I Macchiaioli

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I Macchiaioli I Macchiaioli Il Caffè Michelangiolo si trovava a Firenze in via Larga, oggi via Cavour, fra il Duomo e piazza San Marco, collocato in un luogo strategicamente importante perché a poca distanza dall’Accademia di Belle Arti, regno della pittura ufficiale. Dalla seconda metà dell’Ottocento fino gli anni Venti, questo divenne un luogo di accesissime discussioni non soltanto di ordine artistico. Luogo prediletto di ritrovo per gli artisti, quasi tutti toscani, che animarono vivacemente il panorama artistico italiano e che contribuirono in modo decisivo al rinnovamento dell’estetica pittorica tradizionale. I Macchiaioli Il gruppo non imponeva norme associative o vincoli di partecipazione , comprendeva artisti quali Giovanni Fattori, Silvestro Lega, Telemaco Signorini ed altri ancora. Ognuno di loro sviluppò stili personali e linguaggi differenti, ma furono accomunati dall’ insofferenza verso l’arte accademica ed ufficiale . Lo scambio di idee era intenso, il clima fervente, non soltanto dal punto di vista estetico ma anche dal punto di vista politico. Al Caffè vi si recavano anche artisti stranieri, provenienti soprattutto da Parigi, con i quali gli artisti italiani, reduci dalla visita all’Esposizione Universale del 1855, potevano confrontarsi. All’ Esposizione parigina essi ebbero infatti l’opportunità di accostarsi alle opere dei pittori del Realismo francese. Nella travagliata Italia preunitaria Firenze, capitale del Granducato di Toscana, era il luogo più adatto per la nascita di un movimento artistico avanguardistico bisognoso di quella libertà così agognata allora. Giovani artisti accorsi da realtà nazionali che li obbligavano al silenzio e a calmare i propri entusiasmi rivoluzionari e politici portavano nuovi stimoli e tensione di sfida. L'esposizione del 1855 è stata la prima mostra a comprendere un padiglione dedicato alle Belle arti; con la partecipazione di circa ventotto paesi, i dipinti in mostra erano circa cinquemila. Tra gli artisti selezionati a presentare le loro opere ci furono: Eugène Delacroix (35 dipinti), Dominique Ingres (40 dipinti), Camille Corot (6 dipinti), Jean-François Millet (un dipinto). I Macchiaioli Il Caffè si dotava di due ambienti principali: il primo era dedicato ai clienti tradizionali, mentre il secondo era una stanza quadrata, simile ad un salotto borghese, destinato ad accogliere il gruppo degli artisti. In Italia, il fenomeno dei caffè come luogo di ritrovo per artisti e come poli culturali cittadini ebbe moltissimo successo tra Otto-Novecento, e soprattutto nella città di Firenze, andando a ricoprire quello che nel Settecento era stato il ruolo delle Accademie e nel primo Ottocento dei salotti. I Macchiaioli I giovani pittori, passata la guerra, avvertivano, la necessità di confrontare la loro arte con i cambiamenti artistici europei, soprattutto con quanto stava accadendo nella pittura francese. Al Caffè Michelangelo, attorno al critico Diego Martelli, un gruppo di pittori dà vita al movimento dei macchiaioli. Questo movimento si propone di rinnovare la cultura pittorica nazionale (italiana). La poetica macchiaiola è verista opponendosi al Romanticismo, al Neoclassicismo e al Purismo accademico, e sostiene che l’immagine del vero è un contrasto di macchie di colore. L’arte di questi pittori come la definì Adriano Cecioni, teorico e critico del movimento, consisteva "nel rendere le impressioni che ricevevano dal vero col mezzo di macchie di colori di chiari e di scuri". Rifiutavano l’uso di linee decise per contornare i propri soggetti, in modo tale che fossero soltanto il colore e la luce a costruire la realtà e a definire le zone di luce e d’ombra. Uomo a cavallo, Vito d’Ancona Chiostro, Giuseppe Abbati I Macchiaioli Il termine macchiaioli venne però usato solo qualche anno dopo, per la prima volta sulla gazzetta del popolo nel 1862 ed in modo dispregiativo, poiché i pittori furono accusati di ridurre il quadro a un semplice abbozzo, ad un insieme di macchie e per evidenziare il netto rifiuto del disegno accademico a favore della macchia e dell’effetto dei toni di colore. I pittori infatti, non usavano il chiaroscuro, ma dipingevano per accostamenti cromatici. Il loro lavoro aveva anche in comune la ricerca di soggetti scelti all'aperto, nella natura e nella campagna, dove veniva evidenziato il rapporto tra colore e luce. Bimbi al sole, Cristiano Banti (1860) Sulle colline a Settignano, Telemaco Signorini (1885) I Macchiaioli Dal punto di vista dei soggetti assistiamo all’abbandono di tematiche tradizionali, storiche e classiche per abbracciare i protagonisti della vita quotidiana. Nelle tele degli artisti macchiaioli ricorrono molto spesso i paesaggi rurali della campagna toscana, abitati da contadini intenti a lavorare i campi oppure nei momenti di riposo. Giovanni Fattori, Buoi al carro, (1870) Telemaco Signorini, Pascolo a Pietramala, (1835-1901) I Macchiaioli Il sistema di rappresentazione del paesaggio dei macchiaioli riuscì a superare il tradizionale vedutismo settecentesco. Infatti, mentre l’immaginario collettivo della pittura di paesaggio ottocentesca fu influenzata dalla profonda ammirazione che i tanti turisti e stranieri del Grand Tour espressero non soltanto nelle bellezze artistiche, ma anche in quelle naturalistiche della città di Firenze, gli artisti macchiaioli ebbero il coraggio di di volgere il loro sguardo verso le modeste e dimenticate periferie, verso i viottoli e le casette, verso i campi assolati. Silvestro Lega: L'ombra della casa (1872) Telemaco Signorini, Una via di Ravenna, (1876) I Macchiaioli Oltre ai paesaggi, sono frequenti i ritratti. Sebbene la tecnica della pittura a macchia sembri la meno adatta a questo genere, che fu da sempre basato su un gioco di dettagliata descrizione, i pittori toscani vi ricorsero spesso. I “ritratti macchiaioli” partirono dalla ricerca del vero, perdendo i caratteri di solennità che da sempre caratterizzavano la ritrattistica passata. I personaggi ritratti sono di diversa estrazione sociale, dalla bellezza scomposta delle contadine e delle popolane, alle signore borghesi, fino alle personalità altolocate. La novità maggiore consiste nello staccare le figure da sfondi neutri e convenzionali, calandole in una cornice ambientale, all’interno della quale è possibile riconoscere gli aspetti della quotidianità. Silvestro Lega. Ritratto di contadina (1890) I Macchiaioli Giovanni Fattori, Ritratto della figliastra (1889) Silvestro Lega. Ritratto di Giulia Bandini (1887) I Macchiaioli Un’ulteriore tematica si sviluppò soprattutto nelle fasi iniziali del movimento. Molti artisti che aderirono alla corrente artistica dei Macchiaioli si trovarono coinvolti nel conflitto bellico, il quale segnerà un momento fondamentale per il loro percorso ideologico, culturale ed artistico. Sono numerose le scene che ritraggono i campi di battaglia dell’Italia risorgimentale, le quali vengono sviluppate in maniera originale da ciascun artista soprattutto dal punto di vista dei soggetti e della composizione, in quanto, trovandoci negli anni della nascita della corrente le caratteristiche tecniche e stilistiche non erano ancora del tutto codificate. Silvestro Lega, Prigionieri di guerra 1861 Giovanni Fattori, Campo italiano alla battaglia di Magenta 1862 Giovanni Fattori Considerato il maggior esponente dei Macchiaioli, Giovanni Fattori (1825-1908), livornese di nascita, iniziò la sua formazione a Firenze presso i pittori Bandini e Giuseppe Bezzuoli. I suoi primi quadri hanno soggetti storici nella più pura tradizione romantica. Entrato in contatto con il gruppo del Caffè Michelangelo, semplificò sempre più la sua pittura per giungere a quell’effetto di macchia che caratterizza il gruppo. Partecipò anch’egli alle battaglie unitarie e tra il 1859 e il 1862 realizzò il suo primo quadro di soggetto risorgimentale: «Il campo italiano dopo la battaglia di Magenta». Da questo momento in poi, Fattori realizzò numerosi quadri di soggetto militare. In essi sono raffigurate battaglie o, a volte, solo dei soldati che segnano con la loro presenza i paesaggi italiani. Oltre ai soggetti militari, tipica della produzione di Fattori sono anche i paesaggi. La maremma toscana, di cui lui era originario, divenne uno dei soggetti preferiti, raffigurata in quadri dal taglio orizzontale molto accentuato. Giovanni Fattori Nel 1859 Bettino Ricasoli, capo del governo italiano, indisse un concorso per rappresentare le battaglie fondamentali del Risorgimento: Curtatone, Palestro, San Martino e Magenta. Fattori decise di concorrere con un quadro sulla battaglia di Magenta e presentò alla Commissione giudicatrice due bozzetti. La commissione premiò Fattori con il primo premio e scelse il bozzetto dell’opera che poi Fattori realizzò. Giovanni Fattori In questo quadro non è il momento della battaglia a fungere da protagonista, bensì il momento più umano quando i feriti vengono riportati nelle retrovie per essere assistiti dalle crocerossine. Per questo motivo il quadro ha una portata culturale notevole: non è l’idealistica esaltazione dei valori eroici ad essere rappresentati bensì la cruda realtà di una battaglia fatta soprattutto di morti e feriti. Da notare che il quadro non ha ancora lo stile della "macchia", ma si articola secondo un linguaggio ancora accademico fatto di disegno e chiaroscuro. Il campo italiano alla battaglia di Magenta, 1862 Giovanni Fattori Giovanni Fattori La rotonda di Palmieri (1866) è forse il più piccolo capolavoro dell’Ottocento italiano: il quarantunenne Giovanni Fattori, capoguida dei macchiaioli, lo dipinse con i colori a olio su una tavoletta
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