Festival internazionale del cinema e delle arti Associazione culturale Anno uno

Presidente Paolo Bertagni

Vicepresidente, coordinamento Mila Lazi ć

Direttore Sergio Mattiassich Germani

Consiglieri Roberto Cocchi Chiara Lamonarca Olaf Möller

in copertina Barbara Kwiatkowska-Lass in una foto di scena da Zezowate szcz Íúcie [La fortuna strabica] di Andrzej Munk I mille occhi / The Thousand Eyes Festival internazionale del cinema e delle arti / International Festival of Cinema and Arts XI: Lettera da una sconosciuta / Letter from an Unknown Woman Trieste, Cinema Ariston, 14 ‡20 settembre 2012 Anteprima a Roma, Cinema Trevi - Cineteca Nazionale, 11 ‡12 settembre 2012

realizzato da project partners Associazione Anno uno Cinema Ariston, Trieste Goethe-Institut Triest con il contributo di Centro Espressioni Cinematografiche, Udine Ripley’s Film, Roma Cineteca D.W. Griffith, Genova Archivio Storico del Cinema Italiano, Roma Nomadica – Festival del cinema e delle arti, Noto (SR) La furia umana, Milano Fuori orario, Roma

con collaborazione di comune di trieste assessorato alla cultura Associazione Casa del Cinema di Trieste Fondazione Giuseppe Fava, Catania Jugoslovenska kinoteka, Beograd Deutsche Kinemathek, Berlin Film Flamme, Marseille Shellac-Sud, Marseille main partners Lux, London Cineteca del Friuli, FIAF – Archivio Cinema ASAC - La Biennale di Venezia del Friuli Venezia Giulia, Gemona (UD) Cineteca Italiana, Milano Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca di Bologna Cineteca Nazionale, Roma Cineteca Bruno Boschetto, Torino Cinecittà International - Istituto Luce, Roma Minerva Pictures - Rarovideo, Roma Konzulat Republike Srbije u Trstu Trieste Contemporanea Kalfayan Galleries, Athens-Thessaloniki Comunicarte Edizioni, Trieste

CINETECA D.W. GRIFFITH

fuori orario cose (mai) viste ideazione, ricerche e messa in scena grafica e impaginazione Sergio Mattiassich Germani Cristina Vendramin con la collaborazione al programma di stampa Chiara Barbo, Dubravka Cherubini, Cristina Poligrafiche San Marco, Cormons D’Osualdo, Ciro Giorgini, Livio Jacob, Mila Lazi ć, Dario Marchiori, Olaf Möller, Maurizio Radacich, traduzioni Jackie Raynal, Federico Rossin, Roberto Elisa Bade, Mila Lazi ć, Lea Sophie Lazi ć Reuschel, Turigliatto Paola Pisani, Anna Tauzzi, Elisa Zanetta e con la partecipazione di Fulvio Baglivi, Maurizio Cabona, Enrico Lancia, proiezioni Domenico Monetti, Luca Pallanch Paolo Venier coordinamento e budget - movimentazione sottotitoli Deborah Viviani Edward Catalini, Claudia Teresa Pezzutti ufficio stampa - comunicazione online - premio anno uno realizzato da realizzazioni video Stefano Coluccio, Canestrelli - Venice Mirrors, Francesca Bergamasco Venezia ospitalità Margherita Pevere selezione vini e omaggi ospiti offerti da collaborazione contatti stampa Beatrice Fiorentino promozione Mara Guerrini www.unduetrestellaeventi.com media partners Radio Fragola, Radioincorso sito internet Zenmultimedia assistenza informatica Stefano Biloslavo Si ringraziano accoglienza e collaborazione operativa tutti i cineasti e i produttori dei film in programma, Elisa Bade, Hari Bertoja, Cecilia Carbonelli, tutti gli autori e gli editori dei testi pubblicati, Lara Cuttini, Zoe Francescutto, Paola Pisani tutti i partecipanti agli incontri, collaborazione tecnica e logistica gli enti sostenitori Raoul Galli, Giacomo Marsi Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia Provincia di Trieste riprese fotografiche Comune di Trieste Giacomo Marsi Le Fondazioni Casali Fondazione CRTrieste catalogo a cura di Simone Starace main partners con la collaborazione di CINETECA DEL FRIULI – A RCHIVIO CINEMA DEL FRIULI Angela Di Fazio, Donatella Di Stefano VENEZIA GIULIA con contributi di direttore Livio Jacob Dubravka Cherubini, Sergio Mattiassich Germani, servizio film Elena Beltrami, Alessandro De Zan Mila Lazi ć, Olaf Möller, Nomadica, Federico si ringraziano per la collaborazione Piera Patat, Rossin, Marc Scialom Giuliana Puppin, Ilaria Cozzutti, Ivan Marin CENTRO SPERIMENTALE DI CINEMATOGRAFIA – C INETECA si ringraziano inoltre NAZIONALE Giorgio Albertazzi, Omero Antonutti, Adriano direttore generale Marcello Foti Aprà, Giovanni Barbo, Maria Teresa Bassa conservatore Enrico Magrelli Poropat, Mirella Bellantone, Adriana Berselli, diffusione culturale e programmazione Laura Marta Bifano, Furio Bordon, Guido Botteri, Argento Marie-Françoise Brouillet, Giulio Bursi, Manitta si ringraziano per la collaborazione Camerini, Carlo Chatrian, Piero Colussi, Pietro Juan Del Valle, Domenico Monetti, Luca Pallanch, Crosilla, Gianni Da Campo, Elio De Anna, Annamaria Licciardello, Fulvio Baglivi, Silvia Milena Dravi ć, Carlo Gaberscek, Giancarlo Tarquini, Franca Farina Giannini, Maddalena Giuffrida, Massimo Greco, Jagoda Kaloper, Igor Kocijan čič, Sara Leggi, project partners e collaboratori Antonio Marchesani, Bibiana Mare, Fabio Melelli, Isidoro Brizzi, Elena Pachys del Cinema Ariston John Oliver, Gianna Penso, Francesco Perini, Alexandra Hagemann di Goethe-Institut Triest Antonio Pettinelli, Tania Piccoli, Rosella Pisciotta, Fabiano Rosso di Centro Espressioni Saša Radojevi ć, Otto Reuschel, Antonio Rubini, Cinematografiche Ionu t¸ Sascau, Roberto Silvestri, Gianni Torrenti, Angelo S. Draicchio, Cristina D’Osualdo di Luisa Tortolina, Lara Uši ć, Silvia Vallario, Baldo Ripley’s Film Vallero, Paul Vecchiali, Sophie Vieille, Denis Alba Gandolfo, Massimo Patrone di Cineteca Zanette, Francesco Zurlini Griffith Giuseppe Spina, Giulia Mazzone di Nomadica e Toni D’Angela di La furia umana Ristorante Lounge Bar Ariston enrico ghezzi, Ciro Giorgini, Roberto Turigliatto, Caffè Teatro Verdi Lorenzo Esposito, Fulvio Baglivi di Fuori orario Hotel Ristorante Filoxenia Graziano Marraffa di Archivio Storico del Cinema Hotel Le Corderie Italiano Bed&Breakfast ai Moretti Daniele Terzoli, La Cappella Underground e Bed&Breakfast Belcinque i festival dell’Associazione Casa del Cinema di Bed&Breakfast La casa dei bassotti Trieste Bed&Breakfast Vastu Vidya Elena Fava, Claudio Fava di Fondazione Hotel Savoia Giuseppe Fava Bar Gelateria Viti Radoslav Zelenovi ć, Aleksandar Erdeljanovi ć, Saša Banjevi ć di Jugoslovenska kinoteka Martin Koerber, Dirk Förstner di Deutsche Kinemathek Jean-François Neplaz di Film Flamme Sergio Toffetti di Archivio Nazionale Cinema d’Impresa Anna Fiaccarini di Cineteca di Bologna Mom čilo Milovi ć, Zoran Duriši ć di Konzulat Republike Srbije u Trstu Giuliana Carbi di Trieste Contemporanea Massimiliano Schiozzi di Comunicarte Edizioni Gianluca Curti, Bruno Di Marino di Minerva Pictures un ringraziamento particolare a La Biennale di Venezia e all’ASAC (Paolo Baratta, Alberto Barbera, Michele Mangione) per la concessione della copia unica originale della prima versione di Cronaca familiare Prefazione

Uno, nessuno e centomila di Vitaliano Brancati

Usciamo da noi stessi e mettiamoci nei panni di uno scrittore vero: poi domandia - moci: “Per chi si scrive?” Una vecchia voce risponderà subito: “Per il pubblico!” Ma non c’è un pubblico che non sia fatto d’individui. Scomponiamo dunque questo pubblico nei suoi elementi: l’avvocato A, l’ingegnere B, il farmacista C, il professore D, il cavaliere E, lo studente F, la signora G. Richiamiamoli alla memoria ad uno ad uno, e converremo che per nessuno di essi prenderemmo la penna e veglieremmo la notte. Anzi, se uno solo di questi visi si presentasse davanti al nostro scrittoio nel momento in cui iniziamo una pagina, la penna ci cadrebbe di mano. Ricordiamo quale sapore amaro ci lasciarono i loro elogi e calde strette di mano: un nero destino li spingeva a sbagliare anche quando attribuivano un pregio alle cose che noi stessi credevamo pregevoli. Così i loro dubbi ci lasciarono tranquilli, e le cen - sure non ebbero il potere di scoraggiarci né quello di confortarci. Per nessuno di loro si scrive: né d’altro canto il pubblico esiste al di fuori di loro. Si dirà: “Per uno solo non si scrive, ma per tutti sì!” Tutti! Che vuol dire tutti? Cosa aggiunge l’elogio sbagliato dell’ingegnere C all’elogio sbagliato del farmacista D? È una strana pretesa che si correggano a vicenda: vero è invece il contrario. Quanto valga un gran pubblico, concorde nell’applauso, ce lo dice una folla di mille o centomila persone. Non credo che un artista o un filosofo andrebbe felice a letto dopo un applauso simi - le. Soltanto i tenori ricevono con soddisfazione, sul petto ancora gonfio, l’evviva di una platea; il musicista invece si va nascondendo dietro le volute del soprano o un albero di cartone. Quando all’avvocato A si aggiunge il farmacista B, e a questo l’ingegnere C, e a que - sto lo studente D, via via sino a mille persone, quella che si opera non è una somma, ma una sottrazione; ciascuno toglie all’altro qualche cosa: e il secondo perde, per opera del terzo, più di quanto egli abbia tolto al primo. Così la cifra di una folla è più bassa di quella che si ricava da una persona sola; e il sì di un bambino vale più dell’urlo d’approvazione di una moltitudine. “Per chi si scrive, dunque?” “Per gli amici,” risponde ancora la voce. Ma per gli amici noi viviamo, non scriviamo. Guai a scrivere per gli amici! O essi pen - sano male del nostro lavoro: e sarà per noi doloroso che le sole persone che amia - mo amino così poco le sole cose a cui teniamo; o ne pensano bene: e può darsi che

6 un sentimento di riverenza e rispetto per quello che avviene in noi e, in fine, un senso d’inferiorità, disturbi in essi il sentimento dell’amicizia che è fatto di parità. Gli amici non ci leggano: ad essi vanno i nostri discorsi e non i nostri libri. Si scrive allora per le persone che stimiamo? Forse. Uno scrittore vero non ha più di cinque o sei lettori in un secolo: tutti gli altri colpiscono con gli occhi a destra o a manca delle parole; non mai nel pieno di esse. Virgilio, per trovare un lettore nel senso totale della parola, deve aspettare dodici secoli fino al giorno in cui un giovane di Firenze torna a casa coll’ Eneide sotto il brac - cio. È solo allora, quando gli occhi di Dante Alighieri cominciano a scorrere da «arma virumque cano» giù giù fino alle ultime parole del poema, che il poeta mantovano viene letto veramente. Con questo incoraggeremo l’estetismo o l’impenetrabilità? No, al contrario, perché l’uno e l’altra sono i modi più comuni, almeno ai nostri gior - ni, i più fittizi ed esterni per mettersi al di fuori dello spirito di massa. Ma il vanto di non essere compresi che da pochi va solo agli estremamente chiari, come Leopardi, Virgilio, Manzoni ecc., e non agli oscuri. Una cosa è sfuggire alla comprensione dei più con un verso come «Dolce e chiara è la notte e senza vento», e unfaltra sfuggirle con un verso aggrovigliato e asintattico. Sarebbe troppo comodo potersi mettere insieme agl’incompresi soltanto perché si è incomprensibili; tutti saremmo in grado di farlo con poco sforzo, cucendo insieme parole lontanissime l’una dall’altra per significato, suono e concordanza. Fortunatamente le leggi della gloria sono rigide: la grande poesia è intesa da pochi soltanto perché è chiarissima. Dolce e chiara è la notte e senza vento E queta sovra i tetti e in mezzo agli orti Posa la luna, e di lontan rivela Serena ogni montagna... Com’è facile scambiarla per una frase comune, e dunque non capirla! Queste considerazioni, naturalmente, vengono mosse per conto d’uno scrittore vero. Quanto a noi, il fatto che una sola persona inforchi gli occhiali per leggere una nostra parola costituisce un curioso accidente capitato a lei e a noi non si sa bene per quale ragione. Mentre quegli occhi, diradati da altre cure e pensieri, scorrono sulla colon - na di giornale, che presuntuosamente ci siamo annessa, noi abbiamo il diritto, se non l’obbligo, di fremere, impallidire, sudare freddo. E quale ringraziamento vola al cielo quando vediamo quella persona, dopo la pazien - te lettura, non stracciare il giornale né buttarlo irosamente dal finestrino del tram. «Il Tempo», 17 luglio 1948

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Brevi note sul programma di Sergio Mattiassich Germani

Saranno molte le cose che non riusciremo a scrivere in questo testo. Un po’ per - ché è giusto così: non ci sarebbe ragione di fare un festival se non fosse proprio quello il momento in cui le cose avvengono e vi si scoprono. Ma anche perché, accanto alle molte cose rinviate dal programma “perché non ci stavano”, quelle rimaste hanno (quest’anno più che mai) un’ampiezza tale da richiedere energie e tempo che, nella preparazione di un festival, possiamo concederci solo in picco - la parte. Proviamo a scriverne solo alcune note, in un misto di disordine e ordine. Non occorrerebbe sottolineare che, pur essendo il programma molto ramificato, la personale Zurlini ne diventa il perno (ed è un po’ una novità rispetto agli anni scorsi: no, non è una nuova chiave da proseguire, I mille occhi procedono per intuizioni, accettando le sollecitazioni che arrivano dai film, e quest’anno, senza partiti presi, la personale Zurlini si è “impossessata” del festival, senza farlo con ciò diventare una rassegna monografica o retrospettiva o di studio, che ci sono comunque chiavi estranee e che la forma festival ci sembra dover contraddire, e di una cosa – non ovvia – siamo certi: che il nostro è un festival). Scoprendo e riscoprendo oggi i film di Zurlini ci siamo sempre più convinti che, lungi dal trattarsi di un omaggio di circostanza (trentesimo anniversario della morte), lungi dal giungercene solo e sempre più conferma dell’importanza di un’opera, essi cominciavano a interpellarci fortemente. Non stiamo dicendo che Zurlini diventerà per noi, come Dreyer o Rossellini o McCarey, o anche come Genina o Bianchi o Rossen (“minori” che a un certo momento diventano sommi), un autore di riferimento assoluto, anche se lo vorremmo (non ci occupiamo di cinema se non per l’attesa totale che abbiamo nei suoi confronti). Siamo tuttavia già certi che qualcosa nel cinema di Zurlini va oltre la riscoperta individuale di un “autore importante”. In ciò il nostro approccio è inverso rispetto a quello della nota d’apertura al volume pubblicato nel 2000 per il restauro di La prima notte di quiete dove si sentiva il bisogno di dire che «la questione... non è di rivederne e ripensarne l’opera per collocarla impropriamente fra le vette del cinema italia - no... che il cinema di Zurlini non sia quello di Antonioni, De Sica-Zavattini,

9 Fellini, Rossellini o di Visconti è cosa di cui nessuno ha dubitato a suo tempo e nessuno può fondatamente dubitare neppure oggi». Non è per fare i bastian contrari ma, da zurliniani non della prima ora (confes - siamo il limite: sempre ne vedemmo la coerenza ma solo il film râté e contro - verso per lui stesso, La prima notte di quiete , il suo massimo successo di pubbli - co inviso a gran parte dei critici, ci sollecitò un’adesione immediata), vi cogliamo oggi, in ogni film, una vera radicalità d’autore, una tensione tra “controllo” e punti di fuga che forse nemmeno in Kubrick è così costante. E di quegli autori italiani, tutti in varia misura apprezzabili, con cui lo confronta il testo citato, solo il respi - ro di cinema di Rossellini riesce a eccedere la tensione zurliniana: certo, Anto- nioni è più forma, Fellini è più perennemente sformantesi, ma è Zurlini che, con De Seta, Pietrangeli, Emmer (e qualcosa di Olmi, Questi, Comencini, Germi...), eccede negli anni ’60 il parallelo rinchiudersi a nouvelle vague (e infatti la gene - razione italiana immediatamente successiva, credendo di doversi riferire soprat - tutto alla novità francese, mancherà l’appuntamento più importante coi fratelli maggiori italiani, che mai si vollero maestri ma furono purtroppo elusi proprio nella forza personale e non compromessa del loro cinema). Vedere oggi i film di Zurlini, sia i più riconosciuti che quelli passati più inosser - vati, sorprende non poco. Al punto che di un autore di così pochi film ci si con - cesse di ignorare persino l’esistenza di una regia televisiva, La promessa , su cui magari anche oggi qualcuno evocherà sterili “specifici filmici” per dire che è “solo teatro televisivo” o qualcosa del genere. E invece ci troviamo di fronte a un’ope - ra che piomba negli anni ’60 con la forza dirompente di un’inattualità senza com - promessi. Diretto a teatro nel 1968 («un anno come un altro: viene dopo il 1967 e prima del 1969» secondo le parole mai corrive di Zurlini) ma diventato rea- lizzazione televisiva a anni ’60 scaduti, nel 1970, il film (lo chiameremo così) si conclude nella vicenda al 31 dicembre 1959, con un’inquadratura finale di porta chiusa che sta tra Lang e Dreyer (l’addio finale di Gertrud ), e poco prima con le parole «si avvicinano», «chi?», «gli anni ’60», che esplicitano come tutto il grande cinema zurliniano degli anni ’60, e il suo teatro coevo (anche La pietà di novem - bre ), fosse stato un urlo senza compromessi verso la storia. Ma ancora da La promessa : – scansioni temporali 1942, 1946 (Brogi ritornante dalla Guarnieri: «ci si può guar - dare solo a occhi chiusi»), 1959: laddove Brogi, che porta il nome di un rivolu - zionario sacrificato come Marat, in questa vicenda di ambientazione sovietica

10 (come il Noi vivi / Addio Kira che si sente al cinema in Estate violenta ) evoca il corteo del primo maggio nel 1934, col sacrificando Kirov sulla tribuna, a rende - re questo il più lucido film sulla sconfitta incombente dell’Unione Sovietica, – ma prima ancora Giannini «io ho combattuto contro i giapponesi il giorno che è caduta la bomba su Hiroshima» (riferimento costante dell’opera di Zurlini, di cui persino più piccoli traumi come i bombardamenti di Estate violenta sono segni quasi geniniani di distruzione al fondo della storia umana), – e ancora Giannini «noi siamo solo quelli che non sono morti», – e Annamaria Guarnieri intanto si ispira a Madame Curie auspicando che «il XX secolo sconfiggerà tutte le malattie», – e come vorremmo saperne di più, se qui ci fosse Gianni Buttafava, di questo Arbuzov di cui Zurlini adattò il testo per capire se vi ha interpolato o trovato i suoi costanti riferimenti evangelici: «gli ultimi saranno i primi», «vi lascio soli in questa valle di lacrime», riferimenti che non prolungano solo quelli espliciti di Seduto alla sua destra (dove all’inizio questo Lumumba in cui la storia sconfigge il potenziale Mandela parla ai fedeli tra cui si annida un Giuda invitandoli a di- sperdersi come il Francesco rosselliniano) o anche di Cronaca familiare , e che anticipano non solo la grande teologia negativa di La prima notte di quiete (con quel finale dove appunto Giannini si ricongiunge all’amico oltre terra e cielo, paradiso e inferno) ma anche del Deserto dei tartari dove in un brano di dialogo s’interpola l’incredula fede nel Gesù resuscitato. Senza poterne qui fare l’auspicabile analisi di dettaglio, questo La promessa , film mai visto e mai considerato, ci appare già un’opera essenziale. E in ogni film del regista, maggiore o minore, che lui lo amasse o meno, si pos - sono scoprire folgorazioni. Per certi film anche poco considerati (come i più che riscopribili Le soldatesse e Seduto alla sua destra ) egli fu consapevole del loro valore, ma in altri casi fu complice (forse depistante: «non lo direi nemmeno a un confessore» sono tra le parole che Gianni Da Campo gli sentì dire di se stesso) della sottovalutazione: nel caso di La prima notte di quiete spiegabile con il rap - porto di amore-odio con Delon, ma nel caso del primo splendido cortometrag - gio, Racconto del quartiere , francamente inspiegabile. Invece forse è ancora spie - gabile il suo sminuire l’esordio nel lungometraggio di Le ragazze di San Frediano in cui un protagonista maschile detestato dal regista si abbandona a inseguire con sguardo di seduzione i punti di fuga delle presenze femminili, come si dice nella vita facesse Zurlini. Forse quel primo lungometraggio è, come Fear and Desire

11 per Kubrick, Två människor per Dreyer, Anima nera per Rossellini un film trop - po confessato per un autore che rifiutava confessori. Nella vicenda della fortuna critica di Zurlini vi sono anche le giuste attenzioni forti: ai «Cahiers du cinéma» dapprima Douchet, poi Moullet e altri e, dipartendo - si da quella storia, prima Vecchiali (con la sua rabdomantica visione dentro il film pur tradito da Delon in Le professeur ), poi Daney; ma anche Benayoun a «Positif»; e in Italia Adelio Ferrero dentro l’ostile «Cinema nuovo», e per La prima notte di quiete , accanto a fedeltà amicali e di stima (Kezich, Cosulich, Rondi – che pone intelligentemente il film tra i vertici dell’autore), alcune recensioni insolitamente coinvolte, persino fuori dai registri giornalistici, di Oreste Del Buono, Alberto Moravia e Pietro Bianchi, la prima tutta centrata sull’esorcismo della malattia, la seconda sull’ossessione del rapporto sessuale, la terza contenente le più belle parole mai scritte in italiano sul film e forse su tutta l’opera di Zurlini («una sorta di elegia o di epicedio sulla borghesia di ieri l’altro, seppellita con i suoi privile - gi l’8 settembre ’43, quando Badoglio con la sua ambiguità mandò in frantumi quel poco che restava dell’eredità del Risorgimento... A questa luce, il forsenna - to ma malinconico erotismo del film non è che apparenza. La sostanza è altrove: sta nella ricerca da parte di Daniele dell’ombra del padre morto, tragica e perciò non avventurosa e didascalica come quella di Telemaco da parte di Odisseo, lon - tano ma vivo»). Senza dilungarci oltre, dobbiamo rilevare come l’attenzione al regista soffra spes - so di un’incapacità a rilanciarne la forza (persino in chi lo conobbe bene come il Marco Weiss di Sinemà , libro imprescindibile su Zurlini), o di un’accettazione di chiavi precostituite: come quella secondo cui Le soldatesse avrebbe trasformato completamente Pirro, mentre perloppiù vi è fedelissimo nella lettera del raccon - to, caricandola però di un’emozione di sguardo: vedansi tutte le cose più memo - rabili del film già presenti nel libro (l’«una di noi ha la sifilìs » detto da Karina, l’al - lontanarsi della pasoliniana Di Rocco col gruppo di soldati che le mettono il ber - retto, e il successivo ritrovamento di tutti loro cadaveri; e molto altro). È presu - mibile inoltre che alcune delle più belle letture di Cronaca familiare (da Vecchiali a Benayoun a Daney) ignorassero il testo pratoliniano, su cui il film rasenta per - sino il calco (sin dai titoli), senza però forse giungere a superarlo nella sfida orde - tiana del rifiuto della morte, come a un certo punto forse Zurlini desiderava volendo girare un abbraccio tra i fratelli che la fedeltà a Pratolini gli impedì. Io, pur estasiato dalle parole di Daney («è un film dove l'amore nasce dal bisogno

12 che chi “sta di fronte” ha di colui che “gira le spalle” e viceversa... i personaggi avanzano nella vita, certo, ma all'indietro, cioè di “spalle”. E per chi avanza così le sole linee di fuga sono quelle che corrono dall'avvenire ignorato o dal presente intravisto verso la retrovisione del passato»), sento nella recitazione del testo pra - toliniano nel finale qualcosa di forse troppo concluso in scrittura. Per fortuna ciò viene invece rifiutato all’inizio: l’incontro tra fratelli, con sguardi verso il fuori campo in cui si trovano macchina da presa, Zurlini e spettatori dentro quella sala da ping-pong, è un vertice di cinema, come l’inizio di Estate violenta dove lo sguardo in macchina del militare che fa il segno della vittoria, eludendo l’ingres - so in campo di Jacqueline Sassard offrentesi a un’impossibile amore (del cinema, e forse dell’autore) già risolve la vicenda del film in sconfitta. Le evocate parole di Daney sono illuminanti per un cineasta i cui finali ( Estate vio - le nta , La ragazza con la valigia ) si chiudono su una figura che nel movimento fisico “avanza” verso la perdita (Trintignant, Cardinale) mentre invece in Came- rini, maestro segreto di molto cinema italiano, ci si allontana verso la sconfitta di spalle. Con Camerini vale la pena di evocare un’altra assonanza: il rifiuto di Se- randrei come montatore; che, pur grande, si legava meglio a un cinema materi - co (da Matarazzo a Bava) anziché a un cinema che invece affermava e insieme smentiva il racconto: sul quale, nel caso di Zurlini, ben più felicemente s’innestò Arcalli (eppure questi considerava Serandrei il proprio maggior precursore, a con - ferma di quanto le idiosincrasie di Zurlini potessero chiudersi in sé – vedi caso Fassbinder – ma di cui oggi dobbiamo leggere quanto vi fu comunque di verità). Tra le interpretazioni critiche alte del cinema di Zurlini io porrei anche i manife - sti Titanus disegnati da Maro: che nel caso di Cronaca familiare ferma appunto l’abbraccio fuori campo dei fratelli, e nel caso di La ragazza con la valigia chio - sa la forza diabolica del denaro che domina il film, con una figura maschile inin - dividuabile con gli attori del film, nella quale rimane solo il male, e che paga la Cardinale per renderla perdente, il che è francamente la lettura più radicalmente vera del film che si potesse avanzare. Dunque il cinema di Zurlini non si conclude in se stesso, come non si conclude quello di Dreyer, di cui abbiamo voluto scoprire nel programma la presenza expanded oltre la doxa critica che ci diceva essere egli autore isolato (lo era dalle ideologie, dalle religioni, dalla produzione: ma non da quel pulsare del cinema che non è concludibile in rigore autoriale). Il cinema di Zurlini è anzi ossessionato dall’accettazione/rifiuto dei doppi, e il cor -

13 tometraggio sul cinema Il mercato delle facce , con il suo moltiplicarsi di voci e controfigure, ne è una sottolineatura. Ma lo è anche il falso libro Scheiwiller con le poesie attribuite al protagonista, incluso in La prima notte di quiete , o la Moriconi che sul treno in Le soldatesse stacca un ritratto che le ricorda il figlio, o il protagonista di Le ragazze di San Frediano , emulo di Robert Taylor, che dà alla Rubini una falsa foto di se stesso in vesti da centauro (con finta dedica: come pare Zurlini si dilettasse a falsificare per gioco la firma dell’autore sulle opere vere di Morandi), o anche la Grecia colonizzata di Le soldatesse che dopo l’incipit ate - niese si gira in Jugoslavia. Si arriverà così al “relativismo” di Zurlini direttore di doppiaggio per film propri o altrui: già nei primi è lecito preferire la Cardinale autodoppiantesi nella versione Cholodenko alla surinterpretazione di Adriana Asti nella versione italiana d’autore. Si sa poi che la Moriconi lottò col regista per potersi autodoppiare... e però egli volle che Anna Karina parlasse con la sua voce, come la Eleonora Rossi Drago di Estate violenta , film che compone un trit - tico di presenze della sua splendida voce materica, tra incertezze e sovraccarichi di recitazione, con Tre storie proibite di Genina e Le amiche di Antonioni: trittico aperto da Genina e concluso da Zurlini, in cui la bellezza unica di Eleonora (giu - sto incipit in foto di queste note) si esalta nella sua voce uterina, che altrove il cinema italiano normalizzò col doppiaggio. Questo slittare di doppi, così intimamente legato ai destini del cinema (che ci dice a ogni momento: tutto è uguale e tutto è diverso), trova nei film di Zurlini delle vette tragiche assolute. La misteriosa, da decodificare, dedica siglata a due «ai nostri genitori» alla fine di La prima notte di quiete , può allora ben unirsi alla vicenda della bambina che dopo aver abbracciato Trintignant in Estate violenta , cercandovi protezione dal bombardamento, poco dopo nemmeno lo riconosce (o forse nega il darsi di quell’abbraccio casuale a quello che purtuttavia era un altro corpo), e poi alla fine un’altra bimba uccisa da un altro bombardamento, supina con le gambe e le natiche quasi oscenamente divaricate, è come se fosse la bimba della protagonista, eppure è un’altra, e in ciò rivela un comune destino. «Noi siamo solo quelli che non sono morti» si dice appunto in La promessa . Come si può cogliere da queste poche note, il discorso su Zurlini esige percorsi impervi e inconclusi. In un programma in cui l’ossessione dei Mille occhi per i “fuori campi” si è particolarmente sviluppata, ne abbiamo però dovuti omettere altrettanti, e ciò fa ben capire la vastità del territorio. Non si è detto per esempio del progetto Lo scialo che nel titolo stesso (sinonimo di dispendio di sé e della

14 propria vita) esemplarmente riassume Zurlini. Né si è detto molto del suo inte - resse per l’arte, o di quello bibliofilo, incontrantisi nelle edizioni Prandi che avrebbero meritato una mostra a complemento del festival. Nemmeno abbiamo evocato, se non a grandi linee, le storie d’amore nella vita di Zurlini, ovviamente incrociantisi con il suo cinema. Accanto al primo matrimonio poi sciolto con Fausta Salvati, a quello con Rosamaria (da cui nacquero Francesco e Maria) e al rapporto degli ultimi anni con Marie-Françoise Brouillet, che oggi è con Francesco la più generosa testimone zurliniana, vi sono i rapporti più o meno lunghi ma comunque importanti con Giovanna Ralli, Jacqueline Sassard, Marie Lafôret, Mina. Probabilmente è gossip di seconda mano quello che attribuisce a Zurlini rapporti con tutte le attrici di Le soldatesse , come forse non tutte le attrici che attorniano Giovanna Ralli in Le ragazze di San Frediano ebbero “storie” col regista (benché il modo in cui egli parla degli occhi di Marcella Mariani faccia desiderare – a noi oggi – oltre che di poterli reincontrare – quanto quelli di Marta Toren – quantomeno che quelli di Valerio vi si fossero incontrati). Epperò le vicende con presenze plurali di quel film, sintetizzate dalla panoramica che inquadra all’inizio il gruppo femminile di Le soldatesse , sono segni di un volgersi all’irruzione dei corpi reali che sarebbe becero ridurre a pratica dongiovannesca. Anche perché poi nell’ultimo (non tale per scelta) film la capacità anche sadica di trattare i gruppi maschili (vedi anche Seduto alla sua destra e oltre l’apparen - te dolcezza lo stesso Cronaca familiare ) si unisce all’incipit in cui le due figure femminili riassumono il cinema zurliniano: la madre che accudisce il sonno del figlio presentendone la perdita, e l’amata (interpretata dalla compagna reale Chantal Perrin) la cui scena dimostra, se ce ne fosse bisogno, come le inquadra - ture di Zurlini abbiano una geometricità sempre legata all’emozione: qui l’avvici - narsi e infine riallontanarsi di lei sono un compiersi di quel fondo del cinema che è il rapporto tra campo e fuori campo. E se i movimenti di macchina di La ragazza con la valigia sono di una costru - zione difficilmente non percepibile, nel “minore” Le soldatesse colpisce la sempli - cità fordiana del salire e scendere su (e da) quei carri viaggianti nel paesaggio della storia: nel cinema italiano forse solo Giorgio Bianchi (a cominciare da La maestrina ) seppe parimenti contenere in una ripresa griffithiana del reale la potenza di un racconto. Se Zurlini avesse potuto realizzare, tra i suoi altri pro - getti, quantomeno Di là dal fiume e tra gli alberi (nella cui sceneggiatura seppe eccedere Hemingway, unendovi Pound e se stesso), avremmo visto un film non

15 tanto omologo al cinema di Huston spesso incrociato (e che poco prima proget - tò un film dallo stesso romanzo) ma piuttosto un riecheggiamento (nella sublime accezione di Racconto del quartiere dal cui splendido testo detto da Tina Lattanzi abbiamo tratto il titolo della rassegna) di comunicazioni di morte con la forza rin - venibile in Kubrick e Wilder. Zurlini ha saputo essere anche ciò che talvolta vi si sminuisce, o che lui stesso sminuisce: era perciò anche il regista italiano di teatro più sottovalutato degli anni ’60 benché egli stesso se ne schermisca e ponga quell’attività sullo sfondo del cinema. Era inoltre anche un autore di commedia cui superficialmente si attribui- sce solo il registro tragico, che come invece sappiamo è di per sé legato al comi - co. Nel lungometraggio d’esordio l’azione di sputare nell’Arno del protagonista, come decisione di uscita dal fallimento (laddove visivamente la scena sembrava presentire ravvedimenti nella disperazione), può rivelarci molto di una sensibili - tà cameriniana nell’osservare. A confermare l’erranza non programmata dei percorsi dei Mille occhi, anche Ca- merini torna più volte nel programma, e non solo per l’omaggio a Lia Franca. Sul quale mi basta qui dire che il modo in cui lei, nella Rivista Cines speciale, dice giocosamente «andiamo ad ascoltare il discorso del ministro Bottai», è un segno di vera e incondizionabile libertà politica, quella che anche oggi il discorso del corpo – Giuseppe De Santis lo capiva benissimo – sa trainare oltre programmi e schieramenti, persino ove si tratta delle ribellioni programmate che vanno dalle Femen alle Pussy Riot o degli allineamenti da Nicole Minetti a Sara Tommasi. Camerini, in Gli uomini, che mascalzoni... (di cui Resurrectio , pur girato prima, a momenti appare una chiosa abbinata a quelle di Rotaie e del debenedettiano La grazia ), ha unito la libertà nature di Lia Franca a quella di De Sica in uno dei film più estranei alla storia politica che si potessero immaginare. E la stessa ideo - logia blasettiana della rinascita, alleantesi con Pittaluga, non è mai stata mera “politica di regime”: è questa la non normalizzabile validità del cinema italiano 1930-1932, che lo rende uno dei grandi momenti di questa cinematografia con quelli delle rinascite 1945-1948 e 1959-1962. Ma come non sorprendersi della compresenza nello stesso anno dei due film cameriniani Gli uomini, che mascalzoni... e L’ultima avventur a? Questo era un pre-addio a Diomira Jacobini, che dopo aver doppiato Louise Brooks nella per - duta versione italiana di Miss Europa , incarna in questo film le fascinazioni bova - resche e tolstojane delle presenze femminili di Camerini. La caduta della sua scar -

16 pa nel passaggio al sonno, osservata da Falconi, fa il paio nel film con un altro momento sublime, l’osservazione dei bacilli al microscopio da parte di lui, gio - cando scherzosamente con quell’esorcismo della malattia che il territorio com - media favoriva più in Camerini che in Zurlini. Un film straordinario, questo film minore, non patrocinato da Cecchi come l’altro del regista dello stesso anno, e perciò caduco nella fama, ma invero con Kif tebbi e La figlia del capitano (due non commedie) tra i massimi vertici del regista. Tutto da scoprire, dunque, il cinema italiano, per fuoriuscire da quei pigri sche - mi che l’hanno inquadrato nel tempo. Anche il trittico Genoveffa di Brabante, i film antisacrificali di “Expanded Dreyer”, e altri film in programma, c’indurranno in questa direzione di godimento e di scoperta. E, contro l’ovvietà della “trashiz - zazione” (favorevole o sfavorevole pari sono), non ci sarà di meglio che vedere l’ultimo lungometraggio di Cicero (coprodotto dal cottafaviano Venturini!), film di maschere che lo rendono di un rigore estremo, degno del precedente W la foca . In una rassegna che scopre gli imprevedibili contatti dei registi tedeschi con l’Italia (oltre al Rabenalt di una Genoveffa, anche Wisbar, Käutner, Pabst, il film con l’esotica sarda Maria Frau e altri), si corona bene la nostra pluriennale atten - zione ospitante a Werner Schroeter, regista di cui sempre più cogliamo l’impor - tanza (ne è segno la mia lista, di cui sono molto convinto seppur iperselettiva, per il recente Poll di «Sight and Sound»). L’incontro di Schroeter con Giuseppe Fava costituisce un’altra rivelazione: s iamo lieti che questa personale di Fava ci- neasta parta da Trieste per riapprodare lungo l’Italia alla sua natia Sicilia. Spesso i nostri programmi diventano segni di quel luogo centrale del cinema che è l’ Ordet di Dreyer. Cioè un luogo senza certezze di fede ma senza rinunce, in cui il cinema sa di non doversi ingannare. Perciò omaggiamo lo splendore vita- le di Dwoskin, De Seta, Beban, ma vorremmo idealmente farlo anche per Liviu Ciulei, Chris Marker, Witold Lesiewicz (colui che ridette anche vita, nel modo più giusto, all’ultimo film di Munk), Saraceni, Lopes, Maetzig, Fuest, ma anche per un reinventore di cinema come Amos Vogel, e per le presenze incarnate nel cine- ma di Anneka Di Lorenzo, Paulette Dubost, Diane Cilento, Denise Darcel, Lina Romay, Isuzu Yamada. Un’amica di molti di noi, Sara Moranduzzo, avrebbe talvolta sorriso a queste evo - cazioni. A mia madre sarebbe bastato sapere che anche quest’anno avrei fatto con altra gente questo festival.

17 18 Last/lost dreams. Cronaca familiare di Stephen Dwoskin

19 STEVE DWOSKIN : UNA TRILOGIA DI RICORDI me se non quella voce, fantasma altret - DELLE PERSONE AMATE tanto impalpabile quanto quello che sa- a cura di Federico Rossin rebbe venuto forse a trovarmi quando mia nonna fosse morta. «Parla, parlami.» A Jorge, lembro de você Ma allora accadde che, lasciandomi più solo ancora, io cessai d’un tratto di per - Ora che tu sei morta, io non dico che cepir quella voce. Mia nonna non mi non sei più viva per me; tu sei viva, sentiva più: essa non era più in comuni - viva com’eri, con la stessa realtà che cazione con me, noi avevamo cessato per tanti anni t’ho data da lontano, pen - d’essere l’uno in faccia all’altro, udibili sandoti, senza vedere il tuo corpo, e uno per l’altro; io continuavo a inter - viva per sempre sarai finché io sarò pellarla a tastoni nella tenebra, sen - vivo; ma vedi? è questo, è questo, che tendo che anche da parte sua i suoi ri - io, ora, non sono più vivo, e non sarò chiami dovevan perdersi. Palpitai della vivo per te mai più! Perché tu non puoi stessa angoscia che molto tempo addie - più pensarmi com’io ti penso, tu non tro avevo provata, un giorno quando, puoi più sentirmi com’io ti sento! E ben bambino, l’avevo perduta nella folla, per questo, Mamma, ben per questo tormentato neppur tanto dal non ritro - quelli che si credono vivi credono an- varla quanto dal sapere che essa mi che di piangere i loro morti e piangono cercava, dal sapere che essa si diceva invece una loro morte, una loro realtà che io la cercavo: angoscia abbastan- che non è più nel sentimento di quelli za simile a quella che proveremo un che se ne sono andati. Tu l’avrai sem - giorno parlando a chi non ci può più pre, sempre, nel sentimento mio: io, rispondere, e che vorremmo potesse Mamma, invece, non l’avrò più in te. almeno sentire tutto quello che non Tu sei qui; tu m’hai parlato: sei proprio abbiamo loro detto, e la nostra assi - viva qui, ti vedo, vedo la tua fronte, i curazione che riusciamo a sopportare tuoi occhi, la tua bocca, le tue mani; il dolore. Mi sembrava che fosse già vedo il corrugarsi della tua fronte, il un’ombra diletta, quella ch’io avevo battere dei tuoi occhi, il sorriso della perduto poco prima fra le ombre e, tua bocca, il gesto delle tue povere pic - solo davanti all’apparecchio, continua - cole mani offese; e ti sento parlare, par - vo a ripetere invano: – «Nonna, nonna», lare veramente le parole tue: perché sei come Orfeo, rimasto solo, ripete il no- qui davanti a me una realtà vera, viva e me della sua morta. spirante; ma che sono io, che sono più Marcel Proust io, ora, per te? Nulla. Tu sei e sarai per sempre la Mamma mia; ma io? Io, figlio, Orfeo: È andata così. Salivamo il sen - fui e non sono più, non sarò più... tiero tra il bosco delle ombre. Erano già Luigi Pirandello lontani Cocito, lo Stige, la barca, i lamenti. S’intravvedeva sulle foglie il Gridai: «Nonna, nonna», e avrei voluto barlume del cielo. Mi sentivo alle spal - abbracciarla; ma non avevo presso di le il fruscìo del suo passo. Ma io ero 20 ancora laggiù e avevo addosso quel freddo. Pensavo che un giorno avrei dovuto tornarci, che ciò ch’è stato sarà ancora. Pensavo alla vita con lei, com’era prima; che un’altra volta sareb - be finita. Ciò ch’è stato sarà. Pensavo a quel gelo, a quel vuoto che avevo tra - versato e che lei si portava nelle ossa, nel midollo, nel sangue. Valeva la pena di rivivere ancora? Ci pensai, e intravvi - di il barlume del giorno. Allora dissi “Sia finita” e mi voltai. Euridice scom - parve come si spegne una candela. Sentii soltanto un cigolìo, come d’un topo che si salva. Cesare Pavese

MOM Regia: Stephen Dwoskin; origine: Re- gno Unito, 2008; formato: video, b/n; durata: 13’. Copia DigiBeta da Lux.

«Un tributo a mia madre realizzato subi - to dopo la sua morte all’età di novanta - sei anni. Il film la ricorda attraverso immagini di repertorio, cercando di cat - turare e tenere stretti i sentimenti miste - riosamente elusivi e i gesti affettuosi che ha lasciato dietro di sé e che anco - ra oggi rimangono nella mia memoria». (Stephen Dwoskin)

DAD Regia: Stephen Dwoskin; origine: Re - gno Unito, 2003; formato: video, col.; durata: 15’. Fotogrammi dai video Mom e Dad Copia DigiBeta da Lux.

21 «Un’ode a mio padre, e forse a tutti i padri. Considerato “un quadro in movi - mento” da mia sorella, il film fonde tra loro riprese di mio padre giovane e del suo invecchiamento. Coglie i piccoli ge - sti del quotidiano e li trasforma in mo- numentali momenti di tenerezza e rispetto». (Stephen Dwoskin)

GRANDPÈRE ’PEAR Regia: Stephen Dwoskin; origine: Re - gno Unito, 2003; formato: video, b/n; durata: 5’. Copia DigiBeta da Lux.

«Mio nonno era un artista pieno di fa- scino e avrebbe recitato in una com - media se avesse avuto un pubblico. In questo film, costruito su film di fami - glia, l’oggetto della sua stravaganza è una semplice pera». (Stephen Dwoskin)

Fotogrammi dai video Dad e Grandpère’pear

22 Una voce insegue una eco, una eco insegue un’altra voce. Valerio Zurlini e l’incommensurabile domanda d’amore del cinema

23 FUORI CAMPO te. Il racconto si chiude sul lento scor - Il bell’Antonio rere del fiume». Cesare Biarese, Valerio Zurlini , Romanzo di Vitaliano Brancati, 1949. Comune di Venezia, Secondo Zurlini in Gli anni delle im - Venezia, 1984 magini perdute , testo che già include il cinema, come I promessi sposi di Man - zoni, Guerra e pace di Tolstoj, Il grande LE RAGAZZE DI SAN FREDIANO Gatsby di Fitzgerald. Regia: Valerio Zurlini; soggetto: dal ro - manzo di Vasco Pratolini; sceneggiatu - ra: Leonardo Benvenuti, Piero De Ber - RACCONTO DEL QUARTIERE nardi; fotografia: Gianni Di Venanzo; Regia: Valerio Zurlini; fotografia: Tino montaggio: Mario Bonotti; scenografia: Santoni; musica: Mario Nascimbene; vo - Aristo Ciruzzi; musica: Mario Zafred; ce : Tina Lattanzi; produzione: Niccolò interpreti: Antonio Cifariello, Rossana Theodoli per Industrie Cinematografi- Podestà, Giovanna Ralli, Marcella Ma - che Sociali; origine: Italia, [1949-]1950; riani, Giulia Rubini, Luciana Liberati, formato: 35mm, b/n; durata: 11’. Corinne Calvet, Sergio Raimondi, Ar nol- Copia 35mm da Cineteca Nazionale. do Foà (voce narrante); produzione: Lux; origine: Italia, 1954; formato: 35mm, «Una giornata, dall’alba al tramonto, del b/n; durata: 90’. quartiere romano di Trastevere. Strade Copia 35mm da Cineteca Nazionale. dai sanpietrini lucidi, illuminati dal pri- mo raggio di sole, le persiane chiuse, «Dopo il mio terzo documentario, l’ing. un campanile, una donna che, come Gatti della Lux mi invitò a pensare a un un’ombra, attraversa la strada, un gatti - progetto di lungometraggio per il mio no accanto a un’inferriata... La macchi - debutto. Passarono però due anni pri - na da presa sosta al lavatoio, cogliendo ma che cominciassi a girare per davve - gesti e volti di donne al lavoro. Poi, ro. Mi offrirono loro di adattare Le ra - quando il sole è alto, s’inoltra in “mer - gazze di San Frediano [...]. Era una cati piccoli, incuneati in angoli di stra - commedia all’italiana, ma tuttavia un de”. Le donne si parlano da una finestra po’ diversa dai modelli allora correnti, all’altra, i bambini giocano. A Regina tipo Pane, amore e fantasia. Era una Coeli, scrutata in ampie panoramiche e commedia di giovani. Un film che po - in piccoli dettagli, il tempo sembra so - trebbe assomigliargli, benché girato più speso. [...] tardi, è Gli innamorati di Bolognini. Le Poi il tramonto. “Un’animazione dolcis - ragazze di San Frediano era un film sima si diffonde per le strade, giunge al spiritoso, allegro, ironico, interpretato cuore dei vicoli”. Una ra gazza si reca da tutti debuttanti, e questo gli dava all’appuntamento col suo amore sulle ri - un’aria di freschezza e di vivacità. D’al - ve del Tevere, in prossimità di un pon - tronde era una commedia con molta 24 malinconia, faceva ridere ma fino a un sfatte, quiete e ambiziose. Ne hanno certo punto». studiato la psicologia e si sono accorti Jean. A. Gili, Entretien che il presumerle tutte affascinate dal avec Valerio Zurlini, mondo di lusso col quale vengono «Ecran», n. 53, dicembre 1976 giornalmente a contatto e da quegli abiti che esse confezionano con tanta abilità, è perlomeno eccessivo, è il mo- CONVERGENZE PARALLELE dulo di una facile e retorica letteratura. Labirinti di Camerini Poi sono andati a scoprire gli ambienti famigliari nei quartieri periferici dove, LE RAGAZZE DI PIAZZA DI SPAGNA in massima parte, esse vivono. È loro Regia: Luciano Emmer; soggetto: Sergio intenzione farne una polemica sociale? Amidei; sceneggiatura: S. Amidei, Fau- Luciano Emmer lo esclude. [...] Le bor - sto Tozzi, Karin Valde; fotografia: Ro - gate periferiche lo interessano come dolfo Lombardi; montaggio: Jolanda ambiente tipico che, delle sartine di Benvenuti; scenografia: Mario Garbu- Piazza di Spagna, forma la particolare glia; musica: Carlo Innocenzi; interpre - psicologia. “Mi interessa”, dice, “descri - ti: Lucia Bosè (voce Gabriella Genta), vere gli stati d’animo di questa gente Cosetta Greco (voce Gemma Griarotti), che, nonostante tutto, conserva, fra gli Liliana Bonfatti (voce Flaminia Jando- abitanti di Roma, un suo caratteristico e commovente entusiasmo della vita. È lo), Renato Salvatori (voce Ferruccio proprio tale entusiasmo che le permet - Amendola), Marcello Mastroianni (voce te di superare i momenti più difficili. Nino Manfredi), Eduardo De Filippo, Questi sono i dati positivi che intendo Ave Ninchi, Leda Gloria, Anna Maria sottolineare nel mio film, senza trascu - Bu gliari, Giorgio Bassani, Giulio Pan - rare quelli negativi. In particolare, vo - cali (voce narrante); produzione: Asto - glio indagare, delle ragazze, i rapporti ria; origine: Italia, 1952; formato: 35mm, con i coetanei, e descrivere e appro - b/n; durata: 96’. fondire i loro incontri, le loro speranze Copia 35mm da Cineteca Nazionale. d’amore. Marisa, la mia protagonista, ne è il prototipo. Il giorno in cui, come «Per elaborare le vicende di Marisa, di indossatrice, par tecipa per la prima vol - Elena e di Lucia, Sergio Amidei, sog - ta a un defilée , essa subisce una prova gettista e sceneggiatore, ha con Luciano psicologica, la prova della sua sanità Emmer interrogato circa trecento ragaz - morale, e la supera. Un film ottimistico, ze che lavorano nelle sartorie situate dunque”». nella zona di cui Piazza di Spagna è il Domenico Meccoli, I sette peccati centro e il simbolo. Ognuna ha raccon - capitali e Le ragazze di Piazza tato la sua storia, trecento storie così si - di Spagna , «Cinema», n. 73, mili e così dissimili nello stesso tempo, 1 novembre 1951 storie di ragazze belle e brutte, fortu - nate e sfortunate, soddisfatte e insoddi -

25 PUGILATORI Troiani; musica: Luciano Fineschi; in - terpreti: Giorgio Zinzi, Marcello Riccio, Regia, produzione: Valerio Zurlini; fo - L. Fineschi, Ivan Vandor, Giovanni tografia: Tino Santoni; musica: Mario Borghi, Pino Liberati, Peppino D’Inti- Nascimbene, Roman New Orleans Jazz no, Bruno Perris; produzione: Mario Band; voce: Arnoldo Foà; origine: Italia, Nascimbene per Meridiana; origine: [1949-]1952; formato: 35mm, b/n; dura - Italia, 1952; formato: b/n, 35mm; dura - ta: 11’. ta: 13’. Copia 35mm da Cineteca Nazionale. Copia 35mm da Cineteca Nazionale. «Frequentammo palestre, incontrammo atleti dilettanti, visitammo i luoghi del «La mia attività “stereo” (musica e pro - lavoro quotidiano. Uno sport pericolo - duzione) continuò parallelamente nei so e violento offriva a questa umanità mesi che seguirono il successo di Roma semplice e povera la possibilità di un ore 11 . La Meridiana Film produsse a riscatto al grigiore senza futuro della breve distanza quattro documentari loro esistenza. [...] Valerio montò il film importanti: il primo, I blues della dome - in due versioni: una di quaranta minu- nica diretto da Valerio Zurlini, narrava ti del tutto “platonica” perché in Italia la giornata dei giovani componenti non è mai esistito un mercato per il della Roman New Orleans Jazz Band, mediometraggio; il Museum of Modern che avevano interpretato con successo Art di New York ne acquistò una copia il mio commento musicale per il nostro che è tuttora presente nella sua cine - precedente cortometraggio Pugilatori . Il teca. E una seconda, commerciale, di testo, ispirato agli spirituals e ai gospels , quindici minuti. [...] Pugilatori ebbe un venne di comune accordo affidato a grande successo: la critica lo definì Gerardo Guerrieri, un giovane scrittore “opera senza dubbio interessante, de - già affermato per la sua valida collabo - gna di essere annoverata tra i singolari razione con e per le prodotti d’una insolita cura realizzativa, sua apprezzate traduzioni di lavori tea - ricca di un intellettualismo pregnante e trali inglesi e americani». ambizioso”. amò mol - Mario Nascimbene, Malgré moi, tissimo il documentario e chiese di rive - musicista , Edizioni del Leone, derlo. E lo rivide due o tre volte prima Venezia, 1992 di iniziare le riprese di Rocco e i suoi fratelli ». Mario Nascimbene, Malgré moi, musicista , IL MERCATO DELLE FACCE Edizioni del Leone, Venezia, 1992 Regia: Valerio Zurlini; fotografia: Pier Ludovico Pavoni; musica: Luciano Fi - neschi; interpreti: Giulio Questi, Ma - I BLUES DELLA DOMENICA riolina Bovo, , Franco Regia: Valerio Zurlini; commento: Ge - Zeffirelli, Gianni Franciolini, Arnoldo rardo Guerrieri; fotografia: Oberdan Foà (voce); produzione: Silvano Valenti

26 per Lux; origine: Italia, 1952; formato: chiamavano un po’ la mia formula: 35mm, b/n; durata: 12’. quella del tentativo di dare il ritratto di Copia 35mm da Cineteca Nazionale. una categoria umana attraverso alcu- ne storie, rigorosamente documentarie, «Il mercato della facce fu il secondo che, però, avessero, praticamente, qua- documentario che mi commissionò la si una specie di piccolo racconto den - Lux. La Lux non aveva scordato la pro - tro. Cioè il documentario era concepito messa fatta, mi chiamò, e Davanzati mi più in forma di racconto che non in chiese se volevo girare un documen - forma di tranche de vie». tario e quando dissi: “Vorrei fare un Valerio Zurlini in Gianni Da Campo documentario sul sindacato generici e (a cura di), Appuntamento con Valerio comparse di Cinecittà”, mi disse: “Va Zurlini , «La Cosa Vista», n. 7, 1988 bene, lo faccia pure” e mi mise a dispo - sizione il denaro che serviva. Sai, allora LA STAZIONE un documentario costava un milione e mezzo: io riuscii a spendere un milione Regia: Valerio Zurlini; fotografia: Pier e sette. E anche lì fu girato strettamen - Ludovico Pavoni; musica: Angelo Fran - te dal vero. Ma, particolare curiosissi - cesco Lavagnino; voce: Emilio Cigoli; mo, tra gli attori ci sono Francesco Ro - produzione: Edelweiss; origine: Italia, si, Franco Zeffirelli, Gianni Franciolini, 1953; formato: 35mm, b/n; durata: 11’. non mi ricordo quali altri registi, che si Copia BetaSP (da 35mm) da Cineteca prestarono a interpretare il loro stesso Nazionale. ruolo, cioè di gente che andava a sce - gliere generici e comparse». «Stazione Termini fu il primo esempio Valerio Zurlini in Gianni Da Campo in assoluto di cinema verità, in anticipo (a cura di), Appuntamento con Valerio di molti anni sulla nascita di questo Zurlini , «La Cosa Vista», n. 7, 1988 stile. Il documentario fu girato in un mese, sempre nelle ore ancora livide dell’alba [...]. Fu girato in presa diretta, SERENATA DA UN SOLDO registrando voci smarrite che si espri - mevano in tutti i dialetti e in tutti gli Regia: Valerio Zurlini; soggetto e com - accenti, senza nessuno schema di storia mento: Giulio Questi; fotografia: Pier e non costringendo mai gli inconsape - Ludovico Pavoni; musica: Angelo Fran - voli protagonisti di quelle fredde matti - cesco Lavagnino; voce: Emilio Cigoli; nate ad assumere un atteggiamento produzione: Edelweiss; origine: Italia, qualsiasi, rubando immagini, suoni, ri - 1952; formato: 35mm, b/n; durata: 11’. chiami, la solitudine e la speranza di Copia BetaSP (da 35mm) da Cineteca povera gente ansiosa di vita ». Nazionale. Valerio Zurlini, Gli anni delle immagini perdute , Prandi, «Soldati in città e Serenata da un sol- Reggio Emilia, 1976 do proponevano quella che, in fondo,

27 SOLDATI IN CITTÀ MEDIOEVO MINORE Regia: Valerio Zurlini; commento: Giu - Regia: Valerio Zurlini; fotografia: Giulio lio Questi; fotografia: Pier Ludovico Giannini; musica: Mario Nascimbene; Pavoni; musica: Angelo Francesco La - produzione: Meridiana; origine: Italia, vagnino; voce: Arnoldo Foà; produzio - 1955; formato: 35mm, col.; durata: 10’. ne: Edelweiss; origine: Italia, 1953; for - Copia BetaSP (da 35mm) da Fuori orario. mato: 35mm, b/n; durata: 11’. Copia BetaSP (da 35mm) da Cineteca «Medioevo minore , girato nel 1955, ri - Nazionale. volge il suo interesse a miniature secondarie del XIV e del XV secolo, «Soldati in città e Donne di servizio di integrando e completando un’analisi Giulio Questi hanno in comune un storico-artistica che Zurlini aveva pen - acuto interesse per piccoli fatti della sato in forma di trilogia e che aveva vita di tutti i giorni. In un certo senso, progettato già nel 1951 grazie all’inte - sia l’uno che l’altro documentario pren - ressamento del conte Giovanni Treccani dono le mosse da un “soggetto”: rispet - e su commissione di un istituto d’arte». tivamente la libera uscita dei soldati in Gianluca Minotti, Valerio Zurlini , una grande città e la domenica delle Il Castoro, Milano, 2000 donne di servizio. Zurlini e Questi han- no saputo cogliere momenti significati - vi della vita dimessa dei personaggi [I NSERTI PER ] LA PROMESSA della loro indagine. L’analoga prove - Regia: Valerio Zurlini; produzione: RAI; nienza culturale e gli analoghi interessi origine: Italia 1970; formato: 16mm, (oltre che una collaborazione tecnica: b/n; durata: 6’. Questi è autore del commento di Sol - Copia BetaSP (da 16mm) da Fuori orario. dati in città ) risultano evidenti anche nella somiglianza di taluni stati d’ani - mo: ad esempio, a una bella inquadra - ESTATE VIOLENTA tura di Soldati in città (quel gruppo di soldati che guardano il treno da una Regia: Valerio Zurlini; sceneggiatura: V. scarpata, i volti pieni di nostalgia) si Zurlini, Suso Cecchi D’Amico, Giorgio può avvicinare una delle immagini più Prosperi; fotografia: Tino Santoni; mon - significative di Donne di servizio (una taggio: Mario Serandrei; scenografia: ragazza che osserva tristemente il treno Dario Cecchi, Massimiliano Capriccioli; che passa sotto un ponte) ». musica: Mario Nascimbene; interpreti: Tom Granich, I cortometraggi , Eleonora Rossi Drago, Jean-Louis Trin - «Cinema Nuovo», n. 15, tignant (voce Paolo Ferrari), Jacqueline 15 luglio 1953 Sassard (voce Adriana Asti), Enrico Ma - ria Salerno, Lilla Brignone, Raf Mattioli, Federica Ranchi (voce Luisella Viscon - ti); produzione: Silvio Clementelli per

28 Titanus/Société Générale de Cinémato - chiarezza e il senso del ritmo. Egli si graphie; origine: Italia/Francia, 1959; for - attiene rigorosissimamente al soggetto, mato: 35mm, b/n ; durata: 98’. del quale studia con pazienza le varie Copia 35mm da Cineteca Nazionale. sfaccettature, lasciando così progredire l’azione, anche se molto lentamente (e «Estate violenta , proiettato a Parigi con questo spiega anche l’insuccesso all’e - notevole ritardo, in una sala di quartie - stero di quest’opera troppo poco mo - re, ci rivela l’origine dei principi che derna). [...] L’impiego di procedimenti reggono i due film successivi, più im- tecnici molto diretti, come il campo- portanti ma, proprio per questo, meno controcampo dà dei risultati molto bel - facili da analizzare. Innanzitutto, per li nella scena del ballo, dove le coppie quanto riguarda certe influenze temati - si incrociano nella tromba delle scale: che con i film posteriori, noi riteniamo situazione convenzionale eccellente - che ciò che può essere scambiato per mente resa al cinema per la prima restrizione ideologica, concessione al volta. Infine, la ricostruzione storica dei pubblico o pura contingenza, in realtà fatti e dei personaggi è convincente: è chiaramente voluto (da Zurlini): egli nessuno ha saputo descrivere Rimini e dà importanza ai rapporti tra gli esseri la sua gioventù spensierata in modo umani e in modo particolare ai primi migliore». esistenti, quelli familiari, fondamentali Luc Moullet, Années d’apprentissage, in Italia, e quelli sentimentali, questi «Cahiers du Cinéma», n. 146, ultimi nella misura in cui possono avvi - agosto 1963. cinarsi o congiungersi ai primi. Attra- verso il soggetto presente, tali rapporti familiari e sentimentali si amplificano CONVERGENZE PARALLELE fino a porre il problema delle relazioni Zurlini oltre Zurlini esistenti tra la collettività e l’individuali - tà per tendere poi verso un’unione. In ESTATE VIOLENTA Estate violenta il protagonista è attirato Incisione di Jula De Palma della canzo - inizialmente dalla collettività individua - ne di Mario Nascimbene (parole Riccar - lista e oziosa di giovani borghesi suoi do Pazzaglia), 1959. coetanei, successivamente dall’indivi - Copia CD (da vinile) da Anno uno. dualità della donna che ama, lei stessa molto fortemente condizionata dalla famiglia, [...] prima di aprirsi al suo [T RAILER ] ESTATE VIOLENTA destino di uomo della nazione, soppri - mendo così i condizionamenti legati Montaggio: Mario Serandrei [?]; produ - all’egoismo di forme di collettività più zione: Titanus; origine: Italia, 1959; for - ristrette, familiari o amicali [...]. Per i mato: 35mm, b/n; durata: 3’. suoi buoni sentimenti, il suo rispetto Copia DVD (da 35mm) da Anno uno. per il melodramma, Zurlini richiama Griffith, di cui possiede la precisione, la

29 [T RAILER ] LA RAGAZZA CON LA VALIGIA graphie; origine: Italia/Francia, 1961; for - mato: 35mm, b/n; durata: 121’. Montaggio: Mario Serandrei [?]; produ - Copia 35mm da Cineteca Nazionale. zione: Titanus; origine: Italia, 1959; for - mato: 35mm, b/n; durata: 2’. «Il soggetto de La ragazza con la vali - Copia DVD (da 35mm) da Anno uno. gia Zurlini se lo è portato dentro da anni e lo ha maturato in termini narra - tivi sin nelle pieghe dei particolari [...]. LA FILLE À LA VALISE Il turbamento d’amore del giovane Regia: Valerio Zurlini; edizione france - ragazzo patrizio, vissuto all’ombra del se: Pierre Cholodenko; interpreti: Clau - vecchio palazzo, a Parma, per una dia Cardinale (voce-volto), Jacques popolana, ragazza “di vita”, istintiva e Perrin (voce-volto); origine: Italia/Fran - festosa è nella misura di una “operetta cia 1961; formato: 35mm, b/n; durata: morale” raccontato davvero in maniera 113’. perfetta. Zurlini, coadiuvato da una sce - Copia DVD (da 35mm) da Anno uno. neggiatura per molti versi esemplar - mente scritta da Patroni Griffi è riuscito ad avvicinarsi al suo giovane protago - nista scoprendone il carattere partico - FUORI CAMPO lare, la sensibilità melanconica, la sof - Manifesti di Maro [Mauro Innocenti] per ferenza consapevole e quella interna i film Titanus di Valerio Zurlini: Estate coerenza per cui – alla fine – riuscirà a violenta , La ragazza con la valigia , trovare la forza di ritirarsi, staccando- Cronaca familiare , La prima notte di si da una impossibile situazione. [...] quiete . Zurlini ne La ragazza con la valigia ha saputo legarsi alla realtà muovendo i suoi personaggi in una visione reale, LA RAGAZZA CON LA VALIGIA contrapponendo ai silenzi, agli incanti del giovane Lorenzo ed ai suoi inna - Regia, soggetto: Valerio Zurlini; sceneg - moramenti per Aida, il mondo aggres - giatura: Leo Benvenuti, Piero De Ber - sivo della disperazione contemporanea. nardi, Enrico Medioli, Giuseppe Patroni È chiaro che Aida senta il fascino incan - Griffi, V. Zurlini; fotografia: Tino Santo - tato di quel palazzo patrizio, di quel ni; montaggio: Mario Serandrei; musica: piccolo gentiluomo dalle maniere per - Mario Nascimbene; interpreti: Claudia fette, ma è altrettanto evidente che non Cardinale (voce Adriana Asti), Jacques possa distogliersi dalla “sua” verità, dal - Perrin (voce Massimo Turci), Romolo la sua stessa concezione di vivere, in Valli, Riccardo Garrone, Gian Maria Vo - una tragica indifferenza sostanziale al lonté, Corrado Pani, Luciana Angelillo, dolore e alla umiliazione. La tragedia Renato Baldini, Ciccio Barbi, Enzo Ga - presente – sembra dirci Zurlini – è an - rinei; produzione: Maurizio Lodi-Fé per che questa superficialità di sentimenti, Titanus /Société Générale de Cinémato - questo infinito passare dal dolore alla

30 gioia, dallo sconforto alla speranza. Ed figurativo. La sua Firenze è la Firenze è proprio questa tragedia dell’indiffe - delle strade di periferia, il suo paesag - renza che ci permette di superare la gio è quello della campagna toscana, i crisi e di sopravvivere senza opporre suoi colli sembrano talvolta essere usci - nessuna resistenza morale». ti da certi squarci botticelliani, se non Edoardo Bruno,«Filmcritica», dalle pitture del Perugino. [...] Data la n. 106-107, febbraio-marzo 1961 natura della “cronaca” forse si sarebbe prestato più intimamente a rendere questo procedere di fatti non sensazio - CRONACA FAMILIARE nali, il bianco e nero, come il mezzo migliore per circuire la realtà e per sot - Regia: Valerio Zurlini; soggetto: dal rac - trarla dal fascino di una ridimensione conto di Vasco Pratolini; sceneggiatura: del tutto spettacolare, com’è appunto V. Zurlini, Mario Missiroli; fotografia: per certi film a colori. Viceversa Zurlini Giuseppe Rotunno; montaggio: Mario ha ritenuto di accentuare proprio code - Serandrei; scenografia: Flavio Moghe- sto stato di realtà di sentimenti, codesto rini; musica: Goffredo Petrassi; inter - giuoco sottile di riflessi psicologici, per preti: Marcello Mastroianni, Jacques mezzo di una “tavolozza” duttile e omo- Perrin (voce Massimo Turci), Salvo Ran - genea, testimoniante appunto le di - done, Sylvie, Valeria Ciangottini; produ - verse sfumature e le angolazioni anche zione: Goffredo Lombardo per Titanus; esterne di un “sentimento del tempo” origine: Italia, 1962; formato: 35mm, così come accade per il romanzo di col.; durata: 113’ . Pratolini. Da mettere in risalto è quindi Copia 35mm da Cineteca Nazionale. proprio il valore coloristico di questo film, e l’aggancio immediato con la pit - «Si è fatto il nome di Ottone Rosai, per tura contemporanea, che, oltre a rifarsi quelle analogie imposte dal taglio di a quella di Rosai trova – in alcuni inter - certe sequenze. Ricordate i quadri del ni dosati alla perfezione – riferimenti pittore toscano, con i suoi “omini”, i alle “cose che parlano” di Morandi, per suoi carabinieri, le sue vecchie, calati in la collocazione degli oggetti, per la luce uno scenario fatto di muri stretti, di una che agli oggetti si vuol dare, per le via che leggermente sale, di un colore angolazioni delle persone» reso abbacinante dal sole, o soffuso di Francesco Dorigo, tenui riflessi, con accentuati toni azzur - «Cineforum», n. 18, ottobre 1962 ri e verdi? Ebbene anche nel film di Zurlini – al quale il sodalizio con pitto - «C’è un altro aspetto di questa tenden - ri moderni ha certamente condizionato, za prettamente necrofila: i due fratelli, se non ispirato, la scelta di una tonalità quando si ritrovano, sono spinti a più coloristica affidata esclusivamente alla riprese a parlare della madre. Il figlio morbidezza ed alla crepuscolarità dei minore non ha alcun ricordo di lei. Il tramonti e delle albe – evidentemente maggiore, sì. E quando il minore gli appare una precisa riflessione di gusto domanda di descrivere colei che ha

31 involontariamente ucciso, venendo al Prima versione, proiettata il 6 settembre mondo, il maggiore si accorge di non 1962 alla XXIII Mostra Internazionale avere nessuna immagine di lei, se non d’Arte Cinematografica di Venezia e sul letto di morte. La descrizione che dà premiata con il Leone d’oro, ex-aequo di sua madre è quella di un cadavere, con L’infanzia di Ivan di Andrej intravisto in maniera molto realistica, Tarkovskij. fino alle mosche che lo sorvolano. E questa descrizione, la fa al fratello più piccolo, Lorenzo, nel momento in cui FUORI CAMPO questo è nel proprio letto di morte. Per il maggiore avviene un transfert tra la SINEMÀ madre e il fratello minore. Rivede sua Romanzo di Marco Weiss (Guanda, madre nel volto di Lorenzo e proverà a Parma, 1994). In un mélange di scrittu - far rivivere il ricordo di lei attraverso ra diaristica ed epistolare, Marco Weiss l’agonizzante. Ma le sue pulsioni anti- rievoca la sua esperienza personale sul edipiche lo forzano fino alla simulazio - set di Cronaca familiare , quando al ne dell’indifferenza a contatto col fra - giovane studente milanese si offrì, nel tello minore, perché è quest’ultimo che pieno delle sue contraddizioni, il bel rappresenta il lato sentimentale dei mondo della cultura romana anni ’60. legami famigliari, arriva sempre a parla - Un romanzo di caratteri, se non di tipi re della madre e richiama il carattere umani, su cui spicca quello di Valerio sacro di questi legami, e perché lui si è Zurlini, «incrocio fra un colonnello di costituito, invece, solo sul fondamento cavalleria e Ernest Hemingway», appas - intellettuale del libero pensatore (ciò sionato di pittura contemporanea, ero - che è importante per il contesto politi - tomane e consumato dall’alcol, ma co del film). Ha deciso una volta per tut - anche «disponibile ad affiliare le perso - te di non aver bisogno della famiglia». ne, come se cercasse dei compagni di Robert Benayoun, in Debat viaggio, purché fossero PERSONE con sur Chronique familiare , le lettere maiuscole». «Positif», n. 60, maggio 1964

L’ INVERNO DEGLI SCIOANI CONVERGENZE PARALLELE (GIÀ L’ ESTATE INDIANA ) Romanzo incompiuto inedito di Valerio CRONACA FAMILIARE [prima versione Mostra di Venezia] Zurlini, 1963-1982. «Durante il secondo viaggio africano io Regia: Valerio Zurlini; interpreti: stessi e sono stato testimone di alcune atmosfe - Serena Vergano; origine: Italia, 1962; re, di alcuni avvenimenti e, probabil - formato: 35mm, col.; durata: 122’. mente, ero testimone in un punto di Copia 35mm da ASAC – La Biennale di crisi e di passaggio. [...] Che cos’è quin - Venezia in deposito Cineteca Italiana. di L’estate indiana ? È la storia di un

32 viaggio. Naturalmente poi la fantasia è bra Film/Debora Film/Franco London/ intervenuta e ha cambiato un’infinità di Avala/Omnia Deutsche; origine: Italia/ cose e, quindi, è un romanzo vero e Francia/Jugoslavia/RFT, 1965; formato: proprio» (Valerio Zurlini in Gianni Da 35mm, b/n; durata: 120’ . Campo, a cura di, Appuntamento con Copia 35mm da Cinecittà – Istituto Luce. Valerio Zurlini , «La Cosa Vista», n. 7, 1988). «Le soldatesse di Valerio Zurlini, che mi pare non sia stato accolto con il dovu - to rispetto, è un film da considerare FUORI CAMPO con molta attenzione. Intanto Zurlini è uno dei pochissimi registi italiani che [VALERIO ZURLINI E LE ATTRICI DI LE sappia girare dei film d’azione, con una SOLDATESSE SUL SET JUGOSLAVO ] tecnica degna dei migliori professionisti americani. E poi il nostro amico Valerio Origine: Italia, 1965; formato: 16mm, sta agli anni della guerra come Scott b/n; durata: 4’. Fitzgerald stava all’età del jazz: vi è im - Copia BetaSP (da 16mm) da Fuori ora - merso fino al collo, ne sa rendere le vi- rio. brazione segrete, sa farci rivivere (che brutta parola, ma la sensazione è pro - Sequenza di immagini delle foto di prio questa) i giorni tempestosi della Mario Dondero sul set del film. nostra formazione come individui e co- Per gentile concessione della Cineteca me Paese. A parte qualche battuta fuori di Bologna, dalla mostra Mario Donde - tono, qualche riga di dialogo troppo ro e la comunità del cinema , Bologna, scopertamente letteraria, Le soldatesse è 19 giugno-31 ottobre 2012. uno sguardo fermo sui peggiori anni della nostra vita. Anche qui la donna è ridotta a merce, non nel frastuono paci - LE SOLDATESSE fico della Roma di oggi ma nella trage - Regia: Valerio Zurlini; soggetto: dal ro - dia della nostra spedizione militare in manzo di Ugo Pirro; sceneggiatura: Leo Grecia. Il film riprende la trama di un Benvenuti, Piero De Bernardi, V. Zur - notevole libro di Ugo Pirro, basato su lini; fotografia: Tonino Delli Colli; mon - esperienze di vita: l’odissea di un uffi - taggio: Franco Arcalli; scenografia: ciale italiano costretto a trasportare da Sergio Canevari; musica: Mario Nascim - una località all’altra del territorio occu - bene; interpreti: Anna Karina, Marie pato le ragazze per i bordelli militari. Ci Lafôret (voce Maria Pia Di Meo), Lea vuole coraggio a riconoscere i propri Massari, Valeria Moriconi, Rosanna Di errori, anche se la storia ha giudicato Rocco, Milena Dravi ć, Tomas Milian da un pezzo l’inutilità dell’aggressione (voce Giuseppe Rinaldi), Guido Alberti mussoliniana: ci sembra che il film col - (voce Renato Turi), Mario Adorf (voce ga nel segno soprattutto quando mette Pino Locchi), Aca Gavric (voce Mario l’accento sulla diffusa stupidità dell’am - Pisu); produzione: Moris Ergas per Ze - biente, sul torpore un po’ sinistro della

33 cattiva coscienza. [...] Zurlini ha rischia - Dei tedeschi (dunque, degli assassini) to l’impopolarità dando al film un tono tra loro? Giammai! Ma l’estinzione dei violento, torvo, disperato: e facendo in- turisti è appena appena schivata e il travedere, negli occhi stupendi di Marie film sfocia in un moralismo insulso, Laforet, la lama di un disprezzo irridu - tutto poggia in conclusione su uno di cibile contro gli occupatori, un senti - quei dettagli atroci di cui è dissemina- mento che ci ferisce giustamente ancora to il film. Insomma, opera avvincente, oggi». perché provocatoria. E provocatoria lo Tullio Kezich, Soldatesse in guerra è, non c’è dubbio: quanto ad aggres- e in pace , «La Settimana INCOM sività masochista non si può far di Illustrata», 19 dicembre 1965 meglio. Ma si ha a che fare con grosso - lanità, superficialità, retorica, arringhe, requisitorie, fesserie. [...] La Germania è CONVERGENZE PARALLELE un paese di umiliati. Di fanciulli umi- Germania anno zero: una scheggia jugoslava liati (per riandare al grande tema di Bernanos) o, più precisamente, in que - MUŠKI IZLET sto secondo dopoguerra, schiantati. Di HERRENPARTIE questi giovani che crescono senza più osare né potersi esprimere, per paura Regia: Wolfgang Staudte; sceneggiatu - di essere ripresi, perché li si è troppo ra: Werner Jörg Lüddecke, Arsen Dikli ć, ripresi. Sono orribili. Hanno tutti i difet - W. Staudte; fotografia: Nenad Jovici ć; ti. Ora, dopo vent’anni, è questo il mo- montaggio: Carl Otto Bartning; sceno - nito delle brave democrazie dell’Ovest grafia: Dušan Jeri ćevi; musica: Zoran e dell’Est per i tedeschi, armati di buo - Hristi ć; interpreti: Hans Nielsen, Götz na coscienza (e si è già riusciti a inocu - George, Gerlach Fiedler, Friedrich Mau - lare il virus della vergogna ai nati della rer, Rudolf Platte, Ljubica Janicijevi ć, generazione degli anni ’40). E questi Mira Stupica, Olivera Markovi ć, Milena disperati hanno finito per accettare. Da - Dravi ć; produzione: Neue Münchener vanti alle umiliazioni del primo dopo - Lichtspielkunst GmbH/Avala; origine: guerra (inqualificabili, ma che almeno RFT/Jugoslavia, 1963; formato: 35mm, non assumevano la maschera ipocrita b/n; durata: 90’. della riabilitazione) essi reagirono e an - Copia 35mm da Jugoslovenska kinoteka. che si ribellarono (con le conseguenze che sappiamo e di cui siamo largamen - «Altro rinvio alle calende del passato: il te corresponsabili), ma oggi si è riusciti patologico Herrenpartie di W. Staudte. a fargli mandar giù la vergogna, l’han - Soggetto: alcuni turisti tedeschi (ridico - no interiorizzata e a volte arrivano per - lizzati all’inverosimile) finiscono per re - sino a rincarare la dose (l’autodenigra - stare in panne in un villaggio jugoslavo zione è una tentazione ben tedesca). popolato da donne sole, consacrate a Quando si è fatto questo a un popolo, una ostinata solitudine da quando i almeno non ci si dovrebbe stupire della loro uomini furono fucilati dai nazisti. sua impotenza ed è normale che que -

34 sta impotenza sia particolarmente stu - Woody Strode (voce Renato Izzo), pefacente nell’arte più stupefacente e ri- Franco Citti, Jean Servais (voce Sergio velatrice del nostro tempo: il cinema. Tedesco), Pier Paolo Capponi, Stephen Quanto a ciò, Herrenpartie ha dalla sua Forsyth, Luciano Lorcas; produzione: almeno il fatto di rivelare giu stamen- Carlo Lizzani per Castoro Film/Italno - te (in secondo grado) questo sta t o di leggio; origine: Italia, 1968; formato: cose». 35mm, col.; durata: 89’ . Michel Delahaye, Berliner Passion , Copia 35mm da Cinecittà - Istituto Luce. «Cahiers du Cinéma», n. 158, agosto-settembre 1964 Dal press-book del film: «Partito con l’intenzione – almeno apparente – di girare un episodio di 40 minuti, Zurlini CONVERGENZE PARALLELE presentò ai produttori, dopo due mesi L’impossibile pietas politica di lavoro, un film completo, cui non mancava nulla per affrontare il pubbli - JESUS co, se non il normale lavoro di edizio - ne. Infatti una successiva, breve messa Progetto non realizzato di Carl Theodor a punto e una accuratissima rifinitura Dreyer, 1951-1968. Sceneggiatura pub - davano vita a Seduto alla sua destra , un blicata in volume come Carl Theodor film vivo, di bruciante attualità, legato Dreyer, Gesù. Racconto di un film , Ei - ai temi scottanti dell’umanità di oggi. naudi, Torino, 1969. [...] “Prendetelo come un pamphlet . Sul- la tortura, sulla non violenza, sull’in - dipendenza. Un pamphlet totale, pieno [A NTEPRIMA ] L A PIETÀ DI NOVEMBRE di rabbia e di tristezza; prendetelo Produzione: RAI; origine: Italia, 1966; come questo”. Il soggetto del film si ri - formato: 16mm, b/n; durata: 13’. ferisce ad un passo evangelico (Luca Copia BetaSP (da 16mm) da Fuori ora - XXII, 39-43): la redenzione di un ladro - rio. ne, che, crocifisso assieme al Cristo, ne comprende la grandezza e l’innocenza Servizio sulla regia teatrale di Valerio dicendo “Questo non ha fatto nulla di Zurlini, in scena dal 21 marzo 1966 male”. “Nel film” dice Zurlini, “un reiet - all’Eliseo di Roma. to, che sta per morire assieme a un lea - der indipendente negro condannato a morte, scopre la grazie e la grandezza. Sente il fascino di un uomo superiore, SEDUTO ALLA SUA DESTRA in un momento particolare, in una si - Regia, soggetto: Valerio Zurlini ; sceneg - tuazione di esasperata umanità, quale è giatura: V. Zurlini, Franco Brusati ; fo - quella che precede la morte”. Ma vi è tografia: Dario Di Palma ; montaggio: anche un altro riferimento, altrettanto Franco Arcalli ; scenografia: Franco Bot - preciso: la morte di Lumumba. La figu - tari ; musica: Ivan Vandor ; interpreti: ra del leader negro, molte delle frasi

35 che pronuncia, i suoi ideali, sono tut- gioventù sbandata spinta da falsi ideali ti ispirati a testimonianze raccolte sul eroici» («La Stampa», 28 di cembre 1968). campo congolese e sugli ultimi giorni della sua vita. “La casa in cui viene ucciso Lalubi è la copia esatta, fotogra - L’I TALIA CON TOGLIATTI fia alla mano, di quella in cui fu preso Regia: Gianni Amico, Giorgio Arlorio, Lumumba” racconta Zurlini. “Vi è solo Libero Bizzarri, Carlo Lizzani, France - qualche albero in più o in meno. E nel sco Maselli, Lino Miccichè, Glauco film vi è anche una frase che sembra, Pellegrini, Elio Petri, Sergio Tau, Paolo secondo testimonianze, sia stata detta Taviani, Vittorio Taviani, Marco Zavat - a Lumumba prima dell’esecuzione: tini, Valerio Zurlini; commento: Mauri - adesso vedremo se sei davvero invul - zio Ferrara; montaggio: Mario Serandrei; nerabile”». musica: Anton Giulio Perugini; inter - venti: Luchino Visconti, Cesare Zavat - tini, Enrico Berlinguer, Pietro Nenni, LA PIETÀ DI NOVEMBRE Enrico Maria Salerno (voce narrante); Regia: Valerio Zurlini, Lino Procacci produzione: Unitelefilm; origine: Italia, (regia televisiva); soggetto: dramma di 1964, formato: 16mm, b/n; durata: 40’. Franco Brusati; musica: Ivan Vandor; Copia 35mm (da 16mm) da La Cineteca interpreti: Giorgio Albertazzi, Anna del Friuli. Proclemer, Diana Torrieri, Augusto Ma- strantoni, Carlo Sabatini, Maria Grazia Dal visto censura (n. 43969, 24 ottobre Francia; produzione: RAI; origine: Ita - 1964): «Il documentario descrive le va - lia, 1968; formato: video, b/n; durata: rie fasi dei funerali dell’On. Palmiro 146’. Togliatti, dalla notizia del decesso, alla Copia BetaSP (da ampex) da Fuori ora - esposizione nella camera ardente nel rio. palazzo della Direzione del PCI, al cor - teo funebre, alla commemorazione in Ripresa televisiva di Lino Procacci della piazza S. Giovanni, alla inumazione nel messa in scena di Valerio Zurlini. Tra - Cimitero del Verano e si conclude con smesso il 28 dicembre 1968 sul Secon - un ricordo dell’Estinto ancora in vita». do Programma.

«È la storia di Luca, un giovane dalle FUORI CAMPO ambizioni sbagliate, che vuole dimo - strare con una grande im presa, con un L’ AVVENTURA DI UN POVERO CRISTIANO gesto tragico, le sue capacità. Qui la Regia teatrale di Valerio Zurlini da testo vicenda si inserisce e si dissolve in di Ignazio Silone, con Giancarlo Gian - quella di Lee Oswald che uccide il pre - nini e scenografia di Alberto Burri, in sidente Kennedy per entrare nella sto - scena dal 3 agosto 1969 alla Festa del ria. Brusati vuole rappresentare una Teatro di San Miniato.

36 LA PROMESSA di sopravvivere a ciò che ritengono pro- fondamente ingiusto e fuor di senso». Regia: Valerio Zurlini; soggetto: dramma «Radiocorriere TV», di Aleksej Arbuzov; traduzione: Ge - 21-27 giugno 1970 rardo Guerrieri; interpreti: Giancarlo Giannini, Anna Maria Guarnieri, Giulio «È come un film di due ore e mezzo – Brogi; produzione: RAI; origine: Italia, che io ho girato esattamente come un 1970, formato: video e 16mm, b/n; du - film di due ore e mezzo –, che, però, rata: 143’. aveva la fortuna di svolgersi fra tre atto - Copia BetaSP (da ampex) da Fuori ora - ri tutti in una sala. Che io abbia girato rio. un film o uno spettacolo televisivo non c’è differenza. Giravo sequenze di cin - Trasmesso per la prima volta il 23 giu - que, sei minuti; potevo anche unire, gno 1970, è la versione televisiva di un volendo, le inquadrature. Ci misi, mi testo che Zurlini aveva già allestito tre pare, diciotto, sedici giorni di riprese: anni prima con lo stesso cast a teatro, quindi non è una cosa talmente straor - debuttando all’Eli seo di Roma il 21 dinaria. Allora sembrò rivoluzionaria dicembre 1967. perché, normalmente, si davano tre o quattro giorni di studio: però io rinun - «Ne La promessa , il testo di Aleksiej ciai alla sala prove». Arbuzov che qualche tempo fa fu pre - sentato in teatro con grande successo Valerio Zurlini in Gianni Da Campo (a cura di), Appuntamento con Valerio di pubblico e di critica, l’azione si svol - Zurlini , «La Cosa Vista», n. 7, 1988 ge in tre periodi successivi. Durante la guerra (tra il marzo e il maggio del 1942), subito dopo la fine della guerra [C AROSELLO ] C HI PUÒ DIRGLI DI (tra il marzo e il maggio del 1946) e NO ...? infine nel dicembre del 1959, quando ormai i bombardamenti, i feriti, la pau - Regia: Valerio Zurlini; testi: Umberto Si - ra di andare a letto e non svegliarsi più, monetta; interprete: Armando Francioli; non sono che un lontano ricordo. Nei produzione: Brunetto Del Vita per Fo - tre protagonisti (Marat, Lika e Leonidik) togramma; origine: Italia, 1964; forma - Arbuzov rappresenta quella generazio - to: 35mm, b/n; durata: 2’. ne che all’epoca del conflitto era gio- Copia BetaSP (da 35mm) da Fuori ora - vanissima e che si ritrovò di colpo alle rio. prese con un qualcosa di orribile, im- previsto, atroce. I tre si incontrano per «La serie migliora nettamente una volta caso, nasce un affettuoso legame tra che gli episodi sono diretti da Valerio loro, si aiutano reciprocamente; nello Zurlini. Così vediamo Armando Fran - sconvolgimento generale, nel caos, nel - cioli, l’uomo in Lebole, quello a cui la paura, riescono a mantenere inalte - nessuno può dire di no, entrare in uno rate la freschezza, la voglia di vivere e scompartimento accompagnato da un

37 cane e subito attrarre la simpatia delle belle di Carosello in assoluto. La diri- signore che viaggiano con lui. In un ge Valerio Zurlini che riprende Mina altro episodio, più divertente, Francioli in studio davanti all’opera di un arti- e il cane vanno in un ristorante con sta contemporaneo. L’idea stessa delle padrona romagnola che si scioglie per opere d’arte a Carosello è di Zurlini e la il fascino maschile del protagonista. messa in scena è di grande intelligenza, Bellissima messa in scena. Realmente mentre la fotografia, splendida, è di To- un’altra cosa dai soliti caroselli della nino Delli Colli. Così Mina esegue I pro - Lebole». blemi del cuore da vanti a un quadro di Marco Giusti, Il grande libro di Carosello , Burri o Non credere accanto a opere di Sperling & Kupfer, Piacenza, 1995 Mario Ceroli. Poi, nel quinto ciclo del 1970, La voce del silenzio davanti alle opere di Titina Maselli. Nel codino, poi, [C AROSELLO ] C ANZONI Mina si prepara una fetta Barilla al Regia: Valerio Zurlini; ideazione: Mario burro. In altri episodi troviamo opere di Belli; testi: Livio Mazzotti, Sergio Dona - Mario Schifano». ti (1965), Benvenuto Garone (1970); Marco Giusti, Il grande libro fotografia: Tonino Delli Colli (1970); di Carosello , Sperling & Kupfer, Piacenza, 1995 interprete: Mina; produzione: Gigante (1965), Gamma Film (1970); origine: Ita- lia, 1965 e 1970-1971; formato: 35mm, ALBERTO BURRI L’AVVENTURA DELLA b/n; durata: 15’. RICERCA Copia BetaSP (da 35mm) da Fuori ora - rio. Regia: Franco Simongini [da riprese di Valerio Zurlini]; testo: Cesare Brandi; in - «Bellissima serie, tutta giocata sul fasci - terventi: Alberto Burri, C. Brandi; pro - no della Mina già star televisiva e della duzione: RAI; origine: Italia, 1974; Mina performer dal vivo. Gli episodi fomato: 16mm, b/n-col.; durata: 29’. non sono costruiti tutti nello stesso mo - Copia BetaSP (da 16mm) da Fuori ora - do e le mani diverse si sentono. Alcuni rio. episodi sono molto più elaborati e sofi - sticati di altri. Ad esempio, nei primi Trasmesso, in bianco e nero, il 14 giu - episodi diretti da Valerio Zurlini e idea - gno 1974. ti da Mario Belli, vediamo Mina cantare Città vuota , Un anno d’amore e Un ba - «Un incontro di Franco Simongini con il cio è troppo poco ripresa in un piano- grande pittore di notorietà mondiale sequenza che parte da lei ravvicinata e che è uno dei capiscuola dell’arte infor - si apre poi mostrandoci tutto il pubbli - male. Un rarissimo primo piano perché co di un locale. [...] l’artista umbro è tra i più schivi di pub - Del 1970 è la serie forse più nota della blicità e difende gelosamente la sua Barilla con Mina e una delle serie più privacy in un inaccessibile studio-rifu -

38 gio sulle alture di Città di Castello, do- Nord al Kenia, in cui guardavo pratica - v’è nato 59 anni fa, rifiutando interviste mente con occhi politici la situazione. e fotografie. L’au tore del reportage è Naturalmente, co me tutti i bei progetti, riuscito ad aver ragione della ritrosia di non andò in porto» (Valerio Zurlini in Burri, penetrando nel suo misterioso ed Gianni Da Campo, a cura di, Appun- inviolato atelier , riprendendolo mentre tamento con Valerio Zurlini , «La Cosa lavora ad una plastica e inquadrando Vista», n. 7, 1988). con l’obiettivo la galleria segreta delle sue tele più belle e tutte inedite». «La Stampa», 14 giugno 1974 IL PARADISO ALL ’OMBRA DELLE SPADE Progetto non realizzato di Valerio Zur- «L’opera fu iniziata e non finita, nel lini, con Amedeo Nazzari, Vittorio Gas- senso che, dati i tempi della televisione, sman, 1960. dati anche i difficili tempi di Burri, dati i difficili tempi miei, si accumulò molto «Avevo pensato di fare un film sulla bat - materiale, poi rivisto e messo insieme taglia di Adua, ma non sono mai riusci - da Simongini e da Cesare Brandi. Quin - to a convincere un produttore. Il film si di praticamente questi pezzi – mi dico - intitolava Paradiso all’ombra delle no tutti anche molto affascinanti – di spade , ed era la storia degli ufficiali ita - Burri che crea le sue opere sono stati liani che nel 1893 andarono a combat - montati, ma io devo dire che il film non tere in Eritrea. Fu una delle più grandi l’ho mai visto». stupidaggini politiche di tutta la storia. Valerio Zurlini in Gianni Da Campo Al centro del film c’era il senso dell’o - (a cura di), Appuntamento con Valerio nore (che è poi ritirato fuori nel Deserto Zurlini , «La Cosa Vista», n. 7, 1988 dei tartari ), l’assurdità di una spedizio - ne che andava a umiliare un popolo nobile e povero» (Valerio Zurlini in Al - FUORI CAMPO do Tassone, a cura di, Par la il cinema italiano , vol. II, Il Formichiere, Milano, UN MONDO CHE SORGE 1980). Documentario non realizzato sull’Africa di Valerio Zurlini, 1950. LA PRIMA NOTTE DI QUIETE «La oggi fallita Astra Cinematografica Regia, soggetto: Valerio Zurlini; sceneg - accettò una mia idea di fare come do - giatura: Enrico Medioli, V. Zurlini; foto - cumentario Un mondo che sorge , cioè grafia: Dario Di Palma; montaggio: la nascita del terzo mondo di colore: Mario Morra; scenografia: Enrico Tova - tu pensa quanto era in anticipo co me glieri; musica: Mario Nascimbene; in - idea. Eravamo in piena rivolta Mau terpreti: Alain Delon (voce Luigi La mau e io feci questo bellissimo viaggio Monaca), Sonia Petrova, Lea Massari africano, che mi portò dall’Africa del (voce Valeria Valeri), Giancarlo Gian -

39 nini, Salvo Randone, Alida Valli, Renato forse invoca il professore; sonno mor - Salvatori, Adalberto Maria Merli, Ni- tale, certamente. Il pubblico era rimasto coletta Rizzi, Patrizia Adiutori, Carla affascinato, commosso e aveva applau - Mancini; produzione: Mondial TE.FI/ dito, unanime. Non così la critica, alme - Adel Productions; origine: Italia/Francia, no una parte». 1972; formato: 35mm, col; durata: 131’. Enrico Medioli, Zurlini ritrovato, Copia 35mm da Cineteca Nazionale. in Lino Miccichè (a cura di), La prima notte di quiete di Valerio Zurlini: «Ne La prima notte di quiete pren- un viaggio ai limiti del giorno , de risalto ancora una volta quella che Associazione Philip Morris, Lindau, Torino, 2000 qualcuno ha chiamato la “doppia ani- ma” di Zurlini. Sedotto e orripilato a un tempo, il regista racconta la violenza; indulge alla turpe volgarità dei perso - FUORI CAMPO naggi del coro ma poi, a sorpresa, è LA STREGA proprio qualcuno di loro che parla in nome di una verità cristiana, evangeli - Regia teatrale di Valerio Zurlini da testo ca. Il suo cuore sanguina davanti agli di Elisabeth Berger, con Anna Procle - umiliati e offesi ma è affascinato da chi mer, Daniela Nobili, 1973. è la causa del loro vilipendio. Fratello adulto e disincantato dell’adolescente de La ragazza con la valigia, Danie- FUORI CAMPO le-Delon condivide con lui l’inteneri- mento, la pietà, l’amore per la patetica MORTE DI PIER PAOLO PASOLINI peccatrice, la vittima di cui, cavallere - «Mancato compagno di strada e di scamente, come un romantico paladi - incoerenza. Accanto al mio letto c’è un no, prende le difese. Quando è uscito, ramo dell’alloro che fiorisce sulla sua più o meno trent’anni fa, il film ha tomba», 1975 (Valerio Zurlini, Gli anni avuto, come ci ha detto lo stesso Va - delle immagini perdute , Prandi, Reggio lerio, un grande successo di pubblico. Emilia, 1976). Erano piaciuti i personaggi e le loro vicende, la malinconia, i cieli gonfi di tempesta speculari alle loro passioni, la simbolica nebbia che li avvolge, deci - FUORI CAMPO siva deus ex machina di un destino NINO segnato; eroi dissoluti, predestinati a fallire nella speranzosa ricerca di una Poesia di Umberto Saba, sceneggiata impossibile quiete. “O sonno, o della per progetto non realizzato da Valerio queta, umida, ombrosa notte placido Zurlini con Enrico Medioli e la consu - figlio, O de’ mortali, egri conforto, lenza di Linuccia Saba, anni ’60-’70. oblio dolce de’ mali sì gravi, ond’è la vita aspra e noiosa”, legge in classe e

40 IL DESERTO DEI TARTARI la realtà, non mi sento padrone della materia, mi sento legato [...]. Alla fine Regia: Valerio Zurlini; soggetto: André Perrin, cui intanto, per la produzione, si G. Brunelin, Jean-Louis Bertuccelli, dal era affiancata Michèle de Broca, chia - romanzo di Dino Buzzati; sceneggiatu - mò André Brunelin che riscrisse tutto ra: A.G. Brunelin, V. Zurlini; fotografia: da capo e ci dette una sceneggiatura Luciano Tovoli; montaggio: Franco Ar - splendida, finalmente convincente; da calli, Raimondo Crociani; scenografia: tutti i punti di vista, sia narrativi e dram - Giancarlo Bartolini Salimbeni; musica: matici, sia poetici. E in cui, dirò di più, En nio Morricone; interpreti: Jacques quelle incompiutezze poetiche che nel Perrin (voce Giancarlo Giannini), Jean- romanzo mi lasciavano qua e là dub - Louis Trintignant (voce Roberto Ber- bioso, risultavano tutte in un modo o tea), Vittorio Gassman, Philippe Noiret nell’altro o giustificate o emotivamente (voce Luigi Vannucchi), Giuliano Gem- credibili. [...] ma (voce Giancarlo Maestri), Helmut L’epoca, i luoghi, nel romanzo sono Griem, Chantal Perrin, Lilla Brignone volutamente vaghi, non precisati. Lo (voce Gianna Piaz); produzione: Cine - sono anche nel film, ma con una allu - ma Due/Fildebroc/Films de l’Astropho - sione che, chi vorrà, riuscirà a com - re/FR3/Reggane Films/Corona/FIDCI; prendere. L’epoca, sono gli anni che origine: Italia/Francia/RFT/Iran; forma - vanno dal 1908 al 1914, prima di Sa- to: 35mm, col.; durata: 147’. rajevo, prima della Grande Guerra, il Copia 35mm da Cineteca Nazionale. luogo dove sorge la Fortezza, che è vera, misteriosa protagonista del film, «Il mio interesse per il romanzo di Buz- vuole essere uno di quegli estremi zati risale a quando avevo quindici an - baluardi di confine dell’Impero Austro- ni; lo lessi in treno, da Roma a Bologna, ungarico verso Oriente [...]. E finalmen - nell’edizione curata da Longanesi per il te, il clima di tramonto, l’atmosfera di Sofà delle Muse; il fascino di quelle disfacimento che avvolge adesso, in mezze luci, di quelle ombre, di quei modo anche più evidente, i personag - riflessi kafkiani me lo sono sentito den - gi, la storia. A ottenerli, a raggiungerli, tro per anni, un’impressione, un ricor - l’età asburgica mi aiuta con quel suo do che non si cancellavano. In seguito, senso diffuso di fine dell’Impero e an - però, arrivato al cinema, appena Perrin che, e soprattutto, di fine della casta cominciò a propormelo per farci un che lo rappresenta e lo sorregge, l’ari - film cominciarono i dubbi. La pittura stocrazia giunta alla sua ultima pagina». [...] può crearsi facilmente una propria Valerio Zurlini in Gian Luigi Rondi, realtà fantastica, per il cinema, invece, Il cinema dei maestri. 58 grandi è più difficile; certo, c’è Fellini, che registi e un’attrice si raccontano , reinventa tutto, ma io vengo dal docu - Rusconi, Milano, 1980 mentario, la mia educazione cinemato - grafica è di stretta osservanza realistica e se non ho modo di ancorarmi al-

41 CONVERGENZE PARALLELE ne: Amalia Carandini, A. Conti per Doc Art/Rai Cinema/Rai Teche/Titanus/Isti - PROFESSIONE ... REGISTA tuto Luce - Cinecittà/Regione Emilia Ro- Regia: Federico Bruno, Giovanni Ger - magna; origine: Italia, 2012; formato: vasi, Enzo Mancuso, Marco Melato, video, col.; durata: 85’. Paolo Rossato, Angelo Sonnino, Marco Copia DigiBeta da produzione. Vitangeli, Yemane W. Johannes; inter - venti: Alessandro Blasetti, Franco Documentario con immagini dall’archi - Brusati, Liliana Cavani, Nando Cicero, vio privato di Zurlini (con Mario Landi, Damiano Damiani, Peter Del Monte, Giorgio Morandi, Renato Guttuso) e re - Luigi Di Gianni, Franco Giraldi, Alberto pertorio sui set di Le soldatesse , La pri- Lattuada, Carlo Lizzani, Nanni Moretti, ma notte di quiete , Il deserto dei tartari Ettore Scola, Alberto Sordi, Valerio Zur- e dalla Mostra di Venezia per Cronaca lini; produzione: RAI/Centro Sperimen - familiare e la giuria 1982. Testimonian- tale di Cinematografia; origine: Italia, ze sui progetti non realizzati di Nicola 1978; formato: 16mm, col.; durata: 50’. Badalucco e Enrico Medioli ( La zattera Copia BetaSP (da 16mm) da Cineteca della medusa , 1969), Giorgio Albertazzi Nazionale. (Verso Damasco , 1973-1974, scritto con Luigi Vanzi da soggetto di Ennio Fla- Documentario realizzato dagli studenti iano, con Giancarlo Giannini), Furio del CSC. Fra gli altri registi intervistati Bordon e Vittorio Caronia ( Il sole nero , compare anche Zurlini, che racconta i 1978-1982, ispirato a Dostojevski). suoi esordi come documentarista e il suo rapporto con la televisione. DI LÀ DAL FIUME E TRA GLI ALBERI Progetto non realizzato di Valerio Zur- lini, scritto con Tullio Pinelli, Ugo Li- FUORI CAMPO beratore, da Ernest Hemingway, con il personaggio di Ezra Pound, ambienta- GLI ANNI DELLE IMMAGINI PERDUTE . to a Venezia, Latisana, sulla strada per PAGINE DI UN DIARIO VENEZIANO Trieste, 1980-1981. Sono state girate so - Regia, sceneggiatura: Adolfo Conti; sog - lo alcune scene di repertorio, tra le getto: dal libro omonimo di Valerio Zur - quali quella della caccia alle anatre nel - lini; fotografia, montaggio: Eugenio la laguna veneta, fotografate da Arman - Persico; musica: Pasquale Catalano; in - do Nannuzzi. Sceneggiatura pubblicata terventi: V. Zurlini, Jacques Perrin, nel volume Nicola Bada lucco, Enrico Claudia Cardinale, Giulio Questi, Marco Medioli, Valerio Zurlini, La zattera della Weiss, Rinaldo Ricci, Carlo Lizzani, medusa e Di là dal fiume e tra gli albe - Giuliano Montaldo, Nicola Badalucco, ri , Casa del Mantegna Circo lo del cine - Enrico Medioli, Giorgio Albertazzi, Fu - ma, Mantova, 1990. rio Bodon, Vittorio Caronia; produzio -

42 ASCESA AL CALVARIO Scissusa, poco lontano da Gaeta. Se - condo quanto riportato dalla stampa, si Dipinto del Giovan Battista Tiepolo del trattava proprio dell’ultimo giorno di 1740, appartenente al ciclo di Sant’Al - riprese, ma il montaggio del materiale vise a Venezia, che Zurlini non può fu poi sospeso su richiesta degli eredi, rivedere (mentre rivede Veronese e che temevano manomissioni da parte Tiziano) perché nel 1981 è «in restauro della società produttrice, la Documento da anni e ancora per anni». Film. Per dirimere la controversia, l’edi - zione del film fu allora affidata a Va- lerio Zurlini. FUORI CAMPO «Non ho girato neanche un metro. Ho [N OTTI DI FUORI ORARIO SU VALERIO appena appena arrangiato i titoli di ZURLINI ] testa e ho seguito il montaggio secon - Trasmissione su RAI3, a cura di Roberto do le intenzioni di Pietrangeli. Ho ten - Turigliatto e Ciro Giorgini. In coinci - tato di sostituirmi a lui in quella che era denza con I mille occhi, sabato 15, sa- un’operazione di ordinaria amministra - bato 22 e domenica 23 settembre 2012. zione: di conseguenza di mio non c’è assolutamente niente e quindi conside - riamolo una specie di aiuto dato a un collega scomparso in un modo tragico CONVERGENZE PARALLELE e prematuro e niente di più. [...] Alla destra della prima notte di quiete, il D’altra parte il film era completamen- cinema italiano te girato. Non c’era da girare neanche COME QUANDO PERCHÈ un’inquadratura e, ripeto, salvo due o tre brani nei titoli di testa, non ho fatto Regia: Antonio Pietrangeli; sceneggiatu - nemme no alcuni rifacimenti che forse ra: A. Pietrangeli, Tullio Pinelli; fotogra - mi sareb b ero sembrati necessari, per - fia: Mario Montuori; montaggio: Franco ché, d’altra parte, lui aveva fatto il film Fraticelli; musica: Armando Trovajoli; così e lui ne era responsabile. [...] interpreti: Philippe Leroy, Horst Buch - La direzione del doppiaggio era, come holz, Danièle Gaubert (voce Anna Ma - sempre quando uno è regista o è sosti - ria Guarnieri), Colette Descombes, Lilli tuto del medesimo, prendere le grandi Lembo, Liana Orfei; produzione: Gian - decisioni. Ma quello che era pratica - ni Hecht per Documento Film; ori gine: mente il lavoro spicciolo della direzio - Italia, [1968-]1969; formato: 35mm, col.; ne del doppiaggio lo faceva Riccardo durata: 103’. Cucciolla». Copia 35mm da Collezione Regis. Valerio Zurlini in Gianni Da Campo (a cura di), Appuntamento con Valerio Ultimo film di Pietrangeli, che rimase Zurlini , «La Cosa Vista», n. 7, 1988 ucciso durante le riprese, il 12 giugno 1968, mentre girava nel golfo di Torre

43 DOPPIAGGI DIRETTI DA VALERIO tario. Il cast vede un Glenn Saxson in ZURLINI ottima forma, una bellissima Colette Descom bes e un’affascinante Anna Il cacciatore (The Deer Hunter , 1978) di Maria Pie rangeli in uno dei suoi ultimi Michael Cimino film. Tra un Patroni Griffi e un Lelouch, Disavventure di un commissario di po - “Batta glia ha il merito di fare dell’ironia lizia (Tendre poullet , 1978) di Philippe sui suoi personaggi che spesso immer - De Broca ge in atmosfere di un certo fascino”. Convoy, trincea d’asfalto (Convoy , 1978) Non è un caso che il film sembri vo - di Sam Peckinpah lutamente un fumetto, meglio un foto - L’allegro marcapiede dei delitti (Rue romanzo, ma Battaglia non rinuncia ad du pied-de-grue , 1979) di Jean-Jacques autocitarsi come nelle parole di Eli- Grand-Jouan sabetta (Colette Descombes) completa - Mon oncle d’Amerique (1980) di Alain mente ubriaca: “Il guaio è che quando Resnais sei ubriaco non sei mai ubriaco abba - Mephisto (1981) di István Szabó stanza!”». Ti ricordi di Dolly Bell? (Sjécas se Dolly Domenico Monetti, Se Enzo fosse Bell , 1981) di Emir Kusturica. ancora qui , in Andrea Guastella, Domenico Monetti, Luca Pallanch (a cura di), Un idolo in controluce. ADDIO , A LEXANDRA Enzo Battaglia , Elle Due, Ragusa, 2009 Regia, soggetto, montaggio : Enzo Batta - glia; sceneggiatura: E. Battaglia, Guido PLAGIO Leoni; fotografia: Elio Bisgnani; mu - sica: Piero Piccioni; interpreti: Anna Regia, sceneggiatura, montaggio: Ser - Maria Pierangeli (voce Valeria Valeri), gio Capogna; fotografia: Alfredo Avin - Colette Descombes (voce Flaminia Jan - cola; scenografia: Franco Bottari; mu - dolo), Glenn Saxson, Anna Perego; pro - sica: Dirtan Michailev; interpreti: Mita duzione : Intercontinental Arts; origine: Medici, Alan Noury (voce Roberto Del Italia, 1969; formato : Super16mm, col.; Giudice), Raymond Lovelock, Cosetta durata: 87’. Greco; produzione: Giuliano Scappi- Copia BetaSP (da 35mm) da Cineteca no per Faser/Prodimex; origine: Italia/ Nazionale. Francia, 1969; formato: 35mm, col.; du - rata: 85’. «Se la comunicazione fra i sessi è lette - Copia BetaSP (da 35mm) da Cineteca ra morta, meglio recarsi in Olanda dalla Nazionale. cugina ricca e borghese e creare un ati - pico ménage à trois . Il film in questio - «Plagio è una storia d’amore a tre (due ne è Addio, Alexandra (1969) e dove - ragazzi, una ragazza) e dicendo questo va essere il concretizzarsi di un sogno sembra già di poter definire per sempre cullato per tanti anni, fin da quando il film, relegandolo nella schiera, pur - Enzo era un giovane studente universi - troppo sempre più vasta, delle pellico -

44 le per le mezze calze, se mi si passa l’e - L’ INVITATA spressione, del sesso: gente che legge L’ INVITÉE riviste sempre più “agguerrite”, libri sempre più “spinti”, perché si trova in Regia : Vittorio De Seta; soggetto: Tonino una società sessuofobica, che non fa Guerra, Lucile Laks; sceneggiatura : V. niente per migliorarsi [...]. A questa De Seta, Monique Lange, Frantz André società senza più travagli, paiono reagi - Bourget; fotografia: Luciano Tovoli; re inconsciamente i giovani protagoni - montaggio: Emma Le Chanois, Gina sti del film di Sergio Capogna. Il quale Pignier, Alessandro Lena; scenografia: Pierre Guffroy; musica: George Garva - Capogna, diciamolo subito, ha fatto rentz; interpreti: Joanna Shimkus, Michel buoni passi in avanti rispetto all’esordio Piccoli, Jacques Perrin, Paul Barge, di qualche anno fa: lo troviamo più Lorna Heilbron, Jacques Rispal, Clotil- maturo e con una certa linea di stile. de Joano; produzione : Cormons Film/ Dunque, se la necessità di un film sta in Opéra Film; origine: Francia/Italia, un quid interiore che va oltre i conte - 1969; formato : 35mm, col.; durata: 98’. nuti e la forma, ci pare di intravvedere Copia 35mm da Cineteca Nazionale. in questo malinconico e triste film di Capogna le linee di una struttura che «L’invitata è stato l’unico film che ho nonostante tante derivazioni (le vedre - fatto “nel sistema”, che non ho prodot - mo subito) ricerca una sostanza intima, to io direttamente ma nell’ambito di una una poesia delle cose, e riesce a comu - produzione “regolare”, e quindi mi so- nicarci emozioni che oltrepassano il no trovato malissimo. Lo girammo nel frasario chiuso della materia narrativa, ’68, senza immaginare che di lì a poco spesse volte inerte, perché comune e in Francia ci sarebbe stato il finimondo! anzi volgare. Le derivazioni sono tante: L’invitata poteva sembrare allora con - motivi letterari (la villa veneta dove trocorrente, sfasato, perché raccontava maturerà l’idea del suicidio, nel ragaz - una crisi intimista. [...] Mi ricordo che il zo-vittima), gli inserti della cronaca sul soggetto di Tonino Guerra e Lucile Laks Vietnam [...], la stessa storia dell’amore partiva per la tangente, andava sull’irra - a tre (le inserzioni sulle riviste specia - zionale, con quell’ermetismo che an - lizzate sono piene di queste richieste), dava e che purtroppo ancora oggi va il commento musicale (Mahler – oh, troppo di moda. Feci una fatica enorme Senso ! – e una canzone beat di cui per rivoltarlo come una calzetta, per ignoro il nome dell’autore e del can - renderlo razionale, per introdurvi una tante). Per fortuna c’è una necessità psicologia. Naturalmente fu poi defini - interna a determinare la misura di un to moralistico, ecc. [...] Il film non me lo film, i tempi della sua durata, la sua fecero neanche completare, non scelsi resistenza sul piano delle immagini e io la musica, non lo potei finire io». dell’emozione del ritmo e della musica ». Vittorio De Seta, in Franca Faldini, Giuseppe Turroni, «Bianco e Nero», Goffredo Fofi (a cura di), Il cinema italia - settembre-ottobre 1969 no d’oggi 1970-1984 raccontato dai suoi protagonisti, Mondadori, Milano, 1984.

45 LA PRIMA NOTTE DI QUIETE PATRIZIA ADIUTORI Dopo essere apparsa come fotomodel - Regia: Valerio Zurlini; origine: Italia, la su varie riviste per uomini, esordisce 1972[-?]; formato: Super8mm, col.; du- sullo schermo nel 1969 con I peccati rata: 1’. di Madame Bovary di Hans Schott- Copia Super8mm (da 35mm) da Anno Schöbinger (e, non accreditato, Sergio uno. Martino). Nel giro di quattro anni pren - de parte a tredici film, soprattutto com - Proiezione da edizione ridotta Super- medie erotiche e thriller, per scompari - 8mm della sequenza di proiezione re poi improvvisamente dalla scena nel Super8mm 1973. Fra le sue apparizioni, da segna - lare quelle per L’istruttoria è chiusa: di- mentichi di Damiano Damiani (1971), FUORI CAMPO Doppia coppia con regina di Julio Buchs Garcia e Giovannona coscialun - AMICHE : ANDIAMO ALLA FESTA ga disonorata con onore di Sergio Regia, soggetto, sceneggiatura: Giorgio Martino (1972). Trentin; fotografia: Bruno Cavara, Luigi Campagnoli; musica: Ettore Ballotta; interpreti: Patrizia Adiutori, Mario Bardella, Arturo Corso, Adler Gray, Marlene Mayer, Ludovica Modugno, Stefania Pecci, Nino Segurini; produzio - ne: Langa; origine: Italia, 1972; formato: 35mm, col.; durata: 90’.

Dal press-book: «Un gruppo di donne legate da amicizia, da interessi, dall’ap - partenenza alla stessa classe sociale incominciano, quasi per gioco, un dis - corso sull’emancipazione della donna. Attraverso i loro uomini, lanciati alla conquista del benessere attraverso l’in - dustria, la politica, la cultura, sciolgono le trame più o meno sottili della fem - minilità, per arrivare, con l’eterna inte - sa dei sensi, ad una chiarificazione dei reciproci rapporti, dei diritti e dei dove - ri, delle responsabilità l’uno verso l’al - tro e tutti insieme verso la società».

46 Prima che vi uccidano. Giuseppe Fava, idea di un’isola

47 GIUSEPPE FAVA questi viaggi nascono sei episodi pro - a cura di Nomadica dotti dalla Terza Rete regionale della Rai, con la regia di Vittorio Sindoni, che Scrittore, giornalista, drammaturgo, pit - vengono trasmessi in diffusione nazio - tore e sceneggiatore italiano, nasce a nale nel 1982. Palazzolo Acreide il 15 settembre 1925. Nel 1980 viene chiamato al «Giornale Si laurea in giurisprudenza all’Univer- del Sud», come direttore – maggiore sità di Catania, città che amerà come azionista è Gaetano Graci, uno dei ca - chi «sa di amare una prostituta, volgare, valieri del lavoro della città. Catania ridente, violentemente viva». Nel 1952, quell’anno tocca i 120 morti, ma non si abilitato alla professione di giornalista, parla di mafia, “la mafia non esiste”. E comincia a collaborare con diverse te- così il direttore inizia a dar fastidio, state regionali e nazionali, fin quando viene più volte richiamato all’ordine – approda all’«Espresso Sera», di cui sarà che vuol dire una bomba e vari segnali caporedattore fino al 1980. In questi di avvertimento. In redazione mano - anni comincia a scrivere per il teatro e mettono le notizie, il direttore lascia e dopo la metà degli anni ’60 con Cro - con un gruppo di ragazzi fonda un pro - naca di un uomo e La violenza (da cui prio mensile di respiro nazionale, I Si - l’omonimo film di Florestano Vancini) ciliani , che dirigerà per un anno circa. vince rispettivamente il Premio Valle- È il 1983, la stagione del Teatro Stabile corsi e il Premio IDI. Tre i romanzi di Catania è aperta da Ultima Violenza , principali: Prima che vi uccidano , Gen - ultima opera teatrale: «un processo a set - te di rispetto (che Luigi Zampa riprende te personaggi coinvolti forse in un solo per il film del 1975), Passione di Miche - assassinio: politici, finanzieri, terroristi e le dal quale lo stesso Fava trae la sce - mafiosi, emblematici di tutta la violenza». neggiatura per Palermo oder Wolsfburg Il 5 gennaio 1984 Giuseppe Fava viene di Werner Schroeter, Orso d’Oro a Ber - freddato con 5 colpi alla nuca. lino nel 1980. Disegna e dipinge, in oli Tutta l’opera di Fava, nei suoi poliedri - e acqueforti, quei volti che incontra ci percorsi, si compone di una trama nelle sue inchieste giornalistiche, le unica, graniticamente compatta, in cui persone di cui racconta la miseria, i storie e personaggi si rincorrono e si potenti di cui denuncia gli abusi, la trasformano, si dilaniano e si dilatano solitudine di ognuno e la propria – per fino a diventare un mondo, emblemati - scelta e per condanna. Nel 1967 pub - co, i cui contorni ed eventi solcano il blica Processo alla Sicilia, una raccolta volto stesso dell’autore. di inchieste/racconti di un’isola di cui Fava conosce e interpreta ogni piega: questo percorso diventa più nero nel PALERMO ODER WOLFSBURG 1980, quando, dopo un altro viaggio lungo la povertà, il degrado, l’emigra - Regia: Werner Schroeter; soggetto: dal zione, la buffa industrializzazione sici - romanzo di Giuseppe Fava; sceneggia - liana, pubblica il testo I Siciliani. Da tura: G. Fava, W. Schroeter, Orazio Tor -

48 risi, Klaus Dethloff; fotografia: Thomas stata realizzata con uno spirito molto Mauch; montaggio: W. Schroeter, Ursu - negativo nei confronti della Germania. la West; scenografia: Gino Orso; inter - [...] Poi ho sviluppato delle immagini preti: Nicola Zarbo, Otto Sander, Ida Di che il protagonista ha nella sua mente. Benedetto, Magdalena Montezuma, Non è surrealista! Sono soltanto dei fan - Johannes Wacker, Antonio Orlando, tasmi. D’altronde, tecnicamente, tutto Cavaliere Comparato, Padre Pace; pro - ciò è ben rilevato. A un tratto, lui guar - duzione: Erich Franck, T. Mauch per da la sua ragazza e si capisce allora che Thomas Mauch Filmproduktion/ZDF/ tutto diventa soggettivo. [...] Io ho attac - Artco; origine: RFT/Svizzera 1980; for - cato la vita in Germania a livello ideo - mato: 35mm, col; durata: 175’. logico. Non posso credere che si possa Copia 35 mm da Deutsche Kinemathek. vivere felici in tale contesto. Io non cerco di restituire una visione docu - «Mi sono ricordato di un fatto molto mentaristica della Germania. Ho lascia - patetico che avevo letto su un giornale, to delle scene esteticamente orribili, ma qualche anno fa, nel 1973 o 1974. Un di una tale forza caricaturale che ciò giovane meridionale italiano si era re- diventa visibile. [...] Ho girato molto. cato in una grande città del Nord e Sono stato obbligato a tagliare numero - aveva assassinato due persone. C’era se scene perché il film durava sette ore. stato un processo. [...] Io ho fatto delle Ho dovuto sacrificare tutti i caratteri ricerche per due mesi in Sicilia, per svi - femminili [...] per sottolineare l’infelicità luppare il soggetto, trovare il mio pro - di Nicola. [...] Certo, questo comporta tagonista, gli altri personaggi e il luogo sempre i sentimenti della Passione e delle riprese. Trovo che solo i soggetti della sofferenza. Lui è completamente radicali siano interessanti. Con questa ingenuo, innocente e non comprende storia [...] alla fine mostro un assassino grandi cose. [...] Si trova in un’atmosfe - in maniera positiva. Non è originale, ra completamente mistica. [...] Io amo ma è un’idea che mi piace molto. In - molto Dreyer e La passione di Giovan - fine, è una storia molto romantica. Il na d’Arco ». mio più grande piacere è stato quello Werner Schroeter a Gérard Conrant, di girare con la gente del posto. [...] «Cinéma», n. 267, marzo 1981 Nicola Zarbo abita a Palma di Monte - chiaro, una cittadina della Sicilia, in cui ho girato il film. Ho incontrato circa 200 ragazzi prima di trovare il mio per - FUORI CAMPO sonaggio principale. [...] Le riprese so- no durate 10 settimane: 4 in Sicilia, 4 a PASSIONE DI MICHELE Wolfsburg e 2 a Berlino per le sequen - Romanzo di Giuseppe Fava (Cappelli, ze del processo. [...] La prima parte, in Bologna, 1980), scritto in parallelo al Sicilia, è molto positiva perché difendo film Palerm o oder Wolfsburg di Werner una certa maniera di vivere e di comu - Schroeter . nicare. La seconda parte, a Wolfsburg, è

49 Giuseppe Fava con i pescatori a Mazzara del Vallo nel 1983

SICILIANI Nel 1979 Mario Giusti, già direttore del Teatro Stabile di Catania che Giuseppe Regia: Vittorio Sindoni; soggetto: dall’o - Fava aveva rinnovato con le sue opere, pera di Giuseppe Fava; sceneggiatura: G. Fava, V. Sindoni; musica: Riz Ortola - diviene responsabile della programma - ni; interpreti: G. Fava, Ida Di Bene - zione della Terza Rete siciliana della RAI detto, Giuseppe Pattavina, Mariella Lo per la quale commissiona, su proposta Giudice, Tuccio Musumeci, Turi Scalia, dello stesso Fava, sei episodi televisivi Leo Gullotta, Bruno Caruso, Ignazio che raccontino «gli aspetti più agghiac - Buttitta, Nello Caramma; produzione: cianti dell’isola». RAI; origine: Italia, 1980-1982; formato: Dall’intera opera di Giuseppe Fava – 16mm, col; durata: 210’ (6 episodi). dalle inchieste, dal tea tro, dai roman- Copia Beta-imx (da 16mm) da Fuori zi – nasce questo nuovo “processo alla orario. Sicilia”, in 16mm, tra teatro e documen -

50 tario, dal titolo Siciliani . Un lungo viag - LE 3 REGIE RITROVATE gio nell’isola la cui regia fu affidata a Negli anni di collaborazione con la RAI Vittorio Sindoni (che portò con sé Riz siciliana, tra la fine degli anni ’70 e i pri- Ortolani per la colonna sonora): dalla mi anni ’80, Giuseppe Fava scrisse e di- vecchia alla nuova mafia ( Da Villalba resse 3 film in 16mm, andati in onda a Palermo ), lo scandalo dei terremotati fra l’aprile e il giugno del 1982. Risulta della Valle del Belice ( L’occasione man - realizzato inoltre un quarto film, una cata ), la miseria in cui i bambini vengo- Medea siciliana interpretata da Ida Di no fatti emigranti ( La rivoluzione man - Benedetto, allo stato attuale delle ricer - cata ), i “paesi buoni” senza criminalità che non ancora ritrovata. ma “morti” ( La conversazione mai inter - rotta ), la devastazione delle industrie e la beffa delle miniere ( Opere Buffe ), l’e - IL TEMPO , LA BELLEZZA , IL SILENZIO migrazione forzata ( Gaetano Falsaper - Regia, sceneggiatura: Giuseppe Fava; la, emigrante ). I sei episodi venn ero tra - interpreti: Orazio Torrisi, Cettina Bo - smessi in diffusione nazionale nel 1982. naffini, Silvana Lo Giudice (danzatrice); GAETANO FALSAPERLA , EMIGRANTE produzione: RAI; origine: Italia, 1982; Interpreti: Leo Gullotta, Mariella Lo Giu- formato: 16mm, col; durata: 28’. dice, Anna Malvica, Agostino Scuderi; Copia Beta-imx (da 16mm) da Fuori intervento: Ignazio Buttitta (poeta); du - orario. rata: 31’. La musica classica, la natura, la recita - L’ OCCASIONE MANCATA zione, la danza caratterizzano le imma - Intervento: Bruno Caruso (artista); du - gini di questa originale commistione di rata: 31’. teatro e televisione che riflette la voca - LA CONVERSAZIONE MAI INTERROTTA zione drammaturgica di Fava e lascia Interpreti: Giuseppe Pattavina, Giusep - trapelare il suo amore per la propria pe Lo Presti; intervento: Nello Caramm a terra d’origine. (il puparo); durata: 32’.

OPERE BUFFE CLOWNS DEL TEATRO ANTICO OVVE - Interpreti: Miko Magistro, Turi Scalia; RO IL MILES SICILIANO durata: 30’. Regia, sceneggiatura: Giuseppe Fava; LA RIVOLUZIONE MANCATA interpreti: Tuccio Musumeci, Turi Sca lia, Interpreti: Tuccio Musumeci, Giovanni Concita Vasques, Stefania Bifano, Marta Cutrufelli, Loredana Martinez; durata: Bifano; produzione: RAI; origine: Italia, 31’. 1982; formato: 16mm, col; durata: 29’. DA VILLALBA A PALERMO Copia Beta-imx (da 16mm) da Fuori Interpreti: Ida Di Benedetto, Corrado orario. Gaipa, Biagio Pelligra; intervento: Igna - zio Buttitta (poeta); durata: 55’. I personaggi del Miles gloriosus di Plau -

51 to riadattati in cinque scene ambientate mezzo fondamentale alla macchina di fra una violenta eruzione dell’Etna, il potere nazionale. Qui gli uomini di teatro greco di Palazzolo Acreide e partito e i mafiosi, i sindacalisti e gli Catania. imprenditori, i prefetti, i questori, i car - dinali, camuffano il disordine con l’or - dine, continuando una secolare gestio - ANONIMO SICILIANO ne sperimentale della vita delle masse, basata su furto e corruzione, mentre le Regia, sceneggiatura: Giuseppe Fava; pratiche mondiali si susseguono ugua- interpreti: Mariella Lo Giudice, Giusep - li a se stesse: guerra, crisi, titoli tossici pe Pattavina; durata: 58’ (2 parti). im messi nel mercato, iniezioni di liqui - Copia Beta-imx (da 16mm) da Fuori dità monetaria, sfruttamento. Il materia - orario. le d’ar chivio S-VHS che va a comporre questo lavoro è solo un frammento «Su una colonna c’era una giovane don- della parte oggi in rovina nei garage di na, tutta pittata che adescava i passanti»: numerose televisioni locali. In mano a così inizia al teatro greco di Taormina imprenditori asserviti all’attuale gioco la storia di Pupa, una giovane donna politico-mafioso che tendono a nascon - che ci racconta la sua vita piena di tri - derlo, questo materiale è tra le poche stezza, emarginazione e povertà, e del prove storiche di quanto accadeva in suo compagno di viaggio, Orlando, un Sicilia e, in particolare, a Catania, nel teatrante girovago che sbarca il lunario periodo tra il 1992 e il 1994. Una fase con qualche furtarello. Con questa sce - di guerra civile in una nazione econo - neggiatura, ispirata al suo testo teatrale micamente in ginocchio in cui la poli- Foemina ridens , Pippo Fava denunciava tica, l’imprenditoria e la mafia, come all’opinione pubblica il degrado sociale forza unica, si opposero al tentativo di a Catania e la connivenza tra politica e alcuni giudici di ribaltare il sistema di mafia. corruzione vigente. Dalla loro vittoria e dalla morte di tanti, nacque la Seconda Repubblica Italiana. La “Città-Stato” con - CONVERGENZE PARALLELE ti nua così la sua marcia al di là di tutto, dentro tutto. CITTÀ -S TATO (24 FRAMMENTI ) Regia, montaggio: Giuseppe Spina; pro - duzione: Cinemautonome/Nomadica/ frameOFF; origine: Italia, 2010; forma - to: video, col.; durata: 80’. Copia DVD (da girato SVHS) da produ - zione.

Nel Sud Europa vige ancora oggi la for - za di una vera e propria “Città-Stato”,

52 Germania anno zero, III. Viaggio in Italia

53 AI VENTI za dimora caratterizza un’ampia parte di Olaf Möller della cultura cinematografica europea di quegli anni. A uno sguardo attento I grandi registi del cinema tedesco del sono numerosi gli esempi di un cinema dopoguerra erano per lo più emigranti che sembra essere a volte privo di luo- tornati in patria: persone fuggite dai na- go, a volte multinazionale, altre volte zisti che poi, con la pace, provarono a ancora tutte e due le cose insieme: tornare in una Germania. L’espressione sono quei film in cui molti elementi suona strana, curiosamente artificiosa: contraddittori sono trattati in modo pa- grammaticalmente è corretta, ma è tesa rallelo o incrociato, così da finire in una all’estremo. Detto questo essa è, alla fi - strana terra di nessuno. A volte il risul - ne, solo un’espressione capace di indi - tato sono stati film che parevano un care sia i rapporti sia gli stati d’animo di cinema realizzato unicamente per sé. allora: difficili e contrastanti. E di solito La voce del silenzio (1953), in assoluto questi cineasti se ne resero conto quasi il più odiato tra i film di Georg Wilhelm subito: non si trattava più soltanto del Pabst, rappresenta magistralmente que - Paese che avevano lasciato, ma anche sto cinema dell’estrema solitudine. Mi di un Paese nelle cui strutture – biso - sono sempre immaginato questa Euro - gna chiamarle così – psicologiche essi pa del dopoguerra precisamente così, non trovavano posto. Gli anni dal 1933 come nei film La voce del silenzio e al 1945 si erano impressi profondamen - Cose da pazzi : chiara e gelida nella sua te negli autoctoni, più profondamente volontà di coerenza e insieme brutale di quanto tutta la re-education potesse nella sua brama di perdono. Dystopia mai comprendere; gli emigranti tornati Now. in patria non avevano vissuto nell’ideo - L’esotico riluceva: qui l’astrazione è tut - logia di superiorità della razza tedesca to, non esiste una realtà che vada oltre e nella paura quotidiana, non avevano i sensi come l’istinto. Qui si incontra- vissuto distogliendo lo sguardo in si - no Gerd Oswald, lo scettico umanista lenzio, nascondendo e andando avanti: di certi generi ( Tempesta su Ceylon ) e non avevano esperienza di tutto quan - Arthur Maria Rabenalt, il sardonico to continuava ancora a turbinare nei dandy ( La leggenda di Genoveffa ), qui loro simili, in mezzo ai quali erano tor - si fondono mondi vecchi e nuovi, sto - nati a vivere. Abbastanza presto lascia - rie vicine e lontane. Si possono vede- rono quindi il Paese per la seconda re anche elementi di continuità: Stella volta. Solo Frank Wysbar riuscì a inse - di Rio , remake di Stern von Rio (1940) rirsi in questa compagine, il che non di Karel Anton, cerca collegamenti re - stupisce... trospettivi sotto auspici modificati: nel Allo stesso tempo, però, quello della mondo che si sta trasformando in un jet fuga e del ritorno in patria è solo uno set in cui le distanze si accorciano gra - dei molti spostamenti che ebbero luogo dualmente è ora possibile volare in nel dopoguerra e nel mondo che si era Brasile e filmare lì tutto quello che fino delineato: una certa condizione di sen - a quel momento poteva solo essere

54 ricostruito negli studi cinematografici. doccia con lo scarico del wc, in modo Questo non ha reso il Sudamerica più che l’asso Cotechiño, identico ad Alva - reale. ro ma pieno di boccoli alla Maradona, Nella stilizzazione, nella nostalgia del ci- si ritrova a fare una ben fetente doccia. nema come non-luogo: i regni di Uto- Presi i panni del calciatore per veglia- pia in questo caso sono tutti uguali a se re sulla quasi insopportabile Carmen stessi: un solitario dopo l’altro. Russo, Alvaro si ritrova in un mare di guai. [...] Insomma, forse la storia non è il massi - CONVERGENZE PARALLELE mo, ma la sceneggiatura, non a caso fir - mata dal maestro scomparso Francesco PAULO ROBERTO COTECHIÑO CEN - Milizia, è piena di grandi trovate, Alva- TRAVANTI DI SFONDAMENTO ro è meno indisponente del solito e la commediaccia sporcacciona torna (per Regia: Nando Cicero; soggetto: Lucia- l’ultima volta?) su alti livelli». no Martino, N. Cicero; sceneggiatura: Giovanni Buttafava, Marco Giusti France sco Milizia, N. Cicero; fotografia: (a cura di), Il Patalogo sette. Federico Zanni; montaggio: Alberto Annuario 1984 dello spettacolo. Moriani; scenografia: Amedeo Mellone; Cinema + Televisione , musica: Ubaldo Contariello; interpreti: Ubulibri, Milano, 1984 , Carmen Russo, Mario Ca- rotenuto, Franca Valeri, Giancarlo Fu - sco, Tiberio Murgia, Nino Terzo, Moana FUORI CAMPO Pozzi; produzione: Filmes International/ Nuova Daunia/Medusa ; origine: Italia, [B ONIFACIO VIII] 1983; formato: 35mm, col.; durata: 89’. «Quando ieri pomeriggio Pabst apparve Copia 35mm da Cineteca Nazionale. nel salone di un grande albergo cittadi - no per salutare personalità, giornalisti e «È il canto del cigno del cinema sco - artisti, ivi convocati a festeggiare il suo reggione, ultimo film di Alvaro Vitali (e primo contatto professionale con il no - unico in tutta la stagione). Era anni che stro Paese, ha puntato i suoi occhi irre - non si sentivano tanti rumoracci e non quieti e grigi su quelli grandi, neri e si vedevano gag così poco fini. Cicero, fanciulleschi dell’umorista Nino Guare - grande specialista del genere (a lui si schi. Lo guardò, gli strinse la mano con devono gli scoppiettanti La soldatessa molta effusione, sorrise e gli disse: “Lei alle grandi manovre , W la foca , eccete - ha veramente una bella faccia da per - ra), inquadra Alvaro nella prima scena sonaggio: dovrebbe fare l’attore”. [...] proprio mentre esce dalla tazza del Ora egli è ospite in Italia ed è ospite cesso e seguita poi con sederi all’aria e degli studios della ICET, con la quale arie fetide per tutto il film. Stagnino, dovrebbe concretare il piano di lavo- Alvaro si mette presto in luce per aver ro per un grande film sulla figura di scambiato le condotte dell’acqua per la Bonifacio VIII, il Pontefice Benedetto

55 Caetani, sottoposto alle più ampie cen - seppe del Ongaro, Corrado Pavolini, sure dai suoi contemporanei e così ica - Carlo Terron; fotografia: Massimo Dal - sticamente e severamente figurato da lamano; montaggio: Loris Bellero; sce - Dante nella Commedia . Invano Pabst nografia: Giancarlo Bartolini Salimbeni; ha tentato di mettere le mani avanti musica: Giovanni Fusco; interpreti: dicendo che non c’era ancora nulla di Anne Vernon (voce Dhia Cristiani), Ros - preciso, perché non conosce neppure sano Brazzi, Gianni Santuccio, Enzo Fie - la figura del fiero Papa, che tutto è rmonte, Nerio Bernardi, Anna Carena, ancora in mente dei , che nessun pro - Piero Carnabuci, Edmea Lari; produ - getto è stato ancora concretato. È certo zione: Giorgio Venturini per Venturini che Pabst farà questo film. Il produt- Film; origine: Italia, 1952; formato: tore Giorgio Venturini, che ieri lo ha 35mm, b/n; durata: 82’. amabilmente presentato ad amici ed am - Copia 16mm (da 35mm) da Cineteca miratori, a critici e a signore, assicura Griffith. che non solo Pabst farà il film, ma che ha già scelto per questo l’attore prota- «Sono ben quattro i padri intellettuali di gonista: Emil Jannings. [...] questo adattamento cinematografico del La parte di Benedetta, nipote di Boni - soggetto di Genoveffa. E infatti, di sce- facio VIII, sarà interpretata da Valentina na in scena, allo spettatore attento di - Cortese. Il regista si tratterrà a Milano venta chiaro che era sempre un altro ancora qualche giorno per definire gli l’autore adatto a trattare un’atmosfera o accordi. Poi si recherà a Firenze, a San un effetto. Ed è evidente che Arthur Geminiano, a Siena, a Roma e sui colli Maria Rabenalt, il regista tedesco più romani, ad Anagni, dove nacque il fie - adatto allo spirito di questa soave leg - rissimo Papa, per visitare gli esterni e i genda medioevale, ha seguito volentie - ri la linea tracciata dagli sceneggiatori. luoghi dove la pellicola sarà ambienta - Il racconto del conte Sigfrido di Treviri ta. A fianco di Jannings chiamerà un e della sua virtuosa Genoveffa di Bra - altro grande attore dello schermo: il bante è così diventato un dramma di francese Charles Vanel. Il primo giro di “amore e gelosia” (campagna promo - manovella è previsto entro il prossimo zionale). In questo contesto il “vietato febbraio. Il film sarà presentato al pub - ai minori” della censura dovrebbe ri - blico nel mese di ottobre del 1950». percuotersi in modo molto seducente. Lincoln Cavicchioli, Intervista Perciò la regia non ha neppure dovuto con Pabst, «Nuova Stampa Sera», dipendere da una forma accurata; no - 30 ottobre 1949 nostante la cornice naturale della ro - mantica vallata boscosa e un autentico castello, è stato ripetutamente oltrepas - LA LEGGENDA DI GENOVEFFA sato il confine del sentimentale. Al suo Regia: Arthur Maria Rabenalt; soggetto: posto, starebbe alle scene immorali fini da Legenda aurea di Iacopo da Varaz - a se stesse e al rovesciamento di tutti i ze; sceneggiatura: Lino de Joanna, Giu - valori (la virtù diventa debolezza, l’a -

56 more sensualità, la fiducia leggerezza) le vittime innocenti, il romanzo popola - il compito di aiutare ad assicurare le re, i feuilleton, i cantastorie, i libretti basi economiche dell’abborracciamen - d’opera. Per Genoveffa abbiamo fatto to. Nel contempo, alla maniera dei film tutto in interni, l’importante era la psi - pseudoreligiosi italiani, alcune frasi cologia, erano i nessi tra i personaggi, devote e qualche scena romantica cer - le tortuosità; è un film d’avventura in cano di nascondere questo scopo all’o - costume senza battaglie, senza insegui - nesto spettatore. La ricompensa per tali menti, senza duelli: eppure la gente lo speculazioni, in questo caso, non può guardava senza tirare il fiato». essere che una: restare a casa». Primo Zeglio in Stefano Della Casa, FJW, «film-dienst», Intervista con Primo Zeglio , n. 15, 1953 «La Cosa Vista», n. 2, 1985

CONVERGENZE PARALLELE I CAVALIERI DELL ’ILLUSIONE Regia: Marc Allégret, Edgar G. Ulmer; GENOVEFFA DI BRABANTE sceneggiatura: Nino Novarese, M. Allé - Regia: Primo Zeglio; soggetto: da Legen - gret, Salka Viertel, Aeneas Mackenzie, da aurea di Iacopo da Varazze; sceneg - Hugh Gray, Vadim Plenianikov [Roger giatura: Evelina Levi, Fulvio Palmieri, Vadim]; fotografia: Fernando Risi, P. Zeglio; fotografia: Gabor Pogany; sce - Desmond Dickinson; montaggio: Mau - nografia: Italo Cremona; musica: Pie- rizio Lucidi; scenografia: Virgilio Mar- ro Giorgi; interpreti: Harriet Medin , Gar chi; musica: Nino Rota; interpreti: Moore, Enrico Glori, Nerio Bernar di, Hedy Lamarr, Terence Morgan, Cesare Guido Notari, Oretta Fiume; produzio - Danova, Milly Vitale, Gérard Dury; pro - ne: Vittorio Vassarotti per Viva Film ; ori - duzione: Cino Del Duca/PCE ; origi- gine: Italia, 1947; formato: 35mm, b/n; ne: Italia/Francia/USA, 1954; formato: durata: 105’. 35mm, col.; durata: 91’ . Copia 16mm (da 35mm) da Collezione Copia DVD (da U-matic da 35mm) da Boschetto. Archivio Storico del Cinema Italiano.

«Genoveffa di Brabante è tra i film che Il film nasce da una trilogia, originaria - ho fatto quello che sento più mio, nel mente concepita come un singolo film senso che l’ho seguito di più, che l’ho a episodi, iniziata da Ulmer ma com - pensato. L’idea era quella di fare un pletata da Allégret per disaccordi con film d’avventura che però non fosse l’attrice e co-produttrice Hedy Lamarr. frenetico e di cartapesta come quelli di Secondo alcune testimonianze, Ulmer Errol Flynn, ma che recuperasse le avrebbe diretto soltanto l’episodio su nostre tradizioni culturali, adattandole Genoveffa di Brabante. ai tempi e al mezzo ma rispettandole. Insomma, le leggende, i sensi di colpa, «È il più misterioso dei film diretti da

57 Ulmer in Italia. Christopher Young in Francia, 1953; formato: 35mm, b/n; du - The Films of Hedy Lamarr scrive: rata: 105’. “Questo spaghetti-epic ebbe talmente Copia 35mm da Cineteca Nazionale. tanti titoli durante e dopo la lavorazio - ne che si è spesso creduto che Hedy «La frequente presenza di temi vistosi avesse fatto più di un film nello stes- nelle opere di Pabst (temi sociali di so tempo. Intitolato Eterna femmina redenzione e di miglioramento, polemi - quan do fu distribuito [?] per la prima che contro la guerra contro il razzismo volta in Italia, in America è stato tra - e contro la dittatura) tradisce a nostro smesso solo per televisione con il ti- avviso una consistente struttura temati - tolo The Love of Three Queens [...].” In ca, la quale, è ovvio, non può però Italia, i film sono veramente diventati rivelarsi elemento sufficiente in senso due, entrambi attribuiti al solo Allégret. artistico, anzi spesso rende più eviden - Esistono infatti due titoli sospettosa - te la impossibilità dell’autore a trasferir - mente simili: L’amante di Paride [...], ne i significati da un piano puramente nel quale la Lamarr interpreta la parte polemico o programmatico a un piano di Elena, e Femmina o I cavalieri del - poetico. [...] l’illusione , nel quale interpreta le parti Del tutto lontano emotivamente invece di Genoveffa di Brabante e di Giusep - dal tema del film quale probabilmente pina Beauharnais». avrebbe dovuto essere, almeno a giu - dicare dalla impostazione dei problemi Emanuela Martini, Edgar G. Ulmer , Bergamo Film Meeting, dei personaggi attraverso il dialogo [...], Bergamo, 1989 Pabst si è accostato ad esso in modo del tutto esteriore, senza nemmeno sup- porne le feconde possibilità, e senza LA VOCE DEL SILENZIO individuarne gli elementi di vivissima suggestione. Ha costruito una sciatta e Regia: Georg Wilhelm Pabst; soggetto: discontinua vicenda, ove gli elementi Cesare Zavattini; sceneggiatura: G.W. pleonastici e marginali, rispetto al signi - Pabst, Akos Tolnay, Giorgio Prosperi, ficato di essa, risultano strutturalmente Jean Cocteau, Pierre Bost, Tullio Pinel - predominanti, e ove manca del tutto li, Giuseppe Berto, Oreste Biancoli, una giustificazione artistica e al centro Roland Laudenbach, Pietro Tompkins, emotivo della storia, cioè la necessità di Franz F. Treuberg, Bonaventura Tecchi; una solitudine che permetta all’uomo fotografia: Gabor Pogany; montaggio: di ricercare al di fuori dei consueti Eraldo Da Roma; scenografia: Guido infingimenti e menzogne la purezza e Fiorini; musica: Enzo Masetti; interpre - la sincerità dei propri rapporti con Dio, ti: Aldo Fabrizi, Jean Marais, Edoardo e all’evolversi del dramma dei perso - Cianelli, Frank Villard, Daniel Gélin, naggi, affidato a sommarie ed esterio- Paolo Stoppa, Paolo Panelli, Cosetta ri soluzioni o a mutamenti improvvisi Greco, Rossana Podestà; produzione: e ingiustificati. La macchinosa struttu- Cines/Franco London; origine: Italia/ ra del racconto, con il suo andamento

58 fram mentario ed episodio e con le con - tinue inversioni temporali, e la preten - ziosità figurativa delle immagini, volte spesso all’evocazione di un’atmosfera rarefatta e surreale, non fanno che con - fermare la freddezza emotiva dell’auto - re [...]. L’uso frequente del racconto a rovescio e l’inserimento delle “rievoca - zioni” secondo raccordi di ordine fanta - stico [...], il trasferimento cioè dei pre - supposti sintattici e grammaticali del montaggio su un piano di collegamen - ti ideali obbedienti soltanto ad una dal film Cose da pazzi logica di immagini, avrebbe potuto essere fecondo di suggestioni emotive [...]; altrettanto dicasi per lo sgancia - mento degli elementi esterni dell’inqua - Franco Lolli; musica: Mario Nascim be - dratura da principi di ordine spaziale ne; interpreti: Aldo Fabrizi, Carla Del [...] rigidamente programmatici [...]: an- Poggio, Enrico Viarisio, Lia Di Leo, golazioni volutamente arbitrarie [...], Lianella Carell, Arturo Bragaglia, Rita movimenti della camera sostitutivi di Giannuzzi (voce Adriana Parrella), attacchi di montaggio, illuminazione Enzo Fiermonte (voce Mario Colli), del tutto sganciata da esigenze realisti - Piero Palermini (voce Otello Toso); che [...], immagini deformate e largo produzione: B. Paolinelli per Kronos; uso di “flou” [...], sovrimpressioni [...]: origine: Italia, 1954; formato: 35mm, ma dietro a tutto questo è il vuoto emo - b/n; durata: 83’. tivo più assoluto [...]. L’unico perso - Copia 35mm da Cineteca Griffith. naggio che si veste di una certa umani - tà e la cui ansiosa problematica trova «L’idea di lavorare con questo regista una soluzione abbastanza efficace in austriaco, uno dei grandi registi della elementi di ordine narrativo, è il sacer - storia del cinema [...] mi eccitò moltissi - dote». mo. Purtroppo quando vidi il suo film Nino Ghelli, «Bianco e Nero», in fase di montaggio, rimasi molto marzo 1953 deluso. [...] Una favola simbolica ambientata in una delle tante “ville della quiete”, in cui si COSE DA PAZZI sostiene il paradossale assunto che l’au - Regia: Georg Wilhelm Pabst; sceneggia - tentica felicità si può trovare soltanto tura: Leo Lania, Bruno Valeri, Bruno nel mondo del “sogno”, nel regno della Paolinelli; fotografia: Mario Bava; mon - “follia”. L’idea poteva determinare un taggio: Mario Serandrei; scenografia: film grottesco e pieno di sapore. Invece

59 Pabst aveva trattato l’argomento con la Heesters, Folco Lulli, Willy Fristch, leggerezza di un elefante in un negozio Jester Naefe, Kurt Lecher, Martha di cristalleria, senza riuscire ad azzec - Klauss; produzione: CCC-Film/Hermes; care il tono giusto. Trovai una soluzio - origine: RFT/Italia, 1955; formato: ne che mi parve felice, subito accettata 35mm, col.; durata: 94’. da Pabst: una filastrocca infantile, spi- Copia 16mm (da 35mm) da Cineteca ritosamente variata da un quartetto di Griffith. armoniche a bocca, che suonando da - vanti al microfono avvolto in una carta Revisione preventiva del Ministero del velina, sembravano strumenti giocatto - Turismo e dello Spettacolo, 3 febbraio lo. Era l’effetto di “sogno” e di “follia” 1955: «A Douradinho, piccolo centro desiderato dal regista. In una sequenza diamantifero dell’Amazonas si danno in cui Carla Del Poggio, ricoverata sana convegno i gauchos e i garimpeiros in mezzo ai pazzi, si affaccia smarrita al della regione. Ognuno di questi cerca - corridoio del manicomio, interruppi di tori di diamanti vive nella speranza di colpo l’orchestra per fare intervenire il poter un giorno trovare una pietra suono di uno strumento che creava una degna di un Re, per sottrarsi all’infermo atmosfera angosciosa. Il regista trovò dell’Amazonas e andare a fare il signo - subito che l’effetto era “wonderful”, su- re a Rio o a São Paulo. [...] blime, meraviglioso e si congratulò con Il lavoro presenta un certo interesse me perché avevo interpretato perfetta - spettacolare, sia per l’ambientazione mente lo stato psicologico della prota - (con il suo corollario di musiche esoti - gonista e avevo scelto lo strumento che) sia per l’intrinseco sviluppo della adatto. Solo più tardi gli spiegai che trama, articolate con abilità su schemi e non si trattava di uno strumento, ma attraverso colpi di scena di sicuro effet - to. Certo questo genere di lavori am- del respiro contemporaneo di quattro bientati in climi caratteristici (nel caso persone davanti al microfono». in questione: la foresta del Brasile, le Mario Nascimbene, Malgré moi, concessioni diamantifere dell’Amazonia, musicista , Edizioni del Leone, Venezia, 1992 gli sfondi e le atmosfere delle fazende , il carnevale, le feste e le musiche di Rio, ecc.) dovrebbero essere girati vera - STELLA DI RIO mente “in loco” ai fini della loro genui - STERN VON RIO nità. Non è questo il caso del film in questione che sarà invece realizzato Regia: Kurt Neumann; soggetto: Hans quasi interamente in Germania, con Fritz Köllner; sceneggiatura: Friedrich qualche esterno in Brasile (che poi sarà Kohner; fotografia: Willy Winterstein; forse usato in trasparente)». montaggio: Walter Wischniewsky; sce - nografia: Gabriel Pellon, Hans-Jürgen Kiebach; musica: Willi Mattes; interpre - ti: Maria Frau, Franco Andrei, Johannes

60 CONVERGENZE PARALLELE sentimentali obbligatorie in questo ge - nere di pellicola. Girato proprio nei pa - [T RAILER ] LA SULTANA SAFIYÉ lazzi dell’epoca, parte a Venezia e parte a Istambul, il film è scenograficamente Regia, soggetto: Mario Trombetti, Fikri accurato e sfarzoso, pur non essendo a Rutkay, G.D. Martin; sceneggiatura: colori; la verità storica vi è rispettata nei G.D. Martin, F. Rutkay, Michele Nesci, limiti del possibile; ma dialogo e sce - Antonio Santoni; fotografia: Renato Del Frate; montaggio: Antonietta Zita; sce - neggiatura sono di una sconfortante ba- nografia: Gastone Simonetti; musica: nalità. Tra gli attori italiani e turchi che Gino Filippini; interpreti: Maria Frau, vestono con maggiore o minore disin - Mahir Ozerden, Mariolina Bovo, Car- voltura i ricchi costumi dell’epoca, Car- lo Gi ustini, Atif Kaptan; produzione: lo Giustini e Mahir Ozerdem, Mariolina Mario Trombetti per Produzione Trom - Bovo e Carla Calò, Atif Kaptan e Cahit betti/Efikal; origine: Italia/Turchia, Irgat, primeggia con patetica avvenen - 1955; formato: 35mm, b/n; dura ta: 3’ za Maria Frau». (trailer). Vice, La sultana Safiyé, «Il Messaggero», 16 luglio 1955 Copia 35mm da Archivio Storico del Ci- nema Italiano. MARCIA O CREPA Co-produzione italo-turca, con la colla - borazione alla regia di Fikri Rutkay per Regia: Frank Wisbar; sceneggiatura: F. la parte girata in Turchia. Il film è stato Wysbar, Mino Guerrini, Milton Krims, iniziato nell’autunno del 1953 da G.D. William Demb, Giuseppe Mangione; fo - Martin (Giuseppe De Martino), che per tografia: Cecilio Paniagua; montaggio: motivi di salute ha però abbandonato Mario Serandrei; scenografia: Enrique la lavorazione, lasciando la regia a Alarcón; musica: Angelo Francesco La - Rutkay e al produttore. vagnino, Nini Rosso; interpreti: Stewart Granger, Dorian Gray, Carlos Casara - «Questo film di coproduzione italo- villa, Ivo Garrani, Hans von Borsody, turca, diretto da Mario Trombetti e Fikri Peter Carsten, Fausto Tozzi, Maurizio Rutkay, narra la storia di Cecilia Venier, Arena, Riccardo Garrone; produzione: una nobile fanciulla veneziana che, Tempo/Galatea/Monachia-Zeynfilm/ avendo sposato il principe turco Murad Midega; origine: Italia/Spagna/RFT, ed essendo così divenuta sultana, riuscì 1962; formato: 35mm, b/n; durata: 104’. con accorta politica a impadronirsi del - Copia 35mm da Cineteca Nazionale. le redini dell’Impero musulmano fino a istaurare un lungo periodo di pace tra «Marcia o crepa di Frank Wisbar [...] ha questo e la Serenissima. Tale storia è una travagliata storia produttiva. Si trat - complicata, per amore del romanzesco, ta di una coproduzione tripartita tra da torbidi intrighi di palazzo, da rapi - Italia, Spagna e Germania Occidentale. menti di ancelle e dalle complicazioni La Galatea partecipa all’operazione for -

61 nendo un minimo garantito per l’estero di 200 milioni (la distribuzione negli Stati Uniti era stata assunta dalla AIP), su un costo totale del film decisamente più alto di Un giorno da leoni : 785 milioni. [...] Non abbiamo avuto modo di vedere Marcia o crepa , chi ne avuto la possibilità lo descrive come un film di guerra, più che di impegno sociale (lo sfondo è quello della guerra d’Algeria). Il cast è internazionale e tra dal film La rossa (Die Rote) gli attori spiccano i nomi di Dorian Gray e Stewart Granger. Wisbar, regista del film, si era formato a Hollywood tra gli anni trenta e quaranta e nel 1959, dopo essere rientrato in Germania, ra: H. Käutner, A. Andersch; fotografia: aveva diretto Stalingrado [...]. Il film Otello Martelli; scenografia: Saverio esce più o meno regolarmente sui prin - D’Eugenio, Robert Stratil; montaggio : cipali mercati esteri, anche se non Klaus Dudenhöfer; musica: Emilia Za - siamo in possesso di dati che ne verifi - netti; interpreti: Ruth Leuwerik (voce chino in modo rigoroso l’affermazione Anna Proclemer), Rossano Brazzi, Gior - o meno nelle sale. In Italia il film incas - gio Albertazzi, Harry Meyen, Richard sa comunque più di trecento milioni. Münch, Gert Fröbe; produzione: Real- Una nota isolata, proveniente dal dele - film GmbH & Co./Magic Film/Compa - gato dell’Unitalia a Bonn informa che il gnia Cinematografica Champion; origi - film nel territorio tedesco “fu rappre - ne: RFT/Italia, 1962; formato: 35mm, sentato per la prima volta il 6 febbraio b/n; durata: 94’. 1963. In tutte le città importanti il suc - Copia 35mm da Cineteca Nazionale. cesso fu buono; in quelle piccole e nei paesi non ebbe, al contrario, accoglien - «È uno di quei film che mi stanno più a ze favorevoli”». cuore. [...] Dal punto di vista recitativo, Simone Venturini, Galatea Spa della fattura e del soggetto è particolar - (1952-1965). Storia di una casa mente suggestivo e mi sembra anche di produzione cinematografica , riuscito. Ho fatto soltanto un paio di Associazione italiana per le ricerche enormi errori, che mi hanno inviso il di storia del cinema, Roma, 2001 grande pubblico. Uno degli errori è stato aver ingaggiato per questo ruolo una delle migliori attrici tedesche, già LA ROSSA etichettata – nel senso che il pubblico DIE ROTE non avrebbe voluto vederla in quella Regia: Helmut Käutner; soggetto: dal ro - parte. Sin dall’inizio Ruth Leuwerik è manzo di Alfred Andersch; sceneggiatu - stata un buco nell’acqua per questo

62 soggetto. Sebbene sia sempre – nel frat - to sulla ricerca del testamento di un tempo ho rivisto il film svariate volte – maragià defunto il cui possesso e cono - un’interprete ideale. Se non fosse stata scenza farà ricco chi lo trova. Buoni e celebre, da qui avrebbe iniziato una cattivi si disputano il documento nasco - carriera. Ma lei, che per molti anni è sto nei sotterranei d’un tempio buddista stata l’irreprensibile dama della società distrutto da un terremoto. Iniquità e tedesca, la madre profondamente amo - ammazzamenti caratterizzano le ricer - revole, in questo film recita una figura che; e senza indugiare nei particolari, di donna moderna, rotta, una segreta - per non togliere allo spettatore quel ria, che ha vissuto con due uomini ed poco di tensione che il film sfodera qui è caduta vittima di un terzo a Venezia: e là, diremo soltanto che alla fine anco - questo è un qualcosa che la gente non ra una volta “i delitti non pagano”. voleva sapere di lei» (Helmut Käutner). Interpreti anch’essi modesti: con Lex Barker, Magali Noel, Franco Fabrizi, stenterete a riconoscere Maurice Ronet TEMPESTA SU CEYLON per nulla paragonabile a quello di Fuoco fatuo e una Rossi Drago che Regia: Gerd Oswald, Giovanni Roccar- neppure i bambini piglieranno sul serio di; sceneggiatura: Ludwig Bruckmann, come nefanda maharani». Arnaldo Marrosu, Fabrizio Taglioni, Anonimo, «La Stampa», Leopoldo Trieste; fotografia: Bitto Al - 7 dicembre 1963 bertini; montaggio: Enzo Alabiso; sce - nografia: Lamberto Giovagnoli; musica: «Giravo un film a Ceylon, oggi Sri Francesco De Masi; interpreti: Lex Lanka [...]. Dovevamo fare delle riprese Barker, Eleonora Rossi Drago, Ann nell’interno di una pagoda, ma era una Smyrner, Magali Noël, Hans Nielsen, cosa difficilissima. Ogni tempio buddi - Maurice Ronet, Peter Carsten, Franco sta è sacro, inviolabile. Neanche le ri - Fabrizi; produzione: Enrico Bomba per prese in esterni ci erano state concesse. FICIT/Rapid/Paris; origine: Italia/RFT/ Non mi persi d’animo e caparbiamente Francia, 1963; formato: 35mm, col.; du - riuscii a ottenere un colloquio con il rata: 85’. capo dei bonzi. [...] Io rimasi solo da - Copia BetaSP (da 35mm) da Cineteca vanti a quell’uomo che incuteva timore Nazionale e rispetto. Appena fu sicuro che nel grande ambiente non ci fosse più nes - «Nello scope a colori Tempesta su suno, si alzò e mi venne incontro. Il Ceylon i ragazzi che ancora leggono suo viso dall’espressione indefinibile si Salgari potranno trovare qualche moti - illuminò di un sorriso enigmatico, poi: vo d’interesse, nonostante le ingenuità “Allora... tu sì taliano...” “Sì...” balbettai. del soggetto e lo scarso mordente della “E sì venuto fin quaggiù a scassà u regia di Gerd Oswald (e, per la versio - cazzo!” Io rimasi di stucco. [...] Era stato ne italiana, di Giovanni Roccardi). Si fatto prigioniero di guerra in Africa da- tratta di un fumetto avventuroso centra - gli inglesi che l’avevano portato lì [...].

63 Aveva imparato un po’ la lingua locale e con uno stratagemma degno di un napoletano si era autoeletto capo bon- zo. Mi fece avere il permesso di girare gli esterni della pagoda». Bitto Albertini, Tra un ciak e l’altro , Boemi, Catania, 1998

64 Expanded Dreyer, I. Contro il sacrificio

65 GINEVRA DEGLI ALMIERI «La preparazione di Ginevra degli Al - mieri , l’ultimo film di cui ho curato la Regia: Guido Brignone; soggetto: Luigi produzione, ha richiesto quattro mesi di Bo nelli, Ivo Perilli; sceneggiatura: G. Bri- preparazione, dal luglio al novembre di gnone, L. Bonelli, I. Perilli; fotografia: quest’anno. [...] Avevo visto in quei gior- Ubaldo Arata; montaggio: Giuseppe Fa - ni, al Teatro Argentina di Roma, un gio - tigati; scenografia: Gastone Medin; mu - vane attore che mi aveva fatto una certa sica: Gian Luca Tocchi; interpreti: Elsa impressione: Amedeo Nazzari. Aveva un Merlini, Amedeo Nazzari, Umberto Pal - viso strano e una figura imponente che marini, Ugo Ceseri, Maurizio D’Ancora, pensavo avrebbero potuto interessare il Luigi Almirante, Tina Lattanzi; produ - pubblico, soprattutto quello femminile. zione: Aldo Vergano per Capitani/ICAR; L’invenzione di questo nuovo attore ci- origine: Italia, 1935; formato: 35mm, nematografico ha richiesto uno studio b/n; durata: 90’. accurato per la ricerca delle luci idonee Copia 16mm (35mm) da Collezione Bo- e per la scelta dei costumi che si adat - schetto. tassero alla sua figura eccezionale. La difficoltà maggiore è stata quella di «Ginevra degli Almieri, eccezion fatta convincere lo stesso Nazzari delle sue per il teatro delle marionette, è perso - qualità cinematografiche: egli non ave - naggio da farsa. La sua avventura quasi va nessuna fiducia in se stesso. [...] La d’oltretomba si prestava quindi per un realizzazione di Ginevra degli Almieri film buffonesco, per una caricatura del richiedeva una scenografia di Firenze dramma storico come vuol essere ap - trecentesca. Dopo vari sopralluoghi a punto questo realizzato dal Brignone Firenze, S. Gimignano, ecc. mi sono su scenario di Bonelli e Perilli. L’im - convinto che se fossimo andati a girare presa è in gran parte riuscita. Le situa - gli esterni laggiù avremmo corso il ri- zioni dell’infallibile effetto che l’argo - schio di presentare un’arida documen - mento presentava, l’assieme degli inter - tazione fotografica di luoghi che non preti tra i quali primeggia Elsa Merlini, avrebbero risposto alle esigenze del una messinscena decorosa, hanno of - film. Convinsi perciò i miei amici pro - ferto al regista, per la prima volta alle duttori Liborio Capitani e Alfredo Proja prese con un film di tal genere, quanto a fare un ulteriore sforzo finanziario, di meglio potesse desiderare. La sua che è stato veramente un atto di corag - Ginevra è divertente, gustosa. Forse si gio, per ricostruire un intero quartiere poteva sfruttare meglio lo spavento dei della Firenze trecentesca». fiorentini dinanzi a colei che credono Aldo Vergano, Parla Aldo Vergano, lo spettro della ragazza uccisa dall’epi - «Cinema Illustrazione», 1 gennaio 1936 demia, ricavandone altri elementi di co - micità. Ma non si può chiedere troppo CATERINA DA SIENA a un primo saggio». Enrico Roma, I nuovi film, Regia: Oreste Palella; soggetto: Ferdi - «Cinema Illustrazione», 1 gennaio 1936 nando Leonardi; sceneggiatura: F. Leo - 66 nardi, O. Palella; fotografia: Alfredo ’47, quando le prospettive erano ben Lupo; scenografia: Angelo D’Arpino; diverse da ora. Diressi Caterina da Sie - musica: G.C. Carignani, Leopoldo Pe- na , con criterio soprattutto spettacola - rez Bonsignore; interpreti: Regana De re; non fui mai in grado di sopperire a Liguoro, Rina De Liguoro, Diego Muni, certi gusti ed esigenze, dovetti fare Ugo Sasso, Armando Micchettoni, Gui - parecchie rinunce. Del resto sul piano do Gentili, Giulia Martinelli, Mario Or- spettacolare il film incontrò notevole tensi; produzione: L. Perez Bonsignore successo: costato 14 milioni e mezzo, per Cigno Film; origine: Italia, 1947; ne incassò 390». formato: 35mm, b/n; durata: 85’. Oreste Palella in Riccardo Redi, Copia 35mm da La Cineteca del Friuli. Fabio Rinaudo, Piacciono in periferia , «Cinema», n. 133, 15 maggio 1954 «In occasione del VI centenario della nascita di Caterina da Siena, patrona primaria d’Italia, enti e associazioni han- OKIBA NON VENDERMI ! no organizzato manifestazioni di varia Regia: Gianni Fontaine; sceneggiatura: natura intese a celebrare la grande padre Romeo Panciroli, G. Fontaine, Santa di terra nostra. Nel quadro di Luigi Bonelli; fotografia: Nello Bandi - queste manifestazioni la Cigno Film ha voluto cooperare alla celebrazione con nelli; montaggio: G. Fontaine, Rinaldo un film che traducesse sullo schermo il Montagnoni, Rodolfo Palermi; musica: mondo mistico di Caterina, illustrando - Carmine Rizzo; interpreti: Abeja, Kizito, ne la vita spesa tutta attraverso vicende Ogwang, padre Paolo Cereda, padre storiche imponenti, in una fervida atti - Roberto; produzione: EDNI; origine: vità religiosa e in una ardita e virile atti - Italia, 1955; formato: 35mm, b/n; dura - vità politica e sociale. Il Santo Padre si ta: 72’. è benignato interessarsi alla realizzazio - Copia 35mm da La Cineteca del Friuli. ne del film. Il Pontefice infatti, riceven - do in udienza particolare il produttore «In questi giorni viene proiettato in Leopoldo Perez Bonsignore, il regista prima visione in alcune sale cinemato - Oreste Palella e la protagonista del film grafiche di varie regioni italiane un film Regana de Liguoro, si è degnato gra dire tutto particolare. Esso rievoca la pate - le fotografie che Gli sono state offerte e tica storia di un fatto realmente verifi - ha formulato i voti migliori per il suc - catosi alcuni anni or sono nell’Africa cesso della pellicola che celebra una per - Equatoriale e che molto assomiglia alla sonalità così cara al cuore di ogni ita - vicenda di Giulietta e Romeo: due gio - liano, di ogni artista, di ogni cattolico». vani negri si amavano ma non poteva - Caterina da Siena , «Rivista del no sposarsi perché appartenenti a tribù Cinematografo», ottobre-novembre 1947 rivali. Il dramma che ne scaturì ebbe conclusioni in un certo senso inaspetta - «Mi vanto di essermi buttato al lavoro in te perché nella lotta degli istinti guer - un periodo estremamente difficile, nel rieri e vendicativi si inserì improvvisa -

67 mente la parola di un missionario cat - passato girato alcuni documentari mis - tolico attraverso cui la tragedia poté sionari sulla vita delle tribù negre. Ma comporsi nella consolazione. La vicen - questo va oltre alla semplice esigenza da ebbe una certa risonanza soprattut - documentaristica. Esso rappresenta, al di to fra gli europei, perché rivelò visuali là di ogni valutazione critica, un positivo inconsuete nella psicologia delle popo - esperimento di moderna missionariolo - lazioni negre e suggerì questo film con gia. Abbandonando gli schemi usuali intenti artistici e documentari insieme. di certo pietismo talvolta fumettistico, si Artistici perché la vicenda veniva trasfi - è qui tentato di affrontare il dramma gurata in una superiore visione senti - psicologico dei catecumeni nelle terre mentale, con intreccio e definizione dei pagane con i mezzi espressivi più mo - caratteri; documentari perché voleva derni». testimoniare non solo usi e costumi di Antonio Fugardi, Un film quelle genti con tendenza etnografica, cristiano con protagonisti negri , ma anche la loro anima genuina. L’idea «Il Popolo», 26 ottobre 1955 del film appartiene a un missionario, il padre Romeo Panciroli delle Missioni Africane di Verona. Venne stesa la sce - neggiatura in Italia, ma poi – alla fine del 1952 – padre Panciroli, l’operatore Bandinelli e il regista Gianni Fontaine si imbarcarono a Napoli con macchina da presa, con carrello, con parco lampade e con migliaia di metri di pellicole. Nessun attore e nessuna attrice. Era stato deciso infatti di far interpretare il film ad autentici selvaggi negri, una spe - cie di film neo-realista nel vero senso della parola. [...] In questo loro primo film i negri, che hanno nel sangue un fondo d’arte genuino, abituati alla dan - za, hanno saputo trovare anche nel ruolo di attori improvvisati le vergini possibilità espressive della loro razza. Ne è venuta fuori un’opera che costitui - sce un documento eccezionale di vita negra, di vera arte drammatica, di uma - nità di quella gente di colore che spesso riteniamo, a torto, composta da uomini a noi inferiori come doti intellettuali e come sentimenti morali. La casa pro - duttrice Edizioni Negrizia aveva già in

68 Il discorso d’amore di Gertrud. Omaggio a Breda Beban ć i v o s e V o i M

: o t o h P

69 BREDA BEBAN mere la visione della vita in un momen - Artista, regista, curatore e produttore to decisivo, allo tempo stesso emozio - creativo. Le sue ultime mostre hanno nale e filosofico, malinconico e pieno avuto luogo presso Kalfayan Galleries, di gioia. Atene; Camden Arts Centre, Londra e Talvolta abbiamo sentito un amico dire Scottish National Gallery of Modern Art, “Se dovessi morire domani, che sia que - Edimburgo. sto il brano suonato al mio funerale”. Le sue opere fanno parte delle colle - Breda Beban semplicemente riprende zioni permanenti di: Tate Britain, UK; alcuni dei suoi amici mentre ascoltano il Fondazione Weltkunst, Svizzera; Museo loro brano preferito. di Arte Moderna, Serbia; Museo di Arte I filmati sono tutti diversi. In uno il pro - Contemporanea, Croazia e Speed Art tagonista cade a pezzi, in un altro c’è Museum, Stati Uniti. una tempesta che infuria nello sfondo e Originaria dall’ex Jugoslavia, nata nel un altro filmato ancora è molto irritan - 1952 a Novi Sad (Serbia), cresciuta in te. Secondo l’autrice tutti rivelano l’in - Macedonia e in Croazia, dal 1991 vive - dole dei protagonisti. va e lavorava a Londra, dove è consi - Quando le chiedono, mentre gira, per - derata uno degli artisti più significativi ché lo vuole fare, lei risponde: «Saprò in Gran Bretagna. probabilmente fra due, tre anni, perché È scomparsa il 23 aprile 2012, lascian - l’ho voluto fare a questo punto della do numerosi progetti incompiuti. mia vita». L’artista completa l’opera po - co prima della scoperta della grave malattia e, assurdamente come la vita, MY FUNERAL SONG My Funeral Song è di fatto il suo ultimo Regia, fotografia, produzione: Breda lavoro. Beban; montaggio: Steve Sprung; inter - preti: Eveline Schlief, Du šan Lazarevi ć, Ana Čavi ć, Irena Micha, Pablo Casacu - berta; origine: Gran Bretagna 2008-10; FUORI CAMPO formato: video, col; durata: 28’. The Adventure of the Real Breda Beban Courtesy of the Artist’s Estate and allo Studio Tommaseo. Kalfayan Galleries (Athens-Thessaloniki) In mostra la serie di 13 fotografie Arte «Ogni volta che voglio commuovere le Vivo e in visione i video/film: Jason’s persone senza sconvolgerle, uso la Dream, Let’s Call it Love, Walk of Three musica» (Breda Beban). Chairs, How to Change your Life in a In My Funeral Song Breda Beban ri - Day e I Can’t Make You Love M e. prende i suoi amici stretti mentre intra - L’evento è realizzato da Trieste Contem - prendono viaggi interni in previsione poranea, in collaborazione con I mille della morte. Il progetto esplora il pote - occhi e Kalfayan Galleries (Athens- re di una canzone amata nel compri - Thessaloniki).

70 La stella della rinascita del cinema italiano. Lia Franca da Trieste alla Cines

71 LIA (L YA ) F RANCA gorante carriera, l’attrice decise di ab - Nome d’arte di Livia Penso, nata a Trie - bandonare le scene e sposare il pro - ste il 2 ottobre 1912 e deceduta a Roma duttore Giuseppe Sequi. il 23 luglio 1988. La sua non lunga car - riera inizia già nel 1927, quando risultò vincitrice del primo concorso di Miss ARIETTA ANTICA Trieste, organizzato con lo scopo di pro - Regia: Mario Almirante; fotografia: Carlo porre volti nuovi all’arte cinematografi - Montuori; scenografia: Gastone Medin; ca. Livia Penso comparve insieme alle interpreti: Lia Franca, Gino Sabatini, altre due vincitrici in un filmato dal tito - Guido Parigi; produzione: Cines; origi - lo Il trionfo di Venere, realizzato in ne: Italia, 1930; formato: 35mm, b/n; quell’occasione da Gustavo Petronio e durata: 5’. oggi purtroppo perduto. Assecondata Copia 35mm ristampata da negativo alla dalla famiglia, che per sorreggerla in Cineteca Nazionale. © Ripley’s Film. quella avventura si trasferì da Trieste a Roma, Livia entrò quindi a far parte del «La produzione di short della Cines è mondo del cinema, ottenendo una infatti particolarmente ricca in quegli scrittura con la Cines di Stefano anni e denota un notevole sforzo pro - Pittaluga. duttivo: quasi sessanta documentari – La sua carriera artistica, sotto il nome di oltre ad attualità varie e qualche film Lia Franca, inizia con una partecipazio - pubblicitario – che testimoniano, nei ti - ne al cortometraggio Arietta antica e, toli del primo periodo ( Grande concer - soprattutto, con la parte di protagonista femminile in Resurrectio di Alessandro to , Ninna nanna , Arietta antica , Not - Blasetti, film che detiene un primato turno , Melodie della Pampa , Armonie “non ufficiale”: è il primo lungometrag - di Sicilia , ecc.) l’intenzione di privile - gio sonoro girato in Italia, anche se a giare l’aspetto sonoro e musicale della causa dei numerosi problemi che sor - pellicola, in maniera ingenua e banale, sero in fase di post-produzione fu dis - se si vuole, ma con l’entusiasmo tipico tribuito solo dopo La canzone dell’a - di chi ha scoperto il nuovo “giocattolo”». more . Dopo altri ruoli minori, nel mag - Alfredo Baldi, Cines in ‘corto’ , «Immagine», n. 20, primavera 1992 gio del 1932 iniziarono quindi le ripre - se del film Gli uomini, che mascalzo - ni... , per la regia di Mario Camerini, RIVISTA CINES . N UMERO SPECIALE che vedeva Lia Franca in veste di pro - DEDICATO AGLI STABILIMENTI CINES tagonista femminile accanto a Vittorio De Sica. Il film fu presentato alla prima Coordinamento: Carlo Campogalliani; Esposizione internazionale d’arte cine - interventi: Elio Steiner, Dria Paola, Lia matografica di Venezia ed ottenne un Franca, Grazia del Rio, Elvira Marchion - immediato successo. ni, Ettore Petrolini, Carlo Campogallia - Fu la consacrazione artistica definitiva, ni, Armando Falconi, Giuseppe Bottai , ma proprio allora, all’inizio di una sfol - Stefano Pittaluga; produzione: Cines;

72 origine: Italia, 1930; formato: 35mm, sfatta del risultato, preferisce anteporgli b/n; durata: 12’ . La canzone dell’amore di Gennaro Ri- Copia 35mm da Cineteca Nazionale. ghelli. [...] Vedendo e ascoltando il film, © Ripley’s Film. capisco le perplessità di Pittaluga e Bla - setti; ma non le condivido. Se il film è Le Riviste Cines, prodotte in 19 numeri stato fatto uscire tardivamente, e poi “di - tra il 1930 e il 1932, sono cinegiornali menticato”, è a mio avviso soprattutto di varietà, costume, spettacolo e curio - perché non corrispondeva al progetto sità che documentano la centralità della di “rinascita” sia tecnica che artistica del Cines nell’organizzare e promuovere la cinema italiano comune ai due pionieri. cultura visiva e spettacolare di quel pe - Resurrectio è infatti un film sostanzial - riodo. Il primo numero, presentato nel mente sperimentale. Ma sentiamo Bla - settembre 1930, è dedicato all’inaugura - setti: Pittaluga “mi chiese [...] di fare zione dei nuovi stabilimenti Cines di quattro documentari per esperimentare via Vejo (23 maggio 1930) e contiene diverse forme di sonoro: il dialogo, la anticipazioni e retroscena dei film allo - musica, i rumori. Io gli dissi: ma guardi ra in produzione ( Resurrectio , Medico Pittaluga, se io le faccio tre documenta - per forza e Napoli che canta ). ri lei spende del denaro e non ne fa niente, se io le faccio un film, vicever - sa, cercando di combinare queste tre RESURRECTIO atmosfere, lei ri porta a casa un po’ di denaro. [...] Ho associato l’atmosfera au- Regia, soggetto: Alessandro Blasetti; sce - te ntica mattutina della città che si sve - neggiatura: A. Blasetti, Guglielmo Zorzi; glia, di operai che vanno al lavoro, di fotografia: Carlo Montuori; montaggio: donne che van no alla spesa, con un’at - Ignazio Ferronetti, A. Blasetti; scenogra - mosfera puramente e nettamente musi - fi a: Gastone Medin; musica: Amedeo cale, e con un’altra atmosfera ancora Escobar; interpreti: Daniele Crespi, Lia diversa cioè un luogo di ballo in cui la Franca, Venera Alexandrescu, Giorgio musica, i rumori, il dialogo fossero le - Bianchi; produzione: Stefano Pittaluga gati insieme. Infine, una quarta atmo - per Cines; origine: Italia, 1931; formato: sfera: il puro dialogo semplice, senza 35mm, b/n; durata: 64’ . rumori, senza musica, senza niente”». Copia 35mm da Cineteca Nazionale. Adriano Aprà, La resurrezione della © Ripley’s Film. forma , in Stefano Masi (a cura di), A. Blasetti (1900-2000) , Comitato «Resurrectio viene girato fra la fine del Alessandro Blasetti per il centenario 1929 e la metà del 1930 (a quanto affer - della nascita, Roma, 2001 ma la didascalia premessa alla copia ri - stampata dalla Cineteca Nazionale). È il primo lungometraggio sonoro prodotto CORTE D’ASSISE in Italia, ma non il primo a essere dis - Regia: Guido Brignone; soggetto: Giu - tribuito. La Cines di Pittaluga, insoddi - seppe Romualdi; sceneggiatura: G. Bri -

73 gnone, Mario Serandrei; fotografia: crescendo di situazioni sempre più im- Ubaldo Arata, Massimo Terzano; sceno - previste e sensazionali, che si distruggo- grafia: Gastone Medin; musica: Pietro no e si rinnovano a vicenda, suscitando Sassòli; interpreti: Marcella Albani, Lia continue emozioni e mantenendo la Franca, Elvira Marchionni, Carlo Ninchi, curiosità del pubblico sospesa fino alla Renzo Ricci, Elio Steiner, Franco Coop, impreveduta ed imprevedibile conclu - Giorgio Bianchi, Rosetta Calavetta, sione. [...] L’attrezzatura della Cines Mercedes Brignone, Giovanni Cimara; consente le più audaci risorse di dina - produzione: Cines; origine: Italia, 1930; mismo. Lo svolgimento del processo è formato: 35mm, b/n; durata: 72’ . alimentato da un giuoco continuo di Copia BetaSP (da negativo 35mm alla spostamenti e di inquadrature che han- Cineteca Nazionale). © Ripley’s Film. no la costante funzione di dare un pro - porzionato risalto ad ogni elemento «Tutti i films che si basano su di una della vicenda. Le macchine da ripresa si speciale situazione drammatica, e parti - stanno abituando alle più strane ed colarmente quelli di carattere giudizia - impensate acrobazie. Malgrado “l’entra - rio, richiedono una preparazione quanto ve” delle cuffie antisonore i nostri ope - mai minuziosa, uno studio accuratissi - ratori sono riusciti a fare delle panora - mo, un controllo assiduo e costante; miche dell’aula con ben dodici sposta - per alimentare dal principio alla fine menti d’obiettivo». quell’atmosfera di suggestione desti - Guido Brignone in U. Ugoletti, nata a mantenere viva l’attenzione del Corte d’assise , «La Domenica pubblico è indispensabile un senso di del Cinema», n. 5, 1930 misura e di proporzione che le esigen - ze del film parlante rendono più deli - cato. Nel caso di Corte d’Assise poi non LA STELLA DEL CINEMA bisogna dimenticare che si tratta di un film che dovrà proprio dimostrare fino Regia: Mario Almirante; sceneggiatura: a che punto si può giungere col film Gian Bistolfi; fotografia: Anchise Brizzi, parlante. [...] Non si creda perché si trat - Gioacchino Gengarelli; musica: Pietro ta di un processo, che si debba far assi - Sassòli; interpreti: Grazia Del Rio, San - stere il pubblico ad uno di quei tornei dra Ravel, Elio Steiner, Fulvio Testi, Giu - oratori che sono nella consuetudine di seppe Masi, Turi Pandolfini, Daniele certi drammi passionali e sensazionali Crespi, Lia Franca, Leda Gloria, Dria sottoposti al giudizio dei giurati. [...] Vi Paola, Isa Pola, Mercedes Brignone, sono frequenti richiami agli avvenimen - Guido Brignone, Marcella Albani, Carlo ti che hanno determinato il processo, Campogalliani, Gennaro Righelli; pro - ma con tutto ciò concepito e realizzato duzione: Cines; origine: Italia, 1931; in modo da mantenere viva l’attenzione formato: 35mm, b/n; durata: 70’. intorno al misterioso delitto accaduto in Copia 35mm da Cineteca Nazionale. una villa signorile e che coinvolge e © Ripley’s Film. travolge persone del gran mondo in un

74 «L’idea di mettere in scena a scopo evi - Copia 35mm da Cineteca Nazionale. dentemente reclamistico, una vicenda © Ripley’s Film. qualunque che desse modo di mostra - re allo spettatore, come in una revue , lo «Lya Franca parte oggi per Venezia; un stabilimento in tutti i suoi aspetti e nel telegramma della Pittaluga-Cines l’ha suo retroscena, con le sue quotidiane invitata al Festival mondiale della cine - peripezie, non era nuova. Si può dire matografia, dove l’Italia sarà rappresen - che tutte le Case americane abbiano tata da Gli uomini, che mascalzoni... , preceduto la Cines in questa civetteria; l’ultimo film interpretato dalla Franca ma l’Almirante ha saputo dar veste este- alla Cines, regista Mario Camerini. Tutta riormente nuova allo spettacolo, crean - la nostra curiosità è per questo film. do gustosi quadretti e muovendo con “Ma io non ne so niente!” sorride Lya bravura i molti ingredienti che han ser - Franca. “Anzitutto non ho veduto anco - vito a mettere assieme il film. Non ra il film, malgrado lo abbia interpreta - altrettanto felice è stato nella scelta del - to io; [...]. Ho riveduto un’unica scena l’argomento, di cui si poteva fare anche del film, nella quale mi hanno fatto a meno, se non si aveva il coraggio di piangere, perché la protagonista dove - uscire dalla solita storia dell’esordiente va piangere. Ebbene: rivedendo la sce- che ha un fidanzato tra le comparse e na, ho pianto ancora. [...] la cui fortuna capita improvvisamente, “Del resto non so come mi giudicherà per puro caso, con gran dolore del gio - il pubblico. Certo che sento di essere vanotto che si vede sfuggir di mano la un’altra, oggi, dal tempo di Corte d’as - tenera colomba, promossa vamp irresi - sise e di Resurrectio . Credo di aver stibile e acclamata dagli ammiratori». imparato qualche cosa, guardando gli altri. Posso dire di aver ricominciato Enrico Roma, I nuovi films , «Cinema Illustrazione», 1 luglio 1931 daccapo con il film di Camerini. Mi hanno persino rifatto il provino prima di affidarmi quel nuovo ruolo, malgra - GLI UOMINI , CHE MASCALZONI ... do io fossi alla Cines or mai da due anni. [...] Regia: Mario Camerini; soggetto: Aldo “Abbiamo girato il film a Milano, in De Benedetti, M. Camerini; sceneggia - piazza del Duomo, alla Fiera e sui La - tura: A. De Benedetti, M. Camerini, Ma - ghi. Non so perché, ma io lo chiamo il rio Soldati; fotografia: Massimo Ter - film delle commesse. Il protagonista è zano, Domenico Scala; montaggio: un uomo, e non potrebbe essere altri - Fernando Tropea; scenografia: Gastone menti con quel suo titolo spregiudicato. Medin; musica: C.A. Bixio; interpreti: Vittorio de Sica, il protagonista, è un Vittorio De Sica, Lia Franca, Cesare attore eccellente, di quelli che conqui - Zoppetti, Aldo Moschino, Pia Liotti, Ma - stano subito il pubblico. Il de Sica canta ria Denis; produzione: Cines; origine: nel film (e la canta proprio a me) una Italia, 1932; formato: 35mm, b/n; dura - canzone che ritengo diverrà popolare, ta: 67’. Parlami d’amore Ma riù . Il nostro film

75 ha qualche cosa di veramente origina - Niente di straordinario, dopo tutto. le: è un film senza un bacio”». Ama godersi la vita, con spensieratezza, Usosar, Una diva triestina al festival in buona salute e, possibilmente, in di Venezia , «Il Popolo di Trieste», pace col prossimo. Un buon sarto, una 6 agosto 1932 buona tavola, una (o più) bella aman - te, un buon letto e un bel paesaggio, da incorniciarvi tutto questo ben di Dio. CONVERGENZE PARALLELE Ideale borghese, elementare, tradizio - Attimo per attimo nale. E nessuno si accorgerebbe della sua esistenza, se il gaudente Armando L’ ULTIMA AVVENTURA non avesse oltrepassato da un pezzo Regia: Mario Camerini; soggetto: Oreste l’età del dongiovannismo sfrenato. [...] Biancoli, Dino Falconi; sceneggiatura: Questa volta però [gli autori] han dovu - M. Camerini, Tomaso Smith; fotografia: to sfociare nel sentimentale, pare per Ubaldo Arata; montaggio: Giuseppe Fa - desiderio dell’attore il quale, forse stan - tigati; scenografia: Gastone Medin; mu - co della propria fortuna sfacciata, ha sica: Ezio Carabella; interpreti: Armando voluto assaporare l’amaro di una scon - Falconi, Diomira Jacobini, Cesare Zop- fitta. O non è dovuto piuttosto, chissà, petti, Carlo Fontana, Elisa Masi, Pino a un piccolo esame di coscienza? [...] Locchi; produzione: Cines; origine: Fatto sta che, all’ultimo, si fa portar via Italia, 1932; formato: 35mm, b/n; dura - l’amante da un giovanotto. Ma la cosa ta: 76’. è tanto insolita che ne piangono tutti e Copia 35mm da Cineteca Nazionale. tre. Non preoccupiamocene. La prossi - © Ripley’s Film. ma volta, Armando si vendicherà». Enrico Roma, I nuovi films , «Quest’ultima avventura di “Armando” «Cinema Illustrazione», 16 marzo 1932 non ha la fresca giocondità di Ruba - cuori e Patatrac! Di comune, con le precedenti giornate della trilogia, ha il ULISSE personaggio centrale, o per meglio dire l’interprete, il quale, dato il suo stile Regia: Mario Camerini; soggetto: dal poe - cinematografico – affatto dissimile da ma di Omero; sceneggiatura: Franco quello teatrale – s’impone agli autori, Brusati, M. Camerini, Ennio De Conci - più che non gli autori s’impongono a ni, Ivo Perilli, Hugh Gray, Ben Hecht, lui. Sullo schermo Armando è “il buon Irwin Shaw; fotografia: Harold Rosson; ragazzo” (questo avrebbe dovuto esse - montaggio: Leo Catozzo; scenografia: re il titolo del film), eternamente ven - Flavio Mogherini; musica: Alessandro tenne. Dimentico delle sue primavere Cicognini; interpreti: Kirk Douglas (vo - (e il fisico eccezionale, beato lui, lo aiu - ce Emilio Cigoli), Silvana Mangano (vo - ta a dimenticarle), egli ripete, direi con ce Lydia Simoneschi), Anthony Quinn automimetismo, quello che ha sempre (voce Mario Pisu), Rossana Podestà (vo - fatto, da che ebbe l’uso della ragione. ce Miranda Bonansea), Franco Interlen -

76 ghi (voce Gianfranco Bellini), Evi Mal- Ulisse decide contemporaneamente di tagliati, Piero Lulli (voce Pino Locchi), abbandonare Nausicaa, che non ha la Tania Weber (voce Clelia Bernacchi), forza delle sembianze della Mangano Teresa Pellati; produzione: Dino De ma la tenera bellezza giovanile di Ros - Laurentiis e Carlo Ponti per Lux/Ponti- sana Podestà, la quale diventerà una De Laurentiis; origine: Italia, 1954; for - diva delle produzioni storico-mitologi - mato: 35mm, col.; durata: 104’. che generate da questo film». Copia 35mm da Cineteca Nazionale. Sergio Grmek Germani, Mario Camerini , La Nuova Italia, Firenze, 1980 «L’opera realizza bene gli interessi cameriniani, a partire dall’interpretazio - ne “borghese” di Ulisse, definito come JUSTINE un giornalista curioso del mondo. RAPPORTO A QUATTRO Questa curiosità entra in conflitto col desiderio di ritrovare la felicità nel rap - Regia: George Cukor; soggetto: da un ro - porto con la moglie e col figlio, una manzo di Lawrence Dureell; sceneggia - delle molle del cinema italiano degli tura: Lawrence B. Marcus; fotografia: anni ’50. La vicenda si sviluppa attra - Leon Shamroy; montaggio: Rita Roland; verso dei flashback la cui necessità scenografia: William J. Creber, Jack prima sembra quella di partire dalla Martin Smith; musica: Jerry Goldsmith; prima sequenza di cui fu pronta la sce - interpreti: Anouk Aimée, Anna Karina, neggiatura, quella di Ulisse che si sve - Dirk Bogarde, Robert Forster, Philippe glia in riva al mare e incontra Nausicaa Noiret, John Vernon, Michael York; pro - [...]. Ulisse non ricorda né il proprio no- duzione: Pandro S. Berman per 20th me né la patria, e nei flashback rievoca Century Fox; origine: USA, 1969; for - gli episodi di Polifemo e delle sirene mato: 35mm, col.; durata: 116’ . (di cui è l’unico – legato mentre i com - Copia 35mm da Cineteca Nazionale. pagni hanno la cera nelle orecchie – a sentire le voci off, camuffate con quel - «Per quanto riguarda la sceneggiatura di le della moglie e del figlio). Ma il flash - Larry Marcus, credo che sia eccellente, back centrale è quello di Circe, dove il anche se avremmo dovuto insistere film ha la bella idea di far interpretare perché il film fosse di un’ora circa più il personaggio alla stessa interprete di lungo. Penso che tutti questi personag - Penelope: una grande Mangano, delau - gi interessanti potessero facilmente rentisianamente famigliare e sicura in durare di più nel film. Ma sento comun - una parte, lattuadianamente-desantisia - que di aver ottenuto qualcosa anche namente sensuale ma introversa nell’altra col poco tempo che mi è stato asse - [...]. Se i trucchi del film saranno vin - gnato... Devo dire però che non mi centi, quelli della maga non le permet - piace e non mi piaceva l’idea di lavora - tono di far vincere il proprio amore e re con un gruppo di attori sulla cui trattenere Ulisse. Riscoprendo in flash - scelta non ho avuto nessun controllo. back la propria decisione di partire [...] Anna Karina, poi, ebbe anche lei

77 qualche problema quando venne a gola, e muore in mezzo a tutte quelle Hollywood con un aspetto diverso dal- donne mascherate che stridono come le riprese fatte a Tunisi. Un giorno, sul galline – è una sequenza memorabile. Il set, mi corse incontro come una bam - film ha la cadenza, del resto, del miglio - bina, lamentandosi che i suoi capelli re Cukor, anche se poi, sotto, non si erano completamente sbagliati per la sente la vera ispirazione di Cukor, quel - scena. Fui piuttosto duro. Urlai un po’ la leggerezza che l’ultima volta abbia - e dissi che era meglio finirla. Fare un mo incontrato ne Il diavolo in calzon - film non è come discutere la tua vita cini rosa , con la Loren e Quinn». privata con qualcuno. Io non farei mai Giuseppe Turroni, «Bianco e Nero», una cosa simile. Il lavoro è il lavoro». gennaio-aprile 1970 George Cukor a Aubrey Tarbox, «Inter/View», settembre 1969

«Cukor ha fatto sempre lo stesso discor- so, o quasi. La donna, le sue tentazioni, la sua natura ambigua, sono temi che gli sono serviti per esternare il suo a - more per il teatro, la commedia e la fin - zione. Allo stesso tempo, ha trasportato le sue storie in ambienti quasi sempre raffinati, galanti ed eleganti. Alessandria e le sue mille tentazioni: roba alla von Sternberg 1937. Infatti Cukor ha sup - pergiù l’età di Josef von Sternberg. Co - sa si potrebbe pretendere da lui? Forse La cinese ? Il giovane poeta di Rapporto a quattro ama due donne: Melissa, la povera ballerina tbc, e Justine, la perfi - da divoratrice d’uomini. Durrell fa la ruota, come un pavone, intorno a que - sta situazione, che la Sagan avrebbe ridotto a 120 pagine, e che lui invece dilata in quattro romanzoni pressoché illegibili. Cukor e Marcus, cosa hanno fatto? Una storia d’amore alla Curtiz 1941, con spie, rivoltosi, il fascino del deserto, e tanti pezzi così detti di atmo - sfera. Il carnevale è un pezzo, una volta si diceva, da antologia: i mantelli rossi e viola, l’omosessuale che tenta il gio - vane berbero ed è pugnalato da lui alla

78 Premio Anno uno

L’avventura dell’esilio: Marc Scialom

81 MARC SCIALOM nità e con il generoso aiuto della ex (1934, Tunisi, Tunisia) moglie, la montatrice Nedjma Scialom, Regista, scrittore, traduttore, insegnan - di giorno lavora come segretario all’Uni- te, Marc Scialom nasce a Tunisi da una versità e di notte si dedica al montag - famiglia ebrea di origini italiane che in gio. Le reazioni al film lo deludono e seguito prende la cittadinanza francese. decide di chiudere con il cinema. Scri - Da liceale frequenta il cineclub Le Paris ve e pubblica saggi per intraprendere di Tunisi e guarda i film di Ejzenštein e una carriera universitaria e nel 1985, Pudovkin, che gli segnano la vita. Inizia all’Université de Paris IV-Sorbonne, di- gli studi universitari in Francia, dove scute una tesi di dottorato dal titolo: Les pubblica una raccolta di poesie dal ti to - anti-traducteurs, aspects de la ‘Divine lo Journal d’été (Debresse, Parigi, 1955) Comédie’ en français pendant l’entre- e nel 1957 ottiene la laurea d’italiano deux-guerres . Quarant’anni dopo, una alla Facoltà di Lettere a Parigi. Lo stes - copia di Lettre à la prison viene casual - so anno realizza il suo primo film, En mente ritrovata e grazie al sollecito di silence , storia d’amore tra una france- un grupp o di giovani cineasti, viene re- se e un tunisino ambientata a Djerba, stau rata e riproposta, questa volta con in Tunisia. Insegna italiano alle scuo- un successo che lo incoraggia a realiz - le secondarie tra Tunisi e Parigi e per zare Nuit sur la mer (2012). Mentre il il Ministero dell’Educazione realizza le precedente film raccontava di un mu - edizioni geografiche presso l’Institut sulmano tunisino, stavolta il protagoni - Pédagogique National (Département de sta è un ebreo di origini italiane, inter - la Radio-Télévision scolaire). Decide di pretato dallo stesso Scialom. Nel 1994 è dedicarsi esclusivamente al cinema, si uno dei traduttori della versione fran - dimette dal Ministero e nel 1966, inco - cese del Decameron di Boccaccio (Le raggiato da Chris Marker, realizza il cor - Livre de Poche, Bibliothèque classique, tometraggio Exils , sulla Divina Comme - Parigi) e, nel 1996, traduce la Divina dia, per il quale sei anni dopo vince il Commedia di Dante (Le Livre de Poche, Leone d’Argento a Venezia. Pubblica Classiques Modernes, La Pochothèque, quindi il romanzo Loin de Bizerte , sto - Parigi). Attualmente sta scrivendo un ria della battaglia di Biserta, del 1961, nuovo romanzo, La machine réalité e vista attraverso gli occhi di un bambino sta pensando, forse, di realizzare un al - ebreo (Mercure de France, Parigi, 1967). tro film. Insieme all’amico pittore Ouzani, nel 1969 realizza il suo secondo cortome - 1957 En silence (mm, distrutto); 1966 traggio, La parole perdue , una dura cri - Exils (cm, Leone d’Argento, Biennale tica della vita militare e della guerra 1972); 1969 La parole perdue (cm); d’Algeria. Segue il lungometraggio Let - 1969-70 Lettre à la prison (ritrovato e tre à la prison (1969-1970), sulla perdi - restaurato nel 2008); 2012 Nuit sur la ta d’identità culturale e personale. Con mer. mezzi limitati e in maniera del tutto (ml) indipendente, sull’orlo della clandesti -

82 ni che il film lascia intravedere, nella sua Algeria, che ormai non riconosceva quasi più. Questo accadeva negli anni ’70, all’epoca in cui in Algeria comin - ciavano ad aver luogo dei massacri nei villaggi. Eravamo amici di lunga data e, partendo, mi aveva promesso che ci saremmo tenuti in contatto. Si augurava che io sarei andato a trovarlo nella regione di Costantina: «Mangeremo di nuovo il couscous insieme». Invece, dopo la sua partenza, non mi ha mai telefonato né scritto, cosa che mi è da En silence sembrata quanto mai strana. Le mie ricerche per trovare il suo indirizzo in Algeria non hanno avuto successo. Non vorrei dedurre che sia morto durante uno dei massacri. RICORDI , CHE VOLETE DA ME ? Un secondo spettatore allora mi ha di Marc Scialom domandato: «Ma perché ha scelto un Il 10 dicembre 2009, mentre presentavo Algerino per interpretare il ruolo di un al cinema Le Méliés di Saint-Etienne Tunisino?». Questione delicata . È vero Lettre à la prison , il mio vecchissimo che l’accento algerino di questo pseu - film, alla fine distribuito e mostrato al do-Tunisino può dare fastidio agli ara - pubblico dopo quarant’anni di una sor - bofoni e, proprio su questo punto, ta di quarantena, uno spettatore mi ha infatti, mi aspettavo reazioni negative stupito rivolgendomi esattamente la quando avrei presentato Lettre à la pri - stessa frase che da molto tempo avevo son a Tunisi, di lì a poco. [...] intenzione di mettere in bocca a uno Approfondiamo ancora un po’. Se l’a - dei miei personaggi del film Le citron - nomalia di questo accento, nel 1969, mi nier , il nuovo film al quale stavo lavo - turbava poco, oggi ci avverto quasi rando, poi diventato Nuit sur la mer. l’ombra di una pertinenza. Tahar io non Subito ho pensato: «Non sei fuori stra - l’avevo scelto. L’avevo trovato, era da. Le citronnier deve essere portato a senza alcun dubbio il mio personaggio, termine!». Tutto era cominciato da una tunisino o no. Non avevo scelto nep - domanda posta da un altro spettatore: pure che fosse la Tunisia la sua terra «Chi era questo Tahar che si vede nel d’origine: semplicemente non poteva suo film?» Ho spiegato che Tahar A bi non esserlo, era la mia terra d’origine e non era un attore professionista. Era un il mio personaggio ero un po’ io, operaio algerino, immigrato in Francia anche. L’accento algerino e la centralità all’età di otto anni e poi tornato, alcuni della Tunisia si accordavano male insie - anni dopo Lettre à la prison e per ragio - me, è vero, ma per me non era un pro -

83 blema. Inoltre la guerra d’Algeria era colpo in una scena del film che stavo finita da poco, nel 1962: i miei amici preparando. Mi sono sentito punto sul tunisini e io eravamo stati immersi nel vivo. Ho risposto vigliaccamente al mio clima di quel conflitto e ci aspettavamo interlocutore che non aveva torto. Cosa la celebrazione dell’indipendenza di vera solo in un certo senso. E non ho quel paese confinante con la Tunisia, detto più niente, mi pare. Però non recentemente liberata. Dal ’61, l’episo - aveva ragione. Nella sceneggiatura di dio sanguinoso di Bizerta e un massa - Le citronnier , la mia vera risposta a cro di civili tunisini, ad opera di paras questa frase, da molto tempo era arti - venuti dalla vicina Algeria, avevano colata così (poi l’ho modificata): fatto sconfinare la guerra anche in «Andiamo piano... Il più sprovveduto Tunisia. Le imprecisioni di Lettre à la operaio arabo che sgobba qui, in un prison testimoniano di questa osmosi, cantiere di Marsiglia, almeno sa che da di questa vertigine sincretica. E bisogna qualche parte ha un paese, la terra rivelare un ulteriore dettaglio stridente: della sua infanzia dove le persone lo la voce che si sente nel film non è quel - riconosceranno, lo accoglieranno e la di Tahar! Tahar, che pure non aveva dove, se vuole, potrà anche essere sepol - mai messo piede in Inghilterra e non to... Io, nella mia terra natale, non ci ne parlava la lingua, inspiegabilmente sarò affatto sepolto. Mio padre c’è sepol - aveva l’accento inglese... L’avevo dun - to. I miei nonni. E cosa ancora più que fatto doppiare ricorrendo, sovrap - radicale: io non ho affatto una terra più di colpa da parte mia, da un altro natale. Quando parlo della mia infan - amico algerino, Boulem Touarigh. zia ebraica in Tunisia, è strano, ma le Ho risposto allo spettatore che tutto il persone diventano sorde. I Francesi mio film zoppica e barcolla continua - come i Tunisini... La stessa cosa è vera mente, fondato com’è su strane stona - per decine di migliaia di ebrei partiti ture, indirettamente significanti. Tahar dall’Egitto, dall’Iran, dall’Iraq... » ha l’accento algerino? Tanto meglio! D’altronde, certo, niente è semplice. Lettre à la prison è uno slancio verso gli Una volta avevo riferito questi discorsi esuli arabi quali che siano, tunisini, fatti nel cinema di Saint Etienne al mio algerini, marocchini, mauritani, libici, amico Mohamed Aïssa, marocchino ecc. È anche uno slancio verso tutti gli d’origine più francese ormai di tanti esuli, che vengano dal mondo arabo o francesi (oggi deceduto), sottolineando da altrove, dall’Asia, dall’Africa nera, la coincidenza con la sceneggiatura di dall’America Latina o da un qualche Le citronnier , e Mohamed mi aveva angolo d’Europa, siano essi mussulma - risposto emozionato: «Ma non puoi ni, cristiani, buddisti o ebrei. [...] affermare che un immigrato nord-afri - È stato allora che quell’altro spettatore, cano, di ritorno al villaggio natio, venga sottilmente ironico, mi ha rivolto la accolto senza difficoltà! Anche laggiù, frase cui alludevo all’inizi o: «Ma lei è un quando ritorna, si accorge subito che le esule di lusso!». Questa frase all’im - persone non sono più le stesse, che i provviso mi frastornava. Mi ritrovavo di suoi non sono più i suoi, e che si dis -

84 taccano da lui, perché anche lui è documenti francesi. Non sono stato diventato un altro...». allevato nella cultura ebraica. Mio È vero. Quando si parte si diventa un padre era credente ma mangiavamo altro, si resta quest’altro e si diventa maiale e non rispettavamo lo Shabbat. ancora un altro quando si ritorna. Io, gnostico dall’infanzia, curioso delle Ma, per la lunga e cocente esperienza altre religioni e di tutta la letteratura, ho di cui avrei volentieri fatto a meno, largamente attinto qui e là, cosicché indovino troppo bene i retro-pensieri posso senz’altro affermare di sentirmi nascosti nella frase ironica dello spetta - piuttosto di cultura meticcia. La stessa tore. Si trattava, certo, del mio essere cosa può essere detta per molti ebreo e degli stereotipi elegantemente Francesi nati da famiglie cristiane, per velenosi che questa appartenenza con - molti Nord-Africani nati da famiglie tinua a risvegliare in troppi Francesi, di mussulmane, ecc. Chiudere le persone destra come di sinistra. Allora, stiamo in così misere categorie, starei per dire un po’ sul brutale. in tali ghetti identitari, mi sembrerebbe Innanzitutto, non sono il figlio di un tanto riduttivo quanto pericoloso. Sono, “colono ebreo pieno di quattrini”. Nato come ognuno di noi, un abitante del anche lui in Tunisia, mio padre, con il pianeta, un animale umano e basta. solo diploma di scuola elementare, Circonciso, sì, ma questo poteva essere all’età di appena quattordici anni ha determinante soltanto per le SS. D’altra lavorato come manovale in un oleificio. parte, sicuramente, ho coscienza di un Più tardi, diventato agente di assicura - certo passato, mio e dei miei parenti. zioni marittime, ha lavorato al porto di [...] Le SS le ho incontrate a Tunisi, Tunisi dove, parlando arabo, francese e durante l’occupazione tedesca, precisa - italiano, faceva accertamenti di avaria mente quando ci hanno cacciati dal sui cargo. Uno di questi, in panne a nostro appartamento, poi dalla casa di qualche miglia al largo, l’ha obbligato mio nonno, poi da quella di uno zio, in pieno inverno gelido – aveva allora perché stavano raggruppando poco a 74 anni e nessuna pensione – a pren - poco gli ebrei in un unico quartiere: dere un fuori-bordo per andare a fare il con l’ordine, ogni volta, di andar via suo accertamento. La prevedibile con - “senza rubare niente”. Dopo il ritiro dei seguenza: una polmonite, che se l’è Tedeschi dalla Tunisia, in una periferia portato via solo qualche giorno più sono stati scoperti forni crematori in tardi. Non vedo in tutto questo dove sia costruzione. Erano per noi... Bastano il lusso. Eppure, tuttavia. Il lusso era, questi ricordi, ossessivi, a farmi affer - semmai, il suo fortissimo desiderio di mare che sono ebreo, più per angoscia migliorare continuamente la sua cultu - solidale che per cultura. Nel modo in ra, desiderio che mi ha comunicato. [...] cui ci si stringe gli uni agli altri per aver Quanto a me, un giornalista tranchant meno paura. mi ha descritto ultimamente come “un (Traduzione di Nidia Natalini) italiano di cultura ebraica”, che secon - do me non significa quasi niente. Ho

85 NUIT SUR LA MER prime non aveva alzato il naso dai suoi conti, poi le aveva rivolto la frase: “Lei Regia: Marc Scialom; sceneggiatura: è certamente una buona cristiana...”. Do - Marc e Chloé Scialom; assistente regi - po un attimo di esitazione lei si è fatta sta: Mohamed Aïssa, Chloé Scialom; coraggio e gli ha risposto: “Non sono fotografia: Michel Dunand, Chloé cristiana, sono ebrea”. Anche lì c’è stato Scialom, Julia Ramaioli, Frank Déglise, un momentino di silenzio, di esitazio - Ouahib Mortada; montaggio: Séverine ne... Dopo lui si è alzato e con un gran - Préhembaud, Christian Cuilleron; mu- de sorriso le ha detto: “Posso abbrac - sica: Jean-Luois Scialom; interpreti: ciarla?”. Anne mi ha raccontato questo Mohamed Aïssa, Nacer Belhaouès, e mi sono detto che poteva essere l’ini - Stéfanie Blasius, Anne Lévy, Wilma zio di un film». Lévy, Kiyé Simon Luang, Ouahib Mor- tada, Lakhdar Mouissette, Lilia Scialom, Marc Scialom; produttore: Thomas LETTRE À LA PRISON Ordonneau; produzione: Shellac-Sud; origine: Francia, [2008-] 2012; formato: Regia, sceneggiatura, fotografia, mon - video HD; durata: 95’ 30’’. taggio: Marc Scialom; musica: Moha- Copia Blu-ray da produzione Shellac. med Matar, Mohammed Saada; inter - preti: Tahar Aïbi, Marie-Christine Lefort, «Volevo fare un altro film a Marsiglia, Marie-Christine Rabedon, Jean-Louis un film sul melting-pot marsigliese, e Scialom, Martine Biérent, Romdane volevo mettere in questo nuovo film Mansour, Selim, Myriam Tuil, Jean-Louis quello che avevo omesso in Lettre à la Dupont; produzione: Flamme/Polygone prison . Lì mostravo un arabo mussul - étoilé; origine: Francia, 1969-70 [-2008]; mano che arriva in Francia ma pensavo formato: 16mm, b/n e col.; durata: 70’. a me, che non sono arabo né mussul - Copia 35mm da Film Flamme. mano ma ebreo, nato a Tunisi di origi - Restaurato nel 2009 da L’Immagine Ri - ne italiana poi francese. L’idea mi è trovata, Bologna. Prima proiezione: 2 di - venuta quando Anne, la figlia di una cembre 2009. mia cugina, attrice di teatro, mi ha rac - contato il suo arrivo a Marsiglia in un «Riflettendo sul contenuto e sulle ragio - quartiere tipicamente arabo. Aveva scel - ni per cui ho voluto fare Lettre à la pri - to un appartamento in quel quartiere son , devo dire che, forse essendo venu - perché le piaceva l’ambiente. Le aveva - to in Francia a 25-26 anni, ho sempre no parlato di un commerciante arabo percepito questa nazione come fredda, che abitava nella sua stessa strada, noto ostile e difficile da capire. Non sentivo per aver fatto costruire una moschea mio questo paese e quando ho incon - nel quartiere. Allora aveva pensato di trato Tahar Aïbi, il protagonista del film, andarlo a trovare per presentarsi, per ho parlato con lui scoprendo che ave - cominciare a entrare in relazione con la vamo lo stesso sentimento. Lui faceva gente di lì. Quando era andata, lui sulle l’operaio specializzato in un laboratorio

86 di ottica. Molto spesso si sentiva ogget - «Ho deciso di fare un film con Michel to di razzismo. Io non avevo questa Ouzani, pittore e amico con cui ho fat- sensazione più di tanto, perché non to il servizio militare, prima a Orange e s’intuiva che fossi ebreo; ma a volte mi poi a Colmar. Decidemmo di girare sen- vedevo addosso degli strani sguardi e za denaro e senza produttore, a modo sentivo riflessioni che non mi piaceva - nostro, seguendo più o meno il meto - no. Per lui era peggio, perché aveva i do di Clouzot in Le mystère Picasso . tratti somatici arabi. Abbiamo scambia - Abbiamo messo fra il soffitto e il pavi - to diverse impressioni e in particolare mento due colonne di legno, tendendo gli ho parlato di alcuni miei sogni. Lui fra esse un foglio di carta trasparente. replicò dicendomi che erano simili ai Lui disegnava e dipingeva dietro il fo- suoi. Così ho cominciato a mescolare le glio, mentre io tenevo la cinepresa dal - cose e a creare una sceneggiatura in cui l’altra parte, filmando così non solo il il personaggio principale era tunisino e disegno mentre veniva fatto, ma anche musulmano, ma era un mio riflesso, in la mano del pittore, proprio come in Le quanto ebreo e di origine italiana». mystère Picasso . Questo film si intitola La parole perdue . Si tratta di una dura satira della vita militare e della guerra LA PAROLE PERDUE d’Algeria». Regia, sceneggiatura, camera: Marc Scialom; dipinti: Michel Ouzani; mon - taggio: Simone Scialom con Christine EXILS Lecouvette; produzione: Les films Regia, sceneggiatura: Marc Scialom; Armorial; origine: Francia, 1969; forma - soggetto: ispirato alla Divina Commedia to: 16mm, col; durata: 8’. di Dante; montaggio: Simone Scialom; Copia 16mm da Film Flamme. musica: Claude Prey; grafica: Michel [titoli di testa originali: Michel Ouzani a Ouzani; suono e effetti speciali: Cs.Olaf exécute; Marc Scialom a visé; Simone D.S.A.; testi letti da: Vera Finbert, Scialom a sabré; Cristina Lecouvette a Frédérique Ruchard, Clement Bairam, donné le coup de grâce] Francois Chodet, René Renot; prodotto: «Sono incapace, credo, di tradurre col - Argos-Films e Service de la Recherche l’indispensabile umorismo i titoli di dell’O.R.T.F; origine: Francia 1966; for - testa. I verbi “a exécuté”, “a visé”, “a mato: 35mm; durata: 16’50’’. sabré”, “a donné le coup de grâce”, Copia DVD (da 35mm) da produzione. hanno infatti un doppio senso, cinema - Leone d’Argento alla Mostra Internazio - tografico e militare. “A exécuté” signifi - nale d’Arte Cinematografica della Bien - ca “ha fatto i dipinti”, ma anche “ha nale di Venezia (1972). ucciso” (nel senso di uccidere un con - dannato a morte), ecc., ecc.». «La camera era appesa al soffitto e po - da una conversazione con M.S., teva fare tutti i movimenti necessari. Si luglio 2012 muoveva sulle immagini, in lungo in 87 largo, a piacere. Abbiamo utilizzato ri- Bras; interprete: Alphéa Pouget; origine: produzioni di pitture dell’epoca di Francia, 2011; formato: Digital Betacam; Dante, del XIII e XIV secolo, senesi e durata: 19’. fiorentine, abbiamo ritagliato dei perso - Copia Blu-ray da produzione. naggi su fondo nero, facendo a volte una mini-animazione. Volevo che nel Riflessioni e ricordi espressi con poche film ci fossero due registri, quello del e scelte parole; i gesti e i micromovimen - viaggio dantesco e la vita sulla terra, a ti del corpo esprimono la ricchezza di cui i morti fanno continuamente riferi - una vita e di una carriera. Alphéa Pouget, mento. Una caratteristica particolare del ballerina svedese ottantacinquenne, poema dantesco infatti è che è un viag - esprime il suo forte legame con la dan - gio nel regno dei morti ma si parla za e la voglia d’interpretare il balletto quasi solo della vita. Tutti questi morti La morte e la fanciulla . guardano verso la vita. In fondo come gli esuli, che nella loro nuova terra ri- volgono sempre il pensiero alla terra LA BALLADE DE QUIDAM ET LAMBDA d’origine. Per questo il film si chiama Idea, realizzazione, montaggio: Chloé Exils . [...] La Divina Commedia è rapi - Scialom, Nicolas Le Bras; interpreti: dissima, ogni volta che Dante incontra Habib, Karim, James, David, Razek, un personaggio scambia con lui poche Mohamed, Zaïk, Nourredine, Jamel, parole e va oltre. Per questo il poema Nadia, Abdel, Alladin, Booba, Salah, mi tocca, per questa velocità, questa Bébé, Bibi, Paca, Patou, Karim, Jacky, frammentazione, questa impressione Farida, Maria, Mohamed, Hakim, Mike, che tutto se ne va. Questo mi fa pensa - Zenagui; produzione: Batoutos; origi - re all’esilio, perché l’esilio “taglia” un ne: Francia, 2012; formato: video HD; uo mo, lo frammenta». durata: 62’. Copia file digitale da produzione. Il testo Ricordi, che volete da me? di Marc Scialom e le sue dichiarazioni per Exils , La Quella notte Quidam si trovò magica - parole perdue , Lettre à la prison e Nuit sur la mer sono estratti dal volume Marc mente in un paese straniero, a mille Scialom. Impasse du cinéma , a cura di Mila miglia dalla sua famiglia, tra uomini e Lazi ć e Silvia Tarquini, Artdigiland, Dublin, donne che vivono nelle strade, dove in uscita in ottobre 2012 . condividono sopravvivenza, noia, ami - cizia, amore e rabbia in complesse re - lazioni di solidarietà. Raccontando la CONVERGENZE PARALLELE leggenda di Quidam e Lambda, gli abi - Incontro con Chloé Scialom e Nicolas Le Bras tanti di piazza Gambetta narrano le vi - cende di una vita che somiglia in parte ALPHÉA alle loro stesse esperienze. Regia, sceneggiatura, montaggio: Chloé Scialom; fotografia, suono: Nicolas Le

88 Ici et ailleurs

Postfazione/motivazione al Premio Anno uno di Sergio Mattiassich Germani

«On n’est pas d’ici, on s’en va demain », « Là-bas c’est là-bas, ici c’est ici ». In quel - l’opera-dizionario quale appare il nuovo film di Marc Scialom, Nuit sur la mer , mi si sono particolarmente impresse queste frasi: forse anche perché, tra i tanti riferimenti di cinema ancora da intuire ed esplicitare per tutta l’opera di Scialom, mi cova da tempo in mente un’assonanza con il massimo capolavoro di Godard, quell’ Ici et ailleurs che ne condivide un’inversione rispetto alla storia reale delle guerre israeliano-palestinesi, inversione che (Dreyer docet) passa nel cinema at - traverso il suo confronto con la morte, a cui il cinema ha da sempre dichiarato guerra (volutamente si accoglie qui un lessico bellico, in omaggio a Mario Marret «consulente militare» di La parole perdue ) proprio perché se ne sente intriso fino alla complicità. Già il film che oggi Scialom ripudia, Exils , apre magnificamente le folgorazioni dantesche con il verso ben tradotto su Beatrice dalla Vita Nova , detto da una struggente voce femminile: « ta dame est morte qui était si belle ». Nell’universo parallelo che è il cinema rispetto al reale, le vicende che oggi toc - cano l’accoglienza critica sottovalutante o ignorante verso il nuovo film di Scialom, come se nulla si potesse imparare dopo più di 40 anni dalla caduta di Lettre à la prison nel buco nero della storia del cinema, non è forse una lezione di come siano sempre stati patetici i «mai più» (guerre, Auschwitz, ecc.) nella sto - ria umana? Ecco perché ai Mille occhi abbiamo subito voluto abbracciare questo film come il giusto Premio Anno uno, che lo raggiungerà dopo aver toccato tra l’altro Paulo Rocha, Werner Schroeter, Thomas Harlan, Klaus Wildenhahn, e che anche altri due visitatori del festival, compari di cinema non normalizzabile, De Seta e Papatakis, idealmente condividono. Fossimo anzi esotericamente pieni di sé, potremmo illuderci che ai Mille occhi tocchi ora un ruolo di caput mundi del cinema (quello che si attribuiscono ben più noti festival per il solo fatto di con - dividere qualche Premio Oscar): un cineasta realizza un film poco dopo esser stato riscoperto per l’opera rimossa di 40 anni prima, e, anziché esser conteso da tutti, dove approda il nostro Ulisse senza Itaca? ai Mille occhi appunto, subi - to dopo l’anteprima in Algeria. E, in questi movimenti centripeti, pochi anni prima abbiamo avuto ospite al festival un cineasta molto diverso, che nulla ci fa pensare omologo a Scialom, che però si è incrociato con i suoi atti mancati

89 («volevo fare trenta film» dichiara Scialom dei suoi esordi), ci riferiamo a Jacques Baratier, che tra En silence (1957) di Scialom e la strage di Biserta (1961), girò in Tunisia il suo Goha , dall’ebreo alessandrino Georges Schéhadé, e lo girò anche in una versione araba oggi introvabile (almeno per le nostre ricerche, nell’indif - ferenza del ministero della cultura tunisino nel frattempo caduto nel buco della storia). Anche quando si ha a che fare con cineasti che si ignorano (talvolta perché trop - po vicini: lo diciamo qui in omaggio al sublime silenzio di Chris Marker di fron - te al film di Scialom), sarebbe sbagliato vedervi solo esteriori analogie, e non segni di comuni destini. Se alla prima edizione del festival ospitammo l’approdo arabo di Myriam Mézières nel finale di Une flamme dans mon cœur di Tanner, l’undicesima edizione lambisce l’Alessandria riscritta da Cukor ( Justine ), il più bel film sulla guerra d’Algeria ( Marcia o crepa di Wisbar), e soprattutto le vicen - de dei progetti africani mancati di Valerio Zurlini, fino a quel Verso Damasco di cui (poco dopo il fallimento del Jesus di Dreyer, che per Straub rende la nostra società meno degna di un peto di rana) le guerre israeliano-palestinesi resero inutili i sopralluoghi. Volentieri evocheremmo qui convergenze con altri autori: il romeno-israeliano Sa˘ucan, il grande Munk la cui “Shoah nel fuori campo” ne è la più giusta illu - minazione, come lo è (in un senso allegorico, nell’accezione dantesca) la vicen - da sacrificale di Piper Laurie in The Hustler di Rossen; senza dimenticare l’ebreo errante Seth Holt, o l’esule-Balamos che fu Stavros Tornes, donandosi all’Italia come Tonia Marketaki si donò all’Algeria. Persino potremmo accompagnare la proiezione di Lettre à la prison con altri due epistolari con cui il cinema forza la storia, Lettere dal Sahara di De Seta e Iô-Jima kara no tegami di Eastwood. Si può giungere a evocare una convergenza con Vlado Kristl, o il fatto che René Cloërec musicista di Autant-Lara (uno dei più grandi musicisti cinematografici secondo Vecchiali, anche se per me è lecito preferigli il Fusco tra Venturini/ Rabenalt/Cottafavi e Antonioni o Resnais/Duras nell’ Hiroshima mon amour impressosi nel ricordo di Scialom; e il Nascimbene tra Zurlini o De Santis e Rossellini o Shâdi Abdu al-Salam) passa a musicista di Marret, il quale a sua volta dà a Marker i materiali sulla Guinea-Bissau dove mancò un film De Seta. In questo universo di passeur grazie a cui il cinema ha potuto essere, non va dimenticata l’impronta data a Scialom da Jean Renoir, che gli consiglia giusta - mente di imparare il cinema facendolo, non all’IDHEC.

90 Benché di Scialom siano importanti anche le fonti dirette, e il suo “bagaglio cul - turale” da Sartre (piuttosto che dal maghrebino Camus) a Yourcenar (al cui padre è dovuta la frase che apre questa postfazione), ritengo che ne vadano ancora di più indagati i (consapevoli o meno) detour che si dipartono dal suo cinema, per - ché è questo che a mio avviso merita la poliedrica intelligenza estetica e mora - le di Marc Scialom. Questo festival non può che desiderare che mille occhi atti - vi ridiano vita alle scoperte che esso (prolungando l’attenzione di Chloé Scialom, di Film Flamme, di Nomadica) ha voluto incoraggiare, illudendosi forse che tal - volta la dormiente critica cinematografica italiana possa rivelare inaspettati slan - ci, di fronte a quella francese che, giustamente gloriosa, da alcuni decenni si amministra stancamente. E poiché “tout se tient”, non solo nei programmi del festival ma – quel che più conta – nell’organismo del cinema, di Scialom si vuole qui ammirare la capacità di non farsi intimidire dalla doxa dei discorsi storiografici. A Zurlini, appunto, lo unisce l’intransigente e singolare libertà nel riferirsi alla storia senza perciò diventare né “revisionista” né incapace di scegliere; a Munk e ancora a Zurlini lo unisce l’assenza di pavidità rispetto a discorsi che dovrebbero essere sopra le nostre forze. E come Zurlini non temette di rischiare l’incomparabile attribuen - do ai produttori italiani un’azione da Hiroshima nello sterminare il cinema ita - liano; come Munk non ridusse la riscoperta della Shoah agli inizi degli anni ’60 a unicità conclusa in se stessa; così Scialom non si ferma di fronte a quelle che non sono vuote metafore bensì segni che apparteniamo tutti al destino delle vit - time: vedere nel cinema un prolungamento della “guerra con altri mezzi” (per dirla con Clausewitz) è il modo più onesto per rifiutare destini di morte. Nei detour a partire da Scialom, dopo aver sottolineato la centralità dei riferi - menti a Dante (la cui Commedia è già fatta della materia del cinema, dove la fla - granza dell’individuale è ciò che dà una ragion d’essere all’immagine) e a Ulisse (versione Camerini inclusa), ci piace concludere esplicitando una cosa talmente evidente che non si è ritenuto sinora di doverne trattare: l’impronta dostojev - skiana e gaddiana dei delitti che avvengono nella finzione di Lettre à la prison , che non a caso riguardano la presenza di un cane (uccisione sospesa in una ripetizione che ogni volta lo rifà vivo) e quella di una donna. Come nelle paro - le finali del fratello, viene detto al cinema (dopo che il protagonista si era visto arrivare in Francia entrando in una sala e immergendosi tra manifesti di film) che non può essere innocente, segnato com’è dalle morti, filmate oppure avvenute

91 altrove. Ma la morte è sempre un ailleurs , e i cineasti onesti sono quelli che ne accolgono la traccia, come Scialom con l’attore protagonista di Nuit sur la mer , o come già McCarey (colui che, più di Lang o Chaplin o Lubitsch, ha invertito la storia del nazismo nel movimento finale di Once Upon a Honeymoon ) con la morte di Robert Walker che irrompe in My Son John : per un giusto ponte tra un vero classico e un vero moderno, saltando gli inutili postmodernismi di un Wenders che filma Ray morente. Finalmente un artista come Scialom, la cui luci - dità intellettuale assorbe costantemente passione, ha reso la libertà sartriana qualcosa che entra nella carne e nel sangue ( Le sang des autres , secondo il tito - lo di Marret), e quando lo vediamo cancellare nel film la stella di David è per - ché è l’equazione sovrapposta che intende cancellare; e quando sul braccio della donna nel film non c’è più il numero da deportata non è perché la storia venga negata ma perché attende di cominciare.

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Sommario

6 Prefazione Uno, nessuno e centomila di Vitaliano Brancati

9 Brevi note sul programma di Sergio Mattiassich Germani

19 Last/lost dreams. Cronaca familiare di Stephen Dwoskin a cura Federico Rossin

23 Una voce insegue una eco, una eco insegue un’altra voce. Valerio Zurlini e l’incommensurabile domanda d’amore del cinema 25 Convergenze parallele. Labirinti di Camerini 29 Convergenze parallele. Zurlini oltre Zurlini 32 Convergenze parallele: Cronaca familiare [prima versione Mostra di Venezia] 34 Convergenze parallele. Germania anno zero: una scheggia jugoslava 35 Convergenze parallele. L’impossibile pietas politica 42 Convergenze parallele. Professione... regista 43 Convergenze parallele. Alla destra della prima notte di quiete, il cinema italiano

47 Prima che vi uccidano. Giuseppe Fava, idea di un’isola a cura di Nomadica, con la collaborazione di Fondazione Giuseppe Fava e di Fuori orario 52 Convergenze parallele. Città-STATO (24 frammenti) 53 Germania anno zero, III. Viaggio in Italia a cura di Olaf Möller 55 Convergenze parallele. Paulo Roberto Cotechiño centravanti di sfondamento 57 Convergenze parallele. Genoveffa di Brabante 61 Convergenze parallele. [Trailer] La sultana Safiyé

65 Expanded Dreyer, I. Contro il sacrificio

69 Il discorso d’amore di Gertrud. Omaggio a Breda Beban a cura di Dubravka Cherubini, in collaborazione con Trieste Contemporanea e Kalfayan Galleries Athens-Thessaloniki

71 La stella della rinascita del cinema italiano. Lia Franca da Trieste alla Cines a cura di Maurizio Radacich, con la realizzazione di Ripley’s Film 76 Convergenze parallele. Attimo per attimo

79 Premio Anno uno, IX. L'avventura dell’esilio: Marc Scialom 88 Convergenze parallele. Incontro con Chloé Scialom e Nicolas Le Bras

89 Ici et ailleurs Postfazione/motivazione al Premio Anno uno di Sergio Mattiassich Germani L’Associazione Anno uno dà appuntamento per la XII edizione di I mille occhi festival internazionale del cinema e delle arti

English version of the 2011 festival catalog on: www.imilleocchi.com