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I LAURENTES LAVINATES NELLA X REGIO*

Maria Grazia Granino Cecere

Alcuni tra i presenti sanno che area privilegiata dei miei interessi è quella dell'antico Lazio e che, di conseguenza, nella regione Cisalpina non mi muovo con la necessaria competenza. Ma il piacere di partecipare a un incontro per Ezio Buchi, il desiderio di testimoniare la mia stima e il mio affetto per lui hanno prevalso sui miei timori nell'affrontare vie non familiari. Ho pensato che un legame, seppur assai tenue, si può trovare tra il Latium vetus e la "sua" X regio, quella cui ha dedicato tanto del suo impegno umano e scientifico. Tale legame si può individuare nei personaggi di rilievo di questa regione che rivestirono un sacerdozio, quello dei Laurentes Lavinates, che trae appunto la sua denominazione da un'antica comunità del Lazio. Si tratta di un sacerdozio, che, come altri affini, quali i Caeninenses, i Lanuvini, gli Albani, i Cabenses, i Tusculani ebbe vita molto probabilmente dai primi decenni del principato1, nell'ambito di un'ideale restitutio di una communio sacrorum tra i relativi centri del Latium vetus e Roma. Le fonti letterarie non ne fanno esplicita menzione e i dati che in merito si possono raccogliere sono dovuti essenzialmente alla tradizione epigrafica. Ritenuti abitualmente come riservati agli appartenenti all'ordine equestre, in realtà vedono nel loro reclutamento una base ben più ampia: non mancano, infatti, fra tali sacerdoti dei senatori, ma anche individui dal Fig. 1. Arbizzano. Ara funeraria eretta da M. solo rilievo locale e persino di Clodius M. f. Candidus. status libertino.

*Il presente contributo è stato realizzato nell’ambito del progetto di ricerca “Promozione sociale attraverso le istituzioni dello Stato romano di età imperiale: sacerdozi e ufficialità militare nella realtà municipale in Italia (sec. I-III d.C.)” finanziato dall’Università degli Studi di Siena (aa. aa. 2005-2007). 1 Per un’ultima sintesi sull’argomento vd. FRATEANTONIO, pp. 64-77. Per tali sacerdotes vd. SAULNIER 1984, pp. 517-533 e SCHEID, GRANINO CECERE 1999, pp. 79-189. 170 MARIA GRAZIA GRANINO CECERE

I Laurentes Lavinates, tra questi, sono di gran lunga i più numerosi (quasi un centinaio) e attestati nelle più lontane regioni dell'impero, in un arco temporale che va dall'età tiberiana al IV secolo d.C. Nella regio X sono particolarmente presenti quali personaggi spesso di spicco nella realtà socio-economica dei centri di maggior rilievo, tra la fine del I secolo e la prima metà del III. A ne sono noti ben tre, che presento in successione cronologica. Il primo, collocabile tra la fine del I e la prima metà del II secolo, è M. Clodius Candidus, noto da un’iscrizione sepolcrale rinvenuta ad Arbizzano, nell’ager della città2 (fig. 1). Così è edita in CIL, V, 3413:

Ma se ne propone, e proprio per la parte che interessa, una diversa lettura:

Naeviae L. f. Naeviolae, quae vixit ann(is) XXII, m(ensibus) IIII, d(iebus) V 5 M. Clodius M. f. Candidus, IIIIvir i(ure) d(icundo) et q(uaestor) aerari Ve[r]onae, sacerdos L[auren]t(ium) Lavin(atium), ------

Come consente di notare l'immagine dell'ara funeraria3 da lui eretta per Naevia Naeviola4, delle lettere IOVIV[..]T, con difficoltà individuabili, a detta del Mommsen, prima di LAVIN e a suo parere forse da intendersi Iovi Vict(ori)5, non rimane che l'asta verticale della prima e la T quale ultima: tutto il resto risulta attualmente perduto, in una evidentemente ulteriore scheggiatura dell'ara lungo il margine inferiore6. Ma sembra che, nonostante le osservazioni del Mommsen, secondo il quale le tracce di lettere prima di LAVIN non si adatterebbero a LAVRENT, solo quest'ultima ipotesi di lettura possa accogliersi, e per diversi motivi.

2 CIL, V, 3413. 3 Immagine che mi è stata gentilmente fornita dall’amico e collega Alfredo Buonopane. 4 Inserita un tempo nella torre campanaria della chiesa, è attualmente collocata su di un basamento moderno presso la canonica. 5 CIL, V, 3413 ad n.; vd. anche BASSIGNANO 2003a, p. 174. 6 Alla r. 8 dopo LAVIN è chiaramente visibile un segno d'interpunzione. I LAURENTES LAVINATES NELLA X REGIO 171

Innanzitutto non appare accettabile l'idea dello studioso tedesco secondo la quale LAVIN sia da sciogliersi in Lavin(as), indicando con questo solo termine il sacerdozio, dal momento che sarebbe questa un'attestazione senza confronti, mentre la forma sacerdos Laurent(ium) Lavin(atium) è la più frequente. Inoltre a Verona si avrebbe quest'unica testimonianza di un culto per Iuppiter Victor e soprattutto di uno specifico sacerdozio ad esso dedicato. Tanto meno sembra da accogliersi l'ipotesi7, che invita ad uno scioglimento in Lavin(atis), intendendo il sacerdozio di Iuppiter Victor come esercitato nel centro di Lavinium8, rispetto alle magistrature rivestite invece a Verona. Ciò sia perché nel centro laziale tale culto non è attestato, sia perché il locativo Veronae non necessariamente deve presupporre la menzione successiva di una carica esercitata in un centro diverso. Non di rado, infatti, si trova la menzione del luogo con valenza assoluta, quando il documento epigrafico veniva eretto lontano dal centro cittadino, nell'ager municipale9. E l'ara in esame è stata rinvenuta appunto ad Arbizzano, a quanto sembra in una proprietà rustica di Candidus. Non diversamente vedremo usato il locativo Veronae nel documento seguente, rinvenuto anch'esso lontano dal centro cittadino. La Clodia appare ampiamente attestata nel territorio di Verona10, dove Candidus11 rivestì la suprema magistratura ordinaria e fu aerarii; se fu, come credo, sacerdos Laurentium Lavinatium è da annoverare tra coloro che non appartennero al ceto equestre, ma ebbero una carriera limitata in ambito municipale.

Il nome del secondo laurente lavinate, Q. Gavius Princeps, emerge da tre frammenti appartenenti a un'unica lastra, noti attraverso l'Asquini12:

[Q.] Gavio Q. [f.] [P]ob(lilia) Princip[i] [II]IIvir(o) Veron[ae], [e]q(uo) pub(lico), Laur(enti) L[av(inati)], 5 [pra]ef(ecto) coll[eg(iorum) fa]br(um) et den[dr(ophorum]), [p]agani pa[gorum? Fo]ro Iulie[ns(ium)] [p]atron[o].

A lungo questo documento è stato ritenuto falso, finché Panciera13 non si è pronunciato sulla sua probabile autenticità: egli ha osservato come il testo, noto da

7 BASSIGNANO 1987, p. 369 nt. 307, seguita da PETRACCIA LUCERNONI 1988, pp. 265-266, n. 418. 8 Dove per altro è finora attestato il solo culto di Sol/Iuppiter Indiges, cfr. CASTAGNOLI 1972, p. 110 (ma vd. p. 78: sacerdos Iovis Victoris Lavinas, seguendo la proposta del Mommsen). 9 DONATI 2002, pp. 49-51. Per rimanere nella X regio si considerino ad es. i documenti rinvenuti nell'ager di Brixia nei quali è specificato che la magistratura cittadina è stata esercitata nello stesso centro: InscrIt, X, 5, 1051, 1102, 1127, 1194. 10 Vd. CIL, V, 3845, 3564 e 8844 (in cui compare un quasi omonimo del nostro, un Manius Clodius Candiidus). 11 Come evidenzia l'immagine, il cognomen è per certo Candidus (con le lettere NDI in nesso) e non Candidatus, come ad es. afferma BREUER 1996, pp. 287-288, sottolineando una presunta svista di IJSEWIJN 1985-1986, p. 40, che legge il cognomen correttamente. 12 CIL, V, 424*, forse rinvenuti nell’ager di Verona, a Chiesanuova, attualmente irreperibili. 13 PANCIERA 1970, pp. 81-84 e fig. 5; BASSIGNANO 2003a, pp. 173-174.

172 MARIA GRAZIA GRANINO CECERE vari autori, ma, come notava Mommsen14, tutti dipendenti dall'Asquini (del quale è ben conosciuta l'attività di falsario), in realtà non ebbe da questi origine, in quanto gli fu comunicato, secondo quanto rivela una lettera del suo epistolario, da un tal Girolamo Bovio15. Del resto il testo di per sé sembra ben inquadrarsi nella realtà veronese. La gens Gavia è certo la più eminente di Verona, la tribù Poblilia è quella in cui la città è ascritta e il quattuorvirato ne è la magistratura ordinaria16. A Verona, inoltre, sono attestati i due collegi dei dendrophori e dei fabri e non stupisce la presenza di un solo praefectus per entrambi17. Delle perplessità suscitano solo le ultime tre righe, forse da intendere, secondo un suggerimento di Panciera18, ammettendo una riga in più, come pagani pagorum Foroiuliensium, ovvero dedica degli abitanti dei pagi dell'ager di Iulium, o con pagani seguito dal nome del pagus, connettendo in tal caso il genitivo Iuliensium al patrono che chiude il testo. Q. Gavius Princeps appare dunque come un appartenente all'ordine equestre di rilevanza locale, che, se realmente esistito, ha rivestito magistrature e patronati nella sua città natale, forse ancora nella prima metà del II secolo d.C.

Del terzo laurente lavinate, P. Pomponius Epipodius, si conserva nel Museo Archeologico al Teatro romano il bel sarcofago in pietra rossa della Valpolicella con coperchio a doppio spiovente. Nella grande tabula centrale si legge19 (fig. 2):

D(is) M(anibus) P. Pomponio Epipodio Lau= rentis Lavinatis (!) ob eximi= am in se pietatem eius C. Iulius 5 Iustus filio natural[i].

Di P. Pomponius Epipodius20, figlio illegittimo di C. Iulius Iustus, non è ricordata che l'appartenenza al collegio sacerdotale dei Laurentes Lavinates e il rispetto e l'affetto dimostrati nei confronti del genitore, sentimenti che sembrano sottolineati proprio in considerazione dell'illegittimità del rapporto esistente tra i due21. Egli deve aver concluso

14 CIL, V, 424* ad n. 15 L'Asquini sembra sia intervenuto soltanto nel ricomporre ed integrare i tre frammenti della lastra disegnati dal Bovio. 16 Sulle vicende costituzionali della città e il quattuorvirato vd. BUONOPANE 1981, pp. 258-261; BUCHI 1987, pp. 123-124 e da ultimo EVANGELISTI 2007, pp. 361-364. 17 BOSCOLO 2006, pp. 500-501. 18 PANCIERA 1970, pp. 83-84. 19 CIL, V, 3417, rinvenuto nel 1847 in una necropoli lungo il percorso della via Claudia Augusta padana (fra le attuali vie Tezone e del Fante; al momento della scoperta conteneva anche “frammenti d’armi arrugginite” (BOLLA 2005, p. 222 e fig. 10 a p. 223); BASSIGNANO 2003a, p. 174. 20 Il cognomen Epipodius non è molto diffuso, in particolare nella Cisalpina. A Roma è attestato un cavaliere con tale cognomen in CIL, VI, 3858 = 31853 cfr. p. 4769: [Curante - - -] Epipodio, eq(uite) R(omano), certo non identificabile con il laurente lavinate veronese. 21 Nella società romana il figlio naturale non sembra abbia subito lo stesso stigma che nelle società più recenti (RAWSON 1986, pp. 178-179; RAWSON 1989, pp. 10-41; RAWSON 2003, pp. 75 e 266-268; SYME 1960, pp. 323-327, il quale sottolinea anche la rarità di riferimenti all'illegittimità nelle classi inferiori). Da rammentare che, se nella letteratura romanistica dall’età di Costantino la definizione filii /liberi naturales viene usata per indicare figli nati in regime di concubinato, in precedenza non era utilizzata solo in tale senso (NIZIOŁEK 1975, pp. 317-344). I LAURENTES LAVINATES NELLA X REGIO 173 il suo tempo di vita ancora in giovane età, avendone il padre curato la sepoltura, forse prima di qualsiasi possibilità di impegno di carattere pubblico. Non si hanno elementi certi per affermare l'origine veronese del padre e/o del figlio, ma entrambi i gentilizi, sebbene assai diffusi, sono presenti nella documentazione epigrafica della città per appartenenti all'ordine senatorio. Si tratta di P. Pomponius Cornelianus22, la cui origine veronese appare molto probabile23, che ha rivestito il consolato negli anni iniziali del III secolo24 e di sua moglie, Iulia Magia25. Non può escludersi una connessione tra il nostro Epipodius e Cornelianus, considerando anche l'identità del praenomen, ma nulla di più si può dire se non che il primo deve essere morto prima che il secondo ottenesse il consolato. È solo il sarcofago infatti ad offrire qualche elemento sia per un inquadramento cronologico, appartenendo ad una tipologia ben nota di manifattura locale, in pietra rossa della Valpolicella, databile nella seconda metà del II secolo d.C.26, sia in merito alle indubitabili possibilità economiche del padre naturale del giovane, Iustus, peraltro ignoto.

Fig. 2. Verona, Museo Archeologico al Teatro. Sarcofago di P. Pomponius Epipodius.

22 2 PIR P 710: fu anche curator rerum publicarum nella regio X o XI (ECK 1999, p. 248, nt. 214), padre di Pomponius Iulianus, governatore di Arabia nel 236 (PIR2 P 723) e di Pomponius Magianus, governatore di negli anni 241-244 (PIR2 P 732); a Verona egli compare quale autore di una dedica a Iuppiter Optimus Maximus in CIL, V, 3254 e con la moglie e i figli in CIL, V, 3243 e 3318. 23 Vd. ALFÖLDY 1982, p. 345, il quale tuttavia non esclude come possibile città d'origine anche la vicina Vicetia, dove molto probabilmente nel P. Pomponius Cornelianus c(larissimus) i(uvenis) autore di una dedica Nymphis Lymphisque Augustis, rinvenuta presso Schio (CIL, V, 3106 = ILS, 3859) è da riconoscere lo stesso individuo: GHIOTTO 2006, pp. 69-82. 24 LEUNISSEN 1989, pp. 176 e 359 (sulla città d’origine). 25 PIR2 I 679 e PFOS, pp. 383-384, n. 446. 26 PAIS 1967, pp. 115-127, in particolare pp. 119-121, catalogo n. 1 e tav. XXVIII, 1; vd. inoltre GABELMANN 1973, pp. 53-57 e REBECCHI 1978, pp. 206 e 218 sulla particolare produzione locale dei sarcofagi in calcare rosso della Valpolicella, pietra che, essendo sfaldabile, non consentiva di ricavare ornamenti aggettanti, per cui ci si limitava a piatte cornici, che, come nel caso in esame, delineano una tabella centrale rettangolare e ai lati due riquadri a nicchia archivoltata, produzione che viene datata alla metà del II secolo.

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Almeno tre27 Laurentes Lavinates si trovano anche ad , e ciò non stupisce, considerando l'eccezionale patrimonio epigrafico di tale centro. Due testi frammentari consentono di conoscere appena qualche elemento del cursus di due personaggi, che vissero probabilmente nella seconda metà del II secolo. Di uno dei due è individuabile anche il cognomen, Vitalis più che Vitalianus28 (fig. 3):

[- - -]io C. f. [- - -] Vitali [eq(uiti) R(omano)?, pa]trono [- - -]t(- - -) Lau(rent- - -) L[av(inat- - -)] 5 [- - -]pon[tif(ici)] [- - -]ELI[- - -] ------? .

Il testo si presenta troppo frammentario per poter formulare ipotesi di qualche certezza; tuttavia degli emendamenti alla lettura del CIL e all’intergrazione di Brusin appaiono opportuni: nel CIL alla r. 4 la prima lettera in frattura è indicata come una O, mentre è evidente l'asta trasversale di una T e quanto segue è letto LAVI[- - -], mentre chiaramente dopo le prime tre lettere vi è un segno d'interpunzione, seguito da una L; Brusin, d'altro canto, integra le rr. 3-4 [- - - pa]trono / [col(oniae) vel coll(egii)? / sacerdo]t(i) Lau(renti) L[avinati], proponendo delle abbreviazioni per il sacerdozio del tutto inconsuete. Certa è la pertinenza delle prime due righe all'onomastica del personaggio, che appare chiudersi col cognomen Vitalis, forse preceduto dalla tribù (la Velina?) o meglio, per ragioni di spazio, da un altro cognomen, per cui il margine a destra potrebbe venire quasi a coincidere con la linea di frattura del frammento. Alla r. 3 vi è sicuramente la menzione di un patronato; Fig. 3. , Civici Musei di Storia e nella lacuna che precede si può ipotizzare e Arte. Lapidario. Iscrizione menzio- la menzione dell'appartenenza di Vitalis nante Vitalis. all'ordine equestre. Resta dubbio di quale patronatus si tratti, se quello, più probabile, della colonia di Aquileia29 o quello di

27 Un quarto, secondo quanto generosamente mi fa notare il collega ed amico Claudio Zaccaria, potrebbe forse essere intravisto nel frammento edito in InscrAq, 1011, in cui si legge: ------/[ - - -] LAV[- - -] /[- - - s]plend[- - -]/------. Ma il frammento è troppo esiguo per pronunciarsi con certezza. 28 CIL, V 8300, cfr. InscrAq, 541; BASSIGNANO 2003a, pp. 171-172. Per il cognomen vd. infra. I LAURENTES LAVINATES NELLA X REGIO 175 un collegium. L'integrazione viene a interferire con la lettera T, la prima conservata della r. 4, in quanto questa potrebbe riferirsi al nome abbreviato dell'associazione, ad es. dei centonarii e quindi suggerire un'integrazione quale patrono / [coll(egii) cen]t(onariorum), Lau(renti) Lav(inati) o al titolo di o di pontifex riferito ai Laurentes Lavinates, preceduto dal patronato della colonia, ovvero patrono / [col(oniae), prae]t(ori) o pon]t(ifici) Lau(rentium) Lav(inatium). In quest'ultimo caso si avrebbe un praetor o un pontifex e non un sacerdos, anche perché un'abbreviazione in [sacerdo]t(i), come proposta da Brusin, appare, come si diceva, assai improbabile. L'aver rivestito anche il pontificato locale30, ricordato alla r. 5, fa supporre una vocazione, per così dire, sacerdotale della carriera di Vitalis, e nello stesso tempo, affiancandosi al patronato, ne suggerisce un'origine aquileiese. La paleografia indica una datazione, seppur solo orientativa, al II secolo d.C.

Del secondo aquileiese sappiamo soltanto che fu un praefectus iure dicundo31:

------Laur(ens/-enti) [Lav(inas/-inati) - - -] p(raefectus/-o) i(ure) d(icundo) c[ol(oniae)?- - -] ------

Praefecti iure dicundo32 sono attestati in buon numero ad Aquileia33, come da attendersi per un centro di notevole vivacità economica e sociale. In considerazione dell'estrema frammentarietà del testo, però, nulla può essere detto sul cursus del personaggio; per quanto riguarda la collocazione cronologica un elemento orientativo, accanto alla paleografia, è dato dalla cornice, la cui decorazione a larghe foglie rese in modo schematico e poco plastico suggerisce un'età tra la fine del II secolo e i primi decenni del successivo, verso il limite recenziore delle attestazioni di prefetti giusdicenti nella regione.

Del terzo laurente lavinate, invece, conosciamo solo una sua dedica a Belenus, che sembra attualmente irreperibile34:

29 Ad un patronato della città preferisce pensare PANCIERA 1987, pp. 83, 93, 94 = PANCIERA 2006, pp. 853, 859, 860 e 862. 30 Per altre attestazioni del pontificato locale, vd. ad es. CIL, V, 861 = ILLRP, 540 = InscrAq, 50; CIL, V, 1015 = InscrAq, 520. 31 InscrAq, 543 (frammento di lastra marmorea rinvenuto ad Aquileia ed attualmente conservato nel locale Museo Archeologico); BASSIGNANO 2003a, p. 171. 32 Su questi LANGHAMMER 1973, pp. 63-64 e 213-214; BASSIGNANO, 1991, pp. 515-537, in part. 519- 522; SPADONI 2004, p. 123, n. 143 e da ultimo, con bibliografia precedente, LAFFI 2006, p. 127 con nt. 27. 33 Una diecina, come documentato, oltre la presente, da CIL, V, 949 = InscrAq, 3493 = SPADONI 2004, n. 140; CIL, V, 953 = InscrAq, 2809 = SPADONI 2004, n. 137; CIL, V, 961 = InscrAq, 545 = SPADONI 2004, n. 135; CIL, V, 8291 = InscrAq, 542 = SPADONI 2004, n. 134; InscrAq, 46 = SPADONI 2004, n. 132. Incerti, poiché attestati in testi frammentari, InscrAq, 502 = SPADONI 2004, n. 142; InscrAq, 531 = SPADONI 2004, n. 141; InscrAq, 546 = SPADONI 2004, n. 144; in InscrAq, 131 = SPADONI 2004, n. 136 si ha un praef(ectus) aed(ilicia) pot(estate). 34 CIL, V, 746, cfr. InscrAq, 115.

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Beleno Mansuetius Verus Laur(ens) Lav(inas) 5 et Vibiania Iantulla v(otum) s(olverunt).

L'iscrizione proviene dal luogo di culto dedicato alla divinità di origine celtica Belenus35, che godette, come è noto, di una posizione predominante nel pantheon aquileiese36. Del personaggio non è menzionato altro che il suo sacerdozio di laurente lavinate, probabilmente perché nel contesto sacro egli volle qualificarsi solo in tale ruolo. La mancanza del praenomen e il nome derivato dal cognomen Mansuetus, così come Vibiania da Vibia sono elementi che consentono di proporre una datazione al III secolo d. C. per il documento.

Singole testimonianze di Laurentes Lavinates si hanno anche a Feltria, Concordia e ad . Nativo di Feltria, come sembra indicare la sua appartenenza alla tribù di quel municipio, la Menenia, era il cavaliere C. Firmius Rufinus. In suo onore fu eretta nell’area forense una statua, di cui si conserva nel Museo Civico di Feltre la base con l’iscrizione onoraria37:

C. Firmio C. f. Menen(ia) Rufino, eq(uo) pub(lico), Lauren(ti) Lav(inati) , dec(urioni), flamin(i), 5 patrono colle= giorum fab(rum), cent(onariorum), dendr(ophorum) Feltriae itemque Beruens(ium), colleg(ium) fabr(um) Alti= 10 natium patrono.

35 Il santuario probabilmente sorgeva nell’area di S. Martino della Beligna (FONTANA 1997, pp. 153- 155). Nello stesso anno 1548 si rinvennero nella medesima località, presso la basilica extraurbana della Beligna, numerose altre dediche a Belenus, tutte ugualmente donate dai Savorgnan, feudatari di Belvedere, al patriarca di Aquileia, il veneziano Giovanni Grimani (ZACCARIA 1984, pp. 138-139 e FAVARETTO 1990, pp. 90-91) e che in casa Grimani furono conservate fino al XIX secolo (InscrAq, p. 51). Non è possibile dire se la dedica in questione sia da identificarsi o meno con il reperto venduto a Venezia nel 1867 dall'antiquario Richetti alla contessa Zichy, che lo inviò in Austria, e che è stato cercato invano dal Brusin. 36 Ad essa, nume tutelare della città, in rapporto sincretico con Apollo, sono indirizzate molte decine di dediche, circa il 20% dei tituli sacri di Aquileia. Sul suo culto nella colonia vd. WOJCIECHOWSKI 1996, pp. 93-101; WOJCIECHOWSKI 2002, pp. 29-35. 37 La base è in calcare del Cansiglio; sull’iscrizione, CIL, V, 2071 = ILS, 6691, vd. LAZZARO 1989, pp. 247-248 e BASSIGNANO 2004, pp. 246-247; la statua da questa sostenuta doveva essere di bronzo, non di marmo, come precisa ALFÖLDY 1984, p. 118, n.156 e p. 37 nt. 85. I LAURENTES LAVINATES NELLA X REGIO 177

Volle onorarlo il collegio dei fabri di Altinum, di cui era patrono. Ma, come è stato notato38, non casualmente Rufinus era patrono anche dei collegi dei centonarii e dei dendrophori a Feltria ed a Berua, municipium quest'ultimo la cui localizzazione permane ancora incerta39. Stretti legami infatti si evidenziano tra le tre associazioni in numerosi municipi dell'Italia centrale e della Cisalpina40; nel caso in esame, poi, Rufinus doveva svolgere un ruolo essenziale di intermediazione tra fornitori e trasportatori del legname per fluitazione dalle aree interne verso i fabri altinati che lo lavoravano41. Quanta importanza rivestissero tali associazioni nella vita economica dell'area mostra la loro vitalità attestata a Feltria almeno fino all'età costantiniana42. Ne consegue il notevole prestigio sociale di chi, come Rufinus, fosse stato scelto come patrono. Che l'ambito di interessi e di impegni pubblici di questo cavaliere fosse tuttavia tutto definito in una seppur ampia realtà regionale, indicano anche i ruoli politico-religiosi, di decurione e di flamine, rivestiti nel municipio feltrino. Come da attendersi, nell'iscrizione in suo onore egli volle che in primo luogo fosse indicata la sua apparteneza all'ordine equestre e il sacerdozio statale di laurente lavinate ad esso intenzionalmente correlato, così come, di seguito, al decurionato feltrino veniva a corrispondere il flaminato municipale43. Impegni e onori che egli ottenne in un periodo che, per la tipologia del supporto e la paleografia del testo, può ascriversi alla prima età antonina44.

Il senato del centro istriano di Pola curò l'erezione di una statua, di cui resta oggi la base con l’iscrizione, in onore di Q. Decius Mettius Sabinianus, nella sua città natale, Concordia45:

Q. Dec(ius)46 Q. f. Cl(audia) Mett(io) Sabinia=

38 SCARFÌ, TOMBOLANI 1985, pp. 32-33; BUCHI 1989, pp. 190 e 200; BOSCOLO 2006, pp. 497-498. 39 La localizzazione di Berua, centro di difficile individuazione perché situato in posizione marginale e lontana dai maggiori assi stradali, costituisce un problema aperto: le varie ipotesi formulate nel tempo sono prese in esame da PESAVENTO MATTIOLI 2002, pp. 423-436, la quale propone, accanto alla localizzazione attualmente più accreditata nell'area della Valsugana, anche la zona dell'alto Vicentino affacciata sulla Valdastico, regione di notevoli potenzialità economiche tra l'Adige e il Brenta. Sul tema vd. anche BUCHI 1987, p. 124, BUCHI 1995, p. 82 e nt. a p. 107 e da ultimi BASSIGNANO, SARTORI 2005, pp. 93-107. 40 SALAMITO 1990, p. 166 e BASSIGNANO 2004, p. 246. 41 SCARFÌ 1987, pp. 32-33. 42 LAZZARO 1989, pp. 253-255, n. 35, in cui i collegia dei fabri e dei centonarii sono destinatari di un notevole legato finanziario nel 323 d.C. 43 BASSIGNANO 2001, p. 331 nt. 36 e BASSIGNANO 2003b, p. 88, n. 13. 44 ALFÖLDY 1984, p. 118 e BUCHI 1989, p. 200, il quale, correttamente, esclude la datazione non posteriore alla prima metà del I sec. proposta da SCARFÌ, TOMBOLANI 1985, p. 32; vd. anche BASSIGNANO 2003a, p. 173. 45 CIL, V, 8667; la base, in calcare del Carso, fu rinvenuta nel 1873 nella necropoli tardoromana di Concordia in fase di reimpiego e attualmente è conservata nel Museo Nazionale Concordiese di Portogruaro (BROILO 1980, pp. 65-67, n. 27 e LETTICH 1994, pp. 98-101, n. 35). L'ascrizione alla tribù Claudia concordiese ed il cursus locale non consentono dubbi sull’origine dell’onorato. 46Dec(ius) appare il logico scioglimento dell'abbreviazione del gentilizio (già proposto, del resto, nell'index di CIL, V), perché quello più diffuso nella regione rispetto ad altri pur possibili come ad es. Decidius o Decimius (quest’ultima possibilità non è però esclusa da JACQUES 1983, p. 309).

178 MARIA GRAZIA GRANINO CECERE

no, eq(uo) public(o), Laur(enti) Lav(inati), q(uaestori), aed(ili), 5 IIuir(o) iter(um), patr(ono) coll(egiorum) fab(rum) et cent(onariorum), praef(ecto) coll(egii) fab(rum), curat(ori) r(ei) p(ublicae) Polens(ium) ord(o) Polens(ium) 10 iustissimo innocentissimoq(ue); l(oco) d(ato) d(ecreto) d(ecurionum).

Questi era stato infatti nominato curator rei publicae Polensium47 e il suo operato aveva suscitato l'apprezzamento e la gratitudine dell'ordo del centro amministrato48 . Ma prima di ricevere tale incarico Sabinianus aveva percorso in tutti i suoi gradini la carriera nella colonia concordiese: era stato questore49, edile e per due volte duoviro. Inoltre due collegia professionali tra i più importanti della città, quelli dei fabri e dei centonarii, l'avevano scelto come patrono; anzi dei fabri egli era anche capo del collegio, in quanto praefectus50. Anche per lui, come per molti altri, l'ammissione all'ordo equester deve aver coinciso con la conclusione del cursus municipale e con la concessione del sacerdozio laurente lavinate, prima del suo recarsi a controllare la vita amministrativa di Pola come curator. La tipologia del monumento51, la paleografia, il formulario usato52, sono tutti elementi che suggeriscono una datazione nell'ambito della seconda metà del II secolo d.C., senza poter escludere gli inizi del secolo successivo53.

Una targhetta ansata di bronzo, attualmente conservata a Treviso, ma molto probabilmente rinvenuta ad Altinum, rivela il nome del Laurens Lavinas C. Saenius Verus54 (fig. 4):

47 JACQUES 1983, pp. 309-310; CAMODECA 1980, pp. 522-523; DUTHOY 1979, pp. 193 e 219; ECK, 1999, p. 246. 48 L'ordo Polensium aveva forse onorato Decius di una statua anche nella propria città. 49 PETRACCIA LUCERNONI 1988, p. 256, n. 401. 50 In Italia il titolo di praefectus e patronus collegii fabrum è relativamente diffuso solo nella regio X, ed in particolare nell'area orientale, a Pola (CIL, V, 60), Poreč (CIL, V, 355) e Trieste (CIL, V, 545), oltre che a Concordia. Ad Aquileia è documentato un eques praefectus et patronus collegiorum fabrum et centonariorum (CIL, V, 749) (vd. SALAMITO 1990, p. 169 nt. 44); in generale per i praefecti anche patroni dei collegia vd. CLEMENTE 1972, pp. 167 sgg. e 187. 51 ALFÖLDY 1984, p. 112, n. 136. 52 ALFÖLDY 1980, cc. 292 e 314 nt. 126, il quale osserva come l'uso dei superlativi iustissimus e innocentissimus suggerisca una datazione dall'età antonina; in tal senso anche FORBIS 1996, p. 225, n. 458. 53 BASSIGNANO 2003a, p. 172. 54 AE 1956, 3 (PAVAN 1955, pp. 231-232); BASSIGNANO 2003a, p. 172; la targhetta ansata di bronzo, con fori sulle due anse per l’affissione, di modeste dimensioni (12,6 x 20,35) è attualmente conservata nel Museo Civico “L. Bailo” (GALLIAZZO 1979, p. 126, n. 38). Da una notizia di CONTON 1909, pp. 333-340 possiamo desumere che nella raccolta di antichità altinati, che Giuseppe de Reali teneva nella sua villa di Dosson presso Treviso e della quale il documento faceva parte, vi erano conservate due targhette, di uguale forma e uguale testo, recanti solo delle marginali differenze grafiche; solo una delle due, a quanto pare, venne donata nel 1910 al Museo Civico di Treviso. I LAURENTES LAVINATES NELLA X REGIO 179

Hon(ori) C. Saeni(i) C. f. Sc(aptia) Veri, eq(uo) p(ublico), IIIIv(iri) i(ure) d(icundo) (iterum), Lau(rentis) Lav(inatis), cur(atoris) r(e)r(um) p(ublicarum) Vicet(inorum), Atr(ianorum), Opit(erginorum) L. Acutius Marc┌i┐l= lus55 cliens.

Anche se la sua famiglia, come osserva Jacques56 in merito alla diffusione del gentilizio, aveva probabilmente lontane origini toscane, il cavaliere aveva la sua patria nel municipio di Altinum. Infatti era ascritto alla tribù Scaptia della città57 e in essa aveva rivestito verosimilmente la somma magistratura di quattuorviro per ben due volte. È pur vero che gli Altinati non sembra lo abbiano scelto come patronus, almeno stando a questa dedica, che però si muove in una sfera del tutto privata, posta com'è da un cliente, L. Acutius Marcellus, il cui gentilizio rivela un' origine locale58.

Fig. 4. Treviso, Museo Civico “L. Bailo”. Targhetta bronzea menzionante C. Saenius Verus.

Riconosciute capacità in ambito amministrativo hanno favorito la nomina di Verus a curator rei publicae di ben tre municipi59, Atria60, Vicetia61 e Opitergium, tutti nella X regio. Il sacerdozio laurente lavinate appare menzionato in ordine cronologico nel suo cursus, a conclusione della carriera municipale, in relazione con l'ammissione nell'ordo equester e prima del conferimento delle curatele, secondo

55 Le ultime due lettere della penultima riga potrebbero anche essere intese come una E corsiva, e quindi il cognomen essere letto Marce/lus, ma ciò appare improbabile in presenza di numerose E in scrittura capitale . 56 JACQUES 1983, pp. 332-333 ntt. 2 e 3 in particolare, in cui lo studioso elenca i numerosi centri dell'Etruria, ma anche dell'Emilia e dell'Umbria in cui il gentilizio è attestato. 57 SCARFÌ 1969-1970, p. 233 nt. 62; SCARFÌ 1987, p. 30. 58Questi probabilmente non era estraneo alla cura degli interessi economici del suo patrono. Il nomen Acutius è ad Altinum alquanto diffuso, cfr. SCARFÌ 1969-1970, p. 229 nt. 49 e JACQUES 1983, p. 333 nt. 4. 59 DUTHOY 1979, pp. 193-194, 219 e 229; CAMODECA 1980, pp. 520-521; JACQUES 1983, pp. 332-334; ECK, 1999, p. 246. 60 FOGOLARI , SCARFÌ 1970, pp. 46-48; BUCHI 1984, pp. 82-83. 61 CRACCO RUGGINI 1987, pp. 230-231.

180 MARIA GRAZIA GRANINO CECERE uno schema diffuso alla fine del II o agli inizi del III secolo d.C., ambito temporale suggerito dal formulario usato62 e dalla curatela di più città, che segna una grande frequenza solo dall'età severiana.

Nel municipium di Bellunum nella prima metà del III secolo troviamo quali Laurentes Lavinates due eminenti personaggi, M. Carminius Pudens e C. Flavius Hostilius Sertorianus. Del primo, dal signum Ithacius, resta un'immagine pubblica attraverso due iscrizioni onorarie incise su basi destinate a sorreggere due statue63, l'una64 eretta a cura della moglie, Iunia Valeriana65, l'altra voluta dalla plebs urbana, ma realizzata a spese della consorte66. Le due basi sono state rinvenute in luoghi diversi67 e a distanza di molti decenni.

Sulla fronte della prima si legge:

[I]thaci(i). M. Carmi= nio M. fil. Pap(iria) Puden= 5 ti, equo pub(lico), sacerdoti Lau(rentium) Lav(inatium), electo ad causas fisci tuendas in pro= 10 vincia Alpium Ma= ritimarum, patro= no rei publ(icae) Ter= gestinorum, pa=

62 La formula honori illius, di certo molto meno frequente di in honorem illius, è attestata in particolare in documenti epigrafici della regione, come a Verona (CIL, V, 3401 = ILS, 6696, inciso su di una tabella bronzea, per un M. Gavius Squillianus, probabilmente connesso con i consolari Gavii Squillae Gallicani) e a Brixia (CIL, V, 4353 e 4354 = InscrIt, X, 5, 143-144, entrambe per la clarissima femina Postumia P. f. Paulla, per la quale vd. GREGORI 1999, pp. 119-120), databili, a quanto sembra, in età severiana; quanto alla funzione della targhetta, PAVAN 1955, p. 231, così come CRACCO RUGGINI 1987, p. 231 ritengono fosse apposta sotto un busto dell'onorato, ma ciò non giustificherebbe l'esistenza, attualmente però non verificabile, di due targhette simili. 63 Almeno la seconda base secondo ALFÖLDY 1984, pp. 116-117, nrr. 152-153 doveva sostenere una statua di bronzo. 64 AE 1888, 132 = AE 1976, 252b, cfr. LAZZARO 1988, pp. 327-328, n. 8 e BASSIGNANO, 2004, pp. 230- 231 (base in calcare del Cansiglio rinvenuta nel 1888 a Belluno, dove si conserva nel locale Museo Civico); vd. anche ALFÖLDY 1984, pp. 116-117. 65 Sulla donna e le condizioni di agiatezza familiari, dovute quasi certamente alle proprietà di vasti latifondi, ma probabilmente anche ad attività imprenditoriali, vd. CAPOZZA, PAVAN 1993-1994, pp. 535-537, n. 13. 66 AE 1976, 252a, cfr. LAZZARO 1988, pp. 329-330, n. 9 e BASSIGNANO 2004, p. 231 (base in calcare del Cansiglio, che si conserva, come la precedente, nel locale Museo Civico); vd. anche ALFÖLDY 1984, p. 117; sul personaggio BASSIGNANO 2003a, p. 173. 67 La prima, in venuta alla luce nel 1888, riutilizzata in un muro che serviva da contrafforte in un tratto delle antiche mura nella zona meridionale della città; la seconda rinvenuta nel 1970 in piazza dei Martiri, durante la costruzione di un nuovo edificio. I LAURENTES LAVINATES NELLA X REGIO 181

trono pleb(is) urb(anae), 15 patrono colleg(ii o -iorum) dendrophoror(um) et fabr(orum), cur(atori) rei p(ublicae) Man= tuanor(um), cur(atori) rei p(ublicae) Vicetinor(um), patro= 20 no Catubrinorum, Iunia Valeriana marito rarissi= mo. L(ocus) d(atus) d(ecurionum) d(ecreto).

Sul fianco destro, sulla modanatura del coronamento, in rispondenza dello stesso listello su cui è inciso sulla fronte: Ithaci(i) Sulla fronte della seconda base:

M. Carminio M. fil. Pap(iria) Pude= nti, equo pub(lico), sacerdoti Lau(rentium) La(vinatium), 5 electo ad causas fisci tuendas in pro= vinc(ia) Alpium Mariti= mar(um), patron(o) rei p(ublicae) Tege[s]= tinor(um), patrono pleb(is) urb(anae), 10 patron(o) colleg(ii o -iorum) dendropho= ror(um) et fabr(orum), cur(atori) rei p(ublicae) Mantu= anor(um), cur(atori) rei p(ublicae) Vicetinor(um), patrono Catubrinorum, plebs urbana patrono 15 ob merita. Statuam a plebe oblatam Iunia Valeriana, remissa plebei inpensa, pecunia su= a posuit.

Le due iscrizioni onorarie relative alle due statue, dal testo pressocché identico, consentono di conoscere funzioni, cariche e benemerenze di M. Carminius Pudens. Il rinvenimento delle due basi a Bellunum, il patronato da lui tenuto di associazioni locali e della plebs cittadina, l'offerta della statua da parte di quest'ultima invitano a ritenerlo originario di Bellunum, come del resto la sua ascrizione alla tribù Papiria sembra confermare68. Ma alla stessa tribù è ascritta anche la non lontana Opitergium, dove i Carminii, contrariamente a Bellunum, sono

68 L'origine bellunese è affermata da LAZZARO 1988, p. 313 e da VALVO 1981, pp. 107-117, in part. p. 107 nt. 2 e 108. Quest'ultimo ricorda come un ramo senatorio della gens Carminia abbia dato alcuni consoli nel corso del I e del II sec. d.C. Esponenti della gens di più modesto rilievo sociale sono invece presenti anche in tempi successivi, impegnati in attività commerciali di ampio raggio, non solo nella regio X, ma anche in altre regioni, ad Atene e a Cartagine. Nessuna indicazione in merito in PIR2 C 435.

182 MARIA GRAZIA GRANINO CECERE ampiamente attestati69: ciò ha indotto alcuni ad ipotizzare una provenienza opitergina per lui70. In ogni caso si tratta di un personaggio profondamente partecipe, al di là della città d'origine, della vita economica ed amministrativa della regio X in tutta la sua ampiezza. Notevole doveva essere il suo prestigio, dal momento che fu scelto come patronus non solo della plebs bellunese e delle locali associazioni dei dendrophori e dei fabri71, ma anche dal municipio di Tergeste72 e dalla comunità dei Catubrini, abitanti dell'odierno Cadore73, così come riconosciute erano le sue competenze in ambito amministrativo, poiché gli venne affidata la cura rei publicae di Mantua e di Vicetia74. La procuratela sessagenaria ad causas fisci tuendas nella provincia delle Alpi Maritimae75 è l'unica funzione, tra quelle menzionate, svolta al di fuori della regione d'origine, ma ancora una volta nell'ambito delle competenze economico fiscali di Pudens. Il sacerdozio laurente lavinate è indicato in posizione preminente, appena dopo la menzione dell'appartenenza all'ordo equester e prima dell'unica procuratela, cui fanno seguito curatele e patronati; non è possibile dire se perché extra ordinem, come spesso nei cursus per le cariche religiose, o perché segno di un recente conferimento. Elemento che consente di inquadrare cronologicamente il personaggio è la presenza del signum Ithacius: questo suggerisce una datazione non anteriore al III sec. d.C., ma l'indicazione ancora presente della tribù invita a non superare la prima metà del secolo, anzi forse a preferire i primi decenni.

Come si diceva, M. Carminius Pudens non è il solo Laurens Lavinas noto a Bellunum: la documentazione epigrafica della città rivela il nome di un altro eminente personaggio, C. Flavius Hostilius Sertorianus, che ha rivestito lo stesso sacerdozio, forse solo qualche anno prima. Di lui rimane il sarcofago (fig. 5), destinato a raccoglierne le spoglie insieme a quelle della moglie Domitia Severa, secondo quanto rivela l’iscrizione76:

C. Fl(avius) Hostilius Pap(iria) Sertorianus,

69 Vd. CIL, V, 1964, 1982, 1984, 1990 add., 2006, tralasciando la diffusione nei centri circostanti; a Bellunum l'attestazione appare invece isolata. Si è supposto che i Carminii del Veneto discendano da quelli di Aquileia e questi dai coloni qui giunti nel 181 e nel 169 a.C. (CASSOLA 1991, pp. 17-44). 70 Ad es. JACQUES 1983, p. 296. 71 A due collegi distinti pensa CLEMENTE 1972, pp. 147 e 170; ad uno solo comprendente entrambe le associazioni, assai simili per competenze, del resto, SARTORI 1976, p. 56. Per l'attività dei dendrophori nella regione vd. BUCHI 1989, pp. 189-191; BUCHI 1995, p. 82 e BOSCOLO 2006, pp. 494-496. 72 Come osserva ZACCARIA 1992, p. 164, Pudens è il solo patronus di Tergeste finora attestato. 73 La regione del Cadore in età romana apparteneva originariamente all'ager di Iulium Carnicum (MAINARDIS 1994, pp. 84-85); successivamente dovette godere di una certa autonomia, come questo documento sembra dimostrare. 74 JACQUES 1983, pp. 295-297; CRACCO RUGGINI 1987, p. 231; ECK 1999, p. 246. 75 Funzione identificabile con quella di advocatus fisci (SARTORI 1976, p. 53), uno dei gradini iniziali della carriera procuratoria, vd. PFLAUM 1960-1961, p. 1046. 76 CIL, V, 2044 = IG, XIV, 2381 = VIDMAN 1969, p. 267, n. 620 = LAZZARO 1988, p. 314 e BASSIGNANO 2004, pp. 218-219; cfr. MORA 1990, p. 407, n. 133 e p. 411, n. 164 e BRICAULT 2005, pp. 651-652, n. 515/0401. Il sarcofago, in calcare del Cansiglio, rinvenuto durante la costruzione della chiesa di S. Stefano, è attualmente conservato a Belluno nel Centro Culturale Cittadino di Palazzo Crepadona. Per il personaggio BASSIGNANO 2003a, p. 172. I LAURENTES LAVINATES NELLA X REGIO 183

Laur(ens) Lav(inas), p(- - -) eq(ues) R(omanus) m(- - -), sibi et Domitiae 5 T. filiae Severae, coiugi incompara= bili, v(ivus) f(ecit). Γρηγόρι χαîρε Ôρεσι ¢εˆ 10 μνήμων.

L'ascrizione alla tribù Papiria indica in Sertorianus un cittadino di Bellunum, municipio nel quale un suo omonimo, certo appartenente alla sua stessa famiglia, erige il sarcofago della piccola figlia Flavia Severa77 e un P. Hostilius Sertorianus è autore di una dedica a Giove78. L'elevata posizione economico-sociale nell'ambito della sua città d'origine trova riscontro nel tipo di sepoltura scelto per sé e per la moglie: si tratta di uno dei non frequenti sarcofagi con scene di caccia, la cui diffusione nell’area cisalpina è stata ampiamente studiata da Rebecchi79, che per il loro stesso apparato iconografico rivelano quanto simili fossero gli ideali di vita dell'aristocrazia municipale rispetto a quelli della contemporanea nobiltà senatoria: il defunto appare impegnato in quello che è considerato uno dei più nobili ed esclusivi piaceri della vita, una battuta di caccia, dalla quale non è esclusa anche la moglie, Domitia Severa, raffigurata nelle sembianze di Diana80. L'iscrizione, racchiusa in una cornice ottogonale, si divide nettamente in due parti, distinte anche dall'uso di due lingue diverse: nella prima, in latino, si ricorda come Sertorianus sia stato un Laurens Lavinas, un pontifex, o, quale eques Romanus, patronus municipii. Ancor oggi l'ipotesi del Mommsen81 per lo scioglimento delle due lettere P e M che affiancano eq(ues) R(omanus) non è da escludersi rispetto ad altri tentativi, quale quello di Egger82, che intende, invece, p(ontifex), eq. R., m(emoriam). E ciò sia perché patronus municipii non di rado è abbreviato alle sole prime lettere83, sia perché, d’altro canto, le sole iniziali non

77 CIL, V, 2052; LAZZARO 1988, p. 316; BASSIGNANO 2004, p. 223: Flaviae C. fil. Severae, annorum III / mens. XI d. V, fil(iae) carissimae C. F(lavius) Hostilian(us) / et Plaetoria L. f. Laeonica parent(es) fec(erunt). L'identità del cognomen Severa tra la defunta e Domitia Severa è sottolineata dal DEGRASSI 1940, p. 22 a supporto della sua ipotesi, che vede Sertorianus quale probabile nonno della piccola. Per la fanciulla, vd. CAPOZZA, PAVAN, p. 534, n. 12 e per la madre, Plaetoria Laeonica, p. 539, n. 17. 78 CIL, V, 2038; LAZZARO 1988, p. 314; BASSIGNANO 2004, p. 216, di certo precedente nel tempo. 79 REBECCHI 1993, a p. 177 cura un'ampia scheda del sarcofago, con la precedente bibliografia e in precedenza, alle pp. 171-172 si sofferma sulla collocazione sociale e sul ceto, sempre notevolmente elevato, dei committenti dei sarcofagi cisalpini con scene di caccia. 80 WREDE 1981, pp. 227-228, n. 94. Sul retro del sarcofago si distende la rappresentazione del defunto che torna da una partita di caccia sul cavallo, preceduto dai cani e attorniato dai portatori; sui lati brevi sono raffigurati rispettivamente Domitia Severa, che, come Diana, abbatte la cerva e Sertorianus come Meleagro, che sta per colpire il cinghiale. Tale consecratio di carattere privato trova riscontro nel tema della caccia come esaltazione delle qualità individuali, rispettivamente della virtus e la castitas dei due personaggi. 81 CIL, V ad n. 2044; egli propone lo scioglimento delle abbreviazioni alla r. 3 p(atronus) eq(ues) R(omanus) m(unicipi). 82 Con EGGER 1951, pp. 60-64, cfr. AE 1953, 155; anche VIDMAN 1969, p. 276, n. 620 e MALAISE 1972, p. 13. 83 Vd., solo a titolo d'esempio, CIL, X, 5919 = ILS, 6263; ILS, 5728 e 6268.

184 MARIA GRAZIA GRANINO CECERE consentirebbero di intendere agevolmente uno scioglimento rispettivamente in pontifex e memoriam84. Dunque Sertorianus, pur appartenendo all'aristocrazia di Bellunum, non sembra aver rivestito magistrature nella sua città né altri incarichi pubblici ad esclusione del patronato o del pontificato. Quasi un nobile distacco dagli impegni del quotidiano, secondo quanto sembra rivelare anche la seconda parte del testo, quella in lingua greca, sulla quale si è concentrato l'interesse di molti, pure di chi, forse arbitrariamente, ha voluto riconoscervi una valenza isiaca85: "Sii di buon animo, e godi dei tuoi monti, ricordandotene sempre".

Fig. 5. Belluno, Centro Culturale Cittadino di Palazzo Crepadona. Sarcofago di C. Flavius Hostilius Sertorianus.

Il sarcofago, opera di esperte maestranze locali, che probabilmente si sono ispirate ai modelli dei più raffinati prodotti attici d'importazione86, da un lato rivela l'appartenenza di Sertorianus ai livelli economico-sociali più alti del municipio, dall'altro ne consente una collocazione temporale più precisa, il secondo quarto del III sec. d.C.87, rispetto a quanto si potrebbe desumere dai soli dati epigrafici. L'immagine che Sertorianus ha voluto lasciare di sé risponde a un ideale di vita che si pone quasi in antitesi con quello della maggioranza degli altri individui

84 Incertezza in merito esprime anche IJSEWIJN 1985-1986, p. 40. Non dirimente è il fatto che finora non siano attestati pontifices a Bellunum. 85 EGGER 1951, pp. 60-63 considera γρηγόρι come un termine d’avertissement caratteristico degli isiaci, ma l’ipotesi, che si fonda sull’iscrizione del sarcofago ravennate ILS, 9442 = VIDMAN 1969, n. 586, appare dubbia a MORETTI 1965, pp. 179-185, ben poco convincente a VIDMAN 1970, p. 138, come a MALAISE 1972, p. 13; e non diversamente si esprimono MORA 1990, p. 407, n. 133 e p. 411, n. 164 e BRICAULT 2005, pp. 651-652, n. 515/0401. 86 REBECCHI 1978, in particolare pp. 246-48. 87 L’acconciatura alla Giulia Mamea di Domizia Severa si propone quale indiscutibile elemento datante, come osservano sia GABELMANN 1973, pp. 72-73, n. 20 e tavv. 12-13 che REBECCHI 1978, pp. 246-247; non diversamente poi BUCHI 1995, pp. 83-84 e D’ABRUZZO 1990, p. 77. I LAURENTES LAVINATES NELLA X REGIO 185 che hanno rivestito il sacerdozio Laurentium Lavinatium, molto partecipi della realtà sociale, politica ed economina dei centri cittadini nei quali erano nati o si trovarono a operare. Tra di loro, almeno 11 complessivamente, ben 6 o forse 7 appartenenti all'ordine equestre; altri dalla carriera più strettamente municipale. Ad esclusione di Epipodius, morto probabilmente in giovane età, di Sertorianus, nobile patronus e di Mansuetius, di cui conosciamo solo la devozione per Belenus, tutti appaiono individui quotidianamente impegnati nella vita cittadina, nel rivestire magistrature, patronati di collegia professionali, sacerdozi locali. Ma ciò che colpisce in particolare è il numero di quanti in questa regione hanno avuto accesso ad un prestigioso sacerdozio dello stato, a maggior ragione se consideriamo tale realtà in relazione a quanto documentato per le altre aree dell'Italia romana. Ad esclusione della prima regio, nella quale per ovvie ragioni le testimonianze si addensano, il numero di almeno 11 nella Venetia et Histria s'impone su di una media di 3 attestazioni nelle altre regioni, dato questo che non può dipendere dalle semplice casualità dei rinvenimenti. Piuttosto ciò appare segno evidente di un processo profondo di romanizzazione, di una partecipazione fattiva alla vita sociale, di un'adesione convinta alle istituzioni dello Stato romano.

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