La Parola Al Gastrosofo Omaggio a Pier Luigi Leoni (1943-2018) a L O Raccolta Degli Articoli Pubblicati Nei C C E R B
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T V / C / T A - P M T U A a llaa m o R % 0 7 e l a t s o p o t n e m a n o oggetta b oggetta b notiziario di Piansano e la Tuscia a n i e n o i z i LL d e p s - a p s e n a i l a t i e t s o P La parola al gastrosofo Omaggio a Pier Luigi Leoni (1943-2018) a l o Raccolta degli articoli pubblicati nei c c e r B o nn. 68-69, 98, 99, 100, 101, 102, 103, l r a c n a i 104, 105, 106, 107, 108, 109, 110, 111, G i d a n 112, 113, 114, 115 ti r e p o C Bolsena Nella splendida cornice del Teatro Piccolo di Bolsena domenica 7 ottobre c’è stata la presentazione del libro di Pier Luigi Leoni “Funzionamento del consiglio comuna- le e provinciale”. All’evento ha partecipato una moltitudine di La parola persone tra cui molti addetti ai lavori: segretari, amministratori e dipendenti comunali. Sono intervenute numerose personalità al gastrosofo tra le quali Raimondo Barella, il sindaco di proceno Francesco Battistoni, quello di Onano Giuseppe Onori, Luciano Dottarelli, “Gli animali si nutrono; l’uomo mangia: Antonio Naddeo... solo l’uomo di spirito sa mangiare”. L’opera, che si aggiunge alla già ricca collezione dell’autore, è [Jean Anthelme Brillat-Savarin] in pratica una importantissima guida teorico-pratica per consi- glieri comunali e provinciali, segretari comunali, dirigenti, uesto motto dovrebbe met- impiegati, ma anche semplici cittadini, che attraverso questo tere in imbarazzo non solo i strumento possono conoscere il funzionamento degli organi ghiottoni, ma anche coloro collegiali di indirizzo e controllo direttamente rappresentativi che disquisiscono di cucina della cittadinanza, ovvero i consigli provinciali e comunali. Q senza avere profondamente meditato L’autore vanta in questa materia una esperienza di primissimo su ciò che mangiano. Il motto è di piano, essendo segretario comunale da lunga data nonché Jean-Anthelme Brillat-Savarin, politico e amminstratore di importanti comuni come quello di Orvieto. gastronomo francese, autore del noto (Giuliano Giuliani) saggio “Fisiologia del gusto”, pub-blicato nel 1825, nel quale si affronta per la da la Loggetta n. 68-69 (mag-ago 07) prima volta l’arte della cucina e della tavola alla luce di considerazioni scientifiche e filosofiche. Quindi Bril- lat-Savarin fu il primo gastronomo-filo- sofo; anche se il termine “gastrosofia” fu coniato nel 1851 dal tedesco Frie- drich Christian Eugen Baron von Vaerst. ier Luigi Leoni, appassionato di Perciò, quando mi dichiaro gastroso- aforismi e lui stesso aforista, ne ha fo, mi assumo una certa responsabili- Praccolti 1111. Dice di averlo fatto tà. Però m’impegno, anche per smenti-re per affezione a LibrosìEDIZIONI, perché mia moglie che sentenzia, soprat-tutto una casa editrice che si rispetti non può in pubblico, che lo faccio “per darmi mancare di una raccolta di aforismi. Inve- delle arie”. Crudeltà femminile a parte, ce l’ha fatto semplicemente per il gusto di poiché non mi sopravvaluto, ho limitato piluccare nel mare magnum degli afori- il mio campo alla cucina tradi-zionale, e smi quelli che più gli aggradano e di solo alla cucina della tradi-zione in cui condividerli con chiunque voglia accettare l’invito a leggerli. Come chi, avendo sono nato e cresciuto, che non va molto l’animo pieno di gioia, organizzi un rinfre- al di là dell’acquacotta e delle fettuccine sco e inviti tutti i passanti a entrare in con le rigaglie. In altre parole, mi basta e casa sua e a rifocillarsi. Leoni è andato a mi avanza la Tuscia. Ma devo spiegare cercare abbondanti leccornie e ne ha cosa intendo per aggiunte altre preparate con le sue mani. “tradizione”, poiché nessuno è tenuto a Come tutte le raccolte di aforismi è un conoscere ciò che già ho avuto occa- libro da consultare quando ci si trova nello sione di scrivere in proposito. La defi- stato d’animo giusto; cioè quando si è nizione è necessaria per non confon- stanchi delle certezze proprie e altrui e si dere la cucina tradizionale con la cuci- ha bisogno di chi ce le con- na “antica”, della quale meritevolmen-te fermi o ce le smonti del tutto. si occupano gli storici, e con la cuci-na Karl Kraus ha scritto: “casereccia” o “popolare”, aggetti- “L’aforisma non coincide mai vazioni troppo generiche, anche se con la verità, o è una mezza utili per mettere in rilievo che la cuci- verità o una verità e mezzo”. Il libretto è in vendita Pier Luigi Leoni ha scritto: in formato eBook e cartaceo “L’aforisma è un aforisma sul sito della casa editrice quando provoca una crepa LibrosìEdizioni: da la Loggetta n. 98 (gen-mar 2014) www.librosi.it nelle nostre certezze. O la ripara”. Sembrerebbe che non ci fosse altro da dire, invece ci da la Loggetta n. 98 (gen-mar 2014) sono almeno 1111 cose da dire. La parola al gastrosofo Pier Luigi Leoni non si può essere cacciati”. Ciò vuol La pizza di Pasqua dire che nemmeno se ne può uscire. Ebbene nel mio paradiso c’è mia madre che, nella nostra casa di Farne- della Tuscia se, faceva lievitare le pizze di Pasqua nel letto matrimoniale scaldato col “prete” e saggiava la temperatura sotto le coperte infilandovi un brac- na italiana deve alla saggezza del tuita, a Perugia, dalla versione salata. cio: lo stesso gesto, anche se non pro- popolo molto più che all’inventiva dei La mia fiducia nella gastrosofia vacillò prio lo stesso amore, con cui control- geni. pericolosamente, ma poi considerai lava l’acqua del bagnetto della mia Il concetto di tradizione (e ciò vale che, se Platone fu contestato da Ari- sorellina. E poi, in quel procedimento, non solo per la cucina) riguarda una stotele, anche un gastrosofo di provin- avevo il mio ruolo: quello di andare a realtà sempre in evoluzione, nella cia può affrontare il rischio di essere prendere la “dose” degli aromi in far- quale alcuni elementi durano nel contraddetto; come infatti mi accadde tempo, pur modificandosi, e superano in un paio di conferenze. Però non lo scoglio di una generazione umana. ci rimasi troppo male, sapendo Infatti va tenuto presente che il termi- che il gastrosofo cerca la veri- ne “tradizione” deriva dal verbo latino tà senza mai pretendere di tra¯de˘re, cioè tramandare, ed implica averla trovata. che la nostra generazione abbia accet- Dunque, della pizza di tato l’eredità della generazione prece- Pasqua, dissi che è un piatto dente. rituale, poiché il gastrosofo Le acquisizioni scientifiche, il progres- accorto comincia sempre so tecnico, la globalizzazione degli con banali certezze per accat- scambi, ma anche le mode, incidono tivarsi l’ascoltatore o il lettore. nel corpo della tradizione e lo modifi- Nessuno può infatti negare che la cano, col rischio di ucciderlo. Quindi il nostra pizza sia legata alla Pasqua gastrosofo studia la cucina tradiziona- e che la sua consumazione insieme le, prima che venga uccisa dalle nuove al capocollo e alle uova sode (possi- tendenze, per consegnarla alla storia, bilmente benedette) si ripeta in molte non senza essersela prima goduta alla famiglie nella prima colazione della faccia degli chef creativi, dell’industria domenica. Poi mi esibii in una consi- alimentare e della massa degli sventu- derazione di natura economica, che macia. Il rati che non sanno bere un uovo mi pareva acuta, ma che non suscitò mio fratello crudo e apprezzare un pollo ruspante. alcuna emozione. In sintesi, sostenni maggiore, più robusto di me, era che nel periodo pasquale, quando impiegato nel compito più nobile del Il mio amico e maestro di gastronomia molte famiglie avevano un pollaio e maneggiare l’impasto. Mia madre mi Italo Arieti, ha sempre rispettato, seb- nessuna il frigorifero, la pizza era un affidava una tazzina con dentro due bene non condiviso, le mie tendenze modo per impiegare la grande quanti- cucchiaini di zucchero sul quale il dot- gastrosofiche. Per mettermi alla tà di uova che le galline non snaturate tor Augusto Casali, un onanese che prova, m’invitò, vari anni fa, a cercare dai maledetti allevamenti razionali sembrava uscito da Oxford, deponeva il “senso” della pizza di Pasqua, ma producevano all’arrivo della primave- le gocce della “dose”. Poi copriva la anche a spiegare perché la pizza, che ra. La pizza di Pasqua poteva essere tazzina con un foglietto di carta bian- a Civitavecchia è usata solo nella ver- consumata anche dopo un mese, ca tenuta da un elastico. La “dose” sione dolce, è affiancata nell’en- soprattutto se di grosse dimensioni e conteneva estratti di alchermes, troterra e poi completamente sosti- ben conservata in credenza. Quanto al anice, cannella, limone, vaniglia e fenomeno del dolce e del salato, ricor- (facoltativo) mandorle amare. Me lo si alla merceologia, facendo notare ha ricordato il dottor Edoardo Casali, che un tempo, più ci si allontanava dal succeduto al padre, e mi ha anche mare e più il sale diventava prezioso. consegnato un foglietto con le quanti- Quindi un prodotto legato alla più tà, ma con la mestizia del rimpianto, importante festa dell’anno doveva perché ormai quasi tutti comprano le essere ricco e la ricchezza, nelle zone pizze di Pasqua al forno. Io le quantità interne d’Italia era ben rappresentata non le rivelo. Se qualcuno fosse preso dal valore del sale. Peraltro il sale, da una sana curiosità, vada dal dottor come lo zucchero, è un ottimo conser- Casali. vante. da la Loggetta n. 98 (gen-mar 2014) Se invece volesse affidarsi all’Artusi di casa nostra, veda la ricetta della “Pizza Ma il gastrosofo, per quanto possa di Pasqua nella Tuscia” di Italo Arieti sforzarsi di essere razionale, non può nel sito http://www.provincia.vt.it prescindere dal proprio patrimonio emotivo.