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Il romanzo del Sei nazioni L’OVALE AZZURRO

Della stessa collana 2013 - CENERENTOLA NON ABITA PIU’ QUI

Ideazione e coordinamento editoriale: Stefano Tamburini

A cura di: Fabrizio Zupo

Copertina e progetto grafico: Federico Deidda Realizzazione tecnica: Fabio Di Donna

Foto: Archivio Corbis e La Presse

Finegil Editoriale Spa Direttore Editoriale: Luigi Vicinanza

© Gruppo Editoriale L’Espresso, via Cristoforo Colombo, 98 - 00147 Roma Tutti i diritti di Copyright sono riservati. Ogni violazione sarà perseguita a termini di legge

Finito di realizzare il 13 febbraio 2014

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Il romanzo del Sei nazioni La nazionale di rugby e le sue avventure nel torneo più bello del mondo

2000-2012 L’ovale azzurro a cura di Fabrizio Zupo

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A Piero Rinaldi, compagno di lunghi viaggi rugbistici e fotoreporter.

Questo libro è dedicato a Piero Rinaldi, scomparso a Padova il 4 febbraio all'età di 65 anni, da oltre 40 anni fotografo di cronaca con la sua agenzia Candid Camera per quotidiani e fedele documentatore di rugby per diversi quotidiani veneti, riviste specializzate e libri. Rinaldi ha seguito quattro coppe del mondo di rugby a partire dalla prima edizione nel 1987 in Nuovo Zelanda, oltre a mondiali under 20 e universitari, e per tre decenni la nazionale italiana di rugby nei test in Italia e in tour in Europa e nel mondo. Dal 2000 ha seguito il torneo delle Sei nazioni. È tra i fondatori del club ad inviti del XV della Colonna di Padova, selezione veneta che ha incontrato i maggiori club continentali sino a sfidare gli All Blacks di nel 1991. (f.z.)

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INTRODUZIONE Un torneo che profuma di rito di Stefano Tamburini on c’è niente al mondo, in nessun altro sport, che somigli a questo Torneo delle Sei nazioni, nato come N Quattro nazioni nel lontano 1883. E certo non solo perché questo sia il torneo più antico. C’è qualcosa di speciale, di magico – appunto di unico – in questa serie di 15 partite giocate da 15 giocatori contro 15 che si gioca una volta all’anno in un tempo relativamente ristretto, un mese e mezzo. Questo sport ha ovviamente la sua massima espressione nel Mondiale perché inspiegabilmente non trova spazio alle Olimpiadi ma in Europa non c’è altro che tenga: è il Sei nazioni che regala il trofeo più ambito. Si gioca da 131 anni ed è stato iniziale accademia britannica, con i francesi aggiunti nel 1910 e gli azzurri solo nel 2000. Gli altri vengono considerati, e certamente lo sono, non degni di esserci. Ma per capire quanto sia difficile e quanto sia particolare questo torneo, i francesi hanno dovuto attendere 49 prima di vincerlo. E gli azzurri ancora non sanno quando potranno realmente ambire a farlo. Eppure, dai timori iniziali per non riuscire a riempire lo , adesso siamo comunque al “tutto esaurito” o quasi dello stadio Olimpico. Questo Sei nazioni per il rugby, qui in Italia, è un po’ come l’attività di un grande tenore come Luciano Pavarotti per la lirica. Il personaggio che diffonde la musica “alta” e la porta fuori dal ristretto cerchio dei melomani qui è rappresentato dal torneo dalla formula magica: entrambi avvicinano, attraggono persone nuove. E dallo scambio tutti ci guadagnano: il rugby, che accresce la propria popolarità; quelli che si avvicinano perché lo spettacolo, rare eccezioni a parte, è sempre qualcosa di speciale. Certo, ci sono quelli che storcono il naso, che pensano che

7 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO siccome questo torneo non possiamo e forse non potremo vincerlo mai o chissà quando, allora è inutile partecipare. Sciocchezze, certo, ma son sempre parole al vento che girano. Pesano poco ma danno fastidio: nessuno si sogna di mettere in dubbio la partecipazione del Costa Rica al Mondiale di calcio, di sicuro si sa che non potrà mai vincerlo, però ci va. E come, se ci va. Lo sport – e il rugby in questo è molto avanti – dovrebbe essere una scuola di vita ancor prima che una scuola di tecnica. Si sa che dall’altra parte c’è un avversario ma non un nemico, e che più è forte e più potrà aiutare a migliorarti. E poi, non nascondiamolo, molti che erano ossessionati dalle immagini di violenza gratuita regalate dal calcio si sono appassionati a questi atleti che non si risparmiano colpi duri ma onesti – può sembrare una contraddizione ma certo non lo è – e che animano partite che in realtà sono battaglie. E si sono appassionati anche alla pace che anima il pubblico: avversari che seguono insieme la partita, che prima, durante e dopo bevono alla salute di vinti e vincitori. Così, questa magia che sembra quasi un rito, con passione crescente, è arrivata al quindicesimo anno con gli azzurri. Il collega Fabrizio Zupo ha scritto la storia dei primi 13 tornei che trovate in questo volume e ha dato un decisivo contributo a raccontare quella del 14esimo. Qui Zupo non vi farà “vedere” solo le imprese sportive e gli aspetti tecnici ma anche e soprattutto l’aspetto umano; prima nell’inseguimento a questa partecipazione, all’ammissione al salotto buono; e poi anche nella ricerca dei migliori risultati possibili. Ci sono stati momenti buoni e momenti meno buoni, fino alle grandi gioie del 2007 e, soprattutto, del 2013. Al torneo 2013 – quello dello scorso anno, appunto il 14esimo – abbiamo dedicato un eBook a parte, perché è un ricordo fresco e necessitava più di una raccolta di ritagli di cronaca che di un racconto storico. Possiamo comunque dire che nella grande storia del torneo più antico del mondo, c’è un piccolo romanzo che può appassionare, quello della partecipazione italiana al Sei nazioni. Abbiamo chiamato “L’Ovale azzurro” questo volume elettronico, per rappresentare qualcosa che prima non c’era –

8 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO almeno in questa forma e sostanza – e che adesso invece è solida realtà. Anzi, dallo scorso anno, come recita il titolo dell’altro eBook (“Cenerentola non abita più qui”), gli azzurri non sembrano più gli ultimi arrivati. Cosa accadrà da qui in avanti ce lo dirà il resto del romanzo. Intanto godiamoci questa prima parte della storia, comunque una bella storia.

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PRIMA PARTE

Il biennio d’oro della Nazionale

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FRANCESCO “COCO” MAZZARIOL FESTEGGIA FRA IL PUBBLICO SUBITO DOPO LA VITTORIA A GRENOBLE SULLA FRANCIA (32-40) IL 22 MARZO 1997 A GRENOBLE

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1995-1997 L’exploit di Grenoble che apre le porte del Cinque nazioni di Fabrizio Zupo Sono già passati 19 anni dall’inizio dell’era Pro nel Rugby a 15 nata, dopo 172 anni di dilettantismo, nell’estate del 1995 un paio di mesi dopo la chiusura del Mondiale in Sudafrica, quello di Mandela o di “Invictus” come viene ricordato dopo il film di Clint Eastwood. Il rugby in Italia è semidilettantistico fuorché per l’eccellenza di due club: il Milan con Diego Dominguez e il Benetton Treviso con campioni indimenticabili come . Due vette, due franchigie ante litteram, il corpo stesso della Nazionale azzurra. Lì finiscono tutti i talenti d’Italia che George Coste, il ct della svolta rimasto in sella dal 1993 al 1999, indica come possibili talenti azzurri. Fra rimborsi della Federazione e gli stipendi dei club, chi entra in questo giro può per la prima volta scrivere sulla carta d’identità: professione rugbista. E per un breve lasso di tempo la forbice fra l’élite azzurra e i colleghi europei è chiusa, per piccoli tratti aperta a vantaggio dei rugbisti nostrani (parliamo di un gruppo di 30/40 atleti). Un superclub con cui Coste miete vittime nel biennio 1995-1997 costringendo le Union a correre ai ripari. Se per Francia e Inghilterra la risposta sta semplicemente nel correggere le formule dei propri campionati (il e soprattutto la Premiere League), lasciando che il libero mercato e la concorrenza faccia il resto (per la prima volta i professionisti dell’altro codice, il a XIII, sono attratti dal a 15 e non viceversa come in sempre in precedenza, in un secolo esatto dalla scissione del 1895), le federazioni celtiche Galles, Irlanda e Scozia non hanno singolarmente la "massa critica" per produrre quell’appeal economico e pubblicitario per finanziare lo sport di alto livello.

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Finché non decidono raggruppare le forze e moltiplicare i bacini pubblicitari unendosi in quella Celtic League che porterà le franchigie a vincere molte edizioni di coppe europee e le loro nazionali a emergere nel nuovo Sei nazioni. Il Caso emblematico nei nostri confronti è rappresentato dall’Irlanda che dalla batosta a Dublino del 1998 di cui faremo cenno, non ha più perso contro l’Italia sino alla primavera scorsa (quindici lunghi anni). Ma prima che la forbice del divario si riaprisse a nostro svantaggio, gli azzurri hanno saputo approfittare della congiuntura e dare una spallata al portone del torneo sportivo più antico al mondo. Battere nell’arco di un biennio 1995-97 Scozia, Irlanda (due volte) e Francia reduce da una settimana dal Grande Slam del Cinque nazioni non poteva essere un risultato da poter eludere. Il nostro Cinque nazioni “ombra” aveva cambiato gli equilibri e ai primi del 1998 arriva il sì dal summit di Parigi e apre il cantiere del Sei nazioni.

Ma andiamo con ordine Dapprima i risultati. Quelli positivi, stringendo in campo europeo, perché nei confronti novembrini con le potenze dell’emisfero Sud si subiscono sonore batoste. Lì il professionismo con il suo Tri Nations e il Super Twelve per le province ha messo il turbo a un primato che si perde nella storia di questo sport. Il ‘95 si apre con una sconfitta di misura (18-16) a Perth in Scozia, poi si vince a Treviso contro l’Irlanda (22-12), al Mondiale registriamo la minor sconfitta di sempre (sino ad allora) contro gli inglesi (27-20) e c’è la vittoria pur contestata (Dominguez chiama palla in spagnolo e segna al 77’) sull’ per 31-25. Nel 1996 siamo sotto di 5 punti a (31-26) con il Galles e perdiamo la rivincita a Roma di 9 (22-31). Ma dal 4 gennaio 1997 al 24 gennaio 1998 inizia un’altra storia: Irlanda battuta a Dublino per 29-37, il 22 marzo a Grenoble cade la Francia stellare di Villepreux per 32-40 (si tratta della finale

14 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO del Fira, dove i galletti arrivano con la formazione maggiore), si pareggia con l’Argentina e si strapazza la Romania, perdiamo 30-19 la rivincita in Coppa Latina contro i bleus, ma dicembre infliggiamo a Bologna un 37-22 all’Irlanda e a gennaio è 25-21 contro la Scozia. La serie si interrompe sotto di tre punti a Lanelli contro il Galles (23-20). La decisione però è presa. A Parigi le cinque federazioni più forti accolgono l’Italia e indicano il 2000 come data di partenza.

Grenoble 22 marzo 1997 La crescita dell’Italia è preannunciata nelle sfide natalizie a cavallo dell’anno. Sono il segno di una svolta mentale. Il gruppo azzurro di acquisisce il “software” della vittoria che ti indica una via da seguire, quando prima in genere cedevi. La differenza fra vittoria e onorevole sconfitta è piccola ma il salto da fare è lunghissimo. È una mentalità che salva quando le due squadre vanno in riserva fisica e solo la testa ti permette di essere lucido, continuare a fare sempre lo stesso gesto, arrivare a placcare, non buttare via i palloni, non entrare nel panico. Dal canto suo Coste usa delle tecniche allora ancora in fase embrionale nel rugby: acquisisce i videotape degli avversari e studia tutto, dal nome delle preziose “giocate” in touche, agli schemi più frequenti utilizzati in attacco. Gli azzurri sanno dove e come colpire. La vittoria è fatta di questi dettagli e oggi il videoanalist è una professione. A dicembre 1996 gli scozzesi guidati dalla coppia Redpath e Chalmers, aprono il salotto buono di Murrayfield (prima si giocava altrove) e i ragazzi di Coste (nella famiglia s’è inserito da poco Walter Cristofoletto, 32 anni trevigiano, già un anziano per la serie A) li trafiggono 29-22, in una giornata che segna anche il ritorno di . Passa il Natale e due settimane dopo, il 4 gennaio, a Dublino il nuovo colpo. Grazie a Stoica (un rumeno emigrato da bambino in Italia con la famiglia) un centro alto e grosso come una seconda linea, un vero ariete che spiana la strada fra i trequarti, il nostro reparto arretrato (la cavalleria) va in paradiso con una

15 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO doppietta di Vaccari e mete di Dominguez e Maus Cuttitta. L’Irlanda va sotto per 37-29. L’anno inizia nel migliore dei modi è sta per cambiare il destino dell’Italia facendola saltare in corsa sul treno del Sei nazioni che chissà quando mai sarebbe ripassato. La primavera si apre con questa partita che, come tutte le sfide fra Italia e Francia è valida per il campionato Fira: da qualche edizione di svolge su base biennale. Quella di Grenoble è la finale di Coppa Europa e per la prima volta mette di fronte la più forte del Cinque nazioni e l’emergente del Fira, considerata una serie B europea. Per i ct Villepreux e Skrelà, la partita viene presa come una passerella dei Bleus. Allo stadio viene distribuita una spilletta artigianale, con la foto dei campioni e la scritta “grand chelem” (grande slam in francese) centrato la settimana prima. Diciamo che sotto le Alpi si deve svolgere una celebrazione e gli azzurri sono degni solo di essere dei coinvitati, dei simpatici emergenti con cui festeggiare, buoni solo nel ruolo di sconfitti predestinati. Ma siamo a Grenoble come dice un detto popolare “Ne parlez moi de Grenoble” che sarà pure il titolo con cui Tf1 darà la notizia della sconfitta. Mentre in Italia il Tg1 apre i titoli con la vittoria ed è questa la vera notizia. Grenoble città di forte emigrazione italiana, la prima destinazione una volta scavalcate le Alpi. Qui è cresciuto il mito di Sergio Lanfranchi (con Zani i primi azzurri in trasferta) che nel 1954 portò il Grenoble a vincere il campionato. Qui nel 1963 gli azzurri di Lanfranchi e Levorato hanno sfiorato l’unico successo sulla Francia vera per 14-12. Giovanelli respira quest’orgoglio italiano nella settimana di raduno e la restituisce ai compagni con un discorso dei suoi. Solo l’amico Villepreux – ex ct azzurro e consigliere della Fir per l’ingaggio di Coste – non si fida e, parlando della scelta della data la definisce “Un capello nella minestra”. Otto dei suoi15 titolari sono in giro per il mondo, chi con la nazionale Seven a Hong Kong come Benazzi però sostituito da , mentre rientrano due fuoriclasse come Saint-Andrè e Benetton.

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IVAN FRANCESCATO

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La partita La formazione azzurra (che patisce i problemi fisici di Problemi fisici per Stoica e Arancio) vede Pertile estremo, Vaccari e Marcello Cuttitta alle ali, Bordon e Francescato ai centri, Dominguez e Troncon in mediana, Gardner, Sgorlon e Giovanelli in terza, Croci e Cristofoletto in seconda, Properzi, Orlandi e Maus Cuttitta in prima linea. Poi entreranno Mazzariol e Guidi. La Francia scende con Sadourny; Ougier, Bondouy, Delaigue, Saint Andrè; Aucagne, Accocebery; Pelousc (capitano), Costes e Benetton; Miorin e Merle detto “l’uomo e mezzo” tanto è grosso; Tournaire, Dal Maso, De Rougemont. C’è il sole ma il clima è decisamente rigido, l’aria è tersa e si vedono nitide le cime innevate delle Alpi. Il ricordo di quella partita è quella di un sentimento di incredulità, l’idea che la consuetudine porti i francesi a vincere solo accelerando un po’, dopo il primo colpo a freddo degli azzurri con Francescato che ci porta in vantaggio e nonostante alla pausa l’Italia stia ancora conducendo 13-20. Invece la Francia si incarta e l’Italia cresce è dà continuità: difesa impenetrabile, pressione, lotta su tutti i palloni e gioco a viso aperto. La partita era iniziata con l’affondo di quaranta metri di Francescato. Uno sprint che gli costerà uno stiramento e la sostituzione. Poi la prova di forza dei francesi col pack e i nostri avanti che prendono una meta tecnica per ripetuti crolli in mischia. Siamo sul 7-7 poi a forza di calci andiamo sotto di misura: 13-10. Invece c’è un gesto che va contro alla regola base di fare punti quando si deve, specialmente con i piazzati: non importa a quanti metri sei dalla meta. Ed è la svolta. Il mediano di mischia Troncon rinuncia al piazzato del pareggio, per partire alla mano e lanciare il pack oltre alla linea: a toccare in meta è Gardner (italo-australiano) per il 13-20. Alla pausa, in tribuna stampa è tutto un guardarsi senza azzardare pronostici. E al rientro delle squadre i francesi ci mettono poco a ristabilire la gerarchia e pareggiano 20-20. Sembra il loro momento e invece è il canto del cigno. La svolta si chiama Giambattista Croci che imposta l’azione partendo dai nostri 22

18 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO e, 80 metri dopo, in cui la palla ha viaggiato fra le mani di cinque azzurri, va nuovamente in sostegno a riprendersi l’ovale su passaggio di Marcello Cuttitta. Un’azione da antologia. Loro non si riprendono più. Ci si mette anche Delaigue a sbagliare: recupera palla spezzando un’azione travolgente di Vaccari e Cocco Mazzariol, ma fa un calcio di liberazione che porta l’ovale nelle braccia di Gardner. L’italo-australiano si trova a meta campo, pare esitare, poi inizia la corsa accelerando sempre di più, facendo lo slalom tra i francesi e chi non si sposta viene abbattuto. Una corsa inarrestabile fino alla meta. L’Italia è sul tetto d’Europa: per una volta quello del Fira è molto più alto di quello del Cinque nazioni. Nessuna squadra europea aveva inflitto 40 punti alla Francia dal lontano 1910. E questo dà la misura di tutto.

La festa in campo e in spogliatoio Organizzazione francese paralizzata, i preparativi della festa tenuti in magazzino. Il campo è tutto dei tifosi italiani che sommergono la squadra, Giovanelli in trionfo portato a spalla dai compagni. Nello spogliatoio Troncon è sul lettino a farsi ricucire un’arcata sopracciliare (il numero dei punti ricevuti in faccia durante la sua carriera è un record). E in una cerimonia improvvisata a Dominguez viene consegnata una statuetta: non esiste ancora il “man of the match” e gli sponsor hanno creato questo “Talent d’or”: “Questo è per tutta la squadra” dice il mediano d’apertura. Giovanelli è distrutto, accovacciato su una panca, a torso nudo. La sua maglia numero 6 è sparita, non ha più la casacca della miglior partita della sua vita. Coste cerca di blandirlo ma il capitano è furibondo. “Mi hanno fregato la maglia. Lo sai – dice all’allenatore – cosa significa per me”. Coste annuisce. In realtà la maglia numero 6 è stata recuperata da un compagno, perché nella confusione non andasse persa. Il banchetto della Nazionale si tiene nell’hotel dove gli azzurri sono ospitati e fuori ci sono i tifosi con grigliate improvvisate sulle aiuole e che li aspettano. È una festa infinita. La celebrazione di un avvenimento invisibile (la Rai vi aveva

19 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO rinunciato) si va consumando così fra bicchieri di prosecco e carne di porco ai ferri. Il giorno dopo su L’Equipe una grande vignetta in prima pagina mostra un giocatore con una maglia tricolore bussare a un grande portone con su scritto “Torneo delle Sei nazioni”. Henri Bru, la prima firma del giornale, va oltre: stila la classifica, prendendo i risultati dell’Italia contro le altre cinque Union, partendo dalla debacle autunnale contro l’Inghilterra alle due vittorie di serie contro Scozia e Irlanda. Punti in più o punti in meno, l’Italia arriva quarta. Anche David Hands del Times fa lo stesso calcolo e punta tutto sull’analisi della classifica: l’Italia è terza a pari punti. Se l’Italia avesse giocato regolarmente con tutti con tre vittorie, allora la Francia sarebbe arrivata seconda scavalcata – fatalità – dall’Inghilterra.

Il costo della storia Tre milioni di lire per la vittoria (circa 1.500 euro), altri tre perché si giocava in trasferta: sei in tutto come premio partita. Più altri cinque milioni fra indennità convocazione e raduno. Ogni azzurro per Grenoble intascherà 11 milioni (5.680 euro). Saranno 289 (140mila euro) nel totale quelli spesi dalla Fir per Grenoble. Va ricordato come la federazione di allora non godeva degli introiti del Sei nazioni ma solo di quelli del Coni: aveva un bilancio modesto e in quel momento ha anche un buco di 700 milioni. Il superclub ha i suoi costi: le convocazioni per il raduno valgono mille euro per ogni azzurro, 1.500 per la presenza a referto. Ai 22 giocatori di prima fascia spettano poi 30 milioni di lire l’anno (15 mila euro circa), ai 18 di seconda la metà: 7.500 euro. Georges Coste trova subito l’accordo per il contratto triennale sino al 2000, 250 milioni a stagione anche se poi la sua avventura azzurra finirà nell’estate del 1999, durante il tour premondiale in Sudafrica dopo un forte contrasto con i senatori della Nazionale. L’anno si chiude ribattendo l’Irlanda e la telefonata dall’Europa. L’Irlanda affonda per la seconda volta. L’anno finisce come era iniziato: in gennaio al Lansdowne Roads gli azzurri s’erano imposti per 37-29, il 20 dicembre lo score migliora fissandosi sul

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37-22 con le mete di Pilat e Stoica e 27 punti di Dominguez (fra piazzati e una meta). Si chiude un anno spettacolare di svolta, l’Italia si vede proiettata alla pari delle Nazionali celtiche, sotto solo a Inghilterra e Francia. Il responso del campo è quello. E a giorni a Natale alla Fir arriva una telefonata di Vernon Pugh dell’International Board: l’Italia ha venti giorni di tempo per presentare un dossier che accompagni la richiesta di accedere al club più esclusivo d’Europa.

Parigi 16 gennaio 1998: addio Cinque nazioni Il 16 gennaio nella sede della federazione francese, il presidente della Fir Giancarlo Dondi con il suo dossier supera l’esame quasi a pieni voti: quattro sì su cinque, gli inglesi si astengono ma non possono evitare l’ingresso italiano. Un evento che ha cambiato tutto. Dal bilancio con il buco di 700 milioni lire, la Fir oggi gestisce (nonostante la crisi e i primi segni di una crescita che s’è fermata) un budget di oltre 40 milioni di euro. Gli allora dubbi dell’International Board non riguardano la Nazionale ma la capacità di organizzare l’evento, l’interesse nei media e nel pubblico italiano. Intanto una settimana dopo la grande notizia, a Treviso col Monigo stipato da diecimila e passa tifosi, si batte 25-21 una Scozia super, quella che nel giro di un anno farà il Grande slam. Un match in cui ci tiene a galla il piede di Dominguez e che poi rischiamo di perdere, concedendo due mete per intercetto. Il furore del pubblico accende la mischia che sbatte sulla difesa ospite con il punteggio di 11-21 bloccato sino a una manciata di minuti dalla fine quando si apre un varco per Troncon. Meta. Poi l’arbitro ci ripensa, annulla e punisce un pugno di Castellani. Lì Giovannelli confeziona una delle sue frasi storiche, in cerchio con i compagni: «Adesso ne facciamo un’altra» e così avviene, nel giro di un minuto, griffata Paolino Vaccari e trasformata da Diego. Inizia così il conto alla rovescia per l’approdo allo stadio Flaminio sede iniziale del torneo delle Sei nazioni.

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DIEGO DOMINGUEZ

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2000 Il debutto azzurro ed è subito vittoria di Fabrizio Zupo Come ci si prepara per il sogno di tutti i rugbisti? L’Italia del rugby ci arriva nel peggiore dei modi. Il 1999 è l’anno orribile dell’ovale azzurro. Iniziato con la morte di Ivan Francescato a gennaio: 32 anni, il miglior talento del gruppo. Da sempre. Perché se Dominguez è diventato forte con la tenacia di un Wilkinson, se Troncon è stato coltivato da giovane e ha avuto lo spazio in mediana (togliendolo proprio a Francescato), Ivan è sempre stato forte. Da ragazzino, quando le star erano i fratelli maggiori (Nello, Bruno, Rino a cui assomiglia per velocità), con la società dei talenti Tarvisium che porta in serie A, forte nonostante la pausa di un lavoro come quello a un distributore di benzina, istintivo nelle finte, rapido nelle scelte giuste, dribblatore di avversari se nel rugby non fosse quasi una bestemmia. Finché un giorno del 1990 qualcuno consigliò al ct Fourcade di provare quel ragazzo già stufo di giocare alla mediana, assieme agli altri candidati per il mondiale e, con una sola esibizione all’Appiani di Padova, il delirio del pubblico, Francescato stacco il biglietto per l’azzurro che non mollò mai più. La sua meta agli Usa al Mondiale 1991 fu trasmessa per settimane alla Bbc. Non fu premiata perché l’Italia non passò ai quarti. Storia vecchia. La sua ultima partita fu col Sudafrica qualche mese dopo l’impresa di Grenoble. Un guaio muscolare lo tenne fermo quasi un anno e una sera, dopo un cinema con la fidanzata, crollò nel corridoio di casa. Il fratello Nello, medico in ospedale, fu quello che tentò di rianimarlo. La tragedia di Ivan toccò tutta al sua generazione azzurra, quella “famiglia” di Coste e capitan Giovanelli che, dopo sei anni mitici, stava per disgregarsi. Un litigio durante il tour estivo e il gruppo che aveva guadagnato il Sei nazioni non c’era più. Via Coste dentro il vice, l’aquilano , per

23 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO traghettare gli azzurri al mondiale in Galles. Ma anche lì un tonfo. Si perdono tutte le partite e non era mai successo, battuti anche da Tonga allora veramente fatta da dilettanti (l’isola conta 100 mila abitanti). E allora via anche Mascioletti e dopo lustri di guida francese (Villepreux, Fourcade, Coste) il presidente Dondi decide di puntare alla Nuova Zelanda vagliando come candidati: Wayne Smith (ex All Blacks già in Italia come giocatore-allenatore), John Boe (anche lui in Italia) e Brad Johnstone (ex pilone del tour del 1978 che fece tappa a Padova, ex allenatore dell’Aquila) fresco ct delle Fiji che al citato Mondiale aveva portato i forti ma disordinati isolani agli spareggi per i quarti. Basta guardare i numeri del 1999, quello del 70° anniversario della Federazione italiana rugby, per capire i termini della frana: nei dodici mesi che separano dall’esordio al Sei nazioni l’Italia gioca dodici volte e vince due, contro le deboli Spagna e Uruguay. Si perde con cadenza mensile con medie di 30-40 punti per volta e doppia punta di 101. È una escalation da gennaio a ottobre. Si affonda contro Francia (24-49), Scozia (30-12), Galles (21-60), Irlanda (39-30), Sudafrica due volte (74-3 e 101- 0), Fiji (32-50) e poi al Mondiale con Inghilterra (67-7), Tonga (25-28) e All Blacks (101-3). Gli azzurri di Giovanelli, in virtù del recente passato, strappano contratti all’estero e alla Federazione, ma la squadra non c’è più. E neppure i sentimenti che avevano cementato la “famiglia” per cui si arriverà all’ammutinamento.

A due mesi dal debutto, nuovo coach, nuovo capitano, publico e dettagli organizzativi. La carta che Dondi pesca dal mazzo è Brad Johnstone. John Boe è in lizza per altri orizzonti, Smith sa già che dopo la debacle degli All Blacks al Mondiale (buttati fuori in una mitica semifinale a Twickenham che vede i tuttoneri crollare nella ripresa sino a buscare 43 punti, mai successo nella storia) toccherà a lui entrare nella cabina di comando. Ma avverte: «Brad non sa l’italiano e voi il suo modo di giocare non piacerà». Sarà buon profeta, ma un miracolo sta per accadere.

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Intanto la Scozia – la prima avversaria in calendario per l’Italia – si laurea vincitrice con tanto di Grande Slam dell’ultimo Torneo delle Cinque nazioni, quello che generazioni di rugbisti italiani hanno imparato ad amare grazie alle immagini della Bbc con il commento Rai di Paolo Rosi. Per la sede italiana del torneo si innesca un dibattito, molti lo vorrebbero in Veneto dove il pubblico riempie sempre gli spalti ma la tradizione è per la capitale dove il pubblico è caldo ma inizialmente scarso. Gli ottantamila all’Olimpico si vedranno solo nel 2012. La questione del Flaminio come casa del Sei nazioni ha tenuto banco anni, l’ipotesi veneta era stata scartata prima delle altre, quella di Genova ha resistito. Un po’ è sembrata una strategia per rafforzare la sede naturale di Roma, ottenere dagli enti locali un aiuto maggiore. Si scarta anche Bologna che aveva raccolto molto pubblico per la sua posizione al centro dei principali bacini rugbistici. La Fir spera che il pubblico del nord, veneto e lombardo, si sposti volentieri a Roma. E così avviene. Ogni anno, essendo cinque le sfide dell’Italia, se ne giocheranno due o tre in casa. Il tutto esaurito c’è alla prima partita con la Scozia e poi contro l’Inghilterra. Ma dopo la prima vittoria si infileranno solo sconfitte per ben tre edizioni. Al Flaminio l’anno dopo si vedranno spesso dei buchi. Incredibile che la stampa di Roma inizi ad accusare il nord di boicottaggio. Senza minimamente pensare che per un tifoso, spesso con famiglia a carico, quella trasferta a Roma (viaggio, albergo, vitto e prezzo del biglietto, per due o per tre) costi molto cara. A nessuno viene in mente che con un po’ di promozione qualsiasi, in un città da milioni di abitanti, 10-12mila biglietti sui 24miladi capienza dello stadio (gli altri 10mila vengono regolarmente acquistati dagli ospiti) dovrebbero bruciarsi in un attimo. Diecimila persone dovrebbero semplicemente cascarci dentro al Flaminio. Arrivandoci in tram. Spiegare con un esercizio dietrologico l’insuccesso di un evento, è una forma paranoica di chi doveva organizzare o provvedere per il meglio. Non c’è altro da dire. Lo stadio Flaminio comincerà invece a essere “stretto” dal 2008 quando, dopo il boom di Bergamasco e compagni nel 2007, la moda del rugby costringerà a raddoppiare quasi i posti costruendo

25 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO sopra gli spalti vincolati dalla Sovrintendenza ai Beni architettonici una struttura smontabile in tubi innocenti. Ma tornando a quel giorno del debutto non c’è un manifesto in tutta Roma che ricordi l’evento, in compenso ce ne sono a pacchi arrolati e buttati nelle sala stampa ricavata sotto la tribuna centrale. C’è la grande novità di un sponsor per la prima volta sulle maglie azzurre (un gruppo farmaceutico) che finirà in eurovisione per qualcosa come 700 milioni di lire di allora (al cambio, poco più di 361mila euro). Tutti gli spazi del campo sono invece occupati da pubblicità inglesi: la partita viene mostrata in diretta dalla Bbc. Come spiegherà Dondi, l’entrata in corsa del torneo non poteva far saltare contratti ancora aperti. L’Italia per le prime due edizioni dovrà arrangiarsi: l’incasso del botteghino è una delle voci maggiori. Il Sei nazioni comincerà a versare soldi nelle casse azzurre dal 2002. L’arrivo dell’Italia non ha sconvolto il meccanismo del calendario uguale da oltre 100 anni e non è difficile calcolare quali siano le partite fra altri cento. Gli azzurri giocheranno sempre le due partite fuori casa con Inghilterra e Scozia come nel 2000 e l’anno dopo tre contro Irlanda, Francia e Galles come nel 2001 e come quest’anno. Il gruppo è al suo canto del cigno ma Brad Johnstone non cambia molto: specie in mischia. Il suo gioco ha bisogno di gente affiatata. Con il samoano Vaea come assistente e Mark Harvey, una sorta di sergente di ferro, come preparatore atletico, introduce l’approccio neozelandese al gioco che gli azzurri devono imparare velocemente. Il dogma del rugby del Sud, una delle tre P: pace, possession, progress. Ovvero velocità, possesso e avanzamento. Non mancano volti nuovi ma Johnstone non dà due chanche e il turn over sarà esteso nei tre anni della sua gestione. L’esordio del Sei nazioni coincide con il debutto assoluto in azzurro per da Wellington, e anche per Andrea Gritti (un solo cap per lui quattro anni prima). Fra gli emergenti c’è anche il fiorentino Paoletti, mentre nasce la coppia dei fratelli Manuele e Dennis Dallan, e si registra il ritorno di dopo il forfait mondiale. C’è spazio pure per la favola di Marco Rivaro e nel corso del torneo

26 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO debutterà Perugini. Dell’esperienza gallese, restano i dubbi su Zisti e Pucciariello che – ormai sotto contratto – vengono spediti nell’Italia A a far esperienza. Johnstone sceglie Troncon come capitano, chiudendo la lunga gestione di Giovanelli. Il mediano introduce il “pensiero” del ct nello spogliatoio con quattro regole: orgoglio, disciplina e spirito di squadra. La quarta è: «Divertiamoci ragazzi».

Sabato 5 febbraio 2000, stadio Flaminio Il Sei nazioni del cronista comincia come per alcune migliaia di spettatori partiti dal Veneto per l’evento, alla mattina presto sull’Eurostar che porta alla Stazione Termini: molti tifosi arriveranno a Roma in auto, altri in aereo, ma la sorpresa è il treno. A Venezia, Padova e Rovigo le stazioni sono affollate di tifosi con la maglia azzurra, bandiere arrotolate, gente che si conosce bene: il popolo del rugby. Ma ci sono pure gli scozzesi che si sono organizzati un “long week-end”, visita alla Serenissima e trasferimento nella capitale. Per dirla tutta questo – il turismo in Italia – è uno fra i segreti del successo immediato del Sei nazioni, che nei primi anni ha una scansione tutta quindicinale e termina ad aprile quando a Roma è già estate. Pensate a oltre un secolo di trasferte nel freddo di Edimburgo, negli inverni di Cardiff o a Dublino dove gli stadi sono sempre pieni. E pensate ora a quei tifosi che con un biglietto per il rugby si godono Venezia e Roma via Firenze. Una scossa elettrica. E gli scozzesi sono un esercito, molti in kilt, molti in maglia blu con la croce bianca. I tifosi del cardo, con il vento in poppa dei detentori del titolo, vengono a celebrare la loro squadra in una partita che dovrà essere solo il battesimo dell’Italia e nulla più. È lo stesso canovaccio di Grenoble e la Francia, ma nessuno può seriamente pensare a una replica del copione: la debuttante che batte la detentrice. Con la Francia si arrivava da un escalation di successi, con la Scozia dopo un anno disastroso. La squadra dei fratelli Leslie, di Redpath e Towsend che è stata già battuta degli azzurri anni prima, si sente ora al sicuro. In quel treno che, in misura minore, si ripopola ogni anno di tifosi, quel

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5 febbraio vede seduti anche molti ex azzurri. Tra una chiacchiera e un saluto ci si trova al vagone bar: è lì che avviene il primo contatto con gli avversari che partono col cantare il “Flower of Scotland”. Una sfida vocale che si scioglie in risate, diventa brindisi con una birra mattutina. A Termini poi confluiscono scozzesi arrivati da mezza Italia, i tassisti romani cominciano a far conoscenza di questo popolo blu, molti che indossano un elmetto da guerriero vichingo con le corna all’insù. «Ao’ ma che ce sta’ oggi – chiede il tassista – che so’ tutti ‘n giro co’ sti cosi ‘n testa », rispondo «una partita». Espressione di sconforto: «Ma ‘aa Roma gioca domani...», «No – specifico – è la Nazionale di rugby». Fra tassisti e tifosi sarà amore a prima vista. Per uno scozzese il taxi è il principale mezzo pubblico post sbornia, basta tenersi un biglietto dell’albergo in tasca da consegnare e il gioco è fatto. Per chi è abituato a vedere i tifosi del calcio come sintomo di tensione, questa invasione pacifica di gente che gira con solo la maglia da rugby addosso anche in pieno inverno, non pare vero: sei, ottomila mila scozzesi sono una macchia di colore difficile da evitare. Il prefetto di Roma però ragiona come se ci fosse il derby Roma- Lazio e ordina il divieto della vendita di alcolici (birra) fuori dallo stadio. Non si comprende ancora la differenza fra tifo del calcio e quello del rugby. Quando si scoprirà che per badare al Flaminio bastano due pattuglie di polizia, che quei tifosi non molesteranno nessuno, il divieto cadrà. È questa la prima vittoria del rugby in Italia, il primo effetto del Sei nazioni.

La partita In campo c’è un’Italia che è un mix di giovani, più senatori, più innesti ma che lavora in una direzione comune. La partita è tutta della mischia, difesa e pressione asfissiante a guadagnare penalty per Dominguez che, alla fine siglerà 29 dei 34 punti italiani. Dall’altra parte però c’è tanta esperienza e anche fortuna: come quella dell’estremo Metcalfe che sotto pressione fa una mezza rovesciata liberando incredibilmente il tallonatore Bulloch verso

28 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO la meta. Servono i calci di Diego per andare alla pausa sul 12-10. Gli ottomila ospiti intonano il Flower of Scotland, in ricordo perenne della battaglia di Bannockburn quando nel 1314 sconfissero gli inglesi. Ma non basta a cambiare le sorti della partita. Da quel momento in poi è solo Italia, capace di tenere gli scozzesi sulla loro metà campo e, quando non arriva il piazzato per Dominguez, ci pensa l’apertura azzurra a trovarsi le occasioni centrando tre drop paurosi fra cui: uno da 30 metri; un altro in scioltezza da 40 metri, che piegherebbe le gambe a tutti. Il drop è un’arma da cui non ti puoi difendere. Per i blu si fa notte. Varchi non ce ne sono e se solo azzardi la scorrettezza, becchi tre punti contro. L’Italia placca tutto e quando al posto di , entra Rivaro si assiste a uno show. Il genovese placca dritto per dritto Logan, l’ala avversaria, per tre volte con una velocità tale che il botto si sente in tribuna. Lo stadio viene giù: applausi per un’ala sconosciuta, che sembra tirare il sipario sulle ultime velleità scozzesi. In mischia Giovanelli mette il cuore per l’ultima volta. Non lo sa ancora nessuno. Qualche giorno dopo in un locale subisce un colpo: un bicchiere contro la faccia, rischierà la vista e non potrà più giocare. C’è anche lo spazio per fare una meta: l’azione è di Checchinato che si avvicina ai pali, poi palla a Troncon che sotto pressione, invece di servire Stoica, allarga appena per il pilone romano De Carli (attuale fresco coach della mischia azzurra, strappato da Brunel al Perpignan) che sfonda e segna. Il Flaminio sul 34-13 inizia a festeggiare. La meta di Leslie allo scadere non interessa nessuno.

ITALIA SCO ZIA 34-20 Italia: Pini; Denis Dallan (5’ st. Rivaro), Manuel Dallan, Martin, Stoica; Dominguez, Troncon (cap., 42’ st. Mazzantini); Visser (20’-30’ Lanzi), Bergamasco (22’ st. Persico), Giovanelli; Gritti, Checchinato; Paoletti (25’ st. De Carli), Moscardi, Cuttitta. Allenatore: Brad Johnstone. Scozia: Metcalfe; Longstaff, Mayer, J. Leslie (cap., 13’ McLaren), Logan; Townsend, Redpath; Simpson (20’-31’ Reid), Poutney, M. Leslie; Grimes, Murray (30’ st. Weir); Stewart (32’ s.t. Hilton), Bulloch, Smith. Allenatore: Ian McGeechan.

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Arbitro: Kaplan (Sudafrica). Marcatori: 17’ drop Townsend, 23’ c.p. Dominguez, 32’ c.p. Dominguez, 36’ m. Bulloch tr. Logan, 38’ c.p. Dominguez, 42’ c.p. Dominguez; s.t. 2’ drop Dominguez, 7’ drop Dominguez, 11’ c.p. Dominguez, 17’ c.p. Townsend, 23’ c.p. Dominguez, 28’ drop Dominguez, 39’ m. De Carli t. Dominguez, 42’ m. M. Leslie tr. Townsend. Note: giornata di sole, primo tempo 12-10. Spettatori: 20 mila.

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Roma invasa dai kilt festeggia fino a tardi e via delle Coppelle è il nido azzurro È una serata quasi primaverile, una di quelle che Roma regala grazie al Ponentino. Gli scozzesi incantati da Roma sono ovunque, suonano le cornamuse, cantano e quando sono ubriachi si siedono a bordo di un monumento. I romani sono incantanti dagli scozzesi. C’è solo spazio per il divertimento. Centinaia di highlander assiepati a Trevi, altrettanti nella vicina gradinata di Trinità dei Monti. Al Pantheon i fratelli Leslie in kilt passeggiano con le fidanzate. Poi tutti i tifosi italiani convergo su via delle Coppelle: lì c’è un ristorante frequentato dai rugbisti romani e c’è un pub australiano che diventerà il fulcro della festa. Gli azzurri in smoking arrivano alla spicciolata dal terzo tempo, incontrano amici e compagni di club. Non solo il pub, l’intera via è bloccata dalla folla. Qui si consuma la lunga notte azzurra di festeggiamenti. La Nazionale si fonde con il suo pubblico. L’altro fuoco della festa è Campo dei Fiori la tappa finale anche per chi cerca un taxi per il rientro.

La favola di Marco Rivaro Debutta molto tardi in azzurro, a 27 anni, e infilerà solo quattro cap, ma è l’uomo dal tempismo perfetto. Questa è la sua favola. Giocatore di serie minori con il Cus Genova, Rivaro si laurea in legge e va a lavorare in uno studio di Pavia, dove si allena nel club locale. A 25 anni però non si sente pronto per la carriera d’avvocato e decide di continuare gli studi, frequentare un master a Londra. È qui che, per passare qualche serata in compagnia, decide di continuare a giocare a rugby. Lì c’è la “ tube” per muoversi e lui ci salta sopra già pronto per il campo con le scarpine che penzolano dal collo. Deve scegliere un club e si adegua alle modalità inglesi: prende l’elenco del telefono, va alla voce rugby club e inizia a chiamare. Va dagli Harlequins, fa il provino e lo scartano. Gli va di lusso invece al Irish (gli irlandesi di Londra): il provino va bene e comincia a giocare nella squadra riserve. Poi il colpo di fortuna. Mezza squadra

31 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO titolare è impegnata con la nazionale del trifoglio al Mondiale del ‘99. L’avvocato Rivaro si trova promosso ala in prima squadra. Gioca per tutto ottobre e viene confermato. Quando a Johnstone dicono che c’è un italiano titolare in un superclub del genere lo convoca. Nel giro di sei mesi la sua vita è cambiata: da Londra al Sei nazioni, giocando nel terzo turno del torneo contro i suoi compagni di club. Una meteora, ora, a distanza di tempo. La favola di un giocatore di serie C che trova il suo paradiso.

Il resto del torneo Il torneo prosegue male anche se il successo del Flaminio evita il cucchiaio di legno e segna un record. Ai francesi ammessi nel 1910, ci volle un anno per la prima vittoria, dieci per la prima esterna, 17 per battere gli inglesi in casa, 38 per vincere a Cardiff e 41 per esultare a Twickenham. La vittoria di Roma resta un exploit che illude sul reale valore della squadra e confonde il nuovo pubblico televisivo. Sì, perché il match del sabato pomeriggio, trasmesso in chiaro, interrompe lo zapping e cattura l’attenzione. Il rugby a questo livello è uno spettacolo di valore assoluto, difficile non restarne incuriositi. E inoltre, sta giocando l’Italia. Purtroppo il seguito è pessimo e trasmesso in chiaro fa ancora più male: 47 punti dal Galles, 60 dall’Irlanda, 59 dall’Inghilterra. Solo nel turno finale a Parigi teniamo il campo: regalano una meta marcata oltre alla linea di pallone morto ai francesi (ma il Tmo ancora non esiste), giochiamo in 14 per mezzora senza Cristofoletto per espulsione. Finisce 42-31, quattro mete azzurre: Martin, Troncon, Benazzi e acuto finale di Mazzucato che scarta Emile N’Tamack. La prima edizione del Sei nazioni ci vede sesti ma senza cucchiaio di legno. Il trofeo va all’Inghilterra.

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Il torneo 2000

I RISULTATI Italia-Scozia 34-20 Inghilerra-Irlanda 50-18 Galles-Francia 3-36 Francia-Inghilterra 9-15 Irlanda-Scozia 44-22 Galles-Italia 47-16 Inghilterra-Galles 46-12 Scozia-Francia 16-28 Irlanda-Italia 60-13 Galles-Scozia 26-18 Italia-Inghilterra 12-59 Francia-Irlanda 25-27 Irlanda-Galles 19-23 Francia-Italia 42-31 Scozia-Inghilterra 19-13

LA CLASSIFICA SQ UADRA G V N P P+ P- P± PT Inghilterra 5 4 0 1 183 70 113 8 Francia 5 3 0 2 140 92 48 6 Irlanda 5 3 0 2 168 133 35 6 Galles 5 3 0 2 111 135 -24 6 Scozia 5 1 0 4 95 145 -50 2 Italia 5 1 0 4 106 228 -122 2

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META INGLESE CONTRO L’ITALIA NELL’EDIZIONE 2001

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2001-2002 La depressione del doppio cucchiaio di legno di Fabrizio Zupo È “l’inverno del nostro scontento”, un biennio che sarà ricordato per il record negativo che proseguirà sino al febbraio 2003 con la prima storica vittoria sul Galles: 14 sconfitte di seguito in un torneo ancora diluito ogni 15 giorni che finisce a primavera inoltrata, quasi sempre attorno alla Pasqua (adesso tutto si consuma in un mese e mezzo). Forse è questa dimensione di evento, che il rugby viene visto come una festa e gli azzurri più sconfitti di sempre vengono seguiti con un entusiasmo quasi mai venuto meno. È anche la festa di un mondo di nicchia che si mostra e i tifosi (ex giocatori e non solo) si trovano nel ruolo di sacerdoti e vestali. I vecchi riti di club diventano rappresentazione attorno allo stadio e l’incontro festoso (e alcolico) con i tifosi avversari riempie di foto le pagine di tutti i giornali. A un chilometro dal Flaminio le partite di calcio all’Olimpico sono blindate dalla polizia. È sempre questo il contrasto vincente per la pallaovale che attira gli sponsor in maniera crescente. Ma anche il tifoso più cieco fatica a essere costante se la squadra che segue perde sempre, tanto che i 24mila posti dello stadio fra 2002 e 2003 iniziano a essere disertati.

Brad Johnstone Brad Johnstone rimane a capo della gestione dell’Italia per tutto il 2001 e sino ad aprile 2002 quando, a torneo finito, viene esonerato per far posto al vice John Kirwan (al contrario suo appariscente e preferito dai media), l’All Blacks oramai italianizzato con moglie di Treviso e figli che crescono nel Veneto da quando giocava con la Benetton prima e col Thiene poi. Johnstone infila due tornei estremamente negativi con cinque

35 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO sconfitte in entrambe le stagioni (col record negativo di 80-23 a Twickenham), cucchiai di legno che vedono gli azzurri affossati pure nei punti (meno 100 la differenza il primo anno fra quelli fatti e quelli subiti). Il totale della sua gestione (Sei nazioni e test-match) sarà di 27 partite con solo cinque vittorie (nazionali di seconda e terza fascia come Spagna, Romania e Uruguay ma si perde anche con il Canada). È lontano l’esordio con la Scozia e questo signore rude – sbarcato in Italia la prima volta nel 1978 quando era il veterano nel tour degli All Blacks dell’allora grande slam che fece tappa a Padova contro il XV del Presidente – comincia a stufare anche per la scelta di come comunicare con il resto del mondo. Capisce l’italiano ma non lo parla, qualche timore di essere male interpretato forse e si recinta dietro la sua lingua madre. Questo non l’aiuta. Aveva già allenato un anno all’Aquila, resterà tre anni a Roma, senza mai dire una sola parola in italiano in conferenza stampa. Eccessivo. L’arrivo di Johnstone coincide con la creazione di uno staff professionista, dove il capo allenatore ha aiutanti specializzati. Il suo gioco però non piace. Ha il merito di aver iniziato il rinnovamento della squadra, finché poi s’è capito che era un metodo. Provare un giocatore: se funziona lo tieni, se sbaglia lo cambi. Non ci sono seconde o terze chance. Così è difficile un reale inserimento. Ha dato un gioco alla mischia, ma non ai trequarti. Ha instillato nello spirito azzurro una certa disciplina. C’è poi il capitolo scelte. In mediana cerca un regista per sostituire Dominguez e brucia Pez, Raineri, richiama Mazzariol e al posto di Troncon dietro la mischia prova Frati, Queirolo, Mazzantini. La coppia di mediani di Grenoble resterà ancora in piedi e al loro confronto ogni sostituto appare inadeguato. O meglio non gli verrà concesso il tempo di crescere sbagliando. Intanto nel 2001 la serie A abdica dopo 70 anni di carriera per far posto al Super 10 che dovrebbe far aumentare spettacolo e agonismo e invece fa lievitare soprattutto i costi a fronte di un pubblico che inizia a disertare i club. Altre scelte nella formula dei campionati si stanno per realizzare all’estero, ma le vedremo fra poco. Scelte quelle italiane e quelle del nord Europa da cui deriva l’attuale situazione di club e nazionale.

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Anche fuori dai ruoli più strategici Johnstone appare inflessibile nel liquidare o congelare chi non si trova pronto. È abituato a una nazione come la Nuova Zelanda dove la concorrenza è agguerrita e la coperta corta, se non cortissima, dell’Italia mal si concilia con questa filosofia. Giocare con l’incubo di giocarsi una carriera in 80 minuti non è il massimo. Proverà oltre 40 giocatori, senza mai dare un volto definitivo al suo gruppo. E cambierà anche capitano togliendo la fascia a Troncon (a cui l’aveva data nel 2000) e dandola ad (oltre un breve parantesi per Stoica, capitano nel tour del Pacifico del 2001). Con i quaranta nomi che l’ex pilone fa girare sul suo taccuino inizia un altro dei vizi azzurri, rimasti costanti nel tempo. La ricerca del salvatore della patria: non importa se italiano o eleggibile. Come in un gioco di prestigio si cerca (e si continua a cercare) un nome che sparigli i pronostici negativi. Se nel 1999 la Fir aveva individuato in Zisti, giocatore di valore nel rugby a XIII poi rivelatosi non all’altezza al mondiale gallese, dieci anni dopo Mallett individua Gower, tredicista australiano, che non arriva neppure a giocare il mondiale 2011 per questioni di ingaggio. Durante la gestione Johnstone inoltre si inizia a vedere quella “zoppìa”, che trasformerà negli anni la Nazionale in una squadra a due velocità, dovuta alla differenza di ritmo fra chi è figlio della Serie A e chi gioca all’estero. Intanto però iniziano ad affacciarsi e imporsi dei giovanissimi come Bortolami, Dellapè, si affermano Denis Dallan e a fianco dei fratelli Manuel e Mauro. Questi innestati nel vecchio gruppo Coste con gli Stoica, Vaccari e lo stesso Bergamauro mischiati ad altri arrivati e spariti come meteore. Si infittisce la ricerca di talenti nel grande bacino argentino dove uno su due ha origini italiane e nel sud del mondo dove Brad e John hanno i loro osservatori. Ma il risultato non cambia. Brad appende nella bacheca azzurra due cucchiai di legno, il presidente Dondi dice che può bastare e accelera il cambio nell’aprile 2002. Il consiglio Fir lo stringe nel proseguire la pista neozelandese.

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Il torneo 2001

I RISULTATI Galles-Inghilterra 15-44 Italia-Irlanda 22-41 Francia-Scozia 16-6 Scozia-Galles 28-28 Irlanda-Francia 22-15 Inghilterra-Italia 80-23 Inghilterra-Scozia 43-3 Italia-Francia 19-30 Galles-Irlanda 6-36 Francia-Galles 35-43 Scozia-Italia 23-19 Irlanda-Inghilterra 20-14 Inghilterra-Francia 48-19 Italia-Galles 23-33 Scozia-Irlanda 32-10

LA CLASSIFICA SQ UADRA G V N P P+ P- P± PT Inghilterra 5 4 0 1 229 80 149 8 Irlanda 5 4 0 1 129 89 40 8 Scozia 5 2 1 2 92 116 -24 5 Galles 5 2 1 2 125 166 -41 5 Francia 5 2 0 3 115 138 -23 4 Italia 5 0 0 5 106 207 -101 0

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Il torneo 2002

I RISULTATI Francia-Italia 33-12 Scozia-Inghilterra 3-29 Irlanda-Galles 54-10 Galles-Francia 33-37 Inghilterra-Irlanda 45-11 Italia-Scozia 12-29 Francia-Inghilterra 20-15 Galles-Italia 44-20 Irlanda-Scozia 43-22 Scozia-Francia 10-22 Inghilterra-Galles 50-10 Irlanda-Italia 32-17 Francia-Irlanda 44-5 Galles-Scozia 22-27 Italia-Inghilterra 9-45

LA CLASSIFICA SQ UADRA G V N P P+ P- P± PT Francia 5 5 0 0 156 75 81 10 Inghilterra 5 4 0 1 184 53 131 8 Irlanda 5 3 0 2 145 138 7 6 Scozia 5 2 0 3 91 128 -37 4 Galles 5 1 0 4 119 188 -69 2 Italia 5 0 0 5 70 183 -113 0

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MAURO BERGAMASCO IN ITALIA-GALLES

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2003 Gli azzurri riassaporano la vittoria di Fabrizio Zupo John Kirwan da , oggi 51enne, ha intrecciato la sua vita professionale e privata con l’Italia sin da giocatore quando segnò la meta più bella del mondiale 1987 proprio agli azzurri seminando quasi tutta la squadra; ai suoi anni a Treviso e Thiene ingaggiato in quel periodo “semipro” che portò nella penisola i migliori talenti dell’emisfero Sud approfittando delle pause stagionali (estate-inverno) opposte. Sposato con un’italiana, tre figli (la maggiore potrebbe diventare un’azzurra della pallavolo), a 40 anni dopo una carriera che l’aveva visto giocare anche a 13 e poi nel campionato giapponese, sembra l’uomo perfetto per risollevare le sorti. Conosce l’ambiente e tutti i suoi vizi, le personalità forti dietro ogni scelta. Conosce i giocatori e come pochi altri la realtà veneta, i suoi vivai più nascosti. Chiamato l’angelo biondo All Blacks, dell’unico gruppo iridato nella prima coppa Rwc 1987 (finché l’incantesimo non si è rotto nel 2011), ha tutto per poter piacere. A distanza di dieci anni dalla panchina azzurra (in seguito ha seguito il Giappone in due mondiali e ora la franchigia dei ) ha destato sorpresa che dietro a questa immagine glamour si nascondesse una umanissima depressione. Due anni fa con il libro “All Blacks don’t cry” e il successivo film ha svelato 15 anni di depressione dal 1991 sino a tutto il suo periodo azzurro. Un libro che ha figliato una fondazione e la riconoscenza di tanti suoi connazionali che hanno visto riconosciuto il loro dolore psicologico da un mito vivente neozelandese. Se Johnstone era ombroso e poco comunicativo con la stampa, John è solare e accattivante con i media. È un mito del rugby e quando parla i riflettori e i microfoni si accendono. Quando disse: «L’Italia vincerà il Sei nazioni in cinque anni»,

41 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO l’affermazione fu riportata nei giornali di mezza Europa. Se Brad rifiuta l’italiano, Kirwan ti può parlare anche in trevigiano stretto o rispondere a tono ai media giapponesi. Sa qual è il valore del marketing e degli sponsor e aiuta la Nazionale anche in questo. La sua profezia non si è avverata ma in quel lasso di tempo s’è passati dalle singole vittorie (2003 e 2004), al primo pareggio esterno (2006), alla prima doppietta (2007). Kirwan parte quindi con la benedizione di tutti, vive a Treviso e non perde una partita di campionato in tutta Italia. Su questo punto va registrato che Kirwan arriva nel momento più alto dell’influenza della Benetton (ormai dominatrice del Super 10, senza più la vecchia dicotomia con il Milan) sul superclub azzurro cui rifornisce la maggioranza assoluta dei titolari. Ma anche per Kirwan il giudizio finale sarà dato dai risultati e se i primi due anni sarà salvato dalle vittorie su Galles e Scozia, il terzo porterà il cucchiaio di legno e gli chiuderà la strada dal poter arrivare a condurre gli azzurri a un secondo Mondiale.

Cambi della guardia Con l’era Kirwan avvengono quei cambi che completano il rinnovo della Nazionale portando dei giovani che sono gli attuali protagonisti azzurri. Anzi il gruppo di Bortolami (a cui lui dà la fascia di capitano), Castrogiovanni, Parisse (che fa esordire) nasce sotto la sua gestione. È il suo lascito migliore: lanciare dei giovani ventenni e farli crescere, pur nelle sconfitte, e dei suoi frutti ne ha goduto dapprima Berbizier e poi gli altri. Intanto si registra l’addio di Moscardi, che Johnstone ha fatto capitano dopo il torneo del 2000, edizione in cui la fascia era andata a Troncon. Il tallonatore architetto e opinionista Sky che ha partecipato al restyling dello stadio di Wembley, ha condotto gli azzurri per 19 partite. Il suo ruolo sarà d’ora in poi conteso fra il veneziano Ongaro e l’aquilano Festuccia. La fascia per il Sei nazioni ritornerà a Troncon, che la perse per essersi rifiutato di partecipare al tour Samoa Fiji del giugno 2000 perché impegnato nella fase finale del campionato francese. Rischiò l’espulsione dalla Nazionale poi tutto si ridimensionò.

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Kirwan però esordisce sulla panchina azzurra nel nuovo tour estivo, l’8 giugno 2002 a Hamilton, contro la sua Nuova Zelanda, affrontata con un’Italia di giovani come il 19enne (argentino figlio di un ingegnere aquilano, rugbista anch’egli) al suo debutto azzurro e la fascia da capitano affidata al padovano e petrarchino , quattro giorni prima del suo 22° compleanno. Lo skipper più giovane della storia azzurra. Non saranno solo queste le scoperte e gli innesti in un gruppo azzurro che allora sta vivendo ancora grazie ai Vaccari, ai Troncon, ai Giacheri, ai Checchinato (pronto alla chiamata per il suo quarto Mondiale).

Galles, buona la prima L’apprendistato del nuovo gruppo passa attraverso i test (persi) con Argentina e Australia e nuovi esperimenti come quello di Enrico Pavanello. Ma tutti aspettano Kirwan al test del Sei nazioni. Il calendario mette per primo il Galles di Steve Hansen (attuale c t All Blacks). Mai battuto prima. In regia Kirwan torna a convocare Diego Dominguez. All’ala mette , il nostro pezzo migliore, che si sente però una terza linea in purezza. Sarà uno dei temi di contrasto della sua gestione con il padovano che si sentirà tradito ed emarginato. Però quella partita sarà storica. Ecco il tabellino.

Il trionfo con il Galles Che botto. Che debutto. Secondo vittoria nel Sei nazioni, prima assoluta sui dragoni rossi, spezzato il record negativo, evitato il cucchiaio di legno, riesplode la mania del rugby. Il Galles è anche la testa di serie (con i neozelandesi) della poule del Mondiale in Australia in cui è inserita l’Italia con Tonga, Canada. Passano le prime due, quindi il XV sarà l’avversario da battere.

Ma torniamo a Roma e al caso Bergamasco. Alla vigilia Kirwan paragona Mauro all’ala più famosa al mondo: «È il nostro Jonah

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Lomu bianco. L’unico a poter fare la differenza». Ma sembra una pillola indorata. Come il far leva sulla propria storia: «Ho incontrato il Galles cinque, sei volte e non ho mai perso. Dobbiamo trovare la fiducia in noi stessi come italiani». Inoltre una settimana prima a Treviso, quale warm up al Sei nazioni, gli azzurri hanno incontrato una selezione All stars del campionato italiano, beccando due mete nel primo tempo e perdendo il bandolo nella ripresa. Gli azzurri per la prima volta dispongono anche di un aiuto psicologico, fornito da Bobby Robazza, ex tallonatore azzurro degli anni Settanta. Ma al Flaminio la musica cambia. L’Italia gioca a viso a aperto, rischiando con i trequarti al largo e portando a casa una vittoria storica. La nota negativa di questa lunga attesa è la carenza di pubblico: 15mila in tutto, di cui la metà fatta di magliette rosse che confliggono con l’azzurro di cinquemila seggiole vuote. Era caduto nel vuoto l’invito del ct Kirwan di presentarsi allo stadio indossando l’azzurro. Si perde anche il pullman della Nazionale: Roma è bloccata da un corteo per la pace, contro la guerra del Golfo. Segna in avvio De Carli, i gallesi rintuzzano e alla fine le mete saranno tre pari. La differenza è ancora il piede di Dominguez fra piazzati che vengono concessi e i soliti drop assassini (il primo – importante – ci porterà in vantaggio alla pausa del primo tempo) a sfiancare le motivazioni avversarie più che il fiato. Siamo Diego-dipendenti, il suo acume tattico e il suo piede firmano le vittorie importanti: i Pez, gli Orquera e qualche mese dopo i Wakarua saranno sacrificati nella ricerca del clone di Dominguez e questo confronto li sfiancherà. Serve un progetto in mediana, non esistono due Dominguez e cercare di pescare “la matta” è solo un esercizio d’azzardo. Il ragazzo di Cordoba inoltre in questa partita sforerà i mille punti in carriera, un club cui appartengono un pugno di calciatori come Neil Jenkins e . È anche l’ultima grande vittoria, l’acuto finale, il canto del cigno, dei trentenni del gruppo Fourcade- Coste: dalla mediana Troncon-Dominguez, a Stoica e Vaccari. Uno fra i pochi a non divertirsi è proprio Mauro Bergamasco che toccherà tre palloni in tutta la partita, pur rischiando di

44 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO segnare. In conferenza stampa cercherà di abozzare: «Sto prendendo sempre più confidenza con il ruolo, spero di non abituarmi mai, certo la caccia all’apertura mi manca. Credo che il mio ruolo sia in terza linea, però ora devo pensare a migliorarmi come ala». Giocherà ala in Irlanda e Scozia, salterà Inghilterra e Francia. Un dolore muscolare non riuscirà a far dissimulare il dissenso con Kirwan sempre più scoperto. Gli azzurri si riconciliano con il pubblico. E c’è anche il tempo di un gesto inconsueto per una partita di rugby: Stoica e Bortolami tirano fuori non so da dove la bandiera della pace con i colori dell’iride e la tengono alta per tutto il giro d’onore. Un segno di sensibilità per il futuro del mondo.

ITALIA GALLES 30-22 Italia: P. Vaccari; M. Bergamasco, Stoica, Raineri (27’ Mi. Bergamasco), D. Dallan; Dominguez, Troncon (cap.); Phillips, Persico, De Rossi; Bortolami, Bezzi; Martinez (18’ st Perugini) dal 19’ st Martinez, Festuccia, De Carli. All. Kirwan. Galles: R. Williams; M. Jones (37’ st Sweeney), Shanklin, L. Davies (16’ st Watkins), ; Harris, Peel; Charvis (cap., 28’ st Gavin Thomas), M. Williams, Owen; S. Williams (9’ st D. Jones), Sidoli; Evans, M. Davies (10’ st G. Williams), I. Thomas. All. Hansen. Arbitro: Juge (Francia). Marcatori: pt 3’ meta De Carli t. Dominguez, 5’ meta S. Williams t. Harris, 15’ m. Shanklin t. Harris, meta Festuccia t. Dominguez, 26’ cp Harris, 31’ cp Dominguez, 38’ drop Dominguez; st 21’ meta Phillips t. Dominguez, 30’ drop Dominguez, 40’ m Peel. Note: spettatori 15.000, debutti di Festuccia e Bezzi, giallo a Bezzi (35’ st colpo proibito). Pt 20-17.

Non c’è il bis Non ci sarà un’altra gioia nell’edizione 2003. Si vanno ad incassare di fila tre sconfitte: 37 punti dall’Irlanda, 40 dagli inglesi e spiccano i 53 dalla Francia. Solo l’epilogo contro la

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Scozia viene giocato alla pari. A Murrayfield Mirco Bergamasco segna in apertura e Palmer in chiusura, ma la differenza saranno i calci di Paterson, il cecchino che quattro anni dopo a Saint Etienne ci butterà fuori dalla Coppa in Francia. Il nodo della mediana resta il tema principale. Davanti agli spogliatoi, Kirwan si lascia sfuggire il nome dell’ennesimo (futuro) equiparato che dovrebbe risolvere ogni problema, appena acquisirà i diritti per vestire l’azzurro: il sudafricano . Siamo ancora al mercatino del talento.

Vince l’Inghilterra Il giorno dopo la Scozia, si gioca a Dublino la vera finale del torneo, fra due squadre con quattro vittorie a testa: l’Irlanda delle meraviglie al suo massimo (quel gruppo e quel ciclo si sono spenti durante France 2007) e l’Inghilterra che ha perso Hogdson all’apertura per infortunio ma ha riacquistato Wilkinson. Da marzo a novembre saranno otto mesi stellari per il XV della Rosa. A cominciare da quella sfida. Chi la vince realizza il Grande Slam, inseguito da vent’anni dagli irlandesi. Per qualche minuto il XV del trifoglio c’è, ma la potenza inglese è qualcosa di incredibile da contenere. Wilkko alza la coppa. Due mesi dopo il gruppo di Woodward riuscirà a imporsi nel tour in Nuova Zelanda e quindi alla finale iridata di Sydney.

2003: Mondiale in Australia Il quinto mondiale azzurro inizia come gli altri, con pezzi che si perdono per strada. Al Nevegal, John Kirwan sta restringendo il numero dei papabili per fissare i 30 da portare a Canberra dove gli azzurri resteranno 20 giorni a giocarsi la poule contro i “soliti” All Blacks, il Canada, Tonga e il Galles. È il tema che si ripresenterà uguale quattro anni dopo a Berbizier: Nuova Zelanda all’esordio, i due match abbordabili in mezzo, la sfida finale contro la squadra europea già battuta sei mesi prima. Nel 2007 la Scozia, nel 2003 il Galles. Ogni componente della rosa riceverà 20mila euro per tutto l’impegno dal raduno al Nevegal alla soglia dei quarti.

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Vodo, Wakarua: fratelli d’Italia Vodo, ala figiana del Calvisano, convocato al raduno non ci arriverà mai. Finito il Super 10, Vodo è tornato nel paese natio fra le palme di una delle centinaia di micro isole al largo di Suva. Spiagge e palme dove i telefonini italiani non “prendono”. La convocazione non arriverà mai. Lui torna un paio di mesi dopo e quando gli dicono che lo stanno cercando, vola al Nevegal. Ma Kirwan lo blocca. La preparazione è già quasi conclusa. Non utilizzerà questo metodo per il caso Pez-Wakarua. La sera del 6 settembre, a trenta giorni dall’esordio (lista chiusa e biglietti d’aereo staccati), si gioca Italia-Georgia ad Asti. I caucasici fanno un partitone, l’Italia no. Kirwan è deluso dalla prova di Ramiro Pez. Decide nel lasso di due ore. Pez è fuori rosa. Rientrerà solo due anni dopo con Berbizier. Convocato al suo posto l’ennesimo equiparato d’urgenza. Si chiama , maori neozelandese, gioca nella Leonessa Brescia in seconda serie. Farà il suo debutto azzurro direttamente al Mondiale. Il senso di questa scelta è inspiegabile. Pez andava bocciato prima, non certo mandato via con le valigie in mano. Quella di Pez è la defezione che mancava alla tradizione di assenze celebri ai Mondiali, per i motivi più vari: Bettarello nel 1987, Covi nel 1991, Giovanelli nel 1995, i fratelli Cuttitta nel 1999.

Il girone mondiale Tutto come previsto: sconfitta pesante contro gli All Blacks dove Kirwan schiera il secondo XV in polemica con un calendario che non dà respiro agli azzurri e concede molti più giorni di riposo al Galles. Lo score è 70-7. Poi i “titolari” tornano contro Tonga e finisce 36-12. È la partita della famiglia Dallan: i genitori hanno vissuto in Australia 10 anni prima di tornare nel Veneto - ad Asolo – dove hanno aperto una ditta edile e dove i figli sono nati e cresciuti. Manuel e Denis segnano tre mete da protagonisti nel luogo dove i genitori sono emigrati, hanno amici e conoscenti. Era successo anche nel ‘95 con i gemelli Cuttitta in Sudafrica. Pare incredibile

47 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO che proprio l’Italia che conta emigrati in tutti i paesi del mondo, possa non gradire la questione equiparati: eppure dovrebbe essere chiaro che un uomo appartiene al luogo in cui vive, lavora e mette radici, non solo a quello in cui è nato. Molto più incerta la partita con il Canada, che passiamo di misura 19-14. Mauro Bergamasco non compare neppure in panchina, gli vengono preferiti Persico e Palmer. Il bianco sta vedendosi passare davanti il secondo mondiale in tribuna.

I sogni sfumano col Galles La partita decisiva si gioca a Canberra nel tardo pomeriggio per motivi televisivi e il fischio finale dell’arbitro arriva che sta già imbrunendo. La partita sembra un copione scritto che nessuno poteva cambiare. Man mano che il tempo corre, non accade nulla. L’Italia cerca un gioco, il Galles mette pressione e costringe all’errore: su un intercetto sbagliato nasce l’azione che lancia in meta i dragoni. Lo score italiano si muove per i piazzati di Wakarua. Manca poco alla fine e la distanza sul tabellone è ancora lunga. Kirwan deve far entrare anche Mauro Bergamasco ma non come ala: a venti minuti dall’eliminazione dal Mondiale si gioca la carta su cui non aveva creduto. Ma è tardi per qualsiasi recupero. Non riusciamo a segnare neppure una meta: finisce sul 27-15, il risultato non è mai stato in bilico. Sette mesi dopo la grande vittoria sul Galles al Flaminio, non riesce la doppietta per la storia. C’è gente che piange fuori dallo spogliatoio. È l’ennesima occasione sfumata. Il giorno dopo c’è aria di rompete le file. Kirwan tiene un’ultima conferenza stampa per fare un bilancio con i giornalisti che hanno seguito gli azzurri. Sono parole piene di orgoglio per il gruppo, dichiarazioni di intenti per il futuro, anche molto oneste. Certo nessuno prima di Kirwan ha messo in cassa due vittorie in un Mondiale. Ma la delusione è grande lo stesso. A Canberra è tempo di saluti, tutti circondano Checchinato. Dopo quattro mondiali da giocatore ci sarà ancora un Sei nazioni ma il suo futuro è già deciso in quei giorni. Diventa il manager della Nazionale.

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L’altro Mondiale Sono otto le squadre passate ai quarti: le tre potenze del sud e le cinque europee, la sesta (l’Italia) resta fuori. Un risultato che dimostra una certa immobilità dei valori in campo: gli acuti di Canada, Fiji nelle edizioni precedenti erano legati alla mancanza del Sudafrica del torneo. Solo i Pumas nel 1999, guidati dal piede di Quesada (scarpa d’oro di quel torneo), avevano realizzato una sorta di sorpasso. In finale si trovano Inghilterra e Australia ed è il giorno di Jonny Wilkinson che pure durante la pausa fra i due tempi si allena a battere calci. Sarà un suo drop nel secondo extra-time a fare alzare la coppa per la prima volta al XV della Rosa di Lancaster.

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Il torneo 2003

I RISULTATI Italia-Galles 30-22 Inghilterra-Francia 25-17 Scozia-Irlanda 6-36 Italia-Irlanda 13-37 Francia-Scozia 38-3 Galles-Inghilterra 9-26 Irlanda-Francia 15-12 Scozia-Galles 30-22 Inghilterra-Italia 40-5 Galles-Irlanda 24-25 Inghilterra-Scozia 45-9 Italia-Francia 27-53 Francia-Galles 33-5 Scozia-Italia 33-25 Irlanda-Inghilterra 6-42

LA CLASSIFICA SQ UADRA G V N P P+ P- P± PT Inghilterra 5 5 0 0 178 46 132 10 Irlanda 5 4 0 1 119 97 22 8 Francia 5 3 0 2 153 75 78 6 Scozia 5 2 0 3 81 166 -85 4 Italia 5 1 0 4 100 185 -85 2 Galles 5 0 0 5 82 144 -62 0

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FRANCIA-ITALIA DEL SEI NAZIONI 2004

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2004-2005 Kirwan e l’addio col cucchiaio di legno di Fabrizio Zupo

I convocati del 2004 Partiamo dai convocati di questo 2004, dando un occhio ai nomi rispetto ai club di allora, dove a far la parte del leone sono le società italiane e talenti come Canale, Parisse, Perugini (che pochi anni dopo giocherà anche una finale di Heineken con Tolosa) e Bortolami non hanno ancora seguito i Bergamasco in Francia ma affollano i club che si giocano il Super 10 da protagonisti (Benetton, Petrarca, Calvisano, Viadana). Mirco Bergamasco (Stade Francais), Canale (Benetton), D.Dallan (Benetton), Mazzucato (Calvisno), Barbini (Safilo Petrarca), M. Dallan (Benetton), Masi (Calvisano), Stoica (Montpellier), Griffen (Calvisano), Picone (Benetton), De Marigny (Overmach Parma), Wakarua (Leonessa Brescia), De Rossi (Calvisano), Orlando (Benetton), Palmer (Benetton), Parisse (Benetton), Persico ( Tykes), Phillips (Viadana), Zaffiri (Calvisano), Bezzi (Viadana), Bortolami (Safilo Petrarca), Checchinato (Benetton), Dellapè (Benetton), Festuccia (Gran Parma), Ongaro (Benetton), Castrogiovanni (Calvisano), Costanzo (Benetton), Faliva (Benetton), Lo Cicero (Lazio&Primavera), Perugini (Calvisano).

Lo stato dell’arte in Europa: Super 10 italiano, Celtic League, Top 14 francese e Premiership inglese Serve fissare un punto, che è storia ormai ma allora solo un progetto dimostratosi efficace. L’Italia si attrezza per il Sei nazioni varando il Super 10 concentrando un po’ le forze distribuite sulla penisola. Nella sostanza il ritmo di gioco non si alza ai livelli delle altre nazioni.

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Cosa succede altrove? In Francia viene solo razionalizzato il Top 14 e le regole di fair play economico. Se i conti non sono a posto un club viene retrocesso. Una ghigliottina più frequente in ProD2 che nella massima serie. Ma ci ha già pensato l’ingresso in era Pro a far ridimensionare club storici transalpini come Agen, Bezier (dieci scudi di Brenno negli anni 70), Pau. In Inghilterra la Premiership già accompagna dal 1988 (l’anno dopo il primo Mondiale e sette anni prima dell’era Pro) un movimento che vuole arrivare a vincere il mondiale, riuscendoci tre mesi prima di questo Sei nazioni. Le società si spartiscono un dividendo che la Union riconosce alle società di vertice. Dal 2002-2003 vengono introdotti i play-off. Una cosa da niente? No perché ha il merito di rendere le partite degli eventi, tanto che il campionato inglese detiene il record mondiale di pubblico: lo fissa un match di regular season del 31 marzo 2012 fra Saracens e Harlequins (uno dei derby di Londra) che si gioca a Wembley, tempio del calcio. Pagano il biglietto 83.761 persone. Infine le tre nazioni gaeliche: Galles, Scozia e Irlanda. Corrono ai ripari nel periodo delle sconfitte ripetute contro l’Italia. Si inventa la Welsh-Scottish league con nove club gallesi che poi si concentrano in cinque franchigie e infine nelle quattro attuali. La Scozia arriva ad iscriverne quattro ma nel tempo ne rimangono due, quelle federali. Manca il terzo polo: l’Irlanda e ne mette quattro sul tavolo. Nasce così nel 2003 la Celtic League, quella a cui l’Italia partecipa dal 2010. Vediamo tutto questo che effetti ha avuto sulla Nazionale e sulle Coppe. Partiamo dalla Heineken Cup, la cui prima edizione s’è consumata nel 1996. Ebbene le prime dieci edizioni sino al 2005 sono state un affare fra Francia (quattro titoli) e Inghilterra (cinque titoli). Si inserisce un anno l’Ulster (1999) ma è un’edizione senza i club inglesi. E ora guardiamo i risultati dal 2006 a oggi: otto edizioni con cinque titoli irlandesi (tre Leinster Dublino e due Munster), due francesi e uno inglese. Nell’edizione 2013 i quarti di finale vedono tre team irlandesi su otto posti. E ora guardiamo il Sei nazioni: fino al 2005 sono Francia e Inghilterra a divedersi i titoli. Poi negli ultimi nove anni ci sono stati quattro titoli al

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Galles e uno all’Irlanda. I verdi però sei volte secondi, di cui ben tre volte volte a 8 punti come i primi ma senza coppa per una differenza punti. Nel rugby non si inventa nulla. Controprova? La prima doppietta dell’Italia arriva nel 2007 quando la pattuglia azzurra che gioca all’estero è già bella nutrita, il cuore del gruppo (Castro, i Bergamasco, Masi, Bortolami capitano in una finale di Premiereship, Parisse e Canale). Ma la prima vittoria sulla Francia arriva nel 2011 quando da pochi mesi la Benetton sta giocando la Celtic: per la prima volta Treviso e Viadana giocano ai ritmi di un campionato europeo e la Nazionale non è più zoppa ma un gruppo omogeneo. E la seconda doppietta? Nel 2013 con Brunel che gode in una Benetton super che arriva settima nel torneo. I titolari e i “rincalzi2 corrono alla stessa velocità. La coperta è stretta ma almeno la zoppìa è stata curata. Nella pallaovale non si inventa nulla.

Il torneo 2004 Il 2004 si apre con le speranze del ct Kirwan di dimenticare l’Australia e impostare un Sei nazioni importante. Tre mesi dopo Canberra, il 15 febbraio, si affronta l’Inghilterra: i neo campioni del Mondo sbarcano al Flaminio. È la prima uscita ufficiale degli iridati e c’è molto interesse. Non c’è Wilkinson e non si vedrà in campo praticamente per altri quattro anni. Rientrerà per l’edizione 2007 giusto in tempo per la nuova avventura iridata che lo vedrà finalista sfortunato a Parigi. La novità italiana dell’epoca si chiama , equiparato neozelandese, una sorpresa del Super 10 italiano. Troncon si prenderà una pausa di un anno e Griffen, basettoni alla Jpr Williams e boccoli rasta, diventerà un perno azzurro. L’altra novità è l’assenza di Mauro Bergamasco che salterà l’intero Sei nazioni e rientrerà al “volo” nel tour estivo (Romania e Giappone) il giorno dopo aver vinto il suo primo titolo di Francia con lo Stade allenato da un certo . Gli inglesi ci tengono a ribadire il loro primato e segnano 50 punti. Sei giorni dopo si migliora: a Parigi la Francia si limita arrivando a quota 25. Il terzo turno ci va meglio.

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Salvati dalla vittoria sulla Scozia Il 6 marzo si gioca a Roma. Dopo solo una manciata di caps Wakarua perde di già il posto da numero 10 titolare. Toccherà a De Marigny a esordire in regia e se la caverà benone con 15 punti di piazzati. La partita troverà un Griffen super e Ongaro a siglare la sua prestazione con una meta che forse non c’era. Il Tmo non viene richiesto. Ma per una volta possiamo goderci un errore arbitrale a nostro favore. Kirwan si sta giocando la possibilità di un rinnovo contrattuale. La vittoria porta a scavalcare un paio di posizioni nel ranking mondiale e a toccare per la prima volta il 9° posto mondiale. La vittoria è sempre il miglior viatico per tutto. Certo in questa nazionale ci sono nove giocatori di scuola non italiana, che è quasi un record (Johnstone toccò quota dieci) ed è la maggioranza sul 15 titolare di partenza. Il gruppo ha ormai svoltato nella fisionomia rispetto al debutto nel Sei nazioni. I giovani del 2000 hanno decine di cap alle spalle e gran esperienza. Il ricambio generazionale è stato completato. Senza Troncon la fascia di capitano è in mano dall’inizio del Sei nazioni al livornese . La lascerà a giugno quando, con il tour estivo, inizierà il lungo regno di Bortolami interrotto nel 2008 da Parisse.

ITALIA SCO ZIA 20-14 Italia: G.Canale (43’ s.t. Mi.Bergamasco); Mazzucato, Stoica, M.Dallan (8’ s.t. Wakarua), D.Dallan; De Marigny, Griffen; Parisse (25’ s.t. Orlando), Persico, De Rossi (cap.); Bortolami, Dellap‚; Castrogiovanni, Ongaro (42’ s.t. Festuccia), Lo Cicero. All. Kirwan. Scozia: Hinshelwood; Danielli (40’ s.t. Lee), Philip, Laney (46’ s.t. Henderson), Webster; Paterson (cap.), Cusiter (1’ s.t. Blair); Taylor, Hogg, White (46’ s.t. Petrie); Grimes (31’ s.t. Hines), Stuart; Douglas (31’ s.t. Jacobsen), Bulloch, Jacobsen (1’ s.t. Kerr). All. M.Williams. Arbitro: Whitehouse (Galles). Marcatori: 2’ c.p. De Marigny, 7’ c.p. Paterson, 9’ c.p. De Marigny, 34’ c.p. Paterson, 41’ c.p. Paterson, 42’ c.p. De

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Marigny; s.t. 1’ m. Ongaro, 37’ c.p. De Marigny, 40’ c.p. De Marigny, 48’ m. Webster. Note: spettatori 23.500. Infortuni a M. Dallan (stiramento al collaterale mediale del ginocchio destro) e Parisse (risentimento inguinale). P.t. 9-9.

Il cucchiaio di legno viene dunque evitato, anche se poi le becchiamo dall’Irlanda sia pure solo per 19-3 e siamo travolti nel punteggio ancora dal Galles. Registriamo una piccola continuità: una vittoria all’anno. Il bilancio non è fallimentare, ma i segnali non sono dei migliori. Nella prima tappa del tour estivo si perde di un punto contro la Romania. In Giappone arriva a dar man forte Mauro Bergamasco. I tour di novembre non tolgono e non aggiungono nulla. A parte il fascino dell’Haka al Flaminio che sarà disturbata dalla banda militare mentre sfila in mezzo al campo.

2005 un altro anno nero, un altro cucchiaio di legno Blande nei punteggi ma sempre sconfitte sono. Gli azzurri vanno sotto ovunque, solo contro la Scozia, sul 18 a 10 si può recriminare sul mancato successo. Troncon è di nuovo lo skipper di “azzurra”. Eppure un’altra edizione del torneo scivola via senza colpo ferire. Il “grip” della novità del Sei nazioni è già sfumato: lentamente sta perdendo terreno e pubblico. Tre vittorie in venti partite dal 2000 al 2004 non aiutano a risolvere i problemi di una squadra anche se il movimento del rugby in Italia continua a godere dell’effetto vetrina. Il boom si vede soprattutto nell’ingresso di bambini nelle squadre aquilotti, pulcini, ovetti.

John Kirwan se ne va La malattia che abbatte l’angelo All Blacks è la mancanza di vittorie: il 13-56 contro la Francia nell’ultimo turno al Flaminio segna la sorte di Kirwan. Ha già il consiglio federale contro, stavolta lo mollerà anche il presidente Dondi che gli ha

57 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO permesso di completare il triennio e però desideroso di abbandonare la pista neozelandese e tornare ai metodi dei cugini. Si cerca un ct disponibile. Kirwan non arriverà a guidare nemmeno il tour estivo in Argentina.

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Il torneo 2004

I RISULTATI Francia-Irlanda 35-17 Galles-Scozia 23-10 Italia-Inghilterra 9-50 Scozia-Inghilterra 13-35 Francia-Italia 25-0 Irlanda-Galles 36-15 Italia-Scozia 20-14 Inghilterra-Irlanda 13-19 Galles-Francia 22-29 Inghilterra-Galles 31-21 Irlanda-Italia 19-3 Scozia-Francia 0-31 Francia-Inghilterra 24-21 Irlanda-Scozia 37-16 Galles-Italia 44-10

LA CLASSIFICA SQ UADRA G V N P P+ P- P± PT Francia 5 5 0 0 144 60 84 10 Irlanda 5 4 0 1 128 82 46 8 Inghilterra 5 3 0 2 150 86 64 6 Galles 5 2 0 3 125 116 9 4 Italia 5 1 0 4 42 152 -110 2 Scozia 5 0 0 5 53 146 -93 0

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Il torneo 2005

I RISULTATI Francia-Scozia 16-9 Galles-Inghilterra 11-9 Italia-Irlanda 17-28 Italia-Galles 8-38 Scozia-Irlanda 13-40 Inghilterra-Francia 17-18 Scozia-Italia 18-10 Francia-Galles 18-24 Irlanda-Inghilterra 19-13 Irlanda-Francia 19-26 Inghilterra-Italia 37-7 Scozia-Galles 22-46 Italia-Francia 13-56 Galles-Irlanda 32-20 Inghilterra-Scozia 43-22

LA CLASSIFICA SQ UADRA G V N P P+ P- P± PT Galles 5 5 0 0 151 77 74 10 Francia 5 4 0 1 134 82 52 8 Irlanda 5 3 0 2 126 101 25 6 Inghilterra 5 2 0 3 119 77 42 4 Scozia 5 1 0 4 84 155 -71 2 Italia 5 0 0 5 55 177 -122 0

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CARLO DEL FAVA DURANTE FRANCIA-ITALIA

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2006 L’avvento di Berbizier, le petit caporal di Fabrizio Zupo

Il nuovo condottiero È disoccupato come allenatore da qualche tempo. Un personaggio sanguigno, ironico certe volte, ma non facile. , detto le petit caporal e sui giornali francesi siglato come Bbz è in una lista di papabili ma sbaraglia la concorrenza durante un pranzo milanese con il presidente federale Dondi, in cui ammette la volontà di rimettersi in discussione. Dopo aver fatto il ct dei bleus a 33 anni (un terzo posto al mondiale 1995 e un tour vincente dei galletti in Nuova Zelanda) era di fatto “fuori mercato”. I due ci mettono poco a trovare un accordo. Due mesi dopo quel gran tonfo contro la Francia che costa la panchina a Kirwan, arriva il primo grande botto nel tour estivo. È il debutto del francese. Pierre Berbizier richiama Ramiro Pez (finito a Perpignan) che non gioca in azzurro dalla famosa serata di Asti e se lo porta in Argentina. Nel secondo test, a Cordoba, città natale di Pez, l’apertura farà la sua partita più bella in azzurro davanti ai parenti e agli amici di infanzia che tifano Pumas: guida l’attacco, segna una meta pesante che si aggiunge a quelle degli “argentini” Canale e Parisse. Finisce 29-30. Per la prima volta in tutta la sua storia l’Argentina, la stessa formazione che guadagnerà l’anno dopo la medaglia di bronzo al mondiale contro la Francia, perde in casa contro l’Italia. Il ct Marcelo Loffreda detto Tano (l’Italiano) e il capitano Pichot addirittura disertano la conferenza stampa. È il biglietto da visita di Pierre Berbizier che in Italia è accolto come l’arrivo del messia. Ai test di novembre il miracolo non si ripete e i Pumas si prendono la rivincita a Torino, mentre l’Italia riuscirà a strapazzare agevolmente Tonga e le Figi sotto la neve di Monza. Con tre vittorie importanti l’attesa per il debutto del nuovo ct

63 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO cresce notevolmente. Ecco alcuni passi di un’intervista fatta in quella parentesi fra Test e Sei nazioni, dove Bbz non si sottrae a temi su cui ancora si discute, dimostrando di aver le idee ben chiare. Più da dirigente che da allenatore.

Il pensiero di Bbz. Franchigie, coppe europee, centralità dei club, obiettivi del torneo, doping Ci parli della franchigie. «è una buona idea. Con due successi su 24 partite giocate, e nessuna vittoria in Heineken, certe volte contro formazioni imbottite di riserve, non c’è da stare allegri. Il rugby italiano deve concentrare le forze, e creare superclub che raggruppino tutti i migliori giocatori. Come fanno in Scozia, Galles e Irlanda». Ma così il campionato è destinato a scomparire... «I club devono rimanere al centro, perché producono talenti. Semmai si potrebbe irrobustire la qualità del rugby italiano giocando all’estero, e dopo qualche stagione rientrare rilanciando un campionato più valido, che richiami tutti gli emigrati. In Francia io ho militato in una serie A con 80 squadre. Oggi sono 14, forse diminuiranno ancora, con stadi sempre pieni». Come giocherete il Sei nazioni? «Puntare tutto sul match conclusivo contro la Scozia sarebbe un errore madornale. E se perdiamo anche quella? Molto meglio giocarle tutte al massimo, per cogliere ogni opportunità. A novembre, dopo aver perso a Genova contro l’Argentina, ho scoperto che la prima linea aveva deciso, a mia insaputa e senza nemmeno avvisare i compagni, di gestire inizialmente le mischie ordinate senza mettere pressione agli avversari: l’esatto contrario del nostro piano. E difatti dopo tre mischie era già chiaro che avremmo perso». Però è logico che non si possa tenere testa a corazzate come Francia o Inghilterra dall’inizio alla fine. «è vero, questa Italia non riesce a rendere al massimo per 80 minuti. Quindi la mia priorità è gestire i momenti di calo senza subire punti. E poi la differenza non la fai con i cinque giocatori

64 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO più forti, ma se fai crescere i cinque più deboli. Per questo vorrei una panchina lunga, e di qualità». Nel rugby, sport di contatto e logorante, ciclicamente si parla di doping. Lei, che nel 2001 disse a “L’Equipe” che il doping è una realtà nello sport francese, cosa ne pensa oggi? «I soldi e troppe partite per ogni stagione sono il terreno ideale perché si sviluppi il doping. Misi sotto accusa la creatina, affermai che tutti si attendono dagli atleti sempre il massimo, rischiando la salute». Come si vede c’è già tutto anche la consapevolezza della tenuta fisica del gruppo: l’Italia crolla al 60’, minuto più e minuto meno. In quell’ora è sempre all’altezza. Il torneo del 2006 verrà giudicato come quello dei “primi tempi”: se fissiamo i punteggi e la classifica alla pausa, l’Italia avrebbe vinto il Sei nazioni. Ma la distanza fra i “cinque forti e i cinque deboli” è ancora tanta, la panchina è corta, Berbizier non riuscirà a mettere in competizione fra i ruoli nessuno (piloni a parte) e un giocatore troppo sicuro del posto non sempre offre prestazioni al 100%.

Gennaio 2006: il raduno alla Borghesiana Ecco i nomi dei 25 azzurri convocati al raduno iniziale al centro La Borghesiana di Roma per l’esordio dell’Italia di Pierre Berbizier nel Torneo delle Sei nazioni in calendario a Dublino contro l’Irlanda il 4 febbraio 2006. La novità nell’elenco era l’assenza di , mediano del Benetton e recordman di maglie azzurre. «Al raduno di novembre – spiega il ct francese – mi aveva detto che non si sentiva pronto per la Nazionale. Troppo stanco mentalmente». Un anno dopo – a 33 anni suonati – sarà fra i protagonisti della doppietta azzurra. Di questa lista, messa a confronto con quelle del biennio precedente, non può sfuggire che 9 su 25 giochino in Francia o come il tradizionale serbatoio trevigiano sia – in questo momento – al minimo storico con tre presenze. Mauro e Mirco Bergamasco, Sergio Parisse (Stade Français); Marco Bortolami (Narbonne); (Clermont-

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Auvergne); , Paul Griffen, Ludovico Nitoglia, , Maurizio Zaffiri, (Calvisano); Denis Dallan, e Simon Picone (Benetton); Carlo Del Fava (Bourgoin); (Agen); , Rima Wakarua (Gran Parma); Ezio Galon (Overmach Parma); (L’Aquila); Carlos Nieto, Samuele Pace, (Viadana); Ramiro Pez (Perpignan); Alessandro Stoica (Montpellier).

L’esordio a Dublino Il tema di tutto il torneo è proprio quello della tenuta e della coperta corta. Bbz fa di necessità virtù. Ha già vinto una scommessa riportando Pez in regia (e in attacco l’argentino ha un timing nelle scelte notevole, in difesa molto meno) e quando arriva la tegola di Masi “rotto” per tutto il Sei nazioni inventa la coppia di centri Canale-Mirco Bergamasco che scala dall’ala a favore di Canavosio. Affiatamento immediato in difesa e sintonia in attacco, la coppia non verrà più toccata. A Dublino si scopre però che l’Italia politicamente vale molto poco e solo la stampa irlandese difenderà gli azzurri dagli svarioni di Pearson. Stampa “svegliata” dai pugni sul tavolo di Berbizier nella conferenza post partita al grido «We want the same right», le stesse condizioni degli altri e crocifiggendo il “campione” O’Driscoll che ricorre allo “stamping” davanti all’arbitro e in favore di telecamera senza neppure un richiamo (lo rifarà nel 2013 ma gli andrà malissimo). Una brutta pubblicità per la lealtà del rugby. Finisce 26-16 (pt. 10-10) e nonostante le altre prestazioni dell’anno come il primo pareggio esterno di sempre a Cardiff un mese dopo, il ct ricorderà questa partita come la più bella, la più vicina ai suoi dettami e dove il gioco azzurro è stato un coro. La beffa è che Pearson dà un giallo a Pez e in quattordici l’equilibrio salta. Ancora peggio fa il City commissioner, dopo le polemiche sollevate anche dalla stampa dublinese. Non si accusa il capitano irlandese ma il numero 8 Leamy sempre per stamping, un’ipocrisia. E si indaga su un morso subito da

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Easterby che non sa indicare chi sia stato, forse Castrogiovanni. Insomma si vuol dimostrare che le scorrettezze sono repertorio di entrambe le squadre. Mirco Bergamasco scala da ala a centro con Canale. Non saranno più sostituiti. Il mediano Canavosio diventa ala. Mirco ripaga subito della scelta con una meta da urlo alla mezz’ora che porta in vantaggio, la prima di un torneo da incorniciare per lui. Cadiamo nella ripresa, calpestati soprattutto dall’arbitro. Quando Bowe segna, tutto il pubblico vede il replay e fischia l’arbitro: si vede chiaramente Mauro Bergamasco che in volo cintura l’avversario, lo gira verso l’alto e gli impedisce di schiacciare a terra. Per molto meno si chiede il parere del Tmo. Pearson, al suo debutto no. E mentre O’Gara trasforma, si rivede il furto sul megaschermo. Berbizier si sente derubato a un passo dall’impresa, non ci sta e fa vergognare gli irlandesi: «È già dura lottare ad alti livelli, se poi ci danno un handicap diventa difficile. Vogliamo giocare con le stesse regole degli altri. Forse siamo ancora una piccola squadra ma vogliamo gli stessi diritti. Ci si accorge di Pez e si dà un giallo ma non si vede lo stamping fatto da O’Driscoll. Forse Pez non è conosciuto, mentre il capitano dei Lions è un divo. Per questo O’Driscoll può fare stamping e non succede nulla?». Il carisma e l’autorevolezza del ct fanno il resto, la stampa irlandese gli va dietro: si parla di fortuna (“Lucky break” titola l’Irish Time), il mondo scopre il pack azzurro.

Tifo in trasferta Grazie ai voli low-cost molti appassionati sperimentano come Dublino o Parigi sia più conveniente di Roma e l’effetto si vede per la prima volta in Irlanda. I biglietti staccati sono tremila e la macchia azzurra si vede soprattutto la sera nel quartiere di Temple Bar dove cascano tutti i turisti. Il rugby è diventato un fenomeno da studiare per il marketing.

Inghilterra e Francia Tornati a Roma gli azzurri incrociano dapprima l’Inghilterra

67 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO con un 16-31 che vede i campioni del mondo uscire alla distanza. Partita ricordata per l’assedio finale inglese sui 22 azzurri con continui drive, ma la mischia si immola e il “panchinaro” Dallaglio che guida il suo pack decide per l’onore delle armi e fa calciare in touche. Al termine chiederà ai suoi di restare in “corridoio” e aspettare il giro d’onore degli azzurri, applauditi per come si sono battuti. E si arriva alla terza sfida, quella con la Francia dove c’è un interesse tutto extra campo. Il ritorno di Bbz a Parigi da avversario e la contestazione a Laporte, ct francese, reo di aver offeso il pubblico dello («Borghesi di merda» aveva detto in un fuori onda). I due poi non si parlano, Bbz da analista dell’Equipe aveva “bastonato” il collega. Si evitano anche allo stadio, cercano di non incrociarsi nella mix zone e quando sfilano in campo il pubblico applaude l’ “ italiano” e fischia sonoramente Laporte. Al punto che lo speaker evita di farne il nome quando legge le formazioni. Grazie a Pez e ai calci guadagnati dalla mischia l’Italia va alla pausa in vantaggio 8-12. Ma quei punti non si muovono più. Laporte nella ripresa cala il jolly Castaignede che fa impazzire a calci la nostra linea arretrata. Finisce 37-12. Il lavoro però si vede, l’Italia cade esausta o sui dettagli. La svolta è per ora solo un desiderio.

Galles-Italia 18-18 Si può essere ottimisti dopo tre sconfitte? Forse no, ma fra gli azzurri si comincia a credere che l’era delle “sconfitte onorevoli” stia per finire. Parisse è uno di quelli che lo dice apertamente. Il Galles non sembra più quello che l’anno prima ha vinto il torneo con tanto di grande slam. Ora ha paura di perdere e si vede. Il giudice televisivo non annulla la bella meta di Canavosio che prima umilia l’apertura Stephen Jones intercettando un passaggio per Watkins, poi cavalca per sessanta metri in contropiede solitario, infine schiaccia quasi sulla linea di pallone morto, al termine dell’area di meta. L’Italia centrerà l’ennesimo primo tempo in vantaggio. Ma stavolta non cede e nel finale sono i Dragoni a dover

68 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO recuperare per cercare di pareggiare davanti a 74.000 connazionali. Il risultato insomma è storico, ma non sta in tasca all’Italia. È il primo risultato utile del Sei nazioni 2006, il primo fuori casa da quando si gioca il torneo, il primo punto che cancella il pacco regalo in arrivo col cucchiaio di legno. Gli azzurri recriminano e i gallesi escono col sorriso dal per lo scampato pericolo. Mirco Bergamasco si gode lo champagne regalato al miglior giocatore in campo.

Festeggiamenti dimezzati in vista del quinto turno Il bello di Cardiff è che le partite si concludono in un’unica grande festa sul vialone centrale che porta dal Castello allo stadio. È tutto lì in centro, in quell’unica via: pub, ristoranti, vecchie birrerie, discoteche. Ma gli azzurri dove sono a festeggiare? Per loro si tratta di una prova di maturità. L’hotel scelto è proprio in pieno centro, al limite della zona pedonale. Nella settimana gallese avrebbero potuto distrarsi e molto. Quella sera potrebbero farlo senza problemi ma gli azzurri decidono di ricevere a domicilio. Amici e parenti invadono l’albergo. Molti tifosi affollano il bar, tutti offrono birre. Quasi tutta la Nazionale però sceglie di andare a letto a dormire. Dice un giovane saggio: «Meglio dormire e recuperare. Ci sono solo sette giorni alla Scozia. Siamo veramente stanchi». Una settimana al quinto turno: se qualcuno pensa che il torneo sia solo un festival, sappia che l’ultimo match si gioca praticamente in apnea. Non c’è recupero (e men che meno ora che il Sei nazioni dura un mese e mezzo e non tre) e si va in campo più con le riserve mentali che quelle fisiche. È il bello di un torneo mai scontato.

Finale amaro senza acuto al Flaminio, Italia-Scozia 10-13 Il cucchiaio di legno è evitato ma il primo anno di Bbz iniziato con i Pumas andrebbe festeggiato con una vittoria con la Scozia, l’unica Union di cui condividiamo un bilancio quasi alla pari.

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Partiamo dall’ingenuità finale. Sul 10-10 e una manciata di secondi al fischio si deve conservare un po’ di lucidità: vincere non si vince, la linea di meta è troppo lontana e pare che il campo sia in salita. Non resta che calciare in touche, mettere fine alle ostilità e alla fatica. Soluzione “old fashion”, come una volta. Bisognerebbe accontentarsi del secondo pareggio di fila. Invece qualcuno prende palla al volo e cerca di aprire il gioco all’esterno: là dove normalmente erano schierati i centri ci sono due piloni. Che a quel punto della partita hanno diritto a essere stremati, a cui non puoi chiedere virtuosismi pedatori o manuali. La palla ce l’ha in mano Perugini che la passa a Lo Cicero. Che fare? Lo Cicero decide tardi, la terza White lo placca ma lui non lascia la palla e muore con l’ovale in mano. Viene fischiato il penalty per tenuto a terra. Paterson piazza e porta a casa la partita. Una beffa. Ripagata con gli interessi l’anno dopo. Ma quell’episodio sarà il primo delle tante avventure sfumate per un tanto così. Inutile dire che l’impalpabile titolo assegnato da stampa e tecnici all’Italia quale squadra rivelazione non può stemperare l’amarezza.

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GLI ARTICOLI DELL’EPOCA Il sogno azzurro dura un tempo Clamoroso a Parigi: l’Italia prende a calci la Francia Ma poi nella ripresa i Bleus fanno fioccare le mete di Fabrizio Zupo (inviato a Parigi) I sogni azzurri si spengono al quarto d’ora della ripresa col tuffo di Nyanga nella nostra meta, lanciato dal richiamato Castaignede dopo un rasoiata verticale dell’estremo di decine di metri nella nostra difesa. Sembravamo ancora in partita. In realtà l’Italia buona era rimasta chiusa nello spogliatoio durante la pausa, dove eravamo entrati con un 12-8 stupefacente e guarnito da un drop sontuoso di Pez al 38’. Parigini incantati e disposti a fischiare i loro giocatori, una Francia che faceva molti errori nel suo fondamentale migliore: la manualità con l’ovale. Noi con una difesa aggressiva e l’occupazione degli spazi li avevamo contenuti. Colpo su colpo, e facce segnate come quella di Griffen (uscito due volte per ferita al volto). Era mancata solo la meta. Poi il rientro, con ancora tanta forza sulle gambe ma poca benzina in testa. Tanto da restare a secco nel punteggio per tutta la ripresa mentre i galletti infioccavano altre quattro mete, due nel rush finale a gonfiare un risultato che pareva prima accettabile (undici punti di scarto). E in una partita sino al 15’ del secondo tempo decisa dai calciatori, i due penalty che Rougerie (al 3’ della ripresa) invece di piazzare ha cercato di convertire in touche sbagliandoli entrambi, pochi secondi l’uno dall’altro, pescando la zona di pallone morto, e ancora il clamoroso palo centrato da Yachvili un minuto dopo, sembravano il segno del destino. La giornata giusta per noi? Macché. Inizia la discesa, puniti da Nyanga. E arriva poi anche l’espulsione di Del Fava, reo per l’arbitro Spreadbury di somma di falli ripetuti. «Ma non sappiamo quali fossero quelli prima» rivela alla fine capitan Bortolami. Di certo a metà ripresa, giocare in 14, ha cambiato il volto del match. Perché in quei 10 minuti il pack francese ha finalmente avuto ragione – due volte – di quello italiano: violando la meta con drive vincenti su sviluppi di touche a cinque metri dalla

71 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO linea. La prima volta è sembrata dubbia, tanto che l’arbitro televisivo, il gallese Nigel Owens, l’ha annullata. Ma sulla ripartenza gli otto avanti hanno trasportato i nostri fino a permettere al pilone De Villiers di schiacciare in modo nitido. La paura francese era cominciata a svanire al 25 del primo tempo: dopo ripetuti tentativi di superare la difesa azzurra nei nostri 22 con continui cambi di fronte resi vani dai placcaggi delle terze linee (Mauro Bergamasco ne ha confezionati tre in sequenza su questa azione), il mediano di mischia Elissalde ci ha scavalcati con un calcio a parabola sulla fascia che ha trovato sulla bandierina l’appostato flanker Lievremont sul punto di caduta. È bastato appoggiare l’ovale. Ma eravamo ancora in vantaggio e ci siamo rimasti in tutto 50 minuti. La classe di Pez, dapprima impeccabile ad alternare calci e passaggi e concreto sui penalty, è diventata nella ripresa incapacità di trovare la touche dando spazio al pericolo numero 1 predetto da Berbizier: i contrattacchi dei francesi su spazi aperti. A questo va aggiunto che la touche è mancata in momenti decisivi, con cinque lanci rubati dai galletti. Così abbiamo perso anche il possesso e gli errori hanno cominciato a fioccare. Dopo la boa della prima ora, i segni della battaglia hanno consigliato il ct di dare ossigeno al pack, cambiando l’intera prima linea, un pezzo dietro l’altro a favore dell’esordiente – in questo Sei nazioni – Lo Cicero, di Festuccia e di Castrogiovanni. A quel punto ai francesi è bastato giocare sui ritmi della Marsigliese cantata in coro per spegnere ogni incertezza, grazie al ritrovato Yachvili (come piazzatore e come skipper della mischia) e alla classe di Castaignede che ha sigillato il trionfo con un passaggio di rara bellezza permettendo a Michalak di chiudere il match sotto i pali.

L’Italia fa tremare il Galles Sul pareggio pesano tre calci sbagliati da Pez di Fabrizio Zupo (inviato a Cardiff) È storico, ma non ci sta in tasca. Il primo risultato utile del Sei nazioni 2006, il primo fuori casa da quando si gioca il torneo, il

72 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO primo punto che cancella il pacco regalo in arrivo col cucchiaio di legno. Ma sono gli azzurri a recriminare e i gallesi ad uscire col sorriso dal Millennium Stadium per lo scampato pericolo. L’Italia dei primi tempi avrebbe ora cinque punti, quella reale ne conserva uno. E, tutto sommato, allora è meglio che vada come oggi, che dal 15-15 alla pausa si è chiuso sul 18-18 e che si tenga per 80 minuti e non più solo 60, invece che la delusione di Parigi dove siamo andati a bere il tè in vantaggio 12-8 e poi abbiamo incassato e basta, o come con l’Irlanda col parziale di 10-10 e poi battuti fra recriminazioni e polemiche, o infine con l’Inghilterra (6-7 al 40’) che ha regalato solo pacche sulle spalle da Dallaglio e soci e nulla più. Meglio essere meno eleganti, ma collezionare un pari che ci trasporta al Flaminio con la consapevolezza che la partita – sabato prossimo contro la Scozia (oggi battuta 15-9 a Dublino) – la faremo noi. In classifica resteremo ultimi anche vincendo (3 punti) ma forse assieme al Galles (se perde a Parigi). Vincere con la Scozia sarebbe un punto d’arrivo di un lavoro andato avanti per piccoli passi, ma costanti. S’è visto anche ieri con la touche risistemata (quattro le palle rubate) e funzionante anche con Festuccia al posto di Ongaro che le aveva provate da titolare. Quattro partite di seguito con rendimento e intensità costante l’Italia non le aveva mai fatte, in assoluto. Altra caratteristica di questi azzurri è di essere realmente in 30, non più 15 titolari più altri. E il risultato storico s’è avuto anche in assenza di stelle come Mauro Bergamasco. Per Berbizier (cinque sconfitte, un pareggio, tre vittorie il suo bilancio azzurro) stanno arrivando i risultati del suo metodo. Non un exploit come fu a Grenoble nel ‘97 il battere la Francia del Grande slam nell’allora Cinque nazioni, ma un punto di non ritorno. L’Italrugby non c’è più, la comparsa ha imparato il copione. Ci sono gli azzurri e fanno paura: che siano gli altri a preoccuparsi. Ecco perché è un pareggio storico. Oggi c’è mancata solo la fortuna. Quei tre piazzati sbagliati da Pez e quel drop sbilenco di Stoica: ne bastava ovviamente uno. In compenso il giudice televisivo non ha annullato la meta di Canavosio che, dopo aver umiliato l’apertura Stephen Jones,

73 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO intercettando un passaggio per Watkins e cavalcato 60 metri in contropiede solitario, ha schiacciato sulla linea di pallone morto, al termine dell’area di meta. Oggi al Millenium Stadium con il tetto aperto e 77.402 biglietti staccati agli ingressi (cifra da finale mondiale) la partita non era iniziata per il verso giusto. Azzurri a cercare di rallentare il gioco del Galles, ma così facendo esponendosi alle fughe dei trequarti. Sino al fallo di Perugini che ha portato i Dragoni in attacco e alla meta dell’ala Mark Jones. Lo sbandamento è rientrato con la meta di Galon cinque minuti dopo: su un drive della mischia, Pez apre per Bergamasco che trova il buco, avanza e lancia Canavosio sulla linea dell’out. Sulla seguente touche presa a due mani da Parisse, la mischia si compatta e spinge sino alla linea. Griffen esulta troppo presto, ma torna lucido e raccoglie l’ovale aprendo al largo: il pallone con due tocchi di Pez e Bergamasco arriva a Galon che trova il varco aperto. Il Galles risponde con un invenzione di Stephen Jones, ma è poi la stessa apertura a fare un errore alla Carlos Spencer e regalare l’ovale a Canavosio. Nella ripresa l’Italia ha avuto il possesso del campo per 25 minuti, ma senza trovare il punto decisivo.

Berbizier: «Reagire dopo tre sconfitte è già una risposta da campioni» di Fabrizio Zupo (inviato a Cardiff) «C’è stato un momento, in cui ci siamo guardati tutti e abbiamo cominciato a parlare: facciamo cose semplici, buttiamola in touche, andiamo avanti così»: Mirco Bergamasco “miglior uomo in campo” nella sfida del Sei nazioni racconta così la “svolta” di Galles-Italia a metà ripresa, quando di solito gli azzurri hanno già finito la benzina, e invece sabato si trovavano ancora in partita. La “svolta” per il padovano che ora spera in Galthié, coach dello Stade Francais, per un suo impiego da centro più frequente. La “svolta” che il ct azzurro Pierre Berbizier in conferenza stampa ha poi confermato chiamandola la «capacità di imparare a soffrire, che diventa un piacere, quando scopri che la cosa ti permette di giocare ad alto livello. Non possiamo pensare di

74 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO vincere con squadre così importanti senza imparare a gestire la sofferenza». Anche Marco Bortolami – capace di interpretare bene il ruolo di capitano con l’arbitro quando i gallesi pasticciavano in touche – conferma la qualità del secondo tempo: «Siamo riusciti a mantenere una disciplina tattica in campo, abbiamo preso più confidenza e abbiamo cercato di vincere. Non è arrivata la vittoria, ma questo è il rugby. Va bene così». Ma il sentimento è più di amarezza o di felicità per il traguardo storico? «C’è molta felicità per quello che rappresenta». Berbizier sul punto incalza e guarda avanti: «Ora lavoreremo su questo tema specifico, i progressi ci sono ma dobbiamo imparare che quando si ha un’opportunità di vincere si deve prendere». In sostanza, nonostante il Galles abbia giocato la sua miglior partita del torneo, davanti a oltre 77 mila spettatori, gli azzurri potevano e dovevano uccidere il match. «La squadra migliora un passo alla volta – interviene Bortolami – avete visto come la touche che in Francia ci aveva dato problemi, questa volta ci ha tenuto in partita sino alla fine. Siamo soddisfatti di ciò e pure del fatto che siamo stati costanti per quattro partite di seguito così ravvicinate». Berbizier è però pure capace di esaltare i suoi uomini, di prendersi una pausa dal suo sguardo continuo sull’analisi del gioco: «Devo dire che è stata una grande soddisfazione vedere l’Italia reagire dopo tre sconfitte. La reazione è già una risposta da campioni, è decisiva. Certo non abbiamo vinto. Ma siamo a Cardiff, nello stadio dove loro hanno vinto il Grande Slam: in campo non scendiamo da soli e non possiamo fare quello che vogliamo. Io devo ringraziare tutta la panchina che s’è fatta trovare pronta, e posso dire che esiste un gruppo azzurro, non ci sono solo 15 giocatori. Spendo una parola per Zaffiri che è rientrato dopo molto tempo nella squadra come avesse giocato sempre. Tutti i giocatori devono entrare con quello spirito». Il terzo tempo è passato tranquillo, la stanchezza ha fatto il suo lavoro e molti azzurri hanno rinunciato a festeggiare in città. Facce scure fra i gallesi che dimostrano con il gelo a tavola le tensioni dello spogliatoio: il vecchio coach vincente dimesso, e

75 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO quello nuovo – Scott Johnson – triturato sul mancato impiego dell’apertura talentuosa Gavin Henson, come fu nel calcio con Cesare Maldini per Roberto Baggio, per dare un’idea. Poi tutti assieme le due squadre al lounge bar dell’Hilton, a fianco del palazzo del governo, come mezza Cardiff-bene nel sabato di festa. Stavolta confusi con i tifosi italiani (un gruppo di ex nazionali girava con un t-shirt azzurra che recitava in inglese “scimmie italiane assetate”, altri con le feluche e mantelli del Bo, l’università di Padova) e tante tante fan gallesi in mise generosamente estive nonostante il nevischio serale.

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Il torneo 2006

I RISULTATI Irlanda-Italia 26-16 Inghilterra-Galles 47-13 Scozia-Francia 20-16 Francia-Irlanda 43-31 Italia-Inghilterra 16-31 Galles-Scozia 28-18 Francia-Italia 37-12 Scozia-Inghilterra 18-12 Irlanda-Galles 31-5 Galles-Italia 18-18 Irlanda-Scozia 15-9 Francia-Inghilterra 31-6 Italia-Scozia 10-13 Galles-Francia 16-21 Inghilterra-Irlanda 24-28

LA CLASSIFICA SQ UADRA G V N P P+ P- P± PT Francia 5 4 0 1 148 85 63 8 Irlanda 5 4 0 1 131 97 34 8 Scozia 5 3 0 2 78 81 -3 6 Inghilterra 5 2 0 3 120 106 14 4 Galles 5 1 1 3 80 135 -55 3 Italia 5 0 1 4 72 125 -53 1

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SECONDA PARTE

Arriva la rugby-mania

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SCOZIA-ITALIA: MIRCO BERGAMASCO E GONZALO CANALE, LA GIOIA

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2007 L’anno del boom di Fabrizio Zupo Secondo e – inaspettatamente – ultimo anno di gestione per il ct Berbizier che nel lasso di tempo fra Sei nazioni e mondiale di Francia di settembre annuncerà le sue dimissioni. Non senza danni, perché muove gli equilibri all’interno della squadra durante la delicata fase del girone di qualificazione mondiale. La tensione capitano-allenatore arriverà alle stelle. Iniziata durante il tour alle Figi l’estate prima, condita da un incontro con la stampa in cui Bbz chiede a Dondi la necessità di un nuovo capitano, sopita durante il torneo quando il ct riconosce l’errore davanti a tutti alla consegna delle maglia, deflagrata a Marsiglia quando Bortolami fa votare gli azzurri sulla decisione di dare le spalle all’Haka. Tutti episodi su cui arriveremo per ordine. Ma sarà anche l’anno del boom, la rugby- mania che dilaga a partire dallo storico risultato a Edimburgo di febbraio, accelerato dalla prima storica doppietta a Roma contro il Galles, culminata nel match contro l’Irlanda in cui l’Italia è virtualmente in lizza per il titolo (e è ovviamente la prima volta). Sarà sconfitta nel giorno di San Patrizio ma la Nazionale viene attesa per la passerella in piazza del Popolo. Davanti ci sono diecimila persone festanti. I ragazzi scattano “selfie” col pubblico alle spalle, perché non ci credono neppure loro. Il ct decide convocazioni due partite alla volta, la porta è aperta per tutti. E rispetto al 2006 c’è già una grossa novità. Ritorna Troncon che l’anno prima aveva disertato. Tronky (non chiamatelo Castoro perché odia quel soprannome) sta giocando nel Clermont Auvergne e ha disputato pure una finale di Top 14. In quest’annata sta giocando meno perché i francesi vogliono valorizzare il mediano Mignoni in vista della nazionale nel mondiale di casa. E torna Denis Dallan rimasto invece fuori per infortunio. Ecco la lista dei primi 24, un gruppo di sole certezze ormai. Sale

81 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO a 14 la legione straniera, spalmata tra Francia e Inghilterra: Mauro e Mirco Bergamasco (Stade Français, Francia), Bernabò (Cammi Calvisano), Bortolami (Gloucester, Inghilterra), Canale (Clermont Auvergne, Francia), Castrogiovanni (, Inghilterra), Dennis Dallan (Stade Français, Francia), De Marigny (Cammi Calvisano), Dellapè (Biarritz, Francia), Festuccia (Rolly Gran Parma), Griffen (Cammi Calvisano), Lo Cicero (Infinito L’Aquila), Masi (Biarritz, Francia), Nieto (Gloucester, Inghilterra), Ongaro (London Saracens, Inghilterra), Parisse (Stade Français, Francia), Perugini (, Francia), Pez (Bayonne, Francia), Robertson (Arix Viadana), Scanavacca (Calvisano), Sole (Arix Viadana), Troncon (Clermont Auvergne), Zaffiri (Calvisano), Zanni (Calvisano).

Italia-Francia 3-39 e primo Trofeo Garibaldi L’esordio non è fra i migliori e addio sogni di rivincita. Anzi presentato a Palazzo Farnese sotto gli affreschi del Caravaggio, sede dell’ambasciata di Francia, i bleus si portano a casa il trofeo Garibaldi da allora in lizza fra le due “latine” del Sei nazioni. Per compensare le varie e Triple Crown dei Paesi del Nord. Il trofeo è realizzato da Jean Pierre Rives, un vero mito lui per chiunque abbia giocato negli anni Settanta. Un flanker piccolo e coraggioso (la madre è di Vicenza) venerato ovunque anche se nella versione scultore appare un po’ meno dotato. La sconfitta serve solo a lanciare il mito di Chabal che pare uscito da un fumetto di Asterix, un personaggio capace di rilevare il posto “vacante” di Jonah Lomu nell’immaginario rugbistico. E’ un brutto risveglio per le velleità azzurre, soprattutto perché Chabal ha messo in imbarazzo il nostro pack. È lì che l’Italia ha ceduto. Sarà l’ultima partita da titolare con Berbizier per il mediano Griffen e anche Pez in regia è sotto esame.

Sette giorni dopo: Inghilterra-Italia 20-7 La svolta inizia in mediana, il solito enigma mai risolto. Il ct sceglie Troncon con Scanavacca, il talento rodigino eterna promessa azzurra. Con l’innesto di una coppia di vecchietti

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(sessantasette anni in due) pur giocando tatticamente in modo non disciplinato, viene fuori un match esaltante: mischia che contiene e fa soffrire il pack inglese nella metà campo avversaria, meta capolavoro di Pepe Scanavacca, sconfitta con lo scarto minimo di sempre a Twickenham, Man of the match p e r Tronky, fischi inglesi al Jonny Wilkinson, reo di aver dimostrato paura di perdere nel tempio inglese, piazzando l’ovale invece di giocare alla mano un paio di penalty. Brian Ashton, coach inglese, chiede scusa per la prestazione e celebra in italiano (complice un passato da giocatore a Roma) le virtù azzurre. È come se fosse scattato un interruttore, e il faro azzurro ora inquadra la Scozia.

Scozia-Italia 17-37 La partita più raccontata di sempre, più di Grenoble. Mancano sette mesi al Mondiale e saranno proprio quelli del Cardo gli avversari da battere per approdare ai quarti di Parigi. Sono saliti a seimila i tifosi italiani al seguito e nel piccolo centro storico attorno alla rocca del castello di Edimburgo si vedono e si sentono. Invadono il Royal Mile sotto un cielo plumbeo. Si tratta del rettilineo che dal castello sulla sommità della collina scende sino a valle finendo all’ingresso della residenza estiva reale che, a sua volta, fronteggia il nuovo Parlamento scozzese. I tifosi invadono preferibilmente i pub del centro storico o del porto, che s’affaccia sul grande fiordo diventato in parte zona turistica, con i docks trasformati in pizzerie e bistrò. La Nazionale è “nascosta” in un albergo sull’anonima statale verso l’aeroporto. Edimburgo è forse la città migliore per gli appassionati di rugby. Parigi e Londra sono metropoli indifferenti all’evento singolo; Cardiff è solo birra e rugby; Dublino ti stringe su Temple Bar. La capitale scozzese vede il rugby diffuso ovunque, non fa distinzione fra caffè letterari e sport, l’aria vissuta di una città universitaria fra le più importanti e lo spirito highlander secessionista. Il centro storico arriva sino al mare e c’è sempre molto da scoprire ogni volta.

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La partita Dire che esistevano sensazioni positive già al riscaldamento degli azzurri sull’erba bagnata di Murrayfield è semplicemente un vizio deformante del ricordo. E neppure uno sceneggiatore di talento poteva scrivere un copione che prevede un “primo tempo” di 7 minuti sospeso su uno stratosferico 0-21 e una ripresa di 73 minuti che diventa quasi un’agonia. E quello strano sentimento che qualcuno ti svegli dal sogno. In campo ci vanno De Marigny estremo; Robertson e Masi alle ali, Canale e Mirco Bergamasco centri, Scanavacca e Troncon in mediana; Parisse numero 8, Mauro Bergamasco e Zanni flanker; Bortolami e Dellapè in seconda linea; Castrogiovanni pilone destro, Lo Cicero sinistro e Festuccia tallonatore. Quando l’arbitro Courtney fischia non tutto il pubblico ha preso posto in tribuna e per sei minuti non ci sarà tempo di prendere fiato, figuriamoci sedersi passando in mezzo alle poltroncine. Roland De Marigny fa un lungo calcio d’invio sui 22 avversari, il pack scozzese raccoglie, forma una maul per consegnare a Cusiter un ovale “pulito”, mentre ben quattro sentinelle azzurre (Mauro Bergamasco, Castrogiovanni, Lo Cicero e Dellapè) oltre a Scanavacca restano in linea fuori dal raggruppamento pronti a intervenire. Quando la palla arriva a Godman, l’apertura vorrebbe semplicemente calciarla fuori il più lontano possibile e ci prova, ma Mauro Bergamasco incombe a pochi passi e appena distende le braccia non c’è più traiettoria possibile per l’avversario: l’ovale, stoppato dal padovano con le dita della mano destra, vola in senso contrario e rotola a terra. Bergamasco è in vantaggio perché sta già correndo nella stessa direzione, la porta è pochi metri più in là: il problema è non essere spiazzati da un rimbalzo strano o per lo stesso motivo non riuscire a tenerla in mano. Mauro rallenta, afferra il pallone a un passo dalla meta e si tuffa. Poi si alza, urla e getta il pallone in alto, alzando le braccia quasi a chiamare il pubblico. Sono passati diciotto secondi. C’è un doppio boato: l’oooh di delusione di un intero stadio, l’urlo dei seimila ad accompagnare quello dei giocatori azzurri. Scanavacca trasforma e si riparte

84 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO sullo 0-7. Scozia intontita. Nulla di irreparabile. Ma ora è l’altro mediano, Cusiter, a giocare per noi. Per due volte. La prima al quarto minuto: la Scozia sta giocando in difesa sulla fascia sinistra, fissa il gioco e i mediani aprono sulla destra, ma l’azione è interrotta da un placcaggio di Parisse che si trasforma in raggruppamento. Palla fuori e Cusiter rischia una prima volta con una palombella verso destra con l’ovale che viene recuperato dall’estremo Hall, al quale non resta che impostare una ruck. La Scozia non è ancora avanzata di un metro: si è solo spostata dalla fascia sinistra alla destra, da touche a touche, ma alla stessa altezza, appena fuori l’area dei 22. Il pack pulisce l’ovale per Cusiter che passa ancora. Palla a Godman e poi alla seconda Hines inserito fra i trequarti, Cusiter in raddoppio si fa restituire l’ovale e a questo punto deve scegliere: davanti ha Canale che si allarga e Scanavacca che sembra galleggiare in attesa, e allora cerca di infilarsi rientrando alla destra di Pepe, ma il recupero a tutta velocità di Lo Cicero che l’ha messo già nel mirino gli fa cambiare corsa. Stringe verso sinistra quasi per bucare nell’intervallo avversario, poi invece fa un passaggio tardivo verso il centro Dewey. Scanavacca, nel gioco di anticipi e ritardi che si svolgono nel giro di frazioni di secondo, si trova sulla traiettoria del passaggio, fermo come un gatto nell’erba a fissare una farfalla che gli svolazza attorno, prima di brandire l’artiglio: gli basta avanzare di mezzo passo e allungare la mano per trovarsi l’ovale in mano. Deve solo correre per quindici metri, bissare lo sprint di due settimane prima a Twickenham. Forse pensa di sognare perché si gira due volte a rassicurarsi che il contropiede abbia tagliato le gambe agli avversari. Quindi segna in mezzo ai pali. Si tiene l’ovale, fa testa contro testa con Bortolami, poi sistema il pallone e trasforma. Il ct Hadden Hadden, nonostante il doppio errore, ordina a Cusiter e a Godman di aprire ancora al largo in qualsiasi punto del campo. Il numero 9 lo accontenta, anche troppo, due minuti dopo: sugli sviluppi di una touche Cusiter con l’ovale in mano prima passa a Godman, poi gli va in raddoppio, riprende l’ovale e tenta una lunga palombella a saltare apertura e centri destinata a Di Rollo all’ala, a oltre venti metri di distanza. La gittata è

85 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO scarsa quanto basta a per mostrare il suo numero migliore: lo scatto da centometrista ad arpionare la palla che gli piove in braccio e l’allungo in meta. Nessun urlo, il gelo. Ammutoliti i 50.284 spettatori paganti. Fin qua lo show: tre mete a zero. Senza costruire un’azione, ma con l’ovale consegnato a mano dagli avversari. Neppure in parrocchia. Ed è troppo presto. Gli scozzesi si destano dallo shock e inizia un’altra partita. Con molti errori azzurri, specie nel placcaggio, che Berbizier non riuscirà a perdonare. Un trionfo messo a rischio che costerà il posto, ad esempio proprio a Scanavacca. Mai più schierato. Il piede di Paterson dà il ritmo alla rimonta. Due le mete scozzesi e la paralisi azzurra continua, finché Troncon non ridà la carica costruendo una meta che passa attraverso il logorìo degli avanti avversari. I nostri piloni si esaltano, ma quando Castrogiovanni (miglior giocatore della Premiership quell’anno) esce per infortunio alla coscia destra entra Nieto. E quando esce Lo Cicero subentra Perugini. Per i piloni avversari è un incubo. Il muro scozzese si sgretola un metro alla volta in una lunga interminabile sequenza di drive, di giocatori che rientrano nel mucchio. Fino a quando Troncon non sale sul podio. Manca meno di un metro alla meta: Parisse e Ongaro difendono e lo sospingono Tronky. I tre sono una cosa sola, mentre gli scozzesi faticano ad alzarsi dalla precedente ruck. Tronky è di nuovo il proprietario dell’ovale e ha capito come portarlo oltre la linea: sembra esserci un corridoio ma è presidiato, allora decide di scivolare attorno alla mischia con i compagni in sostegno e, passata la linea, crolla a terra. Un avversario lo cintura nel tentativo di tenerlo su, ma lui ha il pallone più basso, all’altezza del bacino e lo cinge con tutte e due le braccia, come un bambino da difendere dalla pioggia. Si accascia a terra, segnando con tutto il corpo. Meta, indica Perugini con le mani puntate verso il basso. Televisione, fa segno l’arbitro disegnando un rettangolo nell’aria con le dita. Al rallentatore del Tmo si vede chiaramente che quel “bambino” è stato dolcemente appoggiato a terra mentre era nelle mani del mediano. Un secondo, esplode Murrayfield: Troncon salta in mezzo al campo, non ha mai smesso di urlare.

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L’uomo che due settimane prima a Londra al suo ritorno da titolare, aveva detto «darò una mano ai ragazzi», ha finalmente gettato la maschera del Cincinnato che casualmente passava di là e scarica tutta la sua adrenalina agonistica. È il 43’ della ripresa, l’arbitro fischierà la fine al 50’ ma è già festa in campo e sugli spalti. Un’ora dopo chiama il presidente del consiglio Romano Prodi per congratularsi.

L’Italia si accorge del rugby La festa prosegue nei pub dove gli azzurri vanno a ringraziare i tifosi. Ma dalla mattina dopo con tutti i quotidiani che aprono sulla loro impresa, le televisioni che prenotano interviste, gli azzurri capiscono che è cambiato il mondo per loro. L’Italia si accorge di questo sport, forse aiutato dai tragici fatti allo stadio di Catania (la morte dell’ispettore Filippo Raciti) e da un 2006 appena concluso marchiato da Calciopoli. Fatto sta che c’è un prima e un dopo Murrayfield e dopo ben sette anni l’eco di quella popolarità non s’è spenta nonostante gli azzurri abbiano vinto - a tutt’oggi - solo 11 partite sulle 70 giocate in 14 edizioni. L’imprinting di quel successo ha dato smalto a questo sport prima così bistrattato.

Italia-Galles, tutti a caccia del biglietto Dal freddo scozzese all’estate romana nel giro di 15 giorni e tutti a caccia di un biglietto: i 23.500 posti a sedere del Flaminio non bastano più. Bruciati in 24 ore. Overbooking in tribuna stampa. In quella vip è un vero assalto. Si vedono anche Zoff e Rivera. Quando a Roma è moda lo spettacolo è incontenibile. La partita finirà 23-20 per l’Italia con tanto di giallo finale, ma gli episodi non possono cambiare l’inerzia di un entusiasmo che moltiplica le forze. Il sole di Roma illumina un evento incredibile dove all’Italia riesce tutto. In regia c’è di nuovo Pez visto il giudizio definitivo su Scanavacca. Il talento non basta per Berbizier che commenta così: «Una squadra non è la somma dei migliori, ma il gruppo più efficace». L’Italia passa con un contropiede di Robertson che inventa la

87 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO difesa più strana di sempre: un rinvio alla Buffon lunghissimo, poi sotto a pedalare con lo sprint benedetto da un rimbalzo che gli mette in braccio l’ovale. Meta che nemmeno in cineteca ci credono. Il Galles – detentore del titolo – non ci sta. Ma stavolta è Mauro Bergamasco che si trova schierato centro ad approfittare di uno schema studiato per il fratello Mirco. Pez riceve da Troncon e inventa un calcetto a scavalcare i centri che cade sotto i pali. I due fratelloni in vantaggio sulla difesa girata di schiena si avventano e Mauro ci si butta sopra per primo. Potremmo ancora perdere e qui per una volta ci aiuta l’arbitro White che non si capisce con i gallesi. I rossi a un amen dal termine hanno un piazzato a disposizione: se lo battono e va dentro pareggiano. Oppure possono spedirlo in touche a pochi metri dalla meta, godere del lancio a favore e iniziare un’azione che potrebbe dare la vittoria. Optano per la penaltouche ma quando vanno a lanciare l’ovale l’arbitro fischia la fine. Non si è mai capito cosa si son detti, ma di certo i gallesi credevano di aver tempo per giocare. È un trionfo. E i tifosi non ragionano più pensando che l’Italia abbia anche la continuità per cercare il terzo centro stagionale.

Irlanda e San Patrizio Ma non sarà così. L’Irlanda cerca il suo primo successo nel Sei nazioni e infligge il 17 marzo, festa nazionale per l’isola verde, 51 punti all’Italia che nel caldo di Roma però fa il danno maggiore con capitan Bortolami. La sua meta finale costa il titolo all’Irlanda per differenza punti a favore della Francia. O’ Driscoll e soci sono in campo a guardare dal grande schermo che fa la Francia. È una scena crudele: tutto il pubblico non si muove dagli spalti del Flaminio, poi il collegamento internazionale salta e quando l’immagine da Saint Denis riprende si vedono i francesi saltare con la coppa in mano. Gli irlandesi si mettono a piangere davanti al pubblico romano.

Il mondiale di Francia È l’ennesima impresa mancata. Lo sgarbo italiano all’haka nella

88 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO partita d’esordio (gli azzurri hanno mostrato la schiena durante l’esibizione) fa arrabbiare i neozelandesi che puniscono severamente gli azzurri. La spaccatura del gruppo con Bbz è consumata e già esce la notizia dell’arrivo di Nick Mallett alla guida azzurra. Bortolami e compagni rischiano pesantemente contro la Romania e pure col Portogallo. L’ultima partita a Saint Etienne contro la Scozia si risolve con due calci: quello centrato dal cecchino Paterson e quello sbagliato di pochi centimetri dall’ Bortolussi. Sul talentino di Montpellier pesava una battuta del ct a domanda precisa: «Se era forte giocava per Francia». Si spacca tutto. Troncon si ritira, Berbizier lascia l’Italia uscendo da solo dallo stadio. In due anni ha fatto meglio di tutti (una vittoria e un pareggio esterno, una seconda vittoria in casa). Nel totale su 31 partite ne ha vinte 13 e fallite 17 oltre al pari. In due anni ha tirato fuori il meglio da un gruppo che, sette anni dopo, è ancora lì a difendere i colori azzurri. Inizia l’era Mallett.

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GLI ARTICOLI DELL’EPOCA Italia, vittoria storica in Scozia Tre mete d’intercetto nei primi minuti di Fabrizio Zupo (inviato a Edimburgo) Rotto ogni tabù rugbistico in maniera pirotecnica (tre mete di intercetto nei primi sei minuti) in una partita da numeri record, gli azzurri di Berbizier hanno fatto l’impresa: vincere per la prima volta un match esterno del Sei nazioni. A Murrayfield s’è consumata la passione della Scozia, con un rotondo 17-37 che vale molto pensando ai Mondiali. Nel mirino azzurro c’è l’obiettivo di andare ai quarti, fra le prime otto per la prima volta, e tutto passa per lo scontro con gli scozzesi. È la terza impresa del gruppo guidato dalla ditta Berbizier & Bortolami: ct e capitano dopo la prima vittoria esterna contro i Pumas (2005), il primo pareggio esterno in Galles (2006), firmano la vittoria a Murrayfield, dove non vince quasi mai nessuno nel Sei nazioni. Berbizier da giocatore, per dare un’idea non c’è mai riuscito in dieci tentativi. Bortolami invece due mesi fa con il suo Gloucester aveva battuto l’, squadra che mette insieme mezza Nazionale scozzese. Un segno benaugurante, ha rivelato poi. Si inizia con coreografiche lingue di fuoco a bordo campo ad accogliere l’entrata dei padroni di casa, ma le bruciature vengono da tre scudisciate inferte dall’Italia in avvio. Manco con il Portogallo a ottobre, cui l’Italia ha rifilato 83 punti, si era sul 21-0 dopo sei minuti. Ammutoliti i 50.284 spettatori paganti, seimila dei quali arrivati dall’Italia, pronti a intonare il “popopopopopopoooo” mondiale. Il record arriva al 19esimo secondo: calcio d’avvio di Scanavacca, pack azzurro a far pressione sulla difesa avversaria con l’apertura Godman a tentare un semplice calcio di liberazione. Senza però tener conto dei riflessi di Mauro Bergamasco, ormai un mito alla sia per generosità sia per fisicità: il padovano stoppa il calcio, sfrutta il rimbalzo e si tuffa in meta. Scozia intontita. Ma è l’altro mediano, Cusiter, a giocare per noi: per due volte cerca

90 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO di lanciare i suoi trequarti prima con un passaggio stretto per Dewey poi con uno lungo per l’ala Paterson, entrambi intercettati. Il primo da Scanavacca, l’altro da Robertson e Italia in meta due volte. Tutto il credito accumulato con la fortuna, riscosso in un colpo solo. Roba mai vista, contropiedi calcistici verrebbe da dire. Però mancano 74 minuti alla fine e inizia un’altra partita. La Scozia, che rimane pure in 14 per un giallo a Taylor, comincia a prendere possesso del campo, ruba le touche e tiene palla. Al 15’ il centro Dewey in prima fase, complice l’arbitro Courtney che si trova a fare velo in mezzo fra Canale e Mirco Bergamasco, si infila nella difesa azzurra e marca fra i pali. Gli azzurri sembrano paralizzati dalla paura, quella di non essere mai stati così in alto da sentirne le vertigini. E dopo un piazzato di Scanavacca al 23’, per altri 43 minuti non viene segnato un punto. Si fanno errori banali, Canale calcia con tre giocatori cui passare palla, Parisse fa l’egoista a pochi metri dalla meta che chiuderebbe la partita. La Scozia vuole riaprire il match e rinuncia a piazzare tre punizioni (saranno sette alla fine) per tentare la meta. Si rompe Masi, Berbizier sposta all’ala Mauro Bergamasco e fa entrare Zaffiri in terza linea. È il momento più difficile e la pausa arriva come una liberazione. Nella ripresa la Scozia si installa nei 22 italiani e ha il suo massimo quando Paterson (passato all’apertura) riesce a bucare la difesa e volare in meta. Ma sul calcio di rinvio la Scozia è disattenta e la palla va in touche a un niente dalla meta. Il pack azzurro guadagna due piazzati che Scanavacca trasforma (alla fine saranno quattro su quattro). Poi il suggello di Troncon che si infila nel pack avversario partendo da una ruck a cinque metri e schiaccia. L’arbitro chiede la prova televisiva, ma il replay è chiaro e il pubblico comincia a cantare “Volare”. È festa. Il presidente della Fir Dondi piange di nascosto. Anche il presidente del Consiglio, Romano Prodi chiama gli azzurri, il presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, spedisce un sms. L’Italia del rugby è in paradiso.

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La gioia degli azzurri dopo lo show scozzese di Fabrizio Zupo (inviato a Edimburgo) Gigantografia a coprire l’intera copertina dell’inserto sportivo domenicale del Times, il giornale più letto in Gran Bretagna. Si vede Mirco Bergamasco placcare l’apertura Godman, eroe negativo assieme a Cusiter della Scozia battuta 17-37 in casa dall’Italia e unico titolo «Triple clowns», gioco di parole su triple crown (triplice corona): tre volte buffoni. Tanto per capire come va da queste parti con i giudizi. Ancora peggio i quotidiani scozzesi: si va da «Operazione auto- distruzione» a «Veni, vidi, vici», e ancora «Va in scena l’umiliazione» oppure «Scozia: dentro e fuori in 6 minuti». E c’è chi ha scritto: «A Roma davano in pasto uomini ai leoni del Colosseo, per molto meno di quanto hanno combinato in campo i 15 di Frank Hadden». Tutto questo – come pure le pagelle ai giocatori – viene visto come indice di popolarità del rugby. Nessuno si sente offeso. Non così molti azzurri, che mal hanno sopportato le critiche piovute dopo la sconfitta con la Francia. Le vittorie però stemperano tutto. Del resto per una volta la fortuna ha reso quanto tolto nei due match precedenti. Il rimpallo favorevole per la prima meta di Bergamasco cancella quello che ha messo in mano l’ovale a Dominici che tagliò le gambe agli azzurri nel primo turno. Stavolta l’Italia ha approfittato della fortuna e sebbene per mezzora la paura di non saper vincere abbia prevalso, poi Troncon ha tirato fuori l’anima dal pack azzurro. La sintesi dello spirito del rugby non è negli incredibili sei minuti iniziali, ma nei sei finali quando, a partita vinta (37-17 fissato dalla meta di Troncon al 42’ su 50’ giocati nella ripresa) l’Italia ha scavato la trincea a pochi metri dalla propria area di meta. E il furibondo finale a cercare di violare l’area azzurra è svanito. Mostruoso Mirco Bergamasco in una di queste situazioni a non farsi assorbire dal mediano Cusiter a fintare la penetrazione, e a puntare invece sull’apertura Paterson (ala spostata lì al posto di Godman) che ha ricevuto palla e placcaggio in simultanea.

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Nessuna concessione agli avversari, nessuna meta della bandiera. La paga data completamente, record di punti alla Scozia (furono 34 nell’esordio del 2000) e di punti fatti nel Sei nazioni. Quattro mete poi sono evento raro per l’Italia in questo torneo. Nel mezzo, in quei 43 minuti senza segnare un punto, in cui gli scozzesi hanno rinunciato a punti sicuri giocando sette punizioni (21 punti) ma senza riuscire nella rimonta, ci siamo salvati ricorrendo alla semplicità. Anche con la classica pedata “corta ma sicura”, uno dei dogmi del rugby interpretato al meglio da De Marigny. E in touche un Parisse svettante e sicuro. L’arbitraggio al solito non aiuta: «Courtney è molto fiscale e si irrigidisce se gli si parla – rivela Bortolami – il capitano è l’unico a poterlo fare, così sono andato a trovarlo durante la pausa. A suggerirgli attenzione sui loro falli commessi sui drive». Una parola va spesa per la prima linea: l’Italia ne ha due di uguale livello e chissà cosa passa per la testa dei piloni avversari, quando vedono uscire Lo Cicero ma gli arriva sul collo Perugini, e se il sostituto di Castrogiovanni è Chango Nieto. E la nostra arma migliore: « È vero – dice Bortolami – più in generale di gente con le palle non ne manca in questa Nazionale. Anzi abbonda ma dobbiamo riuscire a trovare il modo di esprimerci al meglio. Siamo al 20-30 per cento delle potenzialità. Abbiamo margini enormi da esplorare».

L’Italia mette sotto anche il Galles La meta di Mauro Bergamasco vale una storica doppietta di Fabrizio Zupo (inviato a Roma) L’Italia non si ferma più. L’edizione 2007 del Sei nazioni, il torneo più antico del mondo, segna la definitiva consacrazione degli azzurri nell’élite del rugby internazionale. E non solo per la statistica, che da lunedì vedrà collocare la Nazionale di Pierre Berbizier all’ottavo posto del ranking mondiale della palla ovale. Gli ultimi dieci minuti del match visto allo stadio Flaminio, con le curve e le tribune stipate da 23.500 spettatori, resteranno scolpiti nella memoria: il Galles mai morto, è rientrato in gara

93 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO con un parziale di 0-10 in avvio di ripresa, ma poi è stato demolito nel finale. Siamo alla mezz’ora della ripresa quando arriva la scossa azzurra. Se nel primo tempo (13-7) ci aveva tenuto in piedi l’occupazione del campo (24’31” nella metà campo avversaria), concretizzatasi nei penalty trasformati da Pez e suggellata dallo sprint in meta di Robertson inseguendo l’ovale calciato lunghissimo sin quasi sotto ai pali del Galles, il riposo ha appannato le idee di Bortolami e soci. Una meta il Galles l’aveva già segnata al 29’ con Shane Williams, poi un piazzato di Hook e la meta del tallonatore Rees nell’unico sbavo difensivo di Troncon cambiano volto al match. A quel punto l’idea di schiacciare i gallesi nei propri 40 metri, per quanto efficace, non è più sufficiente. Non basta a impedire le folate dei tre-quarti. Hook su tutti: pronto a dare il colpo finale (al 70’), con una cavalcata sulla fascia. Ostruito, la palla cade in avanti e l’arbitro White ci grazia: non concede la mischia agli avversari ma a noi. Pez ci porta fuori al piede. Il match è ormai a trincee aperte, gli schemi sono saltati. Perugini e Staibano, entrati da poco per Lo Cicero e Nieto, aiutano il pack a tornare in cattedra. Al 76’ Perugini, intrappolato dagli avversari, riesce a non perdere palla e guadagnare un fallo. Pez trasforma e sul 16-20 gli azzurri decidono di giocare il tutto per tutto. Si rinuncia a piazzare ancora per avvicinarsi al boccone più grosso. Una penaltouche ci porta a un passo dalla meta. Ma restiamo a tre metri dall’area avversaria, con continue maul e ruck. La palla resta viva ma non sfondiamo. Troncon continua a giocare attorno alla mischia cercando varchi inesistenti. Ed è così che ormai in quarta fase il mediano apre verso Pez: l’apertura, che aveva tentato ogni tipo di finta, prova il numero migliore del repertorio azzurro in attacco. Un calcetto a scavalcare i centri Hook e Shanklin a favore di Mirco Bergamasco. A fianco Mirco ha il fratello Mauro piazzato a secondo centro, dopo il colpo alla tibia ricevuto da Canale al 23’. Come già in Scozia, vista la panchina densa di avanti e povera di tre-quarti, Berbizier fa entrare Zaffiri in Terza e fa slittare Mauro all’esterno. La gittata a scavalco di Pez, invece

94 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO dell’affondo alla mano, prende in contropiede Hook, ma non tanto da non ostacolare Mirco. Mauro invece allarga, Shanklin si fa assorbire e l’ovale rimbalza incustodito in area per un tuffo plastico in meta. White vuole la prova televisiva ma non ci sono dubbi. Pez trasforma e si sale a più 3. Manca un minuto e mezzo, più 120 secondi di recupero. La rabbia gallese si insedia nei nostri “22”, fino a costringere Staibano al fallo in ruck. Un piazzato per pareggiare come a Cardiff l’anno scorso. Gareth Thomas decide di calciare in touche, perché l’arbitro ha concesso 10 secondi. Ma per tutto il match i gallesi sono stati lenti a formare la rimessa. Quando stanno per batterla, White fischia la fine. Azzurri in festa, gallesi attorno all’arbitro. Ora faranno ricorso, ma non servirà a molto.

E dopo il trionfo con il Galles grande festa in piazza Navona di Fabrizio Zupo (inviato a Roma) Una notte al Kabala: il nome aiuta ma non basta per indovinare sino a dove l’Italia del rugby si potrà spingere in questo Sei nazioni sempre più magico e, in prospettiva ormai prossima, al mondiale di settembre. Ma restiamo al Kabala il locale nella poppa di piazza Navona, eletto dai giocatori italiani quale rifugio finale per il post Terzo tempo (il quarto, il quinto spingendosi nella notte), dove lo smoking è meno inamidato, i papillon si slacciano e, soprattutto, partecipano pure le donne. Come a Edimburgo due settimane fa, la vittoria si festeggia in mezzo alla gente. In questo locale alloggiato in una palazzina medievale, l’altra notte, gli eroi del Flaminio si sono svestiti dell’aurea di campioni per mostrarsi come sono: ragazzi di vent’anni e poco più con voglia di divertirsi, ballare, strappare per qualche ora le regole monastiche dell’atleta con le tabelle dietetiche in tasca. E anche nel privé riservato agli azzurri, ma allargato alle visite del pubblico delle altre sale (quello femminile affluiva a metri quadrati, per dare una misura), la nazionale dimostra di essere compatta pure nel divertirsi. Pure in questa situazione la pattuglia veneta – possiamo dire –

95 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO non sta seduta in panchina, ma ha decisamente i gradi da titolari. Qualche problema con il collo della camicia per Troncon, con un papillon che pare strozzarlo, impeccabile , tallonatore padovano felice per il rientro nel giro della nazionale maggiore anche se non è potuto entrare in partita. C’era pure lo staff azzurro, Berbizier con Cariat e Valentini, Checchinato con Bernabò senior. Aria di festa e relax. Qualcuno ha continuato la festa in una discoteca vicina, verso l’alba il ritorno all’hotel Colony. Guardiamo ora lo scenario creato dall’inattesa vittoria dell’Inghilterra a Twickenham rovinando il possibile Grande Slam (cinque vittorie) per la Francia e non solo. La classifica è corta: a sei punti le prime tre, al quarto posto gli azzurri con quattro punti. Dato che una delle tre è proprio l’Irlanda che arriverà al Flaminio sabato prossimo (17 giorno di San Patrizio, patrono dell’isola) con 17 mila tifosi al seguito, rientrata in gara per alzare la coppa, c’è una grande possibilità: battere O’Driscoll e soci, qualunque siano gli esiti di Francia-scozia e Galles- Inghilterra, significa raggiungerli a quota sei e però a salire sul podio al terzo posto (un record) sarebbe l’Italia in virtù proprio dello scontro diretto che regola la classifica in caso di pari merito. Questa la sostanza vera per Berbizier. C’è poi la fantascienza rugbistica, ma prevede troppe variabili improbabili, veder perdere gli inglesi a Cardiff e i galletti a Parigi: Italia con le prime a sei punti, anche se poi la classifica avulsa ci negherebbe il trofeo. L’importante è essere arrivati a giocare per il podio. Certi analisti inglesi ieri hanno scritto che non è l’Italia ad aver scalato l’elite mondiale, ma le potenze europee a essere calate, sostenendo che l’unica a essere in forma – cioè la Francia – ci ha strapazzato svelando la realtà. Ma ciò non è vero, è quanto successo ieri a Londra, dimostra il contrario. Di vero c’è la contingenza di un mondiale alle porte che ha portato tutti a sperimentare un po’ di più e a sbagliare di più per trovare gli assetti. Ma agli azzurri dai talenti contati non è certo stato regalato nulla.

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L’Italia perde ma rovina la festa all’Irlanda Mete di Bortolami e De Marigny, trofeo alla Francia di Fabrizio Zupo (inviato a Roma) Costa molto all’Irlanda la reazione finale dell’Italia che, sotto di 51 punti, ha avuto l’orgoglio di segnare due mete con Marco Bortolami, fra astuzia e forza, e nei secondi finali con De Marigny, portando a 24 lo score azzurro. Per una differenza di tre punti il XV del trifoglio vede sfumare, dopo 22 anni, la possibilità di alzare la coppa del torneo Sei nazioni. Due ore dopo la Francia, battendo 46-19 la Scozia in un finale rocambolesco, ha messo il suo sigillo. Un equilibrio tale in testa alla classifica, con tre squadre per un trofeo deciso solo dalla cabala dei numeri, che sono state spedite tre coppe in giro per l’Europa: a Roma, a Cardiff e a Parigi, dove è stata utilizzata. La beffa del destino per l’Irlanda – nel giorno di San Patrizio – è che la meta di Papé per la Francia segnata nei secondi di recupero, decisiva nel conteggio finale (+69 Francia, +65 Irlanda), è stata convalidata dopo una pausa thriller dal giudice televisivo: l’irlandese Simon Mc Dowell. Anche l’Italia era in corsa (solo aritmetica) per il titolo ma l’eventualità era stata bocciata prima che dai numeri (serviva un +33) dalle condizioni con le quali gli azzurri erano arrivati all’appuntamento finale: su 22 giocatori convocabili per il match, solo cinque sono sempre partiti titolari nei cinque match precedenti: Bortolami, Dellapè, Parisse, Mirco Bergamasco e De Marigny. Tutti gli altri hanno subito un più o meno lungo turn- over per magagne fisiche, scelte tecniche, batoste disciplinari. I casi più clamorosi il ritorno di Troncon di Scanavacca, una prima linea titolare che cede il passo in blocco alle riserve. Contro il XV irlandese l’Italia ha retto in maniera cinica solo il primo tempo grazie ai drop e ai calci di Pez e al modo con cui queste chance sono state guadagnate. Sul 12-13 l’Irlanda soffre pur avendo già segnato due mete ed infila la terza perla con Gordon D’Arcy (man of the match) pur viziata da un “in avanti” non visto. È proprio il primo centro con il sodale Brian

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O’Driscoll a trasformare ogni palla vinta dal pack in una folata a incidere profondamente la difesa italiana. Alla fine su otto mete irlandesi (cinque nella ripresa) sette sono state segnate dai trequarti. Una cavalleria presa in blocco dal Leinster e che ha nel riciclo e nel sostegno molto stretto, l’arma di forza riuscendo a costruire azioni di attacco in pochi metri. L’Irlanda è salita in cattedra nella ripresa con un parziale di 0-19 prima della tardiva reazione italiana. L’Irlanda ha un quarto d’ora di buio solo con l’uscita per infortunio di O’Driscoll al 20’, dimostrando quanto conti. Gli azzurri perdono tutti i confronti diretti, sull’uno contro uno. Affiora il nervosismo di Troncon contro Stringer, quello di Bortolami che “ringhia” a Easterby. Il padovano si riscatta al 34’: piazzato solitario sulla fascia opposta a quella dove il pack azzurro sta sviluppando una ruck, il capitano chiede palla con la mano. È De Marigny con una pennellata di 30 metri a servigliela in mano: Bortolami poi con una mezza veronica si gira spalle alla meta e con uno sprint sfonda in area trascinando tre avversari. L’Irlanda vuole il trofeo e tocca quota 51 con la meta di Hickie. L’ultimo sussulto è azzurro: Troncon batte veloce un penalty sui 22 avversari, il pack crea una maul e la palla esce pulita: la toccano nell’ordine Troncon, Bergamasco, Bortolami, Sole e De Marigny che si tuffa. Kaplan attende la moviola ma è meta, poi fischia la fine.

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Il torneo 2007

I RISULTATI Italia-Francia 3-39 Inghilterra-Scozia 42-20 Galles-Irlanda 9-19 Inghilterra-Italia 20-7 Scozia-Galles 21-9 Irlanda-Francia 17-20 Scozia-Italia 17-37 Irlanda-Inghilterra 43-13 Francia-Galles 32-21 Scozia-Irlanda 18-19 Italia-Galles 23-20 Inghilterra-Francia 26-18 Italia-Irlanda 24-51 Francia-Scozia 46-19 Galles-Inghilterra 27-18

LA CLASSIFICA SQ UADRA G V N P P+ P- P± PT Francia 5 4 0 1 155 86 69 8 Irlanda 5 4 0 1 149 84 65 8 Inghilterra 5 3 0 2 119 115 4 6 Italia 5 2 0 3 94 147 -53 4 Galles 5 1 0 4 86 113 -27 2 Scozia 5 1 0 4 95 153 -58 2

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FABIO ONGARO IN AZIONE NELLA SFIDA CON LA SCOZIA

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2008 Mallet, il ct che sembra Clooney di Fabrizio Zupo Forse perché le cronache del gossip – un lustro fa – parlavano spesso dell’attore data la sua residenza sul lago di Como, Nick Mallett per chioma e vaga rassomiglianza viene ribattezzato subito il George Clooney del rugby: avviene alla sua presentazione ospitata a Roma – guarda caso – alla Casa del Cinema nel verde di Villa Borghese. La pista sudafricana è un esordio pure per l’Italia. Mallett piace a molti e per molti motivi. Cinquant’anni, nato in Inghilterra ma cresciuto in Sudafrica, laurea a Oxford, ha pure giocato in Italia un anno con il Rovigo e collezionato una manciata di cap con gli Springboks. Ma la sua carriera di allenatore è più interessante. Arriva ad allenare la nazionale verdeoro del suo paese che riceve in eredità dopo l’avventura vincente del Mondiale 1995, quello di Invictus e di tutte le sue emozioni con Mandela in campo alla finale che sigla la pace sociale. Transizione non semplice con il primo vero inserimento dei tanti talenti neri fra le gazzelle dopo l’esperimento dell’ala Chester Williams. E Mallett va alla grande infilando una serie di vittorie (17) continue che sono ancora un record. Serie che non si spezza nemmeno al mondiale dato che la semifinale è persa dopo i tempi supplementari e poi arriva al bronzo battendo una delusa Nuova Zelanda ancora Lomu dipendente. Non bastassero l’affabilità, le lauree, le tre lingue parlate (afrikaans, inglese e francese) l’esperienza al top, c’è anche il suo recente passato allo Stade Français a dipingerlo come un vincente. Lì ha alzato lo scudo di Brenno con Mauro Bergamasco nel 2004. Tutto concorre a dipingere un quadro positivo. Ma cosa potrebbe dare al movimento italiano, in questo momento ancora dipendente da un campionato sempre

101 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO più depresso dove la Benetton vince otto finali su dieci e sempre contro Calvisano o con Viadana? Se Kirwan ha creato il gruppo, Berbizier l’ha sfruttato insegnando ai giocatori come arrivare in zona punti e poi liberi di inventare, Mallett è della scuola che «primo non prenderle». E spinge sulla via del playbook, il libretto di schemi che nell’emisfero Sud si impara a memoria. Cose di cui un giocatore latino spesso diffida in virtù di una presunta creatività agonistica. Anche un razionale come Berbizier diceva sempre: «Ve li vedete i piloni azzurri che girano con il bloc notes in campo a ripassare gli schemi?». Mallett esprime il suo pensiero in maniera chiara ma per quattro anni si lamenterà di non poter pescare da un gruppo di tutti «grossi e veloci». Ma è l’Italia non il Sudafrica dei Boeri dove certi fisici abbondano.

Le scelte di Nick Il ct fa subito delle scelte di rottura con il passato per spezzare la crisi di fiducia in cui l’Italia s’è cacciata uscendo dal Mondiale di Francia con le ossa rotte. Troncon ha lasciato il rugby, dopo un 2007 esaltante. Pez in forze ora al Venezia non è neppure convocato dopo essere stato resuscitato dalla gestione precedente. Mallett cambia capitano e sceglie Sergio Parisse, il gioiello della squadra, mettendo fine a una specie di ballottaggio fra i due padovani Bortolami (37 fasce) e Mauro Bergamasco (che nella sera di Saint Etienne aveva arringato i suoi compagni da vero leader). Mallett ha un contratto di quattro anni, da confermare dopo i primi due, e questo significa che sarà lui a portare l’Italia al Mondiale 2011 in Nuova Zelanda. La sua sfiducia sulle capacità del gruppo nel complesso però lo porteranno a spingere sempre più sul punto di forza azzurro: la mischia. Esaltandone i leader, quasi permettendo una squadra nella squadra. I trequarti paiono i parenti poveri. E c’è un episodio preciso che rivela le gerarchie interne di cui parleremo nel capitolo Mondiale. Proprio alla coppa quando si arriva al dunque, l’ennesima sfida per i quarti contro l’Irlanda a Dunedin il primo ottobre del 2011,

102 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO l’infortunio a Castrogiovanni farà cascare il palco. Crolla la mischia e tutta l’Italia. Mallett non ha un piano B. Ovviamente non c’è allenatore che possa cambiare da solo le sorti di una nazionale, perché ognuno lavora sul materiale atletico e umano disponibile. L’azzurro ovale è un paesino di cinquanta, sessante anime. Forse solo la Scozia ha un bacino delle nostre dimensioni, in compenso una storia gigante alle spalle. Mallett sarà una delusione: 9 vittorie (tre nel torneo in quattro anni) su 42 partite da ct e 33 sconfitte. L’unico acuto degno quello sulla Francia al Flaminio nel 2011 (vittoria di un solo punto) ma gli azzurri erano già sotto “effetto Celtic”. È stato il Benetton Treviso di (bravissimo nel turn over) a trasformarsi in un team dai ritmi europei che batte club storici, saldando così finalmente il gruppo azzurro: chi gioca in Italia è ai livelli di chi gioca all’estero. Via la zoppìa, l’Italia corre tutta insieme alla stessa velocità e la Celtic inoltre garantisce per la prima volta una panchina un po’ più lunga. Nessuno si lamenta troppo se manca un titolare perché il rincalzo forse non ha la stessa esperienza ma il ritmo di gara nelle gambe sì. Crescono invece di appassire gli Sgarbi e i Derbyshire, Semenzato e De Marchi. Chi invece entra subito da protagonista, pur essendo giovane, è Leonardo Ghiraldini scappato dal Petrarca per approdare a Calvisano dove diventa pure capitano. Berbizier l’ha fatto scalpitare nei due tornei precedenti concedendogli scena nei test e al mondiale, pur considerandolo pubblicamente «il futuro dell’Italia». Con Mallett diventerà uno degli inamovibili.

I convocati Questi i convocati all’avvio del Sei Nazioni 2008: (Benetton Treviso), Mauro Bergamasco (Stade Français), Mirco Bergamasco (Stade Français), Marco Bortolami (Gloucester), (Montpellier), Gonzalo Canale (Clermont-Auvergne), (Castres), Martin Castrogiovanni (Leicester Tigers), Denis Dallan (Overmach), Carlo Antonio Del Fava (Ulster), Santiago Dellapé (Biarritz),

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Carlo Festuccia (Racing Parigi), Ezio Galon (Overmach Cariparma), Leonardo Ghiraldini (Cammi Calvisano), Andrea Lo Cicero (Racing Parigi), (Benetton Treviso).

Il Mallett pensiero Il sudafricano ha due mesi di tempo per preparare il Sei nazioni, un po’ come accadde a Johnstone nel ‘99 e, come allora, per far dimenticare il grosso smacco subito a France 2007. Fa un tour nel Veneto come un vescovo in visita pastorale, vede i giovani dei vivai, vede le rose delle serie minori. E poi sentenzia sul sistema italiano. «C’è troppo squilibrio fra il gioco della Nazionale, quello del Super 10 e quello delle minori. Due gradi troppo ripidi. In Sudafrica ce ne sono sei di gradini fra il vertice e la base. Se c’è bisogno un giovane può essere chiamato al livello più alto, essere provato e crescere. Come faccio io a convocare uno Sgarbi (allora solo un emergente) se neppure nel suo club riesce a giocare frequentemente? Ci deve essere un cuscinetto fra Nazionale e campionato maggiore. Altrimenti la scelta di pescare un equiparato straniero già pronto alla battaglia diventa più semplice. Credo che due selezioni pagate dalla Fir possano trattenere i giocatori ora all’estero e far crescere i giovani». Analisi corretta ma sembra già stia parlando di Celtic o qualcosa del genere che era solo nelle ipotesi di qualche dirigente. E sui club. «Io posso pescare su 60 italiani (anche Ashton in Inghilterra si lamentava dello stesso problema) perché i club mettono sotto contratto, specie nei ruoli chiave, molti stranieri. Posso comprenderlo per la massima serie. Ma perché in serie B ingaggiano così tanti stranieri?». Un problema che oggi a distanza di sei anni non si pone, la crisi ha fatto piazza pulita di ingaggi facili e inutili visto che in palio nelle serie minori non c’è la coppa del mondo. E ancora – parlando dell’ipotesi Masi (il centro che ha perso il ruolo per non rompere l’alchimia della coppia Canale-Mirco Bergamasco) all’apertura (anche se l’aquilano non ha il piede fra i suoi numeri migliori) svela del tutto la sua idea di rugby: «Masi apertura sono pronto a provarlo per tutto il Sei nazioni e al

104 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO quinto turno contro la Scozia sarà un’apertura brillante. Il rugby è un gioco per gente alta, grossa, veloce e che placca». I suoi esempi: De Villiers e Fourie, quasi due metri d’altezza, 105 chili e con un 11” sui 100 metri. Peccato che sarà il piede del ben più esile Marcato a salvare la stagione del ct proprio contro la Scozia con un drop all’ultimo minuto. Ed ecco la formula finale: «Ogni giocatore è solo l’8% di una squadra, un campione è il 10%. Ma se hai un fuoriclasse che supera molto la percentuale non va bene per il collettivo: gli altri tenderebbero ad abbassare la loro. E un buon selezionatore è al 30% tecnico, al 35% una manager di gruppo, al 35% pura passione e onestà. E questa non si inventa: ce l’hai o non ce l’hai».

Gli esperimenti in mediana Ai 32 convocati all’Acqua Acetosa di Roma, Mallett spiega il suo credo. Innanzitutto la difesa. Non solo il gioco senza palla e l’occupazione degli spazi. Ma proprio il fondamentale: il placcaggio. «Senza difesa – dice Mallett – non c’è gioco che tenga». Ma chi porta la palla e in gioco avanti. Se la mischia resterà un punto di forza straordinario – eccetto nel periodo in cui le regole sperimentali permetteranno il cosidetto “crollo della maul” disinnescando una tecnica sviluppatasi in decenni – per Mallett la regia resterà un cruccio, un enigma irrisolvibile. Nella sua gestione riesce a schierare 19 mediane diverse in partenza. Difficile anche registrare tutte le mosse. Di cui iniziamo a citare quelle più famose: Masi schierato all’apertura per tutti i cinque turni del torneo e, nel 2009, l’azzardo di Mauro Bergamasco in mediana (forse per avere una terza in più?) un tragico 7 febbraio di cui citiamo i risvolti qualche riga sotto. Ma ecco gli accoppiamenti su cui si sono sacrificate carriere. Il debutto spetta ala coppia 9-10 formata da Travagli e Masi. Poi si passa per un Picone-Masi e il Sei nazioni non è finito che c’è la coppia formata da Picone (e Canavosio rincalzo) e McLean. A Padova contro l’Australia ai test di novembre si passa per un

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Canavosio-Marcato (promosso apertura dopo il famoso drop schianta Scozia) che nella ripresa vengono sostituiti da Toniolatti e Orquera. Sul piccolo Luciano – va detto – che ha avuto la costanza di aspettare il suo momento. Era in nazionale già cinque anni prima come erede di Dominguez, e ha fallito per la troppa pressione. Orquera si inabissa nel campionato francese a Brive e l’azzurro non si accorge di lui che, però, risponderà sempre alle convocazioni della Nazionale A. Come si sa chi firma l’esclusiva con i club esteri guadagna di più e però non può contrattualmente rispondere alle chiamate del team nazionale. Chi non la firma, al contrario, perde una quota dell’ingaggio. Si svolta al 2009 con l’esperimento di Twickenham: Mauro diventa mediano di mischia. Se funziona è la trovata del secolo. Mauro risponde con coraggio alla richiesta, la sua immagine glamour e di sorriso nasconde una forte dose di emotività. Il ragazzo viene seguito da una telecamera dalla discesa dal pullman allo stadio sino all’entrata in campo. La sua partita dura 40 minuti in cui veniamo infilati già al 2’ da Goode. Mauro apre a Marcato palloni killer: uno troppo basso e due troppo alti. Ed è stato così che l’apertura padovana nell’allungare le braccia verso l’alto viene raggiunto da un placcaggio ad altezza costole che lo spedisce direttamente in infermeria. Bergamasco alla pausa è già sotto la doccia distrutto. Poi mentre Mallett sta raccontando alla stampa di aver promesso al flanker che la sua esperienza in Nazionale non era finita, non dice di aver già contattato Paul Griffen per la partita successiva. Il mediano neozelandese di nascita non ha quasi più una squadra ed è in pieno relax quando riceve la telefonata di Nick. Potenza dei social network è proprio il numero 9 di Calvisano a postare su Facebook la sua felicità per il ritorno in azzurro. Griffen chiude il torneo in coppia con Mc Lean mentre due mesi più tardi ai test estivi in Australia compare Gower con la maglia numero 10. Un nonno italiano, una carriera nel 13 australiano e campione del mondo di quel codice, Gower si muove in maniera eccelsa anche con gli schemi e gli spazi del rugby a 15. A Tebaldi – convocato ai tour per la defezione per “paternità” di Simon Picone – basta mezzora per sentirsi investito ufficialmente del comando del

106 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO pack. E tutto tiene sino al test di San Siro con gli All Blacks. Poi sarà Picone-Gower e ancora Gori-Orquera, Gori-Burton, Mozzarella Semenzato-Orquera, Semenzato-Burton e Semenzato-Orquera (nel 2011 nella vittoria sulla Francia), fino a un Gori-Bocchino al Mondiale dato che Gower dichiarerà forfait per questioni di ingaggio. Una lunga sperimentazione per poi vedere il candidato numero uno squagliarsi. Oggi Gower veste ancora l’azzurro ma quello del rugby a 13.

Le partite e il drop-salva stagione Si inizia al Croke Park, uno dei due luoghi assieme a Londonderry nel 1972, a essere ricordato per la Bloody Sunday. Nel caso dello stadio, un episodio degli anni venti quando l’esercito inglese entrò con mezzi corazzati sul prato del tempio del calcio gaelico e fece fuoco sulla folla. Nel 2008 lo stadio Lansdowneroad è in piena ricostruzione e serve un luogo alternativo. I problemi ce li avrà l’Inghilterra, di cui non avrebbe dovuto mai risuonare l’inno su quello stadio. Ci vorrà un anno di trattative con i nazionalisti irlandesi per dare il via libera. Con i verdi si perde 16-11, uno scarto sotto il break della meta trasformata, che ha il suo culmine con la meta di sfondamento di Castrogiovanni, e che vive di flash sottolineati dal pubblico come il placcaggio devastante di Mauro Bergamasco che disfà Trimble. Era da tanto che non si andava vicini alla vittoria. E appena una settimana dopo a Roma contro l’Inghilterra il 19-23 è una sconfitta vissuta come un’occasione persa. Lì sono i calci dell’eterno Wilkinson (quattro mesi prima capace di portare in finale mondiale l’Inghilterra, preceduti da quattro anni di infortuni vari) a tenere a galla i bianchi. La meta a tempo scaduto di Picone non basta per il sorpasso. Scarti brevi: questo l’effetto Mallett in difesa. Poi per la solita mancanza di ripetersi più di due partite di fila, l’Italia fa un bel tonfo a Cardiff (47-8), in pratica sembra che non sia mai uscita dallo spogliatoio. La Francia ci regola a Parigi e arriviamo al solito finale dello spareggio con la Scozia per evitare il cucchiaio di legno.

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La solita Scozia e il drop di Marcato Una meta tecnica guadagnata dalla mischia e un acuto di Gonzalo Canale su contropiede di rapina di Parisse ci portano al pareggio. È Marcato che piazza e dirige invece di Masi, perché l’esperimento di Mallett con l’aquilano (saracinesca in difesa, poco dotato in regia) a numero 10 è finito. Fuori uno e l’atro risale da estremo a mediano. Meno sicurezze sul placcaggio, ma il gioco al largo rifiorisce. Intanto capitan Parisse aveva centrato un intercetto e dopo aver segato in due il campo riesce a scaricare per Canale a suggellare con un guizzo. Sul 20-20 potrebbe bastare ma l’Italia ha la forza di costruire un assedio nell’area ospite aspettando che il tempo si consumi per passare il proiettile al centro dei pali. Marcato deve avere solo la freddezza dell’esecuzione. Al 5’ dopo la sirena il suo drop disegna un arcobaleno di gioia. Il pubblico segue con gli occhi la traiettoria perché già troppe volte si è perso per un tanto così. Ma stavolta entra e non c’è possibilità di recupero per gli scozzesi. Mallett che è gia sceso giù dalla tribuna un paio di volte per dare consigli, sfoga tutta la frustrazione di una stagione entrando in campo e andando ad abbracciare Andrea Marcato, piangendo dalla commozione. È festa al Flaminio grazie alla tecnica pedatoria e alla fantasia in regia di un ragazzo né grande e né grosso. E il Sei nazioni? viene vinto dal Galles che quel 15 marzo supera la Francia detentrice del titolo 2007 e centra pure il Grande slam: tutte vittorie.

La cronaca della partita con la Scozia di Fabrizio Zupo (inviato a Roma) Un equilibrio sottile spezzato dal drop alla Wilkinson di Marcato a venti secondi dal fischio arbitrale, solo un minuto dopo il pareggio del solito Paterson (con i tre di oggi diventano 33 i calci centrati di seguito dallo scozzese) che sembrava aver fissato oltre lo score anche la fine delle ostilità sul 20-20. Ma il riscatto azzurro nella ripresa (13-3 il parziale) meritava una chiusura

108 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO come l’assedio finale sotto la porta scozzese che ha permesso a Marcato di trovare spazio e tempo per mettere il suo sigillo. Il drop del padovano in forza alla Benetton e prima ancora l’intercetto assassino (ancora un abile gesto di rapina, non un’azione costruita) di Parisse poi concluso in meta da Canale, salvano il bilancio azzurro a chiusura del Sei nazioni. E non è stata la prestazione migliore degli azzurri, che resta invece quella contro gli inglesi (persa di 4). Arriva così anche il verdetto finale sull’ambiguità di fondo di quest’avventura: la mediana fuori ruolo. Oggi Masi non avrà fatto la sua partita migliore («Non mi do la sufficienza né oggi, né per tutto il torneo», ha detto), di certo con la sua uscita e lo spostamento di Marcato, s’è dimostrato che una squadra ha bisogno di un’apertura con scelte e visione dettate da anni di pratica, che possa giocare al piede e alla mano indifferentemente. Senza forzature. Senza provare per 80’ il gioco alla mano come successo contro l’Irlanda, dove un calciatore di ruolo avrebbe portato a casa la prima vittoria a Dublino del Sei nazioni. Anche se Marcato pesa solo 80 chili e in difesa non chiude la saracinesca come l’aquilano. Senza quell’invenzione finale di oggi, senza quel contropiede di Parisse (che segue la meta d’intercetto di Picone all’Inghilterra e le tre del 2007 proprio alla Scozia) l’Italia sarebbe a zero punti e, oltre al cucchiaio di legno, con una gestione già da discutere. L’esperimento è finito e non per colpa di Masi, costretto a “cantare e portare la croce”: fare il regista, ma anche placcare come e spesso più di una terza linea. La prova del nove di tutto ciò sta nel primo tempo di oggi (finito 10-17) in cui l’evidente superiorità del pack azzurro (culminato con la meta tecnica concessa per crollo della mischia scozzese e a tre penalty guadagnati di cui uno trasformato) non è mai sfociato in azioni di respiro al largo. Anzi la Scozia giocando nel modo più semplice, rilanciando il gioco sempre attorno al pack, ed esaltandosi nei continui ricicli grazie ad un sostegno presente (Strokoch su tutti, poi nominato uomo del match), ha guadagnato metri un po’ alla volta e, quando è arrivata nella difesa italiana, ha trovato pure i punti con le mete del flanker Hogg e del mediano di mischia Blair.

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Per come s’era messa la partita nel primo tempo, quindi è stato un miracolo la capacità di cambiare registro degli azzurri nella ripresa, dove sono stati concessi solo tre punti, e la difesa è salita di tono. Siamo finiti ultimi senza cucchiaio di legno, e con soli due punti in più avremmo scavalcato proprio la Scozia al quinto posto in una classifica importante per gli introiti aggiuntivi che il torneo dispensa. Eppure tutto era partito per il meglio, con un pack volitivo e le incursioni di capitan Parisse a spostare gli avversari. Al quarto d’ora in mischia chiusa nei 22 avversari, gli scozzesi crollano. Punizione, come nel finale contro la Francia, ma stavolta è il pubblico a chiedere di ripetere la mischia: un carrettino devastante e Owens che fischia correndo in mezzo ai pali concedendo la meta tecnica. La follia è il recupero del pack scozzese nel gioco aperto, capace di infilare alla mezzora e al 44’ la porta azzurra. Nella ripresa la stanchezza del torneo pesa a tutti e Parisse ruba palla a Parks, corre per 60 metri e scarica davanti ai pali per Canale che trova alleato un rimpallo per agguantare l’ovale e tuffarsi in meta, agguantando la rimonta e chiudendo un mese di brutte figure.

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Il torneo 2008

I RISULTATI Irlanda-Italia 16-11 Inghilterra-Galles 19-26 Scozia-Francia 6-27 Galles-Scozia 30-15 Francia-Irlanda 26-21 Italia-Inghilterra 19-23 Galles-Italia 47-8 Irlanda-Scozia 34-13 Francia-Inghilterra 13-24 Irlanda-Galles 12-16 Scozia-Inghilterra 15-9 Francia-Italia 25-13 Italia-Scozia 23-20 Inghilterra-Irlanda 33-10 Galles-Francia 29-12

LA CLASSIFICA SQ UADRA G V N P P+ P- P± PT Galles 5 5 0 0 148 66 82 10 Inghilterra 5 3 0 2 108 83 25 6 Francia 5 3 0 2 103 93 10 6 Irlanda 5 2 0 3 93 99 -6 4 Scozia 5 1 0 4 69 123 -54 2 Italia 5 1 0 4 74 131 -57 2

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GLI AZZURRI SCHIERATI A TWICKENHAM PER IL SEI NAZIONI 2009

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2009-2010 Dalla crisi alla Celtic League di Fabrizio Zupo Il 2009 con il suo cucchiaio di legno per dote, nasce sugli sviluppi di un episodio di crisi che dà la stura ormai inevitabile all’intero movimento intrappolato in un Super 10 senza evoluzione. Clamorosa la vicenda di Calvisano che ha come presidente Alfredo Gavazzi: vince l’edizione 2007/2008 battendo la Benetton a Monza e Ghiraldini alza la coppa al termine di un anno d’oro. Il tallonatore non sa ancora che quando tornerà dalle ferie la squadra si sarà ritirata dal campionato, autoretrocedendosi di due serie. Un gruppo che si squaglia e una società tornata alla massima serie tre anni dopo. Perdendo il treno della Celtic. Ghiraldini e Zanni si accaseranno a Treviso. Oltre alle crisi sportive c’è quella economica a squassare il movimento. Il professionismo del rugby in Italia riceverà brutti colpi: le società non rientrano più dei soldi spesi, il pubblico non c’è, gli sponsor fuggono e il modello economico non poggia più su nulla e crolla. Da quel momento tutti accetteranno tagli a ingaggi e a stipendi. Restiamo ancora per un poco al 2008. Il Sei nazioni aveva avuto come appendici un tour estivo pieno di rincalzi che ha registrato la vittoria azzurra in Argentina per 12-13 e i test di novembre invece disastrosi. Si perde con l’Australia nella partita in cui il calcio del sorpasso di Orquera si stampa sul palo. Subito dopo i Pumas si prendono la rivincita a Torino. E si arriva alla strana partita di Reggio Emilia contro i Pacific Islanders: una selezione di Figi, Tonga e Samoa che in tutta la sua breve storia non ha mai vinto un match. L’Italia gli fa questo regalo. Il pubblico non s’è ancora tutto sistemato che Delasau è in meta, grazie a placcaggi inesistenti. Una difesa a porte spalancate. Finisce 17- 25 ed è uno shock. Si sente fischiare la prestazione dell’Italia, molti azzurri non erano più abituati al normale dissenso. Finisce

113 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO la love story con il rugby? Lo choc è salutare per una volta. Telefonate infuocate si susseguono e alla conferenza post partita si capisce che, in mezzora, è stato avviato un meccanismo atteso anni. Il Super 10 non rappresenterà più il rugby di alto livello in Italia. Il campionato ex serie A che da 80 anni assegna lo scudetto va in prepensionamento. Nasceranno le franchigie (e lasciamo perdere la tortuosità con cui si arriverà a negare al Veneto e poi a concedergli una Benetton celtica) che assorbiranno un centinaio di giocatori, i migliori. La Fir chiederà agli azzurri emigrati all’estero di rientrare e non firmare i rinnovi con i propri club per entrare nel giro di Treviso o con gli di Viadana. Per ottenere ciò viene promessa una retribuzione ai livelli dei club europei. Una goccia, l’ennesima sconfitta, ha fatto traboccare un oceano. Ma l’effervescenza del movimento sarà solo politica, le franchigie toccano anche temi secessionisti da parte delle regioni del Nord e la Lega sposa il progetto celtico. Solo sul campo l’Italia di Mallett non fa passi avanti. E così si apre il torneo del 2009, anno secondo dell’era mallettiana.

Le partite del Sei nazioni 2009 e il record di San Siro per gli All Blacks Sono cinque partite in cui si perde senza discutere e sommate alle quattro sconfitte del 2008 fanno nove. C’è la difesa – questo è vero – ma evidentemente non basta e non c’è nemmeno gioco. Emblematica la partita con i campioni in carica del Galles. L’unica finita con uno score abbordabile: 15-20 al Flaminio. Ma la squadra diretta dal neozelandese Warren Gatland segna due volte con il piccolo grande Shane Williams e con Shanklin entrato a 5’ dal termine. L’Italia guadagna invece solo calci di punizione con la mischia e segna i suoi 15 punti con cinque piazzati di Marcato. Ed è tutto qui. Quando perdiamo di poco sono 26 punti (Scozia), quando perdiamo di tanto è il doppio (50 con la Francia). Il torneo lo vince finalmente l’Irlanda dopo lungo inseguimento e tanti

114 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO secondi posti a pari punti (ma scarti fatti e subiti penalizzanti). Nei test di giugno e novembre si incontrano solo le superpotenze (due volte l’Australia, una il Sudafrica e due la Nuova Zelanda). Sono solo batoste e Mallett comincerà a lamentarsi di incontrare solo squadre di prima fascia: «Perdere solo non aiuta a crescere», afferma. La novità è che gli All Blacks riescono a riempire tutto San Siro a Milano con il record di 80.018 presenze e un incasso di due milioni 588 mila euro. Altro record. L’Italia perde ma nel finale mette sotto il pack tuttonero sulla linea dei cinque metri che, dopo sette reset e sette reintroduzioni dell’ovale concesse da Dickinson, non viene punito con la meta tecnica. Scoppia la polemica e sarà foriera di un dibattito che cambierà le regole di ingaggio. È però anche la prova generale per tentare il salto allo stadio Olimpico a scapito di un Flaminio i cui restauri non finiscono mai. Ma la sfida di passare dai 35mila agli 80mila posti si potrà vincere? L’unica gioia dell’anno, su undici partite in calendario, è il successo per 24-6 su Samoa giocata allo stadio di Ascoli. Ma attenzione: Parisse è rotto e resterà fuori un bel pezzo, Marcato è stato travolto dal citato turn-over sperimentale del ct in mediana. Si scopre che Mirco Bergamasco sa calciare: nessuno aveva controllato che a Parigi era spesso lui in prima o in seconda squadra l’incaricato dei piazzati con una buona media di punti fatti. In mediana è il momento di e Craig Gower. Il mistero è il pubblico che continua a seguire con entusiasmo uno sport dove non si vince mai. E il 2010 non sarà migliore.

Il 2010 con quattro ko ma Benetton e Aironi da agosto giocano in Europa Mentre le Union celtiche accolgono l’Italia nel loro torneo e la selezione delle due franchigie diventa una telenovela che porta il Veneto a dichiarare guerra alla Fir, il calendario del 2010 (giocato senza capitan Parisse per i primi sei mesi) propone dieci partite. Mallett ne porta a casa due. Una è il turno

115 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO casalingo del Sei nazioni con la Scozia (16-11: 11 punti al piede di Mirco più la meta di Canavosio) e il test minore novembrino: quello a Modena contro le Figi (24-16 con ben otto piazzati di Bergamirco, cinque nella ripresa dove Figi non ha segnato un punto). Tutti i progetti della gestione Mallett sono svaniti, l’instabilità in regia manda fuori giri un motore collaudato come quello del pack azzurro. Non c’è progetto: Mallett prova e scarta. Ha bisogno di giocatori e solo la Celtic dalla fine di agosto gli verrà in soccorso alla fine del suo terzo anno: mancano 12 mesi al Mondiale e l’Italia è solo un cantiere. La Celtic è un progetto sensato con mille aspettative. Il sì definitivo all’ingresso delle italiane viene dato il 22 febbraio nonostante il parere contrario dell’Irlanda. I verdi del trifoglio che l’anno dopo saranno inseriti nello stesso girone eliminatorio dell’Italia al Mondiale neozelandese non vogliono dare aiuti agli azzurri. Per cui chiedono che l’inserimento venga accolto dopo l’impegno iridato. Ma ormai è fatta. A tredici anni da Grenoble tutte le porte del rugby si sono aperte per l’Italia.

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Il torneo 2009

I RISULTATI Inghilterra-Italia 36-11 Irlanda-Francia 30-21 Scozia-Galles 13-26 Francia-Scozia 22-13 Galles-Inghilterra 23-15 Italia-Irlanda 9-38 Francia-Galles 21-16 Scozia-Italia 26-6 Irlanda-Inghilterra 14-13 Italia-Galles 15-20 Scozia-Irlanda 15-22 Inghilterra-Francia 34-10 Italia-Francia 8-50 Inghilterra-Scozia 26-12 Galles-Irlanda 15-17

LA CLASSIFICA SQ UADRA G V N P P+ P- P± PT Irlanda 5 5 0 0 121 73 48 10 Inghilterra 5 3 0 2 124 70 54 6 Francia 5 3 0 2 124 101 23 6 Galles 5 3 0 2 100 81 19 6 Scozia 5 1 0 4 79 102 -23 2 Italia 5 0 0 5 49 170 -121 0

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Il torneo 2010

I RISULTATI Irlanda-Italia 29-11 Inghilterra-Galles 30-17 Scozia-Francia 9-18 Galles-Scozia 31-24 Francia-Irlanda 33-10 Italia-Inghilterra 12-17 Galles-Francia 20-26 Italia-Scozia 16-12 Inghilterra-Irlanda 16-20 Irlanda-Galles 27-12 Scozia-Inghilterra 15-15 Francia-Italia 46-20 Galles-Italia 33-10 Irlanda-Scozia 20-23 Francia-Inghilterra 12-10

LA CLASSIFICA SQ UADRA G V N P P+ P- P± PT Francia 5 5 0 0 135 69 66 10 Irlanda 5 3 0 2 106 95 11 6 Inghilterra 5 2 1 2 88 76 12 5 Galles 5 2 0 3 113 117 -4 4 Scozia 5 1 1 3 83 100 -17 3 Italia 5 1 0 4 69 137 -68 2

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L’ESULTANZA AZZURRA AL TERMINE DELLA SFIDA CON LA FRANCIA

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2011 La partita vinta con le seconde scelte di Fabrizio Zupo È il debutto dell’Italia in salsa celtica. Ci si aspetta uno scatto in avanti. Il ct Mallett ha già goduto degli effetti due mesi prima a Modena grazie al piede preciso di Bergamasco junior. Ma è stata la partenza a razzo della Benetton nel nuovo torneo a migliorare l’umore del tecnico azzurro. Grazie a Treviso – benedetta nella sala Consiglio regionale a Venezia dove ha ricevuto una bandiera del Veneto rosso e oro con il leone marciano dei dogi – vede allungarsi la coperta. Ne fa le spese subito Bortolami in seconda linea: il padovano ha appena sciolto il legame con il Gloucester e si è accasato con gli Aironi. Ma viene considerato al suo punto più basso e salterà l’intero Sei nazioni: Doctor Touche è l’unico vero ingegnere della rimessa laterale, gli altri come Dellapè sono soprattutto dei combattenti. E all’orizzonte Mallett – che col collega connazionale Franco Smith condivide una visione comune del pack – vede nel sudafricano Van Zyl il prossimo azzurro eleggibile. Un altro tecnico della touche. Al mondiale di settembre però Mallett ci andrà con tutti e due: Bortolami viene richiamato e con Van Zyl trova un perfezionista del gesto come lui. Mentre gli Aironi faticano a trovare l’acuto, la Benetton ha adottato una strategia che, nel calcio, adottano spesso le “provinciali” quando emergono in serie A. Una preparazione atletica per “volare” subito in campo, mentre i grandi club come Leinster e Munster partono piano perché l’obiettivo per loro è di trovarsi pronti a primavera quando nelle coppe si giocano i playoff. Non si può essere sempre allo stesso livello, ci sono dei picchi che si spera coincidano con febbraio per il Sei nazioni, aprile per le coppe, novembre per i test o settembre nell’anno mondiale. Treviso accelera, diciamo così, nella bassa stagione. Ma intanto il pubblico gode nel vedere vincere i biancoverdi

121 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO contro le gallesi e le irlandesi: nel primo biennio al Monigo cadono quasi tutte e che partite e che gioco si vedono finalmente. I giocatori cominciano a imparare com’è che si vince. Si spiana quel gradino di inferiorità mentale. E c’è il tempo per farlo perché la Celtic dura 22 settimane. E quando i Nazionali sono impegnati, il torneo continua e i “rincalzi” o i “permit player” dai club di Eccellenza hanno a possibilità di farsi vedere. Succederà così a Minto (da Mirano a Parma e poi a Treviso), a Fuser e molti altri. La Nazionale torna come negli anni novanta a essere un affare quasi solo di due società, due franchigie ora. C’è solo una pattuglia francese a distinguersi: Lo Cicero, Mirco, Masi, Dellapè (ma anche Festuccia fuori dalla rosa azzurra) finiti tutti al Racing Parigi. Chiamati da chi? Da Pierre Berbizier, director of rugby nella capitale che per rilanciare lo storico club ha voluto i suoi ex azzurri. In un altro livello sono ancora Parisse allo Stade e Castro al Leicester.

L’esordio con l’Irlanda puniti da O’Gara: 11-13 L’Irlanda cos’è? La mischia di Munster e i trequarti di Leinster. Uomo più, uomo meno. Squadre con cui la Benetton e gli Aironi hanno più confidenza del passato. L’Irlanda è anche il nostro avversario nel solito girone di qualificazione mondiale a New Zealand 2011 e la partita testa anche le nostre possibilità di vittoria di ottobre, quando servirà veramente. Come nel 2003 con il Galles e nel 2007 con la Scozia. All’inizio è Mirco Bergamasco a tenere a galla il punteggio al piede in una sfida con Sexton, il giovane talento che lascia in panchina il mito Ronan O’Gara. In regia ora abbiamo Burton altro promosso dalla Celtic dopo anni di assenza. Viene scelto perché l’affiatamento stabilito nella cerniera del club con Gori venga trasportato in azzurro. L’equilibrio alla pausa sul 6-3 la dice lunga sul cambio avvenuto. Un altro copione, un’altra Italia. Sono i dettagli dell’esperienza a mancare. Al rientro ci pensa il divino Bod (Brian O’Driscoll) a segnare la prima meta. Ma è sempre più lotta di territorio, per mezzora esatta nessuno

122 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO segna punti. L’equilibrio lo rompe McLean al termine di un assedio con il primo sovrannumero che si forma al largo, dove l’estremo passa. È sorpasso da 6-10 a 11-10, anche se la trasformazione viene fallita. Ma che succede in quei cinque minuti finali? Il ct Declan Kidney (promosso dalla guida del Munster al XV del Trifoglio) sceglie di far uscire il talentino di Dublino e chiama in campo il suo vecchio alfiere con i rossi di Cork. O’Gara come Dominguez è un metronomo del gioco al piede ed ha già punito altre volte l’Italia. Ma il calcio di rinvio è verde e la palla arriva in bocca all’Italia che deve solo tenerla in pugno sino alla fine. Il rinvio è altissimo e sotto il punto di caduta c’è Geldenhuys, seconda linea. Una delle sicurezze, uno dei ragazzi più umili del gruppo e più costanti e presenti (come Zanni in terza). La raccolta del pallone da rinvio è un gesto che si allena. Manca sì e no un minuto e mezzo e Geldenhuys si trasforma nel Charlie Brown col guantone da baseball in attesa della palla. Mette le braccia raccolte a “cesto”, l’ovale ci si infila e però i gomiti non chiudono sotto. La palla cade e tocca terra: Poite fischia in avanti. Sconforto. Gli irlandesi non credono al regalo: il tempo non conta più e finché il pallone sarà vivo l’arbitro non potrà fischiare la fine. Non resta che tener palla, avanzare, raggruppare, avanzare, raggruppare. Fino a quando la piattaforma non mette radici al centro del campo a una distanza abbastanza vicina ai pali. Solo allora il mediano Reddan si girerà a “gradi zero” verso O’Gara a cui passa la palla. È come un rigore, il “rosso” ha il tempo di prendere la mira e scoccare il drop. Centro e fine: 11-13. Geldenhuys piange, gli azzurri sono distrutti. Anche Mallett mostra il suo lato emotivo. Solo la cabala ci dà speranza: se in passato si vinceva al Sei nazioni e si perdeva la sfida al mondiale, stavolta dovrebbe essere il contrario. Speriamo!

Le altre partite Ma l’Italia c’è e il Flaminio che deve ospitare tre partite ha subito un restyling: si spera di vincere almeno con Francia e Galles in casa. Intanto sette giorni dopo l’Inghilterra non fa sconti e sotterra di mete ogni velleità. Sono quattro le mete

123 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO dell’ala Ashton con altrettanti tuffi a volo d’angelo in meta. Una gag quasi calcistica, criticata anche in patria. Ma sono otto le mete finali subite, quasi tutte dai trequarti come Cueto, Tindall e Danny Care. Una debacle. Sembra che non placchi nessuno lì fuori in mezzo al campo mentre il pack soffre in “miniera”. E l’immagine dell’intercetto di Mirco Bergamasco che buca la difesa con campo libero, ma poi perde terreno e viene raggiunto dalle ali (che partono di spalle) in un lasso di 30 metri dà il senso della differenza degli sprinter in campo. È forse qui che si spezza definitivamente la stima di Mallett per la “cavalleria” italiana. In casa giochiamo meglio ma è sconfitta per 16-24 con il Galles e si sta a meno cinque sino a pochi minuti dal termine quando il drop, stavolta di Hook, mette in salvo il risultato appena un punto sopra il break.

Italia-Francia, solo una tappa verso la Scozia? Nei ragionamenti tecnici di Mallett si fa strada un ragionamento. Contro la Francia si perderà. Come al solito. E una settimana dopo c’è il quinto turno, il più duro contro l’obiettivo più semplice: la Scozia. Perché non dare un turno o almeno mezza partita di riposo ad alcuni punti di forza e arrivare più riposati a Edimburgo? Non sono cose che si ammettono in pubblico. Ma insomma, viene data tregua a Sgarbi (ormai una realtà come centro), Festuccia richiamato da tallonatore con il Ghiro in panchina, Del Fava al posto di Geldenhuys e così via. E soprattutto Masi di nuovo estremo al posto dell’ordinato McLean. La panchina è lunga per qualche motivo, o no? Ma che succede. Sarà una guerra di calci? Anche. Ma non solo. La Francia che dal 2007 ha chiuso in bacheca il trofeo Garibaldi e ha buttato via le chiavi, arriva a Roma il giorno prima della partita solo per fare il captain’s run. Una sufficienza sospetta. Un gruppo che Lievremont non riesce a gestire, litigioso, ma sette mesi dopo pronto a giocarsi la finale contro gli All Blacks (e finirà 8-7). In campo Clerc va subito in meta e nella ripresa è il mediano di

124 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO mischia Parra a raddoppiare. C’è solo Bergamasco junior sempre più efficace al piede a far star sotto nel punteggio l’Italia (un bottino personale di 17 punti). Tanti piazzati significano tante punizioni guadagnate dal pack in avanzamento e ogni volta diventano punti. Manca un acuto e viene da Masi che interpreta il ruolo alla sua maniera: dritto per dritto a tutta velocità, con sempre la solita fintina iniziale, lo scarto per raddrizzare la corsa. La conoscono tutti a memoria, ma quando l’aquilano ti viene addosso fa male lo stesso. E in una sequenza di cambi di fronte continui, pick and go, raggruppamenti, Masi viene liberato da un riciclo di Benvenuti e trova il varco giusto con un ultimo scarto sulla bandierina. Viene giù il Flaminio. Mirco piazza anche dalla linea di touche. Siamo al 19’ della ripresa e sul 13-18 gli azzurri si gasano e trovano subito un altro piazzato per il calcio di avvicinamento che Mirco non sbaglia. La mischia francese con l’orco Chabal è in balìa dei drive azzurri e si ricorre al fallo come unico rimedio. E riesce anche ad allungare con un penalty centrato da Parra. Mancano dieci minuti e lo stadio è una bolgia. Il pubblico accompagna le incursioni di una squadra allo stremo delle forze. È chiaro che nessuno riuscirà facilmente a far meta. L’unica arma è il calcio ed è a favore nostro perché il pack staziona nella difesa francese. Ne servono due e Mirco se li fa bastare per il sorpasso. Soprattutto quello al 75’ sulla linea dei 10 metri laterali bello angolato: 22-21. Poi è solo festa. Il più spiritato è Dellapè, solitamente silenzioso, che si presenta in mix zone per farsi intervistare. Dopo mille battaglie ha battuto i suoi “datori di lavoro” e non sta nella pelle: «Stavolta quando torno al Racing sarò io a dare delle pacchette sulle spalle ai miei compagni e a dirgli bien joué, bien joué. Non potete capire la soddisfazione». Sarà festa sino a notte tarda al Kabala, la discoteca ricavata nella metro al Galoppatoio di Villa Borghese.

E la Scozia? L’exploit di Masi mette in panchina McLean che paga per tutti, come se fosse lui la causa di tutte le inerzie del reparto arretrato. Ma che ci voleva, gli chiede Dondi al banchetto, a fare come

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Masi? La risposta è disarmante ma vera: «Disposizioni dell’allenatore». I nostri azzurri interpretano alla lettera il “piano di battaglia” teorizzato alla vigilia. Questa Italia più ampia, con seconde scelte che valgono o almeno vincono come le prime, non fa che ingolosire Mallett. Al suo quarto torneo una doppietta, visto anche come era andata con l’Irlanda, potrebbero far schizzare verso l’alto le azioni azzurre. Il tutto con sei mesi di Celtic alle spalle. Ma le illusioni si infrangono a Murrayfield dove il giovane Gray domina le touche e scarica le armi azzurre. Finirà 21-8 ed è un passo indietro. Il titolo dei Sei nazioni, che da vent’anni è anche diventata una coppa, va agli inglesi.

Mondiale under 20 e al Mondiale senior l’addio di Mallett L’Italia ospita nel Veneto il mondiale Under 20. A maggio arrivano i talentini di tutto il mondo. Ragazzi già pronti per il salto: dei Baby Blacks vincitori in finale sull’Inghilterra ben otto hanno debuttato o sono titolari nella squadra maggiore, quella del 2013 di tutte vittorie come Luatua, Retallick o Sam Cane. Gli inglesi hanno un 18enne George Ford all’apertura preferito al centro Farrell, oggi protagonisti nel XV di Stuart Lancaster. L’Italia ha pescato da quel gruppo sinora Campagnaro ed Esposito che esordirà nel Sei nazioni 2014. Il settimo mondiale della storia si gioca invece nel paradiso del rugby: due isole grandi come l’Italia con quattro milioni di abitanti a formare la Nuova Zelanda e il segreto di questo sport custodito nella terra degli Hobbit. A Nelson, scelta per la presenza di una comunità italiana a partire dal sindaco Miccio, il gruppo ha solo in testa il match con l’Irlanda. Ma per capire il sentimento che circola, basta ricordare quanto accaduto il giorno prima della sfida decisiva. Alla rifinitura allo stadio gli azzurri giocano a favore di telecamera una partitella avanti contro tre- quarti. «Dai ragazzi – dice Parisse – cercate di batterci almeno stavolta». Avete capito bene? I trequarti azzurri non battono al

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“tocco” neppure gli avanti. C’è un contatto di gioco fra Bocchino, la giovane apertura che Mallett vuole valorizzare al posto di Burton (del gruppo che ha battuto la Francia) assieme all’esperto Orquera, e Martin Castrogiovanni. Il pilone non ci sta e lo stringe, lo mette sotto. Tutto ripreso. Devono staccarli. Parisse in conferenza stampa minimizza l’accaduto. Ma quando non ci sono le parole per dirlo, sono le azioni a parlare per noi. Si gioca di sera, lo stadio è pieno, anche perché Dunedin è una città di immigrazione scozzese e irlandese. Mallett si affida ai senatori e sceglie Mauro Bergamasco (che è senza una squadra e ha saltato come Bortolami il Sei nazioni) lasciando fuori Robert Barbieri più in forma in quel momento. Diciamo che si circonda di sicurezze: è la sua ultima partita o l’inizio di un’avventura incredibile. Il gioco è tutto attorno alla mischia. E tiene in panchina un pilone in meno. Succedono due cose: Castrogiovanni alla mezzora si infortuna e viene sostituito da Lo Cicero che è però un pilone sinistro come Perugini, già in campo. Poi Orquera riceve l’ennesimo colpo in un placcaggio che lo mette fuori causa. Alla pausa Luciano non si ricorda neppure perché è lì: stato confusionale. Tocca a Bocchino. Si rientra in campo sul 9-6. Ma basterà un placcaggio lisciato dalla giovane apertura romana per sfondare la difesa. Di lì passa O’Driscoll dritto in meta a cui segue la doppietta di Earls. Crolla tutto. Dondi stavolta non s’era fatto pregare, il nuovo ct ha già firmato. Jacques Brunel si trova in Nuova Zelanda a seguire il torneo da una certa distanza.

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Il torneo 2011

I RISULTATI Galles-Inghilterra 19-26 Italia-Irlanda 11-13 Francia-Scozia 34-21 Inghilterra-Italia 59-13 Scozia-Galles 6-24 Irlanda-Francia 22-25 Italia-Galles 16-24 Inghilterra-Francia 17-9 Scozia-Irlanda 18-21 Italia-Francia 22-21 Galles-Irlanda 19-13 Inghilterra-Scozia 22-16 Scozia-Italia 21-8 Irlanda-Inghilterra 24-8 Francia-Galles 28-9

LA CLASSIFICA SQ UADRA G V N P P+ P- P± PT Inghilterra 5 4 0 1 132 81 51 8 Francia 5 3 0 2 117 91 26 6 Irlanda 5 3 0 2 93 81 12 6 Galles 5 3 0 2 95 89 6 6 Scozia 5 1 0 4 82 109 -27 2 Italia 5 1 0 4 70 138 -68 2

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LA META DI BENVENUTI CON GLI INGLESI ALL’OLIMPICO INNEVATO

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2012 L’equilibrio di Jacques di Fabrizio Zupo Bologna è la città scelta dal presidente della Fir Giancarlo Dondi per presentare il suo settimo commissario tecnico. Ancora non lo sa, ma sarà il suo ultimo Sei nazioni da presidente dopo 13 edizioni. Alle elezioni di settembre dopo quattro mandati e 16 anni in cui ha scritto la storia moderna di questo sport, Dondi non si presenta e nella sfida Gavazzi-Zatta, vince il candidato bresciano scelto proprio da Dondi. Anche stavolta una partenza a razzo, perché c’è solo un mese per preparare il Sei nazioni. Dopo Coste, Mascioletti, Johnstone, Kirwan, Berbizier, Mallett si ritorna in Francia. Il sud, quello del rugby più sanguigno. Lì dove coltiva le sue vigne che producono il Minervois, un uvaggio di rosso della zona del Languedoc, Jacques Brunel da Auch (la città-bastide di D’Artagnan) era già stato contattato dalla Fir nel 2005. Ma poi era arrivato il contratto con Perpignan e in Nazionale fu chiamato Bbz. Con i catalani Brunel aveva fatto il massimo vincendo uno scudo di Brenno dopo un’attesa di decine d’anni. Inoltre con il gemellaggio con Barcellona aveva portato il rugby dai cugini in Catalogna facendo giocare i giallorossi davanti a 60 mila persone, quando a Perpignan si fa il tutto esaurito in 15mila. Inutile dire che i colori rossoblù di Barcellona e giallorosso della Catalogna sono gli stessi della maglia del Perpignan. Se Bbz avevo in bocca sempre lo “spirito”, le prime parole di Brunel riguardano “l’equilibrio”. Quello che manca fra i due reparti della squadra, fra mischia e trequarti. Parla con il suo italiano incerto già alla prima uscita e allo stadio canta l’inno di Mameli anche quando si gioca contro la Francia. Un carattere deciso ma la forma è la pacatezza. Non usa tante parole ma è preciso nel linguaggio. L’altra parola chiave è “osare”.

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Francia-Italia 30-12 I francesi non sono quelli dell’anno prima e hanno la medaglia d’argento del Mondiale ancora appesa al collo. Saint-André, neo ct della Francia, non vuole partire con uno scivolone, contro un francese per di più, che gli ha dato filo da torcere nel Top 14 la stagione precedente. Rougerie, Malzieu, Clerc e Fofana, quasi l’intera linea dei trequarti vìola la meta azzurra. Una partenza travolgente. Per gli azzurri c’è l’esordio di Venditti all’ala e quello dell’eleggibile Tobias Botes buono sia come 9 sia come 10, in coppia con gli altri tre mediani che si alternano in campo (Burton, Gori, Semenzato anche loro di Treviso).

Italia-Inghilterra, all’Olimpico sotto la neve Non è la prima volta che l’Olimpico ospita l’Italia del rugby ma non c’era, negli anni novanta, la necessità di riempirlo. Da quest’ anno l’Olimpico è lo stadio azzurro del Sei nazioni. Stavolta la prevendita mette paura: esaurite le due partite casalinghe. Il tempo ci mette lo zampino: Roma è sotto una tormenta di neve e, per evitare polemiche a un mese da un analogo evento, il sindaco allerta la protezione civile e questo stato di calamità naturale tiene lontano parte del pubblico. Nevica sino a due ore dall’evento e poi durante la partita. I teloni vengono tolti all’ultimo dal campo, gli spalti si riempiono ma non tutti i 72mila possessori di biglietto si fanno vedere. La festa è anche al vicino Stadio dei Marmi dove c’è il villaggio per i tifosi. La scommessa è vinta.

La partita Altro che equilibrio, la timida Italia che gioca con la mischia, osa in tutte le zone del campo. Segnano un’ala ventenne al debutto davanti al pubblico di casa, un centro e si va al riposo sul 12-6. La meta di Venditti è costruita su un continuo cambio di fronte con l’ultimo sprint affidato a Venditti che è grosso come un pilone. È più di astuzia quella di Benvenuti a cui si apre la difesa davanti e deve solo correre sino a tuffarsi sotto i pali. Intanto

132 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO perdiamo Castrogiovanni che in un impatto dei suoi alla mezzora si frattura delle costole: il Sei nazioni appare compromesso. Che sia la prima volta anche per l’Inghilterra? Stuart Lancaster alla sua prima panchina (con un contratto di cinque partite) non sa a chi affidarsi e troverà il piede di Owen Farrell, 20 anni, figlio del suo vice allenatore Andy (centro della nazionale inglese al mondiale del 2007), e l’esperienza di Charlie Hodgson. Si tratta dell’apertura più sfortunata della storia, un po’ come Stuart Sutcliffe che lascia i Beatles a Ringo Starr alla vigilia del successo. Hodgson è l’apertura titolare nel 2003 quando subisce un infortunio che lancia al suo posto Wilkinson in regia al Mondiale vinto in Australia. Dopo dieci anni Wilko lascia e Hodgson torna a guidare la rosa. Una settimana prima in Scozia aveva stoppato un calcio di liberazione e il rimbalzo l’aveva favorito in meta. A Roma farà il bis. Ci mette del suo Brunel che forse strafà quando decide di far debuttare al 25’ della ripresa anche il ventenne Morisi. L’Italia aveva aperto la ripresa con un piazzato di Burton e aveva fissato il punteggio a quota 15. Poi i minuti passano e nulla accade. C’è un episodio che decide tutto: il pack recupera palla e Bortolami e pronto a passarla indietro a Masi per il calcio di liberazione. Forse il passaggio è lento, o Masi è macchinoso, fatto sta che Hodgson alza le braccia e riesce a stoppare la palla che rotola in meta con l’inglese in vantaggio. Meta trasformata per il 15-13 e sorpasso definitivo al piede di Farrell. Un’occasione buttata via.

Irlanda e Galles trasferte da buttare, Scozia solita ancora di salvezza L’equilibrio si paga, perché l’Italia non ha la forza di opporsi all’Irlanda e ne becca 42 e si ripete a Cardiff con il Galles che vincerà il titolo 2012. E allora Brunel rallenta l’annunciato lancio di giovani ventenni e si riaffida all’esperienza. C’è anche la favola stoica di Castrogiovanni che a un mese dall’infortunio si ripresenta in campo con le costole risaldate ma con il busto protetto da fasciature. La giornata è caldissima, la cornice

133 2000/2012 - L'OVALE AZZURRO dell’Olimpico strapieno è incredibile, attorno allo stadio la festa dura dalla mattina presto alla notte. Decine di migliaia di persone, famiglie con bambini, in un evento di cui la partita è solo il primo piatto. È incredibile che la capienza del Flaminio tutto esaurito fosse la metà esatta dell’Olimpico. Da dove arriva tutta questa gente? La Scozia rischia come l’Italia il cucchiaio di legno, ma forse metà dei suoi giocatori (quelli dell’Edimburgo) hanno più paura di perdere la partita valida per la semifinale di Heineken Cup la settimana dopo a cui la franchigia della capitale nordica partecipa per la prima volta. E la partita finisce 13-6 con tanto gioco al piede e una meta di sfondamento.

Il tour e i test e l’apparizione di Minto Scansato il cucchiaio di legno, Brunel ha ora il tempo di riflettere, utilizza il tour nelle Americhe (Sud e Nord con due vittorie) per fare esperimenti. Continua anche a novembre con i test vincendo contro Tonga (debutto del presidente Gavazzi, grande partita per ) , perdendo con gli All Blacks (Minto, esordio col botto) a Roma e pescando una prestazione monstre proprio di Minto (man of the match, incredibile apriscatole in ruck e difensore negli spazi larghi) contro l’Australia a Firenze dove si infortuna seriamente Mirco Bergamasco. Si perde di tre punti e l’immagine del match è quella dell’estremo Barnes che calcia l’ultimo pallone in tribuna per evitare altri rischi. Con questa annata (quattro vittorie su 12 partite) si chiude l’anno. L’Italia del rugby sta diventando adulta.

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Il torneo 2012

I RISULTATI Francia-Italia 30-12 Scozia-Inghilterra 6-13 Irlanda-Galles 21-23 Italia-Inghilterra 15-19 Francia-Irlanda 17-17 Galles-Scozia 27-13 Irlanda-Italia 42-10 Inghilterra-Galles 12-19 Scozia-Francia 17-23 Galles-Italia 24-3 Irlanda-Scozia 32-14 Francia-Inghilterra 22-24 Italia-Scozia 13-6 Galles-Francia 16-9 Inghilterra-Irlanda 30-9

LA CLASSIFICA SQ UADRA G V N P P+ P- P± PT Galles 5 5 0 0 109 58 51 10 Inghilterra 5 4 0 1 98 71 27 8 Irlanda 5 2 1 2 121 94 27 5 Francia 5 2 1 2 101 86 15 5 Italia 5 1 0 4 53 121 -68 2 Scozia 5 0 0 5 56 108 -52 0

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LA COPERTINA DELL’EBOOK DEDICATO AL SEI NAZIONI 2013

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2013 Cenerentola non abita più qui di Stefano Tamburini Quando un giorno l’Italia vincerà il Sei nazioni di rugby per capire come possa essere accaduto bisognerà tornare al 2013, l’anno in cui ha smesso di essere una squadra poco più che ospite di un Cinque nazioni allargato, quella che fa numero, quella che ogni tanto vince qualcosa ma tanto si sa che non è pericolosa più di tanto. Potranno dire, quel giorno di gloria e di inni alla gioia, che l’Italia partecipò per la prima volta al Sei nazioni che era l’anno 2000 ma poi ha cominciato a giocarlo davvero nel 2013: due vittorie e, soprattutto, quella sfiorata (almeno il pari sfiorato) nel tempio londinese di Twickenham con le facce degli spettatori impietriti, un silenzio irreale e una touche come rifugio per chiudere frettolosamente – e anche ignobilmente, secondo i codici del grande rugby – una partita che avrebbe potuto trasformarsi in un incubo. E poi i giornali inglesi che il giorno dopo titolavano “Italiani vincitori morali”. Ci sono cose, nello sport in genere e soprattutto in questo sport, che talvolta valgono quasi, come e talvolta più di una vittoria. Le abbiamo assaporate – quella di Twickenham certo lo è – in questo cammino che ogni anno è un po’ un romanzo e ve lo abbiamo voluto raccontare proprio come se lo fosse davvero, utilizzando le parole di quei giorni, senza cambiar niente. Certo, il finale lo conoscete già ma ripercorrere giorno dopo giorno le emozioni attraverso le parole di chi le ha vissute in diretta e le ha trasferite sul giornale di carta e sul sito web renderà questo racconto ancor più immerso nelle circostanze. Sembrerà di rivivere attimo per attimo e gustarselo di nuovo, questo romanzo che ha degli autori, certo, ma che in realtà finisce ogni volta per scriversi da solo. Di fatto è il Sei nazioni che ogni anno scrive pagine dolci e amare, che hanno un fascino tutto loro, per certi versi inspiegabile. Non basta dire che questo

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è il torneo più bello del mondo, non basta dire che ha avvicinato al rugby appassionati di altri sport e che il Sei nazioni è qualcosa che va anche oltre il rugby. Il romanzo del Sei nazioni 2013 ci racconta anche di tre partite casalinghe degli azzurri con lo stadio Olimpico di Roma strapieno, quasi esaurito, cosa che non riesce più da tempo neanche per i derby del calcio fra Lazio e Roma. Ci racconta di un grande teatro dei sogni, quello dei sei stadi che ospitano sfide che possono ogni volta diventar leggendarie. C’era un prima con un attore che sul palcoscenico era con gli altri ma era come se non ci fosse, sembrava che fosse lì per caso. Poi a un certo punto è andato al centro della scena e ha cominciato a recitare. Poi, certo, gli altri sono lì da tempo e di quei legni del palcoscenico conoscono ogni piega. Ma sanno che prima o poi – certo non nel 2014 ma neanche chissà quando – dovranno fare i conti anche con quelli che erano lì, innocui quasi come soprammobili. Rigodiamoci quel momento, anzi quei momenti. Dolci e amari, ma stavolta finalmente più veri.

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Il torneo 2013

I RISULTATI Galles-Irlanda 22-30 Inghilterra-Scozia 38-18 Italia-Francia 23-18 Scozia-Italia 34-10 Francia-Galles 6-16 Irlanda-Inghilterra 6-12 Italia-Galles 9-26 Inghilterra-Francia 23-13 Scozia-Irlanda 12-8 Scozia-Galles 18-28 Irlanda-Francia 13-13 Inghilterra-Italia 18-11 Italia-Irlanda 22-15 Galles-Inghilterra 30-3 Francia-Scozia 23-16

LA CLASSIFICA SQ UADRA G V N P P+ P- P± PT Galles 5 4 0 1 122 66 56 8 Inghilterra 5 4 0 1 94 78 16 8 Scozia 5 2 0 3 98 107 -9 4 Italia 5 2 0 3 75 111 -36 4 Irlanda 5 1 1 3 72 81 -9 3 Francia 5 1 1 3 73 91 -18 3

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L’eBook “Cenerentola non abita più qui” – dedicato all’edizione 2013 del Sei nazioni – può essere scaricato gratuitamente dai siti internet dei quotidiani locali del Gruppo Espresso.

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L’autore

Fabrizio Zupo è un giornalista del Mattino di Padova e scrive di rugby per i 18 quotidiani locali del Gruppo Espresso-Finegil. Ha seguito sei coppe del mondo di rugby, dal 1991 al 2011, oltre a diverse edizione di mondiali universitari, junior under 20, campionati italiani e coppe. Oltre a tutte le edizioni del torneo delle Sei nazioni dal 2000 a oggi. Gioca pilone negli Amatori Rugby Padova e nella Nazionale giornalisti.

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Indice

Colophon

Frontespizio

Introduzione

PRIMA PARTE - Il biennio d’oro della Nazionale

1995-1997, L’exploit di Grenoble che apre le porte del Cinque nazioni 2000, Il debutto azzurro ed è subito vittoria Il torneo 2000 2001-2002, La depressione del doppio cucchiaio di legno Il torneo 2001 Il torneo 2002 2003, Gli azzurri riassaporano la vittoria Il torneo 2003 2004-2005, Kirwan e l’addio col cucchiaio di legno Il torneo 2004 Il torneo 2005 2006, L’avvento di Berbizier, le petit caporal L’Italia fa tremare il Galles Berbizier: «Reagire dopo tre sconfitte è già una risposta da campioni» Il torneo 2006

SECO NDA PARTE - Arriva la rugby-mania

2007, L’anno del boom Italia, vittoria storica in Scozia La gioia degli azzurri dopo lo show scozzese L’Italia mette sotto anche il Galles E dopo il trionfo con il Galles grande festa in piazza Navona

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L’Italia perde ma rovina la festa all’Irlanda Il torneo 2007 2008, Mallet, il ct che sembra Clooney La cronaca della partita con la Scozia Il torneo 2008 2009-2010, Dalla crisi alla Celtic League Il torneo 2009 Il torneo 2010 2011, La partita vinta con le seconde scelte Il torneo 2011 2012, L’equilibrio di Jacques Il torneo 2012 2013, Cenerentola non abita più qui Il torneo 2013

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