Dott. Geol. Giovanni Iacono Via Brullo n°3 97012 (RG) Tel. 339/2220570 – Partita I.V.A. 01109330884

COMUNE DI CHIARAMONTE GULFI (Provincia di Ragusa)

O G VARIANTE PER LA “RAZIONALIZZAZIONE ED AL PARZIALE G E ADEGUAMENTO” DEL PRG E DEL REGOLAMENTO EDILIZIO T T VIGENTI APPROVATI D.A. n.543/D.U.R. DEL 17.10.1997. O

STUDIO GEOLOGICO FINALIZZATO ALLA REDAZIONE DELLO SCHEMA DI MASSIMA (1°fase).

COMMITTENTE IL GEOLOGO Dott. GIOVANNI IACONO

COMUNE DI

CHIARAMONTE GULFI

Chiaramonte Gulfi, Luglio 2016

INDICE

1 - PREMESSA ……………………………………………………...... 2

2 – INQUADRAMENTO GEOGRAFICO…………………………………………...... 4

3 – INQUADRAMENTO GEOLOGICO……………………………………...... 4 3.1 Avampaese Ibleo 3.2 Geologia 3.3 Tettonica 3.4 Morfologia

4 - ASPETTI CLIMATICI……………………………………...... 19

5 - IDROGRAFIA ……………………………………………...... 21

6 - IDROGEOLOGIA……………………………………………………...... 23

7 - PIANO STRALCIO DI BACINO PER L’ASSETTO IDROGEOLOGICO (PAI) ...... 25

8 – AREE INTERESSATE DALLA VARIANTE (AREE DI TRASFORMAZIONE URBANISTICA)..42

8.1 AREA: CHIARAMONTE - VILLAGGIO GULFI………………………………….…………….42 8.1.1 Lineamenti geologici area urbana di Chiaramonte Gulfi 8.1.2 Lineamenti morfologici ed idrogeologici area urbana di Chiaramonte Gulfi 8.1.3 Lineamenti geologici area Villaggio Gulfi 8.1.4 Lineamenti morfologici ed idrogeologici area Villaggio Gulfi 8.2 AREA CONTRADE ROCCAZZO - SPERLINGA ……………………………………………...46 8.2.1 Lineamenti geologici area contrade Roccazzo - Sperlinga 8.2.2 Lineamenti morfologici ed idrogeologici area contrade Roccazzo – Sperlinga 8.3 AREA CONTRADE PIANO DELL’ACQUA - DONNAGONA …………………………...…49 8.3.1 Lineamenti geologici area contrade Piano Dell’Acqua - Donnagona 8.3.2 Lineamenti morfologici ed idrogeologici area contrade Piano Dell’Acqua – Donnagona 8.4 AREA ZONA AEROPORTO DI COMISO ……………………………………………………....51 8.4.1 Lineamenti geologici area: zona aeroporto di Comiso 8.4.2 Lineamenti morfologici ed idrogeologici area: zona aeroporto di Comiso

9 - SISMICITÀ DELL’AREA ……………………………………………………...... 54

10 – CONCLUSIONI…………………………………………………...... 59

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1 PREMESSA

In seguito alla determina sindacale n°75 del 29/12/2015 del Comune di Chiaramonte Gulfi è stato eseguito lo studio geologico finalizzato alla redazione dello schema di massima (1° fase) del rapporto ambientale preliminare, necessario per la variante per la “razionalizzazione ed al parziale adeguamento” del PRG e del Regolamento Edilizio vigenti approvati D.A. n.

543/D.R.U. del 17/10/1997.

Tale studio di massima, relativo alle aree interessate dalla variante e precisamente l’area del centro abitato di Chiaramonte-villaggioGulfi, c.de Roccazzo-Sperlinga, c.de Piano

Dell’Acqua-Donnagona, nonché l’area circostante il nuovo aeroporto di Comiso, supportato dallo studio geologico redatto in precedenza per la stesura del piano regolatore generale, è stato condotto, in questa prima fase, mediante ricognizioni di campagna estese in un intorno significativo per definire l’inquadramento geologico e geomorfologico, lungo gli affioramenti propri delle aree interessate dalla variante in oggetto.

Tutto al fine di verificare la compatibilità geologica e geomorfologica delle suddette aree con le scelte urbanistiche in progetto.

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2 INQUADRAMENTO GEOGRAFICO

Il territorio comunale di Chiaramonte Gulfi é ubicato nel settore nord occidentale della provincia di Ragusa ed ha un'estensione di circa 126 km2, esso confina con i comuni di

Monterosso Almo, Ragusa, Comiso, Vittoria, Acate, e Licodia Eubea.

Le aree in esame, oggetto di variante, con riferimento alla carta d’Italia edita dall’Istituto

Geografico Militare a scala 1:25000 ricadono nel foglio 273, III quadrante, tavoletta SE denominata “Chiaramonte Gulfi”.

3 INQUADRAMENTO GEOLOGICO

La Sicilia per la sua posizione geografica costituisce la naturale connessione tra la Catena

Appenninica e quella Nord-Africana, con le quali presenta notevoli analogie.

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Nella Catena Appenninica-Maghrebide la tettogenesi investe vari domini paleogeografici, già delineatisi durante il Mesozoico, e li trasforma, attraverso una complessa storia deformativa, in un edificio a falde.

L’evoluzione geodinamica procede senza apparenti soluzioni di continuità dall’Eocene fino al

Quaternario, interessando prima i più interni domini Calabridi poi via le aree più esterne raggiunte solo nel Plio-Pleistocene dal fronte di compressione.

Nell’edificio così strutturato si riconoscono due elementi principali: uno scarsamente deformato, facente parte dell’Avampaese Africano e l’altro riconducibile ad un complicato sistema di falde e di scaglie tettoniche generalmente sud-vergenti, appartenenti alla Catena

Appenninica-Maghrebide.

Solitamente viene distinto un ulteriore elemento strutturale, l’Avanfossa, originatasi dal collasso del margine dell’Avampaese, che tende ad incunearsi al di sotto delle falde della

Catena (Lentini F., Grasso M. & Carbone S., 1987).

In questo contesto geologico-regionale, il territorio di Chiaramonte Gulfi si trova ubicato nel settore nord-occidentale dell’Avampaese Ibleo.

3.1 AVAMPAESE IBLEO

L’Avampaese Ibleo costituisce parte del “Blocco Pelagiano” (Burollet et ali, 1978), una zona stabile a crosta continentale, estesa dalla Scarpata Ibleo-Maltese attraverso gran parte del

Canale di Sicilia fino alle coste africane.

Si tratta di una potentissima sequenza meso-cenozoica prevalentemente carbonatica, interessata da ripetute intercalazioni di vulcaniti basiche, ed affiorante nella parte Sud-

Orientale dell’isola a sud-est della congiungente -Catania (Carbone et ali, 1982).

I dati di sottosuolo Triassici, Giurassici ed in parte Cretacei dell’Avampaese Ibleo sono noti

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soltanto dai sondaggi: Chiaramonte 1, Melilli 1, 1.

Patacca et ali (1979) hanno riesaminato le facies mesozoiche fornendone una interpretazione paleotettonica e paleoambientale e proponendo una nuova terminologia stratigrafica.

Limitatamente all’intervallo Trias sup.-Lias medio, tali autori distinguono un dominio siracusano ed uno ragusano.

Nel Norico-Retico entrambi i paleodomini presentano depositi di ambiente tidale, le differenze sono sfumate mentre diventano molto marcate al passaggio Trias-Lias, quando una energica fase tettonica, controllata da direttrici prevalentemente NW-SE, spezza la piattaforma triassica originando un’area di bacino euxinico nel dominio ragusano caratterizzato da forti tassi di sedimentazione con deposizioni di torbiditi calcaree

(Formazione Streppenosa).

Lateralmente su una piattaforma leggermente subsidente si depositano serie condensate di mare aperto. A questo periodo risalgono le più antiche manifestazioni di vulcaniti basiche finora riconosciute nel sottosuolo Ibleo.

Alla fine del Domeriano, con lo sprofondamento della piattaforma siracusana, i due paleodomini vengono omogeneamente ricoperti da una sedimentazione pelagica.

Nel Dogger superiore, riprende l’attività vulcanica con formazione di isolati seamount.

Dal Titonico al Turoniano una sedimentazione dapprima carbonatica e poi marnosa-argillosa, interrotta da sporadiche e limitate effusioni basaltiche, caratterizza tutta l’area Iblea.

Nel Cretaceo superiore un’ulteriore fase tettonica con direttrici NW-SE ed ENE-WSW interessa tutta l’area con immissioni di grossi volumi di vulcaniti basiche maggiormente concentrate lungo la regione ionica degli Iblei.

Limitatamente alle facies affioranti dal Cretaceo al Miocene superiore (Grasso et alii, 1979)

(Grasso et Lentini, 1982) si ribadisce la suddivisione, sempre nell’ambito dell’Avampaese

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Ibleo, in un settore orientale ed uno occidentale separati da una fascia di transizione che si estende da Pedagaggi a Sortino.

Il settore orientale (dominio Siracusano) è caratterizzato da facies marine di acque basse spesso lacunose alle quali si intercalano due orizzonti di vulcaniti basiche.

Nel settore occidentale (dominio Ragusano) dove si trova l’area oggetto del nostro studio, la successione stratigrafica in affioramento è conosciuta a partire dal Cretaceo con un’alternanza di calcari marnosi e marne grigio-verdastre ad ammoniti aptici e belemniti nota come

Formazione Hybla (Stramondo, 1958; Montanari et ali, 1984); lo spessore affiorante non è inferiore ai 60 metri.

Sovrapposta alla precedente e in successione stratigrafica troviamo la Formazione Amerillo

(Cretaceo superiore-Eocene medio), costituita da calcilutiti biancastre con lenti decimetriche di selce nera alla quale seguono, a causa dell’instabilità tettonica del bacino di sedimentazione, fenomeni di splumping e brecce intraformazionali. Lo spessore affiorante non è inferiore a 100 metri.

La Formazione stratigraficamente sovrapposta all’Amerillo, è nota in letteratura come

Formazione Ragusa dell’Oligocene superiore-Miocene inferiore (Rigo e Barbieri, 1959).

La Formazione Ragusa è un’estesa successione carbonatica deposta in un ambiente marino che si può considerare da neritico a pelagico. Essa, potente complessivamente 600 m, di cui

400 ascrivibili al Membro Leonardo ed i restanti 200 al Membro Irminio, in continuità di sedimentazione e pertanto ambedue riferibili ad un unico ciclo sedimentario – è una sequenza nella quale è possibile definire suddivisioni basate su criteri litologici e stratigrafici: sotto il profilo litologico la distinzione può essere effettuata in base ai rapporti di spessore tra strati duri calcarei e strati teneri calcareo-marnosi e marnosi; sotto il profilo stratigrafico macro, ma soprattutto microfauna sono abbastanza differenziate da permettere una precisa datazione.

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La Formazione Ragusa passa talvolta gradualmente alle marne medio-mioceniche della

Formazione Tellaro (Rigo e Barbieri, 1959) nelle quali la frazione clastica carbonatica è nettamente inferiore, anche se si hanno episodi limitati a sporadiche intercalazioni calcarenitico-marnose.

Anche qui sono stati notati “slumping” alla scala delle decine di metri.

La Formazione Tellaro ha spessori minimi compresi tra 60-80 metri e spessori massimi compresi tra 250-300 metri proprio in prossimità del fiume omonimo dove la Formazione e litologicamente predominante.

Superiormente e lateralmente la Formazione Tellaro passa alle calcareniti Tortoniane della

Formazione Palazzolo (Rigo e Barbieri, 1959), a loro volta parzialmente coeve delle calcareniti ad alghe e briozoi della Formazione Monti Climiti, affiorante nel settore orientale.

Da un punto di vista tettonico, l’area è soggetta ad un chiaro regime distensivo per la massiccia presenza di faglie normali principali che delimitano nelle grandi linee l’horst carbonatico, interamente suddiviso in strutture secondarie da sistemi di faglie minori.

Tralasciando il margine Ionico dell’Avampaese Ibleo che risulta chiaramente coinvolto nell’evoluzione recente della Scarpata Ibleo Maltese, il sottoscorrimento del margine dell’Avampaese sotto il fronte della Catena avviene con sistemi di faglie ad andamento NE-

SW sul bordo settentrionale, mentre il margine occidentale è interessato ad un complicato sistema di faglie in cui s’intrecciano direttrici N-S o NNE-SSW (linea Scicli-F.Irminio–

Ragusa), e direttrici NE-SW (linea d’Ispica a SE e sistema Comiso- Chiaramonte ad Ovest).

Il prolungamento della linea di Comiso-Chiaramonte verso SW è riscontrabile anche sotto la copertura Quaternaria.

Altri sistemi di faglie parzialmente sepolti e sub-paralleli a quello di Comiso sono presenti anche ad ovest della Piana di Vittoria.

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Questi sistemi di faglie con rigetto dell’ordine di centinaia di metri che si dovrebbero esaurire nei primi chilometri di profondità, sono certamente la risposta superficiale del collasso del margine dell’Avampaese che tende ad incunearsi sotto le falde della Catena Appenninico-

Maghrebide (Lentini F., Grasso M. & Carbone S., !987).

3.2 GEOLOGIA

A seguito del rilevamento di dettaglio condotto sul territorio comunale, supportato dal precedente studio geologico dell’attuale PRG, è stato possibile delimitare le unità stratigrafiche identificate e ricostruire i rapporti stratigrafici intercorrenti tra le stesse; di seguito viene riportata la descrizione delle unità stratigrafiche come individuate.

Sul territorio oggetto del nostro studio sono stati riconosciuti depositi sia di origine continentale, sia di origine marina.

I depositi di origine continentale, risultando tra l’altro i più recenti, sono:

 Alluvioni attuali e recenti

 Coni di detrito (Conoidi di deiezione)

I depositi di origine marina sono anche i “terreni” più antichi e sono riconoscibili nelle seguenti unità litostratigrafiche, precisamente dal basso verso l’alto abbiamo:

 Formazione Amerillo

 Formazione Ragusa

 Formazione Tellaro

 Trubi

 Calcareniti pleistoceniche

 Alternanza di limi (silt) ed arenarie

 Sabbie fini con livelli arenacei

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 Sabbie rosse con livelli calcarenitici

 Limi ed argille lacustri con lenti di ghiaie

Procedendo per ordine, dai termini più antichi ai più recenti, passiamo ad analizzare in dettaglio le Formazioni e i depositi di origine marine e continentali riconosciuti nell’area rilevata.

Formazione Amerillo

Calcilutiti biancastre con lenti di selce nera in strati da 10 a 20 cm, separati da sottilissimi giunti argillosi e spesso interessati da slumpings. Segue verso l’alto un bancone di brecce monogeniche con elementi sub arrotondati di diametro tra 10 e 30 cm dello spessore tra i 5 e

10 m al massimo, passante in alto ad un’alternanza di calcareniti e calciruditi laminate a macroforaminiferi. Quest’ultima affiorante, limitatamente, nell’area immediatamente a nord del paese di Chiaramonte Gulfi. La Formazione è riferibile all’Eocene medio.

Formazione Ragusa

Questa Formazione è costituita da alternanze di rocce carbonatiche a diversa consistenza e durezza e diverso tenore in carbonato di calcio, dovuto sia alla precipitazione chimica e/o deposizione micro organogena, che a deposizione sedimentaria della componente lutitica terrigena.

La suddetta Formazione essendo molto potente (diverse centinaia di metri) è stata ulteriormente suddivisa in due membri: l’Irminio e il Leonardo.

Nell’area studiata il Membro Leonardo è costituito da un’alternanza di livelli calcilutitici bianco-grigiastri duri associati a calcari marnosi e marne calcaree di colore biancastro. In genere gli strati duri hanno spessore massimo di 30 – 100 cm, mentre i teneri non vanno oltre

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i 40 cm; gli affioramenti raggiungono spessori maggiori di 100 metri.

Verso il basso gli strati calcarei duri, aumentando di spessore, contengono selce bruna in liste e in noduli, mentre gli strati teneri sono nettamente subordinati con spessore di pochi centimetri.

La microfauna contenuta nel Membro Leonardo è riferibile in prevalenza all’Oligocene superiore e parzialmente all’Aquitaniano. Gli spessori del Membro Leonardo sono estremamente vari.

In continuità di sedimentazione sull’unità descritta, si passa verso l’alto ad una serie di banconi, spessi in media 5 metri, separati localmente da strati marnoso-sabbiosi di spessore centimetrico che tendono a chiudersi lateralmente portando alla formazione di banconi ben più spessi (Irminio inf.). In corrispondenza dei tagli freschi si nota la presenza di lenti calcaree grigiastre molto dure di spessore decimetrico.

Il contenuto microfaunistico dei banconi calcarenitici ha un’età prevalentemente Aquitaniana.

Lo spessore di tale livello varia da zona in zona, ma mediamente siamo sull’ordine dei 70 –

80 metri.

In continuità di sedimentazione ai banconi sopra descritti e dunque in concordanza stratigrafica, abbiamo una regolare alternanza, di strati duri calcarenitici, giallastri potenti 50-

70 cm e di strati teneri calcarenitico-marnosi bianco-giallastri di eguale spessore (Irminio sup.); si differenzia dell’alternanza sottostante per il differente rapporto di spessore tra strati teneri e duri qua di 1:1 anziché di 3:1 o più come nel Membro Leonardo; la granulometria è in genere più arenitica rispetto al Membro sottostante. La microfauna ha un’età Burdigaliana.

Gli spessori di quest’alternanza calcarenitico-marnosa sono anch’essi molto vari soprattutto a causa dell’erosione da parte degli agenti esogeni, siamo sull’ordine dei 100 metri.

I banchi calcarenitici e l’alternanza calcareo-marnosa sono variazioni litologiche facenti parte

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dello stesso Membro, l’Irminio.

Sull’alternanza calcarenitico-marnosa con rapporto in spessore di 1:1, si sovrappone, sempre in continuità di sedimentazione e con passaggio graduale, un’altra alternanza calcareo- marnosa; qui gli strati calcarei sono decisamente subordinati rispetto a quelli marnosi.

Questo livello, che si sviluppa verso l’alto sempre più a favore dei livelli marnosi, rappresenta il graduale passaggio tra la Formazione Ragusa e la Formazione Tellaro.

Formazione Tellaro Sovrapposta ed in concordanza stratigrafica, la presenza di questa Formazione è certamente subordinata alla precedente.

Si tratta di notevoli affioramenti, di marne grigiastre a stratificazione indistinta localizzati in depressioni morfologiche nell’area a NNW di Chiaramonte Gulfi. Lo spessore di questa

Formazione nell’area campionata non è facilmente individuabile, anche se alcune perforazioni eseguite in zona parlano di spessori compresi tra 100-200 metri.

Trubi Si tratta di marne e calcari marnosi (Pliocene inferiore) a microforaminiferi di colore bianco- crema; nell’area in studio affiorano limitatamente in prossimità della contrada Morana e costituiscono, con i suoi 50 metri di spessore, il substrato per le sovrastanti calcareniti pleistoceniche.

Calcareniti pleistoceniche Ampiamente affioranti nell’area a NNW dell’abitato di Chiaramonte Gulfi si tratta di calcareniti e sabbie giallastre e calciruditi organogene massive, contenenti talora associazioni faunistiche a prevalenti Pecten jacobaeus. Gli spessori si aggirano sull’ordine dei 70 metri.

Essendo a contatto con i trubi, si evidenzia una lacuna stratigrafica del Pliocene medio-

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superiore che lascia supporre, in quel periodo, l’emersione di tale area.

Alternanza di limi (silts) ed arenarie

L' Alternanza di limi (silts) ed arenarie, ascrivibili al Pleistocene inferiore - medio, sono costituite da un'alternanza di limi, di colore giallo grigiastro, prevalentemente quarzosi, in strati di circa 40 – 60 cm, separati da lamine di sabbie fini chiare, con irregolari intercalazioni di arenarie porose, a volte vacuolari, da poco a ben cementate, in strati di spessore variabile tra 10 e 60 cm.

Presentano uno spessore compreso tra 30 e 70 m e passano verso il basso alle argille azzurre.

Sabbie fini con livelli arenacei

Ascrivibili al Pleistocene inferiore–medio, sono costituite da sabbie quarzose fini, ben addensate, di colore giallastro in cui si rinvengono irregolarmente sottili livelli arenacei detritico - organogeni, che a volte sono talmente ravvicinati da formare banchi dallo spessore di circa 1 m. Tale formazione é presente con uno spessore di circa 50 m.

Sabbie rosse con livelli calcarenitici Ascrivibili al Pleistocene medio, presentano granulometrie da medie a grosse, con lenti di ghiaie calcaree, di colore rossastro in superficie, tendente al giallo in profondità, prevalentemente quarzose con gli elementi più grossolani calcarei; presentano livelli decimetrici di calcareniti biancastre, porose, spesso organogene e poco cementate; lo spessore di queste sabbie é compreso tra 10 e 20 m. Si rinvengono, come il termine precedente nelle aree di pianura, occupandone anch'esse una vasta zona.

Limi ed argille lacustri con lenti di ghiaia

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Sono sedimenti limnici, ascrivibili al Pleistocene medio-superiore, che si rinvengono in una vasta zona del territorio comunale di Chiaramonte Gulfi, in corrispondenza delle aree morfologicamente più piatte comprendente le seguenti contrade: Mortilla, Mandredonna,

Piana di Fontanazza, Ponte, Gerardo, Cicimia, Pantaleo, Fegotto e Dicchiara.

Sono caratterizzati da una notevole variabilità litologica sia verticale che laterale. Essi presentano in superficie una colorazione bianco giallastra, assumendo toni più scuri in profondità; sono formati principalmente da limi biancastri fini, che si presentano da sciolti a debolmente cementati con livelli ben cementati di limi travertinosi. Tali limi passano verso il basso o lateralmente ad argille plastiche di colore grigio scuro. Tra i limi si rinvengono spesso lenti di ghiaia calcarea che hanno spessori compresi tra 2 e 10m.

Coni di detrito (Conoidi di deiezione)

Sono depositi alluvionali olocenici, provenienti dalle incisioni torrentizie e/o paleoalvei, costituite da clasti calcarei depositati caoticamente a causa della netta diminuzione di competenza dell'agente di trasporto (acque incanalate) in concomitanza con la confluenza in un corso d'acqua di grado gerarchico superiore.

I coni di deiezione hanno trasportato e depositato i termini di disfacimento della serie iblea costituiti da ciottoli e/o blocchi arrotondati, che mostrano una discreta maturità e sono immersi in una matrice sabbioso - limosa di colore giallo - rossastra.

La granulometria dei clasti é eterogenea ed aumenta dall'alto verso il basso nelle aree di influenza dei compluvi, mentre decresce dal centro verso l'esterno degli alvei.

Tali depositi hanno uno spessore variabile da 2 - 3 m a 15 – 20m.

Si rinvengono prevalentemente in due zone: in una fascia continua a valle di Chiaramonte per una larghezza media di circa un chilometro comprendente le contrade Favarotta, Petraro,

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Pezze, Piano Palazzo, Buzzolera ed in un'altra molto più limitata a Nord - Ovest di contrada

Donnagona.

Alluvioni attuali e recenti

Con spessori compresi tra 2 e 10 m, sono presenti in corrispondenza delle incisioni formate dai corsi d'acqua e ne costituiscono l'attuale alveo di piena e di magra. Procedendo da monte a valle, esse sono costituite da ghiaie, ciottoli e blocchi calcarei, che man mano si presentano più arrotondati; la matrice limoso sabbiosa presenta una gradazione quantitativamente crescente, procedendo verso la zona pedemontana.

Tale matrice, conferisce un discreto grado di cementazione alle alluvioni e si possono osservare versanti verticali stabili con altezze superiori a 3 - 4 metri.

3.3 TETTONICA

L’Avampaese ibleo costituisce insieme alla porzione di Catena Appennino-Maghrebide presente nel suo margine settentrionale e alla fossa Gela-Catania uno dei principali elementi strutturali della Sicilia orientale. Esso è rimasto relativamente indisturbato durante le principali fasi tettogenetiche che hanno interessato il resto dell’isola. Le principali dislocazioni subite consistono in fitti sistemi di faglie, prevalentemente a carattere distensivo, situati nel settore nord-occidentale (sistema Comiso – Chiaramonte Gulfi ) ed in quello sud- orientale (sistema di Ispica), tali da conferirgli la forma di un grand Horst allungato in senso

NE-SW.

Questi sistemi di faglie, con rigetto dell’ordine delle centinaia di metri, si dovrebbero esaurire nei primi chilometri di profondità e rappresenterebbero la risposta superficiale ad un generale regime compressivo, originatosi dal collasso del margine dell’Avampaese che tende ad

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incunearsi al di sotto delle falde della Catena Appenninico-maghrebide (Carbone S. Grasso

M. & Lentini F. 1982a).

Le faglie a gradinata che delimitano il bordo affiorante del Plateau ibleo continuano anche verso Ovest sepolte sotto i sedimenti infra e medio pleistocenici della piana di Vittoria

(Grasso M. e Reuther,1988,Grasso et al, 1990).

Le faglie, classificate come normali esprimono, di fatto, rigetti prevalentemente verticali con inclinazioni dei piani di faglia anch’esse prossime alla verticale.

A tal proposito è importante ricordare, che in prossimità di sbancamenti antropici si possono osservare piccole faglie con minimi rigetti dove si nota un movimento tra i blocchi su piano verticale, prevalentemente trascorrente .

Alla luce di questa constatazione non sono da escludere, anche se non sono state notate, faglie ben più importanti dove lo spostamento relativo tra blocchi si possa evolvere da normale a trascorrente con prevalente componente orizzontale.

Le faglie rilevate, interessano indistintamente tutti i livelli affioranti.

È possibile osservare su tutto il territorio contatti tettonici tra il Membro Leonardo e l’alternanza calcarenitico-marnosa (Membro Irminio sup.); ed ancora contatti tra i banconi calcarenitici e l’alternanza calcarenitico-marnosa appartenenti entrambi al Membro Irminio .

L’entità del rigetto delle faglie varia in relazione ai livelli interessati.

Le faglie che sicuramente hanno rigetti maggiori sono quelle che mettono in contatto il

Membro Leonardo con l’alternanza calcarenitico-marnosa (Membro Irminio sup.). In queste condizioni é ipotizzabile in alcune faglie un movimento verticale di centinaia di metri.

Le strutture tettoniche più evidenti sono i Graben presente in prossimità del monte S. Marco e l’Horst di contrada Donnagona.

Per quel che riguarda l’età delle faglie, non essendo in grado di osservare dislocazioni

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tettoniche su depositi continentali recenti, è possibile solamente, senza commettere grossolani errori, postdatarle al Miocene medio.

3.4 MORFOLOGIA

Lungo il bordo occidentale ibleo le strutture predominanti, come già detto nel paragrafo precedente, sono date da faglie normali plio-pleistoceniche a rigetto notevole, dell’ordine delle centinaie di metri, che producono una morfologia complessiva a gradinata digradante verso Ovest e a volte interrotta da horsts (Lentini et al,1984).

Questa struttura a gradinata risulta essere marcata da potenti accumuli detritici e da conoidi a volte molto estese e ben sviluppate lungo la fascia pedemontana occidentale, nel tratto che va da Licodia Eubea a Chiaramonte Gulfi e Comiso.

Il paesaggio si presenta bianco a causa della presenza di rocce calcaree; la sommità delle colline è tabulare o a dossi, lievemente convessa.

Contrastano con l’aspetto addolcito delle sommità collinari le valli fluviali, profondamente incise. L’andamento complessivamente tabulare è da collegare con la giacitura suborizzontale e la resistenza all’erosione dei termini più calcarei.

In prima analisi la morfologia appare chiaramente influenzata dai diversi litotipi affioranti, difatti i livelli più erodibili hanno dato vita a pendenze più dolci in contrapposizione ai livelli più resistenti che formano pareti di roccia quasi verticali.

In altre parole i litotipi affioranti agiscono alla azione degli agenti esogeni in maniera diversa, sono dunque soggetti alla “erosione selettiva”.

Passiamo ad analizzare nel dettaglio il diverso comportamento meccanico dei livelli individuati.

Il Membro Leonardo costituito da un’alternanza di livelli calcilutitici bianco-grigiastri duri associati a calcari marnosi e marne calcaree di colore biancastro, è soggetto chiaramente

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all’erosione selettiva.

Come si può osservare in molti affioramenti, i livelli più marnosi e dunque più teneri sono anche quelli maggiormente soggetti all’attacco degli agenti esterni; la testata o il fianco degli strati teneri è arretrato rispetto ai più duri strati calcarei.

Il livello a banchi calcarenitici, sovrapposto al Membro Leonardo, è invece il più resistente all’erosione e la sua maggiore resistenza è imputabile all’assenza di strati marnosi.

In successione stratigrafica rispetto ai banconi, troviamo poi una alternanza di strati duri calcarenitici, potenti 50-70 cm con strati teneri più marnosi di eguale spessore (Mb. Irminio sup). Gli strati duri, calcarei presentano una notevole resistenza all’erosione meccanica e all’effetto dell’insolazione mentre si presentano solubili all’azione delle acque acidule.

Gli strati più marnosi, hanno invece una debole resistenza all’azione delle acque piovane e selvagge e all’azione del vento.

Insieme questi agenti riescono a smantellare lo strato più tenero formando uno strato di suolo agrario di spessore decimetrico.

In alcuni casi gli agenti esogeni riescono ad asportare quasi completamente lo strato tenero mettendo a nudo lo stato duro sottostante, la cui resistenza meccanica gli assicura una permanenza più lunga.

Il paesaggio che ne scaturisce è caratteristico delle zone interessate dalla Formazione Ragusa.

Oltre alla diversa erodibilità dei litotipi individuati nella zona, meritano una citazione anche le morfologie epigee ed ipogee, presenti soprattutto nella Formazione Ragusa e attribuibili all’azione carsica delle acque circolanti. Più precisamente, le strutture epigee presenti sono le forme minori quali fori, crepacci, derivanti dall’azione chimica esercitata nelle zone di debolezza della massa rocciosa (quali i piani di fratturazione ed i piani di stratificazione). Il proseguimento o meglio lo sviluppo delle strutture epigee in profondità, non fa altro che

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contribuire alla formazione della morfologia ipogea, quest’ultima presente con delle cavità suborizzontali (gallerie).

Quindi, sotto il profilo morfologico il territorio è caratterizzato da pendenze piuttosto blande con morfologie legate ai litotipi presenti, leggermente più accidentate nei livelli dove affiorano i materiali detritici recenti (Conoidi) ed i termini carbonatici, e praticamente piatte nei livelli rappresentati da sabbie, ghiaie e silts.

Infine nell’area è presente una rete idrografica il cui carattere torrentizio è dovuto al particolare regime delle precipitazioni atmosferiche e la cui modesta estensione è legata sia alla litologia delle rocce affioranti sia al controllo tettonico.

E’ importante constatare come la rete idrografica segue in genere una evoluzione che prevede l’impostazione di un corso d’acqua principale su una depressione tettonica lungo i cui fianchi poi il drenaggio avviene ortogonalmente alla direttrice strutturale esprimendo così un rapporto di netta dipendenza dalla tettonica.

4 ASPETTI CLIMATICI

Le caratteristiche climatiche dell’area studiata sono state determinate con l’ausilio degli

Annali Idrologici, tramite i quali è stato possibile ricavare ed elaborare i dati termometrici e pluviometrici. In particolare, per quanto riguarda i dati pluviometrici si è fatto riferimento alla stazione pluviometrica “Chiaramonte Gulfi” relativamente al periodo 1956-2000 in base a quanto pubblicato dall’Osservatorio delle Acque della Regione Siciliana (di seguito riportati).

Dalla elaborazione dei dati pluviometrici la precipitazione media dell’anno idrologico 1956-

2000, risulta pari a 731.4mm; il mese più piovoso risulta Dicembre, seguito da Gennaio.

Per quanto riguarda i dati termometrici, tenuto conto della non presenza di una stazione termometrica a Chiaramonte Gulfi, si è fatto riferimento alla stazione termometrica di

Monterosso Almo del Servizio Idrografico, relativamente al periodo 1961-1999. Quest’ultimi

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dati, acquisiti da quanto pubblicato dall’Osservatorio delle Acque della Regione Siciliana sono di seguito riportati. La temperatura media annua dell’intero periodo considerato (1961-

1999) risulta di 15.6°C, con una escursione di temperatura tra i mesi di invernali ed estesi che va dai 7.8°C di Gennaio ai 24.9 di Luglio.

STAZIONI Chiaramonte G. Monterosso Almo Valori P (mm/a) T (°C) Periodo 1956-2000 1961-1999 Gennaio 110.2 7.8 Febbraio 77.1 8.1 Marzo 65.7 9.9 Aprile 50.1 12.4 Maggio 31 17.4 Giugno 10.4 22.0 Luglio 8.9 24.9 Agosto 19.6 24.5 Settembre 49.2 21.4 Ottobre 90.7 17.0 Novembre 105.5 12.7 Dicembre 113.2 9.1 ANNO 731.4 15.6

Sulla base dei dati termo-pluviometrici sopra esposti, si può affermare che l’area esaminata rientra nel dominio del clima temperato-caldo (mesodermico) di tipo subtropicale, con curva termica sempre positiva, stagioni estive asciutte ed inverni umidi.

Andamento dei valori pluviometrici e termometrici medi mensili (periodo 1956-2000)

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5 IDROGRAFIA

Il reticolo idrografico del territorio comunale di Chiaramonte Gulfi presenta uno sviluppo direttamente influenzato dalle caratteristiche morfologiche, geologiche e tettoniche in cui si possono distinguere due aree con orientazione NE – SO una di monte ad Est ed una di valle ad Ovest, così come si evince dalla seguente figura.

PRG Chiaramonte Gulfi

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Nel settore orientale il reticolo idrografico presenta una notevole densità relativa e la morfologia può essere considerata globalmente ad andamento "parallelo asimmetrico", con direzione di deflusso Est–Ovest, l'asimmetria é molto marcata poiché i deflussi provengono esclusivamente da Est e cioè dai rilievi a monte dell'abitato di Chiaramonte Gulfi.

Si tratta principalmente di vallecole e forre strette e profonde, sedi di corsi d'acqua a carattere torrentizio, che solcano successioni litoidi molto dure e tenaci, altamente tettonizzate ma difficilmente erodibili e convogliano verso valle i deflussi provenienti da monte.

Il grado di gerarchizzazione é abbastanza alto, infatti, utilizzando la metodologia proposta da

STRAHLER (1964), si può osservare che già nei pressi della S.S. 514 Ragusa - Catania é presente un corso di 4°ordine (il torrente Para - Para, che si trasfora a valle nel torrente

Mazzarronello). Parte dei deflussi idrici confluiscono nel bacino del fiume Dirillo -Acate, e parte a Sud nel fiume Ippari, lo spartiacque che separa il bacino del fiume Dirillo a Nord da quello del fiume Ippari a Sud presenta direzione Est - Ovest.

Nel settore occidentale la densità del reticolo idrografico é più bassa, e ciò é diretta conseguenza del mutato stile geologico-tettonico. Infatti si passa a coperture "tenere", perlopiù incoerenti, all'interno di un assetto morfologico molto blando e in vaste aree tabulare.

Il grado di gerarchizzazione del reticolo é notevolmente inferiore e si raggiungono solamente ordini di 2° grado, i deflussi superficiali dell'area sono destinati esclusivamente al torrente

Mazzarronello (4° ordine) e all'incisione di Cava Scura, che confluiscono entrambi nel fiume

Dirillo.

Un ultimo elemento da considerare riguarda la assoluta "stagionalità" della maggior parte delle unità idrografiche presenti nel territorio, che si presentano praticamente secche per quasi tutto l'anno, eccetto per i periodi invernali presentare portate idriche notevoli.

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6 IDROGEOLOGIA

I litotipi affioranti sono stati suddivisi in cinque classi di permeabilità all’interno delle quali sono state incluse, senza alcuna differenziazione sia le tipologie primarie (permeabilità per porosità) che quelle secondarie (permeabilità per fratturazione). a) litotipi per porosità; a questo gruppo appartengono le conoidi di deiezione, alluvioni attuali e recenti, sabbie rosse con livelli calcarenitici, sabbie fini con livelli arenacei, limi ed argille lacustri con lenti di ghiaie, alternanza di limi (silts) ed arenarie. Il grado di permeabilità varia da 10-3÷10-6 cm/sec, in funzione della granulometria e dello stato di addensamento, ne consegue una discreta variabilità delle potenzialità degli acquiferi che in essi hanno sede. b) litotipi per fratturazione e porosità; questo gruppo comprende i depositi lapidei

(calcareniti pleistoceniche, alternanza calcareo/calcarenitico marnosa (Mb. Irminio e Mb.

Leonardo) della F.ne Ragusa. La permeabilità prevalente è in genere di tipo secondario, il cui grado è dell’ordine di 10-4 cm/sec, anche se localmente presenta valori discontinui, connessi alla presenza di sistemi di fratture e fessure che costituiscono all’interno dell’ammasso vie preferenziali di circolazione. Nei litotipi a granulometria arenitica con basso grado di cementazione, alla permeabilità secondaria si associa anche una permeabilità di tipo primario di grado medio-basso.

In relazione alle caratteristiche litologiche e di permeabilità delle diverse formazioni affioranti nel territorio, ai relativi rapporti stratigrafici al loro assetto strutturale e all’estensione e spessore dei depositi possono essere schematicamente distinti i seguenti sistemi acquiferi:

1) acquiferi in falda libera nei depositi quaternari, calcarenitico-sabbiosi e sabbiosi arenacei;

Il complesso calcarenitico-sabbioso e sabbioso-arenaceo, costituisce un sistema acquifero di tipo libero, monostratificato a grande scala, mentre a scala locale può essere considerato un multistrato per la presenza di diaframmi semipermeabili; è alimentato sia dall’apporto diretto

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delle precipitazioni sia localmente dalla falda presente nell’acquifero carbonatico profondo per interconnessione.

2) acquifero in pressione nella successione carbonatica della F.ne Ragusa, costituito litologicamente da un’alternanza di biocalcareniti e calcareniti marnose; le risorse idriche della falda confinata che in esso ha sede sono di notevole potenzialità, considerata l’ampia estensione del bacino di alimentazione dell’Altopiano ibleo; il tetto confinante è costituito dalla F.ne Tellaro.

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7 PIANO STRALCIO DI BACINO PER L’ASSETTO IDROGEOLOGICO (PAI)

Il Piano Stralcio per l’ Assetto Idrogeologico, di seguito denominato P.A.I., redatto ai sensi dell’art. 17, comma 6 ter, della L. 183/89, dell’art. 1, comma 1, del D.L. 180/98, convertito con modificazioni dalla L. 267/98, e dell’art. 1 bis del D.L. 279/2000, convertito con modificazioni dalla L. 365/2000, ha valore di piano territoriale di settore e rappresenta lo strumento conoscitivo, normativo e di pianificazione mediante il quale la Regione Sicilia, pianifica e programma le azioni e le norme d’uso finalizzate alla salvaguardia delle popolazioni, degli insediamenti, delle infrastrutture e del suolo. Esso persegue l’obiettivo di garantire al territorio di competenza della Regione adeguati livelli di sicurezza rispetto all'assetto geomorfologico, relativo alla dinamica dei versanti e al pericolo di frana, l'assetto idraulico, relativo alla dinamica dei corsi d'acqua e al pericolo d'inondazione, e l’assetto della costa, relativo alla dinamica della linea di riva e al pericolo di erosione costiera.

Dall’adozione del PAI le Amministrazioni, gli Enti pubblici nonché i soggetti privati, ai sensi dell’art. 17 della L. 183/89 e successive modifiche ed integrazioni, sono immediatamente vincolati alle prescrizioni fatte, limitatamente alle aree perimetrate negli allegati, in quanto costituiscono variante agli strumenti urbanistici vigenti.

Il territorio di Chiaramonte Gulfi ricade all’interno del bacino Idrografico del Fiume Acate-

Dirillo ed all’interno del bacino Idrografico del Fiume Ippari e delle aree comprese tra il bacino idrografico del Fiume Acate-Dirillo e il bacino idrografico del fiume Irminio, così come di seguito evidenziato.

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Delimitazione Bacino idrografico del Fiume Acate-Dirillo

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Delimitazione del bacino idrografico del Fiume Ippari e delle aree comprese tra il bacino idrografico del F. Acate-Dirillo e il bacino idrografico del F. Irminio 1

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Nel territorio comunale di Chiaramonte Gulfi sono stati censiti sia durante una prima fase ed un successivo aggiornamento:

- nessuna area a pericolosità ed a rischio idraulico per fenomeni di esondazione;

- un totale di n° 27 dissesti, di cui 25 (venticinque) ricadenti all’interno del bacino

Idrografico del Fiume Acate-Dirillo (078) e 2 (due) ricadenti all’interno del

bacino Idrografico del Fiume Ippari (080) e delle aree comprese tra il bacino

idrografico del Fiume Acate-Dirillo (079) e il bacino idrografico del fiume Irminio

(081); di seguito elencati:

Dissesti censiti ricadenti nel bacino idrografico del Fiume Acate-Dirillo

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Dissesti censiti ricadenti nel bacino idrografico del Fiume Acate-Dirillo in seguito al 1° Aggiornamento

Dissesti censiti ricadenti nel bacino idrografico del Fiume Ippari e delle aree comprese tra il bacino idrografico del F. Acate-Dirillo e il bacino idrografico del F. Irminio

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Per quanto riguarda la loro ubicazione e perimetrazione si rimanda ai seguenti allegati:

Bacino idrografico del F. Dirillo (078) – 1° Aggiornamento parziale - Stralcio carta dei dissesti n°30 (CTR: 645130)

Bacino idrografico del F. Dirillo (078) – 1° Aggiornamento parziale - Stralcio carta pericolosità e rischio geomorfologico n°30 (CTR: 645130)

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Bacino idrografico del F. Dirillo (078) – Stralcio carta dei dissesti n°22 (CTR: 644120)

Bacino idrografico del F. Dirillo (078) – Stralcio carta della pericolosità e del rischio geomorfologico n°22 (CTR: 644120)

31

Bacino idrografico del F. Dirillo (078) – Stralcio carta dei dissesti n°21 (CTR: 644110)

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Bacino idrografico del F. Dirillo (078) – Stralcio carta dei dissesti n°22 (CTR: 644120)

Bacino idrografico del F. Dirillo (078) – Stralcio carta della pericolosità e del rischio geomorfologico n°22 (CTR: 644120)

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Bacino idrografico del F. Ippari ed aree comprese tra il bacino del F. Acate-Dirillo e il bacino del F. Irminio - Stralcio carta dei dissesti n°10 (CTR: 648010)

Bacino idrografico del F. Ippari ed aree comprese tra il bacino del F. Acate-Dirillo e il bacino del F. Irminio - Stralcio carta della pericolosità e del rischio geomorfologico n°10 (CTR: 648010)

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Per una maggiore comprensione si riportano rispettivamente le legende della carte dei dissesti e della carta della pericolosità e del rischio geomorfologico.

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Nell’ambito dei 27 dissesti censiti sono state individuate 4 classi di pericolosità e 3 classi di rischio.

In particolare sono state classificate le seguenti aree: n. 2 pericolosità bassa (P0); n. 7 pericolosità moderata (P1); n. 9 pericolosità media (P2); n. 9 pericolosità elevata (P3).

In relazione alla determinazione delle classi di rischio sono state individuate n. 16 aree rischio di cui: n. 1 rischio moderato (R1); n.2 rischio medio (R2); n. 5 rischio elevato (R3); n. 8 rischio molto elevato (R4).

Di seguito si riportano rispettivamente le definizioni delle classi di rischio (R1-R2-R3-R4), degli elementi di rischio (E1-E2-E3-E4) e della pericolosità:

R1 - RISCHIO MODERATO: per il quale i danni sociali, economici e al patrimonio ambientale sono marginali.

R2 - RISCHIO MEDIO: per il quale sono possibili danni minori agli edifici, alle infrastrutture a al patrimonio ambientale che non pregiudicano l'incolumità del personale, l'agibilità degli edifici e la funzionalità delle attività economiche.

R3 - RISCHIO ELEVATO: per il quale sono possibili problemi per l'incolumità delle persone, danni funzionali agli edifici e alle infrastrutture con conseguente inagibilità degli stessi, la

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interruzione di funzionalità delle attività socio-economiche e danni rilevanti al patrimonio ambientale.

R4 - RISCHIO MOLTO ELEVATO: per il quale sono possibili la perdita di vite umane e lesioni gravi alle persone, danni gravi agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale, la distruzione di attività socioeconomiche.

E1 - Case sparse - Impianti sportivi e ricreativi - Cimiteri - Insediamenti agricoli a bassa tecnologia - Insediamenti zootecnici.

E2 - Reti e infrastrutture tecnologiche di secondaria importanza e/o a servizio di ambiti territoriali ristretti (acquedotti, fognature, reti elettriche, telefoniche, depuratori…) - Viabilità secondaria (strade provinciali e comunali che non rappresentino vie di fuga) - Insediamenti agricoli ad alta tecnologia – Aree naturali protette, aree sottoposte a vincolo ai sensi del D.

L.vo 490/99.

E3 - Nuclei abitati - Ferrovie - Viabilità primaria e vie di fuga – Aree di protezione civile

(attesa, ricovero e ammassamento) - Reti e infrastrutture tecnologiche di primaria importanza

(reti elettriche, gasdotti, discariche…) - Beni culturali, architettonici e archeologici sottoposti a vincolo ai sensi del D.L.vo 490/99.- Insediamenti industriali e artigianali - Impianti D.P.R.

175/88.

E4 - Centri abitati - Edifici pubblici di rilevante importanza (es. scuole, chiese, ospedali, ecc.).

Per PERICOLOSITA’ si intende la probabilità che si realizzino condizioni di accadimento dell’evento calamitoso in una data area; vengono distinte la pericolosità geomorfologica e la pericolosità idraulica: a) pericolosità geomorfologica: è riferita a fenomeni di dissesto in atto e non riguarda quindi la pericolosità di aree non interessate da dissesto (propensione al dissesto);

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b) pericolosità idraulica: è correlata con la probabilità annua di superamento di una portata di riferimento (portata di piena), valutata in funzione di uno specifico tempo di ritorno (numero di anni in cui la portata di piena viene eguagliata o superata in media una sola volta). La pericolosità idraulica è quindi correlata all’inverso del tempo di ritorno di una portata di piena e, se disponibile, al relativo tirante idrico. L’area di pericolosità idraulica è rappresentata dall’area di inondazione, relativa al tempo di ritorno di una portata di piena, conseguente all’esondazione di un corso d’acqua naturale o artificiale.

Pertanto, per quanto riguarda le norme di attuazione, si riportano di seguito quelle specifiche riguardanti l’assetto geomorfologico:

Art. 8 (Disciplina delle aree a pericolosità geomorfologica)

1. Le aree pericolose, in quanto interessate da dissesti, sono oggetto di disciplina a fini preventivi e sono l’ambito territoriale di riferimento per gli interventi di mitigazione del rischio geomorfologico.

2. Nelle aree a pericolosità “molto elevata” (P4) ed “elevata” (P3):

• sono vietati scavi, riporti, movimenti di terra e tutte le attività che possono esaltare

il livello di rischio atteso;

• è vietata la localizzazione, nell’ambito dei Piani Provinciali e Comunali di

Emergenza di Protezione Civile, delle "Aree di attesa", delle "Aree di ammassamento

dei soccorritori e delle risorse" e delle "Aree di ricovero della popolazione".

3. In queste aree la realizzazione di elementi inseriti nelle classi E4 ed E3 è subordinata all’esecuzione degli interventi necessari alla mitigazione dei livelli di rischio atteso e pericolosità esistenti.

4. La documentazione tecnica comprovante la realizzazione degli interventi di riduzione della pericolosità dovrà essere trasmessa all’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente che,

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previa adeguata valutazione, provvederà alle conseguenti modifiche, ai sensi del precedente art. 5.

5. Nelle aree a pericolosità P4 e P3, l’attività edilizia e di trasformazione del territorio, contenuta negli strumenti urbanistici generali o attuativi, relativa agli elementi E1 ed E2, è subordinata alla verifica della compatibilità geomorfologica. A tal fine, gli Enti locali competenti nella redazione degli strumenti urbanistici, predispongono e trasmettono all’Assessorato Territorio e Ambiente uno studio di compatibilità geomorfologica. Gli studi sono redatti sulla base degli indirizzi contenuti nell’Appendice “A”.

6. Gli studi sono sottoposti al parere dell’Assessorato Regionale del Territorio e Ambiente che si esprime in merito alla compatibilità con gli obiettivi del P.A.I.

7. Nelle aree a pericolosità P4 e P3 sono esclusivamente consentite:

• Le opere di regimazione delle acque superficiali e sotterranee;

• Le occupazioni temporanee di suolo, da autorizzarsi ai sensi dell’articolo 5 della

legge regionale 10 agosto 1985, n.37; realizzate in modo da non recare danno o da

risultare di pregiudizio per la pubblica incolumità;

• Le opere relative ad attività di tempo libero compatibili con la pericolosità della

zona, purché prevedano opportune misure di allertamento.

8. Nelle aree a pericolosità P2, P1 e P0, è consentita l’attuazione delle previsioni degli

strumenti urbanistici, generali e attuativi, e di settore vigenti, corredati da indagini

geologiche e geotecniche effettuate ai sensi della normativa in vigore ed estese ad un

ambito morfologico o ad un tratto di versante significativo.

9. Tutti gli studi geologici di cui ai commi precedenti devono tener conto degli elaborati cartografici del P.A.I., onde identificare le interazioni fra le opere previste e le condizioni geomorfologiche dell’area nel contesto del bacino idrografico di ordine inferiore.

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Art. 9 (Disciplina delle aree a rischio geomorfologico molto elevato R4)

1. Nelle aree a rischio molto elevato (R4), sono esclusivamente consentiti: a) Gli interventi di demolizione senza ricostruzione, da autorizzarsi ai sensi dell’articolo 5 della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37; b) Gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, gli interventi di restauro e risanamento conservativo e gli interventi di ristrutturazione edilizia parziale degli edifici che non comportino delle modifiche strutturali (con esclusione pertanto della loro demolizione totale e ricostruzione), così come definiti dall’articolo 20, comma 1, lettere a), b), c) e d) della legge regionale 27 c) Gli interventi volti a mitigare la vulnerabilità degli edifici esistenti e a migliorare la tutela della pubblica incolumità, senza aumenti di superficie e volume e cambiamenti di destinazione d’uso che comportino aumento del carico urbanistico; d) Gli interventi necessari per la manutenzione ordinaria, straordinaria e di consolidamento delle opere infrastrutturali e delle opere pubbliche o di interesse pubblico e gli interventi di consolidamento e restauro conservativo di beni di interesse culturale, compatibili con la normativa di tutela; e) Le occupazioni temporanee di suolo, da autorizzarsi ai sensi dell’art. 5 della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37, realizzate in modo da non recare danno o da risultare di pregiudizio per la pubblica incolumità; f) Gli interventi di consolidamento per la mitigazione del rischio di frana; g) Gli interventi di adeguamento del patrimonio edilizio esistente per il rispetto delle norme in materia di sicurezza e igiene del lavoro e di abbattimento di barriere architettoniche.

Art. 10 (Disciplina delle aree a rischio geomorfologico elevato R3)

1. Nelle aree a rischio elevato (R3) valgono le stesse disposizioni di cui al comma 1 dell’articolo precedente e sono altresì consentiti:

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a) gli interventi di adeguamento igienico-funzionale degli edifici esistenti, ove necessario, per il rispetto della legislazione in vigore anche in materia di sicurezza del lavoro, connessi ad esigenze delle attività e degli usi in atto; b) l’ampliamento o la ristrutturazione delle infrastrutture pubbliche o di interesse pubblico esistenti, purché compatibili con lo stato di dissesto esistente.

Va sottolineato che, essendo il PAI uno strumento dinamico della pianificazione di bacino, è espressamente previsto il periodico aggiornamento in termini sia di conoscenza sia di approfondimenti specifici. In particolare, il P.A.I. potrà essere oggetto di integrazioni e modifiche su richiesta e/o segnalazioni di Enti pubblici e Uffici territoriali, in relazione a: a) indagini e studi a scala di dettaglio presentati da pubbliche amministrazioni; b) nuovi eventi idrogeologici idonei a modificare il quadro della pericolosità; c) variazioni delle condizioni di pericolosità derivanti da:

• Effetti di interventi non strutturali;

• Realizzazione e/o completamento di interventi strutturali di messa in sicurezza delle aree interessate ed effetti prodotti dalle opere realizzate per la mitigazione del rischio.

Nei casi di cui ai precedenti punti a), b) e c), le amministrazioni interessate devono provvedere a perimetrare le aree sulla Carta Tecnica Regionale, in scala 1:10000 e a trasmettere tali elaborati all’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente – Dipartimento

Territorio.

Le modifiche e/o le integrazioni e gli aggiornamenti del P.A.I. saranno approvati con Decreto del Presidente della Regione, previa Delibera della Giunta Regionale, su proposta dell’Assessore Regionale Territorio e Ambiente.

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8 AREE INTERESSATE DALLA VARIANTE (AREE DI TRASFORMAZIONE URBANISTICA)

Come già detto in premessa, le aree interessate dalla variante in oggetto sono le seguenti: area urbana di Chiaramonte e villaggio Gulfi, c.de Roccazzo-Sperlinga, c.de Piano Dell’Acqua-

Donnagona ed area circostante il nuovo aeroporto di Comiso. Di seguito per ogni singola area sono stati analizzati gli aspetti geologici, geomorfologici, idrogeologici e le caratteristiche litotecniche.

8.1 AREA: CHIARAMONTE - VILLAGGIO GULFI

8.1.1 Lineamenti geologici area urbana di Chiaramonte Gulfi

L’abitato di Chiaramonte Gulfi è inserito nel contesto geologico del plateau ibleo ed appare particolarmente interessato dalle diverse vicissitudini geologico-strutturali interconnesse con la storia geologica dell’Avampaese Ibleo.

In riferimento a quest’ultimo, l’area situata sul suo margine occidentale è caratterizzata da una successione tipica di piattaforma a notevole subsidenza litologicamente composta da un’alternanza calcarenitico-marnosa e calcareo-marnosa riferibile alla Formazione Ragusa di età Oligo-Miocenica.

Dal punto di vista tettonico il settore centro-occidentale dell’altipiano ibleo, rappresenta una fascia di transizione fra l’Avampaese e la fossa, caratterizzato dal progressivo affondamento del substrato ibleo al di sotto delle coperture Plio-Pleistoceniche, per effetto di sistemi di faglia a direzione media NE-SW.

Il quadro generale dell’assetto stratigrafico, quale si configura allo stato attuale, nell’area di interesse, è stato ricostruito mediante osservazioni su affioramenti, sbancamenti limitrofi, e dai dati geognostici noti nell’area, nonché da un rilevamento di dettaglio opportunamente esteso, associato a quanto desumibile dalla consultazione della cartografia ufficiale, nella

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fattispecie della Carta Geologica del settore centro meridionale dell’altopiano Ibleo, scala

1:50000.

La successione litologica e stratigrafica riconosciuta nell’area d’interesse, è costituita da strati calcarenitici bianco-giallastri mediamente fratturati alternati a strati marnosi di colore grigio-giallastro.

In base alle osservazioni condotte nell’area e dai dati in possesso lo spessore di quest’ultimi terreni sul sito è notevole (maggiore di 30metri) ed in ogni caso superiore a quello di interesse geotecnico. Tali terreni presentano un comportamento di tipo lapideo, la loro caratterizzazione varia quindi in funzione del grado di fratturazione e di alterazione. L’ammasso presenta comunque delle caratteristiche buone con parametri geomeccanici e di portanza buoni.

Per un inquadramento geologico dell’area si veda lo schema geologico elaborato a scala

1:10000 ed allegato alla presente relazione.

8.1.2 Lineamenti morfologici ed idrogeologici area urbana di Chiaramonte Gulfi

L’area del centro abitato di Chiaramonte Gulfi presenta caratteri morfologici chiaramente connessi alla litologia dei terreni affioranti e alle vicissitudini strutturali che nel tempo hanno interessato l’intero Avampaese ibleo di cui è parte integrante.

Quindi si è in presenza di una tipica morfologia tabulare frequentemente solcata da incisioni vallive caratteristica degli altipiani iblei.

La morfologia dell’area, interamente mascherata dalle opere di urbanizzazione, è estrapolabile dall’andamento delle pendenze delle vie urbane; in particolare l’abitato di Chiaramonte Gulfi presenta una chiara conformazione a gradoni legata all’alternanza di banconi calcarei e calcareo-marnosi a diversa competenza ed all’assetto strutturale dell’area.

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Conseguentemente all’assetto morfologico dell’area e all’elevata permeabilità dei terreni, l’area in esame non risulta interessata da significativi fenomeni di scorrimento di acque selvagge, ruscellanti e laminari. In ogni caso le acque di precipitazione atmosferica vengono in parte normalmente smaltite dalle opere urbane.

La circolazione idrica superficiale si presenta dunque pressoché assente, limitandosi nelle incisioni vallive ad un deflusso a carattere torrentizio limitato agli apporti meteorici stagionali. Tali incisioni, che fungono da assi drenanti per l’area, sono situati fuori dal contesto urbano ad una ragguardevole distanza da quest’ultimo.

Per quanto riguarda la circolazione idrica sotterranea, da dati rilevati nell’area, si è osservato che la falda idrica superficiale risiede a notevole profondità rispetto al piano campagna, e quindi si può affermare che non esiste alcun problema d’interazione della falda stessa con gli edifici presenti, tenuto conto anche delle modeste oscillazioni stagionali del suo livello statico.

8.1.3 Lineamenti geologici area Villaggio Gulfi

L’area del Villaggio Gulfi è inserita nel contesto geologico del plateau ibleo ed appare particolarmente interessata dalle diverse vicissitudini geologico-strutturali interconnesse con la storia geologica dell’Avampaese Ibleo.

L’Avampaese degrada verso ovest dando luogo ad una piana formata da depositi sedimentari costituiti da sabbie, arenarie, limi ed argille di età Plio-Pleistocenici. Il passaggio è caratterizzato da un’ampia fascia di depositi sabbioso-ghiaiosi di natura detritica legati alla formazione di conoidi di deiezione, che rappresenta il substrato geologico dell’intero villaggio

Gulfi.

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Dal punto di vista tettonico il settore centro-occidentale dell’altipiano ibleo, rappresenta una fascia di transizione fra l’Avampaese e la fossa, caratterizzato dal progressivo affondamento del substrato ibleo al di sotto delle coperture Plio-Pleistoceniche, per effetto di sistemi di faglia a direzione media NE-SW.

Il quadro generale dell’assetto stratigrafico, quale si configura allo stato attuale, nell’area di interesse, è stato ricostruito mediante osservazioni su affioramenti in situ, nonché da un rilevamento di dettaglio opportunamente esteso, associato a quanto desumibile dalla consultazione della cartografia ufficiale, nella fattispecie della Carta Geologica del settore centro meridionale dell’altopiano Ibleo, scala 1:50000.

La successione litologica e stratigrafica riconosciuta nell’area è costituita da ghiaie eterometriche ad elementi carbonatici spigolosi e poco arrotondati immersi in una matrice sabbiosa da grossolana a media di colore variabile fra l’avana e il giallo rossastro, caratterizzati da un discreto grado di addensamento.

In base alle osservazioni condotte nell’area e dai dati in possesso lo spessore di quest’ultimi terreni sul sito è variabile dai 2 ai 20metri.

Dal punto di vista del comportamento meccanico viene qui assimilato cautelativamente ad un terreno granulare permeabile, per il quale si può considerare come unico contributo la resistenza di attrito espressa in funzione dell’angolo di attrito interno, e trascurare invece il contributo dovuto alla coesione. In linea di massima tale terreno presenta caratteristiche litologiche tali da avere parametri geomeccanici e di portanza discreti.

Per un inquadramento geologico dell’area si veda lo schema geologico elaborato a scala

1:10000 ed allegato alla presente relazione.

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8.1.4 Lineamenti morfologici ed idrogeologici area Villaggio Gulfi

L’area del villaggio Gulfi ha caratteri morfologici chiaramente connessi alla litologia dei terreni affioranti, pertanto, presenta una leggera pendenza naturale verso nord-ovest dando luogo ad una morfologia subpianeggiante priva di elementi di potenziali dissesto per il discreto grado di addensamento che caratterizza il terreno.

Dal punto di vista idrogeologico i terreni affioranti presentano un grado di permeabilità medio dovuto principalmente per porosità, favorendo così il normale drenaggio delle acque di precipitazione. La circolazione idrica superficiale si presenta dunque pressoché assente, limitandosi nelle incisioni vallive ad un deflusso a carattere torrentizio limitato agli apporti meteorici stagionali. Tali incisioni, che fungono da assi drenanti per l’area, sono situati ai margini del villaggio Gulfi ad una ragguardevole distanza da quest’ultimo. Per quanto riguarda la circolazione idrica sotterranea, da dati rilevati nei pozzi presenti nell’area circostante il villaggio, si è osservato che la falda idrica superficiale risiede ad una profondità di circa 60 metri rispetto al piano campagna, e quindi si può affermare che non esiste problema d’interazione della falda stessa con l’area interessata.

8.2 AREA: CONTRADE ROCCAZZO - SPERLINGA

8.2.1 Lineamenti geologici area contrade Roccazzo - Sperlinga

L’area riguardante le contrade Roccazzo-Sperlinga è inserita nel contesto geologico del plateau ibleo ed appare particolarmente interessata dalle diverse vicissitudini geologico- strutturali interconnesse con la storia geologica dell’Avampaese Ibleo.

L’Avampaese degrada verso ovest dando luogo ad una piana formata da depositi sedimentari costituiti da sabbie, arenarie, limi ed argille di età Plio-Pleistocenica. Ed è uno di questi

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depositi sedimentari (sabbie gialle-rossastre) che rappresenta il substrato geologico più diffuso nell’area Roccazzo-Sperlinga.

Dal punto di vista tettonico il settore centro-occidentale dell’altipiano ibleo, rappresenta una fascia di transizione fra l’Avampaese e la fossa, caratterizzato dal progressivo affondamento del substrato ibleo al di sotto delle coperture Plio-Pleistoceniche, per effetto di sistemi di faglia a direzione media NE-SW.

Il quadro generale dell’assetto stratigrafico, quale si configura allo stato attuale, nell’area di interesse, è stato ricostruito mediante osservazioni su affioramenti in situ, nonché da un rilevamento di dettaglio opportunamente esteso, associato a quanto desumibile dalla consultazione della cartografia ufficiale, nella fattispecie della Carta Geologica del settore centro meridionale dell’altopiano Ibleo, scala 1:50000.

La successione litologica e stratigrafica riconosciuta nell’area è costituita da sabbie giallo- rossastre con inclusi livelli arenacei-calcarenitici, ben addensati.

In base alle osservazioni condotte nell’area e dai dati in possesso lo spessore di quest’ultimi terreni sul sito è talvolta superiore ai 20 metri.

Dal punto di vista del comportamento meccanico viene qui assimilato cautelativamente ad un terreno granulare permeabile, per il quale si può considerare come unico contributo la resistenza di attrito espressa in funzione dell’angolo di attrito interno, e trascurare invece il contributo dovuto alla coesione. In linea di massima tale terreno presenta caratteristiche litologiche tali da avere parametri geomeccanici e di portanza più che sufficienti.

Per un inquadramento geologico dell’area si veda lo schema geologico elaborato a scala

1:10000 ed allegato alla presente relazione.

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8.2.2 Lineamenti morfologici ed idrogeologici area contrade Roccazzo - Sperlinga

L’area relativa alle contrade Roccazzo-Sperlinga presenta caratteri morfologici chiaramente connessi alla litologia dei terreni affioranti, pertanto è caratterizzata una leggerissima pendenza naturale verso ovest dando luogo ad una morfologia subpianeggiante priva di elementi di potenziali dissesto per il discreto grado di addensamento che caratterizza il terreno.

Dal punto di vista idrogeologico i terreni affioranti, costituiti da materiali sabbiosi, presentano un grado di permeabilità medio-alto di tipo primaria dovuto principalmente per porosità, che permette una rapida infiltrazione delle acque di precipitazione, consentendo lo smaltimento delle pressioni interstiziali per cui anche in corrispondenza di forti precipitazioni piovose è da escludere ristagno delle acque per la saturazione dei terreni.

La circolazione idrica superficiale si presenta dunque pressoché assente, limitandosi nelle incisioni vallive ad un deflusso a carattere torrentizio limitato agli apporti meteorici stagionali. Per quanto riguarda la circolazione idrica sotterranea, da dati rilevati in pozzi adiacenti alla zona interessata, si è osservato che la falda idrica superficiale risiede a notevole profondità rispetto al piano campagna, e quindi si può affermare che non esiste alcun problema d’interazione della falda stessa con l’area interessata, tenuto conto anche delle modeste oscillazioni stagionali del suo livello statico che si aggira intorno ai 35 metri dal piano campagna.

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8.3 AREA: CONTRADE PIANO DELL’ACQUA – DONNAGONA

8.3.1 Lineamenti geologici area contrade Piano Dell’Acqua - Donnagona

L’area riguardante le contrade Piano Dell’Acqua - Donnagona è inserita nel contesto geologico del plateau ibleo ed appare particolarmente interessata dalle diverse vicissitudini geologico-strutturali interconnesse con la storia geologica dell’Avampaese Ibleo.

L’Avampaese degrada verso ovest dando luogo ad una piana formata da depositi sedimentari costituiti da sabbie, arenarie, limi ed argille di età Plio-Pleistocenici. Ed uno di questi depositi sedimentari, nello specifico silts ed argille lacustri con lenti di ghiaie, che rappresenta il substrato geologico dell’area urbana di Piano Dell’acqua. Il passaggio è caratterizzato da un’ampia fascia di depositi sabbioso-ghiaiosi di natura detritica legati alla formazione di conoidi di deiezione, che rappresenta il substrato geologico della zona intermedia le due contrade. Nella contrada Donnagona, invece, affiora il membro Irminio della Formazione

Ragusa, si tratta di un’alternanza calcarenitica-marnosa.

Il quadro generale dell’assetto stratigrafico nell’area di interesse, sopra descritto, è stato ricostruito mediante osservazioni su affioramenti in situ, nonché da un rilevamento di dettaglio opportunamente esteso, associato a quanto desumibile dalla consultazione della cartografia ufficiale, nella fattispecie della Carta Geologica del settore centro meridionale dell’altopiano Ibleo, scala 1:50000.

Dal punto di vista del comportamento meccanico i terreni presenti nell’area Piano dell’Acqua

– Donnagona presentano diverse caratteristiche litologiche ed in linea di massima i loro parametri di resistenza variano rispettivamente, per i silts, conoidi e calcareniti, da più che sufficienti ad ottimi.

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Per un inquadramento geologico dell’area si veda lo schema geologico elaborato a scala

1:10000 ed allegato alla presente relazione.

8.3.2 Lineamenti morfologici ed idrogeologici area contrade Piano Dell’Acqua - Donnagona

L’area relativa alle contrade Piano Dell’Acqua - Donnagona presenta caratteri morfologici chiaramente connessi alla litologia dei terreni affioranti. Pertanto, l’area urbana di Piano

Dell’acqua è caratterizzata una leggera pendenza naturale verso ovest dando luogo ad una morfologia subpianeggiante priva di elementi di potenziali dissesto per il discreto grado di addensamento che caratterizza il terreno. L’area di Donnagona ricade su un versante pendente verso nord-ovest, caratterizzato nella parte sommitale da una morfologia a gradoni legata sia alla presenza dell’alternanza calcareo-marnosa della Formazione Ragusa, sia ad attività di terrazzamento antropico; invece nella parte inferiore del versante si ha una morfologia più blanda priva di elementi di potenziali dissesto per il discreto grado di addensamento che caratterizza il terreno (conoidi). Tale versante è costituito da una struttura tettonica con orientamento nord-est sud-ovest che va con il nome di “horst” di c.da

Donnagona.

Dal punto di vista idrogeologico i suddetti terreni affioranti, presentano un grado di permeabilità medio-alto di tipo primaria dovuto principalmente per porosità (silts e conoidi), e sia di tipo secondaria (calcareniti) che permette una rapida infiltrazione delle acque di precipitazione.

La circolazione idrica superficiale si presenta dunque pressoché assente, limitandosi nelle incisioni vallive ad un deflusso a carattere torrentizio limitato agli apporti meteorici stagionali.

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Per quanto riguarda la circolazione idrica sotterranea, da dati rilevati in pozzi ubicati nella zona interessata, si è osservato che la falda idrica superficiale risiede a notevole profondità rispetto al piano campagna, e quindi si può affermare che non esiste alcun problema d’interazione della falda stessa con l’area interessata, tenuto conto anche delle modeste oscillazioni stagionali del suo livello statico che si aggira intorno ai 35÷40 metri dal piano campagna.

8.4 AREA: ZONA AEROPORTO DI COMISO

8.4.1 Lineamenti geologici area: Zona Aeroporto di Comiso

L’area riguardante la zona adiacente l’aeroporto di Comiso è inserita nel contesto geologico del plateau ibleo ed appare particolarmente interessata dalle diverse vicissitudini geologico- strutturali interconnesse con la storia geologica dell’Avampaese Ibleo.

L’Avampaese degrada verso ovest dando luogo ad una piana formata da depositi sedimentari costituiti da sabbie, arenarie, limi ed argille di età Plio-Pleistocenici. Ed sono due di questi depositi sedimentari (sabbie giallo-rossastre con inclusi livelli arenacei e depositi limnici, silts ed argille lacustri) che rappresentano il substrato geologico dell’area in questione.

Dal punto di vista tettonico il settore centro-occidentale dell’altipiano ibleo, rappresenta una fascia di transizione fra l’Avampaese e la fossa, caratterizzato dal progressivo affondamento del substrato ibleo al di sotto delle coperture Plio-Pleistoceniche, per effetto di sistemi di faglia a direzione media NE-SW.

Il quadro generale dell’assetto stratigrafico, quale si configura allo stato attuale, nell’area di interesse, è stato ricostruito mediante osservazioni su affioramenti in situ, nonché da un rilevamento di dettaglio opportunamente esteso, associato a quanto desumibile dalla consultazione della cartografia ufficiale, nella fattispecie della Carta Geologica del settore centro meridionale dell’altopiano Ibleo, scala 1:50000.

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La successione litologica e stratigrafica riconosciuta nell’area è costituita sia da sabbie giallo- rossastre ben addensati con inclusi livelli arenacei che da depositi limnici e sitls.

In base alle osservazioni condotte nell’area e dai dati in possesso lo spessore di quest’ultimi terreni sul sito è talvolta superiore ai 30 metri.

Dal punto di vista del comportamento meccanico vengono entrambi assimilati cautelativamente ad un terreno granulare permeabile, per il quale si può considerare come unico contributo la resistenza di attrito espressa in funzione dell’angolo di attrito interno, e trascurare invece il contributo dovuto alla coesione. In linea di massima tali terreni presentano caratteristiche litologiche tali da avere parametri geomeccanici e di portanza più che sufficienti.

Per un inquadramento geologico dell’area si veda lo schema geologico elaborato a scala

1:10000 ed allegato alla presente relazione.

8.4.2 Lineamenti morfologici ed idrogeologici area: Zona Aeroporto di Comiso

L’area relativa alla zona adiacente all’aeroporto di Comiso presenta caratteri morfologici chiaramente connessi alla litologia dei terreni affioranti, pertanto è caratterizzata una leggerissima pendenza naturale verso ovest dando luogo ad una morfologia subpianeggiante priva di elementi di potenziali dissesto per il discreto grado di addensamento che caratterizza il terreno.

Dal punto di vista idrogeologico i terreni affioranti, costituiti da materiali sabbiosi e da silts presentano un grado di permeabilità medio-alto di tipo primaria dovuto principalmente per porosità, che permette una rapida infiltrazione delle acque di precipitazione.

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La circolazione idrica superficiale si presenta dunque pressoché assente, limitandosi nelle incisioni vallive ad un deflusso a carattere torrentizio limitato agli apporti meteorici stagionali; tali incisioni che fungono da assi drenanti non sono presenti.

Per quanto riguarda la circolazione idrica sotterranea, da dati rilevati in pozzi ubicati nella zona interessata, si è osservato che la falda idrica superficiale risiede a notevole profondità rispetto al piano campagna, e quindi si può affermare che non esiste alcun problema d’interazione della falda stessa con l’area interessata, tenuto conto anche delle modeste oscillazioni stagionali del suo livello statico che si aggira intorno ai 39 metri dal piano campagna.

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9 SISMICITA’ DELL’AREA

La prima normativa antisismica italiana è stata emanata negli anni ottanta ed prevedeva la classificazione sismica del territorio nazionale al fine dell’applicazione di speciali norme per le costruzioni. Nel 2003, con l’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del

20 marzo 2003, sulla Gazzetta Ufficiale n. 105 dell’8 maggio, sono stati emanati i criteri di nuova classificazione basati sugli studi e le elaborazioni più recenti relative alla pericolosità sismica del territorio, ossia sull’analisi della probabilità che il territorio venga interessato in un certo intervallo di tempo (generalmente 50 anni) da un evento che superi una determinata soglia di intensità o magnitudo. In particolare è stato suddiviso l'intero territorio nazionale in quattro zone sismiche sulla base del valore dell'accelerazione orizzontale massima (ag) su suolo rigido o pianeggiante, che ha una probabilità del 10% di essere superata in 50 anni.

La Delibera di Giunta Regionale n. 408 del 19 dicembre 2003 ed il successivo D.D.G. n. 3 del

15 gennaio 2004 hanno reso esecutiva la nuova classificazione sismica dei Comuni della

Regione Siciliana, distinguendo il territorio, così come già detto, in quattro aree a diversa pericolosità sismica.

Accelerazione con Zona probabilità di Fenomeni riscontrati sismica superamento del 10% in 50 anni

Zona con pericolosità sismica alta. 1 Indica la zona più pericolosa, dove possono verificarsi forti ag ≥ 0,25g terremoti. (area stretto di Messina e zona del Belice)

Zona con pericolosità sismica media, dove possono 2 verificarsi terremoti abbastanza forti. (quasi tutto il resto 0,15 ≤ ag < 0,25g della sicilia)

3 Zona con pericolosità sismica bassa, che può essere 0,05 ≤ ag < 0,15g soggetta a scuotimenti modesti. (parte del settore centro-

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meridionale)

Zona con pericolosità sismica molto bassa. 4 E' la zona meno pericolosa, dove le possibilità di danni ag < 0,05g sismici sono basse. (parte del settore centro-meridionale)

Il territorio del Comune di Chiaramonte Gulfi così come l’intera provincia di Ragusa è stato classificato in Zona 2.

La normativa regionale individua inoltre un’area a pericolosità sismica speciale ricadente tra le province di Messina, Catania, Ragusa e Siracusa, in cui, sebbene ricadenti in Zona 2, le verifiche tecniche di sicurezza sismica di strutture strategiche e rilevanti, da effettuare obbligatoriamente da parte degli Enti proprietari, ai sensi dell’OPCM n. 3274/2003, dovranno essere eseguite con vincolo di pericolosità di Zona 1.

RICLASSIFICAZIONE SISMICA DELLA SICILIA

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19/12/2003 con Delibera Giunta Regionale n. 408 e DDG 15 gennaio 2004

Il D.M. 14 gennaio 2008 (Norme Tecniche per le Costruzioni) ha introdotto una nuova metodologia per definire la pericolosità sismica di un sito e, conseguentemente, le azioni sismiche di progetto per le nuove costruzioni e per gli interventi sulle costruzioni esistenti. Il territorio nazionale è stato suddiviso mediante una maglia di punti notevoli, al passo di 5 km, per ognuno dei quali sono noti i parametri necessari alla costruzione degli spettri di risposta per i diversi stati limite di riferimento tra i quali, la già citata accelerazione orizzontale massima “ag”. Mediante un procedimento di interpolazione tra i dati relativi ai quattro punti del reticolo più vicini al sito in esame, è possibile risalire alle caratteristiche spettrali specifici del sito stesso, necessari come dati di input per la progettazione strutturale.

Sulla base delle informazioni sugli eventi sismici fornite dall’INGV, si evince che i terremoti più significativi per il territorio della Sicilia avvengono:

nel settore sud-orientale;

lungo la catena dei Nebrodi-Madonie-Monti di Palermo;

nella zona del Belice;

nelle aree a vulcanismo attivo dell’Etna e delle Isole Eolie.

La descrizione delle aree sismogenetiche della Sicilia sud orientale riportata di seguito è stata tratta dalla pubblicazione R. Azzaro, M.S. Barbano, R. Rigano, B. Antichi Contributo alla revisione delle zone sismogenetiche della Sicilia.

In generale si può affermare che in Sicilia i terremoti sembrano distribuiti lungo faglie regionali, che hanno giocato un ruolo importante nell’evoluzione geodinamica recente dell’area. Va sottolineato il ruolo fondamentale che sembrano avere, nel quadro sismotettonico discusso, le zone di taglio crostale (Zona di trascorrenza del Canale di Sicilia,

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Sistema Sud-Tirrenico, Linea Tindari-Giardini auct., Scarpata Ibleo- Maltese), laddove intersecano il fronte dei thrust, essendo qui localizzati i terremoti più violenti della Sicilia.

Possibili strutture sismogenetiche e subzone all’interno della zonazione esistente in Sicilia

In Sicilia sud-orientale la sismicità è distribuita principalmente in due settori: lungo la costa ionica, dove gli eventi raggiungono magnitudo circa 7.0; nell’area interna, con terremoti di

M≤ S5.5. Rispetto alla zonazione esistente, è stato proposto un possibile modello sismogenetico dell’area illustrato nella figura successiva.

carte delle strutture sismogenetiche della Sicilia sud-orientale modificata da Azzaro e Barbano, 1999

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La Scarpata di Malta, per la quale si hanno evidenze di attività tardo-Quaternaria, sembra la sorgente più probabile per i grandi terremoti che hanno colpito la regione (1169, 1693, 1818).

Essa è costituita da un sistema di faglie prevalentemente normali a direzione NNO-SSE, con un rigetto verticale cumulativo di 3000 m, suddiviso in segmenti il più settentrionale dei quali si estende in terra fino all’area etnea. Il settore interno del Plateau Ibleo è attraversato dalla

Linea di Scicli, una zona di trascorrenza di primo ordine che si sviluppa per una lunghezza di circa 100 km dallo Stretto di Sicilia fino al margine settentrionale del plateau. Sebbene per questo sistema non si osservino evidenze di attività tettonica successiva al Pleistocene medio, la distribuzione dei terremoti (1698, 1818, 1895, 1949, 1980, 1990) indica l’esistenza di strutture sismogenetiche minori ad esso riferibili. Il margine settentrionale e nordoccidentale dell’Avampaese risulta fagliato da un sistema orientato NE-SO sotto il fronte delle unità più esterne della Catena Appenninico-Maghrebide. Esso è caratterizzato da ampie depressioni strutturali quaternarie come il graben Scordia-Lentini, attivo fino al Pleistocene medio, e da faglie cieche lungo il fronte della catena ai quali si possono associare terremoti con magnitudo massima 6.4 (1542, 1990) e 5.2 (1898, 1903, 1909, 1959) rispettivamente. Altre strutture sismogenetiche sono individuabili nella Piana di Vittoria, dove si sviluppano faglie cieche responsabili degli eventi del 1717-1937, e nel sistema di Ispica, l’unico dell’area per il quale è documentata un’attività tardo quaternaria-olocenica (terremoti del 1727- 1903).

L’evento che ha avuto maggiori conseguenze nel territorio è il sisma che si verificò l'11 gennaio 1693 alle ore 13:30 con epicentro localizzato (sulla base dei risultati del modello

SIGE) nel comune di Sortino in provincia di Siracusa. Questo terremoto rappresenta, assieme al terremoto di Messina del Dicembre 1908, l'evento catastrofico di maggiori dimensioni che abbia colpito il territorio siciliano in tempi storici.

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10 CONCLUSIONI

Sulla base delle osservazioni, considerazioni e dei rilievi effettuati nell’area oggetto del presente studio geologico a supporto della redazione dello schema di massima (1°fase) del rapporto ambientale preliminare, si può concludere quanto segue:

- le aree interessate dalla variante:

- presentano caratteristiche litologiche che vanno da sufficienti a buoni;

- non evidenziano problemi di natura idrogeologica;

- da un punto di vista morfologico in generale presentano delle buone condizioni di

stabilità,

- non presentano siti a pericolosità ed a rischio idraulico per fenomeni di

esondazione del PAI;

- non presentano siti di dissesti del PAI, ad eccezione fatta solo per l’area urbana di

Chiaramonte, nella quale sono presenti dei dissesti da tenere in considerazione per

le scelte urbanistiche e per la cui ubicazione si rimanda al rispettivo capitolo;

- escludendo i singoli siti di dissesto censiti nel PAI ed in seguito al livello di

approfondimento raggiunto in questa prima fase di lavoro, non supportata da

indagini specifiche da realizzare nella seconda fase, così come previsto dalla nuova

circolare dell’Ass. Territorio Ambiente n°3 del 20/06/2014 (studi geologici per la

redazione di strumenti urbanistici); non presentano problematiche geologiche e

sismiche tali da limitare, in linea di massima, le scelte di pianificazione territoriale.

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- redazione di strumenti urbanistici); non presentano problematiche geologiche e

sismiche tali da limitare, in linea di massima, le scelte di pianificazione territoriale.

Il geologo: Dott. Giovanni Iacono

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