2003/1 Teologia Trinitaria Contemporanea
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PATH VOL. 2 - PONTIFICIA ACADEMIA THEOLOGICA - 2003/1 Teologia trinitaria contemporanea 3-4 Editoriale † Angelo Amato 5-46 Il volto del Dio unico in tre Persone nel Vangelo di Giovanni Giorgio Zevini 47-70 Il mistero trinitario nei Padri Nello Cipriani 71-93 Teologia trinitaria nell’Oriente cristiano: implicazioni soteriologiche e antropologiche Yannis Spiteris 95-107 Théologie trinitaire et Ecclésiologie Georges Cottier 109-131 Il riscontro della Trinità nella vita del credente Ignazio Sanna 133-155 Trinità e arte José M. Galván 157-177 Teologia trinitaria e spiritualità Luigi Borriello 179-195 Trinità e missione Marcello Bordoni 197-221 Towards a Trinitarian Theology of Religions Mariasusai Dhavamony 223-237 Trinità e inculturazione G.M. Salvati 239-251 La rilevanza dottrinale e teologica del Catechismo della Chiesa Cattolica † Tarcisio Bertone RECENSIONES ATTARD Fabio (a cura di), John Henry Newman. Words of Conscience in Parochial and Plain Sermons, Midsea Books Ltd., Malta 2002, p. 253. TOSO Mario, Per una laicità aperta. Laicità dello Stato e legge naturale, Edizioni Lusso- grafica, Caltanisetta 2002, p. 254. VITA ACADEMIAE 1. Indirizzo di saluto di S.E.R. il Card. Paul Poupard, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, p. 257. 2. Emeritato del Padre Ugo Betti. Laudatio di S.E.R. Mons. Rino Fisichella, p. 259. 3. Cronaca dell’Accademia, p. 262 4. Il secondo Forum Internazionale PATH, p. 263. EDITORIALE PATH 1 (2003) 3-4 Nel primo scritto del Nuovo Testamento, l’Apostolo parla dei cristia- ni macedoni, da lui convertiti alla fede, come di coloro che si sono allon- tanati dagli idoli «per servire al Dio vivo e vero» (1Ts 1,9). Il contesto del- l’affermazione paolina è decisamente trinitario. Nell’incipit, infatti, Paolo, dopo il saluto alla «Chiesa dei Tessalonicesi che è in Dio Padre e nel Signore Gesù Cristo» (1Ts 1,1), ribadisce che il suo annuncio si è diffuso non soltanto mediante la parola, «ma anche con potenza e con Spirito Santo» (cf. 1Ts 1,3.5). La fede in Dio Trinità è la carta d’identità del cristianesimo. Il primo e radicale annuncio cristiano è il vangelo di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. L’originalità cristiana nella storia è determinata dal mistero del «Dio vivo e vero», che placa due istanze fondamentali dell’uomo: l’aneli- to alla vita e alla vita eterna e la ricerca della verità nella sua pienezza. Per questo il mistero trinitario non è una verità lontana e fredda o un indecifrabile dogma del passato. Dio Trinità è la sorgente e il soste- gno di ogni vita. L’umanità e il cosmo sono immersi nell’amore miseri- cordioso del Padre creatore, nell’amore redentivo del Figlio incarnato, morto e risorto, nell’amore santificante e vivificante dello Spirito Santo. I cristiani attraverso i sacramenti, la preghiera, la vita di grazia vivono la loro esistenza come figli di Dio, invocando il Padre nello Spirito del Cristo risorto. Contemplare la Trinità è quindi conoscere meglio noi stessi, appro- fondire il significato e il valore della nostra vita, allargare gli orizzonti del nostro amore. Trattandosi, però, di un mistero luminosissimo ne dobbiamo parlare con «cautela e modestia»1: «Non c’è altro argomento – dice sant’Agostino – 1 STh, q. 31 a. 2. a proposito del quale l’errore sia più pericoloso, la ricerca più ardua, la scoperta più feconda»2. Per questo san Tommaso d’Aquino consigliava il silenzio: «Dio si onora col silenzio non perché invano si parli o si ricerchi su di lui, ma perché prendiamo coscienza che rimaniamo sempre al di qua di una sua comprensione adeguata»3. Tuttavia non possiamo tacere su Dio Trinità per due motivi. Anzitutto perché lo Spirito guida la Chiesa alla comprensione e alla proclamazione sempre più profonda del mistero rivelato. In secondo luogo, perché il dis- corso sulla Trinità è un discorso sulla nostra salvezza: il mysterium Trinitatis è il mysterium nostrae salutis. Nel mistero trinitario l’umanità riscopre tutta la sua dignità. Commentando Gn 1,26-27, sant’Agostino osservava: «Facciamo l’uomo a immagine e somiglianza nostra, dato che il testo non dice “a mia immagi- ne”, né “a tua immagine”, crediamo che l’uomo sia stato fatto ad immagi- ne della Trinità»4. Essere a immagine della Trinità significa avere la voca- zione a essere in dialogo con Dio, essere capaci di ascoltarne la parola e di vivere in comunione con lui. Elisabetta della Trinità scriveva: «La Trinità, ecco la nostra dimora, la nostra casa, la casa paterna dalla quale non dobbiamo uscire più. Il Signore l’ha detto un giorno: “Lo schiavo non dimora sempre nella casa, ma il figlio vi dimora sempre”»5. † ANGELO AMATO Arcivescovo titolare di Sila Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede 2 De Trinitate, 1,3,5; PL 42,822. 3 In Boet. de Trin., Prooem., q. 2, a.1, ad 6. 4 AUGUSTINUS, De Trinitate, 14,19,25. 5 ELISABETTA DELLA TRINITÀ, Opere, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo. 1993 p. 572. IL VOLTO DEL DIO UNICO IN TRE PERSONE NEL VANGELO DI GIOVANNI GIORGIO ZEVINI PATH 1 (2003) 5-46 INTRODUZIONE Il volto di Dio, che l’antica alleanza ci ha fatto conoscere, trova la sua caratteristica nel monoteismo morale. Il popolo d’Israele ha espresso que- sta “unicità” di JHWH nella professione di fede dello Shema’ Yisr’el, nel quale Dio costituisce Israele “suo popolo” e questi lo riconosce come “Unico”, il diverso da ogni altro essere, uomo o natura, come si legge nel Deuteronomio: “Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo (‘ehad)” (Dt 6,4). Il Dio della nuova alleanza, invece, che Gesù ha rivelato agli uomini, con la parola e con le opere, ha un volto più defini- to: è un Dio Unico in tre Persone, Padre, Figlio e Spirito Santo. Questa rivelazione del Dio Uno e Trino costituisce la specificità del cristianesimo e come tale si differenzia da tutte le altre religioni. La Chiesa primitiva riflettendo poi sul messaggio di Gesù, sulle sue azioni e sull’intero miste- ro pasquale, ha vissuto la sua fede delle tre persone nell’unico Dio, per cui vero cristiano è colui che crede non solo in Dio, ma in Dio-Trinità. Questo dato mette in luce che la rivelazione del mistero trinitario è specifica del Nuovo Testamento e come tale è stata professata dalle prime generazioni cristiane, anche se la formulazione esplicita di questa dottrina è stata espressa prima dalla Tradizione post-apostolica e poi, con maggio- re chiarezza dai Concili di Nicea (325) e di Costantinopoli (381). È con la risurrezione di Gesù, tuttavia, che si ha la svolta decisiva nella rivelazione del mistero trinitario. Nell’evento della risurrezione, infatti, Dio-Padre interviene risuscitando Gesù dai morti e facendolo sedere alla sua destra nei cieli, quale “Messia” (Christós) (Gv 1,41; 4,25) e “Signore” (Kyrios) 6 Giorgio Zevini (Fil 2,9-11); è presente il Figlio perché Gesù è eletto con potenza, quale “Figlio di Dio” (Hyiós tou theoú); interviene anche lo Spirito Santo che, come Spirito del Padre, dà vita a Gesù liberandolo dalla morte e introdu- cendolo nella gloria di Dio. Naturalmente si fa più complesso il discorso quando si entra in merito alle relazioni esistenti tra le tre Persone divine; se queste cioè sono da considerarsi uguali e sullo stesso piano o se piutto- sto alcuna di esse sia da valutare inferiore o superiore rispetto alle altre. Sarà Paolo a dare una prima risposta a questi problemi e poi l’evangelista Giovanni che, nel suo vangelo, esporrà la rivelazione trinitaria più alta e luminosa di tutto il Nuovo Testamento. In questo saggio è nostro intendimento soffermarci prevalentemente sul vangelo di Giovanni, esporre il pensiero del quarto evangelista eviden- ziandone alcuni aspetti: 1) la rivelazione di Dio quale “Padre” di Gesù, mandato nel mondo; 2) il rapporto del Figlio con il Padre e la conoscen- za personale ed esperienziale tra Padre e Figlio; 3) la presenza e l’azione dello Spirito Santo, quale ‘Paraclito’ e ‘Spirito di Verità’. 1. LA RIVELAZIONE DI DIO, IL “PADRE” DI GESÙ Prima di addentrarci a esaminare l’insegnamento di Gesù sulla pater- nità di Dio, sarà utile soffermarci sulla terminologia utilizzata, particolar- mente nel quarto vangelo. 1.1. La terminologia dei vangeli Nel Nuovo Testamento la qualifica di “Padre” rivolta a Dio diventa abituale e familiare specie per l’uso che ne fa Gesù stesso. “I vangeli – dice J. Jeremias – pongono la parola ‘padre’ sulla bocca di Gesù in riferi- mento a Dio non meno di 170 volte”1 e a queste vanno aggiunte le altre 250 menzioni nel resto del Nuovo Testamento. Gli studiosi concordano, inoltre, nel riconoscere al termine “Padre” il riferimento autentico e origi- nale di Gesù a Dio, anzi la sua ipsissima vox. Nei Sinottici, infatti, Gesù, quando parla di Dio, usa quasi sempre il nome di “Padre” (Patér: 4 volte 1 J. JEREMIAS, “Abba” (Supplementi al Grande Lessico del Nuovo Testamento, 1), Paideia, Brescia 1968, 28. Il volto del Dio unico in tre Persone nel Vangelo di Giovanni 7 in Marco, 15 volte in Luca, 42 in Matteo); poche volte quello di “Dio” (Theós: cf. Mt 5,8-9; 23,22); e raramente gli altri nomi utilizzati nel Nuovo Testamento, quali “Signore” (Kyrios: cf. Mt 4,10), “Sapienza” (Sophía: cf. Lc 7,35), “Potenza” (Dynamis: cf. Mc 14,62), “Cielo” (Ouranós: cf. Lc 15,7.18.21). L’uso linguistico di questa terminologia mette in risalto un fatto teologico: cioè che Gesù ha utilizzato, come nome proprio di Dio, quello di “Padre”. Quando dai Sinottici si passa al vangelo di Giovanni l’uso del termine “Padre” è frequentissimo e diventa sinonimo di “Dio”.