I Laurentes Lavinates Nella X Regio*

I Laurentes Lavinates Nella X Regio*

I LAURENTES LAVINATES NELLA X REGIO* Maria Grazia Granino Cecere Alcuni tra i presenti sanno che area privilegiata dei miei interessi è quella dell'antico Lazio e che, di conseguenza, nella regione Cisalpina non mi muovo con la necessaria competenza. Ma il piacere di partecipare a un incontro per Ezio Buchi, il desiderio di testimoniare la mia stima e il mio affetto per lui hanno prevalso sui miei timori nell'affrontare vie non familiari. Ho pensato che un legame, seppur assai tenue, si può trovare tra il Latium vetus e la "sua" X regio, quella cui ha dedicato tanto del suo impegno umano e scientifico. Tale legame si può individuare nei personaggi di rilievo di questa regione che rivestirono un sacerdozio, quello dei Laurentes Lavinates, che trae appunto la sua denominazione da un'antica comunità del Lazio. Si tratta di un sacerdozio, che, come altri affini, quali i Caeninenses, i Lanuvini, gli Albani, i Cabenses, i Tusculani ebbe vita molto probabilmente dai primi decenni del principato1, nell'ambito di un'ideale restitutio di una communio sacrorum tra i relativi centri del Latium vetus e Roma. Le fonti letterarie non ne fanno esplicita menzione e i dati che in merito si possono raccogliere sono dovuti essenzialmente alla tradizione epigrafica. Ritenuti abitualmente come riservati agli appartenenti all'ordine equestre, in realtà vedono nel loro reclutamento una base ben più ampia: non mancano, infatti, fra tali sacerdoti dei senatori, ma anche individui dal Fig. 1. Arbizzano. Ara funeraria eretta da M. solo rilievo locale e persino di Clodius M. f. Candidus. status libertino. *Il presente contributo è stato realizzato nell’ambito del progetto di ricerca “Promozione sociale attraverso le istituzioni dello Stato romano di età imperiale: sacerdozi e ufficialità militare nella realtà municipale in Italia (sec. I-III d.C.)” finanziato dall’Università degli Studi di Siena (aa. aa. 2005-2007). 1 Per un’ultima sintesi sull’argomento vd. FRATEANTONIO, pp. 64-77. Per tali sacerdotes vd. SAULNIER 1984, pp. 517-533 e SCHEID, GRANINO CECERE 1999, pp. 79-189. 170 MARIA GRAZIA GRANINO CECERE I Laurentes Lavinates, tra questi, sono di gran lunga i più numerosi (quasi un centinaio) e attestati nelle più lontane regioni dell'impero, in un arco temporale che va dall'età tiberiana al IV secolo d.C. Nella regio X sono particolarmente presenti quali personaggi spesso di spicco nella realtà socio-economica dei centri di maggior rilievo, tra la fine del I secolo e la prima metà del III. A Verona ne sono noti ben tre, che presento in successione cronologica. Il primo, collocabile tra la fine del I e la prima metà del II secolo, è M. Clodius Candidus, noto da un’iscrizione sepolcrale rinvenuta ad Arbizzano, nell’ager della città2 (fig. 1). Così è edita in CIL, V, 3413: Ma se ne propone, e proprio per la parte che interessa, una diversa lettura: Naeviae L. f. Naeviolae, quae vixit ann(is) XXII, m(ensibus) IIII, d(iebus) V 5 M. Clodius M. f. Candidus, IIIIvir i(ure) d(icundo) et q(uaestor) aerari Ve[r]onae, sacerdos L[auren]t(ium) Lavin(atium), - - - - - - Come consente di notare l'immagine dell'ara funeraria3 da lui eretta per Naevia Naeviola4, delle lettere IOVIV[..]T, con difficoltà individuabili, a detta del Mommsen, prima di LAVIN e a suo parere forse da intendersi Iovi Vict(ori)5, non rimane che l'asta verticale della prima e la T quale ultima: tutto il resto risulta attualmente perduto, in una evidentemente ulteriore scheggiatura dell'ara lungo il margine inferiore6. Ma sembra che, nonostante le osservazioni del Mommsen, secondo il quale le tracce di lettere prima di LAVIN non si adatterebbero a LAVRENT, solo quest'ultima ipotesi di lettura possa accogliersi, e per diversi motivi. 2 CIL, V, 3413. 3 Immagine che mi è stata gentilmente fornita dall’amico e collega Alfredo Buonopane. 4 Inserita un tempo nella torre campanaria della chiesa, è attualmente collocata su di un basamento moderno presso la canonica. 5 CIL, V, 3413 ad n.; vd. anche BASSIGNANO 2003a, p. 174. 6 Alla r. 8 dopo LAVIN è chiaramente visibile un segno d'interpunzione. I LAURENTES LAVINATES NELLA X REGIO 171 Innanzitutto non appare accettabile l'idea dello studioso tedesco secondo la quale LAVIN sia da sciogliersi in Lavin(as), indicando con questo solo termine il sacerdozio, dal momento che sarebbe questa un'attestazione senza confronti, mentre la forma sacerdos Laurent(ium) Lavin(atium) è la più frequente. Inoltre a Verona si avrebbe quest'unica testimonianza di un culto per Iuppiter Victor e soprattutto di uno specifico sacerdozio ad esso dedicato. Tanto meno sembra da accogliersi l'ipotesi7, che invita ad uno scioglimento in Lavin(atis), intendendo il sacerdozio di Iuppiter Victor come esercitato nel centro di Lavinium8, rispetto alle magistrature rivestite invece a Verona. Ciò sia perché nel centro laziale tale culto non è attestato, sia perché il locativo Veronae non necessariamente deve presupporre la menzione successiva di una carica esercitata in un centro diverso. Non di rado, infatti, si trova la menzione del luogo con valenza assoluta, quando il documento epigrafico veniva eretto lontano dal centro cittadino, nell'ager municipale9. E l'ara in esame è stata rinvenuta appunto ad Arbizzano, a quanto sembra in una proprietà rustica di Candidus. Non diversamente vedremo usato il locativo Veronae nel documento seguente, rinvenuto anch'esso lontano dal centro cittadino. La gens Clodia appare ampiamente attestata nel territorio di Verona10, dove Candidus11 rivestì la suprema magistratura ordinaria e fu quaestor aerarii; se fu, come credo, sacerdos Laurentium Lavinatium è da annoverare tra coloro che non appartennero al ceto equestre, ma ebbero una carriera limitata in ambito municipale. Il nome del secondo laurente lavinate, Q. Gavius Princeps, emerge da tre frammenti appartenenti a un'unica lastra, noti attraverso l'Asquini12: [Q.] Gavio Q. [f.] [P]ob(lilia) Princip[i] [II]IIvir(o) Veron[ae], [e]q(uo) pub(lico), Laur(enti) L[av(inati)], 5 [pra]ef(ecto) coll[eg(iorum) fa]br(um) et den[dr(ophorum]), [p]agani pa[gorum? Fo]ro Iulie[ns(ium)] [p]atron[o]. A lungo questo documento è stato ritenuto falso, finché Panciera13 non si è pronunciato sulla sua probabile autenticità: egli ha osservato come il testo, noto da 7 BASSIGNANO 1987, p. 369 nt. 307, seguita da PETRACCIA LUCERNONI 1988, pp. 265-266, n. 418. 8 Dove per altro è finora attestato il solo culto di Sol/Iuppiter Indiges, cfr. CASTAGNOLI 1972, p. 110 (ma vd. p. 78: sacerdos Iovis Victoris Lavinas, seguendo la proposta del Mommsen). 9 DONATI 2002, pp. 49-51. Per rimanere nella X regio si considerino ad es. i documenti rinvenuti nell'ager di Brixia nei quali è specificato che la magistratura cittadina è stata esercitata nello stesso centro: InscrIt, X, 5, 1051, 1102, 1127, 1194. 10 Vd. CIL, V, 3845, 3564 e 8844 (in cui compare un quasi omonimo del nostro, un Manius Clodius Candiidus). 11 Come evidenzia l'immagine, il cognomen è per certo Candidus (con le lettere NDI in nesso) e non Candidatus, come ad es. afferma BREUER 1996, pp. 287-288, sottolineando una presunta svista di IJSEWIJN 1985-1986, p. 40, che legge il cognomen correttamente. 12 CIL, V, 424*, forse rinvenuti nell’ager di Verona, a Chiesanuova, attualmente irreperibili. 13 PANCIERA 1970, pp. 81-84 e fig. 5; BASSIGNANO 2003a, pp. 173-174. 172 MARIA GRAZIA GRANINO CECERE vari autori, ma, come notava Mommsen14, tutti dipendenti dall'Asquini (del quale è ben conosciuta l'attività di falsario), in realtà non ebbe da questi origine, in quanto gli fu comunicato, secondo quanto rivela una lettera del suo epistolario, da un tal Girolamo Bovio15. Del resto il testo di per sé sembra ben inquadrarsi nella realtà veronese. La gens Gavia è certo la più eminente di Verona, la tribù Poblilia è quella in cui la città è ascritta e il quattuorvirato ne è la magistratura ordinaria16. A Verona, inoltre, sono attestati i due collegi dei dendrophori e dei fabri e non stupisce la presenza di un solo praefectus per entrambi17. Delle perplessità suscitano solo le ultime tre righe, forse da intendere, secondo un suggerimento di Panciera18, ammettendo una riga in più, come pagani pagorum Foroiuliensium, ovvero dedica degli abitanti dei pagi dell'ager di Forum Iulium, o con pagani seguito dal nome del pagus, connettendo in tal caso il genitivo Iuliensium al patrono che chiude il testo. Q. Gavius Princeps appare dunque come un appartenente all'ordine equestre di rilevanza locale, che, se realmente esistito, ha rivestito magistrature e patronati nella sua città natale, forse ancora nella prima metà del II secolo d.C. Del terzo laurente lavinate, P. Pomponius Epipodius, si conserva nel Museo Archeologico al Teatro romano il bel sarcofago in pietra rossa della Valpolicella con coperchio a doppio spiovente. Nella grande tabula centrale si legge19 (fig. 2): D(is) M(anibus) P. Pomponio Epipodio Lau= rentis Lavinatis (!) ob eximi= am in se pietatem eius C. Iulius 5 Iustus filio natural[i]. Di P. Pomponius Epipodius20, figlio illegittimo di C. Iulius Iustus, non è ricordata che l'appartenenza al collegio sacerdotale dei Laurentes Lavinates e il rispetto e l'affetto dimostrati nei confronti del genitore, sentimenti che sembrano sottolineati proprio in considerazione dell'illegittimità del rapporto esistente tra i due21. Egli deve aver concluso 14 CIL, V, 424* ad n. 15 L'Asquini sembra sia intervenuto soltanto nel ricomporre ed integrare i tre frammenti della lastra disegnati dal Bovio. 16 Sulle vicende costituzionali della città e il quattuorvirato vd. BUONOPANE 1981, pp. 258-261; BUCHI 1987, pp. 123-124 e da ultimo EVANGELISTI 2007, pp. 361-364. 17 BOSCOLO 2006, pp. 500-501. 18 PANCIERA 1970, pp.

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