University of East Anglia - Norwich Ta)
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INSEDIAMENTO E STRUTTURA nosciuta per l’età tardoromana, tanto in Italia quanto in Afri- TERRITORIALE NELLA VALLE DEL ca settentrionale, riferibile a parti frontali di complessi di VOLTURNO TRA VIII E XII SECOLO 1 grandi praetoria (SLIM 1995). La proposta di contestualiz- zazione che HODGES ha dato di questo edificio è che fosse di un centro di coordinamento di un insieme proprietario di proporzioni rilevanti (che potesse comprendere, ad esem- FEDERICO MARAZZI, ANTONIO SENNIS pio, l’estensione della fertile piana alluvionale di Rocchet- University of East Anglia - Norwich ta). Indagini del 1996, dirette sul campo da Oliver Gilkes e che verranno, a partire da quest’anno, condotte in coordi- namento con Daniele Manacorda ed Emanuele Papi, del- PREMESSA l’Università di Siena, hanno verificato, anche sulla riva de- stra del Volturno, la presenza di stratigrafie databili sino Il progetto di San Vincenzo al Volturno, sin dalle sue alla metà del IV secolo, in connessione a un ambiente pavi- prime battute agli inizi degli anni ‘80, è stato concepito al- mentato in terra battuta e delimitato da muri di fattura piut- l’interno di una visione integrata di approcci disciplinari. tosto rozza. Questo nuovo ritrovamento, pur nei limiti in L’evoluzione dell’indagine archeologica è andata di pari cui esso si inscrive, suggerisce una possibile estensione del passo con una rilettura di quelle scritte e la stessa indagine sito tardoromano superiore all’ettaro. Ciò adombra la pos- archeologica è consistita tanto nell’affrontare il sito dell’in- sibilità che la piana di Rocchetta, in età tardoromana ospi- sediamento monastico, quanto nel comprendere la sua inte- tasse una qualche forma di villaggio rurale, più che un razione con il territorio entro cui esso si è inserito, vale a praetorium isolato, anche se imperniato intorno ad un edi- dire, in primo luogo, l’alta valle del Volturno. Sulla base di ficio principale. Una eventualità di questo genere, se con- queste premesse, si è determinato un interesse tanto per le fermata, conferirebbe anche maggiore senso alla presenza fasi insediative precedenti alla fondazione del monastero, del complesso ecclesiastico individuato all’interno dell’area che per quelle contemporanee alla sua vita. del praetorium. Nei primi anni di attività della missione archeologica La natura dell’insediamento di San Vincenzo al Voltur- (1980-1986), le attività di indagine al di fuori del sito abba- no tra IV e VI secolo, impone di riconsiderare il problema ziale si sono concentrate principalmente nella una ricogni- dell’insediamento in età tardoromana all’interno di tutta l’al- zione globale di settori scelti del territorio dell’alta val Vol- ta valle del Volturno, connettendolo a quanto si conosce dello turno e nell’affrontare quella che, nel dibattito storiografi- sviluppo dei due centri maggiori negli immediati dintorni: co dell’epoca, appariva come un preminente nodo critico, Isernia e Venafro. La notizia secondo cui la sede episcopale vale a dire lo studio dell’origine dei villaggi di sommità di Isernia è in attività sin dal principio del V secolo, non (COCCIA c.s.; HODGES 1992; HODGES-FOSTER-MARAZZI 1995). trova però, secondo il Lanzoni (LANZONI 1927, 378-379) Gli studi di Chris Wickham (WICKHAM 1985, ripubblicato alcuna verifica. Tuttavia, gli scavi recentemente condotti in WICKHAM 1996; WICKHAM 1995) hanno posto in eviden- dalla Soprintendenza presso la cattedrale (TERZANI 1991, pp. za, ripercorrendo sulla base dei nuovi stimoli delle ricogni- 225-228 e Chiodi, comm. pers.) hanno posto in luce la pre- zioni di superficie e delle indagini di scavo i solchi tracciati senza di un sepolcreto cristiano tardoantico, così come un negli anni ‘50 dalle ricerche di Mario del Treppo, le dina- sepolcreto in attività almeno sino al IV secolo è stato iden- miche sociali e organizzative del processo di formazione tificato alla confluenza dei fiumi Sordo e Carpino, nell’im- della sequenza di villaggi di sommità che, a partire dalla mediato suburbio della città (TERZANI, cit.). Del resto la seconda metà del X secolo, sino a tutta la prima metà dell’XI, tabula Peutingeriana (CARROCCIA 1989) pone in grande evi- hanno caratterizzato sino ai giorni nostri (con poche, anche denza la rilevanza di Isernia come nodo stradale nel territo- se significative mutazioni) la distribuzione delle sedi uma- rio del Sannio pentro, preceduta, nell’itinerario provenien- ne nella alta valle del Volturno. te da Capua, dalla statio di Ad Rotas (presso l’odierna Il contributo che qui si presenta vuole essere allo stesso Monteroduni), mentre non è menzionata Venafro, che ri- tempo una riconsiderazione del percorso sin qui compiuto spetto a questo itinerario rimaneva in posizione defilata. e un approfondimento delle tematiche che esso propone, e Tuttavia Venafro (LANZONI 1927, pp. 187-188) è certamen- uno sguardo d’insieme sulle nuove prospettive di ricerche te attestata come sede vescovile nel V secolo. Da un punto sul territorio che si sono aperte nel corso della seconda fase di vista archeologico, la realtà della Venafro tardoantica è del progetto di San Vincenzo, avviatasi a partire dal 1989. tuttora difficilmente decifrabile (CAPINI 1996). Gli unici ele- menti disponibili sono rappresentati dalla dedica di una sta- tua al governatore del Sannio, Autonius Iustinianus, e dagli L’ALTA VALLE DEL VOLTURNO FRA TARDA interventi sul teatro, compiuti dopo il sisma del 346. Inter- ANTICHITÀ ED ETÀ CAROLINGIA: venti che determinarono lo smontaggio della scaena del DIREZIONI DI RICERCA teatro e apparentemente aprirono il varco a surretizie occu- pazioni di ambienti dello stesso a scopo residenziale. Lo scavo presso il sito abbaziale altomedievale di San Il dato importante è che, a questi dati relativi a un pos- Vincenzo al Volturno, sulla riva sinistra del fiume omoni- sibile avvio di fenomeni di degrado di edifici di uso pubbli- mo, ha delineato l’esistenza di una rilevante fase insediati- co fa’ riscontro la continuità d’uso attestata, sempre in am- va tardoantica, le cui strutture tra l’altro costituiscono l’al- bito cittadino, di complessi residenziali, come quello di via veo entro cui si inserisce e cresce la comunità monastica Carmine (CAPINI 1996, p. 74), pur se in una cornice di mi- nel corso dell’VIII secolo. Il complesso tardoantico di San nore fasto e maggiore “rusticità’ delle caratteristiche for- Vincenzo al Volturno, dotato a partire dalla metà del V se- mali degli edifici. A ciò si affianca, per il territorio imme- colo circa, di un complesso cultuale cristiano composto da diatamente circostante Venafro, la scoperta di insediamenti due chiese appaiate, è tuttora di problematica definizione, rurali che mostrano una notevole vivacità e versatilità pro- sotto il profilo funzionale e planimetrico, data la sovrappo- duttiva (si veda il caso della villa rustica in agro di Pozzilli sizione delle radicali ricostruzioni dell’età carolingia scavata dalla Soprintendenza, in CAPINI 1996, p. 67). Del (HODGES 1993; HODGES-MARAZZI 1995). resto, situazioni di degrado di edifici e spazi pubblici sono Tuttavia, si è percepita la presenza di un nucleo a pre- piuttosto comuni in età tardoantica (POTTER 1995; pp. 63- sumibile funzione residenziale, sovrastante le due chiese, 102) e non necessariamente sono solo l’indice di una crisi costituito da un edificio articolato in almeno due livelli e tout-court della città, quanto piuttosto di una mutazione nelle movimentato sulla parte frontale da una struttura a loggia- esigenze di carattere socio-culturale che portano al privile- to. Questo edificio sembra ricalcare una tipologia non sco- gio di determinate sedi di aggregazione (es. chiese, circhi) ©2001 Edizioni all’Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale – 1 rispetto ad altre, più tipiche del periodo classico (fori, tea- Sant’Eleuterio in Fundiliano) lungo gli assi stradali di fon- tri, ecc.). In tale prospettiva l’individuazione recente di una dovalle. In due casi la costruzione di edifici di culto cristia- produzione ceramica propria della zona venafrana, databi- no in prossimità di strade è certamente attribuibile a inizia- le, in via preliminare, allo scorcio del V secolo e alla prima tive stimolate dalla abbazia di San Vincenzo al culmine della metà del VI (la cosiddetta Venafro ware, su cui vd. PEDUTO sua potenza. Si tratta in un caso della chiesa distrutta ai pie- c.s.) costituisce un elemento per credere a una perdurante di del monte Falconara, presso Colli a Volturno, allo snodo vitalità del territorio, anche se certamente la situazione di tra la via verso le sorgenti del Volturno e quella verso Atina, diffusa ricchezza del periodo protoimperiale doveva essere la segnalazione, ad opera di D. Lucio Ragozzino2, di un’epi- in qualche misura venuta meno, nel quadro del globale re- grafe che datava la costruzione dell’edificio alla fine gresso dell’Italia dalle posizioni di predominio economico dell’VIII secolo; nell’altro caso della cappella a triconco dell’età dell’espansione (VERA 1995). datata al IX secolo per ragioni stilistiche (HODGES-GIBSON- La realtà è che comunque si conosce ancora troppo poco HANASZ 1992), tuttora esistente in elevato presso le rovine nel dettaglio la fase tardoantica in questa parte del Molise del ponte romano sul Volturno (ponte Latrone), che marca- per poter esprimere valutazioni generali che possano fre- va probabilmente il punto d’ingresso, per chi venisse da giarsi del crisma dell’attendibilità. Ed è per questo che è Capua, nel grande e compatto blocco proprietario al centro necessario che la nuova fase della proiezione territoriale del quale si trovava San Vincenzo. A questi due può essere del progetto di San Vincenzo al Volturno tenga conto del- aggiunto, in via ancora ipotetica (scavi sono previsti per il l’esigenza di approfondire le indagini relative alle strutture 1997) presso il sito di San Vito, a metà strada circa tra Colli insediative nella fase tardoantica. Ciò anche nella prospet- a Volturno e l’abbazia di San Vincenzo, dove negli anni tiva, che era del resto stata già intravista nel passato (HOD- passati sono stati recuperati capitelli a stampella di IX se- GES 1992), di una migliore comprensione di quanto succede colo (comunicazione D.