GIOVEDì 30 GENNAIO 2014 Mezzo secolo è un anniversario da festeggiare alla grande. È quello che fa la in occasione dei 50 anni della prima vittoria al rally di Monte-Carlo. Il 21 gennaio del 1964 infatti il nordirlandese Mini e "Monte-Carlo" e il suo "navigatore" Henry Liddon si aggiudicarono il prestigioso rally, allora autentica vetrina della produzione automobilistica. Il percorso 50 anni di un mito lunghissimo, il maltempo, le strade di montagna, costituivano un formidabile ed evidente banco di prova, oltre che potente strumento di promozione per i modelli vincitori. E la Mini mezzo secolo fa sfruttò al meglio l'occasione, dimostrandosi l'eccezionale auto che è stata, LUCIA SAVINO autentico "Davide" che sapeva battere i più agguerriti "Golia", sino a diventare il mito tuttora vivo.

Fin da subito la Mini aveva fatto pensare a un uso sportivo: le sue dimensioni, il peso contenuto (580 kg), la trazione anteriore, lasciavano intuire grandi potenzialità nella vettura. A crederci in particolare era John Cooper che lavorò moltissimo nello sviluppo e nella preparazione, trasformando la Mini in un'auto da corsa vincente. All'inizio degli Anni [email protected] 60, Cooper riuscì ad avere come tester sulla pista di Silverstone niente SPETTACOLINEWS.IT meno che piloti del calibro di Graham Hill, Jack Brabham e Jim Clark, tutti campioni del mondo di Formula 1.

Ma era chiaro che il terreno su cui la Mini Cooper poteva rendere di più erano i rally. E in effetti le vittorie non tardarono ad arrivare. Nel 1962, per esempio, vinse il rally dei Tulipani e quello di Baden Baden. Ce n'era a sufficienza per far nascere il desiderio di tentare la partecipazione al rally di Monte-Carlo, già allora la più celebre e blasonata gara rallistica, autentico terreno di sfida per le auto di produzione. La prima partecipazione avvenne nel 1963, e le due Mini Cooper iscritte conquistarono i primi due posti della classifica di classe, in terza e sesta posizione assoluta.

Per l'avventura al rally di Monte-Carlo il team ufficiale era composto da sei vetture e contava soprattutto sugli equipagi Hopkirk-Liddon, Aaltonen-Ambrose e Makinen-Vanson. La Mini aveva il motore di 1.071 cc, con un'ottantina di cavalli. Gli avversari disponevano di auto molto più grandi e potenti (la Mercedes 300, lo squadrone di sei Ford Falcon, di cui una affidata a un certo Graham Hill) ma le Mini riuscirono a tenervi testa. A partire dai lunghi ed estenuanti itinerari di concentramento, come si usava allora. La partenza avveniva in diverse città europee con destinazione Monte-Carlo. Hopkirk partì da Minsk, in Unione Sovietica,

Pag. 1 / 2 Aaltonen da Oslo e Makinen da Parigi. E anche in quei chilometri non certo ideali per una "piccola" la Mini si dimostrò affidabile ed efficace.

Una volta nella parte più impegnativa agonisticamente (1.400 km), la Mini seppe sfruttare la maneggevolezza e la capacità di muoversi in ogni situazione di fondo, arrivando alla fine al comando della gara, sia pure grazie al meccanismo dei coefficienti attribuiti in base al peso e al motore. La Mini Cooper S con il numero 37 e targata 33 EJB, pilotata da Hopkirk, sopravanzò di 17 secondi la poderosa e più pesante Ford Falcon di Bo Ljungfeldt che peraltro aveva vinto tutte le prove speciali del rally. Infine, Hopkirk e la Mini Cooper S riuscirono anche a vincere nella prova speciale disputata in chiusura su una parte del circuito di Monaco, quello del Gran Premio. I compagni di squadra Timo Makinen e finirono rispettivamente quarto e settimo.

Poi il 1965, l'anno della consacrazione definitiva, con la vittoria dal sapore epico: la piccola Mini Cooper, questa volta con il motore portato a 1.275 cc di cilindrata, a dominare tutti i concorrenti e ancora di più a superare indenne le avverse condizioni ambientali. Sulle strade alpine quell'anno la neve fu abbondantissima e tutti ebbero problemi, tutti meno la Mini Cooper di Timo Makinen, in coppia con Paul Ester. La vittoria del 1964 non era stata un caso: il mito era nato.

Poi il 1966, al tempo stesso anno di trionfo e delusione cocente. Le Mini Cooper di Makinen, Aaltonen e Hopkirk si piazzarono nell'ordine ai primi tre posti della gara suscitando un entusiasmo popolare enorme. Poi la doccia fredda, freddissima: i commissari tecnici contestarono i fari usati sulle tre vetture perché non corrispondenti a quelle omologati. Erano i primi proiettori allo jodio. Lo sport automobilistico che da sempre aveva rimarcato il suo contributo allo sviluppo tecnico dell'automobile, puniva chi introduceva un importantissimo miglioramento. Fu anche squalificata la Ford Cortina quarta classificata e a vincere fu la Citroën DS 21 di Pauli Toivonen, padre del compianto Henry.

L'anno successivo la voglia di rivalsa fu una benzina molto efficace nel team Mini, e a cogliere il successo fu il finlandese Rauno Altonen, in coppia con Henry Liddon. Il protagonista della prima vittoria Mini, Hopkirk finì sesto assoluto. Per la cronaca, Aaltonen al "Monte-Carlo" ha ottenuto anche un terzo posto, nel 1968. (fonte al volante)

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