simone - Fiesco 18. Scena e Duetto Simone - Fiesco Scena II «Inorridisco!…no, Simon» Fiesco Scena III «Simon, non questa / vendetta io chiesi» Scena III «Cittadini! Per ordine del Doge… M’ar- Fiesco don le tempia» Capitano, Simone, Fiesco Scena IV «M’ardon le tempia» Simone, Pietro, Fiesco Duetto «Oh refrigerio!… la marina brezza!… Scena V e Duetto «Oh refrigerio!… la marina Delle faci festanti al barlume» Simone, Fiesco brezza!… Delle faci festanti al barlume» Simone, Fiesco 18. Scena e Quartetto-Finale 19. Scena e Quartetto. Finale III Scena ultima «Chi veggo!… – Vien… – (Fiesco!)» Scena ultima «Chi veggo!… – Vien… – (Fiesco!)» Simone, Fiesco, Maria (Amelia), Gabriele, Coro Simone, Fiesco, Maria (Amelia), Gabriele, Coro Quartetto «Gran Dio, li benedici» Quartetto «Gran Dio, li benedici» Simone, Fiesco, Maria (Amelia), Gabriele, Coro Simone, Fiesco, Maria (Amelia), Gabriele, Coro

75 ARGOMENTO VERSIONE 1857

PROLOGO Venticinque anni dopo, Palazzo Grimaldi, Una piazza di Genova. Il filatore d’oro Pao- presso Genova. Amelia (la figlia perduta di lo Albiani – che coltiva un segreto desiderio Simone e Maria) attende il gentiluomo Ga- d’elevazione sociale – propone a un popo- briele Adorno, suo amato [Scena e Cavatina lano genovese di nome Pietro l’elezione a Amelia: «Come in quest’ora bruna»]. Orga- Doge di Simone Boccanegra, prode difen- nizzatore della congiura è anche Andrea, il sore della repubblica contro i pirati africani tutore di Amelia (che la giovane ritiene il [«Che dicesti?…all’onor di primo abate»]. proprio padre) sotto il cui nome si nascon- Successivamente Paolo incontra Boccane- de Jacopo Fiesco. Amelia è preoccupata per gra e lo convince ad accettare l’elezione, ri- il grave rischio che corrono i due uomini, cordandogli la dolorosa condizione dell’a- animati da intenzioni sovversive contro il mata Maria Fiesco (che a Boccanegra ha Doge Simone Boccanegra [Duetto Amelia – dato una figlia): Maria vive segregata nel Gabriele: «Vieni a mirar la cerula»]. Andrea palazzo del padre, Jacopo Fiesco, fiero op- spiega a Gabriele Adorno che Amelia non positore all’idea del matrimonio con Boc- appartiene al casato dei Grimaldi, essendo canegra [«Un amplesso… Che avvenne? – una semplice trovatella. Secondo la sua Da Savona»]. Nella notte, Pietro convince i opinione, il Doge avrebbe messo gli occhi marinari e gli artigiani ad acclamare doge sulla giovane per acquisire le ricchezze Simone, impietosendoli con l’immagine della famiglia. Gabriele manifesta ad An- sofferente di Maria Fiesco [Racconto Paolo: drea il proprio amore per Amelia; i due giu- «L’atra magion vedete?»]. Jacopo Fiesco, rano vendetta contro il Doge, che proprio uscendo dal proprio palazzo, ov’è appena nello stesso momento si presenta a palazzo spirata la figlia [Recitativo e Romanza Fie- Grimaldi, annunziato da uno squillo di sco: «Il lacerato spirito»], incontra Simone. tromba [Duetto e Giuramento Gabriele – Questi, ignaro della morte dell’amata, im- Andrea (Fiesco): «Paventa, o plora perdono a Fiesco, il quale si dichiara perfido/Doge»]. Simone vi s’è recato al fine disposto a concederglielo solo in cambio di perorare l’amore di Paolo Albiani per la della nipote. Boccanegra oppone di non po- giovane, ma all’incontro con Amelia ne ri- ter esaudire tal desiderio, essendogli stata conosce l’identità: ella è la figlia avuta da rapita la figlia. Fiesco, di conseguenza, ne- Maria Fiesco e misteriosamente scomparsa ga la possibilità della pace [Recitativo e [Scena e Duetto Simone – Amelia: «Dinne, Duetto Simone – Fiesco: «Simon!… – Tu! – perché in quest’eremo»]. In seguito a tale Qual cieco fato»]. Simone entra nel palazzo riconoscimento, Boccanegra intima a Paolo ove crede di poter incontrare l’amata e ne di rinunciare alla giovane. Dopo aver ricor- scopre invece il cadavere. Ancora sconvol- dato a Boccanegra d’essere l’artefice della to, viene acclamato Doge dal popolo [Scena sua ascesa al soglio genovese, Paolo Albia- e Coro Finale: «Doge il popol t’acclama! – ni medita il rapimento d’Amelia [Scena e Via fantasmi!»]. Duetto Pietro – Paolo: «Che disse? – A me ATTO PRIMO negolla»].

76 In piazza, a Genova. Il popolo festeggia tra svela la natura del rapporto che lo lega ad inni e balli i cinque lustri della reggenza di Amelia; allo stupore attonito e all’indecisio- Boccanegra [Coro di Popolo e Barcarola: «A ne dei tre si sostituisce il rumore d’un tu- festa! – A festa, o Liguri!». Inno al Doge: «Vi- multo di piazza; si tratta dei guelfi, corsi al- va Simon!… di Genova». Ballabile di Corsa- le armi contro il Doge. Quest’ultimo bene- ri Africani con Coro: «Prode guerrier, qui dice l’amore dei due giovani. Adorno, che sfolgori»], ma improvvise grida turbano la non intende più combattere Simone, inter- festa: brandendo il pugnale, Gabriele Ador- cede per la pace [Scena e Terzetto con Co- no accusa il Doge d’aver fatto rapire Ame- ro: «Perdono, Amelia - Indomito»]. lia. Mentre Gabriele lo incalza, Simone in- tuisce l’accaduto e chiede ragione a Paolo, che nega tutto. D’improvviso sopraggiunge ATTO TERZO Amelia, suscitando lo stupore generale [Scena e Sestetto: «(Egli è salvo… o ciel re- Palazzo ducale. I senatori e il popolo festeg- spiro!)»]; la giovane denuncia d’essersi ri- giano la vittoria di Boccanegra, che ha svegliata, dopo il rapimento, in casa di Lo- sventato la congiura [Coro d’Introduzione: renzo (l’usuraio amico di Paolo cui que- «Doge, a’ tuoi passi è scorta»]. Rivolto a Ga- st’ultimo, venticinque anni addietro, aveva briele, il Doge gli dà appuntamento al tem- pensato per la candidatura a Doge prima pio, dove riceverà il meritato premio; in di- d’avanzare il nome di Simone). Interrogata sparte Pietro e Paolo s’intendono: l’ora del- sul mandante del rapimento, Amelia ac- la vendetta è prossima. Un coro nuziale au- consente di dirlo solo al Doge mentre tutti menta il furore di Paolo, che comprende invocano “giustizia tremenda” sul traditore d’aver perduto per sempre Amelia; avvici- [Racconto Amelia e Stretta: «Giustizia, giu- natosi a Fiesco, Paolo gli suggerisce di spa- stizia tremenda»]. rire dalla circolazione, confidandogli d’a- ver vendicato tutti avendo avvelenato Boc- canegra. Fiesco inorridisce [Coro nuziale e ATTO SECONDO Scena: «Dal sommo delle sfere»]. Seguito da Pietro, il Doge avanza, già in preda al malo- Genova, palazzo ducale. Paolo cerca d’aiz- re, e viene avvicinato da Fiesco, che si fa ri- zare alla vendetta contro Boccanegra Jaco- conoscere. Mentre le luci, poco a poco, si po Fiesco e Gabriele Adorno [Scena e Duet- spengono, Simone riesce ad ottenere il per- to Paolo – Fiesco: «Prigioniero in qual loco dono dell’antico rivale, svelandogli d’aver mi trovo?»] [Scena ed Aria Gabriele: «Sento ritrovato, in Amelia, la figlia che riteneva avvampar nell’anima»]. Quest’ultimo in- perduta [Scena e Duetto Simone – Fiesco: contra Amelia, che protesta la propria pu- «Delle faci festanti al barlume»]. A quest’ul- rezza ma non svela il segreto che la unisce tima, sopraggiunta insieme a Gabriele a Simone [Scena e duetto Amelia – Gabrie- Adorno, il Doge morente indirizza la pro- le: «Parla – in tuo cor virgineo»]. Giungen- pria benedizione, nominando il giovane do (mentre Gabriele si nasconde), quest’ul- suo successore. La morte sopraggiunge, timo comprende che sua figlia preferisce inesorabile, fra la costernazione generale morire insieme all’amato Gabriele – atteso [Scena e Quartetto: «Gran Dio, li benedici»]. dal patibolo essendone stata scoperta la congiura – piuttosto che abbandonarlo al suo fato. Nonostante l’afflizione e gli affan- ni, il Doge si addormenta [Scena e Sogno del Doge: «Figlia!… – Sì afflitto, o padre mio?»]. Gabriele avanza per ucciderlo, ma d’improvviso Amelia s’interpone, proteg- gendo il corpo di Boccanegra, che si sve- glia. Nella concitazione che segue, Simone

77 Filippo Peroni, figurini per Simon Boccanegra (Simone e Maria nel finale dell’atto I). Milano, Teatro alla Scala, 1859. (Milano, Museo Teatrale alla Scala).

78 ARGOMENTO VERSIONE 1881

PROLOGO saro, fa balenare una speranza di perdono, a patto che Simone gli affidi la figlia di Ma- Una piazza di Genova, ria. In preda a una profonda angoscia, Boc- verso la metà del ‘300. canegra rivela che la bambina, affidata a Fervono le lotte fra patrizi e plebei per l’e- un’anziana nutrice in un lontano paese, è lezione del nuovo Doge. da tempo misteriosamente scomparsa. Un ambizioso plebeo, Paolo Albiani, confi- Ogni speranza di pace tra i due rivali svani- da al popolano Pietro di voler sostenere la sce; Fiesco si allontana e rimane in dispar- candidatura di Simon Boccanegra [«Che di- te ad osservare [Duetto Simone - Fiesco: cesti?…all’onor di primo abate»] – un cor- «Simon!…-Tu! - Qual cieco fato»]. Simone, saro al servizio della repubblica genovese – esasperato, decide di entrare nel palazzo nella speranza di poter ottenere da questi per cercarvi Maria. Poco dopo giunge il suo poteri e ricchezza [«Abborriti patrizi»]. grido disperato – Maria! Maria! – al quale si Giunge Simone, angosciato perché da tem- sovrappongono, in un tragico contrasto, po non ha notizie di Maria – la donna ama- lontane voci di esultanza: il popolo accla- ta dalla quale ha avuto una figlia – che il ma il nuovo Doge, Simon Boccanegra [Sce- padre Jacopo Fiesco tiene prigioniera nel na e Coro Finale: «Doge il popol t’acclama! suo palazzo per impedirle di sposare Boc- - Via fantasmi!»]. canegra. Paolo convince Simone ad accet- tare la candidatura (una volta eletto Doge, il padre non potrà più negargli Maria) e ATTO I chiede di essergli vicino nella lotta per la conquista del potere. Simone accetta [«Un Giardino dei Grimaldi, amplesso… Che avvenne? - Da Savona»]. fuori Genova. Pietro chiede al popolo di votare per Bocca- Sono passati venticinque anni. negra. [«All’alba tutti qui verrete?»]. Paolo Una giovane donna, Amelia Grimaldi, ri- rivela che dal palazzo dei Fieschi sono corda confusamente un passato doloroso giunti i lamenti di una giovane donna [Rac- mentre attende l’arrivo dell’uomo che ama, conto Paolo: «L’atra magion vedete?»] e tut- il nobile Gabriele Adorno, che giunge can- ti osservano impauriti che da tempo Maria tando una canzone d’amore [Aria Amelia: non è apparsa ai balconi e che solo il padre, «Come in quest’ora bruna»]. La fanciulla si un’ombra minacciosa e sinistra, si aggira dice preoccupata per la vita del giovane, nelle vuote sale. Jacopo Fiesco esce scon- che sa coinvolto in una congiura patrizia volto dal palazzo: Maria è morta; voci la- contro il Doge “plebeo”, assieme all’uomo mentose cantano il suo miserere [Aria Fie- che si prende cura di lei – il nobile Andrea sco: «Il lacerato spirito»]. Sopraggiunge Si- Grimaldi (sotto questo nome si cela Jacopo mone, ignaro della morte di Maria, e sup- Fiesco, creduto morto da Simone) – e a Lo- plica Fiesco di perdonarlo e concedergli renzino, un plebeo segretamente vendutosi Maria, ma l’inflessibile patrizio, ora più che ai patrizi. Giunge Pietro e annuncia che il mai fermo nel suo odio mortale per il cor- Doge desidera visitare il palazzo dei Gri-

79 maldi. Amelia, turbata, avverte Gabriele no per venire alle armi, dalla piazza giunge che Simone chiederà la sua mano per il fa- il grido di “Morte al Doge!”. Simone ordina vorito, Paolo Albiani, e lo supplica di affret- di aprire le porte per far entrare i conten- tare le loro nozze [Duetto Amelia - Gabrie- denti e ascoltare le loro ragioni. La folla ir- le: «Vieni a mirar la cerula»]. Rimasto solo rompe, Gabriele e Andrea sono agguantati con Gabriele, Andrea gli rivela l’oscura ori- dai popolani, che chiedono vendetta per gine di Amelia, un’orfanella che, raccolta l’assassinio di Lorenzino [Sommossa: nel convento dove era morta la vera figlia «Vendetta! Vendetta!»]. Gabriele dichiara di dei Grimaldi, ne ha assunto il nome [Scena averlo ucciso perché aveva tentato di rapi- e Duetto Gabriele - Andrea (Fiesco): «Vieni re Amelia e dice che, prima di morire, Lo- a me, ti benedico»]. Entra il Doge, con Pao- renzino ha confessato di essere stato spinto lo e il suo seguito, e si rivolge ad Amelia of- al crimine da “un uom possente”. Il giova- frendo pace alla casata dei Grimaldi e chie- ne patrizio fa intendere di sospettare del dendole di parlargli di sé. La fanciulla con- Doge e si slancia verso di lui per ucciderlo. fessa di essere desiderata dal perfido Paolo, Ma viene fermato da Amelia, che si frappo- che aspira ad impossessarsi delle ricchezze ne fra lui e il padre e racconta di esser stata dei Grimaldi, e narra la sua storia di pove- rapita da tre sgherri, di essere svenuta e di ra trovatella, suscitando nel Doge un cre- essersi risvegliata nella casa di Lorenzino scente interesse. Simone la incalza con le [Racconto Amelia: «Nell’ora soave che al- sue domande e le mostra un ritratto della l’estasi invita»]. Poi “fissando Paolo”, dice di figlia Maria: dalla reazione di Amelia il Do- poter riconoscere il vile mandante del suo ge capisce che lei e Maria sono in effetti la rapimento. Scoppia un tumulto, plebei e stessa persona. Commosso per aver ritro- patrizi si accusano a vicenda; Simone inter- vato la figlia perduta, l’abbraccia tenera- viene con parole accorate a placare gli ani- mente e la rassicura: non verrà data in spo- mi, chiedendo pace e concordia per il suo sa contro la sua volontà [Scena e Duetto Si- popolo [Assolo Simone e Pezzo d’assieme: mone - Amelia: «Dinne, perché in quest’e- «Plebe! Patrizi! - Popolo»]. Gabriele si con- remo»]. Allontanatasi la fanciulla, Simone segna a lui offrendogli la sua spada, che il ordina a Paolo di rinunciare a lei. Paolo al- Doge rifiuta prima di rivolgersi, “con forza lora, furente per l’ingiunzione del Doge, terribile”, a Paolo, di cui ha intuito la colpe- stabilisce assieme a Pietro di rapire Amelia volezza. Dopo aver affermato che il tradito- servendosi dell’aiuto di Lorenzino, che tie- re è presente, Simone impone all’Albiani di ne in suo potere, essendo a conoscenza del unirsi alla comune esecrazione del vile. suo tradimento a favore dei patrizi [Scena e Paolo, inorridito, è costretto a maledire se Dialogo Pietro - Paolo: «Che disse? - A me stesso. Tutti i presenti gridano minacciosa- negolla»]. mente “Sia maledetto!” [Maledizione: «Pao- lo! - Mio Duce!»]. Sala del Consiglio Il Doge chiede il parere dei suoi consiglieri circa la guerra con Venezia; sensibile all’e- ATTO II sortazione di pace del Petrarca, vorrebbe evitarla, ma trova la violenta opposizione Stanza del Doge nel Palazzo Ducale di Ge- di Paolo e dei suoi Consiglieri [«Messeri, il nova. re di Tartaria»]. Dalla piazza giungono i Paolo, bandito da Genova, prima di partire clamori di un tumulto. Simone si affaccia per l’esilio, vuole vendicarsi dell’uomo che ad un balcone e scorge Gabriele Adorno in- un tempo ha fatto salire al trono dogale. seguito dai plebei. Temendo di essere sco- Dopo aver versato un veleno nella tazza di perto quale organizzatore del rapimento, Simone [Scena e Monologo Paolo: «Me stes- Paolo cerca di uscire dalla sala, ma il Doge so ho maledetto!»], convoca Gabriele e An- ordina che tutte le porte siano chiuse. I rap- drea e chiede a quest’ultimo di colpire il presentanti del popolo e della nobiltà stan- Doge nel sonno. Il nobile Fiesco rifiuta di

80 compiere un atto così sleale [Duetto Paolo - mo sintomo del veleno propinatogli da Pao- Andrea (Fiesco): «Prigioniero in qual loco lo – cerca refrigerio respirando sul balcone m’adduci?»]. Paolo non desiste: insinua in l’aria del mare, che gli ricorda le glorie pas- Gabriele il sospetto che Amelia si trovi nel- sate. All’improvviso gli si avvicina Fiesco le stanze del Doge, vittima delle sue turpi che, nell’annunciargli la morte imminente, attenzioni [Scena ed Aria Gabriele: «Sento si fa riconoscere come il suo antico rivale, avvampar nell’anima»]. Giunge Amelia e poi celatosi sotto il nome di Andrea Grimal- tenta invano di convincere Gabriele della di. Il Doge risponde ai suoi propositi di ven- purezza dei sentimenti che la legano a Si- detta rivelandogli che Amelia è la figlia mone, senza rivelargli però di esserne fi- scomparsa di Maria, che a sua volta era la glia [Scena e Duetto Amelia - Gabriele: figlia di Jacopo Fiesco. La commozione in- «Parla - in tuo cor virgineo»]. All’arrivo di vade il vecchio patrizio che, troppo tardi, Boccanegra, ella nasconde il giovane sul comprende l’inutilità del suo lungo odio e balcone e implora il padre di concedere a cede all’abbraccio di Simone. Fiesco, accet- Gabriele il suo perdono. Simone, perplesso, tando commosso il gesto di rappacificazio- chiede di rimanere solo. Versa dell’acqua ne del Doge morente, gli rivela che un tra- nella tazza, la beve e si assopisce. Gabriele ditore lo ha avvelenato [Scena e Duetto Si- gli si avvicina per ucciderlo, ma ne è impe- mone - Fiesco: «Delle faci festanti al barlu- dito dal ritorno di Amelia che, ancora una me»]. Entrano Amelia e Gabriele, seguiti volta, si frappone fra i due e supplica il gio- dalla corte dogale. Simone invita la figlia a vane di riporre il pugnale. Il Doge, risve- riconoscere in Fiesco il padre di Maria, be- gliatosi, sfida Gabriele a colpirlo, gli chiede nedice i due innamorati e muore, dopo i nomi dei complici e lo accusa di avergli aver proclamato Gabriele Adorno nuovo rubato la figlia. In tal modo Gabriele cono- Doge di Genova [Scena e Quartetto: «Gran sce la verità sul vero legame che unisce Si- Dio, li benedici»]. mone ad Amelia/Maria [Scena e Terzetto: «Perdono, Amelia - Indomito»]. Si odono voci concitate: i cospiratori stanno assalen- do il palazzo. Il Doge incarica Gabriele di comunicare loro le sue proposte di pace. Il giovane obbedisce e si dice deciso a torna- re – se non verrà ascoltato – per combatte- re al fianco del Boccanegra, che gli concede la mano della figlia [Finale II: «Quai gri- di?…- I tuoi nemici…»].

ATTO III

Interno del Palazzo Ducale. La rivolta è fallita, i congiurati patrizi (ai quali si era unito, per sete di vendetta, Pao- lo) sono stati sconfitti. Prima di essere con- dotto al patibolo, Paolo rivela che un veleno sta per uccidere Simone. Il lieto coro nuzia- le che giunge di lontano fa inorridire il tra- ditore: egli confessa a Fiesco – che l’ascolta sconvolto – di essere stato il rapitore di Amelia [Scena e Recitativo Paolo con Coro: «Il mio destino mi cacciò fra l’armi»]. Simo- ne – in preda a un misterioso affanno, pri-

81 Alfredo Edel, figurino per Simon Boccanegra, (Simone nel prologo e Amelia nell’atto I). Milano, Teatro alla Scala, 1881. (Milano, Archivio Storico Ricordi).

82 ARGUMENT

PROLOGUE un espoir de pardon, à condition que Simon lui confie la fille de Maria. En proie à une Une place de Gênes, profonde angoisse, Boccanegra révèle que vers la moitié du XIVe siècle. l’enfant, confiée à une vieille nourrice dans Les luttes entre les patriciens et le peuple un pays lointain, a depuis longtemps dispa- battent leur plein pour l’élection du nou- ru mys – térieusement. Tout espoir de paix veau Doge. Un plébéien ambitieux, Paolo disparaît: Fiesco s’éloigne et, caché, reste Albiani, confie à Pietro, homme du peuple, pour observer [Duetto Simone – Fiesco: «Si- qu’il veut soutenir la candidature de Simon mon!… – Tu! – Qual cieco fato»]. Simon, Boccanegra – corsaire au service de la Ré- exaspéré, décide d’entrer dans le palais publique de Gênes – dans l’espoir d’obtenir pour y chercher Maria. Peu après, l’on en- de ce dernier pouvoirs et richesses. Simon tend son cri désespéré – “Maria! Maria!” – arrive, angoissé car il y a longtemps qu’il en contraste tragique avec les voix d’exul- n’a plus de nouvelles de Maria – la femme tation: le peuple acclame le nouveau doge, aimée dont il a eu une fille – que son père Simon Boccanegra [Scena e Coro Finale: Jacopo Fiesco garde prisonnière dans son «Doge il popol t’acclama! – Via fantasmi!»]. palais pour l’empêcher d’épouser Boccane- gra. Paolo convaint Simon d’accepter la candidature (devenu Doge, le père de Ma- ACTE I ria ne pourra lui refuser sa fille) et deman- de de le suivre dans sa lutte à la conquête Jardin Grimaldi, du pouvoir et dans sa gestion. Simon ac- dans les environs de Gênes. cepte. Pietro demande au peuple de voter Vingt–cinq ans ont passé. Une jeune fem- pour Boccanegra [Introduzione, Scena e me, Amelia Grimaldi, se rappelle confuse- Coro: «Che dicesti?… all’onor di primo aba- ment un passé douloureux tandis qu’elle te»]. Paolo révèle que les plaintes d’une jeu- attend l’arrivée de l’homme qu’elle aime, le ne femme ont été entendues dans le palais noble Gabriele Adorno, qui arrive en chan- Fieschi [Racconto Paolo: «L’atra magion tant une chanson d’amour [Aria Amelia: vedete?»], et tous observent que, depuis «Come in quest’ora bruna»]. La jeune fille longtemps, Maria n’est plus apparue aux dit être inquiète pour la vie du jeune hom- balcons de sa maison et que seul son père, me, dont elle sait qu’il participe à une une ombre menaçante et sinistre, déambu- conjuration patricienne contre le Doge le dans les salles vides. Jacopo Fiesco sort “plébéen”, ainsi que l’homme qui l’a élevée bouleversé du palais: Maria est morte; des – le noble Andrea Grimaldi – (c’est sous ce voix plaintives chantent son miserere [Aria nom que se cache Jacopo Fiesco, que Si- Fiesco: «Il lacerato spirito»]. Simon arrive et mon croit mort) et que Lorenzino – un supplie Fiesco de lui pardonner et de lui plébéien vendu aux patriciens. donner Maria, mais le patricien inflexible, Pietro arrive et annonce que le Doge désire plus que jamais déterminé dans sa haîne visiter le palais Grimaldi. Amelia, troublée, mortelle pour le corsaire, laisse entrevoir avertit Gabriele que Simon demandera sa

83 main pour son favori, Paolo Albiani, et le Andrea et demandent vengeance pour l’as- supplie de hâter leurs noces [Duetto Ame- sassinat de Lorenzino [Sommossa: «Ven- lia – Gabriele: «Vieni a mirar la cerula»]. detta! Vendetta!»]. Adorno déclare qu’il l’a Resté seul en compagnie d’Adorno, Andrea tué parce qu’il avait enlevé Amelia et dit lui révèle l’obscure origine d’Amelia, une que, avant de mourir, Lorenzino a avoué orpheline qui, recueillie au couvent où était avoir été poussé au crime par un “homme morte la veritable fille de Grimaldi, en a influent”. Le jeune patricien fait compren- pris le nom. Andrea bénit l’amour des deux dre qu’il suspecte le Doge et s’élance vers jeunes gens [Scena e Duetto Gabriele – An- lui pour le tuer. Mais Amelia l’arrête, se drea (Fiesco): «Vieni a me, ti benedico»]. Le met entre lui et son père et raconte qu’elle a Doge entre avec Paolo et sa suite, et s’a- été enlevée par trois hommes d’armes, dresse à Amelia, offrant la paix à la maison qu’elle s’est évanouie et qu’elle s’est réveil- Grimaldi et lui demandant de lui parler lée dans la maison de Lorenzino [Racconto d’elle–même. La jeune fille avoue que le Amelia: «Nell’ora soave che all’estasi invi- perfide Paolo la désire, qu’il aspire a pren- ta»]. Puis, “fixant Paolo”, elle dit pouvoir re- dre possession des richesses des Grimaldi, connaître le vil mandant de son enlève- et narre son histoire de pauvre orpheline, ment. Un tumulte éclate, plébéiens et patri- suscitant chez le Doge un interêt croissant. ciens s’accusent les uns les autres; Simon Simon la presse de questions et lui montre intervient pour apaiser les esprits avec son un portrait de Maria, semblable à celui que prestige, demandant paix et concorde pour la jeune fille possède de sa mère. Pris d’une son peuple [Assolo Simone e Pezzo d’assie- profonde émotion, Simon reconnaît en me: «Plebe! Patrizi! – Popolo»]. Gabriele se Amelia la fille qu’il avait perdue, il l’em- rend à lui en lui offrant son épée, que le Do- brasse tendrement et la rassure: elle ne se- ge refuse avant de s’adresser “avec une for- ra pas mariée contre sa volonté [Scena e ce terrible” à Paolo, dont il a compris la cul- Duetto Simone – Amelia: «Dinne, perché in pabilité. Apres avoir affirmé que le traître quest’eremo»]. La jeune fille s’étant eloi- est présent, Simon impose à Albiani de se gnée, Simon invite Paolo à renoncer à elle. rallier à la commune exécration du vil cou- Paolo décide d’enlever Amelia avec l’aide pable. Paolo, horrifié, est contraint de se de Lorenzino qu’il tient en son pouvoir, maudire. Tous les présents crient et susur- connaissant bien les trames secrétes des rent de façon menaçante “Qu’il soit mau- conspirateurs [Scena e Dialogo Pietro – dit!” [Maledizione: «Paolo! – Mio Duce!»]. Paolo: «Che disse? – A me negolla»]. Le Doge demande l’avis de ses Conseillers quant à la guerre contre Venise; sensible à ACTE II l’exhortation à la paix de Pétrarque, il vou- drait l’éviter, mais il se heurte à la violente Appartement du Doge opposition de Paolo et de ses conseillers dans le Palais Ducal de Gênes. [«Messeri, il re di Tartaria»]. On entend de Paolo, banni de Gênes, veut avant de partir la place le bruit d’un tumulte. Simon sort en exil se venger de l’homme qu’il a fait au- sur un balcon et découvre Gabriele Ador- trefois monter sur le trône. Après avoir ver- no, suivi de plébéiens. Craignant d’être dé- sé du poison dans la tasse de Simon, il con- couvert, Paolo essaie de sortir de la salle, voque Gabriele et Andrea et demande à ce mais le Doge ordonne que toutes les portes dernier de frapper le Doge durant son som- soient fermées. Les représentants du peu- meil. Le noble Fiesco refuse d’accomplir ple et de la noblesse s’apprêtent à prendre un acte aussi déloyal [Scena, Monologo les armes, on entend de la place le cri “Mort Paolo: «Me stesso ho maledetto!» e Duetto au Doge!”. Simon ordonne d’ouvrir les por- Paolo – Andrea (Fiesco): «Prigioniero in tes pour faire entrer les adversaires et qual loco m’adduci?»]. Paolo ne renonce écouter leurs raisons. La foule fait irrup- pas: il insinue en Gabrie]e le soupçon qu’A- tion, les plébéiens saisissent Gabriele et melia se trouve dans les appartements du

84 Doge, victime de ses attentions abjectes pos de vengeance en lui révélant qu’Amelia [Scena ed Aria Gabriele: «Sento avvampar est la fille disparue de Maria. L’émotion en- nell’anima»]. Amelia arrive, et tente en vahit le vieux patricien qui, trop tard, com- vain de convaincre Gabriele de la pureté prend l’inutilité de sa longue haîne et cède des sentiments qui la lient à Simon, sans au geste d’affection de Simon. Fiesco dit à toutefois lui revéler son secret [Scena e Boccanegra qu’un traître l’a empoisonné Duetto Amelia – Gabriele: «Parla – in tuo [Scena e Duetto Simone – Fiesco: «Delle fa- cor virgineo»]. Lorsque le Doge arrive, elle ci festanti al barlume»]. Amelia et Gabriele cache le jeune homme sur le balcon et im- entrent, suivis de la cour ducale. Simon in- plore son père d’accorder son pardon à vite sa fille à reconnaître en Fiesco le père Adorno. Simon est perplexe et demande à de Maria, bénit les deux amoureux et rester seul. Il verse de l’eau dans sa tasse, la meurt, après avoir proclamé Gabriele Doge boit et s’assoupit. Gabriele s’approche de de Gênes [Scena e Quartetto: «Gran Dio, li lui pour le tuer, mais il en est empêché par benedici»]. le retour d’Amelia qui, une fois de plus, se met entre les deux et supplie le jeune hom- me de cacher son poignard. Mais le Doge, réveillé, défie Adorno de le frapper, lui de- mande le nom de ses complices et l’accuse de lui avoir volé sa fille. C’est ainsi que Ga- briele apprend la vérité sur la naissance d’Amelia [Scena e Terzetto: «Perdono, Amelia – Indomito»]. On entend des voix agitées: les conspirateurs sont en train d’assaillir le palais. Le Doge charge Gabrie- le de porter ses propositions de paix aux conspirateurs. Le jeune homme obéit et se déclare décidé à revenir – si on ne l’écoute pas – pour combattre aux côtés de Bocca- negra, qui lui accorde la main de sa fille [Finale II: «Quai gridi?…– I tuoi nemici…»].

ACTE III

Dans le Palais Ducal. La révolte a échoué, les conjurés ont perdu. Avant d’être conduit sur l’échafaud, Paolo révèle qu’un poison va tuer Simon. Le choeur joyeux de la noce que l’on entend au loin fait trembler le traître: il avoue à Fiesco – qui l’écoute avec bouleversement – qu’il est l’auteur de l’enlèvement d’Ame- lia [Scena e Recitativo Paolo con Coro: «Il mio destino mi cacciò fra l’armi»]. Simon, en proie à un malaise mystérieux, cherche à se refraîchir en respirant sur le balcon l’air de la mer, qui lui rappelle ses gloires passées. Tout à coup, Fiesco s’approche de lui et, lui annonçant la mort imminente, se fait reconnaître. Le Doge répond à ses pro-

85 Alfredo Edel, figurino per Simon Boccanegra, (Paolo Albiani nel prologo e Gabriele Adorno nell’atto I e II). Milano, Teatro alla Scala, 1881. (Milano, Archivio Storico Ricordi).

86 SYNOPSIS

PROLOGUE to»]. Simone arrives and implores Fiesco to forgive him and to bestow Maria to him. A square in , around The inflexible patrician, who is more reso- the middle of the 14th century. lute than ever in his mortal hate for the pri- The struggle between the patricians and vateer, sparks a hope of forgiveness on the plebeians over the election of the new Doge condition that Simone entrusts Maria’s is at its height. Paolo Albiani, an ambitious child to him. Prey to a profound anguish, plebeian, confides in Pietro, a common Boccanegra reveals that the child, entru- man, that he wants to support the candi- sted to an elderly nurse in a distant coun- dacy of Simone Boccanegra [«Che dice- try, has been mysteriously missing for so- sti?…all’onor di primo abate»], a privateer me time. Every hope of peace vanishes: in the service of the Genoese government, Fiesco distances himself and remains apart in the hope of gaining power and richness observing [Duetto Simone – Fiesco: «Si- [«Abborriti patrizi»]. Simone arrives. He is mon!…–Tu! – Qual cieco fato»]. Simone, anguished because he has not had news of exasperated, decides to enter the palace to Maria, the woman he loves and with whom find Maria. Shortly after, his desperate he has had a child, for some time. Maria’s scream, “Maria! Maria!”, is heard. It is in father, Jacopo Fiesco, is holding her priso- tragic contrast to the distant, exultant voi- ner in his palace in order to prohibit her ces of the people acclaiming the new Doge, from marrying Simone. Paolo convinces Si- Simone Boccanegra [Scena e Coro Finale: mone to accept the candidacy (as once he is «Doge il popol t’acclama! – Via fantasmi!»]. elected Doge, Maria’s father will unable to deny her to him). Paolo asks Simone to per- mit him to stay close to him during the ACT I struggle for power and it’s subsequent ma- nagement. Simone accepts [«Un amples- In the Grimaldi garden so…Che avvenne? – Da Savona»]. Pietro outside Genoa. asks the people to vote for Boccanegra [«Al- Twenty–five years have passed. A young l’alba tutti qui verrete?»]. Paolo reveals that woman, Amelia Grimaldi, confusedly re- a young woman’s cries have been heard calls her painful past while she awaits the coming from the Fiesco palace [Racconto arrival of the man she loves, the nobleman Paolo: «L’atra magion vedete?»], and Gabriele Adorno [Aria Amelia: «Come in everyone fearfully observes that Maria has quest’ora bruna»]. He arrives singing a love not appeared on the balconies of her home song. The girl says she is preoccupied for for some time and that only her father, a th- the young man’s life as she knows that he is reatening and sinister shadow, has been involved in a patrician plot against the ‘ple- seen moving through the empty rooms. Ja- beian’ Doge, along with the man who has copo Fiesco comes out of the palace deran- raised her – the nobleman Andrea Grimal- ged. Maria is dead; mournful voices lament di (whose name hides the identity of Jaco- his misery [Aria Fiesco: «Il lacerato spiri- po Fiesco, who Simone believes to be dead)

87 – and Lorenzino, a plebeian who has sold sed. The representatives of the people and himself to the patricians. Pietro arrives and the nobility are about to come to arms; the announces that the Doge wishes to visit the shout “Death to the Doge” is heard from the Grimaldi Palace. Troubled, Amelia warns square. Simone orders the doors to opened Gabriele that Simone intends to ask for her to allow the contenders to enter and to be hand for his favourite, Paolo Albiani, and able to listen to their reasons. The crowd she begs him to hurry their marriage breaks in, Gabriele and Andrea are seized [Duetto Amelia – Gabriele: «Vieni a mirar by the people who seek to revenge Lorenzi- la cerula»]. Left alone with Adorno, Andrea no’s assassination [Sommossa: «Vendetta! reveals to him the obscure origins of Ame- Vendetta!»]. Adorno declares to have killed lia, an orphan taken from the convent whe- Lorenzino because he kidnapped Amelia re Grimaldi’s real daughter died and given and states that, before dying, Lorenzino his name. Andrea blesses the youths’ love confessed to be pushed to the crime by “un [Scena e Duetto Gabriele – Andrea (Fie- uom possente”. The young patrician makes sco): «Vieni a me, ti benedico»]. The Doge it understood that he suspects the Doge and enters with Paolo and his attendants. He flings himself at him to kill him. He is stop- addresses Amelia offering peace to the Gri- ped by Amelia, who comes between him maldi home and asks her to tell him about and her father. She explains that she was herself. The girl confesses that she is desi- kidnapped by three gypsies, that she fain- red by the perfidious Paolo, who aspires to ted and reawoke in Lorenzino’s house seize the Grimaldi wealth. As she tells of [Racconto Amelia: «Nell’ora soave che al- her poor orphan background, she provokes l’estasi invita»]. Then, “glaring at Paolo,” a growing curiosity in the Doge. He presses she states that she can recognize the vile her with questions and shows her a portrait commissioner of her kidnapping. A tumult of Maria, which is identical to the one the breaks out, plebeians and patricians accuse girl possesses of her mother. Profoundly one another; Simone intervenes to calm moved, Simone recognizes Amelia as his their spirits with his authority, asking for lost daughter. He embraces her tenderly peace and harmony among his people [As- and reassures her that she will not be given solo Simone e Pezzo d’assieme: «Plebe! Pa- in marriage against her will [Scena e Duet- trizi! – Popolo»]. Gabriele gives himself up to Simone – Amelia: «Dinne, perché in que- to the Doge by offering him his sword. The st’eremo»]. Distancing himself from the Doge refuses before turning, with a ter- girl, Simone asks Paolo to renounce her. rifying strength, to Paolo, who he has un- However Paolo, who knows the secret plot derstood to be to blame. After having con- of the conspirators well decides to kidnap firmed the traitor’s presence, Simone or- Amelia with the help of Lorenzino, who is ders Albiani to join in the common execra- in his service [Scena e Dialogo Pietro – Pao- tion of the coward. Horrified Paolo is con- lo: «Che disse? – A me negolla»]. strained to execrate himself. Everyone pre- sent shouts and insinuates menacingly He Council Chambers. is damned” [Maledizione: «Paolo! – Mio The Doge asks his advisers’ opinion about Duce!»]. the war with . He is sensitive to Pe- trarch’s exhortation for peace and would like to avoid war, but he is violently oppo- sed by Paolo and his advisers [«Messeri, il re di Tartaria»]. Clamours of an uproar can be heard from the square. Simone appears on the balcony and sees Gabriele Adorno followed by the plebeians. Afraid of being discovered, Paolo tries to leave the room but the Doge orders all the doors to be clo-

88 ACT II Inside the Ducal Palace. The revolt has failed, the conspirators have In the Doge’s chambers been defeated. Before being led to the gal- of the Ducal Palace in Genoa. lows, Paolo reveals that Simone is about to Banned from Genoa, Paolo wants to reven- be killed by a poison. The joyful marriage ge the man he once helped rise to the Do- chorus, which can be heard in the distance, ge’s throne before leaving in exile. After horrifies the traitor: he confesses to Fiesco pouring a poison in Simone’s cup [Scena e to have been Amelia’s kidnapper. Fiesco li- Monologo Paolo: «Me stesso ho maledet- stens disturbed [Scena e Recitativo Paolo to!»], he sends for Gabriele and Andrea and con Coro: «Il mio destino mi cacciò fra l’ar- asks the latter to strike the Doge in his mi»]. Mysteriously breathless, Simone sleep. The noble Fiesco refuses to comply seeks relief breathing the ocean air on the with such a foul act [Duetto Paolo – Andrea balcony, which reminds him of past glo- (Fiesco): «Prigioniero in qual loco m’addu- ries. Suddenly Fiesco approaches him, an- ci?»], but Paolo does not stop. He evokes in nouncing his imminent death and revea- Gabriele the suspicion that Amelia can be ling his own identity. The Doge responds to found in the Doge’s chambers, and is a vic- his propositions of revenge by revealing to tim of his shameful attentions [Scena ed him that Amelia is Maria’s lost daughter. Aria Gabriele: «Sento avvampar nell’ani- Emotion overcomes the old patrician who, ma»]. Amelia arrives and tries in vain to too late, understands the futility of his long convince Gabriele of the pureness of her hatred and yields to Simone’s embrace. Fie- sentiments for Simone without revealing sco tells Boccanegra that a traitor has poi- her secret [Scena e Duetto Amelia – Gabrie- soned him [Scena e Duetto Simone – Fie- le: «Parla – in tuo cor virgineo»]. Upon the sco: «Delle faci festanti al barlume»]. Ame- arrival of the Doge, the young girl hides on lia and Gabriele enter, followed by the Do- the balcony and begs her father to pardon ge’s cortege. Simone asks his daughter to Adorno. Simone is perplexed and asks to be recognize Fiesco as Maria’s father, blesses left alone. He pours water in the cup, drinks the two lovers and, after having proclaimed it, and dozes off. Gabriele approaches him Gabriele , dies [Scena e to kill him but is impeded by the return of Quartetto: «Gran Dio, li benedici»]. Amelia who, once again, comes between the two and beseeches the youth to hide the dagger. However, reawakening, the Doge challenges Adorno to strike him. He asks him the names of his accomplices and ac- cuses him of having stolen his daughter from him. In this way Gabriele learns the truth about Amelia’s birth [Scena e Terzet- to: «Perdono, Amelia – Indomito»]. Agitated voices are heard: the conspirators are as- sailing the palace. The Doge entrusts Ga- briele to carry his peace proposals to the conspirators. The youth obeys and promi- ses to return to fight at Boccanegra’s side if the conspirators do not listen to him. The Doge offers him his daughter’s hand [Fina- le II: «Quai gridi?…– I tuoi nemici…»].

ACT III

89 Filippo Peroni, figurino per Simon Boccanegra (Ja- Alfredo Edel, figurino per Simon Boccanegra, (Ja- copo Fiesco nel prologo). Milano, Teatro alla Scala, copo Fiesco nel prologo). Milano, Teatro alla Scala, 1859. (Milano, Museo Teatrale alla Scala). 1881. (Milano, Archivio Storico Ricordi).

90 HANDLUNG

VORSPIEL [Aria Fiesco: «Il lacerato spirito»]. Simone tritt hinzu und bittet Fiesco um Versöh- Ein Platz in Genua gegen nung und um die Hand Marias. Der uner- Mitte des 14.Jahrhunderts. bittliche Patrizier, mehr denn je voller töd- Auf Grund der bevorstehenden Dogenwahl lichen Hasses gegenüber dem Korsaren, wüten Kämpfe zwischen Patriziern und gibt vor Simone zu verzeihen, wenn er ihm Plebejern . Einer der Plebejer, Paolo Albia- das Kind, das Maria dem Plebejer geboren ni, vertraut seinem Gesinnungsgenossen hat, aushändigt. Simone gibt besorgt zu, Pietro an, daß er die Kandidatur Simon daß das Kind, in einem fernen Land einer Boccanegras – einem Korsaren im Dienste Pflegerin anvertraut, auf mysteriöse Weise der Republik Genua – unterstützen wird entführt wurde . Jede Hoffnung auf Versöh- [«Che dicesti?…all’onor di primo abate»], nung schwindet dahin [Duetto Simone – da er hofft durch diese Geste Reichtum und Fiesco: «Simon!…–Tu! – Qual cieco fato»]. Macht zu erhalten [«Abborriti patrizi»]. Si- Fiesco entfernt sich. Verbittert beschließt mone tritt ein, besorgt, weil ihn schon seit Simone in den Palast einzudringen um Ma- langer Zeit keine Nachricht von Maria der ria zu suchen. Kurz darauf hort man seinen Geliebten und Mutter seiner Tochter – er- verzweifelten Ruf Maria ! Maria ! – der in reicht hat. Maria wird von ihrem Vater Ja- einem tragischen Kontrast zu den jubeln- copo Fiesco im Vaterhaus in schmachtvol- den Stimmen des Volkes steht das dem ler Gefangenschaft gehalten, um so die neuen Dogen, Simon Boccanegra, huldigt Heirat mit Boccanegra zu verhindern. Pao- [Scena e Coro Finale: «Doge il popol t’accla- lo versucht Simone zu überzeugen die ma! – Via fantasmi!»]. Wahl anzunehmen (als Doge gewählt, kann der Vater ihm die Hand Marias nicht mehr verweigern), er wird ihm bei dem L.AKT Kampf um die Macht behilflich sein. Simo- ne willigt ein [«Un amplesso…Che avven- Garten der Grimaldis, ne? – Da Savona»]. Pietro bittet das Volk für außerhalb Genuas. Boccanegra zu stimmen [«All’alba tutti qui Fünfundzwanzig Jahre sind verstrichen. verrete?»]. Paolo berichtet, daß er aus dem Im Garten ihres Hauses erwartet Amelia Palast der Fieschi das Jammern einer jun- Grimaldi den von ihr geliebten Mann, den gen Frau vernommen hat [Racconto Paolo: Edelmann Gabriele Adorno, der ein Liebe- «L’atra magion vedete?»]. Alle bemerken slied singend eintrifft [Aria Amelia: «Come voller Angst, daß man Maria schon seit lan- in quest’ora bruna»]. Das junge Mädchen gem nicht mehr auf dem Balkon ihres Hau- ist besorgt über das Leben des Geliebten, ses gesehen hat, und das nur der drohende den sie in eine Verschwörung der Patrizier und unheimliche Schatten des Vaters in gegen den Dogen, den Plebejer, zusammen den verlassenen Sälen umhergeht. Verstört mit dem Adeligen Andrea Grimaldi (in verläßt Jacopo Fiesco sein Haus: Maria ist Wirklichkeit der von Simone tot– geglaubte tot; klagende Stimmen singen das Miserere Jacopo Fiesco) und Lorenzino – ein sich

91 den Patriziern verkaufter Plebejer – Balkon und erblickt, verfolgt vom Pöbel, verwickelt weiß. Pietro kündigt an, daß der Gabriele Adorno. In der Angst entdeckt zu Doge den Wunsch aussgesprochen hat den werden versucht Paolo den Saal zu verlas- Palast der Grimaldi zu besuchen. Amelia sen, aber der Doge ordnet an alle Türen zu ist besorgt und unterrichtet Gabriele, daß verschließen. Die Vertreter der Adels – und Simone um ihre Hand für seinen Gün- Volks –parteien beginnen zu kämpfen; stling, Paolo Albiani, anhalten wird.Sie bit- während man von der Straße den Ruf: “Tod tet ihn die Hochzeit zu beschleunigen dem Dogen” hört. Simone ordnet an die [Duetto Amelia – Gabriele: «Vieni a mirar Türen zu öffnen und die streitenden Par- la cerula»]. Mit Adorno allein geblieben, teien eintreten zu lassen um die Ursache enthüllt Andrea ihm die bescheidene dieses Streites zu erfahren. Die Masse Herkunft Amelias; eine Waise die in dem stürmt herein, Gabriele und Andrea, die Kloster aufgenommen wurde in dem die um Vergeltung für den Tod Lorenzinos bit- leibliche Tochter der Grimaldis starb und ten, werden vom Volk umringt [Sommos- die dann den Namen der Verstorbenen an- sa: «Vendetta! Vendetta!»]. Adorno bekennt nahm. Andrea segnet die Liebe der jungen ihn getötet zu haben weil er Amelia Leute [Scena e Duetto Gabriele – Andrea entführte. Sterbend habe dieser versichert, (Fiesco): «Vieni a me, ti benedico»]. Der Do- Handlanger eines mächtigeren Mannes ge erscheint mit seinem Gefolge und in Be- gewesen zu sein. In der Annahme der Doge gleitung Paolos. Er bietet dem Hause Gri- habe seine Hand im Spiel, will sich der jun- maldi den Frieden an und bittet Amelia die ge Patrizier auf ihn stürzen um ihn zu tö- Geschichte ihres Lebens zu erzählen. Sie ten. Amelia wirft sich zwischen ihn und gesteht ihm, daß der hinterhältige Paolo ein den Vater und erklärt, von drei Schergen Auge auf sie geworfen hat, aber nur um in entführt und im Hause Lorenzinos wieder den Besitz der Grimaldischen Güter zu aufgewacht zu sein [Racconto Amelia: kommen. Amelia erzählt ihr Leben als ar- «Nell’ora soave che all’estasi invita»]. Ist me Waise und erweckt im Dogen ein im- aber sicher den feigen Auftraggeber zu mer größer werdendes Interesse. Simone kennen. Ihr Blick streift Paolo. Neuer Streit bedrängt sie mit Fragen und zeigt ihr ein entbricht zwischen Patriziern und dem Bild von Maria. Das gleiche Bild besitzt au- Volk. Simone versucht die Streitenden zur ch das junge Mädchen. Simone erkennt in Vernunft zu bringen und bittet um Frieden ihr die verlorene Tochter, umarmt sie und und Eintracht [Assolo Simone e Pezzo d’as- versichert, daß sie niemals gegen ihren sieme: «Plebe! Patrizi! – Popolo»]. Gabriele Willen verheiratet werde [Scena e Duetto unterwirft sich und bietet ihm sein Schwert Simone – Amelia: «Dinne, perché in que- an, das der Doge zurückweist, bevor er sich st’eremo»]. Er gibt Paolo zu verstehen, daß voller Zorn an Paolo wendet, in dem au- jede Hoffnung auf Amelias Hand umsonst cher den Missetäter ahnt. Er verpflichtet sei. Paolo beschließt mit Hilfe Lorenzinos, Albiani an der gemeinsamen Verfluchung der ihm hörig ist, Amelia gewaltsam zu des Verbrechers teilzunehmen. Mit beben- entführen [Scena e Dialogo Pietro – Paolo: der Stimme muß Paolo sich selbst verflu- «Che disse? – A me negolla»]. chen. Alle Anwesenden raunen drohend “sei er verflucht!” [Maledizione: «Paolo! – Senatssaal Mio Duce!»]. Der Doge bittet seine Ratsherren um ihre Meinung über den Krieg mit Venedig. Er selbst, gedenk der Aufforderungen zum Frieden Petrarcas, möchte ihn verhindern, stößt aber auf den Widerstand Paolos und dessen Berater [«Messeri, il re di Tartaria»]. Lärm erhebt sich auf der Straße und dringt in den Saal. Simone begibt sich auf den

92 2.AKT 3.AKT

Zimmer des Dogen Im Dogenpalast. im Dogenpalast von Genua. Der Aufstand ist niedergeschlagen worden. Paolo, verbannt aus Genua, will sich an Bevor Paolo zur Richtstätte schreitet, of- dem Mann rächen, dem er geholfen hat fenbart er, daß ein schleichendes Gift Si- den Thron des Dogen zu besteigen. Er mone verzehrt. Die fröhlichen Hochzeit- schüttet ein Gift in den Trinkbecher Simo- sgesänge aus der Ferne, lassen den Verrä- nes [Scena e Monologo Paolo: «Me stesso ter erschauern. Er enthüllt Fiesco, daß er ho maledetto!»]. Hierauf läßt er Gabriele Amelia entführt habe [Scena e Recitativo und Andrea kommen und sucht den letzte- Paolo con Coro: «Il mio destino mi cacciò ren zum Mord am Dogen anzustiften. Fie- fra l’armi»]. Simone schleppt sich auf den sco lehnt ab [Duetto Paolo – Andrea (Fie- Balkon in die kühle Nachtluft, die ihn an sco): «Prigioniero in qual loco m’adduci?»]. vergangene Heldentaten erinnert. Plötzlich Paolo läßt nicht ab von seinem Vorhaben. steht ihm Fiesco gegenüber, der ihm den Durch den Hinweis Amelia sei die Geliebte baldigen Tod ankündigt und sich zu erken- des Dogen geworden entfacht er in Gabrie- nen gibt. Der Doge antwortet ihm, daß le die Eifersucht [Scena ed Aria Gabriele: Amelia die verschollene Tochter Marias «Sento avvampar nell’anima»]. Amelia ver- ist. Der alte Patrizier ist erschüttert, er be- sucht vergebens Gabriele von den Gefüh- greift nun, zu spät, die Zwecklosigkeit sei- len die sie an Simone binden zu überzeu- ner Rache. Er umarmt Simone und bietet gen. Ohne ihm jedoch ihr Geheimnis zu ihm die Freundeshand. Fiesco eröffnet enthüllen [Scena e Duetto Amelia – Gabrie- Boccanegra, daß er durch die Hand eines le: «Parla – in tuo cor virgineo»]. Der Doge Verräters vergiftet wurde [Scena e Duetto naht. Amelia versteckt den Jüngling und Simone – Fiesco: «Delle faci festanti al bar- bittet den Vater, Adorno zu vergeben. Simo- lume»]. Amelia und Gabriele treten mit ne ist überrascht und bittet allein gelassen dem Gefolge des Dogen ein. Simone bittet zu werden. Er trinkt aus dem Becher und seine Tochter in Fiesco den Vater Marias schläft ein. Gabriele nähert sich ihm, um anzuerkennen. Nachdem er Gabriele zum ihn zu töten, wird aber durch das Eintreten Dogen von Genua ernannt hat, segnet er Amelias gestört, die ihn bittet den Dolch die Liebenden und stirbt [Scena e Quartet- wegzustecken. Der Doge erwacht und for- to: «Gran Dio, li benedici»]. dert Adorno heraus. Er fragt nach den Na- men seiner Komplicen und beschuldigt ihn, ihm seine Tochter geraubt zu haben. Auf diese Weise erfährt Gabriele Amelias Abkunft [Scena e Terzetto: «Perdono, Ame- lia – Indomito»]. Man hört erregte Stim- men: die Verschwörer greifen den Palast an. Gabriele wird vom Dogen beauftragt den Meuterern seine Friedensvorschläge zu unterbreiten. Der junge Mann erfüllt den Auftrag und ergreift die Partei Bocca- negras, der ihm die Hand seiner Tochter verspricht [Finale II: «Quai gridi?…– I tuoi nemici…»].

93 Giuseppe Verdi in una fotografia di Nadar. (Parigi, Archivio Nadar).

94 MARCELLO CONATI UN’OPERA SOLA, DUE DRAMMI DIVERSI GENESI E VICENDE DEL SIMON BOCCANEGRA

Preambolo essere considerata a tratti larghissimi nelle Anche Verdi, a dispetto dell’enorme popo- creazioni geniali che egli ha dato alle sce- larità acquistatasi sin dalle prime opere ne.2 (quanto meno a partire dal Nabucco), ebbe i suoi “anni bui”, e precisamente al volger Dieci anni più tardi il giudizio di Chilesotti del nuovo secolo, in patria più che altrove, trovava un’autorevole replica nella senten- e in specie nel giudizio della critica togata. za di Giannotto Bastianelli, il quale, all’in- Solo il costante favore popolare, ridotto a terno di un discorso mirante a inquadrare manifestarsi ormai nei teatri secondari e di l’opera di Mascagni, giudicava l’arte ver- provincia, consentì alle sue opere di so- diana: pravvivere ai margini di un’attività musi- cale ormai imperniata, nei teatri primari, sempre primitiva nel contenuto sebbene sulle opere di Wagner, di Meyerbeer, di spesso perfetta nella forma, profondamente Massenet, di Puccini, della “giovane scuo- sensuale, di tinte accecanti, di un senti- la”. Nel fragore patriottardo di tante enfati- mentalismo un po’ barocco, ma spesso che commemorazioni esplose in tutta la pe- franco e sincero; arte che, prossima forse nisola in occasione del centenario della na- ora al suo tramonto, non è destinata del tut- scita, non mancarono alcune dotte senten- to all’oblio, ma è meritevole di esser fram- ze che preannunciavano prossima la fine mentata da una critica spassionata e rigo- della vita artistica della maggior parte delle rosa in una specie di florilegio contenente opere del maestro. Passarono quasi inav- le più belle ispirazioni dei nostri ottocenti- vertite. Ma non dimenticate. Già nel 1901 sti […].3 uno studioso quale Oscar Chilesotti, princi- pe della musicologia italiana di quegli anni, Un altro non meno autorevole critico di cui Verdi a suo tempo s’era rivolto per ave- quegli anni, Romualdo Giani, nel rimpro- re alcune «arie di danza» d’epoca rinasci- verare alla biografia verdiana di Bragagno- mentale per il ballo da aggiungere alla ver- lo e Bettazzi4 le eccessive lodi tributate a sione francese dell’Otello, nel recensire la Verdi, a confronto di quelle rivolte a Wa- nuova edizione del volume di Alfredo Sof- gner, non arretrava dal domandarsi: «che fredini sulle opere di Verdi,1 aveva osserva- ne direste d’un critico tedesco il quale para- to: gonasse il Cranach a Leonardo e il Klo- pstock a Dante?».5 Qualche anno più tardi, Oggi questo volume risente un po’, quan- nel commemorare la recente scomparsa di tunque modificato e ampliato, del tributo di Arrigo Boito, un distinto musicista e musi- ammirazione reso al maestro vivente nel cologo quale Giacomo Orefice sentenziava giornale di casa Ricordi. Sotto un altro pun- a proposito del Mefistofele, che quest’opera to di vista parmi però che l’analisi troppo minuziosa degli spartiti verdiani tolga effi- per aver desunto il suo vigore magnifico cacia al concetto sui s’ispirava l’autore, l’o- dall’arte classica, sopravvivrà forse all’ope- pera del grande artista dovendo piuttosto ra stessa di Giuseppe Verdi, la quale dell’ar-

95 te rappresenta – certo più genialmente e dita si viene facendo l’attenzione degli stu- personalmente, ma perciò anche meno uni- diosi, tanto maggiore interesse riscuotono versalmente – una fase evolutiva. (Questo non solo le opere cosiddette “minori”, ma concetto può servire a spiegarci la solidità e anche le composizioni giovanili sopravvis- freschezza del Mefistofele in confronto, ad sute al rogo cui l’autore le aveva condanna- esempio, del Don Carlos verdiano, che nac- te per disposizione testamentaria, gli ab- que contemporaneamente).6 bozzi, le prime stesure, le versioni accanto- nate, i fogli d’album, le poche musiche Ancora una “perla”: nel recensire un arti- d’occasione, i brani aggiunti. A scavare in colo commemorativo pubblicato a Perugia questa direzione si comprende meglio l’ar- nel 1913, in cui veniva affermato «che Ver- te del compositore, si rivela più a fondo il di vivrà in dieci opere teatrali che hanno suo magistero musicale e drammaturgico, un vero e sostanziale valore», Cesare Levi si scoprono pagine immeritevoli di oblio. È si sentì in obbligo di ridimensionare questa infatti a questa ricerca che si devono, fra opinione: «forse dieci saranno troppe! per l’altro, la riscoperta di un capolavoro rima- rammentare opere verdiane che non senta- sto ignorato per oltre cent’anni, lo – no già di troppo le ingiurie del tempo, si ar- che la Fenice di Venezia ha riproposto in riverebbe a mala pena a sei».7 Le sei più una memorabile stagione, 1985-86, affian- belle opere di Verdi è per l’appunto il titolo, candolo al suo rifacimento, l’Aroldo – e di divenuto fin troppo famoso, di uno studio di pagine ignorate della prima versione del Andrea Della Corte.8 E mentre in Italia ci si Don Carlo – che ancora la Fenice ha ripro- è a lungo baloccati intorno a queste sei ope- posto per la prima volta nell’autunno del re, da almeno vent’anni nei teatri tedeschi 1973. Le prime versioni di Macbeth, Forza erano entrati stabilmente in repertorio, e a del destino e Simon Boccanegra non sono vele spiegate, opere come Macbeth, Luisa più un mistero per il pubblico e per gli stu- Miller, Simon Boccanegra, Vespri siciliani, diosi, e appaiono ormai non di rado sulle Don Carlo, capolavori tutti che sulle scene scene in Italia e all’estero. italiane faranno capolino solo dopo la se- Per l’appunto il Simon Boccanegra ritorna conda guerra mondiale. Dopo la prima rap- ora a Venezia affiancato a quella prima ver- presentazione a Lipsia nel 1925 della Forza sione che proprio alla Fenice ebbe il suo del destino uno fra i più autorevoli critici battesimo nel marzo del 1857. Ma questo ri- tedeschi del tempo scrisse: «Verdi è per noi torno non vuole essere solo un tributo com- tedeschi, per così dire lo Shakespeare del- memorativo al genio nell’anno centenario l’opera». A quel tempo in Italia nessuno della morte. Fra tutte le prime versioni di avrebbe osato scrivere tanto. opere verdiane, quella del Simone riveste Oggi, invece, è tutto un coro… E del mae- un significato del tutto particolare, signifi- stro di S. Agata si eseguono anche gli scarti cato rimasto in ombra dopo la radicale re- e si propongono musiche che egli desiderò visione effettuata ventiquattro anni dopo, si dessero alle fiamme… Il fatto è che i giu- tanto più in ombra posta com’è fra lo splen- dizi nel corso degli ultimi cinquant’anni si dore musicale della cosiddetta “trilogia ro- sono ormai capovolti e nessuno più dubita mantica”, che lo precede, e quello di Un ormai dell’appartenenza di Verdi alla ri- ballo in maschera, che lo segue. Opera spe- stretta schiera dei geni universali. E di un rimentale quant’altre mai, con essa Verdi genio universale tutto offre interesse: l’uo- imprime una sorta di accelerazione nel- mo, il suo carattere, il suo stile di vita, i suoi l’impiego degli strumenti compositivi e rapporti sociali, le sue lettere, la sua opera scenici. Come tale il primo Simone esprime artistica soprattutto. «Niente che riguardi una svolta decisiva della drammaturgia un grande è irrilevante», scrisse Schönberg verdiana. Nel far propri taluni aspetti del in un suo saggio giovanile su Mahler. grand opéra, ma anche nel sondare la com- Quanto più aumenta e si estende l’interesse plessità narrativa del teatro recitato, nell’e- del pubblico e quanto più viva e approfon- splorare nuove soluzioni scenografiche (in

96 particolare nell’uso dei praticabili e negli effetti di luce)9 e nel perfezionare la tecnica Nella circostanza, ch’ella si reca a Busseto strumentale alla ricerca di nuovi impasti la Presidenza intende di mettere a contri- timbrici, l’autore sembra orientarsi verso il buzione il suo attaccamento per questo “romanzo cantato”. È comunque la svolta Teatro. [...] Valendosi dell’amicizia, che la che conduce ai capolavori dell’età di mez- lega al distinto maestro veda ella di deter- zo, da all’Aida. Ria- minarlo ad accordare a questo Teatro la scoltare la primitiva versione del Simone preferenza. – Gli rappresenti il piacere che aiuta a comprendere assai meglio l’evolu- farebbe al pubblico, all’impresa, ed alla zione stilistica che sta appunto fra la “trilo- Presidenza un tale favore, e procuri di otte- gia romantica” e quei capolavori. Ma aiuta nerne una risposta impegnativa a brevissi- anche a capire il senso della revisione che mi termini. – [...].16 Verdi affronterà ventiquattro anni più tardi con la collaborazione di Arrigo Boito. Piave non perde tempo e affronta subito l’argomento. Verdi, che un anno prima ave- va declinato un’analoga richiesta del teatro Marzo 1856 veneziano,17 questa volta non si oppone, Nel marzo 1856, ritempratosi dalle fatiche nonostante che per quella stessa stagione affrontate per Les vêpres siciliennes, anda- l’impresa del teatro, costituita dai fratelli ti in scena all’Opéra di Parigi nel luglio del- Luciano ed Ercole Marzi, avesse già scrit- l’anno precedente, Verdi riprende l’attività turato il maestro Petrella, pure per un’ope- con rinnovate energie accingendosi a nuo- ra nuova.18 vi progetti e a riesaminarne di vecchi: la Ma è solo alla metà di maggio che, tramon- composizione di Re Lear, il cui libretto do- tate le trattative con la Pergola e rinviato a po l’improvvisa morte di Cammarano10 egli epoca più propizia il contratto di Napoli per aveva affidato alle cure di Antonio un possibile Re Lear, il compositore è nella Somma,11 e soprattutto il rifacimento dello condizione di sottoscrivere l’impegno per Stiffelio e della Battaglia di Legnano,12 due la sua quinta opera veneziana19 (aveva ini- spartiti che giacevano ormai inutilizzati nel ziato alla Fenice nel 1844 con Ernani, cui magazzino dell’editore Ricordi, e che ora il avevano fatto seguito Attila nel 1846, Rigo- compositore intendeva richiamare in vita letto nel 1851 e Traviata nel 1853), a condi- adattandone la musica a soggetti che non zione tuttavia di sottoscrivere il contratto, incontrassero i rigori delle censure. Nello come in passato, direttamente con la Presi- stesso tempo egli era in trattative con alcu- denza della Fenice anziché con l’impresa, e ni teatri, in particolare con il teatro in S. di far aggiungere alla compagnia di canto – Carlo di Napoli13 e con la Pergola di Firen- già comprendente, quali artisti primari, la ze.14 prima donna Luigia Bendazzi, il tenore Il 27 di quel marzo nella villa del maestro a Carlo Negrini, il baritono Leone Giraldoni S. Agata arriva Francesco Maria Piave, e il basso Giuseppe Echeverria – «alcune espressamente invitatovi da Verdi per lavo- buone parti comprimarie»20 qualora l’argo- rare al rifacimento dello Stiffelio.15 Il poeta mento della nuova opera lo avesse richie- però vi giunge anche in veste di plenipo- sto. tenziario, recando infatti con sé una lettera Sull’argomento che Verdi avrebbe trattato riservata del Presidente del Teatro La Feni- per la quinta opera nulla traspare, dai docu- ce di Venezia, G. B. Tornielli, con la quale menti sinora noti, fino alla data del 31 luglio gli viene affidato l’incarico di avviare le allorché, a poche ore dalla partenza per Pa- trattative con Verdi al fine di convincerlo a rigi, Verdi informa Piave: «Credo di aver sottoscrivere un contratto per un’opera trovato il sogetto per Venezia e da Parigi ti nuova da rappresentarsi in quel teatro nel- manderò il programma».21 Ma è solo da un la ventura stagione di carnevale e quaresi- brevissimo accenno contenuto in coda a ma: una successiva lettera a Piave, del 23 agosto

97 da Parigi, riguardante il rifacimento dello la nuova opera per l’approvazione della Stiffelio,22 che finalmente si apprende il tito- Presidenza stessa e per l’autorizzazione lo dell’argomento: Simon Boccanegra.23 Si della censura,31 e frattanto tramite Piave tratta di un argomento ricavato da un dram- sollecita per il personaggio di Paolo Albiani ma rappresentato a Madrid nel 1843 e ispi- la scrittura, come da contratto, di un «gran- rato al personaggio storico del primo doge de comprimario Baritono che sia buon At- della repubblica di Genova, di cui era auto- tore, e tale che non debba obbligare il Mae- re ancora quel Antonio García Gutiérrez, stro a proteste».32 Sorpresa nel ricevere un coetaneo di Verdi (1813-1884), il cui lavoro testo in prosa anziché in versi, la Presiden- giovanile El Trovador aveva fornito al com- za ne chiede spiegazioni. Risponde Verdi il positore, tre anni prima, la materia dram- 3 settembre a Piave: matica del Trovatore, opera che stava or- mai dilagando su tutti i teatri europei. Come A che giova finire entro il mese la poesia di Verdi fosse giunto alla scelta di un argo- Simon Boccanegra?. La Polizia, e la Presi- mento mai pubblicato prima d’allora in ita- denza non hanno un programma abbastan- liano e per quale via gli fosse noto il dram- za disteso? anzi non è un programma, ma il ma spagnolo resta ancora un problema irri- Dramma totalmente fatto. Nel libretto non solto, la documentazione finora nota non vi sarà né un concetto né una parola cam- recando precise informazioni in proposito; biata. Cosa importa che per ora sia in prosa per ora si può solo supporre, come suggeri- od in versi? E, come tu hai osservato benis- sce Julian Budden, che la compagna del simo, questo Simone ha qualche cosa di maestro, Giuseppina Strepponi, ne avesse originale, così bisogna che il taglio del li- approntato la traduzione.24 A Parigi è Verdi bretto, dei pezzi etc. etc. sia più originale stesso che stende il programma della nuova che si può. Ciò non può farsi se noi non sia- opera; più esattamente si tratta del «libretto mo insieme. Sarebbe dumque ora tempo in prosa»,25 conforme un metodo di lavoro perduto – Dirai a Torniello, al cavalier Tor- da lui già adottato in precedenza con Piave, niello, all’amico Torniello che stia tranquil- almeno sin dai tempi del Macbeth, e che in lo, che lasci fare a noi che sappiamo molto seguito applicherà anche con Somma per bene fare il mestier nostro e che se Egli Un ballo in maschera e con Ghislanzoni per vuol darsi da fare ve ne è materia e bisogno Aida, 26 al librettista riservando solamente il altrove. Pensi alle decorazioni ed ai costu- compito di tradurre la prosa del “program- mi. Oh le decorazioni potrebbero essere co- ma” in versi musicabili. Nelle intenzioni di sì belle in questo Simone! [...].33 Verdi il viaggio a Parigi avrebbe dovuto conservare un carattere strettamente priva- E ribadisce il 12 settembre: to in quanto riguardava solo alcuni «affari sia di casa, di mobili etc. etc.»27 (ma infine Torna a scrivere tu stesso in mio nome alla avrebbe soprattutto riguardato il processo Presidenza che il Simon Bocanegra che io che egli aveva intentato all’impresario del ho mandato in Agosto non è un programma Teatro Italiano di Parigi, Toribio Calzado, (mi pare che i programmi non si fanno mai accusato di rappresentare le sue opere sen- in questo modo) ma il libretto come deve za pagare i diritti d’autore, 28 processo dal essere, come deve essere approvato dalla quale sarebbe uscito perdente29): «Verdi vie- Censura. – Io ho l’obligo di dare in carne- ne a Parigi, ma il Maestro resta in Italia» vale un’Opera pel gran Teatro della Fenice, aveva scritto a Escudier alla vigilia della e questa volta, per fare una novità, conto di partenza.30 mettere in musica un libretto in prosa! Che Le incombenze parigine non distolgono ti pare?... – Eccomi dumque in perfetta re- tuttavia il compositore dall’impegno vene- gola!... Per ulteriori cambiamenti doman- ziano: già alla fine di agosto, rispettando i deremo una seconda approvazione dalla termini contrattuali, spedisce alla Presi- Censura come benissimo dice il Sigr Presi- denza della Fenice il «libretto in prosa» del- dente.34

98 Frontespizio del «libretto in prosa» di Simon Boccanegra steso da Francesco Maria Piave. (Venezia, Archivio Storico del Teatro La Fenice).

99 Inizio dell’atto terzo nel «libretto in prosa» di Simon Boccanegra steso da Francesco Maria Piave. (Venezia, Archivio Storico del Teatro La Fenice).

100 rôle: Interpretando come una “celia” del compo- sitore la sua intenzione di musicare un li- Per il Boccanera abbisognano una prima bretto in prosa «per fare una novità», la Pre- donna Soprano vero; nel dramma è giovi- sidenza fenicea prima di accordare la pro- netta di 18 a 20 anni: un tenore piuttosto pria approvazione sottomette il libretto al- drammatico: un eccellente baritono, ed un l’autorizzazione della censura, la quale a più che buon basso; di più un baritono sua volta si limita ad approvarlo pro forma, comprimario, ed un secondo tenore. In riservandosi tuttavia di riesaminarlo «vol- quanto al baritono comprimario deve esse- tato in versi lirici» prima di concedere la re molto buono, quantunque non abbia nel definitiva ammissione.35 opera, ne romanza, ne cavatina, ne aria [...]. Deve essere buon attore, e pronunciare as- Alacremente verseggiato da Piave, il libret- sai bene e chiaramente! [...] e siccome l’ore- to viene da questi riconsegnato alla Presi- fice Piero [sic] è uno di que’ ricchi popolani denza il 1° ottobre.36 Ma ben presto Verdi ambiziosi, che abatte i Fieschi e fa ellegge- viene coinvolto al Teatro dell’Opéra per la re a primo Doge un uomo oscuro, vedi che messinscena del Trovatore, di cui era im- potenza; è ottima cosa il vedere un bel uo- minente la rappresentazione nella tradu- mo, d’aspetto imponente, perché è egli che zione francese di Émilien Pacini (Le raggira tutto il dramma e simboleggia la trouvère) 37 con l’aggiunta di un balletto e democrazia. Boccanera è la lotta fra plebe e alcuni ritocchi alla musica. Insomma va a nobiltà.43 finire che anche il Maestro si trasferisce a Parigi... L’impegno dell’Opéra, con l’inter- All’indomani della prima rappresentazione minabile corteo di prove che solitamente del Trouvère, andato in scena, dopo alcuni caratterizzava gli allestimenti di quel tea- rinvii, il 12 gennaio del nuovo anno, Verdi tro, lo vede pertanto costretto a rinviare di si precipita a S. Agata per portare a compi- qualche mese il suo rientro in Italia (in ot- mento la composizione del Simone,44 e già tobre, fra l’altro, è ospite, con la consorte ai primi di febbraio spedisce a Piave i primi Giuseppina, di Napoleone III nella residen- pezzi di musica.45 All’incirca in quegli stes- za imperiale di Compiègne).38 si giorni, inviandogli la versione definitiva Le incombenze francesi peraltro non lo di- del libretto, il compositore rivolge al poeta stolgono dall’impegno veneziano, come ci alcune raccomandazioni per la messa in conferma il carteggio con Piave in quei me- scena46 che rivelano la grande importanza si.39 Tuttavia la lontananza del poeta e le da lui attribuita ad alcuni aspetti dell’alle- lungaggini della posta rischiano di ritarda- stimento in ordine a taluni effetti musicali e re troppo il lavoro di versificazione del li- drammatici; in particolare: nel Prologo il bretto: incalzato dal tempo Verdi si rivolge palazzo Fieschi con balcone praticabile – con scelta tutt’altro che casuale, ma anzi «ben in vista di tutto il publico», nell’Atto I ben ponderata – a un drammaturgo e uomo la vista del mare «luccicante», nell’ultimo politico toscano, Giuseppe Montanelli, esu- Atto i lumi del porto di Genova che «a poco le a Parigi, 40 per la stesura e la sistemazio- a poco, l’un dopo l’altro si spengono»: ne di alcune scene del Simone.41 Più tardi Verdi se ne scuserà con Piave adducendo Cura molto le scene: le indicazioni sono ab- uno stato di necessità.42 Frattanto Emanue- bastanza esatte47 nonostante mi permetto le Muzio, l’ex allievo di Verdi, da Padova alcune osservazioni = Nella prima scena se informa Cerri, segretario della Casa Ricor- il Palazzo di Fieschi è di fianco, bisogna che di, sulla nuova opera del maestro e in par- sia ben in vista di tutto il publico, perché è ticolare sull’importanza del baritono com- neccessario che tutti veggano Simone primario, di cui tratteggia (presumibilmen- quando entra in casa, quando viene sul bal- te sulla scorta di informazioni avute diret- cone, e stacca il lanternino: credo d’averci tamente dal compositore) il physique du cavato un’effetto musicale che io non vo-

101 glio perdere causa la scena - Più desidere- per la stessa opera) la disposizione “mo- rei che avanti la chiesa di S. Lorenzo vi fos- derna”, vale a dire per famiglie di strumen- se un[a] piccola gradinata praticabile di 3. o ti, riunendo in particolare quegli strumenti 4. gradini, con qualche colonna le quali ser- – viole, violoncelli e contrabbassi – che so- virebbero per appoggiare e nascondere ora litamente suonavano “disuniti” ovvero Paolo ora Fiesco... etc. etc. sparsi fra gli altri strumenti: l’adozione di Questa scena deve avere molto sfondo48 una tale misura si rendeva necessaria per Il Palazzo Grimaldi nel I.° Atto non deve l’accresciuto ruolo concertante di tali stru- aver molto sfondo.49 In vece d’una finestra menti nella nuova opera del compositore, e ne farei diverse fino a terra: una terrazza; in particolare per un passo dei violoncelli metterei una seconda tela di fondo colla lu- che per la ripresa di Reggio Emilia (come si na i cui raggi battessero sul mare, che si do- vedrà più avanti) Verdi sarà costretto a mo- vrebbe vedere dal pubblico: il mare sareb- dificare in versione facilitata. be una tela luccicante in pendio - etc. Se io fossi pittore fare certamente una bella scena : semplice e di grande effetto. - - Marzo 1857 Raccomando la scena ultima: Quando il Do- Il Simon Boccanegra va in scena alla Feni- ge ordina a Pietro di schiudere i balconi de- ce il 12 marzo – intervallato dal ballo Bian- vesi vedere l’illuminazione ricca, larga che chi e Negri, azione coreografica di Giusep- prenda un gran spazio, onde si possano ve- pe Rota – con scene di Giuseppe Bertoja, dere bene i lumi che a poco a poco, l’un do- costumi di Davide Ascoli, diretto da Carlo po l’altro si spengono fino a che alla morte Ercole Bosoni e interpretato da Leone del Doge tutto è nella profonda oscurità. È Giraldoni protagonista, Luigia Bendazzi, un momento, io credo, di gran effetto, e guai Carlo Negrini e il basso Giuseppe Echever- se la scena non è ben fatta. Non è neccessa- ria. rio che la prima tela abbia un gran sfondo, L’avvenimento è tale da riscuotere una va- ma la seconda, la tela dell’illuminazione de- sta eco sulla stampa periodica che non re- ve essere ben lontana....50 stò circoscritta, come di consueto, ai gior- nali teatrali del tempo, ma che si estese an- Il 18 febbraio Verdi è già a Venezia per ini- che ai periodici di arte varie e a molti fogli ziare le prove51 e completare la strumenta- ufficiali, a dimostrazione di quanto acuta zione. Se l’esecuzione musicale, specie da fosse l’attesa per la nuova opera di Verdi: parte dei cantanti, sembra soddisfare il giornalisti, critici, cronisti, impresari, agen- maestro (ad eccezione tuttavia dell’inter- ti teatrali, maestri di altre città si recarono prete del personaggio di Paolo, Alessandro espressamente a Venezia: una prassi oggi Sabbatini, cantante di qualche rinomanza del tutto consueta, ma che a quel tempo, al- espressamente scritturato dall’impresa, meno in Italia, era si può dire agli inizi. che Verdi fa sostituire con un altro baritono Informava il corrispondente della «Gazzet- comprimario, Giacomo Vercellini),52 non ta musicale di Milano»: altrettanto avviene per alcuni elementi del- l’allestimento, in particolare in fatto di co- La comparsa di quest’opera pareva a tutti stumi e parrucche. Immediatamente dopo un avvenimento tanto importante per la la prova generale la Presidenza della Feni- gloria del nostro paese, a cui pur troppo po- ce si riunisce per elevare una protesta uffi- che ne rimangono, che da un mese a questa ciale nei confronti dell’impresa Marzi per parte l’era un discorso universale. – Venne- l’“indegnità” e l’“indecenza” del vestiario.53 ro forestieri appositamente da Roma, da Ri- Ma ormai non vi era più tempo per rime- mini, da Bologna, da Firenze, da tutte le vi- diare... È assai probabile che già in quel- cine provincie a frotte.54 l’occasione Verdi facesse adottare dall’or- chestra della Fenice (come un anno più tar- E fin anche da Londra e da Parigi, come an- di sicuramente farà al San Carlo di Napoli notava Giuseppe Rovani sulla «Gazzetta uffi-

102 Locandina per la seconda recita di Simon Boccanegra a Venezia, 14 marzo 1857. (Archivio Storico del Teatro La Fenice).

103 ciale di Milano».55 A tanta aspettativa contri- di allora [...] lo proverà. [...] Venezia in quel- buiva il recente prestigio internazionale che l’epoca, quantunque soffrisse molto del gio- Verdi s’era acquistato con Les vêpres sicilien- go austriaco, era più che adesso città bril- nes sulle scene dell’Opéra di Parigi, ch’era lante, animata, ed il teatro occupava spe- quanto dire il teatro più importante dell’Eu- cialmente la società. Il caffè Florian era fre- ropa a quei tempi, regno incontrastato delle quentato da molti capi ameni, da uomini di fortune di Rossini e di Meyerbeer, e dove spirito, d’ingegno [...]; si facevano discus- inoltre proprio in quei mesi vi stava trionfan- sioni animatissime sul teatro, e può imma- do tradotto in francese. Si sa che ginarsi a quante aspettative prima e a l’esito della prima rappresentazione non fu quante dicerie dopo diede occasione il Boc- molto felice, nonostante la serata si fosse ini- canegra di Verdi; di quel Verdi ch’era già ziata sotto i più lieti auspici, con applausi al divenuto celebre, e a cui i Veneziano dove- Prologo, alla cabaletta di Amelia e al duetto vano serbare riconoscenza per le emozioni Amelia – Simone. Ma già nel corso del primo fatte loro provare coll’Ernani e col Rigolet- atto l’esito diventa contrastato; come informa to, ed anche colla Traviata, quando, dopo Abramo Basevi, al duetto Amelia – Gabriele il averla fischiata, ebbero la compiacenza di pubblico applaude i cantanti, ma «biasima il capirla e di applaudirla.57 maestro col zittire». Al Finale dell’atto primo Ed ecco come Filippi si esprimeva in aper- il pubblico zittì a più riprese. Il second’atto tura della sua corrispondenza alla «Gazzet- tutto passò sotto silenzio. Al terzo poi, stan- ta musicale di Milano» all’indomani della chi gli spettatori di tanta noia, s’impazienti- prima veneziana del Simone: rono, e zittirono a più riprese. [...] Il pubbli- co rise a quest’ultime parole dello spartito Il publico lo si dice comunemente rispetta- È morto… bile: infatti il publico ha il diritto ad un cer- Pace per lui pregate.56 to rispetto, perché alla sua forza imponente e quasi brutale nulla si può opporre: il tem- In totale disaccordo con il giudizio del pub- po solo è il giudice inesorabile che distrug- blico quello di un giovane corrispondente ge tutte le aberrazioni passaggere, i capric- della «Gazzetta musicale di Milano», desti- ci di questa idra dalle mille teste, che oggi nato ben presto a rinomanza e prestigio na- applaude e domani schernisce, che oggi zionali, Filippo Filippi; pervicacemente adora e domani vitupera, che non ricorda convinto delle bellezze e delle novità del Si- mai e molto meno riflette o ragiona, ma si mone, ventiquattro anni più tardi, in occa- modifica sempre a seconda delle impres- sione della nuova versione, Filippi ristam- sioni fuggevoli, capricciose del momento, e perà tal quale sulla «Perseveranza» la corri- si lascia trascinare alle più opposte manife- spondenza inviata da Venezia nel lontano stazioni di aggradimento e di biasimo per marzo del 1857, facendola precedere da un un cieco impulso, per prevenzione, per ec- ricordo di quell’avvenimento: cesso di buono o di cattivo umore. – Ma questi giudizi del publico che in faccia a sé Quando nel marzo del 1857 si diede alla Fe- medesimo sono tanto rispettabili, e in piaz- nice di Venezia il primo Boccanegra non za e in teatro, lo sono poi ugualmente quan- giacque alla generalità per la semplicissi- do il buon senso individuale, la logica, la ma ragione che la musica in molte parti critica li pone al crogiuolo? Oh no davvero! dell’opera segnava un progresso straordi- [...] Essendo un’impressione complessa, nario nel compositore, rivelava in lui il fu- molteplice, variabilissima che influisce su- turo autore dell’Aida, e, per dir tutto, pre- gli spettatori, avviene che le composizioni correva i tempi. Pochi ci furono che la ap- di un certo genere, eminentemente belle, prezzassero al giusto valore, e fra quei po- sublimi, fine, e specialmente tolte un po’ chi, mi si conceda questo piccolo sfogo d’a- dalle forme abituali, non possono agire di- mor proprio, c’ero anch’io; il mio articolo rettamente e sùbito sul publico, il quale

104 non ama di pensare, ed applaude a quei so- to per , almeno questa volta. li effetti ch’egli al momento crede nuovi, Tuttavia, leggendo alcuni giornali dell’epo- ma che assai di rado lo sono. [...] L’esito ca, l’impressione era che al Simone fosse della prima rappresentazione del Boccane- arriso il successo. Questa impressione poté gra fu eguale a quello della Traviata: per derivare dal fatto che molti giornali aveva- l’onore e la gloria dell’illustre compositore no riportato la recensione della «Gazzetta noi desideriamo solamente che quest’opera previlegiata di Venezia», il cui autore, Tom- abbia anche in avvenire le stesse sorti della maso Locatelli, godeva di grande prestigio Traviata, quantunque convinti che sotto un nell’opinione dei contemporanei. Ora, Lo- certo punto di vista la sia di molte superio- catelli aveva steso il suo commento solo re. – Quando si pensa con quale aspettazio- dopo la seconda rappresentazione, al fine ne si attendeva il nuovo lavoro di Verdi, pa- di poter esprimere un parere più meditato. re impossibile che un publico così scelto e E, guarda caso, proprio la seconda rappre- composto di gente venuta d’ogni paese a sentazione ebbe applausi tali, con ben di- bella posta s’abbia in teatro messo in uno ciannove chiamante al compositore, da far stato d’apatia, d’indifferenza, e specialmen- pensare a un rovesciamento delle sorti del- te di disattenzione, tale da poter dire con l’opera se le successive repliche non aves- coscienza che il Boccanegra non fu nean- sero poi confermato, in buona sostanza, il che giudicato dal publico perché non lo ha contrastato esito della prima sera. Il buon ascoltato.58 Locatelli, memore del fiasco e della resur- rezione di Traviata, si ritenne in dovere di Pericoloso, certamente, avvilire a tal punto precisare che gli applausi della seconda se- il giudizio del pubblico, quasi che questi ra erano la manifestazione del pubblico ve- non costituisca in effetti una componente neziano, laddove le disapprovazioni della indispensabile dello spettacolo teatrale e prima sera erano da attribuirsi ai forestieri: quasi che ad esso, quale organismo “pen- sante” e “intelligente”, non sia rivolta per [...] il Verdi, o almen la sua opera, ha non l’appunto l’opera d’arte, tanto più se questa, pochi avversari; ma per onore del nostro come nel caso delle opere di Verdi, mira gentile paese, dobbiamo pur dichiarare che esplicitamente al più vasto consenso popo- certi segni di sfavore, troppo eloquenti ed lare, anche, e soprattutto, se a dispetto del- aperti, non mossero da labbro veneziano. la critica togata e del parere dei savants. Ma Fu una importazione di fuori.61 la stizza provocata dalle inconsulte disap- provazioni del pubblico veneziano, anche Questa affermazione fu la scintilla che ac- se in parte provocate – come si andava sus- cese una polemica che venne tosto a intrec- surrando in quei giorni – da una “cabala” ciarsi con altra, di segno opposto, suscitata ordita in primis nei confronti dell’editore dalla «Gazzetta musicale di Milano», la Ricordi, poteva giustificare lo sfogo del gio- quale accusava apertamente il pubblico ve- vane Filippi, il quale, in fin dei conti, fu uno neziano di non aver capito nulla dei pregi dei pochi, anzi dei pochissimi, a vedere dell’opera. A Locatelli rispose prontamente giusto nei pregi dell’opera e a intuire l’evo- un giornalista dell’«Orfeo», foglio teatrale luzione stilistica del compositore. veneziano di recente fondazione e di effi- Ma per Verdi, che non ama i mezzi termini, mera vita. Costui, che si rivelerà poi essere si tratta di un «fiasco quasi altrettanto gran- l’agente teatrale Felice Vianelli,62 sostenne de che quello della Traviata. Credeva di invece che gli applausi della seconda sera aver fatto qualche cosa di passabile ma pa- erano “pagati” e provenivano dai numerosi re che mi sia sbagliato»: così al napoletano forestieri calatisi precipitosamente da Mi- Vincenzo Torelli.59 In termini analoghi lano a Venezia in soccorso alle fortune di scriverà poi, una volta rientrato a S. Agata, Verdi e della Casa Ricordi: a Clarina Maffei e a Luccardi.60 Di chi la colpa? Non certo dei cantanti, come era sta- È cosa ben naturale che l’editore dopo ave-

105 re sborsato così alla cieca, come se fosse suo nuovo spartito, capitanato da alcuni certo del fatto suo, un’ingente somma per Maestri fischiati e alimentato da emissarii e l’acquisto dello spartito, doveva di conse- confidenti di lontani Editori, e ciò forse per- guenza fare dei grandi sforzi onde poter dar ché la storia continui a registrare ne’ suoi adito al giornalismo, nostrano e forestiero, volumi, che i forti ingegni furono mai sem- di scrivere alcunché di favorevole, d’inte- pre perseguitati, e possibilmente oppressi, ressante, di piacevole, di lusinghiero sulla dagli inetti e dai tristi. Intanto i signori Im- fortuna del medesimo, ma ci duole in vero presarii avranno una nuova Opera da pro- il dover manifestare al signor editore che durre, e un’Opera che altrove, non attraver- questa volta ha fatto i conti senza quella sata da cabale, né contrariata da sciocche buona lana dell’oste! credeva egli che 2 o fazioni, empirà i loro teatri [...]. 300 biglietti sarebbero stati bastevoli per poter far vedere al mondo artistico e intelli- È un fatto che l’alto prezzo dei noli che pro- gente il poco buon senso del pubblico vene- prio in quegli anni Ricordi poneva a condi- ziano? – Valga a solenne smentita il succes- zione per le rappresentazioni delle opere di so della terza rappresentazione, in cui se Verdi, giusto nel momento in cui esse era- non è stato più severo il giudizio, non è sta- no fra le più richieste (in particolare Rigo- to al certo più favorevole di quello della pri- letto, Il trovatore e Traviata), andava susci- ma, sul quale gli si può permettere di far tando forti contrasti nel mondo impresaria- tessere un’infilzata di lodi come si convie- le ed editoriale. D’altro canto i cospicui ne… se i fischi glielo permettono.63 profitti che in quegli anni Verdi si stava procurando con le sue opere non mancava- Per tutta risposta Tito Ricordi – sebbene no di suscitare invidie e rancori. È signifi- con un ritardo che (come rilevava il critico cativa in proposito una frase d’una lettera della «Fama» di Milano, che aveva riportato di Muzio a Tito Ricordi da Venezia, del 29 l’articolo dell’«Orfeo») non poteva non in- gennaio 1857, a quaranta giorni dalla “pri- sospettire – pubblicava sulla sua «Gazzetta» ma”: «Petrella ha egli finito di inventare una “dichiarazione” in base alla quale egli ciarle sopra Verdi?… Egli scrive per niente, si teneva però mediante L. 1200 di nolo». Da notare che l’editore di Petrella era per l’appunto pronto e disposto di corrispondere un visto- Francesco Lucca, e che Petrella in quei so regalo in denaro per ogni viglietto che giorni si trovava a Venezia, ivi incaricato, sarà provato e giustificato avere io, sia di- ancor prima di Verdi, per un’opera nuova rettamente che indirettamente, dato, o pa- da rappresentarsi all’inizio della stessa sta- gato, o procurato a qualsiasi persona in- gione in cui fu dato il Simone, e che egli tut- giungendole o insinuandole di dovere per- tavia rinunciò a dare per improvvisa ma- ciò applaudire e sostenere l’opera Simon lattia…64 Le fortune finanziarie di Verdi Boccanegra. avevano “scioccato” anche un critico della tempra di Giuseppe Rovani, che così inizia- Indubbiamente una certa atmosfera cabali- va la sua corrispondenza alla «Gazzetta uf- stica sembrava sovrastare le recite del Si- ficiale di Milano»: mone; questa era almeno l’impressione del corrispondente del «Pirata» di Torino, il Il giorno 11 di questo mese, ben si può dire quale dopo la terza sera scriveva, con aper- che la terra ferma siasi versata in Venezia ta allusione all’accanito concorrente di Ri- attratta dal desiderio vivissimo di sentirvi cordi, quell’editore Francesco Lucca, con il un nuovo lavoro di colui che oggidì tiene il quale Verdi aveva da anni troncato ogni primo posto tra i maestri in Italia, e nei due rapporto: mondi, per diritto di conquista, seppe pene- trare col sistema coloniale dell’Inghilterra Non vi celo però che esiste un partito d’op- applicato al regno della musica, e primo posizione contro il grande Compositore e il ebbe dalla fortuna il segreto d’innalzare il

106 valore metallico delle crome a inaudita ric- nia escita di bocca con uno sbadiglio a un chezza. – Quando un lavoro, composto in letterato digiuno, il cervello una macchina tre mesi, può fruttare centomila lire, mette da zecca. Sfamatevi, dunque, o maestro, e nel basso mondo, verso colui che sa compir voi eziandio suo coadiutore Tito di Giovan- tale miracolo un genere di stima particola- ni Ricordi, commensale di mascelle doppie, rissimo che è quasi superiore alla stessa edificatore di sontuose ville su i laghi, e fa- ammirazione che si ha per l’ingegno. Per voreggiatore splendido di gazzette [...]. queste cose e per la ragionevole e grandis- Avanti, avanti, il secolo sta per voi, e non è sima aspettazione in cui fu messo il pubbli- niente vero che la povertà sia stata per gli co rispetto al nuovo lavoro di Verdi, e per uomini di gran mente il più bel loro patri- l’amore dell’arte ed anche per quello del- monio, e stimolo ed esca al loro spirito. [...] l’interesse, è facile dunque a comprendere, I miei complimenti, signori, pel vostro ap- che se il teatro della Fenice avesse pur avu- petito; ricordivi di quel cagnucciaccio pien to doppia capacità, appena sarebbe bastato di croste che sta sotto la tavola aspettando al numero degli spettatori impazienti, fra’ qualche minuzzolo, e che vo’ chiamate quali ci trovammo anche noi che, trovan- Cecco Maria. Mangino, mangino, signori; doci per altre incombenze a Venezia, ci af- prosit, e secondo la mia intenzione.66 frettammo al teatro in virtù dell’amore pla- tonico che portiamo all’arte italiana; e fra’ E via di questo passo. Come s’è già accenna- quali si trovarono uomini venuti espressa- to, la seconda rappresentazione viene accol- mente fin da Londra, fin da Parigi non atti- ta da applausi calorosi. Ma è un fuoco di pa- rati però da altra cosa che dal consiglio del glia. Alla terza sera ritornano i contrasti. L’o- senator Tridenti.65 pera si regge sino al termine della stagione per altre tre sere, ma l’esito complessivo non Alcuni mesi più tardi il tema delle ricchez- muta. Dopo la terza rappresentazione, avve- ze di Verdi e dell’esosità di Ricordi, poste a nuta il 15 marzo, Verdi fa ritorno a S. Agata, confronto con la miseria di «quel cagnuc- dove lo raggiungono due lettere di Piave che ciaccio» di «Cecco Maria», al secolo France- lo ragguagliano sulle successive recite. La sco Maria Piave, verrà ripresa dall’appen- prima lettera è del 18 marzo: dicista della fiorentina «Lanterna di Dioge- ne», il quale si esibirà in una sfuriata di [...] È dir molto, ma è dir vero, dopo la tua questo genere: partenza sono più mona del solito, e credo che non potrò riavermi se non dopo averti Il SIMONE del Verdi è Opera da trafficante, abbracciato a S. Agata. Sto molto solo e e per di più simoniaco. Non è forse un adul- molto a casa perché Venezia è ora divenuta terare per danaro le cose sacre, il vendere un campo di discussioni sul merito del Boc- la divina arte della Musica come adopera in canegra. Figurati quante coglionerie si di- oggi il maestro di Busseto? Egli non è più a cono! Ah basta! questo modo un gran maestro; è un mer- Avrai letto l’articolo del Padre Tommaso.67 cante di capperi all’ingrosso. [...] Quanto al- È deciso ch’egli debba far tutto incompleto. la esecrabile fame dell’oro, secondo la de- Vi sono dentro due o tre gaglioffate da petu- nomina il buon Marone, ci sarebbe da ro- lante ragazzo, e quell’asserzione che le di- vesciare il pellicin del sacchetto. Che basta sapprovazioni furono importate perché gli in oggi esser agiato? Miscee: per essere eroi nelle cui vene scorre il sangue di quei qualcosa daddovero, bisogna esser ricco tali 14 secoli non hanno fatto che applaudi- sfondato. E il maestro Verdi ha capito a me- re!!! E perché alla terza recita ci fu più fred- raviglia questa santa sentenza del secolo, e do che alla seconda? Peggio per loro… Io li sapientissimamente l’ha messa in pratica. ho battezzati villani, il tempo li cresimerà Ove in cento giorni si può guadagnare un asini. Bisognerà però farne una eccezione, centomila lire, l’Italia diventa un nome perché la parte sana è ancora sorpresa del- astratto, il sacerdozio delle arti una fando- l’avvenuto.68

107 Pagina dalla partitura di Simon Boccanegra (Prologo, scena V). (Venezia, Archivio Storico del Teatro La Fenice).

108 no una netta diminuzione, quasi un crollo, «Sto molto solo e molto a casa»: c’è da cre- dopo la prima recita: alle £ 3.351,50 della dere che Piave, frastornato dalle critiche e prima sera fa riscontro una media di £ dai pettegolezzi al punto da ammalarsi, vi 1.780 nelle due successive, e di £ 1.400 cir- rimanesse rintanato fino al momento in ca nelle tre ultime repliche. Il Simone non cui, qualche anno dopo, raggiunta l’unità ritornerà a Venezia se non nella nuova ver- d’Italia, lascerà Venezia per sempre per sta- sione, e ciò avverrà alla Fenice il 7 febbraio bilirsi a Milano… Venezia gli era divenuta 1885, a quattro anni dalla première scalige- ormai un campo minato. In una lettera a ra. Ricordi del maggio 1857 si firmerà: F. M. Piave da Murano… La sua seconda lettera è del 20 marzo, dopo la quarta rappresenta- Echi della stampa zione: La critica manifesta perplessità e qualche sconcerto di fronte all’oscurità dell’azione e [...] Ieri poi, ristabilita la Bendazzi, fu ripre- soprattutto di fronte ai nuovi aspetti forma- so il Boccanegra. I palchi erano tutti, e ca- li, alla maggiore importanza dei parlanti e ramente venduti e vi concorsero circa 600 dei recitativi accompagnati, al predominio Biglietti. Quanto all’esito fu quello della ter- del canto declamato su quello ornato e alla za recita più un solenne applauso al duetti- prevalenza delle combinazioni armoniche no che precede il terzetto ed il terzetto istes- sulla melodia spiegata, alle novità della so, come pure al grande quartetto dell’atto strumentazione. Due anni più tardi Abra- 3°. mo Basevi definirà lo stile del Simone una Non ti taccio peraltro che vi fu la solita op- «quarta maniera» con la quale il composito- posizione sistematica, alquanto inacerbita re «viene accostandosi alquanto alla musi- dalla chiusa dell’articolo di Padre Tomma- ca germanica [per] seguitare le tracce del so, il quale credette far bene, e come D. De- famoso Wagner».72 L’azione appare indeci- siderio fece peggio. Miseria, miseria, mise- frabile ai più: un’«arruffata matassa, un in- ria!!! Io però se fossi Ricordi avrei il corag- tricato laberinto» giudicherà più tardi il li- gio di vendicarmi non acconsentendo per bretto un critico fiorentino73 (e tale per la nessun mezzo, che per un tempo almeno, si verità resterà anche dopo le aggiustature di dessero a Venezia tue opere. Vorrei punirli Boito...). A fare le spese dell’insuccesso è questi sciocchi ragazzi, questi beduini inde- soprattutto il libretto. Un tal Dr. Segré non centi, questi ciechi che abborrono la luce si ritiene dal sentenziare, a un mese dalla [...].69 prima:

Ragguagli sulle repliche provengono a Ver- Un Giornalista di questo mondo, pochi di anche dal dottor Cesare Vigna, medico giorni sono nomava esimio poeta il signor quant’altri mai cattolico fervente, che scri- F. Maria Piave: forse egli intendeva di fare vendo il 23 marzo,70 accenna all’«esistenza un epigramma.74 di un partito avversario organizzato in pie- na regola» e sostenuto «con dell’oro» da al- Piave – che pure era stato per così dire l’ar- cuni «ricchi israeliti, impegnatissimi a so- tefice del quinto contratto di Verdi con la stenere certo M° Levi (dell’antica tribù)», e Fenice, e autore forzato di un libretto il cui intravede nell’insuccesso del Simone «una argomento egli non aveva scelto, il cui sce- mano dello stesso Meyerbeer»… Tutta la nario egli non aveva steso, e i cui versi in colpa, insomma, per questo pio uomo di parte non erano di suo conio – diviene il scienza è, al solito, degli ebrei… principale capro espiatorio dell’infelice esi- Le rappresentazioni del Simone ammonta- to del Simone. Del resto mai libretto fu no in tutto a sei,71 in luogo delle dieci o do- stroncato così pesantemente, al limite del dici su cui la Presidenza fenicea sperava di dileggio, con toni anche bassamente volga- contare. I “borderò” degli incassi registra- ri. Perfino Locatelli, vecchio amico di Pia-

109 ve, deve contorcersi onde esimersi dall’e- lissima serva della soverchiante sorella», sprimere un parere schietto e sincero: cioè la musica, non bada più che tanto alla qualità della versificazione, ma rileva piut- Quanto a’ versi, non ne discorriamo. In un tosto le tinte «opportunissime al colorito tempo di tanta confusione d’opinioni e di musicale» e le «situazioni non refrattarie al- gusti [...] in verità non si capisce più nulla: l’espressione drammatica».78 Ed è da anno- le leggi della critica o le teste degli uomini verarsi anche Filippi: cambiarono, ed io non m’arrischio a profe- rire più nessuna sentenza. Potrei chiamar Quanto al libro, a leggerlo è un po’ ingar- buoni i versi del Piave, potrei chiamarli cat- bugliato, ma a vederlo cogli occhi e vivifi- tivi, ed avere torto egualmente. E poi chi cato dalla musica aquista interesse, offre si- bada ora alla veste poetica ne’ libretti? [...] tuazioni bellissime, è condotto con quella La musica conculca la poesia; fa strazio perizia che il Piave può vantarsi a buon di- della parola, e purché ne sorga la nota, tan- ritto di possedere.79 to fa l’una che l’altra. Quello che è certo è che il poeta presentò al maestro una nuova Dal canto suo Niccolò Barozzi se la prende e varia tela, che il suo dramma ha un certo prima di tutto con Verdi, riproverandolo di scenico effetto, e pietosissime situazioni.75 aver sempre scelto cattivi poeti, benché buoni quasi sempre fossero tuttavia gli ar- Da parte di Basevi la condanna di «questo gomenti: mostruoso pasticcio melodrammatico, su cui erano fondate tante speranze del mae- ispirandosi egli al suo ingegno, rinvenuta stro» è netta: che ebbe una scena che gli piaceva, la vesti- va di soavissime note senza forse neppur co- Io ho dovuto leggere non meno di SEI VOL- noscere le parole che dovevano esprimerla TE attentamente questo libretto per capirne, al pubblico, appoggiato al principio che la o credere di capire, qualche cosa.76 musica è tutto, il libretto niente. Ma il giorno della disillusione è venuto; possa questa es- Tuttavia è proprio il corrispondente del- ser utile al grande maestro, ché ne guada- l’«Italia musicale», il giornale del concor- gnerà molto l’arte e la patria.80 rente di Ricordi, Lucca, a prendere le difese Per il corrispondente del «Pirata» il libretto di Piave: dell’inevitabile Piave è un po’ imbrogliato, Si dice dai più che i versi sono trascurati e è un insulto alla grammatica ed alla logica, antipoetici. A me pare invece che in pochi se vogliamo; ma andatelo a dire, se ne ave- libretti del Piave v’abbia tanta accuratezza te il coraggio, al Verdi! Come Rossini che di stile e tanta abbondanza di versi facili, e musicava ogni scempiaggine, come Doni- talvolta eleganti. Né mancano le situazioni: zetti che qualche volta non dava importan- difetta invece di chiarezza, ché la tela offer- za nessuna ai versi (al punto di farne ei me- ta al Piave dal dramma di Guttierez era desimo), Verdi non bada che alle situazio- troppo vasta per poter esser chiusa senza ni, e tira un velo sul resto.81 pericolo di soffocazione, nei limiti ristretti di un dramma per musica.77 Fra i tanti pettegolezzi sparsisi dopo l’infe- lice esito del Simone anche quello d’essere Mancanza di chiarezza: un monologo che il vero autore del libretto lo stesso Verdi accompagnerà le vicende del primo Bocca- (un pettegolezzo che pure nasconde, come negra per tutto il corso della sua poco più s’è visto più sopra, una sacrosanta ve- che decennale esistenza. Fra i pochissimi a rità…). Se ne fa eco il sullodato Cesare Vi- non scagliarsi contro il libretto è da annove- gna per informarne il compositore appena rarsi Giuseppe Rovani, il quale, pur lamen- rientrato a S. Agata: tando che la poesia sia ormai divenuta «vi-

110 Giuseppe Bertoja, Una piazza di Genova. Bozzetto per il Simon Boccanegra (Prologo). Prima rappresenta- zione assoluta al Teatro La Fenice di Venezia, 12 marzo 1857. (Venezia, Museo Correr).

111 Sebbene io non vi annetta certa importan- Il Boccanegra non è lavoro da giudicar su za, avvezzo come sono alle spiritose inven- due piedi [...]. Però non esitiamo punto nel zioni di questa brava gente, tuttavia ti noti- dichiarare in faccia a qualsiasi giudizio im- fico per , essersi diffusa la voce, che maturo, e appellandoci a quello di tutti i il libretto è una tua composizione.82 teatri italiani e stranieri in cui sarà applau- dito il Boccanegra, che la è una delle più È nota la risposta, più volte riportata dai belle composizioni anzi inspirazioni del biografi, resa da Verdi in data 11 aprile a te- maestro Verdi: asseriamo con coscienza e stimonianza della stima e dell’affetto del convinzione che il compositore non ha mai maestro per il suo poeta veneziano: in nessuna delle sue opere passate portata l’interpretazione drammatica ad un grado Non ci mancava altro che inventare essere eguale d’evidenza e di espressione, che il libretto di mia composizione!!!. Un libret- giammai l’istromentale non fu tanto ele- to che porta il nome di Piave è giudicato gante, semplice e studiato ad un tempo, ric- d’avvanzo come pessima poesia: ed io fran- co di effetti nuovissimi, imitato a nessun camente sarei contento se fossi buono da genere né nostrano né oltremontano: asse- fare delle strofe come: riamo che v’ha abbondanza di canti affet- Vieni a mirar la cerula tuosissimi, nuovi, insinuanti, inspirati, e ...... che queste cantilene compongono la mag- Delle faci festanti al barlume, gior porzione dell’opera, la quale ha po- ed altre e altre, con tanti altri versi sparsi chissimi pezzi d’insieme.84 quà e là. Confesso la mia ignoranza non son buono da tanto.83 Invece per il prudente Tommaso Locatelli il giudizio rimanse sospeso: Forse, per porre fine a questi pettegolezzi e ristabilire in qualche misura la verità, sa- La musica del Boccanegra non è di quelle rebbe stata opportuna da parte del compo- che ti facciano subito colpo. Ella è assai ela- sitore una sua pubblica dichiarazione. Ma borata, condotta col più squisito artifizio, e non era nel carattere di Verdi (e non lo sarà si vuole studiarla ne’ suoi particolari. Da mai) ricorrere a questi mezzi. Suo unico ciò nacque che la prima sera ella non fu in modo di comunicare col pubblico: scrivere tutto compresa, e se ne precipitò da alcuni opere. E basta. Ma ben al di là della qualità il giudizio [...]. Ciò che può in qualche mo- intrinseca dei versi e della trama aggrovi- do spiegare quella prima e sinistra impres- gliata e oscura, resta pur sempre il fatto che sione, è il genere della musica forse troppo il Simone, già nella prima versione, è opera grave e severa, quella tinta lugubre che do- fra le più coraggiose ovvero sperimentali di mina lo spartito, e il prologo in ispecie.85 Verdi, fra quelle in cui più si esprime, per dirla con le parole di un cronista dell’epo- Quasi un bollettino di guerra la relazione ca, la volontà dello stile. Come già con lo del corrispondente dell’«Italia musicale», Stiffelio, il musicista compie un ulteriore organo di Casa Lucca: scarto in avanti che i contemporanei non sono in grado di seguire. Nel disorienta- [...] emerge chiaro e lampante la poco favo- mento generale di pubblico e di critica fa revole impressione lasciata nel publico no- eccezione il giovane Filippo Filippi, che stro da questa nuova opera del Verdi, la non esita a giudicare il Simone una nuova quale se difetta d’immaginazione, è però tappa nel progresso artistico di Verdi, anzi sempre lavoro che appalesa l’alto ingegno un nuovo capolavoro, auspicando per esso del Verdi, e che se non meritava gli applau- le stesse sorti della Traviata infelicemente si quasi entusiastici del prologo e del primo caduta alla Fenice e trionfalmente risorta atto, non meritava neppure i molti zitti, un anno dopo al teatro in San Benedetto: confusi a qualche sibilo e a qualche atto di scherno, onde vennero accompagnati il ter-

112 zo ed il quarto. [...] Dopo lo spettacolo, pa- tro un movimento difficile di violoncelli e reva imminente una guerra civile. Che viole, perché, scrive a Ricordi, «questi Istro- questioni accanite! che pareri discordanti! menti sono quasi sempre nelle nostre or- Alcuni trovavano nel Boccanegra una sor- chestre razze di cani»89 (il passo sarà tutta- gente di bellezze inesauribile, altri un po- via ripristinato nella versione del 1881 in tente sonnifero, i più moderati (ed io sono diversa tonalità).90 Due altri ritocchi ri- del bel numero uno) lo dicevano lavoro guardano le ultime misure del finale del- dotto e conscienzioso, ma privo affatto d’i- l’atto II con l’aggiunta di nuovi versi per Si- spirazione. Meno male che non s’è versato mone,91 e la replica di uno squarcio nel sangue [...].86 Quartetto finale dell’opera.92 Più importanti le modifiche introdotte nel- E infine le conclusioni di Rovani dopo l’in- l’allestimento scenico, in particolare nella successo della prima sera (ma informato prima parte dell’Atto I, che alla Fenice si sull’effimero successo della seconda sera): svolgeva interamente all’interno del Palaz- zo dei Grimaldi: a Reggio Verdi fa svolgere Ma ora per codeste due rappresentazioni l’inizio dell’atto (comprendente l’aria di l’una contro l’altra armata, si riscalda la Amelia, il duetto Amelia - Gabriele e il questione: in quale delle due sere il pubbli- duetto Gabriele - Fiesco) all’aperto, in un co sia stato più vicino alla Giustizia? men- giardino del palazzo; scrive infatti a Tito tre pende adunque la sentenza finale di Ricordi il 27 aprile 1857: cassazione, noi in via di consulto, e conser- vando il diritto di poterci sbagliare [...] noi A Reggio si aggiungerà una scena nel prin- portiamo opinione che questa [opera] sia cipio del 1.° Atto e si farà un giardino onde magistralmente scritta, ma non ispirata, togliere la monotonia di tanti interni: prima ma povera di idee, e, quel che più fa senso, di stampare il libretto aspetta dumque le in- destituita di quella dote prima onde il Verdi dicazioni che ti manderà Piave. Spero che a emerse fra tutti, la felice volontà dello stile; Reggio si cambierà il vestiario perché quel il sistema drammatico vi è portato [...] a di Venezia era, a mio gusto, detestabile. Mi quel punto d’esagerazione che la musica, son presa la libertà di proporre a Marzi che cessando dalle sue vere attribuzioni, si tra- tu pagheresti la metà dell’importo dei figu- smuta in un’arte ibrida, la quale non è né rini che si farebbero fare di nuovo da Per- carne né psce, e che più del coraggioso pro- roni.93 posito di trovar nuove vie all’arte, accusa il bisogno di ajutarsi di artifici mancando il Otto giorni dopo Piave comunica a Ricordi vigor nativo del sangue.87 alcune piccole modifiche al libretto e la nuo- va disposizione delle scene, che oltre all’ag- giunta della scena «del giardino» comporta Primavera 1857: alcune varianti ad altre scene dell’opera.94 le modifiche per Reggio Emilia Quanto al nuovo vestiario, Perroni provvede In primavera l’opera viene riproposta a a spedire in tutta fretta a Reggio i figurini; Reggio Emilia nel corso della stagione purtroppo manca il tempo materiale per far- inaugurale del nuovo Teatro Municipale, li realizzare dalla sartoria veneziana; scrive allestita essa pure dai fratelli Marzi, ancora Piave a Ricordi il 2 maggio: con Giraldoni protagonista e con la Ben- dazzi; nuovi rispetto a Venezia il tenore Fu stabilito di rinovare i figurini, ma tornato Pietro Mongini, il basso Gio. Batta Cornago a Reggio, Marzi mi convince coi contratti al- e il baritono comprimario Carlo Favi.88 la mano, che essendo obbligato di dare alla Verdi stesso s’incarica di porla in scena, co- Sartoria le ordinazioni del vestiario 25 gior- gliendo così occasione per apportare alcuni ni almeno prima dell’andata in iscena non ritocchi alla musica e al libretto. Quanto al- c’era il tempo materiale di rifare i figurini a la musica il compositore semplifica fra l’al- Milano, farli venir qui, poi mandarli a Vene-

113 zia perché sieno eseguiti. [...] In ogni modo un velo melanconico in tutta l’opera. Non è fui da Marzi, il quale mi disse che poiché ci popolare, tanto più che il Verdi ci aveva sono questi belli figurini, possiamo mandar- abituati ad una soverchia facilità, come nel li, perché servano di norma a migliorar più Trovatore e nel Nabucco. Dappertutto bel- che si potrà quello che non fosse allestito. lezze e novità artistiche, non bello facile e Noi dunque oggi stesso li spediremo e tu popolare. S’inganna chi la chiama opera di continua a mandarli di mano in mano che stile tedesco, e sebbene abbia una tinta Peroni te ne darà. Se non riusciremo ad uti- eminentemente drammatica, non ha nulla lizzarli tutti questa volta potranno servire che fare con Meyerbeer. Vi è canto italiano, benissimo pella riproduzione in qualche al- cioè condotto ad ispirazione [...].99 tro grande teatro.95 Meno positivo, invece, il commento di un E il 15 maggio: corrispondente dell’«Italia musicale»:

Ho presso di me tutti i figurini che non fu- [...] fu trovata questa musica monotona an- rono spediti a Venezia, di dove cercherò ri- zichenò, piena di riminiscenze e priva di tirare i già inviati, e poi te li respingerò tut- quei slanci caratteristici che costituiscono il ti. Verdi è contentissimo di quelli che ha vi- bello vero e reale. [...] Forse l’opera più sen- sto.96 tendola potrà più piacere: ma questo è al- quanto problematico: vedremo in seguito. Nella città emiliana l’opera va in scena il 10 Quello che è certo si è, che la parte stru- giugno 1857 con le scene Girolamo Magna- mentale è la più curata e la più studiata, ed ni (lo stesso che ventiquattro anni più tardi il Verdi cavò effetti nuovi dall’accoppia- curerà alla Scala le scene per la versione mento di istrumenti diversi. Bellissimo in- riformata dell’opera):97 l’esito non assume vero è l’effetto della musica del sogno. Il toni entusiastici, ma il successo è comun- Verdi non è più quello delle sue prime ope- que caloroso, tale da far sperare in una re- re. In quelle v’è forse eccesso, in questa hav- surrezione dell’opera. Scrive il compositore vi difetto di istrumentazione. Forse che il a Ricordi dopo la terza recita il 14 giugno: Verdi vuole creare un nuovo metodo, inizia- re un altro gusto? [...].100 Il Simone andò bene la prima sera: fù un poco freddo la seconda; e jeri sera andò be- nissimo.98 1857 – 1858: dal fiasco di Firenze ai successi di Roma e Oporto La critica, nel rispecchiare gli umori del Purtroppo, pochi mesi dopo, la sera del 23 pubblico, sembra abbastanza favorevole. Il ottobre, alla Pergola di Firenze il Simone – corrispondente della «Gazzetta dei teatri» nonostante interpreti di prestigio quali Gio- conferma tuttavia trattarsi di opera di non vanni Guicciardi, Augusta Albertini e Carlo facile ascolto: Baucardé che suscitano il pieno favore del pubblico – va incontro a un deciso insuc- È da notarsi la differenza tra il bello vera- cesso che sembra ribadire in proporzioni mente artistico, che ha bisogno di studio ancor più negative il giudizio decretato dal per comprenderlo, diverso dal bello popo- pubblico veneziano intorno al valore intrin- lare e di facile intelligenza. Pregio principa- seco dell’opera. Fu un vero fiasco. Anzi peg- le dell’opera è l’orchestrazione che è origi- gio. Il pubblico e fin gli stessi interpreti a un nale, e tutta una musica troppo melanconi- certo punto dell’opera si misero a ridere e a ca (colpa del soggetto) dal principio alla fi- sghignazzare rumorosamente, compromet- ne. [...] L’opera intiera è bella, di una bel- tendo irreparabilmente una rappresenta- lezza artistica; è ammirabile il lavoro degli zione che, anche questa volta, era comin- strumenti a corda, esso lascia a desiderare ciata abbastanza favorevolmente, almeno un po’ più di movimento musicale essendo fino al duetto Amelia – Gabriele nel primo

114 atto. Inutile qui riportare – se non ai fini di uno dei cantanti (non starò a farvi il nomi- una dilettevole lettura da farsi alle spese nativo) invece di cantare – Ella è salva dell’opera di Verdi – le tante critiche dei pe- cantò a piena gola – Ella è SALVIA (SAL- riodici fiorentini e le non meno numerose VIA, erba sedativa, buona per le scottature, corrispondenze dei giornali forestieri: la decotto, ecc. ecc.). Intanto i noiati e malcon- condanna è pressoché unanime. Delle risa- tenti di platea cantarellavano sottovoce – te del pubblico, oltre che nelle cronache del non è salva – alludendo all’opera, che peri- tempo, è rimasta testimonianza nell’analisi colava ogni momento più.103 dell’opera contenuta nello Studio sulle ope- re di Verdi di Abramo Basevi,101 analisi che Il nominativo dello spiritoso cantante cui è in sostanza la somma delle due recensio- allude Lorenzini è quello del tenore Bau- ni, veneziana e fiorentina, pubblicate dal cardé, se dobbiamo dare credito al giornale medico livornese sull’«Armonia». Il fattac- fiorentino «Il Passatempo» che, pur lodan- cio era accaduto all’inizio dell’Adagio del done i mezzi vocali, lo accusa di pigliare Finale del primo atto, alle parole «Ella è sal- qualche volta le cose «in canzonella»… Il va», un passaggio che molti commentatori quale «Passatempo» sigilla la sua lunga, in- fiorentini definiscono, per la sua veste rit- terminabile recensione con la seguente mica, in stile buffo… Ecco come ne scrive epigrafe: Carlo Lorenzini (proprio lui, il futuro auto- re di Pinocchio) nella sua corrispondenza Boccanegra morì per sempre, si spera, a Fi- all’«Italia musicale»: renze il giorno suo onomastico SS. Ap. Si- mone e Giuda.104 Ieri sera il povero Simon Boccanegra è ve- nuto a battere la bocca sulle assi del palco L’opera si regge per sole quattro sere. Tut- scenico della Pergola. Il pubblico, invece di tavia la condanna da parte della critica non provarne rammarico, si è messo a ridere; o è del tutto unanime. Ad esempio l’appendi- pubblico barbaro ed ispietato! [...] Il prologo cista dell’«Arte» di Firenze addossa all’ese- è passato inosservato. La Claque disposta cuzione la colpa del naufragio del Simone: in bell’ordine nei palchi di quinta fila o nel- le prime panche di platea ha dato qualche Questo nudo lavoro di Verdi, sebbene non segno di vita, ma poi ha ritirato le corna per possa chiamarsi una delle opere più felici la vergogna. Il publico sperava nel primo del celebre compositore, pure ci sembrò atto, ma nulla in questo mondo di più falla- ricco di molte bellezze le quali speriamo ce speranza!... Fra il primo e il secondo il che saranno maggiormente intese ed ap- publico si è sollevato con uno sbadiglio, te- prezzate nelle venture rappresentanze. Del nuto per due battute. Al finale del secondo naufragio di alcuni squarci della musica atto [sic], alle parole: Ella è salva, si è fatta del Boccanegra, noi crediamo doversi ap- sentire una risata spontanea, universale, puntare anco al concertatore Cav. Mabelli- granita, la quale ha ricoperto orchestra e ni il quale avrebbe dovuto lasciare i tempi cantanti. Il publico che non voleva arrab- meno larghi, ed indovinare molti punti biarsi, ha preso la cosa in burletta, ed ha d’effetto i quali rimasero soffocati nelle pa- fatto bene. [...] In tutta quanta l’opera non stoie e nello impedimento d’una esecuzio- un solo pezzo, non una sola frase, che ri- ne sbiadita ed acciarpata alla carlona.105 scuotesse l’uditorio, che rammentasse Ver- di. I pochi applausi che qua e là si fecero Ma è voce quasi isolata. Basevi ritorna a sentire, andarono più all’esecuzione, che parlare dell’opera da lui già ascoltata a Ve- alla musica. [...]102 nezia per ribadire il proprio giudizio attra- verso un commento molto più articolato; In una successiva corrispondenza Lorenzi- troppi recitativi, egli osserva: Verdi vuol for- ni precisava che se seguire le orme di Wagner, «il padre del- la così detta musica dell’avvenire»?

115 di scale semitonate, in modo che al canto Del libretto del Piave fu già parlato [...] e tocca sovente la parte più meschina. I reci- siamo lieti di non vederci costretti a torna- tativi, così abbondanti in quest’Opera, sono re a svolgere questo aborto mostruoso di pessimi: i motivi de’ parlanti senza relazio- una mente sconnessa. Solo diremo, che in ne colle parole. Infine quest’Opera, che questo libretto apparisce una forma al- chiedeva un ingegno coraggioso e robusto, quanto insolita dalle parole preparata ai lo trovò audace e fiacco.106 pezzi musicali, e pare che il Verdi abbia sciolto il freno al suo Piave, e gli abbia det- Il fiasco di Firenze apre la stura al manife- to “scrivi quel che vuoi, non ti dar briga di starsi dei rancori contro la venalità del nulla, non badare alla lunghezza de’ recita- maestro e contro la Casa Ricordi, accusata tivi, non aver pena per gli adagi, né per gli di esosità nel prezzo dei noli (assai elo- allegri, né per i duetti ecc.; quel che verrà, quente, su tale argomento, la recensione verrà: io colla mia musica rimedierò a tut- della «Lanterna di Diogene», più sopra cita- to”. E Piave non se lo fece dire due volte. ta, nonché una polemica rinnovata dal re- Cominciò il libretto con tre scene di recita- divivo Vianelli107), e spiana alla critica una tivo: il primo duetto tra Simone e Fiesco lo certa tendenza a ridimensionare il valore fece a guisa di parlante, non essendovi luo- artistico delle ultime opere di Verdi: go né per l’adagio né per l’allegro: il Prolo- go poi finì a modo di recitativo. Gli altri atti [...] al nostro teatro della Pergola si ebbero non vennero dal poeta trattati molto diver- tre spartiti di Verdi, la Giovanna di Guz- samente. man, il Simon Boccanegra ed il Trovatore. Noi ci siam domandati quale scopo avesse Il primo e l’ultimo, già conosciuti in Firen- avuto in animo il Verdi con questa insolita ze, non hanno mestieri di nuovi giudizi: forma, e ci venne al pensiero, che forse il l’uno è una specie di zibaldone alla tedesca, maestro di Busseto volesse, quasi d’un col- framezzato da qualche motivo italiano, e po, introdurre in Italia la riforma del Wa- nell’insieme non giustifica la pretensione gner, il padre della così detta musica del- che ha di passare per una grand’opera: l’al- l’avvenire. È noto che il Wagner pretende tro è un lavoro in gran parte inspirato, ma che il dramma non debba per nulla piegar- lungi dal raggiungere la perfezione delle si alla musica, e che questa, al contrario, prime musiche di Verdi [...]. Il Simon Boc- abbia ad assoggettarsi alla poesia, seguen- canegra è per ogni rispetto una empietà dola di pari passo, e quasi traducendone le musicale [...].108 espressioni, o se vuolsi, per colorirle colle note più vivacemente. Addio arie: addio Ma nel successivo dicembre, all’Apollo di duetti: tutto deve fondersi in una specie di Roma, il Simone, dopo l’esito freddo delle recitativo, o di parlante. [...] Accordiamo prime due sere (con consueta indisposizio- possibile, che la riforma Wagneriana rap- ne del solito Giraldoni) conquista i favori presenti la musica dell’avvenire; neghiamo del pubblico con un successo crescente, assolutamente che sia la musica del pre- tanto da ottenere numerose repliche. E ri- sente. E se havvi arte, che debba esser più mane ormai questo, in pratica, il destino tenera di rendersi grata subito, ella è senza del Simone veneziano: disorientare e an- dubbio la musica, massime la teatrale. noiare il pubblico nelle prime sere, per poi Nella musica del Simone Boccanegra tro- convincerlo gradualmente nelle repliche, viamo povertà se non vuol dirsi assenza di fino a scuoterlo, specie nel quartetto finale, bel canto: e quel poco in cui ci abbattiamo unanimemente considerato il brano più ci apparisce come una nostra antichissima ispirato dell’opera. Ancora una volta, tutta- conoscenza, la quale per le angustie dell’u- via, nel parere dei corrispondenti teatrali ditore riesce spesso non discara. L’istru- prevalgono le note negative, almeno nelle mentale non presenta molta industria; ma conclusioni, rispetto a quelle positive. Il ricercatezza nelle armonie, abuso di pedali, corrispondente della «Fama» se la prende

116 ad esempio con l’abuso di melodie in tono pretenziosi e dalle beghe editoriali e impre- minore: sariali, un successo pieno e senza riserve. Ne scrive, ad esempio, un corrispondente Simone Boccanegra, musica dottissina, ela- dell’«Arpa» bolognese: borata con la massima coscienza e con tale ossequio al dramma che giunge allo scru- [...] le sorti del Boccanegra di Verdi furono a polo, porta con sé una tanta monotonia, ed questo teatro più avvenurate di quelle d’Ita- una tinta così melanconica che rendono lia. Il Boccanegra ebbe successo colossale, l’opera ben lunga, oltremodo pesante e piramidale [...] e se la musica piacque mol- nojosa, havvi per soprammercato un abuso tissimo, gli esecutori fecero allo stretto sen- di toni minori incredibile; basti il dire che so della parola fanatismo.111 vi sono nell’intero spartito 18 lunghe melo- die tutte in modo minore, il prologo che du- ra 28 minuti, è tutto in minore, solo in fine 1858 – 1859: si risolve in maggiore [...].109 dal trionfo di Napoli al fiasco di Milano Nel novembre 1858 al S. Carlo di Napoli an- Di analogo parere il corrispondente del pur cora una volta Verdi, cui l’opera sta eviden- verdianissimo «Trovatore»: temente molto a cuore, s’incarica, a parzia- le indennizzo della mancata Vendetta in La musica di questo spartito per quanti domino (Un ballo in maschera) rifiutata da amano e professano l’arte, sarà stupenda, quella censura,112 di porre in scena il Simo- pel publico sarà sempre fredda, monotona e ne con interpreti quali e noiosa. Verdi ha voluto troppo innovare; il Gaetano Fraschini, con alcune piccole mo- servire al dramma è sempre stato intento di difiche alla partitura e inoltre con una nuo- Verdi; qui poi questo intento è spinto all’esa- va disposizione dell’orchestra. Le modifi- gerazione, e da questo lato l’opera è perfet- che – apportate allo scopo di recare mag- ta: ma perché questo pregio sfolgorasse sa- giore effetto ai finali dei primi due atti e di rebbe stato necessario un bel dramma, alleviare la tessitura troppo acuta della par- quando il libretto di Piave è un aborto de’ te di Gabriele – riguardano principalmente più deformi. Nella musica si nota un abuso «un piccolo cambiamento fatto sulla fine di modo minore: nel prologo, tranne poche dell’Adagio del Duetto Atto II che lo abbrac- battute d’allegro in fine, tutto in minore: ne- cia di 4 battute»; l’aggiunta di «alcuni squil- gli altri lunghi tre atti vi sono 18 melodie in li di tromba nel coro della sommossa» e minore e non brevi. L’abuso di pianissimo l’aggiunta di una tromba «con squillo ardi- mi par soverchio; l’opera è affidata per inte- to e sucuro» nella stretta del finale dell’atto ro al quartetto, trattato d’altronde con un I «per fare le note sincopate della cadenza»; magistero sublime. Figurati che la particel- una nuova modulazione (facoltativa) alla la dei tromboni di tutta l’opera è composta fine della scena che precede l’aria di Ga- di tre pagine solamente; il gran largo del fi- briele, onde abbassarla di mezzo tono; una nale primo è tutto senza ottoni e via dicen- nuova puntatura (pure facoltativa) nel do. I pezzi aduno ad uno mi paiono bellissi- quartetto finale nella parte di Gabriele alla mi, ma la tinta generale è difettosa: è un frase «Come passò veloce l’ora» onde evita- quadro dove gli accessori e le parti sono re il si bemolle acuto.113 Quanto alla nuova condotte stupendamente, ma il complesso disposizione dell’orchestra, vale a dire per non risponde e riesce troppo uniforme e fu- sezioni unite di strumenti (disposizione nereo.110 che Verdi sperava duratura, ma che sarà ben presto abbandonata dalla formazione Nel maggio del 1858 il Simone varca per la del San Carlo) lo si apprende da una lettera prima volta i confini nazionali per presen- che il maestro alcuni anni più tardi, in vista tarsi sulle scene portoghesi di Oporto. E vi della prima rappresentazione napoletana incontra, finalmente, lontano dai critici della rinnovata Forza del destino, rivolgerà

117 a Florimo: seguito. [...]117

Come potete, “per dirvene una” sopportare All’opera arride dunque un successo ben sianvi ancora le Viole, e Violoncelli fra loro più caloroso di quello registrato a Reggio disuniti? Come può esservi così attacco Emilia: «Ieri sera fu la terza recita e il teatro d’arco, colorito, accento, etc. etc.? Oltre di era pieno zeppo: unico e solo termometro ciò, mancherà il ripieno della massa degli di un successo. Benissimo Fraschini e Co- stromenti d’arco. [...] Avran ben riso costì, letti; bene la Fioretti; chiamate a tutti» scri- quando pel Simon Boccanegra io feci riuni- ve il compositore il 2 dicembre all’amico re quelli stromenti!!... Tanto peggio, per chi Luccardi. 118 ha riso! E tanto peggio se non han seguito Nonostante qualche riserva da parte della quel mio consiglio.114 stampa locale, l’entusiastico successo di pubblico delle rappresentazioni napoletane Il periodo di prove e di attesa di quelle gior- (ben 22 repliche) sembrava aver ristabilito nate partenopee ci è tramandato dal pen- le sorti del Simone, tenuto conto di una nello del caricaturista Melchiorre Delfico, piazza così importante come quella di Na- che ha ritratto in gustosissime vignette il poli, allorché – proprio nel momento in cui compositore alle prese con i suoi interpreti Verdi si apprestava a varare a Roma Un durante le prove. Una di quelle caricature ballo in maschera – giunge come una doc- ritrae “gli stratagemmi degli amici napole- cia fredda la notizia dell’insuccesso del Si- tani per intrufolarsi alle prove” del Simone mone alla Scala di Milano. Il fiasco (poiché a S. Carlo.115 La frenetica attesa che vi era a di questo si tratta) viene imputato per buo- Napoli per l’ultima opera di Verdi si fa tale na parte a una cattiva esecuzione comples- che la prova generale si trasforma in siva, e in particolare all’inadeguatezza del un’autentica anteprima. Così ne scriveva il protagonista (Sebastiano Ronconi, fratello corrispondente del «Pirata», Salvatore Agu- del ben più celebre Giorgio) e della prima glia: donna, Luigia Bendazzi, rimproverata nel- l’occasione, come narrano le cronache del Debbo incominciarvi a dire che la sera del tempo, di urlare e strillare anziché cantare. 26 novembre a Napoli fu un caso nuovo Nonostante che nelle successive repliche nella storia teatrale. Una intera popolazio- l’opera destasse, al solito, un crescente e in- ne era fuori il Teatro. Gli eletti appena en- fine completo successo, questa repentina trarono con biglietti o della Soprintendenza caduta al primo incontro con il pubblico o della Impresa, ma venuto il Principe Rea- milanese sembra suonare, dopo gli esiti di le Conte di Siracusa, e veduta quella folla Venezia e di Firenze, come definitiva con- immensa, ordinò che si aprissero tutte le danna. Condanna che il compositore, redu- porte, ed un città fu travasata nell’immenso ce dallo splendido successo appena ottenu- Teatro; onde possiamo non dirla una prova to a Roma con Un ballo in maschera, scri- generale, sibbene un’affollata rappresenta- vendo a Tito Ricordi il 4 febbraio 1859 ri- zione.116 fiuta di accettare, interamente addossando l’insuccesso alla cattiva esecuzione e, una E dopo la prima rappresentazione: volta tanto, a un pubblico incapace «di ascoltare»: La mia corrispondenza del 27 novembre sulla prova generale del Boccanegra in Na- Il fiasco del Boccanegra a Milano doveva poli si è verificata a capello nella prima re- essere, ed è stato. Un Boccanegra senza cita, anzi con maggior successo. La musica, Boccanegra, tagliate la testa ad un uomo e a gloria de’ Napoletani, ieri sera, con teatro poi riconoscetelo se potete! Tu ti meravigli arcipienissimo, ascese all’alto posto che della sconvenienza del pubblico? A me non meritava. Il maestro fu chiamato sedici vol- sorprende affatto. Egli è sempre felice, te fuori, e, contro la legge, sino a tre volte di quando può arrivare a far scandalo! [...] Ep-

118 pure ad onta di quanto ne possono dire furono la cabaletta di Amelia (poi espunta amici o nemici, il Boccanegra non è inferio- nella revisione del 1881), i duetti Amelia – re a tante altre mie opere più fortunate di Gabriele e Amelia – Simone nel primo atto, questa, perché per questa abbisogna forse e soprattutto il quartetto finale. un’esecuzione più finita, ed un pubblico che voglia ascoltare; trista cosa il teatro!!119 Novembre 1880 Il successo dell’opera al Teatro Carolino di Dopo l’ultima ripresa, avvenuta a Trani nel (ancora con la Bendazzi), dove si dicembre del 1871, lo spartito del Simone regge per ventiquattro sere non muta la si- giace nei magazzini dell’editore inutilizza- tuazione. Nemmeno le rappresentazioni al to, ma non dimenticato. Qualche anno pri- Teatro Carlo Felice di Genova nell’inverno ma, nel 1864, se n’era ricordato l’impresa- del 1860, dirette da un musicista di polso rio francese Bagier, che aveva insistito per quale Angelo Mariani (e dove, ancora una rappresentarlo al Teatro Italiano di Parigi volta, il Simone, dopo il disorientamento insieme alla recente Forza del destino sotto della prima sera, conquista gradatamente i la direzione dello stesso Verdi, ma senza ri- favori del pubblico), e quelle al Teatro Co- sultato nonostante che a un certo punto munale di Bologna nell’autunno del 1861, delle trattative il maestro stesse per accon- pure dirette da Mariani e con Leone Giral- discendere.121 Se ne ricorda infine l’editore doni nuovamente protagonista (solo un Ricordi: il fiasco del 1859 alla Scala era ri- successo “di stima”), riescono a rovesciar- cordo ancora troppo bruciante per non ten- ne le sorti. Il giro del Simone viene pratica- tare di rimediarvi con un’esecuzione più mente riducendosi ai teatri dell’Italia insu- sorvegliata. La scrittura del baritono Giral- lare (Catania, Messina, Trapani, Marsala) e doni per la stagione scaligera del carnevale del centro-sud (Barletta, Lucera, Molfetta, 1866-67 è l’occasione che consente a Tito Teramo, L’Aquila, Catanzaro) nonché ad Ricordi (sono gli anni ruggenti del “quar- alcuni teatri mediterranei (Malta, Corfù), tettismo” milanese capitanato dal figlio iberici e sudamericani. Perfino a Lisbona Giulio e dal giovane Arrigo Boito) di ripro- l’opera cade, pur con un tenore come Fra- porre all’impresa del teatro milanese il Si- schini, il quale dopo l’esito scrive a Giral- mon Boccanegra insieme a Un ballo in ma- doni, il protagonista veneziano: «Se seguito schera e al nuovo Macbeth, a condizione a stare in carriera vado ad escludere dal re- tuttavia che oltre a Giraldoni vengano pertorio il Boccanegra perché è opera trop- «scritturati altri artisti idonei alla interpre- po pericolosa; dopo venti giorni di prove fa- tazione di tali spartiti». Ma di fronte alle ticosissime l’altra sera siamo andati in isce- scelte dell’impresa l’editore ricusa alla Sca- na, e si è fatto un mezzo fiasco, o due ter- la qualsiasi spartito verdiano, dimostrando zi».120 con questa decisione un buon fiuto poiché Sommando le impressioni dei cronisti e dei l’opera inaugurale di quella stagione, il corrispondenti delle varie rappresentazioni Don Sebastiano di Donizetti, va incontro a effettuatesi del Simone, l’atto che piacque un fiasco clamoroso che determina la chiu- di meno e che non di rado segnò la caduta sura temporanea del teatro.122 dell’opera, fu il secondo. Anche nel primo Alla vigilia della prima rappresentazione atto il duetto fra Gabriele e Fiesco, il balla- alla Scala della rinnovata Forza del destino bile e la stretta del Finale primo, quando l’editore Ricordi torna alla carica, questa non caddero passarono inosservati. Furono volta nella persona del giovane Giulio, che spesso applauditi la romanza del basso nel direttamente si rivolge a Verdi; questi si li- Prologo, la cavatina di Amelia, l’Adagio nel mita a rispondere (lettera del 24 novembre Finale primo, l’aria del tenore e il terzetto 1868): nel secondo atto, il duetto fra Simone e Fie- sco nel terzo. I brani quasi ovunque graditi Se vi è bisogno di dire qualche cosa sul car- al pubblico, anche là dove l’opera cadde, tellone, dite semplicemente che si darà La

119 Boito e Verdi durante la collaborazione per Simon Boccanegra. (1881).

120 Forza del Destino. Se i cambiamenti riesci- ma, a Napoli, a Parigi, a Londra, a Vienna, a ranno a mia soddisfazione, la si darà coi Colonia. Dal canto suo Giulio Ricordi da cambiamenti, se no la darete come stà ora, anni insegue con ostinazione un “gran pro- o la scambierete col Simon Boccanegra a getto”: quello di portare Boito alla collabo- vostro piacere.123 razione con Verdi. Nel 1879 gli riesce final- mente di convincere il poeta padovano a A partire da questo momento Giulio Ricor- scrivere per il maestro un libretto, anzi un di persegue con tenacia il progetto di ripre- “dramma lirico”, ricavato dall’Otello di sentare il Simon Boccanegra alla Scala, fos- Shakespeare: il lavoro non dispiace a Verdi, se pure con qualche ritocco alla partitura e che in dicembre ne fa acquisto, senza tutta- al libretto, nell’intento di cancellare la con- via prendere impegni di sorta.126 Ma di danna decretatagli in quello stesso teatro fronte alle reiterate richieste dell’editore alcuni anni addietro. Il 15 dicembre 1870, per una ripresa del Simon Boccanegra alla di fronte a una nuova richiesta dell’editore Scala il compositore nicchia e accampa per l’inserimento dell’opera nel prossimo scuse: la compagnia di canto, le aggiustatu- cartellone della Scala il compositore, me- re, l’opportunità... more dell’insuccesso ottenuto in quel tea- All’inizio della primavera del 1879 – anno tro a causa dell’insufficiente esecuzione del decisivo per la definitiva riconciliazione di ruolo protagonista, si limita a rispondere: Verdi con Boito – dopo un colloquio a Ge- nova con il maestro e confidando in qual- Ho risposto subito con un telegramma per che suo vago cenno d’assenso, Giulio s’ar- dirvi di dare la Forza del Destino. In quan- rischia a spedirgli la partitura del Simon to al Boccanegra o Macbet, io sarei pel Boccanegra. Risponde il maestro il 2 mag- Macbet nuovo perché non credo avreste un gio: buon attore pel Boccanegra.124 Ho ricevuto jeri un grosso pacco che sup- Nel 1875 Giulio Ricordi ritorna alla carica, pongo una partitura di Simone!... Se voi ma questa volta Verdi, pur potendo dispor- verrete a St Agata da qui a sei mesi un’an- re di un buon protagonista, si dichiara deci- no, due, tre, etc. la troverete intatta come samente contrario alla ripresa, così moti- me l’avete mandata. Vi dissi a Genova che vando il proprio rifiuto (lettera del 3 mar- io detesto le cose inutili. È vero che io non zo): ho fatto altro in vita mia, ma vi erano in passato circostanze attenuanti. Ora nulla di Voi mi parlate del Boccanegra pel quale vi più inutile al Teatro che un’opera mia... e sarebbe compagnia eccellente colla Maria- poi, e poi, è meglio finire coll’Aida e colla ni e Pandolfini etc. etc., ma l’opera è triste, e Messa che con un’arrangement...127 di effetto monotono. Delle opere mie vec- chie non vi è da pensare. La sola a cui in- Ma con tatto e abilità, confidando anche clinerei io sarebbe sempre l’Aida.125 nella favorevole impressione suscitata in Verdi dal libretto di Otello, consegnatogli D’altronde in questi anni Verdi sembra le da Boito nell’autunno del 1879, Ricordi rie- mille miglia lontano dalla tentazione di ri- sce finalmente a vincere la riluttanza del prendere in mano la penna per scrivere maestro. Il 19 novembre 1880 l’editore gli si musica e si mostra quindi restìo a ripresen- rivolge rinnovando la richiesta di permet- tare sue opere vecchie, sia pure rimesse a tere la ripresa del Boccanegra alla Scala: nuovo. Con l’Aida (1871) e la Messa da re- quiem (1874) ritiene ormai conclusa la pro- L’Impresa della Scala ci chiede insistente- pria carriera di compositore. Ora si limita a mente per la prossima stagione il Simon sorvegliare il cammino dei suoi ultimi la- Boccanegra: ed oltre il desiderio vivissimo vori e, ove necessario, a sostenerli andando di far conoscere quest’opera, detta Impresa di persona a dirigerne l’esecuzione: a Par- mi dice che vi è spinta dal rammentarsi co-

121 me e quanto glie ne parlasse il tenore Pa- parte faticosa quanto quella del Rigoletto, tierno, che l’aveva eseguita in una riprodu- ma mille volte più difficile. Nel Rigoletto la zione al San Carlo di Napoli128 – Mi ram- parte è fatta, e con un po’ di voce e di anima mento infatti ch’Ella, ill.e Maestro, mi re- si può cavarsela bene. Nel Boccanegra la plicò più volte che il Boccanegra da Lei voce e l’anima non bastano. messo in scena al San Carlo vi otteneva Pel Fieschi ci vorrebbe una voce profonda, completo successo – Crede che gli elemen- sensibile nelle corde basse fino al fa, con ti di cui dispone quest’anno , sieno qualche cosa nella voce di inesorabile, di tali da ottenere l’esecuzione ch’Ella può de- profetico di sepolcrale: cose tutte che non siderare?... Voci bellissime le sono tutte: ha la voce un po’ vuota e troppo baritonale cioè D’Angeri – Tamagno - Salvati - De Re- del De Restke. Anche la D’Angeri precisa- szké – Ella si rammenterà altresì che di mente per la potenza della voce, e della quest’opera si parlò a lungo costì in Genova persona, non sarebbe a posto per far la par- stessa: anzi, la partitura autografa si trova te di una fanciulla modesta, ritirata, una ancora presso di Lei!... e non so chi mi trat- specie di monachella. Credo che la stessa tenga dal muovere processo al M° Verdi per D’Angeri non sarebbe contenta di questa illecita detenzione di oggetti preziosi!!!!... parte. Ella concluse che doveva: o fare cambia- Oltre di ciò lo spartito come si trova non è menti radicali... ed in tal caso tanto valeva possibile. È troppo triste troppo desolante! per Lei fare un’opera nuova (Dio il voles- Non bisogna toccar nulla del Primo Atto, né se!!): o lasciare il Boccanegra così com’era dell’ultimo e nemmeno, salvo qualche bat- [...].129 tuta quà e là, del Terzo. Ma bisogna rifare Tutto il Second’Atto, e darle rilievo, e va- rietà, e maggior vita. – Musicalmente si po- Un nuovo Finale (le lettere di Petrarca). trebbero conservare La Cavatina della Don- Questa volta Verdi non oppone un rifiuto na, il Duetto col Tenore, e l’altro Duetto tra deciso; benché scettico sul talento di un ba- padre e figlia, quantunque vi sieno le Caba- ritono giovane quale Salvati, risponde a lette!! Apriti o terra! Io però non ho tanto or- Giulio Ricordi il 20 novembre 1880 dichia- rore delle cabalette, e se domani nascesse randosi non solo disponibile alla ripresa un giovine che me ne sapesse fare qualche- del Simon Boccanegra rimettendo mano al- duna del valore per es. del Meco tu vieni o la partitura, ma addirittura avanzando con- misera130 oppure Ah perché non posso crete ipotesi per la revisione, ipotesi con- odiarti131 andrei a sentirle con tanto di cuo- centrate soprattutto sul rifacimento della re, e rinuncerei a tutti gli arzigogoli armoni- seconda parte dell’Atto I; con la citazione ci, a tutte le leziosaggini delle nostre sapien- delle lettere di Petrarca siamo già di fronte ti orchestrazioni [...]. alla proposta-chiave destinata a sbloccare Ma torniamo al Second’Atto. Chi potrebbe la situazione e ad avviarla definitivamente farlo? In che modo? Cosa si potrebbe trova- verso l’edizione riformata dell’opera: re? Ho detto in principio che bisogna trova- re in quest’Atto qualche cosa che doni va- O le opere pei Cantanti o i Cantanti per le rietà e un po’ di brio al troppo nero del opere Vecchio assioma che nissun impresa- Dramma. Come? per es.: rio ha mai saputo praticare, e senza del qua- Mettere in scena una Caccia? le non vi è successo possibile in Teatro. Non sarebbe teatrale Avete fatta una buona Compagnia per la Una festa? Troppo comune Scala, ma non adattata pel Boccanegra. – Il Una lotta coi Corsari d’Affrica? vostro Baritono deve essere un giovine. Sarebbe poco divertente Avrà voce, talento, sentimento finché vole- Preparativi di guerra o con Pisa, o con Ve- te, ma non avrà mai la calma, la compo- nezia?... A questo proposito mi sovviene di stezza, e quella certa autorità scenica indi- due stupende lettere di Petrarca, una scritta spensabile per la parte di Simone. È una al Doge Boccanegra, l’altra al Doge di Ve-

122 Girolamo Magnani, Una piazza di Genova. Bozzetto per Simon Boccanegra (Prologo). Milano, Teatro alla Scala, 24 marzo 1881. (Milano, Museo Teatrale alla Scala).

123 nezia132 dicendo loro che stavano per intra- da Lui approvato:135 interrogato, ho creduto prendere una lotta fratricida, ché entrambi dirgli francamente le mie idee, a ciò tanto erano figli d’una stessa madre l’Italia etc. più incoraggiato perché da alcune sue paro- etc. Sublime questo sentimento d’una Pa- le parvemi ch’esso pure in parte le divides- tria Italiana in quell’epoca! – Tutto ciò è po- se – Io, in questo tempo, ho studiato e credo litico non drammatico; ma un’uomo d’in- di aver trovato qualche cos’altro che do- gegno potrebbe ben drammatizzare questo vrebbe soddisfare le esigenze del Maestro, e fatto. Per es:... Boccanegra colpito da questo la fedeltà al poema - Ma e perché non l’hai pensiero vorrebbe seguire il consiglio del scritto al Maestro?... gli chiesi - E siamo lì... Poeta: convoca il Senato, ed un Consiglio Boito teme di rendersi importuno presso di privato, ed espone loro la lettera ed il suo Lei... partendo mi replicò ancora essere sentimento... Orrore in tutti, declamazioni, sempre pronto a fare, disfare, cambiare tut- ira, fino ad accusare il Doge di tradimento to ciò che Verdi crederà necessario - etc. etc. La lite viene interotta dal rapimen- Ho creduto farle noto quanto sopra: se ho to d’Amelia... Dico per dire... Del resto se fatto male... eccole la mia testa....136 trovate Voi il modo di aggiustare e di appia- nare tutte le difficoltà che vi ho esposto io Di rimando Verdi il 25 novembre, ancora son pronto a rifare quest’Atto.133 da Genova, insistendo nelle riserve espres- se riguardo alla compagnia di canto e scu- Il 24 novembre Ricordi affronta l’argomen- sandosi per il silenzio finora tenuto con to del “libretto”: Boito in merito ad alcune osservazioni re- lative al libretto di Otello: Quanto al libretto, mi sembra ancora più fa- cile il riescire: il più l’ha già fatto Lei... tro- Direte a Boito che non ho risposto ancora vando l’idea madre, che mi pare magnifica, alla sua ultima perché e in campagna e qui interessante; per cui non manca più che ho avuto un monte di cose da fare. Egli de- dargli forma = e proprio l’altro jeri, appena ve sapere però che io sono non una, ma due ricevuta la sua, venne Boito da me per suoi volte della sua opinione. S’Egli troverà affari, e tra un discorso e l’altro, senza en- qualche cosa che convenga sotto ogni rap- trare in particolari od in dettagli, gli doman- porto, sarà un momento di felicità, sopra- dai se, qualora vi fosse un ritocco da fare ad tutto per me, che ho sempre dubitato (parlo un libretto di Verdi, egli poteva occuparse- musicalmente) della fine di quell’Atto...137 ne: mi rispose ch’esso è sempre pronto a fa- re tutto ciò che Verdi può desiderare – Ed Il giorno appresso Verdi, ormai quasi per- essendo su tale discorso, mi parlò d’altro af- suaso a lasciar riproporre il Simone con le fare.134 Ella mi ordinò di non far più parola, opportune modifiche, scrive a Ricordi con- né cenno alcuno sull’affare stesso, ed io ho sentendo alla ripresa dell’opera, ma senza mantenuto fedelmente la consegna data!... obblighi di cartellone, rinnovando le riserve Ma in battaglia, anche alcuni generali han- sulla compagnia di canto e proponendo per no rotto la consegna, e rischiarono il capo, il ruolo protagonista il baritono francese qualora la vittoria non avesse coronato la Victor Maurel, che un anno prima sotto la loro audacia – Rompo la consegna... e spero sua direzione aveva sostenuto il ruolo di che in ogni modo Ella non sarà tanto crude- Amonasro nella prima rappresentazione di le di chiedere la mia testa: qui è proprio il Aida in francese all’Opéra di Parigi; accen- caso di Rigoletto: «Che far di tal testa?....» nando infine alle modifiche, da apportarsi Boito mi domandò sue nuove, se era a Ge- soprattutto al Finale primo, Verdi ne incari- nova etc. etc: e mi disse: dopo un’ultima ca direttamente Boito: mia lettera, non ebbi più notizie del Mae- stro: mi spiacerebbe che Verdi non avesse In quanto al libretto, trovata un Idea vasta, approvato alcune mie osservazioni intorno grandiosa, varia di forma e di colore per fa- a un cambiamento propostomi, eseguito, e re una Testa di Finale, il resto si riduce a

124 poco. Dico Testa perché bisogna conserva- calzarlo, tentenna sempre. Non trovo in re il racconto d’Amelia di cui cambierei in questo dramma nessun carattere di quelli gran parte la musica, e conserverei molte che ci fanno esclamare: è scolpito!. Nessun cose della Stretta specialmente il principio. fatto che sia realmente fatale cioè indispen- Non mi pare il caso qui di fare uno dei soli- sabile e potente, generato dalla ineluttabi- ti pezzi concertati. Soltanto quando compa- lità tragica. Faccio una eccezione pel prolo- re improvvisamente Amelia farei dire al go, quello è veramente bello e nella sua cu- Doge quattro od otto versi ringraziando il pa interezza è forte, solido tenebroso come Cielo d’aver salvata la figlia dal disonore. un pezzo di basalte. Ma il prologo (sempre Quattro versi come Boito sa fare per porvi parlando della tragedia, da molti e molti sopra alla belle meglio alcune note che ab- anni non ho più avuto occasione di riudire biano l’aria d’una larga frase musicale. La la musica del Boccanegra) il prologo è la qual frase musicale amerei fosse ripetuta gamba diritta del tavolo la sola che poggi (con cambiamento di qualche parola se oc- solidamente, le altre tre, ella lo sa meglio di corre) in mezzo alla Stretta nel posto ove me, zoppicano tutte. V’è molto intrigo e non entrano tanto stupidamente le Arpe. – molto costrutto. [...] Per correggere un simi- Ecco tutto; ed ecco un Finale bel e fatto se le dramma bisogna mutarlo. Boito trova un bel Principio, ed io qualche S’Ella, Maestro mio, potesse leggere nel nota che non sia un controsenso. mio pensiero [...]. vi leggerebbe una grande Ci pensi dumque Boito, e prima di fare i ver- ripugnanza a ripigliar questo dramma per si, mi mandi qualche ventina di righe in pro- rappresentarlo, questo dramma esente così sa che basteranno a farmi capire tutto.138 di virtù profonde come di pregi leggieri, questo dramma, (a parte il prologo) man- Ricordi risponde il 27 novembre rassicu- cante di potenza tragica come di teatra- rando il maestro: lità.140

Boito si mette subito al lavoro, e mi disse Verdi trova «stupendo sotto ogni rapporto» che manderà presto il nuovo finale, come l’atto ideato da Boito nella chiesa di San Si- lo avrebbe ideato e che si lusinga possa pia- ro, tuttavia esso lo «impegnerebbe troppo» e cerle: il che sarebbe una vera consolazione non intende quindi sobbarcarsi a tanto la- per lui.139 voro; conviene anche con le sue critiche al dramma: il tavolo è zoppo, però subito ag- Boito dal canto suo è già pronto per propor- giungendo (lettera dell’11 dicembre): re modifiche radicali al dramma originale. Accoglie il suggerimento verdiano della ma, aggiustando qualche gamba, credo, po- «scena del Senato» con la citazione delle trà reggersi. [...] Infine tentiamo, e facciamo lettere di Petrarca, ma a sua volta propone questo Finale col rispettivo Ambasciatore anche una nuova soluzione: «fondere in Tartaro, colle lettere di Petrarca etc. etc. etc. un’atto solo i pezzi principali dei due atti Tentiamo, ripeto. Noi non siamo poi tanto intermedii», facendogli seguire «un’atto in- inesperti, da non capire, anche prima, cosa tiero, nuovo, non lungo» ambientato sarà per succedere sul Teatro. – Se a Lei nell’«interno della Chiesa di S. Siro». Nel non pesa, e se ha tempo si metta tranquilla- proporre le modifiche il poeta non si trat- mente al lavoro. Io intanto guarderò di rad- tiene tuttavia dal manifestare alcune serie drizzare quà e là le molte gambe storte del- perplessità sulla solidità dell’intelaiatura le mie note, e... vedremo!.141 drammatica: Boito si accinge al compito di raddrizzare Il dramma che ci occupa – egli conclude le gambe storte del libretto più per sincera scrivendo a Verdi l’8 dicembre – è storto, devozione nei confronti di Verdi che per in- pare un tavolo che tentenna non si sa da tima convinzione, come appare da una sua che gamba, e, per quanto ci si provi a rin- lettera a Giulio Ricordi del 21 gennaio, cioè

125 nel periodo in cui stava per essere resa uf- qualche parola di più nel Rec: [...]. Quello ficiale la notizia dell’imminente ripresa del che a me preme si è, di cambiare il Duetto rinnovato Simon Boccanegra alla Scala: tra Fieschi e Gab: «Paventa o Doge» È trop- po fiero, e non dice nulla. Io amerei invece Quando l’Impresa della Scala deciderà di che Fieschi, quasi padre d’Amelia, benedis- pubblicare l’Appendice-cartellone coll’an- se i futuri giovani sposi. Potrebbe sortirne nuncio del Boccanegra, bada che né per un momento patetico che sarebbe un rag- isbaglio né per indiscrezione dell’impresa gio di luce fra tanto scuro. [...] accada che si stampi né il mio nome né il Io intanto comincierò a lavorare al Primo mio anagramma.142 Sai che ho accettato di pezzo di questo primo Atto, se non altro per por mano al libretto del Boccanegra perché mettermi dans le mouvement prima d’arri- sono devoto ai desideri del Verdi, sai che fui vare al Finale. Io vorrei fare tutto di seguito sempre contrario all’idea di rappresentare come se si trattasse d’un’opera nuova.145 quest’opera alla Scala ora, sai che non attri- buisco nessun pregio artistico né letterario Ma ben presto il lavoro di modifica prende a quelle raffazzonature che feci nel lavoro la mano a Verdi e infine allo stesso Boito. del povero Piave. Dunque ti prego di vigila- Cardine della revisione è la seconda parte re intorno a ciò: il nuovo Boccanegra deve dell’atto primo: al lungo e farraginoso fina- passare col nome di F. M. Piave puro e sem- le, in stile grand opéra, della versione vene- plice e il mio nome non deve in nessun mo- ziana – comprendente coro di popolo, bar- do essere aggiunto.143 carola, inno al doge, ballabile di corsari africani, scena e sestetto, racconto di Ame- lia e stretta del concertato – di cui Verdi si La nuova versione mostrava soprattutto scontento sotto l’a- Il lavoro di revisione si svolge nell’arco di spetto strettamente musicale, viene inserita circa due mesi, da dicembre a febbraio, in la complessa scena del Senato con la famo- perfetto accordo fra musicista e poeta (qua- sa citazione dell’appello di Petrarca («il ro- si una prova generale, per Verdi, di un’e- mito di Sorga») e con la maledizione di Pao- ventuale collaborazione per Otello...).144 Sul- lo (il «manigoldo impuro»), uno degli affre- le prime tale lavoro sembra limitarsi a po- schi più impressionanti di tutto il teatro che seppure importanti modifiche; scrive verdiano. Da questo inserimento conse- infatti Verdi a Boito il 9 gennaio 1881: guono sempre più numerosi aggiustamenti e ritocchi: alcuni brani vengono eliminati [...] ho pensato tutt’oggi a questo Boccane- (fra cui il pur incisivo duetto «del giura- gra, ed ecco cosa mi pare, si potrebbe fare mento» fra Adorno e Fiesco nella prima Passo il Prologo di cui cambierò forse il Pri- parte dell’Atto I, sostituito da una situazio- mo Rec: e qualche battuta quà e là in or- ne quasi del tutto opposta: la benedizione chestra. di Fiesco), nuove pagine di musica sono ag- Nel primo Atto toglierei nel primo pezzo la giunte, altre vengono modificate nella mu- Cabaletta, non perché sia una Cabaletta, ma sica e nella strumentazione. Gran parte perché è brutta assai. Cambierei il Preludio, della versione primitiva rimane apparente- a cui unirei il Cantabile della Donna cam- mente intatta; tuttavia le modifiche e ritoc- biando l’orchestrazione e ne farei un pezzo chi sono tali da apportare una riorganizza- unito. Ripiglierei alla fine un movimento zione sostanziale del dramma, e non solo d’orchestra del Preludio [...]. nell’assetto formale: in tal senso la conce- La Romanza interna del Tenore resterebbe zione drammaturgica di Verdi segna una tale e quale. nuova svolta, anticipatrice del prossimo Nel Duetto seguente cambierei la forma Otello, attraverso l’abbandono del pezzo della Cabaletta ed Ella non avrebbe nulla a chiuso e la ricerca di un discorso musicale fare. ininterrotto che abbracci l’azione dramma- Nella Scena V tra Fieschi e Gabriele amerei tica da un capo all’altro in un respiro unita-

126 Girolamo Magnani, Giardino de’ Grimaldi fuori di Genova. Bozzetto per il Simon Boccanegra (Atto I, 1). (Milano, Museo Teatrale alla Scala).

127 Girolamo Magnani, Interno del Palazzo Ducale. Bozzetto per il Simon Boccanegra (Atto III). Milano, Teatro alla Scala, 1881. (Milano, Museo Teatrale alla Scala).

128 rio. Per tal modo l’opera di revisione e di ri- plessità psicologica e un rilievo drammati- facimento viene ad assumere un significato co ben più incisivo e al tempo stesso più diverso rispetto alle revisioni di Stiffelio sfumato. Ancor più rilevante, rispetto alla mutato in Aroldo (un’operazione che oggi prima versione, il peso che nella revisione diremmo di “riciclaggio”) e del nuovo Mac- viene ad assumere la figura di Paolo sotto beth (sostanzialmente un adattamento alla la spinta di un Boito notoriamente incline scena francese, tant’è che in Italia, anche verso personaggi mefistofelici e barnabe- dopo il 1865, quest’opera veniva frequente- schi: la sua dimensione tragica già prefigu- mente rappresentata ancora nella primiti- ra quella imminente di Jago. va versione). Il nuovo Simone rimane pur sempre un’opera che narra le vicende di un Marzo 1881 potere minacciato (ben prima del Boris Go- Il nuovo Simon Boccanegra va in scena al- dunov di Musorgskij), di lotte fratricide fra la Scala il 24 marzo 1881 diretto da Franco patrizi e plebei, di rivalità fra nobili e mer- Faccio, con Victor Maurel protagonista, canti, che scorre fra vendette, tradimenti, (tutti e tre saranno poi rapimenti, pugnali, veleni... Ma la revisio- interpreti, sei anni più tardi, dell’Otello), ne, pur mantenendo gran parte della musi- Anna d’Angeri ed Edoardo De Reszké. Il ca vecchia, lo rende interamente nuovo, successo è franco, anche se non propria- nuovo soprattutto per concezione dramma- mente esaltante. L’opera viene ripresa alla turgica. Chi voglia avere una misura tangi- Scala nel successivo carnevale ancora con bile del genio di Verdi non ha che a porre a Maurel (e Verdi comincerà intanto a pensa- confronto le due versioni: è stupefacente re seriamente all’Otello). Tuttavia il favore come in poche settimane egli abbia saputo popolare nei confronti delle opere di Verdi riplasmare una lavoro vecchio di oltre sembrava essersi fermato all’Aida. Nono- vent’anni, trasformarlo, ringiovanirlo, con- stante il successo scaligero il cammino del ferendogli solidità di struttura formale, or- rinnovato Simone rimane assai stentato ganicità di pensiero musicale, coerenza (Vienna nel 1882, Torino, Napoli e Parigi drammatica. Vero è che gli elementi di una nel 1883, Treviso e Alessandria nel 1884, nuova drammaturgia musicale erano pur Venezia nel 1885, Modena nel 1888, Buenos presenti nella primitiva versione: ma non Aires nel 1889, Madrid e Milano nel 1890, interamente sviluppati e risolti. Mantova e Trieste nel 1891) e praticamente Vecchio e nuovo Simone:146 un’opera sola, si esaurisce con le rappresentazioni di Ge- due drammi diversi.147 La vicenda rimane nova, Messina, Roma e Brescia nel 1892 e pur sempre quella di un potere in crisi, di una solitaria ripresa al Regio di Torino nel lotte fratricide di nobili e popolani, di anti- 1899. Si è ormai entrati negli “anni bui” chi rancori, di affetti familiari, di gelosie, si- della fortuna di Verdi. tuazioni tutte che scorrono fra tradimenti, È merito precipuo della Verdi-Renaissance agnizioni, rapimenti, pugnali, veleni, bene- tedesca la rinascita e il definitivo recupero dizioni... Ma la revisione, pur mantenendo alle scene del Simon Boccanegra: il 12 gen- gran parte della musica vecchia e acco- naio 1930 viene rappresentato a Vienna gliendo tutti quegli aspetti innovativi già nella versione tedesca approntata da Franz presenti nella primitiva versione e basati Werfel, fautore in primis della rinascita sulla ricorrente interferenza fra recitativo e verdiana nella Mitteleuropa; quindi subito pezzo chiuso (vedi in particolare il Prolo- a Berlino, Francoforte, Essen, Lipsia, Lu- go), conferisce al dramma un nuovo aspet- cerna, Darmstadt, nel 1931 Praga, Ambur- to, nuovo soprattutto per concezione melo- go, Basilea, Zagabria (in croato), Lubecca... drammaturgica.148 I personaggi di Simone Nelle successive stagioni i teatri di lingua e di Fiesco (questa figura di padre-padrone, tedesca fanno a gara nel porlo in scena, così ricorrente nel teatro verdiano da Zac- spesso con registi e interpreti prestigiosi. caria a Rigoletto, da Giorgio Germont ad Nel 1932 il Simone viene consacrato dal Amonasro) assumono ben maggiore com- successo internazionale sulle scene del

129 Metropolitan di New York sotto la direzione NOTE di Tullio Serafin. L’onda del successo arri- 1 ALFREDO SOFFREDINI, Le opere di Giuseppe Verdi. Stu- va finalmente anche in Italia: Roma nel dio critico-analitico, Milano, Aliprandi, 1901. 1934, Parma nel 1936, Firenze (Maggio Mu- 2 «Rivista musicale italiana», VIII, 1901, p. 731. sicale) e Bologna nel 1938. Dopo la guerra 3 GIANNOTTO BASTIANELLI, , Napoli, Ric- il cammino dell’opera riprende nel 1949 ciardi, 1910, p. 6. 4 GIOVANNI BRAGAGNOLO – ENRICO BETTAZZI, La vita di (28 dicembre) al Teatro Verdi di Trieste e Giuseppe Verdi narrata al popolo, Milano, Ricordi, un mese dopo (21 gennaio 1950) alla Feni- 1905. ce di Venezia. Da quella data l’opera si è 5 «Rivista musicale italiana», XII, 1905, p. 661. 6 lentamente, ma ormai saldamente stabilita GIACOMO OREFICE, Arrigo Boito, «Rivista d’Italia», Ro- ma, XXI, 3: 31 luglio 1918, p. 250. nel repertorio internazionale, rivelandosi 7 «Rivista teatrale italiana», XIII, 18: 1914, p. 29. per certi aspetti più “attuale” di tanti altri 8 ANDREA DELLA CORTE, Le sei più belle opere di Giu- lavori assai più popolari di Verdi. Lo sfondo seppe Verdi. Rigoletto - Il trovatore - La traviata - Aida del mare, con le sue brezze e il suo profu- - Otello - , Milano, Istituto d’Alta Cultura, [1946]. 9 Sull’argomento si veda MARCELLO CONATI, Prima le mo, contribuisce a definire e quasi a illumi- scene, poi la musica..., «Studi Musicali», Roma, XXVI, 2: nare le dimensioni entro le quali si svolge 1997, pp. 519-41; trad. ted. di Paola Riesz: in Verdi-Stu- un tema tanto spesso ricorrente nel teatro dien. Pierluigi Petrobelli zum 60. Geburtstag, hsgb. von Sieghart Döhring und Wolfgang Osthoff, unter Mitar- di Verdi, dal Nabucco ai Foscari e all’Attila, beit von Arnold Jacobshagen, München, G. Ricordi & dalla Luisa Miller ai Vespri e al Don Carlos, Co., 2000, pp. 33-57. ma qui reso ancor più fortemente esplicito 10 Avvenuta il 17 luglio 1852, nel corso della collabora- dai moltiplicati contrasti di personaggi e di zione per il Trovatore. 11 Vedi ALESSANDRO PASCOLATO, Re Lear e Un ballo in situazioni: la crisi del potere e degli affetti maschera: Lettere di Verdi ad Antonio Somma, Città di familiari. Tuttavia gli esiti di tali conflitti Castello, Lapi, 1902, pp. 48 sgg. trascendono la vicenda stessa e la fine tra- 12 Lettera a Cesare De Sanctis del 28 marzo 1856, e let- gica del protagonista in quanto costante- tera a Vincenzo Luccardi del 6 aprile 1856, entrambe in M. CONATI, La bottega della musica: Verdi e la Fenice, mente protesi verso un messaggio di pace e Milano, Il Saggiatore, 1983, pp. 344-45 e 347. di amore. Messaggio in cui stanno, in gran 13 Lettera del 22 aprile 1856 a Vincenzo Torelli, in I Co- parte, le ragioni dell’“attualità” del Simon pialettere di Giuseppe Verdi, pubblicati e illustrati da Boccanegra di Verdi. Gaetano Cesari e Alessandro Luzio, Milano, 1913, pp. 189-90. 14 Lettera agli impresari Fratelli Ronzi del 28 marzo 1856, ivi, p. 345. 15 Lettera a Cesare De Sanctis del 28 marzo 1856, ivi, p. 343. 16 Lettera del 23 marzo 1856 del presidente Tornielli a Piave, ivi, pp. 342-43. 17 Lettera al conte Francesco Mocenigo del 14 gennaio 1855, ivi, p. 336. 18 Due lettere di Piave a Tornielli del 28 marzo 1856, ivi, pp. 343-44. L’opera espressamente scritta da Petrel- la per quella stagione alla Fenice avrebbe dovuto esse- re la (ivi, p. 378), la cui prima rappresentazione era prevista per la fine del gennaio 1857, un mese pri- ma cioè dell’opera nuova di Verdi; ma a causa delle proprie cattive condizioni di salute il compositore na- poletano sarà costretto a rinunciarvi chiedendo lo scio- glimento del contratto (ivi, pp. 396-97). Sostituita alla Fenice da una ripresa dell’opera Gli ultimi giorni di Su- li di G. B. Ferrari, la Jone avrà la sua prima rappresen- tazione un anno dopo, 26 gennaio 1858, alla Scala di Milano (impresa dei fratelli Marzi) ottenendovi un grande successo. 19 Lettera a Tornielli del 12 maggio 1856, ivi, pp. 363-64. 20 Lettera del 12 maggio 1856 al presidente Tornielli, ivi, pp. 363-64. 21 Ivi, p. 377. 22 Vedi FRANCO ABBIATI, Giuseppe Verdi, Milano, Ricor-

130 di, 1959, II, pp. 369-71. 46 Lettera a Tornielli del 12 maggio 1856, ivi, pp. 363-64. 23 Ivi, pp. 380. 47 Riferendosi evidentemente a quanto Piave gli aveva 24 JULIAN BUDDEN, Le opere di Verdi, volume secondo: scritto in merito alle didascalie di scena. Dal «Trovatore» alla «Forza del destino», Torino, 48 Come a dire, nel gergo teatrale del tempo: «a tutto EDT/Musica, 1986, pp. 267-68. teatro», nel senso della profondità. 25 Ivi, pp. 381-86. 49 L’espressione equivale a «scena corta» o piuttosto «a 26 Vedi per Macbeth la lettera di Verdi a Piave del 4 set- mezzo teatro», qui resa necessaria dall’allestimento tembre 1846 in F. ABBIATI, op. cit., I, p. 643; per Un bal- della scena successiva, «a tutto teatro», con cambia- lo in maschera una lettera di Somma a Verdi senza da- mento a vista. ta, ma 1858, ivi, II, p. 450; per Aida la lettera di Verdi a 50 M. CONATI, La bottega della musica, cit., p. 401. Giulio Ricordi del 25 giugno 1870 in I Copialettere, cit., 51 Vedi lettera di Muzio a Tito Ricordi del 18 febbraio p. 635. 1857, ivi, p. 403. 27 Lettera da Venezia del 14 luglio 1856, in M. CONATI, 52 Lettera del presidente Tornielli ai fratelli Marzi del La bottega della musica, cit., p. 377. 24 febbraio 1857, ivi, p. 406. 28 Sull’argomento vedi F. ABBIATI, op.cit., II, pp. 368 sgg. 53 Verbale della Presidenza della Fenice del 10 marzo 29 In proposito scriverà Verdi a Piave il 31 ottobre 1857, ivi, p.408. 1857: «Tu credi che mi possa dar fastidio il processo 54 «Gazzetta musicale di Milano», XV, 11: 15 marzo con Calzado?... Tu sei matto!. Sapevo che si perdeva, so 1857. che si perderà ancora in appello [...]. Stà pur tranquillo, 55 Numero del 16 marzo 1857. giammai processo perduto ha fatto meno dispiacere» 56 «L’Armonia», Firenze, IV, 6: 31 marzo 1857. (in M. CONATI, La bottega della musica, cit., p. 414, nota 57 «La Perseveranza», Milano, 25 marzo 1881. 33). 58 «Gazzetta musicale di Milano», XV, 11: 15 marzo 30 Relativamente al processo contro Calzado vedi la 1857. lettera a Piave del 3 settembre da Parigi, in F. ABBIATI, 59 Lettera del 13 marzo 1857, in M. CONATI, La bottega cit., II, a p. 372. della musica, cit., p. 408. 31 M. CONATI, La bottega della musica, cit., pp. 381-86. 60 Cfr. F. ABBIATI, op. cit., II, p. 398. 32 Lettera del 28 agosto 1856 del presidente Tornielli ai 61 «Gazzetta previlegiata di Venezia», 16 marzo 1857. fratelli Marzi, ivi, a p.382. 62 Stabilitosi a Milano intorno al 1860, Vianelli vi fon- 33 Ivi, pp. 382-83. derà la «Rivista teatrale melodrammatica» con annessa 34 Ivi, p. 383. agenzia teatrale, dalla quale per molti anni muoverà 35 Ivi, pp. 384-86. una lotta spietata agli interessi di Ricordi e alle nuove 36 Ivi, p. 387. opere di Verdi. 37 Lettera a Piave del 2 ottobre 1856, ivi, pp. 388-89. 63 Articolo riportato in «La Fama del 1857», Milano, 38 Trafiletto della «France Musicale» del 9 novembre XVI, 28: 6 aprile 1857, p. 111. 1856, p. 363: «M. Verdi était de retour lundi dernier du 64 Vedi nota 9. château de Compiègne, où il a eu l’honneur de passer 65 «Gazzetta ufficiale di Milano», 16 marzo 1857. huit jours auprès de LL. MM. l’Empereur e l’Impératri- 66 «La Lanterna di Diogene», Firenze, II, 25: 31 ottobre ce. L’auteur des Vêpres Siciliennes a été l’objet d’une 1857, a firma “Marco”. attention toute particulière de la part de Leurs Maje- 67 Locatelli, appendicista della «Gazzetta previlegiata stés, qui se sont très-souvent et très-longuement entre- di Venezia», più sopra citato. tenues avec lui». 68 F. ABBIATI, op. cit., II, p. 394. 39 Lettere a Piave, in M. CONATI, La bottega della musi- 69 Ivi, pp. 394-95. ca, cit., pp. 388-89, 391, 393-94. 70 L’edificante… scritto si può leggere in F. ABBIATI, op. 40 Su Montanelli, “copionista” dell’attrice Adelaide Ri- cit., II, p. 395-96. stori e facente parte della cerchia ristretta dell’attore 71 Così risulta almeno dai “borderò” serali. In una let- Gustavo Modena, e sulle ragioni intellettuali della sua tera a Tito Ricordi del 6 aprile 1857 Verdi accenna tut- occasionale collaborazione con Verdi vedi GERARDO tavia a una settima rappresentazione: «Non capisco GUCCINI, La drammaturgia dell’attore nella sintesi di una tua frase nella lettera 2 Aprile che parla della 7ma Giuseppe Verdi, in «Teatro e Storia», IV, 7, ottobre 1989, rapp. del Boccanegra a Venezia: “schiamazzi ridicola- pp. 264-65. mente colorati di politica”. Fammi il piacere di spie- 41 Sulla collaborazione di Montanelli al libretto del Si- garmi questa frase!.. come c’entra la politica…» (M. CO- mon Boccanegra vedi il contributo di FRANK WALKER, NATI, La bottega della musica cit., p. 415, n. 51). Verdi, Giuseppe Montanelli e il libretto del «Simon 72 ABRAMO BASEVI, Studio sulle opere di Giuseppe Verdi, Boccanegra», in Verdi, «Bollettino dell’Istituto di Studi Firenze, 1859, pp. 264-65. Verdiani», n. 3, 1960, pp. 1767-89. 73 «Il Passatempo», Firenze, n. 44 del 31 ottobre 1857, p. 42 Lettera a Piave senza data, forse della prima decade 173. del febbraio 1857, in M. CONATI, La bottega della musi- 74 Corrispondenza da Lucca, in «L’Arpa», Bologna, IV, ca, cit., p. 401. 43: 11 aprile 1857, p. 173. 43 Lettera di Muzio a Cerri del 30 novembre 1856 da 75 «Gazzetta previlegiata di Venezia», art. cit. Padova, ivi, p.395. 76 «L’Armonia», art. cit. 44 Del 2 gennaio, da Parigi, è una sua lettera a Ricordi 77 «L’Italia musicale», Milano, IX, 22: 18 marzo 1857, p. in cui prega l’editore di fargli preparare «la solita carta 86. da musica» (ivi, p.395). 78 «Gazzetta ufficiale di Milano», art. cit. 45 Lettera del 9 febbraio 1857, ivi, p. 402. 79 «Gazzetta musicale di Milano», art. cit.

131 80 «Lo Spettatore», Firenze, III, 13: 29 marzo 1857, p. 105 «L’Arte», Firenze, VII, 85: 24 ottobre 1857. 144. 106 «L’Armonia», Firenze, V, 20: 27 ottobre 1857, pp. 77- 81 «», Torino, XXII, 76: 22 marzo 1857. 79. 82 Lettera del 23 marzo 1857, cit. alla nota 61. 107 Vedi «L’Eco dei teatri», Firenze, IV, 3: 19 novembre 83 Copia fotostatica presso l’Istituto Nazionale di Studi 1857. Verdiani, Parma. Analoghi concetti in difesa di Piave 108 Ivi, IV, 6: 12 dicembre 1857, a firma M. esprimeva Verdi in una lettera a Tito Ricordi in pari 109 «La Fama del 1858», Milano, XVII, 1: 4 gennaio data (11 aprile 1857): «Torelli mi scrive di mandargli il 1858. libretto [del Simone]... Egli mi domanda inoltre se la 110 «Il Trovatore», Torino, V, 2: 6 gennaio 1858, a firma poesia ne è veramente così orribile come si dice: e pa- O. re sia opinione universale!! Cosa curiosa! a me pare la 111 «L’Arpa», Bologna, V, 48: 7 giugno 1858, p. 191. poesia migliore che in tanti altri libretti di Piave. Ma 112 M. CONATI, Verdi per Napoli, in Il Teatro di San Car- basta che un libretto porti il nome di questo povero dia- lo: 1737-1987, a cura di Bruno Cagli e Agostino Ziino, volo perché la poesia venga giudicata cattiva, anche Napoli, Electa, 1987, II, p. 248-50. prima di leggerla» (in I Copialettere cit., p. 444). 113 Vedi lettera a Tito Ricordi del 30(?) novembre (non 84 «Gazzetta musicale di Milano», art. cit. ottobre!) 1858, in FEDERICO GHISI, Lettere inedite dall’e- 85 «Gazzetta previlegiata di Venezia», art. cit. pistolario Verdi-Mazzucato [...], in Associazione Amici 86 «L’Italia musicale», art. cit. della Scala, Conferenze, 1968-1970, Milano, s. d., pp. 87 «Gazzetta ufficiale di Milano», art. cit. 168-70. 88 Sulle vicende relative alla rappresentazione del Si- 114 Lettera del 23 luglio 1869, in FRANCO SCHLITZER, Il mon Boccanegra nella stagione inaugurale del nuovo carteggio inedito Verdi-Florimo, in «La Rassegna d’Ita- Teatro Municipale di Reggio Emilia vedi MARCELLO CO- lia», agosto 1946, pp. 28-29. NATI, Il «Simon Boccanegra» di Verdi a Reggio Emilia 115 Vedila riprodotta fuori testo in ALESSANDRO LUZIO, (1857). Storia documentata. Alcune varianti alla prima Carteggi verdiani, Roma, R. Accademia d’Italia, 1935, edizione dell’opera, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro vol. I, n. 12. Municipale «Romolo Valli», 1984, pp. 129. 116 «Il Pirata», Torino, XXIV, 47: 9 dicembre 1858. 89 Ivi, p. 41. 117 Ibid. 90 Per un raffronto ravvicinato fra le tre versioni di 118 I Copialettere di Giuseppe Verdi, cit., p. 556. Vedi questo passo vedi ivi, esempi musicali a pp. 42-44. inoltre lettera a Cesare Vigna, in F. ABBIATI, op. cit., II, p. 91 Ivi, pp. 49-51; esempi musicali a pp. 52-58. 513. 92 Ivi, pp. 79-80; esempio musicale a pp. 81-83. 119 I Copialettere di Giuseppe Verdi, cit., pp. 556-57. 93 Ivi, pp. 31-32. Perroni, ovvero Peroni, scenografo e 120 Per un elenco delle rappresentazioni della prima costumista attivo in quegli anni alla Scala di Milano; su versione del Simon Boccanegra avvenute in Italia e al- di lui vedi Filippo Peroni, scenografo alla Scala (1849- l’estero, con relativi interpreti, vedi M. CONATI, La bot- 1867) a cura di NATALIA GRILLI, Museo Teatrale alla tega della musica, cit., pp. 416-17. Scala, Milano, 12 gennaio - 9 febbraio 1985. 121 Vedi F. ABBIATI, cit., II, pp. 744-45, 794, 796; III, pp. 94 M. CONATI, Il «Simon Boccanegra» di Verdi a Reggio 44, 61. Emilia, cit., pp. 38-39. 122 Vedi la «Gazzetta musicale di Milano», n. 2 del 15 95 Ivi, pp. 34-35. gennaio 1867, pp. 9-11, contenente un commento di 96 Ivi, p. 47. Antonio Ghislanzoni sulla crisi del teatro alla Scala e in 97 Girolamo Magnani (Fidenza, 1815-1889), uno dei difesa di alcune dichiarazioni espresse da Tito Ricordi maggiori scenografi italiani dell’Ottocento, attivo so- in una lettera a Leone Fortis del “Pungolo”. prattutto al Teatro Regio di Parma, fu molto stimato da 123 Autografo presso l’Archivio Ricordi, Milano. Verdi, che lo volle alla Scala per l’Aida nel 1872; sulla 124 Autografo presso l’Archivio Ricordi, Milano. sua attività e i suoi rapporti con Verdi vedi ora i contri- 125 Autografo presso l’Archivio Ricordi, Milano. buti di MAURIZIA BONATTI BACCHINI, Scenografia e teatra- 126 Vedi Carteggio Verdi-Boito a cura di Mario Medici e lità nell’opera di Girolamo Magnani e di MARCO CAPRA, Marcello Conati, con la collaborazione di Marisa Casa- Girolamo Magnani scenografo. Cronologia annotata, ti, Parma, Istituto di Studi Verdiani, 1978, pp. XXVII- rispettivamente a pp. 13-53 e 113-34 in Comune di Fi- XXX. denza: La civiltà musicale a Parma: Il teatro di Girola- 127 Ivi, IV, p. 82. mo Magnani, scenografo di Verdi, Parma, 1989. 128 Deve trattarsi molto probabilmente della ripresa 98 M. CONATI, Il «Simon Boccanegra» di Verdi a Reggio avvenuta in quel teatro nel novembre del 1864, anche Emilia, cit., p. 79; del medesimo tenore una lettera a se il suo nome non figura nel cast iniziale di quella ri- Vincenzo Torelli del 17 giugno 1857, ivi, p. 80. presa, che ebbe come interprete della parte di Gabriele 99 «Gazzetta dei teatri», Milano, XX, 33: 20 giugno 1857, Adorno il tenore Ruggero Sirchia; il fatto che il nome p. 130, a firma E. C. del non ancora trentenne Filippo Patierno non figuri 100 «L’Italia musicale», Milano, IX, 47: 13 giugno 1857, nemmeno nei casts delle altre opere date nel corso di p. 187, a firma B. quella stagione autunnale (vedi CARLO MARINELLI RO- 101 Firenze, tip. Tofani, 1859. SCIONI, Il . La cronologia: 1737 - 102 «L’Italia musicale», Milano, IX, 86: 28 ottobre 1857, 1987, Napoli, Guida, 19882, pp. 366-67) non esclude p. 343. una sua effettiva partecipazione a una delle ultime re- 103 Ivi, IX, 87: 31 ottobre 1857, p. 346. pliche di quella ripresa, che ebbe in tutto sette rappre- 104 «Il Passatempo», Firenze, II, 44: 31 ottobre 1857, pp. sentazioni; nell’edizione del 1858, diretta da Verdi, la 173-74, a firma “Luca”. parte di Gabriele, dapprima sostenuta da Fraschini, fu

132 ripresa poche settimane dopo da Francesco Mazzoleni (vedi CONATI, La bottega della musica, cit., pp. 416-17), il cui nome peraltro non figura nella citata cronologia sancarliana (vedi p. 343). 129 Carteggio Verdi-Ricordi : 1880-1881, a cura di PIER- LUIGI PETROBELLI, MARISA DI GREGORIO CASATI, CARLO MATTEO MOSSA, Parma, Istituto di Studi Verdiani, 1988, p. 68. 130 Nel secondo atto della Straniera di Bellini, cabaletta dell’aria di Valdeburgo. 131 Nel secondo atto della Sonnambula di Bellini, aria di Elvino. 132 Appartenenti alle Familiari: si tratta della lettera ot- tava del libro decimoprimo al Doge di Venezia Andrea Dandolo (Padova, 1351) e la quinta del libro decimo- quarto al Doge di Genova Simone Boccanegra (Avigno- ne, 1352). Nella biblioteca di a Sant’Agata si conservano tuttora i due volumi, appartenuti al mae- stro, delle Lettere di Francesco Petrarca. Delle cose fa- miliari libri ventiquattro. Ora la prima volta volgariz- zate e dichiarate con note da Giuseppe Fracassetti, Fi- renze, Le Monnier, 1863-1864. 133 Carteggio Verdi-Ricordi : 1880-1881, cit., pp. 69-71. 134 Tacito riferimento all’Otello, che Ricordi non nomi- na rispettando la consegna presa a suo tempo con Ver- di e Boito di mantenere su di esso il massimo segreto e limitandosi ad accennarvi per via di metafore: il cioc- colatte, il moro, ecc. 135 Si riferisce al libretto di Otello, e in particolare a un “cambiamento” nel controverso finale dell’Atto III; ve- di lettera di Boito a Verdi del 18 ottobre 1880 in Carteg- gio Verdi-Boito, cit., pp. 4-6. 136 Carteggio Verdi-Ricordi : 1880-1881, cit., pp. 74-75. 137 Ivi, p. 76. 138 Ivi, p. 78. 139 Ivi, p. 81. 140 Carteggio Verdi-Boito, cit., pp. 7-11. 141 Ivi, p. 13. 142 Tobia Gorrio, con il quale Boito abitualmente fir- mava i propri libretti per altri compositori. 143 PIERO NARDI, Vita di Arrigo Boito, s. l., Mondadori, 1942, p. 473. 144 Carteggio Verdi-Boito, cit., pp. 6-47, e relative note a pp. 289-303. 145 Ivi, pp. 15-16. 146 Per un’analisi delle due versioni dell’opera vedi in particolare WOLFGANG OSTHOFF, Die beiden «Boccane- gra»-Fassungen und der Beginn von Verdis Spätwerk, in «Analecta Musicologica», Band I., 1963, pp. 70-89. 147 Vedi in proposito FRITS NOSKE, The Signifier and the Signified: Studies in the of Mozart and Verdi, Den Haag, M. Nijhoff, 1977, al cap. «Simon Boccane- gra»: one plot, two dramas, pp. 215-40 (trad. it.: Dentro l’opera. Struttura e figura nei drammi musicali di Mo- zart e Verdi, Venezia, Marsilio, 1994, pp. 233-60). 148 Per alcuni importanti aspetti dei problemi dramma- turgici affrontati da Verdi con la revisione del Simon Boc- canegra vedi DANIELA GOLDIN, La vera Fenice, Torino, Ei- naudi, 1985, al cap. Il «Simon Boccanegra» da Piave a Boito e la drammaturgia verdiana, pp. 283-334.

133 Simonino Boccanegra. Da «Galleria Storica dell’Italia», Firenze, Passigli 1845.

134 DANIELA GOLDIN FOLENA SIMÓN BOCANEGRA DA VERDI A PIAVE A BOITO

I Dogi non si addicono a Venezia. Così al- neo di Verdi, quell’Antonio García Gutiér- meno avrebbe potuto pensare Verdi: nono- rez che gli aveva già fornito la fonte del suo stante il problema ricorrente della censura, Trovatore, e dal quale, al di là di ragioni il suo rapporto con la Fenice fu lungo e puramente anagrafiche, egli si sentiva cer- fruttuoso, facilitato da amicizie con vene- to attirato anche per il comune interesse ziani particolarmente affezionati (tra i qua- privilegiato verso la tradizione drammatica li certamente Francesco Maria Piave), ma i francese più nuova, quella rappresentata soggetti melodrammatici da lui proposti o soprattutto da Victor Hugo. L’ascendenza realizzati con protagonisti appunto dei Do- hughiana era particolarmente evidente nel gi per motivi vari non avevano avuto fortu- Trovador, col quale il giovanissimo García na. Ci aveva provato una prima volta negli Gutiérrez aveva debuttato nel 1835; ma il anni 1843-1844, proponendo I due Foscari, Simón Bocanegra, Drama en cuatro Actos, ricavato con eccezionale tempismo da The precedido de un Prólogo (val la pena di ri- two Foscari di Lord Byron, autore da lui cordare il sottotitolo che ci permetterà di particolarmente amato (e fortunatissimo individuare lo stretto rapporto di Verdi con nella cultura romantica italiana), appena l’originale), rappresentato per la prima vol- uscito nella traduzione, della quale doveva ta a Madrid il 17 marzo 1843, aveva un al- servirsi, di Carlo Rusconi. Motivi di conve- tro respiro, e, pur lasciando intravedere le nienza e di dubbia opportunità di quel sog- origini drammaturgiche dell’autore, pre- getto, che metteva in scena personaggi le sentava uno sfondo culturale e drammatico cui famiglie erano ancora ben presenti a più ampio di quello sotteso nel dramma Venezia, convinsero la Presidenza del Tea- d’esordio. Frutto di una conoscenza docu- tro a rifiutare l’offerta verdiana, che fu allo- mentaria della storia genovese, la nuova ra dirottata verso il romano Teatro Argenti- tragedia gutierreziana seguiva con molta na. Ambientata sulla sponda italiana oppo- evidenza due filoni tematici ben distinti: le sta, la vicenda del Doge Boccanegra, delle vicende individuali, private, del protagoni- lotte tra plebe e nobiltà genovese che intor- sta e degli altri personaggi principali, e no al Doge ruotavano, divenne accettabile, quelle pubbliche, collettive, della città ma- in vista di una sua realizzazione melo- rinara, con i suoi scontri di classe e le sue drammatica, per lo stesso Teatro venezia- lotte intestine. Nel Prólogo si presentavano no nel 1856; ma come si sa, l’opera fu ac- gli antefatti che si sarebbero sviluppati su colta, stando alle parole del compositore, quei due piani: da una parte, l’amore im- da un sonoro fiasco. Col senno di poi, al possibile tra il protagonista e una giovane, momento della sua revisione, lo stesso Ver- pur madre di un suo figlio, strappata a lui di avrebbe riconosciuto che il difetto prin- dall’odio del padre, perché di tutt’altra cipale di quella sua opera consisteva in una estrazione sociale; dall’altra, le recrimina- sostanziale monotonia, cioè nella scarsa zioni di popolani ma anche della classe varietà drammatica e forse anche sceno- mercantile e artigiana, desiderosa di pren- grafica o spettacolare. Eppure il punto di dere il potere per odio verso i nobili, che in- partenza era stato un drammaturgo coeta- veste del ruolo politico supremo (“l’alto

135 scranno”) il corsaro Simón Bocanegra, fa- gesti ed espressioni – di quelle parole. E ad cendo leva sul suo amore per Mariana, nel- esse doveva reagire a suo modo Verdi. Si è la prospettiva, destinata ovviamente alla detto come il soggetto ‘dogale’ fosse stato frustrazione, che quella nomina lo avrebbe già nei programmi destinati dal composito- elevato ad un più alto e più degno rango so- re al teatro veneziano. Ma molti anni erano ciale. Nel testo spagnolo le motivazioni che passati ormai da quei Due Foscari byronia- spingono i personaggi minori e poi il prota- ni, tante opere avevano fatto conoscere gonista, se non alla rivolta, al sommovi- Verdi al mondo musicale, e soprattutto tan- mento politico sono ben esplicite, sì che to si era arricchito il suo bagaglio culturale, avidità, ambizione pura, invidia per la clas- particolarmente drammatico. Quel che egli se dominante, e infine ingenuo desiderio di proponeva alla Fenice nel 1856 era la ver- riconoscimento sociale emergono con par- sione aggiornata – sul piano dei suoi gusti e ticolare evidenza perché attribuiti ciascuno dei suoi interessi – di una storia gotica, am- a singole, ben individuate figure. Nel corso bientata in una repubblica marinara, con dei quattro Atti successivi, il cast veniva nomi che si perpetuavano nella contempo- completato con l’invenzione di due giovani raneità (Fiesco, Adorno), cioè riconoscibili amanti, legati per motivi diversi ai protago- e plausibili, con scontri che avevano i con- nisti “politici”, e di una Julieta, ancella del- notati delle moderne fazioni politiche (non la giovane protagonista, destinata però a più soltanto cioè, come nei Due Foscari, scomparire poco dopo la sua prima appari- scontri tra famiglie sia pur nobili e solo in zione. Quanto alla struttura del dramma, le quanto tali ‘pubbliche’). Il Simón Bocane- scene si susseguono in modo non sempre gra gliene dava l’occasione, ma quel testo logico e lineare, tanto che qua e là si ha presentava anche opportune affinità con la l’impressione di eventi interrotti senza una più ampia drammaturgia europea, quella reale motivazione, di ripetizione o ridon- con cui sentiva ormai una sorta di familia- danza degli atti, quando non di incompren- rità. Nonostante la presenza comune di de- sibile articolazione drammatica. Ma più terminati personaggi storici, per sua di- che la vicenda in sé – che comprende le im- chiarazione, il melodramma che Verdi ne mancabili agnizioni, gli istinti di vendetta ricavò non doveva essere accostato alla destinati ad appagarsi per atti di clemenza schilleriana Congiura dei Fieschi. Eppure del protagonista, la morte pacificatrice del ora ci si chiede se a determinare la scelta protagonista stesso e la giusta punizione del dramma spagnolo, l’individuazione dei malvagi –, nel Bocanegra originale (co- precisa di potenzialità melodrammatiche me del resto nella maggior parte dei dram- proprio nel testo gutierrieziano, non sia mi gutierreziani) hanno rilievo i dialoghi, stata, oltre alla familiarità acquisita, fin dai la componente verbale, quella che real- tempi del Trovador, col drammaturgo suo mente conferisce una fisionomia distinta ai coetaneo, la consuetudine di lettura del singoli personaggi, ne delinea nettamente i grande drammaturgo tedesco, sul quale an- rapporti: saranno stati propri della tradi- zi si era in parte educato drammaturgica- zione teatrale iberica quel lessico ricco di mente. Verdi aveva frequentato Schiller fin immagini e di metafore, quell’enfasi dalla giovinezza, o meglio, fin dagli anni espressiva, le apostrofi o i lunghi monolo- della formazione, ne aveva presto ridotto i ghi (veri e propri dialoghi interiori che drammi per le scene musicali (Giovanna mettevano allo scoperto, di fronte agli spet- d’Arco, I masnadieri, Luisa Miller), senza tatori, la psicologia e le lacerazioni affettive dire che qualcuno – librettisti e committen- più intime dei singoli personaggi), ma il te- ti francesi – gli aveva già suggerito, fin dal sto del dramma spagnolo era sicuramente 1850, di dedicarsi alla resa melodrammati- destinato ad avvincere, fin dalla sua prima ca del suo Don Carlos. Simón Bocanegra diffusione, anche coloro che lo avessero non ripeteva Schiller, non lo plagiava, ma semplicemente letto, tale la forza evocativa nel 1856 Verdi era pronto ad interpretare – di situazioni e di sentimenti e persino di musicalmente quel pezzo di storia patria

136 proprio perché in particolare Schiller gli scene, col risultato peraltro di una raziona- aveva fatto capire che cos’era un dramma lizzazione, se così si può dire, della vicen- storico, gli aveva dato il gusto per i grandi da, compensata da una eccezionale fedeltà affreschi “gotici”, nei quali la fantasia dove- al dialogo: pur ridotte in prosa dagli origi- va semplicemente interpretare o approfon- nali versi, intere sequenze del testo spagno- dire la realtà, anche quando alla storia si lo sono quasi traslitterate (e per la maggior giustapponessero invenzioni di pura op- parte resteranno pure nella ulteriore, nuo- portunità teatrale. Letture critiche degli an- va versificazione del libretto), a conferma ni iniziali della sua carriera operistica gli insieme della sintonia espressiva dei due avevano del resto insegnato che la storia autori e della produttività melodrammatica nazionale conteneva in sé il miglior reper- dei versi e del lessico gutierreziani. Si legga torio drammatico, che vicende più o meno il monologo d’entrata di Fiesco nel Prólogo, recenti, tali da poter essere ripercorse con sc.8: credibilità, avrebbero coinvolto gli spetta- tori nel modo più efficace: a Verdi sarà par- Por última vez so paradossale solo il fatto che a descrivere Adiós, altivo palacio, – e con quale maestria!– vicende italiane Donde corrió mi niñez, fossero dei drammaturghi non italiani, ma Y en cuyo anchurioso espacio sulla produttività anche musicale di quelle Me sorprendió la vejez. invenzioni non aveva dubbi, tanto da assu- Adios ya, sepulcro frio, merle sempre con tempestività nei propri En cuyo centro sombrio progetti melodrammatici. Fortuna vuole Hoy sólo á morar acierta che proprio per il Simon Boccanegra ri- Mi pobre esperanza muerta manga documento della reazione persona- Y muerto el consuelo mio. le e della personale rielaborazione verdia- Ya aquel ángel soberano na del dramma originale: per esigenze del- Á tus balcones no asoma la censura, il compositore inviò al libretti- […] sta Francesco Maria Piave il libretto in pro- Porque burlando tu amor sa della futura opera, si divertì anche a sug- Y hollando tu candidez, gerire il paradosso che in quell’occasione Mariana, el vil seductor avrebbe musicato un testo in prosa: «Torna Vertió deshonra y dolor a scrivere tu alla Presidenza che il Simon En mi caduca vejez. Boccanegra che io ho mandato in agosto Y ¡en vano fué que guardara non è un programma [cioè, secondo la ter- Virgen santa el escondido minologia tecnica verdiana, una sceneg- Centro que ya no te ampara! giatura con indicazione sommaria dei dia- ¿Por qué dejó que llegara loghi] (mi pare che i programmi non si fac- El robador á tu nido? ciano mai in quel modo) ma il libretto co- ¿Por qué, custodio leal me deve essere approvato dalla Censura. Io De su candor inocente, ho l’obbligo di dare in Carnevale un’opera Consentiste en nuestro mal pel Gran Teatro della Fenice, e questa volta Que arrancaran de su frente per fare una novità, conto di mettere in mu- Su corona virginal? sica un libretto in prosa! Che ti pare? Ecco- ¡Pero ay! ¡perdona! ¡perdona! (Se arrodilla) mi dunque in perfetta regola». Quel libretto Por mí… sí, por mi delirio in prosa tuttora conservato testimonia le Cruel, ¡oh santa Madona! capacità di riduzione e di adattamento ope- Ha alcanzado otra corona ristico del compositore. Ci testimonia pri- De expiacion y martirio. ma di tutto la traduzione diretta (con tutta probabilità dello stesso Verdi) del testo spa- E si legga ora la riduzione verdiana: gnolo, perché ciò che colpisce è il processo di semplificazione persino drastica delle Fiesco (solo)

137 Addio per l’ultima volta, altero palazzo dei Está encerrada en el amor de un hijo. Fieschi!… Addio freddo sepolcro di quel- […] l’angelo ch’era la mia sola speranza e mio ¡Ángel que Dios me envia! Por ti sola conforto!! Io non bastai a proteggerti!!… La dignitad con que me cubro anhelo; Maledizione sull’infame!… Perché santa Mi corona ducal es tu aureola, custode permettesti che strappassero dalla Mi cariño inmortal será tu cielo. sua fronte la verginal corona? Ahi perdo- (Simón Bocanegra, II 7) na… perdona!… (s’inginocchia). Per mio crudel martiro, santa vergine, ella raggiun- Parole che Verdi manterrà nel suo libretto se altra corona d’espiazione!!.. Marianna, in prosa (I 7), rendendolo se possibile an- nell’alto de’ cieli presso al sacro trono pre- cor più iperbolico, col singolare dantismo ga per me. (S’odono frattanto voci di la- imparadisa che conferisce, per così dire, mento nell’interno) sfumature di religiosità all’affetto paterno:

Dove si noterà il processo di semplificazio- Doge ne a cui l’originale spagnolo è sottoposto Figlia! a questo nome palpita il cor di gioia. (con la frase finale evidentemente aggiunta Se alcun bene imparadisa l’uomo, esso rac- come spunto per un’aria che il librettista chiudesi nell’amor d’un figlio. Angiol che versificherà secondo i canoni melodram- Dio m’invia per te solo ambisco la dignità matici), senza però che se ne sacrifichino le con cui mi ricopro. La mia ducal corona è espressioni fondamentali, quelle che danno la tua aureola, il mio affetto immortal sarà il senso del rapporto di Fiesco con la figlia il tuo cielo. amata da Simone: un rapporto possessivo, che mescola l’affetto per l’una con il di- In effetti, prima ancora che sul piano nar- sprezzo e il rifiuto per l’altro, che fa co- rativo o drammatico il testo di García Gu- munque del personaggio un raffigurazione tiérrez deve aver suggestionato Verdi su particolare di quel rapporto padri-figli così quello dei personaggi (faccio notare che nel ben analizzato da Luigi Baldacci, e che è libretto in prosa l’onomastica riproduce fe- una costante della drammaturgia verdiana. delmente la forma spagnola: Simone Boca- Così nelle figure di Fiesco e di Simone si è negra, Susana, ecc.). Il cast si apriva con la vista la traccia di tanti altri grandi padri figura di verdiani: soprattutto Rigoletto e il Lear shakespeariano, tanto vagheggiato dal no- SIMON BOCANEGRA, corsario al servicio stro compositore e forse abbandonato an- de la republica de Génova. che perché realizzato in altre sue grandi fi- gure paterne. Una paternità desiderata, Niente di meglio per suggerire a Verdi un perduta e riacquistata pervade del resto tut- protagonista emarginato, un eroe trasgres- to il Simon Boccanegra, sia nella versione sivo, fuori dalla società, ma che prevedibil- originale, sia nella versione operistica: per- mente si sarebbe rivelato almeno moral- sino il protagonista si rivolge al proprio an- mente superiore agli altri personaggi, come tagonista Fiesco per ben due volte con l’ap- del resto si poteva dedurre fin da quel suo pellativo di padre (si ricorderà che anche essere “al servizio” della repubblica, cioè Violetta chiedeva a Germont: «Qual figlia della comunità. È vero che nella maggior m’abbracciate», Traviata, II 5); e lo stesso parte dei drammi romantici, e pure dei me- Simone, scoprendo la propria paternità, lodrammi, il o la protagonista emergono esternerà i suoi sentimenti con espressioni per una loro relativa diversità rispetto agli che sono segno di un’affettività estrema: altri personaggi; ma, entro la produzione verdiana, più che al trovatore Manrico o al […] ¡Hija mia! Á tan sagrado nombre bandito Ernani e simili paradossalmente Palpita el corazon de regocijo. Simon Boccanegra sembra rinviare al ¡Ay! Si alguna ventura goza el hombre, buffone Rigoletto, e ancor più alla traviata

138 Violetta, perché, a differenza dei primi per- troduce l’inconfondibile «Ella giammai sonaggi, Simone e Violetta non sono porta- m’amò» del Filippo di Don Carlo, 1884, III tori clandestini o ignari di un ramo di vera 1). nobiltà di casta: la loro è nobiltà d’animo, Agli occhi e per la sensibilità artistica di emergono per anticonformismo, per razio- Verdi la storia dogale di García Gutiérrez nalità ed altruismo. Oltre ai protagonisti – era decisamente superiore a quella di By- Simón Bocanegra, Jacobo Fiesco, Gabriel ron per un elemento: l’apparato scenico. Le Adorno, Susana-Maria –, i personaggi pre- didascalie del dramma gutierreziano erano visti nel modello spagnolo delineavano ampie, ricche di dettagli, davano spazio al- un’ampio orizzonte economico-sociale: in- la documentazione storica della vicenda e sieme col nobile Fiesco, il mercante Loren- insieme caratterizzavano il milieu sociale e zino Buchetto, l’artigiano Paolo, i marinai, umano entro il quale si muovevano i perso- tra i quali soprattutto l’ambizioso e avido naggi. Si veda a puro titolo d’esempio la di- Pietro; un paesaggio umano che Verdi dascalia della prima scena del Prólogo: avrebbe necessariamente semplificato, mantenendo sì gli interpreti principali, ma Una gran plaza de Génova. En el fondo, la riducendo tutti gli altri personaggi della iglesia de San Lorenzo, que se iluminará fonte spagnola al solo Pietro (che perderà luégo interiormente. Á la derecha del ogni connotazione professionale, riducen- espectador, el palacio de los Fiescos , figu- dosi a generico “popolano”), caricando rando de mármol, con un gran balcon. En però di significato drammatico, dotandolo la fachada se verá una imágen de la Mado- di ulteriori connotazioni per così dire tragi- na de Castelnovo, con un farolillo delante, che, l’altro comprimario, Paolo, che, pur que alumbrará esta parte de la escena. En- privo di vero rilievo musicale, nelle lettere tre el palacio y la iglesia quedará la entrada e nelle raccomandazioni di Verdi diventa de una calle. Á la izquierda, en primer tér- figura degna di un grande interprete. Nella mino, una casa de pobre aparencia, y otra riduzione operistica viene eliminata anche más regular en el fondo, pegada al muro de la figura di Julieta, un po’ ridondante, è ve- la iglesia. Entre esas dos casas, quedará ro, anche nell’originale, se non per una ine- tambien una calle. Empieza á caer la tarde. dita venatura comica che complicava il ca- st. Ma Verdi, che in quell’occasione non E questa è la didascalia che Verdi passerà a pensava ad una shakespeariana mescolan- Piave, il quale non potrà che riprendere za di generi o di stile, avrà visto in lei solo con minimi aggiustamenti le indicazioni, o la ripetiziomne di figure di ancelle, che ser- meglio le volontà, del maestro: vivano un po’ da buttafuori delle protagoni- ste, già note per esempio dall’Ernani e dal Gran piazza di Genova. Nel fondo la chiesa Trovatore. Andrà invece notato che nella di S. Lorenzo che verrà poi illuminata in- coppia Fiesco – Simone, l’uno implacabile, ternamente. Alla destra dello spettatore il depositario di un potere che gli viene so- palazzo dei Fieschi in marmo con gran bal- prattutto dal rango, dalla classe di apparte- cone. Nella facciata una immagine con lan- nenza, l’altro problematico, sensibile agli ternino messo avanti. Fra il palazzo e la affetti più che al potere, Verdi può avere in- chiesa una strada. Alla sinistra, casa di po- travisto figure simili a quelle che divente- vera apparenza; un’altra più regolare nel ranno il Filippo II e il Marchese di Posa del fondo appoggiata al muro della chiesa. Fra Don Carlo; così del resto siamo autorizzati queste due case vi sarà pure una strada. a pensare anche per la parallela scelta del- Comincia a far notte. la vocalità, rispettivamente di basso per Fiesco e Filippo, e di baritono per Simone e Perché il nostro melodrammaturgo condi- Rodrigo. Senza dire che la circostanza stru- videva col drammaturgo spagnolo anche mentale che introduce Fiesco nel Prologo questa sensibilità scenografica: oggetti, ha strettissima parentela con quella che in- spazi, sfondi e soprattutto luci e colori ven-

139 gono indicati nelle loro opere addirittura nazione, dev’essere ben lontana. con pignoleria (l’uno e l’altro arriveranno ad indicare persino gli oggetti che si na- La luna e il suo riflesso sul mare erano scondono dentro le stanze laterali o dentro un’esigenza verdiana, che non aveva corri- gli armadi). Nelle poche lettere rimaste in- spettivo nel modello spagnolo. D’altra par- dirizzate a Piave sul Simon Boccanegra, te Piave sapeva che la scena del primo atto, Verdi insiste con ostinata intensità sull’a- quella a cui si riferivano le raccomandazio- spetto scenico della sua futura opera, in ni di Verdi, nell’originale si svolgeva verso particolare su tutto ciò che può rendere vi- l’alba; cosicché nel suo libretto la didasca- sivamente il paesaggio e i giochi di luce, in- lia relativa si concluderà con una sorta di dotto forse a questo anche dalle clausole dilazione temporale: «Qualche tempo dopo stagionali delle didascalie gutierreziane, l’alzata del sipario albeggia»; in modo da che alla fine, come si è visto nell’esempio permettere alla luna e ai suoi riflessi sul sopra citato, alludono proprio al momento mare di entrare, con tutte le loro potenzia- della giornata in cui si svolge l’azione. Si lità liriche oltre che scenografiche, nei ver- veda come, in una lettera al librettista del 5 si dell’aria di Amelia che apre la stessa sce- settembre 1856, il compositore immagina- na, praticamente con le parole volute dal va scene e colori del nuovo dramma, alle musicista: quali per altro, nella sua fantasia creatrice, aveva già fatto corrispondere azioni, gesti AMELIA sola, seduta presso il poggiuolo ed effetti musicali ben precisi: Come in quest’ora bruna Sorridon gli astri e il mare! Cura molto le scene. Le indicazioni sono Come s’unisce, o luna, abbastanza esatte, non ostante mi permetto All’onda il tuo chiaror!… alcune osservazioni. Nella prima scena, se Amante amplesso pare il palazzo Fieschi è di fianco, bisogna che Di due virginei cor! sia ben visto da tutto il pubblico, perché è (Simon Boccanegra, I 1) necessario che tutti veggano Simone quan- do entra in casa, quando viene sul balcone Quanto alle raccomandazioni per la scena e stacca il lanternino: credo di avere avuto finale, le parole di Verdi non facevano che un effetto musicale che io non voglio per- riprendere la suggestiva didascalia del cor- dere causa la scena. […] Questa scena deve rispondente testo spagnolo, messa però en- avere molto sfondo. Invece di una finestra tro il dialogo finale tra Fiesco e Boccane- ne farei diverse fino a terra, una terrazza, gra: «Desde esto momento empiezan á apa- metterei una seconda tela di fondo con la garse las luces de la plaza, de modo que al luna, i cui raggi battessero sul mare, che si espirar el Dux, hayan desaparecido com- dovrebbe vedere dal pubblico: il mare sa- pletamente.» (Simón Bocanegra, Iv 8). E il rebbe una tela luccicante in pendio. Se io fedele Piave manterrà quelle suggestive in- fossi pittore, farei certamente una bella tela dicazioni, sottolineando anzi il progressivo semplice e di grande effetto. oscuramento della scena: «(II lumi comin- Raccomando la scena ultima, quando il do- ciano a spegnersi nella piazza, per modo ge ordina a Piero di schiudere i balconi: de- che allo spirare del Doge non ne arderà più ve vedersi l’illuminazione ricca, larga, che alcuno.)» (Simon Boccanegra, 1857, III 5) prende un gran spazio onde si possano ve- Con una articolazione drammatica e un dere bene i lumi, che a poco a poco, l’un do- dialogo così ben predisposti dal composito- po l’altro, si spengono, fino che alla morte re, a Piave restava ben poco da fare. Ma i del Doge, tutto è nella profonda oscurità. È suoi versi piacquero a Verdi che si trovò un momento, io credo, di grande effetto, e anche in quell’occasione a difendere il suo guai se la scena non è ben fatta. Non è ne- librettista, a difendere addirittura la pater- cessario che la prima tela abbia un gran nità di quel libretto. L’azione seguiva la sfondo, ma la seconda, la scena dell’illumi- traccia della fonte spagnola con la parabola

140 che nel Prologo prevedeva l’elezione indot- nografica, ma, se avesse realizzato proprio ta a Doge di Simon Boccanegra, l’incontro i suoi primi progetti, sarebbe giunto ad ec- tra questi e Fiesco, e la morte dell’amata – cessi di una spettacolarità pacchiana e irra- da Simone – Mariana, senza che il protago- zionale. Cambiati anche i tempi politici, nista potesse rivederla. Nel primo Atto, che Verdi pensava semplicemente di aggiorna- riunisce più scene dell’originale, si assiste re la scena di festa – per altro scena d’ob- all’incontro dei giovani amanti Amelia e bligo nella drammaturgia verdiana, alme- Gabriele; avviene il reciproco riconosci- no sin dai primi anni ’50 –, facendone una mento di padre e figlia (Simone e Susanna scena veramente corale e con istanze nuo- – Amelia) e si profila la fatale ostilità a Si- ve di fratellanza e di riappacificazione na- mone di Paolo, fino alla conclusione festo- zionale, dando al protagonista connotazio- sa, di anniversario dell’elezione del Doge, ni che lo facessero somigliare ancor più ad interrotta dall’irruzione di Gabriele e poi di un moderno eroe, quale Garibaldi, per Amelia, sfuggita ad un rapimento. Nel se- esempio. Lo spunto gli era offerto dalla condo Atto si precisa la congiura per l’eli- pubblicazione delle Familiari del Petrarca, minazione del Doge che però, perdonando nella traduzione italiana di Giuseppe Fra- Gabriele e autorizzando il suo legame con cassetti che aveva prestato al poeta un lin- Amelia, se ne conquista l’appoggio nella guaggio moderno, risorgimentale e ancor nuova minaccia guerresca per Genova. più melodrammatico, così da offrire al let- Nell’Atto finale si consuma la vendetta di tore Verdi un testo quanto mai attuale e in Paolo e si ritrovano Simone e Fiesco, inca- sintonia con la sua espressività. Gli accenti pace però di godere della morte provocata di Petrarca ambasciatore di pace con i Dogi dell’antico nemico. Durante il soggiorno di Venezia e di Genova potevano bene esse- parigino precedente la prima rappresenta- re prestati al rinnovato Simon Boccanegra, zione veneziana della nuova opera, Verdi che si sarebbe così arricchito di un ruolo ebbe modo di sottoporre all’esule Giuseppe non più solo ‘comunale’, ma realmente fe- Montanelli il libretto di Piave per una revi- deralista e nazionale. E il libretto di quell’o- sione finale. Che però si svolse come era pera subì i ritocchi coi quali ora si ascolta. avvenuto per l’intervento di Andrea Maffei Wolfgang Osthoff ha ben individuato le no- sul libretto del Mcbeth: ritocchi, diffusi ma vità musicali del Simon Boccanegra del non sostanziali, ai quali per altro Verdi die- 1881, che nel complesso realizzano più de la forma definitiva con ulteriori suoi in- esplicitamente spunti già presenti nella pri- terventi. ma versione. Ci si può stupire se si consi- L’esperienza del ’57 non mise però la paro- dera che dal punto di vista poetico la penna la fine alla riduzione del dramma spagnolo. di Boito si distingue da quella del “povero” Fu così che Verdi mise alla prova per la pri- Piave per una letterarietà più accentuata, ma volta l’abilità del musicista e poeta Arri- che le sue metafore e le sue perifrasi sono go Boito: la loro intesa fu graduale, non im- qua e là tanto incomprensbili da venire si- mediata. A giudicare anzi dalle prime bat- stematicamente omesse dagli esecutori tute del loro scambio epistolare sul Simon moderni (il “romito di Sorga” non può che Boccanegra, non si potrebbe immaginare essere un più plausibile “Francesco Petrar- che di lì a poco la loro collaborazione ca”, data anche l’equivalenza metrica delle avrebbe avuto l’esito sorprendente di un’o- due locuzioni). Sono responsabilità verbali pera nuovissima e carica di futuro quale il che non sminuiscono le responsabilità tut- Falstaff. Ciò che divide i due autori nel te verdiane della revisione drammatica e 1880, anno dei primi contatti per la revisio- musicale dell’opera del 1857. E forse qui ne del Simon Boccanegra, è soprattutto un dobbiamo ancora accogliere i suggerimen- diverso senso del teatro e del rapporto col ti di Osthoff che nella scena con tumulto pubblico: Boito avrebbe ritoccato il libretto del nuovo Boccanegra vede ancora un’in- per dare sì maggiore dinamismo e una fluenza di Schiller. In effetti in quella Con- nuova varietà musicale e soprattutto sce- giura dei Fieschi che Verdi negava fosse al-

141 l’origine del suo melodramma di ambienta- pieno della maturità artistica. Verdi, per il zione analoga, e che pure il compositore principio della sua rigorosa divisione del aveva visto eseguito in un teatro tedesco lavoro, aveva consegnato il testo relativo a (certo senza poterlo capire, data la sua non mani diverse che si misero al lavoro con conoscenza del tedesco), le scene centrali – prospettive diverse, lasciando però sempre nella traduzione forse letta da Verdi – del- intatto e autonomo il produttivo incontro di l’Atto II si svolgono a partire da Un tumulto Verdi con García Gutiérrez. che cresce intorno al palazzo. Il Moro fa en- trare il popolo che grida «a morte i Doria». Certo colpisce l’affinità delle circostanze della scena schilleriana e di quella del Con- siglio del nuovo Simone, dove pure, nella scena 10 dell’Atto I, le didascalie parlano di un tumulto lontano che poi si fa più forte in mezzo al quale si sentono Voci interne che gridano «Morte!». E mi chiedo se un segna- le ulteriore della suggestione di quel testo schilleriano non sia da vedere nel ricorrere frequente del nome Fieschi, anziché Fiesco, nelle lettere verdiane tarde. Ma sarebbe un’interferenza o una mescolanza di testi non estranea ai processi inventivi di Verdi: basterà ricordare semplicemente l’innesto dell’episodio del Wallenstein, ancora di Schiller, entro la Forza del destino ricavata dal Don Álvaro o La fuerza del sino del Du- que de Rivas: in tutti e due i casi, il recupe- ro di scene da testi diversi non si risolve mai nella giustapposizione di elementi estranei, ma nella rappresentazione più ef- ficace di episodi o di situazioni drammati- che, forse non direttamente funzionali l’u- na all’altra e apparentemente non omoge- nee, ma capaci di arricchire lo sfondo della vicenda principale. Ora nessuno avverte una forzatura, anche se di per sé non au- tentico, in quell’episodio di normale prassi politica che precisa il ruolo di Boccanegra e che dimostra pessimisticamente l’inanità di ogni iniziativa di pace o semplicemente democratica. Del resto quell’episodio è so- prattutto un episodio musicale, che traduce un comportamento parossistico, dissenna- to, e che aveva i toni minacciosi di una sor- ta di Dies irae. Così un personaggio italiano e un testo spa- gnolo avevano occupato per tanti anni la mente di Verdi: sua la scelta del soggetto, sua la primordiale riduzione operistica, sua la prima realizzazione melodrammati- ca e la revisione di un’opera realizzata nel

142 J. Roy, vignetta rappresentante l’ultima scena di Simon Boccanegra. Incisione di Raoul Toché, «Le premiè- res illustrées», Stagione Teatrale 1883-84. Parigi, 1884.

143 Francesco Tamagno, primo interprete del ruolo di Gabriele Adorno nel Simon Boccanegra del 1881.

144 MARCO BEGHELLI DA VENEZIA A MILANO IL LIFTING VOCALE DEI CINQUE PROTAGONISTI

Su 26 titoli di base che conta il catalogo Fenice – è un’esperienza intellettualmente operistico di Verdi, solo una manciata van- piacevole e affettivamente frustrante insie- ta un testo unico e fissato una volta per tut- me, per l’effetto straniante che ne deriva: la te. Alcune opere, si sa, vennero radical- mente si fa trasportare dalla memoria di mente rivisitate dall’autore, che le tra- una partitura entrata ormai a far parte del sformò in nuove partiture assolutamente nostro DNA e riceve di tratto in tratto vio- autonome sin nel titolo, nonostante la ma- lenti scossoni per quella frase vocale, per teria drammatica e musicale in comune quell’accompagnamento strumentale “sco- con i prodotti di derivazione (è il caso dei nosciuti” alle nostre orecchie e al nostro Lombardi divenuti Jérusalem, e di Stiffelio cuore, e che emergono di tanto in tanto ad trasformato in Aroldo); per altre si trattò di interrompere un ascolto “consolatorio” nel- una tardiva, radicale riscrittura, nell’inten- la sua rassicurante prevedibilità. La prima to d’infondere nuova linfa vitale a testi tan- reazione, quella istintiva, è ogni volta l’im- to amati dal loro autore, quanto ritenuti pressione di trovarsi di fronte a un errore evidentemente imperfetti (Macbeth, La for- esecutivo, ad un brusco sterzamento dalla za del destino, Simon Boccanegra, Don realtà consolidata, come in un sogno in- Carlo), ovvero si assiste a un repentino “ag- quietante. giustamento” di singole pagine, sulla scorta Sensazioni analoghe proverà chi si accinga dell’effetto sortito dalle prime recite (vedi all’ascolto del Simon Boccanegra nella pri- La traviata, Otello, Falstaff). C’è poi il caso ma, originale versione veneziana, quella degli adeguamenti al gusto parigino (Il tro- del 1857, dopo aver goduto per anni della vatore e ancora Otello), ovvero italiano versione milanese, in auge dal 1881. E l’ef- (Les vêpres siciliennes divenuti Giovanna fetto, a ben vedere, deve essere uguale e de Guzman), nonché la pratica di fornire la contrario a quello provato dai nostri avi partitura di nuove arie, scritte ad hoc per quando si trovarono scodellato un nuovo nuovi interpreti, con esiti da ritenersi tutta- Simone a sostituire quello udito per un via non sostitutivi ma alternativi agli origi- quarto di secolo: come una trasmissione nali, secondo l’uso inveterato nel primo Ot- radiofonica disturbata da continue, ripetute tocento (ed ecco quindi le opere giovanili: interferenze, che riguardano tuttavia la so- , Nabucco, Ernani, I due Foscari, At- la musica, spesso la sola linea vocale o l’ac- tila, I masnadieri, ma anche Rigoletto, con compagnamento strumentale, ché le parole un’aria aggiuntiva per Maddalena e la stes- e le immagini rimangono perlopiù immu- sa Aida, con una sinfonia di nuovo conio tate. per La Scala). È bello, dunque, osservare il gran vegliardo Maggiore interesse suscitano nell’ascoltato- che “rivede le bucce” a sé stesso, che come re moderno i casi di lievi ritocchi e aggiu- un compositore settecentesco rimette in stamenti, per la possibilità di confronti im- musica versi già musicati anni prima, alla mediati e concreti. Ascoltare oggi la prima ricerca di nuovi, più moderni effetti. Al di là versione della Traviata – tanto per rimane- delle implicazioni drammaturgiche e stili- re ad un’opera che vide il suo debutto alla stiche che tutto ciò comporta, c’è da chie-

145 dersi se e quanto l’intervento incida sul pia- può ben rendere l’immagine di siffatta vo- no della vocalità, per non dire del contra- calità. rio: vale a dire, se e quanto esigenze vocali L’abolizione di tale passo eliminò di fatto esterne alla partitura abbiano inciso sulla con un sol colpo di spugna tutto un mondo partitura stessa. È innegabile, ad esempio, vocale in estinzione, ma che era rimasto che – per tornare a La traviata – la parte di assai caro al Verdi veneziano, quello di Er- Germont sia stata da Verdi integralmente nani e di Attila, e per certi versi anche di Ri- ripensata per un baritono meno acuto di goletto e della Traviata. L’adeguamento sti- quello chiamato alla prima esecuzione, listico portò dunque con sé un ridimensio- smussando preordinatamente ogni frase, namento vocale; non rimaneva allora a ogni slancio che si spingesse troppo in alto. Verdi che uniformare il resto della parte so- Ciò ha in un certo senso incanutito il perso- pranile al nuovo cliché canoro, riconduci- naggio, anche sul piano meramente spetta- bile piuttosto a quello che in termini mo- colare, permettendo così di fatto la sua mo- derni siamo soliti definire soprano lirico: derna interpretazione anche a cantanti se- una via di mezzo fra il soprano leggero, di nescenti. Ebbene: è possibile notare qual- cui non condivide più il canto d’agilità, né che cosa di simile pure nel passaggio dal la limitata consistenza vocale, e il soprano Simon Boccanegra veneziano a quello mi- drammatico, cui s’avvicina per tornitura lanese? timbrica, senza ricercarne tuttavia gli ec- cessivi ispessimenti sonori. Era questa, più La parte vocale che più viene interessata dell’originale, la voce ideale «per far la par- dalla trasformazione è di gran lunga quella te di una fanciulla modesta, ritirata, una del soprano (Amelia). L’abolizione della specie di monachella», come la vedeva lo cabaletta «Il palpito, deh, frena», in coda al stesso Verdi (lettera all’editore Giulio Ri- tempo lento della cavatina di presentazione cordi del 20 novembre 1880), lontana dalla della primadonna che apre il primo atto, vocalità estroversa e combattiva per cui an- non fu solo un fatto stilistico, in ottempe- dava celebre la Bendazzi, e che per certi ranza al nuovo gusto che bandiva da tempo versi doveva accomunare anche la nuova ormai le famigerate cabalette solistiche interprete Anna D’Angeri, se proprio in (ma non certo nei duetti): se il suo valore una recita di Ernani il maestro ne saggiò le drammatico era già in origine pressoché caratteristiche vocali, proferendo infine il nullo, risultando quella pagina specifica un suo placet. ingombrante orpello che nulla aggiunge Vale allora la pena di ricordare che nel pro- ma pone soltanto freno al decorso degli cesso compositivo dell’ultimo Verdi la scel- eventi, la sua presenza non era tuttavia ta degli interpreti più indicati al debutto inutile dal punto di vista della delineazione teatrale veniva effettuata in ultima battuta, vocale del personaggio, che proprio da in ragione delle necessità imposte dalla quella cabaletta veniva inserito di forza nel partitura testé confezionata, e non si predi- novero dei soprani sfogati d’agilità, là dove sponeva al contrario più quest’ultima in per sfogato s’intendeva un cantante pro- base ai cantanti preventivamente scrittura- penso a raggiungere le estreme vette del ti dal teatro, com’era ancora prassi nei pri- suo registro, qui spinto fino al Do5, mentre mi vent’anni della carriera verdiana. Ciò sotto il termine agilità veniva individuato consentiva finalmente all’autore di deli- tutto un repertorio di stereotipi vocali fatto neare musicalmente il personaggio secon- di trilli, vocalizzazioni, rapide scale croma- do i giusti tratti psicologici esibiti, piuttosto tiche, passaggi picchettati e quant’altro che in ossequio ai caratteri vocali dei can- s’addiceva a una voce femminile duttile e tanti predestinati, a tutto vantaggio di un ef- scattante, come doveva essere quella di fetto drammatico più confacente. Luigia Bendazzi, sua prima interprete. Un Tolta quella cabaletta, la linea melodica semplice sguardo alla linea vocale della pa- delle pagine sopranili superstiti poteva co- gina soppressa (riprodotta all’esempio 1) munque rimanere sostanzialmente identi-

146 Es. n. 1

147 ca (salvo poche varianti dettate dal nuovo quelle opere che non erano state soggette processo compositivo), con un taglio deci- ad aggiornamento d’autore (vedi l’analoga sivo, però, alla fascia sopracuta, ricondotta cadenza “a 2”, non meno ostica, per il duet- a misura ogni qualvolta (e sono tante) si to fra tenore e soprano nel primo atto del- estendeva nella stesura originale sino al fa- l’altrettanto veneziano Rigoletto, caduta tidico Do5, come nell’urlo straziante che ben presto in disuso). chiudeva l’atto secondo, o richiedeva acro- Anche per il tenore (Gabriele), gran parte batismi di grandissimo effetto, come il Sib4 delle modifiche derivarono dagli interventi richiesto pianissimo e dolcissimo nel duet- di aggiornamento stilistico. Insieme al so- to col baritono dell’atto primo. prano, oltre alla cadenza per il tempo lento Per contro, lo spostamento del registro me- del duetto, la sua parte perde infatti anche dio di Amelia verso una vocalità più solida la seconda esposizione della successiva ca- e consistente, permise a Verdi certi affondi baletta (lo si è già accennato: la cabaletta di grande risalto nel registro grave, con ef- cade, ma solo nei brani solistici; rimane in- fetti che diremmo “madrigalistici”: ed ecco vece, spesso ridotta all’osso, come tratto sti- l’oscurità della notte dipinta con note “scu- listico di molti duetti fin nell’ultimissimo re” [es. 2], piuttosto che rimanere vanificata Verdi, ancora in Aida, «Sì, fuggiam da que- nell’intonazione più neutra della prima ver- ste mura», e in Otello, «Sì, per ciel marmo- sione, come si vede nell’esempio n. 3. reo giuro»!). È vero, molte frasi tenorili Per motivi di rinnovato stile compositivo, vengono riscritte di sana pianta, ma ciò pa- ma nuovamente con immediata ricaduta re più la conseguenza del generale proces- sullo stile canoro, vengono anche a sparire so di tornitura della linea vocale, che non le ormai viete cadenze vocalizzate, prive un adattamento alle caratteristiche del della loro originaria freschezza, del sapore nuovo interprete, quel Francesco Tamagno edonistico che avevano mantenuto fino al- in cui il Teatro alla Scala aveva trovato, do- l’epoca di Rossini e oltre, quando fungeva- po anni d’inutili ricerche, un tenore sicuro no da vero banco di prova per il gusto per- e affidabile da tenere stabilmente in cartel- sonale dell’interprete. Con Donizetti dap- lone. Se è vero infatti che, da quanto ne sap- prima, e definitivamente con Verdi, si assi- piamo, questi doveva vantare una vocalità stette però alla progressiva fissazione di ta- più acuta dell’originario Gabriele venezia- li cadenze, prescritte e imbalsamate una no (un Carlo Negrini d’ugola possente, qua- volta per tutte dall’autore stesso, sempre si baritonale), è altrettanto vero che dette più autoritariamente presente nella defini- modifiche non paiono significative dal zione ultima della sua opera, vanificandosi punto di vista dell’identità canora del per- in tal modo la portata originaria e il signifi- sonaggio. cato ultimo di quelle interpolazioni. La L’unico scarto di rilievo giunge dall’aboli- conclusione della cavatina di Amelia perde zione del breve giuramento congiunto into- dunque il suo respiro originario [es. 4], per nato da Gabriele e Fiesco a metà dell’atto schematizzarsi in uno spoglio giro armoni- primo, là dove al tenore era offerta la possi- co, come si evince dall’esempio n. 5. bilità (ma con variante alternativa) di scen- L’effetto di scarnificazione si saggia ancor dere fino al Si1, nota tipica dei tenori barito- più evidente là dove la cadenza, imposta al nali di Rossini, e che Verdi stesso ha impie- duetto, era divenuta per Verdi un mero gato e talora superato per i suoi tenori più esercizio accademico (come nel duetto so- eroici (vedi il Carlo della Forza del destino). prano-tenore nell’esempio n. 6), spesso Per il resto, sarebbe davvero difficile rintrac- d’effetto artificioso, tutt’altro che piacevole ciare nella nuova partitura i tratti di una all’ascolto (vedi il quasi risibile passaggio scrittura tenorile più leggera, come alcuni abolito dal duetto soprano-baritono nell’e- commentatori invece vorrebbero. sempio n. 7) e tutto questo quando ormai la Praticamente immutata la scrittura del bas- prassi esecutiva tendeva ad abolirne l’ese- so (Fiesco), in una parte che si presentava cuzione di sua propria iniziativa, anche in sin dalle origini di abnormi coordinate vo-

148 Es. n. 2

Es. n. 3

Es. n. 4

Es. n. 5

Es. n. 6

Es. n. 7

149 cali (due ottave piene di estensione), senza è sempre in scena magnifico attore» (a Ver- tuttavia raggiungere un rilievo drammatico di, 24 novembre 1880). Evidentemente i pa- di vero protagonismo: confermati tutti gli rametri d’ascolto odierni sono differenti da affondi nel registro grave, le puntature acu- quelli di un secolo fa: valga per tutti la pre- te verso il Fa3 vengono talvolta smussate dilezione che Verdi aveva per la diva del nella nuova versione, talaltra aggiunte ex momento, quell’Adelina Patti passata alla novo a dare maggior enfasi all’eloquio. La storia come la quintessenza del soprano li- prima veneziana registra la presenza di rico-leggero, ma che Verdi considerava Giuseppe Etcheverry, cantante di limitata l’Aida ideale, pretendendola anche quale fortuna; per la ripresa milanese, avendo la- Amelia nella riesumazione del Simon Boc- sciata immutata la parte vocale, Verdi ar- canegra, a dispetto del cachet eccessivo che rancò fra non pochi dubbi nella scelta del- il teatro non poteva permettersi. l’interprete: «Pel Fieschi ci vorrebbe una Analogo discorso si potrebbe ripetere per voce profonda, sensibile [cioè ben udibile] gli altri interpreti del nuovo Boccanegra te- nelle corde basse fino al Fa, con qualche stimoniatici dai pionieristici dischi a 78 gi- cosa nella voce di inesorabile, di profetico, ri: da Francesco Tamagno, destinato a di- di sepolcrale: cose tutte che non ha la voce venire il primo Otello verdiano della storia un po’ vuota e troppo baritonale del De Re- (ma alle nostre orecchie non del tutto ade- stke [naturalmente Édouard De Reszke, guato allo spessore di Otello), fino a Victor fratello del più celebre tenore Jean]» (a Ri- Maurel, poi creatore di Jago e di Falstaff cordi, 20 novembre 1880). Cinque giorni (cui il disco rende però più disdoro che dopo rincarava la dose: «Mai il De Restke. onore). Il fatto è che nei primi anni del No- Sia tutto quello che volete, ma date un’oc- vecento – artefici alcuni artisti del calibro chiata alla scena tra Fiesco e Simone [che] di Enrico Caruso (tenore), Titta Ruffo (bari- comincia “Era meglio per te…” [nell’atto tono) e Fëdor SŠaljapin (basso) – si operò terzo] e ditemi se quella voce potrà mai un progressivo inscurimento delle voci avere il carattere voluto» (a Ricordi, 25 no- maschili, mutando radicalmente nel pub- vembre 1880), e il giorno seguente lanciava blico un gusto d’estrazione ottocentesca, l’ultimatum: “De Restke troppo bello, trop- che prediligeva invece timbri più chiari. La pa bella voce, troppo bravo, troppo trop- tenebra vocale che siamo oggi abituati a po… tutto quello che volete; ma datemi un percepire in un’opera come Simon Bocca- altro Fieschi. Datemi un Fa basso, non negra, in cui albergano ben cinque voci m’importa degli acuti, che leverò se sarà maschili di cui quattro gravi, doveva dun- necessario, ma un Fa basso” (a Ricordi, 26 que avvalersi al debutto di ben altro spes- XI 1880). sore timbrico, anche se già lo stesso autore Come dargli torto: se teniamo fede alle no- avvertiva lo strappo fra la sua concezione te ectoplasmatiche trasmesseci da una re- sonora e il reale parco vocale all’epoca di- gistrazione della primissima ora, in cui sponibile sul mercato. l’artista polacco interpreta l’aria di Silva nell’Ernani, l’effetto all’orecchio moderno è I dubbi di Verdi sulla scelta del nuovo bari- quello di un tenore “moscio”, più che di un tono (Simone) vertevano comunque più su basso ieratico. Eppure, fu proprio ascoltan- problemi di natura interpretativa che stret- dolo in Ernani (in quella stessa recita scali- tamente canora: «Non sono nemmeno d’ac- gera in cui ebbe modo di saggiare, non vi- cordo con voi sul baritono. È impossibile sto, l’idoneità di tutti gli artisti destinati al che un artista giovane possa far bene quella nuovo debutto) che Verdi alfine si convinse parte» (a Ricordi, 25 novembre 1880); «Avrà della scelta, rimanendo alfine contento del- voce, talento, sentimento finché volete, ma la sua prestazione nel ruolo assegnatogli. non avrà mai la calma, la compostezza, e Giulio Ricordi, del resto, lo aveva avvertito: quella certa autorità scenica indispensabile «Il De Reszke, se è qualche tempo che non per la parte di Simone» (a Ricordi, 20 no- lo sente, ha assai progredito come voce, ed vembre 1880). Fortunatamente Maurel, al-

150 Il basso Édouard De Reszke, primo interprete del ruolo di Fiesco nel Simon Boccanegra del 1881.

151 lora poco più che trentenne, si segnalava no più intimo e sofferto, sia pur inserito in però almeno per una virtù non meno capita- un contesto musicale pressoché identico le nella delineazione di un personaggio qua- [es. 9]. le il doge Boccanegra: «Io non ho mai senti- Chi farà maggiormente le spese di questa to nissun artista che porti la parola all’orec- inversione di tendenza è il secondo barito- chio del pubblico con quella chiarezza ed no (Paolo), drasticamente ridotto a recitare espressione come la porta Maurel. Nissuno, più di quanto non sia chiamato a cantare: nissuno» (a Ricordi, 26 novembre 1880), e «un Paolo baritono attore soprattutto» (Ver- questo nonostante la sua origine francese (a di a Tito Ricordi, 6 Febbraio 1881). Non po- dire il vero anche qui, tanta finezza di dizio- trà dunque più lanciare proclami ai quattro ne non parrebbe evincersi dai dischi prodot- venti, toccando la punta più acuta della sua ti più di vent’anni dopo, che lo immortalano estensione – come si vede nell’esempio n. quale primo interprete di Falstaff; ma tant’è: 10 – ma dovrà metaforicamente limitare dobbiamo credere a Verdi sulla parola, se vocalmente le sue ambizioni, accontentan- ebbe poi a confermargli la fiducia per le due dosi d’esporle (così lo spartito) «alzando un ultime, capitali opere del suo catalogo). po’ la voce ma non troppo» [es. 11]. Una delineazione troppo spavalda ed esagi- Simili mutamenti di rotta si riscontrano, tata del personaggio principale era venuta come detto, in tutto il prologo. Ancora una a Verdi dal primo interprete veneziano, il volta, ciò che cambia non è tuttavia la di- celebrato Leone Giraldoni, che così ebbe mensione vocale, ma quella espressiva: occasione di ammonire: «Se nella mia mu- questa sovrasta quella, preordinandola, sica non vi sono molti vocalizzi, non vi è con una coerenza cominciata sin dalla pri- per questo bisogno di mettersi le mani nei ma versione dell’opera e portata al suo giu- capelli, e smaniarsi come furibondi» (a Gi- sto compimento nella revisione milanese raldoni, 9 dicembre 1857). Il contenimento, senza evidenti strappi, segno di quanto la in una tessitura più centrale, della nuova partitura fosse moderna e avanzata già al parte affidata al doge, più che indicarci una suo primo apparire. minore predisposizione di Maurel per le note acute, come si è solitamente detto, an- drà dunque riletto al contrario come un ri- dimensionamento dell’espansività emoti- va, in linea con l’attenuamento di certa en- fasi, che pare essere un po’ il filo condutto- re dell’intera riscrittura dell’opera, ogni- qualvolta risultino aboliti quei gesti sma- niosi e furibondi, quelle mani perenne- mente fra i capelli, cui la prima stesura fa- cilmente indulgeva. L’operazione è ben visibile sin dal prologo dell’opera, quando tutti i personaggi – se- condo il libretto, con venticinque anni di meno rispetto agli atti successivi – vivono giustamente di una baldanza che andrà in loro scemando. Per ridurre certe esu- beranze baritonali, ecco dunque Verdi espungere i grandi gesti vocali, le esclama- zioni a piena voce, avvicinando così sem- pre più i toni della musica a quelli della scena notturna. Pensando alla triste sorte della sua amata, ad esempio, Simone non esclamerà più con forza [es. 8] bensì con to-

152 Es. n. 8

Es. n. 9

Es. n. 10

Es. n. 11

[redazione degli esempi musicali a cura di Stefano Piana]

153 Paul Destez, La Sala del Consiglio, bozzetto per Simon Boccanegra (Atto I, 11). Parigi, Théatre Italien, 1883. Da «Il Teatro Illustrato», gennaio 1884.

154 HAROLD S. POWERS ANALIZZANDO SIMON BOCCANEGRA*

Genere della genesi e genesi del genere cedente generazione di spettatori d’opera italiani: mi riferisco alla prima versione del Prima di entrare nel vivo di questo lungo Simon Boccanegra. Un resoconto delle suc- studio mi sembra utile spiegare e giustifi- cessive frasi di elaborazione ed esecuzione care il bisticcio che compare nel suo sotto- attraverso le quali la scena originale venne titolo. Quando il termine “analisi” viene trasformata in quella che conosciamo è ciò usato senza particolari specificazioni in re- che intendo con l’espressione “analisi della lazione ad un brano di musica, spesso esso genesi del genere” riferita alla scena della ha il significato di illustrazione esemplifi- Camera del Consiglio. L’intreccio delle due cativa di un genere musicale di cui il pezzo modalità di approccio in un’analisi che in- è espressione caratteristica. Le singole par- croci considerazioni sulla genesi dell’opera ti dell’opera vengono allora spiegate nella e sulla genericità della stessa consente loro relazione reciproca e il fine ultimo è un’unica interpretazione critica, in cui i ca- quello di evidenziare l’individualità del ratteri di creazione originale e di rispetto pezzo in esame, più precisamente, l’insie- del genere – non più considerate indipen- me delle norme che fa da sfondo a quell’in- dentemente – formano non una miscela, dividualità (quando tutto non è semplice- quanto piuttosto un vero “composto” con mente dato per scontato all’interno del bra- proprietà particolari, allo stesso modo in no stesso). Parlando di “genesi del genere” cui le diverse modalità drammatico-musi- a proposito della scena della Camera del cali che formano una creazione teatrale- Consiglio nel Simon Boccanegra di Verdi, musicale non costituiscono un mero amal- intendo suggerire che il carattere della sce- gama di musica, poesia e dramma, ma un na dipende non solo dai suoi rimarchevoli composto indissolubile di originali e nuove caratteri di singolarità, ma anche dall’im- proprietà espressive. Appunto l’Opera. piego di configurazioni drammatico-musi- cali particolari e non desuete sullo sfondo 1. di una normativa drammatico-musicale La scena della Camera del Consiglio era generale. Un’“analisi genetica del genere” stata preparata da Giuseppe Verdi e da Ar- della scena della Camera del Consiglio è rigo Boito come nuovo finale del primo atto dunque un’analisi basata sul rapporto fra la di Simon Boccanegra per una ripresa “rin- scena e le aspettative, appunto, “generi- novata” dell’opera ormai dimenticata, al che”, consuetudinarie, “normali”, del tea- Teatro alla Scala di Milano, per la stagione tro d’opera. 1880-81. Verdi aveva composto Simon Boc- canegra originariamente per la stagione Queste aspettative “generiche” – il già veneziana della Fenice nel 1857. Il libretto menzionato “sfondo di rispetto delle norme del 1857 era una sorta di messa in versi di drammatico-musicali” – nel nostro caso un dettagliato testo in prosa dialogata, pro- sono ancor più riconoscibili in una scena babilmente steso da Verdi stesso. Tale “sel- composta un quarto di secolo prima della va drammatica” era a sua volta la riduzio- versione a noi nota e dedicata ad una pre- ne di un dramma spagnolo di Antonio

155 García Gutiérrez.1 Come è ben noto l’auto- “statico”. Il terzo movimento è ancora, di re del libretto era stato Francesco Maria nuovo, un episodio a carattere “cinetico” Piave, salvo alcuni ritocchi, per i quali Ver- che culmina nella stretta finale (veloce, ma di si era avvalso della collaborazione di “statica”). Giuseppe Montanelli.2 L’opera non era pia- Nella modificazione cui Verdi sottopose ciuta troppo a Venezia; aveva avuto mag- questa sezione dell’opera, il movimento fi- gior fortuna a Reggio Emilia, più tardi quel- nale fu eliminato del tutto: all’episodio “ci- lo stesso anno, e a Roma e a Napoli l’anno netico” che veniva dopo il concertato lento, successivo. Ma aveva fatto invece fiasco a seguiva infatti non più la stretta, ma la ca- Firenze e alla Scala nel 1859.3 Il remake di lata del sipario. Simon Boccanegra per la stagione scaligera Per i primi due esempi di questa nuova spe- del 1880-81 fu proposto a Verdi da Giulio cie del “genere Finale concertato”, le inten- Ricordi dietro istanza dell’amministrazione zioni di Verdi sono ben documentate. L’eli- della Scala (Lettera datata 19 novembre minazione della stretta dal “piano” di Sal- 1880).4 L’intento dei responsabili del teatro vatore Cammarano, che prevedeva un fi- milanese era di rafforzare quella che si sta- nale convenzionale in quattro movimenti va presentando come una stagione debole per il primo atto di Luisa Miller, viene det- ricorrendo ad un’opera di Verdi poco cono- tagliatamente discusso nella corrisponden- sciuta. L’intento di Giulio Ricordi, d’altra za con lo stesso Cammarano.7 L’elimina- parte, andava ben oltre l’aspetto “commer- zione della stretta dal Finale in quattro mo- ciale”: quanto egli fosse affezionato all’ope- vimenti per il secondo atto del Trovatore ra è dimostrato dal fatto che una delle sue (Cammarano era morto da poco), è ancor prime composizioni (l’op. 31) è un “capric- più ampiamente documentata negli abboz- cio” per piano su temi tratti dal Simone.5 zi del libretto e nella corrispondenza con il In senso lato, la scena della Camera del nuovo collaboratore.8 Anche il finale del Consiglio è un finale concertato, così come secondo atto di Un ballo in maschera do- lo era il finale del primo atto nel 1857. In vrebbe essere considerato un esempio del- senso stretto invece vorrei dimostrare che lo stesso progetto drammatico-musicale – essa appartiene ad una specie particolare ormai sperimentato con successo – nel di quello stesso genere drammatico-musi- quale si dà un concertato drammatico cui cale. Rappresenta un esempio particolar- segue un’azione che non si conclude con la mente chiaro di un tipo di Finale concerta- stretta, ma con una rapida discesa del vela- to che era stato creato – per quanto ne so – rio.9 da Verdi stesso trent’anni prima. Tre ulteriori esempi di questa programma- Il “Finale interno” nel mezzo dell’opera, tica variante verdiana del Finale concertato molto caratteristico dei melodrammi ro- – ormai assurto a dignità di “genere” – si mantici italiani, – si veda il finale del II atto verificano nel periodo che segue di un ven- della Lucia di Lammermoor, o lo stesso fi- tennio il Ballo. Uno di questi è il Finale del nale del I atto del Simon Boccanegra del terzo atto di Otello; il secondo – come in- 1857 –, ha luogo, di solito, in uno spazio tendo dimostrare – è la nuova scena della pubblico animato da un vasto ensemble di Camera del Consiglio in Simon Boccanegra cantanti principali e coro. Esso si apre con e il terzo, infine, è il Finale del II atto di Fal- una serie di momenti preparatori, a cui staff (con la scena della cesta e del para- fanno seguito una sequenza di quattro mo- vento).10 vimenti scanditi da un diverso metro poeti- In termini di “genere”, la scena della Ca- co e sostenuti da diversi tipi di tessitura mera del Consiglio è molto simile al Finale musicale (sempre in “tempo giusto”). Un’a- del III atto di Otello (un finale che nelle sue zione d’apertura – un primo episodio a ca- linee generali Verdi e Boito avevano già rattere “cinetico”, per usare la terminologia ben definito e programmato appunto prima di Philip Gossett6 – introduce il secondo di intraprendere la stesura del nuovo finale movimento che è un concertato lento e per il Simon Boccanegra).11 Entrambi i Fi-

156 nali iniziano con una successione di episo- nel 1881, della Camera del Consiglio (quel- di ambientati in “pubblico” che culminano la che oggi conosciamo), in altre parole in un’azione violenta su una forte parola un’analisi “genetica” di tale scena, è forse scenica: nel primo caso sulle parole e il ge- l’unico modo possibile ed utile per indivi- sto di Otello «A terra! E piangi»; nel secon- duare con maggior chiarezza i suoi attribu- do sull’atto dello «sguainar di spade» nella ti drammatico-musicali di “genere”. Sala del Consiglio e sull’urlo del Doge «Fra- tricidi!». Ogni parola scenica “lancia” un 2. concertato lento e statico, introdotto da uno Il lettore troverà nella Tavola 1 un’analisi dei personaggi principali; segue un altro comparativo-genetica del Finale del primo momento di azione altamente melodram- atto del 1857 e della scena del Camera del matica, che culmina in un altrettanto melo- Consiglio del 1881 in due colonne parallele. drammatica battuta “da sipario” (rispetti- La Tavola comprende, inoltre, un’esposi- vamente: «Ecco il Leone» e «Sia maledetto», zione riassuntiva dei punti di somiglianza e quest’ultima prima articolata sottovoce, poi di differenza dei due Finali, contrassegnati gridata). con vari simboli nella tavola stessa. “Geneticamente” parlando, invece, la sce- Grosso modo, l’articolazione drammatica – na della Camera del Consiglio – come, del la successione principale di peripateias – è resto, i Finali di Luisa Miller e del Trovato- identica nei due Finali così come è indicato re – si è sviluppata direttamente a partire dai numeri delle scene nei libretti originali. dalla struttura convenzionale in quattro La scena 10 rappresenta una pubblica ma- movimenti. Nel caso in questione, il proget- nifestazione del potere del Doge “non patri- to originario era stato composto e rappre- zio” Simon Boccanegra, il baritono prota- sentato in teatro, e un importante fram- gonista, contornato da un entourage di per- mento del suo testo originale e della sua sonaggi secondari e cori. Nella scena 11 en- musica sopravvive nella scena della Came- tra il tenore, nel ruolo di Gabriele Adorno, ra del Consiglio. Il rapporto “genetico” del accompagnato dal primo basso, Jacopo Fie- primo atto in quattro movimenti del Simon sco, sotto le mentite spoglie di Andrea Gri- Boccanegra del 1857 e della scena della Ca- maldi. Adorno accusa il Doge di aver tra- mera del Consiglio del 1881, non è però di- mato il rapimento di Amelia Grimaldi. Al retto, come quello documentabile fra i pro- culmine del diverbio appare Amelia in per- getti per i Finali quadripartiti in Luisa Mil- sona, la primadonna; la scena 12 continua ler e Trovatore di Cammarano e i Finali poi fino alla fine dell’atto. I due Finali han- che Verdi ebbe poi a comporre per quelle no però una diversa articolazione musicale due opere non molto più tardi. Durante i nelle due diverse stesure. Ho designato le circa tre mesi della sua genesi, ampiamen- varie sezioni con espressioni prese a presti- te documentata, il finale del primo atto del to da riduzioni per voce e pianoforte o da li- Simon Boccanegra fu smontato “pezzo per bretti contemporanei ai rispettivi Finali. pezzo”, e fu soggetto tanto a cambiamenti Per il Finale del 1857, i pezzi staccati erano complessivi e deliberati quanto a modifiche destinati ad essere “venduti” singolarmen- graduali, quasi inavvertibili. Se alla fine la te, a fascicoli, numerati da 11 a 15, con tito- scena della Camera del Consiglio arrivò a li che alludevano alla loro forma (“Introdu- somigliare ad altri Finali concertati verdia- zione”, “Scena e aria di...”, “Romanza”, ni senza stretta, non fu in conseguenza di ecc.), o al loro contenuto teatrale. I cinque una singola decisione drammatico-musica- titoli che ho utilizzato nella suddivisione le (come era venuto per i Finali concertati della scena della Camera del Consiglio so- in Luisa Miller e Trovatore), ma avvenne no tratti dal libretto pubblicato da Ricordi in modo tortuoso e fortuito, per così dire in nel 1881, dove sono segnalati in relazione una sorta di processo di evoluzione conver- alla loro forma e al loro contenuto, pur non gente. Perciò un resoconto del processo essendo pezzi staccati (solo il numero quat- creativo che ha portato alla scena, rifatta tro avrebbe potuto essere “scannato” – per

157 dirla nel gergo dei librai e dei copisti – e di ottonari. Il “tempo di mezzo” del Finale venduto singolarmente), e non comparen- del 1857 comprende cinque quartine di do sotto tale designazione in alcuna fonte doppi senari nelle quali si dispiega il rac- musicale. Le articolazioni drammatico- conto di Amelia, un assolo tutto narrativo musicali così indicate per entrambi i Finali con pochi brevi interventi del coro, in 6/8 corrispondono a diversi schemi di versifi- “Moderato”, (per lo più cantato secondo cazione e/o veste musicale. quello che Basevi chiama «parlante melo- La scena 10 del Finale della versione del dico», in cui la voce tiene una melodia sul- 1857 comprende quattro strofe di settenari, lo sfondo di una evidenziata continuità or- stese all’ultimo momento da Giuseppe chestrale). Montanelli e utilizzate da Verdi per alcuni All’inizio della scena 11 nel Finale del 1881, cori e balli. La scena 10 del Finale del 1881 invece, il testo continua con gli endecasilla- comincia invece con una breve introduzio- bi sciolti sui quali s’era svolta la rivolta fuo- ne orchestrale, dopo la quale l’inizio del ri scena, mentre la musica ritorna all’“Alle- dialogo del Doge con il suo Consiglio – in gro agitato” (•I = 132) ed ai motivi coi quali endecasillabi sciolti – è messo in musica la rivolta aveva avuto inizio, mentre Ador- come recitativo, con qualche occasionale no e Fiesco fanno la loro apparizione, tra- inserzione di isolate frasi liriche. Le battute scinati dalla folla inferocita. Il successivo di dialogo relative alla sommossa cha ha scontro fra Adorno e il Doge, l’entrata di luogo fuori scena e le reazioni dei perso- Amelia che dà inizio alla scena 12, e il pri- naggi sul palcoscenico continuano in ende- mo sentimento di reazione del Doge nel ve- casillabi sciolti, ma la musica è ora un “Al- derla viva, costituiscono un climax dram- legro agitato” (•I = 132, cfr. Es. mus. 1a), in matico che si smorza solo per far posto al quello stile che Abramo Basevi definiva racconto di Amelia (racconto che nel Fina- “parlante armonico”, in cui la continuità le del 1881 segue immediatamente). La musicale è affidata all’orchestra mentre le narrazione della giovane si svolge in cin- linee vocali si limitano a declamare il testo. que quartine di doppi senari, come nel Fi- Il ritmo furioso viene interrotto da quello nale del 1857. Per le prime quattro quarti- che rappresenterà il primo climax dram- ne, testo e musica sono pressoché identici a matico: il Doge ordina ad un araldo di fare quelli del 1857, ad eccezione di qualche entrare la folla, e comanda alle fazioni dei dettaglio musicale. Sulla quinta quartina ha patrizi e dei plebei di rinfoderare le loro ar- luogo un’importante svolta nelle linee della mi, mentre l’araldo esce e suona la tromba, trama, e la musica ritorna al “tempo pri- rasserenando così il popolino. mo” (la “musica della rivolta”, cfr. Es. mus. La scena 11 inizia in entrambi i Finali con 1c e 1b). l’ingresso di Gabriele Adorno e di Jacopo Nel Finale del 1857 il racconto di Amelia è Fiesco, e per qualche tempo le due trame seguito dalla stretta. La sesta ed ultima convergono. Nella scena 11 del finale del quartina del racconto, in doppi senari, è 1857 si verifica però un totale cambiamen- messa in musica come un pezzo chiuso, to nel prosieguo dell’azione, infatti al grido con quel tanto di ripetizioni musicali e te- di «Tradimento! Tradimento!», Adorno e stuali che convengono ad una sezione “sta- Fiesco irrompono in scena. Le quattro tica”. Nel Finale del 1881 il racconto intro- quartine di dialogo spezzate in decasillabi duce il pezzo lento d’assieme in settenari: dello scontro di Adorno con il Doge vengo- le due ottave dell’assolo del Doge – 34 bat- no musicate in varie specie di “parlanti”, tute –, il famoso «Plebe! Patrizi!», vengono ma sempre in “tempo giusto”. Il dialogo musicate come se fossero un’aria, ma sen- concitato è interrotto dall’entrata di Ame- za ripetizioni testuali, ad eccezione dell’ul- lia, che dà l’avvio alla scena 12. Nel sestetto timo verso di ogni ottava. Per l’ensemble del concertato che segue, il coro e i cantan- successivo – 38 battute – troviamo quattro ti principali reagiscono all’ingresso ina- quartine: Amelia intercede chiedendo pace spettato della donna, cantando su quartine fra patrizi e plebei, mentre gli altri perso-

158 Tavola 1 1857 1881 Simon Boccanegra, Finale del Primo Atto: scena 10: azione preparatoria confronto delle due versioni Coro del popolo 11. {Barcarola [0] {12. Inno al Doge 13. Ballabile di corsari africani con coro

(1) ScenaX del Consiglio [0]

(2) Sommossa [A]

scena 11: entrata di Adorno

[1] Scena [Sommossa] [B] [1] 14. { scena 12: entrata di Amelia [2] Sestetto X } [3] Racconto (3) Racconto [C] 15. { (4) Pezzo d’assieme [2] [4] Stretta (X) (5) Maledizione [3]

Note esplicative per la Tavola 1 parve, pur rimanendo presente il suo tema fondamentale.

I numeri delle scene sono gli stessi dei libretti per entram- bi i finali. La trama è fondamentalmente la stessa – Ador- I titoli e i numeri da 11 a 15 per i “pezzi staccati” nel finale no accusa il Doge di aver fatto rapire Amelia ma con ag- del 1857 sono tratti dalle riduzioni per canto e pianoforte giustamenti. Musica e testo sono completamente riscritti (Ricordi, Escudier, Clausetti). (es. mus. 1a, 1b). I cinque titoli delle suddivisioni del finale del 1881 sono tratti dalla copertina della prima edizione del libretto (Ri- cordi 1881); i numeri fra parentesi sono aggiunti. I primi sedici versi sono identici, con due modi- fiche minori, e la musica è essenzialmente quella del 1857, I numeri racchiusi da parentesi quadre denotano funzioni con revisioni della parte vocale, dell’armonizzazione e del- drammatico-musicali: l’orchestrazione in diversi passaggi. Gli ultimi quattro ver- [0] azione preparatoria si prevedono un cambiamento nella trama e una revisione preparazione del testo. Gli ultimi quattro versi vengono musicati con uno [1] tempo d’attacco sviluppo della musica della sommossa (es. mus. 1c). azione “cinetica” che conduce a [2] movimento lento “statico” concertato Trama, testo e musica sono nuovi e l’azione [3] “tempo di mezzo” drammatica, da statica, è diventata “cinetica”. Il tema poe- azione “cinetica” che conduce a tico è immutato: “anatéma” nel 1857, “maledizione” nel [4] veloce movimento “statico” 1881, con una vaga rassomiglianza nelle idee musicali d’a- stretta. pertura (Es. mus 3a, 3b). Si noti l’assenza della funzione [4] nel 1881. I versi per l’azione preparatoria del 1857 (scena 10, nume- ri 11, 12, 13) sono di Giuseppe Montanelli; i versi per le Mostra le differenti posizioni dei concertati, rispet- quattro parti del Finale (scene 11, 12, numeri 14-15) sono tivamente un “sestetto” nel 1857 e un “pezzo d’assieme” di Francesco Maria Piave. I versi per il Finale del 1881 so- nel 1881; mostra anche l’alterata funzione del racconto che no di Arrigo Boito. viene invece conservato. Da “tempo di mezzo” lirico [3] in Ecco, in sintesi, la relazione esistente fra il testo di Boito e preparazione di una stretta [4] nel 1857, il Racconto diven- il finale del 1857: ta nel 1881 la sezione conclusiva di un “tempo d’attacco” multipartito [1c] che introduce un lento concertato [2]. X L’azione preparatoria del 1857 fu completamente scarta- ta e sostituita, come pure il sestetto del 1857. La stretta scom-

159 Tavola 2 1. 2. Storia genetica della Scena della Camera del Consiglio Finale originario Corrispondenza Verdi - Ricordi 1857 20 nov. (scene 10 - 11) 26 nov. (scena 12) scena 10: azione preparatoria Giubileo d’argento del Doge [1,2] il Doge nel Consiglio

[2] il Doge richiede al Consiglio la pace con Venezia [3] il Consiglio rifiuta la pace con Venezia e accusa il Doge

[1] Lettera di Petrarca che invoca pace tra Genova e Venezia

scena 11: entrata di Adorno

Scena [4] interrotta dal rapimento di Amelia

scena 12: entrata di Amelia

Sestetto [5] X “no” al concertato [6] Doge: 4 o 8 versi per una [7] larga frase musicale Racconto [3] come prima (con qualche cambiamento musicale)

Stretta [4] stesso inizio con un [8] ritorno successivo alla larga frase musicale

160 3. 4. 5. Abbozzo in prosa di Boito [prima versificazione Verdi - Boito 8 dicembre 25 dicembre ca.] 28 dicembre - 15 febbraio (i numeri si riferiscono al 28 dic. / 9 gen.)

[1] Una donna attende fuori Una donna attende fuori 1. [2] Re di Tartaria Re di Tartaria ✓ X 2. Il Doge legge la lettera di Petrarca riguardo alla pace fra Genova e Venezia Il Doge richiede al Consiglio Il Doge richiede al Consiglio ✓ la pace con Venezia la pace con Venezia Il Consiglio rifiuta la pace Il Consiglio rifiuta la pace ✓ Il Doge rammenta la “patria comune” di Genova e Venezia (15 / 18 gennaio) [3] Lungo assolo del Doge che comprende le parti della } lettera di Petrarca XIV, 5 X [4] La perorazione viene interrotta: Il Consiglio viene interrotto dalle ✓ i plebei sono a pro, i patrizi contro grida fuori scena della la pace. Reciproco antagonismo sommossa antipatrizia. Patrizi e ✓ fra patrizi e plebei plebei brandiscono le loro spade ✓ Un araldo viene invitato a introdurre in scena la folla

La folla irrompe, il Doge commenta (5 / 7 febbraio) Adorno ha ucciso Lorenzino ✓ [5] Adorno racconta del Adorno racconta del rapimento egli attacca il Doge rapimento e accusa il Doge accusa il Doge [6] Ira dei patrizi

[7] La donna viene fatta entrare La donna viene introdotta 1.3 X Amelia si interpone in scena

[8] Qualche verso per il Doge (2 versi) ✓

[9] Come prima come prima ma termina con ✓ reciproche accuse di patrizi e plebei: entrambi brandiscono le ✓ loro armi.

“Plebei, Patrizi! Popolo ... [4] ... E vo gridando pace ... ” {con quartina per il coro con concertato [come prima] (X) (24 / 31 gennaio, 2 febbraio) “... Sia maledetto!” [4] ✓

161 naggi partecipano con sentimenti diversi 1881, al contrario, rappresenta il primo ed all’evolvere della situazione. In questo con- unico pezzo chiuso nel Finale, un concerta- certato formale c’è naturalmente una con- to lento che segue un lungo assolo, e il cui siderevole quantità di ripetizioni musicali e soggetto poetico è la parola “pace”. testuali. Nella sezione conclusiva del Fina- L’ultimo movimento del Finale del 1881 se- le del 1881, (la “maledizione”) nella quale il gue il pezzo d’assieme. La sua parola chia- Doge impone a Paolo un’auto-maledizione, ve è “maledetto”, con una chiara correla- viene impiegato un metro spesso presente zione con l’“anatèma” della stretta del nei libretti di Boito a partire dal 1868. Si 1857. La sua versificazione più libera e la tratta di un metro che combina i caratteri sua struttura musicale, e soprattutto la sua dei versi sciolti e di quelli lirici: versi impa- posizione immediatamente successiva ad risillabi di differente lunghezza, spesso con un lento concertato statico, gli fanno assu- enjambement, ma sempre rimati, sono rag- mere funzioni “cinetiche”, a dispetto del gruppati in strofe di varia lunghezza e se- ritmo lento e pacato in cui inizia. Mentre condo vari schemi di rime.12 La veste musi- nel 1857 l’anatèma invocato sullo scono- cale assume questi stessi caratteri di flessi- sciuto rapitore di Amelia rappresenta sol- bilità. tanto l’auspicio di un evento futuro, inces- Il momento cardine fra i due Finali e il santemente ripetuto, nel 1881 l’anatèma punto cruciale nel confronto dei “generi” viene ad essere come “personificato”; di- che ho qui cominciato, è il racconto di venta una maledizione visibile in scena. Amelia, il resoconto del suo rapimento e Come la stretta del Finale del 1857, il “mo- della sua fuga, pressochè identico in en- vimento” della maledizione nel Finale del trambe le versioni dell’opera. Il rapporto 1881 conclude la scena e l’atto, più o meno fra i due Finali dall’inizio fino all’ultimo con lo stesso tema poetico, ma è un episo- momento della narrazione di Amelia può dio a carattere “cinetico”, non “statico”. Si essere così riassunto. In primo luogo, ad tratta di un movimento d’azione scenica e eccezione della presenza del Doge nella non di un pezzo chiuso. Nella partizione sua veste politica, all’inizio le due scene della mia analisi, adottata nella Tavola 1, la non hanno nulla in comune. In secondo maledizione conclusiva, nel 1881 è un “ter- luogo, l’azione delle scene 11 e 12, fra l’in- zo movimento”, mentre la stretta della stes- gresso di Adorno e il racconto di Amelia, è sa maledizione, nel 1857, è un “quarto mo- fondamentalmente identica, anche se mu- vimento”. sica e testo sono diversi. In terzo luogo, il fi- Per quanto concerne il racconto di Amelia, nale del 1857 prevede un “numero chiuso” in sè il brano che i due Finali hanno in co- fra l’entrata di Amelia ed il suo racconto, mune ha caratteristiche “cinetiche” in en- un numero chiuso dotato delle consuete ri- trambe le versioni, per il fatto che in en- petizioni di musica e testo. Il finale del trambe prepara un numero chiuso. Ma c’è 1881, invece, presenta soltanto una risposta anche da dire che i numeri chiusi che pre- immediata (di soli due versi) da parte degli para hanno funzioni drammatico-musicali astanti, seguita da altri due versi nei quali il diverse che condizionano la funzione Doge allenta la tensione drammatica e la- drammatico-musicale del racconto stesso. scia partire il racconto. Nel 1857 la narrazione della giovane donna In entrambi i Finali, la narrazione di Ame- segue a un lento concertato statico e condu- lia rappresenta un momento introduttivo al ce direttamente ad una stretta statica e ve- pezzo in forma chiusa che segue. Ma, oltre loce; assume dunque, di fatto, la funzione al fatto di essere entrambi momenti “stati- di un “tempo di mezzo”. Nel 1881, al con- ci”, i due pezzi chiusi non hanno nulla in trario, il racconto non è preceduto da un comune. La stretta del 1857 costituisce l’ul- numero chiuso, ma rappresenta l’ultimo di timo dei due pezzi chiusi nel finale; è velo- una serie di episodi drammatico-musicali ce, tutta corale e il suo nucleo poetico è la “aperti”. Com’era avvenuto nel 1857 il rac- parola “anatèma”. Il pezzo d’assieme del conto di Amelia prepara sì un pezzo chiuso,

162 un pezzo diviso, che è però il primo e unico materiali preparatori per il Finale centrale pezzo chiuso nel Finale del 1881. Ed è, que- del primo atto. Nella sua lettera del 20 no- sta volta, un episodio lento. In breve: nel vembre, il compositore cita due delle Lette- 1881 il racconto assume la funzione di ulti- re familiari di Petrarca, delle quali quella ma fase di un tempo d’attacco multipartito. indirizzata al Doge di Genova (libro 14, let- Tradotto nei numeri della mia schematiz- tera 5) gli suggerì lo scenario della Camera zazione analitica, non si tratta più soltanto del Consiglio, l’idea della volontà del Doge di un terzo movimento, ma piuttosto del- di far pace con Venezia, volontà ostacolata l’ultima parte di un primo movimento con indignazione dal Consiglio.14 (vedi la estremamente complesso. Tavola 2, nn. 1-4). «Quindi» – scriveva Ver- di – «declamazioni, ira, fino ad accusare il 3. Doge di tradimento etc... etc... La lite viene Mentre la Tavola 1, che mette a confronto i interrotta dal rapimento di Amelia». Con due Finali, è impostata in base alla ricerca questa frase il compositore intende, natu- dei caratteri di “genere”, la Tavola 2 vuol ralmente, il racconto del rapimento. Nella essere descrittiva in senso “genetico” ed il- risposta a questa lettera, Ricordi definì il lustrare il percorso creativo che il vecchio suggerimento di Verdi «idea madre». Finale ha attraversato nella sua graduale L’elaborazione “genetica” ha fin qui rag- trasformazione in quello nuovo, ricorrendo giunto la sostituzione della vecchia scena alle testimonianze presenti nella corri- 10 con la nuova scena “politica” che pure spondenza di Verdi con Giulio Ricordi e porta il numero 10. La nuova scena si basa con Boito (vedi gli estratti in Appendice). su un’idea molto più confacente al caratte- La prima colonna della Tavola 2 riporta lo re sia pubblico che privato della vita del schema del finale del 1857 da cui Verdi e Doge, anche secondo la caratterizzazione Boito presero le mosse; le restanti colonne musicale della vecchia opera, come Danie- riassumono invece la tortuosa evoluzione la Goldin ha convincentemente dimostra- concettuale della configurazione dramma- to.15 Il resto del Finale, a partire dall’an- tico-musicale della scena del Consiglio. nuncio del rapimento di Amelia da parte di Nella seconda colonna sono annotati i pun- Adorno all’inizio della scena 11, sembrò ti salienti di due lettere di Verdi a Giulio Ri- destinato dapprima a rimanere immutato. cordi scritte rispettivamente il 20 e il 26 no- Ma non per molto: infatti nelle prime righe vembre 1880, lettere che poco più tardi Ri- della sua successiva lettera a Ricordi, data- cordi passò a Boito.13 La terza colonna è ta 26 novembre, Verdi riprese a sostenere uno schema dell’abbozzo in prosa di Boito con enfasi la necessità di un nuovo inizio.16 risalente all’8 dicembre 1880. La quarta co- Questa lettera del 26 novembre continua lonna ricostruisce ipoteticamente la versi- con suggerimenti per il rimodellamento ficazione originaria. Il vero testo del primo della scena numero 12 del vecchio Finale tentativo di versificazione non è ancora ve- (come si può vedere nella secondo colonna nuto alla luce, ma la sua struttura e il suo della Tavola 2). Da questo momento in poi, contenuto possono essere congetturati par- i punti che rimangono immutati sono sol- tendo a ritroso dalla stesura finale della tanto due: l’assenza del concertato dopo scena con l’ausilio di quanto a ciò si riferi- l’entrata inaspettata di Amelia (n. 5), per la sce nel carteggio fra Verdi e Boito, in cui ri- quale la “reazione musicale” si riduceva ad corrono spesso accenni dettagliati alle ag- un’ampia frase del Doge, atta ad esprimere giunte, alle sostituzioni e alle modifiche ap- il suo sollievo (nn. 6 e 7); e, del pari, il man- portate. Alcune di queste modifiche sono tenimento del racconto di Amelia (con po- indicate a loro volta nella colonna 5 della chi cambiamenti nella musica, n. 3). Come tavola 2. avrò modo di dimostrare in seguito, anche La replica quasi immediata di Verdi alla gli altri due propositi di Verdi – mantenere proposta di resuscitare Simon Boccanegra l’inizio della stretta (n. 4) e riproporre una rivela il suo desiderio di lavorare subito sui “larga frase musicale” nel mezzo dell’ulti-

163 mo movimento (n. 8) – sopravvivono, ma trama della vecchia versione e generava la con notevoli trasformazioni. stretta. La colonna 3 della Tavola 2 è un riassunto Dopo aver steso la sua prima versione in dell’abbozzo della «selva in prosa» di Boito versi, Boito si rese conto del fatto che c’era risalente all’8 dicembre, pubblicata per la un serio difetto drammatico-musicale nella prima volta nel 1975 da Gabriella Carrara- scena così come era stata delineata nell’ab- Verdi.17 È facile notare come il librettista bozzo in prosa dell’8 dicembre. L’episodio elabori quanto prescritto nelle lettere di principale, l’importante a solo del Doge, ve- Verdi a Ricordi del 20 e 26 novembre. Tre niva fuori troppo presto. Come indica in sono i punti essenziali: il primo porta il n. 9, più luoghi la spessa linea tratteggiata nella dall’inizio del racconto di Amelia alla fine Tavola 2, Boito lo spostò molto più avanti l’atto va a terminare «come nell’opera già nella scena, in una posizione in cui poteva esistente». Il secondo punto è annotato sot- costituire un climax ben inclinato alla pre- to il numero 3: il punto forte nella nuova parazione della scena nel suo insieme. Ma “testa di scena” doveva essere un lungo as- il riposizionamento riportò l’assolo del Do- solo del Doge che avrebbe dovuto include- ge nella stessa posizione della vecchia tra- re citazioni delle lettere del Petrarca. Il ter- ma, per cui la sua perorazione e l’invoca- zo punto è più complicato: il conflitto poli- zione della pace non potevano più essere tico fra le due città-stato, nell’“idea madre” messe in relazione con la pace fra Genova di Verdi, doveva essere ritrasformato nel e Venezia. Si rendevano così impossibili le conflitto delle lotte intestine a Genova, che citazioni e le parafrasi delle lettere del Pe- guida la trama originaria. Questo conflitto trarca, com’erano già state raccolte in det- viene rappresentato come una cospirazio- taglio nell’abbozzo in prosa. Il conflitto fra ne dei patrizi-guelfi esclusi dal governo, patrizi e plebei si accende due volte, e la se- impersonati dal tenore Gabriele Adorno e conda volta, come nello schizzo dell’8 di- dall’antagonista Jacopo Fiesco, contro i ple- cembre, è ancora causato dal pensiero del bei-ghibellini al potere, capitanati da Si- rapimento di Amelia. La prima esplosione mon Boccanegra e dai suoi seguaci Paolo e di conflitti e rancori non è più in relazione Pietro. alla guerra – con il Consiglio unanime a fa- Nell’abbozzo in prosa di Boito il marchin- vore della guerra in opposizione alle aspet- gegno che consente di attuare il passaggio tative del Doge – ma è causata dai timori dal conflitto fra le città-stato marinare si- dei Consiglieri patrizi che paventano l’ap- tuate in regioni italiane reciprocamente di- pressarsi del popolo in rivolta. Le uniche stanti, ad un conflitto civile fra fazioni di parole del Petrarca conservate intatte e su- classe in Genova, è descritto nel numero 4 perstiti nella scena della Camera del Consi- della Tavola 2: i sei plebei e i sei patrizi glio sono rappresentate dal penultimo ver- componenti il Consiglio del Doge doveva- so dell’assolo del Doge «Plebe! Patrizi!», che no reagire con veemenza alla spassionata è infatti l’ultimo verso della canzone pe- invocazione di pace fra Genova e Venezia. I trarchesca Italia mia: «I’ vo gridando pace, ghibellini-plebei a favore, i guelfi-patrizi pace, pace». Esso ancora una volta esprime contro. Quando il patrizio Adorno, tratte- il tema essenziale dell’“idea madre” di Ver- nuto dalla folla plebea, accusa il Doge ghi- di, naturalmente, ed ha il vantaggio di esse- bellino di aver fatto rapire la (supposta) fi- re un verso che non poteva non suonare fa- glia del patrizio Grimaldi dal plebeo Loren- miliare – allora come oggi – a tutti gli ita- zino (n. 5), l’irata reazione dei consiglieri liani medio-colti (anche se non proviene patrizi (n. 6) doveva trasferire il conflitto del corpus delle lettere del poeta).18 fra le fazioni del Consiglio – già definito Mettendo in versi il libretto, Boito modificò nelle differenti posizioni in relazione alla anche il “tutti” della folla della vecchia guerra con Venezia – in pura rabbia per il stretta, con il suo tradizionale assetto me- rapimento dell’innocente Amelia. Quella trico in versi lirici. Trasformava così lo sta- stessa rabbia montante che concludeva la tico tableau vivant musicale – possiamo

164 chiamarlo tableau chantant – in un episo- Vorrei concludere mettendo in evidenza al- dio “cinetico” facendo ricorso al metro irre- cuni dettagli analitici relativi alla musica golare della “canzone” (in parte lirico, in della scena della Camera del Consiglio, det- parte declamatorio). Un metro che egli tagli che rispecchiano la struttura propria stesso aveva sviluppato e adattato a scopi del “genere” di questa frazione dell’opera librettistici (cfr. la nota 12, supra). È così e/o per contro ne riflettono in modo interes- che il disegno di Boito per la scena della sante la storia “genetica”. Il rilievo del primo Camera del Consiglio si va avvicinando al- dettaglio mi viene suggerito da un passo del- lo schema di base che egli, assieme a Verdi, la lettera di Verdi datata 26 novembre che ri- aveva già deciso di utilizzare per il Finale guarda l’ultimo movimento della scena (cfr. del II atto di Otello. Una sequenza di azioni alla fine della colonna 2 nella Tavola 2c, sot- che porta ad un pezzo lirico ben introdotto, to i numeri 4 e 8; cfr. anche il n. 7. I passi seguito a sua volta da un altro episodio d’a- principali della lettera si possono trovare zione. Poi, il “sipario”. Non molto tempo nell’Appendice, da 4 a 8). dopo è Verdi stesso che continua l’opera di Nella stesura definitiva della nuova trama e trasformazione, avvicinandosi ancora di dei nuovi versi, messa in opera da Boito per più allo schema finale di Otello. Nella pri- l’ultimo episodio della scena della Camera ma realizzazione in versi di Boito, il «Ple- del Consiglio, non c’era modo per Verdi di bei! Patrizi!» del Doge sembrava essere “mantenere molte cose nella stretta” in semplicemente un assolo del protagonista senso letterale. Nonostante ciò le due idee con risposta corale, un secondo assolo do- fondamentali espresse nella lettera al ri- po il racconto di Amelia. Verso la fine del- guardo della stretta – mantenere soprattut- l’ultima colonna della Tavola 2 è riportata to l’inizio e riproporre una precedente «fra- la corrispondenza datata a partire dal 24 se... ripetuta... in mezzo alla stretta nel po- gennaio. Nella prima lettera della serie Ver- sto ove entrano tanto stupidamente le arpe» di scrive: «Senza volerlo ho fatto un pezzo (vedi Appendice, numeri 7-8) – si possono concertato nel nuovo Finale», e richiede un ancora riconoscere nella “maledizione”.19 testo aggiuntivo a Boito (vedi l’Appendice) L’unisono terrificante del tema in “fortissi- per questo nuovo concertato. Nell’innalza- mo”, che dà inizio alla “maledizione” – re «Plebei! Patrizi!» dal livello di assolo con molto lento, ora, quanto veloce era invece risposta d’assieme a quello di un concerta- all’inizio della stretta nel 1857 – condivide to d’assieme che sorge da un assolo, Verdi però vari caratteri del soggetto precedente incrementò non di poco il contrasto, in ter- (per il confronto dei soggetti iniziali degli mini di “genere”, fra i due assoli che già ultimi movimenti, rispettivamente del fina- erano susseguenti: il racconto di Amelia e le del 1857 e di quello del 1881, si vedano l’implorazione di pace del Doge. Se in pre- gli esempi musicali 3a e 3b). Sarebbe diffi- cedenza Verdi aveva eliminato il concerta- cile non riconoscere in entrambi la stessa to che si trovava fra l’improvvisa entrata di tonalità, (Do minore), il “tutti” in unisono, Amelia e il suo racconto, ora introduce un il “fortissimo” e la quarta ascendente in rit- nuovo concertato alla fine del racconto. Nel mo giambico Sol-Do (contrassegnata con fare ciò egli completa una serie tortuosa di una x in entrambi gli esempi). Inoltre una aggiustamenti d’ordine “genetico” attraver- seconda melodia discendente nella stretta so i quali la dinamica drammatico-musica- del 1857 – contrassegnata da una z nell’e- le della scena nel suo insieme, quasi innav- sempio 3a – sembra risuonare ancora nella vertitamente e in modo fortuito, viene mu- seconda idea del soggetto di apertura della tata in conformità con la specie “senza maledizione – contrassegnato con una z stretta” del genere “Finale concertato” nell’esempio 3b. I segmenti marcati y nella (un’invenzione cui era stato accordato un maledizione, d’altra parte, presentano solo notevole successo più di vent’anni prima). una remota somiglianza con l’episodio (melodicamente ascendente o stazionario) 4. in ritmo trocaico contrassegnato con la let-

165 tera y nel soggetto della stretta del 1857 due idee su cui la scena è basata, una è si- (l’intervallo ascendente di terza minore è mile per carattere [all’apertura della stret- un’eco ancor più remota; le connessioni, se ta]. La seconda è una versione in modo mi- esistono, sono il residuo di più forti connes- nore e non pentatonica [della melodia di sioni). Amelia]: l’oscuro rovescio della meda- L’unica “larga frase musicale” cantata dal glia.21 Doge che viene ripetuta dopo la sezione in- termedia è la conclusione di «Plebei! Patri- Budden aveva anche notato le relazioni che zi!», i versi «E vo gridando pace e vo gri- ho già citato sopra nell’esempio 1.22 Gli ele- dando Amor» e la loro musica (vedi es. menti nella musica della rivolta (contrasse- mus. 2a), che si ripresenta nel mezzo del gnati con y e z nell’es. mus. 1a) sono utiliz- concertato. Questo elemento ricorrente nel zati per una trasformazione vividamente canto del Doge potrebbe rappresentare la evidenziata nei due momenti drammatico- “larga frase musicale”, se non ritornasse musicali cruciali nella scena, (che sono sta- però nello stesso movimento in cui è com- ti illustrati negli esempi 1b e 1c). La musica parso per la prima volta come tratto carat- dell’esempio 1b risuona nel momento in terizzante del primo progetto formale. Il cui il Doge ordina agli Araldi di lasciar en- più indiziato ad essere riconosciuto come trare la folla (un’accordo di settima dimi- la “larga frase musicale” di un precedente nuita marca la fine dell’episodio). Poi il Do- movimento che ricorra nel mezzo di un ge si rivolge alle fazioni popolare e patrizia movimento conclusivo, è allora l’ampio del suo Consiglio, che hanno appena sguai- episodio “melodico” di Amelia, l’invocazio- nato le loro armi, con la frase «nelle guaine ne di pace (cfr. es. mus. 2b). L’assolo del i brandi» (lettera H nella partitura Ricordi), clarinetto basso, che nella maledizione ac- e una progressione cadenzale ci fa ritrova- compagna la velata accusa che il Doge re il soggetto principale e la tonalità di Do muove al suo seguace Paolo (cfr. es. mus. minore con cui s’era aperta, musicalmente, 3c), è infatti un’evidente trasformazione la rivolta, in questa seconda sezione mar- della melodia di Amelia. La trasformazione cati “fortissimo”, mentre la prima volta era- è ancora più evidente in una prima formu- no stati intonati con dinamica “pianissi- lazione della melodia (cfr. es. mus. 3d), in mo”. cui si nota una sensibile, Mi diesis, fra due L’esempio 1c ci porta molto più avanti, a Fa diesis, cancellata e rimpiazzata da un Re dopo il racconto di Amelia, in una situazio- diesis nell’autografo di Verdi. ne esattamente parallela. Ancora una volta La somiglianza della melodia del clarinetto patrizi e plebei hanno sguainato le loro ar- basso nella “maledizione” con la melodia mi gli uni contro gli altri e la musica ri- della “pace” di Amelia, nel concertato, è prende il “Moderato” originario e poi l’“Ac- stata notata da parecchi studiosi nel recen- celerando” in 6/8 del racconto di Amelia, te passato, in particolare da E. J. Cone e J. quindi ritorna al primo tempo e al 4/4 del- Hepokoski.20 La rassomiglianza più tenue l’episodio musicale che abbiamo chiamato dell’incipit della “maledizione” con l’aper- “della rivolta”. La trasformazione dell’es. tura della stretta del 1857 – un brano poco mus. 1c e la modulazione che essa prepara conosciuto – è stata notata, per quanto ne fanno eco all’es. mus. 1b (spostato tonal- so, solo da Julian Budden (a cui non sfugge mente di una terza minore ascendente), niente). Ecco ciò che Budden afferma ri- con una certa compressione della lunghez- guardo alla “maledizione” alla luce del bra- za della frase, ma con una sosta in “fortissi- no precedente: mo” sullo stesso accordo di settima dimi- nuita che nella seconda versione prepara la questo antiquato effettaccio teatrale ha per- dominante di Mi bemolle minore, mentre il messo a Verdi di recuperare in parte la ru- Doge – intervenendo per la prima volta da vida forza che c’era nella stretta originaria. prima del racconto di Amelia – interrompe La tonalità è la stessa di Do minore e, delle per la seconda volta il contrasto delle due

166 fazioni con il grido «Fratricidi!», la parola scontro (pur non occupando al suo interno scenica che lancia, con «Plebei! Patrizi!», il la stessa posizione). Si tratta dell’inconsa- pezzo d’assieme. pevole equivalente, ridondante a livello L’importanza della connessione musicale verbale, ma produttivamente enfatico al li- che Verdi operò fra questi due episodi – in vello musicale e drammatico, della ripro- entrambi i quali le spade vengono sguaina- posizione della “musica della rivolta” nella te con rabbia mentre il Doge trattiene i con- sua trasformazione in “musica delle spade tendenti – mi sembra essere ben riflessa in- sguainate” del secondo scontro, prima che direttamente in uno scambio di lettere del- la scena culmini nel racconto di Amelia e si la metà del gennaio 1881. Il 15 gennaio Ver- prepari il pezzo d’assieme. di scrive: Ci sono molti altri dettagli analitici da nota- re nella correlazione fra “genere” e “gene- Un’altra osservazione sul finale... si”, (“genericità” e “geneticità” ri-creativa), Vorrei che, quasi a mo’ rispetto a una delle scene d’assieme di Ver- di commento, dopo il verso: di più efficaci e più documentate. Vengono subito in mente i penetranti significati di Il cantor della bionda Avignonese quell’arrivo su una settima diminuita del- l’esclamazione «fratricidi», ripresentata in TUTTI dicessero “È guerra a Venezia !” vari rivolti, ma sempre “fortissimo”. Que- DOGE “È guerra fratricida. Venezia e sto accordo apre la scena come “neighbour Genova hanno una chord” della triade stabile di Do maggiore e patria comune: Italia”. lo si sente immediatamente, dopo, come TUTTI Nostra patria è Genova. settima di sensibile della successiva triade Tumulto interno etc. di Mi minore (che costituirà la tonalità con- clusiva e culminante per la “musica della In risposta Boito inviò dei versi che segui- rivolta”, che viene prolungata fino all’irru- vano le direttive del compositore, nonché zione della folla). Ancora la stessa settima la fine della scena che porta il “tempo d’at- diminuita in “fortissimo” conclude anche tacco” con il tumulto fuori scena. Boito av- la frase finale dell’introduzione orchestra- vertì anche Verdi di aver «evitato la parola le, per ben due volte. In entrambi i casi vie- “fratricida” indicata nella Sua lettera, cosic- ne messa in risalto da una susseguente ché non sciupi l’effetto dell’esclamazione pausa generale. Altrove questa settima di- “fratricidi” che scoppia prima dei versi del minuita, nella sua funzione di cardine, Doge: “Plebei, Patrizi !”». “prepara” la dominante delle tonalità della A livello puramente verbale Boito aveva ra- maggior parte dei punti di arrivo cruciali gione a non voler “sciupare” l’effetto finale dal punto di vista drammatico-musicale e, di fatto, l’inavvertita anticipazione verba- nella scena; tutte tonalità le cui rispettive le di Verdi dell’esclamazione del Doge toniche sono naturalmente esse stesse ele- «Fratricidi» nell’abbozzo di dialogo inviato menti formanti dell’accordo di settima di- a Boito prima riportato, sembrerebbe anti- minuita in questione: cipare la parola scenica. Ma dobbiamo fare attenzione: laddove una ripetizione verbale 1. Nell’Es. mus. 1b la settima diminuita può essere ridondante, una ripetizione mu- conclude il La minore su cui erano state in- sicale può essere enfatica. L’uso inavvertito tonate le parole del Doge all’araldo, e guida da parte di Verdi della parola «fratricida» al ritorno, in “fortissimo”, della tonalità di nel dialogo in questione, va probabilmente Do minore e del soggetto principale con il letto solo come un riflesso delle due liti fra- quale la “musica della rivolta” era iniziata. tricide nella Camera del Consiglio, che so- 2. Poco dopo è ancora una settima diminui- no le colonne portanti del disegno comples- ta che introduce la tromba dell’araldo che sivo della scena, per cui questo passo ap- “canta” in Mi bemolle. parterrebbe ancora all’ambito del primo 3. Nell’Es. mus. 1c, la settima diminuita

167 serve a “distanziare” la triade di Do mag- ra Ricordi), “forte”, con il primo vero ritor- giore (la dominante di Fa minore che pre- no di soggetto d’apertura. È questo il mo- domina nel racconto di Amelia) e guida al- mento in cui il coro, fuori scena, grida: la dominante di Mi bemolle minore, la to- «Morte ai patrizi! Viva il popolo!», provo- nalità d’inizio del pezzo d’assieme che a cando l’ira dei patrizi, che sguainano le lo- sua volta porta al Fa diesis maggiore (rela- ro spade. Una successione cadenzale esat- tiva maggiore a distanza di terza minore tamente parallela (lettera H), successiva al- per la seconda parte dell’assolo di apertura le istruzioni impartite dal Doge all’araldo del Doge) e al concertato. segna un altro ritorno al soggetto principa- 4. L’accordo appare infine anche sotto l’e- le, ora di nuovo in Do minore e in “fortissi- sclamazione del Doge “Sia maledetto” nella mo”, con le urla del coro fuori scena che si “Maledizione”, e in seguito nella fragorosa fan sempre più vicine: «Armi e saccheggio! eco della folla: “Sia maledetto”. Fuoco alle case!». Il Mi è anche singolar- mente protagonista di diversi momenti nel- Il sistema di relazioni tonali che sono im- la scena. Il più evidente è il climax di Mi perniate su questo accordo di settima dimi- minore nella “musica della rivolta”, quan- nuita – Do maggiore/Do minore, La mino- do la folla irrompe nella Camera del Consi- re e Mi bemolle minore/Fa diesis maggiore glio. Il significato critico di questo passo – è riassunto proprio prima della fine della viene sottolineato nei documenti del lavo- «Maledizione», nel «Sia maledetto» del coro, rio “genetico” della scena del Consiglio, in sussurrato tre volte nella parte finale su un uno scambio di lettere del 5 e 7 febbraio. unisono di Do, che a sua volta è accompa- Verdi vuole un testo aggiuntivo per la mu- gnato da un’alternanza di Do gravi pizzica- sica che sta scrivendo per l’irruzione della ti, affidati ai contrabbassi e alle viole, con folla, «perché» – dice – «si senta la voce for- un Fa diesis grave intonato dai violoncelli e midabile dell’orchestra», e scrive a Boito dai clarinetti bassi come supporto, mentre i per pregarlo di evitare di omettere la paro- violini mantengono un tremolo di Do/Mi la «Vendetta» (vedi l’Appendice). In quel con Re diesis/Si. preciso luogo dell’autografo musicale, in- Il contrasto fra Mi naturale e Mi bemolle, fatti, furono applicati alcuni nuovi fogli su elemento essenziale di quello fra Do mag- cui si leggono il nuovo testo e la nuova mu- giore e Do minore, si fa sentire distinta- sica. L’aggiunta fu quindi voluta da Verdi mente nella «Maledizione», quando il Mi durante una fase intermedia della compo- naturale di Paolo (in corrispondenza dell’e- sizione, fra lo stado di “abbozzo” e quello di sclamazione «Orror!» nella tonalità di Do “scheletro orchestrale” (“skeleton score”). maggiore) viene immediatamente rimpiaz- L’effetto di questo aggiunta – oltre a consen- zato da un Mi bemolle (nell’accordo di Do tire all’orchestra di “far udire la sua voce minore del passaggio orchestrale conclusi- formidabile” mentre il coro grida il nuovo vo “fortissimo”). Questo contrasto Mi be- verso e i soprani sostengono un acuto Si – è molle/Mi naturale diventa, nel primo e più quello di rinforzare la culminante tonalità esteso sviluppo della “musica della rivolta” di Mi minore che conclude la “musica della ancor più evidente, anche in un altro sen- rivolta”. Sottolineando quindi il Mi naturale so: a causa del confronto, strutturalmente contro le armonie incentrate su Mi bemolle parallelo, della tonica di Do minore (che che direttamente o indirettamente domina- caratterizza la scena nel suo insieme), con no invece una così grande parte del resto la tonalità di Do diesis minore, un semitono della scena. Inoltre, questo prolungamento più acuta. Dopo la scena d’apertura, il del Mi minore sulla fine della “musica della “tempo d’attacco” della “musica della rivol- rivolta”, in contrasto con il Do minore con ta” comincia in Do minore (tonalità più cui la “musica della rivolta” inizia, eviden- volte stabilita) e poi modula. Il successivo zia la centralità dei nuclei tonali Do e Mi sui punto d’arrivo con una cadenza piena si ha quali la sommossa comincia e termina. È in Do diesis minore (lettera G della partitu- quindi plausibile che essi vengano già sen-

168 169 170 titi come prefigurati dalle triadi stabili di Do il libretto in prosa a cui si fa riferimento nelle lettere- che Verdi scrisse da Parigi il 3 e il 12 settembre 1856 e maggiore (mm. 2-4) e Mi minore (mm. 6-8) in altre lettere e documenti vari, risalenti a quello stes- nella “risoluzione” di quella settima dimi- so mese, da Venezia. Cfr. M. CONATI, La bottega della nuita discussa supra, con cui si apre l’intro- Musica, Milano, 1983, pp. 382-86; e J. BUDDEN, The duzione orchestrale della scena. E così via. Operas of Verdi II, London, 1978-79, (trad. it. Le opere di Verdi II, Torino, 1986). Fra i microfilm di carte ver- Chi scrive spera che queste osservazioni sul diane conservate presso Villa Verdi a Sant’Agata, pos- processo creativo nella drammaturgia mu- seduti dall’American Institute for Verdi Studies alla sicale del Simone abbiano chiarito al pa- New York University, ci sono gli atti II e III della «selva» ziente lettore alcune delle dinamiche della dialogata nella grafia di Verdi corrispondenti alla bella copia di Piave della Fenice. Il testo della copia che Pia- scena della Camera del Consiglio. Spera an- ve stese dell’abbozzo in prosa di Verdi è stato pubblica- che che esse possano offrire una discreta te- to da Daniela Goldin nel programma di sala per il Si- stimonianza di come l’uso di documentazio- mon Boccanegra edito dall’Ente Autonomo del Teatro ni del procedimento compositivo possano Comunale di Firenze per la messa in scena della sta- gione 1888-89. Per un profondo studio critico del dram- costituire un’importante fonte di informa- ma di Gutiérrez, della «selva» dialogata e di entrambi i zione non solo per la comprensione storica libretti, si rimanda a D. GOLDIN, «Simon Boccanegra» da o per la ricostruzione di dati biografici, ma Piave a Boito, e la drammaturgia verdiana in La vera anche per la critica analitica delle opere. fenice, Torino, 1985, pp. 283-334. 2 F. WALKER, Verdi, Giuseppe Montanelli and the li- Non è tanto questione di suggerire che le do- bretto of «Simon Boccanegra», in «Bollettino dell’Istitu- cumentazioni del procedimento compositi- to di Studi Verdiani», 1, Parma, 1960, pp. 1373-90. vo a nostra disposizione siano o debbano es- 3 Per un resoconto della preparazione della produzio- ne a Reggio e delle revisioni, cfr. M. CONATI, «Simon sere il punto d’inizio per l’osservazione ana- Boccanegra» di Verdi a Reggio Emilia, Reggio Emilia, litica – in questo caso di fatto non lo sono 1984. Le modifiche richieste da Verdi per la ripresa mi- state –, ma piuttosto di comprendere fino a lanese, modifiche operate sulla base della sua espe- che punto esse riescano a rendere più credi- rienza nella produzione napoletana, sono descritti in bile l’analisi critica o guidare la stessa verso una lettera ad Alberto Mazzucato parzialmente pubbli- cata in F. GHISI, Lettere inedite dall’Epistolario Verdi- aree di interesse altrimenti destinate a resta- Mazzucato appartenute a Frank V. De Bellis, in Confe- re segrete. Non è che la visione che il com- renze 1968-70, Associazione Amici della Scala, Milano, positore ha del suo lavoro debba avere ne- n.d., pp. 168-70. 4 Lettera Ricordi-Verdi, venerdì 19 novembre 1880; cessariamente una posizione privilegiata cfr. Appendice, CVR 76. Le sigle nell’Appendice si rife- per la critica. Piuttosto può essere vero il fat- riscono alle seguenti fonti: CVR = Carteggio Verdi-Ri- to che, quanto più indiscreta, curiosa e pe- cordi 1880-81, a cura di P. Pietrobelli, M. Di Gregorio dante può sembrare una proposta analitica, Casati e C.M. Mossa, Parma, 1988, seguito dal numero della lettera citata; CVB = Carteggi Verdi-Boito, a cura tanto più plausibile essa diventa se è possi- di M. Medici e M. Conati, Parma, 1978. bile dimostrare che l’artista stesso ce ne ha 5 Cfr. le lettere di Verdi a Ricordi pubblicate in F. ABBIATI resi partecipi attraverso il suo lavoro. Giuseppe Verdi, Milano, 1959: vol. III, 24 novembre 1868 (p. 233), ca. 15 dicembre 1870 (p. 411), 3 e 5 marzo 1875 (pp. 743-44); e vol. IV, 2 maggio 1879 (p. 82). 6 PH. GOSSETT, The “candeur virginale” of «», in «Musical Times», 112, 1971, pp. 326-29. 7 Verdi scrisse a Cammarano da Parigi il 17 maggio 1849 che «nel primo finale non amerei una stretta o una cabaletta finale... Il principio del pezzo e lo squar- cio concertato voi li farete come vorrete», I copialettere di Giuseppe Verdi, a cura di G. Cesari e A. Luzio, Mila- no, 1913, p. 471. 8 J. N. BLACK, Salvadore Cammarano’s programma for «Il Trovatore» and the Problem of the Finale, in «Studi Verdiani», 2, 1983, 78-107. NOTE 9 Cfr. il saggio dello scrivente, The “laughing chorus” in context, in Verdi: «Simon Boccanegra», English Na- * Saggio apparso nel programma di sala del Simon tional Opera Guide, n. 40, London-New York, 1989, pp. Boccanegra, Venezia, Teatro La Fenice, 1991. 23-40. 1 La «selva» in prosa è integralmente conservata fra le 10 Per un resoconto delle tre fasi di progettazione del carte dell’Archivio Storico del Teatro La Fenice di Ve- Finale del secondo atto di Otello, cfr. J. HEPOKOSKI, Giu- nezia. Il documento è di mano di Piave, probabilmente seppe Verdi: «Otello», Cambridge, 1978, pp. 31-33, 36- si tratta di una bella copia, e rappresenta senza dubbio 171 39; la revisione di Boccanegra, compresi naturalmente ro», in «Biblioteca», 70, Busseto, 1975, pp. 171-79. i progetti e la composizione della scena della Camera 18 Ciò nonostante, un riferimento alla lettera di Petrar- del Consiglio, ha luogo fra la seconda e la terza fase. ca al Doge di Genova, fu reintrodotta, per volontà di Nel finale di Otello, alla fine della seconda fase, la se- Verdi, con le sue lettere del 15 gennaio, come è segna- quenza drammatico-musicale generale – azione che lato in cima alla prima colonna della Tavola 2. Verdi conduce ad un concertato d’assieme, seguito dalla se- voleva un testo aggiuntivo con cui allungare la scena quenza che va dalla “crisi nervosa” di Otello fino al ter- iniziale prima che si iniziassero ad udire i rumori del- mine dell’atto – era già stabilita; solo il testo dell’assie- la sommossa fuori scena. Il testo esemplificativo che il me, e a fortiori la sua strutturazione interna, erano an- compositore inviò a Boito il 15 gennaio per essere tra- cora da sistemare sformato in versi suggerisce che, in fondo, egli voleva 11 Cfr. A. BASEVI, Studio sulle opere di Giuseppe Verdi, preservare qualcosa di più della sua “idea madre” ori- Firenze, 1859, pp. 30-33. ginaria. 12 Boito utilizzò per la prima volta questo tipo di metro 19 Ecco il passo in questione (CVR, 82): «[quattro ver- nel suo poema lirico Case nuove, pubblicato nell’edi- si]... per porvi sopra alla bell’e meglio alcune note che zione del 1866 di Case nuove: due strofe isorimiche di abbiano l’aria di una larga frase musicale. La qual frase 17 versi imparisilabi tutti rimati. Il primo libretto in cui musicale amerei fosse ripetuta (con cambiamento di compaiono strofe di questo genere è quello del Mefisto- qualche parola, se occorre) in mezzo alla stretta, nel po- fele, nella versione orginale del 1868: le strofe per il co- sto ove entrano tanto stupidamente le arpe». L’inizio ro delle “Falangi celesti” del Prologo si corrispondono della stretta del 1857, illustrato nell’Es. 3a, è l’inizio del in numero di versi e schema rimico, proprio come in brano in cui «entrano stupidamente le arpe»; è anche il Case nuove. Esse variano invece nei due lunghi di- primo momento calmo nella stretta. scorsi di Faust in I, 1, nel dialogo con Wagner dopo l’O- 20 E. G. CONE, On the Road to «Otello»: Tonality and bertas. Wagner parla in endecasillabi sciolti durante Structure in «Simon Boccanegra», in «Studi verdiani» 1, tutta la scena, come pure Faust nelle parti colloquiali e (1982), p. 91; J. HEPOKOSKI, An introduction to the 1881 nel suo discorso d’apertura; nella revisione per Bolo- Score, in Giuseppe Verdi «Simon Boccanegra», English gna del 1875 tutti e tre gli interventi di Faust vennero National Opera Guide no. 32, a cura di N. John, London tagliati. and New York, 1985, p. 21. Versi imparisillabi misti in strofe completamente rima- 21 J. BUDDEN, Le opere di Verdi, cit. II, p. 388. te, ma di lunghezza variabile e diverso schema rimico, 22 J. BUDDEN, Le opere di Verdi, cit. II, p. 332 sgg. sono utilizzati spesso, in diverse situazioni drammati- che, in tutti i successivi libretti di Boito. L’apoteosi di questo gesto e di questa pratica avverrà con Otello. Non conosco alcun precedente per l’uso di questo verso nel- la librettistica, e sembra che se ne possano reperire sor- prendentemente pochi esempi nella poesia lirica del primo Ottocento in generale. Fra questi è forse legittimo menzionare Primavera di Alessandro Poerio. Altri pre- cedenti possono forse essere riscontrati in alcune liri- che de I primi canti del poeta di Agostino Cagnoli. 13 I numeri tra parentesi che si trovano accanto alle frasi nella seconda colonna della Tavola 2 si riferisco- no ad estratti dalle lettere del 20 e del 26 novembre ri- portate in Appendice, spezzate e numerate per como- dità del lettore. I numeri nella Tavola 2, colonna 2, si riferiscono ai rispettivi rimandi numerici che contras- segnano le suddivisioni della lettera del 20 novembre, relativamente alle scene 10 e 11; a quelli della lettera del 26 novembre, per quanto concerne la scena 12. 14 F. PETRARCA, Rerum familiarum libri, voll. XI, XIV. Daniela Goldin ha suggerito, sulla base di indizi lingui- stici, che dalla versione italiana delle lettere di Petrarca stesa da Giuseppe Fracassetti (Firenze, 1863-67) Verdi poteva aver rilevato molti elementi della scenografia e degli sfondi dell’opera, tratta da Garcìa Gutiérrez (La vera Fenice, cit. p. 309). Una copia della traduzione di Fracassetti faceva di fatto parte della bibliteca di Verdi a Sant’Agata (cfr.. CVR, p. 71, n. 5). 15 D. GOLDIN, La vera Fenice, cit. p. 309. 16 La parola chiave è «testa», non «testo» come si è sup- posto a partire dalla lettura originale che Luzio fece dell’abbozzo verdiano, spesso quasi illeggibile. Cfr. Carteggi verdiani, a cura di F. Luzio, IV Roma, 1947, p. 204. 17 G. CARRARA-VERDI, «O il Senato... O la Chiesa di S. Si-

172 Giuseppe Verdi. (1888).

173 , Una piazza di Genova. Bozzetto per Simon Boccanegra, (Prologo). Torino, Teatro Regio, 1978-79. (Torino, Archivio del Teatro Regio).

174 LAURA MEGNA SIMONE BOCCANEGRA E IL DOGADO A GENO- VA

La figura di Simone Boccanegra, primo do- Mentre il “patrizio livor” non desisteva dal ge di Genova, conobbe nel corso dell’Otto- chiedere “vendetta e morte” e il popolo ri- cento notevole popolarità. Nel 1833 il geno- cambiava, invocando “la morte ... per tutti i vese Giuseppe Michele Canale diede alle nobili”, Simone inclinava alla “dolcezza” – stampe il Simonino Boccanegra,1 tragedia «sento che tutti / Benedire vorrei con la dol- storica apprezzata da Mazzini, che ne lodò cezza / E duopo è tutti stringerli, piegarli il “buonissimo intendimento”.2 Letterato, coll’acerba sembianza del tiranno»7 – e pri- storico e accanito ricercatore di patrie me- ma di morire, magnanimo, perdonava i morie, Canali fu assai attivo nell’ambiente suoi nemici. del risorgimento genovese: fu affiliato alla Colpi di scena, congiure, odi sfrenati, amo- Carboneria e dal 1830 alla Giovine Italia, ri purissimi, agguati e tentati rapimenti, ve- prima di passare tra le fila liberali e monar- leno e morte: gli ingredienti del repertorio chiche. Il suo Boccanegra è tutto vibrante tardoromantico, già presenti nel lavoro del degli ardenti ideali patriottici dell’autore. Canale, erano accentuati nel Simon Bocca- “Scopo” della sua opera – come asserisce negra scritto dieci anni dopo, nel 1843, da nell’ampio Discorso storico premesso alla Antonio García Gutiérrez, che vi aggiunge- stessa – era quello di «porre in iscena ... la va «l’immancabile riconoscimento della fi- mutazione dell’aristocrazia in democrazia» glia creduta morta o smarrita»,8 elemento e «lo stabilimento del governo popolare».3 mutuato anch’esso dall’opera verdiana. Ma La vicenda del Boccanegra era dunque epi- nel Boccanegra dell’andaluso era assente sodio culminante del “democratico Trecen- quella dimensione politica del dramma, to”, uno dei fatti più segnalati dell’“epoca che, già sviluppata dal Canale, risponderà più grande di grandissimi tempi” in cui pienamente alla passione civile di Verdi. La erano nate “la libertà italiana, l’agiatezza vicenda del doge, che con la sua volontà di del popolo, la ricchezza del commercio, pace tenta di contenere l’odio delle fazioni l’industria, l’arti, l’ingegno”.4 All’“infamia cittadine e di fermare la lotta fratricida si de’ patrizi”, “perversi blanditori del popo- inscriveva in quel nazionalismo risorgi- lo”, il doge Boccanegra opponeva l’eroico mentale che Verdi-Boito avrebbero ripreso ideale dell’“amor di patria”.5 Per la libertà con più marcato vigore nell’edizione del “di Genova e d’Italia”6 non affrontava solo Boccanegra del 1880.9 l’estremo sacrificio della vita ma dava in Ma come si arrivò a Genova all’istituzione sposa la figlia Costanza – nella realtà Mad- del dogado e quale fu la vera storia del Boc- dalena –, già promessa al nobile Giovanni canegra? Eletto per acclamazione popolare Malocello, al fuoriuscito Luchinetto Vi- il 23 settembre del 1339, Simone Boccane- sconti, figlio di Luchino e nemico giurato gra fu il primo doge di Genova. «Dogio al del ducato milanese dal quale gli zii, alla modo de’ Veneziani», scriveva dal suo os- morte del padre, l’avevano estromesso. Fi- servatorio fiorentino un contemporaneo, il glia degnissima di cotanto padre, Costanza cronista Giovanni Villani, cui non era sfug- faceva propria la logica paterna e ai suoi gita l’ascendenza veneziana del titolo, né la sentimenti anteponeva l’amor di stato. collocazione popolare del Boccanegra,

175 “uno ... de’ mediani del popolo”, “dogio”, da quelle derivanti. Esse sono divise da odi peraltro “franco e valente” sebbene “aspro antichi e conflitti recenti e sono contrappo- in giustizia”.10 L’adozione di questo termi- ste in un gioco mutevole e complesso di in- ne, usato sino ad allora in ambito repubbli- teressi che non ne immobilizza gli schiera- cano soltanto per designare il supremo ma- menti, ma privilegiando il privato sul pub- gistrato veneziano, era un palese riconosci- blico, rende precario ogni punto di equili- mento della superiorità politico-istituzio- brio e di convergenza quanto all’assetto del nale della secolare avversaria, che aveva governo.12 Un’irrequietezza antica e diffici- saputo creare una compagine statuale più le da sondare anima quest’aristocrazia solida e mantenere sicuro il suo stato, di composita ma tutta mercantile, fatta sin dai cui la figura dogale era un po’ il simbolo. Il tempi del governo vescovile di mercanti titolo di dux, duca, ossia venezianamente nobili e di nobili mercanti, ché se i più for- “doge”, aveva fatto la sua comparsa in tem- tunati mercanti sono individualmente pas- pi assai remoti – probabilmente verso l’VIII sati di rango, anche i nobili feudali di origi- secolo – quando Venezia era ancora in un ne viscontile si sono presto dati al commer- ambito pienamente bizantino. Ma aveva cio. assunto una precisa definizione di poteri A Genova discordie e tumulti accompagna- solo col progressivo ridursi dell’autorità no l’intera vicenda comunale. Nel 1099, ai dei tribuni – ufficiali scelti tra i possidenti tempi gloriosi della prima crociata, la Com- fondiari locali – e dei magistri militum, di- pagna Comunis, e cioè il comune, si affer- retti rappresentanti del potere esarcale. ma modellandosi sulla Compagna, origina- L’evolvere della figura dogale in ambito la- le consorzio di armatori, commercianti e gunare era stato complesso, oscillando tra uomini di mare, associazione privata e spinte all’esercizio personale del potere – temporanea, nata da scelte economiche im- non esclusa la tentazione dinastica – ed esi- plicanti collegamenti societari nuovi. È una genza di un controllo sempre più preciso e struttura relativamente aperta, cui si acce- dettagliato dello stesso.11 Il risultato di que- de con un titolo di cittadinanza non difficile sto travagliato percorso era un doge che da acquisire in base ad una residenza limi- pur essendo espressione della repubblica e tata nel tempo. La partecipazione politica si sua massima carica, era nel contempo, e allarga, si affacciano nomi nuovi che tenta- proprio per questo, controllatissimo simbo- no di contendere ai più illustri le cariche lo di uno stato i cui poteri decisionali non si consolari, da questi non de iure ma de fac- concentravano in cariche personali, ma in to monopolizzate.13 organi collettivi di governo quali il Maggior Tuttavia non è ancora la pressione dal bas- Consiglio e il Senato. A Venezia gli sposta- so, ma la minoranza inquieta dei clan gen- menti negli equilibri istituzionali erano av- tilizi a dividere la città e ad accendere le venuti in modo lineare. Senza laceranti rot- lotte interne che nel corso del secolo fini- ture né durevoli resistenze era passata an- ranno per logorare il comune consolare. Il che la Serrata del Maggior Consiglio, con la groviglio di inestricabili contrasti di carat- quale nel 1297 il patriziato avocava ufficial- tere feudale, occasionali opposizioni, ran- mente a sé ogni funzione pubblica. L’inevi- cori e vendette che la presenza di una forte tabile periodico apparire di tensioni interne organizzazione familiare di tipo consortile al ceto dirigente e di difficoltà politiche e tende a moltiplicare e perpetuare si com- economiche non aveva impedito alla storia plica e si aggrava nella lotta per l’egemonia della Serenissima di evolvere all’insegna di politica, per il controllo della cariche. Lo una continuità assolutamente straordina- strenuo antagonismo dei concorrenti non ria per i tempi. viene da mere questioni di prevalenza e Altro il quadro genovese, dove alla fragilità d’ambizione, ma da rilevanti interessi eco- delle forme statuali si accompagnano la nomici. Mentre lo slancio in Oriente ha da- forza esuberante delle grandi famiglie – no- to i suoi frutti e l’attività dei commerci è biliari e no – e la potenza delle consorterie vertiginosa, lo sforzo per le continue im-

176 prese belliche – contro Pisa per il dominio non hanno limiti: nel 1194, nel pieno di una della Sardegna e della , contro i sa- vera guerra contro gli Spinola e i Grimaldi raceni d’Africa e di Spagna – ha costretto il – allora alleati, più tardi alla testa di oppo- Comune ad appaltare a ricche società di ste fazioni – i Della Volta, una delle mag- mercanti i proventi di numerose gabelle: le giori famiglie genovesi, nominano tre con- imposte sul sale, sull’ancoraggio e sui pe- soli per conto proprio. Solo nel 1217 il nuo- daggi, la zecca, le nuove colonie d’oltrema- vo regime si stabilizza. Il podestà è un fore- re e d’oltregiogo. È il sistema delle compe- stiero e forestieri sono i giudici, gli ufficiali, re, vendita anticipata delle entrate fiscali i cancellieri che lo accompagnano e il cui fatta a favore di acquirenti che ne traggono ruolo non va sottovalutato, tanto più che in vantaggio senza andare contro alle leggi questi anni si mette mano alle prime em- della Chiesa che vietano l’usura. Accapar- brionali compilazioni dello statuto cittadi- rarsi le cariche consolari significa allora no. L’evolvere delle forme istituzionali non essere arbitri di questa mediazione tra pub- intacca la prevalenza delle più potenti con- blico e privato, riservando le transazioni e sorterie, garantita dalla presenza degli otto le operazioni finanziarie più proficue alla consiglieri, nobili genovesi designati, al- propria casa e, per estensione, al proprio l’arrivo del podestà, dai consiglieri uscenti. gruppo, alle società mercantili di cui si fa A ridisegnare la fisionomia del patriziato parte. genovese è piuttosto l’estendersi del domi- Inevitabili le recriminazioni degli esclusi, nio territoriale sulle Riviere. Una parte del- che esplodono talvolta in opposizioni vio- l’aristocrazia cittadina si rifeudalizza ac- lente, ulteriormente inasprite dai decreti quistando le terre degli sconfitti signori del- consolari comminanti le drastiche sanzioni l’interno e subentrando a costoro nel rap- previste dal diritto consuetudinario, in pri- porto di vassallaggio verso l’imperatore, mo luogo la distruzione delle case dei con- mentre altri lignaggi liguri perdenti sono tendenti più ostinati. La palese inadegua- aggregati alla Compagna e i Fieschi, ad tezza del regime consolare a fronte di una esempio, un ramo secondario dei conti di realtà comunale più complessa e social- Lavagna, si stabiliscono a Genova. I vinco- mente differenziata fa avvertire la neces- li di parentela allacciati tra gli uni e gli altri sità di un’autorità forte e imparziale. Nel potenziano i nuovi gruppi consortili, che 1190, per la prima volta, si ricorre ad un po- sotto gli ambigui nomi di “guelfi” e “ghibel- destà forestiero, designato congiuntamente lini” si affronteranno in una lotta secolare. dai consoli e dai consiglieri. Ma il giorno Nel contrasto tra il papato e l’impero, la re- stesso dell’elezione, i figli e i nipoti di Folco pubblica, che si è mantenuta neutrale il più di Castello, l’eroe genovese della terza cro- a lungo possibile attraverso una politica ciata, assalgono i consoli uscenti e il nuovo spregiudicata e cioè combattendo con en- podestà. Nel corso della lotta uccidono il trambi, finisce per allearsi col Pontefice, più anziano e il più autorevole dei presenti, tanto più che l’odiata Pisa s’è affiancata a Lanfranco Pevere, cittadino insigne, ric- Federico. chissimo banchiere, già sedici volte conso- Le interne divisioni allora precipitano. Al- le e incaricato di molte missioni diplomati- cune famiglie si gettano dalla parte impe- che. Il nuovo regime comincia nel sangue e riale: i Doria per conservare – contro le nella confusione, proprio le situazioni dalle pretese romane – i loro possessi di Sarde- quali la città voleva liberarsi. Si torna al gna, gli Spinola e i De Mari per timore di consolato, sempre più incapace di imporre veder minacciate le loro terre feudali d’ol- il suo governo: «universus populus factus tre Appennino. Motivi analoghi giocano est inobediens consulatui», annota, nel dalla parte opposta: i Marocelli e gli Em- 1193, il cronista Ottobono Scriba. Ogni an- briaci, subentrati al marchese Del Bosco no un consilium de regimine decide se la nel possesso di Varazze – cui aspira anche città debba essere governata da un podestà Savona, insofferente del dominio genovese o dai consoli. Disordini e particolarismo e protetta da Federico – sono alla testa del

177 partito guelfo, cui dà maggior impulso, nel dell’età successiva che ai capitani del popo- 1243, l’elezione al soglio pontificio del ge- lo – eletti per un solo anno, nobili e fore- novese Sinibaldo Fieschi, creato papa col stieri come i podestà – proclamati al suo nome di Innocenzo IV. La frangia più impe- tempo nelle altre città italiane. La rottura gnata dei ghibellini va in esilio, l’altra resta col fronte nobiliare diviene irreparabile in città, spina nel cuore delle famiglie guel- quando Guglielmo, per risanare le dissesta- fe che reggono il comune. Nella fase più pe- te finanze dello stato, vara la sua riforma ricolosa del conflitto contro l’imperatore, più coraggiosa: la conversione di tutto il queste ultime ritengono opportuno allarga- debito pubblico in prestito consolidato e re- re la base del governo attraverso una nuo- dimibile ad interesse fisso. Il Comune non va magistratura, i due “capitani del popolo passa la spugna sui debiti contratti, ma li e del Comune”, scelti però tra i nobili e mu- equipara ai prestiti forzosi – il prestito pub- niti di poteri assai limitati. Ma quando la blico coattivo con cui nel Medioevo città e morte di Federico, nel 1250, pone fine alle stati finanziano la guerra –, sui quali paga il ostilità, l’apertura verso il popolo, che len- modico interesse dell’8 per cento, riservan- tamente ha guadagnato spazio all’interno dosi il diritto di riscattarli al prezzo origina- del Consiglio cittadino – qui, a fianco di no- rio. I più danneggiati sono proprio gli uo- bili, avvocati, notai, siedono ora i primi mini del vecchio governo e sottogoverno “banchierii”, “draperii”, “fornarii”, “ferra- guelfo, che a prezzo di favore hanno com- rii” – appare superflua se non pericolosa. Il perato in anticipo e per molti anni le entra- governo richiama dall’esilio i fuoriusciti te ordinarie del Comune. A placare l’ani- ghibellini che avevano combattuto per mosità di parte, non bastano i successi che l’imperatore e accorda loro una grossa la spregiudicata politica coloniale di Gu- somma per i danni sofferti. Gesto insolito, glielmo ha conseguito in Levante. Nel 1261 nell’atmosfera italiana del tempo, dettato l’imperatore greco Michele Paleologo con- non tanto da un desiderio di concordia cede ai genovesi una serie di scali e privile- quanto dalla necessità di rafforzare la no- gi in tutto il territorio bizantino in cambio biltà di fronte al popolo che punta ad au- del loro aiuto per sottrarre Costantinopoli mentare il proprio peso politico. all’imperatore latino e ai suoi alleati vene- La pacificazione però è solo momentanea. ziani. È il punto di partenza della grande Alla prima congiuntura negativa – nel 1256 affermazione genovese nel Mar Nero. Ma le falliscono parecchi lanaioli e almeno due notizie inebrianti giunte da Costantinopoli tra i maggiori banchieri; la Francia non or- – i genovesi, a suon di musica, hanno di- dina nuove navi e non paga le vecchie – i strutto il palazzo del rappresentante vene- ghibellini ricordano i loro rancori e il popo- ziano – non valgono a stroncare la sedizio- lo i suoi sacrifici. Da questa alleanza matu- ne che i guelfi Grimaldi hanno ordito con- ra la sommossa che nel 1217 porta al go- tro il “tiranno”. Il suo esercito e quello degli verno della città un “popolare”, ma ricco e insorti, meglio armato, si scontrano nelle potente e imparentato con i nobili, Gugliel- vie cittadine. Lanfranco Boccanegra, fratel- mo Boccanegra, prozio del futuro doge Si- lo del capitano, cade combattendo per ma- mone. Il popolo minuto che ha preso a sas- no di un Grimaldi, mentre Guglielmo ripa- sate il podestà uscente – assolto dai “sinda- ra ad Aigues– Mortes, al servizio del re di catori” nonostante le sue provate malver- Francia. sazioni –, proclama Guglielmo capitano del Al governo forte di Guglielmo Boccanegra popolo con un mandato decennale e pieni sono mancati i necessari raccordi, che solo poteri. Non è un semplice rovesciamento di formalmente – a Genova come altrove – si fazione, come avrebbero voluto i ghibellini, identificano con le istituzioni, costituiti in né la semplice restaurazione della magi- concreto dai potenti clan nobiliari ormai stratura dei due capitani. Si tratta di un ve- consolidati in entità autonome. Al riaprirsi ro e proprio mutamento di regime. La figu- delle ostilità, le partizioni del fronte aristo- ra del Boccanegra è più simile ai signori cratico si precisano ulteriormente: le fazio-

178 ni in contrasto continuano ad appoggiarsi repubblica per quindici anni. Quindici anni ai due partiti che si combattono in tutta Ita- nei quali Genova combatte e vince contro il lia, ma gli annali genovesi non parlano più guelfismo dell’Italia intera, contro Carlo di guelfi e di ghibellini, bensì di “illorum d’Angiò sostenuto dal Papa e alleato con i de Grimaldo” e/o “de Flisco” per i primi, di profughi Fieschi e Grimaldi, contro le città “illorum de Spinula” e/o “de Auria” per i rivierasche sempre pronte a sollevarsi. secondi. Nella coscienza dei contempora- Questo periodo di insolita stabilità interna nei le fazioni sono soprattutto locali, rivolte segna l’apogeo della potenza genovese nel alla prevalenza in città. Incapace di conte- Mediterraneo e ha il suo coronamento nel- nere la conflittualità, il governo podestarile la duplice vittoria sulle rivali Pisa e Vene- ripristinato alla caduta del Boccanegra è zia. Alla Meloria, in una della più grandi sostituito, tra tumulti e “rixae”, da una ma- battaglie navali del Medioevo, nel 1284 Ge- gistratura straordinaria con pieni poteri, nova sconfigge definitivamente Pisa che una sorta di balìa formata da due nobili, non risorgerà più come potenza navale, prima di parte ghibellina, poi, con l’affer- mentre lo scacco subito nel 1298 dalla flot- mazione angioina in Sicilia, di parte guelfa. ta veneziana nelle acque di Curzola non Ma è proprio l’ingerenza del sovrano fran- conclude ma proroga il duello terminato cese, che vuole costringere Genova all’ac- un secolo dopo – e con tutt’altro risultato – cettazione di un protettorato sia pure in for- a Chioggia. ma di alleanza, a capovolgere la situazione. Il caparbio individualismo dei genovesi – Contro il governo guelfo dei Grimaldi, fau- artefice primo delle loro avventure sul ma- tori di una politica filoangioina e immedia- re, dei fortunati commerci, di imprese bel- tamente banditi dalla città, la nobiltà ghi- liche gloriose, ma altresì responsabile di un bellina e il popolo genovese impongono particolarismo che ha privilegiato la cresci- con la sollevazione del 28 ottobre 1270 la ta dei gruppi familiari a scapito della sal- diarchia di Oberto Doria e Oberto Spinola, dezza dello stato e – delle sue istituzioni – capitani con illimitati poteri. Nelle occasio- nel momento del massimo splendore traci- ni più solenni siede tra loro l’abate del po- ma e le opposizioni di interessi e di strate- polo, figura più rappresentativa che dotata gia si radicano anche all’interno della pro- di reale peso politico, eppure avvalorante pria fazione, dello stesso clan gentilizio. Il l’immagine di un governo di “popolo” – ter- fronte ghibellino Doria-Spinola si incrina e mine che designa i gruppi di potere in asce- le lotte civili riesplodono violente. Nel 1289 sa, non essendo mai lungo tutto il Medioe- iniziano le prime defezioni: alcune famiglie vo e ben oltre i titolari di pieni diritti politi- ghibelline appoggiano una congiura ordita ci la totalità degli “aventi diritto” – guidato dai guelfi Fieschi e stroncata dai Doria, ac- da nobili. Formula ambigua, che pure co- corsi in arme con il loro seguito. Il sostegno stituisce l’unico equilibrio possibile e ri- popolare diviene sempre più indispensabi- specchia potenzialità e limiti delle forze so- le. Doria e Spinola cercano di conservare ciali in campo: una nobiltà ricca per traffi- almeno in parte l’antica prevalenza, divi- ci, armamento navale, attività creditizia e dendo in parti eguali tra nobili e popolari possessi fondiari, ma divisa in due fazioni tutti gli uffici pubblici. Per il popolo che pressoché pari di forza, e quindi costretta a vent’anni prima si era accontentato di una ricorrere all’elemento popolare per preva- parvenza di partecipazione limitata alle ca- lere sull’altra; un popolo di mercanti, di ar- riche minori, è un avanzamento decisivo. matori e di artigiani, che in questo gioco Ma l’equilibrio resta precario. Una feroce politico aperto rivendica la partecipazione insurrezione guelfa insanguina le strade all’amministrazione pubblica senza essere della città tra il dicembre del 1296 e il feb- ancora in grado di aggiudicarsene la dire- braio del 1298: persino il Duomo viene zione. danneggiato. Senza interruzioni il governo fortemente Gli elementi in gara per il potere si sono accentrato dei diarchi ghibellini regge la moltiplicati e il gioco delle alleanze si è al-

179 largato. Gli Spinola sono astiosamente divi- sollecita la ricomposizione del fronte nobi- si nei due rami detti di Lucoli e di San Lu- liare, indebolito negli uomini e nei mezzi ca, mentre Bernabò Doria, legato in paren- dalla strenua lotta. Nel 1311, i guelfi aprono tela con i milanesi Visconti e più volte capi- le porte della città agli esuli ghibellini. La tano, non fa causa comune con la sua casa. tregua è breve e appena quattro anni dopo, Il tentativo di dominio personale del ric- con l’ennesimo rivolgimento, Doria e Spi- chissimo Opizzino Spinola di Lucoli è bloc- nola allontanano il vicario angioino, cac- cato dalla momentanea convergenza for- ciano i guelfi e impongono una nuova diar- mata dai Guelfi Fieschi e Grimaldi e dai chia. Ma il popolo, che ha accresciuto forze, ghibellinissimi Doria. La coalizione degli capacità e pretese non è più disponibile al- elementi in gara tra loro per il potere, e la vecchia alleanza. spesso tra loro contrastanti, impedisce ogni Le elites venute dai traffici e dalla naviga- forma duratura di dominio e perpetua il di- zione – mercanti, corsari e banchieri le cui sordine fino a farlo apparire cronico e insa- ricchezze sono rifluite anche nell’investi- nabile. Sperando di raggiungere un certo mento fondiario, hanno alle spalle quasi un grado di stabilità interna, nel 1311 i geno- secolo di vita pubblica e sono ora in grado vesi affidano il potere all’imperatore Enri- di rivendicare non un “governo di popolo co VII. Si tratta naturalmente di una sotto- guidato da nobili”, ma un governo favore- missione negoziata, nella quale sono con- vole al popolo. Tanto più che a tali elites si servate le interne autonomie e le attribu- accostano i gruppi emergenti interessati al- zioni dei magistrati locali, ma al di là della le attività artigianali più redditizie della se- portata politica e giuridica di tali accordi, è ta e dell’oro filato, né mancano nella com- evidente come le lotte civili abbiano fiacca- ponente più povera della società genovese to il fiero orgoglio repubblicano che aveva reali ragioni di disagio acuite dalle perenni fatto affrontare tanti rischi ai tempi di Fede- guerre interne ed esterne. Quando i capita- rico II e di Carlo d’Angiò. Due anni dopo, ni si arrogano l’elezione dell’abate del po- alla morte di Enrico, le contese riprendono. polo, in passato scelto dal popolo stesso, si Nel 1317 i nobili guelfi, sempre avversi ad sollevano le prime voci dei “malcontenti”. ogni pur parziale partecipazione popolare Un’altra scintilla della rivolta scocca sul al governo, abbattono il nuovo regime dei mare. In Fiandra, sulle galee genovesi al ventiquattro governatori metà nobili metà servizio del re di Francia, è nata una “gran popolari – fragile tentativo di collaborazio- rissa” tra il capitano dell’armata Antonio ne altre volte tentato – e nominano capitani Doria e la “turba de’ marinari”, che lamen- del popolo due dei loro. Si ricostituisce allo- tano di non aver avuto le “paghe intere”. I ra una netta divisione tra le parti. I ghibel- marinai rientrati a Savona, aizzano la plebe lini Doria e Spinola, ora tutti esuli, riavvici- che abbatte il podestà e offre il governo a nati nella disgrazia comune e collegati con due cittadini popolari. Allora i capitani ge- i grandi feudatari – i marchesi del Carretto, novesi, per allentare la tensione, concedo- di Clavesana, di Ceva, i conti di Ventimiglia no al popolo di designare i “venti huomini e di Laigueglia – mettono a soqquadro la del suo corpo” che eleggeranno l’abate. Ma Riviera occidentale e occupano Albenga e il 23 settembre del 1339, mentre nel pubbli- Savona. Il conflitto, a questo punto, si inse- co palazzo i delegati popolari prolungano risce nella lotta che divide l’Italia intera. In con le usuali “gare de’ favori” l’elezione del aiuto ai ghibellini genovesi, Marco Visconti nuovo abate, è la piazza ad acclamare pri- cinge d’assedio la città, che nel 1318 i nobi- ma abate, poi – in un crescendo corale che li guelfi al governo consegnano a Roberto, il racconto della tradizione storiografica il re angioino di Napoli. I nobili ghibellini bene sottolinea – “dominus” e infine “dux” continuano a guerreggiare per tredici anni, Simone Boccanegra. Il giorno seguente, mentre il disordine si estende alle colonie. sulla piazza davanti alla chiesa di san Lo- L’ascesa dei gruppi popolari – rimasti, nei renzo, presente il popolo armato cui si è limiti del possibile, fuori dalla mischia – unita la plebe del contado, Simone è creato

180 e confermato “Doge perpetuo della città”, peristi all’atto dell’emissione del prestito. affiancato da alcuni consiglieri “tutti del Questa misura, che una volta tanto privile- corpo del popolo”.14 gia l’interesse dello stato e quindi della col- Due immediati provvedimenti danno il ca- lettività su quello dei ceti più favoriti, tende, rattere del mutamento in atto, che sostitui- con l’alleggerimento dell’onere della pub- sce al governo della nobiltà il dominio del- blica finanza, a dare fissità e certezza al ca- la ricca borghesia mercantile e marinara: rico fiscale e a rendere disponibili per le fu- la definitiva esclusione da ogni ufficio dei ture esigenze dell’erario le eventuali entra- guelfi, sempre dimostratisi avversi al popo- te non ancora impegnate al servizio del de- lo, e l’esclusione di tutti i nobili dalla carica bito. La portata di questi provvedimenti, dogale. Il compito che si presenta al nuovo che avrebbero potuto risollevare le finanze doge è arduo: l’erario è esausto, le gabelle dello stato, è ridotta solo dalla loro tempo- quasi tutte ipotecate in favore dei creditori, raneità: la caduta del doge segnerà infatti i commerci ostacolati dalle scorrerie corsa- un rapido ritorno all’antico. re e i territori della repubblica in mano ai Proprio questa coraggiosa politica finanzia- ribelli. Ma durante il primo anno di dogado ria e la tendenza ad accentrare nelle sua Simone Boccanegra riesce a sottomettere i mani il potere distribuendo gli incarichi feudatari ribelli, a recuperare i possedi- più importanti tra i suoi congiunti – il fra- menti genovesi sulle due Riviere e nell’Ol- tello Giovanni nel 1340 è nominato vicario tregiogo e a sventare le numerose congiure prima della Riviera orientale e quindi di che la nobiltà estromessa dal governo ordi- quella occidentale, poi sarà in Corsica co- sce contro di lui. Interprete delle attese po- me governatore –, alienano presto al Boc- polari, nel 1340 vara una oculata riforma fi- canegra non poche simpatie anche fra i po- nanziaria intesa ad alleggerire il carico fi- polari. La base d’appoggio del suo potere si scale e, insieme, a rafforzare le casse dello assottiglia. Né la politica di pace perseguita stato. Il continuo ricorso al prestito forzoso con Pisa – l’antica rivale con la quale nel obbliga infatti il Comune, per far fronte al- giugno del 1341 si prolunga la pace già esi- la corresponsione degli interessi, alla im- stente per altri venticinque anni – e con Ve- posizione di nuove imposte, a nuove addi- nezia, politica che pure conferisce grande zionali su quelle preesistenti e in definitiva, prestigio alla figura del Boccanegra, è suffi- quindi, ad un ripetuto intollerabile aggra- ciente a mantenere “quieto” il suo governo. vio fiscale particolarmente sentito dai ceti Né meriti sufficienti gli acquista il tentativo, meno abbienti. Il Boccanegra cerca di rior- peraltro fortunato, di rafforzare la sicurez- dinare il debito pubblico, che a Genova za e la potenza delle colonie genovesi in sfiorava allora i tre milioni ed era compen- Oriente, difendendo le basi in Crimea se- sato con interessi fissi varianti dal 6 al 10 riamente minacciate dai Turchi. A partire per cento.15 Consolida in un unico monte dal 1342 il doge unisce le forze genovesi a tutti i debiti preesistenti e, forte del succes- quelle veneziane per combattere i tartari di so della rivoluzione, attua una misura che, Gianibek, imperatore del Kipcak, che han- frequente presso altre città in situazioni no assalito i commercianti genovesi e ve- d’emergenza, per la Genova di allora è neziani di Tana e nel 1344 pongono l’asse- un’ardita innovazione: disconoscendo gli dio a Caffa, la più importante colonia geno- originari impegni statuali verso i rispar- vese sul Mar Nero. Con l’aiuto della Sere- miatori, egli ripudia quasi i due terzi del de- nissima i genovesi costringono i tartari a ri- bito in interessi, lasciando tuttavia integro tirarsi e Boccanegra può cosi ricevere in il capitale nominale. Ma il risparmio è dra- patria un inviato dell’imperatore Gianibek sticamente colpito con un secondo provve- venuto a chiedere la pace. dimento: al tasso d’interesse rigido è sosti- Ma il brillante successo non attenua le ten- tuito quello variabile, ovvero si lega l’entità sioni interne. Se i nobili non hanno mai de- del compenso per il capitale sborsato al sistito dall’ostacolarlo, ora anche molti po- reale gettito dell’imposta assegnata ai com- polari gli rimproverano il governo sempre

181 più assoluto e lo sperpero del denaro pub- è ricordato, il doge ha dato in sposa la figlia blico impiegato nel mantenimento del suo Maddalena al già citato Luchinetto Viscon- esercito personale – assoldato allo scopo di ti, figlio di Luchino, costretto a fuggire dal reprimere le frequenti congiure e gli attac- Milanese per l’ostilità dei congiunti Bar- chi dei nobili fuoriusciti – e nel lusso della nabò e Galeazzo, che lo consideravano un corte sfarzosa di cui ama circondarsi16. Per- impostore e non riconoscevano le sue pre- duto l’appoggio dei popolari, all’inizio del tese all’eredità paterna. Con Venezia, inve- dicembre 1344, il doge tenta un accordo ce, il doge cerca di appianare ogni diver- con i nobili fuoriusciti, promettendo di genza. Nello sforzo di unire in lega le due riammetterli al governo della repubblica. repubbliche contro il pericolo turco, acco- Ma l’accordo non è raggiunto poiché Simo- glie dunque l’invito di Petrarca, adoperato- ne rifiuta di allontanare dalla città i merce- si nelle trattative – è suo il “messaggio” che nari al suo servizio. Dopo questo insucces- “per Venezia / supplica pace” ricordato so, convoca il popolo e, ricordate le proprie nella grandiosa scena del Consiglio, inseri- benemerenze verso la città e difeso il suo ta da Boito nella riedizione dell’opera ver- operato, abbandona spontaneamente il po- diana del 1881. Ma la morte gli impedisce tere, imbarcandosi alla volta di Pisa con più di portare a termine questo grandioso pro- di 100.000 fiorini d’oro17. getto che aveva l’appoggio dell’imperatore La sua uscita dalla scena non è tuttavia de- d’Oriente e del papa. Nel marzo del 1363, finitiva. L’elezione di un nuovo doge, infat- mentre la nobiltà congiura contro di lui e il ti, aggrava le contese, nelle quali si insinua popolo comincia a rinfacciargli gli stessi di- come arbitro Luchino Visconti, il signore di fetti del primo dogado – l’avidità, il nepoti- Milano. Dopo il dogado di Giovanni di smo, le spese eccessive –, Simone Boccane- Murta – importante per la spedizione d’O- gra muore improvvisamente, avvelenato riente che porta alla conquista di Scio –, la secondo la voce di tutti gli annali e le cro- riaccesa guerra con i veneziani e con i ca- nache genovesi, dopo aver partecipato ad talani e l’acuirsi delle lotte intestine nel un banchetto in onore del re di Cipro, Pie- 1353 inducono i genovesi ad affidare la si- tro Lusignano, in casa del nobile genovese gnoria della città all’arcivescovo di Milano Pietro Marocello. Giovanni Visconti. I rapporti di Simone Il prestigioso titolo dogale e il nuovo regi- Boccanegra con i Visconti non sono affatto me popolare non attenueranno lo stato di chiari. Dal suo esilio pisano forse ne sostie- perpetua belligeranza della vita politica ge- ne i tentativi: un appoggio che secondo il novese. Anzi, la nuova classe dirigente, cronista milanese Pietro Azario gli avrebbe strutturata anch’essa in potenti clan fami- fruttato ingenti somme di denaro. Oppure – liari e consorterie, sarà più divisa e faziosa come risulta dalle cronache genovesi che della vecchia aristocrazia, che esclusa dal- non accennano a tal gesto infamante – è il la suprema autorità, ma non, dopo un pri- Visconti a rivolgersi a lui nel tentativo di mo momento – quello appunto del doge placare il malcontento genovese nei con- Boccanegra –, dalle missioni diplomatiche fronti di Milano. È evidente però che appe- e dalle cariche militari e navali, con il suo na rientrato in Genova, il Boccanegra si torbido parteggiare aggraverà le contese unisce ai popolari nella rivolta antiviscon- già durissime tra i nuovi governanti. A Ge- tea. Il presidio milanese è cacciato dalla nova l’instabilità più violenta continuerà città il 14 novembre 1356 e il giorno se- ad essere la cifra costante della vita pubbli- guente Simone Boccanegra è acclamato do- ca. Al grido di “vivant populus et mercato- ge per la seconda volta. res et vivat dux”, Simone Boccanegra era Il suo governo è caratterizzato dalla stre- stato eletto “doge perpetuo”. Ma dei sedici nua ripresa della politica antinobiliare e dogi, che nel corso del Trecento si avvicen- dall’antagonismo con i Visconti, in cui alle dano dopo di lui nella massima dignità, so- ragioni politiche si mescolano risentimenti lo tre muoiono in carica. Gli altri o abdica- e motivi di inimicizia familiare. Come già si no o sono deposti in modo violento.18 Come

182 scriveva alcuni secoli dopo Andrea Spino- NOTE la, i Genovesi erano “fattiosi di natura”.19 In 1 questo gioco politico sostanzialmente aper- G. CANALE, Simonino Boccanegra, Capolago 1833. 2 G. MAZZINI, Epistolario, Firenze 1902, I, pp. 267–268. to un regime politico di natura autoritaria Nella lettera alla madre del 10 agosto 1834, Mazzini, stenta ad affermarsi in modo continuato. esule a Losanna, osservava che i due cori avevano «as- sai del bello», quello «soprattutto, che intuona un canto di guerra, contrastando con un coro tutto di pace ... ri- vela ingegno». 3 G. CANALE, Simonino Boccanegra, p. 148. 4 Ibid., p. 29. 5 Ibid., pp. 38–39. 6 Ibid., p. 54. 7 Ibid., p.50. 8 D. PUCCINI, Il «Simon Boccanegra» di Antonio Garcia Gutierrez e l’opera di Giuseppe Verdi, in «Studi Verdia- ni», III (1985), p. 123. 9 J. BUDDEN, Le opere di Verdi, Torino 1985, I, p. 30. 10 G. VILLANI, Cronaca, a c. di F.G. DRAGOMANNI, Milano 1849, l. XI, cap. CII. 11 G. ORTALLI, Il travaglio d’una definizione. sviluppi medievali del dogado, in I Dogi, a c. di G. BENZONI, Mi- lano 1982, pp. 13– 44. 12 Cfr. G. AIRALDI, Genova e la Liguria nel Medioevo, in Id. e A.M. PATRONE, Comuni e signorie nell’Italia settentrionale: il Piemonte e la Liguria, Torino 1986. 13 Ibid. 14 P.F. SCRIBANIS, Simone Boccanegra, in G. GRILLO, Elo- gi di liguri illustri, Genova 1864, I, pp. 132-137. 15 Ibid., p. 464. 16 G. BALBI, Simone Boccanegra, in Dizionario Biogra- fico degli Italiani, sub voce. 17 G. VILLANI, Cronaca, l. XI, cap. CXII. 18 L. LEVATI, I dogi perpetui di Genova, Genova 1928. 19 O. RAGGIO, Faide e parentele. Lo stato genovese visto dalla Fontanabuona, Torino 1990, p. XII. Lo Spinola scrive intorno al 1620.

183 Foto delle prove di Simon Boccanegra. Regia di Elio De Capitani. Venezia, PalaFenice, gennaio 2001.

184 INTERVISTA A ELIO DE CAPITANI a cura di CARMELO DI GENNARO

Elio De Capitani, firmando la messa in sce- no in luce un sentimento, tipicamente bor- na del Simon Boccanegra fai il tuo esordio ghese, lo ripeto, del possesso assoluto e tota- come regista su di un palcoscenico lirico. lizzante del corpo femminile. Tra l’altro, hai lavorato su una delle più belle e problematiche opere di Giuseppe Nel tuo lavoro come regista di prosa, al- Verdi; quali sono ora, a lavoro concluso, le l’Elfo, hai sempre dimostrato una passione tue sensazioni a proposito di questa espe- teatrale strettamente legata a una passione rienza? civile, per un teatro insomma che fosse an- che “politico”, nel senso nobile del termine. La scoperta più interessante che ho fatto è Credo che in Verdi, e soprattutto nel Simo- quella del Verdi regista. Sì, perché il compo- ne, tu abbia ritrovato questi temi, cari alla sitore ha un’idea molto precisa della regia, tua poetica di regista… ed ha costruito lo spettacolo pensando non In quest’opera c’è un Verdi politico molto solo alla fattura musicale, ma anche alla evidente, ma già pessimista, che alza un struttura drammaturgica del testo (mi rife- canto nella speranza di ritrovare un’armo- risco soprattutto alla versione del 1881, nia, anche politica. Nella festa del Doge quella che mettiamo in scena). Non credo (versione 1857), l’inno era un semplice in- che il teatro dell’epoca, quella di prosa in- no di lode al nuovo potente, nella versione tendo, fosse così avanzato dal punto di vista 1881, il musicista sembra amareggiato da della costruzione drammaturgica. Basta ri- un Risorgimento che non avrebbe dato – ed cordare qualche particolare: Simone, per è un problema ancora attuale – un’unità esempio, è un protagonista che non ha am- reale tra popolo e classe dirigente, i cui di- pi momenti solistici, non ha arie vere e pro- fetti Verdi squaderna in maniera incontro- prie, eppure è sempre al centro della scena, vertibile. Infatti, per bocca di Simone (al anche nei pensieri degli altri personaggi. quale credo sia possibile, senza fare del fa- Oppure, si pensi ai concertati: là dentro ci cile psicologismo, regalare qualche tratto sono voci diverse, ma non solo dal punto di del Verdi uomo), il musicista condanna al- vista timbrico. Ciascuno dei personaggi lo stesso tempo le classi dirigenti, i potenti, espone un personale modo di intendere le ma anche il popolo. Simone, come farà Yth- cose, la vita, gli affetti, la morte. Tornando a zak Rabin molti anni dopo di lui, dice che la Simone, va aggiunto che si tratta di perso- pace va fatta con i nemici, ossia con il pa- naggio sfaccettato, che contiene in sé molte dre della donna che lui ha rapito. Per tale pulsioni; tra l’altro, c’è un tema, che possia- ragione, quando Simone muore – e il coro mo definire come “borghesemente ottocen- intona «No! Boccanegra!» – ho voluto che il tesco”, ruotante attorno al problema della coro non fosse fuori scena, ma entrasse in verginità. Quella macchia, quel lieve e in- palcoscenico, e contemplasse il corpo del confessabile sospetto che tocca l’onore di Doge con incredulità e rammarico, come se Maria, e che tocca anche Maria/Amelia, è si rendesse conto solo in quel momento una vera ossessione per tutti i personaggi dell’occasione che è andata perduta, ossia maschili, da Fiesco a Simone, i quali metto- quella di sedare i conflitti e ritrovare l’ar-

185 monia, obiettivo che Boccanegra aveva ziare il “liricamente privato” in Simone, ri- perseguito per oltre venticinque anni. spetto al lato “politico” che lo domina, vo- lente o nolente. Cosa vedremo sulla scena, ossia che tipo di scenografia avete immaginato tu e Carlo Continui a mettere in evidenza, dunque, la Sala, autore di scene e costumi? scottante attualità dei contenuti di quest’o- Il contraltare alla tematica politica, che è pera, sia dal punto di vista politico, sia dal così visibile nella scena del Consiglio e nei punto di vista dello scandaglio dei senti- momenti iniziali dell’opera, dominati dal menti… personaggio di Paolo Albiani (il vero politi- Non c’è una pedissequa cronaca politica, co moderno, un personaggio bellissimo, nel Simone, ma c’è la descrizione di una so- quasi scespiriano, un uomo che cerca l’a- cietà che ricorda moltissimo quella di oggi. scesa sociale, anche a prezzo della corru- Dal 1945 ad oggi abbiamo fatto grandi cose, zione; senza di lui, tra l’altro, Genova non abbiamo sconfitto il fascismo, abbiamo co- avrebbe avuto Boccanegra come Doge), è struito un paese per molti versi moderno, l’incubo di Simone a proposito della morte ma non siamo ancora riusciti a creare una di Maria. L’avventura inizia con lei che società che condivida una cultura comune. muore, senza che Simone possa redimerne Quello di Verdi non è solo un inno alla fra- la vita, le scelte, ossia senza averle fatto ot- ternità, ripeto, ma anche un atto d’accusa, a tenere il perdono del padre. Ora, il caso ha patrizi e popolo incapaci di costruire una voluto che noi (io e Carlo Sala, che mi ha nazione e una cultura comune, nazionale. proposto quest’idea, alla quale ho aderito con entusiasmo) si sia individuato il monu- È anche per questo motivo, dunque, che hai mento funebre che Arrigo VII, venuto a Ge- deciso di abbigliare i personaggi dell’opera nova, commissionò a Giovanni Pisano pro- in fogge moderne? prio in memoria della giovane moglie, de- Non volevo assolutamente attualizzare l’o- ceduta a causa della peste. Il matrimonio di pera, come dicevo prima non ce n’è assolu- Arrigo era un matrimonio d’amore, non tamente bisogno, è un’opera moderna per- d’interesse (circostanza allora rarissima a sino nelle parti che sembrano più conven- quei livelli sociali), e questa commissione – zionali, permettendo tali e tante possibilità l’anima della moglie sorretta da due angeli di recitazione ai personaggi che all’inizio che si distacca dal corpo – ha valenza pri- nemmeno io sospettavo. L’ho fatto sempli- vatissima, quella di commemorare un do- cemente per togliere il consueto apparato lore intimo. C’è piaciuto immaginare, dun- scenico che ci fa percepire il Simone come que, questa effigie sempre presente nella vicenda di un’altra epoca, di un altro mon- vita e nelle azioni di Simone, il quale accet- do. Ho voluto permettere a tutti di guardar- ta un incarico pubblico pur nella consape- lo con un altro occhio, non avendo sotto il volezza che per lui, dal punto di vista pri- naso una lontananza che fa sembrare che vato, tutto è finito, non ha quasi più senso; si stia parlando di altre epoche. Il mio non tra l’altro, i frammenti della sua vita dimi- è uno sforzo per attualizzare l’opera, lo vor- diata si rinsalderanno solo alla fine, quan- rei ribadire con forza. La mia regia certa- do dovrà morire. In questo Verdi si dimo- mente pone lo sguardo sulla società odier- stra amarissimo e beffardo, poiché la spe- na, ma secondo un’angolatura che io, come ranza e la gioia si mischiano alla morte, al- artista, sento; ossia, la circostanza che an- la fine di tutto. L’invocazione finale di Si- cora oggi si faccia teatro, si faccia cultura, mone a Maria, che sovente il pubblico in- senza sapere bene per chi la si faccia. Biso- tende come un appello alla figlia e che in- gna ogni volta costruirsi un pubblico diver- vece è rivolta alla moglie, sottolinea la sod- so, inventarsi delle situazioni, dato che an- disfazione di un uomo in punto di morte, cora non è chiaro quali siano le autentiche che però ha almeno ottenuto la pace. Dun- basi della nostra cultura nazionale; non ab- que, questa statua ha il compito di eviden- biamo nemmeno – tanto per fare un esem-

186 pio – una legge sul teatro, non che questa co, della regia. sia così importante, ma è un indice del fat- to che la cultura importa poco a chi ci go- Che funzione hanno, nella tua messa in verna. Quindi quell’invettiva di Verdi, alla scena, i video? quale facevo accenno sopra, centoventi an- Assolvono la funzione di costruire, assieme ni dopo ha ancora senso. Il meccanismo alle luci, una scenografia che evochi i luo- della politica, vissuta come abile gioco da ghi, gli ambienti, senza essere pedante- Paolo, è oggi sceso a un livello veramente mente realistica. Tra l’altro, i video ci sono infimo; ciò non significa evitare i compro- serviti per rendere l’idea della natura am- messi, o illudersi di non considerare la po- bivalente del mare, quel mare al quale Si- litica come luogo di scambio di favori, si- mone anela come refrigerio prima di mori- gnifica però poter esercitare l’arte della re, ma che è anche un luogo torbido, scuro. mediazione con ogni mezzo a un livello al- Un’immagine ripresa da Francesco Fron- to, talvolta persino nobile. C’è un altro gia (che ha appunto curato la parte video) è aspetto bellissimo di Simone che vorrei sot- riuscita a incarnare la potenza negativa del tolineare: egli, pur avendo preso il potere mare (che potrebbe essere, in senso trasla- grazie alle manovre di Paolo, alla fine non to, anche quella del bicchiere d’acqua avve- accetta lo scambio, non rispetta il bieco pat- lenato fatto bere a Simone), un’acqua che to di potere non solo per motivi privati, cer- invita a una immersione da suicidio. C’è un to, ma anche perché ha appreso la ragion di unico momento che, così come nell’opera è stato. diverso, è radicalmente differente anche nei video, ossia quando Amelia, nel primo Ti sei fatto guidare, nel preparare questa atto, canta uno stranissimo sogno di fiori tua regia, maggiormente dalla musica o dal sull’acqua; questo è l’unico momento a co- libretto? lori del nostro spettacolo, che altrimenti si Il libretto, che è scritto certamente in ma- mantiene sempre su toni in bianco e nero, niera molto intelligente, però non può gui- proprio perché lì anche la musica è a colo- darti per la messa in scena. È la musica che ri. Un’opera, insomma, che ha grande si- si assume questo compito. Verdi non si li- gnificato fare oggi; tra l’altro sono rimasto mita a mettere in musica il libretto, bensì fortemente impressionato dai cantanti, che diventa autore della drammaturgia con la si sono impegnati anche nella recitazione musica. La cosa straordinaria di Verdi è in maniera totale, dandomi soverchia at- questa: quello che non c’è nel libretto sono tenzione, e disponibilità a cogliere ogni mio i pensieri, i quali invece sono tutti contenu- suggerimento. ti nella musica. La continua frammenta- rietà narrativa di questo incredibile melo- dramma è dovuta al fatto che la musica de- scrive i pensieri, anche solo con tre note, con una piccola frase. Questa è una cosa fantastica, una sorta di continuo sottotesto, che ti soccorre nel costruire una regia. Per esempio il libretto, talvolta, è un po’ noioso, nella sua pedanteria ritmata, mentre la musica non lo è mai, assolutamente. Verdi ha fatto, lo ripeto, una drammaturgia che è regia; una regia che non è però un’indica- zione dei movimenti scenici, quanto piutto- sto una continua sottolineatura dei pensie- ri, delle emozioni intime dei personaggi. Per me è stato esaltante lavorare su di un autore con una simile idea del palcosceni-

187 SIMON BOCCANEGRA ALLA FENICE

Simon Boccanegra. Forniture scenografiche Ercole Sormani, Milano e regia di Augusto Cardi. Venezia, Teatro La Fenice, gennaio 1950. (Archivio Storico del Teatro La Fenice).

188 Simon Boccanegra. Scene di Enzo Deho e regia di Renzo Frusca. Venezia, Teatro La Fenice, 1964. (Archivio Storico del Teatro La Fenice).

189 Simon Boccanegra. Scene e costumi di Mischa Scandella, regia di Sandro Bolchi. Venezia, Teatro La Fenice, 1970. (Archivio Storico del Teatro La Fenice).

190 Simon Boccanegra. Scene e costumi di Enrico Frigerio, regia di Giorgio Strehler. Venezia, Teatro La Fenice, 1981. (Archivio Storico del Teatro La Fenice).

191 Pier’Alli, bozzetti per Simon Boccanegra. Venezia, Teatro La Fenice, luglio 1991. (Archivio Storico del Teatro La Fenice). 192 Simon Boccanegra. Scene, costumi e regia di Pier’Alli. Venezia, Teatro La Fenice, luglio 1991. (Archivio Storico del Teatro La Fenice).

193 Giuseppe Verdi. (1843).

194 GIUSEPPE VERDI a cura di MIRKO SCHIPILLITI

O le opere pei cantanti, o i cantanti per le Iniziati precocemente gli studi musicali opere.1 con Don Pietro Baistrocchi, organista e maestro elementare alle Roncole, dispone Amo l’arte quand’è rappresentata degna- già di una spinetta,8 regalatagli per la pre- mente. […] Ah il mio cuore, il mio istinto se dilezione dimostrata verso la musica, come volete, mi dice sempre la verità: nelle cose testimonia l’iscrizione dell’artigiano Stefa- un po’ incerte lo interrogo, e mi risponde no Cavalletti che riparò gratuitamente lo giusto.2 strumento:

L’arte che manca di spontaneità, di natura- La buona disposizione che ha il giovinetto lezza e di semplicità non è più arte.3 Giuseppe Verdi d’imparare a suonare que- sto strumento. Conviene inoltre che gli artisti cantino non a loro modo, ma al mio; che le masse, che Chierichetto, durante le funzioni si distrae pure hanno molta capacità, abbiano altret- ascoltando l’organo.9 tanto buon volere; che infine tutto dipenda da me; che una volontà sola domini tutto: la 1822 mia. Ciò vi parrà un po’ tirannico… ed è Alla morte di Baistrocchi, Verdi gli succede forse vero; ma se l’opera è di getto, l’idea è negli incarichi musicali alle funzioni reli- una, e tutto deve concorrere a formare que- giose, venendo presto soprannominato st’uno. […] Io credo all’ispirazione.4 “maestrino delle Roncole”. Intanto canta nel coro di Madonna dei Prati e si reca pe- GIUSEPPE VERDI riodicamente a Busseto per le lezioni di musica con Lorenzo Gagliardi. 1813 Giuseppe Fortunino Francesco Verdi nasce 1823 il 10 ottobre5 alle Roncole,6 frazione del co- Iscritto al ginnasio gesuita riceverà una mune di Busseto nel ducato di Parma, figlio formazione umanistica; in adolescenza di- di Carlo Verdi (1785-1867), gestore di un’o- venterà un lettore assiduo. Intanto, forse steria rivendita di vini, e Luigia Uttini contrariato dal padre, studia composizione (1787-1851), sposi dal 1812. Sia i nonni pa- e contrappunto col maestro di cappella terni che materni erano osti, di origini risa- operista Ferdinando Provesi, organista alla lenti a famiglie di contadini e commercian- cattedrale di Busseto e direttore della scuo- ti insediatesi nel ’700 presso Parma. Grazie la di musica municipale. alla madre riesce a scampare all’invasione delle truppe austriache.7 Ha una sorella di 1828 tre anni più giovane, Giuseppa Francesca, Rimane a Busseto, dove fino al 1832 com- mentalmente ritardata per aver contratto porrà prevalentemente musica vocale (fra una meningite, morta a 16 anni nel 1833. cui le cantate I deliri di Saul e Le lamenta- 1821 zioni di Geremia), pezzi per la locale So-

195 cietà filarmonica:10 marce, sinfonie (brani unici in un movimento), concertati, e una L’aria per due tenori e orchestra Ch’io la nuova Sinfonia per Il barbiere di Siviglia di vidi è fra le prime composizioni di Verdi Rossini. Si tratta di prime esperienze che pervenuteci. Verdi non ricorderà con piacere, conside- randole in seguito «una farragine di pezzi»: 1834 nel 1895 ne distruggerà i manoscritti.11 L’ambiente più aperto di Milano amplia molto le prospettive creative di Verdi, che 1831 frequenta la Società Filarmonica diretta da Ormai al centro della vita musicale cittadi- Pietro Massini, partecipando come diretto- na, viene ospitato nella casa di Antonio Ba- re d’orchestra e maestro al cembalo alla rezzi, presidente della Società filarmonica Creazione di Haydn. Massini procura a di Busseto, mecenate, musicista dilettante e Verdi anche un libretto d’opera, che il com- commerciante, che ammira il talento di positore porta con sé a Busseto, insieme al- Verdi con affetto quasi paterno. Il giovane la promessa di una rappresentazione al Giuseppe, conosce così sua figlia Margheri- Teatro dei Filodrammatici di Milano. Con ta Barezzi, coetanea alla quale impartisce la morte di Provesi, aspira a diventare suo lezioni di canto e pianoforte, futura prima successore, ma il posto di organista alla moglie. Barezzi finanzierà gli studi musica- cattedrale di Busseto,15 nonostante le rimo- li di Verdi in assenza della borsa di studio stranze e gli scontri con le autorità, non gli che il Monte di pietà di Busseto gli conce- viene assegnato, né quello della collegiata. derà solo a partire dal 1833.12 Dovrà rinunciare anche a quello nella cat- tedrale di Monza. 1832 Viene bocciato all’esame di ammissione al 1836 Conservatorio di Milano, non solo per ra- Esaminato da Giuseppe Alinovi,16 viene gioni musicali (scorretta impostazione pia- nominato per nove anni insegnante di can- nistica e immatura conoscenza del con- to, clavicembalo, pianoforte, organo, con- trappunto), ma soprattutto per le iscrizioni trappunto e composizione alla scuola di allora in soprannumero, il superamento musica di Busseto, stipendiato esiguamen- del limite d’età di 18 anni e la provenienza te dal comune con 657 lire annue. Partecipa da fuori provincia. Consigliato dal violini- alle accademie locali (talvolta a casa di Ba- sta , membro della com- rezzi), dove vengono eseguite sue composi- missione esaminatrice, “capo d’orchestra” zioni da camera sia strumentali che vocali, alla Scala e amico di Barezzi, studierà per fra cui un Tantum ergo per voce e organo; tre anni da Vincenzo Lavigna,13 con cui fra queste anche alcuni cori a tre voci per le analizzerà partiture (fra cui Don Giovanni tragedie di Manzoni e Il 5 Maggio per voce di Mozart con studio accanito) e dal quale sola. Si sposa con Margherita Barezzi verrà spinto a frequentare concerti e spetta- (1814-1840). Avranno due figli: Virginia coli: Maria Luigia, nata nel 1837 e Icilio Romano Carlo Antonio, nato nel 1838. Entrambi Studiai con lui fino al 1835. Lavigna era for- moriranno prematuramente nel 1838 e nel tissimo nel contrappunto, qualché poco pe- 1839. dante e non vedeva altra musica che quella di Paisiello! […] Nei tre anni passati con lui 1839 non ho visto che canoni e fughe, e fughe e Grazie all’aiuto di Massini e all’intermedia- canoni in tutte le salse. Nissuno mi ha inse- zione di Vincenzo Merighi, primo violon- gnato l’istrumentazione ed il modo di trat- cello alla Scala, Verdi viene presentato a tare la musica drammatica. Ecco cosa fu Bartolomeo Merelli, impresario del teatro Lavigna. […] era dotto ed io vorrei che fos- milanese, che gli promette di rappresenta- sero tutti così i maestri insegnanti.14 re una sua opera in occasione delle recite

196 che la Scala organizzava in beneficenza per periodo difficile, che dopo la perdita dei il Pio Istituto Teatrale di Milano.17 Si trasfe- due figlioletti e alcuni problemi di salute, risce a Milano con la famiglia, conscio del- accorpa ora l’insuccesso teatrale alla morte l’importanza di uscire dal ristretto circolo della moglie Margherita, pochi mesi prima, bussetano. A Barezzi, sempre suo finanzia- portandolo al diniego per la composizio- tore, scrive: ne.20 Solo l’astuzia di Merelli lo riavvicina alla musica con la realizzazione di una Lei sa a che siano rivolte le mie mire e le nuova opera: Nabucodonosor, titolo abbre- mie speranze. Non certamente la speranza viato in Nabucco. Giulio Ricordi ricostruì di accumulare ricchezze, ma quella di esse- insieme al compositore il celebre episodio re qualche cosa fra gli uomini e di non es- in cui Verdi torna a comporre, nel racconto sere inutile arnese come tanti altri. autobiografico in Vita aneddotica di Giu- seppe Verdi di Arthur Pougin: Dopo la pubblicazione di una raccolta di Sei romanze per canto e piano presso l’edi- Ero sfiduciato, né più pensavo alla musi- tore milanese Canti nel 1838 (che ora pub- ca, quando una sera d’inverno […] m’im- blica altri tre brani), Verdi viene chiamato batto in Merelli […]: «Vedi, ecco qui il da Merelli per inserire la sua opera nella libretto di Solera! Un così bell’argomento, stagione della Scala: e rifiutarlo!…Prendi…leggilo!» […] Rinca- sai e con un gesto quasi violento, gettai il Era una bella offerta: giovine, sconosciuto, manoscritto sul tavolo, fermandomi ritto mi imbattevo in un impresario che osava in piedi davanti. Il fascicolo cadendo sul mettere in scena un nuovo lavoro senza do- tavolo stesso si era aperto; senza saper mandarmi indennizzo di sorta, indennizzo come, i miei occhi fissano la pagina che che del resto sarei stato nell’impossibilità stava a me innanzi, e mi si affaccia que- di dare. Merelli, arrischiando del suo tutte sto verso: Va, pensiero, sull’ali dorate. le spese di messa in scena, mi propose sol- Scorro i versi seguenti e ne ricevo una tanto di dividere per metà quella somma grande impressione, tanto più che erano che avrei preso, se in caso di successo aves- quasi una parafrasi della Bibbia, nella cui si venduta l’opera. Né si creda che con ciò lettura mi dilettavo sempre. Leggo un bra- mi facesse proposta onerosa: era l’opera di no, ne leggo due: poi, fermo nel proposito un principiante. di non scrivere, faccio forza a me stesso, chiudo il fascicolo e me ne vado a let- Il 17 novembre debutta felicemente alla to!…Ma sì…Nabucco mi trottava nel Scala con Oberto, conte di San Bonifacio,18 capo!…Il sonno non veniva: mi alzo e leg- opera in due atti su libretto di Temistocle go il libretto, non una volta, ma due, ma Solera, dall’originale di Antonio Piazza of- tre, tanto che al mattino si può dire ch’io fertogli da Massini, con apporti dello stesso sapeva a memoria tutto quanto il libretto Verdi e di Merelli. Nel cast canta Giuseppi- del Solera. Con tutto ciò non mi sentivo di na Strepponi (1815-1897),19 futura compa- recedere dal mio proposito, e nella gior- gna e moglie di Verdi, fra i primi suoi soste- nata ritorno al teatro e restituisco il mano- nitori, avendo insistito per la rappresenta- scritto a Merelli. […] Ritornai a casa col zione dell’opera. Merelli procura tre nuovi Nabucco in tasca: un giorno un verso, un incarichi. giorno l’altro, una volta una nota, un’altra volta una frase…a poco a poco l’opera fu 1840 composta.21 Sul libretto Il finto Stanislao di Felice Ro- mani, la seconda opera di Verdi è la com- Iniziano gli anni di intensissima attività in media Un giorno di regno, un fiasco alla cui nasceranno alcuni dei suoi più impor- Scala, cadendo dopo una sola recita. Oltre tanti capolavori: all’inadatto soggetto buffo, Verdi viveva un

197 Dal Nabucco in poi non ho avuto, si può Verdi stimava moltissimo anche Bellini: dire, un’ora di quiete. Sedici anni di ga- lera!22 Povero, è vero, nell’armonia e nell’istru- mentazione, ma ricco di sentimento, e di E cominciano anche le ricorrenti polemi- una tinta melanconica tutta sua propria! che con le censure degli stati italiani sotto Anche nelle opere sue meno conosciute, dominio straniero, che volevano frenare nella Straniera, nel Pirata, vi sono melodie ogni incitamento patriottico, specie quando lunghe, lunghe, lunghe, come nissuno ha si osservò che le opere di Verdi lasciavano fatto prima di Lui. E quanta verità e poten- emergere negli ascoltatori sentimenti poli- za di declamazione come nel duetto tra Pol- tici latenti. lione e Norma! E quanta altezza di pensiero nella prima frase dell’Introduzione di Nor- 1842 ma; seguita dopo poche battute da un’altra In scena alla Scala in primavera, Nabucco frase, male istromentata, ma che nissuno (dove canta ancora la Strepponi), libretto di ha mai fatto altra più celestiale! Temistocle Solera, è il primo grande suc- cesso di Verdi, con 57 repliche in autunno e 1843 una serie di rappresentazioni in Europa e Su libretto di Solera alla Scala va in scena I America fino al 1851.23 Con le successive lombardi alla prima crociata, dal poema di sei opere (da I lombardi ad Attila) Verdi si Tommaso Grossi. È un trionfo, tuttavia non assicurerà solide basi economiche, ricom- confermato alla Fenice di Venezia («Un pensato anche dall’ampio consenso popo- gran fiasco, uno di quei fiaschi veramente lare. Sia per Nabucco che per Un giorno di classici»). regno riceve 4000 lire, oltre alle 2500 per la vendita dei diritti all’editore Ricordi (tanto 1844 quanto era stata pagata Norma di Bellini). Il Conte Mocenigo, presidente degli spetta- Casa Ricordi diventerà in poco più di qua- coli al Teatro La Fenice di Venezia (città rant’anni l’editore di tutte le sue opere.24 A «bella, è poetica, è divina, ma…io non ci Milano frequenta il salotto di Giuseppina starei volentieri»27), propone a Verdi una Appiani e quello del poeta Andrea Maffei e nuova opera.28 Per la Fenice, tra i più im- della contessa Clara Spinelli Carrara Maf- portanti palcoscenici europei, concorrente fei, futura grande amica alla quale rimarrà diretto della Scala e del San Carlo, Verdi sempre molto legato, e attraverso cui entra compone Ernani, libretto del muranese in contatto con i movimenti politici con- Francesco Maria Piave (che invece aveva temporanei, aderendo alla causa risorgi- pronto un Cromwell), su soggetto scelto mentale, e con i liberali barone Ricasoli, dallo stesso compositore, da Victor Hugo Gino Capponi, Giuseppe Giusti e Giovanni («Oh, se si potesse fare l’Hernani, sarebbe Battista Niccolini. Nell’alta società milane- una gran bella cosa!»). Le modalità di lavo- se stringe amicizia anche con la Somaglia e ro di Verdi sono peculiari: la contessa Samoyloff.25 A Bologna conosce Rossini in occasione dell’esecuzione del In ciò che riguarda l’istromentazione, io so- suo Stabat Mater diretto da Donizetti: no solito farla incominciate le prove a cem- balo. Io per sistema faccio l’istromentale Sono stato a visitare Rossini il quale mi ha durante le prove a cembalo, e lo spartito accolto assai gentilmente e l’accoglienza non è mai interamente finito che all’anti- mi è parsa sincera. Comunque sia, io sono prova generale.29 stato contentissimo. Quando penso che Ma è soprattutto il rapporto con i librettisti, Rossini è la reputazione mondiale vivente che in una strettissima collaborazione ge- io mi ammazzerei e con me tutti gli imbe- stita dal compositore al fine di assicurare cilli. Oh è una gran cosa essere Rossini.26 una corretta drammaturgia («è bene che poeta e maestro sentano all’unissono!»30),

198 trova fin d’ora un carattere mai più abban- bussetano – l’unico che ebbe Verdi – Ema- donato: nuele Muzio (1825-1890).33 Lavora assi- duamente per le repliche dei Lombardi alla Il Sig. Piave non ha mai scritto, e quindi è prima crociata. A Roma, al Teatro Argenti- naturale che in queste cose manchi. […] na, viene rappresentata I due Foscari con Per quanta poca esperienza io mi possa un certo successo. Donizetti, ascoltata l’o- avere, vado nonostante in teatro tutto l’an- pera, scrive: no, e sto attento moltissimo: ho toccato con mano che tante composizioni non sarebbe- Verdi ha grande ingegno. Manca di fantasia ro cadute se vi fossero state miglior distri- per trovare la prima battuta di un pezzo; buzione dei pezzi, meglio calcolati gli effet- una volta trovata, però, va avanti divina- ti, più chiare le forme musicali… insomma mente. Egli farà dei voli rapidi. A mio vede- se vi fosse stato maggior esperienza sì nel re andrà avanti assai. Io aveva ragione di poeta che nel maestro. Tante volte un reci- dire che Verdi avea talento! E sì i Due Fo- tativo troppo lungo, una frase, una senten- scari non formano il suo bello che a lam- za che sarebbe bellissima in un libro, ed pi… Invidia a parte, ché non lo conosco, è anche in un dramma recitato, fan ridere in l’uomo che brillerà. un dramma cantato.31 All’intenso lavoro di compositore si affian- In questo genere di composizioni non c’è cano frequenti disturbi di salute, allo sto- effetto se non c’è azione, quindi parole sem- maco (gastrite) e alla gola, nonché alcuni pre meno che si può. […] In quanto alla du- momenti di depressione. Inizia la stesura rata dei pezzi, la brevità non è mai un difet- dei Copialettere, riportanti le bozze di mol- to. […] Se Ella darà un’occhiata ai libretti te lettere, curando così con estrema atten- da me musicati vedrà che sono trattati con zione la propria corrispondenza. Acquista i tutte le libertà e senza essere rispettate le primi poderi intorno a Busseto. solite convenienze. Qualche volta per ve- rità ardisco fare alcune operazioni, ma que- 1845 sto lo faccio per l’effetto generale della cosa Dopo gli attriti con Merelli a causa della ma non mai per me, perché scrivere un scarsa attenzione agli allestimenti della Sca- duetto e un’aria o su un metro o sull’altro la, con un mal realizzato ma felicemente ap- per me è l’istessa cosa. Le raccomando la plaudito debutto di Giovanna d’Arco (libret- brevità perché questa è voluta dal pubbli- to di Solera da Schiller), per 24 anni Verdi co.32 non concederà più prime esecuzioni delle proprie opere al teatro milanese. Alzira (li- Il 9 marzo Ernani alla Fenice è subito uno bretto di Salvatore Cammarano dal dramma storico grande successo (nonostante la non di Voltaire) va in scena al San Carlo di Na- buona esecuzione), rappresentando anche poli con successo, ma sarà un fiasco alla il primo legame con gli ideali risorgimenta- Scala nel 1847. A Busseto acquista Palazzo li attribuito a Verdi. Il giornale veneziano Dordoni, dove si stabilirà dal 1849, e la tenu- «Il Gondoliere» riporta che ta di Sant’Agata, dove vivrà dal 1851. Aveva iniziato presto ad arricchirsi economica- Le ultime sue note inebbriarono, ben quat- mente. Dopo Un giorno di regno e Nabucco, tro volte, gli animi sin de’ gravi aristarchi e aveva guadagnato 12000 lire per Ernani e delle severe matrone. Negli atrii, nelle vie, per I Lombardi, 18000 sia per Attila che per nelle sale, nei geniali convegni stanno sul Macbeth, in seguito 20000 franchi per I Ma- labbro di tutti i nuovi canti… La musica è snadieri a Londra e 5000 franchi per Jerusa- sparsa di soavi melodie, di eletti accordi, di lem a Parigi più 8700 per i diritti di pubbli- splendida istrumentazione. cazione e rappresentazione. Si preparano le traduzioni francesi dei Lombardi, Ernani e Suo assistente e copista diventa l’allievo Nabucco; Il finto Stanislao viene accolto be-

199 ne al Teatro S. Benedetto di Venezia; giungo- prime Venezia, Padova, Vicenza, Brescia, no proposte per opere a Madrid e San Pietro- Bergamo. A Londra I due Foscari sono un burgo. grande successo («Un successo così straor- dinario non si è mai visto a Londra») come 1846 la nuova opera I Masnadieri, che debutta al La seconda opera di Verdi rappresentata in Her Majesty’s Theatre (libretto di Andrea prima assoluta al Teatro La Fenice di Vene- Maffei da Friedrich Schiller), prima opera zia è Attila (libretto di Temistocle Solera di un italiano di allora composta espressa- dal dramma di Zacharias Werner) con mente per gli inglesi. È a Londra che Verdi qualche dissenso iniziale, ma con i consen- conosce Mazzini. A Parigi segue l’allesti- si della propaganda risorgimentale.34 Verdi mento di Jerusalem, rifacimento dei Lom- si dimostra molto interessato alla ricostru- bardi alla prima crociata. Qui rivede Giu- zione storica, ma anche a certe scelte musi- seppina Strepponi e se ne innamora.36 Ini- cali: zia così la lunga convivenza con la donna che sarà per lui anche prezioso e attento as- [Le bande] non hanno più il prestigio della sistente e consigliere, collaboratrice persi- novità e sono controsensi perpetui, e fra- no nella stesura di alcuni libretti. Con lei – stuoni; poi delle marce io ne ho fatte: una la «Peppina» – risiede a Passy, vicino Parigi. guerriera nel Nabucco, ed un’altra solenne e grave nella Giovanna che non farò mai 1848 più le migliori. E che non si può fare un’o- A Parigi firma una petizione di italiani resi- pera grandiosa senza il frastuono della denti in Francia a favore del governo prov- banda?…E il Guglielmo Tell, ed il Roberto visorio lombardo: è il suo primo gesto poli- il Diavolo non sono grandiose? Pure non tico. I moti rivoluzionari lo richiamano in hanno banda! Ormai la banda è una pro- Italia, partecipe alla vita politica: vincialata da non usarsi più nelle grandi città. Onore a questi prodi! Onore a tutta l’Italia che in questo momento è veramente gran- Attila è un successo anche in altri teatri ita- de! L’ora è suonata, siine pur persuaso, del- liani, da Firenze a Ferrara, Reggio Emilia, la sua liberazione. È il popolo che la vuole: Livorno, Rovigo, Vicenza, Trieste, Cremo- e quando il popolo vuole non avvi potere na. assoluto che le possa resistere. Potranno fa- re, potranno brigare finché vorranno quelli 1847 che vogliono essere a viva forza necessarj Con successo, al Teatro La Pergola di Firen- ma non riesciranno a defraudare i diritti ze debutta Macbeth, su libretto di Piave e An- del popolo. Sì, sì, ancora pochi anni forse drea Maffei tracciato dallo stesso Verdi: pochi mesi e l’Italia sarà libera, una, repub- blicana. Cosa dovrebbe essere? Tu mi parli Eccoti lo schizzo del Macbet. Questa trage- di musica!! Cosa ti passa in corpo?...Tu cre- dia è una delle più grandi creazioni uma- di che io voglia ora occuparmi di note, di ne!… Se non possiamo fare una gran cosa suoni?...Non c’è né ci deve essere una mu- cerchiamo di fare una cosa almeno fuori sica grata alle orecchie delli Italiani del del comune. Lo schizzo è netto: senza con- 1848. La musica del cannone!37 venzione, senza stento, e breve. Ti racco- mando i versi che essi pure siano brevi: Al Teatro Grande di Trieste va in scena Il quanto più saranno brevi e tanto più trove- Corsaro, libretto di Francesco Maria Piave rai effetto… Nei versi ricordati bene che da Byron, ma con esiti disastrosi, sia di non vi deve essere parola inutile: tutto deve pubblico che di critica, cancellato dal car- dire qualche cosa.35 tellone dopo tre recite.

Macbeth fa il giro delle città italiane, fra le 1849

200 Accantonato un progetto per un’opera za: dall’Assedio di Firenze di Guerrazzi, su libretto di Salvatore Cammarano La bat- Per scriver bene occorre poter scrivere ra- taglia di Legnano va in scena al Teatro pidamente, quasi d’un fiato, riservandosi Argentina di Roma, unica opera verdiana poi di accomodare, vestire, ripulire, l’ab- di taglio propagandistico, scritta intera- bozzo generale; senza di che si corre il ri- mente a Parigi durante i moti rivoluzionari schio di produrre un’opera a lunghi inter- a favore della Repubblica romana. Scrive valli con musica a mosaico, priva di stile e su proposta di Mazzini l’inno rivoluziona- di carattere! rio Suona la tromba su testo di G. Mameli. Commenta la situazione politica: Una modalità di lavoro che continuerà a confermare, come ricorderà la Strepponi: Della nostra povera Italia non so cosa dire di consolante! […] Cosa mai sperare da tutti Egli non potrebbe comporre le sue Opere a questi intrighi diplomatici, dal prolunga- pezzi e bocconi, con pause in mezzo. Masti- mento dell’armistizio? […] La Lombardia ca ben bene il soggetto prima di dare mano diventerà un deserto, un cimitero. Dopo si alla musica. Rigoletto, Trovatore, Traviata dirà che la nazione estenuata di tutti i mez- etc. furono scritte in poco tempo, tutte d’un zi, può chiamarsi felice di appartenere al fiato, sotto la sferza di un’attività febbrile.40 paterno governo austriaco. Iddio li benedica […] Che bella Repubblica!38 1851 Muore la madre, mentre i rapporti col pa- È a Napoli con Barezzi per le recite di Lui- dre si fanno difficili. La cosiddetta «trilogia sa Miller al Teatro San Carlo, la nuova ope- popolare verdiana» (Rigoletto-Trovatore- ra che dopo le prime incerte recite acquista Traviata) viene inaugurata felicemente dal successo. A Napoli il lavoro non fu mai fa- successo di Rigoletto al Teatro La Fenice, cile (Verdi critica «l’indegno modo di pro- dopo ripetute modifiche al libretto di Piave cedere»), per i pettegolezzi, gli assilli della e al soggetto di Hugo (che Verdi ammirava) censura, i problemi contrattuali: volute dalla censura austriaca:

I grandi successi sono difficili a Napoli, e Il soggetto è grande, immenso, ed avvi un soprattutto per me. carattere che è una delle più grandi crea- zioni che vanti il teatro di tutti i paesi e di 1850 tutte le epoche.41 Ha in mente molti progetti per Ricordi e per La Fenice. Riceve proposte per soggetti Moltissime le recite a Venezia, l’opera farà shakespeariani come La tempesta e Amle- il giro dei teatri italiani42 ed esteri (Austria, to, meditando anche su un Re Lear. Si con- Germania, Ungheria, Boemia) e rimarrà centra tuttavia su Le roi s’amuse di Victor un punto di riferimento per lo stesso auto- Hugo, per Venezia, e con Piave concorda re: Stiffelio (dalla commedia francese di Emile Souvestre e Bourgeois). Pur con pesanti A me pare che il miglior soggetto in quanto modifiche della censura, Stiffelio viene rap- a effetto che io abbia finora posto in musica presentata al Teatro Grande di Trieste, ma (non intendo parlare affatto sul merito let- con scarsi esiti. Andrà in scena a Firenze, terario e poetico) sia Rigoletto. Vi sono po- Roma e Napoli col nuovo titolo di Gugliel- sizioni potentissime, varietà, brio.43 mo Wellingrode. Sono anni di frenetica at- tività, che a Verdi non risparmiano stress e Intanto vanno e vengono ancora i progetti problemi di salute («Oh se potessi non la- per un Re Lear, mai realizzato, nonostante vorare!»39). Estremamente prolifico, fa del- le trattative con i librettisti Salvatore Cam- la rapidità di scrittura un suo punto di for- marano e Antonio Somma. Insofferente per

201 i pettegolezzi dei bussetani, riparte per Pa- rigi. Trasferisce la sua residenza nella peri- 1852 ferica tenuta di Sant’Agata, dove tuttavia ri- Stipula un contratto con l’Opéra di Parigi, siederà stabilmente solo dal 1857 dopo i sperando in un Re Lear, ma Scribe e Du- frequenti viaggi in Francia: veyrier gli propongono un libretto in realtà già scritto per il Duca d’Alba di Donizetti.47 Io che darei tutto per un po’ di pace e che La scelta cade comunque su un soggetto faccio di tutto per tenerla, non posso rie- italiano, I vespri siciliani. scirvi: ho un bel girare di paese in paese, dalle città rumorose alle campagne quasi 1853 disabitate.44 A Parigi assiste a La signora delle camelie, dramma teatrale di A. Dumas figlio, che Il clima bussetano non gli fu mai gradito: sarà fonte di Traviata. A Rigoletto seguono infatti il Trovatore, acclamato trionfalmen- Un paese che ha il mal vezzo d’intricarsi te al Teatro Apollo di Roma, e Traviata, an- spesso degli affari altrui, e disapprovare cora alla Fenice, inizialmente un insucces- tutto quello che non è conforme alle sue so, ma applaudita l’anno seguente al teatro idee. veneziano di S. Benedetto:

Era ritenuto un “prodotto del posto”, nono- La Traviata, ieri sera, fiasco. La colpa è mia stante i passati scontri:45 o dei cantanti?…Il tempo giudicherà.48

Molti parlando di me van sussurrando una È un soggetto dell’epoca. Un altro forse non frase non so se più ridicola od indegna…: l’avrebbe fatto pei costumi, pei tempi e per L’abbiam fatto noi! Parole che mi sono balza- mille altri goffi scrupoli, io lo faccio con tut- te all’orecchio. […] Ripeto che ciò è ridicolo e to il piacere. Tutti gridarono quando io pro- indegno. Ridicolo perché io posso risponde- posi un gobbo da mettere in scena. Ebbene, re: «Perché non fate gli altri?». io era felice di scrivere il Rigoletto.

Inoltre rimarrà oggetto di pettegolezzo per Molti saranno i soggiorni nella capitale la convivenza con la Strepponi: francese. Fino al 1857 vi rimarrà per I ve- spri siciliani, recandosi in Italia solo per il In casa mia vive una signora libera, indi- Natale del 1855 e nella primavera 1856. pendente, amante come me della vita soli- taria, con una fortuna che la mette al co- 1855 perto da ogni bisogno. Né io né Lei dobbia- Il conte Mocenigo assegna a Verdi una nuo- mo a chicchessia conto delle nostre azioni; va opera per La Fenice. In occasione dell’e- ma d’altronde chi sa quali rapporti esistano sposizione universale, I vespri siciliani tra noi? Quali gli affari? Quali i legami? vanno in scena all’Opéra di Parigi con Quali diritti che io ho su di Lei, ed Ella su di grandi entusiasmi, e in seguito al Teatro me? Chi sa s’Ella è o non è mia moglie? […[ Ducale di Parma, mutatone il titolo in Gio- Chi sa se ciò sia bene o male? Perchè non vanna da Guzman. Verdi riesce ad adattar- potrebbe anche essere un bene? E fosse an- si alle esigenze francesi, nonostante alcune che un male chi ha diritto di scagliarci l’a- sue rimostranze: natema? Bensì io dirò che a Lei, in mia ca- sa, si deve pari anzi maggior rispetto che Due cose mancheranno sempre all’Opéra: non si deve a me, e che a nessuno è per- il ritmo e l’entusiasmo. […] ma la colpa è messo mancarvi; che infine Ella ne ha tutto anche un po’ di voi altri Francesi, che met- il diritto, e pel suo contegno, e pel suo spiri- tete dei ceppi ai piedi agli artisti col vostro to, e pei riguardi speciali e a cui non manca bon gout…comme il faut etc, etc. Lasciate verso gli altri.46 alle arti libertà completa, e tollerate difetti

202 nelle cose d’ispirazione. Se spaventate l’uo- internazionali per la tutela dei diritti d’au- mo di genio con la critica compassata e tore: in Spagna si copiavano le partiture meschina Egli non si abbandonerà mai, e prestate dagli editori, in Inghilterra si ri- gli toglierete il naturale e l’entusiasmo.49 schiava di essere eseguiti gratis. Nel 1882 contribuirà insieme ad altri autori alla na- L’autorità del compositore e il rispetto del scita della Società Italiana di Autori ed Edi- testo originale sono fondamentali: tori (SIAE) a Milano.

È la strada che condusse al barocco e al fal- 1856 so l’arte musicale alla fine del secolo passa- Dopo iniziali incertezze («Non so dopo l’o- to e nei primi anni di questo, quando i can- pera di Parigi [I vespri siciliani] quando mi tanti si permettevano creare (come dicono verrà voglia di scrivere una nota»), comin- ancora i francesi) le loro parti e farvi in ciano le trattative col presidente della Feni- conseguenza ogni sorta di pasticci e contro- ce Giobatta Tornielli per la nuova opera: sensi. No: io voglio un solo creatore, e sarà Simon Boccanegra, su libretto di Fran- m’accontento che si eseguisca semplice- cesco Maria Piave (e qualche consiglio di mente ed esattamente quello ch’è scritto; il Somma) da un cupo dramma storico di male sta che non s’eseguisce mai quello García Gutiérrez. In una lettera al libretti- ch’è scritto. sta ne fa cenno per la prima volta da Parigi, dove era impegnato per le rappresentazio- Io non ammetto né ai Cantanti né ai Diret- ni in francese del Trovatore. Qui si avvale tori la facoltà di creare, che come dissi, è un anche della collaborazione librettistica del principio che conduce all’abisso. professore di diritto Giuseppe Montanelli, pensando anche a un testo in prosa «per fa- Fu sempre attento alla difesa del diritto re una novità», idea successivamente ab- d’autore, richiedendo compensi per ogni bandonata. La censura austriaca preme per forma di utilizzo delle proprie musiche, pe- controllare i testi, ma Verdi ribatte: nalità per i tagli, scegliendo in prima perso- na in quali teatri si poteva o non si poteva Nel libretto non si porrà né un concetto né rappresentare una sua opera, stipulando una parola cambiata. Cosa importa se per con accuratezza i contratti: ora sia in prosa o in versi? E come tu hai os- servato benissimo, questo Simone ha qual- Cosa divento io allora? Un operajo, un gior- che cosa di originale. Così bisogna che il ta- naliero che porta la sua merce alla Casa, e glio del libretto, dei pezzi, ecc. ecc. sia più che la Casa sfrutta come le pare e piace! – originale che si può. Ciò non può farsi se Non è quello che voglio io […] Se avessi vo- noi non siamo insieme.52 luto fare il Mercante, nissuno m’avrebbe impedito di scrivere dopo la Traviata un’o- A Venezia revisiona Stiffelio e inizia quindi pera all’anno, e formarmi una fortuna tre a comporre Simon Boccanegra, mostran- volte maggiore di quella che ho! Io aveva al- dosi subito sensibile alla rappresentazione: tri intendimenti d’arte.50 Cura molto le scene. Le indicazioni sono abbastanza esatte, nonostante mi permetto Io ho il diritto che le mie opere, come da alcune osservazioni. Nella prima scena, se contratti, vengano eseguite come le ho il Palazzo Fieschi è di fianco, bisogna che scritte.51 sia ben in vista di tutto il pubblico, perché è necessario che tutti veggiano Simone quan- Stabilisce così una nuova autonomia del do entra in casa, quando viene sul balcone, compositore e nuovi rapporti con teatri ed e stacca il lanternino: credo d’aver avuto editori, contestando la mancanza di ade- un effetto musicale che io non voglio per- guate leggi o trattati fra stati e premendo dere causa la scena.53 sul ducato di Parma affinché stipuli accordi

203 1857 liberamente la nostra, anche perché fonda- Il 12 marzo al Teatro La Fenice Simon Boc- ta sul voto delle più competenti persone, canegra va in scena per la stagione di Car- che tutte si accordano a levarne al cielo nevale, prima versione dell’opera. Non è massime la fattura. Non nascondiamo però un successo, e in pochi anni viene abban- che tutti non sono del nostro avviso, e che il donata dai teatri: Verdi, o almeno la sua opera, ha non pochi avversari; ma, per onor del nostro gentile Ho fatto a Venezia un fiasco quasi altrettan- paese, dobbiamo pur dichiarare che certi to grande di quello della Traviata. Credevo segni di sfavore, troppo eloquenti e aperti, di aver fatto qualcosa di possibile, ma pare non mossero da labbri veneziani. Fu una che mi sia ingannato.54 importazione da fuori. Il pubblico di Vene- zia è umano, intelligente, cortese, si rispet- Più tardi Verdi aggiungerà: ta e rispetta gli ingegni.

Sono ora tranquilli i veneziani? Chi avreb- Diretto da Angelo Mariani, a Rimini Aroldo be mai detto che questo povero Boccane- (rifacimento di Stiffelio per problemi di gra, buona o cattiva opera che sia, dovesse censura) non ottiene successo. Verdi con- sollevare tanto diavolezzo? Sta pur tran- duce una vita abbastanza isolata a Sant’A- quillo che non mi formalizzo più di niente, gata (gli amici l’avevano soprannominato né degli ebrei passati presenti e futuri, né «l’orso di Busseto»), conservando rapporti dei nemici convertiti, e trovo, come te, il solo con Barezzi e rifiutando di presiedere mondo bello. la Società Filarmonica di Busseto:

Ma la «Gazzetta privilegiata di Venezia» ri- Quale male avvi se io vivo isolato? Se io porta: credo bene di non far visite a chi porta tito- li? Se io non prendo parte alle feste, alle La musica del Boccanegra è di quelle che gioie altrui? Se io amministro i miei fondi non fanno subito colpo. Ella è assai elabo- perché mi piace e mi diverte?55 rata, condotta col più squisito artifizio e si vuole studiarla nei suoi particolari. Da ciò A Sant’Agata fissa la nuova dimora per il nacque che la prima sera ella non fu in tut- padre Carlo, che curerà le questioni ammi- ti compresa, e se ne precipitò da alcuni il nistrative della proprietà, segue con molta giudizio; giudizio aspro, nemico che, nella dedizione le attività contadine della propria forma con cui si è manifestato, e rispetto a tenuta («Il suo amore per la campagna è di- un uomo che chiamasi Verdi, uno dei po- ventato mania, raptus, furore», scriverà la chi, che rappresenti di fuori le glorie del- moglie): l’arte italiana, che compose il Nabucco, i Lombardi e tanti altri capolavori, i quali fe- Da mattina a sera sono sempre fra campi, cero e fanno il giro del mondo, ben sapeva boschi, in mezzo a paesani, a bestie. parere, per non dire altro, strano e singola- Si sveglia alle quattro e mezzo, gestisce la re. Ciò che può in qualche modo spiegare corrispondenza e compone, dopo pranzo si quella prima e sinistra impressione è il ge- occupa della tenuta: nere della musica forse troppo grave e se- vera, quella tinta lugubre che domina lo Il Maestro compone ordinariamente nella spartito, e il prologo in ispecie. Varii pezzi sua camera da letto con artistica profusio- nobili e il magistrale artifizio del finale so- ne. […] Alto di persona, snello, vigoroso, no bellezze di primo ordine, che la seconda dotato di una ferrea salute, come di una fer- sera perfettamente si intesero… Onorando rea energia di carattere, egli promette un’e- l’opinione di tutti, e poiché quella del pub- terna virilità.56 blico non è, in questa occasione, chiara ab- bastanza, abbiamo detto sul lavoro di Verdi È una personalità molto riservata: ritroso,

204 schivo, modesto, sensibile e generoso, spi- la sconvenienza del pubblico? A me non rito indipendente e libero ma che sapeva sorprende affatto. Egli è sempre felice far valere le proprie ragioni. Amava le risa- quando può arrivare a fare scandalo. […] Il te fra amici ed era appassionato di biliardo. Boccanegra non è inferiore a tante altre Così lo ritrasse Hanslick: mie opere più fortunate di questa, perché per questa abbisogna forse esecuzione più Qualcosa d’infinitamente mite, modesto e finita, ed un pubblico che voglia ascoltare. aristocratico nella stessa modestia, riluce Triste cosa il teatro!!57 nella figura di quest’uomo, che la fama non ha reso vanitoso, gli onori non arrogante, L’opera risveglia tuttavia gli animi patriot- l’età non bisbetico. tici nello slogan “Viva VERDI”, acronimo di Vittorio Emanuele Re D’Italia. Dopo le E Rossini aggiunse: pressioni e i cambiamenti voluti dalle cen- sure preunitarie del 1858, Una vendetta in Un compositore col casco, ha carattere me- dominio viene mutata in Un ballo in lanconicamente serio, ha colorito fosco e maschera (libretto di Antonio Somma) mesto, che scaturisce abbondante e sponta- debuttando al Teatro Apollo di Roma inve- neo dall’indole sua, ed è apprezzabilissimo ce che al San Carlo di Napoli. Alla prima appunto per questo, ed io lo stimo assaissi- le grida di “Viva VERDI” si mescolano agli mo. applausi. Non si trattava solo di identifi- care ideali risorgimentali nelle opere di 1859 Verdi, ma anche valori morali su cui si Alla Scala viene ripreso Simon Boccanegra, stava fondando la coscienza nazionale del- ma anche qui è un fiasco oltremisura, come la società italiana di allora. Verdi esulta testimonia la «Gazzetta musicale» di Mila- per Garibaldi, i moti rivoluzionari italiani no: trovano la sua adesione, acquista armi per i dimostranti della Seconda Guerra d’Indi- La storia della prima rappresentazione del pendenza, raccoglie fondi per le famiglie Boccanegra è fra le più strane che ricordino dei caduti. L’armistizio di Villafranca tro- i miserandi fasti del fiasco: la più cattiva e va la sua disapprovazione; rifiuta la pro- scorretta composizione musicale, posta sul- posta di musicare un Canto per Napoleo- le scene d’un grande teatro, dinanzi ad un ne, che intanto appoggia gli italiani: pubblico che gode giusta fama d’intelligente e d’imparziale, non avrebbe potuto meritar- Spero si presenteranno, e presto, altre cir- si un accoglimento di quella fatta: accogli- costanze per onorare, come meglio saprò, mento tale di fischi, di risate e di apostrofi, l’Uomo che ha promesso liberar l’Italia da da non permettere la materiale udizione di ogni straniero. buona parte dell’opera. Quasi tutto il giorna- lismo milanese con lodevole rettitudine, ha A Busseto viene eletto rappresentante al- dichiarato in nome del pubblico che quelle l’assemblea delle provincie parmensi e si prime animosità erano tutte per l’esecuzio- reca come delegato dal Re a Torino; incon- ne, talmente sconcia in alcune parti da sfor- tra Cavour. Dopo undici anni di conviven- mare i più bei concetti e tutte le intenzioni za si sposa con Giuseppina Strepponi nella dell’autore. piccola chiesa valdostana di Collonges- sous-Salève58 con grande riservatezza (te- Confermato da Verdi: stimoni il campanaro e il cocchiere).

Il fiasco di Boccanegra a Milano doveva es- 1861 sere, ed è stato. Un Boccanegra senza Boc- Dopo le insistenze di Cavour, Verdi viene canegra, tagliate la testa ad un uomo e poi nominato membro della Camera dei Depu- riconoscetelo se potete! Tu ti meravigli del- tati nell’appena nato parlamento italiano,

205 deputato a Borgo S. Donnino (Fidenza): destino, recandosi all’Escurial, a Siviglia, Cordoba, Cadice, Granada. L’opera va in Se i miei scarsi talenti, i miei studi, l’arte scena a Roma con il titolo Don Alvaro. A che professo mi rendono poco atto a questa Parigi spera di diventare direttore del sorta d’uffizi, valga almeno il grande amore Theatre-Italien. che ho portato e porto a questa nostra nobi- le ed infelice Italia.59 1864 Dopo la morte di Meyerbeer viene nomina- Trasferitosi a Torino, dopo la morte dello to membro dell’Academie des Beaux Arts. statista frequenterà saltuariamente le sedu- te parlamentari, fino a dimettersi dalla ca- 1865 rica nel 1865: Nella versione francese Macbeth viene rap- presentato al Theatre Lyrique, ma è un fia- La mia vita pubblica non esiste. Son depu- sco. Da novembre, fino a marzo dell’anno tato, è vero, ma fu per sbaglio. […] Non ave- venturo è a Parigi per la stesura del libretto vo mai visto il Conte di Cavour ed ero an- di Don Carlos. siosissimo di conoscerlo. […] Egli m’ascol- tava attentamente e quando gli descrissi la 1867 mia inettitudine ad essere deputato […] lo È ancora all’Opéra per la produzione di feci in modo così bizzarro ch’egli diede in Don Carlos, accolto senza grossi consensi. un gran scoppio di risa. Bene, dissi fra me, Ma continua a diffidare dell’ambiente fran- son riuscito. Allora egli cominciò a ribatte- cese, iniziando una serie di contrasti con re una per una le mie ragioni, e ne aggiun- l’orchestra del teatro parigino: se alcune che mi fecero un certo senso. Io soggiunsi: ebbene Signor Conte, accetto; Io credo all’ispirazione: voi altri alla fattu- ma alla condizione che dopo qualche mese ra; ammetto il vostro criterio per discutere: io darò la mia dimissione. Sia, rispose, ma ma io voglio l’entusiasmo che a voi manca me ne farete prima cenno […] Più volte vol- per sentire e giudicare. Voglio l’Arte in qua- li dare le dimissioni […] ma ora per una co- lunque siasi manifestazione, non l’amuse- sa ora per un’altra io sono ancora deputa- ment, l’artifizio ed il sistema che voi prefe- to.60 rite.61

1862 Ottima cosa sarebbe il Teatro di repertorio, All’esposizione universale di Londra parte- ma non lo credo realizzabile. Gli esempi cipa con l’ per soprano, dell’Opéra e della Germania hanno per me coro e orchestra, su testo di Boito, eseguito pochissimo valore perché in tutti questi al Her Majesty’s Theatre. È l’occasione del teatri gli spettacoli sono deplorabili. Al- primo incontro con il giovane ventenne let- l’Opéra splendida la mise en scène, supe- terato scapigliato. Inizia un periodo di pro- riore per esattezza di costume e di buon gu- duzioni estere: in Russia visita Mosca e San sto a tutti i Teatri, ma la parte musicale pes- Pietroburgo, dove dopo l’enorme successo sima. Cantanti sempre mediocrissimi, or- riscosso con Il Trovatore al Teatro Impe- chestra e coro svogliati e senza disciplina. riale, è La forza del destino a debuttarvi Io ho sentito a quel teatro spettacoli a centi- con altrettanti consensi, ma alla quarta re- naia, e mai e poi mai una buona esecuzio- cita viene contestata dai sostenitori di Mi- ne musicale ma in una città di 3000000 d’a- chail Glinka. Verdi viene insignito dell’Or- bitanti vi sono sempre duemila persone per dine Imperiale e Reale di S. Stanislao. riempire la sala anche con cattivo spettaco- lo.62 1863 Con la Strepponi visita la Spagna, in occa- Diretto da Angelo Mariani, a Bologna Don sione delle recite a Madrid di La forza del Carlo nella versione tradotta in italiano, ri-

206 scuote invece vivo successo. Verdi inizia a quel Santo, come voi lo chiamate? Io me gli recarsi periodicamente a Genova in villeg- sarei posto in ginocchio dinanzi, se si po- giatura presso un appartamento apposita- tessero adorare gli uomini.66 mente acquistato a palazzo Sauli, che fre- quenterà ripetutamente d’inverno. Muore A Busseto si inaugura il nuovo teatro, che il padre Carlo. Adotta col nome di Maria la onora Verdi con un busto appositamente figlia di un suo cugino paterno, Filomena, realizzato. Ma Verdi non presenzia alla ce- di 7 anni, che studierà in un collegio torine- rimonia, continuando a diffidare dei busse- se e sposerà a 18 anni il notaio bussetano tani, con i quali non manteneva rapporti da Alberto Carrara: sarà lei l’erede universale dodici anni.67 del Maestro, garantendo l’attuale discen- denza. Con i suoi 5 figli costituiva la fami- 1869 glia di Verdi. Alla Scala va in scena con successo una nuova versione della Forza del destino. In 1868 questa circostanza, attraverso la mediazio- Restituisce la croce di commendatore al ne della contessa Maffei, Verdi incontra per Ministro dell’Istruzione Broglio, che non la prima volta il direttore d’orchestra Fran- l’aveva menzionato in una lettera a Rossini co Faccio, dimostrandogli subito stima. sulla riforma dei Conservatori: Non presenzia invece alle rappresentazioni dell’opera a Napoli, a causa del rifiuto di Benché ignorante in musica (come Ella adottare per l’intonazione il diapason in stessa lo dice e lo crede) sentenzia che da uso in Francia. L’unificazione del diapason quaranta anni non si è più fatta un’opera in a livello europeo rimarrà una sua costante Italia. Perché allora si manda a me questa preoccupazione.68 decorazione? Vi è certamente un equivoco nell’indirizzo e ve la rimando. 1871 Gli viene proposta la direzione del Conser- Alla morte di Rossini Verdi progetta una vatorio di Napoli, ma rifiuta l’invito, non ri- Messa da Requiem composta dai «più di- tenendo di avere la possibilità di potersi de- stinti maestri italiani» dell’epoca63 per l’an- dicare con costanza a un tale impegno. Non niversario della scomparsa. Viene realizza- è affatto indifferente ai problemi allora sol- ta ma non eseguita, in mancanza di fondi: levati sull’istruzione musicale, e viene chia- mato – invano – a presiedere un’apposita Un gran nome è scomparso dal mondo! Era commissione ministeriale: la riputazione la più estesa, la più popolare Ho ragione di credere esservi nei nostri dell’epoca nostra, ed era gloria italiana!64 istituti musicali studj che dovrebbero esse- re severissimi e sono mal fatti, e che si per- Per l’occasione scrive un Libera me, che fi- de un tempo, che riesce alla fin fatale, ad nirà invece nella Messa da Requiem com- insegnare quello che non si può insegnare, posta in memoria di Alessandro Manzoni a ridurre l’arte a sistema, e collo scopo nel 1874. Verdi lo incontra attraverso la (scopo che conoscono e sentono meglio gli mediazione di Clarina Maffei: uomini che creano) di cacciare mali che realmente esistono, ma creandone dei nuo- Lo stimo e venero quanto si può stimare e vi che sono peggiori e più perniciosi. È una venerare su questa terra e come uomo e co- cosa strana la lotta che esiste fra gli uomini me altissimo e vero onore di questa nostra così detti di scienza, e quelli che fanno (lot- sempre travagliata patria.65 ta senza frutto per l’indifferenza dei secon- di, e per la petulante ostinazione dei primi); Cosa potrei dirvi del Manzoni? Come spie- ed è ancora più strano vedere che tutte le garvi la sensazione dolcissima, indefinibi- nostre grandi sommità del secolo attuale le, nuova, prodotta in me, alla presenza di non sono quasi mai figlie di Conservatorj!.

207 attenzione sui recitativi. Assistete a poche Diede suggerimenti sulla formazione musi- rappresentazioni delle Opere moderne, cale (e offrì borse di studio a giovani busse- senza lasciarvi affascinare né dalle molte tani meritevoli), specie per futuri composi- bellezze armoniche ed istromentali né dal- tori o cantanti, spesso sottolineando gli l’accordo di settima diminuita, scoglio e ri- aspetti autodidattici dei propri studi, negan- fugio di tutti noi che non sappiamo com- do di avere grandi conoscenze: porre quattro battute senza una mezza doz- zina di queste settime». Fatti questi studi, In casa mia non vi è quasi musica; non so- uniti a larga coltura letteraria, direi infine no mai andato in una Biblioteca musicale, ai giovani: «Ora mettete una mano sul cuo- mai da un Editore per esaminare un pezzo. re; scrivete, e (ammessa l’organizzazione Sto a giorno d’alcune delle migliori opere artistica) sarete compositori. In ogni modo contemporanee, non mai studiandole, ma non aumenterete la turba degli imitatori e sentendole qualche volta in teatro. […] So- degli ammalati dell’epoca nostra, che cer- no fra i maestri passati e presenti, il meno cano, cercano e (facendo talvolta bene) non erudito di tutti. Intendiamoci bene, e sem- trovano mai. […] Le licenze e gli errori di pre per non fare blague: dico erudizione, e contrappunto si possono ammettere e sono non sapere musicale. Da questo lato menti- belli talvolta in teatro: in Conservatorio, no. rei se dicessi che nella mia gioventù non Torniamo all’antico, sarà un progresso». abbia fatto lunghi e severi studi. È per que- sto che mi trovo ad aver la mano abbastan- Mi si potrà opporre: «Chi insegnerà al gio- za forte a piegare la nota come desidero, ed vine l’istromentale? Chi la composizione abbastanza sicura per ottenere, ordinaria- ideale?» La sua testa ed il suo cuore. Se ne mente, gli effetti che immagino; e quando avrà. Pel Cantante vorrei: estesa conoscen- scrivo qualche cosa d’irregolare, si è per- za della musica; esercizj sull’emissione ché la stretta regola non mi dà quel che vo- della voce; studj lunghissimi di solfeggio glio, e perché non credo nemmeno buone come in passato; esercizi di voce e parola tutte le regole finora adottate. con pronunzia chiara e perfetta. Poi, senza che un Maestro di perfezionamento gli in- Prediligendo la letteratura musicale italia- segnasse le affettazioni del canto, vorrei na del ’700, specialmente vocale, Verdi era che il giovine forte in musica e colla gola comunque ben fornito di partiture. Nella esercitata e pieghevole cantasse guidato so- sua biblioteca di Sant’Agata conservava lo dal proprio sentimento. Non sarebbe un musiche di Palestrina, Carissimi, Corelli, canto di scuola, ma di ispirazione. L’artista Marcello, Porpora, Bach, Händel, Haydn, sarebbe un’individualità; sarebbe lui, o me- Mozart, Beethoven, Weber, Mendelssohn, glio ancora, sarebbe nel melodramma il Schumann, Berlioz, Liszt, Brahms, Wa- personaggio che dovrebbe rappresentare. È gner, spesso acquistate a Parigi. Ma per inutile il dire che questi studj musicali de- Verdi la formazione del giovane composi- vono essere uniti a molta cultura letteraria. tore rimaneva saldamente ancorata al con- trappunto: Alla prima italiana di Lohengrin di Wa- gner, Verdi segue la nuova opera con parti- Avrei detto ai giovani alunni: «Esercitatevi tura alla mano: nella fuga costantemente, tenacemente fino alla sazietà, e fino a che la mano sia dive- Wagner non è una bestia feroce come vo- nuta franca e forte a piegar la nota al voler gliono i puristi, né un profeta come lo vo- vostro. Imparerete così a comporre con si- gliono i suoi apostoli. È un uomo di molto curezza, a disporre bene le parti ed a mo- ingegno che si piace delle vie scabrose, per- dulare senz’affettazione. Studiate Palestri- ché non sa trovare le facili e più diritte. Non na e pochi altri suoi coetanei. Saltate dopo a bisogna che i giovani si illudano, vi sono Marcello e fermate specialmente la vostra molti e molti che fanno credere di aver del-

208 le ali, perché veramente non hanno gambe qualunque ne sia il genere, il sistema, ecc. da reggersi in piedi. ma la musica!… Basta, basta! Che non vor- rei che parlandone troppo mi si attaccasse Presto verrà posto in contrasto col coetaneo il male.70 collega tedesco, al quale non negherà di- versi pregi («Un nome che lascia un’im- La melodia e l’armonia non devono essere pronta potentissima nella storia dell’arte»): che mezzi nella mano dell’artista per fare della Musica, e se verrà un giorno in cui Anch’io ho tentato la fusione della musica non si parlerà più né di melodia né di ar- con il dramma e precisamente nel Mac- monia, né di scuole tedesche, italiane, né di beth, ma non potrei scrivere da solo i li- passato né di avvenire etc. etc. etc. etc. allo- bretti come fa Wagner. Wagner supera tut- ra forse comincerà il regno dell’arte.71 ti i compositori nella varietà dei colori del- la strumentazione. All’inizio egli combatté L’artista deve scrutar nel futuro, veder nel con successo il realismo, più tardi però si caos nuovi mondi; e se nella nuova strada allontanò con esagerazione dalla poesia vede in fondo il lumicino, non lo spaventi il ideale e incorse nel medesimo errore che si buio che l’attornia: cammini, e se qualche era inizialmente fatto un dovere di correg- volta inciampa e cade, s’alzi e tiri dritto gere. La monotonia, dunque, che egli com- sempre. È bella qualche volta anche una batté vittoriosamente, minaccia da qualche caduta in un capo scuola.72 tempo di dominarlo.69 Dopo aver scartato Adriana Lecouvreur, L’entusiasmo dei giovani intellettuali ita- Verdi si dedica ad Aida, commissionata da liani come Boito per il wagnerismo e la Ismail Pascià, viceré d’Egitto, in occasione musica tedesca che iniziava a diffondersi in delle celebrazioni per l’apertura dello stret- Italia, fece assumere loro una posizione di to di Suez.73 Partecipa attivamente al sog- rifiuto verso i contemporanei italiani («Il getto tracciato da Du Locle «stendendo da trito querulo lamentarsi della impotenza, capo a fondo, scena per scena, frase per fra- della vacuità e nullità della moderna musi- se» in preparazione al libretto di Antonio ca italiana può e deve’essere una menzo- Ghislanzoni, al quale dà precise indicazio- gna») a cui Verdi risponde: ni:

Ho sempre amato e desiderato il progresso Per parola scenica intendo dire la parola […]. Anch’io voglio la musica dell’avvenire, che scolpisce e rende netta ed evidente la vale a dire che credo ad una musica a veni- situazione.74 re, e se non l’ho saputa, come volevo, fare, la colpa non è mia. Se anch’io ho sporcato Compone la musica in quattro mesi, ma l’altare, come dice Boito, Egli lo netti, ed io per il debutto a Il Cairo affida la direzione a sarò il primo a venire ad accendergli un Giovanni Bottesini invece che all’amico moccolo. Angelo Mariani. Assente alla prima, non ri- mane molto colpito dal successo clamoroso So anch’io che vi è una musica dell’avveni- riscosso: la prima italiana – la vera prima re, ma io presentemente penso e penserò per Verdi – sarà alla Scala nel 1872, trion- così anche l’anno venturo che per fare una falmente applaudita (chiamandolo in pro- scarpa ci vuole del corame e delle pelli!… scenio 32 volte) e riscuotendo ancora gran- Che ti pare di questo stupido paragone che di consensi all’Opéra di Parigi nel 1880. vuol dire che per fare un’opera bisogna Verdi ha perfezionato la propria concezio- aver in corpo primieramente della musi- ne del timbro e dell’acustica teatrale in re- ca?!… Dichiaro che io sono e sarò un am- lazione alla disposizione dell’orchestra: miratore entusiasta degli avveniristi a una condizione che mi facciano della musica!… Di un’importanza ben maggiore di quel che

209 comunemente si crede, per gli impasti de- mente portata in Europa a Parigi, Londra e gli strumenti, per la sonorità, per l’effetto. Vienna, uno dei suoi più grandi successi. Questi piccoli perfezionamenti apriranno Contrastanti le opinioni sulla sua religio- la strada ad altre innovazioni, che verran- sità, anticlericale e forse prevalentemente no un giorno; e fra queste quella di togliere ateo, in questo opposto alla Strepponi, mol- dal palcoscenico i palchetti degli spettatori, to cattolica. La accompagnava a messa, ma portando il sipario alla ribalta, l’altra: di non entrava in chiesa. In seguito pare inve- rendere l’orchestra invisibile. Quest’idea ce che si fermasse in chiesa per meditare, e non è mia, è di Wagner: è buonissima. Pare nel 1892 verrà celebrata una messa di Na- impossibile che al giorno d’oggi si tolleri di tale in casa sua. Arricchitosi, viene nomi- vedere il nostro meschino frack e le cravat- nato senatore per censo, ma come tale non tine bianche miste ad un costume egizio, svolse attività politica: assiro, druidico, ecc.; e di vedere, inoltre, la massa d’orchestra, che è parte del mondo I giornali scherzano atrocemente quando fittizio, quasi nel mezzo della platea fra il possono parlare delle mie immense ric- mondo dei fischianti o dei plaudenti.75 chezze! Immense?!! E come possono essere tali? […] Quando io scrivevo molto, le ope- Qualcuno avvertì influssi wagneriani in Ai- re si pagavano poco; adesso che si pagano da, smentiti da Verdi («Bel risultato dopo 35 bene, non scrivo quasi più.79 anni di carriera finire come imitatore»76). Il dibattito sull’arte contemporanea, le in- 1877 comprensioni col direttore d’orchestra Ma- Viene invitato in Germania al Festival mu- riani77 per motivi artistici e personali, cau- sicale di Colonia, dove vengono eseguiti il sati dalle voci di un’ipotetica relazione tra Quartetto e la Messa da Requiem, riceven- Verdi e l’amica Teresa Stolz (ex-amante di do in segno di stima una bacchetta d’avorio Mariani e interprete sia in Aida che nel Re- e argento e una corona d’argento e oro. quiem), le conseguenti incertezze della 1879 Strepponi, segnano l’inizio e il seguito di un A Milano dirige la Messa da Requiem in be- periodo di silenzio operistico. In Francia neficenza, per le vittime delle alluvioni. viene insignito della Legion d’onore. L’orchestra lo saluta con una serenata sot- to casa. Non sembra intenzionato a ritorna- 1873 re al teatro, si sente vecchio e vuole lascia- A Napoli per le recite di Don Carlo e Aida, re il campo ai giovani. Inoltre diventerà sospese le prove per imprevisti, compone il pessimista sul destino dei teatri in Italia: Quartetto per archi in mi minore, eseguito in forma privata all’ delle Crocelle a La nostra musica a differenza della tedesca, Chiatamone.78 Verrà presentato pubblica- che può vivere nelle sale con le Sinfonie, mente al Conservatorio di Milano e a Vien- negli appartamenti coi Quartetti, la nostra, na nel 1875. A Genova si trasferisce a Pa- dico, ha il suo seggio principalmente nel lazzo Doria, a Milano fissa una residenza teatro. Ora i teatri senza l’aiuto del Governo all’Hotel . La morte di Manzoni lo co- non possono durare. È un fatto che non si glie di sorpresa: può negare: devono necessariamente chiu- dersi tutti ed è soltanto per eccezione se Ora tutto è finito! E con Lui finisce la più qualcuno trascina stentatamente la vita. La pura, la più santa, la più alta delle glorie Scala, la stessa Scala forse chiuderà.80 nostre. Oramai i teatri vanno così male che è inuti- 1874 le scrivere delle opere. […] Tutti i teatri si La Messa da Requiem in memoria di Man- chiuderanno l’uno dopo l’altro. Tutti!81 zoni viene eseguita a Milano nella chiesa di S. Marco, diretta dall’autore e successiva- Ma Ricordi cerca di riavvicinarlo ugual-

210 mente all’opera provocandolo con il sog- silenzio operistico di Verdi risponde Ricor- getto di Otello: in novembre è pronto il li- di, proponendogli la revisione di Simon bretto di Boito.82 In Verdi la predilezione Boccanegra, ormai uscito dal repertorio. per Shakespeare si era ormai consolidata. L’atteggiamento di Verdi verso le proprie Leggeva anche Ariosto, amava pittura e opere passate è critico, come egli dimostra scultura, frequentava esposizioni d’arte: riguardo al periodo di Attila:

Preferisco Shakespeare a tutti i drammatici, Non crediate che io disdegni troppo i lavori senza eccettuarne i Greci.83 di quell’epoca. Certo che ora non li farei, né vorrei farli in quel modo.86 Copiare il vero può essere una buona cosa, ma inventare il vero è meglio, molto me- Inizialmente non è convinto del progetto di glio. Pare vi sia contraddizione in queste tre Ricordi: parole: inventare il vero, ma domandatelo al Papà [Shakespeare]. Può darsi che egli, il Ho ricevuto jeri un grosso pacco che sup- Papà, si sia trovato con qualche Falstaff, ma pongo una partitura di Simone! Se voi ver- difficilmente avrà trovato uno scellerato rete a S.Agata da qui a sei mesi, un anno così scellerato, come Jago, e mai e poi mai due, tre, ecc. la troverete intatta come me degli angioli come Cordelia, Imogene, De- l’avete mandata. Vi dissi a Genova che io sdemona, ecc. ecc., eppure sono tanto veri! detesto le cose inutili.87 Copiare il vero è una bella cosa, ma è foto- grafia, non pittura. Viene quindi preparata una nuova versione del Boccanegra con prologo, su libretto di Verdi aveva assunto da tempo il concetto di Boito, motivo per avvicinare moltissimo li- “vero”: brettista e compositore per la prossima im- presa di Otello: A me piace nelle arti tutto quello che è bel- lo. Io non ho esclusività: io non credo alla Raddrizzare le gambe ad un vecchio cane scuola, e mi piace il gajo, il serio, il terribi- che fu ben bastonato a Venezia, e si chiama le, il grande, il piccolo, etc, etc. Tutto tutto, Simon Boccanegra. […] Oltre di ciò lo spar- purché il piccolo sia piccolo, il grande sia tito come si trova non è possibile. È troppo grande, il gajo sia gajo, etc, etc… insomma, triste, troppo desolante! Non bisogna toccar che tutto sia come deve essere: Vero e Bel- nulla del Primo atto, né dell’ultimo, e nem- lo.84 meno, salvo qualche battuta qua e là, del terzo. Ma bisogna rifare tutto il second’atto, 1880 e darle rilievo e varietà, e maggior vita. Mu- Nel ritiro di Sant’Agata si dedica ad attività sicalmente si potrebbero conservare la ca- contadine. Dai 350 ettari iniziali la tenuta vatina della donna, il duetto col tenore e era stata portata a mille: l’altro duetto tra padre e figlia, quantunque vi siano le cabalette. […] Chi potrebbe rifar- Io sto qui respirando dell’aria finché voglio, lo? In che modo? Cosa si potrebbe trovare? ma non ho da amministrare altro che le Ho detto in principio che bisogna trovare in mie vacche, i miei bovi, cavalli ecc. e facen- quest’atto qualche cosa che doni varietà e do il contadino, il muratore, il falegname, il un po’ di brio al troppo nero del dramma. fachino se occorre… Quindi addio libri, ad- Come? […] A questo proposito mi sovviene dio musica, mi pare di aver dimenticato e di due stupende lettere di Petrarca, una di non conoscere più le note.85 scritta al Doge Boccanegra, l’altra al Doge di Venezia dicendo loro che stavano per in- Scrive un Pater noster a cinque voci e un’A- traprendere una lotta fratricida, ché en- ve Maria per soprano e archi, diretti alla trambi erano figli d’una stessa madre l’Ita- Scala da l’anno seguente. Al lia, ecc, ecc. Sublime questo sentimento

211 d’una patria italiana in quell’epoca! Tutto ciò è politico non drammatico; ma un uo- Il vostro baritono […] non avrà la calma, la mo d’ingegno potrebbe ben drammatizzare compostezza, e quella tale autorità scenica questo. Per es.: Boccanegra colpito da que- indispensabile per la parte di Simone. È sto pensiero vorrebbe seguire il consiglio una parte faticosa quanto quella del Rigo- del Poeta: convoca il Senato, od un Consi- letto, ma mille volte più difficile. Nel Rigo- glio privato, ed espone loro la lettera ed il letto la parte è fatta, e con un po’ di voce e suo sentimento. Orrore in tutti, declama- di anima si può cavarsela bene. Nel Bocca- zioni, ira, fino ad accusare il Doge di tradi- negra la voce e l’anima non bastano. Pel mento. 88 Fieschi ci vorrebbe una voce profonda, sensibile nelle corde basse fino al fa, con Come sempre Verdi partecipa attivamente qualche cosa nella voce di inesorabile, di al perfezionamento del nuovo libretto: profetico, di sepolcrale.90

Se possiamo trovare un bel principio di fi- 1881 nale il resto a farsi si riduce solo a qualche Segue la produzione delle sue terre e impe- verso qua e là. Per cambiare alcune frasi gna generosamente i propri guadagni in musicali, ecc. opere benefiche iniziando la realizzazione dell’ospedale rurale di Villanova sull’Arda L’atto da lei ideato nella chiesa di San Siro è (Sant’Agata ne era frazione), interamente a stupendo sotto ogni rapporto. Bello per no- sue spese, inaugurato nel 1887. Si occuperà vità; bello per colore storico; bello dal lato anche della bonifica dei territori intorno a scenico musicale; ma mi impegnerebbe Busseto, costruirà case coloniche per i con- troppo, e non potrei sobbarcarmi a tanto la- tadini, lascerà larga parte della propria ere- voro. Rinunciando disgraziatamente a que- dità a istituti per bisognosi e ai poveri di st’atto, bisogna attenersi alla scena del Se- Sant’Agata.91 Frequenta le terme di Tabia- nato, che fatta da Lei non dubito possa riu- no Bagni e Montecatini. Comincia rapida- scire fredda. Le sue critiche sono giuste; ma mente la revisione della partitura di Simon Ella ingolfata in lavori più elevati, ed aven- Boccanegra: do in mente Otello, mira ad una perfezione che qui sarebbe impossibile raggiungere. Io Io vorrei fare tutto di seguito come se si guardo più in basso e, più ottimista di lei, trattasse di un’opera nuova. non dispero. Convengo che il tavolo è zop- po, ma, aggiustando qualche gamba, credo, Il 24 marzo viene rappresentato alla Scala potrà reggersi. Convengo ancora, che non il nuovo Simon Boccanegra diretto da vi sono di quei caratteri (ben rari sempre!) Franco Faccio, riscuotendo grande succes- che vi fanno esclamare: “è scolpito” nono- so, come riportato da Filippo Filippi sul stante a me pare che vi sia nei personaggi di giornale «Perseveranza»: Fiesco e Simone qualche cosa da trarne buon partito. Infine tentiamo, e facciamo Trionfo: questa è la parola più adatta per questo Finale col rispettivo Ambasciatore esprimere il successo che ebbero, ieri sera Tartaro, colle lettere di Petrarca alla Scala, il prologo, il primo ed il terzo at- et…et…et…Tentiamo ripeto. Noi non siamo to del Boccanegra […] Non si può descrive- poi tanto inesperti, da non capire, pesa e se re l’effetto prodotto dal prologo: tutti do- ha tempo si metta immediatamente al lavo- mandavano se veramente la massima par- ro. Io intanto guarderò di raddrizzare qua e te di quella musica era stata composta 24 là le molte gambe storte delle mie note, anni fa. e…vedremo!89 Verdi commenta: Inoltre fissa i caratteri vocali dei personag- gi: Anche prima dell’esecuzione di ieri sera

212 […] mi pareva fossero bene aggiustate le sinfonia è la sinfonia, e non credo che in gambe rotte di questo vecchio Boccanegra. un’opera sia bello fare uno squarcio sinfo- L’esito di ieri sera mi conferma della mia nico. [...] Dico per dire... Con la certezza opinione.92 d’aver detto cosa contraria alle tendenze moderne.95 Il Boccanegra potrà fare il giro dei teatri co- me tant’altre sue sorelle, malgrado il sog- Inizia con discontinuità la stesura di Otello, getto sia assai triste. È triste, perché deb’es- prima opera non commissionata, lavoran- sere triste; ma interessa. Nel secondo atto doci fra periodi di interruzione: l’interesse pare che diminuisca; ma non vi sarebbe da sorprendersi che in un altro tea- L’Otello va, lentamente ma va! Lo finirò? tro, se minore fosse il successo del finale Forse sì! Lo darò? La risposta è difficile an- primo, questo second’atto avesse il succes- che per me! Intanto tiriamo via ed Amen.96 so degli altri. Cose del mondo… Cioè del teatro! Vedremo, e intanto speriamo.93 1887 Richiamando da ogni parte del mondo cri- Per l’edizione a Reggio Emilia, apporta tici, compositori, editori, Otello va in scena qualche modifica: trionfalmente alla Scala, con un tale suc- cesso da soprannominare Milano “Otello- Nell’introduzione al tempo 6/8 alla battuta poli”. Una folla acclama Verdi presso la sua 68 ho cambiato l’orchestra per il corso di residenza milanese. Nell’orchestra Arturo dieci battute onde evitare un movimento Toscanini suona come violoncellista. Hans difficile per violoncelli e viole; come questi Von Bülow esulta per la nuova opera, così istromenti sono quasi sempre nelle nostre come Ferruccio Busoni: orchestre razze di cani, così è meglio cam- biarlo addirittura nello spartito per evitare L’Otello è il vertice più alto di quanto è sta- qualche pasticcio d’esecuzione.94 to finora raggiunto nella musica italiana d’opera, e ciò sia detto non tanto a proposi- Nella traduzione di Jacopo Caponi viene to dell’invenzione e del contenuto, quanto a pubblicata in italiano la Vita aneddotica di proposito della forma e dell’indirizzo. G.Verdi del musicologo Arthur Pougin, già edita a puntate su «Le Menestrel». Alla Sca- 1889 la viene inaugurata una scultura di Verdi, A cinquant’anni dall’Oberto, sua prima ma il musicista non presenzia alla cerimo- opera, la carriera di Verdi viene festeggiata nia. in una sorta di Giubileo, con gli auguri del- le più alte autorità, una raccolta di pensieri 1884 in suo onore dagli studenti delle Università Nuova versione italiana di Don Carlo alla italiane, l’elogio di Carducci: Scala, portata da 5 a 4 atti. Giacomo Pucci- ni debutta come compositore dell’opera Le Giuseppe Verdi co’ primi palpiti dell’arte Villi; Boito lo presenta a Verdi, che lo invita giovine presentì e annunziò la patria risor- spesso a pranzo, e che forse ebbe modo di gente. Oh canti indimenticabili e sacri a chi ascoltare alcuni suoi lavori: nacque avanti il 1848! Giuseppe Verdi con la gloria della grande arte superstite ador- Ho sentito dir molto bene del musicista na ed esalta nel cospetto delle genti la pa- Puccini. [...] Segue le tendenze moderne, ed tria risorta. Gloria a lui, immortale, sereno è naturale, ma si mantiene attaccato alla e trionfante, come l’idea della patria e del- melodia che non è moderna né antica. Pare l’arte.97 però che predomini in lui l’elemento sinfo- nico! Niente di male. Soltanto bisogna an- Verdi è ormai un monumento vivente, co- dar cauti in questo. L’opera è l’opera: la me rimarca Antonio Fogazzaro:

213 ducci è entusiasta: L’anima stessa d’Italia, che splende nella bellezza delle cose come nell’opera dei La prima rappresentazione di Falstaff alla grandi poeti e dei grandi artisti, che vive Scala fu una cosa assolutamente meravi- oscura in ogni colore, in ogni forma del no- gliosa. Il gran vecchio Verdi, quando andai stro paese come in ogni petto del nostro po- a salutarlo, mi abbracciò e mi baciò. polo, ha oggi la sua voce nel nome di Giu- seppe Verdi. Quando questa voce ne sgorga A Roma, dopo essere stato da Re Umberto e e suona, ciascuno di noi si sente a muovere ricevuta la cittadinanza onoraria, viene an- dentro la potente anima misteriosa della cora applaudito alle rappresentazioni nella patria e sente che il canto esce in qualche capitale, sensibilmente commentate da modo da lui stesso, da infiniti altri a lui Hanslick: congiunti, dalla cara terra che a tutti è ma- dre. Dimentichiamo in quel momento il Che svolta inaspettata, bella, significativa, Verdi; e questa è la sua gloria. quella del vegliardo che verso il termine della sua vita si svincola dal tragico e con la Il libretto di Falstaff viene cominciato da saggezza della sua felice vecchiaia fa posa- Boito, ottenendo da subito l’approvazione re lo sguardo sul lato solare e giocondo del- di Verdi, che ormai da molto tempo medita- l’esistenza! va su un’opera comica. La vicenda attinge ancora una volta a Shakespeare, ripren- L’opera passa presto a Venezia, Trieste, dendo episodi dalle Allegre comari di Vienna, Berlino. Boito gli propone un sog- Windsor e da Enrico IV. Per Verdi è un tra- getto su Antonio e Cleopatra e uno su Re guardo: Lear. Un balletto per l’edizione francese di Otello è la nota conclusiva della sua lunga Voi nel tracciare Falstaff avete mai pensato carriera operistica, mentre l’anno seguente alla cifra enorme de’ miei anni! […] Che la rappresentazione all’Opéra segnerà in- gioja! Poter dire al pubblico: Siamo qui an- sieme a Falstaff all’Opéra Comique l’ultima cora! A Noi!98 visita a Parigi. Falstaff sarà molto ammira- to da Richard Strauss, che invierà a Verdi la Acquista un terreno alla periferia di Milano partitura della sua prima opera Guntram per l’edificazione di una Casa di riposo per «in segno d’omaggio ed ammirazione». A musicisti su progetto dell’architetto Camil- Parigi partecipa alla commemorazione di lo Boito, fratello di Arrigo. Charles Gounod, per lui

1892 un grandissimo musicista, il primo Mae- Dirige la preghiera dal Mosè di Rossini nel stro di Francia, ma non ha fibra drammati- centenario della nascita del compositore ca. Musica stupenda, simpatica, dettagli pesarese, ultima apparizione pubblica co- magnifici, ben espressa quasi sempre la pa- me direttore. Per il quarto centenario della rola… intendiamoci bene, la parola, non la scoperta dell’America il sindaco di Genova situazione, non bene delineati i caratteri, e gli chiede un’opera celebrativa, ma Verdi non impronta e colore particolare al dram- passa l’incarico all’amico giovane esor- ma, o ai Drammi. diente Alberto Franchetti.99 «Eccellente musicista» era per Verdi anche Alfredo Ca- 1897 talani, altro giovane compositore. Si dedica allo studio della musica antica, già da tempo frequentata in quaderni di 1893 esercizi con madrigali a quattro, cinque e Frequenta assiduamente le prove di Fal- sei voci, e scrive uno Stabat Mater per coro staff, in scena alla Scala con grande succes- e orchestra, che andrà a completare i cosid- so, diretta da Edoardo Mascheroni. Car- detti , costituiti anche da

214 un Te Deum per doppio coro e orchestra sant’uomo di mio suocero, sentita la sen- (1895), un’Ave Maria su una scala enigma- tenza dei Profeti del Conservatorio del Giu- tica per coro a 4 parti (1889) e le Laudi alla gno 1832, m’avesse detto «Sento che la mu- Vergine Maria per coro femminile (1886). sica non è affare per te: è inutile perder Giuseppina Strepponi muore a Sant’Agata, tempo e spender denari. Ritorna al tuo vil- nominato Verdi suo erede universale, ma laggio nativo, torna organista, lavora la ter- lasciandogli un grande vuoto («Io sono so- ra e muori in pace». lo! Triste, triste, triste!»). Si dedica all’edifi- cazione della Casa di riposo per musicisti a Non mi hanno voluto da giovane, non mi Milano (che oggi porta il suo nome) alla avranno da vecchio. quale assegnerà una parte della propria consistente eredità. Ormai abbandonata la Anche altri conservatori aspirano a que- composizione, segue le produzioni delle st’onore, fra cui quello di Parma. Verdi ri- sue opere in Italia: fiuta il Collare dell’Annunziata, che il re Umberto gli vuole offrire; l’imperatore Non sono ammalato, ma sono troppo vec- d’Austria Francesco Giuseppe gli conferi- chio!! Passar la vita senza poter far nulla! È sce un’onorificenza per meriti intellettuali. duro assai! Trascorre il Natale nella sua suite milanese all’Hotel Milan, insieme alla Stolz, Boito e Io, senza essere malato, ho mille malanni Ricordi. Viene terminata la Casa di riposo addosso. Le gambe mi portano a stento, e per musicisti. Ultimi suoi appunti sono al- non cammino quasi più: la vista indebolita, cune note sulla preghiera della regina Mar- e non posso leggere a lungo: di più sono an- gherita per l’assassinio di Umberto I. che un po’ sordo. Insomma, mille malanni.100 1901 All’Hotel Milan il 21 gennaio rimane emi- Ma nel 1883 era stato più pessimista: plegico e incosciente per un ictus cerebra- le. Si dispiega una mobilitazione generale: Gli anni cominciano proprio ad essere le autorità inviano telegrammi, una folla troppi e penso… penso che la vita è la cosa attende notizie sotto il suo appartamento, più stupida, e quello che è ancor peggio per non disturbare le sue ultime ore la stra- inutile. Cosa si fa? Cosa abbiamo fatto? Co- da viene cosparsa di paglia per attutire ogni sa faremo? Nulla.101 rumore e viene impedito il passaggio dei veicoli. Giuseppe Verdi muore alle 2.50 del 1898 27 gennaio, assistito da Maria Carrara, Te- A Parigi vengono eseguiti i Pezzi sacri, resa Stolz, Giulio e Giuditta Ricordi, Arrigo mentre in Italia debuttano sotto la bacchet- Boito, Giuseppe Giacosa, l’avvocato Cam- ta di Arturo Toscanini, passando poi in In- panari, il proprietario dell’albergo e alcuni ghilterra e Germania. Il giovane direttore medici. Il 30 gennaio una folla numerosa incontra Verdi per ricevere alcuni consigli assiste al trasferimento della salma al Ci- sull’esecuzione. La salute peggiora e au- mitero monumentale di Milano. I funerali mentano i problemi di cuore.102 sono semplici secondo le sue volontà:

1900 Ordino che i miei funerali sieno modestis- Si sceglie di intitolargli il Conservatorio di simi, e sieno fatti o allo spuntar del giorno, Milano, ma Verdi non è d’accordo: o all’Ave Maria di sera senza canti e suoni. Non voglio nessuna partecipazione della Conservatorio “Giuseppe Verdi” è una sto- mia morte colle solite formole. nazione! Un Conservatorio ha attentato (non esagero) alla mia esistenza, ed io deb- Il giorno seguente Toscanini dirige alla bo sfuggirne fin la memoria. E se quel Scala un solenne concerto commemorati-

215 vo. Il 27 febbraio le salme di Verdi e della 9 È a questi episodi che si riferisce il celebre aneddoto secondo cui durante la funzione religiosa il piccolo moglie, seguite dalle autorità e da circa tre- Giuseppe, distratto dall’ascolto, ricevette in cambio centomila persone, vengono trasportate, una pedata dal prete, che avrebbe aggiunto «Dio dopo apposito decreto parlamentare, all’O- t’manda ’na sajetta!» Ma sarà invece il sacerdote – co- ratorio della Casa di Riposo per musicisti, me raccontò Verdi – a morire colpito da un fulmine du- rante una messa. dove verranno conservate rispettando così 10 I filarmonici di Busseto costituivano una piccola le volontà del Maestro; simultaneamente, banda composta da dilettanti, che si esibiva in case pri- novecento esecutori diretti da Toscanini vate. cantano Va pensiero dalla gradinata del Fa- 11 Dopo la morte della seconda moglie di Antonio Ba- rezzi, che li aveva custoditi. nedio. La Casa di riposo per musicisti verrà 12 Grazie all’intercessione della duchessa Maria Lui- inaugurata nel 1902, solo dopo la morte di gia tramite lo stesso Barezzi. Altrimenti gli sarebbe sta- Verdi, che non voleva essere ringraziato ta concessa se avesse frequentato per un anno il Con- personalmente. Boito lo ricordò con im- servatorio di Milano. I “forestieri” potevano essere am- messi solo come paganti nella classe di pianoforte. mensa ammirazione: 13 Autore di balletti e opere, rappresentate anche alla Scala con discreto successo, Vincenzo Lavigna (1776- L’atto della mia vita di cui maggiormente 1836), di scuola napoletana (fu allievo di Paisiello) e mi compiaccio è la servitù volontaria che sostituto al teatro milanese, insegnava al conservatorio di Milano dal 1823. ho dedicato all’uomo giusto, nobile fra tutti 14 Lettera a , 1871. e veramente grande. 15 Vi era stato ammesso senza concorso Giovanni Fer- rari, nonostante la disputa sollevata da Verdi. 16 Nel 1918 Toscanini trovò nella partitura Fu maestro di cappella alla Corte Ducale di Parma. 17 Fondato dal duca Carlo Visconti di Modrone per aiu- autografa di Falstaff un appunto di Verdi: tare ex-teatranti bisognosi. 18 Probabile rifacimento del progetto operistico origi- Tutto è finito, nario perduto e mai rappresentato intitolato Rocester (pare che Verdi sperasse in una sua messa in scena a Va, va, vecchio John, Parma). Viene altresì menzionato il titolo Lord Hamil- Cammina per la tua via ton, forse solo una fonte librettistica per l’Oberto (cfr. J. Fin che tu puoi. BUDDEN, Tutte le opere di Verdi, vol. I, EDT, Torino, Divertente tipo di briccone 1985). 19 In carriera dal 1834 al 1846, Giuseppina Strepponi fa Eternamente vero sotto una brillante cantante, ma allora in declino, peraltro Maschera diversa in ogni dopo una trascorsa vita sentimentale tormentata. Par- Tempo, in ogni luogo. lava anche l’inglese e il francese ed era diplomata in Va, va, pianoforte. 20 In una custodia con l’incisione «Ricordi della mia Cammina, cammina povera famiglia», Verdi conserverà per tutta la vita i lo- 103 Addio!!!! ro anelli nuziali, i capelli biondi di lei incastonati nel proprio anello, un suo anellino e un fermaglio, e una ciocca di capelli di Antonio Barezzi, dopo la morte di quest’ultimo. Alla morte di Verdi, per suo volere sarà NOTE consegnata agli eredi di Barezzi. 21 Il racconto leggendario su Nabucco viene stempera- 1 Lettera a Ricordi, 20 novembre 1880. to dalla ricostruzione di M. LESSONA in Volere è potere 2 Lettera a Ricordi, 1868. 3 del 1869, antecedente, probabilmente più veritiera e Lettera a Giulio Ricordi, 1880. approvata in seguito dallo stesso compositore: abban- 4 Lettera a Camille Du Locle. 5 donato il libretto dell’opera per circa cinque mesi, Ver- Secondo i registri battesimali (dove fu iscritto come di lo riprese per caso in mano, lesse l’ultima scena e la Joseph Fortunin François, poiché il ducato di Parma musicò. era sotto dominio francese). Verdi sosteneva di essere 22 Lettera a Clarina Maffei, 12 maggio 1858. nato il 9 ottobre, giorno di S. Donnino, fatto plausibile 23 Vienna e Lisbona, 1843; Barcelona, Berlino, Corfù, poiché i nati dopo il tramonto venivano registrati nel Stoccarda, Oporto, Malta, 1844; Parigi, Amburgo, Mar- giorno successivo. siglia, Algeri, 1846; Copenaghen, Costantinopoli, Buda- 6 Frazione a 5 Km da Busseto. 7 pest, Londra, 1847; L’Avana, Bucarest, 1847; New York, Secondo i primi biografi la madre si era rifugiata con Bruxelles, 1848; Praga, 1849; Lwow, Buenos Aires, lui nel campanile della chiesa delle Roncole. Una lapi- 1850; Zurigo, San Pietroburgo, 1851. de ricorda l’avvenimento. 24 8 A partire dal 1888 incorporerà l’editore Lucca che Sui tasti acuti riporta ancora i nomi delle note aggiun- disponeva ancora dei diritti di Attila, I Masnadieri e Il ti a penna. Verdi la custodì per tutta la vita. Attualmente corsaro. è conservata al Museo della Scala di Milano. 216 25 Fu amante dello zar di Russia. di un nuovo maestro di musica della città erano stati 26 In F. ABBIATI, La vita e le opere di Giuseppe Verdi, totalmente ignorati. Milano 1959. 68 Dal 1859 in Francia si utilizzava il diapason a 435 27 Dopo i successi veneziani, Verdi cambierà opinione Hz. Nel 1885 Boito rappresenterà l’Italia al congresso sulla città lagunare:«Scriveva che non mi piaceva il internazionale di musica di Vienna sostenendo la tesi soggiorno di Venezia, dimani al contrario con mio gran di Verdi per un diapason a 432 Hz. Verranno adottati i dispiacere la devo lasciare. E chi non sarà sensibile a 435 Hz. tante gentilezze?». Tuttavia in seguito ribadirà su Vene- 69 Dichiarazione alla «Neue Freie Press» di Vienna, 1875. zia: «Questa quiete cupa e melancolica mi mette ora 70 Lettera a Opprandino Arrivabene, 1868. d’un umore qualche volta insopportabile». All’Hotel 71 Lettera ad Opprandino Arrivabene, 16 luglio 1875. Europa orchestrò Rigoletto, Traviata e Simon Boccane- 72 Lettera ad Achille Torelli, 1867 gra. 73 Va in scena dopo due anni dall’apertura dello stret- 28 Verdi era stato preferito a Donizetti, Mercadante, Pa- to. In caso di rifiuto la commissione sarebbe passata a cini e Nini. Gounod o Wagner. 29 Lettera alla direzione del Teatro La Fenice, 1843. 74 Lettera a Ghislanzoni, 17 agosto 1870. 30 Lettera a Cammarano, 4 aprile 1851. 75 Lettera a Giulio Ricordi, 1871. 31 Lettera al segretario della Fenice Guglielmo Brenna. 76 Lettera a Ricordi. 32 Lettera a Francesco Maria Piave, 8 agosto 1843. 77 Nel 1870 aveva diretto il Lohengrin di Wagner. 33 Modesto compositore di opere, svolse una carriere 78 Poi Hotel Hasserl, ora scomparso. internazionale di direttore d’orchestra. 79 La motivazione originaria della nomina a senatore 34 La frase di Attila «Avrai tu l’universo, resti l’Italia a verrà quindi appositamente modificata. me» era diventata uno slogan patriottico. 80 Lettera a Giuseppe Piroli, 1883. 35 Lettera al Piave, settembre 1846. 81 Lettera ad Arrivabene, 15 marzo 1883. 36 Si era stabilita nella capitale francese dal 1846 come 82 Per Faccio Boito aveva redatto il libretto su insegnante, fondando anche una scuola di canto. di Shakespeare. 37 Lettera al Piave, aprile 1848. 83 Lettera ad Antonio Somma. 38 Lettera a Clarina Maffei, 3 ottobre 1848. 84 Lettera all’amico pittore Domenico Morelli, 14 mar- 39 Lettera a Piave, 1847. zo 1873. 40 Lettera a Mauro Corticelli, 27 settembre 1862. 85 Lettera all’amico Opprandino Arrivabene, 14 set- 41 Lettera al Piave, aprile 1851. tembre 1880. 42 Dove subirà cambiamenti nel titolo (Viscardello, 86 Lettera a Giuseppe Perosio, 7 giugno 1880. Clara di Perth, Lionello). 87 Lettera a Giulio Ricordi, 2 maggio 1879. 43 Lettera ad Antonio Somma. 88 Lettera a Giulio Ricordi, 1880. 44 Lettera a Clarina Maffei, 1852. 89 Lettera a Boito, 11 dicembre 1880. 45 La borsa di studio che aveva percepito gli era stata 90 Lettera a Ricordi, 20 novembre 1880. donata “per legato”, oltre al fatto che inizialmente gli in- 91 Dal testamento olografo di Verdi: «Di distribuire in carichi musicali della cittadina gli erano stati negati. perpetuo l’elemosina di lire trenta per ciascuno a cin- 46 Lettera ad Antonio Barezzi, gennaio 1852. quanta poveri del mio villaggio nativo le Roncole il 47 Verdi lo scoprirà soltanto nel 1882, in occasione del giorno 10 Novembre di ogni anno; Si distribuiranno ai debutto postumo dell’opera di Donizetti. poveri del Villaggio di S.Agata lire mille nel giorno do- 48 Lettera a Muzio. po la mia morte». 49 Lettera a Léon Escudier, 1867. 92 Lettera ad Arrivabene, 25 marzo 1881. 50 Lettera Tito Ricordi, 11 marzo 1874. 93 Lettera ad Arrivabene, 2 aprile 1881. 51 Lettera a Giulio Ricordi, 9 giugno 1894. 94 Lettera a Ricordi. 52 Lettera a Piave da Parigi, 3 settembre 1856. 95 Lettera ad Arrivabene, 10 giugno 1884. 53 Lettera al Piave. 96 Lettera all’amico Opprandino Arrivabene, 19 marzo 54 Lettera a Clarina Maffei. 1886. 55 Lettera a Barezzi. 97 Pubblicato sulla «Gazzetta musicale» di Milano. Ver- 56 Riferito da Ghislanzoni nel 1865. di rispose a Carducci:«Non avrei mai osato sperare 57 Lettera a Tito Ricordi, 4 febbraio 1859. ch’Ella potesse rammentare il mio nome con parole in- 58 A pochi chilometri da Ginevra, nell’Alta Savoia. dulgenti e tanto splendide. M’inchino ringrazio, e con 59 Ringraziamento al Podestà di Busseto. ammirazione profonda mi dico, Dev.mo». 60 Lettera a Francesco Maria Piave, 8 febbraio 1865. 98 Lettera a Boito, 7 luglio 1889. 61 Lettera a Du Locle, 7 dicembre 1869. 99 Franchetti scriverà l’opera Cristoforo Colombo. 62 Lettera ad Arrivabene, 5 febbraio 1876. 100 Lettera a Boito, 1897. 63 Oltre a Verdi. erano stati convocati Buzzolla, Bazzi- 101 Lettera a Clarina Maffei. ni, Pedrotti, Cagnoni, , Nini, Boucheron, 102 Secondo Il Caffaro di Genova. Coccia, Gaspari, Platania, Petrella e Mabellini. 103 Conservato al Museo Teatrale alla Scala. 64 Lettera a Clarina Maffei. 65 Lettera a Clarina Maffei, 24 maggio. 66 Lettera a Clarina Maffei, 7 luglio. 67 Verdi aveva rifiutato di partecipare all’inaugurazio- ne del nuovo teatro, e aveva accumulato risentimenti dopo che nel 1856 i consigli richiestigli per la nomina

217 Giuseppe Verdi. (1900).

218 BIBLIOGRAFIA PER IL CENTENARIO a cura di GILDO SALERNO

Le pubblicazioni dell’Istituto Nazionale di verdiane è stampata da Casa Ricordi e dal- Studi Verdiani di Parma, qui sotto indicate, la University of Chicago Press. Sono stati costituiscono ormai un punto di riferimen- finora pubblicati: Nabucco, Ernani, Alzira, to essenziale all’interno della ricchissima Il corsaro, Luisa Miller, Rigoletto, Il trova- bibliografia verdiana: tore, La traviata, Messa da requiem. - «Bollettino di studi verdiani», dal 1960; - «Quaderni dell’Istituto di studi verdiani», - Tutti i libretti di Verdi, a cura di LUIGI dal 1963; BALDACCI, Milano, Garzanti, 1975. - «Atti di Congressi», dal 1969; - Verdi: tutti i libretti d’opera, a cura di PIE- - «Studi verdiani», rivista attiva dal 1982; RO MIOLI, 2 voll., Roma, Newton Comp- - «Carteggi». ton, 1996. - Tutti i libretti di Verdi, introduzione e no- te di LUIGI BALDACCI, Torino, UTET, 1996. a) Bibliografie e cataloghi - Verdi. Libretti, antologia di libretti ver- diani (Nabucco, Macbeth, Rigoletto, Il «Studi verdiani», sin dal primo numero del trovatore, La Traviata, Un ballo in ma- 1982, pubblica una Bibliografia verdiana, schera, Aida, Otello, Falstaff), con un sag- a cura di Marcello Conati, che censisce le gio di , Milano, Oscar Clas- pubblicazioni dal 1977 a oggi. sici Mondadori, 2000 (insieme con un vo- -CECIL HOPKINSON, A Bibliography of the lume antologico di Lettere). Works of Giuseppe Verdi, 1813-1901, 2 voll., Broude Brothers, New York 1973 e 1978. c) Carteggi -MARTIN CHUSID, A Catalog of Verdi’s Ope- ras, Boonin, Hackensack (NJ) 1974 (Mu- - I copialettere di Giuseppe Verdi, a cura di sic Indexes and Bibliographies, 5). GAETANO CESARI e ALESSANDRO LUZIO, Mi- -ELVIDIO SURIAN, Lo stato attuale degli stu- lano 1913 (ristampa anastatica: Bologna, di verdiani: appunti e bibliografia ragio- Forni, 1968). nata, in «Rivista italiana di musicologia», - Verdi intimo: carteggio di Giuseppe Verdi XII, 1977, pp.305-329. con il conte Opprandino Arrivabene (1861-1886), a cura di Annibale Alberti, Milano, Mondadori, 1931. b) Opere e libretti - Franco Faccio e Verdi: carteggi e docu- menti inediti, a cura di RAFFAELLO DE Le opere di Giuseppe Verdi / The Works of RENSIS, Milano, Treves, 1934. Giuseppe Verdi, a cura di Philip Gossett, - Carteggi verdiani, a cura di ALESSANDRO Julian Budden, Martin Chusid, Francesco LUZIO, 4 voll., Roma, Reale Accademia Degrada, Gabriele Dotto, Ursula Günther, d’Italia e Accademia Nazionale dei Lin- Giorgio Pestelli e Pierluigi Petrobelli. Av- cei, 1935-47. viata nel 1983, l’edizione critica delle opere - Giuseppe Verdi: autobiografia dalle lette-

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225 Isaac Karabtchevsky.

226 BIOGRAFIE a cura di PIERANGELO CONTE

ISAAC KARABTCHEVSKY Alla Fenice è stato protagonista di importan- Brasiliano di genitori russi, Isaac Karabt- ti allestimenti quali Erwartung, Il castello chevsky ha compiuto gli studi di direzione del principe Barbablù, L’olandese volante, d’orchestra e composizione in Germania Don Giovanni, Falstaff, Carmen, Fidelio, Ai- perfezionandosi con Wolfgang Fortner, da, Re Teodoro in Venezia di Giovanni Pai- Pierre Boulez e Carl Ueter. Attualmente è siello, Sansone e Dalila, Un ballo in masche- Direttore Musicale del Teatro La Fenice do- ra, Sadkò di Rimskij-Korsakov, Billy Budd ve dal 1995 è anche Direttore Principale e nonché in molti concerti sinfonici (Messa da dal gennaio 2001 è responsabile della pro- Requiem di Verdi). Nel febbraio 1999 ha di- grammazione artistica. Dal 1981 al giugno retto all’Opera House di Washington il Boris 2000 è stato Direttore Artistico del Teatro Godunov con Samuel Ramey; il critico Tim Municipal di San Paolo. In entrambi i teatri è Page del Washington Post ha giudicato que- costantemente impegnato sia nella direzio- sta esecuzione come uno dei due migliori ne di opere liriche che nelle stagioni sinfoni- spettacoli della stagione. L’attività concerti- che. Inoltre, dal 1988 al 1994, Karabtchevsky stica lo ha portato a dirigere le più prestigio- è stato Direttore Artistico della Niederoster- se orchestre internazionali collaborando reichischer Tonkunstlerorchester di Vienna, con solisti quali Isaac Stern, Mtislav Rostro- con la quale ha compiuto numerose tournée povicŠ, Martha Argerich, Claudio Arrau, Gi- internazionali. Per questa sua importante at- don Kremer, Eva Marton, Maria Guleghina. tività è stato insignito dell’Alta Onorificenza Le principali interpretazioni di Karabtchev- del governo Austriaco per meriti culturali, sky alla Fenice sono state edite in CD da riconoscimento assegnato per la prima volta «Mondo Musica» di di Baviera, la ad un artista brasiliano. Gli impegni di diret- casa discografica del teatro veneziano. Ser- tore lo hanno portato alla Staatsoper e alla gio Segalini, direttore di «Opera internatio- Volksoper di Vienna dove ha ottenuto un nal», ha indicato il suo Fidelio come un pun- particolare successo con Una tragedia fio- to di riferimento tra le ultime produzioni rentina, Il compleanno dell’infanta di Zem- dell’opera beethoveniana. linsky, L’affare Makropulos di JanácŠek, Carmen e Il barbiere di Siviglia. Ha inoltre ELIO DE CAPITANI diretto al Musikverein di Vienna, al Concert- Regista, attore, autore, ha iniziato la carriera gebouw di Amsterdam, al Royal Festival di artistica al Teatro dell’Elfo dove ha lavorato Londra, alla Salle Pleyel di Parigi, al Ken- in oltre una dozzina di spettacoli diretti da nedy Center di Washington, alla Carnegie Gabriele Salvatores, dove ha firmato la pri- Hall di New York, alla Staatsoper di Vienna, ma regia (Nemico di classe di Nigel Wil- alla Staatsorchester di Hannover, al Teatro liams, 1982) e dove, divenuto regista stabile, Comunale di Bologna, all’Accademia Nazio- ha inaugurato una nuova linea rivolta alla nale di Santa Cecilia, al Teatro Massimo di drammaturgia contemporanea, linea che ha Palermo, al Teatro Real di Madrid, alla RAI trasformato l’Elfo in un teatro d’avanguar- di Torino, al Teatro Colon di Buenos Aires, dia nel panorama italiano, forte di una pro- alla Deutsche Oper am Rhein Düsseldorf. grammazione ricca di prime italiane, di im-

227 portanti collaborazioni e di significativi rico- ro in Babilonia, opere presentate in teatri noscimenti. Tra i suoi lavori ricordiamo L’i- italiani, e per Elisir d’amore proposto in sola, Il lago, Il servo, Sogno di una notte di Spagna. Vincitore del «Premio Milano 90 – Il mezza estate, Le amare lacrime di Petra von contemporaneo» per le scene della Bottega Kant (diretto a quattro mani con Ferdinando del caffè, a partire dal 1991 stabilisce una Bruni, con il quale ha stabilito un duraturo fruttuosa collaborazione con il coreografo sodalizio, e premiato con il Biglietto d’oro Cannito, con il quale realizza diversi spetta- Agis-BNL 1990), La danza immobile, Il poz- coli di danza. Regolarmente presente nelle zo dei pazzi, La sposa di Messina, Risveglio più importanti stagioni italiane, partecipa di primavera, La bottega del caffè (rappre- alle produzioni di Amarcord e del Carro sentato in Italia ed in tournée in Sud Ameri- fantastico alla Scala e di Maria Stuarda al- ca) e I rifiuti, la città e la morte che conclude l’Opera di Roma. Negli ultimi anni si inten- la trilogia dedicata a Fassbinder. In seguito sifica il sodalizio artistico con De Capitani, alla costituzione di Teatridithalia, organi- sodalizio che ha dato vita ai Turcs tal Friul, smo nato dall’unione dell’Elfo con il Teatro al Sogno di una notte di mezza estate, al di Porta Romana, firma la regia di Resti Tango americano, a La morte e la fanciulla, umani non identificati e la vera natura del- a I rifiuti la città la morte, a Orestea – Eu- l’amore, Decadenze e Alla greca. Dirige Ma- menidi, a Edoardo II, ai Due gemelli vene- riangela Melato in Un tram chiamato desi- ziani. derio per il Festival dei Due Mondi di Spole- to nel 1993 e in Tango barbaro nel 1995. FRANCESCO FRONGIA Tornato a Shakespeare con Amleto, mette in Resti umani non identificati e la vera natu- scena I Turcs tal Friul di Pasolini alla Bien- ra dell’amore di Brad Fraser è il titolo della nale di Venezia, Caligola, La morte e la fan- sua prima video-installazione. A quel pe- ciulla, Tango americano, Edoardo II e re- riodo risalgono le sue prime opere di video- centemente Giochi di famiglia. Con Simon arte che vengono presentate in diversi fe- Boccanegra, Elio De Capitani è alla sua pri- stival italiani e internazionali. In seguito ma regia lirica. collabora con Andrea Taddei per Motel e Il berretto a sonagli e con Armando Pugliese CARLO SALA per Il segno verde, La pelle, Le città del La sua carriera è contraddistinta dalla con- mondo, La guerra di Troia non si farà, La tinua collaborazione con De Capitani al Gerusalemme liberata. È stato aiuto regista Teatro dell’Elfo per quanto riguarda la pro- di Elio De Capitani tra il 1994 ed il 1998 con sa e con Puecher e Nunziata per quanto il quale ha realizzato lo spettacolo-concerto concerne la lirica. Nel primo periodo ha fir- La nuova gioventù di Pasolini e i filmati per mato gli abiti per numerosi lavori teatrali e Orestea – Eumenidi di Eschilo. Die Hoch- le scene e i costumi per Bohème, Arcadia in zeit di Wagner è la sua prima regia: ad essa Brenta, , Cavalleria rusticana, è seguita quella per Pollicino di Henze e per Luisa Miller, La serva padrona, Il pirata, Si- Mentre le ombre si allungano con il gruppo mon Boccanegra, Il matrimonio segreto, Ci- La Crus.

228 di Napoli, Covent Garden, Staatsoper di CARLO GUELFI Vienna, Lyric Oper di Chicago, nelle sedi li- Ha studiato canto con lo zio paterno. Vinci- riche di Colonia, Zurigo, Bonn, Amburgo) tore del Concorso «Aureliano Pertile» e pre- collaborando con importanti direttori quali miato al «Giacomo Lauri Volpi» come “ri- Riccardo Muti, Gianluigi Gelmetti, Alain velazione lirica internazionale”, ha avviato Guingal, Lorin Maazel, Bruno Bartoletti, da subito varie collaborazioni con i più im- Georges Prêtre, Daniel Oren, Riccardo portanti teatri e le più significative istitu- Chailly, Christian Thielemann, sir Colin zioni musicali sia in Italia che all’estero. Davis. Recentemente ha cantato nel Don Nel corso della carriera ha affrontato con Giovanni a Bilbao, in Saffo di Pacini, in successo i principali capolavori melodram- Carmen a Bilbao e a Macerata, in matici ottocenteschi (è considerato uno diretta da Zubin Mehta, in Aida al PalaFe- specialista delle opere di Verdi), i più im- nice nel 1998. portanti testi del repertorio di matrice veri- sta impegnandosi anche nell’esecuzione di AYK MARTIROSSIAN brani di autori contemporanei. Ha spesso Completati gli studi, dopo essersi affermato collaborato con famosi direttori (Leonard in vari concorsi internazionali, dal 1994 al Bernstein, Nello Santi, Peter Maag, Carlo 1998 ha fatto parte del cast dei solisti del Maria Giulini, Zubin Mehta, Giuseppe Sino- Teatro Municipale di Mosca e ha stabilito poli, Antonio Pappano). Carlo Guelfi ha una fattiva collaborazione con il Bol’sŠoj cantato in Rigoletto (1997), Aida (1998), Ma- dove ha sostenuto i ruoli protagonistici nel ria di Rohan (1999) e Sansone e Dalila Boris Godunov ed in Aida e dove tornerà (1999) al PalaFenice. L’anno scorso ha ri- per Nabucco. Più recentemente Ayk Marti- scosso un grande successo personale nel rossian, regolarmente ospite nei cartelloni Simon Boccanegra presentato al Festival di di prestigiosi teatri europei, è stato membro Salisburgo sotto la direzione di Abbado e dell’Opera di Stato di Vienna, dove ha can- all’Opera di Roma per Amonasro in Aida. tato in Ernani, Rigoletto, Fedora.

LUCIA MAZZARIA FABIO SARTORI Vincitrice del Concorso «Puccini» e del Tra i più promettenti giovani tenori lirici ita- Concorso Internazionale di Rio de Janeiro, liani, Fabio Sartori ha mosso i primi passi in il soprano Lucia Mazzaria ha debuttato nel Fenice debuttando nel 1993 in Mosè, nel 1987 al Teatro La Fenice nel ruolo di Mimì 1994 in Tristano e Isotta, nel 1995 in Bohè- riscuotendo un entusiastico successo di me. Successivamente ha cantato a Bologna pubblico e di critica che l’ha avviata ad una la Petite Messe Solemnelle per la direzione significativa carriera internazionale. Ha di Leone Magiera e la parte di Percy nell’An- cantato infatti in moltissime opere nei più na Bolena, ha debuttato al Rossini Opera Fe- prestigiosi teatri (Teatro alla Scala, Teatro stival nell’Occasione fa il ladro, ha imperso- Comunale di Bologna, Teatro Comunale di nato Pinkerton al Comunale di Firenze ed al Firenze, Arena di Verona, Teatro San Carlo Verdi di Trieste, Carlo nella Linda di Cha-

229 mounix al Comunale di Bologna ed Edgardo L’inganno felice a Padova in una produzio- nella Lucia di Lammermoor alla Fenice di ne del Teatro La Fenice, Trovatore, Bohème, Venezia. Nella stagione 1997-1998 ha lavo- Lucia di Lammermoor. rato con Riccardo Muti alla Scala per il Mac- beth inaugurale (Macduff) e per la Messa da DARIO BALZANELLI Requiem di Verdi, con Daniele Gatti al Co- In seguito al debutto al Teatro di Marsala nel munale di Bologna nel Simon Boccanegra e ruolo di Edgardo in Lucia di Lammermoor, con Eliahu Inbal nel Don Carlo; al PalaFeni- ha cantato numerose opere del repertorio li- ce ha cantato il ruolo del titolo nel Werther rico tra cui , Traviata, Ri- di Massenet. Recentemente ha collaborato goletto. Dopo esser stato Rodolfo, Macduff, con Oren per Lucia di Lammermoor, con Nemorino al Teatro Bonci di Cesena nel Callegari per Oberto, conte di San Bonifacio, 1998, ha svolto una tournée concertistica in con Abbado per Simon Boccanegra e con tutto il mondo, si è riproposto nella Bohème Karabtchevsky per la Messa da Requiem di a Sassari, in Austria e Germania ed ha inter- Verdi presentata al PalaFenice lo scorso di- pretato Edmondo nella Manon Lescaut che cembre. il Teatro La Fenice ha rappresentato a Co- penhagen l’anno scorso. Recentemente ha MARCO VRATOGNA debuttato nella Messa da Requiem di Verdi a Allievo di Angelo Bertacchi e Leone Magiera, Klagenfurt. il giovane baritono Marco Vratogna ha debut- tato di recente in , produzione GISELLA PASINO allestita nei teatri del circuito lombardo, ed in Ha debuttato in Aida a Roma nel 1987: da al- Stiffelio al Teatro Verdi di Trieste. lora il suo repertorio si è arricchito di nume- rosi ruoli verdiani quali Preziosilla nella For- PAOLO RUMETZ za del destino, Fenena nel Nabucco, Maddale- Inizia a Trieste lo studio del canto ed in se- na nel Rigoletto, Azucena nel Trovatore ed guito si perfeziona a Monaco. Debutta nel Eboli nel Don Carlo. Dopo il successo ottenu- Maestro di cappella e si esibisce al Festival to a Francoforte accanto a Renato Bruson nel- dei Due Mondi di Spoleto in un pastiche di la riscoperta dell’opera Cristoforo Colombo di musiche mozartiane. Successivamente, in Franchetti, Gisella Pasino ha calcato i princi- teatri italiani ed europei, interpreta numero- pali palcoscenici italiani e stranieri. Recente- si ruoli, affrontando opere di diversa appar- mente applaudita in Carmen, vanta una note- tenenza storica (Parsifal, Traviata, Don Gio- vole produzione discografica. vanni, Il turco in Italia, Sonnambula, Gio- conda, I quattro rusteghi). Ha cantato inoltre ANTONIO SALVADORI in oratori (Praecursor Domini di Frescobal- Vincitore di sette concorsi lirici, giovanissi- di) ed operette (Boccaccio). Tra gli impegni mo debutta nei Pagliacci, nel Barbiere di Si- delle ultime stagioni segnaliamo Gioconda, viglia, in Un ballo in maschera ed in Rigo- Carmen, , La pietra del paragone al letto. Inizia così una carriera internazionale Garsington Opera Festival, La cenerentola, che lo vede interpretare i principali ruoli di

230 baritono drammatico nelle più importanti Lucia di Lammermoor), Bizet (Carmen), sedi liriche mondiali. Al Teatro alla Scala Puccini (Bohème). Regolarmente impegna- debutta in Luisa Miller e vi ritorna per Bea- to in registrazioni discografiche e cinema- trice di Tenda, I pagliacci e La fanciulla del tografiche, lo scorso dicembre ha cantato west. Diretto da bacchette di grandissimo nella Messa da Requiem di Verdi al PalaFe- calibro quali Kleiber, Muti, Maazel, Gavaz- nice. zeni, Sinopoli, Chailly, recentemente si è esibito nella Bohème, in Simon Boccanegra, MAURIZIO GRAZIANI Cavalleria rusticana, Macbeth, Nabucco, Specializzato nel repertorio verdiano e ve- Tosca, Aida, Rigoletto. rista, Maurizio Graziani ha interpretato I due Foscari, Macbeth, Stiffelio, Trovatore, SERENA FARNOCCHIA Aida (a Buenos Aires, all’Arena di Verona, L’affermazione in importanti concorsi in- a Helsinki, al Festival di Trapani e di Aven- ternazionali l’ha condotta al debutto nello ches), Cavalleria rusticana, Adriana Le- Speziale di Haydn ed in Lucia di Lammer- couvreur (ad Atene), Andrea Chénier (a moor a Philadelphia al fianco di Luciano Catania). In repertorio vanta anche nume- Pavarotti. Perfezionatasi con Magda Olive- rosi titoli pucciniani: Manon Lescaut (can- ro e Riccardo Muti in seno alla Scala dove tata nei teatri lombardi, a Palermo e a Cata- ha cantato in Nina pazza per amore, in Don nia), Madama Butterfly (a Tokyo e a Torre Giovanni, in Armide e nel Concerto di Pa- del Lago), Manon Lescaut, La fanciulla del squa, si è esibita in Adelia di Donizetti, in west, Tosca, Turandot. Tannhäuser a Napoli, in Iris, in Carmen, nella Donna senz’ombra per la direzione di MARCO DI FELICE Sinopoli, nella Bohème a Roma. Da cinque anni in carriera, dopo aver fre- quentato diverse masterclass ed aver vinto MAURIZIO MURARO prestigiosi premi, ha debuttato in Così fan Vincitore del Concorso Internazionale «Ka- tutte. Successivamente ha cantato nelle tia Ricciarelli», del Concorso Europeo Nozze di Figaro, nella Scala di seta (al Tea- «Adriano Belli» di Spoleto, del Premio Na- tro Comunale di Bologna), nella Bohème zionale Austriaco «H. Wechter» quale mi- (anche all’Opera di Roma), nella Cambiale glior interprete della stagione 1999-2000, di matrimonio, nel Requiem di Fauré (alle- già da alcuni anni Maurizio Muraro ricopre stito dall’Arena Sferisterio di Macerata), nel ruoli principali nei maggiori teatri in Italia Signor Bruschino (anche con Gelmetti), ed in Europa. Ha cantato a Vienna, Bruxel- nell’Amico Fritz (al San Carlo di Napoli), les, Amburgo, Berlino, Monaco di Baviera nel Viaggio a Reims (per la bacchetta di sotto la direzione di maestri quali Muti, Si- Zedda), nella Cena delle beffe, in Madama nopoli, Oren, Metha, Davis, Pappano, esi- Butterfly (a Tokyo). bendosi in opere di Mozart (la trilogia da- pontiana), Rossini (Un viaggio a Reims), Donizetti (Elisir d’amore, ,

231 FONDAZIONE TEATRO LA FENICE DI VENEZIA

CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE

presidente Paolo Costa

consiglieri: Giorgio Pressburger

Angelo Montanaro

segretario Tito Menegazzo

COLLEGIO REVISORI DEI CONTI

presidente Angelo Di Mico

Adriano Olivetti

Maurizia Zuanich Fischer

SOCIETÀ DI REVISIONE PricewaterhouseCoopers S.p.A.

232 icdirettore musicale eIsaac Karabtchevsky

segretario generale Tito Menegazzo

direttore del personale Paolo Libettoni

direttore dell’organizzazione scenica e tecnica Giuseppe Morassi

segretario artistico Sandra Pirruccio

capo ufficio stampa e relazioni esterne Cristiano Chiarot

fotocomposizione e scansioni immagini Texto - Venezia

stampa Grafiche Zoppelli - Dosson di Casier (TV)

Supplemento a: LA FENICE Notiziario di informazione musicale e avvenimenti culturali della Fondazione Teatro La Fenice di Venezia dir. resp. C. CHIAROT, aut. Trib. di Ve 10.4.1997, iscr. n. 1257, R. G. stampa

finito di stampare nel mese di gennaio 2001

233 AREA ARTISTICA

ORCHESTRA DEL TEATRO LA FENICE

ISAAC KARABTCHEVSKY direttore principale JEFFREY TATE primo direttore ospite

MAESTRI COLLABORATORI direttore musicale di palcoscenico maestri di sala maestri di palcoscenico Giuseppe Marotta * Stefano Gibellato * Silvano Zabeo * Roberta Ferrari ◆ Ilaria Maccacaro ◆

maestro suggeritore maestri alle luci Pierpaolo Gastaldello ◆ Gabriella Zen *

Violini primi Viole Flauti Trombe Roberto Baraldi • Alfredo Zamarra • Angelo Moretti • Fabiano Cudiz • Mariana Stefan • Elena Battistella Andrea Romani • Fabiano Maniero • Nicholas Myall Antonio Bernardi Luca Clementi Mirko Bellucco Mauro Chirico Ottone Cadamuro Gianfranco Busetto Andrea Crosara Rony Creter Ottavino Enrico Roccato ◆ Pierluigi Crisafulli Anna Mencarelli Franco Massaglia Eleonora Zanella ◆ Loris Cristofoli Paolo Pasoli Gisella Curtolo Stefano Pio Oboi Tromboni Roberto Dall’Igna Katalin Szabo Rossana Calvi • Giovanni Caratti • Marcello Fiori Maurizio Trevisin Marco Gironi • Massimo La Rosa • Elisabetta Merlo Roberto Volpato Walter De Franceschi Federico Garato Sara Michieletto Alberto Salomon ◆ Claudio Magnanini Annamaria Pellegrino Corno inglese Maurizio Meneguz ◆ Pierluigi Pulese Violoncelli Renato Nason Daniela Santi Luca Pincini • Tuba Anna Tositti Alessandro Zanardi • Clarinetti Alessandro Ballarin Anna Trentin Nicola Boscaro Alessandro Fantini • Maria Grazia Zohar Bruno Frizzarin Vincenzo Paci • Fisarmonica Clara Marzorati ◆ Paolo Mencarelli Federico Ranzato Roberto Pasqualato • Mauro Roveri Violini secondi Renato Scapin Clarinetto basso Timpani Alessandro Molin • Marco Trentin Renzo Bello Gabriele Cappelletto•◆ Gianaldo Tatone • Maria Elisabetta Volpi Luciano Crispilli F. Dimitrova Ivanova ◆ Fagotti Percussioni Alessio Dei Rossi Daniela Condello ◆ Roberto Giaccaglia • Attilio De Fanti Enrico Enrichi Carlo Teodoro ◆ Dario Marchi • Gottardo Paganin Maurizio Fagotto Roberto Fardin Roger Catino ◆ Emanuele Fraschini Contrabbassi Massimo Nalesso Maddalena Main Matteo Liuzzi • Arpe Luca Minardi Stefano Pratissoli • Controfagotto Brunilde Bonelli • ◆ Mania Ninova Ennio Dalla Ricca Fabio Grandesso Marco Paladin Giulio Parenzan Pianoforti e tastiere Rossella Savelli Marco Petruzzi Corni Carlo Rebeschini • Aldo Telesca Alessandro Pin Konstantin Becker • Johanna Verheijen Denis Pozzan ◆ Andrea Corsini • Roberto Zampieron Adelia Colombo Stefano Fabris Guido Fuga Loris Antiga ◆ • prime parti ◆ a termine * collaborazione 234 CORO DEL TEATRO LA FENICE

GIOVANNI ANDREOLI direttore del Coro

Alberto Malazzi altro maestro del Coro

Soprani Alti Tenori Bassi Nicoletta Andeliero Valeria Arrivo Ferruccio Basei Giuseppe Accolla Cristina Baston Mafalda Castaldo Sergio Boschini Carlo Agostini Lorena Belli Marta Codognola Salvatore Bufaletti Giampaolo Baldin Piera Ida Boano Chiara Dal Bo Cosimo D’Adamo Julio Cesar Bertollo Egidia Boniolo Elisabetta Gianese Roberto De Biasio Roberto Bruna Lucia Braga Vittoria Gottardi Luca Favaron Antonio Casagrande Mercedes Cerrato Kirsten Löell Lone Gionata Marton A. Simone Dovigo Emanuela Conti Manuela Marchetto Enrico Masiero Salvatore Giacalone Anna Dal Fabbro Misuzu Ozawa Stefano Meggiolaro Alessandro Giacon Milena Ermacora Gabriella Pellos Roberto Menegazzo Massimiliano Liva Susanna Grossi Paola Rossi Ciro Passilongo Nicola Nalesso Michiko Hayashi Francesca Poropat ◆ Marco Rumori Emanuele Pedrini Maria Antonietta Lago Orietta Posocco ◆ Salvatore Scribano Mauro Rui Enrica Locascio Cecilia Tempesta ◆ Paolo Ventura Roberto Spanò Loriana Marin Laura Zecchetti ◆ Bernardino Zanetti Claudio Zancopè Antonella Meridda Domenico Altobelli ◆ Franco Zanette Alessia Pavan Dario Meneghetti ◆ Paolo Bergo ◆ Andrea Lia Rigotti Luigi Podda ◆ Ester Salaro Bo Schunnesson ◆ Manuela Schenale Rossana Sonzogno

◆ a termine 235 AREA TECNICO-AMMINISTRATIVA

direttore di palcoscenico responsabile allestimenti scenici altro direttore di palcoscenico Paolo Cucchi Massimo Checchetto ◆ Lorenzo Zanoni ◆

capo reparto elettricisti capo reparto macchinisti capo reparto attrezzisti Vilmo Furian Valter Marcanzin Roberto Fiori

capo reparto sartoria responsabile falegnameria Maria Tramarollo Adamo Padovan

responsabile ufficio segreteria artistica responsabile ufficio promozione e decentramento Vera Paulini Domenico Cardone

responsabile tecnico responsabile archivio musicale responsabile ufficio economato Marco Buranelli Gianluca Borgonovi Adriano Franceschini responsabile ufficio produzione responsabile ufficio ragioneria responsabile ufficio personale Lucia Cecchelin e contabilità Lucio Gaiani Andrea Carollo

Macchinisti Elettricisti Attrezzisti Impiegati Bruno Bellini Fabio Barettin Sara Bresciani Gianni Bacci Vitaliano Bonicelli Alessandro Ballarin Marino Cavaldoro Simonetta Bonato Roberto Cordella Alberto Bellemo Diego Del Puppo Luisa Bortoluzzi Antonio Covatta Andrea Benetello Salvatore De Vero Elisabetta Bottoni Dario De Bernardin Michele Benetello Nicola Zennaro Giovanna Casarin Paolo De Marchi Marco Covelli Oscar Gabbanoto Giuseppina Cenedese Luciano Del Zotto Cristiano Faè Vittorio Garbin Antonella D’Este Bruno D’Este Stefano Faggian Alfredo Iazzoni Roberto Gallo Euro Michelazzi Scenografia Stefano Lanzi Sergio Gaspari Roberto Nardo Giorgio Nordio Renata Magliocco Michele Gasparini Maurizio Nava Marcello Valonta Santino Malandra Giorgio Heinz Paolo Padoan Luisa Meneghetti Roberto Mazzon Costantino Pederoda Addetti orchestra Anna Migliavacca ◆ Andrea Muzzati Marino Perini e coro Fernanda Milan Pasquale Paulon Teodoro Valle Salvatore Guarino Barbara Montagner ◆ Roberto Rizzo Giancarlo Vianello Andrea Rampin Elisabetta Navarbi Stefano Rosan Massimo Vianello Cristiano Beda Giovanni Pilon Paolo Rosso Roberto Vianello Lorenzo Bellini ◆ Francesca Piviotti Francesco Scarpa Marco Zen Cristina Rubini Massimo Senis Giuseppe Bottega ◆ Servizi Ausiliari Susanna Sacchetto Federico Tenderini Stefano Callegaro Daniela Serao Enzo Vianello Sarte Gianni Mejato Gianfranco Sozza Mario Visentin Bernadette Baudhuin Gilberto Paggiaro Alessandra Toffolutti ◆ Fabio Volpe Emma Bevilacqua Thomas Silvestri Francesca Tondelli Annamaria Canuto Roberto Urdich Anna Trabuio ◆ Manutenzione Rosalba Filieri Barbara Terruzzin ◆ Umberto Barbaro Elsa Frati Biglietteria Giancarlo Marton Luigina Monaldini Rossana Berti Sandra Tagliapietra Nadia Buoso Tebe Amici ◆ Lorenza Pianon

◆ a termine

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