ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ

Biodiversità e qualità dei corsi d’acqua del Parco Regionale di Veio ()

A cura di Valentina Della Bella (a), Stefania Marcheggiani (a), Simone Ciadamidaro (a), Alessandra Somaschini (b) e Laura Mancini (a)

(a) Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, Istituto Superiore di Sanità, Roma (b) Parco Regionale di Veio, Campagnano di Roma, Roma

ISSN 1123-3117 Rapporti ISTISAN 09/44 Istituto Superiore di Sanità Biodiversità e qualità dei corsi d’acqua del Parco Regionale di Veio (Lazio). A cura di Valentina Della Bella, Stefania Marcheggiani, Simone Ciadamidaro, Alessandra Somaschini e Laura Mancini 2009, 47 p. Rapporti ISTISAN 09/44

Il Parco Regionale di Veio vanta una tale ricchezza naturale, paesaggistica e culturale che poche altre aree protette possono eguagliare. Il Parco, inoltre, è caratterizzato da un significativo reticolo idrografico costituito dai tre bacini imbriferi dei fossi della Valchetta (l’antico Crèmera), della Torraccia e della Crescenza, affluenti di destra del fiume Tevere. Questi corsi d’acqua rappresentano corridoi ecologici ormai completamente circondati da una matrice ambientale antropizzata e per questo sottoposti a notevole stress di origine umana. Un’indagine delle condizioni dei corsi d’acqua dell’area protetta risulta quindi necessaria al fine di comprendere il loro stato qualitativo attuale e di stabilire su quali delle pressioni sia necessario intervenire con maggiore urgenza per arrestare il processo di degrado e avviare interventi di risanamento. Questo studio propone l’utilizzo di un approccio integrato per la caratterizzazione di questi ambienti nell’ottica della salvaguardia degli ecosistemi fluviali del Parco di Veio, attraverso l’analisi della comunità di macroinvertebrati bentonici supportata dall’applicazione dell’IFF (Indice di Funzionalità Fluviale), e dalle analisi chimico-fisiche e microbiologiche, mirate ad individuare le fonti di inquinamento. Parole chiave: Macroinvetebrati; Funzionalità fluviale; Approccio integrato; Bacino del Tevere; Pressione antropica

Istituto Superiore di Sanità Biodiversity and quality of watercoureses in the Veio Regional Park (Latium, ). Edited by Valentina Della Bella, Stefania Marcheggiani, Simone Ciadamidaro, Alessandra Somaschini and Laura Mancini 2009, 47 p. Rapporti ISTISAN 09/44 (in Italian)

The Veio Regional Park shows such a richness of natural, landscape and cultural resources, as very few protected areas can be equal. Moreover, the Park has a relevant watercourses network formed by the three river basins of brook of Valchetta (ancient Crèmera), Torraccia and Crescenza, right tributaries of river . These watercourses are ecological corridors surrounded by a matrix of anthropogenic habitats and subject to human impacts. For this reason an analysis of watercourse condition is essential to understand their current quality status, and to identify the priority to decrease human pressures in order to stop the decline process and start restoration activities. With the aim of characterizing these watercourses and the ultimate scope of protect running water ecosystems of the Veio Park, this study uses an integrated approach through an analysis of macroinvertebrate communities, supported by the application of River Functionality Index (IFF, Indice di Funzionalità Fluviale), and by physico-chemical and microbiological analysis, in order to identify pollution sources. Key words: Macroivertebrates; River functionality; Integrated approach; Tiber river basin; Human pressure

Autori del presente Rapporto: Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, Istituto Superiore di Sanità Valentina Della Bella, Stefania Marcheggiani, Simone Ciadamidaro, Laura Mancini, Anna Maria D’Angelo, Elio Pierdominici, Raffaele Scenati, Camilla Puccinelli, Giorgio Pace, Andrea Zedde, Claudia Vendetti Parco Regionale di Veio, Campagnano di Roma Alessandra Somaschini, Gisella Monterosso, Michela Cantù

Si ringraziano: la Famiglia Venturini Fendi e il personale della Tenuta Carmina Campus; Giulia e Maurizio Sagnotti per i permessi di accesso alle stazioni oggetto dello studio situate all’interno delle loro proprietà; tutto il personale guardiaparco del Parco di Veio per la disponibilità e il supporto nelle indagini, specialmente nell’individuazioine delle stazioni durante i sopralluoghi e la collaborazione durante i campionamenti.

Autori delle foto: Valentina Della Bella, Simone Ciadamidaro, Stefania Marcheggiani

Per informazioni su questo documento scrivere a: [email protected]

Il rapporto è accessibile online dal sito di questo Istituto: www.iss.it

Citare questo documento come segue: Della Bella V, Marcheggiani S, Ciadamidaro S, Somaschini A e Mancini L (Ed.). Biodiversità e qualità dei corsi d’acqua del Parco Regionale di Veio (Lazio). Roma: Istituto Superiore di Sanità; 2009. (Rapporti ISTISAN 09/44).

Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità e Direttore responsabile: Enrico Garaci Registro della Stampa - Tribunale di Roma n. 131/88 del 1° marzo 1988

Redazione: Paola De Castro, Sara Modigliani e Sandra Salinetti La responsabilità dei dati scientifici e tecnici è dei singoli autori.

© Istituto Superiore di Sanità 2009 Rapporti ISTISAN 09/44

INDICE

Introduzione...... 1

Area di studio...... 2 Le stazioni di campionamento ...... 3 Il bacino del Fosso della Crescenza...... 3 Il bacino del Fosso Cremera (Valchetta) ...... 6 Il bacino del Fosso della Torraccia...... 11

Materiali e metodi...... 16 Analisi chimico-fisiche ...... 16 Analisi chimico-fisiche in situ...... 16 Analisi chimiche di laboratorio ...... 16 Analisi microbiologiche...... 17 Analisi della comunità macrobentonica...... 17 Campionamento...... 17 Trattamento dei campioni in laboratorio ...... 17 Applicazione dell’IBE ...... 18 Descrizione delle comunità macroinvertebrati tramite metriche ...... 19 Applicazione dell’IFF ...... 20

Risultati...... 24 Variabili chimico-fisiche...... 24 Microbiologia...... 26 Comunità macrobentonica ...... 27 Composizione e ricchezza tassonomica...... 27 Metriche descrittrici della comunità macrobentonica...... 31 Indice IBE...... 33 Indice di Funzionalità Fluviale ...... 37 Bacino del fosso della Crescenza ...... 37 Bacino del fosso Valchetta/Cremera ...... 38 Bacino del fosso della Torraccia...... 40

Discussione e conclusioni...... 44

Bibliografia...... 47

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INTRODUZIONE

Il legame tra gli abitanti del territorio oggi compreso nel Parco di Veio e i corsi d’acqua che l’attraversano risale a quasi tremila anni fa. I Veiensi, come altre comunità etrusche della Tuscia meridionale, decisero di stabilirsi su un altopiano tufaceo protetto da due lati dalla confluenza tra due fiumi. Ancora oggi l’abitato di Isola Farnese e i vicini scavi di Veio sorgono in un cuneo di terra compreso tra il fosso della Valchetta, noto in tempi antichi col nome di fiume Cremera e un piccolo affluente alla sua destra idrografica, il fosso del Piordo. La rilevanza strategica di questi due corsi d’acqua per la sicurezza della “poleis” etrusca, e quindi la loro valenza archeologica, è solo l’esempio più rappresentativo della grande importanza del reticolo idrografico nell’area veiense. Oltre ai due principali corsi d’acqua, Cremera e Torraccia, infatti, un gran numero di torrenti, fossi, sorgenti attraversano o sono compresi nei confini del Parco, per il quale costituiscono un ineguagliabile serbatoio di diversità ambientale e biologica. Ambienti tipici dell’alto Lazio, come le piccole valli scavate dai fossi e le forre tufacee, hanno una straordinaria valenza naturalistica, sia per l’innegabile bellezza paesaggistica, sia perché offrono rifugio ad un gran numero di specie animali e vegetali, il tutto ad una manciata di chilometri da Roma. Purtroppo le condizioni in cui versano attualmente tutti questi piccoli corpi idrici destano non poche preoccupazioni. In particolare gli scarichi di diversi centri abitati ancora privi di sistemi di depurazione delle acque reflue, gli impatti provenienti dell’agricoltura, la vicinanza stessa della città di Roma, con tutte le sue fonti di inquinamento diffuso, sono continue cause di pressioni che minacciano il già precario equilibrio su cui si reggono questi ecosistemi “suburbani”. Lo studio delle condizioni dei corsi d’acqua del Parco di Veio risulta quindi un’azione necessaria al fine di comprendere lo stato qualitativo attuale, e stabilire così su quali degli impatti sopra elencati sia necessario intervenire con maggiore urgenza per arrestare il processo di degrado ed avviare politiche di risanamento. Questo studio si propone l’utilizzo di un approccio integrato per la caratterizzazione di questi ambienti nell’ottica della salvaguardia degli ecosistemi fluviali del Parco di Veio e, in un futuro prossimo, il ripristino delle realtà oggi più compromesse. Tale approccio utilizza l’analisi della comunità di macroinvertebrati bentonici supportata dall’applicazione dell’IFF (Indice di Funzionalità Fluviale), dalle analisi chimico-fisiche e dalle analisi microbiologiche, mirate ad individuare le fonti di inquinamento. Lo schema concettuale su cui si baserà il lavoro ricalca il modello DPSIR, proposto dall’Agenzia Europea per l’Ambiente, in cui sono presi in considerazione i Determinanti (D), le Pressioni (P), lo Stato (S), gli Impatti (I) e le Risposte (R). Questo schema consente di finalizzare lo studio non solo alla conoscenza ma anche alla progettazione delle possibili risposte necessarie al fine del ripristino e del miglioramento della qualità degli ambienti acquatici. Inoltre, la Direttiva Quadro europea sulle acque 2000/60/CE (Europa, 2000), di recente recepimento nel nostro paese (Italia, 2006) ribadisce e sancisce il ruolo delle aree protette nella gestione delle risorse idriche. Infatti, le aree protette rappresentano l’ossatura portante di un Paese e in esse possono nascere le azioni pilota volte al risanamento e al raggiungimento degli obiettivi di qualità previsti dalla normativa. In tale ottica, questo studio rappresenta un ulteriore passo verso l’attuazione della Direttiva Quadro.

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AREA DI STUDIO

Lo studio è stato condotto nei mesi di maggio e di novembre 2006 sui tre corsi d’acqua principali del Parco (Figura 1): il Fosso Valchetta (o Cremera) (denominato V), il fosso Torraccia (denominato T) e il fosso Crescenza (denominato C). Durante i sopralluoghi svolti nel mese di marzo 2006 sono stati selezionati, georeferenziati e concordati con i guardia parco 17 siti di campionamento così distribuiti: sette stazioni lungo il Fosso Valchetta (Tabella 1), sei lungo il fosso Torraccia (Tabella 2) e quattro sul fosso Crescenza (Tabella 3). I siti sono stati scelti in modo da porre l’attenzione sia sulle realtà sottoposte alle principali fonti di impatto, che compromettono lo stato di qualità del reticolo idrografico, e sia sulle condizioni di riferimento, idealmente prive di impatti antropici, o possibilmente sottoposte a impatti tali da non compromettere lo stato di qualità.

T1

V1 T2

V2 V3

T4 T3 T5 V4

V5 V6 V7 T6

C1

C2 C3 C4

Figura 1. Il Parco di Veio con evidenziati i corsi d’acqua principali e le stazioni oggetto di studio; T: Bacino del Fosso Torraccia, V: Bacino del Fosso Valchetta, C: Bacino del Fosso della Crescenza

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Tabella 1. Siti di campionamento sul fosso Valchetta

Codice stazione Sito di campionamento Coordinate geografiche

V1 Valchetta Formellese 12° 26’ 36’’ 42° 06’ 40’’ V2 Valchetta Sorbo SIC* 12° 23’ 46’’ 42° 06’ 09’’ V3 Valchetta Sorbo 12° 23’ 30’’ 42° 05’ 41’’ V4 Valchetta Ponte Sodo 12° 23’ 44’’ 42° 01’ 49’’ V5 Valchetta Isola Farnese 12° 24’ 47’’ 42° 00’ 45’’ V6 Fosso Piordo 12° 24’ 38’’ 42° 00’ 35’’ V7 Valchetta valle 12°24’ 46’’ 42° 00’ 31’’

* Sito di Importanza Comunitaria

Tabella 2. Siti di campionamento sul fosso Torraccia

Codice stazione Sito di campionamento Coordinate geografiche

T1 Torraccia 4 Pali 12° 28’ 46’’ 42° 06’ 40’’ T2 Torraccia Acqua Acetosa 12° 29’ 03’’ 42° 06’ 43’’ T3 Torraccia - (monte) 12° 28’ 55’’ 42° 03’ 05’’ T4 Fosso Canneto - Sacrofano 12° 28’ 18’’ 42° 03’ 13’’ T5 Torraccia Sacrofano (valle) 12° 28’ 58’’ 42° 02’ 33’’ T6 Fosso Pietra Pertusa 12° 28’ 31’’ 42° 00’ 27’’

Tabella 3. Siti di campionamento sul fosso Crescenza

Codice stazione Sito di campionamento Coordinate geografiche

C1 Crescenza Veientana 12° 26’ 49’’ 41° 58’ 51’’ C2 Crescenza Due Ponti 12° 28’ 22’’ 41° 57’ 56’’ C3 Acquatraversa - Cassia 12° 27’ 42’’ 41° 57’ 04’’ C4 Crescenza Flaminia 12° 29’ 11’’ 41° 56’ 12’’

Le stazioni di campionamento

Il bacino del Fosso della Crescenza

Il fosso della Crescenza è un affluente di destra del Tevere, nel quale confluisce subito a nord dell’ippodromo di Tor di Quinto, a Roma, a quota m 15 slm circa. Il fosso ha inizio poco a sud dell’abitato de La Storta a m 125 slm, si dirige a nord-est per due chilometri e poi punta a sud-est fino al Tevere. La lunghezza d’asta del fosso è di km 11,4 e la pendenza media è dello 0,9%. La superficie del bacino è di kmq 35 con un’altitudine media di 83,50 m slm. Il principale affluente del fosso della Crescenza è il fosso dell’Acquatraversa (confluenza a quota 17 slm, circa 200 m a monte della confluenza al Tevere). Questo piccolo fosso corre parallelo a quello della Crescenza, salvo nel tratto finale dove piega verso est per confluire nell’asta principale. Nella parte bassa del bacino si ritrovano terreni sedimentari del complesso Acquifero Alluvionale, mentre nella parte alta affiorano terreni vulcanici della struttura Sabatina. Il bacino

3 Rapporti ISTISAN 09/44 occupa una regione di basse colline, incise però da fossi profondi e stretti, per quanto i due fossi principali scorrano in fondovalle abbastanza ampi. Nella parte alta del bacino i fossi corrono in aree perlopiù coltivate a seminativo, pascolo e radi boschi. Il fosso dell’Acquatraversa attraversa il Parco dell’Insugherata, e un piccolo settore del Parco di Veio; il fosso della Crescenza ha origine nel settore più meridionale del parco di Veio. Nella parte bassa del bacino entrambi i fossetti entrano a Roma all’altezza delle statali Cassia e la Flaminia.

Stazione Crescenza Veientana (C1) La stazione è quella situata più a monte sull’asta principale del fosso della Crescenza. Essa, raggiungibile da via Veientana, si trova a 50 m circa dall’autostrada del Grande Raccordo Anulare (GRA) che circonda la città di Roma. L’alveo bagnato non supera i 2 metri di larghezza, con un fondo fangoso ma ricco di ciottoli e massi. Nella stagione estiva in acqua crescono macrofite e, sui tratti emersi, erbacee varie. Sulle sponde crescono solo un sottile strato erboso e qualche isolato albero di salice (Salix alba), pioppo (Populus nigra) o cerro (Quercus cerris) (Figura 2).

Figura 2. Stazione fosso della Crescenza-Veientana

Stazione Crescenza-Due Ponti (C2) La stazione, localizzata sull’asta principale del fosso della Crescenza, si trova in Via dei Due Ponti, all’interno della porzione urbana del Parco di Veio. Il corso d’acqua ha un alveo largo all’incirca 4 metri, col fondo fangoso e ricco di depositi di sedimento. Lungo le sponde cresce un rigoglioso canneto interrotto sporadicamente da alberi di robinia (Robinia pseudoacacia) o cespugli di varie specie. In alveo non sono presenti macrofite acquatiche nonostante la scarsa ombreggiatura fornita dalle piante circostanti (Figura 3 ).

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Figura 3. Stazione Crescenza-Due ponti

Stazione Acquatraversa-Cassia (C3) La stazione si trova in via Lauchili, subito a valle dell’attraversamento della via Cassia vecchia, al limite meridionale del Parco di Veio. L’area circostante è urbanizzata sulla destra è coltivata a seminativo sulla sinistra. Il corso d’acqua ha qui un’ampiezza di circa 3 metri, con le sponde solo leggermente scavate, sulle quali crescono salici (Salix alba) e robinie (Robinia pseudoacacia). Il fondo del fosso è sabbioso. Mancano completamente le macrofite acquatiche e il fosso, nella stagione estiva, è ben ombreggiato dalle chiome degli alberi (Figura 4).

Figura 4. Acquatraversa-Cassia

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Stazione Crescenza Flaminia (C4) La stazione è sita a monte della confluenza del fosso della Crescenza con quello dell’Acquatraversa e 1 chilometro a monte della confluenza al Tevere. L’area circostante è in parte urbanizzata. Lungo il fosso cresce un’ampia fascia di canneto, che sulle rive è sostituita da massi e tratti cementati (Figura 5). L’alveo, ampio 5 metri circa, ha un fondo roccioso con depositi di sedimento nelle pozze.

Figura 5. Stazione Crescenza Flaminia

Il bacino del Fosso Cremera (Valchetta)

Il fosso Cremera è un affluente di destra del Tevere, nel quale confluisce all’altezza del quartiere di , a Roma, a quota m 25 slm circa. Il fosso ha origine tra gli abitati di Campagnano Romano e Sacrofano, dalla confluenza tra il fosso della Mola di Formello e il Fosso della Mola dei Morti; ha una lunghezza complessiva di 38 km e il bacino occupa un’area di 103 kmq, con un’altitudine media di 173 m slm. Il fosso scorre inizialmente in direzione sud ovest, per poi voltare verso sud sud-est fino alla confluenza a Tevere. Lungo il suo corso attraversa strette vallate tufacee e forre, tipiche del complesso vulcanico dei monti Sabatini. Principali affluenti del fosso Cremera sono il fosso del Piordo, affluente di destra a valle di Isola Farnese, e il fosso Pantanicci, affluente di sinistra poco più a valle del precedente.

Stazione Valchetta Formellese (V1) La stazione più a monte selezionata lungo il corso del Fosso Valchetta si raggiunge dalla via Formellese Nord. Durante l’anno di studio il Fosso in questo tratto ha presentato una portata estremamente variabile. Nel sopralluogo effettuato nel mese di marzo infatti l’alveo bagnato in questa stazione presentava un’ampiezza di circa 3 metri mentre nei mesi successivi l’alveo era completamente asciutto (Figura 6). Quindi, non è stato possibile svolgere le analisi per valutare la qualità delle acque e la funzionalità ecosistemica di questo tratto del Fosso Valchetta.

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a) b)

Figura 6. Stazione Valchetta Formellese a) nel sopralluogo di marzo b) nel periodo di campionamento maggio-novembre

Stazione Sorbo SIC (V2) La stazione è posta nella profonda valle del Sorbo, nella zona designata SIC, in un’area ricoperta da fitto bosco, dove il fosso attraversa una forra, ambiente tipico del comprensorio vulcanico Sabatino (Figura 7). L’alveo bagnato è largo circa due metri, con fondo stabile, roccioso, con grossi massi posti nel letto del fiume. Le sponde sono ricoperte da vegetazione arborea, mentre sulle rive sono presenti massi, inframmezzati con alberi e arbusti. Mancano le macrofite acquatiche, per via della forte ombreggiatura dell’acqua.

Figura 7. Stazione Valchetta Sorbo

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Stazione Sorbo fuori dal SIC (V3) A nord della città di Formello si estende una grande area verde, nelle vicinanze del Santuario del Sorbo, attraversata dal fosso Cremera. In questa area sono state individuate due stazioni di campionamento. Una in piena area boschiva (la stazione Sorbo SIC), l’altra in una zona adibita a pascolo per il bestiame, alcune centinaia di metri a valle dell’altra. Il sito è indicato da un ponte in legno sul fiume (Figura 8). Il fondo dell’alveo è stabile, con ciottoli e massi, con accumuli di sabbia e terra nelle curve e nelle pozze, laddove la profondità è massima (30 cm). Laddove il bestiame attraversa il corso d’acqua, l’alveo è invece caratterizzato da fango,che rende il fondo instabile e movibile. Sono presenti in alveo macrofite acquatiche, mentre sulle rive non cresce vegetazione, se non erbacea di prato. La vegetazione spondale è molto rada.

Figura 8. Stazione Sorbo fuori SIC

Stazione Ponte Sodo (V4) Il fosso Cremera, nel superare il colle sul quale sorgeva la città di Veio, descrive un’ansa abbastanza netta verso oriente. Già in tempi antichi gli abitanti della regione avevano ingegnosamente scavato un tunnel nella roccia per permettere al fiume di defluire, eliminando così, probabilmente, il pericolo di insalubre ristagno delle acque. Il sito di campionamento è localizzata circa 200 metri a monte del tunnel, in località Ponte Sodo (Figura 9). Il fondo dell’alveo, non più largo di 2 metri, è roccioso, con cospicui depositi di sabbia nelle pozze e nelle curve. L’acqua in certi punti è profonda anche un metro, ma nei tratti più distintamente lotici non supera i 30 cm. La vegetazione è quella tipica spondale, mentre mancano le macrofite acquatiche.

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Figura 9. Stazione Ponte Sodo

Stazione Valchetta - Isola Farnese (V5) La stazione è raggiungibile da Isola Farnese, procedendo per circa un chilometro sulla strada del campo sportivo. Il sito di campionamento è immediatamente a valle di una massicciata di consolidamento delle sponde (Figura 10). Il fiume è largo in questo tratto circa 4 metri, non più profondo di 40 cm. Il fondo è ciottoloso, con accumuli di sabbia lungo le rive. A tratti, sempre lungo le rive, è presente vegetazione acquatica. Sulle sponde cresce vegetazione arborea, formata da ontani (Alnus glutinosa) e salici (Salix alba).

Figura 10. Stazione Valchetta Monte Isola Farnese

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Stazione Fosso Piordo (V6) Il fosso del Piordo è un affluente di destra del Valchetta/Cremera. Esso confluisce all’asta principale poco a valle dell’abitato di Isola Farnese. La stazione di campionamento è sita 100 metri circa a monte della confluenza, laddove sorge una pompa idrovora utilizzata un tempo per sollevare l’acqua del fosso e irrigare i campi (Figura 11). L’alveo è ampio in questo punto circa 2,5 metri, con l’acqua profonda in media 30 cm. Il fondo è sabbioso e fangoso, con evidente formazione di fanghi anossidi e batteri filamentosi. Le sponde sono nude o ricoperte di un sottile strato erboso, mentre sulle sponde cresce vegetazione arborea e arbustiva, anche di tipo idrofilo.

Figura 11. Stazione Fosso Piordo

Stazione Valchetta a valle di Isola Farnese (V7) Il fosso Valchetta (Cremera), ricevute le acque del Piordo, si avvia verso l’ultimo tratto del suo corso prima di uscire dal territorio del Parco di Veio e gettarsi nelle fiume Tevere. La stazione di campionamento (Figura 12) è posta un centinaio di metri a valle della confluenza del Piordo, tratto sufficiente a permettere alle due acque di mischiarsi e quindi alle condizioni di stabilizzarsi. L’alveo è largo all’incirca 3,5 metri, con una profondità media di 40 cm. Il fondo è stabile, ciottoloso, con depositi di sabbia e fango nelle pozze e nelle curve. Le sponde sono ricoperte da vegetazione arbustiva, che a tratti raggiunge le rive, in altri punti spoglie.

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Figura 12. Stazione Valchetta Valle Isola Farnese

Il bacino del Fosso della Torraccia

Il fosso della Torraccia è un affluente di destra del Tevere, nel quale confluisce all’altezza del quartiere di Prima Porta, a Roma, a quota m 25 slm circa, 500 metri circa a monte della foce del fosso Cremera. Il fosso ha origine a monte della città di Castelnuovo di Porto, non lontano da Morlupo; ha una lunghezza complessiva di 20 km e il bacino occupa un’area di 78 kmq, con un’altitudine media di 169 m slm. Il fosso scorre ininterrottamente in direzione sud dalla sorgente fino alla confluenza a Tevere, non molto distante dalla . Riceve i principali affluenti dalla destra idrografica. Questi sono, procedendo da nord verso sud, il fosso dell’Acqua Acetosa, il fosso del Canneto (o di Sacrofano) e il fosso di Pietra Pertusa. Dopo un primo tratto percorso attraversando strette forre, il fosso scorre in un fondovalle piuttosto ampio fino alla piana del Tevere.

Stazione Torraccia Quattro Pali (T1) Il fosso della Torraccia ha origine nei pressi di Morlupo, dove scorre col nome di Fosso dei Quattro Pali. Qui il fosso ha una portata molto limitata e un regime discontinuo, e quindi, per questa stazione è stato possibile svolgere soltanto le analisi chimico-fisiche e microbiologiche delle acque nel mese di novembre. Il fondo è fangoso, con l’alveo bagnato non più largo di 1 m (Figura 13). Le rive sono nude, ma sulle sponde crescono vegetazione arborea, per lo più non riparia, e arbusti.

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Figura 13. Stazione Torraccia Quattro Pali

Stazione Torraccia - Acqua Acetosa (T2) L’area è caratterizzata da fenomeni idrogeologici dovuti alla natura vulcanica: sorgenti di acque minerali, risalite di gas e odore di zolfo. La stazione è stata individuata nei pressi di un laghetto sportivo in località Francalancia (Figura 14). Il fondo è limaccioso, con l’alveo bagnato non più largo di 1,5 metri. Le rive e le sponde sono ricoperte di vegetazione erbacea ed arbustiva, circondate da aree boscose e campi coltivati.

Figura 14. Stazione Acqua Acetosa

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Stazione Torraccia a monte del fosso di Sacrofano (T3) Il fosso Torraccia, a monte dell’immissione del fosso di Sacrofano, ha per un certo tratto una conformazione dell’alveo del tutto differente da quello sabbioso che lo caratterizza. Il fondo roccioso, scavato dalle acque, e la minore larghezza fanno sì che la corrente sia molto più impetuosa, con cascatelle e pozze che si susseguono. La stazione è sita nei pressi di un maneggio, dal quale si accede al fiume (Figura 15). Le rive sono rocciose come il fondo, ma sulle sponde cresce una fitta vegetazione tipica, formata da ontani e salici.

Figura 15. Stazione Torraccia a monte del Fosso di Sacrofano

Stazione Fosso di Sacrofano (o del Canneto) (T4) Il fosso di Sacrofano origina nelle immediate vicinanze dell’omonima città, per poi dirigersi decisamente verso sud, parallelamente al fosso della Torraccia, nel quale confluisce a sud di Monte Caminetto. La stazione di campionamento è stata individuata in un punto di medio corso del fosso, dove l’acqua scorre in una profonda forra accessibile da una proprietà privata (Figura 16). Le pareti della forra sono boscose, con ontani, carpini (Carpinus betulus) e querce (specie varie). L’alveo bagnato non supera i due metri di larghezza, con un fondo stabile roccioso e ghiaioso. Le rive sono nude, con massi e tronchi.

Stazione Torraccia a valle del Fosso di Sacrofano (T5) In località Pietra Pertusa (dove ha origine il fosso omonimo) il fosso della Torraccia ha già raggiunto dimensioni considerevoli. L’alveo ha una larghezza di circa 3 metri, con l’acqua profonda in media 30 cm. Il fondo è sabbioso, con rari ciottoli. Sulla riva e lungo le sponde

13 Rapporti ISTISAN 09/44 cresce un fitto canneto, interrotto solo nei punti di attraversamento del fiume, come il ponte di recente costruzione poco a monte del quale si trova la stazione di campionamento (Figura 17).

Figura 16. Stazione Fosso di Sacrofano

Figura 17. Torraccia a valle del fosso di Sacrofano

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Stazione Fosso Pietra Pertusa (T6) Il fosso della Torraccia, poco prima di confluire al Tevere, riceve le acque del fosso di Pietra Pertusa. La stazione si trova ai confini meridionali del Parco di Veio, laddove, incrociata via della Giustiniana nel quartiere Prima Porta, il fosso affluente entra in territorio urbano (Figura 18). L’alveo, largo circa 2 metri, ha un fondo sabbioso, con l’acqua non più profonda di 20 cm. Sono presenti macrofite acquatiche presso le rive, a loro volta ricoperte da erba e arbusti. Sulle sponde si trovano alberi di pioppo (Populus nigra) e salici (Salix alba), che sulla sinistra si trovano subito a ridosso di una strada e di alcune abitazioni, mentre sulla destra separano il fosso da un campo coltivato.

Figura 18. Stazione Fosso di Pietra Pertusa

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MATERIALI E METODI

Analisi chimico-fisiche

Analisi chimico-fisiche in situ

Sono state effettuate sul campo (in coincidenza con le date dei campionamenti) misurazioni di pH, conducibilità (cond), temperatura (Tacq) ed ossigeno disciolto (DO) utilizzando le seguenti sonde portatili: – pH 330i/SET (2B20-0011) – Oxi 330/SET (2A20-10111) – Cond. 3158i/SET (2C10-0011)

Analisi chimiche di laboratorio

Il prelievo dell’acqua è stato effettuato con flaconi in vetro da 1000 mL dotati di chiusura ermetica con tappo a vite preventivamente lavate. Il trasporto in laboratorio è stato effettuato in contenitori frigoriferi dotati di panetti refrigeranti sufficienti a mantenere la temperatura di circa 4 °C. In laboratorio i campioni sono stati conservati in frigorifero ad una temperatura di 4 °C. Le analisi sono state effettuate entro le 48 ore dalla data del campionamento. La determinazione delle concentrazioni dei soluti, eccettuata la BOD5 (Biochemical Oxygen Demand), si basa su saggi di tipo colorimetrico, per realizzare i quali è stato utilizzato uno spettrofotometro (UV-visibile). Esse hanno riguardato la misura delle concentrazioni dei seguenti parametri: – Fosfati: gli ioni ortofosfato formano, con gli ioni molibdato in soluzione solforica, acido fosfomolibdico. Quest’ultimo viene ridotto con acido ascorbico a blu di fosfomolibdeno, la cui concentrazione, espressa in mg/L, viene determinata fotometricamente alla lunghezza d’onda di 710 nm. – Nitrati: gli ioni nitrato, in presenza di cloruro in soluzione di acido solforico molto concentrata, formano con resorcina un colorante indofenolico violetto rosso, il quale viene determinato fotometricamente alla lunghezza d’onda di 505 nm. La concentrazione di nitrati viene espressa in mg/L. – COD (Chemical Oxygen Demand): corrisponde alla quantità d’ossigeno proveniente da bicromato potassico, la quale reagisce sulle condizioni del procedimento specificato con le sostanze ossidabili contenute in un litro d’acqua. Il campione d’acqua viene ossidato con una soluzione solforica calda di bicromato di potassio e solfato d’argento come catalizzatore. I cloruri vengono mascherati da solfato di mercurio. In seguito viene determinata fotometricamente a 348 nm la concentrazione degli ioni cromato gialli non consumati. – BOD5 (Biochemical Oxygen Demand): misura la frazione di ossigeno disciolto (in mg/L) utilizzata da una popolazione microbica eterogenea per metabolizzare, in condizioni specifiche di temperatura, il materiale organico biodegradabile presente in una quantità d’acqua. Poiché la completa biodegradazione della sostanza organica richiederebbe un periodo troppo lungo (circa 20 giorni), nella pratica tale periodo viene ridotto a 5 giorni. In questo studio l’analisi è stata svolta sempre a partire dal giorno di campionamento

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dell’acqua, utilizzando il sistema Oxitop della WTW, basato sulla misura di variazione di pressione effettuata attraverso l’uso di un sensore elettronico di pressione.

Analisi microbiologiche

Per la definizione della qualità delle acque dal punto di vista microbiologico è stata ricercata la presenza di Escherichia coli, microrganismo indicatore di contaminazione fecale, unico indicatore microbiologico previsto nell’attuale normativa nazionale (DL.vo 152/1999). I campioni di acqua per le analisi microbiologiche sono stati prelevati in bottiglie sterili (250 mL), riposte in frigorifero portatile a +4 °C e trasportati in laboratorio. Le analisi sono state eseguite entro le 24 ore successive. La tecnica di semina utilizzata è stata quella delle membrane filtranti (MF) (APHA, 1998) che permette il conteggio diretto delle colonie. Di ogni campione sono state eseguite 3 diluizioni seriali usando come solvente acqua fisiologica sterile, a cui è seguita una filtrazione con una pompa da vuoto ed una semina in terreno selettivo. Per la filtrazione sono state utilizzate membrane di dischi di esteri di cellulosa con pori aventi diametro di 0,45 μm. Le membrane sono state poste in capsule Petri contenenti terreno di coltura agarizzato TBX (Tryptone, Bile salts, agar, X-Glu), Oxoid precedentemente preparato seguendo le istruzioni della ditta produttrice. Le piastre sono state incubate in una stufa termostatata a 43 ± 1 °C per 24 h per permettere la crescita di colonie batteriche sulla superficie della membrana. I risultati ottenuti dalla conta delle colonie sono stati espressi come “Unità Formanti Colonia” UFC/100 mL.

Analisi della comunità macrobentonica

Campionamento

Il campionamento è stato effettuato, nei siti in cui la profondità dell’acqua lo rendeva possibile, lungo un transetto obliquo che interessasse l’intera larghezza del corso d’acqua. Sono stati indagati i diversi microhabitat presenti: raschi con maggior velocità di flusso e turbolenza, pozze caratterizzate da sedimenti fini e basse velocità di flusso; tratti vicini alle sponde e con maggior presenza di vegetazione. La raccolta dei macroinvertebrati bentonici è stata condotta seguendo la metodologia standard della tecnica del “calcio” (kick-sampling) per 3 minuti (Wright, 1993). Il campionamento è stato effettuato usando un retino immanicato di dimensioni standard (25 x 40 cm e 20 maglie per centimetro). Il retino è stato posizionato sul fondo dell’alveo con l’apertura rivolta contro corrente, in modo da raccogliere il materiale smosso dal fondo con i piedi. I ciottoli sono stati puliti con le mani al fine di raccogliere il più accuratamente possibile gli organismi ad essi aderenti. Il materiale raccolto è stato conservato con etanolo al 95% e portato in laboratorio per lo smistamento e l’identificazione tassonomica.

Trattamento dei campioni in laboratorio

I campioni sono stati setacciati per eliminare i sedimenti e detriti più fini, avendo cura di pulire foglie e materiale inorganico più grossolano da eventuali organismi. Il materiale raccolto in una vaschetta bianca è stato smistato dispensandone piccole quantità in un’altra vaschetta, affinché i macroinvertebrati fossero più facilmente visibili. Gli organismi raccolti con l’uso di

17 Rapporti ISTISAN 09/44 pinzette morbide, sono stati riconosciuti al livello tassonomico di genere o famiglia, (così come richiesto per applicare l’Indice Biotico Esteso, IBE), utilizzando uno stereoscopio e con l’ausilio di guide per il riconoscimento dei macroinvertebrati delle acque dolci (Tachet, 1984; Campaioli, 1999; Sansoni, 1988). Gli organismi sono stati conservati in provette con etanolo 95%, opportunamente etichettate e datate e suddivisi in base al taxon di appartenenza.

Applicazione dell’IBE Per calcolare i valori dell’indice il metodo prevede una tabella a doppia entrata (Tabella 4), costruita considerando il numero delle Unità Sistematiche (US) campionate (generi o famiglie a seconda dei taxa) (Tabella 5) ed un ordine di taxa con sensibilità decrescente all’inquinamento. Il valore dell’indice può essere tradotto in classi di qualità (Tabella 6) che vanno da I (acque non inquinate) a V (acque fortemente inquinate). Poiché l’indice assume valori discreti, sono previste classi di qualità intermedie, per meglio tradurre il dato biologico in valore numerico. Le diverse classi possono essere rappresentate cartograficamente mediante colori o tratteggi stabiliti convenzionalmente (Tabella 6) e riportate in mappe di qualità biologica.

Tabella 4. Tabella per il calcolo dell’IBE

Gruppi faunistici che determinano Numero totale delle US con la loro presenza l’ingresso costituenti la comunità orizzontale in tabella (primo ingresso) (secondo ingresso) 0-1 2-5 6-10 11-15 16-20 21-25 26-30 31-35 36-..

Plecotteri Più di una US -- -- 8 9 10 11 12 13* 14* (Leuctra°) Una sola US -- -- 7 8 9 10 11 12 13* Efemerotteri Più di una US -- -- 7 8 9 10 11 12 -- (esclusi Una sola US -- -- 6 7 8 9 10 11 -- Baetidae e Caenidae°°) Tricotteri Più di una US -- 5 6 7 8 9 10 11 -- Una sola US -- 4 5 6 7 8 9 10 -- Gammaridi, Tutte le US -- 4 5 6 7 8 9 10 -- Atiidi sopra assenti e Palemonidi Asellidi Tutte le US -- 3 4 5 6 7 8 9 -- sopra assenti Oligocheti o Tutte le US 1 2 3 4 5 ------Chironomidi sopra assenti Tutti i taxa Possono essere ------precedenti presenti organismi assenti a respirazione aerea

(da Ghetti, 1997) -- giudizio dubbio per errore di campionamento, per presenza di organismi da drift erroneamente considerati nel computo, per ambiente non colonizzato adeguatamente, per tipologie non valutabili con l’indice (es. sorgenti, acque di scioglimento di nevai, acque ferme, zone deltizie, zone salmastre); * valori dell’indice raggiunti raramente nelle acque correnti italiane. Si tratta in genere di ambienti ad elevata diversità, ma occorre evitare la somma di biotipologie diverse che porterebbe ad un incremento artificioso della ricchezza in taxa. ° nelle comunità in cui il genere Leuctra è presente come unico taxon di Plecotteri e sono contemporaneamente assenti gli Efemerotteri tranne Baetidae e Caenidae, esso deve essere considerato al livello dei Tricotteri al fine dell’entrata orizzontale in tabella; °° nelle comunità in cui sono assenti i Plecotteri (tranne eventualmente Leuctra) e fra gli Efemerotteri sono presenti solo Baetidae e Caenidae, l’ingresso orizzontale in tabella avviene al livello dei Tricotteri.

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Tabella 5. Livello di determinazione richiesto per definire le US

Gruppi Faunistici Livelli di determinazione tassonomica per definire le US

Plecotteri genere Tricotteri famiglia Efemerotteri genere Coleotteri famiglia Odonati genere Ditteri famiglia Eterotteri famiglia Crostacei famiglia Molluschi famiglia Tricladi genere Irudinei genere Oligocheti famiglia Altri taxa da considerare nel calcolo dell’IBE Megalotteri Planipenni Nematomorfi Nemertini (da Ghetti, 1997)

Tabella 6. Conversione dei valori dell’IBE in classi di qualità

Valore IBE Definizione Classe Colore di riferimento

≥10 Ambiente non inquinato o non alterato in modo sensibile I blu 8-9 Ambiente con moderati sintomi di inquinamento o alterazione II verde 6-7 Ambiente inquinato III giallo 4-5 Ambiente molto inquinato IV arancione 0-1-2-3 Ambiente fortemente inquinato V rosso

(da Ghetti, 1997)

Descrizione delle comunità macroinvertebrati tramite metriche

Secondo le richieste della Direttiva Europea sulle Acque 2000/60/CE lo studio delle comunità biotiche dei corsi d’acqua deve riguardare sia la composizione tassonomica sia le abbondanze dei taxa che le compongono. È stato effettuato quindi il calcolo di “metriche” (grandezze calcolate sui dati ottenuti dalla conta dei macroinvertebrati raccolti) in grado di descrivere le condizioni delle comunità biologiche e di conseguenza dei corsi d’acqua che le ospitano. Per questo motivo, in questa sede, si è preferito affiancare al metodo IBE lo studio di alcuni indici metrici basati proprio su queste metriche, che rispondono efficacemente alle richieste della Direttiva 2000/60. Le metriche prese in considerazione nello studio sono state: − EPT (Ephemeroptera-Plecoptera-Tricoptera): si calcola sommando le abbondanze relative degli ordini degli Efemerotteri, Plecotteri e Tricotteri rispetto al totale di organismi che compongono la comunità studiata. Questi tre ordine racchiudono tutti gli organismi più sensibili alle fonti di disturbo dei corsi d’acqua. La metrica ha un valore che può variare da 0 a 1. − 1-GOLD (1-Gasteropoda, Oligochaeta, Diptera): si calcola sottraendo all’unità le abbondanze relative dei taxa appartenenti ai Gasteropodi, agli Oligocheti e ai Ditteri. Si tratta di taxa all’interno dei quali si annoverano specie tra le più tolleranti alle fonti di disturbo dei corsi d’acqua. Anche questa metrica può avere un valore che varia da 0 a 1.

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− Numero di Famiglie: consiste nel numero di famiglie che costituiscono la comunità. È anch’esso una misura della biodiversità della comunità, talvolta preferito alla diversità di Shannon perché meno soggetto a distorsioni legate all’ecologia dei diversi taxa. Può assumere un valore che va da 0 a infinito.

Applicazione dell’IFF

L’IFF (Siligardi, 2000) fornisce indicazioni sulla funzionalità dell’ecosistema fluviale e, indirettamente, sulle cause del suo deterioramento e sui possibili interventi di riqualificazione che potrebbero essere adottati. La scheda dell’IFF, riportata di seguito, è composta da 14 domande che trattano argomenti relativi allo stato naturale del corso d’acqua e legati tra loro in modo tale da rendere bilanciata la scheda (Tabella 7), ad ognuna delle domande sono associate quattro risposte predefinite delle quali una sola è possibile scegliere. I dati di corredo richiesti riguardano il bacino, il corso d’acqua, la località, la larghezza dell’alveo di morbida e la lunghezza del tratto omogeneo in esame. Le 14 domande possono essere suddivise in quattro gruppi funzionali: − le domande 1-4 riguardano le condizioni vegetazionali delle rive e del territorio circostante il corso d’acqua e prendono in esame le varie tipologie strutturali che influenzano l’ambiente fluviale, quali ad esempio l’uso del territorio o l’ampiezza della zona riparia naturale; − le domande 5 e 6 si riferiscono all’ampiezza relativa all’alveo bagnato e alla struttura fisica e morfologica delle rive, per le informazioni che esse forniscono sulle caratteristiche idrauliche; − le domande 7-11 riguardano la struttura dell’alveo, con l’individuazione delle tipologie che favoriscono la diversità ambientale e la capacità di autodepurazione di un corso d’acqua; − le domande 12-14 rilevano le caratteristiche biologiche, attraverso l’analisi strutturale delle comunità macrobentonica e macrofitica e della conformazione del detrito. Ad ogni risposta sono associati punteggi (pesi), raggruppati in 4 classi (con peso minimo di 1 e massimo di 30), che esprimono le differenze funzionali tra le singole risposte.

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Tabella 7. Scheda per il rilevamento dei dati ambientali per l’applicazione dell’indice IFF

SCHEDA IFF Scheda n. Bacino Corso d’acqua Località Codice Tratto (metri) Data Operatori Condizioni Riva sx Riva dx 1) Stato del territorio circostante a) Foreste e boschi 25 25 b) Prati, pascoli, boschi, pochi arativi e incolti 20 20 c) Colture stagionali in prevalenza e/o arativi misti e/o colture permanenti; 5 5 urbanizzazione rada d) Aree urbanizzate 1 1 2) Vegetazione presente nella fascia perifluviale primaria a) Formazioni arboree riparie 30 30 b) Formazioni arbustive riparie (saliceti arbustivi) e/o canneto 25 25 c) Formazioni arboree non riparie 10 10 2bis) Vegetazione presente nella fascia perifluviale secondaria a) Formazioni arboree riparie 20 20 b) Formazioni arbustive riparie (saliceti arbustivi) e/o canneto 15 15 c) Formazioni arboree non riparie 5 5 d) Vegetazione arbustiva non riparia o erbacea o assente 1 1 3) Ampiezza della fascia di vegetazione perifluviale arborea e arbustiva a) Fascia di vegetazione perifluviale > 30 m 20 20 b) Fascia di vegetazione perifluviale 5-30 m 15 15 c) Fascia di vegetazione perifluviale 1-5 m 5 5 d) Fascia di vegetazione perifluviale assente 1 1 4) Continuità della fascia di vegetazione perifluviale arborea e arbustiva a) Senza interruzioni 20 20 b) Con interruzioni 10 10 c) Interruzioni frequenti o solo erbacea continua e consolidata 5 5 d) Suolo nudo o vegetazione erbacea rada 1 1 5) Condizioni idriche dell’alveo a) Larghezza dell’alveo di morbida inferiore al triplo dell’alveo bagnato 20 b) Alveo di morbida maggiore del triplo dell’alveo bagnato 15 c) Alveo di morbida maggiore del triplo dell’alveo bagnato con fluttuazioni 5 di portata frequenti 6) Conformazione delle rive a) Con vegetazione arborea e/o massi 25 25 b) Con erbe e arbusti 15 15 c) Con sottile strato erboso 5 5 d) Rive nude 1 1 7) Strutture di ritenzione degli apporti trofici a) Alveo con grossi massi e/o tronchi stabilmente incassati o presenza 25 di fasce di canneto o idrofite. b) Massi e/o rami presenti con deposito di sedimento (o canneto o idrofite 15 rade e poco estese) c) Strutture di ritenzione libere e mobili con le piene 5 d) Alveo di sedimenti sabbiosi privo di alghe, o sagomature artificiali lisce 1 a corrente uniforme 8) Erosione a) Poco evidente e non rilevante 20 20 b) Solamente nelle curve e/o nelle strettoie 15 15 c) Frequente con scavo delle rive e delle radici 5 5 d) Molto evidente con rive scavate e franate o presenza di interventi artificiali 1 1 segue

21 Rapporti ISTISAN 09/44 continua Condizioni Riva sx Riva dx 9) Sezione trasversale a) Naturale 15 b) Naturale con lievi interventi artificiali 10 c) Artificiale con qualche elemento naturale 5 d) Artificiale 1 10) Fondo dell’alveo a) Diversificato e stabile 25 b) A tratti movibile 15 c) Facilmente movibile 5 11) Raschi, pozze o meandri a) Ben distinti e ricorrenti 25 b) Presenti a distanze diverse e con successione irregolare 20 c) Lunghe pozze che separano corti raschi o viceversa, pochi meandri 5 d) Meandri raschi e pozze ssenti, percorso raddrizato 1 12) Componente vegetale in alveo bagnato in acque a flusso turbolento a) Periphyton rilevabile solo al tatto e scarsa copertura di macrofite 15 b) Periphyton scarsamente sviluppato e copertura macrofitica limitata 10 c) Periphyton discreto o scarsamente sviluppato con elevata copertura di 5 macrofite d) Periphyton spesso, o discreto con elevata copertura di macrofite 1 12 bis) Componente vegetale in alveo bagnato in acque a flusso laminare a) Periphyton poco sviluppato e scarsa copertura di macrofite tolleranti 15 b) Periphyton discreto con scarsa copertura di macrofite tolleranti, o 10 scarsamente sviluppato con limitata copertura di macrofite tolleranti c) Periphyton discreto o poco sviluppato con significativa copertura di 5 macrofite tolleranti d) Periphyton spesso e/o elevata copertura di macrofite tolleranti 1 13) Detrito a) Frammenti vegetali riconoscibili e fibrosi 15 b) Frammenti vegetali fibrosi e polposi 10 c) Frammenti polposi 5 d) Detrito anaerobico 1 14) Comunità macrobentonica a) Ben strutturata e diversificata, adeguata alla tipologia fluviale 20 b) Sufficientemente diversificata ma con struttura alterata rispetto a quanto 10 atteso c) Poco equilibrata e diversificata con prevalenza di taxa tolleranti 5 all’inquinamento d) Assenza di una comunità strutturata; presenza di pochi taxa tutti piuttosto 1 tolleranti all’inquinamento

Il valore di IFF, ottenuto sommando i punteggi parziali relativi ad ogni domanda, può assumere un valore minimo di 14 ed uno massimo di 300; dal valore dell’Indice, attraverso una tabella di conversione (Tabella 8), si risale ad un livello di funzionalità che può variare tra I e V, a cui sono associati un giudizio di funzionalità ed un colore per la rappresentazione cartografica.

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Tabella 8. Conversione dei valori di IFF in classi di funzionalità, con relativo giudizio e colore standard per la rappresentazione cartografica

Valore dell’IFF Classe di funzionalità Giudizio di funzionalità Colore

261-300 I ottimo blu 251-260 I-II ottimo-buono blu-verde 201-250 II buono verde 181-200 II-III buono-mediocre verde-giallo 121-180 III mediocre giallo 101-120 III-IV mediocre-scadente giallo-arancio 61-100 IV scadente arancio 51-60 IV-V scadente-pessimo arancio-rosso 14-50 V pessimo rosso

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RISULTATI

Variabili chimico-fisiche

Nelle Tabelle 9-14 sono riportati i valori delle variabili fisico-chimiche prese in considerazione per la caratterizzazione dell’acqua dei fossi oggetto di questo studio, relative al campionamento primaverile ed autunnale, rispettivamente. Dai risultati riportati nelle Tabelle 9 e 10 si osserva la maggiore compromissione delle acque del Fosso Piordo (stazione V6) rispetto al Fosso Valchetta, di cui è un affluente. L’elevata concentrazione di fosfati e un bassissimo contenuto d’ossigeno disciolto, specialmente nel campionamento di maggio, determinano nelle acque del corpo ricettore a valle della confluenza (stazione V7) un constatabile aumento della concentrazione dei fosfati, una diminuzione dell’ossigeno e contestualmente anche ad un aumento della BOD5. La stazione situata nella zona del Sorbo fuori del SIC (V3) ha mostrato nella stagione più calda una concentrazione di nitrati più alta rispetto alle altre stazioni probabilmente dovuta al fatto che l’area in cui è situata è adibita al pascolo ed è soggetta anche ad attraversamento diretto da parte del bestiame. I valori delle variabili chimico-fisiche delle acque del bacino del Fosso Torraccia riportate nelle Tabelle 11 e 12 ci permettono di osservare invece la compromissione del Fosso Canneto – Sacrofano (stazione T4), evidente in entrambe le stagioni di campionamento, con un contenuto sia di fosfati sia di nitrati molto elevato, una bassa concentrazione di ossigeno e una BOD5 molto alta. Per il Fosso della Crescenza i valori delle variabili riportate Tabelle 13 e 14 indicano un generale inquinamento delle acque rilevato in tutte le stazioni di campionamento per le due stagioni di indagine.

Tabella 9. Valori delle variabili chimico-fisiche relative al campionamento primaverile (maggio) sul bacino del Fosso Valchetta

Valchetta (maggio) V2 V3 V4 V5 V6 V7

Nitrati (mg/L) 5,16 8,65 5,74 6,30 3,58 5,04 Fosfati (mg/L) 0,37 0,32 0,4 0,36 3,62 1,81 pH 8,14 7,62 7,9 8,03 7,4 7,38 Conducibilità 706 1246 1328 1432 882 1002 Ossigeno (mg/L) 5,33 5,6 4,74 4,94 1,7 3,8 COD (mg/L) 20,3 27,67 19,9 14,94 41,57 25,63 BOD5 1,0 4,0 4,0 1,0 3,0 5,0

Tabella 10. Valori delle variabili chimico-fisiche relative al campionamento autunnale (novembre) sul bacino del Fosso Valchetta

Valchetta (novembre) V2 V3 V4 V5 V6 V7

Nitrati (mg/L) 4,58 8,5 10,1 9,65 8,71 8,69 Fosfati (mg/L) 0,23 0,52 0,83 0,5 2,43 1,69 pH 8,27 7,75 7,91 8,21 8,06 8,08 Conducibilità 715 1288 1351 1450 785 1111 Ossigeno (mg/L) 8,02 8,88 8,08 8,87 6,03 7,24 COD (mg/L) 6,85 20,52 31,55 36,47 25,79 38,26 BOD5 5,0 3,0 3,0 2,0 17,0 20,0

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Tabella 11. Valori delle variabili chimico-fisiche relative al campionamento primaverile (maggio) sul bacino del Fosso Torraccia

Torraccia (maggio) T2 T3 T4 T5 T6

Nitrati (mg/L) 3,47 2,53 10,77 5,31 6,92 Fosfati (mg/L) 1,34 0,61 3,72 1,05 1,76 pH 8,1 8,35 8,4 8,29 9,2 Conducibilità 779 876 709 838 542 Ossigeno (mg/L) 4,92 5,98 3,75 5,86 5,57 COD (mg/L) 30,31 25,31 34,24 27,22 27,74 BOD5 0 2,0 17,0 1,0 1,0

Tabella 12. Valori delle variabili chimico-fisiche relative al campionamento autunnale (novembre) sul bacino del Fosso Torraccia

Torraccia (novembre) T1 T2 T3 T4 T5 T6

Nitrati (mg/L) 1,72 8,77 2,74 8,34 4,18 6,77 Fosfati (mg/L) 0,16 1,09 0,45 2,47 1,70 1,60 pH 7,04 8,21 8,37 7,46 7,41 8,19 Conducibilità 796 769 886 705 849 547 Ossigeno (mg/L) 6,0 9,64 10,85 6,1 8,82 8,93 COD (mg/L) 20,1 9,05 5,44 18,95 7,7 6,72 BOD5 3,0 0 1,0 14,0 0 2,0

Tabella 13. Valori delle variabili chimiche relative al campionamento primaverile (maggio) sul bacino del Fosso della Crescenza

Crescenza (maggio) C1 C2 C3 C4

Nitrati (mg/L) 17,84 1,88 7,25 7,07 Fosfati (mg/L) 1,88 5,02 2,33 3,02 pH 7,84 7,66 8,11 7,68 Conducibilità 792 984 833 788 Ossigeno (mg/L) 5,64 1,35 3,81 3,61 COD (mg/L) 25,27 57,32 47,68 51,09 BOD5 14,0 49,0 9,0 15,0

Tabella 14. Valori delle variabili chimiche relative al campionamento autunnale (novembre) sul bacino del Fosso della Crescenza

Crescenza (novembre) C1 C2 C3 C4

Nitrati (mg/L) 8,02 3,10 6,82 9,32 Fosfati (mg/L) 2,65 5,17 1,46 1,44 pH 7,62 7,51 8,07 7,80 Conducibilità 863,00 1161,00 964,00 999,00 Ossigeno (mg/L) 3,34 1,50 3,18 3,36 COD (mg/L) 47,19 59,81 40,18 24,04 BOD5 2,0 6,0 3,0 3,0

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Microbiologia

Di seguito, nelle Tabelle 15, 16 e 17 vengono riportati i risultati delle analisi microbiologiche per la ricerca di Escherichia coli nei campioni d’acqua dei fossi studiati nelle due stagioni di campionamento. I risultati sono espressi in Unità Formanti Colonia (UFC) per 100 mL di campione. Come emerge dai risultati delle analisi microbiologiche riportati nelle tabelle, i fossi oggetto di studio mostrano un generale inquinamento fecale, ad eccezione dei siti di campionamento situati nella zona SIC del Sorbo (stazione V2) e alla sorgente del Fosso Torraccia (stazione T1 - Quattro Pali).

Tabella 15. Concentrazione di E. coli nell’acqua alle stazioni del bacino del Fosso Valchetta nelle due stagioni di campionamento

Stazioni UFC/100mL (103) maggio novembre

V2 0 0 V3 5 2 V4 30 22 V5 1 0 V6 300 307 V7 119 188

Tabella 16. Concentrazione di E. coli nell’acqua alle stazioni del bacino del Fosso Torraccia nelle due stagioni di campionamento

Stazioni UFC/100mL (103) maggio novembre

T1 0 0 T2 49 19 T3 0 1 T4 85 152 T5 30 2 T6 84 7

Tabella 17. Contaminazione da E. coli nell’acqua alle stazioni del bacino del Fosso della Crescenza nelle due stagioni di campionamento

Stazioni UFC/100mL (103) maggio novembre

C4 > 300 > 300 C3 > 300 > 300 C2 > 300 > 300 C1 > 300 > 300

26 Rapporti ISTISAN 09/44

Comunità macrobentonica

Composizione e ricchezza tassonomica

Durante lo studio nei tre bacini principali del Parco di Veio sono stati reperiti complessivamente 49 taxa di macroinvertebrati bentonici. Il bacino più ricco di taxa è risultato il bacino del Fosso del Torraccia con un totale di 40 taxa (Tabella 18), seguito dal bacino del Fosso Valchetta-Cremera con un totale di 35 taxa (Tabella 19). Il bacino del Fosso della Crescenza è risultato invece il meno ricco con un totale di 17 taxa (Tabella 20). Il numero di unità tassonomiche reperito in ciascuna stazione durante il periodo di studio è variato da un minimo di 2 e un massimo di 21 taxa, con un valore medio di 9,6 e 10,1 nel periodo primaverile e autunnale rispettivamente (Figura 19). La maggiore diversità è stata riscontrata nel campionamento autunnale nella stazione situata sul Fosso Valchetta-Cremera nel sito Sorbo SIC (V2). In generale, il bacino del Fosso Valchetta-Cremera, in particolare nelle stazioni situate più a monte, e il bacino del Fosso della Torraccia sono caratterizzati da una maggiore diversità tassonomica rispetto al Fosso della Crescenza dove invece è stata reperita la diversità più bassa, in particolare in due stazioni, Due Ponti (C2) e Flaminia (C4).

25 primavera 20 autunno 15

10

5 di Numero taxa 0 C1 C2 C3 C4 V2 V3 V4 V5 V6 V7 T2 T3 T4 T5 T6

Crescenza Valchetta Torraccia Stazioni

Figura 19. Numero di taxa reperito in ciascuna stazione dei tre bacini nel periodo primaverile ed autunnale

27 Rapporti ISTISAN 09/44

28 Rapporti ISTISAN 09/44

29 Rapporti ISTISAN 09/44

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Metriche descrittrici della comunità macrobentonica

Nella Tabella 21 sono riportati i valori delle metriche calcolate sui dati dei macroinvertebrati utilizzate in questo studio per descrivere le condizioni dei corsi d’acqua. Dai risultati ottenuti si osserva come la distribuzione del numero di famiglie in ciascuna stazione è del tutto simile a quella riscontrata per il numero di taxa. In generale, il bacino del Fosso Valchetta-Cremera, in particolare nelle stazioni situate più a monte, e il bacino del Fosso della Torraccia sono caratterizzati da un maggiore numero di famiglie rispetto al Fosso della Crescenza dove invece è stata reperita il valore più basso (Figura 20). La metrica EPT, che rappresenta la somma delle abbondanze relative degli ordini di invertebrati acquatici più sensibili alle fonti di disturbo antropico (Efemerotteri, Plecotteri e Tricotteri), abbia assunto valori estremamente bassi in tutte le stazioni del Fosso della Crescenza, nella stazione sul Fosso Piordo (stazione V6), e a valle del Fosso Valchetta (stazione V7) nel bacino del Fosso Valchetta, e nella stazione sul Fosso Canneto – Sacrofano (stazione T4) nel bacino del Fosso Torraccia (Figura 21). Al contrario, questa metrica ha assunto valori molto elevati nelle stazioni a monte del Fosso Valchetta (stazioni V2 e V3) e del Fosso Borraccia (stazioni T2 e T3). La metrica 1-GOLD, che rappresenta la somma delle abbondanze relative dei taxa (Gasteropodi, agli Oligocheti e ai Ditteri) tra i quali si annoverano specie tra le più tolleranti alle fonti di disturbo dei corsi d’acqua, ha presentato un andamento del tutto analogo alla precedente (Figura 22).

Tabella 21. Metriche descrittrici delle comunità raccolte nella stagione primaverile e autunnale

Stazioni Primavera Autunno

EPT GOLD n. fam EPT GOLD n. fam

C1 0.042553 0.929078 7 0.058275 0.864802 9 C2 0 0.5 2 0 1 4 C3 0 0.965517 6 0 0.952381 4 C4 0 1 4 0 1 2 V2 0.676056 0.295775 13 0.473214 0.428571 19 V3 0.734127 0.214286 12 0.442105 0.505263 17 V4 0.139241 0.708861 12 0.134615 0.615385 12 V5 0.255618 0.733146 15 0.408759 0.270073 15 V6 0 0.979827 4 0.083333 0.916667 3 V7 0.2875 0.375 10 0 0.997283 5 T2 0.267206 0.712551 11 0.681416 0.309735 8 T3 0.497132 0.497132 15 0.202703 0.783784 15 T4 0.006135 0.971779 8 0.004119 0.978373 6 T5 0.243077 0.744615 12 0.205298 0.728477 13 T6 0.118644 0.813559 12 0.270588 0.482353 16

EPT = somma delle abbondanze relative di Ephemeroptera + Plecoptera + Trichoptera; GOLD = Gasteropoda + Oligochaeta + Diptera; n. fam = numero di famiglie di mancroinvertebrati.

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20 primavera 18 16 autunno 14 12 10 8 6 Numero di famiglie Numero di 4 2 0 C1 C2 C3 C4 V2 V3 V4 V5 V6 V7 T2 T3 T4 T5 T6 Crescenza Valchetta Torraccia

Stazioni Figura 20. Numero di famiglie reperito in ciascuna stazione dei tre bacini nel periodo primaverile ed autunnale

0,8 primavera 0,7 autunno 0,6 0,5 0,4 0,3 Valori di EPT 0,2 0,1 0 C1 C2 C3 C4 V2 V3 V4 V5 V6 V7 T2 T3 T4 T5 T6

Crescenza Valchetta Torraccia

Stazioni

Figura 21. Valori della metrica EPT (Ephemeroptera-Plecoptera-Tricoptera) in ciascuna stazione dei tre bacini nel periodo primaverile ed autunnale

0,9 primavera 0,8 autunno 0,7 0,6 0,5 0,4 1-GOLD 0,3 0,2 0,1 0 C1 C2 C3 C4 V2 V3 V4 V5 V6 V7 T2 T3 T4 T5 T6 Crescenza Valchetta Torraccia

Stazioni

Figura 22. Valori della metrica 1 - GOLD (1 - Gasteropoda, Oligochaeta, Diptera) in ciascuna stazione dei tre bacini nel periodo primaverile ed autunnale

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Indice IBE

Con i dati forniti dall’identificazione dei taxa dei macroinvertebrati è stato possibile applicare alle singole stazioni l’IBE (Ghetti, 1997). Nella Tabella 22 sono riportati i risultati relativi alle campagne di campionamento primaverile e autunnale, messi a confronto nella Figura 20. Nelle Figure 21 e 22 sono riportati cartograficamente nell’area di studio i risultati dell’applicazione dell’indice IBE nel periodo primaverile e autunnale, rispettivamente.

Tabella 22. Valori IBE relativi al campionamento primaverile e autunnale nei tre bacini oggetto di studio

Bacini Stazione Primavera Autunno

US Valore Classe di Qualità US Valore Classe di Qualità IBE IBE

Bacino del Fosso C1 5 4 IV (arancione) 9 6 III (giallo) della Crescenza C2 1 1 V (rosso) 3 2 V (rosso) C3 5 3 V (rosso) 3 2 V (rosso) C4 4 2 V (rosso) 2 1 V (rosso)

Bacino del Fosso V2 10 7 III (giallo)-II (verde) 16 8-9 II (verde) Valchetta V3 12 8 II (verde) 12 7 III (giallo) V4 8 5 IV (arancione) 9 6 III (giallo) V5 12 7 III (giallo) 13 7 III (giallo) V6 3 2 V (rosso) 1 1 V (rosso) V7 7 5 IV (arancione) 4 2 V (rosso)

Bacino del Fosso T2 8 6 III (giallo) 5 5 IV (arancione)-III (giallo) Torraccia T3 12 8 II (verde) 10 6 III (giallo) T4 8 5 IV (arancione) 5 3 V (rosso) T5 10 7 III (giallo)-II (verde) 9 6 III (giallo) T6 4 2 V (rosso) 9 6 III (giallo)

Come si può osservare dai risultati dell’applicazione dell’indice IBE (Figura 20), il Fosso della Crescenza presenta una qualità delle acque nel complesso più compromessa rispetto al Fosso Valchetta e Torraccia. Le stazioni su questo corso d’acqua sono state classificate tutte nella V classe, con l’unica eccezione rappresentata dalla stazione situata più a monte (C1- Crescenza Veientana) che invece ha presentato, almeno in autunno, una qualità mediocre. Per quanto riguarda il Fosso Valchetta, le due stazioni situate nell’area del Sorbo (stazioni Valchetta Sorbo SIC-V2 e Valchetta Sorbo-V3) hanno presentato una qualità delle acque oscillante tra la classe buona e mediocre, mentre scendendo più a valle si è osservato un peggioramento della qualità fino al raggiungimento della V classe, riscontrata nella stazione posta sull’asta principale a valle della confluenza del Fosso del Piordo (stazione Valchetta Valle-V7). Questo Fosso, affluente di destra del Valchetta/Cremera, ha mostrato infatti una situazione delle acque fortemente compromessa sia nella stagione primaverile sia autunnale. Il Fosso Torraccia a monte dell’immissione del Fosso di Sacrofano (stazione Torraccia Sacrofano monte-T2) ha presentato in primavera una qualità delle acque buona, mentre a valle della confluenza del Fosso, nella località Pietra Pertusa (Torraccia Sacrofano valle-T5), la qualità sembra lievemente peggiorare. Nel periodo autunnale la situazione del Fosso Torraccia è risultata nel complesso di qualità inferiore in tutte le stazioni. Il Fosso Pietra Pertusa, affluente di destra del Torraccia, è caratterizzato nella stazione sita in territorio

33 Rapporti ISTISAN 09/44 urbano (T6) da una qualità delle acque mediamente scadente, compresa tra una classe V e una III, in primavera e in autunno, rispettivamente.

9 primavera 8 7 autunno 6 5

4 Valore IBE 3 2 1

0 C1 C2 C3 C4 V2 V3 V4 V5 V6 V7 T2 T3 T4 T5 T6

Crescenza Valchetta Torraccia

Stazioni

Figura 23. Valore dell’Indice IBE in ciascuna stazione dei tre bacini nel periodo primaverile e autunnale

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Campagnano

Sacrofano

ss.FLAMINIA

Formello C A S S IA V E IE N T A N A

ss CASSIA

Prima Porta

RA G

Ottimo Buono Mediocre Scadente

Ottimo-Buono Scadente-Pessimo Buono-Mediocre Mediocre-Scadente Buono-Ottimo Mediocre-Buono Scandente-Mediocre Pessimo-Scandente

Pessimo

Figura 24. Presentazione cartografica dei risultati dell’IBE nel periodo primaverile

35 Rapporti ISTISAN 09/44

Campagnano

Sacrofano

ss.FLAMINIA

Formello C A S S IA V E IE N T A N A

ss CASSIA

Prima Porta

RA G

Ottimo Buono Mediocre Scadente

Ottimo-Buono Buono-Mediocre Mediocre-Scadente Scadente-Pessimo

Buono-Ottimo Mediocre-Buono Scandente-Mediocre Pessimo-Scandente Pessimo

Figura 25. Presentazione cartografica dei risultati dell’IBE nel periodo autunnale

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Indice di Funzionalità Fluviale

Bacino del fosso della Crescenza

Per l’applicazione dell’IFF al bacino del fosso della Crescenza sono stati individuati 3 tratti sul fosso stesso e uno sull’affluente Acquatraversa (Tabella 23).

Tabella 23. Bacino del fosso della Crescenza

Domanda Veientana Veientana Golf Cassia Sorgenti Due Ponti Confluenza Confluenza sx dx sx dx sx dx sx dx

1 20 20 5 5 1 1 5 5 2 10 10 1 1 1 1 10 10 2bis ------3 5 5 5 5 1 1 5 5 4 10 10 5 5 5 5 10 10 5 15 15 10 10 15 15 15 15 6 15 15 15 15 5 5 5 5 7 5 5 5 5 5 5 5 5 8 20 20 20 20 1 1 20 20 9 15 15 15 15 5 5 15 15 10 15 15 5 5 5 5 5 5 11 5 5 5 5 5 5 5 5 12 - - 5 5 5 5 1 1 12bis 10 10 ------13 10 10 10 10 1 1 5 5 14 5 5 5 5 1 1 1 1 Totale 160 160 111 111 56 56 107 107 Classe III III III/IV III/IV IV/V IV/V III/IV III/IV

Il tratto dell’Acquatraversa compreso nel territorio del parco è quello più urbanizzato, trovandosi tra la Cassia e la Flaminia all’interno dell’anello del Grande Raccordo Anulare. Lungo le sponde cresce vegetazione arbustiva e canneto, spesso interrotto e non più ampio di 5 metri. Le condizioni morfologiche del fosso non sono molto soddisfacenti, con fondo mobile, mancanza di strutture di ritenzione ed erosione delle rive, queste ultime ricoperte solo da erba. L’alveo è naturale, ma manca una regolare successione di raschi e pozze. Pessime le condizioni della componente biologica, con spesso periphyton, detrito polposo e mancanza di una benché minima comunità di macroinvertebrati bentonici. La valutazione generale del tratto è di una funzionalità fluviale mediocre-scadente. Anche il tratto terminale del fosso della Crescenza, tra il complesso sportivo in via dei Due Ponti e lo sbocco a fiume, si trova in territorio parzialmente urbanizzato ai confini meridionali del Parco di Veio. Il fosso corre parallelo (e pressoché accostato) a via dei Due Ponti, e la vegetazione spondale è composta solo da un canneto, frammentario e stretto intorno al fosso. L’alveo è per lo più naturale, ma il fondo è movibile, sabbioso, con le rive coperte da erba e canneto. In alcuni punti il corso d’acqua è stato rettificato e le sponde rinforzate perché l’erosione non minacciasse la strada. Il periphiton spesso e l’assoluta mancanza di una comunità bentonica sottolineano l’inquinamento delle acque e lo stravolgimento della morfologia dell’habitat acquatico. Nel complesso il giudizio IFF è di una condizione scadente-pessima.

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Tra via dei Due Ponti e via Veientana il fosso della Crescenza occupa un territorio prevalentemente agricolo, con colture stagionali e arativi. Le sponde del corso d’acqua sono coperte da un fitto canneto a tratti interrotto o inframmezzato da sporadici alberi. L’alveo è profondamente infossato rispetto al piano del terreno, e presenta un fondo facilmente movibile e privo di strutture di ritenzione. La sezione è naturale, ma le rive sono coperte solo da erbe e manca una regolare successione di raschi e pozze. L’inquinamento organico delle acque è limitato, come conferma lo scarso periphyton, ma l’alterazione morfologica dell’habitat e le fonti di stress diffuso riducono al minimo la diversità della comunità di macroinvertebrati. Si giunge così ad un giudizio complessivo mediocre-scadente della funzionalità fluviale. Il tratto iniziale del fosso della Crescenza, tra le sorgenti e la via Veientana, scorre in un territorio adibito a pascolo, prati e coltivazioni. Sulle sponde cresce una vegetazione arbustiva e arborea, per un’ampiezza mai superore ai 5 metri, e con frequenti interruzioni. Spesso le rive sono spoglie e ricoperte da uno strato erboso, spesso erose nelle curve. Il fondo dell’alveo è stabile, con ciottoli e sassi. La componente biologica, nonostante la relativa alterazione, non è del tutto compromessa, come rivela la scarsa copertura di macrofite, il sottile periphyton e la comunità di macroinvertebrati, quest’ultima comunque non troppo diversificata. Nel complesso si può parlare di una funzionalità mediocre di questo tratto del fosso.

Bacino del fosso Valchetta/Cremera

Il fosso Cremera è stato diviso in 8 tratti, con condizioni generalmente omogenee, per l’applicazione dell’indice IFF (Tabella 24).

Tabella 24. Bacino del fosso Valchetta/Cremera

Domanda Sbocco Cassia V.1 Valchetta Ponte Cassia V.2 Formello Sorbo Cassia V.1 -Valchetta I. Farnese Sodo- -Formello -Sorbo I. Farnese -Ponte Cassia V.2 Sodo sx dx sx dx sx dx sx dx sx dx sx dx sx dx

1 5 5 20 20 25 25 5 5 20 20 20 20 25 25 2 10 10 25 30 30 30 10 10 30 30 25 25 30 30 2bis ------3 5 5 5 15 20 20 5 5 15 15 15 15 20 20 4 5 5 5 10 20 20 10 10 20 20 5 5 20 20 5 20 20 20 20 20 20 20 20 20 20 20 20 20 20 6 5 5 15 15 15 15 5 5 15 15 15 15 15 15 7 5 5 5 5 15 15 5 5 15 15 15 15 25 25 8 5 5 15 15 20 20 15 15 15 15 20 20 15 15 9 10 10 15 15 15 15 10 10 15 15 15 15 15 15 10 5 5 15 15 15 15 15 15 15 15 15 15 25 25 11 5 5 20 20 20 20 5 5 20 20 20 20 25 25 12 5 5 5 5 10 10 5 5 10 10 10 10 10 10 12bis ------13 5 5 1 1 15 15 10 10 15 15 15 15 15 15 14 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 10 10 20 20 Totale 95 95 161 191 245 245 125 125 230 230 220 220 285 285 Classe IV IV III II-III II II III III II II II II I I

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Il tratto compreso tra lo sbocco del fosso al fiume Tevere e il primo attraversamento della via Cassia Veientana è in assoluto il tratto più antropizzato. Il territorio circostante il fosso rimane per la maggiorparte caratterizzato da aree coltivate, ma il fosso comincia a scorrere parallelamente alla strada e nell’ultimo tratto vicino ad alcuni edifici della città di Roma. La vegetazione spondale resta arborea, nonostante frequenti interruzioni. Le condizioni dell’alveo, a tratti interessato da interventi antropici, vedono una cospicua erosione delle rive, non protette da sviluppata vegetazione, con assenza di strutture di ritenzione in acqua e fondo instabile. Molto compromesse le componenti biologiche del fosso, caratterizzato da comunità di macroinvertebrati povera e discreta copertura di periphyton. Nel complesso la funzionalità fluviale di questo tratto risulta scadente su entrambe le sponde. Il secondo tratto preso in considerazione è la frazione di fiume compresa tra la via Cassia Veientana e la stazione di campionamento Valchetta Isola Farnese. Il carattere più omogeneo lungo tutto il tratto è l’uso agricolo del territorio circostante il fosso, con prati e pascoli e qualche campo coltivato. La vegetazione spondale comprende piante arboree igrofile e non, anche se per una larghezza inferiore ai 5 metri (un po’ più sulla sponda destra) e con frequenti interruzioni. Le rive, leggermente erose, sono ricoperte da erbe e arbusti. L’alveo, naturale, è sufficientemente stabile presenta scarse strutture di ritenzione. Le componenti biologiche versano in condizioni critiche, con spesso strato di periphyton e una comunità di macroinvertebrati povera e sbilanciata. Nel complesso la funzionalità fluviale di questo tratto risulta mediocre sulla sponda sinistra e buona-mediocre sulla destra. Il tratto del fosso del Piordo compreso all’interno del territorio del parco è stato considerato come omogeneo ai fini dell’applicazione dell’IFF. Il territorio circostante è caratterizzato da boschi e colture stagionali, mentre lungo le sponde cresce, per un’ampiezza inferiore ai 5 metri, vegetazione arborea non igrofila, frequentemente interrotta da zone spoglie. L’alveo, naturale, presenta leggera erosione, ma il fondo è instabile e privo di strutture di ritenzione, mentre sulle rive cresce solamente un sottile strato d’erba. Pessime le condizioni biologiche, con crescita di batteri anaerobici e assenza di una comunità di macroinvertebrati bentonici. Nel complesso la funzionalità risulta mediocre- scadente. Il tratto di fiume Cremera compreso tra l’attraversamento di via del Prato della Corte (presso Isola Farnese) e la località Ponte Sodo ha mostrato caratteristiche sufficientemente omogenee per la compilazione di un’unica scheda IFF. Il territorio circostante è caratterizzato da area boschiva, con dominanza di querce e altre essenze. Lungo il fosso crescono salici e ontani, che sono seguiti da una fascia arborea perifluviale continua e ampia oltre 30 metri. Buone le condizioni delle rive e dell’alveo, con fondo stabile e rive ricoperte da arbusti e alberi. Scarsa l’erosione. Le componenti biotiche dell’ecosistema acquatico sono probabilmente quelle che versano in condizioni peggiori, dato l’inquinamento dell’acqua. La comunità di macroinvertebrati è infatti molto sbilanciata verso i taxa più tolleranti. Il giudizio complessivo risultante è di una buona funzionalità del corso d’acqua. Il tratto di fiume Cremera tra la località Ponte Sodo e il secondo attraversamento della via Cassia Veientana, in località Olgiata, è caratterizzato da territorio agricolo, con i campi coltivati che arrivano quasi a ridosso del corso d’acqua. Sulle sponde cresce una stretta fascia di vegetazione arbustiva ed arborea, per lo più non igrofila. Frequenti le interruzioni. Le condizioni morfologiche dell’alveo e delle rive sono piuttosto mediocri, con erosione moderata, mobilità del fondo e scarse strutture di ritenzione idrica. In acqua è possibile osservare la crescita di un discreto strato di periphyton. I macroinvertebrati bentonici, di cui sono stati rinvenuti pochi taxa, denotano la presenza di inquinamento organico, che contribuisce alla definizione di uno stato mediocre di funzionalità fluviale. Tra l’Olgiata e l’inizio della valle del Sorbo a est di Formello v’è un tratto del fosso Crescenza in cui il corso d’acqua scorre tra prati e macchie di bosco subito a ridosso di aree residenziali e colture stagionali. Sulle sponde cresce vegetazione arborea riparia frammista a querce e altre essenze.

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L’ampiezza dell’area boschiva varia tra i 5 e i 30 metri, con rade interruzioni. Le condizioni dell’alveo, naturale, sono buone: il fondo è sufficientemente stabile con adeguate strutture di ritenzione, mentre sulle rive,poco scavate, crescono arbusti e alberi. Buona anche la situazione della componente perifitica, mentre la comunità di macroinvertebrati rivela già l’esistenza di un moderato inquinamento delle acque. Nel complesso le condizioni di funzionalità fluviale di questo tratto risultano buone. Nel tratto compreso nella metà inferiore della valle del Sorbo (dall’altezza di Formello al ponte sul Cremera) il territorio circostante il fosso è caratterizzato da prati e pascoli inframmezzati da aree boscose che ricoprono anche i fianchi della vallata. Laddove il fosso costeggia i pascoli non c’è vegetazione spondale (a parte lo strato erboso) ma, seppur con discontinuità, sono presenti anche ampi tratti alberati. L’alveo è naturale, con erosione molto scarsa e fondo stabile solo a tratti movibile. Le rive sono ricoperte da erbe o arbusti, mentre raschi e pozze si susseguono irregolarmente. Scarsa la copertura perifitica, mentre la comunità di macroinvertebrati, sebbene discretamente diversificata, mostra comunque segni di squilibrio tra i i vari taxa. Nel complesso la funzionalità del corso d’acqua è buona. Il tratto più settentrionale del fosso è compreso nel SIC del Sorbo, ultimo tratto in cui è stata rinvenuta acqua in tutti i periodi di sopralluogo e campionamento. I fianchi della vallata sono interamente alberati e la vegetazione arborea parte dalle sponde, con essenze tipiche riparie. L’alveo è naturale, con massi e tronchi sia sulle rive, dove scarsa è l’erosione, sia in alveo bagnato, dove il fondo è stabile e si susseguono raschi e pozze con regolarità. La copertura di periphyton è scarsa, mentre la comunità di macroinvertebrati risulta sufficientemente diversificata per questo tipo d ambiente. Nel complesso il giudizio IFF è ottimo.

Bacino del fosso della Torraccia Il bacino del fosso della Torraccia è stato studiato applicando l’IFF a 7 tratti del fosso principale e di due suoi affluenti fosso di Pietra Pertusa e fosso di Sacrofano (Tabella 25).

Tabella 25. Bacino del fosso Borraccia

Domanda Sbocco- Fosso Cimitero- Ponte Fosso Riano- Cimitero Pietra Ponte Nuovo- Sacrofano Sorgenti Flaminio Pertusa Nuovo Riano sx dx sx dx sx dx sx dx sx dx sx dx

1 1 1 5 1 5 5 20 5 25 25 5 5 2 5 5 5 5 25 25 30 30 30 30 10 10 2bis ------3 5 5 5 5 5 5 15 15 20 20 5 5 4 5 5 5 5 5 5 10 10 20 20 5 5 5 20 20 20 20 20 20 20 20 20 20 20 20 6 5 5 5 5 5 5 25 25 25 25 5 5 7 1 1 1 1 5 5 25 25 25 25 5 5 8 5 5 5 5 20 20 20 20 5 5 20 20 9 10 10 10 10 10 10’ 15 15 15 15 10 10 10 5 5 5 5 15 15 25 25 25 25 15 15 11 5 5 5 5 5 5 25 25 25 25 5 5 12 5 5 5 5 1 1 5 5 5 5 5 5 12bis ------13 15 15 15 15 15 15 15 15 15 15 10 10 14 5 5 5 5 1 1 10 10 5 5 5 5 Totale 92 92 96 92 137 137 265 250 260 260 125 125 Classe IV IV IV IV III III I-II I-II I-II I-II III III

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Il tratto di fosso compreso tra lo sbocco al Tevere e il cimitero Flaminio è quello che presenta i maggiori caratteri di antropizzazione del territorio circostante, con aree edificate e campi coltivati. Lungo le sponde crescono canneti e arbusti, interrotti da vegetazione erbacea e tratti spogli. L’alveo è in parte rettificato, con un fondo instabile e privo di strutture di ritenzione. Le rive, ricoperte solamente da vegetazione erbacea, presentano interventi antropici per evitare fenomeni erosivi che minaccerebbero le strade circostanti. In acqua sono presenti un discreto strato di periphyton e moderata copertura di macrofite. La comunità macrobentonica risulta povera e con rapporti alterati. Nel complesso risulta un giudizio scadente per la funzionalità di questo tratto di fiume. Il fosso di Pietra Pertusa, affluente di destra del Torraccia, confluisce al fosso principale in località prima porta, in un’area completamente antropizzata sulla sua sinistra idrografica, adibita a campo coltivato sulla destra. Sulle sponde crescono arbusti e alberi, anche tipici riparii, per una ampiezza limitata ai 5 metri sui due lati e comunque con frequenti interruzioni con aree edificate e vegetazione erbacea. L’alveo, naturale con lievi interventi artificiali, ha un fondo sabbioso, privo di strutture di ritenzione e con moderata erosione delle rive, ricoperte di un sottile strato erboso. Lo strato di periphyton è discretamente sviluppato. La comunità macrobentonica è povera di taxa e sbilanciata. Ne risulta un giudizio scadente della funzionalità fluviale. Tra l’altezza del cimitero Flaminio è la località Pietra Pertusa (ponte nuovo) sulla via Flaminia il fosso attraversa un’area agricola con colture stagionali e urbanizzazione rada. Sulle sponde cresce un fitto canneto, ampio fino a 5 metri, con sporadiche interruzioni. L’alveo, naturale tranne per alcuni interventi di consolidamento delle sponde, è sabbioso, mobile, privo di strutture di ritenzione degli apporti trofici. Sulle rive, che non presentano rilevante fenomeno erosivo, cresce un sottile strato erboso o il canneto stesso. Non mancano i meandri, anche se non c’è alternanza di raschi e pozze. Sul fondo è presente un discreto strato di periphyton, e la comunità di macroinvertebrati risulta sbilanciata verso taxa più tolleranti. Il giudizio complessivo IFF risultante è mediocre. Dal ponte a Pietra Pertusa procedendo verso nord fino all’altezza dell’abitato di Riano il fosso scorre in una valle caratterizzata dal susseguirsi di aree boschive e campi coltivati. Anche laddove i boschi lasciano il posto ai campi lungo le sponde del fosso persiste una fascia di vegetazione ripariale, eccezion fatta per la stretta fascia in cui il fosso costeggia Monte Caminetto. L’alveo è naturale, a fondo stabile, con massi sulle rive e buone strutture di ritenzione. Numerosi i meandri. Le componenti biologiche dell’ecosistema acquatico rivelano una lieve alterazione, probabilmente dovuta alla non eccelsa qualità delle acque, ma la comunità di macroinvertebrati resta nel complesso ben strutturata. Il giudizio IFF complessivo di questo tratto è buono-ottimo. Anche il fosso del Canneto (o di Sacrofano) scorre in una valle dai ripidi fianchi boscosi, subito circondati da campi coltivati e prati. La fascia di vegetazione rimane comunque ampia intorno ai 30 metri, tranne in punti in cui le costruzioni sono indebitamente poste a ridosso del corso d’acqua. In alveo sono presenti massi e tronchi, il fondo è stabile e sulle rive crescono alberi e arbusti. Scarsa l’erosione. La componente biologica risulta l’unica in cattive condizioni. In acqua è presente uno spesso strato di periphyton, mentre la comunità a macroinvertebrati è decisamente povera e sbilanciata verso i taxa più tolleranti. Ciò a causa delle cattive condizioni chimico-fische dell’acqua. Il giudizio complessivo rimane comunque buono-ottimo per le eccellenti condizioni morfologiche. Il tratto più a monte del fosso della Torraccia, tra le sorgenti e il punto all’altezza di Riano, scorre in un territorio la cui naturalità risulta degradata da urbanizzazione rada e coltivazioni a ridosso del corso d’acqua. La vegetazione arborea spondale è spesso sostituita da erbe e arbusti, con un’ampiezza variabile. L’alveo è naturale, ma il fondo è instabile e sulle rive cresce

41 Rapporti ISTISAN 09/44 vegetazione erbacea e arbustiva. Limitato il fenomeno dell’erosione, ma manca una regolare alternanza di raschi e pozze. Le componenti biologiche non sono in condizioni ottimali, con periphyton discreto e una comunità di macroinvertebrati piuttosto povera. Nel complesso il giudizio IFF è di un livello mediocre di funzionalità fluviale. Nella Tabella 26 sono riportati in modo riassuntivo i risultati dell’IFF in modo da avere un quadro sulla funzionalità complessiva dei tre bacini principali oggetto di studio e fare un confronto. Nella Figura 26 sono riportati cartograficamente i risultati dell’applicazione dell’indice IFF nell’area di studio.

Tabella 26. Quadro sinottico dei valori di IFF del reticolo idrografico principale del Parco di Veio

Corso d’acqua e stazioni Valore di IFF Livello di funzionalità Giudizio di funzionalità

Fosso Crescenza Sorgenti - Veientana sx 160 III mediocre dx 160 III mediocre Veientana – Due Ponti sx 111 III - IV mediocre-scadente dx 111 III - IV mediocre-scadente Due Ponti – Confluenza sx 56 IV-V scadente-pessimo dx 56 IV-V scadente-pessimo Fosso Acquatraversa sx 90 IV scadente dx 90 IV scadente Fosso Valchetta/Cremera Sorbo sx 285 I elevato dx 285 I elevato Sorbo - Formello sx 220 II buono dx 220 II buono Formello – Cassia Veientana II sx 230 II buono dx 230 II buono Cassia Veientana II – Ponte Sodo sx 125 III mediocre dx 125 III mediocre Ponte Sodo – V. I. Farnese sx 245 II buono dx 245 II buono V. I. Farnese - Cassia Veientana I sx 161 III mediocre dx 191 II-III mediocre-buono Cassia Veientana I – Sbocco sx 95 IV scadente dx 95 IV scadente Fosso Torraccia Sorgenti - Riano sx 125 III mediocre dx 125 III mediocre Fosso di Sacrofano sx 260 I-II elevato-buono dx 260 I-II elevato-buono Riano – Ponte Nuovo sx 265 I-II elevato-buono dx 250 I-II elevato-buono Ponte Nuovo – Cimitero F. sx 137 III mediocre dx 137 III mediocre Fosso di Pietra Pertusa sx 96 IV scadente dx 92 IV scadente Cimitero F. - Sbocco sx 92 IV scadente dx 92 IV scadente

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Figura 26. Presentazione cartografica dei risultati dell’IFF

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DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

Il Parco Regionale di Veio ha una triplice anima che è al contempo sua ragion d’essere, suo punto di forza e sua principale fonte di criticità nei problemi di gestione. Esso è infatti in primis un parco rurale, di grande valenza per la salvaguardia di un peculiare ambiente, la campagna circostante la capitale italiana, un po’ ovunque minacciato dall’espansione edilizia e dall’antropizzazione dilagante del territorio. In secondo luogo il parco di Veio si distingue per l’importanza in ambito archeologico, comprendendo nei sui confini siti fondamentali per la cultura italiana antica, romana ed etrusca in particolare. Ma il Parco è anche parco urbano, interfaccia tra la periferia romana, il territorio agricolo e naturale, e i paesi che intorno ad esso gravitano. Tanta ricchezza paesaggistica e naturale, umana e culturale corrisponde ad un’altrettanto vasta complessità nella gestione da parte di chi deve lavorare per la sua protezione. Anche lo studio degli ecosistemi dell’area, elemento cruciale per la conoscenza e la comprensione del territorio e quindi per la programmazione delle azioni gestionali, non può esimersi dal prendere in considerazione questa complessità nella pianificazione delle analisi e nell’interpretazione e discussione dei risultati. Questo discorso vale tanto più per lo studio dei corsi d’acqua del Parco, dei quali questo lavoro si è occupato, che procedendo in direzione nord-sud, secondo l’asse maggiore dell’area protetta, attraversano durante il loro corso praticamente tutti gli ambienti e i punti critici di cui si è parlato finora. I risultati relativi alle variabili chimico-fisiche hanno permesso di individuare le criticità, riguardanti soprattutto le elevate concentrazioni di fosfati, il basso contenuto di ossigeno disciolto e alti valori della Domanda Biologica di Ossigeno (BOD5), che interessano in modo più accentuato il bacino del Fosso della Crescenza e anche gli affluenti dei corsi d’acqua principali degli altri due bacini indagati, e precisamente il Fosso Piordo nel bacino del Fosso Valchetta e il Fosso Canneto (o Sacrofano) nel bacino del Fosso Torraccia. Questa situazione determina nelle acque del corpo ricettore un peggioramento delle condizioni chimico-fisiche, in modo particolare nel Fosso Valchetta a valle della confluenza con il Fosso Piordo. I risultati delle analisi microbiologiche confermano queste criticità e indicano inoltre un generale inquinamento fecale delle acque dei fossi oggetto di studio, ad eccezione dei siti di campionamento situati nella zona SIC del Sorbo e alla sorgente del Fosso della Torraccia. L’analisi della comunità macrobentonica fornisce informazioni complementari a quelle delle variabili fisico-chimiche e microbiologiche in quanto rileva effetti di perturbazioni a lungo termine sia continue che intermittenti, riflettendo anche effetti sinergici di più agenti. Tale analisi ha reso più completa la valutazione della situazione ecologica dei fossi studiati attraverso l’interpretazione delle alterazioni della comunità stessa, fornendo un quadro d’insieme e riassuntivo sul grado di alterazione dell’ambiente. In generale, il bacino del Fosso della Torraccia e il bacino del Fosso Valchetta, in particolare nelle stazioni situate più a monte tra cui spicca la zona SIC della Valle del Sorbo per l’elevato numero di taxa, sono caratterizzati da una maggiore diversificazione della comunità a macroinvertebrati rispetto al Fosso della Crescenza. Quest’ultimo è infatti caratterizzato da una comunità più povera e dominata da gruppi sistematici più tolleranti, appartenenti ai Chironomidi, Oligocheti, e Irudinei, capaci di tollerare livelli relativamente alti di inquinamento organico (Campaioli, 1994). La macrofauna del Fosso della Torraccia è caratterizzato dalla presenza esclusiva dell’Efemerottero Oligoneuriella rhenana, unica specie in Italia della famiglia Oligoneuriidae, le cui larve possono tollerare un moderato livello di inquinamento organico e quando presenti sono catturabili solo nel periodo dell’anno che va da aprile a giugno prima dello farfallamento (Campaioli, 1994). Il fosso è

44 Rapporti ISTISAN 09/44 caratterizzato dalla presenza anche di altri gruppi tassonomici moderatamente sensibili come i generi Serratella (Efemerotteri, Ephemerellidae) e Leuctra (Plecotteri, Leuctridae). Nel Fosso Valchetta, oltre a quest’ultimi, sono stati reperiti con una maggiore abbondanza anche altri taxa indicatori di situazioni non eccessivamente compromesse nella zona SIC del Sorbo (V2), come Ecdyonurus (Efemerotteri, Heptageniidae), genere molto frequente nei tratti superiore e medio dei corsi di tutte le regioni italiane, con substrati a pietre, Paraleptophlebia (Efemerotteri, Leptophlebiidae), genere poco comune, le cui larve vivono nelle acque calme dei corsi d’acqua e sono in grado di tollerare moderati livelli di inquinamento organico (Campaioli, 1994), ed Ephemera (Efemerotteri, Ephemeridae), genere frequente e localmente abbondante in Italia colonizzando in particolare i sedimenti fini dei torrenti. Come hanno evidenziato anche i risultati dell’applicazione dell’indice IBE, il Fosso della Crescenza presenta una qualità delle acque nel complesso più compromessa rispetto al Fosso della Valchetta e della Torraccia. Per quanto riguarda il Fosso Valchetta, le due stazioni situate nell’area del Sorbo hanno presentato una qualità delle acque buona- mediocre, mentre scendendo più a valle sull’asta principale dopo la confluenza del Fosso del Piordo si è osservato un grave peggioramento della qualità delle acque. Questo Fosso, come già evidenziato anche dalle analisi chimiche e microbiologiche, ha mostrato infatti una situazione delle acque fortemente compromessa dopo l’immissione del Fosso Piordo. Il Fosso Torraccia a monte dell’immissione del Fosso di Sacrofano ha presentato una qualità delle acque buona, mentre a valle della confluenza del Fosso, nella località Pietra Pertusa, la qualità sembra lievemente peggiorare. Inoltre, per il periodo autunnale la situazione del Fosso Torraccia è riultata nel complesso di qualità inferiore in tutte le stazioni, quindi i risultati ottenuti suggeriscono che questo corso d’acqua sembra risentire in modo particolare della situazione di stress estivo. Dal confronto con i risultati dell’applicazione dell’indice IBE svolta nel 2001 dal Parco (Parco Regionale di Veio, 2001), emerge che le condizioni dei fossi studiati non hanno subito sostanziali cambiamenti qualitativi, almeno per quanto riguarda le stazioni in comune ai due studi. L’andamento generale a cui si assiste, analizzando i risultati ottenuti dall’applicazione dell’IFF al Fosso Valchetta-Cremera e Torraccia, è un parallelo progressivo peggioramento della funzionalità fluviale, procedendo dalla sorgente verso l’immissione al Tevere. Si tratta di una valutazione a livello ecosistemico, e pertanto valida per una visione d’insieme delle condizioni del reticolo idrografico. Considerazioni a parte vanno fatte per il bacino del fosso Crescenza, soprattutto data la sua pressoché completa urbanizzazione. Spicca per l’elevata funzionalità fluviale il tratto più a monte del fosso Valchetta che attraversa la zona SIC della Valle del Sorbo. Come confermato anche dai risultati dell’applicazione dell’Indice Biotico Esteso, anche la comunità macrobentonica in questo tratto del corso d’acqua è ancora discretamente diversificata e bilanciata. Questo risultato da un lato sottolinea la bontà della decisione di istituire la zona SIC, dall’altro fa emergere la necessità di un maggiore impegno nel difendere questo settore del Parco dalla pressione edilizia della vicina città di Formello. Procedendo verso sud il fosso subisce gli effetti degli impatti legati all’uso agricolo del suolo e alle aree urbanizzate di Formello e della Cassia. Si tratta comunque di un livello di alterazione dal quale il corso d’acqua riesce a recuperare grazie al suo potere di autodepurazione (quindi alla buona funzionalità fluviale) come mostra il miglioramento dell’indice IBE dal giudizio scadente al mediocre riscontrato nel periodo primaverile tra la stazione di Ponte Sodo e quella sita nei pressi di Isola Farnese. Ciò che realmente mette in crisi le capacità del fosso Cremera di riprendersi dalle pressioni apportategli dall’antropizzazione del suo bacino è l’immissione del fosso del Piordo. Le acque di questo piccolo corso d’acqua ricevono gli scarichi del complesso dell’Olgiata sulla via Cassia e di Isola Farnese. Come hanno mostrato i risultati IBE e le analisi chimico-fisiche e microbiologiche, le pessime condizioni

45 Rapporti ISTISAN 09/44 delle sue acque si riflettono in un forte peggioramento delle acque dell’asta principale. Ciò è ancor più grave per il fatto che il fosso Valchetta-Cremera è ormai giunto nel tratto finale del suo corso e la sua funzionalità fluviale, passando dai campi coltivati del medio corso al territorio semi-urbanizzato all’interno del Grande Raccordo Anulare, è ormai troppo compromessa per impedire che acque di pessima qualità confluiscano al Tevere. Le condizioni del fosso della Torraccia (S. Antonio nel tratto iniziale) presentano un andamento analogo a quello del fosso Cremera, con un peggioramento generale dell’ecosistema all’approssimarsi del corso d’acqua alla città di Roma. Differenza sostanziale è costituita dalle condizioni del tratto iniziale. Le sorgenti del fosso si trovano infatti nei pressi degli abitati di Morlupo e Castelnuovo di Porto, aree relativamente antropizzate, con conseguente mediocrità della funzionalità fluviale. Successivamente il fosso acquista una funzionalità buona-elevata, così come è buona-elevata la funzionalità del fosso del Canneto-Sacrofano. Nonostante questa ottima capacità autodepurativa, l’eccessivo apporto di scarichi dall’area urbana di Sacrofano fa del fosso del Canneto per il fosso Torraccia l’analogo del fosso del Piordo per il Valchetta, con netto peggioramento della qualità chimica e biologica dell’asta principale una volta ricevuto l’affluente. L’evidente contrasto tra il risultato dell’indice IBE e dell’IFF assicura comunque al fosso un’elevata potenzialità di recupero una volta deviati gli scarichi verso una futura, auspicabile rete fognaria. Il fosso di Pietra Pertusa, al momento dell’immissione all’asta principale, presenta invece condizioni chimiche e biologiche dell’acqua paragonabili a quelle del Torraccia prima dell’immissione, e non comporta quindi peggioramento delle stesse. Come già anticipato le condizioni del fosso Crescenza non seguono, se non superficialmente, lo stesso andamento dei due fossi principali. Un peggioramento lungo la direttrice monte-valle è ancora rilevabile (sia l’IBE sia l’IFF danno giudizi che passano dal mediocre al pessimo), ma sin da principio le acque del fosso versano in cattive condizioni sia sotto l’aspetto fisico- chimico, sia per quanto riguarda la concentrazione di E. coli. Questo non stupisce considerando che le sorgenti stesse si trovano in territorio urbano e i maggiori contributi alla portata del corso d’acqua vengono da scarichi e acque di drenaggio di terreni coltivati. Per il sottobacino del fosso della Crescenza si possono quindi individuare due principali obiettivi sui quali intervenire per un miglioramento della situazione complessiva. Il primo e più urgente è sicuramente lo slacciamento del fosso dal collettore dei reflui domestici. Il secondo obiettivo è il ripristino delle condizioni naturali degli alvei e delle fasce vegetazionali riparie dei tratti terminali, riducendo così anche l’apporto di nutrienti dai terreni agricoli circostanti. Ciò consentirebbe il miglioramento della qualità delle acque e quindi dell’ecosistema intero, ed altresì renderebbe più fruibile a scopi ricreativi, per gli abitanti del quadrante nord-occidentale di Roma, il settore urbano del Parco di Veio. Dalle discussioni sopra riportate, sono stati evidenziati i “Determinanti” (lo sviluppo urbano, l’agricoltura), le “Pressioni” (gli scarichi e i prelievi idrici), che alterano lo “Stato” delle comunità bentoniche e della fascia ripariale provocando una diminuzione della diversità, l’alterazione della struttura delle comunità macrobentoniche, incidendo sulla funzionalità dell’intero ecosistema (gli “Impatti”). Le “Risposte” sono le più complesse, poiché dipendono non solo dalle conoscenze, che sono l’elemento di partenza, ma da impegni decisi a diversi livelli: tecnico, amministrativo, politico e civico. Le risposte agli impatti e l’impegno alla conservazione di ciò che è in uno stato “buono”, o al ripristino dei siti in uno stato “scadente” o “pessimo”, passano attraverso la pianificazione degli interventi di risanamento e del monitoraggio dell’efficacia delle azioni. L’importanza di un’area protetta vicino un centro urbano come Roma è ancora più rilevante proprio perché da qui possono partire le azioni rivolte alla gestione e al risanamento dei principali corsi d’acqua dell’immediata periferia urbana. E nonostante il Parco di Veio non sia nato per tutelare gli ecosistemi acquatici presenti al suo interno, l’acqua è una sua preziosa risorsa che va salvaguardata.

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Roma, ottobre-dicembre 2009 (n. 4) 21° Suppl.