Parodiae Libertas. Sondaggi Sulla Parodia Italiana Del Cinquecento
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FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA DIPARTIMENTO DI ITALIANISTICA Parodiae libertas. Sondaggi sulla parodia italiana del Cinquecento Coordinatore Chiar.ma Prof.ssa Gabriella Ronchi Tutor Chiar.mo Prof. Rinaldo Rinaldi Tesi di dottorato di Dott. Nicola Catelli Dottorato di Ricerca in Italianistica e Filologia romanza XXI Ciclo INDICE PREMESSA p. 1 OSSERVAZIONI LIMINARI: LA SITUAZIONE DELLA PARODIA 1. Caratteri della parodia p. 6 2. Quot homines, tot parodiae? p. 13 3. Le recenti riflessioni teoriche e il panorama italiano p. 27 4. Due antologie, una rassegna e tre casi di italianistica p. 35 «AD RICULA SENSUM RETRAHENS»: PROSPETTIVE TEORICHE 1. Due Petrarca di meno p. 47 2. Un Ariosto di più p. 52 3. Quarta casella: il Vangelo secondo Ludovico p. 63 4. Parodia in forma pura p. 69 5. Frammenti teorici antichi p. 81 6. Per una parodia morale p. 93 7. Letteratura come parodia p. 108 8. Le metamorfosi di un vecchio vascello p. 116 9. Salus verbis p. 123 10. Altri frammenti teorici moderni p. 138 BIBLIOGRAFIA p. 147 Giulio Cesare Scaligero, Poetices libri septem, liber I, caput XLII, Parodia PREMESSA «L’uso popolare assegna correntemente al termine ‘parodia’ un significato restrittivo e dispregiativo, quello di ‘imitazione ingannevole’ e di ‘simulacro’. Si parla anche di ‘parodia del potere’ (Battaglia), o di ‘parodia di giustizia’, di ‘parodia di riconciliazione’: “una falsa riconciliazione, una riconciliazione che non è veramente tale”, aggiunge il Grand Robert che fornisce quest’ultimo esempio».1 Sul piano artistico, la parodia viene generalmente intesa come una versione «caricaturale e burlesca di un’opera, un dramma, un film e simili, o di parti di essi» (Zingarelli): come, in termini letterari, la riscrittura comica di un testo anteriore. Quest’ultima accezione rappresenta certamente una sintesi funzionale all’indagine critica, ma, a ben vedere, non definisce con precisione la nozione di parodia, bensì propone una complessa equazione a tre incognite per risolvere la quale occorre individuare in che cosa consista una riscrittura, quale sia la funzione del comico, che cosa esprima il concetto di ‘testo’. La difficoltà di soluzione aumenta se si considera, in una prospettiva che, come quella del presente lavoro, voglia affrontare un sondaggio delle scritture parodiche del XVI secolo, quanto le questioni implicate in tale equazione costituiscano altrettanti nodi della civiltà letteraria del Rinascimento. Se da un lato le forme della riscrittura sono infatti identificabili in astratto e riconducibili a determinate tipologie,2 dall’altro il loro impiego nella produzione cinquecentesca coinvolge il concetto di imitatio classicistica, l’assimilazione dei modelli illustri in latino e in volgare, eventualmente la messa in discussione delle auctoritates letterarie e filosofiche. Determinare la funzione 1 DANIEL SANGSUE, La parodia, a c. di Fabio Vasarri, Roma, Armando, 2006, p. 14. 2 Soprattutto sulla scorta del canonico saggio di GÉRARD GENETTE, Palinsesti. La letteratura al secondo grado, Torino, Einaudi, 1997 (ed. or. Paris, Seuil, 1982). 2 PREMESSA del comico nel Rinascimento, poi, equivarrebbe tout court a condurre un’autonoma e complessa ricerca: per la vastissima bibliografia, per le implicazioni letterarie, filosofiche, psicologiche, politiche e antropologiche dell’argomento, per la convivenza di diversi livelli di comicità anche all’interno di uno stesso testo (dal riso buffonesco e carnevalesco alla comicità più elitaria, fino alla più raffinata piacevolezza del discorso cortigiano), per l’inizio, già nel Quattrocento, di una riflessione sul comico (Pontano, Castiglione, Maggi, Castelvetro) che tenta di colmare il ‘vuoto’ lasciato in questo ambito dalla Poetica di Aristotele, ricorrendo soprattutto alle indicazioni del De oratore di Cicerone e dell’Institutio oratoria di Quintiliano. Per quanto riguarda il textus, infine, si dovrebbe verificare la presenza, almeno implicita, di una ‘teoria del testo’ nel Rinascimento3 e confrontarla con gli ampliamenti che, nella seconda metà del secolo scorso, hanno esteso l’idea fino a farla corrispondere a sistemi segnici coerenti che esistono anche al di fuori delle pratiche letterarie e artistiche; occorre poi tenere presente che il XVI secolo partecipa di un’epoca culturale in larga parte ancora manoscritta, aspetto che dovrebbe indurre a interrogarsi – in termini di memorabilità, di aderenza alla lettera del testo, di comprensione del procedimento da parte del fruitore della riscrittura, di finalità dell’opera di secondo grado – sulla ‘parodiabilità’ di brani testuali non diffusi a stampa. Indagare direttamente tali problematiche avrebbe probabilmente significato perdere di vista l’oggetto dell’analisi: si è proceduto pertanto diversamente, seguendo tre direttrici di lavoro che hanno portato alla redazione delle tre parti della tesi. La prima parte corrisponde a un’introduzione nella quale sono presi in considerazione i principali contributi saggistici sulla parodia pubblicati a livello internazionale dal 2000 al 2009, con particolare attenzione alla parodia italiana e con un taglio espositivo che, pur sotto le vesti della tradizionale rassegna bibliografica, individua alcune delle più importanti questioni teoriche legate all’argomento: la relazione fra autore parodiato e autore della parodia; l’estensione della parodia, che può interessare un testo intero così come una sua breve porzione; la condivisione 3 Si veda GUGLIEMO GORNI, La metafora di testo, in ID., Metrica e analisi letteraria, Bologna, il Mulino, 1990. PREMESSA 3 ideologica ed emotiva che si instaura fra autore della parodia e lettore rispetto al testo parodiato; la gradualità del riconoscimento dell’operazione parodica da parte del lettore; la forma e il significato della parodia ovvero, rispettivamente, la gamma dei procedimenti trasformativi messi in atto per costruire l’ordigno parodico e l’atteggiamento dell’autore della parodia nei confronti dei riferimenti culturali, ideologici, politici e sociali espressi dall’ipotesto e dal suo autore; la possibile divergenza fra modello e bersaglio della parodia e la convergenza fra parodia e satira; ancora, la ricontestualizzazione del modello e il rapporto fra parodia e comicità; la transmedialità della parodia, ovvero la possibilità di parodiare un testo attraverso un medium linguistico-espressivo diverso ed eventualmente afferente a un ambito culturale ben distante dall’originale; la demistificazione delle sclerotizzazioni letterarie attraverso la ‘critica in azione’ condotta dalla parodia; infine la difficile separazione fra parodia e pratiche affini quali il travestimento, il pastiche e il pasticcio, la caricatura, la citazione deformata, il plagio, la trasposizione. In questo modo si è ritenuto di poter focalizzare più nel dettaglio la definizione di parodia e le questioni in essa implicate. La seconda direttrice del lavoro ha condotto all’analisi dei riferimenti teorici cinquecenteschi sulla parodia, e in particolare dei due trattati sulla parodia di Giulio Cesare Scaligero (nei Poetices libri septem, 1561, l. I, cap. XLII) e di Henri Estienne (Parodiae morales, 1575), mentre l’ultima direttrice ha portato all’indagine su singoli esemplari di parodia. OSSERVAZIONI LIMINARI: LA SITUAZIONE DELLA PARODIA 1. Caratteri della parodia Accennando al processo intentato da Gabriele D’Annunzio e dalla SIAE all’attore Eduardo Scarpetta, accusato di plagio per il suo Figlio di Iorio andato in scena nel dicembre 1904, Benedetto Croce – che nell’ambito del processo fu nominato perito di parte in difesa del querelato – ebbe modo di rilevare, anni dopo, che «Scarpetta avrebbe fatto una parodia della Figlia di Jorio ancorché non l’avesse travestita in versi napoletani, solo col recitarla lui, col suo nome, con la sua fisionomia, coi suoi gesti».1 L’osservazione e il caso letterario-giudiziario da cui essa nasce interessano il nostro discorso in quanto chiamano in causa i maggiori apporti della riflessione novecentesca sulla parodia, e consentono perciò di mettere in luce nella prospettiva del nostro studio i caratteri peculiari di tale pratica artistica e di delineare liminarmente alcune delle problematiche ad essa più intimamente legate. A dispetto, infatti, del sensibile avanzamento degli studi in materia registrabile nel secolo scorso, il concetto di parodia risulta ancora oggi di non facile definizione, aperto a difformi attribuzioni di significato: sicché, chi si accinga a indagare le tracce che tale fenomeno ha impresso in una specifica epoca culturale o all’interno dell’opera di un determinato autore si trova nella condizione di non poter poggiare la propria analisi su basi teorico-critiche del tutto condivise e su una terminologia inequivoca. Gioverà 1 BENEDETTO CROCE, Intorno alle parodie, in ID., Poeti e scrittori del pieno e del tardo Rinascimento, Bari, Laterza, 1945, vol. II, p. 185. Alcuni notevoli documenti riguardanti il processo D’Annunzio- Scarpetta sono pubblicati nell’antologia Canto e controcanto. La parodia nella letteratura italiana dalle origini al Novecento, a c. di Rita Verdirame e Manuela Spina, Catania, CUECM, 2007, pp. 241-328 (alle pp. 129- 141 dello stesso volume si legge anche una scelta di brani della Figlia di Iorio e della sua parodia). 6 OSSERVAZIONI LIMINARI pertanto, prima di avvicinare la parodia nel Rinascimento italiano, sintetizzare i principali elementi costitutivi che vengono anche attualmente riconosciuti alla parodia e scorrere le pagine degli studi più recenti in materia. In generale, la parodia si fonda su un rapporto intertestuale che lega