TESTIM IN QUESTO NUMERO La grande alluvione (Volume monografico speciale a cura di Giorgio Valentino Federici, Miriana Meli, o Lucio Niccolai, Severino Saccardi, Simone Siliani, Vincenzo Striano) NIANZE TESTIM NIANZE Rivista fondata da Ernesto Balducci La grande alluvione o Ernesto Balducci A 50 anni dall’alluvione del 1966 Severino Saccardi; Giorgio Valentino Federici; ; Enrico Rossi; Eugenio Giani Quei giorni a Firenze Antonina Bargellini; Ignazio Becchi; Fabio Dei; Anna Iuso; Ignazio Becchi; Erasmo D’Angelis; Franco Quercioli; Mauro Sbordoni; Sandra Teroni; Valeria D’Agostino; Piero Meucci; Mario Primicerio, Severino Saccardi e Simone Siliani; ; Redazione di «Testimonianze»; Aldo Buoncristiano; Filppo Vannoni; Roberto Mosi; Adriana Billi; Silvia Costa; Claudia Petrucci; La grande Mauro Cozzi; Luca Brogioni; Erika Ghilardi Quei giorni in Toscana Lucio Niccolai; Velio Abati e Lucio Niccolai; Alessandro Angeli; Alessandro Angeli; Corrado Barontini; Pietro Piussi e Giampietro Wirz; Stefano Beccastrini; Pier Angelo Bonazzoli, Davide Giovannuzzi e Andrea Rossi; Paolo Capezzone; Remo Chiarini; Giorgio Valentino Federici e Lorenzo Giudici; Miriana Meli; Sandro Bennucci alluvione Beni culturali e restauro: il «laboratorio Firenze» Cristina Acidini; Marco Ciatti; Gisella Guasti; Carla Guiducci Bonanni e Luca Nannipieri; Giulia Coco e Magnolia Scudieri; Giuseppe De Micheli; Irene Foraboschi e Anna Mieli; Loredana Maccabruni Il Progetto «Firenze2016» - «Toscana2016» Francesco Alberti e Marco Massa; Giuliano Bianucci; Concetta Bianca; Michele Ercolini; Simona Francalanci, Enio e Luca Solari; Lorenzo Giudici; Francesco Niccolini; Salvatore Siano; Vincenzo Striano; Giuseppe Vallario Ripensare l’alluvione, a scuola Studenti della classe 4ªG del Liceo scientifico «Il Pontormo» di Empoli (coordinati dal prof. Paolo Capezzone); Studenti della classe 5ªC del Liceo scientifico «L. da Vinci» di Firenze (coordinati dal prof. Stefano Zani); Studenti e insegnanti dell’ITI di Manciano (coordinati da Leonardo Gabrielli e Niccolò Meloni); Studenti delle classi 4ªA e C dell’ITE «E. Balducci» di Pontassieve (coordinati dalla prof.ssa Cristina Di Nardo); Studenti della classe 5ªC del Liceo scientifico «E. Balducci» di Pontassieve (coordinati dalla prof.ssa Simona Giani) In tema di sicurezza del territorio Valdemaro Baldi, Giorgio Valentino Federici, Gabriella Montagnani ed Enio Paris; Fabio Bellacchi; Marco Bottino; Gaia Checcucci; Comitato Tecnico Scientifico Internazionale (ITSC); Bernardo Gozzini; Mauro Grassi; Giovanni Massini; Titti Postiglione; Lorenzo Tilli Acqua: un bene da rispettare Mauro Perini; Giuseppe Sardu; Giancarlo Ceccanti; Alessandro Mazzei Rassegna bibliografica sull’alluvione Riccardo Ciliberti ed Elisa Di Renzo 504-505-506 E 20,00 Periodico Bimestrale - Sped. in Abb. Post. - 45% art 2 comma 20/b legge 662/96 Filiale di Firenze 504-505-506 TESTIMoNIANZE BIMESTRALE - ANNO LVIII-LIX NOVEMBRE 2015-APRILE 2016 nn. 6-1-2 (504-505-506)

Direzione e Amministrazione: Direttore RIVISTA EDITA Via Ghibellina, 2/6 Severino Saccardi (responsabile) DALL’ASSOCIAZIONE CULTURALE 50122 Firenze «TESTIMONIANZE» Tel. e fax 055 688180 Codirettore Cell. 335 5378224 Simone Siliani Consiglio Direttivo Un numero separato: il prezzo di Giorgio Federici copertina. Direttore emerito Giulio Mannucci (Tesoriere) Abbonamento annuo (6 numeri): Lodovico Grassi Miriana Meli e 52,00. Roberto Mosi (Presidente) Abbonamento per l’estero (annuo): Comitato di Redazione Severino Saccardi e 80,00. Maurizio Bassetti Sergio Caruso Mauro Sbordoni Abbonamento sostenitore: Andrea Bigalli Andrea Cecconi Simone Siliani e 100,00. Renzo Bonaiuti Mauro Ceruti Vincenzo Striano Gli abbonamenti decorrono Luisa Carparelli Bruno D’Avanzo Stefano Zani (vicepresidente) dal primo numero di ciascun anno. Alessandro Checcucci Giuliano Della Pergola Chi si abbona durante l’anno Laura Coser Valerio Del Nero Comitato Scientifico riceve i numeri arretrati. Davide De Grazia Filippo Gentiloni Andrea Bigalli (Presidente) Abbonamenti «Testimonianze» Fabio Dei Stefano Girola Mauro Ceruti Via Ghibellina, 2/6 Paola Del Pasqua Sergio Givone Massimo Livi Bacci 50122 Firenze Pietro Leandro Di Giorgi Wlodek Goldkorn Cristina Martelli c.c.p. 18032508 Franco Farina Franco Graiff Mario Primicerio Partita IVA 00499650489. Leonardo Ferri Maurilio Guasco Aldo Schiavone (E-mail) [email protected] Simona Giani Giuseppe Grazzini Francesco Stella www.testimonianzeonline.com Andrea Giuntini Samia Kouider Mary Malucchi Alfredo Jacopozzi Autorizz. del Tribunale di Firenze Giulio Mannucci Massimo Livi Bacci con decreto di registrazione Cristina Martelli Claudia Mancina Miriana Meli (caporedattrice) Luigi Manconi nell’elenco periodici Roberto Mosi Predrag Matvejevi´c n. 1207 del 14 dicembre 1957 Sara Mugnaini Vittorio Mete ISSN 0040-3989 Lucio Niccolai Pierluigi Onorato Daniele Pasquini Gabriele Parenti Progetto grafico: Gherardo Pecchioni Maurizio Pascucci Laura Venturi Mattia Poggi Pierangelo Pedani Mauro Sbordoni Giannino Piana Impaginazione e fotolito: Francesco Stella Giulia Pruneti Saffe Vincenzo Striano Rodolfo Ragionieri Via San Morese, 12 Pierluigi Tedeschi Paolo Ricca Calenzano (Firenze) Giorgio Torricelli Armido Rizzi Giacomo Trentanovi Giulia Rodano Stampa: Giuseppe Vettori Leonardo Roselli ABC Tipografia Stefano Zani Ermis Segatti Via Ettore Majorana, 38/40 Maria Cristina Sermanni Sesto Fiorentino (Firenze) Consiglio di Redazione Giuliana Sgrena Giovanni Allegretti Gianni Sofri Federigo Argentieri Federico Squarcini «Testimonianze» è associata all’Unione Stampa Periodica Italiana Foto di copertina Orlando Baroncelli Franco Toscani © Archivio Foto Locchi Firenze Pietro Bucciarelli Tonino Virone e al Coordinamento Riviste Italiane di Cultura www.fotolocchi.it Matilde Callari Galli Bijan Zarmandili TESTIM NIANZE Rivista fondata oda Ernesto Balducci

Alle vittime dell’alluvione del 1966 a Firenze e in Toscana e di tutte le altre alluvioni

504-505-506 CAMPAGNA ABBONAMENTI 2016 TESTIM NIANZE Rivista fondata oda Ernesto Balducci QUESTONUMERO La grande alluvione (Volume monografico speciale a cura di Giorgio Valentino Federici, Miriana Meli, Lucio Niccolai, Severino Saccardi, Simone Siliani e Vincenzo Striano)

Questo numero (triplo) speciale monografico è interamente incentrato sulla commemorazione del cinquantesimo dall’alluvione del 1966, che vide molte zone della Toscana e del resto d’Italia flagellate dalle acque di fiumi e torrenti, ma che trovò nella piena dell’Arno e nella devastazione della città di Firenze la cifra, drammaticamente, più significativa, sia per la perdita di vite umane ed i danni economici, sociali e artistici che essa provocò, sia per l’alto valore simbolico che la città rappresentava – e rappresenta – a livello mondiale. Il volume è idealmente dedicato alle vittime di quella catastrofe e a tutti coloro che alla rinascita della città e dei territori colpiti si dedicarono con coraggioso impegno civile. È, come nella tradizione di questa rivista, un numero «plurale», che, organizzato in più sezioni tematiche, raccoglie le memorie personali dei protagonisti fiorentini e toscani di quegli eventi, che rappresentarono una sorta di spartiacque fra un prima, caratterizzato da una sostanziale ignoranza e disattenzione verso le problematiche dell’ambiente e della sua salvaguardia, e un dopo che, pur nelle difficoltà e con i ritardi che vengono qui segnalati, vede il nascere di una diversa impostazione del governo del territorio. È stato possibile realizzare questo lavoro grazie a una fruttuosa collaborazione fra la rivista e il Comitato di Coordinamento del Progetto «Firenze 2016» - «Toscana2016», che vede coinvolte le istituzioni, pubbliche e private del territorio in una sinergia che vuole andare oltre la semplice commemorazione di quel che è stato e si costituisce, invece, come momento di riflessione e di progettazione attiva per il futuro, coinvolgendo in tale dibattito le giovani generazioni attraverso un rapporto fattivo con la scuola e l’università. Abbiamo scelto di partire, per questa lunga carrellata di ricordi e riflessioni, con un editoriale della rivista «Testimonianze» del novembre 1966, nel quale Ernesto Balducci, con la sua abituale forza di analisi ed il suo linguaggio evocativo, racconta le vicende di quei giorni drammatici e delinea responsabilità e fermenti innovativi che l’alluvione, drammaticamente, aveva messo in evidenza. 5 La grande alluvione 6 Ernesto Balducci, «Testimonianze», novembre 1966 11 A 50 anni dall’alluvione del 1966 12 Severino Saccardi, Nel segno della memoria e della speranza 18 Giorgio Valentino Federici, Ricordare le alluvioni del 1966, affrontare le alluvioni di oggi 29 Dario Nardella, Quel microfono calato dalla finestra 32 Enrico Rossi, L’antico consiglio di Machiavelli 36 Eugenio Giani, Un dramma di tutta la Toscana 38 Quei giorni a Firenze 39 Antonina Bargellini, Piero Bargellini, «sindaco dell’alluvione», mio padre 41 Ignazio Becchi, Raccontare un’alluvione 46 Fabio Dei, Le catastrofi e le loro rappresentazioni 54 Anna Iuso, Angeli alla conquista del fango 60 Ignazio Becchi, La percezione dell’alluvione 67 Erasmo D’Angelis, Erano giovani e si sentivano parte della «città universale» 72 Franco Quercioli, Non siamo angeli 81 Mauro Sbordoni, Il Sessantasei e la cassetta «civica» degli attrezzi 88 Sandra Teroni, Dalla «Buonarroti» al «Manifesto» 99 Valeria D’Agostino, Quando venne Ted Kennedy 102 Piero Meucci, I media, l’alluvione e la lezione della «città sul monte» 107 Mario Primicerio (intervista a cura di Severino Saccardi e Simone Siliani), Immagini che ancora ci parlano, da lontano 113 Giorgio La Pira, La visita di Paolo VI a Firenze nel Natale del 1966 121 Redazione di «Testimonianze», «Viandante nello sconfinato panorama della vita» 123 Aldo Buoncristiano, Un prefetto testimonia 127 Filippo Vannoni, Carlo Maggiorelli, un eroe sconosciuto 129 Roberto Mosi, L’Alluvione e «Le Murate» 133 Adriana Billi, Su tutto pesava lo stupore 135 Silvia Costa, Due liceali a scuola di solidarietà 137 Claudia Petrucci, Un’occasione mancata? 140 Mauro Cozzi, Una città e il suo fiume 145 Luca Brogioni, L’Archivio della Città e l’alluvione «in digitale» 149 Erika Ghilardi, Archivio «Foto Locchi»: la storia di Firenze in 5 milioni di immagini 151 Quei giorni in Toscana 152 Lucio Niccolai, Maremma alluvionata! 157 Velio Abati (introduzione a cura di Lucio Niccolai), L’acqua veniva giù talmente grossa che non si vedeva a due passi… 162 Alessandro Angeli, Il timore di un «nuovo 1966»

3 164 Alessandro Angeli, La furia dell’Ombrone 166 Corrado Barontini, L’acqua fa livello 170 Pietro Piussi e Giampietro Wirz, Il Bosco degli Svizzeri 175 Stefano Beccastrini, Ricordi e riflessioni di un «angelo del fango di periferia» 182 Pier Angelo Bonazzoli, Davide Giovannuzzi e Andrea Rossi, Il Casentino: un laboratorio a cielo aperto 189 Paolo Capezzone, Una data impressa nella memoria 194 Remo Chiarini, Ma la colpa non era delle dighe 199 Giorgio Valentino Federici e Lorenzo Giudici, Acqua dal cielo, acqua dalla terra: i ricordi di Ponte a Ema 202 Miriana Meli, Era di notte, quando arrivò la piena 206 Sandro Bennucci, Le vittime di Reggello 208 Beni culturali e restauro: il «laboratorio Firenze» 209 Cristina Acidini, Il restauro del patrimonio artistico, dopo il disastro: memorie e protagonisti 216 Marco Ciatti, Per la salvezza delle opere d’arte 223 Gisella Guasti, E alla Biblioteca Nazionale cambiò il concetto stesso di restauro 229 Carla Guiducci Bonanni (a cura di Luca Nannipieri), La memoria come futuro dei libri 236 Giulia Coco e Magnolia Scudieri, Per un Centro di documentazione virtuale 242 Giuseppe De Micheli, Santa Croce: una memoria che si fa guida per l’azione 246 Irene Foraboschi e Anna Mieli, Il «Progetto alluvione» all’Archivio dell’Opificio delle Pietre Dure 248 Loredana Maccabruni, La lunga marcia dell’Archivio di Stato 253 Il Progetto «Firenze2016» - «Toscana2016» 254 Francesco Alberti e Marco Massa, La città e il fiume: alla ricerca di una «interfaccia amichevole» 261 Giuliano Bianucci, Una memoria viva, un’opportunità di rinascita 268 Concetta Bianca, L’acqua nemica 270 Michele Ercolini, Acqua e paesaggio: una relazione inscindibile 276 Simona Francalanci, Enio Paris e Luca Solari, Monitorando l’Arno 279 Lorenzo Giudici, Vedi alla voce «resilienza» 286 Francesco Niccolini, L’alluvione del 66, un artista del 65 e un’idea di undici anni fa 291 Salvatore Siano, Quel fiorire di laboratori e scuole di restauro 296 Vincenzo Striano, Al lavoro, con i giovani 299 Giuseppe Vallario, «Firenze2016», a disposizione della scuola 305 Ripensare l’alluvione, a scuola 306 Studenti della classe 4ªG del Liceo scientifico «Il Pontormo» di Empoli (coordinati dal prof. Paolo Capezzone), Il Sessantasei a Empoli: studenti del «Pontormo» a colloquio con i cittadini 313 Studenti della classe 5ªC del Liceo scientifico «L. da Vinci» di Firenze (coordinati dal prof. Stefano Zani), Quando Firenze diventò come Venezia 319 Studenti e insegnanti dell’ITI di Manciano (coordinati da Leonardo Gabrielli e Niccolò Meloni), Dal punto di vista dei ragazzi 324 Studenti delle classi 4ªA e C dell’ITE «E. Balducci» di Pontassieve (coordinati dalla prof.ssa Cristina Di Nardo), A monte di Firenze 331 Studenti della classe 5ªC del Liceo scientifico «E. Balducci» di Pontassieve (coordinati dalla prof.ssa Simona Giani), Montale, l’alluvione e una classe del Liceo «Balducci» 339 In tema di sicurezza del territorio 340 Valdemaro Baldi, Giorgio Valentino Federici, Gabriella Montagnani ed Enio Paris, L’alluvione del 1996 e il «Modello Versilia» 346 Fabio Bellacchi, La lezione del passato e l’impegno dei Consorzi toscani 348 Marco Bottino, L’occasione per cambiare passo 353 Gaia Checcucci, Il bacino dell’Arno e il nuovo Piano di gestione del rischio di alluvioni 359 Comitato Tecnico Scientifico Internazionale (ITSC), Rapporto sull’incontro del 26-28 ottobre 2015 367 Bernardo Gozzini, Alluvioni, cambiamenti climatici e meteorologia: ieri e oggi 373 Mauro Grassi, Politiche e strumenti contro il rischio idrogeologico: una nuova impostazione 379 Giovanni Massini, Il modello delle 3P: prevenzione, protezione, preparazione 384 Titti Postiglione, Cultura della sicurezza e protezione civile: molta strada è stata fatta 388 Lorenzo Tilli, Verso il tempo della responsabilità? 393 Acqua: un bene da rispettare 394 Mauro Perini, Nous sommes en terrasse 397 Giuseppe Sardu, A monte di Pisa 401 Giancarlo Ceccanti, La «svolta antropologica» e gli equilibri idrogeologici 405 Alessandro Mazzei, Sul grande tema dell’acqua 411 Rassegna bibliografica sull’alluvione 412 Riccardo Ciliberti ed Elisa Di Renzo, Alluvione/alluvioni: percorsi tematici e bibliografia essenziale

4 La grande alluvione

(Volume monografico speciale a cura di Giorgio Valentino Federici, Miriana Meli, Lucio Niccolai, Severino Saccardi, Simone Siliani e Vincenzo Striano) La grande alluvione

Ernesto Balducci

5 «TESTIMONIANZE», NOVEMBRE 1966 di Ernesto Balducci *

Nell’editoriale di «Testimonianze» del novembre 1966 viene proposta un’analisi, a caldo, degli effetti dell’alluvione che aveva travolto Firenze pochi giorni prima. La città, ferita nel profondo da un’impietosa onda di piena, aveva perso vite umane, aveva visto sfigurato il suo volto e compromesso il suo tessuto artistico ed economico, ma aveva anche assistito ad uno straordinario moto di solidarietà. Non dello Stato, le cui colpe vengono puntualmente enunciate, ma da parte di una schiera di giovani volontari, da «una fitta rete di gruppi d’ogni colore ideologico», che si erano prodigati nell’opera di soccorso, rendendo, con la loro vitalità ed energia, meno grigio e spettrale il volto della città post-diluvio.

«Nec ullus est in universa Italia qui non duplicem patriam se habere arbitretur: privatim, pro- priam unusquisque suam, publice autem florentinam urbem». (Leonardo Bruni)

«Firenze c’è, ma poteva non esserci più»

La nostra rivista è nata nel momento in cui la vicenda politica e culturale fiorentina si apriva alla complessa realtà del mondo nuovo che stava per nascere. Sebbene quel momento sia ormai passato e forse superato, Firenze resta per noi e, pensiamo, per molti dei nostri lettori, qualcosa di più che il nostro domicilio redazionale e ammini-

* Editoriale, a firma Testimonianze, e attribuibile, quasi senza ombra di dubbio, a Ernesto Balducci. In «Te- stimonianze», Quaderni mensili, anno IX, novembre 1966, n. 89.

6 La grande alluvione

strativo. I mutamenti di questi ultimi anni non sono riusciti a soffocare la forza e la suggestione di questa città, la cui funzione è stata quella di sperimentare in anticipo gli slanci creativi e perfino le degenerazioni della vita nazionale. Sebbene estranea al- le grandi correnti della civiltà tecnologica (Firenze manca persino di un aeroporto!) es- sa ha conservato in questi anni la capacità di elaborare all’interno della sua tradizione più antica le più realistiche intuizioni del futuro, forse perché la sua singolarità fu ed è nella fusione feconda tra il passato e il presente, tra le sue architetture e le sue idee, tra la grazia umanistica e la passione sociale. Essa non è soltanto il più ricco archivio del- la civiltà moderna, è, ancora, per moltissimi uomini d’oggi, una seconda patria. Ebbene, Firenze c’è ma poteva non esserci più: bastava che la parete di una diga ce- desse. La porta del Paradiso, che per tutta la notte del 4 novembre ha sbattuto con gran fragore, si sarebbe spalancata sul caos: il campanile di Giotto attorno a cui per un gior- no l’acqua ha fatto mulinello, sarebbe stato divelto come un fiore. Invece la diga a monte della città ha retto: lode ai tecnici e vergogna allo Stato che a suo tempo li la- sciò indisturbati in un gioco dal cui esito la morte di Firenze non era esclusa. Non sa- rebbe pietoso, anzi non sarebbe giusto dimenticare che la sciagura che ha sommerso la nostra città rientra nel più vasto bilancio che riguarda l’Italia intera e in cui ogni vi- ta persa, ogni ricchezza distrutta meritano lo stesso rimpianto e le stesse premure. Ma Firenze si misura con Firenze: le perizie e le statistiche possono e devono collocare la sua sventura nel parametro generale, ma non possono rilevarne la terribile singolarità. Fin dalle prime ore avvertimmo che l’opinione pubblica nazionale non si rendeva con-

7 to di quel che era avvenuto: solo più tardi il mondo ha capito che il nostro lutto era an- che il suo. Il contesto architettonico più armonioso era diventato come un intreccio di fogne scoperchiate, la rete artigianale più antica del mondo è stata distrutta in poche ore, il patrimonio culturale in cui la cultura moderna rinnova la coscienza delle proprie ori- gini è stato irrimediabilmente menomato.

I danni alla sede

L’acqua e il fango sono arrivati anche nella nostra sede, provocando danni e paraliz- zando l’attività redazionale.Trasformati i nostri locali in centro di organizzazione di soccorsi di ogni tipo oltre che di raccolta e di distribuzione di viveri e di vestiario, ci siamo immersi, ciascuno a modo suo, nello sfacelo generale. Abbiamo lavorato in mez- zo ai tanti giovani, fiorentini, italiani e stranieri, che hanno soccorso la nostra città an- nientata, mentre i responsabili del potere pubblico discettavano, contendendosi com- petenze e rinfacciandosi responsabilità, come eredi discordi nella stanza di un mori- bondo. Mescolati alla gente, con quello spirito di fraternità che solo le grandi sventu- re sanno creare, abbiamo avvertito che riprendevamo contatto con l’anima profonda di Firenze. E così, per una via imprevista e deprecabile, abbiamo ricevuto dalla nostra città una lezione nuova. È quasi incredibile come siano risultati assenti o lontani, soprattutto nella prima setti- mana dopo il disastro, lo Stato con i suoi organi, i suoi uomini, i suoi massimi rap- presentanti. E non solo perché, quando un popolo soffre, lo Stato, anche il più demo- cratico, è per sua natura inidoneo a comprenderlo e a soccorrerlo in modo puntuale e persuasivo, ma perché lo Stato, in questo caso, aveva il marchio di una imputazio- ne che lo rendeva impacciato e infido. La valanga d’acqua arrivata all’improvviso su Firenze e il grave ritardo dei primi soccorsi avevano sollevato il problema della re- sponsabilità e dell’inefficienza degli organi politici ed amministrativi: responsabilità per la situazione di abbandono in cui si trovano le campagne e i monti toscani, per i mancati interventi nel bacino imbrifero dell’Arno, per i danni arrecati al regime idrau- lico e all’alveo del fiume dall’indiscriminata speculazione dei privati.

Le responsabilità dello Stato

È fuori dubbio, in ogni caso, che lo Stato non ha saputo tenere al sicuro la vita dei suoi uomini e quella della sua città più preziosa, almeno nella misura delle sue pos- sibilità, prevedendo con saggezza, provvedendo con larghezza di mezzi, impedendo le prevaricazioni dell’economia del profitto. L’accusa non colpisce soltanto il nostro Stato, colpisce la civiltà da cui è nato e di cui si vanta, la stessa civiltà che spende in armi nucleari e convenzionali una ricchezza destinata dalla natura a sollevare la fa- me e la miseria di più che mezzo genere umano. D’altronde l’inefficienza dello Stato ci è apparsa in tutto l’arco delle sue competenze. Uno Stato ancora deciso a riserva- re un’enorme porzione del bilancio per tenere in vita un esercito di fanti per una guer- ra che non si farà mai e nella quale, in ogni caso, esso sarebbe poco più che uno spet- tatore inerme: uno Stato ancora ostinato – a differenza di quasi tutti i paesi del mon-

8 La grande alluvione do – a rinchiudere in carcere i giovani che si offrono per un servizio civile al posto di quello militare: questo stesso Stato si rivela talmente incapace di scelte economiche programmate secondo precise finalità pubbliche, da non aver niente o quasi a sua di- sposizione per un servizio che sia pronto ad intervenire in modo tempestivo ed effi- cace, in difesa della popolazione civile nei casi delle pubbliche calamità che invece ci sono sempre, almeno in Italia, dal Polesine al Vajont, da Agrigento a Firenze. Si pen- si che la sola città di Londra ha un numero di Vigili del Fuoco pari a quello dell’inte- ro nostro paese. Ancora: lo Stato italiano è privo di strumenti giuridico-amministrativi – e rifiuta quel- li che pure sarebbero a disposizione, come l’Ente regione – capaci di prevedere e di programmare in modo organico e di dirimere con pronta chiarezza la questione del- le competenze tra i poteri di vario livello e di vario ordine, anche quando da quella chiarezza dipende l’efficacia dei suoi interventi nei disastri collettivi. Il popolo di Fi- renze ha saputo che durante le prime ore, anzi le prime giornate dopo l’alluvione, i titolari del potere pubblico, del governo centrale, della prefettura, dell’esercito e del- l’Ente locale si immobilizzavano a vicenda, protetti in parte dai mezzi di informazio- ne governativi che somministravano anestetici alla opinione nazionale.

La frattura fra la Firenze reale e la città legale

Quando finalmente il Comune è sembrato prendere in mano la situazione, era già na- ta la frattura fra il popolo e gli organi dello Stato, fra la Firenze reale e la città legale. Nei quartieri popolari lo spettacolo della comune sciagura e lo sforzo della ripresa hanno promosso forme di solidarietà capaci di preoccupare non solo i benpensanti, ma anche il centrosinistra di Palazzo Vecchio. A Santa Croce, a Gavinana, all’Isolot- to, a San Frediano, al Mercato Vecchio, a Brozzi e altrove sono nati organismi di soli- darietà e di soccorso, i «comitati di quartiere», eccezionali per slancio operativo e per competenza tecnica e politica, le cui matrici preminenti e i cui strumenti erano le ca- se del popolo e le parrocchie, organismi che hanno completamente sostituito l’auto- rità pubblica, giungendo sino a provvedere alle centinaia di senza tetto mediante prov- vedimenti di requisizione e di occupazione, estesi talora a interi stabili. In queste zo- ne, gesuiti, carmelitani, salesiani, seminaristi si sono trovati a far parte degli stessi grup- pi, i cui animatori erano, assieme, parroci e dirigenti dal Partito Comunista, e a cui ap- prodava l’ondata dei giovani volontari accorsi da ogni dove assieme al soccorso tem- pestivo e generosissimo dei Comuni democratici Italiani. Gli amministratori comunali non hanno nascosto la loro diffidenza per questa viva realtà democratica – una alluvione può esprimere più democrazia di cento consultazioni elet- torali – che li metteva fuori gioco: la paura ha incrinato i loro sforzi e ha persino suggeri- to ad alcuni di loro qualche velleità di opporsi all’iniziativa popolare. Proprio in quei giorni, ad esempio, si è tentato di sovrapporre al movimento popola- re un progetto di «consigli di quartiere» nominati dall’alto e concepiti come organi di decentramento burocratico. I parroci hanno veduto nelle proprie stanze un popolo che era stato segregato per decenni nel campo opposto; i dirigenti del Partito Comunista si sono seduti accanto ai parroci nelle case del popolo. Così a Firenze, nonostante che dopo alcuni giorni i parroci siano stati sostituiti da gruppi di laici, hanno avuto vigo-

9 re, hanno operato e operano con grande efficacia e in profondo collegamento con il popolo fiorentino, comitati civici di ben diversa natura che quelli partoriti di tanto in tanto dalle paure elettorali. I fatti della storia sono di tal natura da togliere ogni vali- dità alle vecchie risposte e bastano a dare il senso che i movimenti storici – specie quelli delle ore più tragiche – hanno una forza innovatrice che nessuna astuzia può frenare.

Una città in mano ai giovani

Questo timbro di novità delle angosciose giornate vissute da Firenze è reso più schiet- to dall’altro fatto che abbiamo sottolineato: prima che arrivassero i soldati la città era già in mano ai giovani: è stato come se la fitta rete dei gruppi d’ogni colore ideologi- co, che sono in tempi normali la vita segreta di Firenze, si fosse tesa, emergendo dal- l’acqua e dal fango, per attenuare la tristezza del post-diluvio. Non sembri irriveren- te: nella memoria di tutti noi queste giornate conserveranno quasi una traccia di leti- zia, tanto straordinario è stato il fervore giovanile che le ha riempite, trasformandole in una civile liturgia di fraternità umana e di solidarietà civica. Firenze risorgerà. Quando queste note saranno sotto gli occhi dei lettori, il suo volto visibile sarà forse meno squallido, anche se enormi problemi – vecchi e nuovi – re- steranno aperti, a cominciare da quello relativo al pericolo di nuove alluvioni e da quello del risanamento e della ristrutturazione urbanistica della città intera; anche se mancano alcune migliaia di alloggi per i senza tetto (né si vede come si intenda prov- vedere), mentre la situazione economica della città è destinata a peggiorare progres- sivamente nei prossimi mesi invernali. Firenze, lo sappiamo, non sarà più come pri- ma: l’ora più terribile della sua lunga storia, con il suo carattere repentino e lucido, le ha fatto scoprire la propria precarietà. La sua bellezza avrà d’ora in poi un’ombra, co- me persona che abbia rasentato la morte. Per questo da oggi saremo più gelosi e fervidi custodi non solo dei suoi monumenti ma anche della sua anima, che, cadute per un momento le barriere ideologiche, si è rive- lata molto migliore dello Stato di cui fa parte e di quei partiti che l’hanno lacerata. («Testimonianze», 20 novembre 1966)

10 La grande alluvione

(Volume monografico speciale a cura di Giorgio Valentino Federici, Miriana Meli, Lucio Niccolai, Severino Saccardi, Simone Siliani e Vincenzo Striano) A 50 anni dall’alluvione del 1966

Severino Saccardi Enrico Rossi Giorgio Valentino Federici Eugenio Giani Dario Nardella

11 NEL SEGNO DELLA MEMORIA E DELLA SPERANZA di Severino Saccardi

Il lavoro sulla memoria personale (anche di quella di chi fu «angelo del fango» per una sola giornata) e collettiva si intreccia, in questo volume (speciale, triplo) di «Testimonianze» dedicato all’alluvione del 1966 a Firenze e in Toscana, con la riflessione critica sugli equilibri idrogeologici, oggi. Una ricostruzione di quel che è stato, e un’analisi dei fattori alla base delle catastrofi naturali, che affronta le questioni della prevenzione e della sicurezza, nella prospettiva di un equilibrato rapporto con l’ambiente, in quell’unica dimensione degna dell’uomo che, come diceva evocativamente Balducci, è il futuro.

La pioggia battente e il no alla copertina rossa del libro di storia libro di Giorgio Spini di Giorgio Spini. Un manuale di imposta- zione culturale innovativa e avanzatissi- Di quei giorni (come titoliamo due sezio- ma per i tempi, di cui, approfittando del- ni di questo «volumone» dedicato all’al- la forzata reclusione, in quei giorni lessi e luvione del 1966, a Firenze e in Toscana), studiai non poche pagine, visto che ero ri- ho un ricordo nitidissimo. Legato a sen- masto indietro nel lavoro scolastico e l’in- sazioni e immagini forti e precise. La piog- terrogazione era imminente. Poi, la piog- gia battente, giorno e notte, anzitutto. Una gia cessò e apparentemente, per quello pioggia che non cessava mai di cadere. che potevamo percepire, nella zona in cui Nella curiosa selezione dei ricordi che ero allora residente con la mia famiglia opera la nostra mente, le immagini del (sulle colline della Valdelsa), non era suc- cielo scuro e delle stanze di casa (in cui cesso nulla di drammatico. Dopo, arriva- si era forzosamente rinchiusi), si associa- rono le notizie. Dopo, ci rendemmo con-

12 La grande alluvione to del disastro che si era verificato. Le no- go era ovunque e, ovunque, c’era, quin- tizie, come in molti contributi degli auto- di, necessità di lavoro e possibilità di dar ri del volume viene sottolineato, allora, mano. Io e un gruppo di miei compagni non giungevano certo «in tempo reale». ci mettemmo a liberare e ripulire l’ingres- Ma, quando le immagini della televisio- so di una palazzina in piazza dei Caval- ne, nel rigoroso bianco e nero di allora, leggeri (la piazza della Biblioteca Nazio- mostrarono la devastazione di Firenze, nale). Alla fine, uno degli abitanti, un si- l’impressione fu, subito, enorme. La soli- gnore anziano (o che tale, allora, appari- darietà verso la povera gente che era sta- va ai miei occhi di diciassettenne) ci rin- ta colpita (in seguito, venne la percezio- graziò, sorridente e commosso. Lo con- ne dei danni enormi al patrimonio artisti- fesso: ogni volta che passo da quella piaz- co) era istintiva e reale. Sempre, sul filo dei za, mi viene istintivamente di guardare ricordi personali: ebbe, anche chi scrive, verso il portone di quella palazzina. La- la sua esperienza come «angelo del fan- vorammo, anche, alla catena umana che go» 1. Un appellativo che avrebbe, poi, as- passava libri rovinati, infangati e sfregiati, sunto la valenza di un simbolo e di ri- di mano in mano, all’interno della Bi- mando emblematico ai valori della soli- blioteca Nazionale. C’era una gran sinto- darietà e ad immagini di slancio giovani- nia di sentimenti e una sorprendente sin- le nella premura per il soccorso e i biso- cronia di movimenti in quel generoso ser- gni dell’altro. pentone umano composto di studenti di tutte le nazionalità. Giovani uomini e don- ne che stavano imparando, sul campo, a «Angeli del fango» per un giorno far del bene e ad operare per il bene, con sorprendente nonchalance. Il clima, però, Fui (come dice di sé anche Stefano Bec- mi è già capitato di raccontarlo, era tutt’al- castrini) un «angelo del fango» di provin- tro che grave e serioso. Eravamo comun- cia. Fu la mia scuola (l’Istituto magistrale que (come i ragazzi che stanno in gruppo di Colle val d’Elsa, non ricordo se insie- non possono non essere) giovani e scan- me al contiguo Liceo scientifico) ad orga- zonati. Immergevamo le mani nel fango, nizzare la spedizione a Firenze. Partimmo passavamo i libri e, intanto, guardavamo, di primissimo mattino in pullman e arri- estasiati, e a bocca spalancata, le bionde vammo a Firenze in una stupenda gior- e alte studentesse americane che erano a nata di sole. Uno splendore ed una lumi- pochi passi da noi. Come altri, e come nosità che impietosamente illuminavano emerge dai racconti nel nostro volume, una città in ginocchio. Lo spettacolo di anche chi scrive, con i libri della Nazio- una Firenze che c’era «ma avrebbe potu- nale, avrebbe avuto a che fare anche in se- to non esserci più», come recita il toc- guito. Il lavoro di ripulitura e asciugatura cante e suggestivo editoriale post-alluvio- dei volumi danneggiati fu, infatti, talora ne di Ernesto Balducci che ripubblichia- decentrato e io ricordo di aver lavorato, mo come incipit di questo numero spe- con altri miei compagni ad operazioni di ciale della rivista da lui fondata, intera- questo tipo nei locali attigui alla Chiesa mente dedicato al cinquantenario di que- francescana di S. Lucchese, situata sulle gli eventi. «Angeli del fango», dunque, sia belle colline sopra Poggibonsi. Non so pure per una sola giornata, i miei compa- quanto riuscimmo a fare di realmente uti- gni ed io, ci mettemmo (come tanti, in le, ma avemmo, questo sì, l’impressione quei giorni) alacremente al lavoro. Il fan- di essere stati molto utili. Ed eravamo, so-

13 prattutto, come era percezione diffusa, le visite eminenti (o in concomitanza con molto compresi di far qualcosa di gratui- esse) che la città, piagata ma non doma- to e di volontario per il bene comune. C’e- ta, ebbe modo di ricevere. Così quella del ra come un vento nuovo nell’aria. Un ven- giovane, e già potente, senatore Ted Ken- to di cambiamento. Lo stesso che i miei nedy che (come sottolinea Roberta D’A- compagni ed io inconsapevolmente re- gostino) si presenta alla conferenza stam- spiravamo quando, dopo la nostra spos- pa sporco di fango secco portando ad evi- sante giornata fiorentina in veste di im- denza, con la forza dell’immagine, assai provvisati «angeli del fango», tornando a più e oltre che con le parole, il forte im- casa, stanchi ma contenti, ascoltavamo, patto emotivo che le devastazioni subite in pullman canzoni di Bob Dylan, dei Bea- dalla città dell’umanesimo, amata dal tles e di Joan Baez .O almeno questo mi mondo intero, avevano avuto su di lui. Co- dice la memoria; ma chissà se le musiche sì, e ancor di più, quella di Paolo VI (che e i cantanti erano proprio quelli. Quel che Giorgio La Pira, come documentano le let- è certo che, anche la musica, anche in tere che ripubblichiamo, contribuì, con quei giorni drammatici, faceva vibrare nel- determinazione, a preparare e ad invoca- l’aria e risuonare nell’animo l’esigenza re, oltreché ad accompagnare e a far com- profonda del nuovo 2. prendere). Non avevano avuto buona ac- coglienza, in genere, le autorità che ave- vano fatto visita a Firenze. Gli animi ri- Quando Kennedy si sporcò di fango bollivano, i problemi erano grandi ed il vento della contestazione (come diceva- Hanno certo ragione Fabio Dei e Anna Iu- mo prima) era già nell’aria. Ma per Paolo so (e altri amici che su questo aspetto han- VI, no! Attorno a quel fragile pastore (pas- no insistito) a scrivere che è importante sato poi – molto ingiustamente, credo – al- anche il modo in cui i giorni dell’alluvio- la storia come papa incerto, vacillante ed ne sono stati ricostruiti non solo e non tan- esitante) si strinse la città, bisognosa di at- to sul momento, ma anche post factum, e tenzione, di punti di riferimento e (sia det- che da lì è cambiato il modo stesso di per- to nell’accezione più laica possibile, ma cepire le catastrofi, insieme alla conce- non saprei usare altro termine) di benedi- zione dell’impostazione della «questione zione. Fu, come racconta Mario Primice- soccorsi» ed alla cultura della prevenzio- rio, un grande momento. Primicerio dice, ne (per quanto ed ove possibile) degli ef- tra l’altro, che non è solo un mito o una fetti delle calamità naturali sul territorio. ricostruzione ex post che i giorni dell’al- Fu importante, insomma, la rappresenta- luvione e del periodo post-alluvione a Fi- zione mediatica dell’alluvione in una città- renze e in Toscana (e non solo) abbiano simbolo come Firenze (che è città del preparato e precorso lo spirito del sessan- mondo e che da allora lo diventò ancor totto. Ci sarebbe naturalmente di che di- più). I giornali e le televisioni (con i mez- scuterne, ma l’impressione è che, in tale zi che avevano allora e con la fatica che punto di vista, molto ci sia di vero. Quel dovettero fare per far passare un certo ti- che è certo è che nei fiorentini (e nei to- po di messaggio), come sottolinea Piero scani: agli eventi del 66 in tutta la Regio- Meucci ed altri insieme a lui, fecero un ne è dedicato, infatti, il volume) non c’e- grande lavoro. E una grande rilevanza eb- ra rassegnazione. L’impatto era stato tre- be anche l’attenzione che sul «caso Fi- mendo. Come veniva prima ricordato, Bal- renze» si concentrò, anche in seguito al- ducci (perché, quasi al cento per cento, è

14 La grande alluvione suo l’editoriale non firmato che ripubblichiamo come apertura del nostro numero tri- plo) lo dice da par suo: «Fi- renze c’è e avrebbe potuto non esserci più».

Si misero in moto tutti: preti e comunisti

Ma da subito, passato lo choc del primo momento, forte, collettiva e trasversale fu la vo- glia di reagire con determina- zione. Un movimento collet- tivo e trasversale, quello dei gruppi spontanei e dei comi- tati (v. in merito Mauro Sbor- doni, Franco Quercioli e tan- ti altri) che si organizzarono per risolvere problemi, pre- stare soccorso e, in definitiva, far rinascere quell’immenso patrimonio comune che era e che è la città di Firenze. È ri- saputo: si misero in moto tut- ti, preti e comunisti, Acli e case del po- que dovette e seppe rimboccarsi le mani- polo, ma anche gruppi spontanei e per- che) molti vennero da fuori. Fu un gran- sone, giovani e meno giovani, di tutte le de momento (ha ragione Erasmo D’Ange- condizioni sociali e di tutte le idee politi- lis, anche qui insieme a molti altri) a ri- che: uomini e donne, credenti e non cre- cordarlo. Vi si è costruita attorno quasi una denti, di sinistra, di centro e (anche se il sorta di (positiva) epopea, che ad ogni de- «politicamente corretto» su questo indu- cennale si riconosce e si rinnova. Non è ce a sorvolare) di destra. Nella sciagura, male, anzi, ricordare quello che un gran- quello fu, in qualche modo, e per le vie de moto collettivo di generosità ha sapu- misteriose della vita e della storia, un gran- to esprimere e comunicare al mondo e ai de momento di rinascita e di sperimenta- giovani delle generazioni successive (che zione di nuove forme di partecipazione oggi quelle esperienze riscoprono, ad es. civile. Ci sono figure che val la pena ri- nelle scuole, come il nostro volume do- cordare. Uno fra i tanti: don Bruno Rosa- cumenta e che, talora, anche oggi, quan- doni, il biblista che spalava il fango 3. Per do sfortunatamente vi sono catastrofi, so- l’inedito impatto simbolico e mediatico no i primi ad intervenire). E tuttavia, co- che il catastrofico evento del 66 ebbe sul- me quasi sbotta simpaticamente Quercio- l’opinione pubblica mondiale, a Firenze li, non siamo angeli. Che cosa implica ta- (non nel resto della Toscana, che comun- le perentoria affermazione? Che Firenze,

15 che certo ebbe e registrò molta solidarietà cune sue parti, a subirne anche in anni re- e aiuti dall’esterno, trovò (e, con essa, an- centi. Preziose sono le testimonianze de- che tutta la Toscana), prima di tutto, in se gli amici del grossetano, dell’empolese, del stessa e nella sue forze vive, la capacità Valdarno, del territorio pisano. Che con- di reagire. Firenze fu, cioè, per usare un tribuiscono a costruire un quadro d’insie- termine che è caro al mio prezioso ami- me di quei giorni tremendi. Che, certo, fu- co Giorgio Federici (che a questo volume rono tali anche perché eccezionali furono ha dato un apporto assolutamente gran- le precipitazioni che furono all’origine del- dioso, aiutandoci a collegarlo, per di più, l’alluvione. I ricordi con cui chi scrive ha al grande lavoro del Comitato «Firen- aperto questo testo sono comuni a tante ze2016» - «Toscana2016»), una città e persone (anche nostri autori) che quelle una comunità capace di esprimere un al- immagini conservano nella mente. E che to tasso di «resilienza». Lo usano in mol- nella mente conservano l’impressione sur- ti, questo termine, in questo nostro fasci- reale del rumore costante, ininterrotto, os- colo. Che cos’è la resilienza? Se io ben ca- sessivo di tre giorni e tre notti di pioggia pisco è la capacità, in condizioni di forte battente. Ma, naturalmente, non basta que- avversità, di reagire e di trasformare la sfor- sto a dar conto di ciò che è stato. Qual- tuna in opportunità. È detto alla buona, ma cuno, nelle nostre pagine, lo dice: da al- il concetto, più o meno è questo. Firenze lora, il modo di porsi di fronte alle cata- (v. Acidini e tanti altri), in questo, è stata strofi (giusto o sbagliato che sia) è cam- un laboratorio ineguagliabile. Ha appro- biato. La prima domanda che, oggi, spon- fittato della sciagura per acquisire, nel re- tanea si pone è: di chi è la colpa? La col- stauro dei beni artistici, competenze nuo- pa è certo del tempo che cambia (interes- ve, che hanno fatto scuola nel mondo. sante in merito quel che scrive Gozzini C’è, in questo senso, un patrimonio di co- sulla meteorologia, e sulla sua capacità di noscenze da ricordare e da valorizzare. far previsioni, ieri e oggi) e anche degli at- tuali mutamenti climatici. Eppure, l’affer- mazione (che, in questo caso, suona qua- Dedicato alle vittime si come provocazione e sfida) non siamo angeli ha forse anche un altro significato. Come dicevamo, in questo numero di «Te- Vuol dire che sempre vanno vagliate e chia- stimonianze» (aperto dagli interventi del mate in causa le responsabilità umane e sindaco di Firenze, ma anche da quello politiche (che spesso ci sono, ah, se ci so- del presidente della Regione e da quello no!) di quel che accade e di quel che si fa del presidente del Consiglio regionale) non dopo che i fatti sono accaduti. Certo, co- si parla solo di Firenze, ma anche di tutta me viene ricordato, molto, nel frattempo, la Toscana. Si parla delle vittime dimenti- è stato fatto: è stata costituita la Protezio- cate di Reggello. Delle persone che persero ne Civile, è cresciuta la cultura della pre- la vita in altre località. Vite perdute, che si venzione, c’è una maggiore consapevo- aggiungono a quelle di coloro che periro- lezza dell’importanza di un rapporto equi- no (talora, perite in modo eroico, come ri- librato fra uomo e territorio, c’è una cre- corda Vannoni) a Firenze. A tutti loro e al- scente coscienza di quanto per l’umanità le vittime di tutte le alluvioni è dedicato e per la terra medesima sia fondamentale questo nostro lavoro. La Toscana, tutta, subì avere un’esatta percezione del valore ine- danni enormi e devastazioni, in molti suoi stimabile del «bene acqua». Ma tanto – territori nel sessantasei. Ed è tornata, in al- tanto! – c’è ancora da fare.

16 La grande alluvione

Un tempo degno dell’uomo matici momenti. Ha anche voluto, in qual- che modo, mettersi a disposizione, offrire Per questo, abbiamo voluto (in sintonia, del un servizio di comune riflessione cultura- resto, con l’impostazione del Comitato «Fi- le. A che punto siamo, su questi grandi te- renze2016» - «Toscana2016»), insieme a mi? Dove andiamo? La risposta è ardua. «Water Right Foundation» (con la cui col- Tuttavia, ci dà ben da sperare che, tra i con- laborazione è realizzato il presente volu- tributi, ci siano anche quelli (freschi, a vol- me), in questo importante anniversario, da te un po’ ingenui, ma anche pieni di con- vivere in un’ottica non puramente com- sapevolezza) di giovani, ragazzi e ragazze, memorativa, tenere costantemente e svi- delle nostre scuole. Con loro, grazie ai lo- luppare il discorso su due piani: quello del- ro insegnanti e alla cura che hanno messo la memoria e quello della riflessione sui in questo lavoro, abbiamo ricostruito una compiti per l’oggi. C’è ancora molto da la- pagina drammatica (ma anche bella, per vorare perché l’Arno, come viene detto in quel che riguarda la cultura della solida- queste pagine, che ha sempre avuto un rap- rietà) della storia. È con loro che va ragio- porto altalenante e problematico con Fi- nato del domani, del grande tema dell’ac- renze e con le altre città che attraversa (co- qua, della cultura della responsabilità am- me Pisa), possa essere vissuto pienamente bientale, di prevenzione, di cura del terri- come un «fiume amico». In causa sono torio. Memoria e progettualità, sempre, ma chiamate le responsabilità delle istituzioni soprattutto su grandi questioni come que- e della politica, ma anche quelle della cul- ste, vanno evidentemente insieme. Questo tura e dei diversi saperi scientifici (dalla anniversario, con le riflessioni che esso su- geologia alla meteorologia all’urbanistica scita, serve forse a rendercene ancora più all’idraulica…) e umanistici, che, in un tem- consapevoli. È un merito non piccolo quel- po in cui il tema della sostenibilità am- lo di chi sta, in questa direzione, portando bientale è sempre più all’ordine del gior- avanti, a Firenze e in tutta la Toscana, l’or- no, insieme, devono far tesoro di quel che ganizzazione di tante manifestazioni e una è stato per costruire un rapporto più equi- gran mole di lavoro. «Testimonianze», co- librato con il territorio e una nuova e più me sa e può e con gli strumenti che le so- efficace concezione della sicurezza. Han- no propri, intende, con queste pagine, for- no scritto in tanti, su questo numero di «Te- nire ad esso il suo apporto. Un apporto il stimonianze», come sempre (e più di sem- cui valore non sta a noi valutare. Che vi sia- pre) variegato e «plurale». A tutti siamo, di no coinvolti i giovani è, comunque, un se- cuore, veramente grati. Una rivista, come gno non piccolo di speranza, Diceva, do- questa, che da tanti anni vive e respira con potutto, Ernesto Balducci, che di questa ri- la città di Firenze (ma che ha una diffusio- vista è stato il fondatore ed a cui abbiamo ne nazionale e che, anche fuori d’Italia, è lasciato la parola in apertura del volume, conosciuta) ha voluto non solo rivivere, in- che c’è un unico tempo degno dell’uomo. sieme a tanti amici, la storia di quei dram- Questo tempo è il futuro.

1 Un’esperienza che ho già avuto modo di raccon- gi, D. Castrovilli, S. Saccardi e S. Siliani), in «Testi- tare nel volume Angeli del fango (a cura di Erasmo monianze» n. 455. d’Angelis, Giunti, Firenze 2006) in un breve reso- 3 B. D’Avanzo, Bruno Rosadoni: quel biblista che conto, che con quello di altri protagonisti, si trova spalava il fango, «Testimonianze» nn. 486-487, sez. nel capitolo, Io c’ero, a p. 199. monotematica dedicata a Immagini della Resurre- 2 V. in proposito la sezione monotematica La musi- zione per gli uomini e le donne degli anni duemila ca, una rivoluzione del nostro tempo (a cura di E. Bro- (a c. di L. Grassi e S. Saccardi), p. 107.

17 RICORDARE LE ALLUVIONI DEL 1966, AFFRONTARE LE ALLUVIONI DI OGGI di Giorgio Valentino Federici

Il Comitato di Coordinamento «Firenze2016» intende cogliere l’occasione offerta dal cinquantesimo anniversario dell’alluvione del 1966 per contribuire a rispondere agli interrogativi che il tragico evento ha posto e pone tuttora, per capire cosa è stato fatto e cosa resta ancora da fare, per promuovere o dare visibilità ai progetti che si propongono di affrontare i problemi legati al rispetto dell’acqua e alle altre emergenze ambientali.

Fra memoria e presente di analisi e di studio. Ci sono gli estremi per dire che siamo di fronte a un caso di ‘ri- Il Comitato di Coordinamento «Firen- mozione collettiva’ (e non forzata)?». ze2016» opera da tre anni e, in questo «Non s’è fatto nulla!» è l’altra affermazio- numero, in vari interventi, si elencano at- ne che si poteva cogliere sempre nel tren- tività svolte e programmi per l’anno del- tennale nel quartiere Santa Croce, simbo- l’anniversario. Una delle principali azio- lo dell’alluvione con la Basilica, la Biblio- ni è stata quella di raccogliere la memo- teca Nazionale, le carceri delle «Murate». ria dell’alluvione del 1966 e di cosa pen- «Non siamo angeli!», affermazione che si sano i cittadini delle alluvioni di oggi. So- può ritrovare anche negli articoli di que- no emerse affermazioni a cui è doveroso sto numero. In effetti i fiorentini non sono cercare di dare una risposta. angeli (peraltro non ci tengono certo a es- «L’alluvione è stata rimossa!». Numerosi sere considerati tali!), almeno nel senso fiorentini hanno confermato questa sensa- che il loro lavoro, fatto in pochi mesi e che zione, che era già stata ipotizzata nel bel ha rimesso in piedi la città, gradiscono libro di Giuseppe Di Leva 1 nel trentenna- che sia ricordato almeno insieme con le nel 1996 «(…) non esiste una continuità quello degli «angeli del fango», periodi-

18 La grande alluvione camente privilegiati nella comunicazione, sensibilità diverse anche per i differenti soprattutto quella politica. ruoli degli autori. «Siamo ancora a rischio?». Firenze (e la To- Ed è poi inevitabile perché «Testimonian- scana) lo sono ancora? Quanto? Che tipo di ze» è una rivista appunto di testimonian- rischi corriamo? Per le persone, per i beni za del pensiero e del dibattito politico cul- culturali, per le attività produttive ed econo- turale che vive solo nella pluralità delle miche, le infrastrutture e i beni immobiliari? opinioni. Oggi, nel cinquantennale, cosa possiamo dire? Questo numero di «Testimonianze» si pro- Il Comitato «Firenze2016» - «Toscana2016» pone di presentare la memoria di quegli eventi e anche di qualche alluvione più re- Nel maggio 2012 Elvezio Galanti, del Di- cente, come quella della Versilia del 1996, partimento della Protezione Civile, chie- di cui ricorre il ventennale, e quella del- se agli «idraulici» del Dipartimento di In- l’Ombrone del 2012. gegneria civile e ambientale dell’Univer- Per quanto riguarda la memoria, questa è sità degli Studi di Firenze di collaborare probabilmente l’ultima occasione di rac- con l’Opera di Santa Croce per la messa cogliere, in modo sistematico e sufficiente- in sicurezza del Cristo del Cimabue. In- mente completo, le testimonianze, i docu- fatti, a 46 anni dall’alluvione, il Cristo, re- menti, le fotografie. Le memorie di questo staurato da tempo dall’Opificio delle Pie- numero sono dedicate soprattutto ai citta- tre Dure, era ancora appeso a una carru- dini di Firenze e della Toscana alluvionati cola arrugginita e nemmeno rispettosa del- del 1966 e agli «angeli del fango» che li le norme di sicurezza per gli eventuali hanno aiutati, ma sono anche proposte ai operatori, che poi avrebbero dovuto esse- più giovani che non hanno vissuto queste re i frati francescani della Basilica. esperienze ma che le devono conoscere Ci si accorse allora che mancavano «solo» per essere attrezzati per il futuro, che sarà quattro anni al cinquantennale. Che sa- inevitabilmente popolato di altri eventi ca- rebbe stato diverso da tutte le altre perio- tastrofici. La memoria serve soprattutto a diche celebrazioni delle ricorrenze. Di que- chi le alluvioni non le ha ancora conosciute. sto fu informato il Rettore Alberto Tesi che Questo numero si propone anche, in una decise di proporre alla Città e alle sue isti- logica di accountability, di chiedere alla tuzioni di cominciare a pensare all’anni- politica e all’amministrazione, all’univer- versario che avrebbe visto su Firenze gli oc- sità e alla ricerca di render conto di quel- chi dei cittadini ma anche del mondo. lo che è stato fatto in questi anni in forma In un convegno a novembre 2012 il Ret- sintetica e comprensibile ai non addetti ai tore Tesi propose di costituire il Comitato lavori. Tutti gli «addetti ai lavori» hanno di Coordinamento del Progetto «Firenze prontamente risposto alla proposta della 2016» e nel marzo 2013 il Comitato fu co- rivista e hanno mandato i loro contributi stituito con i rappresentanti di oltre trenta dando dimostrazione di trasparenza e di enti e istituzioni pubbliche, non solo fio- pubblico servizio. rentine e toscane. Oggi il Comitato com- Le risposte alle affermazioni precedenti e prende circa cinquanta enti e istituzioni all’accountability che si possono trovare pubbliche e inoltre, al Progetto «Firenze in questo numero sono diverse a volte con- 2016», hanno aderito circa trenta istitu- traddittorie fra loro. Questo è inevitabile zioni e associazioni private 2. Nei primi perché l’argomento suscita emozioni e due anni il Comitato è stato presieduto da

19 Mario Primicerio. Dopo le elezioni del te di vari componenti del Comitato «Fi- Comune di Firenze nel 2014 la presiden- renze2016» e dei lavori in corso. Segna- za del Comitato fu assunta dal sindaco di lo in particolare il lavoro di ricerca dei no- Firenze Dario Nardella e, dopo le elezio- stri quattro borsisti Ciliberti, Coco, Fora- ni regionali del 2015, il presidente della boschi e Giudici che presentano in que- Regione Toscana Enrico Rossi assunse la sto numero i loro programmi di ricerca co-presidenza. Mario Primicerio assunse che contribuiranno a colmare le carenze la carica di vicepresidente. Questo ha da- di documentazione di analisi che anco- to al Progetto la necessaria piena dimen- ra rimangono della «Grande Alluvione». sione regionale. Infatti i tre quarti delle Un contributo importante per sviluppare aree di pianura della Toscana furono allu- la ricerca è stato anche il convegno L’ac- vionate nel 1966. Anche questo numero qua nemica, organizzato nel gennaio di «Testimonianze» coglie pienamente la 2015 da Concetta Bianca e Francesco Sal- dimensione toscana, estendendola non so- vestrini che è in corso di pubblicazione lo a tutto il bacino dell’Arno ma anche al- nella rivista «Medioevo e Rinascimento» la Maremma e alla Versilia con il ricordo dell’Università di Firenze. In essa sono dell’alluvione del 1996. stati presentati importanti contributi sul- In questi tre anni molti componenti del Co- le alluvioni storiche e sulla ricerca uma- mitato di Coordinamento hanno lavorato nistica in questo settore. Per questa ra- per cercare di rispondere alle affermazio- gione potete vedere solo un annuncio del ni di cui sopra, nella logica di render con- numero della rivisita, alla quale si ri- to di quanto è stato fatto e di cosa resta da manda. fare. E hanno anche cercato di fare cose che non erano state fatte, sia dal punto di vista dell’idraulica e della riduzione del ri- La memoria dell’alluvione schio che nel restauro delle opere d’arte al- luvionate. Sotto quest’ultimo aspetto l’O- La cronaca dell’alluvione si può ritrovare pificio delle Pietre Dure completerà il re- in molti libri citati in bibliografia. Per una stauro dell’ultima grande opera alluviona- informazione sintetica e complessiva va ta rimasta, l’Ultima cena di Giorgio Vasa- bene anche Wikipedia 3 dove si può tro- ri, che peraltro era stata alluvionata altre vare anche l’elenco delle 35 vittime del- due volte e due volte restaurata. Non è sta- l’alluvione nel bacino dell’Arno. Nel ba- to possibile farlo prima perché non erano cino dell’Ombrone si ebbe una vittima. A disponibili tecniche adeguate che sono sta- Firenze ci furono 17 vittime, in parte pre- te trovate con la ricerca e la sperimenta- valente di persone con scarsa mobilità, o zione. La resilienza, come si dice oggi, di che cercavano di salvare le loro cose o di quest’opera è veramente notevole. Regge- rimanere sul posto di lavoro, come il di- rebbe a un’altra alluvione? pendente del Comune di Firenze Carlo Anche dal punto di vista delle documen- Maggiorelli all’impianto di potabilizza- tazione e dell’analisi scientifica dell’al- zione dell’Anconella. Nella notte fra il 3 luvione e delle sue conseguenze sulla e 4 novembre ci furono 7 vittime a Reg- Città non c’è stata particolare attenzione gello, per una frana innescata dal torren- negli ultimi decenni. Questo numero spe- te Resco, un evento poco presente nelle ciale cerca, con numerosi e vari contri- ricorrenze degli eventi del 1966 e che po- buti, anche di riferire delle attività di ri- tete leggere nel ricordo di Sandro Ben- cerca realizzate in questi tre anni da par- nucci.

20 La grande alluvione

Le memorie personali in questo numero so- no numerosissime, spesso commoventi e di approfondimento di cosa abbia significato per chi l’ha vissuta questa tragica espe- rienza, sia a livello personale che per le trasformazioni della città e della Toscana. Si sottolineano solo al- cun aspetti, riman- dando poi ai testi. Mario Primicerio nel- la sua intervista chia- risce gli avvenimenti politici e sociali del 1966 e traccia un bi- lancio di cosa è stato fatto in questo mezzo secolo. Il clima po- Roma a pulire i libri della Biblioteca Na- litico e culturale pre e post alluvione è poi zionale portati all’Archivio di Stato della ben descritto da Mauro Sbordoni e in al- Capitale. Dunque c’erano «angeli del fan- tri interventi. go» non solo a Firenze. Numerosi sono i contributi sugli «angeli In diversi contributi viene presentato il del fango». Emergono sottolineature di- punto di vista di molti fiorentini che ave- verse che sono riscontrabili anche dalle vano in pochi mesi rimesso in piedi la interviste che stiamo facendo e dalla re- città. Gli straordinari esempi di solidarietà cente stampa. Emerge a volte un certo fa- degli «angeli» della Biblioteca Naziona- stidio per la retorica e per l’uso «politico» le, che, come disse Ted Kennedy, «Accor- che ne è stato fatto. Nel pezzo di Quer- sero perché sentirono che correvano il ri- cioli vengono ricordati con il titolo Non schio di perdere con i libri la loro anima», siamo angeli le osservazioni e la poesia di non intervennero in tutta la città e nell’a- Sergio Milani a cui si rimanda. Analisi ap- rea fiorentina. Firenze la rimisero in pie- profondite sono presentate da Anna Iuso di anche i fiorentini, le Forze Armate, i Vi- e da altri. Le testimonianze degli «angeli» gili del Fuoco, ultimi ad andarsene. sono invece meno numerose ma conti- Lo spirito di numerosi fiorentini è ben nueremo a raccoglierle nei prossimi me- espresso dall’attore Carlo Monni in un vi- si, quando torneranno a Firenze. Da se- deo su Youtube a cui si rimanda 4. gnalare quella di Claudia Petrucci che ar- Anche la comunità israelitica fiorentina rivò, nella seconda ondata, da Genova e soffrì con l’alluvione, come testimonia il quella di Silvia Costa, ora presidente del- titolo della «Nazione»: I rotoli della leg- la Commissione Cultura del Parlamento ge danneggiati alla Sinagoga. Migliaia di Europeo, che non venne a Firenze, ma fu testi colpiti, in particolare 90 sefarim e ol- mandata dal preside dalla sua scuola a tre 15mila volumi della biblioteca del Col-

21 legio rabbinico. Grazie alla determina- glia d’argento; di Mario Carbone che con zione e alla generosità dei volontari fu il suo documentario con testi di Vasco Pra- possibile salvare un ingente quantitativo di tolini e voce di Giorgio Albertazzi rap- libri, tessuti, antichi arredi custoditi nei lo- presentò per il pubblico italiano quello cali comunitari. Un patrimonio di memo- che il film di Zeffirelli con Richard Burton rie che potrà essere di nuovo fruibile dal- e testi di Furio Colombo ha rappresenta- la comunità fiorentina, cinquant’anni do- to per la comunità internazionale. po, proprio nel giorno in cui ricorre l’an- Un aspetto da sottolineare, che questo nu- niversario dell’alluvione, in una Mostra mero cerca di chiarire, è costituito dalle promossa della «Fondazione Beni Cultu- «leggende metropolitane» sull’alluvione rali Ebraici» insieme alla Biblioteca Na- che ci hanno accompagnato in questi an- zionale di Firenze. ni, dovute anche ad inesattezze ed im- Gli «angeli del fango» ci sono stati, con precisioni della comunicazione. le dovute proporzioni, anche a Grosseto Una di queste, che viene affrontata nei sia nell’alluvione del 1944 che in quella contributi di Beccastrini Becchi e Chiari- del 1966 e salvarono i libri, come descritto ni, riguarda la questione del ruolo che eb- nel contributo di Lucio Niccolai. Quelli di bero le dighe dell’Enel di Levane e di La oggi operano non solo per la salvezza dei Penna durante la piena. Il racconto di Bec- beni culturali ma per una solidarietà uma- castrini delle alluvioni in Valdarno pre- na per le persone, per la «resilienza» del- senta queste «leggende», come furono vis- le nostre comunità alle prove del futuro. sute e come si cercò il colpevole, che, do- Un altro bell’esempio di solidarietà inter- po il Vajont, fu facilmente trovato nelle nazionale è quello del Bosco degli Sviz- opere artificiali e nelle responsabilità de- zeri, piantato nel 1967 dagli studenti di In- gli uomini che le gestivano. gegneria Forestale del Politecnico di Zu- Il processo giudiziario sul ruolo delle di- rich e descritto nel contributo di Piero Pius- ghe durò anni e assolse pienamente i tec- si e di Giampiero Wirtz. nici dell’Enel dall’accusa di aver concor- Completeremo nel prossimo numero del- so all’alluvione. Gli avvenimenti sono ben la rivista e sul sito di «Testimonianze» i ri- chiariti negli articoli segnalati ma, tutta- cordi dei protagonisti di quegli eventi con via, anche di fronte all’evidenza dei da- numerose interviste che non siamo riusciti ti, rimane da decenni il pregiudizio nei a mettere in questo numero per problemi confronti delle dighe. Come dimostra di spazio. Vogliamo qui ricordare alcune quello di Bilancino, i serbatoi sono una figure importanti ma forse dimenticate: fra delle poche soluzioni per risolvere i pro- tutte, quelle di Giovanni Pieraccini, primo blemi indotti da piogge che sono oggi al ministro del Governo Moro dell’epoca ad contempo in fase di riduzione ma più in- arrivare con Enrico Mattei, direttore della tense quando si verificano. Accumulare «Nazione», a Firenze nel pomeriggio del acqua sia per far fronte alla siccità che al- 4 novembre e che entrò in gommone a le precipitazioni sempre più intense è una Palazzo Medici Riccardi per incontrare il delle poche soluzioni che abbiamo per prefetto con la piena che ancora saliva; di affrontare le variazioni climatiche in at- Franco Zavattaro, comandante della squa- to. Da rilevare in Beccastrini anche l’an- dra degli Incursori della Marina del Vari- nuncio, la mattina del 5 novembre, fatto gnano che arrivarono già dal pomeriggio dalle forze dell’ordine con auto e me- del 4 novembre a Firenze e che fu insi- gafoni del crollo della diga di Levane, che gnito, lui e la sua squadra, con la Meda- generò allarme non solo in Valdarno ma

22 La grande alluvione anche a Firenze, addirittura a Ponte a Ema, ti a ringraziare per gli aiuti ricevuti e dire come riportato in una intervista recente che a Firenze si poteva tornare, che la città che abbiamo fatto alla Casa del popolo era risorta. Oltre sessanta paesi e varie as- di quella località. sociazioni pubbliche e private aiutarono Un altro aspetto della memoria, che non Firenze in vari modi anche negli anni suc- è stato possibile affrontare per le caratte- cessivi al 1966, ad esempio nel lavoro di ristiche di «Testimonianze», è quello del- restauro delle opere d’arte. le fotografie dall’alluvione. I fotografi fio- Marco Ciatti ricorda come restauratori di rentini Giorgio Lotti, Alinari, Locchi, Italfo- tutto il mondo giunsero a Firenze chiama- togieffe, e altri hanno ben documentato ti da Ugo Procacci. Il mondo rispose con in bianco e nero l’alluvione. Ad ogni an- generosità: l’UNESCO creò un apposito niversario poi ci sono raccolte promosse fondo, CRIA (Committee to Rescue Italian dai giornali e da varie associazioni. Ci so- Art), per aiutare le due città colpite in quel no mostre fotografiche. Una iniziativa che novembre dall’alluvione, Firenze e Venezia. merita di essere sottolineata è quella del- A Firenze giunsero circa 150 restauratori l’Archivio Storico del Comune di Firenze da tutto il mondo per prestare il loro con- che Luca Brogioni illustra. Nell’Archivio è tributo in questa circostanza, provenienti possibile conservare per sempre non solo da ben 17 diversi paesi. le foto ma le memorie dell’alluvione che Ma ci furono aiuti anche per le aziende i cittadini raccontano. Il Comitato «Firen- toscane. Bianucci nel suo contributo ri- ze2016» e l’Archivio stanno raccogliendo corda il caso di ANIBO. L’«Associazione storie ancora inedite con interviste ai cit- Nazionale Italiana Buying Offices» si fe- tadini sia per conservarle che per la ricer- ce tramite per una raccolta di somme pres- ca di sociologia urbana sulla resilienza so aziende statunitensi che intendessero fi- passata e futura di Firenze, illustrata da nanziare la ripresa di circa 300 imprese ar- Lorenzo Giudici. tigiane alluvionate che non disponevano Anche in questo caso stanno emergendo di mezzi propri necessari per poter rico- documenti e memorie inedite. Ad esem- minciare a lavorare. L’espressione forse pio il fotografo americano Joe Blaustein più commovente di solidarietà fu quella ha regalato all’Archivio di recente 102 fo- della popolazione del villaggio di Aberfan, to a colori fatte con pellicole di alta qua- nel Galles. Il 21 ottobre del 1966, a cau- lità che nel 1966 erano poco comuni in sa delle precipitazioni, i detriti di una mi- Italia. È così possibile vedere l’alluvione niera franarono su una scuola uccidendo con i colori a cui siamo abituati oggi. Una 116 bambini e 28 adulti: si salvarono, di parte delle foto è stata pubblicata da AB quella generazione, solo i bambini che Edizioni in I colori dell’alluvione nel 2015. erano rimasti a casa. Alla notizia dell’al- luvione a Firenze, i giovani di Aberfan for- marono un comitato per raccogliere in- La solidarietà internazionale dumenti infantili, giocattoli e coperte. Glyn Phylips, proprietario di una società di taxi La Città si rialzò in pochi mesi anche con aiu- della vicina città di Aberdare, mise a di- ti immediati provenienti da tutto il mondo. sposizione per il trasporto un minibus, che Questo permise al sindaco Bargellini, ac- guidò egli stesso fino a Firenze. compagnato dalla figlia Antonina di cui Nel prossimo autunno verranno ringraziati potete leggere il ricordo, di andare a mar- tutti quelli che hanno aiutato Firenze e la zo del 1967 in varie città negli Stati Uni- Toscana con vari eventi.

23 La scuola, i giovani e gli «angeli 4.0» na2016» ha promosso, insieme all’Ufficio Scolastico Regionale e alla Fondazione Negli ultimi anni sono state fatte nella «Idana Pescioli» un bando di concorso fra scuola molte attività didattiche sul tema gli allievi delle classi 4 e 5 delle scuole dell’acqua, incentrate soprattutto sull’ac- elementari della Toscana per disegni sul te- qua come risorsa. Minori sono stati gli in- ma delle alluvioni. teressi in riferimento alle alluvioni. La Pro- Questa iniziativa si collega a quello che tezione Civile Nazionale con la campagna la prof.ssa Idana Pescioli fece nel 1966 Io non rischio ha contribuito recentemente raccogliendo i disegni dei bambini allu- ad attivare anche questa informazione e vionati di Firenze, che furono poi pubbli- formazione nelle scuole. cati dalla Nuova Italia in un bellissimo li- Nel contributo di Vallario vengono illu- bro nel 1967. Il bando è stato esteso a tut- strate le attività che il Progetto «Firenze ta la Regione Toscana essendo le alluvio- 2016» sta attivando in una collaborazio- ni degli ultimi anni verificatesi in nume- ne con la scuola finalizzata alla messa a rose aree della Regione. punto di contenuti formativi organizzati È infine da sottolineare come la memo- in un Kit Scuola. ria del 1966 venga riproposta ai giova- Si tratterà di una offerta formativa «aper- ni e a chi non l’ha vissuta come «Me- ta» ad interventi integrativi, personalizza- moria Viva», un progetto descritto nel ta da parte delle scuole che vorranno adot- contributo di Bianucci che si propone, tarla, sviluppata secondo il paradigma del- anche attraverso un «Museo Virtuale», le Open Educational Resources (OER), fa- di riproporla come esempio positivo del- cilmente trasferibile, basata su tecnologie la resilienza, della solidarietà, della con- multimediali ed e-learning. divisione, della socialità per gli «angeli Il Kit Scuola affronterà temi afferenti alla 4.0», cioè per quelli che dovranno af- protezione civile ed autoprotezione, cul- frontare le prossime catastrofi, e non so- tura della solidarietà, rapporto corretto con lo naturali. l’ambiente, attenzione al patrimonio cul- turale, fattori strutturali di resilienza, rag- giungimento di target numerosi ed etero- Ma il rischio è aumentato o è genei di studenti, famiglie, personale in- diminuito? segnante. Ma l’attività distintiva che ha già prodot- Il rischio idraulico di Firenze e delle altre to significativi risultati, collegata all’anni- aree della Toscana è aumentato o dimi- versario dell’alluvione del 1966 e alla sua nuito in questi anni? documentazione, che potete trovare in Limiteremo la questione a Firenze e alla questo numero, è quella raccolta dal Li- sua area metropolitana di pianura, che ceo scientifico «Il Pontormo» di Empoli, il andò praticamente tutta sottacqua nel Liceo scientifico «L. Da Vinci» di Firenze, 1966. dall’ITI di Manciano, dall’ITE e dal Liceo L’Autorità di Bacino dell’Arno nel Piano scientifico «E. Balducci» di Pontassieve. Difesa dalle alluvioni del 2015 indica Le ragazze e i ragazzi hanno intervistato che l’area metropolitana a Sud del cen- nonni, vicini di casa, conoscenti vari e tro storico di Firenze è ad alta pericolo- hanno raccolto le loro memorie e le han- sità idraulica (probabilità che si verifi- no studiate e documentate. chino delle alluvioni). Il centro storico è Il Comitato «Firenze2016» - «Tosca- in gran parte valutato a media pericolo-

24 La grande alluvione sità. Se si passa al rischio idraulico, che Questi interventi, fra qualche anno, sa- sono i danni che queste alluvioni posso- rebbero in grado di accumulare volumi di no produrre, sempre la stessa Autorità in piena di circa 40 milioni di metri cubi ri- uno studio fatto con il Dipartimento di In- ducendo in modo significativo la perico- gegneria Civile e Ambientale dell’Uni- losità idraulica di Firenze e dell’area me- versità di Firenze valuta in circa 6 mi- tropolitana. I volumi in gioco nella piena liardi di Euro i danni per i soli beni edi- del 1966 furono di circa 500 milioni di lizi e commerciali nel centro storico. So- metri cubi. no esclusi i danni ai beni culturali e la Sull’adeguatezza di queste stime e previ- perdita di vite umane, che chissà perché, sioni ha dubbi l’ITSC – International Te- non erano valutati nei primi piani di ba- chnical Scientific Committee – costituito cino. Solo nel Piano Difesa delle allu- nel 2014 e incaricato dal Sindaco Nar- vioni del 2015 questi aspetti sono final- della di svolgere una valutazione indi- mente considerati. pendente su quanto è stato fatto e su quan- I danni all’area metropolitana complessi- to secondo questi esperti internazionali si va sono stimati in modo molto approssi- dovrebbe fare. Si riporta in questo nume- mativo ad una ventina di miliardi di Euro ro integralmente il secondo rapporto del- per una alluvione del tipo del 1966. l’ITSC, che completerà il suo lavoro a fi- Su cosa sia stato fatto o completato in ne anno 2016. questi cinquant’anni per ridurre la peri- Resta il fatto che a novembre 2016 sarà colosità, l’elenco è purtroppo smilzo: il stata forse completata un’unica cassa di serbatoio di Bilancino, fondamentale per espansione nel Valdarno. Forse, per il ses- la regimazione della Sieve a fini idropo- santesimo (2026), saranno disponibili con tabili riduce del 3-4% la pericolosità a Fi- gli interventi i sopra ricordati 40 milioni renze, essendo collocato nell’Alta Sieve. di metri cubi invasabili, che l’ITSC (ma Delle 4 casse di espansione del Piano di anche il Piano di Bacino del 1999) consi- Bacino del 1999 previste in Valdarno, so- dera inadeguati a proteggere Firenze da lo quella di Prulli (circa 5 milioni di me- piene del tipo di quella del 1966. Sono sta- tri cubi) dovrebbe essere completata nel- ti fatti piani di bacino sempre più accura- l’anno 2016. La novità rispetto all’iner- ti e coerenti con le direttive europee sul- zia degli anni precedenti è che anche le le alluvioni, ma ad oggi non sono stati rea- altre 3 casse sono state finalmente fi- lizzati in riferimento alle opere struttura- nanziate nel 2015 dal Governo (Grassi, li. ITSC sottolinea la necessità di rivedere Nardella, Rossi, D’Angelis, Massini). Po- la pianificazione, i tempi e i modi di in- tete leggere opinioni e certezze diverse tervento per dare a Firenze quella priorità su quando saranno pronte e sulla diffi- di provvedimenti che è stata data a Vene- coltà di realizzazione (Tilli). L’altra ope- zia e che ancora manca al capoluogo to- ra di riduzione della pericolosità è l’in- scano. tervento sull’innalzamento della diga di Un altro suggerimento che l’ITSC ha da- Levane, che dovrebbe essere finanziato to, fin dal suo primo rapporto nel 2014, è a breve e di cui l’Enel ha realizzato il stato di studiare in modo più adeguato progetto esecutivo nel 2015. Si valuta che l’Arno, almeno nel suo tratto urbano, sia l’innalzamento, se finanziato subito, po- in termini di misura delle portate solide e trà essere realizzato in 6-8 anni e con- liquide che di modellistica. In particolare sentirebbe di invasare altri 10 milioni cir- aveva suggerito di realizzare un modello ca di metri cubi. fisico per studiare delle soluzioni nuove di

25 riduzione della pericolosità analoghe al- beni culturali sarebbe in una certa misura le uniche efficaci realizzate negli anni 70 ridotto perché molti beni spostabili sono con l’abbassamento delle platee di Ponte stati messi in sicurezza. Ma rimangono le Vecchio e ponte a Santa Trinita e l’innal- statue, la città con i sui monumenti. zamento delle spallette. Questo interven- Il danno alle vite umane invece si suppo- to, infatti, è l’unico intervento significati- ne di eliminarlo o di contenerlo con atti- vo che ha ridotto la pericolosità del cen- vità di protezione civile. È in effetti que- tro storico della città. È riportato il contri- sto il grande miglioramento rispetto al buto di Aldo Buoncristiano, prefetto a Fi- 1966, ben descritto nel contributo di Po- renze dal 1973 al 1977, che ebbe un ruo- stiglione. Firenze ha oggi un moderno Pia- lo importante nella decisione di realizza- no di Protezione Civile, ma questo vale per re questa opera, che era notevolmente tutti i comuni dell’area metropolitana? In ostacolata o trascurata dalla burocrazia alcuni articoli è affrontato il tema dell’al- ministeriale. Il progetto fu studiato dal- larme non dato nel 1966 e ad essi si ri- l’Università di Bologna nel 1970, proprio manda. con un modello fisico del fiume, come ri- Ma la domanda è: i cittadini seguiranno i cordato in questo numero. Troveremo nel- piani di protezione civile? Li conoscono? l’anno del cinquantesimo un politico, un Firenze è abitata in modo molto diverso prefetto, un amministratore che capisca il da allora. Sono diversi i cittadini, oggi ci rischio che Firenze ancora corre e che sono gli immigrati, i turisti etc. Ci sono operi con maggiore decisione per ridurlo strumenti tecnologici che consentono di come fece il prefetto Buoncristiano? organizzarsi autonomamente sull’infor- Nell’ambito del Progetto «Firenze2016», mazione e sulle regole di comportamen- l’Università di Firenze e il CERAFRI 5, con to. Il Piano di Protezione Civile di Firen- il contributo di «Publiacqua», dell’Auto- ze tiene già conto di questi aspetti, nel- rità Idrica Toscana, del Consorzio di Bo- l’ambito degli importanti progetti in cor- nifica Medio Valdarno e del Comune han- so di Smart City che il Comune sta realiz- no operato negli ultimi due anni nella di- zando con la collaborazione dell’Univer- rezione di colmare le lacune nella cono- sità di Firenze. scenza del fiume (intervento di Enio Paris Nei contributi di Mazzei, Bottino, Perini, et al). Questi studi hanno fra l’altro per- Ercolini, Alberti e Massa e altri il neces- messo di individuare gravi problemi di ero- sario rispetto dell’acqua si estende dalla sione delle pile del ponte Vespucci in ri- sua pericolosità, al suo utilizzo come ri- va sinistra, che hanno prodotto un inter- sorsa, nella prospettiva di una sua gestio- vento di emergenza per verificare la sicu- ne ormai inevitabilmente da collegare al- rezza del ponte (gennaio 2016). l’energia, al cibo, alla dimensione globa- Se la pericolosità non è sostanzialmente le della sua gestione, con il concetto di ac- diminuita e lo sarà in una forma signifi- qua virtuale e con i cambiamenti climati- cativa fra qualche anno con le casse e con ci, alla migliore gestione e fruibilità degli l’innalzamento della diga di Levane, il va- ecosistemi fluviali. lore dei beni economici nelle aree a ri- schio è molto aumentato sia a Firenze che nell’area metropolitana. La conservazione, il restauro, la Allora possiamo dire che il rischio idrauli- documentazione, l’innovazione co, economico, alle infrastrutture e alle abitazioni è molto aumentato. Il danno ai Quello che Firenze ha fatto, con l’aiuto del

26 La grande alluvione mondo, per rimediare ai danni dell’allu- disgrazia, che dovrebbe essere invece una vione ai beni culturali è straordinario ed risorsa su cui puntare. è motivo di grande orgoglio. Negli articoli di Acidini, Ciatti, Guasti, De Micheli, Maccabruni si ripercorrono le vi- La produzione scientifica e culturale cende del restauro dei libri, dei dipinti e degli affreschi. Anche la produzione scientifica e cultu- Con il finanziamento dell’«Ente Cassa di rale negli ultimi vent’anni è stata ridotta e Risparmio», il Comitato ha potuto asse- su alcuni temi è assente. I libri degli ulti- gnare 3 borse di studio per documentare mi anni sono di riproposizione della cro- questo lavoro e potete trovate nei pezzi di naca e hanno riguardato soprattutto l’Ar- Foraboschi, Coco, e Ciliberti cosa questi no in generale e il ricordo degli «angeli del borsisti stanno studiando in riferimento al- fango», molto valorizzati nella comuni- le opere restaurate dall’OPD, al censi- cazione politica. La produzione artistica, mento delle foto del Gabinetto fotografi- musicale, teatrale è stata modesta rispet- co degli Uffizi, alla Bibliografia dell’allu- to all’importanza dell’evento. Per la mu- vione che è già consultabile nell’articolo sica sono da segnalare gli stornelli di Di- di Ciliberti e Di Renzo. no Ceccarini e le canzoni di Riccardo Ma- Il grande lavoro di conservazione e re- rasco, recentemente scomparso. Manca stauro di questi anni ha fatto diventare Fi- purtroppo a Firenze quello che De Andrè renze e la Toscana la capitale del restau- ha regalato a Genova alluvionata nel ro a livello mondiale, con un ruolo rico- 1970, la magnifica Dolcenera. nosciuto ancora oggi e con la ricaduta sul Nel contributo di Niccolini è annunciata sistema produttivo di notevolissimo rilie- l’unica opera teatrale scritta sull’alluvione, vo per l’economia regionale. Nell’artico- rappresentata alcune volte nel 2006 e che lo di Salvatore Siano è sottolineato que- oggi viene rivista e presentata con il tito- sto aspetto molto importante, in cui l’al- lo Il filo dell’acqua. Recitata dalla Com- luvione ha prodotto importanti scoperte pagnia «Arca Azzurra», è previsto sia pro- scientifiche, innovazione produttiva e la- grammata nei prossimi mesi nei teatri dei voro. Purtroppo questa cultura e pratica vari comuni alluvionati in Toscana e an- del restauro mentre ha trovato nell’im- che fuori regione. prenditoria, nell’università e nel CNR uno Appare, in conclusione, evidente la ne- sbocco molto positivo, ha visto progres- cessità di ripensare a come ridurre final- sivamente ridursi il personale delle istitu- mente la pericolosità e non solo gestire il zioni pubbliche che operano nella con- rischio idraulico di Firenze e del bacino servazione e nel restauro. Le carenze di dell’Arno, tenendo conto certo delle nuo- personale e di fondi dell’Opificio delle ve condizioni climatiche, economiche e Pietre Dure, della Biblioteca Nazionale, sociali ma stabilendo delle priorità nelle dell’Archivio di Stato, delle Soprinten- strategie di intervento anche con opere denze e dei Musei stanno facendo perdere strutturali. La carenza di risorse economi- un primato che Firenze aveva acquisto che e in generale la difficoltà a gestire i si- come conseguenza dell’alluvione. Re- stemi sociali e ambientali da parte della centemente il MIBACT ha assegnato, do- politica e dell’amministrazione ha reso po- po molti anni, finanziamenti per inverti- polare da qualche anno la parola «resi- re la dispersione di ricchezza, di cono- lienza», che si usa quando le cose vanno scenza e di competenza prodotta dalla o cominciano ad andare male e si chiede

27 ai cittadini di attrezzarsi autonomamente se economiche che generarono una rapi- per far fronte alle calamità. I fiorentini e da ripresa. gli altri alluvionati del 1966 hanno reagi- Oggi, dove sarebbero le risorse per far fron- to allora con determinazione e coraggio. te a danni e risarcimenti di miliardi di eu- Saranno «resilienti» anche alle prossime ro necessari a una rapida ripresa dopo una alluvioni? alluvione a Firenze, anche di dimensione Le prossime alluvioni potranno assumere minore di quella del 1966? Ci sarebbe la forme anche diverse da quelle storiche. stessa solidarietà internazionale di allora in Firenze è stata inondata una sessantina di un mondo che ha continue emergenze volte negli ultimi ottocento anni. Le ca- economiche, politiche e sociali? ratteristiche del bacino ne rendono inevi- E ci sarebbe la coesione sociale che tabili delle altre anche gravi secondo le ti- espressero le parrocchie e le case del po- pologie storiche. Ci sono però delle va- polo di allora, con persone che avevano riazioni climatiche, negli ultimi decenni, ricostruito dopo la guerra i ponti e la città? che fanno pensare possibili scenari di pre- Nel corso del 2016 le comunità cittadina, cipitazioni che potrebbero produrre delle regionale, nazionale ed internazionale si in- piene anche più gravi sull’asta principale terrogheranno sulle domande poste all’ini- dell’Arno, dell’Ombrone, del Magra o sui zio. In questo numero sembra emergere co- loro affluenti e sui corsi d’acqua minori. me negli ultimi anni ci sia stato un miglio- Viene attribuito convenzionalmente al- ramento nel rispetto dell’acqua, inteso co- l’alluvione della Versilia del 1996 il se- me maggiore attenzione alla sua pericolo- gnale del «cambiamento climatico», quel- sità e maggiore cura alla sua salvaguardia. lo delle «bombe d’acqua», poi ripetutosi Si può affermare che le politiche nazionali con frequenza crescente negli ultimi an- e regionali, i Piani di Bacino, il Servizio Idri- ni anche su aree vaste, come l’alluvione co Integrato, i Consorzi di Bonifica, la Pro- in Maremma del 2012. Nel contributo di tezione Civile stanno intervenendo in mo- Baldi et al viene ricordato l’evento del do sempre più coordinato per affrontare i 1996 e il «Modello Versilia», esempio di problemi. Ma il miglioramento in corso è «resilienza perfetta». adeguato o è necessario accelerare? Ma le condizioni economiche e sociali Resta il fatto che ai fiorentini e alle comu- del post 1966 e del post 1996 permisero nità nazionale ed internazionale è diffici- di affiancare alla solidarietà delle perso- le capire come in cinquant’anni si sia fat- ne, delle Forze Armate, dei Vigili del Fuo- to così poco per Firenze. Com’è stato pos- co e del volontariato anche robuste risor- sibile? Non è il momento di una svolta?

1 G. Di Leva, Firenze. Cronaca del diluvio, Le Let- ze_del_4_novembre_1966 tere, Firenze1996. 4 Vedi https://www.youtube.com/watch?v=VIKC- 2 Vedi www.firenze2016.it. sB76Umo. 3 https://it.wikipedia.org/wiki/Alluvione_di_Firen- 5 Vedi www.cerafri.it.

28 QUEL MICROFONO CALATO DALLA FINESTRA di Dario Nardella

A Roma nessuno credette alle parole del giornalista Rai Marcello Giannini quando egli cercò di descrivere l’avanzata minacciosa delle acque su Firenze. Fu, infatti, costretto a calare il microfono dalla finestra per far sentire il rumore assordante della furia dell’Arno. Dal 1966 ad oggi le comunicazioni sono radicalmente cambiate e tutto si saprebbe in diretta e in «tempo reale»; sul fronte della prevenzione, intanto, dei passi avanti sono stati fatti, ma c’è ancora molto da fare. Fa ben sperare lo sblocco dei fondi per la realizzazione di opere, tempestivamente cantierabili, a protezione della Città Metropolitana e del territorio toscano dalle esondazioni e dal rischio idrogeologico.

29 La furia dell’Arno tare interventi dall’alto ma si rimboccò da subito le maniche per riportare la città al- Immaginate l’esasperazione di un giorna- la sua grandezza. lista fiorentino che cerca di descrivere al- Accanto a lei, piccolo grande miracolo la sua redazione romana un evento disa- del fiume impazzito, arrivarono tanti gio- stroso che gli capita sotto gli occhi e i suoi vani dall’Italia e dall’estero, accorsi dopo interlocutori non lo capiscono, minimiz- che la notizia dell’alluvione si diffuse len- zano, lo invitano alla cautela. Quel gior- tamente nel Paese e nel mondo. Erano i nalista si chiamava Marcello Giannini, era cosiddetti «angeli del fango». Un’espe- caporedattore alla Rai e la mattina del 4 rienza unica, dalla cui potenza nascerà in novembre 1966 tentò in tutti i modi di seguito la Protezione Civile. spiegare ai suoi colleghi romani che cosa Così Firenze, colpita al cuore, seppe rial- stava capitando a Firenze. Da Roma gli ri- zarsi. Ammaccata, dimostrò di essere una spondevano che secondo le previsioni me- grande città, nello spirito e nell’azione. teorologiche a Firenze c’erano solo radi piovaschi. Allora lui prese un microfono e lo calò dalla finestra della sede Rai, che Che la storia non si ripeta allora era in pieno centro storico. «Que- sto rumore assordante che sentite – gridò Cosa rimane oggi di quei terribili giorni? al telefono e poi in diretta – è la furia del- Quali gli insegnamenti che ne abbiamo l’Arno che ha rotto gli argini e che passa tratto? a un metro dalle nostre finestre». L’Arno è un fiume bizzoso, già protagoni- Cinquant’anni fa il modo non era con- sta di innumerevoli piene nei secoli pas- nesso come oggi, naturalmente, non c’e- sati. Quella data però segnò uno spar- rano foto o video che viaggiavano con la tiacque profondo. Prima l’Arno era il fiu- velocità dei social network, tutto si svol- me della città, lo specchio d’acqua, il «na- geva con la lentezza analogica della cor- stro d’argento» dove i fiorentini impara- netta e dei fax, dei ponti radio improvvi- vano a nuotare. Dopo l’Arno cominciò a sati. Mentre l’alluvione colpì Firenze, il far paura, e ancora oggi, nei periodi più resto del mondo riposava serenamente e piovosi dell’anno, in tanti si fermano sul- passarono diversi giorni prima che si ren- le spallette dei ponti per verificare che desse conto di quel che era avvenuto. l’ondata di piena non superi la soglia di Giannini non aveva esagerato: dopo quel sicurezza. giorno in città rimanevano solo macerie e Firenze, come ho accennato, seppe rial- morti, attività commerciali distrutte, ope- zarsi dopo la caduta ma oggi chiede più re d’arte inestimabili colpite per sempre. attenzione. È stato calcolato che una nuo- Poche immagini racchiudono questa tra- va alluvione delle dimensioni di quella gedia come quella di uno dei soccorrito- del 1966 costerebbe circa sei miliardi di ri del Crocifisso di Cimabue, Salvatore danni. Non vogliamo che, dopo cinquan- Franchino, che allarga le braccia, sconfit- ta anni, la storia si ripeta. Le alluvioni non to, di fronte all’opera bagnata dal fango. sono imprevedibili come i terremoti e, so- Firenze così si sentiva: impotente, deva- prattutto, se ne possono mitigare gli effet- stata, ferita in maniera inaspettata. Ma so- ti con opportune opere idrauliche. La ve- lo per poco. La cittadinanza, travolta dal ra cura è la prevenzione. fango, seppe reagire con straordinaria ra- Purtroppo la gestione del dissesto idro- pidità e compostezza, non stette ad aspet- geologico e dei suoi effetti è sempre stata

30 La grande alluvione

fra i fanalini di coda del sistema Italia. un accordo di programma quadro tra Re- Troppo debole la memoria, forse, oppure gione Toscana, Ministero dell’Ambiente, troppo ingenti i costi che servono per la l’Unità di Missione di Palazzo Chigi #Ita- messa in sicurezza. Problemi che, insie- liasicura e Città Metropolitana di Firenze. me a una lentezza e goffaggine burocra- I fondi sono interamente destinati alle ope- tica indegna di un Paese civile, hanno in- re strategiche più urgenti per la protezio- generato anni e anni di ritardi e rinvii. Col ne dal rischio idraulico e idrogeologico. risultato che, per l’invaso dell’Arno, poco Tra queste ci sono le quattro casse di espan- è stato fatto finora. C’è la diga di Bilanci- sione a monte di Firenze e l’adeguamen- no che mitiga in parte la forza del fiume, to dell’invaso di Levane. I lavori dovrebbero ma non basta. essere ultimati a fine 2018. Lo scorso autunno, una svolta, ovvero la Mi auguro, la città si augura, che questa firma per l’assegnazione di 106 milioni di sia davvero la volta buona. Troppo alto il Euro per proteggere la Città Metropolitana rischio per Firenze e il suo territorio nel- e il territorio toscano dal rischio esonda- l’ipotesi di un nuovo 4 novembre 1966. zioni e dal rischio idrogeologico con ope- Ma è l’Italia tutta che non può più per- re tempestivamente cantierabili. Si tratta di mettersi di rischiare.

31 L’ ANTICO CONSIGLIO DI MACHIAVELLI di Enrico Rossi

Machiavelli ci ricorda che l’acqua dei fiumi, come la fortuna, va arginata e governata in tempi di quiete, perché il rischio, altrimenti, è di essere rovinosamente travolti. Nel governo della Regione Toscana, pur retto nel tempo da un riformismo pragmatico che ha consentito di modellare armoniosamente il paesaggio, non sono mancate le spinte fataliste e l’affidarsi alla «fortuna» nel governo delle acque. Localismi e sovrapposizioni legislative hanno frenato una effettiva e integrata cura del territorio. Da alcuni anni però, la Regione, con una serie di leggi ad hoc ha invertito la tendenza, snellendo le procedure, affidando ad un unico «Piano Alluvioni» la cura dei bacini idrografici e stanziando ingenti fondi a copertura delle opere avviate e di quelle previste.

Quel riformismo toscano dalle radici uno dei colpi avversi della «fortuna». lontane Altre volte, nel corso dei secoli, la fortuna, nelle sembianze delle acque tracimanti dei Nei giorni della «grande alluvione», quan- fiumi, si era accanita contro Firenze e gli do Firenze (e altre parti della Toscana) si altri insediamenti posti nei loro bacini. svegliò con le strade sommerse dalle in- Forse Niccolò Machiavelli aveva negli oc- contenibili acque dell’Arno, tutti per lo più chi e nella mente queste immagini di attribuivano il disastro a cause naturali, a inondazioni, invero abbastanza ricorren-

32 La grande alluvione ti, quando nel suo esilio di S. Casciano in più come una minaccia ma come una ric- Val di Pesa scrive (e integra continua- chezza. Come lo era agli inizi del Cin- mente) fra il 1513 e il 1518 il capitolo quecento, quando era il cuore di un si- XXV (Quantum fortuna in rebus humanis stema economico e di mobilità. Il genio possit, et quomodo illi sit occorrendum) di Leonardo aveva lavorato per qua- del suo capolavoro, Il Principe. Nella pri- rant’anni a riorganizzare l’idrografia del- ma parte del capitolo Machiavelli argo- la Toscana, a deviare il fiume, bonificare menta come la fortuna determina metà paludi, prevenire alluvioni, irrigare cam- delle nostre azioni, mentre per l’altra metà pi, costruire canali di navigazione, co- sono governate dal nostro libero arbitrio. struire dighe per disperdere i nemici o as- E paragona la fortuna «(…) a uno di que- setare le città rivali, produrre energia idrau- sti fiumi rovinosi che, quando s’adirano, lica. Con questa stessa determinazione, allagano e’ piani, ruinano gli alberi e gli l’opera costante dell’uomo ha creato il edifizii, lievono da questa parte terreno, paesaggio toscano. Prevenzione e cura so- pongono da quell’altra; ciascuno fugge lo- no i cardini del buongoverno toscano, che ro dinanzi, ognuno cede allo impeto lo- però sono continuamente sfidati, non pos- ro, senza potervi in alcuna parte obstare». sono mai essere dati per scontati e richie- Ma Machiavelli spiega come, almeno al dono entrambi la costanza, l’applicazio- 50%, si possa «ordinare» la fortuna come ne e la pazienza delle opere strutturali, i fiumi: occorre che, «quando sono tem- complesse. pi quieti», si prendano provvedimenti «(…) con ripari e argini, in modo che, crescen- do poi, o egli andrebbano per uno cana- Se i moderni principi non pongono le, o l’impeto loro non sarebbe né sì li- «argini e ripari» cenzioso né sì dannoso». Come i fiumi, oc- corre saper domare la fortuna, non di- Così, anche in vista del cinquantesimo pendere dalle sue alterazioni, giacché della grande alluvione, abbiamo preso at- «(…) quel principe che si appoggia tutto to che questi erano tempi di (relativa) quie- in su la fortuna, rovina, come quella va- te, quelli adatti per mettere mano ad un ria». E come con la fortuna, arguisco che intervento strutturale sul rischio idrogeo- Machiavelli ritenga che anche con i fiumi logico e per la messa in sicurezza del Ba- non convenga all’uomo essere troppo «(…) cino dell’Arno. Partendo dalla consape- respettivo, quando egli è tempo di venire volezza che siamo stati per decenni in as- allo impeto», giacché non lo saprebbe fa- senza di una strategia nazionale di pre- re. Occorre la determinazione nel porre venzione idraulica e idrogeologica. «rimedio», un governo robusto, pragma- Un primo tentativo si ebbe solo dopo l’al- tico e interventista. È l’attitudine che io ri- luvione di Firenze del 1966 quando lo Sta- conosco nel riformismo toscano, capace to, con la Commissione De Marchi, tentò di affrontare con realismo i problemi, sen- un piano organico nazionale. Ma i risul- za subire passivamente i rovesci della for- tati furono solo parziali, con un sostan- tuna. ziale rinvio fino alla fine degli anni 90 in Così, il riformismo toscano – che affonda Toscana, con i primi Piani di Bacino la cui le sue radici nel pragmatismo machiavel- effettiva attuazione però sta avvenendo so- liano – deve sapersi applicare al «proble- lo in questi ultimi anni. Ad esempio, per ma» Arno ponendosi quanto meno l’o- l’Arno, le uniche opere realizzate sul cor- biettivo di tornare a concepire l’Arno non so d’acqua principale dopo l’alluvione del

33 66 sono state l’abbassamento della platea va costruito), è stato un bollettino conti- di Ponte Vecchio, lo scolmatore di Ponte- nuo di danni e di lutti. dera e l’invaso di Bilancino (che in modo residuale svolge anche funzioni di lami- nazione delle piene). In assenza di una L’impegno della Regione Toscana strategia nazionale, i localismi e i veti in- crociati l’hanno fatta da padrone. La stes- In questo contesto si approva la LR 35/2011 sa Regione Toscana, fino al 2010, non è sulle «opere strategiche», che dava la pos- mai stata protagonista diretta di interven- sibilità al presidente della Regione di no- ti, ma ha lasciato l’attuazione delle opere minare commissari ad-acta per velocizza- idrauliche agli enti locali. re la realizzazione delle opere. La prima Tutto ciò ha impedito la riduzione del applicazione della Legge fu la realizza- rischio idraulico e idrogeologico del no- zione delle casse di espansione di Figline stro territorio. Inoltre non sono state spe- Valdarno, nominando un Commissario per se le risorse che pure erano state stan- sbrogliare la matassa di burocrazia e inef- ziate per realizzare gli interventi di pre- ficienza che aveva bloccato i lavori. Nel venzione. settembre del 2014 i lavori della cassa di Perché è avvenuto questo? Io credo per- espansione a Figline Valdarno hanno pre- ché è mancata lungimiranza politica: di- so avvio e nella prossima primavera potrà rebbe Machiavelli che i moderni principi essere, finalmente, inaugurata. non hanno saputo erigere «ripari e argi- Inizia così una nuova stagione di interventi ni» nei tempi di quiete e si sono affidati legislativi e operativi che costituiscono non in tutto alla fortuna, non avendo avuto il soltanto un programma di messa in sicu- coraggio di affrontare interventi di lunga rezza dai rischi di alluvioni, ma la ripresa durata, non particolarmente graditi alle di un governo del territorio nel suo com- popolazioni sul cui territorio ricadevano plesso. Nasce, ad esempio, la LR 21/2012 gli interventi e con poca remunerazione che blocca le costruzioni nelle aree ad al- in termini di consenso. Per fare una cassa ta pericolosità idraulica. Ma non si tratta di espansione o un’arginatura di un fiume soltanto di impedire nuove costruzioni in occorrono espropri, tempi lunghi di rea- zone a rischio idraulico, peraltro impedi- lizzazione, costi elevati. Così si è preso il to – anche se in modo non sufficiente- rischio, considerato limitato, che l’allu- mente stringente – anche da normative del- vione non si sarebbe ripetuta se non in la fine degli anni 90, bensì di iniziare un 200 anni e quindi non durante il proprio processo di rimozione di costruzioni già mandato politico. realizzate in zone a rischio. Penso, ad Ma poi le statistiche degli eventi alluvio- esempio, al quartiere Matteotti di Aulla, nali sono state sconvolte e in Toscana que- che verrà delocalizzato in zone più sicu- sti si sono ripetuti con una frequenza e re e nessuno potrà più abitare i palazzi una gravità sconcertante. Fin dai primi an- ERP costruiti dentro l’alveo del fiume. ni 90 si verificarono eventi significativi, Accanto alla LR 21/2012, la Regione To- poi dalla fine del 2009 con l’alluvione del scana vara anche la riforma dei Consorzi Serchio, nel 2010 con la frana di Massa e di Bonifica (LR 79/2012) che ha l’obietti- la morte di tre persone, fino all’ottobre del vo di estendere a tutti i corsi d’acqua l’at- 2011 con la terribile alluvione del fiume tività di manutenzione, con la conseguente Magra in Lunigiana (durante la quale il estensione a tutta la Toscana del tributo di fiume si è ripreso la terra dove l’uomo ave- bonifica. La mancata manutenzione dei

34 La grande alluvione corsi d’acqua, anche minori, è stata infat- di fiume» attraverso i quali saranno sensi- ti una delle cause più rilevanti delle fre- bilizzati i cittadini su buone pratiche di quenti esondazioni degli ultimi anni. La «auto-sicurezza», di manutenzione e di stessa legge prevede l’istituzione di un pro- «animazione» di attività attorno al fiume. gramma annuale per la difesa del suolo, Infine, devo ricordare che la Regione To- la cui prima applicazione avviene nel scana ha approvato il Piano di Gestione 2013 con l’approvazione del Piano che del Rischio Alluvioni, attuativo della di- ha portato all’avvio, nel 2014, di inter- rettiva 2007/60/CE. Il Piano detta le stra- venti per una somma complessiva di 50 tegie contro le alluvioni ed occorre sotto- milioni di Euro di fondi esclusivamente re- lineare come solo la Toscana e l’Autorità gionali. di Bacino dell’Arno hanno scelto di abo- Abbiamo, inoltre, voluto rimettere in mo- lire tutti gli altri piani che governano la to la programmazione di interventi strut- materia (PAI, Piano Stralcio rischio idrau- turali di grande dimensione in collabora- lico, etc.), riassumendo tutto nel «Piano Al- zione con lo Stato che, attraverso la Strut- luvioni», con un’opera di semplificazione tura di Missione contro il dissesto idro- credo importante. geologico, ha portato alla sottoscrizione il Abbiamo con questo forse risolto tutti i 4 novembre 2015 del primo stralcio del problemi? Evidentemente no, perché do- Piano Nazionale ovvero «L’Accordo per po aver approvato una normativa com- le aree metropolitane» che destina 106 plessivamente più adeguata a svolgere ef- milioni di Euro alla riduzione del rischio fettivamente i lavori necessari, dopo aver idraulico a Firenze e altre zone altamen- finanziato piani di interventi e dopo aver te critiche della Toscana, con le gare dei portato a sinergia risorse e strategie d’in- lavori che saranno avviate nel corso del tervento dei diversi soggetti pubblici pre- 2016. La Regione Toscana contribuisce posti alla sicurezza idrogeologica (e non con 40 milioni di Euro di risorse proprie è cosa da poco in questo Paese), siamo a questo programma, che nel prossimo consapevoli che è decisivo realizzare tut- quinquennio attiverà lavori per circa 700 te le opere seguendo il cronoprogramma milioni di Euro, fra risorse regionali, sta- previsto perché i «tempi di quiete» passa- tali e di contabilità speciale. no presto e, accentuati anche dai cam- biamenti climatici in corso, gli eventi me- teorologici estremi sono ormai all’ordine Il «Piano alluvioni» del giorno. Ma, per tornare da dove ho iniziato, abbiamo deciso sei anni fa di non Una imponente massa critica di risorse e lasciare che la fortuna governi le sorti de- interventi che, però, si integrano con l’at- gli uomini e delle comunità lungo l’Arno, tività di cura e adattamento delle comu- bensì di prendere in mano il nostro desti- nità locali nei rapporti con il fiume e i cor- no e di governare (assumendoci tutte le re- si d’acqua, di cui deve cambiare la per- sponsabilità e i rischi del caso) le trasfor- cezione, da minaccia/rischio a risorsa am- mazioni dei suoli e il corso delle acque, bientale ed economica. Questo avverrà convinti che questo sia il dovere e il sen- attraverso la valorizzazione dei «contratti so della politica.

35 UN DRAMMA DI TUTTA LA TOSCANA di Eugenio Giani

Nel 2016 ricorre il cinquantennale dell’alluvione del 1966, che coinvolse un po’ tutta la Toscana, in special modo la città di Firenze, ma anche Grosseto, Pontedera, Pisa. Ricorre anche il ventennale dell’alluvione del 1996, che provocò le frane che distrussero i paesi di Cardoso e Fornovolasco, e coinvolse ampie zone della Versilia e dell’Alta Garfagnana. Oltre a commemorare le vittime di quei disastri, la ricorrenza dei due anniversari deve indurci a ripensare la politica del territorio, a diffondere la sensibilità verso i problemi ambientali nelle nuove generazioni e a far conoscere il lavoro svolto in materia dalla Regione.

Un evento biblico sal dell’anno, di John Huston, e i ragazzi si preparavano per uscire. Certo nessuno Quella dell’alluvione del 66 è la storia di immaginava l’incombere di un avveni- un disastro naturale, ma anche la storia di mento, quello sì, davvero biblico. Alle tre solidarietà umana, del recupero di un pa- del mattino circa, nella periferia Nord del- trimonio artistico inestimabile e di una la città, i Vigili del Fuoco tentavano di svuo- mobilitazione senza precedenti. La storia tare una cantina allagata, come ricordano di un evento che coinvolse tutta la Tosca- le cronache di quel giorno. Nonostante l’i- na devastando città importanti. drovora che scaricava nel fiume Mugno- Era giovedì 3 novembre 1966, vigilia di ne fosse a pieno regime, il livello dell’ac- un giorno di festa e, a Firenze, come in qua si alzava tanto da far temere per uno gran parte della Regione, pioveva da una dei simboli della città: Ponte Vecchio. Al settimana. Di fronte ai cinema la gente fa- quotidiano «La Nazione», il caporedatto- ceva la fila per vedere La Bibbia, il kolos- re ricevette le consegne per l’edizione del-

36 La grande alluvione l’indomani, ma quel numero del giornale 1996: un’altra apocalisse in Alta Versilia non arrivò mai nelle edicole. Firenze in e in Garfagnana meno di dodici ore venne invasa da 80 milioni di metri cubi di acqua e di fango. Nel 2016 ricorrono anche i vent’anni del- Ma Firenze non fu la sola ad essere deva- l’alluvione dell’Alta Versilia e di una par- stata da una vera e propria «bomba d’ac- te della Garfagnana. Il 19 giugno del qua». Anche Grosseto, infatti, la mattina 1996 rappresenta, infatti, un’altra triste di venerdì 4 novembre, venne travolta dal- pagina della storia regionale che si mo- l’Ombrone in piena. Alle 7.55 la forza del strò in tutta sua drammaticità quando le fiume si abbatté sugli argini frantumando- località di Cardoso (Stazzema), e Forno- li e in poco tempo i primi piani delle ca- volasco vennero investite dall’onda di se furono invasi fino al soffitto. Il fango re- piena rispettivamente del torrente Vezza se uniforme il paesaggio, spargendo pau- e del torrente Turrite di Gallicano e quin- ra e disperazione tra la gente. A Grosseto di distrutte. Le stime prodotte a seguito l’acqua raggiunse i quattro metri. Firenze, dell’evento quantificarono in circa 3 mi- Grosseto, ma anche Pisa, Pontedera; non lioni di metri cubi il materiale movi- solo zone di pianura, ma quelle montane mentato dalle piogge e in 1 milione di furono profondamente colpite. È indubbio metri cubi il volume della coltre di de- che, nell’immaginario collettivo, quella del triti che sommerse Cardoso. 1966 è passata come l’alluvione di Firen- Ingentissimi danni anche a Ponte Stazze- ze, anche per la forza evocativa che il no- mese e Ruosina (Stazzema) così come, in stro capoluogo esercita nel mondo. Ma a pianura, a Pietrasanta sino alla frazione di cinquant’anni di distanza, affinché il ri- Marina di Pietrasanta, Forte dei Marmi e cordo di questa data non sia solo una ste- parte del comune di Montignoso. Insom- rile rievocazione, è necessario che si ren- ma, un’altra apocalisse che spense nu- da evidente che allora fu larga parte del- merose vite umane e a cui la Toscana di la Toscana ad essere sommersa dalle ac- oggi può rendere omaggio solo con un que. È importante avviare un percorso par- impegno concreto e costante fatto di buo- tecipato di raccolta della memoria per pro- ne leggi regionali per il governo del terri- muovere la cultura del territorio, del dirit- torio, una diffusione della sensibilità am- to all’ambiente, di uno sviluppo che non bientale a tutti i livelli, a partire dal soste- invada spazi che, per sua natura, l’uomo gno all’educazione nelle scuole, fino al deve assolutamente proteggere. Pena ul- fattivo aiuto ai comuni nell’opera di rico- teriori disastri per le persone, le attività struzione. Tutte attività che la nostra Re- economiche e i beni culturali. gione sta cercando di onorare.

37 La grande alluvione

(Volume monografico speciale a cura di Giorgio Valentino Federici, Miriana Meli, Lucio Niccolai, Severino Saccardi, Simone Siliani e Vincenzo Striano) Quei giorni a Firenze

Antonina Bargellini Giorgio La Pira Ignazio Becchi Redazione di «Testimonianze» Fabio Dei Aldo Buoncristiano Anna Iuso Filippo Vannoni Ignazio Becchi Roberto Mosi Erasmo D’Angelis Adriana Billi Franco Quercioli Silvia Costa Mauro Sbordoni Claudia Petrucci Sandra Teroni Mauro Cozzi Valeria D’Agostino Luca Brogioni Piero Meucci Erika Ghilardi Mario Primicerio, Severino Saccardi e Simone Siliani

38 PIERO BARGELLINI, «SINDACO DELL’ALLUVIONE», MIO PADRE di Antonina Bargellini

La ricostruzione, fatta con occhi filiali, dell’operato di Piero Bargellini, sindaco di Firenze durante i drammatici giorni dell’alluvione, ma anche e soprattutto del suo stato d’animo di uomo e di cittadino, a partire dalle sue stesse dichiarazioni nelle interviste rilasciate in quei drammatici momenti e in documenti dell’epoca. Ne emerge l’immagine di un «cittadino fra i cittadini», angosciato dalla sorte di quanti avevano perso tutto, ma orgoglioso di appartenere a una città capace di rinascere facendo leva sulle sue stesse forze.

Cittadino fra i cittadini pito la sua e nostra Firenze». «Il mio stato d’animo, in questo momen- Il miglior modo per ricordare mio padre, to è di orgoglio. Dovrebbe essere più giu- Piero Bargellini, il «sindaco dell’alluvio- sto dire di desolazione, di angoscia. Non ne» è quello di ripercorrere quei tragici so cosa sia, qualcuno potrà dire inco- eventi con la sua testimonianza, i suoi scienza, ma è incontestabile il fatto che in scritti, le sue parole. questa ennesima calamità che si è abbat- Piero Bargellini fu, in quei giorni dram- tuta su Firenze io ho visto ancora una vol- matici, prima di tutto un cittadino – sin- ta che si cerca di ricostruire il proprio pa- daco energico tra i cittadini colpiti dal- trimonio, come sempre è avvenuto dopo l’alluvione – con le più grandi responsa- le inondazioni, guerre, devastazioni. Lo bilità, che assunse, sempre, con la stessa ripeto: di fronte a questa città che si è ri- volontà di rinascita e ricostruzione dai pri- bellata alla sorte, io provo un senso di mi giorni dopo l’alluvione: «Signor Sin- euforia e di orgoglio. (…) Firenze non ha daco, (…) vorremmo conoscere lo stato il complesso dell’alluvione, bensì quello d’animo di fronte alla sciagura che ha col- della rinascita» 1.

39 Infatti, ciò che caratterizzò l’impegno di nelle decisioni e nell’azione di Palazzo Bargellini fu la comprensione immediata Vecchio e del suo sindaco: «Il Consiglio co- dello spirito e della capacità dei fiorenti- munale, in seduta straordinaria il 6 No- ni di sollevarsi, reagire, lottare senza far- vembre respinse la proposta di chiedere lo si prendere dallo sconforto nell’attesa del- stato di emergenza, (…) il Sindaco (...) l’8 l’aiuto: «Mi lasciai portare da un senti- Novembre, in una drammatica nottata, mento spontaneo e dalla volontà e dal sen- chiedeva in Prefettura ed otteneva che la timento di fiorentino a vivere all’unisono “Giunta assumesse la responsabilità diret- con tutti i fiorentini che ebbero il mio sen- ta delle operazioni di emergenza ed inter- timento e la mia volontà». vento necessarie al ritorno di una forma al- La battaglia per la ricostruzione vide un meno sopportabile di vita civile”. Non si sindaco determinato contro la burocrazia trattava di condanna né di sfiducia nell’a- della ricostruzione, contro la stasi e l’im- zione governativa ma della persuasione potenza degli apparati. In una concitata di- che il Comune, meglio di ogni altro ente, scussione con un grosso burocrate disse: avrebbe potuto con sensibilità e prontez- «La differenza tra me e lei è questa: lei si za interpretare i bisogni della popolazio- prende lo stipendio e non le responsabi- ne la quale aveva già dimostrato di aver fi- lità, io mi prendo le responsabilità e non ducia nel governo di Palazzo Vecchio» 3. lo stipendio (…) era una battuta polemi- Tutto il mondo si mobilitò per Firenze e, ca, perché tutti si caricarono di responsa- alla dolorosa notizia delle distruzioni, bilità esorbitanti». giunsero aiuti immediati: «Si ebbe (…) la riprova di ciò che sapevamo (…). Firenze costituisce un valore che tutto il mondo, La preoccupazione per «i poveri cristi» tutti i popoli sentono come proprio. Non sono tanto i fiorentini – troppo spesso chiu- Tra le maggiori preoccupazioni di Bargel- si e addirittura inospitali – ad essere citta- lini in quei giorni vi erano quelle legate dini del mondo, quanto sono i cittadini alle condizioni della gente, con la casa del mondo a voler essere fiorentini». «L’ap- distrutta e senza lavoro, «i poveri cristi»: pello che ci fu suggerito era “Firenze ha «Ma in questo momento quelle che bru- bisogno del Mondo come il Mondo ha bi- ciano di più, che minacciano cancrena, sogno di Firenze”» 4. «Sono fiero, orgo- sono le ferite private, quelle delle migliaia glioso, commosso di essere stato il Sinda- di artigiani, di commercianti di industria- co di Firenze e di aver rappresentato un li piccoli e grandi, a loro bisogna pensa- popolo che ha stupito ed edificato il mon- re subito, domani stesso. È gente che non do intero con uno spettacolo di grande di- vuol essere compianta, vuole soltanto es- gnità e di grande fermezza civile. Forse sere messa in condizione di difendersi e non vi rendete conto di quanto sia anda- di aiutarsi, soffrendo in segreto di dover ta alta nel mondo la fama di Firenze per chiedere i mezzi ad altri (…)» 2. merito vostro. Alle antiche glorie della no- Ma la ricostruzione, quello che fu defini- stra città voi siete riusciti ad aggiungere, to «il miracolo di Firenze» fu dovuto an- nella disgrazia e nella volontà di risorge- che al senso profondo di fiducia della città re, nuove glorie».

1 Intervista a Piero Bargellini del 18 Novembre 1966 2 Intervista di Neera Fallaci a Piero Bargellini, «Oggi». Aspettare è collaborare col diluvio, numero specia- 3 P. Bargellini, La splendida storia di Firenze, Val- le di «Forma ed Espressione», anno 5°, novembre- lecchi, Firenze 1964. dicembre 1966. 4 Rassegna del Comune di Firenze, p. 7.

40 RACCONTARE UN’ALLUVIONE di Ignazio Becchi

Una riflessione sul modo di confrontarsi con il tema delle alluvioni, a partire dalle cronache del disastro del Vajont, in un percorso (di carattere eminentemente letterario) relativo alla percezione che l’uomo ha avuto dell’acqua e delle manifestazioni naturali ad essa legate fin dall’antichità ed alle narrazioni che ne sono derivate, dai classici alla letteratura contemporanea.

Indignato per un titolo sul Vajont certa idea di progresso poteva giustificare questa tragedia? Sono un ingegnere idraulico e, nella scelta A volte mi sono illuso di esser capace di della mia ricerca e del mio insegnamento, è fornire alla società strumenti per la difesa stata determinante la profonda impressione dalle catastrofi naturali e di poter aumen- per la tragedia di Longarone devastata dal di- tare la sicurezza delle popolazioni, ca- sastro del Vajont. In quella circostanza, con pendo le leggi fisiche del moto delle ac- duemila morti ancora da sepellire, il titolo, a que e della formazione delle piene. lettere cubitali, del «Corriere della Sera» del In seguito ho compreso le difficoltà da af- 10 ottobre 1963 La diga ha retto mi ha profon- frontare perché tutti potessero ragionare, damente indignato, così come la frase «Un senza paure, timori, fobie e blocchi psi- sasso è caduto in un bicchiere colmo d’ac- cologici, sui fenomeni naturali. qua e l’acqua è traboccata sulla tovaglia» di Dino Buzzati, nato in Cadore. Molto tempo dopo, un altro bellunese, Modi irrazionali di misurarsi con l’acqua Marco Paolini 1, presentò una visione più completa del disastro, e la presentò con Dai tempi più antichi 2, l’uomo primitivo tale maestria da meritarsi un Oscar della ha chiesto aiuto agli sciamani per com- televisione. prendere i segreti del clima e della natu- Non ho mai capito il perché di tante po- ra, da qui il percorso dell’umanità è stato lemiche attorno a questo disastro. Una accompagnato da ideologie fideistiche,

41 come l’animismo, il politeismo, il paga- la formazione del mondo, fino dai culti dei nesimo indoeuropeo e in fine i monotei- Sumeri che rappresentano la civiltà più smi dell’ ebraismo, del cristianesimo e dell’ antica che ci abbia lasciato documenti islamismo. scritti. Già dall’epopea religiosa di Gilga- In tutte queste credenze si nota un forte mesh, si ricava una descrizione del dilu- legame tra le manifestazioni climatiche e vio universale molto simile a quella bibli- le forze trascendenti. Ancora adesso mol- ca, ove piove per 40 giorni. Mi corre l’ob- te persone credono che siccità, alluvioni, bligo di notare che in questa descrizione grandinate, tempeste, terremoti e frane sia- la presenza della pioggia è strettamente no manifestazioni di volontà divina, spes- causale, ovvero si riconosce nella pioggia so collegate ad un’idea di castigo. la causa primaria del diluvio, l’origine di- La comprensione della natura come entità vina sta nella divinità che fa piovere. non trascendente è cominciata con i filo- In tutte le forme di religione, qualunque sofi greci e ha continuato a progredire con manifestazione dell’acqua è comunque Galileo, Newton, Darwin e Einstein. custodita da forme di divinità, come le Eppure ancora oggi una grande parte del- dee dell’acqua nei culti celtici, poi sosti- la popolazione umana è legata a queste tuite dalle ninfe nella romanità, per pas- credenze, basta pensare al creazionismo sare finalmente alla Madonna o ad alcu- insegnato nelle università americane, o al- ne sante nella modernità 3. Le tempeste e le paure dell’acqua insite nella natura le alluvioni sono invece gestite da forme umana; a questo proposito si può ricordare più potenti, come Giove «pluvio» 4 nel- come l’idrofobia fosse una volta conside- l’antichità classica e troviamo in Omero rata manifestazione organica della rabbia superbe descrizioni 5 in cui è sempre con (infezione da lyssavirus). la pioggia che viene manifestata la poten- Nel mio percorso accademico alla ricer- za divina: «Andava impetuoso per la pia- ca delle leggi fisiche delle alluvioni, mi nura, simile a un fiume in piena, / ingros- sono imbattuto con la grande tragedia del- sato da piogge, il quale correndo in furia l’alluvione di Firenze del 1966. Ho così travolge le dighe; / non lo trattengono le scoperto che nella nostra psiche esistono siepi intorno agli orti fioriti, / se dilaga im- molte componenti irrazionali nella visio- provviso, quando scroscia la pioggia di ne dell’acqua. Zeus; / molte opere belle di giovani cadono Qui, più che esaminare le emozioni pro- sotto di esso» 6; e ancora «Come quando dotte dall’acqua, e in particolare dalle al- scende alla piana un fiume gonfio, / un luvioni, vorrei analizzare le svariate vie torrente dai monti, le piogge di Zeus lo usate per descrivere le alluvioni nel cor- accompagnano, / e molte aride querce e so dei tempi e negli ultimi casi manifesti. molti pini / trascina, e getta molto fango nel mare, / così travolgendo incalzava il no- bile Aiace per la pianura» 7. A partire dalle superbe descrizioni di Nel V Canto del Purgatorio della Divina Omero Commedia di Dante, massimo cantore de- gli aspetti culturali del Medioevo, abbia- Senza dubbio, fin dall’inizio, le inonda- mo una efficace descrizione di inonda- zioni venivano attribuite a entità sopran- zione voluta dal demonio per disperdere naturali tanto nei culti sciamanici quanto il corpo di Buonconte da Montefeltro: nelle forme religiose primitive. Così tro- «Indi la valle, come ‘l dì fu spento, / da viamo nell’acqua la sostanza primaria nel- Pratomagno al gran giogo coperse / di neb-

42 La grande alluvione bia; e ‘l ciel di sopra fece intento, / sì che contribuenti a prendere coscienza delle ‘l pregno aere in acqua si converse; / la problematiche presenti. Questa imposta- pioggia cadde, e’ a fossati venne / di lei zione ha fornito successi e benessere fin- ciò che la terra non sofferse; / e come ai tanto che vi erano terre da bonificare, rivi grandi si convenne, / ver’ lo fiume real quando gli ultimi Lorena si incaponirono tanto veloce / si ruinò che nulla la riten- a voler bonificare oltre il buon senso co- ne. / Lo corpo mio gelato in su la foce / mune, la pratica si risolse in una specie di trovò l’Archian rubesto; e quel sospinse / persecuzione vessatoria e il popolo si al- ne l’Arno, e sciolse al mio petto la croce lontanò per sempre da questa linea. L’im- / ch’i’ fe’ di me quando ‘l dolor mi vinse; portanza degli studi idraulici in Toscana fu / voltòmmi per le ripe e per lo fondo, / poi un notevole momento di progresso, imi- di sua preda mi coperse e cinse». tato da molte sedi illustri come Bologna e La presenza o l’attività dell’acqua è spes- Roma, e ne rimane la tradizione nelle nu- so considerata frutto del soprannaturale. merose edizioni 8 della Raccolta d’Autori Una importante rassegna di questa cre- italiani che trattano del moto delle acque. denza si ritrova in ex-voto disponibili in In particolare per l’Arno furono pubblica- molti santuari cattolici e in ritrovamenti ti numerosi trattati sui «rimedi», tra cui ci- archeologici. tiamo Lupicini 9, Viviani 10, Morozzi 11, Tar- gioni Tozzetti 12, Giorgini 13 e Natoni 14. Queste trattazioni, cui si possono aggiun- Dal tempo di Leonardo gere anche quelle prodotte dopo l’allu- vione del 1966, come la relazione della Con il Rinascimento compaiono le prime Commissione De Marchi 15 o il Progetto interpretazioni non trascendenti. Leonar- Pilota dello Studio Lotti e in ultimo il PAI do da Vinci, con notevole ingegno e spi- (Piano stralcio Assetto Idrogeologico) del- rito d’osservazione, scrive infatti nel codice l’Autorità di Bacino, hanno un’ esigua pos- Atlantico: «Ma con quali vocavoli potrò io sibilità di essere comprese e partecipate, descrivere le nefande e spaventose inon- ovvero comprendono migliaia di pagine, dazione, contro alla quale non vale alcu- non tutte valide, incomprensibili alla po- no umano reparo, ma colle gonfiate e su- polazione. perbe onde ruina li alti monti, deripa le fortissime argine, disvelle le radicate pian- te, e colle rapaci onde intorbidate delle Prima e dopo il 1966 cultivate campagne portando con seco le intollerabili fatiche di miseri e stanchi agre- Particolarmente vive sono le descrizioni cultori, lascia le valli denudate e vili per dei fatti alluvionali che a noi sono perve- la lasciata povertà». Questa lettura della nute tramite corrispondenza privata. Nel realtà è rimasta purtroppo ignota fino ai 1589 troviamo una lettera di Scipione Am- tempi nostri. mirato indirizzata a Virginio Orsini, Duca Dal tempo di Leonardo i politici comin- di Bracciano, in cui lo storico leccese, con ciarono ad occuparsi dei fenomeni allu- una prosa essenziale, descrive gli eventi e vioniali, così prese piede la pratica della le operazioni di salvataggio dei beni. bonifica, che nella Toscana di Cosimo I Più tardi, nell’occasione della grande al- venne regolamentata con molta intelli- luvione del 1844, il proto archeologo genza introducendo alcune tecniche di Alessandro Francois, descrivendo in una contribuzione operativa per obbligare i lettera 16 alla sua protettrice il disastroso

43 evento e come questo lo avesse colpito, tutte va ricordata la grande Dolcenera 25, si sbilanciò nel dare la colpa al responsa- pubblicata nel 1996 e ispirata all’alluvio- bile dei lavori idraulici realizzati in Valdi- ne di Genova del 1970. chiana da Alessandro Manetti, senza il be- Come esperimento informativo, nel 1986 neplacito del vecchio Vittorio Fossombro- si pubblicò su «Tuttocittà» di SAET una ni, venuto a mancare pochi mesi prima. mappa, dal risultato molto deludente, a Oltre a queste testimonianze spontanee vi testimonianza dell’assoluto rifiuto a pren- sono nuove descrizioni, come dipinti o dere coscienza del rischio alluvionale. canzoni, ma il grosso del progresso co- municativo si manifesta in occasione del- l’alluvione del 1966. Data la rilevanza me- La grande tradizione letteraria diatica del 1966, troviamo una grande quantità di libri e opuscoli che trattano La grande tradizione letteraria, pur aven- della terribile tragedia insieme a docu- do spesso a trattare del rapporto con i fiu- mentari, filmati e documenti anche so- mi, come già Mark Twain, nel passato ten- nori. In breve abbiamo testi anche mol- deva ad evitare di parlare delle alluvioni, to illustrati come FIRENZE i giorni del di- così Bacchelli e George Eliot, nei loro af- luvio 17 che racconta le impressioni di un fascinanti romanzi, evitano di parlare del- giornalista, o L’Arno non gonfia d’acqua le alluvioni. chiara 18, che riporta una ricca cronaca Nel 1954 abbiamo un primo racconto di degli eventi, o ancora Triumph from Tra- alluvione di Gian Antonio Cibotto 26, che gedy 19 che contiene una raccolta di foto tratta delle peripezie della popolazione di un grande reporter, o ancora Novem- durante quell’evento nel Polesine. bre 66: non è successo niente 20, che ri- Negli ultimi tempi si assiste ad una certa percorre gli eventi tramite una serie di ispirazione letteraria nel mondo delle commenti catturati per le strade, solo per inondazioni, che anticamente non era fa- citarne alcuni. cile reperire. In primo luogo sembra im- In un recente studio 21 ho ripresentato un portante rammentare il Premio «Strega» volume di componimenti della scuola del- del 2010 a Canale Mussolini 27, in cui la l’obbligo raccolti da Idana Pescioli 22 con- presenza del rischio idraulico è solo uno frontandoli con le cronache televisive e sfondo su cui si sviluppano le storie dei radiofoniche: il raffronto consente di evi- protagonisti. denziare grandi differenze tra le cronache Più direttamente interessato alle inonda- mediatiche e i racconti dei ragazzi, in par- zioni, e basato su esperienze vissute, è un ticolare i contributi degli scolari aggiun- romanzo ambientato nella New Orleans gono freschezza e vivacità all’immagine colpita dall’uragano Katrina 28, in cui il dell’alluvione, consentendo di tracciarne protagonista si prodiga per assistere le per- un quadro meno drammatico. sone in difficoltà, forte di una antica espe- Con il 66 nuove testimonianze si aggiun- rienza nautica e di una canoa, ma pur- gono, con filmati, interviste radiofoniche troppo la sua generosità viene fraintesa e canzoni che arricchiscono l’immagina- generandogli grossi problemi. rio, come documentato da una raccolta Particolarmente atipico è il saggio di Ren- del 1996 23. zo Rosso 29, che tratta delle alluvioni pro- Stranamente la narrazione del dramma al- dotte dal Torrente che attraversa la zona luvionale comincia con le canzoni, come orientale di Genova. Atipico è il fatto che con gli ottetti di Gino Ceccarini 24, ma fra Rosso, plurimedagliato studioso della ma-

44 La grande alluvione teria, si sia lanciato in un’opera divulgati- guardia della popolazione colpita da va cercando di superare il baratro di in- un’alluvione. comprensione ormai fortemente consoli- Sicuramente sarà necessario produrre del dato. Di particolare rilievo è il recupero materiale informativo adeguato alle di- di una descrizione fatta da Mary Shelley verse scale: edificio, quartiere, città e re- dell’alluvione del Bisagno nel 1827. gione. Sarà anche necessario attivare il Un altro recente romanzo tratta di una mondo della scuola a produrre informa- inondazione nella regione di Entre Rios, zione mirata tramite la formazione degli in Argentina 30. Anche qui viene descritta insegnanti. la vita del protagonista nel paese sepolto Ma soprattutto, va costruito un ponte che dall’acqua, la relazione con gli animali e permetta a ciascuno di sentire come il pro- la presenza di speculatori. prio animo affronta il mondo dell’acqua, In definitiva, vi è ancora molto da fare per che ci circonda e ci sostenta, con la con- trovare il modo di fornire informazioni sapevolezza dei miti e del forte ruolo del- chiare e affidabili per garantire la salva- l’irrazionale.

1 M. Paolini e G. Vacis, Il racconto del Vajont, Gar- 15 Commissione Interministeriale per lo Studio del- zanti, Milano 1997. la Sistemazione Idraulica e della Difesa del Suolo, 2 C. Russo I miti dell’acqua, https://pauloborge- Roma 1970. snet.files.wordpress.com/2010/03/il-mito-dell.doc. 16 M.G. Marzi, Lettere di Alessandro François alla 3 Hervé Maneglier, Storia dell’acqua, SugarCo, Mi- baronessa senese Giulia Spannocchi Piccolomini, lano, 1994. nel CD Arno ‘66, Università di Firenze 1996. 4 Anita Seppilli, Sacralità dell’acqua e sacrilegio dei 17 F. Nencini, FIRENZE, i giorni del diluvio, Sanso- ponti, Sellerio, 1976. ni, Firenze 1966. 5 Luca Civitavecchia, La furia delle acque nella poe- 18 G. Gerosa, L’Arno non gonfia d’acqua chiara, Mon- sia e nella prosa dell’antichità: Omero e Diodoro Si- dadori, Milano 1967. culo in Acqua nemica, Firenze, in corso di stampa. 19 D. Lees, Triumph from Tragedy. I giorni dell’allu- 6 Omero. Il. 5.88-93 – Trad. R. Calzecchi Onesti. vione, Polistampa, Firenze 2006. 7 Omero. Il. 11.492-497, cit. 20 T. Ristori (a cura di), Novembre 66: non è successo 8 M.G. Lugaresi, Le raccolte italiane sul moto delle niente, Club degli Autori, Firenze 1967. acque, in «Bollettino di storia delle scienze mate- 21 I. Becchi, L’Alluvione di Firenze del 1966. Ap- matiche», vol. XXXV 2015, 2. punti sulla percezione, in Acqua Nemica, in corso 9 A. Lupicini, Discorso sopra i ripari delle inonda- di stampa. zioni di Firenze, presso G. Marescotti, Firenze 1591. 22 I. Pescioli (a cura di), Com’era l’acqua. I bambini 10 A. Viviani, Discorso intorno al difendersi da’ Riem- di Firenze raccontano, la Nuova Italia, Firenze 1967. pimenti e dalle Corrosioni de’ Fiumi. Applicato ad 23 Nel CD Arno ‘66, cit. Arno in vicinanza della Città di Firenze, Stamperia 24 G. Ceccarini, L’Alluvione di Firenze, nel CD Ar- Masini, Firenze 1688. no ‘66, cit. 11 F. Morozzi, Del Fiume Arno e delle cause e dei ri- 25 F. De André, Dolcenera, nell’album Anime salve, medi delle sue inondazioni, Tipografia Stecchi, Fi- BMG Ricordi, Milano 1996. renze 1762. 26 G. A. Cibotto, Cronache dell’alluvione. Polesine 12 G. Targioni Tozzetti, Disamina d’alcuni progetti 1951, Marsilio, Padova 1954. fatti nel secolo XVI per salvare Firenze dalle inon- 27 A. Pennacchi, Canale Mussolini, Arnoldo Mon- dazioni dell’Arno, Firenze 1767. dadori Editore, Milano 2010. 13 C. Giorgini, Sui fiumi dai tronchi sassosi e sul- 28 D. Eggers, Zeitoun, Mondadori, Milano 2009. l’Arno nella piana di Firenze, Tipografia delle Mura- 29 R. Rosso, Bisagno. Il fiume nascosto, Marsilio, Pa- te, Firenze 1854. dova 2014. 14 E. Natoni, Le piene dell’Arno e i provvedimenti di 30 A. Bravi, L’inondazione, Nottetempo, Roma 2015. difesa, Le Monnier, Firenze 1944.

45 LE CATASTROFI E LE LORO RAPPRESENTAZIONI di Fabio Dei

Un significativo excursus delle catastrofi naturali nel nostro Paese, dall’alluvione del Polesine al terremoto dell’Aquila, che mette in luce la diversità – in relazione alle epoche storiche e alle situazioni sociopolitiche nelle quali si sono verificate – del ruolo giocato dalla memoria e dalla narrazione pubblica che di quei tragici eventi si è fatta e si è sedimentata nel tempo. Dalla retorica della «nobiltà» dell’intervento dei soccorritori (la cui rappresentazione ha avuto un carattere inedito, in termini di coinvolgimento emotivo, a livello mondiale) alle sconcertanti polemiche seguite al terremoto de L’Aquila, in un Paese che sembra ormai autorappresentarsi con il mortificante «modello Gomorra», le «narrazioni» dei disastri naturali offrono una prospettiva interessante per la lettura della nostra storia repubblicana.

Una prospettiva da cui guardare la storia remoti ed eventi analoghi suscitano forme di aiuto e solidarietà verso le popolazio- Le catastrofi naturali propongono una pro- ni colpite: solidarietà sia organizzata che spettiva interessante da cui guardare alla spontanea, da parte delle istituzioni come storia dell’Italia repubblicana, per almeno delle associazioni e di singoli cittadini. due motivi. In primo luogo, alluvioni, ter- Queste forme cambiano nel tempo, e so-

46 La grande alluvione no indici importanti dei valori civici, del- Il caso del Polesine la coesione del tessuto sociale, dei rap- porti tra Stato e società civile. In secondo Il Polesine, dunque. Nel novembre del luogo, come si sa, i disastri naturali non 1951 una violenta piena del fiume Po som- sono mai naturali: implicano spesso re- merse un’ampia area agricola della pro- sponsabilità umane, e suscitano letture vincia di Rovigo, provocando oltre 80 mor- («narrazioni», come oggi si usa dire) di ti- ti e un altissimo numero di senzatetto e po morale. Le comunità colpite non pos- sfollati (circa 180.000). Come in molti di- sono tollerare la casualità dell’evento: han- sastri naturali, vi sono state infinite di- no bisogno di costruirne un senso, di col- scussioni sul ruolo che proporzionalmen- legarlo ai temi portanti della convivenza te hanno giocato l’imprevedibilità degli civile e alla struttura e sviluppano dunque agenti atmosferici, da un lato, e dall’altro rappresentazioni delle catastrofi plasmate l’incuria, l’errore o comunque la respon- retoricamente e politicamente, sia pro- sabilità umana. Nel caso del Polesine, sia dotte dal basso che influenzate dai me- l’interpretazione dell’evento che le forme dia, nelle quali si può cogliere l’ethos com- della solidarietà si sono intrecciate con plessivo di una società. una polemica politica caratteristica della L’alluvione di Firenze del 1966 gioca un fase più acuta della Guerra fredda. Ad al- ruolo particolare in questa storia dei di- luvione ancora in corso, infatti, vi è stato sastri. Le risposte che ha suscitato, in ter- un aperto conflitto che ha visto contrap- mini di solidarietà come di narrazioni, porsi da un lato le popolazioni e le am- testimoniano di una fase di profondi cam- ministrazioni locali, fortemente influen- biamenti della società italiana. È forse zate dal Partito Comunista, e dall’altro le esagerato leggervi – come talvolta è sta- autorità governative e il Genio Civile: con- to azzardato – una sorta di prologo del flitto riguardante le soluzioni tecniche e gli Sessantotto e della rivoluzione culturale interventi sul territorio più adatti a far de- e morale che quel movimento ha porta- fluire le acque, con preoccupazioni poli- to; ma certo gli elementi di novità che le tico-ideologiche che rischiavano di pre- reazioni all’alluvione hanno apportato valere sul consenso tecnico. Alcune testi- sono numerosi e profondi. Elementi che monianze parlano addirittura di militanti hanno avuto (e hanno ancora oggi) vasta comunisti armati a presidio degli argini eco nella stampa e nell’opinione pubbli- della Fossa Polesella, che il Genio inten- ca fino a diventare parte della coscienza deva far saltare per consentire il deflusso nazionale. Li si può cogliere appieno raf- delle acque, contro il parere di alcuni sin- frontando la vicenda fiorentina con casi daci che vi scorgevano un ulteriore fatto- precedenti e successivi di calamità in al- re di rischio 2. tre aree del Paese. In questo breve con- La divisione politica sembra in effetti il te- tributo, mi limiterò a discutere, insieme ma centrale della memoria dell’alluvione, a quello di Firenze, il caso dell’alluvio- così come delle forme di solidarietà che ne in Polesine del 1951 e quelli più re- essa ha suscitato. Ad esempio, molti re- centi della frana di Sarno (1998) e del soconti si soffermano su differenti atteg- terremoto dell’Aquila (2009) 1. Periodi e giamenti delle popolazioni. Nelle giorna- luoghi diversi: ma, come si vedrà, so- te immediatamente precedenti all’allu- prattutto modelli e strategie assai distan- vione, alcuni paesi della zona si sono mo- ti di costruzione del senso morale degli bilitati in massa per contenere le acque at- eventi. traverso opere di innalzamento degli ar-

47 gini. Malgrado la mancanza di mezzi e di la Confederazione delle Pubbliche Assi- forme di coordinamento centralizzato, ta- stenze definisce «magnifica opera di al- li lavori hanno avuto successo. Ciò non truismo» la presenza in Polesine delle as- sembra accaduto però in altri paesi, come sociazioni affiliate, riassumendo così la Occhiobello e Canaro, nei cui territori ef- portata degli aiuti: «Autoambulanze che fettivamente il fiume ha rotto gli argini, in- presero parte alle operazioni di pronto in- vadendo la pianura e rendendo difficilis- tervento e di salvataggio n. 24; squadre di simo il deflusso. Perché questa differenza pronto soccorso n. 26; raccolta indumen- di atteggiamento? Gradi diversi di «soli- ti quintali 751; alimentari quintali 76; me- darietà» e di valori civici nelle rispettive dicinali quintali 15; raccolta in denaro li- comunità? Il contrasto fra chi si è mobili- re 5.941.619» 3. Analogamente, il presi- tato per il bene comune e chi invece ha dente delle Misericordie rivendica come solo pensato a fuggire è spesso sottolineato molte delle sue associazioni siano «(…) nelle testimonianze, e ricondotto a quel- accorse immediatamente sui luoghi del lo fra piccoli proprietari e braccianti agri- disastro. Formavano una colonna di 34 coli: i primi più interessati alla salvaguar- autoambulanze e di altri numerosi auto- dia del territorio, gli altri meno. Argomento mezzi. Recavano a bordo viveri, indu- assai dubbio, ma rivelatore comunque del- menti, medicinali di rilevante valore. Vi la tendenza a proiettare sull’evento rap- parteciparono 147 fratelli che si tratten- presentazioni politiche, percezioni iden- nero sui luoghi disastrati per circa due set- titarie e forme di conflitto sociale. timane, effettuando 619 servizi. Traspor- Anche le forme di solidarietà si polariz- tarono 2.093 persone. Percorsero 56.246 zano secondo le appartenenze politiche, chilometri» 4. o almeno così sono raccontate. La mac- Ma notevole è anche la corsa a prestare china degli aiuti si innesca sul piano na- aiuto che viene dai partiti politici e dai sin- zionale e internazionale non appena la dacati, oltre che dalle istituzioni, con una notizia del disastro si diffonde. Gli aiuti so- vera e propria competizione fra le forze no di tre tipi. Prima di tutto una raccolta della sinistra e quelle governative. Com- di fondi che viene promossa dalle più va- petizione che riguarda anche gli aiuti in- rie agenzie sociali: associazioni, partiti po- ternazionali: quasi tutte le testimonianze in- litici, camere del lavoro e organizzazioni sistono sulle «scritte cubitali» che identifi- sindacali, ma anche collette organizzate cavano i veicoli portatori dei soccorsi co- da soggetti informali. In secondo luogo, c’è me appartenenti al blocco sovietico o a una mobilitazione di volontari che si re- quello occidentale. È interessante osserva- cano sul posto per prestare cure e distri- re la grande capacità di mobilitazione del buire generi di prima necessità. volontariato da parte dei partiti della sini- stra, e del PCI in modo particolare. Vi è nel partito una sistematica ricerca di legitti- Un banco di prova mazione istituzionale che passa proprio at- traverso tale etica della partecipazione vo- Per l’associazionismo assistenziale, che si lontaria al bene comune. Ciò si manifesta stava riorganizzando in quegli anni dopo anche nel terzo tipo di aiuti che si dispie- l’ostracismo fascista, il Polesine diventa gano di fronte all’alluvione: la disponibi- un banco di prova, attraverso cui mostra- lità a ospitare i senza tetto e gli sfollati, che re efficienza e guadagnare pubblico rico- sembra seguire circuiti di partito al di fuo- noscimento. Ad esempio, il presidente del- ri della burocrazia istituzionale (non è il so-

48 La grande alluvione lo caso in quegli anni: si vedano gli episodi di ospitalità e affidamento a famiglie del Centro Italia di circa 70.000 bambini del Sud, i cui genitori erano rimasti vittime di disastri, o arrestati in se- guito a lotte politiche e sindacali 5). Ancora le te- stimonianze parlano spesso di una relazione forte che si stringe tra ospitanti e sfollati – tan- to che non di rado que- sti ultimi finiscono per stabilirsi e lavorare nelle nuove realtà ter- della natura radicale e circoscritta dell’e- ritoriali. Il governo democristiano, da par- vento, i soccorsi furono prestati soprattut- te sua, si rende ben conto della partita po- to da Esercito, Vigili del Fuoco e Croce litica che si gioca attorno alla solidarietà. Rossa, senza la possibilità di un’ampia mo- Non appena si costituisce un Comitato pro- bilitazione di base 6. Del Vajont non si è vinciale per l’emergenza, a guida comu- certo parlato quanto di Firenze: e le storie nista, il prefetto di Rovigo lo scioglie, ri- sull’alluvione fiorentina del 1966 sono sta- vendicando il coordinamento governativo. te dominate dal grande e per certi versi Insomma, la memoria dell’alluvione del inedito movimento di solidarietà che essa Polesine è centrata su un clima da Guerra ha suscitato. I fatti sono ben noti al pub- fredda, in cui i partiti e le associazioni del- blico di questo fascicolo di «Testimonian- la sinistra tendono a entrare in concorren- ze». Il 4 novembre di quell’anno una za con le istituzioni governative, in una ri- straordinaria piena dell’Arno e dei suoi af- cerca di egemonia che le porta a costrui- fluenti inondò molti paesi e cittadine del- re un sistema di servizi e assistenze paral- la Toscana e, soprattutto, il centro storico lelo a quello dello Stato. di Firenze. L’alluvione provocò alcune de- cine di vittime e danni ingenti agli immo- bili, alle attività industriali e commerciali Firenze 1966: un evento di risonanza e – nel centro di Firenze – ai monumenti, «globale» alle biblioteche, alle opere d’arte. Le im- magini della città e dei suoi capolavori sto- Il disastro più drammatico nell’Italia degli rico-artistici sommersi da acqua e fango fu- anni Sessanta è stato probabilmente quel- rono rilanciate dalla televisione non solo lo del Vajont: qui, nell’ottobre del 1963, in Italia ma in tutto il mondo, facendo di una frana causò lo straripamento di un in- questa calamità un evento mediatico e per vaso artificiale che distrusse quasi com- certi aspetti globale. Ciò favorì una mobi- pletamente la cittadina di Longarone, pro- litazione senza precedenti: con l’appro- vocando circa duemila morti. L’opinione vazione e il coordinamento dell’esercito, pubblica ne fu scossa e le polemiche po- a soli due giorni dall’alluvione, «(…) grup- litiche furono molto forti: proprio a causa pi di giovani cominciarono a mettersi in

49 marcia verso Firenze; seguiti ben presto condizionata in nome dell’universalità del- dalle associazioni, dagli scout, dalle par- la cultura e della storia. I volontari che so- rocchie, con i sindaci che, a volte, orga- no stati dirottati dal coordinamento verso nizzavano il trasporto dei volontari per altri luoghi e compiti ne parlano con evi- mezzo di bus» 7. È il fenomeno giornali- dente delusione: «(…) siamo andati a li- sticamente sintetizzato nell’espressione berare dal fango una chiesa di recente co- «angeli del fango», che avrà grande fortu- struzione e a svuotare un appartamento na diventando in seguito il principale to- moderno in un sotterraneo […] Niente di pos della memoria pubblica dell’evento. nobile e glorioso» 8. Chi ha lavorato alla Lo scenario è molto diverso da quello del Biblioteca Nazionale riporta invece un Polesine: non sono valorizzate le apparte- senso di eroico entusiasmo. Per gli stu- nenze politiche dei soccorritori, i quali si denti, come commenta Iuso, «(…) quel- caratterizzano semmai per una certa com- l’esperienza di solidarietà diviene subito pattezza generazionale. Sono infatti in gran un momento d’esaltazione; alla fortuna di parte giovani e giovanissimi, che si orga- partecipare a una delle più importanti ope- nizzano a partire non solo dalle associa- razioni di salvataggio nella storia dell’u- zioni ma anche dalle scuole superiori e manità, si aggiungeva la consapevolezza dalle università. Si è talvolta sostenuto che di un gesto che affermava un’appartenen- proprio la solidarietà fiorentina ha fatto za» 9. Un sentimento, questo, rafforzato per la prima volta scorgere quella auto- dagli echi suscitati sui media nazionali e nomia dei «giovani» come soggetto so- internazionali; talmente forte da aver in- ciale, che avrà poi nei movimenti del 68 dotto forme di commemorazione, con ra- la sua più compiuta manifestazione (nel- duni degli «angeli del fango» e una am- le testimonianze che riguardano il Polesi- plissima produzione memorialistica, fatta ne, per converso, mancano totalmente i di documentari, performance teatrali, libri riferimenti all’età dei soccorritori, che ap- e film, siti Web e festeggiamenti pubblici. pare evidentemente irrilevante). La memoria di una tragedia si è dunque in questo caso trasformata in una cele- brazione della solidarietà, dell’altruismo e L’idealismo degli «angeli del fango» dell’idealismo giovanile – valori che i mo- vimenti degli anni successivi avrebbero Le motivazioni degli «angeli del fango» raccolto ma condotto in direzioni assai di- non sono solo genericamente di solida- verse. È quasi del tutto scomparso, inve- rietà con le vittime dell’alluvione. Anco- ce, il riferimento (dominante in molte me- ra più forte è l’impegno verso il recupero morie di disastri naturali, dal Polesine al e la salvaguardia del patrimonio cultura- Vajont, fino al più recente terremoto le. L’antropologa Anna Iuso, analizzando abruzzese) alle responsabilità e alle incu- le testimonianze di quei volontari, ha evi- rie umane e alla carenza di una preven- denziato la costruzione di retoriche nar- zione che avrebbe potuto, se non evitare rative tutte centrate sulla «nobiltà» del l’alluvione, almeno attenuarne gli effetti 10. compito e dei valori coinvolti. Il paradig- ma del lavoro degli «angeli del fango» è il recupero dei libri travolti dalla melma La rabbia per Sarno presso la Biblioteca Nazionale Centrale. Le memorie si concentrano sulle «catene Oltre trent’anni dopo, in un’Italia radical- umane» – simbolo di una solidarietà in- mente cambiata, in cui opinione pubbli-

50 La grande alluvione ca e memoria culturale sono più stretta- sua volta legato a una struttura di potere mente controllate dai media, si colloca il «arcaica» e sistematicamente infiltrata dal- caso della frana di Sarno: un caso in cui la malavita organizzata. L’Italia che aspi- la percezione pubblica e la memoria la- ra a offrire all’Europa e al mondo un’im- vorano in senso diametralmente opposto magine moderna di sé, afferma White, non rispetto a Firenze. Siamo questa volta al può trattare che così questo tipo di even- Sud, tra le province di Salerno e Avellino. to: attribuendone la colpa all’arretratezza Il 2 maggio del 1998, a seguito di forti e alla «inciviltà» delle sue stesse vittime. piogge, una valanga di due milioni di me- Si può accettare o meno l’analisi retorica tri cubi di fango si è riversata su interi quar- o decostruttiva di White (per la verità as- tieri delle cittadine di Sarno e Quindici, sai semplicistica per molti aspetti e priva provocando circa 160 vittime e incalco- di ogni riscontro etnografico, basata com’è labili danni economici e ambientali. Nel- sui soli commenti giornalistici, limitati per le memorie e nelle testimonianze di que- di più a un solo quotidiano, «la Repub- sta disgrazia è difficile trovare riferimenti blica»). Non c’è dubbio, tuttavia, che la alla solidarietà. C’è una retorica dell’eroi- lettura dominante del disastro di Sarno, smo, usata per i pompieri e gli uomini del- nell’Italia di fine secolo, sia stata questa. la Protezione Civile impegnati nei primi Se a Firenze la solidarietà ha cancellato la soccorsi e nella lotta con quella che i gior- colpa, a Sarno è la colpa che sembra aver nali definiscono la «melma assassina». Ma cancellato la solidarietà. per il resto dominano i toni della rabbia, Questo scenario si ripresenta spesso nelle del risentimento, dell’accusa e della re- rappresentazioni dei disastri naturali negli criminazione. Lo storiografo Hayden Whi- anni 2000, specie quelli del Sud. Il modello te ha dedicato un saggio all’analisi della narrativo di Gomorra diviene largamente stampa italiana di quei giorni, mostrando egemonico e ingloba al proprio interno il progressivo consolidamento di un di- una visione profondamente morale delle scorso pubblico che attribuisce all’even- catastrofi ambientali. Frane e alluvioni so- to una precisa struttura narrativa e un si- no conseguenze dirette di un dissesto idro- gnificato morale. Costituito inizialmente geologico a sua volta causato dalla brama da un sovrapporsi di storie diverse (cro- di potere e ricchezza della malavita orga- nache giornalistiche, testimonianze di vit- nizzata e di un sistema violento e corrut- time e di soccorritori, prese di posizione tivo ormai penetrato profondamente nelle politiche, espressioni di solidarietà dall’I- stesse istituzioni dello Stato. talia e dall’estero), tale discorso si conso- lida ben presto in un «genere» preciso: una «(…) struttura a intreccio grazie a cui L’Aquila 2009: il disastro e le polemiche poteva essere identificata l’importanza mo- rale degli eventi, permettendo perciò una Anche i terremoti non si sottraggono a loro classificazione in termini di bene e questo schema interpretativo, malgrado la male, responsabilità e negligenza, nobiltà loro maggiore imprevedibilità e un coin- e bassezza, colpa e innocenza» 11. Il sen- volgimento meno diretto del «fattore uma- so di questo racconto consiste nel consi- no». Il terremoto abruzzese del 2009 lo di- derare il disastro come una catastrofe ine- mostra con grande chiarezza: nella co- vitabile, prodotta dai vizi morali di quel struzione della sua memoria pubblica, sia territorio e della sua amministrazione: l’in- i drammi e le sofferenze sia gli aiuti e la curia e soprattutto l’abusivismo edilizio, a solidarietà sono stati largamente eclissati

51 dalle polemiche. Polemiche, fra l’altro, sul- prima volta nel nostro Paese al contrad- la strumentalizzazione politica dell’even- dittorio emergere di una memoria del si- to e sul tentativo dei partiti di fare della sma nel momento stesso in cui si costi- disgrazia una «risorsa simbolica strategi- tuiva: infatti, attraverso i media partecipa- ca» 12; polemiche sulla gestione degli aiu- tivi, è stata costruita una narrazione gras- ti e sulle dinamiche della ricostruzione, sroots, ‘dal basso’, che è oggi possibile sulle quali fin dall’inizio si proietta il dop- sondare scandagliando i testi letterari e pio spettro dell’inefficienza da un lato, audiovisivi depositati in rete» 14. Ma le della corruzione e degli interessi mafiosi stesse narrazioni dominanti sono state dall’altro (l’intercettazione telefonica de- tutt’altro che unitarie. Ce n’è stata una «go- gli imprenditori Piscicelli e Gagliardi, che vernativa», che assolveva gli «esperti» e a poche ore dal terremoto ridono per le tranquillizzava sugli aiuti e sulla ricostru- opportunità intraviste nella ricostruzione, zione, sbandierando l’efficienza del siste- è divenuta forse il principale marchio sim- ma centralizzato di Protezione Civile vo- bolico di questo modo di sentire); pole- luto dal premier Berlusconi. Ma ad essa si miche, anche e soprattutto, sull’incapa- è contrapposta ben presto una narrazione cità di prevedere il disastro (con uno scia- accusatoria e recriminante, non diversa me sismico in corso da molto tempo) e di dal modello ricostruito per Sarno da Whi- adottare adeguate misure di sicurezza. L’e- te (e, per inciso, guidata dal medesimo sempio più significativo di ciò sono le ac- quotidiano da lui utilizzato come fonte). cuse rivolte e il processo intentato contro L’impressione è che le stesse narrazioni la Commissione Nazionale per la Previ- «dal basso» siano state influenzate da que- sione e Prevenzione dei Grandi Rischi, per sto modello già largamente diffuso – e di- aver diffuso rassicurazioni infondate e in- venuto assolutamente prevalente dopo gli vitato implicitamente le persone a restare scandali che hanno coinvolto la stessa Pro- nelle case, aumentando così i danni 13 tezione Civile e il sistema di appalti per (come si ricorderà i sei scienziati che com- l’emergenza e la ricostruzione. ponevano la Commissione sono stati con- dannati in primo grado e successivamen- te scagionati in appello). Al contrario, ra- Uno specchio della società rissimi sono nelle ricostruzioni i riferimenti al movimento di solidarietà, nazionale e Si dice spesso che i disastri rappresentino internazionale, che si è sviluppato subito uno specchio della società in cui avven- dopo il sisma. gono. Le narrazioni che se ne producono, Certo, dal punto di vista della memoria sulle quali ho insistito in questo breve e culturale, quello dell’Abruzzo è stato un assai semplificato excursus, rispecchiano evento nuovo e particolare. Ai tradizionali allora (e contribuiscono a loro volta a pro- mezzi di informazione, capaci di plasma- durre) l’etica che guida quella società: o, re una memoria egemonica, si è affianca- perlomeno, i principi e i conflitti, le virtù ta fin dall’inizio una fitta rete di comuni- e i vizi per il cui tramite essa si autorap- cazioni, ricordi, rappresentazioni dal bas- presenta. I casi che ho sommariamente so, attraverso Internet e i social media, non esaminato appartengono a scenari mora- coincidente e spesso anzi conflittuale nei li molto diversi. Tra di essi, la Firenze del confronti delle narrazioni istituzionali o 1966 è assolutamente peculiare: la narra- dominanti. Come è stato scritto, «(…) a zione consolidata non lascia scorgere qua- L’Aquila è stato possibile assistere per la si nessuna polemica sulla prevenzione e

52 La grande alluvione la gestione dell’alluvione, e pone l’accento tro il modello fiorentino? Si è trattato di un in larga misura sulla forza salvifica della fenomeno in qualche modo locale, lega- solidarietà da parte di una società civile to alla tradizione di valori civici e al sen- nazionale e persino globale (legata al si- so di coesione comunitaria che storica- gnificato universale dei monumenti e del- mente (si dice) ha caratterizzato la Tosca- la cultura messa in pericolo). Il tema «po- na? Oppure si è rispecchiata nel fenome- litico» e retorico largamente prevalente è no degli «angeli del fango» una più ge- quello del disastro come pretesto per il di- nerale fase di cambiamento sociale – gli spiegamento di una cultura e di relazioni entusiasmi e la fiducia utopica di anni ra- di «dono», che quasi lasciano intravede- dicalmente innovativi, entusiasmi e fidu- re l’utopia di una convivenza anti-utilita- cia che si sarebbero progressivamente rista. In precedenza, nell’Italia postbelli- spenti poco più di un decennio dopo? O ca, la solidarietà è largamente tematizza- ancora, abbiamo assistito in quella fase a ta ma solo all’interno del sistema di schie- un trionfo della società civile che sareb- ramenti e conflitti politici – dunque, di be stata poi riassorbita da uno Stato e da una lotta per l’egemonia socio-culturale. una public policy più forte e per certi ver- Successivamente, e soprattutto nelle aree si soffocante? Forse si è trattato di una com- del Sud, la solidarietà spontanea e le re- binazione di questi diversi fattori. Capire lazioni di dono passeranno decisamente questo ci aiuterebbe forse anche a com- in secondo piano, soffocate da una «poe- prendere la natura delle relazioni sociali tica» della colpa, della recriminazione e e politiche in una Paese, come quello at- del sospetto. tuale, che riesce a rappresentarsi solo at- Quali forze sociali e culturali stanno die- traverso il modello di Gomorra.

1 Le pagine che seguono rielaborano temi che ho po. Di solito nelle fasi più prossime all’evento rac- già discusso in F. Dei, Culture e pratiche del dono e conti diversi si intrecciano e per così dire competo- della solidarietà, in M. Salvati, L. Sciolla (a cura di), no, circolando sia dall’alto che dal basso (nei media L’Italia e le sue regioni, vol. IV, Treccani, Roma 2015, e nell’oralità, ad esempio); successivamente c’è una pp. 111-128. tendenza al consolidamento di nuclei narrativi com- 2 Per una ricostruzione di questi aspetti si veda il vo- patti (uno o più, come nel caso di forme stabilizza- lume di P. Sorcinelli, M. Tchaprassian, L’alluvione, il te di «memoria divisa»), tanto forti da influenzare re- Polesine e l’Italia nel 1951, UTET, Torino 2011. trospettivamente le stesse testimonianze orali rese a 3 F. Conti, I volontari del soccorso. Un secolo di sto- distanza di tempo. ria dell’Associazione Nazionale Pubbliche Assisten- 11 H. White, Catastrofe, memoria comune e discor- ze, Marsilio, Venezia 2004, p. 132. so mitico, in Id., Forme di Storia, trad. it. Carocci, 4 G. Rigoli, Conversazione col Presidente della Con- Roma 2006, pp. 139-60. federazione delle Misericordie comm. Roberto Cre- 12 G. Bobba, C. Chepernich, La costruzione dell’«ec- ma, «La Fiamma», 1953, p. 2. cezionale» come risorsa per il consenso. Il terremo- 5 G. Damiani, I treni della felicità. Storie di bambi- to tra celebrazione mediale e opportunismo politi- ni in viaggio tra due Italie, Ediesse, Roma, 2009. co, «Meridiana», 65-6, 2009, p. 153. 6 M. Reberschak, I. Mattozzi (a cura di), Il Vajont do- 13 A. Ciccozzi, Parola di scienza. Il terremoto del- po il Vajont. 1963-2000, Marsilio, Venezia 2009. l’Aquila e la commissione Grandi Rischi. Un’anali- 7 A. Iuso, Salvare il possibile. L’inondazione di Fi- si antropologica, Derive&Approdi, Roma 2013; renze del 1966, in Id., Declinare il patrimonio, Arac- A.Amato, A. Celase, F. Galadini (a cura di), Terre- ne, Roma 2011, pp. 107-30. moti, comunicazione, diritto. Riflessioni sul proces- 8 Ibid., p. 117. so alla «Commissione Grandi Rischi», Angeli, Mila- 9 Ibid., p. 122. no 2015. 10 Occorre specificare che il riferimento è qui alla 14 A. Sangiovanni, L’Aquila: Le macerie, il racconto rappresentazione che si è consolidata o distillata nel pubblico, le narrazioni private, in M. Salvati, L. Sciol- tempo e affermata come «canone». Il lavoro della me- la (a cura di), L’Italia e le sue regioni, vol. III, Trec- moria culturale è infatti complesso e cambia nel tem- cani, Roma 2015, p. 450.

53 ANGELI ALLA CONQUISTA DEL FANGO di Anna Iuso

Quasi 12.000 ragazzi, tra studenti e giovani lavoratori, arrivarono nella Firenze alluvionata del 66 richiamati dal desiderio di «salvare» il patrimonio universale custodito dalla città e messo in grave pericolo dall’acqua e dalla melma. Gli «angeli del fango», come vennero chiamati e come ancora sono ricordati, mossi da un sentimento d’appartenenza trascendente la territorialità e dalla percezione del ruolo fondamentale giocato dal libro (da qui, l’importanza simbolica assunta dai soccorsi alla Biblioteca Nazionale) nella nostra cultura – cultura allora essenzialmente scritta – contribuirono a fare del fango medesimo un simbolo e un segno d’appartenenza, eclissando così, nella retorica di un’umanità generosa, le responsabilità umane nel disastro. Un movimento spontaneo nel quale si può intravedere la premessa, inconsapevole, dell’atmosfera che avrebbe caratterizzato il 68, in un contesto molto diverso dal nostro, in cui sembra essere in crisi l’idea stessa di futuro.

Il Paese lo apprese solo la sera attentati di Parigi dello scorso novembre, è difficile immaginare che cinquant’anni In un’epoca in cui possiamo assistere in fa, quando Firenze fu devastata dalla fu- diretta, dal piccolo schermo delle nostre ria dell’Arno, il Paese lo apprendesse so- case, all’attacco alle Torri gemelle, o agli lo la sera. Eppure in una delle più belle

54 La grande alluvione città del mondo, nella civilissima e sem- danneggiato. Di questo enorme disastro re- pre più ricca Italia, per tutta la giornata, stano nei discorsi e nell’immaginario due era accaduto l’inverosimile. simboli: la Chiesa di Santa Croce, con il suo I fiorentini erano stati risvegliati dal ru- Crocifisso di Cimabue seriamente rovinato, more dell’acqua. Quelli che erano riusci- e la Biblioteca Nazionale 1. Tuttavia, il ne- ti a trovare rifugio nei piani più alti, se non mico maggiore si doveva ancora rivelare: addirittura sui tetti, avevano visto passare, ritirandosi, l’acqua lasciava un’enorme trascinati dall’irruenza delle acque, tron- quantità di fango, che seccandosi sareb- chi d’alberi e carcasse d’animali, eredità be stato difficile scrostare in maniera «in- dell’inondazione delle campagne vicine; dolore» laddove si era attaccato. La polti- oggetti di ogni sorta, provenienti dalle ca- glia ricoprì opere d’arte, libri, manoscrit- se, già squarciate, dei quartieri a monte ti, carte geografiche antiche, salvabili so- della città; ma anche cadaveri: si era di lo con procedure d’urgenza e attraverso le fronte ad una catastrofe umanitaria. forze che potevano essere messe in cam- L’Arno che scorreva per le vie di Firenze po nell’emergenza. Così, decisivo fu il la- si presentava come un orribile miscuglio voro fatto nelle settimane successive all’i- di acqua, terra e gasolio fuoruscito dalle nondazione dai fiorentini e da migliaia di caldaie sventrate dalla furia del fiume. In persone che giunsero a Firenze con una poche ore quest’acqua nerastra invadeva rapidità sorprendente. Determinanti per il le zone più interne della città, arrivando recupero del patrimonio minacciato, que- agli Uffizi, al Gabinetto Viesseux, alla ste persone furono presto ribattezzate gli Chiesa di Santa Croce, alla Biblioteca Na- «angeli del fango». zionale. La sua furia scuoteva, distrug- gendole in parte, le porte del Battistero: era, evidentemente, anche una catastrofe Un cordone «spontaneo» di giovani patrimoniale. Fortunatamente entrambe le catastrofi furo- La potenza dei media cominciò a dispie- no più limitate di quanto si potesse temere garsi sin dal giorno successivo: le braccia in un primo momento. Dopo due giorni fu dei fiorentini e dell’esercito non bastava- possibile fare una stima delle vittime: furo- no, e quarantotto ore dopo cominciava un no 34, la metà delle quali morte in pieno cordone umanitario che vedeva affluire a centro. La sovrastima delle perdite umane Firenze aiuti di ogni genere e, nella me- era dovuta al fatto che, in realtà, molti di moria dell’evento, soprattutto una marea quelli che sembravano corpi galleggianti umana. erano solo manichini, strappati alle vetrine Infatti, dal momento in cui la notizia del- dalla violenza del fiume. Le perdite patri- l’inondazione fu diffusa dai media, il sen- moniali invece si confermavano inestima- timento dell’urgenza di un aiuto materia- bili. In via dei Neri, in pieno centro, una tar- le investì una larga parte della popolazio- ga ricorda oggi il livello raggiunto dalle ac- ne italiana, coinvolgendo rapidamente que: 4 metri e 92 centimetri. Ciò che non molti altri paesi. Un cordone «spontaneo» era stato scaraventato via era stato sommerso di giovani si mise in marcia verso Firen- dall’acqua e dal fango: più o meno pesan- ze, seguito ben presto dalle associazioni, temente erano stati toccati Palazzo Vecchio, dai licei, dalle università, dagli scout, dal- il Duomo, il Battistero; Ponte Vecchio era sta- le parrocchie, con i sindaci che, a volte, to duramente colpito, le sue gioiellerie de- organizzarono il trasporto dei volontari vastate, il corridoio di Vasari pesantemente per mezzo di bus.

55 Il ruolo dei media nel dare risalto all’opera bene quanto un testo possa assorbire me- dei volontari che riportavano in superficie moria e identità, è il rogo dei libri, il più i manoscritti inondati della Biblioteca Na- celebre dei quali, nella storia moderna, è zionale fu determinante. Nel giro di qual- quello della «notte dei cristalli». che settimana prendere parte agli aiuti, fosse solo per un giorno, era diventato una sorta d’imperativo che al sentimento pa- Una singolare cifra distintiva trimoniale abbinava un sentimento d’ap- partenenza trascendente la territorialità: In quello scorcio del 1966 i libri, e soprat- l’idea di salvare un patrimonio universale tutto la Biblioteca Nazionale di Firenze, sembrava aver cancellato le frontiere de- erano in forte pericolo: forse anche per que- gli Stati-Nazione, alimentando invece la sto furono soprattutto gli studenti ad in- formazione di un nuovo gruppo i cui con- carnare la figura degli «angeli del fango». fini seguivano criteri anagrafici. All’inizio, Nelle loro parole si percepisce bene che al- i volontari non avevano alcuna compe- la fortuna di partecipare ad una delle più tenza specifica in materia di aiuti, e nep- importanti operazioni di salvataggio nella pure l’equipaggiamento idoneo. Partivano storia dell’umanità, si aggiungeva la con- per «aiutare Firenze», senza sapere dove sapevolezza di un gesto che affermava avrebbero lavorato, mangiato o dormito. un’appartenenza: se all’inizio si partiva per Dalle testimonianze che ho raccolto 2 e andare a salvare un patrimonio che, senza da quelle lette sui siti Web, emerge una soluzione di continuità, la stampa nazio- sorta di gerarchia «culturale» delle cose da nale e internazionale riaffermava come uni- mettere in salvo: svuotare cantine, aiu- versale, dopo alcune settimane ci si mobi- tando così ad evitare la catastrofe sanita- litava perché bisognava «esserci», perché ria, e salvando indirettamente delle vite, «salvare quel patrimonio» era un gesto ob- sembra meno valorizzante dell’intervento bligato, Firenze era il suolo su cui marcia- sulle opere d’arte e, ancor di più, sui libri re, il fango l’insegna da conquistare. della Biblioteca Nazionale. Potremmo ipo- Questo gruppo dai contorni indefiniti, dal- tizzare, sulla scorta delle affermazioni di le proporzioni immense, poliglotta e tran- Jan Assmann, che un grande peso abbia snazionale, accoglieva nelle sue file chi ar- avuto il ruolo fondamentale giocato dal rivava in nome della cultura, facendo dei libro in una cultura scritta come la nostra: libri il proprio simbolo e del fango la pro- esso simboleggia un’identità collettiva nel- pria singolare «cifra distintiva». la società che l’ha prodotto, e fa delle bi- E in effetti il fango, che era il nemico da blioteche, più nello specifico delle bi- abbattere, divenne ben presto lo «scalpo» blioteche nazionali, il ricettacolo di ogni della vittoria assoluta della cultura sulla na- idea d’identità culturale e, all’occorrenza, tura, della solidarietà sulla disgrazia. Le d’identità nazionale. Ciò spiegherebbe le tracce che ne troviamo nelle testimonian- ragioni per cui la distruzione dei libri è da ze sono numerosissime: dalla madre del- sempre vista come la minaccia principa- la studentessa di Bologna che, al ritorno le per tutte le culture. Pare superfluo ri- di sua figlia, vuole ad ogni costo pulire gli cordare che l’incendio della Biblioteca stivali pieni di fango per «avere l’impres- d’Alessandria è considerato una delle più sione d’essere stata anche lei a Firenze», grandi catastrofi della storia dell’umanità, a chi conserva ancora oggi il giubbotto o che una delle forme più distorte dell’e- macchiato di fango, fino a chi tiene in un sercizio del potere assoluto, che dimostra cassetto del ripostiglio un pezzo di fango

56 La grande alluvione preso all’epoca come souvenir. Per misu- cause che hanno determinato il disastro. rare il valore simbolico che quel fango, in Come spiega molto bene Nicolas Journet, seguito, ha assunto presso i giovani, se- nel corso del XVII secolo l’epistemologia gnalo una testimonianza lasciata su un si- delle catastrofi rintraccia le origini dell’e- to dedicato all’inondazione 3, in cui si rac- vento nefasto nella tensione tra causalità conta come, per pagarsi il viaggio per una divina e causalità naturale. Con la prete- festa universitaria a Padova, un gruppo di sa di padroneggiare la natura, poi, viene studenti fiorentini vendette ai colleghi pa- introdotta la nozione di rischio, di modo dovani dei sacchetti contenenti il «fango che, in epoca moderna, la ricerca di sen- di Firenze». so si concentra prevalentemente sull’indi- Il fango del 66 è dunque un simbolo for- viduazione delle responsabilità umane. te: nelle parole dei protagonisti si ricorda Ciò non si verifica nel caso di quest’allu- la lotta contro il tempo, l’organizzazione vione, dove la ricerca delle responsabilità apparentemente perfetta, l’altrettanto ap- viene trascurata. Si sottolineano, piutto- parente assenza di gerarchie e, impre- sto, la «dimensione umana» della cata- scindibile, l’impermeabile bianco di Ted strofe e la capacità dell’evento devastato- Kennedy che, in visita a Firenze, si era an- re di «fare comunità». Numerose, in tal che lui macchiato di fango. Il fango era or- senso, sono le testimonianze, dell’epoca mai simbolo e segno d’appartenenza. e successive, in cui si giunge al parados- La visita di Ted Kennedy e la fondazione so di ricordare con nostalgia i momenti del CRIA 4, animata da Jacqueline Ken- della mobilitazione, che mostrò il volto nedy, diedero grande risonanza mediati- migliore dei fiorentini e rivelò al mondo ca alla catastrofe: cronache dell’inonda- intero la potenza dell’idealismo di una ge- zione e dell’arrivo degli «angeli del fan- nerazione intera 5. La violenza della natura go» si trovavano su pressoché tutti i gior- e la forza della reazione ad essa costitui- nali occidentali, ma anche sulla stampa scono i due poli di un discorso, più o me- australiana e giapponese. E, ogni volta, no consapevole, che utilizza le emozioni l’accento cadeva sul patrimonio in peri- per obliterare ogni responsabilità umana colo e sui giovani che lo stavano salvan- e fondere la bellezza del patrimonio mi- do; per questo a Firenze si riversarono qua- nacciato con quella dell’azione di salva- si 12.000 ragazzi tra studenti e giovani la- guardia. Visibilmente questo discorso è voratori. Sull’evento, in tal modo, s’im- nato con l’evento stesso, ma si è poi affi- presse definitivamente il sigillo della ca- nato e radicato col passare del tempo. La- tastrofe naturale da affrontare con la for- vorare sull’inondazione del 66 significa, za della solidarietà. La conseguenza più necessariamente, lavorare sulla memoria diretta fu che vennero messi in secondo dell’avvenimento, che è in buona parte piano tutti i discorsi relativi alle possibili standardizzata, fondata sui valori etici del- responsabilità umane. la mobilitazione (solidarietà, idealismo ti- pico della giovinezza, e così via), attivata nelle occasioni d’incontro dell’enorme Dare senso ad un evento catastrofico gruppo che operò durante il disastro. Il fe- nomeno di rievocazione collettiva dell’e- Dare senso ad un evento catastrofico com- vento vive di momenti associativi caden- porta la costruzione di retoriche efficaci e zati dalle ricorrenze: nell’occasione dei il ricorso a registri pertinenti. Tuttavia, nor- trent’anni dall’inondazione si sono suc- malmente, il senso viene ricercato nelle cedute delle manifestazioni commemora-

57 tive che hanno portato alla costituzione Sorprendente, in un’epoca come la no- di un’associazione destinata a preparare la stra, in anni in cui il protagonista assolu- grande festa degli «angeli del fango», che to è il patrimonio, in cui, anzi, «tutto è pa- si sarebbe dovuta tenere alcuni anni più trimonio»: vecchio, nuovo, riesumato, a tardi, in occasione del quarantesimo an- volte addirittura inventato. Un’epoca in niversario dell’inondazione. I preparativi cui il passato e la memoria primeggiano furono imponenti e videro la partecipa- sul futuro. Di fronte a queste realtà ho or- zione della Regione e della Provincia: il mai da anni in tasca una chiave di lettu- grande raduno degli «angeli del fango» ra: quella data da François Hartog, se- sarà poi celebrato ogni anno con l’istitu- condo il quale, verso la fine degli anni Ot- zione di una Giornata Europea del Volon- tanta, la nostra società, di fronte all’evi- tariato, che si svolgerà a Firenze. E così via dente fallimento delle modalità con cui fino a oggi, data del cinquantenario, dove ha perseguito e realizzato la sua fede nel la commemorazione mostra la sua natura progresso, ha perso fiducia nel futuro e si bifronte, il suo essere retrospettiva – ricor- è rivolta al passato come ancora di sal- dare l’evento e i suoi protagonisti – e pro- vezza. Da qui l’ondata patrimoniale, ma spettiva – tentare di creare le condizioni anche memoriale: è nel passato, nelle no- perché esso non si ripeta. stre radici che troviamo oggi il patrimonio Quel che è certo, è che all’epoca nei luo- capace di farci intravedere possibilità di fu- ghi del potere si fece largamente ricorso al turo. Questa è una parte di quella com- linguaggio delle emozioni, e il cinema do- plessa e sfuggente nozione che Hartog de- cumentaristico giocò il suo ruolo nella fis- finisce «regime di storicità». Un’idea che sazione di una certa retorica; sicché oggi considero valida, seppur ancora non suf- l’inondazione di Firenze è in larga parte ficientemente surrogata da etnografie. raccontata, e dunque concepita, attraver- Un’idea che inevitabilmente torna in men- so i simboli del patrimonio e del fango, te quando si guarda all’alluvione di Fi- della solidarietà e del sentimento di per- renze del 1966. Questo cambiamento di dita. Proprio quest’ultimo diviene il moto- regime di storicità, che Hartog fissa cano- re di una prassi sociale che permette, di vol- nicamente nel 1989, con la caduta del ta in volta, di occultare le responsabilità, Muro di Berlino, nei giorni di quella allu- di riaffermare il valore di un patrimonio vione era lontano da venire. L’Italia e l’in- universale, di delineare i contorni di un tero Occidente erano anzi proiettati ver- movimento immenso, facendo irrompere so il futuro: usciti dal secondo dopoguer- sulla scena una nuova generazione. ra, il boom economico stava mettendo al- la prova assetti sociali e culturali di lunga data, che non avrebbero però potuto reg- La chiave di lettura di François Hartog gere a lungo. Una società in fin dei conti giovane, in cui i figli del baby boom post Il patrimonio di Firenze non aveva, né ha bellico cominciavano a immaginare spa- oggi, bisogno di essere affermato: è im- zi per sé che di lì a poco avrebbero re- menso, universale, canonico. Per questo la clamato con irruenza. Un’idea del rap- sua perdita sarebbe stata culturalmente in- porto, fra patrimonio passato e futuro, che sopportabile. Eppure, nella memoria e nel- trova la sua illustrazione più efficace nel- l’immaginario, il patrimonio fiorentino ha le foto che ritraggono Kennedy a Firenze, un co-protagonista in questa vicenda. Gli col suo impermeabile bianco macchiato «angeli del fango», per l’appunto. di fango, giovane parlamentare di un Pae-

58 La grande alluvione se giovane, in mezzo ai giovani che gli mento eminentemente studentesco; o me- mostrano i libri della Biblioteca Naziona- glio, è soprattutto sugli studenti che si cri- le strappati al fango… stallizza questa memoria: a fronte della Per molti ex-giovani (cosi spesso si auto- presenza di fiorentini di ogni età e di gio- definiscono) la mobilitazione di Firenze vani militari (che spesso ironizzano sul- fu una sorta di annuncio del maggio 68: l’eccesso di visibilità degli studenti) «l’an- quel movimento recava gli stessi segni gelo del fango» è una sorta di distillato di della volontà di agire sul mondo, apriva un’idea di gioventù che si sarebbe affer- le porte alla costituzione dei giovani co- mata due anni dopo. Le stesse persone me soggetto collettivo, universalmente ri- che, ideologhe di se stesse, hanno poi let- conosciuto e portatore di ideali... In realtà, to l’alluvione di Firenze come l’archetipo tra le testimonianze prodotte in un con- emotivo del maggio 68. testo collettivo (le trovate anche sul Web) Il rapporto fra storia e patrimonio è mol- e quelle individuali è rilevabile uno scar- to affascinante: ciò che sopravvive al tem- to assai interessante, che riassumerei in po diventa patrimonio, ed entra nella sto- questo modo: ciò che si provava nel 66 ria. Nella nostra attuale crisi di fronte al- non era altro che la premessa dell’atmo- l’idea di futuro, la storia stessa diventa pa- sfera che avrebbe circondato il 68, ma trimonio, ne abbiamo mille esempi nel- ovviamente non se ne aveva la consape- l’esaltazione delle piccole storie e delle volezza. piccole patrie. Anche per questo la vi- Chi attribuisce alla mobilitazione fioren- cenda dell’alluvione di Firenze sembra og- tina le pulsioni ribelli del 68 lo fa attraverso gi prestarsi a una nuova lettura: quando la una lettura ex post, suggerita dal movi- nostra società ancora viveva proiettata ver- mento generazionale che anima le cele- so il futuro, di fronte alla minaccia di per- brazioni e i raduni. In privata sede, inve- dita di un patrimonio immenso, un intero ce, gli «angeli» affermano di essere parti- Paese si è mobilitato, lasciando nella no- ti per Firenze guidati da una sorta di pul- stra memoria l’immagine del rischio del- sione di salvaguardia, assumendo il ruolo la perdita e della speranza nel futuro: le di custodi di un patrimonio immenso. acque devastatrici e i giovani sporchi di Quello di Firenze, dunque, fu un movi- fango.

1 Alla Biblioteca Nazionale le perdite furono im- nendo poi sveglia la mia attenzione sugli eventi le- mense: rimase danneggiato un terzo del patrimonio gati a quell’avvenimento. librario, un milione di titoli su tre. 300.000 libri (te- 3 http://www.mega.it/allu. Segnalo, molto breve- sti antichi della Collezione Magliabecchiana, i Gran- mente, che se su Internet si inserisce nei motori di di formati Magliabecchiani e Palatini, le opere mo- ricerca «l’inondazione di Firenze» i risultati riporta- derne, le copie doppie); 20.000 giornali e quotidia- no automaticamente a quella del 1966. Questo dà ni (per un totale di 400.000 volumi); 10.000 riviste la misura delle dimensioni assunte dall’evento nella (60.000 volumi); la collezione di miscellanee storia della città. (400.000 titoli tra opuscoli ed estratti); le tesi fran- 4 Il CRIA (Committee to Rescue Italian Art) è l’orga- cesi e tedesche (50.000 volumi). La preziosa colle- nismo istituito da Ted Kennedy e animato da Jac- zione di manifesti andò completamente perduta. E queline Kennedy, che ha raccolto i fondi per pagare ancora, furono inondati i cataloghi: quello generale, i materiali e il personale per la restaurazione di una delle incisioni, della musica, delle carte geografiche, parte del patrimonio artistico danneggiato dall’i- dei periodici, degli inventari. Per un totale di otto mi- nondazione. lioni di schede. 5 Uno per tutti, il regista Franco Zeffirelli che, invi- 2 Ho lavorato sulla memoria dell’inondazione di Fi- tato alle celebrazioni del quarantennale, sottolinea renze del 1966 fra il 2003 e il 2006 circa, mante- la «bellezza [morale] di quella catastrofe».

59 LA PERCEZIONE DELL’ALLUVIONE di Ignazio Becchi

La percezione delle inondazioni e dei fenomeni naturali legati all’acqua, meteorologici o riferiti a ciò che oggi chiamiamo «dissesto idrogeologico», è mutata nel corso del tempo come si può rilevare dai detti popolari, dalla letteratura o dal fiorire delle «leggende metropolitane», che ne danno conto in vario modo. Quel che sembra mancare, in merito, è una corretta informazione di tipo scientifico connessa a modalità chiare, sicure e affidabili nel fornire le informazioni atte a garantire la sicurezza delle popolazioni colpite dagli eventi alluvionali.

L’acqua sulla Terra corrente vengono impiegati indifferente- mente per le manifestazioni del così det- La presenza dell’acqua sulla Terra è una to dissesto idrogeologico. realtà che rende il nostro pianeta un luo- Questo termine, «dissesto idrogeologico», go ospitale e idoneo alla vita. L’acqua ha è un particolare gioco di parole o tor- anche un ruolo più complesso, che po- mentone tutto italiano, la possibilità di tra- tremmo definire fisico-chimico: continua- durlo in altre lingue o condividerlo con gli mente discioglie e sgretola le rocce, le tra- studiosi di altri paesi è infatti inesistente. sporta, le accumula, le rigenera attraverso Nel mondo mediatico italiano esso è di lar- i processi sedimentologici. Questo insieme go uso e rappresenta per la maggioranza di azioni ha un inquadramento completo degli italiani una specie di tabù, un insie- nell’ambito degli studi di geografia fisica me di colpe e di mancanze, una sorta di di cui maestro e guida è Alan Strahler 1. senso di colpa collettivo. All’interno di questi processi trovano col- L’effetto dell’acqua nel corso delle ere geo- locazione concetti come alluvione, eson- logiche è consistito e consiste in un con- dazione o inondazione che nel linguaggio tinuo lavoro di erosione delle montagne,

60 La grande alluvione

alluvionamento delle pianure. Questo viale che sono largamente legati alle ma- processo apparentemente regolare consi- nifestazioni idrologiche. Nel nostro terri- ste in una alternanza di lunghe stasi e bre- torio ogni corso d’acqua trascina a valle vi intensi movimenti. sedimenti derivanti dal disfacimento dei Fino dagli inizi dello studio di queste ma- suoli per l’equivalenza di circa mezzo mil- nifestazioni fu evidente la presenza di limetro all’anno, ciò vuol dire che me- eventi molto violenti tanto che le prime diamente sono trascinati a valle circa 500 teorie, all’inizio del 900, sulla formazio- metri cubi per chilometro quadrato di ba- ne della Terra parlavano di evoluzione per cino, per esempio per il Po più di 100 mi- catastrofi. lioni di metri cubi di materiali. Però tale Dopo le prime teorie dell’inglese Davies manifestazione non è assolutamente re- e le successive aperture del tedesco We- golare, anzi è dotata di notevole irregola- gener, oggi è comunemente accettato che rità: ci sono anni in cui viene trasportato esistano tanto fenomeni occasionali qua- un decimo del valore medio che si alter- li terremoti, frane, eruzioni vulcaniche e nano ad anni eccezionali in cui il trasporto alluvioni quanto fenomeni lenti come la è maggiore di dieci volte il dato medio. deriva dei continenti, il sollevamento cro- L’alta variabilità rende estremamente dif- stale (uplift) e la subsidenza. In questo con- ficile il controllo e la stima di questa pro- testo, la crescita delle pianure è retta dai duzione ed il dato medio è derivabile so- fenomeni alluvionali o di dinamica flu- lo da controlli eseguiti attraverso il tempo

61 geologico, il dato qui riferito si rivolge a stazioni venivano attribuite a entità so- valutazioni relative agli ultimi 4 milioni di prannaturali tanto nei culti sciamanici anni per l’Appennino. quanto nelle forme religiose primitive. Co- In maniera semplicistica si potrebbe dire sì, sin dalla civiltà dei Sumeri, la più an- che un bacino idrologico normalmente si tica di cui abbiamo documenti scritti, l’ac- carica di sedimenti prodotti dal naturale qua viene considerata la sostanza prima- deterioramento dei suoli, fino a che arriva ria nella formazione del mondo. una piena eccezionale che ha la forza di Nelle religioni di origine indoeuropea si trascinare via tutto questo materiale e que- individuano due distinte figure che con- sta manifestazione è un’alluvione nel ve- trollano queste manifestazioni, un dio del- ro e proprio senso dei termini. Nei ritmi na- le acque e il dio supremo che governa le turali la frequenza delle alluvioni, qui in tempeste. Anche nei culti monoteistici è Italia, sarebbe circa una volta ogni dieci an- Dio che regola le forze della natura di cui ni, ma negli ultimi millenni l’intervento le tempeste e alluvioni sono l’aspetto do- umano, costruendo argini e canalizzando, minante, basti pensare al Diluvio. tende a spostare questa frequenza su va- In tutte queste forme di religione, mentre lori molto più alti che vanno dai 25 anni le tempeste e le alluvioni sono gestite da per i terreni agricoli ai 200 per quelli resi- entità potenti, come Giove «pluvio» 3 nel- denziali. Questo dato contempla fenome- l’antichità classica (Omero, Eschilo, Virgi- ni che si manifestano nello stesso posto. lio, ...) e da Dio o il demonio nel Me- Risulta qui evidente che l’alluvione è un dioevo (cfr. Dante, V del Purgatorio), le al- fenomeno naturale e l’unica influenza del- tre manifestazioni dell’acqua sono custo- l’uomo è nel renderle più rare grazie a dite da forme di divinità come le dee cel- opere di contenimento, a volte molto im- tiche, poi sostituite, nella romanità, dalle pegnative; comunque non esiste intervento ninfe e finalmente passate alla Madonna che possa eliminare la manifestazione al- o ad alcune sante nella modernità 4. luvionale, l’uomo si limita a modularla Di fatto, da sempre la presenza o l’attività rendendola più o meno frequente. dell’acqua è considerata frutto del so- prannaturale. Una importante rassegna di questa credenza si ritrova in ex-voto che L’acqua e le entità soprannaturali sono disponibili in molti santuari cattoli- ci e in ritrovamenti archeologici. Il rapporto dell’uomo con i fenomeni al- Con il Rinascimento appaiono le prime luvionali è senza dubbio molto antico e interpretazioni non trascendenti, Leonar- fa data dall’inizio della vita umana sulla do da Vinci scrive nel Codice Atlantico: Terra, circa 150 mila anni fa 2. L’uomo ha «Ma con quali vocavoli potrò io descrivere quindi conosciuto le alluvioni così come le nefande e spaventose inondazione, con- le tempeste, le eruzioni vulcaniche, i ter- tro alla quale non vale alcuno umano re- remoti, ma con frequenze differenti. Quin- paro, ma colle gonfiate e superbe onde di per tutte le persone adulte, cresciute in ruina li alti monti, deripa le fortissime ar- ambiente naturale privo di qualsiasi ripa- gine, disvelle le radicate piante, e colle ro, il fenomeno alluvionale era raro ma rapaci onde intorbidate delle cultivate noto, mentre altri (eruzioni, terremoti ecc.) campagne portando con seco le intolle- erano praticamente inattesi, sempre in fun- rabili fatiche di miseri e stanchi agrecul- zione delle caratteristiche geografiche. tori, lascia le valli denudate e vili per la Senza dubbio, fin dall’inizio, tali manife- lasciata povertà». Questa visione del fe-

62 La grande alluvione nomeno, rimasta ignota fino ai tempi no- contenitori dedicati (bottiglie di plastica), stri, testimonia dell’intelligenza e dello spi- comunque qualsiasi manifestazione di ac- rito di osservazione del Da Vinci. qua libera è vista con sospetto. Nel mon- Dal tempo di Leonardo i fenomeni delle do rurale invece l’acqua ha mantenuto un alluvioni sono stati per molto tempo nel- ruolo chiave come regolatrice dei proces- l’occhio del potere politico, così prende si principali dalla crescita della vegeta- piede la pratica della Bonifica che venne zione alla maturazione dei prodotti, dal- regolamentata con molta intelligenza nel- l’equilibrio dei versanti alla lavorabilità la Toscana di Cosimo I, introducendo al- dei suoli. Così oggi assistiamo a due di- cune ingegnose tecniche di tassazione per stinte visioni dell’acqua, una industriale obbligare i contribuenti a prendere co- in cui il naturalismo si proclama solo a scienza delle problematiche presenti. Que- garanzia della gratuità, ed una rurale in cui sta antica impostazione ha fornito successi l’acqua è prodotta dagli equilibri climati- e benessere, ma solo fintanto che vi era- ci influenzati dall’inquinamento globale, no terre da bonificare, quando gli ultimi cui spesso si accreditano semplici mani- Lorena si incaponirono a voler bonificare festazioni della continua e imprevedibile oltre il buon senso comune, la pratica si variabilità del clima, come i biblici «sette risolse in una specie di persecuzione ves- anni di vacche magre». satoria ed il popolo si allontanò per sem- Nella valutazione del rischio idraulico la pre da questa linea. cultura urbana consente una incredibile In Gaston Bachelard 5 possiamo trovare quantità di falsi ideologici e leggende me- una visione più moderna sul ruolo del- tropolitane. l’acqua nell’inconscio. In qualche misura Già dal Rinascimento ne troviamo tracce questo filosofo francese ci aiuta a com- nella storia delle alluvioni fiorentine. prendere la forza profonda e insospetta- Nel corso delle frequenti epidemie di pe- bile della componente emotiva nella per- ste dal XV al XVIII secolo qualche bello cezione dell’acqua; purtroppo l’opera spirito, sulla base di scarse conoscenze scritta è solo un saggio preliminare. igieniche, si fece incaricare dello sman- Di recente Giovanni De Luna 6, analiz- tellamento della copertura boschiva del zando «la nuova religione del denaro» Monte Morello perché impediva, così as- mostra come la pressione del sistema di seriva, la circolazione dell’aria e quindi pubblicità spinge la visione del parame- causava miasmi pestilenziali 7. tro finanziario fuori dagli schemi di utilità In seguito si dichiarò causa delle violente razionale. Analogamente la definizione alluvioni del 1740 e del 1758 proprio la del tempo di ritorno di una alluvione so- mancanza di copertura boschiva su que- stenibile dipende da elementi di valuta- sto monte, e pensare che le acque prove- zione del danno (economico). nienti da Monte Morello non raggiungo- no l’Arno prima di Firenze! Più tardi, nell’occasione della grande al- Due differenti culture luvione del 1844, il proto archeologo Ales- sandro Francois, descrivendo in una lettera Dobbiamo distinguere due differenti cul- alla sua protettrice il disastroso evento, ne ture, la cultura urbana e quella rurale. Nel- attribuì la colpa al responsabile dei lavo- la cultura urbana l’acqua è assolutamen- ri idraulici, Alessandro Manetti, interve- te priva di valore naturale, può essere con- nuto in Valdichiana senza il beneplacito vogliata da tubi (acquedotto) o ristretta in del vecchio Fossombroni 8.

63 All’inizio del secolo scorso troviamo trac- scioli 12, il confronto consente di eviden- ce di leggenda metropolitana nel roman- ziare le profonde differenze tra le crona- zo Pattini d’argento, scritto a New York da che mediatiche e i racconti dei ragazzi. Mary Mapes Dodge, in cui il protagonista Hans Brinker, prendendo il posto del suo babbo guardiano della diga sullo Zuider- Forse i veneziani non lo sanno zee, salva il suo paese tappando con un dito la falla della diga. La falsità del con- Intanto il clima continua a colpire. Negli testo è totale, non tanto nella descrizione eventi della penisola italiana (citiamo a di un territorio olandese mai visto, quan- caso in Sicilia, in Liguria, in Toscana, in to nell’indicare che sia possibile chiude- Calabria, ...) ogni volta vengono cercati re una perdita d’acqua ostruendola da val- dei colpevoli, vengono riuniti illustri stu- le, tutti sanno o dovrebbero sapere che diosi, si cercano i rimedi, si studiano le so- per fermare una falla da valle è necessa- luzioni, si cercano i quattrini, intanto il rio costruire una nuova barriera (o coro- tempo passa e scende l’oblio, piano pia- nella). Eppure tutti ne parlarono con en- no, dopo tanto clamore, arriva timida- tusiasmo, come un esempio da seguire, mente un «ma non basterebbe fare...?» e nel porto di Amsterdam fu eretto un mo- la lista dei rimedi si accorcia. È passato tan- numento in onore dell’immaginario Hans to tempo che ogni cosa risulta lontana, Brinker 9. ovattata. Altri esempi di leggende metropolitane re- Nessuno si preoccupa di tenere informa- lative alle alluvioni sono alcune inchieste te le potenziali vittime, il sistema di aller- della magistratura. Ad esempio, quella tamento non ha studiosi ma ci sono dei contro gli ingegneri dell’Enel nel caso del- furbi che, senza alcuna esperienza acqui- l’alluvione di Firenze del 1966: venne isti- sita, vendono sistemi intelligenti alle pub- tuito un processo durato nelle varie fasi per bliche amministrazioni. ben 23 anni, rovinando la vita a due seri Poche settimane fa ho chiesto ad un ami- professionisti. Da notare che l’alluvione co di fare una commissione che aveva una fu valutata di un volume di 500Mm3, men- certa urgenza e lui mi ha risposto di es- tre le due dighe dell’Enel assieme arriva- sere molto disponibile, ma di non poter no a contenere solo 10Mm3 utili. A que- uscire di casa perché aveva ricevuto un’al- sto riguardo è utile leggere il contributo qui lerta idrogeologica dalla Protezione Civi- presentato da Stefano Beccastrini 10, che le, naturalmente le premesse meteorolo- evidenzia un’altra leggenda metropolita- giche erano povere ma a lui era stato ri- na nata subito dopo l’alluvione a testi- chiesto di non uscire di casa. Sembra di monianza di come «l’emozione alluvio- riascoltare la vecchia favola di «al lupo, nale» colpisca profondamente la fantasia al lupo», in realtà esistono molti esempi collettiva. di come l’allertamento contro il rischio Sempre con riferimento all’alluvione di Fi- idraulico sia complesso e contraddittorio. renze del 66, recentemente ho presenta- Nel nostro territorio vi sono molte aree to uno studio in corso di stampa 11 in cui che sono soggette a fenomeni brevi ma si mettevano in luce documenti interes- molto intensi, la predizione di queste me- santi prodotti in quell’occasione tra cui teore è assolutamente impossibile, l’uni- una serie di filmati, interviste radiofoni- co intervento possibile è un preallerta- che e un volume di componimenti della mento con indicazione delle potenziali scuola dell’obbligo raccolti da Idana Pe- aree di rischio, ma per fare questo è ne-

64 La grande alluvione cessario conoscere molto bene il territo- bolenza che sono intrinsecamente caoti- rio e le tecniche di comunicazione. che, è una verità che pochi accettano. Co- Tutti pensano che basti realizzare alcune sì i meteorologi si affannano ad elabora- opere per mettere a tacere questi scoc- re modellistica e strumenti di calcolo sem- ciatori dei torrenti, in genere la soluzione pre più raffinati, ma per l’opinione pub- preferita è quella di seppellirli, si sa «oc- blica è pacifico che le loro previsioni sia- chio non vede ...», e se qualcuno dice che no sbagliate. Non tutte le nazioni reagi- non è la soluzione giusta subito è pronta scono in egual misura a questa incapa- la risposta «ma poi puzzano e allora la cità, in molte ormai le previsioni meteo so- ASL ...». no usate distrattamente per la pianifica- Mi chiedo come mai si spendono tanti sol- zione del weekend ma in alcune, ove una di in opere e praticamente nessuno in tec- corretta predizione può significare salva- niche di comunicazione per la Protezio- re un raccolto, la domanda di maggior ne Civile, forse perché è necessario che spazio informativo è incessante, negli Sta- questa istituzione debba ispirarsi alle tre ti Uniti vi sono canali Tv dedicati solo al scimmiette del non vedo, non sento e non meteo. Sullo sfondo si trova spesso il di- dico? Come mai non esiste una seria pre- sfattismo dei cambiamenti climatici ed il sa di coscienza dell’importanza di man- conflitto tra ambientalismo e industriali- tenere informata la popolazione sui rischi? smo, queste polemiche tendono a sfocia- Ecco che emerge il dio denaro ed in for- re in soluzioni globali, positive o negati- ma non razionale il convincimento che ve che siano, e non consentono un pro- una città allagabile è una città deprezza- gresso razionale, limitandosi ad assunti fi- ta. Forse i veneziani non lo sanno. deistici, forse le troppe informazioni in- torbidiscono le idee, o comunque ai limiti dell’umana comprensione. I capricci delle turbolenze

Nel mondo rurale esistono sempre le pro- I miti e i luoghi comuni blematiche che l’uomo incontrò fino dai primi tentativi di coltivazione, tipicamen- Davanti alla confusione che il contrasto tra te il clima e la sua variabilità. Nella cul- le due visioni genera nell’uomo della stra- tura contemporanea questa incertezza si da, poche sono le regole che consentono è molto arricchita di strumenti di cono- di governare una condizione di rischio, scenza, ma in pratica di poche certezze. spesso l’uomo ricorre a luoghi comuni o La difficoltà della conoscenza del clima miti usati dal battage pubblicitario o dal- rappresenta una seria barriera al progres- le leggende metropolitane. so, anche se a cominciare dall’ultimo con- Così emerge imperiosamente il ruolo del- flitto l’uomo ha sviluppato strumenti di in- l’automobile, che nei paesi sviluppati as- dagine sempre più raffinati come i predit- sume il significato di ricchezza, progres- tori satellitari e i radar meteorologici. La so, potere e sicurezza, non a caso spesso natura stessa dei fenomeni continua a sor- si indica l’inizio della civiltà con l’inven- prenderci a causa della complessa varia- zione della ruota. Molte vittime delle al- bilità della turbolenza atmosferica, baste- luvioni sono state «uccise» dall’aver af- rebbe ricordare che non vi sono mai due frontato l’acqua con un’automobile, as- nubi perfettamente uguali. La struttura del- solutamente non in grado di reggere alla la atmosfera è retta dalle leggi della tur- forza della corrente. Secondo le statisti-

65 che più del 92% dei morti prodotti da al- sti inconsulti e autolesionisti. L’unica stra- luvioni nei paesi sviluppati sono coinvol- da per superare questo ostacolo compor- ti dall’auto. Anche recentemente, nel cor- tamentale è di fare un training di contat- so delle alluvioni del piacentino del 14 to con l’acqua, ma di questa attività for- settembre 2015, una vittima ha avuto il mativa non esistono testi di riferimento tempo di comunicare via Internet dalla fuori del contesto degli addetti al salva- propria auto: «Mi è straripato il Nure in fac- taggio. cia... Sommerso da un fiume d’acqua... Ho In ultimo mi piace rammentare che, re- rischiato di rimanerci. Ora so cosa prova- centemente, sono apparsi alcuni libri di no e hanno provato le vittime dei fiumi in narrativa sul tema delle inondazioni, scrit- piena. Terrore... Grazie ai miei Angeli» 13. ti sulla base di esperienze vissute e am- Poi però il silenzio... Il bilancio di quel bientati uno nella New Orleans colpita dal- funesto evento assomma a tre vittime, tut- l’uragano Katrina 15 e l’altro in una inon- te sorprese in auto. dazione immaginaria nella regione di En- Purtroppo non solo le auto concorrono a tre Rios in Argentina 16. Tutti e due questi questo triste bilancio, ricordo che duran- racconti si sviluppano secondo una linea te l’alluvione del Tanaro il 4/11/1994, ad comune che parla delle difficoltà prodot- Alba vi furono due vittime tra gli anziani te da sciacalli, speculatori e sopratutto del- del locale ospizio che, avvisati del peri- l’esperienza d’acqua del protagonista, del- colo di un’alluvione in corso, si rifugiaro- la sua capacità di adattamento ad una vi- no in cantina! Probabilmente vista l’età ta «normale» in un paesaggio sommerso. erano ancora influenzati dagli allarmi an- In definitiva, vi è ancora molto da fare per tiaerei dell’epoca di guerra. L’alluvione del trovare il modo di fornire informazioni Tanaro complessivamente provocò più di chiare, sicure e affidabili per garantire la 60 vittime. sicurezza della popolazione colpita da Quanto qui mi corre l’obbligo di rilevare un’alluvione. Sicuramente sarà necessa- è il comportamento irrazionale dettato dal rio produrre del materiale informativo ade- panico, fatto ampiamente documentato e guato, alle diverse scale di edificio, quar- magistralmente dimostrato in un film 14 del tiere, città e regione, sarà anche necessa- 2006 sul soccorso in mare, che mostra co- rio attivare il mondo della scuola a pro- me i soccorritori debbano spesso tramor- durre informazione mirata tramite la for- tire il soccorso per impedirgli di fare ge- mazione degli insegnanti.

1 A. Strahler, Fondamenti di geografia fisica, Zani- CD Arno 66, Università di Firenze, 1986. chelli, Bologna 2015. 9 I. Becchi, Il rischio idraulico è un vincolo territo- 2 C. Russo, I miti dell’acqua, https://pauloborge- riale? (Legame tra paura e cultura), Accademia dei snet.files.wordpress.com/2010/03/il-mito-dell.doc. Lincei, Atti dei Convegni, 270, Roma 2013. 3 A. Seppilli, Sacralità dell’acqua e sacrilegio dei 10 S. Beccastrini, Ricordi e riflessioni di un «angelo ponti, Sellerio, Palermo 1976. del fango di periferia», in questa raccolta. 4 H. Maneglier, Storia dell’acqua, «Nature», Sugar- 11 I. Becchi, L’Alluvione di Firenze del 1966. Ap- Co, Milano 1994. punti sulla percezione, in Acqua Nemica, in corso 5 G. Bachelard, Psicanalisi delle acque, Red Edizio- di stampa. ni, Milano 2006. 12 I. Pescioli (a cura di), Com’era l’acqua. I bambini 6 G. De Luna, Una politica senza religione, Einau- di Firenze raccontano, la Nuova Italia, Firenze 1967. di, Torino 2013. 13 http://www.panorama.it/news/cronaca/maltempo- 7 Da http://tuttosesto.net/24-ottobre-1909-inizia-il- piacentino-liguria/ del settembre 2015. rimboschimento-di-monte-morello/ del 24 ottobre 14 The Guardian, Salvataggio in mare, film, Beacon 2015. Pictures, USA 2006. 8 M. G. Marzi, Lettere di Alessandro François alla 15 D. Eggers, Zeitoun, Mondadori, Milano 2009. baronessa senese Giulia Spannocchi Piccolomini, in 16 A. Bravi, L’inondazione, Nottetempo, Roma 2015.

66 ERANO GIOVANI E SI SENTIVANO PARTE DELLA «CITTÀ UNIVERSALE» di Erasmo D'Angelis

Nel 1966 ci fu una straordinaria ondata di maltempo in tutta l’Italia: fiumi e ruscelli in piena, esondazioni e allagamenti in tante città. Anche l’Arno, allora non classificato a rischio idraulico, ruppe gli argini e Firenze si ritrovò sommersa. Ci volle qualche giorno perché le autorità nazionali si rendessero conto del disastro. Nel frattempo, centinaia di giovani volontari, mossi da un sentimento di appartenenza alla «città universale», arrivarono e si prodigarono oltre ogni limite, insieme ai fiorentini, per salvare il salvabile. Un giornalista fiorentino del «Corriere della Sera», Giovanni Grazzini, li appellò «angeli del fango» per riconoscerne il grande valore. Anche in occasione del cinquantesimo dell’alluvione si ritroveranno a Firenze, come in altre occasioni, per ricordare e raccontare.

«Marchingegni artigianali» a guardia ze è stato certamente uno di questi. Cin- dell’Arno quanta anni dopo, se chiediamo cosa si ri- corda di più dell’alluvione del 1966, tut- Vi sono eventi nella storia di una comu- ti risponderanno: gli «angeli del fango», nità che fungono da spartiacque: l’allu- quelle ragazze e quei ragazzi protagoni- vione che colpì drammaticamente Firen- sti di un’impresa di solidarietà internazio-

67 nale mai vista in precedenza. Arrivavano cablo, telegrammi e resoconti La tempesta perfetta, un evento a larga per telefono di danni per nubifragi partiti scala tra i più penalizzanti della storia del- dalle stazioni dei carabinieri di Monte- la meteorologia, si scatenò sul bacino del varchi, Figline, Incisa, Rignano, Pontas- «fiumicel» dantesco senza che nessun en- sieve, Casentino. I radioamatori allertava- te o istituzione pubblica avesse la benché no le autorità inviando SOS. All’una di minima percezione del pericolo. Le allu- notte, mentre i fiorentini dormivamo, a vioni stavano già colpendo 1.119 comu- Ponte Vecchio ingegneri del genio civile, ni in 34 province del Nord, da Udine a assessori, il sindaco Piero Bargellini e il Brescia, da Padova a Trento che subirà la prefetto appena rientrato dal Valdarno im- più grande piena della sua storia. Erano maginando con sollievo che fosse «con- esondati fiumi e affluenti, dall’Adige al clusa l’emergenza», sotto l’eterno nubi- Piave, dal Livenza al Tagliamento, a Ve- fragio guardavano atterriti il fiume che in- nezia l’acqua alta avrebbe toccato la pun- vece saliva fino ai bordi delle spallette. ta massima di tutti i tempi: 1 metro e 94 Che fare? Dare o non dare l’allarme? De- centimetri. Il meteo-cataclisma si abbat- cisero di non decidere, fortunatamente, e teva su un’Italia senza difese idrauliche, né di attendere qualche ora, evitando di sca- Protezione Civile, né strutture operative in tenare il panico e una incontrollabile fu- grado di prevedere l’evoluzione di un ga in massa dalla città. Questa prudenza, evento meteo e di gestire un’emergenza. dovuta all’incapacità di qualsiasi previ- Il Servizio Geologico dello Stato era com- sione, alla fine salverà molte vite umane. posto da solo 14 geologi. L’Arno, poi, non Si conteranno però 35 vittime. era nemmeno classificato in una delle ca- All’una e trenta, l’Arno iniziò a dilagare e tegorie di rischio idraulico e i sistemi di fece saltare il sistema fognario, e dai tom- allerta erano di stampo medievale. I 13 bini uscivano getti d’acqua alti un metro. pluviometri appena collocati lungo il fiu- Anche il Mugnone rompeva gli argini e me, pomposamente presentati come «pro- allagava le Cascine e all’ippodromo sa- dotti del progresso tecnologico» erano in rebbero annegati 60 purosangue da corsa realtà «aggeggi da ridere, marchingegni e allo zoo tutti gli animali. Rotti tutti gli artigianali», come li bollò Indro Monta- argini, travolto il leggendario ponte del- nelli che per la Rai raccontò in uno spe- l’Anchetta nella periferia Sud, l’impres- ciale televisivo come ai contadini aveva- sionante massa d’acqua iniziò a travolge- no affidato in custodia i pluviometri con re a 70 km orari 3.000 ettari di città, l’a- il compito di portare i dati a Pisa e Firen- rea più estesa mai colpita dalle alluvioni ze. Con molta calma, però, due volte la storiche, rovesciando tonnellate di fango, settimana. melma e detriti. Iniziava l’emergenza per i fiorentini, destinati a restare isolati per quasi tre giorni. Iniziava l’incubo. Alle 3.48 Decisero, fortunatamente, di non dalla sede dell’ANSA, Dante Nocentini decidere lanciò la prima notizia dell’alluvione, e il dramma iniziò a fare il giro del mondo al- L’Arno era già in piena nel pomeriggio del l’alba. Ma Roma sottovalutava la portata 3 novembre, pronto a devastare anche Fi- del disastro, e non reagiva. La città si trovò renze. Lo sapevano ai ministeri dell’Inter- isolata dal mondo e i soccorsi sarebbero no e della Difesa e alle prefetture e ai co- arrivati solo dopo quattro giorni, e dopo mandi militari di Arezzo, Firenze e Roma. la visita contestata del presidente Saragat.

68 La grande alluvione

Barbe contestatrici e badili

C’erano 35 morti, feriti, centinaia sui tetti, 70.000 famiglie alluvio- nate, 6.000 negozi de- vastati, 20.000 automo- bili nell’acqua e nel fan- go, migliaia di officine, fabbriche, laboratori, ti- pografie, botteghe arti- gianali, cantine allagate. Mancava tutto: elettri- cità, acqua, gas, riscal- damento, le medicine per chi aveva pazienti a casa, mezzi di comuni- cazione. La rete dell’ac- quedotto e delle fogna- ture era distrutta così co- me le condutture del gas, i cavi dell’elettricità e del telefono. In questo scenario, dal 5 novem- bre la città iniziò a riem- pirsi di studenti, operai, infermieri e medici, in- segnanti, impiegati, amanti dell’arte e di Fi- renze. Zaino in spalla, tanti ragazzi scendeva- no dai treni alla stazione di Santa Maria si metteva a disposizione dei comitati Novella appena riaperta, dalle automobi- spontanei auto-organizzati nelle case del li riempite all’inverosimile per essere au- popolo, nelle parrocchie, nelle sedi di par- tosufficienti, dai pullman organizzati da titi e sindacati. C’era il bisogno urgente di scuole e comuni italiani e di altri paesi. aiutare la città e dare speranza gli allu- Molti avevano i capelli lunghi e le barbe vionati, portare in salvo volumi intrisi di contestatrici della beat generation, porta- melma e opere d’arte. Iniziarono così a la- vano badili, stivali, scorte di medicinali, vi- vorare in un mare di acqua mista a nafta, veri, materiali di primo soccorso. Parlava- puzzolente di deiezioni, tra armadi, tavo- no i dialetti italiani, e l’inglese, il france- li e sedie ridotte in poltiglia, cibo marci- se, lo spagnolo, il tedesco, l’arabo. C’era to, carcasse di mucche e maiali, alberi sra- bisogno urgente di tutto e chi arrivava in dicati che la furia dell’Arno aveva tra- città correva a Palazzo Vecchio, cercava sportato e che facevano rischiare epidemie amici già al lavoro tra musei e abitazioni, e infezioni. Lavoravano per ore, anche se-

69 dici al giorno, al freddo, nell’acqua e nel elicotteri di Pratica di Mare con 65 piloti fango, alla luce delle candele, a rischio di che hanno compiuto 1599 missioni im- infezioni, con badili, secchi e scope, spo- possibili salvando 2465 persone riparate stando automobili, consegnando buste di sui tetti. latte e bottiglie di acqua, sollevando con Quando le prime foto degli «angeli del cura antichissimi documenti e passando- fango» fecero il giro del mondo, dalla se- li di mano in mano per salvarli dalla di- de dell’Onu di New York, il vicepresiden- struzione, svuotando cantine, apparta- te Gabriel d’Arboussier colse l’importan- menti, scantinati, officine, librerie, botte- za di quella solidarietà spontanea e lodò ghe, dando braccia per sollevare dai letti «(…) gli uomini di Firenze, d’Italia, d’Eu- gli anziani malati e trasferirli negli ospe- ropa, d’America, d’Asia, d’Africa che fron- dali, per spingere carcasse di automobili, teggiano la sciagura in uno slancio di so- per spalare il fango dalle strade per non lidarietà per salvare la città toscana, dove affondare nella melma sporca di nafta. riposano tanti geni che hanno illuminato la vita dell’umanità». Ted Kennedy, ricor- dandoli, scrisse: «Era come se sapessero La città li accoglieva come poteva che l’alluvione di Firenze stava mettendo a rischio la loro anima». Ma c’era, a Fi- La città li accoglieva come poteva. Anche renze, chi li guardava con una certa diffi- nella stazione di Santa Maria Novella do- denza. E Giovanni Grazzini, giornalista e ve, su un binario morto sei carrozze di se- scrittore fiorentino, sul «Corriere della Se- conda classe furono trasformate all’istan- ra», coniò il nome e così ammonì chi de- te in un hotel su rotaie, attrezzate come testava quella generazione beat: «Caton- alloggi e dormitori per accogliere l’onda- celli debitamente ipocriti, professionisti di ta giovanile. Non c’era strada alluviona- cipiglio, ruderi di cartapecora (…). D’ora ta, piazza, museo, chiesa, biblioteca dal- in avanti, che nessuno si permetta più di le quali non uscissero infangati stanchi ma insultarli: sono stati degli angeli, gli angeli sorridenti le squadre dei giovani volonta- del fango». ri dopo aver ripulito. In centinaia fecero il Non spalarono solo il fango e non salva- miracolo alla Biblioteca Nazionale, for- rono solo milioni di testi e opere d’arte. mando lunghe catene umane e portando Furono i protagonisti di una straordina- in salvo libri, spesso soltanto fogli, pre- ria e generosa mobilitazione che anticipò ziosissimi materiali storici. il movimento del 68 e la nascita delle Gli «angeli» contribuirono a ripulire la grandi associazioni del volontariato ita- città per settimane. Affiancavano i coeta- liano e poi del sistema di Protezione Ci- nei fiorentini, gli studenti universitari, il vile. Saranno loro i primi a chiedere po- personale degli ospedali. E i coetanei di litiche di difesa del suolo e di riduzione leva, soldati di un Esercito che solo dopo dei rischi idrogeologici e una corretta ge- giorni trasferì uomini e mezzi per com- stione del territorio. Restano i testimonial battere la guerra contro l’alluvione e schie- di una indimenticabile pagina di storia e rare nel fango almeno 60 mila soldati di passione civile. Non esisteva ancora l’I- leva, «angeli in divisa», distribuiti tra Fi- talia del volontariato organizzato, e Fi- renze e le altre zone alluvionate con cir- renze e la Toscana sono stati il primo te- ca 3 mila mezzi, 508 natanti, 5 velivoli e st che vide al lavoro un esercito senza 53 elicotteri. L’Aeronautica impegnò il divise né medaglie, pronto per altre im- 15esimo stormo di Ciampino e il 31esimo prese in altre emergenze.

70 La grande alluvione

L’Arno ha sempre avuto un brutto ve, solo quarantotto anni dopo quel terri- carattere bile 1966, nel luglio del 2014, le difese da alluvioni con tipologia 1966 vedono E l’Arno? L’Arno ha sempre avuto un brut- aperti, accanto alla diga di Bilancino e al- to carattere. Ha sempre alternato ecce- lo scolmatore di piena di Pontedera e al- zionali magre e improvvise piene dagli le prime casse di espansione nel pisano esiti catastrofici. Dalla prima grande allu- che avevano ridotto nemmeno di un ter- vione conosciuta del 1177 fino all’ultima zo il rischio, i cantieri immaginati mezzo del 1966, se ne contano 180 che hanno secolo fa. Oggi si lavora, con il coordina- duramente colpito la città. Di queste, 56 mento della Struttura di Missione contro sono state veri e propri diluvi che hanno il dissesto idrogeologico di Palazzo Chigi, allagato sempre l’area urbana, 8 volte in guidata da Mauro Grassi, e con l’impegno maniera distruttiva. Basta leggere cosa c’è massimo di Regione, Comuni e Autorità di scritto sui muri di Firenze, le differenze Bacino, con i ritmi giusti dell’emergenza cromatiche come linee di confine tra un per creare un robusto sistema di difesa per alluvione e l’altra: segni, colorazioni, trac- Firenze e i suoi ampi dintorni, fatto di ope- ce, targhe e lapidi di marmo o ceramica re strutturali che saranno concluse nel a perenne memoria delle altezze delle 2018, per poter contenere a monte dei inondazioni. Un vero catalogo delle allu- centri abitati qualcosa come 40 milioni di vioni che indica anni, mesi, giorni in cui metri cubi di acqua di piena in quattro Firenze finiva sott’acqua. E i disastri più re- grandi casse di espansione e dentro la di- centi sovrastano quelli più antichi. E quel- ga di Levane con le spallette rialzate. lo del 4 novembre 1966 fu il peggiore di Nel 1996, quando con l’allora sindaco tutti. Oggi abbiamo un avanzato e sofisti- Mario Primicerio, da presidente di «Le- cato sistema di allarme e di preannuncio gambiente Toscana», lanciai l’idea del pri- di piene, il fiume è finalmente il primo mo raduno internazionale degli «angeli grande fiume italiano ripulito dagli scari- del fango» a trent’anni dalla tragedia, riu- chi fognari e industriali, ma l’Arno come scimmo a riempire il Salone dei Cinque- troppi corsi d’acqua, fa ancora paura. Però, cento. Venti anni fa, nel 2006 i volontari i lavori per aumentarne la sicurezza sono ritornati a Firenze furono quasi 2000. Nel finalmente cantieri e progetti in corso. Do- prossimo 4 novembre, li avremo ancora po una lunghissima storia di finanziamenti con noi. Giungeranno da tutto il mondo, immaginari, promesse mai mantenute, rin- ancora una volta, le ragazze e i ragazzi del vii e ritardi, accordi di programma, con- 66, e racconteranno ancora come e per- ferenze di servizio, firme solenni su pro- ché si misero in viaggio nelle prime ore tocolli, attese di nulla osta, pareri e firme, del dopo alluvione dalle città vicine, da fallimenti di stazioni appaltanti comuna- ogni regione d’Italia e da molti paesi del li, ricorsi al TAR per espropri e sospensi- mondo.

71 NON SIAMO ANGELI di Franco Quercioli

Una narrazione che si apre con le pagine di un diario e continua con la cronaca di una mostra realizzata 40 anni dopo dall’«Archivio del Movimento di Quartiere» – raccontata qui con le sole didascalie, comunque eloquentissime malgrado l’assenza delle foto – e con la ricostruzione della natura del movimento che si sviluppò per reagire alle conseguenze disastrose dell’alluvione di Firenze. Un movimento che coinvolse tantissimi giovani, e non solo gli «angeli del fango» universalmente conosciuti, riuniti intorno alle parrocchie e alle case del popolo, unici centri di aggregazione funzionanti nella latitanza delle istituzioni. È la storia di una Firenze «altra», che spesso non riesce ad essere ben percepita dai fiorentini medesimi, ma che merita di essere ricordata e valorizzata.

L’alba livida della tregua L’Isolotto era praticamente salvo. Il fiume aveva ripreso il suo vecchio cor- L’alba del 5 novembre fu l’alba livida del- so, il Bisarno, e aveva invaso solo le case, la tregua tra l’Arno e i fiorentini. lato via Torcicoda e via Palazzo dei Dia- Alle due del mattino, a buio pieno, l’ac- voli. qua si era fermata e poi era cominciata a In via Torcicoda correva un torrente gial- scendere. Illuminata dalla fioca luce del- lo e limaccioso che si portava via la roba la candela, la vedemmo retrocedere dal- più varia, niente in confronto a quello che l’ultimo scalino, prima che invadesse il si vedeva dalla passerella dell’Isolotto, pri- pianerottolo a terreno di via degli Agrifo- ma che si tornasse in casa. gli 23. L’Argingrosso l’aveva protetto e l’Arno era

72 La grande alluvione dilagato verso le Cascine. – Che fate? – chiesi, alludendo al soccor- Isolotto era e Isolotto era tornato ad essere. so da organizzare. E noi, fortunati a starci sopra, questa vol- – Pulisco – rispose, e mi guardò strano. ta guardavamo la città con gli occhi di Lui aveva in mente la sua Resistenza di quelli che, ripulite le cantine dalla melma ventidue anni prima, io pensavo alla mia oleosa, ora dovevano dare una mano. che stava cominciando quella mattina. In parrocchia quella mattina c’erano già A San Frediano e in Santo Spirito già ope- gli scout a organizzare il primo centro di ravano le prime squadre di soccorso. soccorso. Una grande mappa della città, Don Cuba in via Santa Monaca, Don Pa- appesa alla parete, e le prime squadre di nerai nei locali della parrocchia e quelli giovani che salivano sui camion con le della Casa del popolo «Ferrucci». damigiane, pronti a partire per le sorgen- «Chiuso per fanghi» aveva scritto un arti- ti di Roveta, sulle colline di Scandicci. giano su un cartone appeso alla porta del- Nelle case l’acqua tornò due giorni dopo. la bottega, in via Sant’Agostino. Tutto era mota, coperta da un velo di naf- Di là dal ponte Santa Trinita, il lungarno ta. Anche la lambretta era da buttare, co- era sventrato, la piena si era mangiata la me tutte le auto, i motorini, le vespe che spalletta e l’argine; il Ponte Vecchio mo- i vicini non avevano fatto a tempo a spo- strava le sue ferite. In Borgo San Iacopo il stare. selciato era divelto, scesi dalla bici e mi Il cimitero delle macchine era alle Casci- «smotai» fin sopra alla caviglia. ne, di fronte alla passerella. Passai San Niccolò. A Gavinana «sfangavano» i locali del Cir- colo «Vie Nuove» e cominciavano a di- Per fortuna, si era salvata la bicicletta stribuire il pane e il latte e così nella ca- nonica di San Piero in Palco. La bicicletta l’avevo portata dentro casa, Ripassai l’Arno sul ponte Ferrucci e dal quando l’acqua era cominciata a salire. lungarno della Zecca giunsi fin dentro San- Ora la bicicletta era l’unico mezzo in gra- ta Croce, dove l’acqua era entrata fino ai do di attraversare Firenze. primi piani. In piazza dei Ciompi aveva- Gonfiai le gomme e la portai in spalla fino no già cominciato ad aprire la Casa del po- sulla strada, poi iniziai a pedalare lenta- polo alla gente che aveva bisogno. mente per non schizzarmi troppo di mota. Lasciai via Torcicoda, gli usci e le finestre aperte, la roba da buttare via dalle case e Si poteva contare solo sui preti e sui dalle botteghe già sui marciapiedi, la gen- comunisti te con gli stivali melmosi avanti e indietro alla ricerca delle pompe idrovore. Si dice che in quei giorni a Firenze si po- In piazza dei Tigli guardai in su, verso la teva contare solo sui preti e sui comunisti. Montagnola. La nuova scuola dell’Isolot- Le chiese dell’Isolotto, di Gavinana, della to l’alluvione l’aveva vista solo dall’alto. Nave, le case del popolo « Vie Nuove», Girai a destra per via Bronzino e mi fer- «Buonarroti», il «Circolo Lavoratori» di mai alla «25 Aprile». Nel bar della Casa Porta a Prato, si riempirono di casse che i del popolo trovai il Pirricchi che spazza- camion dei Comuni «rossi» dell’Emilia e va il fango. A quell’ora c’era solo lui. Era dell’Umbria scaricavano direttamente, do- stato il capo dei partigiani di Monticelli e ve c’era un parroco o un segretario di se- di Legnaia. zione, di cui ci si poteva fidare.

73 Nei giorni che seguirono il Centro di Soc- papa fu scritta a più mani nei locali della corso dell’Isolotto si trasferì alle baracche parrocchia dell’Isolotto. verdi, dove erano state le scuole. Lo striscione di stoffa bianca con la scritta Lì si trovava anche il medico, un giovane rossa «I Comitati di Quartiere vogliono par- ufficiale della Scuola di Sanità, che salvò lare con il Papa» fu disegnato sul pavimento il pisello di mio figlio Giovanni rimasto in- di quelle stanze insieme a Piero, un com- castrato nella cerniera dei calzoncini. Una pagno del PSIUP che sapeva disegnare be- mossa rapida sullo zip e il pisello fu salvo. ne ma che, fino a quel giorno, a parlare con In quei giorni chi comandasse davvero il papa non ci aveva mai pensato. non si capiva bene. Questo la dice lunga su quali fossero i no- Due soldati di un reparto di Livorno furo- stri contatti con la diplomazia vaticana. Il no ospiti nei locali della parrocchia e mi- fatto è che il Cardinale Florit intorno a noi sero a disposizione il loro camion per gior- aveva fatto terra bruciata e il professor La ni. Fecero di tutto per rinviare il rientro in Pira era stato ormai neutralizzato. caserma. Ci restava solo la possibilità di una azione I mangiarini dell’Emma nei locali della ca- a sorpresa, sotto la luce delle telecamere. nonica e i sorrisi delle ragazze del Comi- Quella notte si portò lo striscione in piaz- tato, gli sarebbero mancati. za Santa Croce, dove il papa diceva la In via dell’Argingrosso gli alluvionati face- Messa. vano la fila per occupare le case popolari, Passando da via dei Macci, cercammo di non ancora assegnate. Venivano con i fur- avvicinarci alle transenne. L’idea era quel- goni, le auto, a volte con i carretti con so- la di scavalcarle con mossa rapida, per pra i pochi mobili che avevano salvato dal consentire allo Scarpelli, con uno scatto fango. E noi del Comitato di Quartiere ad dei suoi, di consegnare la lettera a Paolo accoglierli all’ingresso degli stabili con il ta- Sesto, a Messa finita. volino e i timbri del Comune, per dare il sen- Eriberto badava ai due agenti in borghese so della legalità dove legalità non c’era. che ci seguivano senza parere, ma non fu- A sera cercavamo anche le ville in colli- rono loro che fecero fallire il nostro piano. na, quelle non abitate. Una notte, verso Ce lo impedirono le donne del quartiere. Marignolle, scavalcammo un muro con la Non sopportavano lo striscione che ave- scala, mentre i cani dei vicini ci abbaia- vamo alzato proprio davanti a loro. Quel- vano, ma gli alluvionati che don Borghi ci lo striscione impediva la vista del papa. aveva mandato da Brozzi, ci passarono A forza di spintoni e improperi fummo ri- solo una notte. cacciati indietro. A Sorgane l’occupazione delle case po- Cercammo di tenere in vista lo striscione polari ebbe dimensioni notevoli. più che si poteva, mentre le braccia ci do- Sapevamo tutto da Mario. Abitava da quel- levano e il freddo della notte «ci diaccia- le parti e insegnava alla scuola della Mon- va le mele», come diceva sempre Mauro, tagnola. quando lo raccontava. Alla fine si decise per il piano B. Si ripiegò lo striscione, che poi abbando- Paolo VI a Firenze nammo per le strade del centro durante la corsa che si fece per trovare un punto buo- Paolo VI venne a Firenze la notte di Na- no, lungo il percorso del papa, in uscita tale. da Firenze, in San Frediano. La lettera dei comitati da consegnare al E fu all’angolo con piazza dei Nerli, che

74 La grande alluvione lo Scarpelli tentò il tutto per tutto. scita della democrazia. Firenze è una città Il papa, in piedi sulla grande macchina di arte, ma una delle nostre arti maggiori scoperta, si avvicinava salutando e bene- è la democrazia, dove si mescolano dice- dicendo la folla. va Vasco Pratolini “fiele e miele”. E i quar- Lo Scarpelli, che era un tipo alto, agile e tieri sono ancora i luoghi delle relazioni, assai veloce, che lavorava alla «Nuova Pi- le periferie i suoi laboratori e i suoi can- gnone», prese la rincorsa, scavalcò le tran- tieri, sempre aperti, nel bene e nel male. senne e lanciò la lettera, sperando di fare È una storia che viene da lontano. Fino da- centro. gli inizi del 900 Firenze sviluppa le prime Ma la lettera finì per terra, travolta dalle forme di autorganizzazione popolare. ruote pontificie. Questa esperienza che caratterizza le or- La pubblicò il giorno dopo solo «l’Unità», ganizzazioni popolari socialiste e cattoli- in versione integrale. che sopravvive al fascismo e riprende vi- gore durante la Resistenza e nel Dopo- guerra. Nel 44 il Comitato di Liberazione La mostra del 2006 pone le basi della democrazia e dell'au- togoverno. Nel 1966 i Comitati di Quar- Sono passati quarant’anni. Sulle pagine tiere, sanno esprimere nuove forme di pro- della cronaca fiorentina de «l’Unità» si rie- tagonismo di base che il vento del 68 ali- vocano quei giorni passati alla storia. L’Ar- menterà e farà crescere fino ad approda- chivio del Movimento di Quartiere 1 pre- re nel novembre del 1976 alla istituzione senta la Mostra, promossa da Cristina Be- dei Consigli di Quartiere». vilacqua, assessore alla Partecipazione del Qui di seguito, le didascalie della Mostra. Comune di Firenze, dal titolo Le radici del- la partecipazione. 1966- 1976. Dai Comi- tati ai Consigli di Quartiere. 4 novembre 1966. «La Mostra che oggi si apre alla Sala Ve- Lo Stato va sott’acqua trata delle Murate rappresenta un evento importante perché presenta una pagina «Le autorità sapevano, sapevano da tem- inedita della storia di Firenze nella se- po. Una colonna dei Vigili del Fuoco era conda metà del 900, scritta a più mani da partita da Roma alle 23 del giorno 3 no- coloro che l'hanno vissuta, da un punto vembre. Lo dice il ministro Taviani nella di vista peculiare: quello dei quartieri. L'e- sua relazione alla Camera dei deputati. mozione più forte è che questa mostra Ma i soldati già pronti per la parata mili- inaugura la Sala Vetrata delle Murate. L'a- tare si trovano o nelle caserme allagate, co- vere trasformato questo luogo di pena e di me a Rovezzano, dove gli anfibi si sono sofferenza in un ambiente bellissimo do- capovolti, oppure sono già ai loro posti, ve abitano famiglie non abbienti e si crea- alti sui carri armati, sugli attenti di fronte no nuovi spazi alla cultura è segno che all’obelisco di piazza dell’Unità, mentre qualcosa di nuovo sta avvenendo in que- l’acqua sale». sta città, così ricca di risorse e di conflit- tualità. Perciò pensiamo che un luogo mi- gliore non poteva essere scelto per una I Comuni mostra che vuole parlare delle radici del- la partecipazione, di quel decennio che va «I Comuni di Fiesole, Bagno a Ripoli, Se- dal 66 al 76, passaggio decisivo per la cre- sto Fiorentino, Calenzano e Scandicci, che

75 il Prefetto rifiuta di ricevere, prendono di- che non ci impedivano di fare politica per rettamente contatto con i comitati che han- passione, di sentire, anche chi era fuori se- no sede nelle parrocchie, nei circoli e nel- de come me, un coinvolgimento profon- la case del popolo e portano i primi soc- do nelle vicende della città. Chi aveva vi- corsi. Lo stesso faranno i Comuni e le Pro- sto la televisione parlava dell’emozione del vincie di Reggio Emilia, Modena, Bolo- mondo intero per il Cristo di Cimabue nel- gna, Perugia che inviano aiuti consisten- la Chiesa di S. Croce, ma, nello stesso quar- ti: camion di viveri, medicinali e pompe, tiere, l’ospizio dei vecchietti a Montedo- ruspe, ribaltabili, squadre di operai e tec- mini era invaso dal fango, che ancora nes- nici». suno aveva cominciato a spalare. Mentre nelle scale della Biblioteca Nazionale file di giovani si intralciavano quasi, nel pas- Don Luigi Rosadoni sare di mano in mano libri intrisi di acqua maleodorante, la stessa acqua invadeva i «Se gli abitanti della Nave mangiarono magazzini delle farmacie, dove non an- qualcosa, ciò dipese dal fatto che essi no- dava nessuno. Fu facile in fondo decidere minarono un Comitato d’emergenza, il cosa fare. L’organismo rappresentativo era quale, tra le altre iniziative, mandò i suoi collegato alle altre università. Ad alcuni membri ad acquistare dalla campagna il dei gruppi di studenti che arrivavano a Fi- necessario, e ricevette concreto aiuto dal renze veniva logico collegarsi con noi, pri- vicino Comune di Bagno a Ripoli. Pane e ma di andare a caso, là dove capitava. E panettoni, uova e scatolette ci giunsero noi ci ponemmo come snodo di informa- contemporaneamente ma indipendente- zioni, punto d’incontro fra una domanda mente, da quel signore inviato dalla Pre- diffusa di soccorso e un’offerta generosa fettura. Chi portò questa roba, tuttavia, si che arrivava. Nei quartieri, anche fuori del rifiutò di consegnarla al Comitato, che l’a- centro storico, in quella città che molti di vrebbe assegnata con razionalità, ma vol- noi conoscevano poco, c’erano le perso- le fare una plateale distribuzione nella ne, non le opere d’arte. C’erano gli operai pubblica piazza. Il risultato fu che i non con i quali cercavamo un rapporto politi- alluvionati poterono riempire le loro di- co, a volte in maniera velleitaria, c’erano spense, mentre agli alluvionati, che si sta- alleanze inedite fra un mondo giovanile vano spalando il fango in casa, non toccò cattolico segnato dal Concilio e un mon- nulla» (Don Luigi Rosadoni, parroco del- do giovanile comunista e socialista. Speri- la Nave di Rovezzano). mentavamo che, di fronte a un problema, come avrebbero scritto l’anno dopo don Milani e i ragazzi della Scuola di Barbia- Studenti con la pala na, politica è “sortirne insieme”» (Anna Picciolini, dirigente dell’ORUF – Organi- «Mi pare che fosse il 6 di novembre. Ci in- smo Rappresentativo degli Universitari Fio- contrammo senza appuntamento, per un rentini). moto di aggregazione spontaneo, nei lo- cali di via San Gallo dove c’erano la men- sa e l’organismo rappresentativo degli stu- Il censimento dei danni denti universitari fiorentini. Era il luogo del- la politica universitaria, in forme destina- «Io e Moreno ci si conobbe lì, nella squa- te ad essere spazzate via di lì a poco, ma dra coordinata da Raffaele Faillace, che

76 La grande alluvione

poi fu spedito nel quartiere di San Fredia- fettura, presente il ministro della pubblica no, prima a spalare la mota e poi a fare il istruzione, per illustrare, appunto, lo stato censimento dei danni. Questa fu un’espe- delle scuole nel quartiere di Santa Croce. rienza per me molto significativa, perché Alla riunione era presente il provveditore mi mise in contatto con la gente, mi fece che non seppe offrire un quadro della si- andare dentro le case» (Stefano Salvetti). tuazione scolastica cittadina. La distanza dai problemi si evidenziava anche fisica- mente: mentre i sovrintendenti alle Belle Ar- Il Presidente Saragat in Santa Croce ti viaggiavano per Firenze, spesso a piedi e con gli stivali infangati, il provveditore, «Durante il suo giro per il quartiere il pre- con le scarpe lucide, a fine riunione risalì sidente viene crudamente ingiuriato “Ab- sull’auto guidata dall’autista» (Salvatore Tas- biamo bisogno di acqua e di pane, non di sinari, Comitato Santa Croce). ministri e presidenti!”. “Prendi la pala Sa- ragat, sporcati anche te!”. “Ti si conosce, Saragat, ti si conosce!”» (Anonimo fio- Più case ai fiorentini rentino). «Un corteo spontaneo di lotta per la casa passò sotto la Prefettura gridando slogan Le scarpe del Provveditore prevalentemente contro il sindaco Bar- gellini. “Meno medaglie a Bargellini, più «Il senatore Tristano Codignola mi aveva case ai fiorentini” “Bargellini il sindaco invitato a partecipare ad un incontro in Pre- coraggioso non ha il coraggio di requisi-

77 re le case” (…). Intanto la questura ci ave- orientati a sinistra, la piccola e media bor- va schedato tutti» (Eriberto Melloni, Co- ghesia delle parrocchie» (Sandra Teroni, mitato Vecchio Mercato). Comitato di Quartiere di Santa Croce).

Firenze si poteva difendere Nei quartieri

«Il Comitato di Porta alla Croce elabora un «Il protagonismo di base nei quartieri, già documento preciso e circostanziato sulle manifestatosi a sostegno delle lotte ope- responsabilità delle autorità. Enrico Bou- raie degli anni 50, viene fuori con anco- gleax così conclude la sua analisi: ”Da ra maggior forza. Lo Stato, nelle sue di- questi dati, sia pure approssimati, risulta verse espressioni, va sott’acqua, insieme che Firenze poteva dunque essere effica- al Cristo di Cimabue, ai libri della Bi- cemente difesa, se non addirittura salva- blioteca Nazionale, ai documenti del- ta, se il criterio di impiego delle dighe fos- l’Archivio, alle case, ai negozi, ai labora- se stato quello della regimazione del fiu- tori artigiani dei rioni popolari (Santa Cro- me e non quello idroelettrico, che do- ce, San Frediano, San Niccolò, Gavinana). vrebbe essere invece subordinato”». Mentre accorrono giovani da tutto il mon- do (i cosiddetti “angeli del fango”) per sal- vare il patrimonio di cultura e di arte che Una ragazza dei Ciompi rischia di andare perduto per sempre, è nelle case del popolo e nelle parrocchie «Occorreva un’organizzazione più effica- delle zone alluvionate, che i cittadini si ce, bisognava unire le forze, per far fron- organizzano, dando vita ai Centri di Soc- te all’emergenza e per pensare al dopo- corso che poi diventano Comitati di Quar- alluvione. Maturò così l’idea di costituire tiere. Si può così provvedere ai generi di un “Comitato rionale”, in cui confluirono prima necessità ed alla formazione di la Casa del popolo, le parrocchie di San squadre di volontari che aiutano le per- Giuseppe e Sant’Ambrogio, l’organismo sone a liberare dal fango appartamenti e rappresentativo degli studenti (ORUF), la botteghe. Con la nascita dei comitati si co- Provincia e il Comune di Perugia che nel mincia a censire i danni, ad occupare le frattempo aveva mandato anch’esso uo- case sfitte per dare un tetto a chi è rima- mini e mezzi. La sede era naturalmente la sto senza alloggio, ad avanzare richieste Casa del popolo, che sempre più rappre- precise nei confronti dei diversi livelli isti- sentava il punto di riferimento per il quar- tuzionali». tiere. Il lavoro con i cattolici delle par- rocchie fu un’esperienza inattesa e assai significativa: eravamo tutti tenacemente L’occupazione delle case laici, i più anziani ancora con le armi del- la Resistenza sepolte in luoghi misteriosi, «A Sorgane ci ero tornato io e pochi altri, noi giovani intellettuali più aperti al dia- il resto delle case era disabitato, ancora da logo ma sempre pensando ad alcuni per- rifinire, mancavano le finestre. L’occupa- sonaggi mitizzati o a ben identificate avan- zione iniziò i giorni immediatamente suc- guardie intellettuali. E invece l’unità d’a- cessivi, si trattava di cinque-seicento fa- zione si realizzava proprio lì, con questi miglie alluvionate che occuparono case cattolici sconosciuti, politicamente non già assegnate dalla Gescal.

78 La grande alluvione

Il clima era certamente di illegalità ma in- Delegazione dal presidente del Senato sieme di emergenza. La prima fase fu quel- la di assicurare a questa gente i servizi es- «10 aprile 1967. Le proposte dei Comita- senziali, dal riscaldamento, alla corrente ti di Quartiere per la rinascita della città. elettrica, ai lavori di completamento. Fu oc- I Comitati di Quartiere elaborano un do- cupato un fondo, già assegnato ad una cumento che inviano a tutte le autorità: scuola guida, per allocare una cooperati- presidenti del Senato e della Camera, pre- va; si prese possesso di una villa che servì sidente e vicepresidente del Consiglio dei per la collettività, dalla mensa calda nei Ministri, Gruppi Parlamentari, Parlamentari primi giorni, alle attività con i ragazzi, al- fiorentini, sindaco e vicesindaci del Co- l’ambulatorio, alla sala riunioni, alla cele- mune di Firenze, Gruppi consiliari del Co- brazione della Messa. C’era anche un ca- mune di Firenze. ne, che fu la mascotte del quartiere e sta- Una delegazione si reca a Roma e si in- va nella villa. Fu questa la sede del Comi- contra con la seconda autorità dello Sta- tato di Quartiere che si costituì subito per to: il presidente del Senato Merzagora. favorire l’autorganizzazione, che si sviluppò Nella primavera del 67 il Coordinamento nel periodo successivo in forma continua- dei Comitati di Quartiere si esaurisce. Ba- tiva, fino a giungere a vere e proprie ele- sta aspettare un anno e arriva il 68». zioni per scegliere i propri rappresentanti» (Mario Vezzani, Comitato di Sorgane). Non siamo angeli

I 12 Comitati «Si sono ricordati spesso, ma in modo del tutto retorico, “gli angeli del fango” degli «Dare risposte concrete a emergenze col- Uffizi, poco si è detto invece dei non me- lettive. A questo sono serviti i 12 Comita- no numerosi giovani e ragazzi, anch’essi ti di Quartiere 2. maschi e femmine, che in quei giorni si Il Coordinamento era in San Frediano, in presentarono ai comitati, alle case del po- via Santa Monaca, nella casa di Fioretta polo, alle parrocchie, offrendo la loro di- Mazzei. La Mazzei, e Pino Arpioni, lapi- sponibilità, il loro tempo e il loro lavoro riani DC, insieme a Luciano Ariani, con- volontario, attratti dal bisogno di fare, da sigliere comunale del PCI, garantivano il un impegno diverso da tutti quelli che ave- collegamento tra il movimento e i partiti vano conosciuti. Anch’essi passarono poi più importanti della città. Rappresentava- per il 68, gli anni di piombo, le delusio- no, insieme a San Iacopino, l’ala mode- ni e le amarezze come ognuno di noi, ma rata. I comitati di Santa Croce, Isolotto e mi piace credere che le loro prime espe- Sorgane, quella più radicale. Essi punta- rienze abbiano contribuito a farne perso- vano a una grande manifestazione popo- ne più forti e più positive. Non a caso lare, che non si fece mai. L’obbiettivo era molti di loro sono ancora impegnati nei un nuovo piano casa. Ma anche Gian- circoli, nelle associazioni, negli enti locali. franco Bartolini, allora segretario della Ca- Ma capimmo allora, e vale ricordarlo og- mera del Lavoro, disse di no. Le uniche ini- gi, quanto non fosse vera la storia del di- ziative unitarie furono la delegazione dei sinteresse e dell’egoismo dei giovani e comitati dal presidente del Senato e la let- quanto invece da collegare alle difficoltà tera al papa Paolo VI, che venne a Firen- di rapporto fra generazioni la causa del di- ze la notte di Natale». stacco dei giovani dal sociale e dalla po-

79 litica, da sempre lamentato. Oggi, come vione non si continui a parlare solo degli ieri, dobbiamo chiederci quanto siamo angeli. capaci noi di essere giovani, di rinnovar- «Questa è la storia di noi, / che allora di- si, di cambiare i nostri schemi, i nostri cemmo grazie agli “angeli del fango” / modi di operare. Quanto sarebbe giusto scesi a Firenze a darci una mano. / Noi non compiere un ulteriore sforzo e non atten- eravamo angeli, ma gente comune. / An- dere un’altra alluvione» (Sergio Milani, goscia e rabbia si rimboccarono le mani- Circolo «Vie Nuove»). che / e ci dettero la forza, che ci serviva. / L’autogoverno non cala dal cielo, / ma nasce dal basso, quando lo Stato non c’è. «Questa è la storia di noi» / In quel lontano agosto senza pioggia, / saltarono i ponti sull’Arno e i fiorentini / La parte della mostra relativa all’alluvio- presero in mano il loro destino. / Fu allo- ne si conclude così. Sergio ci ha lasciato ra che il cavallo mise le ali / e il Pegaso diversi anni fa, ma quello che lui scrive ne- volò nel cielo della libertà, pagata, / co- gli anni 80, noi lo pensiamo ancora. Spe- me sempre, a caro prezzo». (30 novem- riamo che per il cinquantenario dell’allu- bre 2015, Festa della Toscana)

1 L’Associazione «Archivio del Movimento di Quar- 2 Comitato di San Frediano (Centro di via S.Monaca tiere di Firenze» nasce nel 2005 per iniziativa di al- e Casa del popolo di via del Leone), Comitato di Ga- cuni dei protagonisti di quel movimento unitario di vinana (Circolo «Vie Nuove» e Parrocchia di San Pie- base che dal 1966 si era andato formando sulle istan- ro in Palco), Comitato di Sorgane (Centro Civico di ze di una più diretta partecipazione alla vita socia- Sorgane), Comitato di Ponte a Greve (Gruppo de La le e politica cittadina, e che nel 1976 portò alla na- Casella e Casa del popolo di Ponte a Greve), Comi- scita dei consigli di quartiere, per la prima volta co- tato Isolotto-Monticelli (Baracche verdi di via degli stituiti in forma elettiva. Il materiale documentario del- Aceri e Casa del popolo «XXV Aprile»), Comitato di l’Associazione è a disposizione presso la «Bibliote- Peretola (Comunità parrocchiale), Comitato della Na- Canova Isolotto» dove è aperto uno sportello infor- ve di Rovezzano (Parrocchia della Nave e Casa del mativo. Per le informazioni riguardanti le modalità popolo), Comitati di Porta a Prato (Circolo Lavorato- di consultazione e le attività dell’associazione, si può ri Porta a Prato), Comitato di Porta alla Croce, Co- consultare il sito www.movimentodiquartiere.fi. mitato di S.Croce (Casa del popolo «Buonarroti»), Archivio del Movimento di Quartiere di Firenze. Con- Comitato «Vecchio Mercato» (Circolo «Vecchio Mer- sultazione: «BiblioteCanova Isolotto», via Chiusi 4/3A cato» e rivista «Testimonianze»), Comitato di Broz- Tel. 055.710834 – Sede Legale: Circolo Arci, via zi (Casa del Popolo e Circolo ACLI). Maccari,104 – Tel.055.780070.

80 IL SESSANTASEI E LA CASSETTA «CIVICA» DEGLI ATTREZZI di Mauro Sbordoni

I giorni precedenti l’alluvione e quelli del disastro ripercorsi a partire dalle parole del diario del sindaco Bargellini che, pur dimissionario, si trovò a gestire l’emergenza. Vennero poi i giorni della faticosa ricostruzione e le vicende politiche di una città che seppe reagire inventandosi forme di aggregazione e di risposta inedite, che prefigurarono istituzioni e legislazione di là da venire, nella consapevolezza della forza del dialogo, della necessità di efficaci forme di difesa e prevenzione del territorio e di un progetto nuovo di cittadinanza.

81 Una notte di insoliti silenzi e pesanti Vennero tutti svegliati in piena notte da rumori un rincorrersi di segnalazioni provenienti dal personale di turno in punti critici del- Nel 1966, a Firenze, l’Arno aveva ormai la città: graduati dei Vigili del Fuoco in- terminato il suo lungo itinerario di tra- tervenuti per qualche allagamento; gior- sformazione da arteria d’acqua vissuta a nalisti della Rai e della «Nazione» che fiume da cartolina. Le tradizionali attività avevamo deciso di rimanere in servizio e presenze del fiume – i renaioli, i palla- perché allertati dalle prime notizie di stra- nuotisti della «Rari Nantes» che giocava- ripamenti del fiume ai margini della città; no le loro partite in uno spazio rettango- guardiani notturni. lare delimitato da tavole galleggianti, i ba- Rapida consultazione e poi la decisione gni pubblici estivi, i traghetti a monte e a di prepararsi in qualche modo all’evento valle della città denominati «navi», i pe- e di non dare alla città un allarme che pro- scatori che nei periodi propizi alla pesca babilmente avrebbe provocato una cate- vendevano pesciolini e anguille, per non na di reazioni inconsulte e incontrollabi- parlare delle antiche lavandaie che in an- li e di ulteriori imprevedibili disastri. ni lontani sciacquavano davvero e non Avvenne così che alcuni cittadini il 4 no- metaforicamente i loro panni in Arno – vembre si svegliassero con l’acqua che erano solo ricordi più o meno remoti, con- stava entrando nelle proprie case ed al- segnati a garanzia di futura memoria agli tri invece iniziassero tranquillamente la archivi fotografici Alinari. Le antiche allu- propria giornata (magari domandandosi vioni – da quella del 1333 narrata nella come mai non ci fosse la luce), andasse- Cronica del Villani a quella del 1844 – ro a comprare il giornale dove si parlava erano eventi lontani, conosciuti solo da di straripamenti dell’Arno in alcune zo- chi aveva qualche dimestichezza con gli ne della città, consumassero il rituale studi letterari e storici, e non facevano as- pranzo festivo, salvo poi trovarsi an- solutamente parte di una memoria collet- ch’essi, nel corso del pomeriggio, fra gli tiva cittadina. In città «le piene dell’Arno» alluvionati. rappresentavano solo periodiche occasio- Poi una lunga notte percorsa da pesanti si- ni di incontro fra cittadini curiosi che guar- lenzi e insoliti rumori. Su tutto l’intermi- davano dalle spallette lo spettacolo della nabile suono dei clacson delle auto som- furia del fiume: torrenziale ma, tutto som- merse. mato, innocua. L’alluvione del 4 novem- bre giunse quindi del tutto inattesa. I cit- tadini di Firenze, la sera del 3 novembre, Bargellini come Mosè? andarono a dormire tranquilli. Anche il sindaco Piero Bargellini e le al- Raccontano che Piero Bargellini abbia più tre «autorità cittadine» (come allora si usa- volte affermato «Io e Mosè siamo stati tut- va dire con qualche deferenza) si accin- ti e due salvati dalle acque» a significare sero all’ordinario riposo notturno, magari che egli, di fatto decaduto dal suo ruolo con un pensiero alle solite incombenze di di sindaco, fu riportato in carica proprio rappresentanza che avrebbero dovuto as- dall’alluvione 1. solvere il giorno dopo: per l’appunto Fi- Il mandato di Bargellini senza questo «sal- renze era una delle città italiane prescel- vataggio dalle acque» sarebbe stato dav- te per lo svolgimento della tradizionale vero breve. Le elezioni amministrative a Fi- parata militare del 4 novembre. renze si erano tenute il 12 e il 13 giugno

82 La grande alluvione del 66. Le forze politiche del centro-sini- scorsino mio» come scrive nel suo diario) stra si erano presentate a queste elezioni chiedendo due volte «voti a tutti» 4. con programmi e liste che si ponevano in Al momento delle votazioni, ai voti favo- aperta discontinuità con la storia politica revoli della maggioranza di centro-sinistra fiorentina fortemente segnata, fin dal 1951, (allora questa denominazione veniva usa- dall’iniziativa amministrativa e politica del ta per indicare la coalizione DC-PSI- PSDI) sindaco Giorgio La Pira 2. Bargellini, ca- si aggiungono i voti del PLI e del MSI. polista designato dalla DC, fu eletto sin- Contrari i consiglieri del PCI e l’unico con- daco il 29 luglio dello stesso anno 66, do- sigliere dello PSIUP. po un mese e mezzo di trattative fra DC, Bargellini soddisfatto per questa larga mag- PSI e PSDI (Partito Socialdemocratico Ita- gioranza sta per chiudere la seduta (allo- liano). Al momento in cui l’accordo fra ra il sindaco svolgeva anche la funzione queste forze politiche è sostanzialmente di presidente del Consiglio comunale), ma raggiunto – il 25 luglio – Bargellini pren- a quel punto il socialista Lelio Lagorio an- de a stilare un suo diario personale, inti- nuncia le dimissioni dalla Giunta degli as- tolato Diario di Sindaco. Già il 27 luglio sessori socialisti. Sospensione della sedu- però, prima ancora della sua formale ele- ta e successive dimissioni a catena: prima zione, Bargellini – evidentemente consa- i socialdemocratici, poi il sindaco, infine pevole dei tratti di incertezza e precarietà gli assessori democristiani. di questo accordo – scrive: «A chi mi do- Bargellini, lo stesso giorno, scrive nel suo manda come andrà rispondo: sarò sinda- diario: «Per me è andata bene così. Esco co di Firenze, ma non so per quando né benissimo da quest’avventura, se mi riu- per quanto» 3. scirà ad uscirne, perché la città è ora più Passano appena due mesi. Il 30 settembre che mai e tutta soltanto con me» 5. Bargellini, al termine di una confusa seduta Il giorno successivo però concluderà le di Consiglio comunale, dedicata alla di- sue note scrivendo: «Non ho più voglia di scussione e alla votazione del bilancio, ras- continuare questo diario...», citando ama- segna le sue dimissioni da sindaco. ramente un epigramma dedicato alla mu- Leggendo il verbale del Consiglio comu- tevolezza e superficialità degli umori po- nale di quel giorno si ha la percezione di litici dei cittadini fiorentini 6. un confronto povero di prospettive e di Il Consiglio comunale di Firenze, per due contenuti politici, un intrecciarsi di ma- lunghi mesi, non viene più convocato. L’al- novre di piccolo cabotaggio, ripensamen- luvione colpisce quindi una città priva di ti, reciproche aperture e chiusure al dialo- una vera e propria amministrazione. go, lunghe pause di sospensione, mosse e contromosse come in una partita a scac- chi. I partiti di maggioranza (DC, PSI, PSDI) In seduta «convocata d’urgenza» prendono le distanze dal bilancio: ne mi- nimizzano il carattere programmatico e Il 6 novembre il Consiglio comunale si politico; lo presentano come un atto me- riunisce in seduta «(…) convocata d’ur- ramente amministrativo e burocratico ela- genza in occasione della alluvione ab- borato a suo tempo dal commissario pre- battutasi sulla città il 4 u.s». fettizio. Nonostante ciò il PLI dichiara la Chi ha memoria della situazione della città sua disponibilità all’approvazione del bi- ricorda che era ancora difficile raggiun- lancio, altrettanto fa il MSI. Il sindaco, in- gere Palazzo Vecchio. Occorreva munirsi fine, pronuncia un suo discorso («(...) il di- di idonei stivali e poi attraversare un cen-

83 tro storico sommerso dal fango, ingom- mente solidaristiche, logiche emergenzia- brato da detriti e carcasse di auto. li e paramilitari, cessioni di democrazia, Si intuisce dal verbale che il Consiglio ha deleghe a soggetti carismatici, ma con pro- caratteri di assoluta informalità. Rapida in- grammi di riassetto idrogeologico, misure troduzione del sindaco dove, ad indicare di prevenzione, strategie di lungo respiro, la diffusione del disastro, si parla della assunzione diffusa di responsabilità, espan- città come un insieme di «quartieri som- sione della democrazia e della partecipa- mersi e quartieri emersi». Si susseguono zione. Si avviò quindi il superamento con- pochi interventi a braccio. Il PCI, prima cettuale della logica dell’emergenza, del- che la seduta venga sciolta, propone di le «catene della fraternità». Gli effetti non costituire «come organismo con pieni po- furono solo locali. L’alluvione non aveva teri» un comitato dei capi-gruppo consi- colpito solo Firenze, ma anche gran parte liari. La proposta viene accolta. della Toscana (oltre alle zone d’Italia – co- Quello che avvenne a Firenze in quei gior- me il Polesine e l’area vasta della laguna ve- ni è una storia ormai largamente nota. In neta – storicamente più soggette a questi fe- molti casi prigioniera degli stereotipi del nomeni). Si creò allora, soprattutto per im- buonismo (gli «angeli del fango») e dello pulso della Provincia di Firenze e con la «spontaneismo populistico» («parrocchie collaborazione di altre province della To- e case del popolo», «la croce e la falce e scana, un laboratorio – prima toscano e poi il martello»). All’inizio i «comitati sponta- nazionale – di idee che contribuì alla defi- nei» sorti dopo l’alluvione furono solo un nizione nel Paese di un progetto di preven- fatto solidaristico e largamente trasversale: zione e «protezione civile», dette impulso al di fuori di ogni appartenenza politica. Poi ad una nuova legislazione sulle acque e sui venne una seconda fase fatta di dialogo, suoli, impresse nuovo slancio alle autono- scambio e collaborazione fra le sedi tradi- mie locali e alla istituzione delle Regioni 8. zionali della rappresentanza e dell’asso- ciazionismo di sinistra e cattolico, che si qualificò sempre più come momento in- In un palazzo appartenente a Fioretta tenzionalmente politico. Ciò in particola- Mazzei re avvenne in quelle zone della città dove vi era già un retroterra predisposto al dia- I comitati, superata la prima fase dei soc- logo e alla collaborazione fra culture e ap- corsi immediati, si organizzarono, nelle partenenze diverse. Si aprì poi, nella città, varie zone della città colpite dall’alluvio- un dibattito fra intellettuali, amministrato- ne, come «comitati di quartiere», dando- ri, sindacalisti, imprenditori, dirigenti poli- si un coordinamento operativo e politico tici, sul «che fare»: non solo nell’imme- informale con periodici incontri. La sede, diato, ma anche e soprattutto nel futuro 7. del tutto atipica, fu quella dell’ultimo pia- Il confronto si svolse spesso con la parte- no – una specie di ampia soffitta – di un cipazione attiva e appassionata delle stes- vecchio palazzo fiorentino di via Santa se persone che avevano animato e coordi- Monaca, appartenente a Fioretta Mazzei, nato l’iniziativa e l’attività dei comitati. Si stretta collaboratrice di Giorgio La Pira. affermò la concezione che ogni disastro Ricordo quelle riunioni per avervi parte- naturale evidenzia guasti nell’assetto del cipato di persona: molti giovani «cattoli- territorio, inefficienze, inadeguatezze e di- ci di sinistra», un giovane sacerdote «più sfunzioni profonde della amministrazione, a sinistra di tutti», qualche residuo espo- dalle quali non si esce con azioni mera- nente – un po’ a disagio per la verità – di

84 La grande alluvione quella che era stata la sinistra DC, alcuni consiglieri comunali del PCI fortemente radicati nel tessuto della città (fra essi una giovane Mila Pieralli, consigliera comu- nale di Firenze, e neo-madre di due bam- bine gemelle) 9, alcuni segretari di sezio- ni del PCI dei quartieri più colpiti dall’al- luvione. Ad alcune di queste riunioni si eb- be anche la presenza di Giorgio La Pira. Apparizioni molto discrete. Arrivava ver- so la fine. Noi ci alzavamo in maniera de- ferente (era pur stato per lungo tempo il sindaco della nostra città, in anni in cui il sindaco veniva spesso definito come «pri- mo cittadino»). Lui ci faceva cenno di ri- metterci a sedere, spesso rispondendo con qualche sapida battuta al nostro deferen- te saluto. Poi si metteva da parte. La no- stra discussione si avviava al termine e si prendevano gli ultimi accordi per le ini- ziative da assumere nei giorni successivi. Queste riunioni riprendevano di fatto il fi- lo di un discorso che a Firenze era stato bruscamente interrotto con le elezioni am- rica con la pubblicazione, appena due an- ministrative del giugno 1966. ni prima, del libro il Dialogo alla prova, in La DC – con l’appoggio della Curia fio- cui vi erano i contributi di ben quattro au- rentina e di ambienti dell’establishment tori fiorentini: Mario Gozzini, Danilo Zo- cittadino – aveva emarginato La Pira e tut- lo, Alberto Cecchi, Gian Paolo Meucci 10. to il gruppo di esponenti DC a lui più vi- cino («lapiriani» propriamente detti ed esponenti della corrente «di base» facen- Un’occasione mancata ti capo alla rivista «Politica» fondata da Ni- cola Pistelli). Il PSI, dal canto suo, si era Il Consiglio comunale di Firenze torna a liberato della componente di sinistra che riunirsi il 6 dicembre. La città ha appena traeva le sue origini dall’azionismo e ave- ripreso un’apparenza di normale funzio- va espresso nel Consiglio comunale figu- namento: le strade sono tornate ad essere re di alto livello intellettuale e politico co- più o meno percorribili e sono stati riatti- me Enzo Enriques Agnoletti, Edoardo Det- vati alcuni servizi essenziali (trasporti pub- ti, Carlo Furno, Raffaello Ramat. blici, acqua, luce, gas). Le sue più profon- Nei Comitati vi era una significativa pre- de ferite però sono ancora tutte aperte: il senza di persone che intendevano ripren- tessuto commerciale e produttivo si sta ria- dere il filo del discorso politico interrotto nimando con fatica; i quartieri più popo- nel giugno del 1966: quello del dialogo fra lari del centro storico e dell’Oltrarno so- il mondo cattolico e la sinistra. Un discor- no ancora spopolati e inabitabili; il patri- so che aveva trovato a Firenze anche un monio artistico, culturale, librario da re- momento di significativa elaborazione teo- cuperare e restaurare.

85 Il dibattito del Consiglio comunale si svol- quella esperienza prese forma una do- ge – come si scriveva allora – in «manie- manda di partecipazione diretta, in prima ra ampia e serrata» e – notiamo con la sen- persona, alla vita sociale, culturale e po- sibilità di oggi – con inevitabili concessio- litica della città, che si espresse in vari ni alla magniloquenza e alla retorica. campi e con varie modalità: comitati di Interviene per conto del gruppo PCI pro- mobilitazione per la costruzione di nuo- prio Alberto Cecchi, uno degli autori del ve scuole; iniziative di sostegno e di soli- Dialogo alla prova, parlando anche dei darietà con le lotte condotte dai lavorato- comitati di quartiere. ri e dai sindacati per la difesa di alcune Occorre – dice Cecchi – «(…) dare sboc- industrie cittadine; incontri e manifesta- co in concrete decisioni operative alla zioni sui temi della pace e della non vio- spinta di ripresa e di rinascita che i fio- lenza; attività di animazione culturale e rentini hanno dimostrato e dimostrano. teatrale; istituzione di doposcuola. Questo spirito è stato ampiamente espres- Si può dire anche che, con queste espe- so da quei comitati unitari che sono stati rienze, Il dialogo alla prova ebbe vera- preziosi collaboratori del Comune (...). Sa- mente la sua «prova sul campo»: seguen- rebbe sbagliato a questo punto, signor Sin- do vie diverse rispetto al dibattito teorico daco e colleghi del Consiglio, commette- sviluppato dagli autori di questo libro. L’e- re l’errore di smobilitarli (...) fra l’altro cre- sperienza dei comitati da un lato si in- do che quei comitati non smobiliterebbe- trecciò strettamente con le vicende del ro anche se rivolgessimo loro questo invi- cattolicesimo del dissenso e delle comu- to. Mi sembra quindi che dobbiamo fare nità cristiane di base, che ebbe in Firen- in modo che le loro forze si trasferiscano ze la sua espressione più rilevante nelle vi- nei consigli di quartiere, già preventivati, cende dell’Isolotto; dall’altro attraversò il superando soprattutto timori, diffidenze e dibattito in corso nel movimento sinda- preoccupazioni che sono apparsi in que- cale e nella sinistra, con particolare at- sti trentacinque terribili giorni nei con- tenzione alle esperienze portate avanti dai fronti di tali comitati unitari. Se la scelta sindacati dei metalmeccanici e dal movi- nostra, ancora unitaria, sarà per la rinascita mento dei consigli di fabbrica, e alle tesi e il rinnovamento di Firenze, avremo un del gruppo del «Manifesto». gran bisogno di forze per questa genero- Si costituì, di fatto, una consuetudine di sa battaglia». rapporti, una rete sociale e politica, che si L’invito di Alberto Cecchi non sarà accol- dette anche alcuni strumenti di riflessione to dalla maggioranza politica di Palazzo e di informazione attraverso due riviste: Vecchio, che non solo non darà luogo a prima «Alternativa di base», poi «I Quar- nessuna forma di decentramento ammini- tieri». strativo, ma cercherà costantemente di evi- Mentre «Alternativa di base» fu una rivi- tare ogni rapporto con questi comitati, sta volta soprattutto a dibattere i temi del considerati come una semplice emana- rinnovamento sindacale e della politica zione del PCI. I consigli di quartiere ver- del PCI, «I Quartieri» riprese un rapporto ranno istituiti solo una decina di anni do- più diretto con il territorio e soprattutto po (attraverso un’elezione diretta di pri- con i temi della politica scolastica. Erano mo grado) dall’amministrazione di sinistra gli anni del nascente Movimento degli Stu- che si insediò a Firenze nel 1975. denti della Scuola Media Superiore, della Tuttavia – come Cecchi aveva previsto – i costituzione del Sindacato Scuola della comitati non smobilitarono. A partire da CGIL, e – soprattutto – della pubblicazio-

86 La grande alluvione ne di Lettera a una professoressa di don turali vanno affrontati oggi con un’ottica Lorenzo Milani, che rappresentò – di fat- diversa: che va dall’attenzione locale, to – il testo di riferimento per i doposcuola dalla gestione molecolare degli eventi – di quartiere e le scuole popolari che si dif- sempre necessaria – alla consapevolez- fusero prima a Firenze e poi un po’ in tut- za della scala planetaria che essi vanno ta Italia 11. assumendo e con la quale essi vanno stu- diati e considerati. Chi visse il 66 da compartecipe attivo agli Una pagina nuova da aprire avvenimenti è spesso indotto a commisu- rare quali siano stati in Italia gli esiti del- I cinquant’anni trascorsi consegnano am- la politica e dell’arte del governo rispetto pio materiale di riflessione in ogni cam- alle aspettative che in quel periodo stori- po: dai temi dell’assetto idrogeologico co si nutrivano. Grande potrebbe essere la del Paese a quelli della protezione civi- tentazione di dire che tutte le aspettative le: da quelli del governo locale a quelli sono andate deluse: pressoché scomparsi del governo nazionale. Periodicamente in Italia i partiti politici come associazio- territori italiani e grandi città vengono in- ni di uomini e di idee, assolutamente ri- vestiti da alluvioni, nubifragi, frane. Ogni dimensionato il ruolo dei sindacati e del- volta la cronaca ripropone la storia di le forme associative. Ma, forse, è più uti- sindaci e pubbliche autorità sorprese e le dire che una pagina è trascorsa ed una incerte sul da farsi. Ogni volta si speri- del tutto nuova è da aprire. Per leggere (e menta l’inadeguatezza di mezzi di pre- scrivere) questa nuova pagina occorre- venzione e di soccorso e si ripresenta la ranno studi, riflessioni e iniziative diverse domanda di nuove leggi e regolamenti. da quelle che – ognuno secondo le sue ca- La facile propaganda populistica senten- pacità – fecero quei giovani della secon- zia di solito che «nulla è stato fatto», che da metà del secolo scorso. Anche qui oc- «siamo al punto di prima». Ma chi ha correrà, senza perdere di vista il livello lo- una minima conoscenza delle difficoltà cale, intraprendere un cammino concet- della politica e del governo sa che non è tuale e politico ispirato ad un’ottica pla- così. È vero piuttosto che i fenomeni na- netaria.

1 Cfr. anche P. F. Listri, Tutto Bargellini. L’uomo, lo «La Regione», n.n 13-15, a. XIII, 1967. scrittore, il sindaco, Nardini Editore, Firenze 1989, 9 Mila Pieralli compì poi un lungo cammino di am- p.145. ministratrice: fu assessore all’Istruzione nella Pro- 2 Giorgio La Pira fu sindaco di Firenze dal 1951 al vincia di Firenze, sindaco di Scandicci, presidente 1956 e, dopo una lunga parentesi di gestione pre- della Provincia di Firenze. Concluse il suo impegno fettizia, dal 1961 al 1965. politico come presidente provinciale dell’ANPI. 3 P. F. Listri, Tutto Bargellini. L’uomo, lo scrittore, il 10 A.A.V.V, Il Dialogo alla prova. Cattolici e comu- sindaco, cit., p.183. nisti italiani, Vallecchi, Firenze 1964. 4 Ibidem, p.227. 11 Cfr. A.A.V.V, Scuola e Quartiere. Cronache e Do- 5 Ibidem, p.228. cumenti, Edito in proprio da doposcuola, scuole se- 6 Ibidem, p.229. rali e comitato genitori di Firenze e provincia, Tipo- 7 Cfr. particolarmente A.A.V.V. Firenze perché, «Il grafia La Stamperia, Firenze 1969. Cfr. anche B. In- ponte», n.n 11-12, A. XII, (1966), La Nuova Italia, Fi- catasciato, Dalla scuola al quartiere. Gruppi di ba- renze,1967. se e intervento nella scuola, Editori Riuniti, Roma 8 Cfr. A.A.V.V, Traversando l’alluvione in Toscana, 1975.

87 DALLA «BUONARROTI» AL «MANIFESTO» di Sandra Teroni

Il racconto di una personale ed emblematica esperienza politica, iniziata negli anni dell’Università con la partecipazione alle nuove forme di organizzazione politica che nascevano intorno alle case del popolo e che assunsero un ruolo determinante nei drammatici giorni del novembre del 66, quando l’acqua dell’Arno cominciò a defluire e fu chiaro a tutti che bisognava intervenire senza indugi per uscire, in maniera solidale, dall’emergenza. A partire dalla partecipazione ai comitati di base, nati per rispondere alle necessità del territorio, iniziava così una lunga attività politica, nella ricostruzione della quale hanno largo spazio le vicende legate alla nascita del «Manifesto».

Una nuova politica, bi: saremmo andati alla «Sinigaglia», una una nuova militanza sezione di strada che raccoglieva tassisti, facchini, ambulanti, artigiani, operai; sa- Quando, con un gruppetto di amici che remmo andati alla «Buonarroti», una Ca- aveva condiviso le prime forme di conte- sa del popolo che accoglieva anche una stazione studentesca (creazione di gior- vivace sezione del PSIUP (il nuovo parti- nali d’istituto e di un coordinamento cit- to nato dalla sinistra socialista) e che of- tadino, in uno spirito antiautoritario), ver- friva uno spazio più ampio di azione e so- so la metà degli anni Sessanta, decidem- cializzazione, di sperimentazione e veri- mo di iscriverci al PCI, non avemmo dub- fica. Niente di tutto questo avremmo tro-

88 La grande alluvione vato nella sezione universitaria, e non vo- La Commissione culturale levamo perpetuare il circolo chiuso di stu- denti e professori che già ci stava stretto. Ma torniamo all’esperienza del dopo- I rapporti con la sezione universitaria fu- scuola. Aveva un obiettivo concreto: il re- rono sempre di sostanziale, reciproca dif- cupero scolastico dei ragazzi del quartie- fidenza: erano bravi intellettuali, ma ai no- re che, svantaggiati dalla loro condizione stri occhi troppo teorici, chiusi su se stes- sociale, avevano abbandonato gli studi o si, senza legami con il territorio. Loro ci rischiavano di abbandonarli. E si rivelò snobbavano e noi loro. I rapporti furono un’esperienza molto ricca, per noi appe- invece inizialmente buoni con la sezione na usciti dalle aule universitarie, ma an- che li ospitava, la «Lavagnini», e con quel- che per i giovani che furono coinvolti. la di Gavinana con cui, nel 67 direi, or- Un’altra importante iniziativa fu il con- ganizzammo una manifestazione contro sultorio ginecologico, antesignano di quel- la guerra del Vietnam – poi aspramente li che poi sarebbero stati istituiti per leg- contestata dai dirigenti cittadini – dopo ge ma che a quell’epoca solo le donne che quella precedente era stata attaccata del Partito radicale sostenevano. Collega- dalla polizia quando aveva tentato di av- to all’AIED, gestito da un’assistente socia- vicinarsi al Consolato americano. le e da almeno una ginecologa, svolgeva La prima iniziativa importante a cui dem- un servizio di informazione sulla con- mo vita, nel 65, fu il doposcuola, un do- traccezione e faceva arrivare la pillola, an- poscuola-controscuola, contro la «scuola cora non autorizzata in Italia, direttamen- dei Pierini». L’idea ci era venuta a segui- te dall’Inghilterra. A quel che mi risulta, era to di sporadiche ma indimenticabili fre- il solo a Firenze, dove fioriva un com- quentazioni della scuola di Barbiana, do- mercio di aborti clandestini. ve ci aveva introdotti Vittorio Lampronti, Lo strumento di cui ci servivamo era la allora giovane medico molto vicino a don Commissione culturale, di cui ero re- Milani e alla sinistra socialista. Queste era- sponsabile e che rappresentavo anche nel no per me aree di riferimento molto im- Consiglio della Casa del popolo: racco- portanti: avevo avuto occasione di cono- glieva un gruppo assai vivace e composi- scere e frequentare i Codignola (fin dal to di giovani intellettuali (tra cui Sebastia- vecchio Ernesto, fondatore della «Scuola- no Timpanaro, Salvatore Tassinari, Franco città Pestalozzi»), Enriques Agnoletti e la Cardini, Cleto Menzella, Roberto Teroni, moglie, i Francovich (nella cui casa ave- Corrado Bacci, Antonio Armidelli, Claudio vo incontrato Ferruccio Parri), padre Bal- Popovich) e di più anziani dirigenti della ducci, don Bensi, don Borghi prete ope- Casa del popolo. E aveva preziosi margi- raio, La Pira, Fioretta Mazzei… E questo ni di autonomia rispetto alla sezione di vasto arco di riferimento e di culture ha Partito, di cui Cleto Menzella fu segreta- sicuramente svolto un ruolo importante rio tra il 66 e il 69. nel mio modo di concepire la politica e Un altro terreno in cui alcuni di noi – so- la militanza. Allora e anche in seguito. In prattutto insegnanti militanti nel PSIUP, e particolare, per quanto riguarda l’idea di segnatamente Salvatore Tassinari e Corra- partito: radicato nella realtà sociale e nel- do Mauceri – furono impegnati in manie- le lotte; l’idea di sinistra: alternativa radi- ra determinante, fu il Comitato promoto- cale, egualitaria, libertaria; l’idea delle stra- re della costituzione del Sindacato Scuo- tegie e alleanze: cattolici di base, sinistra la aderente alla CGIL. Il PCI era contrario socialista. all’uscita degli insegnanti dal sindacato

89 autonomo e aveva una concezione della co psichiatra) ci permise di metter su un riforma scolastica prevalentemente istitu- vero e proprio ambulatorio, funzionante zionale. Noi sostenevamo invece la ne- giorno e notte, che, dopo ripetuti e sfi- cessità di avviare una lotta nella scuola branti incontri con le autorità militari, si che fosse collegata al movimento operaio avvalse di medici e materiali della Scuo- e alle lotte di base che andavano profi- la di sanità militare di Costa San Giorgio. landosi con inedite modalità. Dopo l’al- Era nato il Centro di soccorso di Santa Cro- luvione furono avviate le prime assemblee ce; non riconosciuto naturalmente, il che popolari sulla scuola, con un significativo ci impediva di attingere alle riserve di aiu- coinvolgimento di socialisti come Tristano ti provenienti da tutta Italia e accumulati Codignola e Marcello Trentanove; Salva- nello stadio comunale, dove capitava che tore Tassinari sarebbe stato il primo se- il latte si deteriorasse perché non smaltito gretario provinciale della CGIL Scuola, dal abbastanza rapidamente. 1968 al 1971. La scelta che facemmo in quei giorni e in quei mesi fu per tutti noi una scelta radi- cale: mettemmo fra parentesi i nostri im- Il 4 Novembre 1966 pegni professionali, lasciammo le nostre non avemmo esitazioni case; la Casa del popolo era diventata la nostra casa, il luogo in cui si imparava Neanche quando arrivò l’alluvione, il 4 stando insieme, lavorando e vivendo in- novembre 1966, avemmo esitazioni: fin sieme. E ci tuffammo con slancio in que- dall’indomani, mentre l’acqua comincia- sto bagno di politica come di impegno so- va a rifluire, arrivando tutti alla spicciola- ciale, in questa esperienza di socializza- ta ci ritrovammo spontaneamente alla zione assolutamente eccezionale e mai «Buonarroti». La situazione del quartiere più ripetuta. Avevamo tutto da imparare, era drammatica: più di sei metri d’acqua e da inventare anche. Le idee nascevano avevano devastato case e botteghe, in edi- dall’esperienza, dal confronto immediato fici molto spesso già fatiscenti. C’era bi- e diretto con situazioni e persone reali; e sogno di tutto, e subito. La prima decisio- avevano riscontri immediati. Al nostro in- ne fu di ripulire i locali per fare della Ca- terno le divergenze erano minime, preva- sa del popolo un punto di riferimento or- leva la consapevolezza dell’intreccio fra ganizzativo e logistico. Fummo i primi a gestione dell’emergenza e lotta politica. reperire e comprare (a Fiesole) pane, ac- A farci fare un salto di qualità fu l’arrivo qua, candele, mentre lo stanzone della di un cospicuo contingente perfettamen- tombola veniva attrezzato per la distribu- te attrezzato e ben organizzato, dotato di zione di cibo, medicinali e vestiario, che ruspe, autocarri ribaltabili, gruppi elettro- cercammo di razionalizzare attraverso un geni, cucina da campo, viveri: tutto quel- primo rudimentale censimento non appe- lo che serviva. Erano i primi aiuti che ar- na riuscimmo a rendere le abitazioni mi- rivavano, ed erano compagni, inviati dal- nimamente accessibili. Fu questo l’impe- la Provincia di Perugia e accompagnati gno dei più giovani – studenti per la mag- dal suo presidente, Ivano Rasimelli, inge- gior parte – che con le mani rimuoveva- gnere. Lavorarono giorno e notte, libe- no i cumuli di macerie e di merce avaria- rando finalmente le strade, svuotando le ta, vomitata dalle botteghe. Mentre una cantine, stasando le fogne, ripulendo le consistente presenza di studenti di medi- scuole, in una situazione in cui comin- cina coordinati da Antonio Torelli (medi- ciava a profilarsi un’emergenza sanitaria.

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Tuttavia medicinali, vaccini antitifo e vi- to cittadino dei comitati di quartiere, na- veri continuavano ad essere irrisori rispetto turalmente partecipammo, perché avver- al fabbisogno. Occorreva un’organizza- tivamo l’esigenza di dare maggior respi- zione più efficace, bisognava unire le for- ro e forza alle nostre lotte. La prima riu- ze, per far fronte all’emergenza e per pen- nione si tenne il primo dicembre in casa sare al dopo alluvione. Maturò così l’idea di Fioretta Mazzei, in San Frediano: po- di costituire un Comitato rionale, in cui co più di una decina di persone in rap- confluirono la Casa del popolo, le par- presentanza di altrettanti comitati: oltre a rocchie di San Giuseppe e Sant’Ambro- Santa Croce (rappresentato da Piero Spa- gio, l’organismo rappresentativo degli stu- gna, all’epoca consigliere comunale a Pra- denti (ORUF), la Provincia e il Comune di to per il PSIUP, e me), San Frediano, Mer- Perugia che nel frattempo aveva mandato cato Centrale, Gavinana, Rovezzano, Sor- anch’esso uomini e mezzi. La sede era na- gane, Isolotto, Peretola, Brozzi, Campi, turalmente la Casa del popolo, che sem- Porta alla Croce, Porta a Prato. All’ordine pre più rappresentava il punto di riferi- del giorno c’era già la questione della ri- mento per il quartiere. costruzione dei quartieri alluvionati e, in- trecciata a questa, la valutazione della proposta di istituire veri e propri consigli «Al servizio della città» di quartiere, prontamente avanzata dalla Giunta comunale costretta a fare i conti Il lavoro con i cattolici delle parrocchie fu con la realtà dei comitati spontanei ma in un’esperienza inattesa e assai significativa: un’ottica ribaltata e aberrante che ne fa- eravamo tutti fondamentalmente atei, i più ceva il riflesso dello stesso Consiglio co- anziani ancora con le armi della Resisten- munale. Fu Giorgio La Pira ad aprire la za sepolte in luoghi misteriosi (o almeno co- discussione, dichiarando con fermezza sì raccontavano), e per quelli di noi più che il ruolo di soggetti per la ricostruzio- aperti al dialogo i referenti erano ben altri: ne della città spettava ai comitati popo- oltre alle grandi figure già menzionate, don lari, che erano stati l’unica forma di or- Rosadoni e la comunità della Nave a Ro- ganizzazione efficiente, veri «comitati al vezzano, don Mazzi e quella dell’Isolotto. servizio della città». Ma già su questo Invece l’unità d’azione si realizzava pro- punto si verificarono profonde divergen- prio lì, con questi cattolici sconosciuti, po- ze: tra una linea più radicale che soste- liticamente non orientati a sinistra, la pic- neva la partecipazione democratica di- cola e media borghesia delle parrocchie. retta – portata avanti da Isolotto, Sorgane Con la costituzione del Comitato, insieme e noi – e una linea più accomodante e fre- ai viveri – peraltro ancora insufficienti – ar- nante che voleva evitare lo scontro con rivarono direttive e controlli burocratici che, Palazzo Vecchio. Anche se tutti concor- anziché valorizzare il nostro lavoro, tende- davano sulla necessità di una riconver- vano a negare nei fatti le potenzialità del mo- sione dei comitati di quartiere in comita- vimento e l’esperienza acquisita. Fummo ti per la ricostruzione. subito qualificati come troppo radicali. È vero che non risparmiavamo nessuno: dal- la «Buonarroti» partì anche una manifesta- La lotta per la casa zione verso piazza Santa Croce in occasio- ne della visita di Paolo VI, per il Natale. Fin dalla sua costituzione, dunque, il Quando venne creato un Coordinamen- Coordinamento portava in germe le pre-

91 messe di una sua rapida crisi, che esplo- Cultura e controcultura insieme se quando cominciò a definirsi in termi- ni più decisi la proposta di aprire una La Commissione culturale si era intanto grande vertenza sulla casa, con manife- arricchita di nuove forze che approdava- stazioni di piazza e requisizione di al- no alla politica proprio grazie alle espe- loggi, scontro dichiarato con la Giunta di rienze maturate in mezzo al fango, alla Palazzo Vecchio uscita dalle elezioni di rabbia, alla solidarietà. Organizzavamo primavera di quello stesso anno liqui- incontri, gruppi di studio, assemblee affol- dando l’esperienza La Pira. La questione latissime, un vero e proprio Convegno sul- della casa era anche per noi cruciale: la città e la sua vivibilità a cui dettero fat- nell’immediato, per far fronte alle esi- tivi contributi gli architetti Campos Venu- genze dei più disastrati; in prospettiva, ti ed Edoardo Detti, il sociologo Ardigò, il per un risanamento del quartiere e per dottor Luciano Gambassini, direttore pro- impedire che della situazione approfit- vinciale della Sanità, e a cui fece seguito tasse la speculazione edilizia. Firenze un Convegno sullo Sport con Artemio usciva dall’alluvione profondamente tra- Franchi, Luciano Senatori, Arrigo Moran- sformata e con i poteri forti che avevano di presidente nazionale dell’UISP. Una ini- messo ancor più le mani sulla città. E lo ziativa di cui sono sempre andata parti- sfascio del quartiere, abitazioni, com- colarmente fiera fu l’allestimento, nella merci, infrastrutture, produceva anche piazza del Mercato di Sant’Ambrogio, del- uno sfascio del suo tessuto sociale: una lo spettacolo di Dario Fo Mistero buffo, emorragia, ora spontanea ora incorag- gratuito e per tutti. Il quartiere rispose con giata, verso le periferie. Lo denunciam- una presenza massiccia e molto parteci- mo, cifre alla mano, nel primo numero pe. Era cultura, grande cultura, e insieme di un «Notiziario» ciclostilato e distri- controcultura, azione politica. Avevamo buito capillarmente. Negli stessi giorni il una grossa partecipazione anche a incontri PCI decise di astenersi nella votazione meno festosi e più impegnativi, come quel- del bilancio comunale, salvando così la li con Enrica Collotti Pischel sulla Cina o Giunta Bargellini (e lasciando all’oppo- con Luigi Pintor. Non pensavamo ad an- sizione il solo PSIUP). La cosa ebbe im- darcene e vivemmo il 68 vero e proprio mediate ripercussioni nel Coordinamen- dall’interno del Partito e della Casa del po- to, che mise un freno alla lotta per la ca- polo, partecipando alle manifestazioni e sa con il blocco della manifestazione; e alle occupazioni del movimento. Ma an- fu per noi, ma non solo per noi, l’occa- che continuando a portare avanti un im- sione di rivedere il nostro giudizio anche pegno concreto nel quartiere: sulla sua ri- sul sindacato, sul cui appoggio contava- strutturazione, che avanzava subdola- mo. Il dibattito all’interno della sezione mente; sulla situazione drammatica del- e con i dirigenti federali si fece aspro, l’edilizia scolastica, intorno alla quale si ora l’accusa di «intellettuali» era rivolta era costituito autonomamente un Comita- a noi, ed era sinonimo di «estremisti». Ci to di genitori; sulla questione dello sport lasciò l’amaro in bocca, molto più di per i ragazzi, deficitario nelle strutture e quanto non ci avessero gratificato gli ap- male impostato; sul crescente insedia- prezzamenti durante le visite di dirigen- mento di studenti, con i quali sperimen- ti nazionali, tra cui Luigi Longo, allora se- tavamo gruppi di ricerca sul territorio e un gretario nazionale del Partito, e Gian- collettivo di studio sull’imperialismo. Era- carlo Pajetta. vamo molto interessati all’iniziativa di «Al-

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ternativa di base» volta a creare un colle- na, a cui facevamo riferimento, era stata gamento organico tra le varie esperienze battuta. E nonostante un certo fair play, le nei quartieri e a dar loro uno sbocco po- sanzioni non erano mancate: Pintor ri- litico; ne discutemmo nel numero di giu- mosso dalla direzione de «L’Unità» e spe- gno-luglio 69, con interventi sul fallimen- dito in Sardegna; Rossanda rimossa da re- to del Comitato di quartiere a cui aveva- sponsabile della Commissione culturale, mo dato vita durante l’alluvione, a cui par- Magri dalla Commissione lavoro di mas- tecipò anche Franco Macconi, nuovo se- sa, e lo stesso Ingrao dalla segreteria; Eli- gretario della sezione Sinigaglia, molto cri- seo Milani segretario della Federazione di tico verso il Partito e autocritico. Al tempo Bergamo e Ninetta Zandegiacomo sinda- stesso avevamo messo in piedi un piccolo calista veneta, esclusi dal Comitato cen- gruppo di militanti dell’area cittadina e trale. Al XII Congresso – febbraio 1969, provinciale con cui ci ritrovavamo in casa Pintor, Rossanda e Natoli non avevano vo- di Luigi Colajanni per leggere Il Capitale. tato in Comitato centrale le tesi prepara- torie – fu chiaro che ogni spazio si era chiuso. In giugno usciva, in edicola e con L’inevitabile scissione una tiratura di 75.000 copie, il n. 1 della rivista «Il Manifesto» diretta da Rossanda Ma le tensioni crescevano. All’XI Con- e Magri; qualche mese dopo, a un anno gresso (gennaio 1966) la sinistra ingraia- dall’occupazione militare della Cecoslo-

93 vacchia che cancellò la Primavera di Pra- stituivano una sorta di filo rosso che an- ga, l’editoriale Praga è sola apriva il n. 4 dava oltre le appartenenze. (settembre): il Comitato centrale chiese la chiusura della rivista. Fui incaricata di par- tecipare all’incontro nazionale a Roma do- La spinta determinante a ve si sarebbe deciso il che fare e dove, far nascere «Il Manifesto» unanimemente e affidandoci soprattutto all’ottimismo della volontà, confermam- La spinta determinante a far nascere «Il mo l’intenzione di andare avanti: il Co- Manifesto» la dette il 68. Il PCI confer- mitato centrale successivo (24 novembre) mava la sua incapacità ad assumerla e as- decise la radiazione dei dissidenti con l’ac- sisteva inerte all’inesorabile declino della cusa di frazionismo. sua presenza laddove lo scontro sociale si Ormai era scontro aperto, non solo den- faceva più forte: nelle fabbriche e nella tro il Partito ma per noi anche nella Casa FGCI. Così come, nonostante Praga, non del popolo. Mandammo una lettera (sot- avviava nessuna riflessione di fondo sul toscritta da una ventina di iscritti al PCI e «campo socialista». «Il Manifesto» rap- al PSIUP) e il Consiglio della Casa del po- presentò, fin dalla nascita, il tentativo di polo sciolse la Commissione culturale. De- realizzare l’incontro fra la tradizione del cidemmo di non rinnovare la tessera del movimento operaio e la radicalità della Partito e ci costituimmo come centro di ini- critica anticapitalistica dei nuovi movi- ziativa politica del «Manifesto» in città: la menti. I suoi fondatori hanno peraltro con- presentazione al Palazzo dei congressi con tinuato a rivendicare «(…) le sue radici Rossanda, Magri e Pintor (27 maggio 1970) fondamentali nel PCI, e segnatamente nel- fu memorabile. E provocò alcune radia- la storia della sua componente di sinistra», zioni, tra cui quella di Mario Sabbieti già a opporre il rifiuto ad «(…) annacquare segretario del prestigioso Circolo di cul- l’identità del Manifesto in quella generica tura. Per molti di noi il taglio fu liberato- del 68» – cito per tutti Luciana Castellina rio; per alcuni, invece, sofferto. Era co- nel numero speciale per i 35 anni del gior- munque la continuazione logica di un im- nale. Con la consapevolezza però che sen- pegno nell’azione e nel dibattito politico za una discontinuità radicale, senza una che aveva segnato gli anni della nostra for- fuoriuscita, senza il coraggio di correre il mazione. L’esigenza fortemente sentita di rischio e rimettersi in gioco, questo in- giustizia sociale; la critica radicale delle contro non ci sarebbe stato, non si sareb- strategie, dei programmi, del modo di fa- bero date le condizioni perché dei giova- re politica non solo delle classi al potere ni senza alcuna storia politica scegliesse- ma anche della sinistra storica; l’antiau- ro di percorrere questa strada piuttosto che toritarismo e l’esigenza di una democra- altre più semplificate e fascinose. «Quel- zia dal basso; l’unità con i cattolici rea- lo che i gruppuscoli cominciavano a fare, lizzata sul campo, nell’azione e nel con- più o meno bene, con le braccia, il Ma- fronto, alternativa a quella retorica sul dia- nifesto voleva farlo con la testa. Non for- logo che mascherava velleità d’intesa con me di movimento organizzato, ma modi la DC; l’importanza del radicamento nel di intelligenza praticata», avrebbe rico- sociale e dell’unità fra intellettuali e ope- nosciuto Mario Tronti nella stessa occa- rai; la cosiddetta pratica dell’obiettivo: tut- sione. Assumere questo – tardivo – rico- to questo, insieme all’anti-imperialismo noscimento da parte di chi è stato sog- alimentato dalla guerra del Vietnam, co- getto attivo sarebbe immodesto. Si può tut-

94 La grande alluvione tavia tranquillamente dire che, proprio per via di esaurimento e che dentro il suo oriz- la specificità della sua origine, «Il Mani- zonte non sarebbe stato possibile alcun festo», oltre all’aspirazione a non restare progresso civile. Ma l’assunto di una «ma- un’avanguardia minoritaria, tentò di sot- turità del comunismo» non aveva per tut- trarsi a una logica di radicalizzazione del ti lo stesso significato: molti lo interpreta- rifiuto e a un atteggiamento sommaria- vano come la rivoluzione a portata di ma- mente liquidatorio dominanti nella nuova no. Meno tesi erano i nostri rapporti con i sinistra. E si fece carico di due problema- giovani della FGCI, in cui era presente tiche ineludibili in una prospettiva rivolu- quella vivace componente di studenti ra- zionaria: il disastroso fallimento della Ri- dicati nelle scuole e nelle facoltà che ave- voluzione d’Ottobre e la crisi di un mo- va dato vita all’UGS (Unione Gruppi Stu- dello di socialismo (ricordo in particolare denteschi) e che confluì in gran parte nel il Convegno sulla dissidenza a Venezia); «Manifesto»: tra questi, Pier Lorenzo Tas- la crisi della forma partito e la necessità selli, membro della segreteria provinciale, di elaborare nuove forme organizzative, espulso. Anche l’occupazione della Facoltà oltre che nuove forme di lotta (si rilegga di Architettura (1971) rappresentò una del- la conversazione di Rossanda con Sartre, le più significative e meno conflittuali espe- sul numero di settembre 69 della rivista e rienze di organizzazione del movimento e ora riproposta nel volume Quando si pen- di confronto tra gruppi. Ma in quel mo- sava in grande). È con queste problemati- mento prevaleva un po’ per tutti l’esigen- che che doveva intrecciarsi, almeno nel- za di un’organizzazione interna, più o me- le aspirazioni e nelle intenzioni, la ne- no aperta verso gli altri. E anche noi – for- cessaria riflessione sulle tendenze del neo- ti di una diffusa presenza e di un’elabora- capitalismo e sulla elaborazione, teorica zione teorica espressa nelle Tesi sulla scuo- e nella prassi, di un modello di sviluppo la del gennaio 70 nonché nel Convegno di alternativo fondato su contenuti più radi- maggio Scuola, sviluppo capitalistico, al- calmente liberatori e su nuove alleanze ternativa operaia e studentesca – costi- politiche e sociali. tuimmo, nella nostra sede in via Mozza, Le implicazioni non erano di poco conto «collettivi» di studenti medi e di facoltà: il e stare nel movimento, già frazionato in più importante, anche per la rete nazio- gruppi dogmatici o ultraspontaneisti, non nale, fu indubbiamente quello di Medici- fu facile. Presenti e attivi lo eravamo sem- na ma avevamo presenze significative an- pre, anche non settari. E avevamo fatto un che a Giurisprudenza e a Filosofia. Sa- debutto alla grande nell’occupazione del remmo poi stati fra i primi, insieme all’I- Rettorato, dove con un viaggio lampo por- solotto, ad avere un collettivo femminista. tammo direttamente da Parigi un simpati- E a Firenze si tenne, sempre nel 70, il pri- co occupante del Teatro dell’Odéon. Ma mo vero e proprio convegno nazionale del molto spesso venivamo trattati con diffi- «Manifesto», ospitati dall’Istituto «Stensen», denza, se non irrisi: la nostra provenienza grazie alla mediazione di padre Lombar- bastava a bollarci come «destri», nella mi- di, nostro simpatizzante. gliore delle ipotesi come «sinistra esterna del PCI». Eppure le nostre Tesi per il co- munismo, presentate nel 1970 proprio per Chi li paga? offrire una piattaforma unitaria alla nuova sinistra, non facevano concessioni sul giu- L’accelerazione organizzativa – impressa dizio che una fase del capitalismo fosse in dalla base, da questa sua ramificazione –

95 oltre che a una richiesta di identità, ri- questo piano più significativo fu quando spondeva alla necessità sentita come non il 7 luglio del 71 mandai un articolo in cui procrastinabile di dare una formazione annunciavo trionfalmente l’occupazione politico-culturale al movimento, per fre- della Regione Toscana. Venne pubblicato narne le spinte estremiste che non aiuta- in prima pagina, senza che ne fosse mo- vano nella difficile operazione di tenere dificata una virgola e con un titolo che insieme lotte studentesche e operaie. La certo non ne attenuava il tono: Le ban- trasformazione della rivista in quotidia- diere rosse dei senza casa sulla sede del- no, il cui primo numero uscì il 28 aprile la Regione. Ma Pintor mi chiese se pote- 1971 con una tiratura di 100.000 copie vo fare un salto a Roma. L’indomani, in re- (la media di vendite nel primo anno si at- dazione, scrissi un secondo articolo in cui testò sulle 40.000), rispondeva appunto al- raccontavo come fossimo stati sloggiati, l’esigenza di accelerare lo sviluppo poli- pacificamente ma con inequivocabile fer- tico dell’organizzazione. Lo spirito e la mezza, dagli operai della «Galileo» spe- direzione erano esplicitati dalla defini- diti dal Partito; lui mi dette una lezione di zione di «quotidiano comunista» nella te- scrittura che non ho mai dimenticato, stata. Una sfida a tutto campo quella di mentre Rossanda severamente sconcerta- proclamarsi comunisti malgrado il PCI e ta mi chiese che cosa mai ci fosse passa- l’URSS, e interni alla vicenda del comu- to per la testa, e Parlato avviava una dura nismo italiano. Diretto da Luigi Pintor, e ragionata analisi delle forme di lotta per con stipendi uguali per tutti e uguali allo la casa, delle posizioni del PCI, del ruolo stipendio operaio, era il primo quotidia- degli enti locali nella strategia delle rifor- no italiano autogestito e autofinanziato: me. Era vero che non avevamo le idee lo rese possibile una sottoscrizione tra mi- molto chiare e ci eravamo lasciati trasci- litanti di 47 milioni (sarebbe stata solo la nare da quelle che si presentavano come prima di una serie ininterrotta). La rea- le «avanguardie» della lotta dei senza ca- zione immediata del PCI fu un velenoso sa. Come se non bastasse, la sera stessa ar- corsivo su «L’Unità»: Chi li paga?. Già rivava la notizia dell’aggressione a Erne- colto impreparato dall’esplosione dei mo- sto Ragioneri nell’aula in cui faceva le- vimenti, il Partito continuava a negarne zione, rivendicata da Lotta continua. La la rilevanza e la complessità, preferendo posizione del giornale, come del resto volgari insinuazioni e trite semplificazio- quella del centro fiorentino, fu netta e de- ni a una più impegnativa analisi delle di- cisa: mentre si avviava un’indagine inter- versità che percorrevano le tante anime na per verificare se qualcuno avesse pre- del movimento. so parte all’azione, tutti gli altri gruppi si Gli articoli sulle diverse realtà locali era- scatenarono in comunicati che accusava- no assicurate da una rete di volontari; ero no il giornale e noi di divisione del movi- tra questi per le corrispondenze da Firen- mento, delazione, settarismo e disimpegno ze. E fu ancora un’esperienza importante. opportunista («Il Manifesto», 9 e 11 lu- Perché la notizia non arriva se non si è ef- glio). Fu un brutto momento, che tuttavia ficaci e sintetici nella comunicazione, e contribuì a fare chiarezza: si aprì un di- non si dà notizia senza interpretazione, battito sulle strategie di lotta, in città con non foss’altro per la scelta delle parole e gli operai della «Stice» e con il PSIUP, e del tono. Così le collaborazioni al gior- sul giornale a partire da un fondo di Ma- nale diventavano anche occasioni di chia- gri (14, 20, 21, 23 luglio con un intervento rimento sulla linea politica. L’episodio su di Antonio La Penna).

96 La grande alluvione

Quando Valpreda era candidato mente in causa Lotta Continua e richia- mandosi a Lenin, Rossanda denunciava Ma il giornale era anche uno strumento una regressione del movimento in forme prezioso per qualificare la nostra presen- politiche spurie, pre-marxiste, mutuate dal- za e tessere rapporti: nelle scuole, in par- la tradizione politica della classe domi- ticolare fra gli insegnanti fatti oggetto di nante. Oltre a Lotta Continua, colpiva una procedimenti disciplinari (uno dei primi dimensione culturale diffusa che legitti- casi fu all’Istituto «Genovesi») e giudizia- mava l’omicidio politico; o quantomeno ri (il più clamoroso, il processo agli inse- simpatizzava, anche all’interno dello stes- gnanti del Liceo scientifico «Leonardo da so «Manifesto». In qualche modo antici- Vinci» che avevano scioperato dopo uno pava la frattura nel movimento sull’«uso dei tanti interventi della polizia in cui al- della forza» e la ferma dissociazione da cuni studenti erano stati arrestati); con il sin- coloro che vi avrebbero fatto ricorso de- dacato CGIL Scuola, gli avvocati del «Soc- cidendo senza mandato di essere «sog- corso rosso» e «Magistratura democrati- gettività comunista combattente». Ma non ca»; con gli operai delle fabbriche in lotta fu una presa di posizione indolore, né al- e con comunità di base (in particolare l’I- l’interno del movimento né al nostro in- solotto, di cui seguimmo il processo, così terno. come quello a don Borghi per vilipendio Furono le lotte operaie per il rinnovo dei alla Magistratura, entrambi del giugno 70). contratti a ridarci unità, vigore e identità. Nel maggio del 72 «Il Manifesto» rompe- Per noi era un terreno decisivo, che anco- va con il tabù extraparlamentare e si pre- ra una volta ci vedeva polemici sia con il sentava alle elezioni politiche, candidan- PCI e il sindacato che tentavano di pre- do Pietro Valpreda, l’anarchico in carcere sentare la scadenza contrattuale come un da tre anni senza processo con l’accusa fatto fisiologico, sia con i gruppi della nuo- di aver messo le bombe in piazza Fonta- va sinistra ai cui occhi i contratti erano una na. Rimase un bel gesto e fu dunque un scadenza padronale e le lotte operaie do- errore politico: prendemmo 223.789 vo- vevano essere programmate su altri terre- ti, un clamoroso insuccesso (anche se Val- ni e con altri tempi. Contro le teorizzazio- preda tornò libero a fine anno, con una ni dell’operaio-massa e contro il radicale legge specifica). E aveva provocato un in- rifiuto della delega, ci impegnammo a tut- tenso travaglio interno, compresa la rottura ti i livelli per dare valenza politica ai con- pubblica del gruppo dirigente. Una deci- sigli di fabbrica, ci arricchimmo di bravis- na di giorni dopo, Il 17 maggio, un com- simi quadri operai (anche a Firenze) e se- mando uccideva il commissario Calabre- gnammo una presenza significativa nelle si che aveva indagato sulla strage e inter- strutture del Sindacato, in particolare del- rogato l’anarchico Pinelli, precipitato dal- la FIOM di cui sostenemmo la piattaforma le finestre della questura durante un in- proposta da Trentin a Genova nel 73. terrogatorio. Pur senza rivendicarla, alcu- ni gruppi della sinistra videro in questo at- to una celebrazione della «giustizia pro- Difficile avere una rotta chiara letaria». Il giornale uscì con un editoriale (21 maggio), tanto coraggioso quanto im- Ma fuori da questo terreno, mantenere – pietoso e ostico, a firma di Rossana Ros- forse avere – una rotta chiara, ferma e con- sanda dal titolo Riflessioni impopolari sul- divisa si dimostrava sempre più difficile. Il l’omicidio politico. Chiamando diretta- terreno più scivoloso era quello delle al-

97 leanze e delle aggregazioni sollecitate dal- delegati si spaccò a metà, anzi in tre giac- la necessità di ricompattarsi per condurre ché 38 voti andarono alla proposta di Pin- un’opposizione incisiva e urgente. Soprat- tor di astenersi. Le divisioni si fecero sem- tutto quando ci trovammo a fare i conti pre più dolorose e i prezzi pagati furono con la proposta del «compromesso stori- alti: la scritta «quotidiano comunista» nel- co» avanzata da Enrico Berlinguer, che in- la testata del giornale fu sostituita con terpretava la lezione cilena come prova «unità proletaria per il comunismo», Pin- dell’impossibilità per la sinistra di accede- tor ne abbandonò la direzione e Natoli re al governo senza allearsi con la DC. Do- cessò la sua collaborazione. po un precedente tentativo di aggregazio- Firenze ebbe un luogo importante in que- ne con Potere Operaio (inverno 1970) – sta operazione e nei suoi travagliati svi- non condiviso dall’intero gruppo dirigen- luppi. Per la ragione che ricordavo ini- te nazionale, poco convincente anche agli zialmente, di una tradizionale forte pre- occhi di gran parte dei militanti, e imme- senza della sinistra socialista che aveva diatamente naufragato – nel luglio 74 si dato vita a una delle più agguerrite fede- approdò alla costituzione del Partito di razioni del PDUP (guidata da Guido Bion- Unità Proletaria per il Comunismo, attra- di, poi da Silvano Miniati), e anche per la verso l’unificazione con il PDUP. Il progetto consistenza di una componente del «Ma- era indubbiamente molto ambizioso: mi- nifesto» decisa, con Lucio Magri, a per- rava a costruire una forma organizzativa seguire una organizzazione politica, radi- che tenesse insieme gli eredi delle due tra- cata nelle lotte, forte nel sindacato e rap- dizioni storiche del movimento operaio, presentata nelle istituzioni. Ma non potrei comunista e socialista, una qualificata pre- essere io a parlarvene, perché anch’io mi senza di cattolici, giovani leve formate nel- allontanai e mi separai dai compagni, le lotte e nelle culture del 68, e una già chiudendo un’intensa decennale espe- combattiva avanguardia del neofemmini- rienza di militanza attiva. Solo qualche smo con cui «Il Manifesto», che ne viveva anno più tardi fui sollecitata a riprendere al suo interno la forza d’urto, provava per la collaborazione col giornale, questa vol- primo a fare i conti. Ma era anche una ta sulle pagine culturali. Non mi sembrò scommessa. Che perdemmo. Forse perché affatto un ripiego, al contrario; mi appas- era davvero un’impresa impossibile. O per- sionai e ritrovai una comunità. Era l’au- ché non avevamo tratto le necessarie con- tunno del 77 e dal mese di marzo «Il Ma- seguenze dalle analisi sartriane della crisi nifesto» aveva ripreso la sua autonomia e storica della forma partito. Ci dividemmo la sua testatina originaria, Pintor era tor- già al I° Congresso, nel novembre dell’an- nato, e anche Natoli, Rossanda e Valenti- no dopo, dove si arrivò con due mozioni no Parlato avevano scelto di impegnarsi a – una presentata da Magri e Rossanda, l’al- tempo pieno nella redazione, dove nel tra da Vittorio Foa, Silvano Miniati e Gian- frattempo era arrivata la generazione del giacomo Migone – e dove l’assemblea dei 68 e del femminismo.

98 QUANDO VENNE TED KENNEDY di Valeria D’Agostino

Il senatore Ted Kennedy arrivò nella Firenze alluvionata all’indomani dell’inondazione e ciò che trovò lo scosse profondamente: una città ferita nel suo tessuto umano, sociale e culturale, che sapeva però fare fronte con coraggio all’emergenza. Nel fango della Biblioteca Nazionale, toccò con mano l’immane disastro e portò l’appoggio morale ed economico degli Stati Uniti a una città che, come ebbe a dire, «appartiene a tutto il mondo».

Un’attestazione di amore per Firenze di John e Robert, nei giorni successivi al- l’alluvione che colpì la città nel novem- All’indomani dell’alluvione il senatore bre del 1966. Egli partì da Ginevra su un americano Ted Kennedy volò a Firenze per aereo privato messo a disposizione da Gio- esprimere la vicinanza degli Stati Uniti al- vanni Agnelli, in rappresentanza del fra- la città e per parlare della ricostruzione. tello Robert, presidente del comitato co- Era una Firenze piovosa, buia, ferita, quel- stituitosi in quei giorni negli Stati Uniti per la che accolse Ted Kennedy, fratello minore l’assistenza agli italiani colpiti dall’allu-

99 vione. Il viaggio, seppur breve, voleva pre la sua visita e rimarrà impresso nel esprimere tutta la vicinanza del popolo cuore dei fiorentini. La Biblioteca, insie- americano al Paese ed in particolare ad al- me all’Archivio di Stato, era tra i luoghi più cune delle città più conosciute ed amate duramente colpiti: l’acqua e il fango al- in tutto il mondo, come lui stesso dichia- l’interno dell’edificio avevano raggiunto i rerà in una conferenza stampa al termine sei metri d’altezza. della sua visita: «Sono venuto qui priva- In un bel libro dedicato all’alluvione, è tamente ma credo che ciascuno degli al- raccolta una toccante testimonianza del tri novantanove senatori americani avreb- senatore al suo arrivo alla Biblioteca: «(...) be fatto lo stesso, avrebbe voluto essere vi- ricordo che quel giorno ero a Ginevra per cino in un’ora tragica a questa città che una conferenza sui rifugiati e volli vede- tutto il mondo ama, che appartiene a tut- re cosa era successo, volai a Firenze, ar- to il mondo». rivai alla Biblioteca Nazionale attorno al- A Firenze il senatore giunse dopo una pri- le cinque del pomeriggio e guardai intor- ma tappa a Venezia, durante la quale chie- no all’area alluvionata. Non c’era elettri- se ai suoi accompagnatori veneziani infor- cità ed era stata messa una grossa quan- mazioni sullo stato delle difese e dei la- tità di candele per avere la luce necessa- vori di ripristino e in particolare si informò ria a salvare i libri. C’era un freddo terri- sul funzionamento dei sistemi di allarme bile, vidi gli studenti nell’acqua fino alla che purtroppo in gran parte avevano fal- cintura: avevano formato una fila per pas- lito, facendo sì che i cittadini venissero sare tra i libri, così potevano recuperarli colti dalla mareggiata alla sprovvista. dall’acqua e quindi portarli in una zona «Povera vecchia Firenze», furono queste più sicura per poterci mettere qualcosa le prime parole di Ted subito dopo il suo che li proteggesse. In ogni punto della arrivo nel capoluogo toscano, accompa- grande sala di lettura c’erano centinaia e gnato dall’ambasciatore Reinhardt. Lo sce- centinaia di giovani che si erano riuniti nario che si presentò ai suoi occhi era de- per aiutare, era come se sapessero che l’al- solante: raffiche di pioggia gelida, vento, luvione della biblioteca stava mettendo a acqua e fango dappertutto, strade semi- rischio la loro anima. Ho trovato un’in- buie, militari fradici. credibile ispirazione nel vedere questa ge- nerazione più giovane tutta unita in que- sto sforzo vitale; mi fece venire in mente La prima sosta fu alla la giovane popolazione degli Stati Uniti Biblioteca Nazionale che rispose con la stessa determinazione quando vennero coinvolti nel movimento Ad accoglierlo in prefettura vi erano il pre- per i diritti umani». fetto De Bernart, il sindaco Bargellini e il Il senatore si unì senza esitazioni agli stu- comandante della Regione tosco-emilia- denti accorsi da tutto il mondo, che lavo- na, il generale Centofanti. Dopo una bre- ravano incessantemente negli enormi lo- ve visita alla casa del sindaco, devastata cali umidi, infangati, coperti di segatura, dalla furia dell’acqua, fu sufficiente un pri- al lume di candela e delle lampade ad mo giro a bordo di una gigantesca Ply- acetilene per salvare i preziosi volumi, per mouth dell’esercito, per comprendere la evitare che la furia della natura destinas- portata della tragedia. se all’oblio secoli di arte e cultura. L’aria La prima vera sosta fu alla Biblioteca Na- era irrespirabile. Scese nei sotterranei, do- zionale, un momento che segnerà per sem- ve la situazione era ancora più difficile, i

100 La grande alluvione ragazzi lavoravano a catena, passandosi i necessità, come egli stesso confermerà al libri attraverso gli stretti cunicoli. Qui in- termine del suo intervento: «Mi ha colpi- contrò anche delle studentesse americane to profondamente la perdita di tante ope- e chiese loro perché si trovavano lì, la ri- re d’arte e di cultura che costituiscono un sposta fu una prova dell’amore e del sen- patrimonio di tutta la civiltà occidentale, so di responsabilità che albergava nei cuo- ma ancor più mi ha colpito la tragedia ri di tutti quei giovani volontari: «Perché umana di tante famiglie». anche noi crediamo in questi libri, in que- Quella visita nei giorni successivi al disa- sta città». stro segnò un sodalizio tra il senatore e la città, dove spesso tornerà per impegni isti- tuzionali e viaggi. Numerose furono an- Con le mani coperte di melma secca che le commemorazioni nel capoluogo toscano in seguito alla sua scomparsa av- La visita del senatore si concluse con una venuta nel 2009, anno in cui se ne anda- conferenza stampa al consolato america- va l’ultimo dei tre fratelli che hanno se- no, dove arrivò duramente colpito. Come gnato la storia degli Stati Uniti. Ted Ken- narreranno alcuni quotidiani dell’epoca: nedy è oggi ricordato come il leone libe- «(…) le sue mani grandi e forti, che tene- ral del Senato, che lavorò incessantemen- va strette mentre parlava, erano completa- te durante la sua carriera politica (1962- mente ricoperte di melma secca». Il sena- 2009) per portare avanti numerose leggi: tore prese la parola seduto ad un tavolo di dall’immigrazione alla riforma del siste- fortuna, illuminato dall’unica luce dei ca- ma scolastico; dalla lotta per i diritti civi- meramen. «Il problema umano – esordì – li sul campo internazionale alle leggi sul è quello che maggiormente mi ha scosso lavoro, dove ottenne l’aumento del sala- a Firenze. Portare aiuto alla gente è quel- rio minimo. Seppur lasciasse incompiuta lo che tutti dobbiamo fare. Sono rimasto la battaglia della sua vita, la riforma del colpito d’altra parte dallo spirito di solida- sistema sanitario, egli ebbe un ruolo chia- rietà dei cittadini, dal loro coraggio, e in- ve nel portare avanti riforme importanti sieme dagli aiuti che gli enti italiani e quel- nei campi della sanità, dell’educazione e li di tutto il mondo stanno portando». Do- del diritto del lavoro. po aver espresso tutta la sua apprensione Con il passare degli anni, l’amore della per la situazione in cui versava la città, famiglia Kennedy per la città è d’altra par- presentò i comitati che si erano formati ne- te rimasto immutato. Non è un caso infatti gli Stati Uniti all’indomani della tragedia, che Firenze ospiti, nell’ex carcere cittadi- illustrando nello specifico l’attività del CRIA no delle «Murate», l’unica sede italiana (Committee to Rescue Italian Art), presie- del «Robert F. Kennedy Human Rights», duto dalla cognata Jacqueline moglie di una delle più importanti organizzazioni John Fitzgerald Kennedy. Esso si propone- internazionali per la promozione dei di- va di reperire aiuti di ogni genere per il ritti umani. Attraverso i suoi progetti, la salvataggio e il restauro delle opere d’arte fondazione educa le nuove generazioni al italiane alluvionate. Ma quello che più rispetto dei diritti umani e si adopera per colpì il senatore fu la tragedia umana, il di- un mondo più giusto e pacifico, ispiran- sagio di tante famiglie costrette a trascor- dosi così agli ideali di giustizia ed ugua- rere notti al gelo e senza viveri di prima glianza di Robert F. Kennedy.

101 I MEDIA, L’ALLUVIONE E LA LEZIONE DELLA «CITTÀ SUL MONTE» di Piero Meucci

Oggi sarebbe inconcepibile, nell’era dell’informazione capillare e martellante (24 ore su 24) delle news, ma quando arrivò l’alluvione i fiorentini poterono contare solo sul passa parola e, con molte difficoltà, sulla radio. Anche il titolo a caratteri cubitali della «Nazione», L’Arno straripa a Firenze, era stato inghiottito dall’acqua insieme alle «civette». Le lezioni del day after furono molte per i giovani di allora, che ebbero un’involontaria, ma indimenticabile scuola di partecipazione e di condivisione, occasione per la crescita umana, sociale e politica di un’intera generazione. Una lezione che Firenze era riuscita di nuovo a dare.

Sulle note di Händel sa musica di corte del mondo, l’Arno sta- va violentando Firenze. Per ironia della sorte quel primo mattino Un evento così drammatico oggi straripe- del 4 novembre 1966, allora giornata fe- rebbe in tempo reale anche nei social e stiva, dunque legittimamente ancora sot- nei canali televisivi all news, ma allora to le coperte, stavo ascoltando la Water e non si era connessi «h24» come oggi. C’e- la Royal Fireworks Music di Georg Frie- rano radio e Tv, ma l’allarme tempestivo drich Händel. Pioveva ancora, dopo tan- si dava di persona, come accadde in via ti giorni di pioggia insistente. In quel pre- Trieste, quando suonarono alla porta e una ciso momento, sulle note della più famo- coppia di amici sconvolti chiese aiuto e

102 La grande alluvione

ricovero: il loro appartamento che si af- Firenze Guerra e Alluvione è il libro che faccia sull’Arno in via de’ Bardi, a pochi Paolo Paoletti e Mario Carniani dedicaro- metri dal Ponte Vecchio, era stato raggiunto no ai due fatti di morte e distruzione. E co- dall’onda di piena e loro erano riusciti a me avevano fatto i padri, 22 anni prima, fuggire e raggiungere l’auto prima che la restando a scrutare dai tetti i momenti del- barriera d’acqua li bloccasse. la battaglia, così ci davamo il turno sulla A quel punto nulla fu più come prima. terrazza di casa per tentare, con scarsa ra- Seppure protetti dalle prime alture della zionalità, di cogliere frammenti di quan- Bolognese, era come se si percepisse di to stava succedendo. lontano il grido soffocato di una città che Silenzio assoluto, tutto era come sospeso veniva avvolta in una massa d’acqua, di in un clima irreale comunque luttuoso. A fango, di detriti, di nafta fuoriuscita dagli un certo punto il silenzio fu spezzato da impianti di riscaldamento. Qualcosa di in- un’esplosione seguita da una nuvola di concepibile per chi ha avuto la fortuna di polvere nera: era saltato, come si seppe il vivere in un posto dove risiede una buo- giorno dopo, un deposito di fusti di ma- na parte della coscienza dell’umanità. Co- teriali chimici nei pressi di piazza Becca- me poteva accadere, per la seconda vol- ria e c’era stata anche una vittima. ta in poco più di vent’anni, che qualcuno o qualcosa la colpisse così crudelmente non solo nel suo essere comunità di cit- Ma c’era la radio tadini, ma anche in quello che la storia aveva voluto depositare in questa antica A quel tempo «Breaking News» e colle- valle ai piedi degli Appennini? gamenti satellitari erano di là da venire, ma

103 c’era la radio, il primo grande strumento Quando la Rai cominciò a informare in di comunicazione di massa del mondo, modo continuativo il mondo e soprattut- quello che negli anni trenta aveva dato ad to i fiorentini, era già molto tardi, l’acqua autocrati e dittatori la possibilità di tra- melmosa aveva già coperto la città per al- smettere la loro fatale demagogia, che po- tezze medie varianti fra due e cinque me- teva trasmettere in diretta e anche la Tv che tri, distruggendo e contaminando tutto ciò allora aveva appena 12 anni poteva farlo, che aveva trovato sulla sua strada. ma entrambe avevano bisogno di molto I giornalisti dell’ANSA dovettero abban- tempo per organizzarsi. Soprattutto per- donare la redazione di via de’ Pucci, e an- ché fu lungo e tormentato il processo di che quelli della «Nazione» in viale Gram- percezione e valutazione del disastro da sci dovevano lavorare in una sede allaga- parte delle centrali giornalistiche. ta. Poi le telescriventi ripresero a trasmet- Così i giornali radio si collegavano se- tere le notizie grazie a un ponte radio del- condo palinsesto alle ore previste con Mar- l’esercito, notizie che venivano tradotte e cello Giannini, giovane giornalista di ra- rilanciate dalle grandi agenzie internazio- dio Firenze che raccontava semplicemen- nali. te quello che vedeva dalle finestre della sede Rai che allora si trovava in piazza Santa Maria Maggiore, tra la Stazione e il La presa di coscienza del day after Duomo. Aveva lottato tutta la notte precedente con Null’altro che l’attesa restava ai fortunati i suoi capi di via Teulada a Roma, ai qua- abitanti delle zone alte della città che ave- li tentava, con scarsi risultati, di trasmet- vano ancora la luce elettrica. Una gior- tere l’emozione e il fervore professionale nata di telefonate, incontri, mesti scambi per raccontare al mondo la gravità di quel- di informazione, aggiornamenti. Chi pen- lo che stava accadendo. Nel collegamen- sava di andare subito a dare una mano, to delle 7 di quella maledetta mattina ave- non poteva muoversi a meno di non ave- va calato il filo del microfono fino all’al- re natanti e anfibi. Ed era comunque pe- tezza dell’ondata di piena perché lo scro- ricoloso avvicinarsi troppo alla corrente scio dell’acqua e il frastuono di ciò che la vorticosa della piena. C’era gente che mo- corrente vorticosa stava trasportando era riva, laggiù nei quartieri popolari d’Ol- la prova inconfutabile che la città si era tra- trarno. Erano circa le 18 del 4 novembre sformata in un fiume in piena. quando l’Arno cominciò gradualmente a Certo, allora era un problema non secon- ritirarsi ma ci volle tutta la notte perché, dario per i giornalisti delle redazioni loca- sempre molto lentamente, si svuotasse il li convincere i loro direttori della portata grande lago artificiale che aveva creato della notizia che meritava l’apertura dei con la sua furia distruttiva. giornali. L’unica fonte di informazione che Questa la cronaca succinta di una giornata avevano a disposizione per confortare la ai margini della catastrofe, risparmiati dal- loro richiesta era l’Agenzia ANSA, oppure la furia degli elementi, ma sconvolti e im- il quotidiano locale. E i giornalisti della potenti come tutti i fiorentini. Altri hanno «Nazione» avevano perfettamente colto raccontato e racconteranno altre espe- cosa stava accadendo: L’Arno Straripa a Fi- rienze se non più epiche, certo più signi- renze era scritto a caratteri cubitali sulle ficative. Ma a noi serviva partire da que- «civette», la maggior parte delle quali, in sti frammenti di ricordi per raccontare città, erano già state ingoiate dall’acqua. quello che è successo dentro una genera-

104 La grande alluvione zione di post adolescenti che vissero quel- bile e mostrare al mondo che erano degni le giornate di un decennio che segnò la custodi dei tesori che appartengono a tut- loro generazione. ta l’umanità. Il day after fu una graduale presa di co- Per alcuni di noi l’aiuto per i sofferenti scienza basata su un’esperienza forte e prese la strada delle squadre di giovani ar- impressionante: ciò che era avvenuto non mati di pala e scopa che si recavano nei era soltanto una variazione sul tema Po- quartieri più poveri e più colpiti a svuo- lesine delle alluvioni degli anni 60, né una tare seminterrati, piani terra e primi piani versione, per fortuna di dimensione ridot- attraverso i quali era passata l’onda di- ta in termini di perdita di vite umane e di struttiva. E poi, al calar della sera, tutti a esistenze sconvolte, della tragedia della dare una mano a tirare fuori dai pozzi i diga del Vajont del 9 ottobre 1963. volumi delle biblioteche e degli archivi. Su un altro piano, per quei giovani, era Tutti hanno presente perché riproposta da qualcosa di più importante. Immaginate- 50 anni, da cinema e Tv, la scena delle ca- vi intanto la prima lunga passeggiata in tene di giovani che si passavano l’un l’al- mezzo al fango: da Santa Croce sconcia- tro i libri che dovevano essere con urgen- ta dalla nafta e i suoi capolavori distrutti, za ricoverati in luoghi asciutti pronti per alla Biblioteca Nazionale con il suo im- passare negli essiccatoi o in altre zone per menso patrimonio librario, eredità di se- essere asciugati prima del deterioramen- coli grazie alla quale si è sedimentata una to irreversibile. civilizzazione che non ha uguali, il Pon- Si andò avanti così per giorni, fino alla ria- te Vecchio squarciato da proiettili pesan- pertura delle scuole e anche dopo, nel ti tonnellate, fino al Teatro Comunale, al- pomeriggio, suddividendosi incarichi più l’interno del quale ci affacciammo per pri- o meno impegnativi, fino a quando «i fio- mi, dalla seconda galleria, per osservare rentini ebbero il coraggio di accendere le una immensa piscina dall’acqua scura e prime luci del Natale» come disse ai suoi limacciosa. ragazzi un’insegnante dal cuore poetico. C’erano lezioni da trarre che riguardava- no l’immediato e riflessioni che segnaro- no il futuro di una generazione. Da una Il carro di Tespi di Saragat parte il dramma umano di chi non aveva più niente a parte una casa che sarebbe Nel frattempo erano accadute tante cose rimasta inagibile per un tempo impreve- che colpirono quei ragazzi: una palese dibile, dall’altra il dramma civile di testi- inadeguatezza dell’organizzazione stata- monianze uniche di storia e di cultura fe- le nell’affrontare eventi come quello di Fi- rite e bisognose di interventi immediati renze e del resto della Toscana che fu per scongiurare il rischio di perdite irre- ugualmente devastato dall’alluvione, ri- parabili. tardi, impreparazione, scoordinamento. Bisognava fare subito qualcosa, non c’e- Colpì soprattutto la scena di un mezzo an- ra bisogno di stimoli o sollecitazioni. La fibio dei vigili del fuoco che portava il pre- «meglio gioventù» era tale perché era sta- sidente della Repubblica Giuseppe Sara- ta chiamata dal destino ad agire, non per gat a rendersi conto della realtà di una sue particolari virtù o propensioni all’e- città in ginocchio, circondato da esponenti roismo. I fiorentini si erano liberati da so- politici che facevano a gara a salire su li dal nazi-fascismo e ora scattarono al- quel carro di Tespi del potere, per lucrare l’unisono per rialzarsi il più presto possi- un pezzettino di popolarità.

105 Tutto ciò avveniva sotto i riflettori con il me quello spontaneo degli ausiliari sul mondo che stava a guardare con solleci- fronte dell’alluvione. ta preoccupazione e partecipava con aiu- L’Arno aveva messo a nudo magagne e ti, esperti, anche mobilitando i suoi mez- contraddizioni. Il dopoguerra era finito e zi di informazione. Non era la prima vol- insieme, tutti insieme, si poteva lavorare ta che il giornalismo fiorentino si con- per creare un Paese migliore. Caratteristi- frontava con la stampa internazionale gra- ca del movimento studentesco del 1968 zie al sindaco Giorgio La Pira e ai suoi fu in Italia il giungere a maturazione, sen- convegni internazionali. Ma negli anni 50 za compromessi o mediazioni di comodo, prevalevano gli schieramenti ideologici e di questa consapevolezza. il buon giornalismo del «Nuovo Corriere» C’è tuttavia anche un’altra riflessione da e del «Giornale del Mattino» rimase sa- fare, e questa riguarda soprattutto i fio- crificato in un guscio di pregiudizi e in- rentini. L’evento distruttivo dell’alluvione compatibilità che evidentemente non ne venne a confermare la missione storica favorirono la crescita. della città, come l’aveva descritta Giorgio Era un’altra storia, più complicata. In quei La Pira, protagonista di uno dei periodi giorni novembrini, invece, ci fu la sem- più difficili ma anche più entusiasmanti plicità di un fatto fortemente traumatico della sua storia. Firenze, la «città sul mon- che doveva essere raccontato nella sua te» che indicava la via della spiritualità e crudezza, di fronte al quale svanivano le della conciliazione dell’uomo con il suo chiacchiere, le ipocrisie e le bugie più o Creatore, ma anche dell’uomo verso l’al- meno pietose. La libera azione della pro- tro uomo, ha il compito storico (profeti- fessionalità giornalistica non poteva che co, direbbe La Pira) di indicare al mondo guadagnarci e dunque, fra le conseguen- questa via, anche quando deve mostrare ze non secondarie del day after, ci fu an- le sue ferite e la sua determinazione a su- che l’esperienza di un lavorare gomito a perare gli ostacoli per quanto dolorosi e gomito fra i cronisti fiorentini, italiani e impervi possano essere. internazionali con uno scambio continuo L’insegnamento è rimasto indelebilmente di abilità e competenze. scolpito nella mente e nella coscienza di Al primo posto, tuttavia, ci fu la presa di quel diciassettenne che, vestendo una tu- coscienza da parte di una generazione che ta regalata dalle Forze Armate olandesi e ci si doveva rimboccare le maniche: tira- imbracciando una pala del consorzio agri- re Firenze fuori dal fango era la metafora colo, cercò di dare un contributo aiutan- di un’aspirazione a realizzare una società do famiglie in difficoltà e recuperando car- e un’organizzazione statale più giuste e te preziose dalle cantine allagate. Nessu- questo, imparammo, lo si poteva e lo si do- no avrebbe potuto offrirgli un’educazione veva fare con un movimento dal basso co- migliore.

106 IMMAGINI CHE ANCORA CI PARLANO, DA LONTANO Intervista a Mario Primicerio (a cura di Severino Saccardi e Simone Siliani)

Mario Primicerio, che all’epoca dell’alluvione era un giovane collaboratore di La Pira e che sarebbe diventato poi sindaco di Firenze, fa rivivere il ricordo del clima politico che si viveva allora in città e sottolinea, fra i tanti aspetti che dalla reazione al terribile disastro del 1966 presero impulso, quello della solidarietà. In un tempo, come il nostro, caratterizzato dalla sfiducia verso la dimensione della politica, l’immagine dei giovani impegnati a portare soccorsi dopo l’ultima alluvione di Genova fa pensare che la strada dell’impegno solidale verso la comunità sia, una volta di più, quella da percorrere.

In una stagione di restaurazione politica 1964, però i partiti della maggioranza ave- vano già deciso di farlo fuori. Nelle ele- D. (Saccardi) Partiamo da un profilo per- zioni del 1964 fu candidato Danilo Zolo sonale: nel 66, anche se molto giovane, e noi del Gruppo «Cultura» facemmo la eri una persona che aveva già un impor- campagna elettorale a suo sostegno. Sic- tante politico. Eri già stato, tra l’altro, in come era chiaro che la Democrazia Cri- Vietnam con La Pira. Per il ruolo che oc- stiana, pur avendo dovuto mettere La Pi- cupavi, qual è stata la tua percezione del ra come capolista, non aveva alcuna in- momento? tenzione di appoggiarlo, noi facemmo una R. Nel 1966 c’era una stagione di restau- grande campagna per lui e per le persone razione dal punto di vista politico a Fi- a lui più vicine che in quel momento era- renze. Nel senso che La Pira era già stato no Pino Arpioni, Fioretta Mazzei e Dani- estromesso da due anni. Lui aveva perso- lo Zolo. Che infatti ebbero un notevole nalmente vinto le elezioni comunali del successo, insieme a Gianni Giovannoni

107 che pure sostenemmo. Però, dopo le ele- che poi fu incapsulato dalla ufficialità. zioni, da una parte la Democrazia Cri- D. (Siliani) Anche se il decentramento am- stiana e dall’altra parte la Curia, oltre ad ministrativo è l’eredità più interessante dal una parte del Partito Socialista, decisero di punto di vista politico dell’alluvione. affossare la candidatura di La Pira a sin- R. Sì, certamente. Fu recepita con grande daco. Così ci fu una sorta di pantomima intelligenza da che, in che fece eleggere prima Lagorio con i vo- quel periodo, era un esponente molto in ti del PSI e del PCI; il giorno stesso Lago- vista della sinistra lombardiana del PSI. A rio dette le dimissioni e fu rieletto nella se- parte l’impegno personale di La Pira con duta successiva con i voti della DC e del varie fondazioni internazionali per rice- PSI, a cui si accodarono anche il PLI e il vere aiuti, pubblicammo un libro che – PSDI che pure non volevano La Pira sin- oltre alle fotografie che erano un po’ la daco. Poi Lagorio fu costretto alle dimis- costante dei libri che venivano pubblica- sioni sul bilancio, ci furono nuove ele- ti in quel periodo – comprendeva una se- zioni e fu eletto sindaco Bargellini. Lui era rie di interventi di grosse personalità in- stato sindaco di La Pira ma la linea con ternazionali, dal presidente dell’India al cui era stato eletto sindaco era totalmen- Segretario generale delle Nazioni Unite. Il te opposta a quella di La Pira. Bargellini titolo era Firenze del mondo: oggi è qua- fu poi il sindaco dell’alluvione. Fu anche si introvabile, ma allora ebbe un succes- chiamato «Mosè, salvato dalle acque»: in- so notevole. Ricordo anche un altro bel- fatti doveva andare in Consiglio comuna- lissimo libro fatto da «Il Ponte». Rispetto le dove probabilmente non avrebbe avu- ai libri un po’ commerciali fatti per esse- to la maggioranza, ma l’alluvione lo salvò. re venduti sulla scia dell’emozione per Durante l’alluvione si comportò, insieme l’alluvione, questi libri avevano contenu- al suo assessore Bausi, in modo eccellen- ti più significativi. te. Dalla vita politica, il gruppo «Cultura» ma anche quello di «Testimonianze», era- vamo ai margini. Quindi l’alluvione non L’impegno di La Pira per la visita di l’abbiamo vissuta in senso politico; ci sia- Paolo VI a Firenze mo impegnati personalmente nel soccor- so immediato, nello spalare il fango nei D. (Saccardi) Di La Pira, in particolare, hai giorni successivi. Immediatamente dopo ci particolari ricordi di incontri, discorsi, impegnammo molto nei comitati che nac- emozioni di cui è stato protagonista o che quero nei quartieri, che furono l’origine del egli ti ha trasmesso in quei giorni? decentramento amministrativo della città. R. Ricordo soprattutto quello che lui sta- Erano comitati totalmente trasversali dal va facendo in quel momento per far sì che punto di vista politico. In particolare ri- il papa venisse a Firenze per Natale. Quel- cordo il Comitato, molto attivo, di Rifredi la fu una cosa estremamente importante dove c’erano Vittorio Lampronti e Piero perché tutti in Vaticano erano estrema- Brunori e altri personaggi che appartene- mente contrari. A Firenze erano venuti i vano a quell’area del dialogo e che vide- politici ed erano stati insultati e sbeffeg- ro giustamente nella partecipazione di- giati, come Saragat: furono fischiati in ma- retta dei cittadini alle scelte amministrati- niera eclatante. E quindi era una visita a ve una strada per cambiare il sistema vi- rischio. Oltre ad essere stancante, perché gente a Firenze: un tentativo generoso che il papa venne a Firenze e dovette tornare ha avuto una vita abbastanza effimera e immediatamente a Roma per le celebra-

108 La grande alluvione

zioni del Natale. L’amicizia che La Pira Quando ancora non si parlava di aveva con Montini gli permise di insiste- ecologia re personalmente: in quei giorni gli scris- se almeno una volta al giorno dicendogli D. (Siliani) Mi sembra che, subito dopo che quando una città del valore di Firen- l’emergenza, tre temi emergano dal dram- ze è ferita, il Padre non può che essere ma dell’alluvione: il riconoscimento di Fi- presente a portare il suo conforto. La Pira renze come città del mondo anche sulla era insistente: telefonò e parlò con Del- scia del lavoro fatto negli anni preceden- l’Acqua, il segretario di Stato; utilizzò tut- ti da La Pira, il tema del restauro e il rap- ti i suoi canali, da Bernabei a Fanfani; e porto con l’Arno. La gestione del rischio finalmente ottenne la visita del papa. Ri- idrogeologico, la regimentazione dei suo- cordo la presenza del papa in Duomo per li: vi fu una riflessione subito dopo l’allu- il freddo, ma soprattutto per la chiesa stra- vione su questi temi? colma di gente. La città si emozionò in- R. Non tanto, direi. Il tema allora non si torno al pontefice. Firenze non è molto pose nei termini nei quali si pone oggi, do- facile a commuoversi, ma questo fu l’uni- po ogni evento, anche molto più piccolo, co caso. Teniamo presente che allora non di alluvione. A quel tempo fu considera- era come oggi quando le visite del papa ta una catastrofe naturale, come un terre- sono all’ordine del giorno: la prima volta moto. Firenze non ha mai avuto un rap- che un papa uscì dal Vaticano fu Giovan- porto positivo con il fiume, mentre è una ni XXIII, che andò in treno ad Assisi po- città del fiume. Oltre ai tre aspetti che hai chi anni prima. Fu dunque un evento sim- ricordato ce n’è però un altro, che secon- bolo per Firenze. do me è importante: la partecipazione del

109 mondo intero al soccorso di Firenze fu ra» chiedemmo un contributo ad un vec- percepita, anche da chi lo faceva, come chio ingegnere idraulico sulla necessità un intervento di tipo politico. Non si trat- di laminare la piena con l’uso delle dighe, tava solo di aiutare la persona in difficoltà, che invece erano state tenute piene per ra- quanto piuttosto di prendersi carico, tutti gioni economiche, e sulla necessità di ri- insieme, di un problema della comunità. spettare le leggi che pure esistevano per Secondo me questo cinquantenario do- non far costruire nell’alveo dei fiumi. Ma vrebbe essere interpretato anche sotto que- era una voce fuori dal coro, tanto è che sto profilo. Soprattutto oggi che, special- lui si meravigliò molto che gli avessimo mente fra i giovani, c’è un rifiuto della po- chiesto di scrivere di questo tema. Pur- litica; questi stessi giovani, però, sono sta- troppo, da allora in poi, Firenze di que- ti i primi, a Genova, a spalare, come al- sto aspetto vitale se n’è occupata troppo lora, per togliere il fango. È importante poco. rendersi conto che la politica è anche que- D. (Saccardi) Quando sei stato sindaco, sto e, forse, è soprattutto questo: prende- che percezione hai avuto di questa pro- re coscienza in comune dei problemi. blematica? «Sortirne tutti insieme è la politica», diceva R. Devo dire che avrei dovuto nominare don Milani. Al di là della retorica sugli un Comitato internazionale che studiasse «angeli de fango», questo era il tema: la questo problema: è stato un mio errore. Mi percezione dell’impegno come qualcosa occupai soprattutto dei corsi d’acqua dal di comunitario. punto di vista del controllo sociale, per- Tornando alla questione ambientale, dob- ché tutte le piccole inondazioni che ci so- biamo tener presente che il discorso sul- no state a Firenze dal 1966 ad oggi, sono l’ecologia – se osserviamo la letteratura state più che altro dovute all’incuria sugli politica di quei tempi – era totalmente as- argini e sugli alvei. Si sarebbero potute sente. Uno dei primi che parlò del rispetto evitare semplicemente mantenendoli pu- dell’ambiente fu proprio La Pira che, in liti con un’opera di manutenzione: se il fiu- alcuni discorsi, lo pone in termini essen- me è frequentato, è vissuto, è anche un fiu- zialmente spirituali, direi quasi in conso- me più sicuro. Ci occupammo per esem- nanza con l’enciclica di papa Francesco: pio dell’area di interesse paesaggistico del il rispetto del creato. Da La Pira, la frase Mensola, del Terzolle, del problema del del Vangelo in cui Gesù dice «Quando Mugnone. Su quest’ultimo in particolare sarò sollevato da terra, solleverò tutto con ne facemmo una questione di negoziato me», viene letta come il Cristo che rias- con Ferrovie in occasione del passante per sume in sé ed eleva non soltanto l’uma- l’Alta Velocità. Però gli interventi veri e nità, ma l’intero creato, verso lo shalom propri sull’Arno erano compito dell’Auto- del Padre. Cioè l’escatologia è la pacifi- rità di Bacino nazionale. cazione del mondo intero. Anche il di- scorso di S. Paolo sulla creazione che sof- fre e geme era stato totalmente dimenti- Una riflessione sul dopo alluvione cato; in parte lo aveva ritirato fuori Teilhard de Chardin, ma era guardato con D. (Siliani) Con la realizzazione dell’in- grande diffidenza da parte della Chiesa uf- vaso di Bilancio e con le varie casse di ficiale. Per cui il discorso sulle cause e sul espansione realizzate e in corso di realiz- modo di prevenire tali eventi, fu poco pre- zazione il rischio di un’alluvione su Fi- sente. Mi ricordo che su «Note di Cultu- renze non si è forse ridotto?

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R. In parte è così. Intendiamoci, Bilanci- pletamente il problema, ha certamente no raccoglie una piccola percentuale del- un effetto significativo. Ma anche la pro- la portata dell’Arno e quindi, anche se rie- tezione dei siti sensibili dal punto di vi- sce a regimare la Sieve, non risolve tutti sta del patrimonio storico-artistico ha fat- i problemi. Anche se è vero che c’è un to enormi passi avanti. Simbolo di ciò è vecchio proverbio che dice che «Arno lo spostamento realizzato lo scorso an- non cresce se Sieve non mesce». Le cas- no del Cristo di Cimabue. Ma anche ciò se di espansione fanno in modo che, che è stato fatto alla Biblioteca Nazio- uscendo l’acqua d’Arno in alcune aree nale per proteggere il patrimonio librario. come nel Valdarno Superiore, questo sal- Ognuno dei siti importanti, da questo vi un po’ Firenze. Ma quando non c’era- punto di vista, ha oggi un suo piano di no le casse d’espansione l’acqua del- prevenzione. La Prefettura di Firenze ha l’Arno usciva e trovava le sue casse d’e- anche curato, insieme alla Segreteria del- spansione, facendo però molti danni nel l’Autorità di Bacino, delle esercitazioni Valdarno. Per cui, ci sarebbero da pen- locali per preparare la reazione della Pro- sare ben altri interventi. La percezione tezione Civile e della cittadinanza con nazionale e internazionale che si ebbe un preavviso di 6-12 ore dall’evento, per di Firenze durante l’alluvione fu enorme mettere in salvo il patrimonio. Ma senza rispetto a quella che si ebbe di Venezia, opere di tipo strutturale non siamo in gra- però successivamente l’attenzione dei go- do di evitare di avere l’acqua nelle stra- verni e quindi gli investimenti sono stati de in caso di alluvione. Aver portato qua- molto maggiori su Venezia (anche con si a livello di progettazione esecutiva l’in- un uso assai discutibile), mentre a Firen- nalzamento della diga di Levane, insie- ze non è stato fatto quasi niente, a parte me alle casse di espansione e altre mi- l’abbassamento delle platee di alcuni sure minori, ci fa dire comunque che sia- ponti. Il Comitato Nazionale del cin- mo sulla buona strada. quantesimo dell’alluvione, nel suo pri- D. (Siliani) Però, appena fuori dall’abitato mo rapporto, ha scritto due cose: la pri- di Firenze, dove l’impermeabilizzazione ma è che non è corretto domandarsi se dei suoli è stata pesante, la situazione non un evento come quello del 66 si potrà ve- è certamente migliorata, su tutta l’asta del- rificare ancora, possiamo soltanto do- l’Arno che dopo Firenze va verso Pisa. Ec- mandarci quando si verificherà; la se- co, qui il governo dei suoli non ha fatto cer- conda è che non sembra che di fronte ad to progressi. A parte il Parco dei Renai... un esempio analogo la situazione a Fi- R. Sì, al parco dei Renai c’è il progetto renze sarebbe molto migliore. Lo sareb- della cassa di espansione che fa un po’ di be nel senso della reazione a un tale differenza per la sicurezza del Valdarno evento. Una delle questioni fondamen- Inferiore. La cassa di espansione che, non tali, che costituisce l’eredità positiva del- a caso, si chiama della Rotta. Indipen- l’alluvione, è la Protezione Civile, che dentemente dal valore che Firenze ha, non allora non esisteva. Quindi, più che sul- si può pensare si salvaguardare Firenze e la prevenzione, le cose sono migliorate spostare il problema a valle, a Empoli, a sulla mitigazione del rischio idraulico: Pontedera o a Pisa. Il problema dell’Arno per esempio la Regione ha varato un pro- va affrontato in maniera globale, su tutto getto importante di barriere mobili gon- il bacino. A proposito di capolavori del fiabili che all’occorrenza potranno esse- patrimonio culturale, Pisa non è molto di re istallate e che, pur non risolvendo com- meno di Firenze.

111 Farsi carico insieme di un problema comprensibilmente cerca di tirare l’acqua comune al proprio mulino. Quando, durante la mia esperienza di sindaco, cercai di far na- D. (Saccardi) Tornado al tema della soli- scere a Firenze un’accademia internazio- darietà, secondo te è fondata l’interpreta- nale del restauro mi scontrai con questi zione che a volte si dà del 66 e del mo- particolarismi. Questa sarebbe una gran- vimento degli «angeli del fango» come de occasione, con costi tutto sommato anticipazione di un tempo nuovo e pre- contenuti rispetto alle risorse necessarie parazione del 68, o ti appare una forza- per gli interventi di messa in sicurezza tura? idraulica. Anche per quanto riguarda il re- R. Io credo che in qualche modo vi sia una stauro dei libri, il Laboratorio di restauro connessione. Sicuramente le persone che, che fu costituito da Casamassima alla Bi- in varia misura, hanno partecipato al 68, blioteca Nazionale Centrale era davvero probabilmente avevano anche avuto la un unicum: adesso, dei restauratori che si sensibilità di intervenire a Firenze nel 66, formarono in quell’occasione ne sono ri- proprio perché quell’intervento fu in buo- masti forse due in servizio. na parte una scelta politica, il prendersi ca- Il restauro è un laboratorio permanente di rico insieme di un problema comune, E, interdisciplinarietà, dove entrano in gio- in fondo, questa fu una delle caratteristi- co la cultura umanistica e quella scienti- che del 68, quella di essere protagonisti fica: ne abbiamo parlato qualche mese fa delle scelte politiche che riguardavano tut- in un convegno che ho organizzato al- ti. Sarebbe necessaria una seria riflessio- l’Accademia dei Lincei, dove hanno par- ne su questo. Come anche quella sul gran- lato storici dell’arte, insieme a fisici, chi- de sviluppo della cultura del restauro. mici, economisti. Mi piacerebbe che ve- Questo è un patrimonio che però è a ri- nisse fuori un progetto strategico in cui i schio, perché le persone vanno in pen- vari istituti coinvolti non fossero in com- sione e muoiono e le conoscenze di cui petizione fra loro, ma agissero in manie- sono titolari si disperdono se non si tra- ra coordinata. smettono. È un problema generale del Pae- Peraltro, la cultura del restauro italiana, se ma anche molto particolare di questa che dall’alluvione ricevette un impulso città, che ha ancora un patrimonio che nuovo, può davvero essere un elemento di potrebbe essere straordinario anche dal qualificazione del nostro Paese nel mon- punto di vista economico. Penso all’attra- do. Ad esempio in Cina, almeno fino a zione che potrebbe costituire Firenze per poco tempo fa, il restauro consisteva nel chi volesse venire qui a imparare le tec- riproporre le cose come se fossero nuove, niche del restauro, se veramente ci fosse mentre non può essere ovviamente così. un impegno, anche da parte del Governo, Quando sono andato a Pechino nel 1983 per concentrare a Firenze queste attività. c’era un meraviglioso tempio dei Lama E purtroppo non giova a questa prospetti- che non era stato restaurato; quando ci va la dispersione delle già poche risorse, sono tornato l’ho trovato tutto dipinto di che vengono indirizzate in gran parte al- rosso brillante. È una cultura diversa, ma l’Istituto Nazionale per il Restauro di Ro- loro sono persone aperte al confronto e l’I- ma, anziché all’Opificio delle Pietre Du- talia ne trarrebbe certamente beneficio, re. Così, invece di fare sistema, ciascuno oltre che il patrimonio culturale.

112 LA VISITA DI PAOLO VI A FIRENZE NEL NATALE DEL 1966 Lettere a Paolo VI di Giorgio La Pira*

I testi di tre lettere inviate da Giorgio La Pira a Paolo VI nel dicembre del 1966: nella prima il papa viene invitato, per celebrarvi la Messa di Natale, a Firenze, città martoriata dalla recente alluvione, ma soprattutto città di Dante che, come la Gerusalemme desolata di Geremia, colpita a morte, diventa centro di convergenza del mondo. Seguono poi le lettere di ringraziamento perché il papa quella visita l’ha programmata e poi realizzata, officiando la Messa di mezzanotte nella cattedrale di Santa Maria del Fiore e ha fatto della Chiesa fiorentina la «sorella» di quella romana. Costante e ripetuta è l’invocazione al pontefice affinché operi per la pace nel Vietnam e nel mondo intero.

Invito nella Firenze alluvionata il quartiere di S. Croce (il quartiere di Dan- te, la città entro le mura), la basilica, la Lettera a Paolo VI piazza, le chiese, le case, le strade, le bi- 22/11/1966 blioteche etc.): visitatelo dopo l’imbruni- S. Cecilia re, (come fece Neemia per Gerusalemme): Beatissimo Padre, avrete certamente la «sensazione fisica» permettete che io vi faccia un appello fi- della sommersione di Firenze (colpita nel- liale: venite a Firenze per vederne la strut- le sue essenziali strutture storiche, urba- turale desolazione 1! Venite, visitate tutto nistiche, religiose, culturali, artistiche etc.):

* G. La Pira, Abbattere muri, costruire ponti. Lettere a Paolo VI, a cura di Augusto D’Angelo e Andrea Ric- cardi, Ed. San Paolo, Torino 2015.

113 vedrete cosa significhi una città davvero la cerchia antica» ove risuonava il canto desolata, quasi morta! e la lode della liturgia! Non è retorica od esagerazione la mia; è Non è una esagerazione la mia: è la foto- fotografia della realtà; ripeto: visitare al- grafia della realtà: e questa fotografia posta l’imbrunire il quartiere di S. Croce e poi ri- nel cuore e nella mente è fonte di grazia cordarsi di Gerusalemme desolata, di Ge- ed è fonte di infinita speranza: questa di Fi- remia e delle Sue lamentazioni! Venite, per- renze è oggi, davvero, un capitolo essen- donate questa insistenza, venite e vedete: ziale (forse non esagero) della teologia del- è un fatto – questo di Firenze che appar- la storia: una svolta autentica nel destino tiene certamente alle cose dolorose più es- di speranza dopo la croce – del mondo. senziali della storia presente del mondo Venite all’imbrunire: magari in segreto (co- (non è retorica questa, non è esagerazione). me Neemia XI, 11/sgg): il Signore vi darà Perdonate se insisto 2: quando si è visto la tanta grazia e tanta nuova luce e speran- Firenze di Dante dopo l’imbrunire, si por- za per la storia della Chiesa e dei popoli. ta nell’anima un patrimonio di dolore (la Perdonate questa mia insistenza: la detta Croce sopra una città preziosa, di Cristo l’affetto filiale che per Voi nutro (lo sape- amato, di Maria amata) che può essere fe- te) e per l’affetto cristiano che mi unisce condo di tanta grazia e di tanta speranza nel profondo a questa città che Cristo ha per la storia della Chiesa, e dei popoli. fatto, in modo tanto qualificato, Sua: «città Sì, B. Padre; io lo credo questo mistero di della Sua regalità crocifissa (oggi) per es- crocefissione di Firenze (come di Gerusa- sere di nuovo domani città della Sua re- lemme) destinata alla salvezza storica dei galità gloriosa! Questa città Crocifissa at- popoli! Questo è un «evento» (come og- tende Pietro». gi si dice) che fa da centro di convergen- Città della pace del mondo e della resur- za, in certo modo, alla storia presente del rezione del mondo: perché forse questo è mondo. Come la storia del mondo, al tem- il frutto che spunterà da questo «grano sot- po di Ciro, fu tutta orientata verso la rico- toterra»: la pace, ritrovata, la fraternità ri- struzione di Gerusalemme, così oggi, per trovata della nazioni di tutta la terra. Firenze: forse il Signore ha colpito la Sua E forse non esagero! città (a Lui consacrata) – gaudium univer- Filialmente in X.to sae terrae 3 – proprio per questo: per far La Pira convergere verso questa Sua città Croci- Oggi è il 3° anniversario della morte di fissa l’impegno e l’amore ricostruttivo dei Kennedy che il Signore mandò (con Gio- popoli di tutta la terra! Ut aedificentur mu- vanni XXIII) per edificare la storia nuova ri Jerusalem 4. Chissà. Forse è vero: il Si- dei popoli: e malgrado tutto questa storia gnore partecipa a Firenze crocifissa la Sua nuova sarà edificata! divina capacità di attrazione: omnia traham ad meipsum 5. Chissà: forse questa interpretazione bibli- L’annuncio della visita di Paolo VI a ca (e cristiana) di questa distruzione di Fi- Firenze renze è vera! Comunque, B. Padre: venite per vedere Lettera a Paolo VI questa città desolata: per vederla dopo 11/12/1966 l’imbrunire: nel quartiere essenziale del- III Domenica Avvento la Sua storia e della sua bellezza: nel quar- Beatissimo Padre, tiere di Dante, nel quartiere «dentro del- grazie 6! Ed ecco come noi, pregando ve-

114 La grande alluvione diamo inquadrata questa vostra cele- brazione natalizia a Firenze! La vedia- mo inquadrata nel grande contesto della pace e della speranza del mon- do! La «tregua na- talizia» del Vietnam fa da cornice alla vostra celebrazione natalizia di Firenze: e vi fa da cornice la sofferenza – quasi la crocefissione! – di Firenze! Il contesto mondia- le della pace, della grazia, della unità e della civiltà di tutti i popoli: ecco – ci pare, pregando e ri- flettendo – dove va situata, per essere compresa sino in fondo, la vostra «vi- sita» a Firenze feri- ta (a S. Croce ferita: quale evocazione, in questo nome sa- cro della croce: Ave Spes unica!). Perché (S. Paolo ce lo diceva nella II do- Questa pace che Pietro sigilla (meglio: menica di Avvento) la Sacra Scrittura non causa, in certo modo, e sigillo). può servirci di lume per interpretare le vie E tutto ciò in connessione organica (in cer- di Dio nella vicenda degli uomini (… ad to modo) con Firenze crocefissa. nostram doctrinam)? Beatissimo Padre: si può dire (e si dice tan- Perché non posso assumere come ipotesi to spesso): sogni di La Pira. Eppure: chis- di lavoro, come ipotesi interpretativa (di- sà! Il mondo soprannaturale della grazia co «ipotesi» non dico atto di fede!), la teo- è pure il mondo nel quale il Signore e la logia di Gerusalemme trasferendola ad una Vergine ci hanno collocati: hanno collo- città tanto cristianamente qualificata, bi- cato noi tutti: singoli e popoli. blicamente qualificata, come Firenze? Pe- Se le cose anche minime (:«anche i capelli raltro, io non faccio nulla di nuovo: ap- del vostro capo sono numerati») sono vi- plico un metodo che Savonarola annun- ste in questo contesto di grazia, tutto di- ciò con tanta forza («Firenze, 2ª Gerusa- venta «logico e chiaro». lemme»); un metodo, del resto, che non

115 è solo di Savonarola: che Dante intuì (ed non solo per consolarla, ma altresì per si- in certo modo anche formulò per Roma e glare – diciamo così – «l’atto di pace» che per Firenze «figlia di Roma»), che si ritro- fu già prefigurato da tutti i Sindaci delle va nella sostanza stessa della santità e del- capitali del mondo, proprio a S. Croce, la civiltà fiorentina («civiltà biblica» non col sigillo di Pio XII e del Cardinale Dal- pagana!). la Costa, nella festività di S. Francesco E la domanda è precisa: vi è chiesa, nel 1955, 11 anni or sono! mondo salvo quella di Roma, confronta- Questo «atto di pace» che fu pure prefi- bile (per «qualità» e numero di santi e di gurato – e di nuovo in S. Croce – con l’a- vita religiosa, monastica) con quella di Fi- micizia segnata fra i popoli dell’intiera fa- renze (da S. Zanobi a Dalla Costa)? miglia di Abramo il 4 ottobre 1958 (con Vi è civiltà nel mondo, confrontabile dal la benedizione di Pio XII e del Cardinale punto di vista dell’ispirazione cristiana e Dalla Costa); questo «atto di pace» che fu biblica con quella di Firenze? Vi è un poe- pure prefigurato in Duomo, a partire dal- ma «ispirato» come la Divina Commedia, la festività di S. Giovanni Battista nel 1952 nel mondo intiero? Vi sono nel mondo pit- coi convegni per la pace e la civiltà cri- tori, scultori, architetti confrontabili – dal stiana, benedetti da Pio XII, dal Cardina- punto di vista oltre che della perfezione le Dalla Costa ed amati da Monsignor artistica anche e sovrattutto dal punto di Montini! vista della «ispirazione» cristiana, coi pit- Coincidenze senza significato? Forse no: tori, scultori, architetti fiorentini? E si può forse svolgimento logico di una catena fat- continuare. ta di tanti anelli che si seguono l’uno do- Beatissimo Padre, ed allora: – un «even- po l’altro e che terminano in questa sof- to» come quello dalla sommersione del 4 ferenza di Firenze in vista della pace nel novembre che ha minacciato (e ancora Vietnam e nel mondo. minaccia) l’esistenza stessa di questa «città Beatissimo Padre, chiudo: grazie! La Ver- cristiana», di questa Gerusalemme cri- gine Santa Vi dia la gioia di potere sa- stiana, può essere privo di un significato lutare da Firenze l’alba della pace e del- soprannaturale profondo concernente l’in- la resurrezione di Firenze e del mondo: tiera storia del mondo? la colomba uscita dall’arca dopo il di- A quelli che ridono quando io faccio que- luvio porti a Voi il ramoscello dell’uli- ste riflessioni, io dico: ridete pure: e se vo, segno della fine del diluvio e dell’i- fossero, in qualche modo, valide? La viltà nizio di una età nuova della Chiesa e del è un mistero: la storia è un mistero: è il mondo. mistero stesso di Cristo, centro della sto- Spunti con la Vostra visita natalizia a Fi- ria individuale e collettiva degli uomini! renze, l’arcobaleno della pace nel mon- Ed allora? do intiero. Perché allora non posso in qualche modo Filialmente in X/to: «leggere» il dolore e la gioia di Firenze, La Pira rileggendo, pregando il II Isaia, Geremia, Quindici giorni or sono, visitando S. Cro- Esdra, Neemia? ce, dissi ad un Padre: – Come sarebbe bel- Beatissimo Padre, ecco come noi, a Fi- lo se per Natale il S. Padre venisse a S. Cro- renze, vediamo, pregando, le cose severe ce! Il Padre sorrise incredulo! Oggi quel- che il signore (Re di Firenze) e la Vergine la incredulità è vinta! ci hanno «donato»! Firenze soffre per la E questa speranza della Vostra visita nata- pace del mondo! E Paolo VI viene a Firenze lizia la diffusi in altri!

116 La grande alluvione

Il Natale di Paolo VI a Firenze Questo, Beatissimo Padre, è il significato ultimo – come noi, riflettendo o pregan- Lettera a Paolo VI do crediamo – della Vostra celebrazione 26/12/1966 natalizia fiorentina: a S. Croce ed a S. Ma- S. Stefano ria del Fiore, Voi (Pietro!) avete assunto – Beatissimo Padre 7, per così dire – la «guida» di Firenze, del non posso non scrivervi per comunicarVi popolo fiorentino per condurlo di lì del le ulteriori riflessioni dopo quelle di ieri 8 Giordano verso le frontiere nuove della che la Vostra celebrazione natalizia di Fi- grazia, della pace, della civiltà a servizio renze ha provocato nel mio animo e nel- del mondo intiero! l’animo dei fiorentini (dell’autentico po- Poesia? Anche, ma non solo: è (crediamo!) polo di Firenze: quello «artigianale» che anche realtà storica, anche se realtà deli- abita, specialmente, nei quartieri più po- catamente velata (in omne re latet Deus). polari e popolosi e più colpiti di S. Cro- Questa Vostra celebrazione natalizia fio- ce, S. Frediano etc.: un popolo che ha il rentina ha forse (come noi crediamo) que- «senso istintivo» della sua storia «univer- sto significato ultimo: Firenze – sotto la sale cristiana» e della sua vocazione uni- guida personale di Pietro – riprende la sua versale cristiana). missione di città della pace, città della gra- Questo popolo – Beatissimo Padre – (che zia, città della bellezza, città del dialogo pure vota in tanta maggioranza comuni- e dell’incontro a servizio della storia nuo- sta: voto di protesta radicato nella triste va della Chiesa e del mondo! esperienza fascista e della guerra e della Beatissimo Padre, del resto è questo (in ul- persecuzione antisemita) è di nuovo, in tima analisi: leggendo sotto il velame de- radice, fedele alla sua storia cristiana ed licato della parola) ciò che Voi avete det- alla sua vocazione cristiana: è di nuovo to nel Vostro discorso di S. Maria del Fio- con Pietro (con Giovanni XXIII e con Pao- re (del resto, che significa per Pietro di- lo VI) (del resto, amò sempre l’Arcivesco- chiararsi cittadino di Firenze? Anche se si vo Dalla Costa): ed è disponibile – stori- tratta di una frase sfuggita lì per lì, pure è camente, culturalmente, spiritualmente ed una frase che un senso profondo ce lo ha anche politicamente – per una nuova av- nel piano di Dio: Pietro non può essere cit- ventura cristiana a servizio della pace, del- tadino di Firenze senza una ragione la elevazione spirituale, culturale ed arti- profonda che investe l’intiero destino del- stica, e della unità e della civiltà dei po- la Chiesa e dei popoli!). poli di tutta la terra (come Dante, tanto Dunque: il Vostro discorso era tessuto at- esattamente, disse). torno a due poli: a) il rapporto misterioso È un popolo pronto – Israele in piedi! – per fra la Chiesa di Roma e la Chiesa di Firenze le ulteriori avanzate del «popolo di Dio» (figlia di Roma: «anzi sorella di Roma»); verso la terra promessa della storia nuova b) la vocazione universale cristiana di Fi- della Chiesa e dei popoli: un popolo pron- renze (a servizio della irradiazione della to, dopo la terribile purificazione dell’ac- grazia, della spiritualità, della cultura, del- qua che lo ha letteralmente sommerso: un la bellezza, della pace internazionale e popolo pronto, dopo la universale com- della giustizia sociale – «ed in modo ori- mozione e simpatia dei popoli di tutta la ginale» – per tutte le nazioni). terra: un popolo pronto, Beatissimo Padre, Tutto il discorso gravitava attorno a questi dopo la «guida» assunta (per questa ulte- due centri ideali, logici: uno, situato all’ini- riore avanzata) da Pietro medesimo. zio e l’altro situato alla fine del discorso.

117 Beatissimo Padre, anche qui noi diciamo: Isaiam!) e dei regimi comunisti, l’inevita- non si tratta di discorso casuale, di corte- bile incontro della Chiesa coi popoli del- sia: è una «dichiarazione solenne» di Pie- l’Est e coi paesi e la storia e la cultura dei tro: una testimonianza rivelatrice del de- mondo intiero! stino (e della responsabilità) della Chiesa Beatissimo Padre, Chiesa di Roma (Pio XI di Firenze e della città (e del popolo) di – Pio XII – Mons. Montini – Giovanni XXIII Firenze: siamo sempre nell’orbita della ri- – Paolo VI) Chiesa di Firenze (Dalla Co- velazione (come crediamo) del Signore: sta): entro questo binario misterioso (la ha parlato Pietro ed in circostanze tanto strada inevitabile della Chiesa e del mon- uniche, eccezionali davvero, per la storia do!) scorre (in certo senso) tutta la storia di Firenze, della Chiesa, del mondo. Rap- presente della Chiesa e del mondo. porto di fondo, di grazia e di destino «uni- Fantasia? Forse no: forse analisi severa, co» in certo senso (un rapporto che fon- precisa (anche se sotterranea e, perciò, po- da «un ordine a sé», in certo modo), fra co visibile) del reale. le due Chiese: fra la Chiesa madre di tut- Resistenze al fascismo, resistenze al marxi- te le Chiese, e questa chiesa così caratte- smo, resistenze ad Hitler, difesa degli ristica, così unica, così «isolata», che Cri- ebrei, liberazione (analogia coi Maccabei) sto ha fatto ricca di tanti talenti di grazia di Firenze e dell’Italia, opera di riedifica- e di civiltà (e di tante pene e tante croci) zione per la pace e la civiltà e la storia per il servizio della Chiesa di Roma, del- nuova del mondo! la Chiesa universale e dei popoli di tutto L’albero della pace, piantato a Firenze (at- il mondo (non si dimentichi mai questo fat- traverso l’Arc. Dalla Costa) dalla Chiesa di to strano: gli americani prendono nome da Roma (Convegni pace 1951, Convegni Amerigo Vespucci, fiorentino: prendono Sindaci 1955, Colloqui Mediterranei 1958 nome da Firenze!). etc.): l’albero dell’unità (con Israele, con L’analisi di questo rapporto (storia sacra e la Chiesa separata etc. con tutti i popoli) civile!) non è stato, forse, ancora fatto (al- piantato dalla Chiesa di Roma, attraverso meno sino in fondo): quali cose esso ri- la Chiesa di Firenze, a Firenze! velerebbe (se fosse fatto) per la intelligen- Interpretazione forzata della storia? Eppu- za della storia vera (sacra e civile) di que- re questi sono i fatti: ed i fatti hanno un sto II millennio cristiano! linguaggio incontrovertibile: e sono fatti Ma fermiamoci un momento – Beatissimo che il mondo intiero riconosce (e sempre Padre – alla storia di questo ultimo tren- riconoscerà): anche questa sventura di Fi- tennio (1931-1961) e vediamolo alla luce renze ha fatto […riga mancante…] Firen- dei grandi, terribili e liberanti eventi di ze nel corso di questo trentennio – deci- questi trenta anni. sivo pel destino del mondo – di storia re- Pio XI, Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI, ligiosa e civile. da un lato: l’Arcivescovo Dalla Costa dal- Né, Beatissimo Padre, mi fa velo (il Si- l’altro lato: il fascismo, il nazismo, la guer- gnore lo sa!) il fatto che in questo «tessu- ra, la persecuzione antisemita, la libera- to di eventi» della Chiesa di Firenze (del- zione, i paesi comunisti, la divisione in l’Arcivescovo Dalla Costa: un Profeta, un due del mondo, il Concilio, il problema uomo di Dio!) si trovi implicato il nome (inevitabile!) della pace e della unità del di La Pira: pazienza! La Pira non c’entra: mondo, del dialogo fra la famiglia di Abra- c’entra come l’asina di Balaam: il «tessu- mo e fra tutti i popoli, della trasformazio- to» ha solo due nomi (Pio XI, Pio XII, Gio- ne interna dal marxismo (reductio ad vanni XXIII, (un nome solo!) per un verso,

118 La grande alluvione e Dalla Costa per l’altro verso), che lo de- stra visita: un soffio di Spirito Santo ha finiscono. «sollevato» verso Voi il popolo fiorentino Chiesa di Roma, Chiesa di Firenze, nel (consacrato a Cristo Re ed a Maria Regi- corso dei secoli e nel corso di questo tren- na): questo popolo Vi ha detto: – «siete la tennio di storia religiosa e civile: in que- nostra guida». sta svolta qualitativa della storia della Chie- Beatissimo Padre, potete «guidarlo» que- sa e dei popoli (di Israele e delle genti). sto popolo così singolare («unico» in cer- Perché questo rapporto? Voi lo avete det- to senso come quello di Israele): potete far- to: perché Dio – Cristo stesso! – ha forgiato ne (se credete di farlo!) uno «strumento» l’anima ed il destino dei popoli di Firen- prezioso per l’edificazione della storia nuo- ze con una vocazione «analoga» a quel- va e della civiltà nuova del mondo! la del popolo di Israele (vocazione ad ir- Questo è, crediamo, il senso ultimo della radiare la grazia e la civiltà nel mondo in- Vostra celebrazione natalizia: mettere a tiero). servizio della storia nuova (universale) del Che «senso» ha questa sommersione di mondo la vocazione universale di Firen- Firenze? Questo «moto dei popoli» verso ze: la vocazione di città del dialogo, di Firenze (Aggeo!)? Questa autenticazione città della pace, di città della civiltà cri- religiosa, soprannaturale, costituita dalla stiana ed umana, di città dell’incontro «sul celebrazione natalizia di Paolo VI? monte alto di Sion» dei popoli di tutto il Beatissimo Padre, come tutto appare chia- pianeta! ro (in certo modo) se vediamo le cose in Basta un Vostro segno (in signum populo- questa luce che Voi avete indicato: a) il rum) ed il popolo di Firenze sarà pronto rapporto della Chiesa di Roma, Chiesa di per questa avanzata nuova verso la «terra Firenze; b) la vocazione di Firenze per il promessa»: un segno di Paolo VI che Mons. servizio, oggi, alla Chiesa universale ed ai Montini prefigurò nel 1951 e che Pio XII popoli di tutta la terra. confortò e benedisse nel 1952, nel 1955, Ed allora? Allora bisogna «ripartire»: e gui- nel 1958! da di questo nuovo viaggio – attraversan- Quale la «tecnica» di questo segno? È un do il Giordano e giungendo alle frontiere problema da studiare: ma il problema già della terra promessa, cioè della storia nuo- esiste: Paolo VI e Firenze hanno stabilito va del mondo – è (in certo senso) perso- un rapporto profondo di avanzata comu- nalmente Paolo VI! Il popolo di Firenze ve ne nella storia nuova della Chiesa e del lo ha detto (tutto il popolo di Firenze, quel- mondo. lo autentico, quello che ha sete di «origi- Finisco, Beatissimo Padre, questa «lettera nale» giustizia sociale, che ha sete di pa- di S. Stefano» scritta in questa mattinata ce internazionale, che ha sete di lavoro, così piena di sole e di speranza di S. Ste- di bellezza, di intelligenza, di creatività, fano! di storia religiosa e civile: il popolo di Ma prima di finire voglio ricordare a me Dante, di Giotto, di Masaccio, di Brunel- stesso la definizione ed il volto (per così leschi, di Michelangelo, del Beato Ange- dire) del Pontificato di Paolo VI: strategia lico etc. etc.: il popolo battezzato e san- dei viaggi! tificato in Battistero e nelle più celebri Palestina (Epifania 1964) (l’imbarco po- chiese del mondo): Beatissimo Padre, non tenziale di Israele: l’unità della Chiesa a esagero! Bisogna rifarsi alla storia biblica, partire da Israele) di Israele, di Gerusalemme, per vedere si- Bombay (l’imbarco potenziale di tutte le no in fondo quello che ha operato la Vo- genti)

119 ONU (S. Francesco 1965) (la consacra- Grazie! zione dell’unità del mondo) Filialmente in X/to: Firenze (Natale 1966) (dalla terrazza del- La Pira la più alta e dolorosa città cristiana il se- La Vigilia di Natale ho inviato questo «te- gno a tutti i popoli per la pace e la rico- legramma-lettera» a tutti i Sindaci delle struzione del mondo!). città capitali del mondo, ed a tutte le «gui- Perdonate, Beatissimo Padre, questa lun- de politiche» (capi di stato o presidenti ga lettera: vuole essere senza esagerazio- del Consiglio) del mondo: «rilancio» del ni: vuole essere analisi ragionata (entro messaggio di Paolo VI, da Firenze! una linea di luce cristiana della storia) del È un niente? È vero: e tuttavia è un «nien- più grande evento (come crediamo) della te» che il Signore può rendere fecondo di storia della Chiesa, di Firenze e del mon- chissà quali richiami interiori e di quali do in questo «scorcio» drammatico della azioni esterne! storia nuova dei popoli (Vietnam com- Ho telegrafato pure – si capisce – a Ho Chi preso). Minh ed a Ciu en Lai!

1 Il 4/11/1966 Firenze subisce l’alluvione. Dopo mol- in Arcivescovado dove si intrattenne coi sindaci delle ti giorni di pioggia battente l’Arno straripa allagan- città colpite da alluvione (Venezia, Trento, Porto Tol- do la città. Anche altre citta del Centro-Nord sono le, Grosseto, Pontedera). Quindi si affacciò ad una fi- state colpite (Venezia, Trento, Siena) ma Firenze di- nestra salutando di nuovo la folla. Recatosi poi al Bat- venta il simbolo di quella tragedia. Il Presidente del- tistero e indossati i paramenti liturgici, fece il suo in- la Repubblica, Giuseppe Saragat, in visita fra le ro- gresso in Duomo, dove dal giorno della alluvione non vine della città e contestato, predispone un piano si celebrava più la Messa. Ai fedeli disse che era ve- straordinario di emergenza con i ministri P. E. Tavia- nuto per condividere la speranza e raccontò che da ni e R. Tremelloni. In soccorso della popolazione quando era stato eletto al Soglio Pontificio aveva de- viene impiegato l’esercito. Gruppi di studenti si ri- siderato celebrare la notte di Natale «nell’immediata versano su Firenze per lavorare al recupero delle vicinanza di qualche comunità bisognosa e sofferen- opere d’arte. Il Sindaco di Firenze, Piero Bargellini, te», e che Firenze quell’anno gli era apparsa «come rivolge un drammatico appello all’Italia per chiede- la più invitante stazione del nostro notturno Natale». re macchinari per pulire Firenze dal fango e dai de- http://www.vatican.va/holy_father/paul_vi/homilies/ triti dell’alluvione. La Pira aveva scritto al papa atre 1966/documents/hf_p-vi_hom_19661224_it.html. Poi, due lettere prima della presente, il 15 ed il 17 no- nel corso della notte, il Papa tornò in Vaticano per ce- vembre, per illustrare a Paolo VI le sue riflessioni sul- lebrare al mattino la messa in Piazza San Pietro. l’accaduto, che riprende in maniera sintetica in que- 8 La Pira aveva scritto una lettera di ringrazia- sta lettera. mento a Paolo VI anche il 25/12/1966, introdu- 2 La Pira sarebbe tornato con insistenza sull’oppor- cendo il tema di questa lettera. Scriveva La Pira: tunità di una visita di Paolo VI a Firenze alluvionata «Beatissimo Padre, “grazie”: ecco la sola parola con una lettera a Dell’Acqua (La Pira a Dell’Acqua, nella quale si sintetizza tutto il nostro “discorso” 24/11/1966) e con altre due lettere (La Pira a Paolo relativamente alla grande significativa celebra- VI, 24/11/1966 e 2/12/1966). zione natalizia di questa notte in S. Maria del Fio- 3 Lam 2, 15 re (ed in Santa Croce): grazie dal profondo del- 4 Sal 51, 20 l’animo: questo vi dice tutto il popolo di Firenze 5 Gv 12,32. che voi avete richiamato – in questa ora singola- 6 Paolo VI aveva comunicato la sua intenzione di re- re della sua storia – alla misteriosa vocazione di carsi a Firenze per celebrare il Natale nella città col- grazia e di civiltà cui Dio, Gesù Cristo, la ha de- pita da alluvione. stinata e la destina ancora (…)». La Pira a Paolo 7 Paolo VI era giunto a Firenze alle 21 del 24/12/1966, VI, 25/12/1966. La Pira sarebbe tornato sul tema in automobile, accolto da almeno duecentomila per- del rapporto tra Roma e Firenze anche in un’al- sone. Salutata la folla sul sagrato di Santa Croce, si recò tra lettera del 27/12/1966.

120 «VIANDANTE NELLO SCONFINATO PANORAMA DELLA VITA» della Redazione di «Testimonianze»*

Questo brano, tratto dall’editoriale di «Testimonianze» del dicembre 1966, rende conto della visita di papa Paolo VI a Firenze in quello stesso mese. Una visita richiesta espressamente da Giorgio La Pira, allora ex sindaco della città – come documentato da alcune lettere riportate in questo volume – e realizzata nella notte di Natale, durante la quale Paolo VI officiò la Messa solenne ad un «popolo fiorentino vivo e unito». Anche se non poté ricevere, purtroppo, il messaggio di auspicio per la pace nel mondo, allora ancora afflitto dalla paura nucleare e dalla guerra del Vietnam, per lui preparato dai «giovani di Firenze».

Una visita che appartiene alla «teologia 4 novembre, che dopo quasi due mesi an- degli incontri» di Paolo VI cora incombeva sulla intera città di Firen- ze; egli ha aggiunto qualcosa di profondo Celebrando la Messa in Santa Maria del e di significativo al profilo spirituale e sto- Fiore, la notte di Natale, Paolo VI non so- rico del suo pontificato: la visita a Firen- lo ha riconosciuto e sigillato con la sua ze – al di là delle plausibili, dichiarate mo- presenza la singolarità della tragedia del tivazioni – non può non essere corretta-

* Brano tratto dell’Editoriale, non firmato, di «Testimonianze», Quaderni mensili, anno IX, dicembre 1966, n. 90.

121 mente interpretata che come un momen- timi rappresentanti, per universale rico- to di quella «teologia degli incontri» che noscimento, del popolo fiorentino: ai gio- pare presiedere a questo pontificato, nel- vani componenti la delegazione dei «co- le sue manifestazioni privilegiate e carat- mitati di quartiere», appartenenti alle più teristiche. La visita a Firenze appartiene, diverse forze culturali e politiche della per un rapporto di segreta ma reale e fe- città, che avevano preparato, dimentican- conda contestualità, alla medesima ordi- do ogni divisione ideologica, un messag- tura spirituale, al medesimo ambizioso di- gio di saluto, non è stato possibile incon- segno che questo Papa ha inseguito, pel- trare il Papa, né sul sagrato di S. Croce né legrino in Palestina e in India, testimone presso il palazzo vescovile, dove pure gli della pace presso le Nazioni Unite. sono state presentate, secondo la consue- «Viandante nello sconfinato panorama del- tudine, le autorità civili e militari. la vita», Paolo VI ha desiderato mettersi al «Oggi noi sappiamo, noi che appartenia- passo, sopra lo stesso sentiero, con il po- mo alle generazioni più giovani – aveva- polo fiorentino, con quel popolo «vivo e no scritto i rappresentanti dei “comitati di unito», che lo ha acclamato lungo le vie quartiere” – sappiamo che cosa sia la tra- della città e che ha certamente inteso, al gedia della guerra: ne abbiano avuto una di là delle sue non facili parole, che cosa esemplificazione terrificante. Per questo di autentico e di significativo recava, con da oggi noi combatteremo con maggiore la sua visita a Firenze, il Vescovo di Roma. slancio la battaglia per l’edificazione di Egli ha voluto ricordare che una tradizio- un mondo da cui sia allontanato per sem- ne civile e spirituale ancora viva rende Fi- pre lo spettro della guerra e della distru- renze, nonostante tutto, depositaria di una zione nucleare; per questo, nel rivolgerle «vocazione», e della corrispondente re- il nostro saluto e il nostro ringraziamento sponsabilità, oggi non pienamente esau- a nome di tutta la città per la Sua presen- dita e di cui essa deve «riacquistare co- za a Firenze, una presenza che ci onora, scienza»: quella di offrire «nuovo suffra- noi desideriamo esprimerle anche la no- gio e originale servizio» alle «supreme stra riconoscenza e la nostra solidarietà aspirazioni del nostro tempo: la giustizia, per quanto Ella ha fatto e – ne siano cer- quella sociale specialmente e la pace, ti – farà in futuro per la pace nel Vietnam quella internazionale specialmente». e nel mondo». Gli auguri di Paolo VI, appena rientrato a Ro- ma dopo il viaggio a Firenze, riguardavano Il messaggio non recapitato ancora «principalmente la giustizia e la pa- ce nel mondo» e si riferivano in modo espli- Lungo il cammino percorso per le strade cito ed intenso al Vietnam «là dove la tan- di Firenze, i passi del Papa non si sono tut- to auspicata e benedetta tregua d’armi» di- tavia incontrati con quelli dei suoi più na- mostrava «quale triste cosa sia la guerra e turali compagni di viaggio e dei più legit- quale cosa desiderabile sia la pace».

122 UN PREFETTO TESTIMONIA* di Aldo Buoncristiano

Aldo Buoncristiano, prefetto a Firenze dal 1973 al 1977, affida al libro Un prefetto testimonia le memorie di una lunga carriera nella pubblica amministrazione. Nel paragrafo che qui riportiamo, racconta il ruolo diretto e determinante da lui avuto nella realizzazione delle platee al Ponte Vecchio e a quello di Santa Trinita, opera che dovette aspettare un allarme dell’Arno per essere finanziata e che restò, fino al momento della pubblicazione del libro, l’unica «iniziativa presa per la salvaguardia di Firenze nel campo delle alluvioni». Essa gli valse, oltre alla riconoscenza della popolazione fiorentina, l’iscrizione, insieme al provveditore alle Opere Pubbliche De Santis, nell’albo dei Soci d’Onore del Circolo «Canottieri Arno».

Cena a Santa Croce per la Befana Croce, circa venti persone tra i quali ri- cordo i senatori Bargellini e Vedovato, il Il frate maggiore della Basilica di Santa segretario regionale della DC Butini, alcuni Croce venne a trovarmi nei primi giorni del sopraintendenti alle antichità e belle arti. gennaio 1974 e mi invitò a cena per la se- Si parlò, soprattutto, di Firenze: dei suoi ra della Befana: mi disse che erano invi- problemi per i musei non completati (in tati il sindaco ed altri amici. quella sede per prima volta sentii esporre Accettai e trovai, nel refettorio di Santa dall’architetto e sopraintendente ai mo-

* Il paragrafo qui riportato, Cena a S. Croce e le platee sotto Ponte Vecchio e Ponte S. Trinità è tratto dal li- bro Un prefetto testimonia: problemi delle autonomie e della sicurezza di Aldo Buoncristiano, Niccioli, Fi- renze 1995, p 127 e ss.

123 numenti Bemporad il progetto dei «Gran- Un problema che non si risolveva con di Uffizi», da realizzarsi quando sarebbe una lettera stato trasferito l’Archivio di Stato); si parlò della sicurezza della città, che nel corso Il problema dell’Arno fu subito rappre- dei secoli aveva subito alcuni assalti dal sentato al Ministero dei Lavori Pubblici, suo fiume, rimanendo fortemente dan- chiedendo una variazione di bilancio (per neggiata. un miliardo e duecento milioni) per rea- Il senatore Vedovato annunziò che avreb- lizzare l’abbassamento delle platee sotto be presentato una legge per il fiume Ar- Ponte Vecchio e sotto ponte Santa Trinita. no, la quale avrebbe previsto la sistema- Non era sperabile che un’opera come zione dell’intero bacino, con la costru- quella delle platee potesse essere risolta zione di due dighe a monte della città (evi- con una lettera: la nota era servita a por- dentemente) e con «l’abbassamento del- re la questione in evidenza anche presso le platee» sotto il Ponte Vecchio e quello la Presidenza del Consiglio e le altre am- di Santa Trinita (le platee avrebbero au- ministrazioni cui venne indirizzata. mentato il deflusso dell’acqua di un buon Mi recai a Roma a fare visita al direttore 30% circa). Il senatore indicò anche le ci- generale della acque e degli impianti elet- fre presumibili di spesa che, mentre era- trici. A voce evidenziai il rilievo che l’Ar- no consistenti per la sistemazione del ba- no aveva per Firenze e con quanto inte- cino, importavano un onore di un miliar- resse — gli portai in visione gli articoli do o duecento milioni per le platee. di stampa – l’opinione pubblica «non so- Vi furono interventi tutti di ordine positi- lo fiorentina ma di tutto il mondo» se- vo. Io avevo non poche perplessità non guiva quello che il Governo faceva per sulla necessità della legge; ma sul fatto Firenze. che in Parlamento si sarebbe – da altri de- In nessun modo avrebbe potuto essere giu- putati e senatori – chiesto l’ampliamento stificata «una classe politica» e una pub- delle opere anche per altre regioni: per il blica amministrazione che non avessero Po, l’Adige, il Tevere, ecc. preso le iniziative necessarie per preser- Non mi sembrò il caso di manifestare le vare la città dell’arte da future alluvioni. preoccupazioni suddette (anche se in Par- Il direttore generale delle acque mi assi- lamento è accaduto proprio come era te- curò il suo impegno ed appoggiò la tra- mibile) ma dissi soltanto che, come ope- smissione del progetto al Consiglio Supe- re urgentissime, si potevano realizzare le riore: l’approvazione da parte di quest’ul- platee (il costo era limitato), il che era pos- timo consesso avrebbe reso inevitabile il sibile chiedendo una semplice variazione finanziamento dell’opera. del capitolo di bilancio del Ministero dei Il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici Lavori Pubblici, riguardante le spese per i approvò il progetto nella seduta del 6 giu- corsi fluviali. gno 1974. Avevo fatto una proposta che mi impe- Nonostante questo, il Tesoro – Ragioneria gnava: pertanto nei giorni successivi an- Generale dello Stato – «non concesse la dai a parlare con il provveditore alle ope- sia pure limitata variazione di bilancio di re pubbliche, il quale mi disse che le pla- circa un miliardo» per realizzare l’abbas- tee erano realizzabili avendo già fatto ef- samento delle platee e rinviò la soluzio- fettuare esperimenti, con risultati positivi, ne all’approvazione di un disegno di leg- presso l’Istituto di Ingegneria dell’Univer- ge governativo. sità di Bologna. Altri viaggi a Roma, altre note non avvia-

124 La grande alluvione

rono a soluzione il problema finché «non conto dei dati rilevati lungo il corso del fiu- suonò un allarme per la città di Firenze». me si decise di fare sgomberare alcune zone (il comandante del gruppo Carabi- nieri fu incaricato di curare lo sgombero); Se l’Arno arriva al livello di guardia per il centro della città il limite di guardia era sfiorato, ma a Nord il fiume aveva Nei primi giorni dell’aprile 1975 – era già smesso di crescere. Si potevano evitare passato un anno dai primi interventi – provvedimenti di sgombero per i quartie- piogge eccezionali gonfiarono l’Arno che ri centrali. raggiunse in città i limiti di guardia. Ven- Vi furono non poche discussioni sull’op- ne convocata immediatamente un riunio- portunità di emettere un comunicato che ne in Prefettura, dove, oltre a me stesso che informasse i cittadini di Firenze. La deci- ero anche commissario di Governo (e sione spettava a me e, poiché i tecnici col- quindi responsabile degli interventi di pro- locati lungo il fiume a monte mi assicu- tezione civile), intervennero anche il pre- ravano che il livello non sarebbe ulterior- sidente della Regione, il provveditore al- mente salito, presi la decisione di comu- le Opere Pubbliche, l’ingegnere del Ge- nicare per radio e per televisione che «non nio Civile, il dirigente dei Vigili del Fuo- era da temere» un allagamento della città. co, il questore, il comandante dei Carabi- La decisione la presi «ricordandomi» che nieri. La situazione si presentava abba- il mio predecessore prefetto De Bernart stanza grave perché si preannunziavano non emise alcun comunicato e che, per allagamenti nei quartieri a Sud della città questo, corse il rischio di incriminazione (cioè a monte di Ponte Vecchio). Tenuto per omicidio colposo; non aveva avverti-

125 to la popolazione. gioneria Generale dello Stato comunicas- Per la verità il dott. De Bernart non omi- se che, in occasione dell’assestamento del se di avvertire; ma ritenne che un allarme Bilancio 1975, sarebbe stata apportata la con la fuga in massa dei cittadini nel cor- variante richiesta al bilancio stesso per so della notte, avrebbe provocato molte l’appalto delle opere di abbassamento del- più vittime di quante non ve ne furono, es- le platee di Ponte Vecchio e ponte Santa sendo i fiorentini rimasti in casa e quindi Trinita. Detta comunicazione fu sufficien- non esposti alla furia delle acque. «Prese, te per appaltare le opere. Per due estati quindi, una decisione responsabile». successive il letto del fiume Arno fu sca- Nonostante che non vi fosse stata inon- vato nel centro della città ed aumentata la dazione, lo spavento e l’impressione fu- portata di acqua del fiume. «È rimasta, fi- rono enormi in città. Mi feci interprete di nora, l’unica iniziativa presa per la salva- tale stato d’animo ed indirizzai il seguen- guardia di Firenze nel campo delle allu- te duro telegramma ai Ministeri del Teso- vioni da cui è stata più volte colpita nei ro e dei Lavori Pubblici: «Maltempo ulti- secoli». mi giorni habet creato motivi apprensio- ne tra cittadinanza Firenze atteso che ope- re richieste per scongiurare pericoli allu- Il riconoscimento dei canottieri vione non sono state ancora effettuate no- nostante siano trascorsi nove anni dal tra- Nell’ultima estate che fui a Firenze (1976) gico evento alt questa Prefettura pertanto il Circolo «Canottieri Arno» volle festeg- deve insistere nel rappresentare che ab- giarmi insieme col dott. De Santis (prov- bassamento platea Ponte Vecchio e ponte veditore alle Opere Pubbliche) per la par- Santa Trinità attesa esiguità spesa di circa te da ciascuno avuta nel sistemare le ac- un miliardo est opera non dilazionabile que dell’Arno: rendendo più profondo il perché predetta opinione pubblica possa fiume nel tratto cittadino, si era anche al- confermare propria fiducia nella pubbli- lungato il tratto percorribile dai canottie- ca amministrazione punto». ri stessi. Il Presidente del Circolo prof. Giovanni Treves volle anche iscriverci nei Soci d’O- Si compì il miracolo nore dei «Canottieri Arno»: la soddisfa- zione dei cittadini è sempre il miglior ap- Il nuovo pericolo corso dalla città di Fi- prezzamento che possa aversi per il lavo- renze, l’intervento mio e del provvedito- ro svolto. Sull’argomento ricordo l’artico- re alle opere pubbliche, che si precipitò a lo del giornale «La Nazione» del 26 luglio Roma, compirono il miracolo che la Ra- 1974.

126 CARLO MAGGIORELLI, UN EROE SCONOSCIUTO di Filippo Vannoni

Carlo Maggiorelli fu travolto dall’onda di piena, quel fatidico 4 novembre del 1966, subito dopo aver bloccato tutte le macchine dell’acquedotto dell’Anconella. Un eroe sconosciuto, il cui sacrificio è qui ricordato dal presidente di «Publiacqua», che per una curiosa circostanza abita nella via intitolata al suo nome. L’impegno dell’azienda è, oggi, rivolto a fare del fiume una risorsa, mettendo in atto tutte quelle azioni che lo rendano «amico» del territorio e della città: dalla purificazione delle acque, all’approvvigionamento costante della popolazione, alla cura dell’ambiente.

127 Un lavoratore dell’acquedotto ma idrico, facciamo quanto è in nostro dell’Anconella potere per rendere l’Arno un amico, un so- stegno per le coltivazioni circostanti e per Per una curiosa circostanza del caso, abi- la cittadinanza, anziché un pericolo, mo- to in via Carlo Maggiorelli. Chi era Mag- strandone la faccia amica e cercando, per giorelli? Tra quelli che conoscono bene le quanto ci concerne, di renderlo origine di vicende dell’alluvione, non è un nome bene. Abbiamo lavorato per trasformare che risulta nuovo. Basta fare una rapida ri- le sue acque da inquinate a pulite, grazie cerca su Google che appare, tra i primi ri- all’installazione di depuratori lungo tutto sultati: «L’eroe sconosciuto dell’alluvione il corso dell’area metropolitana di Firen- di Firenze». Carlo Maggiorelli aveva po- ze, perché un ambiente sano garantisce co più di cinquant’anni e lavorava all’ac- una maggiore qualità anche dell’area cir- quedotto dell’Anconella: durante la notte costante. Inoltre, grazie alla gestione in- tra il 3 e il 4 novembre 1966, quando le telligente dell’invaso di Bilancino, garan- condizioni dell’Arno si stavano facendo tiamo ai cittadini un approvvigionamento sempre più critiche, venne raggiunto da costante di acqua anche durante i perio- una telefonata di un giornalista della «Na- di di siccità. «Costante» è la parola che in- zione» che voleva sapere come fosse la si- dica come abbiamo lavorato per trasfor- tuazione. Lui non fece in tempo a finire la mare la presenza del fiume da minaccio- telefonata, in cui raccontava la gravità del- sa a vantaggiosa: assicurare che scorra sen- le circostanze e di come avesse dovuto za grandi variazioni di flusso permette di bloccare tutte le macchine, che venne tra- viverlo come una risorsa anziché come un volto da un’ondata di piena e fu ritrovato nemico. La riprova è nel fatto che sempre senza vita solo due giorni più tardi. Abi- più cittadini bevono l’acqua del rubinet- tare proprio in una strada dedicata alla to e dei fontanelli: una dimostrazione di sua figura di cittadino e addetto respon- come il lavoro fatto sia stato importante e sabile dell’acquedotto, che ha perso la vi- abbia trasmesso agli abitanti dell’area la ta per adempiere scrupolosamente al suo consapevolezza che attenzione e cura del- lavoro, è qualcosa che, in qualità di pre- l’ambiente aiutano a rendere il fiume una sidente di «Publiacqua», mi colpisce mol- fonte di vita anziché di morte. Abbiamo to. Quasi un lascito ideale, quello che tut- fiducia, infine, che chi governa proseguirà ti noi dobbiamo raccogliere da Maggio- il percorso iniziato da tempo per la mes- relli, a lavorare con dedizione e profes- sa in sicurezza definitiva dell’Arno, in mo- sionalità per custodire uno dei nostri vi- do da celebrare le ricorrenze dell’alluvio- cini più importanti: l’Arno. ne come un’occasione di memoria, la pos- sibilità di ripercorrere ciò che è stato co- me qualcosa che non avverrà mai più, per- Fare del fiume di Firenze una risorsa ché dagli errori fatti abbiamo tratto un grande insegnamento. Dalla sua nascita, «Publiacqua» lavora per Un impegno importante affinché il ricor- fare del fiume di Firenze una risorsa an- do rimanga una solida base per un futuro ziché una minaccia. In qualità di addetti migliore, sicuro, in armonia con l’am- alla manutenzione di una parte del siste- biente.

128 L’ ALLUVIONE E «LE MURATE» di Roberto Mosi

Una lapide posta all’angolo fra via Ghibellina e via delle Casine indica i livelli raggiunti dall’Arno in tre rovinose alluvioni, quella del 1333, quella del 1547 e quella del 1966. In ognuna di queste occasioni, si ha documentazione di episodi di grande drammaticità che videro coinvolte «Le Murate» (un complesso architettonico che nei secoli ha avuto funzioni diverse, posto proprio di fronte a quell’angolo). Fu durante l’alluvione del 1547, che un avvenimento «miracoloso» segnò la nascita dell’Oratorio che a seguito di quell’episodio fu detto della «Madonna delle Nevi», un ambiente oggi incorporato nella sede della rivista «Testimonianze».

All’incrocio fra via Ghibellina e via piazza Madonna della Neve. Nel percor- delle Casine so di visita alla zona, che le guide pro- pongono per conoscere i segni lasciati dal- All’incrocio fra via Ghibellina e via delle la storia e le presenze di oggi, è compre- Casine, non lontano dal viale della Gio- sa anche una sosta davanti all’angolo di vine Italia, sono indicati sull’angolo di una questa casa per cogliere un aspetto signi- casa i livelli raggiunti dalle alluvioni nel ficativo della storia delle alluvioni e poter corso del tempo, fino alla «grande allu- costatare come quella più recente, di cin- vione» del 1966. Di fronte all’abitazione quanta anni fa, abbia raggiunto, di gran sorge il complesso delle «Murate», a de- lunga, il livello più alto. stra l’oratorio cinquecentesco dedicato a Il letto del fiume non è lontano, com’è no- Santa Maria della Neve, attualmente in- to, da questi luoghi e la zona si chiamava, corporato nella sede attuale della rivista in maniera significativa, prima delle edifi- «Testimonianze», e al centro i passaggi cazioni del Trecento, il Piaggione. La sto- d’accesso a piazza delle «Murate» e a ria di quest’area è intrecciata in modo par-

129 ticolare a quella delle alluvioni, che con tra- come sulla facciata di San Niccolò, dove gica regolarità hanno investito la città. In- si legge: «Con flutti e onde simili al ma- tendiamo soffermarci fra questi avvenimenti re, nell’infuriare della tempesta, l’Arno calamitosi, sulle alluvioni del 1333 e del prostrò la sua Fiorenza turrita, i campi, i 1547, prima di parlare della più recente. ponti, le mura, i templi e gli uomini». Fra le storie di quei giorni, è ricordato l’avve- nimento «miracoloso» che segnò la na- Anche allora fu un 4 novembre scita dell’Oratorio, sopra citato, attuale se- de di «Testimonianze». Le acque travolsero Il 4 novembre 1333 è il giorno di una dram- il Convento della SS. Annunziata delle matica alluvione per Firenze. L’acqua rag- «Murate» (nel 1845 riadattato a carcere giunse Santa Croce da Rovezzano, travol- cittadino) e abbatterono il muro del giar- gendo la porta e le mura dalla parte del cor- dino conventuale presso il quale era po- so dei Tintori «(…) per la quale rottura – sta l’immagine della Madonna con il Bam- secondo la cronaca di Giovanni Villani – bino scolpita da Desiderio da Settignano. venne l’Arno più a pieno nella città, e ad- L’immagine, secondo la tradizione, fu ri- dusse tanta abbondanza d’acqua che pri- trovata in mezzo al fango, cosparsa di ma ruppe e guastò il luogo de’ frati mino- schiuma, che «sembrava neve», decisa- ri e poi tutta la città di qua dell’Arno» 1. La mente insolita per il mese di settembre. Si notizia dell’arrivo dell’onda di piena pose volle allora costruire un oratorio per ac- in forte allarme le autorità per la sorte del cogliere l’immagine «miracolosa». In un carcere cittadino, che a quel tempo era si- documento si legge: «Cresciute le limosi- tuato a breve distanza dall’attuale com- ne e ascese a qualche migliaio di scudi, plesso delle «Murate», sempre lungo la di- fu domandato all’Arcivescovo Cardinale rettrice di via Ghibellina, nell’edificio che Alessandro de’ Medici, e ottenuto il per- nell’Ottocento fu trasformato per costrui- messo di ridurre il Portico – dove si tro- re un teatro, oggi conosciuto come il Tea- vava la scultura miracolosa di Desiderio tro Verdi. Il rischio per i reclusi nel carce- da Settignano – a Oratorio con altare». In re che portava il nome delle «Stinche» 2, un altro documento si afferma che «(…) di morire annegati era amplificato dai sof- nel 1586/87 fu eretto un oratorio dedica- fitti bassi delle celle. Le autorità cittadine to a Santa Maria della Neve; architetto fu attivarono le guardie carcerarie per l’eva- Giovanni Desio» 4. cuazione del penitenziario, ma il loro in- tervento non fu tempestivo: quando arri- varono, l’acqua aveva già raggiunto i tre 1966: l’acqua invade le carceri metri e mezzo di altezza. I documenti sto- rici ci dicono che morirono trecento car- Consideriamo ora l’alluvione del 1966, cerati, mentre undici detenuti approfitta- quando le acque dell’Arno si abbatterono rono della circostanza per fuggire 3. con particolare violenza sul quartiere di Santa Croce e sugli edifici carcerari pre- senti nella zona, «Le Murate», «Santa Ver- «L’Arno prostrò la Firenze turrita» diana» e «Santa Teresa» 5. Tre detenuti mo- rirono nelle strade che circondano l’area L’alluvione del 13 settembre 1557 è la più carceraria, travolti dalle acque, e, passata devastante dopo quella del 1333, ricor- la prima fase dell’emergenza, risultarono data anch’essa con lapidi in tutta la città, evasi 83 detenuti. Il bilancio dei morti non

130 La grande alluvione

fu quindi tragico, come per l’alluvione di «Quel 4 novembre 1966 intorno alle sei seicento anni prima (1333), ma si vissero del pomeriggio, quando l’acqua aveva rag- in quei giorni nelle carceri e nelle zone li- giunto il suo picco di quasi quattro metri mitrofe, episodi di alta drammaticità. Per di altezza, furono aperte le celle ai circa ricostruire la storia di quelle giornate, va- 240 detenuti, grazie anche all’intervento rie sono le fonti, dalla pubblicazione ci- di don Danilo Cubattoli cappellano del tata in nota, agli appassionati resoconti carcere: molti di loro si trovarono nella del giornale cittadino «La Nazione», alle condizione di non sapere dove andare. La preziose testimonianze degli stessi dete- maggior parte si rifugiarono sui tetti delle nuti, delle autorità, dei cittadini che abi- carceri insieme agli agenti di custodia» 6. tavano nelle vie limitrofe alle «Murate» e La cronaca de «La Nazione» del 6 no- alle altre carceri, come il ricordo di epi- vembre riporta che alcuni detenuti di «San- sodi impressionanti e di grande altruismo, ta Teresa» raggiunsero, dalla parte di via che riguardano via Ghibellina, riportati Manzoni, il tetto dell’istituto delle suore dal ricordo di Adriana Billi – avvalorato domenicane di Santa Caterina, «(…) pro- dalla significativa foto dell’episodio da lei vando a chiedere ospitalità alle religiose stessa gentilmente concessoci e qui ripor- che rimasero terrorizzate alla vista degli tata –, contenuto in questo numero della sconosciuti». Al «tergiversare» delle suo- rivista. Il periodo da considerare è quello re i fuggiaschi ripresero la via dei tetti fi- che va dalla decisione di aprire le celle del no ad arrivare in piazza Beccaria, per poi carcere per far uscire i detenuti, al giorno gettarsi a nuoto nelle acque che avevano del 9 novembre, quando è completata l’e- invaso la città. «La Nazione» dell’8 no- vacuazione degli stabilimenti. vembre, d’altra parte, riporta la testimo-

131 nianza di una suora che disse di aver ac- a condurre i ragazzi nella parte più alta del colto i detenuti, scongiurandoli di non carcere, la sartoria posta all’ultimo piano. scendere in strada. Un giovane detenuto, Per questi episodi, il presidente della Re- in attesa di giudizio, si gettò nel mare di pubblica Giuseppe Saragat concesse la fango insieme con altri evasi: cercò di ag- grazia ad alcuni dei protagonisti. grapparsi a un grande tronco, gli sfuggì la La zona delle «Murate» e di «Santa Tere- presa e fu travolto dalla piena. sa» fu presidiata per alcuni giorni dalla polizia, dai carabinieri e dall’esercito con mezzi cingolati e mitragliatrici. Si temeva Coraggio e altruismo dei detenuti che dopo le evasioni della sera del 4 no- vembre la situazione fosse tale da favori- Particolarmente toccante la testimonian- re una rivolta. Si tornò alla normalità gra- za raccolta da un cronista: «Non si ragio- zie all’intervento del procuratore della Re- nava più, in quei momenti. La paura di pubblica Nicola Serra e dei sostituti pro- morire è stata più forte di qualsiasi altro curatori Antonino Caponnetto e Pier Lui- motivo. Siamo saliti sui tetti, ci siamo tuf- gi Vigna che riuscirono a stabilire un dia- fati in acqua e a nuoto abbiamo raggiun- logo con i reclusi. I magistrati s’impegna- to l’appiglio più vicino. Io mi sono trova- rono per la distribuzione del cibo e del- to accanto a una persiana che galleggia- l’acqua, e organizzarono in tempi brevi il va e mi ci sono aggrappato. Mi è servita trasferimento nelle carceri di Siena, San per galleggiare per un po’ di tempo, poi Gimignano e Volterra, trasferimento che gli elementi della persiana si sono scolla- fu completato il 9 novembre. Il numero de- ti a uno a uno. Ho ripreso a nuotare ver- gli evasi a questa data era sceso a 50 unità. so un’abitazione, ho chiesto aiuto e final- Non ci furono invece tentativi di fuga nel mente da una finestra mi è stata gettata una carcere femminile di «Santa Verdiana», le corda. Sono stato aiutato a salire e ho ri- recluse si rifugiarono ai piani alti e sul tet- cevuto aiuto. Vi prego sinceramente di rin- to e in seguito furono trasferite nel carce- graziare queste persone». re di Perugia. Colpiscono dalla cronaca episodi di co- L’impegno di recupero di questi anni del- raggio e altruismo. Un gruppo di reclusi le «Murate» è dunque dedicato anche al aiutò alcuni anziani di Borgo la Croce che ricordo dei drammatici avvenimenti del si erano trovati in difficoltà ai piani bassi novembre 1966, recupero realizzato nel delle loro case. Dettero poi una mano, rispetto sia del valore storico e architetto- una volta tornati in carcere, a portare in nico del complesso che della salvaguar- salvo i figli di un ispettore intrappolati in dia delle memorie di quest’angolo della un appartamento situato al piano terra. città, e con l’intento di creare un vero e Creando una catena umana dall’apparta- proprio polo culturale e di ricerca inno- mento dell’ispettore, i detenuti riuscirono vativa, di rilievo non solo cittadino.

1 Si veda E. d’Angelis, Angeli del Fango, Giunti, Fi- gionieri, il carcere ebbe il nome che poi gli rimase. renze 2006. 3 Si veda S. Michelotti, Ottanta anni alle Murate, 2 Il carcere delle «Stinche» prende il nome dal Ca- Nardini Editore, Firenze 2013. stello delle Stinche, presso Greve in Chianti: nel 4 Su quest’argomento si veda l’articolo di R. Mosi, 1304, la Repubblica fiorentina lo conquistò e lo di- La nuova sede di «Testimonianze» alle «Murate», n. sfece, portando tutti gli occupanti a Firenze come pri- 500-501, pp. 118-121. gionieri. Essi furono i primi detenuti del carcere fio- 5 Carcere femminile. rentino, e, proprio a motivo della provenienza dei pri- 6 Si veda S. Michelotti, op. cit., p. 58.

132 SU TUTTO PESAVA LO STUPORE di Adriana Billi

Il ricordo ancora vivido di una fiorentina che ritorna alle ore angoscianti vissute fra il 3 e il 4 novembre del 66, quando l’Arno invase prepotentemente le vie e le piazze della città, fra lo stupore attonito della gente che non riusciva a capacitarsi di come il livello dell’acqua potesse crescere tanto. E un’immagine riemerge su tutte, quella dei carcerati delle «Murate» che annaspavano nel fiume che si era formato in via Ghibellina e che furono aiutati a salvarsi dai vicini. Una mano tesa che, per qualcuno, si tradusse in una vera e propria occasione per la fuga dal carcere.

Un angoscioso silenzio quello che accresceva l’angoscia era il si- lenzio: il silenzio delle persone che, af- «Ma non finirà mai di piovere?» Ci erava- facciate a qualche finestra erano divenu- mo chiesti durante il giorno e la notte che te statue mute. Su tutto pesava lo stupore precedettero quel 4 novembre 1966. Gli per un fenomeno nuovo nella sua enorme effetti si videro presto: la pioggia con la portata. forza della natura, indifferente alle esi- Un forte boato e l’apparizione di fiam- genze dell’uomo e alle sue paure, quel melle che galleggiavano sul pelo dell’ac- giorno aveva trasformato le strade in tor- qua accrebbero la paura: che cos’erano? renti fangosi che trasportavano di tutto, Si seppe poi che era scoppiato un depo- anche qualche mobile strappato dalle ca- sito di fusti di acetilene che erano usciti se o animali morti; le piazze erano dive- sul filo della corrente e, a contatto del- nute laghi limacciosi dai quali emergeva- l’acqua, si erano incendiati. no i rami degli alberelli sommersi. Ma Intanto l’acqua fangosa aveva sommerso

133 i piani terreni e arrivava già a lambire le coinvolse direttamente la mia famiglia ri- finestre dei primi piani. Era incredibile che guarda i carcerati delle «Murate» di via l’acqua dell’Arno avesse potuto invadere Ghibellina che, avendo avuto l’autorizza- una così vasta area della città. Si seppe poi zione a uscire dalle celle e a salvarsi, an- che erano state aperte repentinamente le che gettandosi nella fiumana, approfitta- dighe a monte del fiume nel timore che il rono di questa insperata libertà e ne usu- diluvio le facesse scoppiare, ma la con- fruirono in modi diversi: chi divenne «uc- seguenza fu che il livello della piena creb- cel di bosco» e non si fece più trovare, chi be a vista d’occhio arrivando ad altezze tornò a casa e poi si ripresentò alle auto- mai raggiunte. rità godendo dello sconto di pena pro- Travolti da tanti insoliti fenomeni, cerca- messo dal Governo. vamo di confortarci dicendo che presto Intanto, però, erano tutti lì ad annaspare l’acqua sarebbe stata risucchiata dall’Ar- nel tentativo di trovare un appiglio: gron- no e che tutto sarebbe tornato nella nor- daie, terrazzi, oggetti galleggianti. Non tut- malità, ma non consideravamo i materia- ti furono fortunati e su uno di loro fu più li e il fango che l’acqua aveva trascinato forte la corrente, che lo spinse nel gorgo con sé e che, infatti, il mattino dopo rico- di una cantina. Mio padre gettò una cor- privano tutto di putrida melma. da dalla finestra e a quella si attaccarono Chi aveva degli stivali in casa poté allora tre «naufraghi», che furono aiutati a sal- uscire per procurarsi qualcosa di prima varsi risalendo su un terrazzo. Per una not- necessità, usufruendo dei banchi che, al- te furono ospitati in un appartamento vuo- lestiti dai commercianti più solerti o dal to dello stabile, rifocillati sì ma anche av- Comune, si trovavano in qualche piazza. vertiti a comportarsi correttamente per po- Lo spettacolo che presentò la città il gior- ter usufruire di eventuali sconti di pena. no successivo era desolante: non era raro Tutto andò bene… anche perché un con- vedere una macchina adagiata su un’altra domino si era qualificato come questuri- auto, creando un grottesco monumento, no ed era, quindi, armato. o vederne altre con il muso conficcato nel Però, la mattina dopo ci accorgemmo che fango e il dietro alzato nella posizione di i tre carcerati erano scomparsi. Due di lo- una nave affondata. I cittadini furono al- ro si riconsegnarono ai Carabinieri; uno in- l’altezza della situazione e ripresero le lo- vece decise diversamente. Dopo qualche ro attività al più presto, anche ridendo dei tempo scrisse a mio padre per ringraziar- «consigli» diramati dalla radio, che invi- lo dell’aiuto datogli e continuò un car- tava i fiorentini a procurarsi degli stivali… teggio con lui sempre non tenendo conto Nella mente e nell’animo di tutti è rima- delle sollecitazioni che mio padre gli fa- sta tuttavia la paura e sono molto eloquenti ceva perché si ripresentasse alle autorità gli sguardi rivolti all’Arno quando la piog- e usufruisse delle probabili riduzioni di gia persiste e fa crescere il livello dell’ac- pena. Ma l’odore della libertà fu più at- qua. traente, così che lui scomparve per ri- comparire, purtroppo, dopo qualche tem- po, nelle cronache come autore di reati va- Fuga dalle «Murate» ri. Mio padre non volle conservare le let- tere, ma gli rimase il rimpianto che, dopo Tanti furono gli episodi più o meno tragi- averlo salvato dalle acque, non era riu- ci che riempirono la giornata; quello che scito a salvarlo da se stesso.

134 DUE LICEALI A SCUOLA DI SOLIDARIETÀ di Silvia Costa

Due liceali romane ma fiorentine di nascita, sono coinvolte dai loro presidi nell’azione di salvataggio dei libri pieni di fango provenienti da Firenze in quel novembre del 66 il cui ricordo è rimasto vivido nella loro memoria. Nei saloni dell’Archivio di Stato all’EUR, i ragazzi volontari svolgono il loro lavoro diligenti ed emozionati, consci dell’importanza del compito assegnatogli. Un’esperienza, quella, dalla grande valenza formativa che fu alla base della nascita di una coscienza nuova e che portò, con gli anni, alla creazione della Protezione Civile Nazionale. L’impegno odierno, alla presidenza della Commissione Cultura della UE si avvale anche del retroterra di quelle lontane memorie e della consapevolezza dell’importanza dell’obiettivo della creazione del Servizio Civile Europeo e della costituzione dei Caschi Blu della Cultura per la tutela del patrimonio culturale a livello internazionale.

Essendo nata a Firenze ma. Mia sorella Laura, di un anno più gio- vane, era al Liceo scientifico «Kennedy». Il ricordo di quei giorni è vivissimo. Ave- Le notizie drammatiche dell’alluvione di vo 17 anni, frequentavo la seconda Liceo Firenze e di larga parte del Centro Nord classico al «Manara», di Monteverde, a Ro- sono arrivate dopo giorni di informazioni

135 sulla pioggia incessante ed alcuni allaga- L’importanza dell’educazione dei menti, ma con una presa di coscienza col- giovani lettiva drammatica solo dopo il 4 novem- bre. Ricordo la figura nobile e tragica del Non è un caso che dall’alluvione del 66 sindaco Piero Bargellini, le immagini dei sia nata la visione e la struttura della Pro- cittadini impotenti, del fango e dell’acqua tezione Civile italiana, che si configurerà che aveva sommerso i piani bassi delle tra il 1970 e la legge del 1992 e che, a dif- cose, l’Arno gonfio e impetuoso, con il ferenza di altre esperienze europee e in- Ponte Vecchio aggredito pericolosamen- ternazionali, è incardinata nella dimen- te. E poi ricordo le immagini di una spon- sione territoriale, nel volontariato orga- tanea, simultanea mobilitazione di giova- nizzato, integrato con le organizzazioni ni volontari che da tutta Italia decisero di umanitarie e militari. andare ad aiutare i fiorentini, i Vigili del Ma da quel disastro, e dai successivi altri Fuoco (i veri eroi di quei giorni), i re- disastri naturali, aggravati dall’incuria e dal- sponsabili del Comune e delle istituzioni la mancata prevenzione, sono nati orga- culturali travolte: dall’Archivio alla Bi- nismi e protocolli europei e internaziona- blioteca Nazionale, dal Palazzo degli Uf- li, con la creazione dell’UNISDR, l’orga- fizi alle Chiese. nismo delle Nazioni Unite per la Strategia E così fu naturale, per Laura e per me (che di riduzione dei disastri per condividere essendo nata a Firenze mi sentivo parti- procedure, standard e collaborazione. colarmente coinvolta), rispondere all’ap- Da lì è nata però anche e soprattutto la pello dei nostri presidi (sollecitati dal Mi- consapevolezza che è illusoria una dife- nistro della Pubblica Istruzione) di unirci sa del territorio senza una educazione dei a questa prima mobilitazione studentesca giovani e dei cittadini al valore del patri- per una forma di «volontariato culturale», monio naturale e culturale, alla preven- per salvare i libri pieni di fango giunti da zione e una capacità di mobilitazione dal Firenze all’Archivio di Stato all’EUR. basso. Per questo, come presidente della Ancora ricordo l’emozione e l’orgoglio di Commissione Cultura, sono impegnata a quella esperienza, che è stata moto for- rilanciare ed estendere non solo il volon- mativa e che mi ha lasciato una impronta tariato europeo e internazionale e a isti- indelebile. Nel grande salone centrale, un tuire il Servizio Civile Europeo, ma anche esercito di ragazzi e ragazze poco più che a far sì che la UE in quanto tale si batta in adolescenti, con indosso grembiuloni, sti- sede ONU per la costituzione dei Caschi vali e guanti di gomma, ognuno con il suo Blu della Cultura presso l’UNESCO a tu- secchio d’acqua e raschietti e pennelli, ab- tela del patrimonio culturale, minacciato biamo ripulito pagina dopo pagina, inse- da cause naturali e dalle forme di distru- rendo un foglio di carta assorbente, volu- zione intenzionali, come quelle perpetra- mi antichi e preziosi, con una delicatezza te dall’ Isis in Europa e nel Mediterraneo. e un senso di responsabilità straordinari. Lo dobbiamo a tanti cittadini, militari, stu- Non ricordo per quanti giorni (certamen- diosi che si sono prodigati anche a costo te almeno in settimana) siamo stati impe- della vita per salvare un patrimonio del- gnati in questo salvataggio di una parte l’umanità. del patrimonio librario, ma si è trattata cer- Ma lo dobbiamo anche a quelle migliaia tamente di una prima esperienza di vo- di giovani, gli «angeli del fango», che han- lontariato promosso tra gli studenti, una no dato e continuano a dare una grande sorta di Servizio Civile in nuce. lezione di solidarietà.

136 UN’OCCASIONE MANCATA? di Claudia Petrucci

Nel fango di Firenze, una generazione di studenti giovani e giovanissimi scoprì una dimensione nuova della solidarietà, da riassumere con alcune parole chiave: uguaglianza, accoglienza, aiuto, che si declinava anche nell’ausilio a chi era venuto a prestare soccorso. Ma fu anche la scoperta di un nuovo modo di concepire la cultura, estraneo alla scuola, che in quel lavoro emergenziale coniugava e fondeva cultura classica e scientifica, teoria e pratica. Fu quella un’occasione mancata per stabilire durevolmente il patto fra generazioni che in quell’occasione si era delineato e per fondere cultura, lavoro, diritti e responsabilità sociale come vorrebbe la nostra Costituzione.

A riflettori ormai spenti trattativa lunga tra capi scout, Croce Ros- sa, presidi, e famiglie preoccupate, e, al- Quando arrivammo noi, i riflettori erano la fine, ottenute le benedizioni di tutti, un già quasi spenti e ricominciava una para- treno di notte che avanzava a lumaca, fer- dossale normalità. La Tv del bar ancora li- mandosi ai bordi di lagune nere che nel- vido mostrava già l’anteprima del film di la geografia prima non c’erano. Ma era- Richard Burton che aveva commosso il vamo finalmente lì, in un luogo sconvol- mondo. In fondo alla strada, un mucchio to e freddo, e due volte mitico, perché era di macerie e una macchia a colori: un Firenze, e perché era il teatro di una nuo- jukebox spiaccicato al muro dalla forza vissima epica di ragazzi. C’era di che sen- della piena. Qualche negozio aveva ria- tirsi storditi, commossi e felici. perto e vendeva oggetti segnati dal fango. Il nostro gruppo, di circa trenta giovani, ve- Alla notizia dell’alluvione i fratelli mag- niva da Genova: AGESCI, Croce Rossa, e giori erano volati a Firenze di slancio. Per studenti dell’ultimo anno di scuola supe- noi delle scuole c’era stata, invece, una riore, tra cui una decina dal liceo «Doria».

137 Restammo poco, dal 30 novembre al 7 di- E poi c’è l’accoglienza, e l’aiuto. Oggi se cembre. Un altro gruppo c’era stato nei ne parla in altri contesti e con equivoci e giorni precedenti, dal 22 al 29. Poiché era- chiusure. E si parla anche molto di resi- vamo gli ultimi, e minorenni, non fummo lienza, che allora fu straordinaria. Il ricor- alloggiati nei treni che avevano ospitato i do di quei giorni è di una città che fu ca- primi volontari, ma più prosaicamente al- pace di farsi carico, e in quelle condizio- l’ostello, che allora era situato in una vil- ni, anche di noi volenterosi e inesperti. la in collina, straordinaria e lontana dal Una solidarietà incrociata che aiutava chi caos appena a valle. era venuto ad aiutare. Firenze fu capace di Fummo vaccinati contro tifo e colera. Sti- darci alloggio, protezione sanitaria, op- vali e guanti li avevamo portati da casa. portunità di renderci utili, e anche di sal- Gli universitari dell’ORUF, l’organizza- vare la nostra leggerezza di ragazzini (che zione di rappresentanza studentesca, ci era servita a tutti, si seppe poi, almeno assegnavano ogni mattina alle squadre di quanto le braccia). Ci aiutò a diventare cit- lavoro. tadini un po’ prima dell’età legale, che al- lora era ai ventun anni, lontanissima dai nostri, più o meno, diciassette. Fatica e pazienza

Non vedemmo quasi i capolavori dell’ar- Che sofferenza, tornare alla scuola delle te che pensavamo di venire a salvare: ci astrazioni! camminavamo in mezzo, per le strade, e la Porta del Paradiso del Battistero era an- Ci capitò perfino di ridefinire il rapporto cora semiaperta, dopo che la melma l’a- con la cultura e l’arte. Che per molti di noi veva invasa, ma non andammo lì. Ai più erano astrazioni e metafore, bellezze evo- robusti toccò il servizio rurale nelle fra- cate più che capite, virtuosismi di autori, zioni allagate. Il resto andò negli scanti- artisti e critici importanti per la scuola, ma nati della Biblioteca Nazionale, dell’Uni- non tanto collegati col mondo vero. E lì versità e del Gabinetto Vieusseux, dove si invece si rivelarono un centro concretis- caricavano a passamano mattoni e matto- simo che muoveva lavoro manuale, co- ni di fango rappreso, che alla ripulitura, a noscenze scientifiche e tecniche, chimica, poco a poco, si rivelavano libri. Fatica e fisica, filologia e capacità di decidere. I tur- pazienza: non eravamo abituati, ma ci ni di lavoro della Biblioteca e del Vieusseux prendemmo subito la mano. Ci scambia- ci mandarono a caricare e stendere le pa- vamo le impressioni e pareva che tra la- gine come in un opificio tessile, a pulirle voro in campagna e lavoro in Biblioteca e asciugarle come in una lavanderia, a non ci fosse poi tutta questa differenza. proteggere con i fogli di carta assorbente Molte altre differenze caddero allora, al- i caratteri antichi intravisti, e i testi intui- meno per un po’. ti, a spruzzare timolo e disinfettante in te- Ci sono parole di quel tempo su cui an- nuta da Ghostbuster (con attenzione, per- che oggi vale la pena di tornare. Una è cer- ché poteva fare male, e ci spiegarono per- to l’uguaglianza. Il legame tra il volonta- ché), a portare, come in una bottega arti- riato di allora, quando le differenze con- giana, attrezzi e pennelli ai restauratori tarono così poco, e la grande spinta di veri, che erano ragazzi poco più grandi di uguaglianza, dei mesi e degli anni che se- noi ma che sapevano cosa fare. Tornare al- guirono, è storia. la scuola delle astrazioni, e delle materie

138 La grande alluvione

separate e incomunicabili, fu una vera sof- 3 della Costituzione, e anche il 41 e il 42, ferenza. quelli che parlano di cultura, lavoro, di- A volte penso che la Firenze degli studenti ritti e responsabilità sociale, per farne par- sia stata un’occasione mancata. Forse di tecipi tutti e in modo durevole. Nono- lì si sarebbe potuta avviare un’altra idea, stante tutto quello che è successo da al- radicata in pratiche di «salvataggio» da lora, è una prospettiva che sembra anco- sperimentare, di difesa del patrimonio cul- ra lontana. Come se ci fossero stati sen- turale, e anche di educazione. Un altro tieri intravisti che poi perdemmo. Ma, for- patto tra le generazioni, un modo con- se, non si perde la speranza di essere an- creto di ricucire insieme gli articoli 9, 1 e cora in tempo.

139 UNA CITTÀ E IL SUO FIUME di Mauro Cozzi

La storia di Firenze è contrassegnata, nel bene e nel male, dalla centralità del ruolo del suo fiume, che ha talora flagellato la città con piene ricorrenti e periodicamente devastanti, ma che ha anche, costantemente, ospitato fervide attività sulle sue rive e che è stato oggetto di progetti di risistemazione, a partire da quello imponente del Poggi, quando il capoluogo toscano divenne capitale del neonato Regno d’Italia. L’evento dell’alluvione del 1966 è sentito però come uno spartiacque nella considerazione dei disastri naturali, per la rappresentazione mediatica che ne fu fatta, a livello nazionale e internazionale, in ragione dell’entità della posta in gioco e per il valore simbolico che esso assunse per la maturazione di un nuovo senso di responsabilità nel rapporto dell’uomo contemporaneo con il territorio.

Il primo disastro «mediatico» che Poggi e gli altri progettisti dovettero af- frontare. La seconda ricorrenza è natural- Due anniversari incrociano ora Firenze e mente quella del cinquantesimo dalla ter- l’Arno. Il primo fatto già oggetto di in- ribile alluvione del 1966. Cinquantenario contri, di convegni e di una mostra al- quasi obbligatorio in un paese sottoposto l’Archivio di Stato, è quello dei centocin- a perenne rischio idrogeologico, ma an- quanta anni di Firenze Capitale d’Italia: che occasione per riflettere sul primo di- evento che è stato rivisto anche alla luce sastro mediaticamente, ecumenicamente dei cospicui lavori di carattere idraulico proiettato quasi in diretta, sui danni pati-

140 La grande alluvione ti da una città d’arte ma anche su un evento epo- cale, capace cioè di se- gnare il suo tempo, d’es- sere in più modi ele- mento di discontinuità e perfino di produrre una sorta di catarsi liberato- ria. L’una e l’altra di queste due ricorrenze determi- nano esattamente un se- colo nel quale Firenze ha vissuto un suo mute- vole rapporto col fiume e con tutto il sistema idraulico in esso con- conferito a Giuseppe Poggi, nei lavori che vergente. Solo una parentesi di un rap- parallelamente l’Uffizio d’Arte del muni- porto di millenni, intendiamoci, come mi- cipio, diretto da Luigi Del Sarto, metteva nimo dalla città romana, da una posizio- in esecuzione, la grande alluvione del ne e da una forma condizionata da quel 1844 era presentissima. Una piena che fiume capriccioso e inaffidabile che può aveva sommerso gran parte del centro cit- passare da quattro a quattromila metri cu- tadino, che aveva divelto dai suoi anco- bi d’acqua al secondo, dal quale i fioren- raggi il ponte sospeso San Ferdinando, co- tini hanno tratto energia, materiali, cibo, me il suo gemello a valle comprato «chia- benessere ma anche hanno dovuto difen- vi in mano» dalla ditta «Seguin», portan- dersi con mura e con porte (quasi delle ca- doselo via. Il disastro patito dalla città e teratte). Una forma fluens che ha lasciato dalle campagne vent’anni prima, non era tracce nella toponomastica, nel percorso stato dimenticato, ma in ogni caso, l’Ar- delle strade per via della cadenza di al- no aveva ribadito il suo carattere appena meno una «piena» grande per secolo e di un mese dopo il decreto che sanciva il tra- altre piene più o meno disastrose, come sferimento della capitale da Torino, con le statistiche già molto precise dai tempi una alluvione meno grave rispetto a quel- del Targioni Tozzetti possono documenta- la del 44, ma certo tempestiva in ordine re. Fenomeni tuttavia rimossi dalla citta- ai lavori che erano in programma. dinanza, stante la cadenza comunque an- Dal momento che si è deciso di abbatte- nosa, tanto da apparire – come nel 1966 re le mura (come si era fatto e si stava fa- – del tutto inattesi, almeno agli occhi dei cendo in tutte le capitali d’Europa), tra le più. «consegne» che Poggi riceve apparente- mente per le spicce con una lettera del gonfaloniere Carobbi, al primo posto c’è Il fiume, elemento fondante proprio la difesa idraulica della città cui del Piano del Poggi l’architetto dà seguito ordinando cospicui movimenti di terra a monte e a valle del- Non fu così per Firenze capitale e per il l’Arno, innalzando argini sul pericoloso piano d’ingrandimento che per questa fu Mugnone, intervenendo sull’Affrico, sul studiato e in parte attuato. Nell’incarico fosso di San Gervasio, sul Terzolle; sca-

141 vando un Emissario (poi noto col nome I lungarni borghesi del progettista) che da Est a Ovest, sotto- terra attraversa tutta la città di allora: il la- Tutt’altro paesaggio quello che si presen- voro forse più impegnativo tra quelli rea- ta ora: non più il pittoresco «cenciaio del lizzati per l’ingrandimento, come nella re- Tiratoio di Piazza d’Arno», la quotidiana cente mostra all’Archivio di Stato si è avu- confidenza con l’acqua delle lavandaie, to l’occasione di puntualizzare. Ma, an- dei renaioli, dei barrocciai, dei pescatori, che al di là di questi aspetti prettamente ma dei lungarni borghesi decenti, difesi tecnici, il fiume risulta elemento fondan- da muraglie che pur consentendone la vi- te per tutto quel Piano. Poggi nel suo di- sta, stabilivano una congrua «distanza» segno l’assume come vera e propria cer- dal fiume; «detoscanizzavano», anche in niera: sulla riva destra lo stradone inter- questo caso, la nuova capitale. Un chilo- vallato da piazze che sostituendo le mu- metro e più di rive riformate che si ag- ra, imposta la città residenziale medio bor- giungevano, dall’una e dall’altra parte, al ghese, impiegatizia; sulla riva sinistra la lungarno del quartiere delle Cascine, av- città giardino di collina, aristocratica, fat- viato prima della capitale per il quale Pog- ta di ville e di panorami che sarà realiz- gi proponeva ora il nuovo ponte Carlo Al- zata come è noto, solo nella sua metà, berto, dotato di giardini su ambedue le te- mancando i quattro chilometri del previ- state, che avrebbe dovuto collegare l’Ol- sto tratto di Bellosguardo. Nella sua inte- trarno col centro e con la stazione ferro- rezza, quel sistema di viali, partendo dal- viaria. l’Arno a Levante, al fiume sarebbe dovu- Tra le idee poggiane finalizzate al rappor- to ritornare, di fronte al parco, ora pub- to col fiume, la più importante era il gran- blico, delle Cascine. Il fiume è elemento de stabilimento dei bagni, che rifornito dal fondante, come pure è arcinoto, in una fiume subito a monte della pescaia di San delle parti formalmente più riuscite del Niccolò, avrebbe dovuto occupare i co- piano Poggi, ossia nelle Rampe, nel giar- siddetti «Pratoni della Zecca», tra l’Arno e dino che per viali, grotte e fontane colle- la piazza Beccaria. A prescindere dal con- ga il piazzale da intitolarsi a Michelange- sueto distacco, dalla decente, sussiegosa lo, alla torre di San Niccolò, elemento su- veste architettonica con la quale si voleva- perstite di un più esteso fortilizio che oc- no surrogare le pittoresche, popolari ba- cupava quella riva. La quale ora, col di- racche, frequentatissime d’estate, che qua segno degli ingegneri Del Sarto e Cane- e là occupavano le rive, il piccolo mare do- vari, per oltre un chilometro, viene del tut- mestico proposto da Poggi (esemplato sui to sovvertita. Giusto a partire dalle Ram- milanesi «Bagni Diana» che l’architetto, ap- pe e dal felice innesto di quella nuova posta, era andato a visitare), oltre a riforni- piazza con la torre, demolita la cosiddet- re col suo scarico il canale Emissario e con- ta «Passeggiata degli acquedotti», riformati sentire l’annaffiatura dei viali, era funzio- i Renai e il limitrofo ponte alle Grazie, in- nale ad una nuova concezione igienica del- vertiti verso il fiume gli affacci della re- la città; ad un rapporto con l’acqua che trostante via de’ Bardi, vengono aperti i de- dall’inizio del secolo s’era incrementato, corosi, algidi lungarni Serristori e Torri- cominciando ora a far parte di una visione giani che insieme al lungarno Cellini e al sanitaria applicata all’urbanistica. Sarebbe parimenti riformato lungarno della riva de- comunque stato, oltre al verde e alle salu- stra, completano la bonifica idraulica e tari passeggiate, uno dei pochi servizi real- viaria. mente a disposizione dei cittadini.

142 La grande alluvione

Quell’idea di un «Lido fiorentino» sce di qualità. Subentra infatti Nello Ba- roni, già membro del «Gruppo toscano» Nonostante protratte insistenze, i bagni ri- della stazione di S.M. Novella (maltenu- masero tra le parti inattuate del piano Pog- ta, nonostante che con qualche pompa, si gi, l’idea si trattenne tuttavia nell’aria, fa- siano da poco celebrati i suoi ottant’anni), cendo scaturire negli anni a venire una il quale opera insieme a Pietro Porcinai. serie di proposte riguardanti il fiume e le Sembrerebbe anzi il paesaggista a riav- sue rive. Forse, nella presunzione che dav- viare la proposta, a cercare dei finanzia- vero, coi suoi lavori idraulici, l’architetto tori, a formare una apposita società e a far di Firenze capitale, «dall’acque l’avesse discutere e approvare il progetto in Con- fatta sicura» – come si potrà ottimistica- siglio comunale. La littoria sequenza di mente scrivere sulla lapide apposta nel Brizzi si stempera così in un giardino flu- 1911, sulla casa di via Guelfa – via via che viale, appena definito da qualche tratto di ci si allontanava dalla piena del 1844 e dal muro, dalla grande piscina che ha un’an- ritocchino di vent’anni dopo, si ristabiliva sa ricurva e più profonda per i tuffi, da una maggiore confidenza col fiume; i mu- una piscina più piccola, circolare per i raglioni di quei decenti lungarni faceva- bambini e da un cinema teatro all’aperto no di nuovo intravedere una certa parte- protetto da una fitta macchia d’alberi. cipazione. Alla permanente, tremenda fa- tica dei renaioli, ai carri che scendevano alla piazza d’Arno per caricare la rena, si La ferita prodotta dai bombardamenti aggiungevano, sulla moda inglese, gli ari- stocratici canottieri e, dall’inizio del se- Per quanto riguarda il rapporto col fiume, colo, la «Rari Nantes»; al riverbero dei Fo- bisogna subito osservare che il passaggio chi di San Giovanni o delle popolari rifi- del fronte, con la distruzione dei ponti e colone, a qualche concertino galleggian- di una parte non piccola della città anti- te, faceva a più riprese seguito il proposi- ca alle testate del superstite Ponte Vec- to di navigarlo il fiume, sia dentro che a chio, ha riproposto all’attenzione e all’af- monte e a valle della città. E proprio là do- fetto dei fiorentini l’Arno e le sue rive: l’e- ve Poggi aveva ipotizzato i suoi bagni, fa- mozione per il grave danno subito, la pre- ranno seguito, dal fascismo alla Repub- carietà dei ponti Bailey gettati tra le pile blica, i progetti per un «Lido di Firenze». superstiti o esili passerelle di legno come Progetti non occasionali, che vedranno il quella a monte del già ponte alle Grazie, protratto impegno di Raffaello Brizzi, fon- gli orti di guerra che ancora occupano il datore e preside della neo-fondata facoltà limitrofo greto, al margine del cinema esti- di Architettura nonché, tra molti incarichi, vo «La lucciola», stabiliscono un nuovo e autore del piano di riassetto del litorale di più vero rapporto tra il fiume e la città. Nel Viareggio; e ancora con lo stesso Brizzi, fiume ancora si pesca e si cava la rena, ar- l’impegno dell’ingegnere del Comune caico ma non irrilevante contributo alla ri- Alessandro Giuntoli e del podestà Gio- costruzione. Anche di quella di Por Santa vanni Poggiali. Neppure con la guerra si Maria, di via Guicciardini o di via de’ Bar- perde l’idea di un «Lido fiorentino», che di dove s’erano previsti giardini (preda poi subito si riaffaccia nel gennaio del 1946. di più solidi interessi) e dove si tenteran- In morte del Brizzi, vittima della malattia no terrazze e affacci sul fiume anche a li- e degli interni rancori della Scuola di Ar- vello della strada, nel borgo San Jacopo, chitettura, il progetto passa di mano e cre- nell’unico tratto di città rimasto privo di

143 lungarni, nei disegni e nelle idee che Gio- latori e palazzinari. Quattro mesi dopo, vanni Michelucci sviluppava subito ad- l’acqua che invade Venezia e la inedita dosso alle macerie, e poi nei progetti per quantità di melma dell’Arno confermava- la ricostruzione della «città sul fiume» che no dei disastri colposi e percepiti come occupavano l’intellighezia architettonica frutto d’una punizione divina – «(…) sia- cittadina. Un fiume presente direttamen- mo sommersi in un mare di cacca, non sai te e indirettamente, in certi progetti per la se d’uomo oppure di vacca…», reciteran- ricostruzione dei ponti dove si immagi- no goliardicamente certe strofe della con- navano ancora terrazze ove sostare e ri- testazione, unendo, identificando in quel- flettere sul dramma appena trascorso; nel- la melma un disagio diffuso e già annoso; la bella città giardino dell’Isolotto, neo- trovando in quel limo emulsionato d’olii realistico contributo alla dignitosa indi- combustibili, sul quale galleggiavano car- genza di allora, sorta al riparo dell’argine casse d’automobili, alberi e quanto era e appartata dal dirimpettaio parco delle stato sottratto da stalle e porcili, un segno Cascine; o dalla parte opposta della città, fatale di discontinuità. Per l’architettura a Bellariva, dove le velleità di un «Lido di fiorentina, ovvero per i più avvertiti tra i Firenze», proseguivano in una vera e pro- progettisti toscani, quella gran «sciacqua- pria cittadella dello sport, progettata da ta» fu l’occasione per un ripensamento di Antonio e Pier Luigi Nervi, per poi con- tutta intera la materia, per una presa di di- cretamente approdare, con le medesime stanza da certi raffinati esercizi composi- firme, nell’assai più modesto impianto del- tivi, da malie di cui s’era compresa l’inu- la piscina di Bellariva. tilità; occasione anche per un tempestivo aggancio alla Pop Art e al movimento Ra- dical inglese, aggancio che farà di Firen- Sommersi «in un mare di cacca» ze un apprezzato laboratorio artistico spe- rimentale. Utopie certamente, quelle che L’alluvione del 66 fu fatto epocale, non comparivano nelle tavole delle neoavan- solo, si diceva, per i danni al patrimonio guardie («Superstudio», «Archizoom» o artistico e per il clamore mediatico susci- altre sigle), fantasie grafiche, moniti ideo- tato. Il ventennio all’incirca trascorso dal- logici, col duomo che fuoriusciva da un le mine tedesche del 4 agosto del 1944, lago o con certe forme mute ed enormi che alla melma del 4 novembre del 1966, pe- galleggiavano sul fango. Il fiume, con l’ul- riodizza bene, come ormai si è acquisito, tima delle sue grandi escrescenze, non so- la fase della Ricostruzione e del susse- lo lanciava moniti non equivocabili per la guente boom economico. L’alluvione è tutela dell’ambiente e, col sacrificio e la uno spartiacque, nell’anno stesso della fra- resurrezione di tante opere, affinava l’e- na di Agrigento che era la frana di un’in- sercizio e le tecniche del restauro, ma an- tera generazione di amministratori, di ur- che, provocava mutazioni di pensiero e di banisti e di progettisti e che avrebbe do- espressione, interferendo una volta di più vuto essere monito clamoroso per specu- con la storia millenaria della città.

144 L’A RCHIVIO DELLA CITTÀ E L’ALLUVIONE «IN DIGITALE» di Luca Brogioni

L’Archivio Storico del Comune di Firenze conserva e rende disponibili gli atti amministrativi a partire dalla riorganizzazione territoriale attuata con le riforme di Pietro Leopoldo di Lorena. Documenti che testimoniano il variare nel tempo del vivere associato e che rappresentano, pertanto, un’imprescindibile fonte storica. Dal 2012 l’Archivio ha iniziato progetti volti alla valorizzazione delle testimonianze di vita personale e familiare come momenti della più vasta vita della comunità cittadina, invitando la gente a fornire foto, testi, materiali di diverso tipo che, digitalizzati e trattati con l’aiuto di volontari competenti, costituiscono un materiale prezioso per il recupero della nostra storia e delle nostre radici. È in questo contesto che sono state raccolte e si vanno raccogliendo immagini (digitalizzate) e testimonianze che documentano il tessuto di resilienza, di solidarietà, di autorganizzazione creatosi in città in quel novembre 1966.

Al servizio della storia della città cordi, documenti della vita associativa. L’Archivio Storico del Comune di Firenze La storia di una città è la storia dei suoi conserva e rende disponibili gli atti am- cittadini: immagini, emozioni, parole, ri- ministrativi del Comune moderno, nato

145 con le riforme illuministe settecentesche. zioni assunte dai consiglieri, dagli ammi- Come tutti sanno, l’amministrazione del- nistratori, dai sindaci sia per la conduzio- la città di Firenze era cresciuta dalla Città- ne della città sia le grandi idee per la co- Stato medioevale, collegata all’Impero e struzione di un futuro migliore di pace per poi al dominio Angiò, fino alla dimensio- l’umanità intera, nell’ambito delle quali ne di Stato regionale con il Granducato non possiamo non ricordare gli incontri in- mediceo e successivamente lorenese dan- ternazionali promossi dal sindaco Gior- do una lunga continuità temporale alle an- gio La Pira. Alle testimonianze del vivere tiche magistrature. Nel secondo Settecen- civile si alternano talvolta quelle dell’in- to le nuove idee illuministe spazzano civiltà e del razzismo: gli atti dolorosi di ovunque i vecchi ordinamenti, la Toscana esclusione e persecuzione di parte dei suoi lorenese diventa uno dei principali luoghi cittadini sia per politica che per razza, europei dove si concretizzano le nuove quale il terribile «Censimento della razza» idee. L’opera riformatrice di Pietro Leo- del 1938 e le «Denunce della razza ebrai- poldo di Lorena appoggiata e sostenuta ca». Storie oscure svoltesi in una situa- da vari intellettuali fiorentini e toscani, zione di consenso ancora da comprende- abolisce le oramai obsolete magistrature re nei suoi meccanismi profondi. tradizionali e crea dei nuovi governi del- Ai lati oscuri della documentazione fan- le città sganciati dall’amministrazione cen- no da contraltare le luci della storia col- trale dello Stato, riconoscendo allo stesso lettiva del Novecento fiorentino: le testi- tempo l’autonomia locale e coinvolgendo monianze dei grandi momenti di riscatto direttamente nell’amministrazione i citta- e solidarietà con il governo partigiano del dini che «pagavano le tasse». Si tratta del- Comitato Toscano di Liberazione Nazio- la Riforma Amministrativa del 1781 che nale dell’agosto del 1944 e la risposta or- crea le Comunità, antesignane degli odier- ganizzata e corale alle distruzioni dell’al- ni Comuni. Le Comunità saranno poi se- luvione del novembre 1966. guite dalle Mairie francesizzanti quando Firenze diviene Dipartimento dell’Arno dell’Impero napoleonico (1808-1814) e Un grande insieme di documenti unici poi di nuovo Comunità, per diventare in- fine Comune dal 1865 con la Legge Lan- Un grande insieme di documenti unici che za di riordino delle amministrazioni citta- regolano il nostro vivere associato, im- dine del neonato Regno d’Italia. prescindibili per la sua continuazione or- L’Archivio Storico mantiene tutti i regola- dinata e corretta (si pensi al caos nel qua- menti, i provvedimenti di espansione e di le precipiteremo se non avessimo più gli salvaguardia cittadina, la realizzazione atti delle licenze di commercio, dei per- delle fogne, dei mercati, la tutela della sa- messi edilizi, dello stato civile ecc. ecc.), lute, l’istruzione, il catasto e le tasse lo- ma anche documenti che al tempo stesso cali, gli espropri e i progetti per le nume- costituiscono fondamentale testimonianza rose nuove costruzioni e trasformazioni storica dello svolgersi della vita cittadina. che dal Settecento ad oggi cambiano Passando davanti alle filze dei documen- profondamente la nostra città. E ancora, le ti dei nostri concittadini e trovandosi ad licenze e i permessi per l’esercizio di at- aprirle per consultarle, pur nelle brevi e tività o di costruzione, l’Anagrafe, fonda- doverosamente scarne note amministrati- mentale attestazione della cittadinanza e ve si intuiscono i fermenti e le aspirazio- della residenza. I dibattiti e le delibera- ni delle persone che ci hanno preceduto

146 La grande alluvione e hanno realizzato la città nel- la quale vi- viamo. Storie, co- me diceva- mo, vicine a noi. Tan- tissime sto- rie, si pen- si che l’Ar- chivio Sto- rico e di Deposito del Comu- ne di Fi- renze con- serva in to- tale quasi 14 chilometri di filze di documenti unici tadini che intendono contribuire al pro- (la filza è l’unità archivistica che contiene getto, mettendo così a disposizione degli una serie di affari o attività similari) e in studiosi, dei ricercatori e dei curiosi le co- ogni filza e in ogni registro le storie sono pie digitali di alcune testimonianze di vi- incredibilmente numerose. La prepara- ta, preziosi e, a volte, necessari comple- zione storica e la fantasia ci permettono menti per capire e ricostruire a tutto ton- di ricostruire e «vedere» i nostri antenati do, accanto alla storia istituzionale, la sto- o anche solo il tempo della nostra gio- ria sociale della città. Le foto familiari, ventù, ma non riusciamo con i soli docu- scattate nelle più diverse occasioni – ma- menti prodotti dall’Amministrazione a do- trimoni, battesimi, feste, vacanze, attività cumentare e valorizzare appieno la storia lavorative, ma anche momenti sociali im- sociale cittadina. portanti come la guerra, l’alluvione, le ma- Con il progetto La tua storia la nostra sto- nifestazioni – collegano le varie storie in- ria, l’Archivio Storico del Comune di Fi- dividuali riconducendole nell’alveo della renze unitamente al Consiglio comunale, storia cittadina e creando il necessario in collaborazione con appassionati vo- contorno alla Storia con la S maiuscola, lontari e con l’aiuto di tutti i fiorentini, ha quella che si costruisce attraverso l’anali- intrapreso una iniziativa per valorizzare le si delle fonti documentali archivistiche. testimonianze di vita personale e familia- Per i fiorentini è scontato il senso di ap- re come momenti della più vasta vita del- partenenza alla città, alla sua storia, al suo la comunità cittadina. carattere ironico e polemico e al tempo Dal 2012, grazie ad un appello rivolto agli stesso schivo e riservato, ma questo sen- abitanti dal Consiglio comunale e all’aiu- so è profondamente cambiato nel tempo to di alcuni preziosi volontari, ha iniziato a causa delle trasformazioni urbane che, a raccogliere, in archivi digitali, le foto di dall’Ottocento in poi, hanno ampliato i famiglia, gli scritti e i documenti dei cit- confini della città, trasformazioni che so-

147 no state accompagnate e sostenute da con- lasciarci una liberatoria per il loro l’uti- tinui flussi di abitanti in entrata e uscita, lizzo a scopo didattico, divulgativo e di tanto che, oggi, è piuttosto bassa la per- studio. centuale dei fiorentini che può vantare ge- Le immagini sembrano parlare da sole, ma nerazioni di vita in città. Siamo di fronte, il tessuto di resilienza, di solidarietà, di quindi, a un senso di cittadinanza che va autorganizzazione creatosi in città in quel continuamente ricercato e ridefinito nella novembre, l’azione di «angeli» divenuti sua realtà per non limitarsi a riproposi- famosi o rimasti sconosciuti, l’opera posi- zioni folcloriche. tiva delle istituzioni necessitano che quel- Il nuovo progetto che affiancherà quello le immagini siano corredate da racconti in corso andrà a porre la basi dell’identità che illustrino come la solidarietà, lo spi- cittadina: Le tue radici le nostre radici vuo- rito della «meglio gioventù», sino a riusciti le infatti ricostruire i percorsi di arrivo in in quei momenti a rompere barriere, dif- città dei sui nuovi abitanti permanenti e fidenze e incomunicabilità. temporanei: le residenze, i luoghi di in- In accordo con il Comitato «Firenze2016» contro, l’inserimento e quanto altro può e grazie al finanziamento dell’Ente Cassa testimoniare il cambiamento e la nuova di Risparmio, con un giovane dottore in vita. L’Archivio Storico si propone così co- sociologia urbana stiamo aggiungendo, al- me il luogo, non solo della memoria isti- le testimonianze per immagini, le intervi- tuzionale della città, ma anche della me- ste dirette con i protagonisti e la raccolta moria locale intesa nel senso più ampio di brevi note diaristiche. di memoria collettiva di tutti i cittadini. Immagini e racconti che ci narrano del- l’alluvione come un momento della nostra vita contemporanea, che schiacciano la I cittadini raccontano l’alluvione distanza temporale dei cinquanta anni dal fatidico 1966, interrogandoci e stimolan- Uno dei filoni di raccolta, nato già nel- doci positivamente all’azione comune per l’associazionismo – in particolare nei far si che non si ripeta. quartieri di Santo Spirito e San Frediano Un nostro concittadino del passato, Nic- in occasione dello scorso decennale –, si colò Machiavelli, avvertiva che «(…) la è concentrato sull’alluvione. Sono molte Fortuna è come uno di quei fiumi sempre centinaia le immagini raccolte, organiz- in piena che alluvionano le campagne mo- zate in album digitali per donatore e ca- dificando l'orografia del terreno. Ma, an- talogate nel patrimonio della Biblioteca che se è un fenomeno potente, tuttavia gli dell’Archivio. Sorprenderà che immagini uomini in tempo quieto vi possono pren- del passato siano digitali, lo sono perché dere provvedimenti con ripari ed argini, in frutto di un recupero di stampe, diaposi- modo che, quando si verifichi la piena, tive e negativi acquisite attraverso una l'acqua verrebbe incanalata e non procu- moderna strumentazione, che ci ha per- rerebbe gravi danni. Così è, la Fortuna vol- messo di restituire all’affetto familiare gli ge il suo impeto dove la virtù non è pre- originali e conservare nei nostri server le posta a resisterle». testimonianze. Ai cittadini non chiedia- La Storia, le storie, dell’Archivio, le storie mo solo di donarci le loro foto, di per- del nostro vivere insieme ci offrono nu- dere un po’ di tempo per venirci a tro- merosi spunti positivi, sta a noi scegliere vare (su appuntamento), ma anche di ri- di essere virtuosi.

148 ARCHIVIO «FOTO LOCCHI»: LA STORIA DI FIRENZE IN 5 MILIONI DI IMMAGINI di Erika Ghilardi

«Foto Locchi», realtà fiorentina dedita al foto giornalismo dal lontano 1924 – che ci ha gentilmente concesso alcune immagini, fra cui quella di copertina di questo volume –, possiede un Archivio di grande valore storico e artistico che ha documentato, negli anni, la vita della città e che è oggi in gran parte consultabile online. Fra le foto più significative, ci sono quelle dell’alluvione di Firenze del 1966 ritratta, fin dai primi tragici momenti, in migliaia di scatti che rappresentano drammaticamente la dimensione del disastro che si abbatté su Firenze.

Tutto iniziò nel 1924 gliere l’attimo tipica del foto giornalismo. I vecchi maestri cercavano di infondere «Foto Locchi» nasce a Firenze in piazza negli apprendisti la consapevolezza che della Repubblica (allora piazza Vittorio l’artista, attraverso il proprio obiettivo, non Emanuele) nel 1924 come studio d’arte e si limita a documentare la realtà ma la tecnica fotografica. Come nella tradizio- rappresenta, interpretandola con sforzo ne della tipica bottega artigiana, i giova- creativo. Il fotografo professionista non de- ni apprendevano il mestiere con l’esem- ve essere solo un bravo tecnico, ma deve pio e l’insegnamento dei più anziani, ai saper sviluppare una propria sensibilità ar- quali era affidato il compito di tramanda- tistica, capace di rendere ogni scatto un’o- re «lo stile Locchi»: uno stile semplice, pera fotografica. Proprio grazie a questa pulito, caratterizzato dalla necessità di co- eredità morale si è potuto costituire un pa-

149 trimonio iconografico che oggi conserva vione del 4 novembre 1966 dedicandogli la memoria storica della città. un’intera sezione del proprio sito. 490 scatti selezionati tra i migliaia conservati dell’avvenimento: immagini uniche, che Una Banca Dati dal grande valore documentano una delle più spaventose e storico e artistico terribili inondazioni avvenute in città. Un percorso iconografico che si arricchirà nel L’Archivio storico «Foto Locchi», posto sot- corso del cinquantenario per rivivere la to la tutela del Ministero per i Beni e le At- tragedia che si abbatté su Firenze: dalle im- tività Culturali, è considerato per il suo al- magini scattate dai coraggiosi reporter, che to valore storico ed artistico uno tra i più im- indugiarono vicino alle spallette dell’Ar- portanti a livello internazionale. Un corpus no per coglierne la furia dirompente nel d’immagini in costante divenire che, a se- momento stesso del suo primo straripare, guito delle recenti acquisizioni, conta oggi alle piazze e alle vie più famose della città oltre 5 milioni di fotografie sulla storia di Fi- ridotte a torrenti in piena. Le migliaia di renze e la Toscana, dagli anni Trenta ad og- immagini, molte ancora in fase di digita- gi, conservate sotto forma di negativi origi- lizzazione, ci riportano una città devasta- nali. Immagini dal mondo dello sport e del- ta, con le strade ricolme di fango, di de- lo spettacolo, della moda e della grande triti, le macchine capovolte, i tronchi e i Storia, ma anche frammenti pittoreschi che rami trasportati dalla forza dell’acqua, ma raccontano consuetudini e quotidianità del- anche il grande spirito con il quale i fio- la vita di ieri e di oggi, riportando atmosfe- rentini reagirono al disastro, mettendosi re ed emozioni in un susseguirsi di attimi subito a lavoro per tornare al più presto preziosi ed evocativi. alla normalità. La creazione della piattaforma digitale Quando l’Arno si ritirò, lasciò Firenze in www.fotolocchi.it ha reso fruibile, in mo- una situazione catastrofica. Le fotografie do semplice e immediato, l’immenso pa- dei giorni successivi, sono scatti unici trimonio iconografico conservato nella che ci mostrano una città distrutta e irri- propria Banca Dati facendone punto di ri- conoscibile, dove è tuttavia palpabile la ferimento e strumento di lavoro all’avan- sincera e disinteressata passione che spin- guardia per professionisti, studiosi e ap- se da tutto il mondo migliaia di giovani, passionati interessati alla storia di Firenze, gli «angeli del fango», a correre in soc- ai grandi avvenimenti e ai personaggi in- corso della popolazione e delle innume- ternazionali che la città ha ospitato, non- revoli opere d’arte che sarebbero altri- ché fonte d’ispirazione per coloro che de- menti andate perdute per sempre. Da ci- siderano raffigurare Firenze e la Toscana tare la foto del senatore americano Ted o per chi vuole arredare i propri ambien- Kennedy, ritratto alla Biblioteca Nazio- ti con immagini di grande fascino e sapo- nale Centrale, e quella di papa Paolo VI, re storico. che celebrò la messa di Natale in una Fi- renze ancora ferita ma già sulla strada della ricostruzione e prossima al ritorno L’alluvione del 1966 al suo splendore. La sezione dedicata all’alluvione è visibi- L’Archivio «Foto Locchi» ha celebrato il le online al link www.fotolocchi.it/it/sear- quarantanovesimo anniversario dell’allu- ch#&cerca= alluvione.

150 La grande alluvione

(Volume monografico speciale a cura di Giorgio Valentino Federici, Miriana Meli, Lucio Niccolai, Severino Saccardi, Simone Siliani e Vincenzo Striano) Quei giorni in Toscana

Lucio Niccolai Paolo Capezzone Velio Abati e Lucio Niccolai Remo Chiarini Alessandro Angeli Giorgio Valentino Federici e Alessandro Angeli Lorenzo Giudici Corrado Barontini Miriana Meli Pietro Piussi e Giampietro Wirz Sandro Bennucci Stefano Beccastrini Pier Angelo Bonazzoli, Davide Giovannuzzi e Andrea Rossi

151 MAREMMA ALLUVIONATA! di Lucio Niccolai

La Maremma è una terra paludosa, poi bonificata, abituata alle inondazioni. Particolarmente temute sono quelle provocate dell’Ombrone, che in diverse occasioni ha arrecato parecchi danni alla campagna e ai centri abitati. Le più ricordate sono l’alluvione del 44, qui rievocata con le parole di Luciano Bianciardi, e quella del 66, quando anche a Grosseto operarono gli «angeli del fango» per recuperare i libri della «Chelliana». Cosa si è fatto nel frattempo per scongiurare un fenomeno che, con i cambiamenti climatici è sempre più frequente? Purtroppo si è fatto poco, e lo sfruttamento intensivo del territorio aumenta la probabilità che le prossime alluvioni possano essere ancora più rovinose.

La stessa sorte di Firenze raccontare, dopo, specialmente da mio padre che non riusciva a levarsela dalla Nel novembre del 66 anche Grosseto, ca- mente e me ne parlava come di una di- poluogo della Maremma, fu invasa dalla sgrazia tutta sua. Ne vidi i segni, certo, sui acque dell’Ombrone e subì – in piccolo – muri, quella riga giallastra continua, sini- la stessa sorte di Firenze. Non era certo la stra, e poi la lapide murata a Porta Vec- prima volta che la città veniva sommersa chia, la più alta di tutte. Piena dell’Om- dalle acque del suo fiume. La più recen- brone, 1944. Sotto quella linea erano fi- te, quella del 1944, è così ricordata da Lu- niti tanti libri della “Chelliana” [la Biblio- ciano Bianciardi, grande scrittore di origini teca comunale, di cui lo scrittore fu diret- grossetane: «Io non ho mai visto Grosse- tore, ndr], e me li ritrovai tutti davanti, più to allagata. La prima volta, nel 44, ero sot- tardi, che parevano mattoni cotti male. (...) to le armi, molto lontano, e così la sentii In ogni modo la piena dell’Ombrone ci fa-

152 La grande alluvione

ceva rammentare che Grosseto, anche lei, II di Lorena fra il 1825 e il 1830, appena aveva i suoi libri da perdere, i suoi cosid- migliorate durante il ventennio 1920- detti “tesori bibliografici” da salvaguarda- 1940. (...) dal 40 al 66, in ventisei anni, il re» 1. Canale Diversivo ha cessato di essere ta- le e non è più nemmeno scolmatore, gli argini non sono stati più curati (...); le ter- Grosseto, novembre 66 re di golena si sono sollevate ulteriormente al di sopra della quota media di Grosse- Nei primi giorni di novembre del 66, l’in- to» 2. In realtà il Diversivo, utilizzato an- tero bacino dell’Ombrone fu interessato da cora nel 44 come valvola di sfogo delle precipitazioni intense e eccezionali: ben acque di piena dell’Ombrone, fu succes- 250 mm di pioggia in poche ore che de- sivamente abbandonato. L’ultima acqua vi terminarono una paurosa ondata di piena scorse nel 50-51, per completare opere di che trovò la città assolutamente imprepa- colmata e di bonifica, cosicché nel 66 rata ed indifesa. Come scrive il prof. Guer- «(…) quello che secondo i grossetani do- rini – noto naturalista e direttore del «Bol- veva servire per arginare le acque fece il lettino della Società Maremmana» – le suo lavoro e le portò, ma nessun le vole- «condizioni difensive» contro la «violen- va questa volta» 3, evidentemente anche za della natura», che avrebbero dovuto perché il territorio dove scolmava il Di- ostacolarla, erano rimaste «(…) esatta- versivo era diventato, nel frattempo – an- mente le stesse (...) allestite da Leopoldo che a causa degli interventi dell’Ente Ma-

153 remma – area coltivabile appoderata. Il coraggio. (...) Ma la rabbia peggiore è Diversivo, dunque, secondo l’Ente di Bo- quando rifletti che, come al solito, il peg- nifica, nel 66 rischiò di creare «un’ulteriore gio è toccato a chi già stava peggio: pri- alluvione nella zona settentrionale della ma di tutti i contadini, quelli che hanno città», e fu poi definitivamente chiuso e in- fatto le spese del miracolo (e difatti mi- terrato nel 1979. racoli, a Grosseto contadina, non se ne sono mai visti). Poi gli artigiani, i picco- li bottegai, gli abitanti nei quartieri “bas- Il ponte Mussolini si” (...) e l’acqua ci arriva subito. E anche i libri della “Chelliana”, naturalmente, Guerrini individua un altro elemento di come per rammentarci, un’altra volta, che pericolosità permanente – che nel 66 am- anche Grosseto ha il suo bravo patrimo- pliò gli effetti disastrosi della piena – nel nio bibliografico da salvaguardare. Sta- fatto che il fiume, superata la città, corre- volta, però a ripescare i libri dal fango va verso il mare incontrando e scontran- c’è andato, coi suoi compagni di scuola, dosi con una curva artificiale (sarebbero il mio figliolo grande» 6. state necessarie opere di manutenzione, Non mancarono, infatti, neanche a Gros- rafforzamento e consolidamento costanti seto, gli «angeli del fango» che, rimboc- dell’argine, la garanzia di un’ampia area candosi le maniche, sporcandosi le mani, di golena): «(…) ci aspetteremmo – scrive con tutto ciò che avevano a disposizione – che la sezione compresa fra i vertici de- – come ormai siamo abituati a vedere ogni gli argini e il letto del fiume non subisse volta che un evento di questo tipo colpi- strozzature proprio a due passi da Gros- sce qualche città o villaggio, o paese ita- seto. E invece troviamo il ponte Mussoli- liani – si mobilitarono per salvare il sal- ni (nullo elogium par tanto nomini) che li- vabile o restituire, in tempi più rapidi pos- mita la sezione ora specificata alle tre ri- sibili, una parvenza di normalità alla vita dicole luci del ponte» 4. quotidiana: «(…) oscuri eroi che si sono Come se non bastasse, la linea ferroviaria, prodigati, uomini fra uomini, per lenire la che taglia in due la città, rappresentava e sofferenza dei loro concittadini; (...) don- rappresenta una barriera respingente che ne grossetane che abbiamo visto combat- impedisce, in caso di alluvione, un rapi- tere contro il fango per giorni e settima- do deflusso delle acque, per cui, in con- ne, per ridare un volto alla loro casa e al- clusione: «La notte del 4 novembre, ormai la loro città...» 7. a buio e dopo circa 36 ore di allagamen- Per la contemporaneità con l’alluvione fio- to, le acque defluenti lasciarono sugli edi- rentina – e la risonanza che quest’ultima fici di Grosseto, sui bastioni delle mura ebbe nei telegiornali di una Tv ormai en- medicee, un livello uguale o superiore a trata in tutte le case – e per la ampia do- quello delle piene più recenti ...» 5. cumentazione fotografica che ancora og- gi ci testimonia dell’imponenza e della drammaticità dell’evento, l’alluvione del La solita, drammatica, conta dei danni 66 è rimasta impressa nella memoria e nel- l’immaginario collettivo dei maremmani. Cominciava così la solita, drammatica Anche allora ci si augurava che potesse conta dei danni: «Neanche stavolta ho essere l’ultima perché, scriveva Guerrini, visto Grosseto allagata. Avrei potuto ve- la saggezza dei ragazzi di Grosseto e del- nirci, avrei dovuto, ma mi è mancato il la Maremma «(…) non permetterà che ac-

154 La grande alluvione cadano in futuro fatti come quelli che noi, magari sfotte un po’ i meteorologi che il purtroppo, non siamo stati capaci di ri- giorno prima avevano previsto disastri. In- sparmiare alla terra che tanto amiamo» 8. vece avevano ragione loro. Al mare, mar- E invece non è andata così. tedì 25 agosto, non ci si può andare per- ché le spiagge – per chilometri dall’Albe- rese a Marina – sono coperte di tonnella- E ancora…. te di tronchi, detriti e carcasse d’animali che impediscono di avvicinarsi all’acqua. In questi ultimi anni gli eventi alluvionali Li ha gettati lì la furia dell’Ombrone, il fiu- si susseguono inattesi, in forme e moda- me che nel 1966 devastò la città che da lità anomale, ma non per questo meno vi- cinquant’anni a ogni temporale stringe il rulente e dannose. fiato nella gola dei grossetani. L’altra not- Nel novembre del 2012, dopo piogge in- te l’Ombrone ha fatto tutto in silenzio. tense e continue a monte dei bacini del- Mentre nel capoluogo e sulla costa si dor- l’Albegna e del Fiora, i due fiumi rompe- miva tranquilli, senza il ticchettio di una vano gli argini e le ondate di piena si ri- goccia, sulle colline tra il Senese e la Ma- versavano rovinosamente a valle, alla- remma veniva giù il diluvio, 110 milli- gando la fertile campagna di Marsiliana, metri di acqua tutti d’un colpo nella sera- e i borghi di Albinia (sulla foce dell’Albe- ta di lunedì al pluviometro di Pari, roba da gna) e di Marina di Montalto (sulla foce record cinquantennale. E il fiume, sempre della Fiora) provocando milioni di Euro di più gonfio, ha cominciato a precipitare danni e la morte di tre tecnici dell’Enel, verso il mare seminando distruzione». E di trovatisi ad attraversare un ponte, di re- nuovo la conta dei danni: stagione bal- cente costruzione, franato all’improvviso. neare rovinata, tronchi ed alberi deposi- L’anno dopo, un piccolo torrente, ingros- tati sulla spiaggia ancora in parte da ri- sato dalle piogge continue, travolgeva ed muovere; linea ferroviaria Grosseto-Siena uccideva un padre e un figlio che viag- bloccata (era stata ripristinata da poco, do- giavano con la loro vettura nella zona di po le alluvioni precedenti); interruzione Massa Marittina. della statale Grosseto-Siena, per una fra- Di nuovo, nell’ottobre del 2014, una na all’altezza di Casal di Pari e conse- «bomba d’acqua» su Manciano, provoca- guente faticosa e lunga deviazione (la via- va lo straripamento del fiume Elsa e, suc- bilità ordinaria, a dicembre 2015, non era cessivamente dell’Albegna che allagava le stata ancora ripristinata); danni alle cam- stesse zone già duramente colpite dall’al- pagne e all’agricoltura, secondo un sce- luvione di due anni prima. Due signore, nario ormai noto e consueto. che rientravano da Marsiliana con la loro auto, venivano trascinate via per centinaia di metri da un fiume d’acqua e fango. Cosa rimane dei buoni propositi Infine, nell’agosto del 2015, l’ondata di piena dell’Ombrone arrivava improvvisa e Dei buoni propositi e delle speranze del silenziosa, senza che a Grosseto e dintor- dopo 66, dunque, cosa rimane? Certo, so- ni fosse caduta neppure una goccia di no mutate le condizioni climatiche (ed è pioggia: «Martedì 25 agosto – scrive Emi- evidente, e sotto gli occhi di tutti): gli even- lio Guariglia su “Il Tirreno” – Grosseto si ti atmosferici sono più facilmente preve- sveglia sotto il sole. Chi spalanca le fine- dibili, ma meno controllabili. Ma non è stre pianifica una scappatina al mare e questo soltanto. La manutenzione dei bo-

155 schi e delle aree montane – affidata agli ti ma, alle belle parole di solidarietà (se operai forestali delle aree montane – si è ce ne sono), spesso non fanno seguito i sol- ridotta drasticamente o è stata eliminata di necessari per ripristinare le opere rovi- del tutto, considerandola un costo inutile nate dalla piena, cosicché i disagi au- e insopportabile; la cementificazione dei mentano e la gente, come il solito, si rim- territori continua senza posa; colture esten- bocca le maniche, bestemmia, e ricomin- sive prendono il posto di macchie e bo- cia da capo. schi; olivi e vigne occupano anche aree pianeggianti e prossime alle aree alluvio- nali; si edifica là dove il buon senso con- La Maremma: una lunga convivenza siglierebbe di evitarlo (come in alcune zo- con l’irruenza dell’acqua ne pianeggianti che sono al livello del ma- re); si progettano e costruiscono strade che Del resto, la Maremma, da sempre, è una formano barriere al libero corso dei fiumi; terra che ha dovuto imparare a convive- franano ponti e gallerie che dovrebbero re con l’irruenza dell’acqua, il dissesto garantire la sicurezza della viabilità. idraulico, le alluvioni e i paduli, tanto Davanti a tutto questo fanno sorridere le che per secoli, (dai Lorena, a Bettino Ri- proposte di chi crede che il problema si casoli, alla «bonifica integrale» del fa- risolva abbassando il letto dei fiumi o ce- scismo) ogni palmo di terra coltivabile, di mentificando gli argini, rinforzandoli con quella che oggi appare come una fertile pietrame, ed eliminando la vegetazione pianura, con innegabile richiamo turisti- spontanea: il fiume in piena, non trovan- co, è stato sottratto agli acquitrini (con- do ostacoli, acquista velocità e forza. Fer- siderati anche causa più o meno diretta mo restando che la manutenzione dei ba- della malaria, prima che si scoprisse la cini è fondamentale, gli interventi degli sua reale origine: la puntura della zanzara enti preposti dovrebbero, caso mai, con- anofele che, però, effettivamente, trova- centrasi a monte. Fatto è che, dopo ogni va ambiente ideale di riproduzione nei evento alluvionale, tutto rimane uguale e paduli). ogni cosa continua per il suo verso. E ai Una terra, quindi, che dovrebbe essere sindaci, come ad esempio a quello di abituata ad affrontare, e soprattutto pre- Manciano indagato per la morte delle due venire eventi che, non solo per colpa del- signore del 2014, non rimane che chiudere la irruenza della natura, diventano cala- le scuole e gli esercizi pubblici ogni vol- mitosi, distruttivi e drammatici perché, ta che arriva l’allerta meteo. E intanto le semplicemente, senza adeguate opere di strade continuano ad essere in parte im- prevenzione e di difesa, la natura rioccu- praticabili, i ponti franati, i danni eviden- pa gli spazi che le sono stati tolti.

1 L. Bianciardi, I libri nel fango, in L. Bianciardi, P. la terra, Ed. Il mio libro, Roccastrada 2001, p. 47. Rotella, Grosseto, un’alluvione per la povera gen- 4 G. Guerrini, Nota introduttiva del direttore, cit, p. 8. te..., Edizioni Errepi, Grosseto sd. 5 Ivi. 2 G. Guerrini, Nota introduttiva del direttore, in «BS- 6 L. Bianciardi, I libri nel fango, cit. SM», nn.13-14, Grosseto 1967, pp. 5-7. 7 G. Guerrini, cit., p. 10. 3 Consorzio di Bonifica grossetana, La memoria del- 8 Ivi.

156 L’ ACQUA VENIVA GIÙ TALMENTE GROSSA CHE NON SI VEDEVA A DUE PASSI...* di Velio Abati (introduzione a cura di Lucio Niccolai)

Un racconto intriso di pioggia, grondante d’acqua, che scorre lento, come se il discorso medesimo fosse impastato con la melma formatasi con il temporale incessante. Un brano, tratto dal romanzo Domani, di Velio Abati, che qui proponiamo come rimando evocativo alle catastrofi naturali che tanto hanno flagellato, anche in tempi recentissimi, la Maremma.

* Il brano è tratto da V. Abati, Domani, Manni, Lecce 2013, pp. 374-379.

157 Un exemplum di storia generale tualità, dei processi lavorativi della terra?». Il capitolo 9 della IV e ultima parte, La Sa- Domani, un romanzo ambientato nella pienza, che proponiamo, sembra, simbo- bassa Toscana e sviluppato su vicende di licamente, evocare il rapporto, sempre un arco temporale che va dal 1994 al problematico, dei maremmani con l’ac- 1797, si presenta come exemplum di sto- qua, le precipitazioni e le alluvioni. ria generale. Prendendo le mosse dall’av- vertimento dell’odierna frattura politica e antropologica che fa vivere il presente co- La Sapienza me assoluto, scaraventa il lettore nel ri- mosso, rinunciando programmaticamente A Petra non c’erano domeniche, ma ci si a condurlo per mano, ma obbligandolo a approdava proprio per questo. Ogni nuo- entrare direttamente in mezzo alle cose. vo arrivato rendeva meno selvatico un al- Il romanzo è stato presentato il 3 novem- tro pezzo di terra e allegrava con storie mai bre 2015 al Circolo «Gianni Bosio» di Ro- sentite, con le speranze che si portava. (...) ma e, nell’occasione, Alessandro Portelli, Zia Concettina era capitata nel quindici, docente di letteratura anglo-americana al- ancora ragazzetta. Sua madre fuggiva dal la Sapienza e presidente del Circolo, ha Sud, dov’era stata addirittura cuoca di cor- sottolineato, la relazione profonda del- te, un’arte e una passione che aveva in- l’Autore con il mondo narrato, descritto da segnato alla figlia. I travolgimenti dell’in- dentro: «È affascinante la materialità del tero continente avevano disperso anche le linguaggio, non solo nelle voci dei perso- due donne. Dopo che si furono fermate a naggi, ma anche in quella narrante – ope- Petra, rimase quasi subito orfana. Qual- razione assai difficile da fare. Non c’è il cuno, sentendo il suo modo di parlare, le dialetto e non c’è il tentativo di imitare consigliò d’andare alla Ciocca, dove l’oralità, ma tu ti accorgi che è una lingua avrebbe trovato i suoi pari. Ma zia Con- che può essere pensata solo da chi la re- cettina volle restare, perché sapeva da lazione con il dialetto e con l’oralità ce mamma che un cuoco deve principiare l’ha, perché c’è vissuto dentro. Non solo. dalla terra che ha fuori dell’uscio. Così i È presente anche l’abilità di giocare sugli petrai si sorpresero, quando videro che zia scarti linguistici»; Donatello Santarone, Concettina non era affatto presuntuosa, docente di Didattica interculturale all’U- anzi, era curiosa, sempre a chiedere, a im- niversità di Roma Tre, ha evidenziato la parare. Nei primi tempi, addirittura, an- «dimensione sanguigna» del romanzo, dava in casa di una o dell’altra donna di «una materialità rara in tanta narrativa con- Petra rimanendosene in disparte. Voleva temporanea italiana»; Tommaso Di Fran- solo aiutare. A fare il fumo, rispondeva, cesco, poeta e condirettore del «Manife- ogni principiante è buono. sto», ha notato che «L’aspetto fondamen- Nunzia l’aveva vista per casa da sempre, tale di questo romanzo l’ho trovato nelle quindi qualcosa aveva già appreso. Poi, parole che potremmo dire desuete, che ir- quando era rimasta sola con Luisa, non rompono con una forza sconosciuta. Co- aveva più avuto né tempo, né capo. Do- me sarebbe possibile rendere altrimenti la po l’arrivo di Lorenzo, invece, non aveva sensazione della terra, la sua misura, che perso occasione, ora per andare da lei, è misura della fatica e dello sfruttamento ora per chiamarla. Naturalmente fu zia del lavoro umano, se non con una lingua Concettina a preparare il pranzo di noz- rimasta ai margini, ossia quella della ri- ze. Si stabilì al Cecio cinque giorni avan-

158 La grande alluvione ti e guidò le donne in ogni preparativo. Le gibile. Le donne, intorno, recitavano il re- volevano tutti bene, perché anche nella quiemeterna. confusione più grande, nella fretta più Dopo una breve pausa, Ibetto si scuoteva pressante non sbagliava mai una cottura e ricominciava con un altro ricordo. Nun- o una preparazione, non perdeva mai la zia era rimasta stordita. calma con nessuno, persino i suoi rim- Di là dalla finestra di camera, l’orizzonte proveri, frequenti, perché severa nella pre- era subito chiuso dallo scroscio. Il pog- cisione, erano sempre rammaricati per il getto di Casegalli era un pietrisco magro danno ma sorridenti con la persona. dove non crescevano manco le marruche. Dopo il pranzo di nozze, zia Concettina L’acqua veniva così violenta che in terra principiò a sentirsi poco bene. Quell’an- faceva schizzare i breccioletti più leggeri no la castagnatura fu difficile. Invece del- e picchiava secca, diseguale sui vetri. Sul- le pioggerelle, delle nebbiette grasse che la stradetta diventata un fosso arrivavano stemperano i caldi estivi, un giorno sì e barcollando i petrai, alla spicciolata. A uno no si rovesciavano su Petra temporali mezzogiorno Nunzia, che era scesa in cu- tanto forti che ti costringevano a tapparti cina, aveva attizzato il fuoco e principia- in casa. Le castagne marcivano in terra. to a preparare qualcosa. Aprire la madia Una mattina Lorenzo era fuori del magaz- di zia Concettina, maneggiare le pentole, zino a guardare il cielo, ancora incerto, il servito di porcellana bianca, la fece tre- sopra Cadizani, quando arrivò Ibetto. mare. Si rivide davanti gli occhi di Loren- – Concettina chiede di voi. Non ha chiu- zo, nella sera del Romito. so occhio. Piegò la fronte, lavorò più in fretta. Le don- Lorenzo corse subito a chiamare Nunzia, ne l’aiutavano, si tuffavano sotto lo scro- che già venivano i primi goccioloni. Alla scio a pigliare a casa chi le uova, chi la notizia, perdette il capo. Girava per casa farina, chi la ricotta, chi un po’ di radic- senza sapere che cosa cercava. Lorenzo le chio. Bisognerà chiamare l’arciprete, dis- mise addosso un pastrano e uscirono con se Lorenzo. Ma dopo un’oretta Gastone Ibetto, lasciando Luisa a guardare la casa. tornò sconfortato, perché il borretto che di- Casegalli era forse il gruppetto più disco- videva il territorio di Petra da quello di sto, a Ovest. Quando giunsero, l’acqua ve- Paiese era diventato un mare e non c’era niva giù talmente grossa che non si vede- stato verso d’attraversarlo manco con il va a due passi. Meno male siete arrivati, dis- somaro. Gli uomini rimasero muti. A Pe- sero le donne. Zia Concettina però non co- tra la Misericordia non c’era. Magari in nosceva più. Dopo mezz’ora era spirata. serata smette, disse Pellegrino. Ma nessu- Il marito era disperato. no ebbe voglia di dargli ragione. Mentre il coro delle donne pregava, Ibet- Tutta Petra veniva a Casegalli, in casa di to con voce incolore raccontava fatti del- zia Concettina. Però, per far entrare nelle la vita insieme che gli passavano per la due stanzette i nuovi a dare un saluto, do- mente e ogni volta finiva con le stesse pa- veva scappare chi era dentro. Neppure il role, ora come fo, Concettina? Rimaneva portoncino si poteva più chiudere. L’ac- poi piegato sulla seggiola, vicino il guan- qua, che non dava respiro, entrava dap- ciale di lei, minuscola, nel vestito nero pertutto, portata dalle scarpe e dai vestiti della festa che le donne le avevano mes- zuppi. Si parlava a voce bassa. Nunzia so. La malattia e la rigidità della morte l’a- non sapeva che rispondere. Non si può vevano già trasfigurata, come fosse d’un manco portare in chiesa. tratto scagliata in una distanza irraggiun- Verso sera, Pellegrino disse che avrebbe

159 provato di nuovo a passare il borretto. Vie- gobbito da renderla inservibile. Ma non si ni con me, lo fermò invece Lorenzo. S’av- scoraggiavano. viarono sotto l’acqua che faceva già an- Il magazzino, tra segatura e pezzi di tavola, nottare. profumava forte di castagno. Fuori del por- Per portare nel magazzino i tavoloni, che tone, nei silenzi, la pioggia cascava sen- Lorenzo aveva segato da un castagno vec- za tregua. chio l’anno prima e che si stagionavano Prima di giorno, la cassa era pronta. Fis- accatastati vicino il ciliegio, scivolarono sarono con due chiodi il coperchio, se la più d’una volta nel piazzale, sotto lo scro- caricarono in spalla e uscirono sotto l’ac- scio che impediva anche il respiro. A un qua. A Casegalli si vegliava. Nunzia l’ab- certo punto, Pellegrino, con l’acqua negli bracciò. Grazie, gli disse all’orecchio. occhi, infangato, le mani, i ginocchi e i Asciugarono con i panni le tavole e poi vi gomiti che gli dolevano per le cascate, deposero la povera zia Concettina, di- principiò a urlare bestemmie nel fango vi- ventata ormai come una bambola. Ibetto scido come il sapone, che però a ogni pas- lasciò che si facesse, guardava tutto sen- so risucchiava la gamba. za vedere. Aveva smesso di parlare. Le Si può sapere che cosa ci vuoi fare, disse donne gli dicevano piano quando doveva senza fiato, quand’ebbero finito. Nessuno, alzarsi, dove doveva mettere i piedi. Ob- qui a Petra, è falegname. Nel magazzino bediva docile, senza espressione. Lorenzo aveva solo la sega per potare, la Finalmente poterono portarla in chiesa. raspa che gli serviva per manicare e l’a- Per la discesa, per quanto la povera zia scia per scavare il trogolo nei tronchi. Per Concettina fosse diventata una festuca e le dimensioni, Lorenzo si fece prendere pesasse di più il castagno verde, dovet- da Pellegrino la misura con lo spago del- tero portarla in sei, perché il fosso fangoso le spalle e dell’altezza. Il legno, che non della strada era oramai insicuro. Il cielo era ancora stagionato bene ed era mézzo non faceva aria da nessuna parte. Conti- per l’acqua di quei giorni, impastava di nuava a venire giù un’acqua come le fu- continuo la sega. Nelle venature, come fa ni. I petrai seguivano la bara ingobbiti, a il castagno, si scheggiava. La raspa era ina- balzi, ogni tanto si scivolava. La voce del- datta per lavorare di fino, così, spesso, do- le preghiere, già qualche passo dietro, era vettero addirittura prendere il coltello per sopraffatta dal rombo dell’acqua in terra levare le schegge dalle superfici, spiana- e dal cielo, da un attento gridato da un re gli orli delle tavole, portar via le gob- compagno, da un’imprecazione sfuggita. be, in modo che tra una tavola e l’altra non Superata con parecchia fatica la piagget- rimanesse troppa aria. ta, nel falsopiano i sei s’erano rilassati, ma Il lavoro, piano, piano aveva calmato Pel- l’acqua rendeva scivolosa ogni presa e in legrino. Si davano da fare in silenzio. A ce- un movimento falso la bara quasi cascò na Luisa scese con qualcosa di caldo e in terra. Noviglia, la compagna più cara poi ogni tanto tornava, a portare e chie- di zia Concettina, che l’aveva conosciu- dere conforto. La si sentiva arrivare, con ta da sempre, rimasta fino a quel mo- il suo passo diseguale. Lavorarono fino a mento in testa, accanto a Ibetto muto, notte fonda, al lume della lucerna. Do- senz’essere riuscita a dire una preghiera vettero rifare più d’una tavola, perché il no- per il pianto che non aveva avuto requie, do non aveva retto e nell’aggiustarla con principiò a gridare. Cristo, urlava, per- l’ascia s’era rotta, o perché il taglio, a for- ché? Perché, proprio lei, l’hai fatta crepare za di rasparlo e tagliarlo, s’era talmente in- così? In questa merda? Cristaccio! Che

160 La grande alluvione t’ha fatto lei, che ti s’è fatto noi? sieme due castagne, un boccone di pane, Nunzia l’aiutò a rialzarsi dalla melma, la due fette di polenta? Mi guardava sbalor- sosteneva, le accarezzava il volto e le dita. A volte credeva che la burlassi. mani. Lucem perpetuam dona, pregava Petra. Quando arrivarono finalmente in chiesa, Luceat et requiescatinpace. Orapronobis. c’era tutta Petra, cittini, giovani e vecchi, Solo tardi ho capito che Concettina era uomini e donne. Ma Lorenzo volle suonare cuoca perché non aveva bisogno d’ingre- lo stesso la campana attaccata allo stollo. dienti strani, costosi, forestieri, né, tanto- Ora? Pellegrino si guardava intorno. Era- meno, dio non voglia, di commensali in- no tutti dietro la bara, finalmente al co- cipriati, potenti della loro albagia. Sputò perto, fradici dalla testa ai piedi, in silen- in terra. Si scusò delle cose volgari che ri- zio. Non c’è il prete. peteva anche ora, che era morta. Nunzia andò all’altare. Ognuno di noi sa Lux perpetua luceat ei. il bene che zia Concettina ha fatto nella Prima di tutto, la cuoca è pratica della ter- sua vita. Orapronobis, risposero. Non par- ra, delle braccia che l’hanno fatta frutta- lo qui di santi: non ci riguarda. Ciascuno re. Un grande conoscitore di cibi, un anar- di noi sarebbe parecchio diverso, se zia chico bevitore di gran fama e profeta ispi- Concettina non fosse arrivata a Petra, nel rato che oltre un secolo dopo passò, con quindici. Non ci si fosse fermata. E sap- soddisfazione della sua giusta voglia, dal- piamo che è in meglio. Questo intendo, le stesse terre, usò le parole esatte. Il ve- quando dico ha fatto del bene. ro vino porta con sé, nel bicchiere di chi Orapronobis. lo gusta, insieme con il colore della terra Noviglia aveva smesso di piangere. Anche che ha nutrito il grappolo, anche il profu- lei s’avvicinò all’altare. Concettina era na- mo dei due amanti che sotto quella vite si ta cuoca. La sua voce era diventata cal- sono goduti. ma. Veniva da una grande famiglia di cuo- E Concettina rispettava ciascun ingre- chi. Rammento ancora il giorno che arrivò, diente, con la perfezione d’ogni taglio, la ragazzetta, a Petra, con la mamma, stan- misura e la fantasia della mescolanza, l’ac- che morte, vestite da capo a piedi, con le cortezza della durata, dell’intensità della gale, con le mantelle, con le scarpe di vac- fiamma, né soffriva trascuratezza, distra- chetta e i guanti. Si diventò compagne da zione, la bisbetica superficialità dell’im- subito. La sua bravura mi lasciava a boc- provvisazione. ca aperta, stare con lei in cucina era per Luceat, luceat, luceatei. tutti il divertimento più grande. Ma solo Noi tutti sappiamo, perché anche Concet- in seguito, con il tempo ho capito perché tina ce l’ha mostrato, che niente di questo era maestra. andrà disperso. Anzi, crescerà, come sot- Si fermò. Il silenzio era grande. L’acqua toterra le radici della gramigna, nella no- picchiava dura sui canali della capanna stra mente e nel nostro braccio, invisibile chiesa. Fuori della finestretta di lato il chia- ai profani, in apparenza persino dimenti- rore del pomeriggio s’affiochiva. cato da noi, ma germoglierà, al ritorno del- Concettina, domandavo, nessuna è cuoca la primavera. Niente sarà come prima. come te, hai messo a tavola i re, perché re- Batteva, violenta e uguale, l’acqua sui ca- sti qui da noi, che si stenta a mettere in- nali. Si faceva silenzio. Era notte.

161 IL TIMORE DI UN «NUOVO 1966»* di Alessandro Angeli

Il 12 novembre del 2012 i grossetani ebbero paura che potesse tracimare l’Ombrone come nel tragico novembre del 66. La pioggia incessante, le esondazioni di altri torrenti, il fango e la chiusura di strade e sottopassaggi, nonché il crollo di un ponte che aveva fatto ben tre vittime, facevano pensare al peggio. Per fortuna il fiume poté defluire a mare e la pioggia finalmente cessò. La città era salva, ma la Maremma era in ginocchio, e sui giornali e i social network divampavano le consuete e accese discussioni (sulla gestione della sicurezza, sulla mancata tutela del territorio, sui soccorsi…) che, ogni volta, si ripropongono.

12 novembre 2012 perficie liquida riveste lo sguardo. La Ma- remma poi è nata dal mare e la pioggia ci La pioggia allaga le strade, ogni cosa ral- porta lontano, al punto di partenza, a un lenta e tutti gettano un occhio al cielo. punto di non ritorno. Nel cielo gli antichi Una pioggia infinita, senza soluzione di scrutavano il futuro, ma oggi il cielo è continuità, il cielo è bianco, come un len- bianco e non lascia vedere niente. «L’ac- zuolo, freddo, come una lastra di marmo, qua lava gli assassini e riceve il corpo de- senza veleni, senza umori, bianco. L’ac- gli assassinati», scriveva un sacerdote egi- qua cade in lungo e in largo e scioglie la zio nel Kore Kosmou, prima che Stobeo lo sommità del presente. Si fermano le co- tramandasse nell’Anthologion. Il fiume municazioni, si ferma l’economia, si fer- Ombrone rantola come una bestia ferita, ma l’esercito, si fermano le mafie. Una su- carica di rancore. La grande ombra del-

* Il brano è tratto da «La Maremma. Ri/vista», n 00, aprile 2012.

162 La grande alluvione l’antica civiltà occhieggia il presente da un sotto controllo», rispondono dall’assesso- sudario bianco, impenetrabile. Le mac- rato. chine procedono piano, nessuno fa ge- Ma intanto la pioggia non cessa, aumen- stacci dentro gli abitacoli, c’è una solida- ta o diminuisce, ma non cessa. Nella not- rietà tutta nuova, ognuno intravede nel de- te a Marsiliana, lungo la provinciale, ce- stino dell’automobile che lo precede, il de un ponte, i tre tecnici dell’Enel che lo suo. Il sottopasso di Barbanella viene chiu- attraversano saranno dispersi. Fuori c’è so e dai campi dei paesi adiacenti al ca- solo il rumore dell’acqua che cade, poluogo, la mota affiora lungo le strade. nient’altro. All’imbocco della città, il display dei pe- Perfino le Trasubbie esondano e la paura ricoli dice di uscire solo in caso di urgenze che anche l’Ombrone tracimi ci riporta al e il rumore del traffico si fa silenzioso, so- 66, «Anche allora il cielo era così!», dice praffatto dalle mitragliate ininterrotte del- qualcuno. I primi gommoni arrivano in l’acqua. Chi può raggiunge casa sua e si città. I previdenti pensano al peggio, qual- chiude in essa come in un guscio, ma la cuno vorrebbe spostare la macchina sopra paura rimane. Una paura ancestrale. Su le mura, per paura di vedersela galleggia- Facebook qualcuno prova a scherzarci su: re lungo la strada. Chi abita ai piani bas- «Per du’ goccioline d’acqua, tutto ‘sto ca- si rivede le foto della gente di Massa as- sino…». Altri sfogano tutto il loro livore: siepata sui tetti, dove l’alluvione è appe- «Finalmente Grosseto affonda…». na passata e non sa cosa fare. Intanto chi Nell’imponderabile siamo di fronte a un è chiuso in casa ascolta l’eco funebre dei bivio: si vive o si muore, si serve la vita o tuoni che esplodono a vuoto nell’aria, con la morte. Le strade sono mute, sembrano un’infernale deflagrazione. In rete la pro- anche loro in attesa che il destino decida. vincia rassicura, «L’Ombrone sta scari- Intanto un tuono cavernoso, da lontano cando bene al mare», altri temono le pre- scuote l’aria, un lampo per un istante co- cipitazioni nel senese, altri il vento, ma lora il bianco del cielo. c’è uno spiraglio per farcela. Verso le di- L’Albegna ha tracimato, la strada per Fon- ciannove la pioggia cala, poi riprende in teblanda è chiusa, la stazione di Orbetel- scoppi furibondi. Ma l’Ombrone ha deci- lo è inagibile, Albinia sta sprofondando. so di star buono stavolta. Fuori la Ma- Nelle campagne del Chiarone un uomo remma è in ginocchio, dentro la città è anziano è stato travolto dal fango mentre salva. Il giorno dopo c’è il sole che anco- era al volante della sua macchina. La pro- ra colora campi e strade, allontanando i vincia di Grosseto pubblica in rete la lista cattivi presagi. Nelle prime pagine dei gior- delle strade chiuse al traffico. nali si rinfocolano le polemiche: «L’edili- zia lungo i fiumi si può fermare». Il ce- mento, il solito problema di sempre. I no- Che gli avi Etruschi abbiano avuto pietà? stri avi Etruschi, tuttavia, hanno avuto pietà. Un pensiero a chi ha visto il fango L’Ombrone rulla e negli echi dei tuoni coprire il suo sguardo, ai suoi familiari e sembra di ascoltare il suo ruggito. un atto sincero di aiuto a tutti gli sfollati, «Come è messo il fiume?», chiede qual- perché la vita si diffonda, in Maremma co- cuno in rete. «Siamo in allerta 4, quindi me altrove, contro la morte.

163 LA FURIA DELL’OMBRONE* di Alessandro Angeli

Il fiume Ombrone, ingrossato dalle piogge incessanti di quei primi giorni del novembre del 66, tracima, a Grosseto, nella notte del 3, come l’Arno stava facendo a Firenze e come stava avvenendo un po’ in tutta la Toscana. Nella città, trasformata in un immenso lago, le acque trascinano macchine e animali, portati fin lì dalla campagna ormai devastata, travolgendo le case e i negozi, e costringendo gli uomini in rifugi di fortuna.

Grosseto invasa dalle acque che impediva alle acque di sboccare a mare. La pioggia caduta in quantità ave- Gli ultimi giorni di ottobre ci furono piog- va gonfiato il petto del fiume a dismisura ge violente, interrotte solo da brevi schia- e la piena crebbe lungo gli argini. Le pri- rite, la sera del tre novembre iniziarono me esondazioni si ebbero nelle zone di a giungere le prime notizie allarmanti. San Martino, dov’era la casa di Berto, i de- Dal Mugello e dalla provincia d’Arezzo triti, i tronchi e i relitti che l’acqua vorti- fiumi, torrenti e fossi in piena avevano cando portava con sé, si incastrarono sot- rotto gli argini. L’Arno tracimava nel Ca- to il ponte dell’Aurelia formando una di- sentino e nel Valdarno Superiore. Il gior- ga invalicabile. Questa improvvisa chiu- no dopo, la strada statale Tosco-Roma- sa aumentò la furia del fiume forzando la gnola e le comunicazioni tra Firenze e resistenza degli argini fino al loro massi- Empoli furono interrotte. Alle tre di notte mo. Le automobili pattinavano sulle ac- a Firenze l’Arno aveva ormai raggiunto le que, sospinte dalla corrente, cozzavano spallette dei lungarni, nella stessa notte tra di loro e piroettando riprendevano a Grosseto fu sommersa dalle acque del- scivolare nella melma. Gli animali dei l’Ombrone. La mattina successiva tutti vi- campi travolti all’improvviso dall’alluvio- dero il fiume scorrere per la città. Le cor- ne si ritrovarono a morire in città. Le muc- renti marine avevano creato una barriera che soprattutto, si lasciavano trascinare

* Il brano è tratto da Ragazzo fiume, di A. Angeli, Effigi, Arcidosso (GR) 2011.

164 La grande alluvione dall’acqua, sperando in chissà quale sal- Il sole sembrava essersene andato per vezza, poi venivano ingoiate dai vortici di sempre quell’acquitrino. Il fango nero gorgo- gliando e fuggendo dai vicoli invase le Nella notte sognò d’essere rapito da un’al- strade. L’onda della melma attaccò i quar- tura senza fondo. Era in viaggio con per- tieri, i ponti cedettero e le campagne fu- sone che non conosceva e di tanto in tan- rono sommerse. La città si mostrava co- to si comportava con loro come fossero me un grande lago desolato. Il fango si era amici. Giocavano insieme a pallone e fa- appropriato di tutto, le merci dei magaz- cevano lunghe passeggiate, anche il mare zini, fradice e inutilizzabili, erano perdu- avevano visto, infinito e prepotente, ep- te; perdute le case, gli animali, il raccol- pure calmo, mentre le ultime scintille di so- to dei campi. Quell’acqua adesso non era le finivano in acqua. Poi la situazione era solo acqua, gli veniva incontro travol- peggiorata. Altri che conosceva gli aveva- gendolo al pari di una slavina. Era a po- no impedito di proseguire: il braccio teso chi metri da lui e ormai sembrava chia- in aria, come una sbarra. Avevano sussur- marlo a sé, il cielo tutt’intorno s’oscura- rato cose minacciose che adesso non ri- va. Allora senza capire, al pari di un gat- cordava. Infine quell’altura smisurata, un to balzò sulla grondaia di una casa e un monte forse, un monte che esisteva solo nei passo alla volta gli riuscì di arrivare alla suoi pensieri e la paura di fare anche il mi- terrazza. Aveva i panni zuppi d’acqua, nimo passo. Rimaneva acquattato perciò, provò a bussare, ma nessuno rispose. Là ascoltando gli altri. Qualcuno s’era già av- vicino, riposte in un angolo, dentro un viato, un uomo piccolo stava per convin- armadietto bianco, scovò una pila di co- cerlo a tornare indietro, ma il solo pensie- perte piegate, si sfilò di dosso giacca e ro di alzarsi lo atterriva. Si raccomandava scarpe e si rinvoltolò dentro quelle. A se- a se stesso e alle forze ignote, le sue sup- ra quel fiume plumbeo che invadeva la pliche rimbalzavano sulle pareti gommo- città aveva lo stesso colore dell’asfalto, se del sogno. Poi c’era riuscito, si era al- come se le strade improvvisamente si fos- zato e tornando aveva perduto tutte e due sero sbriciolate per diventare liquide e co- le scarpe. Se ne preoccupò talmente che sì, gorgogliando, prendessero vita. Il quar- alla fine si svegliò. Il primo pensiero tornò tiere galleggiava muto in quel silenzio e a quelle: le aveva sempre? Sentiva di es- non vi erano più pensieri. Adesso su quel- sere sveglio eppure lo stesso non riusciva la terrazzina al margine della città vede- ad aprire gli occhi. Si sentiva ancora i pan- va la notte sopravanzare e la luce dei lam- ni umidi addosso, le scarpe erano al loro pioni gli sembrò ridicola e irreale, tal- posto, non doveva aver dormito molto. Vi- mente era grande quell’oscurità. Sperò de ciò che restava dei campi e lo sfacelo che giungesse qualcuno nella casa sco- tutt’intorno. L’alluvione aveva percosso ca- nosciuta, perché sentiva i brividi della feb- se e alberi e molti di quest’ultimi giaceva- bre da tutte le parti e temeva di morire an- no a capo riverso nel grande lago d’acqua. che lui, poi coprendosi meglio cercò di Cercò di allungare lo sguardo. Il sole sem- prendere sonno. brava essersene andato per sempre.

165 L’ ACQUA FA LIVELLO di Corrado Barontini

Il fiume Ombrone fa preoccupare ogni volta che si presenta una stagione particolarmente piovosa, perché è vivo il ricordo delle alluvioni che ha provocato: c’è la paura che il mare non riesca a ricevere tutta l’acqua che viene giù con le piogge insistenti, figuriamoci con gli eventi meteorologici straordinari degli ultimi tempi. La bella Maremma dell’estate si trasforma allora in un mare di fango che inghiotte campi e animali, squassa i ponti e invade le strade e le case. L’«acqua fa livello» dicono i grossetani, con il loro spirito sagace, ma gli effetti che essa provoca non fanno molto notizia, come invece fu con quelli provocati, a Firenze, dalla grande alluvione del 1966.

L’Ombrone e le sue piene deve fare i conti con gli eventi eccezio- nali che, quando la pioggia si fa insisten- Con le piogge, per chi abita a Grosseto, te, fa sperare ad ognuno che non si avve- torna la paura dell’Ombrone e delle sue rino mai. piene. Paure di alluvioni e di disastri. Gli Nel 1966 avevo diciott’anni e studiavo a ambienti naturali diventano ostili, i rap- Siena all’Istituto Industriale «T. Sarrocchi». porti per la sicurezza del territorio si com- A scuola, a novembre, c’erano le «vacan- plicano. Le virtù vantate dalla Maremma ze dei morti» che comprendevano i primi in estate, per le sue bellezze, si scontrano quattro giorni del mese (il 4, nel calenda- con la dannazione dell’acqua che, bene rio di allora, era festivo); per questa ra- o male, confluisce nel mare. Ma c’è la gione, durante l’alluvione del 4 novembre, paura istintiva che il mare non possa «ri- mi trovai a Grosseto. Allora abitavo con i ceverla» e allora sono guai. L’improbabi- miei genitori e con zia Maria, sorella di le diventa imprevedibile e la «normalità» mamma, in Via Garigliano al numero set-

166 La grande alluvione

te, nella zona di via Scansanese: una pa- na delle Quattro strade) che nella zona del lazzina a tre piani con i garage al piano Berrettino (l’attuale via dei Barberi). terreno. Da diversi giorni pioveva, ma soprattutto dal giorno 3 l’acqua veniva giù a dirotto Un provvidenziale sacco di farina e durò tutta la notte. La mattina del quat- tro, ricordo che capitò a trovarci, abba- Intanto lo zio Amorino, che aveva un Mag- stanza presto, lo zio Beppe (fratello di mio giolone della «Volkswagen» e lo teneva padre) che era venuto da Gavorrano e che in garage al piano terra, andava dicendo: rimase intrappolato lì da noi per il so- «L’acqua qui non ci dovrebbe arrivare, ma praggiungere dell’alluvione. Mio padre, per precauzione metto al tubo di scappa- che aveva visto l’alluvione del 1944, an- mento un tappo di sughero...». L’acqua ci che se era festivo, pensò di andare alla arrivò eccome e coprì la macchina per in- bottega di generi alimentari per vedere se tero perché in quel garage raggiunse l’al- era aperta e prendere qualche provvista. tezza di circa due metri. Quando tornò disse che diverse persone La stessa cosa capitò alla moto di mio pa- avevano fatto come lui e che nel frattem- dre, uno Zigolo 110 della «Guzzi»; anche po, con il passaparola, si era venuti a sa- lui l’aveva sollevato da terra mettendolo su pere che stava arrivando un’ondata di pie- una cassetta di legno, ma quei 20/30 cen- na perché in qualche parte l’argine del- timetri di altezza in più non lo salvarono l’Ombrone aveva «rotto». dalla piena. In garage ricordo che c’era un Si seppe poi che c’erano stati più strappi mezzo sacco di farina che nell’occasione dell’argine, sia verso il Motel dell’Agip (zo- si traslocò sul pianerottolo delle scale.

167 L’onda di piena arrivò in maniera subdo- Grosseto, un’alluvione per la povera la entrando in strada come un flusso d’ac- gente qua che avanza e la invade piano. Poi co- minciò a crescere di livello e salì sui mar- Nei giorni successivi al 4 novembre (do- ciapiedi giungendo alle porte dei garage po che le autorità decisero di far saltare la e del palazzo, poi su su per le scale... Vi- ferrovia), l’acqua cominciò a defluire e il sto che l’acqua saliva il sacco di farina livello si ridusse notevolmente; intanto ave- venne messo in salvo in casa e servì per vamo notato che in fondo alla strada (do- farci la pasta. ve oggi ci sono le scuole medie della «Ga- Intanto la mia famiglia (che abitava al se- lilei») l’acqua sfiorava appena l’asfalto. In condo piano) aveva deciso di stare insie- poche centinaia di metri si notava una dif- me con gli zii Lea e Amorino che viveva- ferenza di livello di circa due metri. no nel palazzo accanto, ma al primo pia- «L’acqua fa livello – disse mio padre – e no. Così ci trovammo in sei ad abitare nel- qui siamo più bassi...». l’appartamento, più c’era un ragazzo di Ogni tanto in cielo si sentiva il rumore di 13/14 anni che abitava al piano di sotto qualche elicottero che oltre ad ispeziona- e, poiché aveva la mamma in servizio al- re dall’alto la situazione ed osservare il di- l’Ospedale, fu nostro ospite. sastro, portava il proprio aiuto dove era Dalla terrazza della cucina, che aveva la necessario. Si seppe poi che con quel mez- visuale sulla strada, si osservava crescere zo erano riusciti a trarre in salvo diverse l’acqua e dopo un po’ si videro galleg- persone. giare vari oggetti e qualche pagliaio che L’alluvione grossetana fece una sola vitti- venivano trasportati dalla corrente. Su un ma: un bestiaio alla fattoria degli Acquisti pagliaio passò addirittura un maiale che (vicino Braccagni). Si trattò di un buttero era ancora vivo. che, per raggiungere il proprio bestiame Tanti però furono gli animali che, sorpre- in difficoltà, cercando di liberarlo dalle si dalla piena, morirono: pollame, peco- acque, venne disarcionato dalla corrente re, maiali, bestie vaccine, cavalli... ebbe- e portato via. ro tutti una misera sorte. Migliaia di caro- Oggi, anche se sono trascorsi diversi anni gne, appena la pianura si liberò dall’ac- da quell’alluvione, quando piove per mol- qua, vennero bruciate e sotterrate per evi- to tempo, i grossetani vivono con preoc- tare qualche epidemia. cupazione quei momenti e non è raro no- La corrente elettrica saltò, ma in casa c’e- tare qualcuno che va a vedere sull’argine rano alcune candele di scorta che servi- del fiume o al ponte dell’Aurelia, come si rono per far luce la sera. Con i generi ali- comporta l’Ombrone. Anche se sono sta- mentari che avevamo facemmo fronte ai te realizzate nuove arcate per far defluire pasti, ricordo anche che fra le provviste più rapidamente l’acqua, la paura rimane, c’era la farina di granturco e quella la soprattutto per quelli che vissero quei mo- usammo per fare la polenta. menti di piena in prima persona. Lo zio venuto da Gavorrano, non essen- Ricordavo prima che «l’acqua fa livello» e doci più i collegamenti telefonici, stava in questo per molti grossetani non è solo un pena per far sapere qualcosa alla sua fa- modo di dire ma incide spesso nella scel- miglia. Così il giorno dopo, appena fu pos- ta di un appartamento, poiché si tiene con- sibile, lo caricarono su un gommone per to del quartiere dov’è questa casa e chi ri- farlo tornare a casa con qualche mezzo di corda fa il paragone con il livello raggiun- fortuna. to dall’acqua in quella zona. Ad esempio,

168 La grande alluvione a Porta Vecchia, il livello dell’acqua rag- sacci e discorsucci pubblicato a Torino nel giunse oltre quattro metri d’altezza. 1964, c’è un testo che si riferisce alla pie- Dell’alluvione fiorentina i mass media ne na del 1944 che, come successe anche parlarono con insistenza e molti volonta- nel 66, si era portata via il Ponte di Istia ri intervennero in quella città per dare un d’Ombrone «pari pari». aiuto, mentre i maremmani, con il loro spirito pratico, reagirono da soli dandosi daffare per spalare la melma limacciosa la- Versacci e discorsucci sciata dall’alluvione e lavorarono per li- berare la città dal fango. «Pietro: Hai visto Cecco a Istia ch’è suc- «Aprivo la televisione, con la speranza e cesso / l’altro giornaccio, quando piovve la paura che si parlasse anche di Grosse- tanto? // Cecco: No, veramente: qualche to. Ma si vedeva molto poco: una vacca brutta cosa? // Pietro: Arrabbiela s’è brut- morta, gente con gli stivaloni, donne a ta! // Cecco: Sono affogati i pesci, o qual- sciacquare i panni, insomma il “colore” che tòno / ha dato fòco all’acqua del- dell’alluvione». Così scrisse Luciano Bian- l’Ombrone? // Pietro: Cecco, per carità, ciardi da Milano all’amico Pilade Rotella, non far lo scemo. / Per far bruciare l’ac- che chiedeva qualche riga di presentazio- qua non lo sai? / bisogna prima metterla ne per un libro fotografico, il titolo: Gros- a seccare. / Il guaio è che la piena del- seto, un’alluvione per la povera gente. l’Ombrone / ha portato via il ponte pari Con l’umorismo che caratterizza gli abi- pari / ed ora capirai, quei pòri istiani /son tanti di Maremma, passata la buriana, co- rimasti un po’ male, poveracci. // Cecco: minciarono a circolare alcune battute che Certo è stata una bella fregatura. / Però ti ironizzavano sullo scampato pericolo. Fra devo dir che gli sta bene: / con quanto po- le poesie di Morbello Vergari (il poeta po- sto avevano al sicuro, / vanno a fa’ il pon- polare maremmano), nel suo libro Ver- te proprio sopra al fiume» 1.

1 Da Versacci e discorsucci, di M. Vergari, Effigi, Arcidosso 2011.

169 IL BOSCO DEGLI SVIZZERI di Pietro Piussi e Giampietro Wirz

Un gruppo di studenti svizzeri di Ingegneria forestale si mosse da Zurigo, dopo l’alluvione del 66, per dare una mano a Firenze, e mise in campo le proprie competenze per rimboschire un terreno semiabbandonato nella zona del Mugello. Nacque così quello che è diventato, con gli anni, il Bosco degli Svizzeri. Un’opera che (come ci spiegano gli autori che furono fra i volontari di quell’impresa) simbolicamente vuole indicare l’importanza fondamentale della cura dei boschi nella prevenzione delle alluvioni.

Il significato di un «mantra» opportuno quindi fornire qualche infor- mazione sulla «funzione idrogeologica» L’alluvione di Firenze del novembre 1966 dei boschi, un «mantra» che, analoga- e la vicenda che ne è seguita relativa agli mente ad altre espressioni quali «sosteni- «angeli del fango» ha avuto nel Mugello bilità», «multifunzionalità», «funzioni del uno sviluppo particolare che in più modi bosco», «servizi eco sistemici», ricorre sul- si è riflesso fino all’attualità. È necessario la stampa, nelle trasmissioni radiofoniche un lungo preambolo tecnico; procedere- e televisive senza che il significato venga mo con ordine e tenteremo di chiarire te- chiarito. Si tratta di sottolineare un aspet- mi poco chiari – si presume – alla mag- to della cultura ambientale: ogni cittadi- gior parte dei lettori. Il problema delle al- no di un Paese coperto per un terzo da bo- luvioni è sempre stato connesso a quello schi, quale è l’Italia, dovrebbe possedere dei boschi; la loro estensione, le condi- alcune conoscenze di base relative alle zioni di densità, le modalità di coltiva- foreste, ai processi ecologici che le ri- zione, il loro ruolo nel ciclo delle acque, guardano, al significato economico (in del trasporto solido dei corsi d’acqua, nel- senso lato) che esse hanno per la società la formazione di valanghe e di frane. Sarà ed alla loro conservazione.

170 La grande alluvione

Dove cade l’acqua di Genova, Pisa, Catania, Olbia e Roma. Un tratto di questo ciclo di importanza Partiamo dal ciclo dell’acqua che faccia- cruciale è appunto quello in cui la preci- mo iniziare nel momento in cui la piog- pitazione giunge al suolo. Il tipo di terre- gia (o la neve) cade al suolo, penetra in par- no e la copertura del suolo giocano un te nel terreno (acqua di falda) ed in parte, ruolo importante nell’accelerare o rallen- se il terreno non la assorbe (rocce affioranti, tare lo spostamento dell’acqua nel tratto superfici impermeabilizzate come tetti e che intercorre tra il punto di caduta ed il strade asfaltate, suoli saturi per difficoltà di corso d’acqua. Nei luoghi in cui l’uomo drenaggio) scorre in superficie (acqua di ha costruito fabbricati o altre strutture, ha superficie). L’acqua che penetra nel terre- anche fatto in modo da allontanare quan- no attraversa i pori che si sono formati tra to prima possibile l’acqua delle precipita- le particelle minerali grazie all’attività di zioni: superfici impermeabili, canali in cui organismi animali (insetti, lombrichi, ar- convogliare le acque cadute su tetti e stra- tropodi ed altri) e vegetali (canali lasciati de, fognature, drenaggi ecc. Di segno op- da radici morte e decomposte) e scende posto, e notevolmente arzigogolato, è il lentamente fino a trovare, in montagna, ruolo della copertura vegetale del terreno, una superficie impermeabile che è in ge- in particolare quello svolto dal bosco. nere costituita dalle rocce; dove le pen- denze non sono sufficienti a far scorrere l’acqua questa si accumula in profondità Acqua sulle chiome e forma una falda acquifera. Nel primo ca- so l’acqua si sposta obliquamente, sem- Cerchiamo di seguire con l’immaginazio- pre ostacolata dalla componente minera- ne la goccia di pioggia che cade sulla chio- le del suolo, più o meno legata dalla so- ma degli alberi. Una leggera spruzzata stanza organica a formare grumi, fino a d’acqua viene intercettata dalle chiome e raggiungere il punto (o la linea) in cui es- non giunge al suolo, se poi è seguita dal sa ritorna alla luce – sorgenti, fondovalle sole essa evapora direttamente ed in bre- – e si raccoglie formando rigagnoli, ru- ve tempo, in particolare se tira un po’ di scelli, torrenti. Questi, progressivamente, vento. Una pioggia più intensa ha invece confluiscono e l’acqua che scorre aumenta conseguenze diverse: per «intensità» del- quindi di volume fino a formare i fiumi la precipitazione intendiamo la quantità che sboccano nel mare; da qui l’acqua d’acqua caduta nell’unità di tempo: i re- evapora e dalla condensazione dell’umi- centi eventi catastrofici, ad esempio, so- dità atmosferica hanno origine le precipi- no caratterizzati da intensità che raggiun- tazioni: così il ciclo dell’acqua si chiude. gono e superano i 200 mm d’acqua in 24 Anche se le precipitazioni eccezional- ore, ciò equivale – per avere un’immagi- mente forti possono provocare danni nel- ne più concreta – a 200 litri di acqua su le aree di montagna (frane, allagamenti, una superficie di terreno di un metro qua- danni a ponti, strade e abitazioni) gli effetti dro. In questi casi, solo una parte trascu- più vistosi si notano nelle zone in cui giun- rabile dell’acqua rimane sulle foglie men- ge la maggiore quantità d’acqua ed è mag- tre il resto scorre lungo i rami ed il fusto giore la densità degli insediamenti e delle dell’albero e così raggiunge il suolo, op- infrastrutture; sono in genere le zone di pure sgocciola direttamente dalle foglie, pianura, spesso prossime alla foce dei fiu- formando gocce più grosse (le micidiali mi. Ne sono una prova le recenti vicende gocce che cadono tra collo e colletto del

171 turista che, colto dal temporale, corre ver- neo, che caratterizza tutti i territori dell’I- so un riparo). In bosco il suolo è di nor- talia peninsulare, è appunto, purtroppo dal ma coperto dalla lettiera, ossia dalle foglie, nostro punto di vista, caratterizzato da o dagli aghi, caduti nell’anno precedente piogge autunnali: l’inizio di novembre ed in parte decomposti. La lettiera costi- quando le foglie di faggi e querce sono or- tuisce quindi un ostacolo meccanico, sia mai cadute è quindi un periodo critico. pure momentaneo, che annulla la forza battente della goccia d’acqua sul terreno: l’acqua inzuppa la lettiera poi scende nel Quel libro di Francesco Piccioli terreno e percorre i pori fino a raggiunge- re il substrato geologico oppure la falda. L’acqua che proviene, per via superficia- Se le piogge cadono durante la stagione le o sotterranea, dalle pendici delle colli- estiva, ossia durante il periodo vegetativo, ne e montagne si raccoglie nei fondoval- l’acqua che penetra nel suolo viene in par- le, in quantità tanto maggiore, ovviamen- te utilizzata dagli alberi tramite le radici che te, quanto maggiori sono le precipitazio- la assorbono e la trasferiscono nei vari tes- ni. Da quanto detto sopra, la presenza del suti vivi, in particolare le foglie, dove l’ac- bosco rallenta il percorso dell’acqua che qua viene fissata con il processo di foto- quindi giunge più gradualmente nel letto sintesi per la formazione di nuova sostan- del corso d’acqua; una alimentazione più za organica (foglie, legno, fiori, frutti). graduale ripartisce il processo di deflusso Diverso è il processo che si verifica sui in un tempo più lungo. In tal modo la por- terreni nudi, come i campi arati. Qui la tata della piena viene ridotta, ma nel ca- pioggia esercita una forza battente che so di precipitazioni molto abbondanti que- provoca lo sgretolamento dei grumi del sto meccanismo non regge e la massa suolo e facilita lo spostamento in sospen- d’acqua è così grande da creare problemi sione delle particelle più fini, argillose e di erosione del letto e di scalzamento del- limose, da parte dell’acqua che non rie- la base delle pendici. A regolare questa sce a penetrare. Una situazione meno sfa- parte del ciclo dell’acqua ed evitare pro- vorevole si verifica nei prati permanenti e cessi pericolosi per la stabilità del suolo nei pascoli, dove la copertura erbacea, si provvede con lavori di tipo ingegneri- quando la vegetazione è in atto o quan- stico che tendono, essenzialmente, a ri- do durante l’autunno e l’inverno è secca, durre la velocità delle acque e quindi ad impedisce l’azione battente e trattiene una attenuarne la forza erosiva, e di tipo bio- piccola parte della pioggia che cade. logico, rivolti alla formazione, con l’aiu- Il percorso dell’acqua attraverso le chiome to di graticciate, di una copertura vegeta- e fino al suolo è però, come è facilmente le sulle scarpate denudate. comprensibile, diverso a seconda che ci si Tutta questa problematica ha costituito ma- trovi in un bosco di specie sempreverdi, co- teria di studio e di insegnamento nelle me le conifere o le latifoglie mediterranee, scuole forestali dell’area alpina già alla fi- oppure di specie caducifoglie. Dipende ne del XIX secolo, in particolare dopo gli anche dalla densità del bosco, dalle con- eventi catastrofici verificatisi nel 1882 in dizioni della lettiera (non di rado gli in- diverse località dell’arco alpino. Gli aspet- cendi boschivi recano scarsi danni agli al- ti più strettamente ingegneristici sono sta- beri ma bruciano completamente la lettie- ti affrontati tramite le sistemazioni idrauli- ra) oltre che dalla stagione in cui si verifi- co-forestali, mentre quelli connessi all’a- cano le precipitazioni. Il clima mediterra- zione della copertura arborea, di caratte-

172 La grande alluvione re estensivo, fanno parte della selvicoltu- tecnica; essi offrirono la loro opera per ra. Francesco Piccioli, direttore del Regio realizzare un rimboschimento nell’ambi- Istituto Superiore di Vallombrosa, pubblicò to del bacino dell’Arno e quindi contri- nel 1905 il libro Boschi e torrenti che si buire alla prevenzione di alluvioni future. apre con queste parole: «I gravi danni del- Il promotore sarebbe stato uno studente le inondazioni che si ripetono ogni anno che aveva trascorso alcuni mesi in un kib- con intensità più o meno grande, hanno buz israeliano ed era rimasto molto favo- richiamato spesse volte la pubblica atten- revolmente colpito dallo spirito che ani- zione sopra la necessità di rimboschire i mava i gruppi di lavoro, in particolare al- nostri monti e di ordinare il corso delle lorché erano formati da volontari. acque per provvedere alla sicurezza del- È chiaro – e di questo gli studenti ne era- le strade e degli abitati». Ma il governo del no ovviamente coscienti – che questa ini- Paese sembrava dare la precedenza ad al- ziativa avrebbe avuto un impatto assai mo- tre iniziative, anche di politica estera (guer- desto in termini spaziali, oltre che perce- re in Africa orientale), così da indurre il Pic- pibile solo a distanza di molti anni, ma non cioli a stigmatizzare tale politica affer- si trattava comunque di un semplice atto mando: «Senza dubbio, col ristabilire le fo- simbolico. Il prof. Leibundgut, docente di reste sulle nostre montagne, si farebbe una Selvicoltura al Politecnico stabilì i contat- conquista sulle forze brute della natura più ti con il prof. De Philippis, della Facoltà potente e più vantaggiosa della coloniz- di Scienze Agrarie e Forestali dell’Univer- zazione in paesi lontani». Non è un caso sità di Firenze, e con i funzionari del Cor- che nel 1886 gli studenti della Scuola di po Forestale dello Stato. Venne scelto un Vallombrosa, insieme ad alcuni ispettori fo- terreno nella valle della Sieve recente- restali, abbiano compiuto, guidati da Pic- mente acquistato dall’Azienda di Stato per cioli, un viaggio di studio sulle Alpi fran- le Foreste Demaniali e situato non lonta- cesi dove operava una branca del Servizio no da Luco di Mugello. Il terreno da rim- forestale (Restauration des terrains de mon- boschire faceva parte di un podere di- tagne) istituita nel 1860 per provvedere al- smesso: era costituito da coltivi terrazzati la sistemazione dei bacini dei territori di ed in parte destinati a vigneto, da alcuni montagna con rimboschimenti, briglie e anni in abbandono colturale e utilizzati altre opere di regimazione delle acque e negli ultimi 15 anni a pascolo, così che il di controllo dell’erosione del suolo. terreno era stato costipato dal calpestio degli animali: alcuni muri dei terrazzi era- no crollati, tratti del terreno erano invasi «Angeli» del bosco da rovi e, lungo un margine dell’appez- zamento, al confine con un tratto di bo- Speriamo che questa lunga introduzione sco situato più a valle, si stava aprendo un chiarisca un episodio connesso alla gran- solco di erosione. La carrareccia che da de vicenda degli «angeli del fango». Do- fondovalle conduceva al podere si era tra- po l’alluvione, alcuni allievi del corso di sformata in un torrentello. laurea in Ingegneria forestale del Politec- nico Federale Svizzero (ETH), con sede a Zurigo, proposero di recare un aiuto a Fi- C’è anche il Museo di «Casa d’Erci» renze, così come i loro colleghi di tanti al- tri paesi, ma decisero di intervenire nel Nel marzo del 1967, una trentina di stu- quadro della loro formazione culturale e denti, accompagnati dal prof. Fischer, dall’

173 ing. Matter e dal tecnico forestale sig. le delle due squadre abbia vinto) e con la Lüthi, trascorsero un paio di settimane in presenza di un tratto di bosco di conifere Toscana; essi vennero alloggiati a Grez- che si stacca visivamente dal circostante zano (frazione di Borgo S. Lorenzo) da do- castagneto. Cinque anni or sono si è «af- ve potevano raggiungere facilmente il po- facciato» sulla scena un ex studente del dere dell’Argignana che costituiva l’area Politecnico di Zurigo che aveva parteci- da rimboschire per la quale era stato pre- pato all’azione del 1967; questi chiedeva parato un progetto sommario di rimbo- prudentemente notizie di dettagli su per- schimento. Il terreno da rimboschire si svi- sone e luoghi e comunicava di aver scat- luppava su circa cinque ettari. Per la par- tato numerose fotografie in occasione del te pianeggiante si tentò di integrare il la- suo soggiorno mugellano, che ora si pos- voro manuale di scavo delle buche con tri- sono vedere sul sito www.melograno.ch. velle a motore messe a disposizione, ov- Si dà il caso che nella stessa valle in cui viamente con il personale, dall’Azienda è situato il vecchio podere l’Argignana, si di Vallombrosa, ma l’abbondanza di pie- trovi il Museo della Civiltà Contadina di tre nel terreno ne rese impossibile l’uso. «Casa d’Erci». È stato ovvio porre in con- Vennero impiegate piantine prodotte in vi- tatto l’ex studente con i membri di «Casa vaio di douglasia e pino nero, oltre che un d’Erci»; sono seguiti contatti telefonici, piccolo numero di aceri, frassini ed onta- email, visite. Ma il resto della storia è nar- ni napoletani. rata assai meglio di quanto possano farlo A distanza di 49 anni si può constatare gli autori di questa nota da Jacopo Landi che il rimboschimento è riuscito ottima- e da Serena Landi con un loro cortome- mente: la copertura del suolo è, ormai da traggio che si può vedere cliccando il si- vari anni, completa, la lettiera di aghi co- to https://vimeo.com/74377359. La televi- pre il suolo in modo continuo, non si no- sione svizzera ha realizzato un filmato sul tano tracce di erosione diffusa ed il pro- Bosco degli Svizzeri che è visibile al sito: cesso di erosione incanalata è stato arre- http://www.rsi.ch/la1/programmi/informa- stato. Gli alberi raggiungono altezze di zione/svizzera-e-dintorni/Il-bosco-degli- 25-28 m circa e una dimensione che ne svizzeri-3719197.html. E chi vuole, ora giustificherebbe il taglio per produrre ta- che si è sorbito la «lezione» sulla funzio- volame, provvedendo, ben s’intende, alla ne idrogeologica del bosco ed ha letto una piantagione di un nuovo bosco sulla su- bella storia (già, una bella storia per noi perficie ora lasciata libera. autori di questa nota che, come si sarà ca- La storia del Bosco degli Svizzeri, così co- pito, siamo anche stati partecipi della vi- me, logicamente, viene denominato, non cenda mugellana), può farse una passeg- si chiude però con questi ricordi (la par- giata e vedere, pioggia o sole, il Bosco de- tita di calcio Grezzano contro Zurigo si gli Svizzeri. E, già che c’è, il Museo di concluse 4 a 2, ma non è poi chiaro qua- «Casa d’Erci».

174 RICORDI E RIFLESSIONI DI UN «ANGELO DEL FANGO DI PERIFERIA» di Stefano Beccastrini

Ricordi di un abitante del Valdarno, allora giovane studente a Firenze, tornato a casa per il ponte del 4 novembre del 1966, proprio il giorno prima che l’acqua invadesse la città, in una zona già inondata dalle acque dei vari torrenti straripati. Sul filo della memoria, tornano a porsi le domande sul ruolo della comunicazione – quella non data nei giorni precedenti e quella falsa del giorno successivo al disastro – e i pareri discordanti sul peso avuto dalle due dighe della zona nella entità dell’alluvione. Riaffiorano anche le immagini delle successive vicende, vissute nel ruolo di «angelo del fango di periferia» nel recupero dei libri mandati dalla Biblioteca Nazionale a San Giovanni Valdarno e, nel capoluogo toscano, nella Biblioteca della Facoltà, in mezzo ai libri alluvionati, dove si stagliava la figura autorevole del professor Garin, indignato per il disastro non evitato, ma fiducioso nella pronta risposta della città.

Alla cara memoria di Eugenio Garin 1966 fa parte di una serie di straripamen- ti del fiume Arno che hanno mutato, nel Da Wikipedia corso dei secoli, il volto della città di Fi- renze. Avvenuta nelle prime ore di venerdì «L’alluvione di Firenze del 4 novembre 4 novembre 1966 a seguito di un’ecce-

175 zionale ondata di maltempo, fu uno dei più ininterrottamente da due o tre giorni, cor- gravi eventi alluvionali accaduti in Italia, revo verso la stazione di Santa Maria No- e causò forti danni non solo a Firenze ma vella, che trovai molto affollata e quasi in gran parte della Toscana e, più in ge- impazzita. Transitando per il sottopassag- nerale, in tutto il paese. Diversamente dal- gio, ove molti negozi erano tuttora acce- l’immagine che in generale si ha dell’e- si, mi venne da pensare che per fortuna, vento, l’alluvione non colpì solo il centro di lì a poco, gli esercenti e i commessi storico di Firenze ma l’intero Bacino idro- avrebbero potuto andarsene a casa. Il traf- grafico dell’Arno, sia a monte sia a valle fico ferroviario mostrava già svariati pro- della città. Sommersi dalle acque furono blemi di orario e di interruzione dei ser- anche diversi quartieri periferici come Ro- vizi (a monte di Firenze, per esempio in vezzano, Brozzi, Peretola, Quaracchi, sva- Casentino e in Mugello, torrenti e fossi riati centri del Casentino e del Valdarno in avevano già cominciato a tracimare ma in Provincia di Arezzo, del Mugello (dove città, ove l’Arno appariva sempre più gon- straripò anche il fiume Sieve), alcuni co- fio ma tuttora dentro i limiti di guardia, muni periferici come Campi Bisenzio, Se- non se ne sapeva ancora nulla). Per il Val- sto Fiorentino, Lastra a Signa e Signa (do- darno erano ormai pochi i treni in par- ve strariparono i fiumi Bisenzio ed Om- tenza e presi il primo che mi capitò. Ave- brone Pistoiese e praticamente tutti i tor- vo iniziato proprio in quell’anno a fre- renti e fossi minori) e varie cittadine a val- quentare l’Università di Firenze e, per evi- le di Firenze, come Empoli e Pontedera. tarmi quotidiani pendolarismi, i miei ge- Dopo il disastro, le campagne rimasero al- nitori mi avevano affittato due stanzette, lagate per giorni, e molti comuni minori che dividevo con un amico, studente an- risultarono isolati e danneggiati grave- ch’egli, in via Romana. Quella sera tor- mente. Nelle stesse ore, sempre in Tosca- navo a casa, a Cavriglia, perché il giorno na, una devastante alluvione causò lo stra- dopo era festa – cadeva la ricorrenza, al- ripamento del fiume Ombrone, colpendo l’epoca appunto festiva, della vittoria nel- gran parte della piana della Maremma e la Grande Guerra – e mi si presentava sommergendo completamente la città di l’occasione di un bel ponte, fino al lu- Grosseto. Nel frattempo, altre zone d’Ita- nedì successivo. Giunto alfine, con il tre- lia vennero devastate dall’ondata di mal- no che procedeva lentissimo, a San Gio- tempo: molti fiumi del Veneto, come il Pia- vanni Valdarno, scoprii che non c’erano ve, il Brenta e il Livenza, strariparono, e più autobus per Cavriglia. Per fortuna, in- ampie zone del Polesine furono allagate; contrai in stazione un mio ex compagno in Friuli lo straripamento del Tagliamento di liceo che aveva la macchina, poco più coinvolse ampie zone e comuni del suo in là parcheggiata, e si offrì, alquanto ge- basso corso, come Latisana; in Trentino la nerosamente perché continuava a piove- città di Trento fu investita pesantemente re a dirotto, di accompagnarmi. Giunti al- dallo straripamento dell’Adige» 1. la curva che si trova proprio sotto la col- lina di Montecarlo, trovammo la strada invasa dall’acqua oltre che da detriti di Quella notte, fra il 3 e il 4 novembre sassi, fango, rami d’albero: il Borro dei Frati era uscito dagli argini. Sbandammo, Verso le 19 del 3 novembre 1966 – era finimmo sul ciglio del torrente, per la un giovedì ed io mi trovavo a Firenze – prontezza del guidatore non vi finimmo sotto una pioggia torrenziale, che durava dentro. Ripreso il percorso, giungemmo a

176 La grande alluvione

Cavriglia verso le 22: proprio a quell’ora era iniziata l’inondazione del Valdarno, ad opera dei torrenti e dei fossi che, come il Borro dei Frati, avevano rotto gli argini. Nel corso della nottata, davvero da tre- genda, verso le 23 l’ac- qua interruppe, all’al- tezza di Incisa, la linea ferroviaria e l’Autostra- da del Sole, così divi- dendo in due l’Italia. Tutte le campagne val- darnesi erano ormai al- lagate, spesso costrin- gendo gli abitanti a salire sui tetti. A Reg- Ci furono errati comportamenti umani? gello straripò il torrente Resco, travol- gendo e uccidendo sette persone, due in- L’alluvione di Firenze fu la prova più dram- tere famiglie. A Montevarchi fu il torren- matica ed evidente di varie carenze isti- te che attraversava il quartiere del Pestel- tuzionali che connotavano cronicamente lo a straripare. A mezzanotte, infine, fu la il nostro Paese e che soltanto in parte so- volta dell’Arno: i centri del fondovalle val- no state, in seguito, modificate in meglio: darnese si ritrovarono così completamente l’assenza di una coerente ed efficace po- allagati e totalmente isolati. Alle una l’Ar- litica generale di tutela del suolo (le cose, no straripò a La Lisca, presso Lastra a Si- in seguito, non sono andate affatto nel ver- gna. Poi, nelle ore che seguirono, con so giusto); la carenza di un sistema coor- progressione implacabile, la città di Fi- dinato di gestione della protezione civile renze diventò il vero, se non unico, pro- (fu necessario attendere il 1992 perché tagonista dell’immane disastro. Alle 3.48 fosse istituito il competente Dipartimento l’ANSA diffuse la prima notizia: «La si- ministeriale e il 2012 per la costituzione tuazione in Toscana diventa sempre più di un vero e proprio Servizio Nazionale); grave». Verso le 5, i gioiellieri del Ponte la mancanza di un sistema di comunica- Vecchio, messi in allarme dai metronot- zione orientato a informare tempestiva- te – i soli a fare un po’ di informazione, mente la popolazione su quanto andava in città, su ciò che stava accadendo – accadendo in casi di emergenza (questa svuotarono i propri negozi. Alle 6.50 la rappresenta forse la pagina più nera che furia del fiume invase la Biblioteca Na- caratterizzò l’alluvione di Firenze: il si- zionale e Santa Croce, quasi distruggen- lenzio quasi totale che, troppo a lungo, do il Crocifisso di Cimabue. Alle 9, alfi- circondò il catastrofico evento). Un’altra ne, finì sotto le acque limacciose l’intera questione, sulla quale poi si accentrò l’at- piazza del Duomo: così, con un evento tenzione dei mass media e dell’opinione anche simbolicamente forte, la tragedia di pubblica riguardò la fatalità o meno del- Firenze si era compiuta. la tragedia. Insomma, si trattò di un cata-

177 strofico evento naturale o dietro di esso ci Levane e La Penna, costruite alcuni anni furono anche errati comportamenti uma- prima con scarsa attenzione alla possibi- ni? Si disse, per esempio, che nei mesi lità di reggere la portata di eventi pluvio- precedenti quella straordinaria ondata di metrici molto intensi. La loro tardiva e im- maltempo, erano state compiute molte provvisa apertura (per evitarne il crollo) operazioni di inseminazione delle nuvo- fece così affluire all’Arno tutta in una vol- le – il cosiddetto cloud seeding ossia una ta una ragguardevole massa d’acqua che tecnica finalizzata a provocare artificial- finì col sommergere Firenze». Di tutt’altro mente, tramite particolari sostanze chimi- parere altri commenti, risalenti sia a fon- che, le precipitazioni su di un territorio – ti del tempo sia a documenti successivi. sulle colline nei pressi di Roma. Era vero? Per esempio quello di Giovanni Cocchi, Chi l’aveva deciso? Chi ne controllava le direttore dell’Istituto di Idraulica di Bolo- conseguenze? Ma la polemica più aspra gna, il quale, su incarico della Procura coinvolse proprio il Valdarno e riguardò il della Repubblica, guidò un’indagine sul- ruolo che forse ebbe, nel causare l’allu- l’argomento. Anche l’articolo di Diego vione di Firenze, la cattiva gestione delle Giorgi comparso su «l’Unità» del 4 di- due dighe di Levane, in comune di Mon- cembre 2004 ha poi affermato che «(…) tevarchi, e La Penna, in comune di Pergi- il pesante fardello che queste dighe, so- ne, all’epoca proprietà della SELT ma pre- prattutto quella di Levane, si trascinano sto passate all’Enel. Tuttora, parlando di dall’anno dell’alluvione di Firenze, è in- esse, le si definisce ironicamente «Le di- giusto e falso», facendo proprie le dichia- ghe che portarono l’acqua in casa a tutti razioni dell’ingegner Brunelli dell’Enel se- i fiorentini»! Esse erano sorte, una qua- condo le quali «(…) associare le piene al- rantina di chilometri a Nord di Firenze, l’apertura delle paratie della diga è sba- negli anni 50, allo scopo primario di pro- gliato e scorretto». Comunque siano an- durre energia elettrica ma anche per regi- date le cose, occorre anche considerare, mentare la portata di un fiume dalle ca- nel valutare il comportamento degli addetti ratteristiche torrentizie, favorire l’irriga- alle due dighe, l’assoluta arretratezza tec- zione delle campagne valdarnesi, incre- nologica nella quale operavano. Come ri- mentare l’acquedotto dello stesso capo- cordò, a un Forum sull’argomento, un cit- luogo regionale. Più di un esperto sosten- tadino che fu testimone oculare dei fatti: ne, e continua a sostenere, che proprio «Le persone che erano ai portelloni della l’improvvisa – e improvvida – apertura di Penna sono stati sotto l’acqua per due gior- esse provocò l’ondata di piena che fece ni a gestire la piena nel migliore dei mo- uscire dagli argini l’Arno. Un recente do- di. La guardiola era tempestata dalle te- cumento della Protezione Civile della Pro- lefonate di gente preoccupata, mentre lo- vincia di Arezzo, escludendo peraltro un ro erano lì a telefonare nei luoghi più a ruolo significativo della diga di Levane, monte per avere riferimenti: nel caso del- afferma che: «La diga de La Penna, col- la Penna l’operatore telefonava al barista lassando la notte del 4 novembre 1966, di Ponte a Buriano ogni pochi minuti, per contribuì a creare i gravi problemi che si sentire cosa faceva il livello, e il barista verificarono in Valdarno e nella città di Fi- continuava a dire: “Qui sta salendo”, e lo- renze». Anche Walter Palmieri, ricercato- ro continuavano ad aprire i portelloni, per- re del CNR, sostiene che «In quella cir- ché ai tempi non c’èra il controllo pluvio- costanza un ruolo causale di primo piano idrico che c’è adesso e quindi si doveva- ebbero due dighe idroelettriche, quelle di no arrangiare, e nonostante tutto la forza

178 La grande alluvione dell’acqua aumentava a vista d’occhio (…) venuta di quei parenti che poi, saputo che Quegli uomini si sono visti passare da- non era accaduto un bel nulla, restarono vanti un vero cimitero di guerra: fienili in- a pranzo presso di noi brindando allo teri, capanni, le bestie ancora vive infilzate scampato pericolo (è facile scampare a dai tronchi di albero che passavano giù un pericolo inesistente), si trasformò in dai portelloni (...) Purtroppo dopo tutti gli una festa e finì, come suol dirsi, a taral- sforzi fatti, la piena ebbe il sopravvento». lucci e vino. Ma cosa era davvero acca- duto? Probabilmente a Montevarchi, ma poi partì – creando uguale panico – qual- Una famosa sentenza di Marx che telefonata anche verso San Giovanni, qualcuno sparse la voce del crollo della Marx, da qualche parte della sua opera, diga di Levane. Il fatto sarebbe stato, chia- ha scritto più o meno che, quando un ramente, del tutto immotivato: perché a evento si ripresenta nel corso della storia, piena dell’Arno completamente defluita se la prima volta è una tragedia, poi di- la diga avrebbe dovuto crollare? Ma, venta una farsa. È ciò che avvenne a Mon- tant’è: la diceria si diffuse presto – anche tevarchi e San Giovanni Valdarno il gior- a causa dell’andare in giro di auto della no del 5 novembre 1966, ossia il giorno polizia che incoraggiavano gli abitanti a dopo la alluvione (quella vera). Era saba- scappare nei luoghi collinari – e ci fu mol- to, una bella giornata poiché la pioggia, ta gente che in preda alla paura, in colli- sulla Toscana, era finalmente cessata. A na ci si recò davvero, portandosi dietro, Cavriglia, in camera mia, stavo ascoltan- oltre a borse e valige ripiene delle cose do la radio per capire bene cosa fosse più varie, anche i materassi e persino le davvero accaduto il giorno prima a Fi- reti dei propri letti. Non parliamo poi di renze quando suonò il campanello di ca- ciò che avvenne nei due ospedali, quel- sa e mia madre, che si recò a vedere chi lo montevarchino e quello sangiovanne- fosse, si ritrovò con stupore di fronte un’in- se, che videro i pazienti fuggire in pigia- tera famiglia di parenti che vivevano a San ma e, qualcuno, con la flebo ancora infi- Giovanni Valdarno. Impaurita dalla inat- lata nel braccio. Si narrano aneddoti cu- tesa comparsa del vasto parentado, do- riosi: per esempio, quello di due sangio- mandò cosa fosse successo, sentendosi ri- vannesi che, nella foga di scappare in au- spondere: «A San Giovanni si è sparsa la to, si scontrarono, lasciarono lì le due voce che sia crollata la diga di Levane, per macchine senza alcun litigio e prosegui- cui noi – impauriti – siamo scappati su- rono la fuga a piedi o quello del monte- bito, lasciando a casa armi e bagagli, ver- varchino che, trovandosi sull’argine del- so le zone collinari del territorio e abbia- l’Arno per farsi una biciclettata, venne av- mo pensato di venire da te, a Cavriglia. visato da gente proveniente dal centro- Almeno qui siamo sicuri!». Mi venne su- città del crollo della diga e, senza neppure bito da pensare che, anche se davvero la volgere lo sguardo verso l’Arno che gli diga fosse crollata, ormai l’acqua del suo scorreva tranquillo sotto il naso, scappò invaso, visto che quella dell’alluvione del anch’egli in collina (le due colline, Ca- giorno prima era rapidamente defluita, sa- vriglia a parte, erano quella dei Cappuc- rebbe stata così scarsa che l’Arno, arriva- cini a Montevarchi e il Poggio della Ciul- to a San Giovanni da Levane, si sarebbe la a San Giovanni). Sul comico evento ci probabilmente alzato di pochi centimetri. fu anche una interrogazione parlamenta- Ma non volli polemizzare: in fondo, la re. Nella seduta del Parlamento del 17 no-

179 vembre 1966, dedicata proprio alla re- darnesi nel 1966, erano crollate: almeno cente alluvione, a nome del PCI l’onore- nel primo caso, se ciò fosse avvenuto, si vole Beccastrini, con altri colleghi, inter- sarebbero contate meno vittime). rogò il ministro degli Interni «(…) per chie- dere se sia stata disposta una inchiesta per appurare come sia nata la notizia sulla I «nostri» antichi e malridotti volumi rottura delle dighe sul fiume Arno, diffu- sa nella mattina del giorno 5 novembre, «Angeli del fango», come si sa, è la bella che provocò nella popolazione dell’inte- espressione che fu data all’esercito di gio- ro Valdarno un panico indescrivibile e ta- vani, provenienti da tutta l’Italia e persino le da provocare la fuga di alcune decine dall’estero, i quali volontariamente, subi- di migliaia di cittadini d’ogni età, compresi to dopo l’alluvione, giunsero a Firenze per i malati, verso le località più a monte nel salvare le opere d’arte e i libri, strappan- più spaventoso caos; come sia avvenuto do al fango e all’oblio la testimonianza che abbiano partecipato alla diffusione di preziosa di secoli e secoli di arte e di sto- tale notizia gli stessi agenti di polizia, ria. Una splendida pagina di solidarietà mentre era possibile accertare l’infonda- internazionale che resta quale l’icona più tezza di quell’allarme». Era talmente pos- consolante dell’immane disastro (molti di sibile, l’accertamento, che le due ammi- quei giovani, due anni dopo, avrebbero nistrazioni comunali di Montevarchi e di non casualmente fatto il Sessantotto). Sen- San Giovanni Valdarno, dopo averlo com- za recarmi a Firenze, anch’io, assieme a piuto, inviarono automobili munite di al- vari altri miei coetanei, mi impegnai a lot- toparlante ad informare la popolazione tare, nei giorni successivi all’alluvione, che non c’era alcun pericolo e che nes- contro il fango che aveva fatto scempio suna diga era crollata. Le autorità di Pub- dei libri della Biblioteca Nazionale. L’am- blica Sicurezza, viceversa, avevano diffu- ministrazione comunale di San Giovanni so la notizia contraria. Per non rischiare Valdarno fece, infatti, in modo che alcu- la brutta figura dei loro colleghi fiorenti- ni camion di volumi ridotti in stato pieto- ni – che avevano troppo a lungo taciuto so dall’acqua limacciosa giungessero an- un allarme reale – finirono con il diffon- che in Valdarno per essere asciugati – ap- derne frettolosamente uno fasullo, così punto da un gruppo di giovani volontari – coprendosi di ridicolo. In verità, quanti presso un locale mobilificio, usufruendo in Valdarno proseguirono le proprie atti- delle macchine predisposte per l’asciuga- vità, non dando alcun credito alla falsa no- tura dei mobili verniciati. L’operazione av- tizia, ritengono tuttora che, di ridicolo, si veniva di notte e terminava all’alba, poi- siano un po’ coperti anche quei loro con- ché il mobilificio, durante il giorno, doveva cittadini che scapparono verso le colline tornare ad accogliere gli operai addetti al- (essi, peraltro, furono assai meno nume- le varie fasi di lavorazione dei mobili. Fu rosi delle «decine di migliaia» evocate così che, dopo il 4 novembre, trascor- nella pur sacrosanta interrogazione del remmo varie notti insonni a girare con at- PCI al ministro dell’Interno). D’altronde, tenzione, man mano che si asciugavano, c’era molta tensione nell’animo di tutti, le pagine dei tanti volumi giunti da Firen- derivante dalla catastrofe del giorno pre- ze (il carico inviato a San Giovanni Val- cedente e dalla recente – tre anni prima darno comprendeva soprattutto preziosi – tragedia del Vajont (tuttavia né la diga erbari, bestiari, lapidari e atlanti del Sei- del Vajont nel 1963 né le due dighe val- Settecento, dalle pagine elegantemente il-

180 La grande alluvione lustrate). Era un lavoro abbastanza noioso mitero di libri inzuppati d’acqua dell’Ar- e, fatto di notte, anche piuttosto stancan- no e distrutti dal fango e dalla nafta. Lo ri- te ma noi eravamo ugualmente felici di cordo sobriamente elegante, vestito in ma- farlo: era il nostro modo di impersonare niera inappuntabile seppur vagamente gli «angeli del fango» di periferia. Duran- country, parimenti distante dai jeans e da- te la giornata dormivamo qualche ora ep- gli eskimi dei suoi studenti così come dal- poi tornavamo al «nostro» mobilificio e ai le solenni grisaglie dei suoi paludati col- «nostri» antichi e malridotti volumi. Do- leghi d’accademia. Profumava persino, di vevano essere trattati con estrema caute- lavanda mi par di ricordare, quasi a voler la perché, resi fragili oltre che dalla loro sfidare il puzzolente sfacelo che ci cir- antichità, anche e soprattutto dal loro pe- condava. Mi espresse, mentre ci aggira- noso stato attuale, si sarebbe potuto di- vamo per quegli ambienti spettrali e fio- struggerli del tutto. La cosa andò avanti camente illuminati, tutto il suo irato do- per una settimana circa e ci lasciò orgo- lore per quell’immane perdita di cultura, gliosi di aver fatto la nostra pur piccola per l’inefficienza dello Stato nel prevenir- parte a favore della cultura alluvionata. la eppoi nell’aiutare a superarla, per lo sfacelo in cui giaceva prostrata la città, nella quale non era nato ma che ormai da Di ritorno a Firenze vari decenni era diventata la sua vera pa- tria. Si disse fiducioso, tuttavia, circa la Pochi giorni prima dell’alluvione, in qua- capacità di Firenze, spesso messa in gi- lità di presidente di un Circolo culturale nocchio dai fatti del destino e della storia, sangiovannese intitolato a «Luigi Russo», di rimettersi in piedi, di rinascere a nuo- avevo contattato telefonicamente Eugenio va vita. Mi confermò la sua intenzione di Garin, per proporgli di venire a San Gio- accogliere l’invito di venire a San Gio- vanni Valdarno a tenere una conferenza vanni Valdarno per la conferenza, ma l’e- sulla cultura italiana del 900 (avevo, da po- vento doveva essere rimandato di qualche co, letto con passione il suo Cronache di mese. In questo momento, aggiunse salu- filosofia italiana). Egli aveva gentilmente tandomi, ho soltanto un impegno, che so- accettato, dicendo di volermi incontrare di vrasta tutti gli altri: darmi da fare affinché persona. I fatti del 4 novembre fecero lo- l’attività accademica possa ricominciare gicamente saltare tale nostro incontro. Ci al più presto. «Torni a cercarmi quando l’u- vedemmo alfine qualche settimana dopo niversità, e Firenze, avranno ripreso a vi- l’alluvione, in una Firenze ferita, malin- vere» disse stringendomi la mano. Nella conica, maleodorante. L’appuntamento era primavera successiva venne a San Gio- fissato, in un tardo pomeriggio, presso la vanni Valdarno e la conferenza ebbe un sede della Facoltà di Lettere e Filosofia, in clamoroso successo. Conserverò per sem- Piazza Brunelleschi. Mi ci recai – era già pre, peraltro, il ricordo dell’incontro con buio pesto, in quel terribile inverno reso lui nella fioca luce d’una biblioteca qua- tetro dai molti negozi spenti – con un cer- si distrutta: la sua compostezza, la sua to anticipo, nonché emozionato e pieno gentilezza, persino il suo profumo di la- di timidezza. Garin mi accolse nella Bi- vanda si ergevano indignati contro il di- blioteca di facoltà, trasformata in un ci- sastro che regnava dattorno.

1 Tratto da Wikipedia, L’alluvione di Firenze del 4 novembre 1966.

181 IL CASENTINO: UN LABORATORIO A CIELO APERTO di Pier Angelo Bonazzoli, Davide Giovannuzzi, Andrea Rossi

Il territorio del Casentino, dove nasce l’Arno, privilegiato per la stratificazione storica e testimoniale delle dinamiche tra l’uomo e la risorsa idrica, ha visto nascere due interessanti realtà, finalizzate alla documentazione e alla preservazione della memoria: l’«EcoMuseo» e la «Banca della Memoria del Casentino». Due istituti culturali che vorrebbero caratterizzarsi come nodi di una rete a scala regionale, per raccontare e documentare la storia del territorio e la memoria dell’alluvione, per contribuire alla valorizzazione e al rispetto dell’ambiente e alla sensibilizzazione dei cittadini, soprattutto dei più giovani, al tema dell’acqua.

Un contesto territoriale privilegiato Se il tema delle alluvioni segna la storia delle comunità per la drammaticità del Ripercorrere l’Arno a ritroso, risalire le ac- suo impatto distruttivo, va anche eviden- que, le antiche pescaie, i ponti, i borghi e ziato come l’acqua sia stata e sia tutt’ora tornare nel suo luogo d’origine, la prima al centro di una complessa rete di relazioni valle che lo accoglie, dove ritrovare il sen- che investono ogni aspetto dell’esperien- so di un rapporto antico, tutto da riscoprire za umana: da quella sacrale e simbolica e rinnovare per il futuro: quello tra l’uo- a quella sociale e produttiva. Ricostruire mo ed il fiume. le tappe ed i temi di questa storia artico- Il Casentino rappresenta un contesto ter- lata, non immune da momenti di criticità ritoriale privilegiato nel quale leggere, at- in cui l’azione umana sovverte l’equilibrio traverso la stratificazione storica delle te- con le risorse naturali del proprio territo- stimonianze ancora presenti, la dinamica rio, rappresenta un esercizio culturale uti- tra l’uomo e la risorsa idrica nel tempo. le e fruttuoso nel quale contestualizzare

182 La grande alluvione anche eventi, solo ap- parentemente straordi- nari, come lo straripa- mento dei fiumi. Analizziamo veloce- mente, a titolo esempli- ficativo, alcuni dei temi in grado di esplicitare lo spessore e la comples- sità del rapporto tra l’uo- mo e l’acqua nella prima valle dell’Arno. Iniziamo della compo- nente sacrale dei luoghi densi di storia quali il La- go degli Idoli sul Monte Falterona, monte sacro per eccellenza, dal quale sembrava che go l’Arno. È tuttavia dall’ambito della ge- prendessero origine i due principali fiumi stione dell’assetto forestale e territoriale dell’Italia centrale: l’Arno e il Tevere, in che ci arrivano gli esempi ed i messaggi più corrispondenza del quale è stata rinvenu- significativi. La storia del Casentino, e quin- ta una importante stipe votiva etrusca 1, di della Toscana, è punteggiata da episodi ma anche presso altre piccole località le- legati a piene rovinose dei fiumi, legate ai gate a culti apotropaici, perdurati per se- dissesti idrogeologici causati da una poli- coli, in cui l’acqua era posta al centro del- tica territoriale non sempre rispettosa dei la venerazione degli abitanti 2. L’aspetto delicati equilibri ecologici. Dai codici fo- produttivo è ben documentato (si veda il restali dei monaci camaldolesi alle Crona- paragrafo riferito all’«EcoMuseo») ed ha che del Villani 3, dagli editti granducali 4 fi- visto il fiorire, nel periodo pre-industria- no alle più moderne leggi in materia, si re- le, di una serie di opifici, nati grazie al- cuperano testimonianze di sfide e di rego- l’energia ricavata dall’abbondanza di ac- le, di «patti» rotti e poi ricomposti ciclica- qua, che sono stati all’origine anche di al- mente. Il monito è sin troppo semplice ma cune produzioni d’eccellenza, quali ad altrettanto vero e profondo: ciò che viene esempio il tessuto «Casentino». fatto a monte si ripercuote a valle. Che ne sarà delle città del futuro se le montagne continueranno a spopolarsi? Se nessuno A monte e a valle presidierà all’assetto dei boschi e dei fos- si? E ancora, generalizzando, quale perce- Non possiamo poi non fare riferimento al- zione hanno gli abitanti del proprio terri- lo stretto rapporto che per secoli ha lega- torio, degli insediamenti umani e produt- to la montagna casentinese alla città di Fi- tivi e degli impatti che necessariamente renze. Basti pensare alle ingenti quantità esercitano sull’ambiente? Molti segnali di di legname che l’Opera del Duomo di Fi- una sensibilità sempre più diffusa rispetto renze faceva trasportare a valle attraverso a questi temi esistono ma ancora molto c’è decine di buoi per poi proseguire verso Fi- da fare a cominciare dal rapporto con le renze e Pisa in grandi zatteroni fluitati lun- scuole e dalla didattica, anche a livello lo-

183 cale. Le testimonianze storiche ed i temi toriale nelle sue componenti ambientali, sopra esposti non sono certo esclusiva del storico-culturali, produttive, etnografiche. Casentino, lontano, tra l’altro, da essere Quando parliamo di ecomuseo, non vo- una terra incorrotta, ma qui, per le di- gliamo riferirci ad una concretizzazione fi- mensioni ridotte e ben delimitate del con- sica, ad un allestimento (in cui la dimen- testo, gli stessi argomenti possono essere sione ostensiva viene necessariamente letti in forma più diretta e semplificata, può mortificata spesso dalla stessa limitatezza essere forse più semplice riannodare i le- dei contenitori) ma piuttosto alla nascita gami persi o sconnessi. Questo grazie an- e lo sviluppo di un processo che vede ne- che alle attività di due istituti culturali at- cessariamente il coinvolgimento di una tivi da alcuni anni, di cui di seguito ven- serie di attori diversi: gli enti locali, l’as- gono presentate le attività: l’«EcoMuseo» sociazionismo, gli istituti di ricerca, le e la «Banca della Memoria del Casenti- realtà economiche, la scuola. Il termine no». Entrambi si candidano quali possibi- usato per esprimere la totalità di questi li nodi di una rete a scala regionale 5, per soggetti è quasi sempre quello di comu- raccontare e documentare non solo il te- nità, che non vuole tuttavia richiamare una ma della memoria dell’alluvione ma anche realtà pacificata e unanimemente con- per contribuire alla realizzazione, in linea corde, quanto un universo complesso di con le rispettive missioni culturali, di pro- persone che a diverso titolo e con diversi getti culturali e didattici che riconducano ruoli hanno «interesse a partecipare» al gli abitanti alla conoscenza, alla valoriz- progetto. zazione ed allo sviluppo sostenibile del La dimensione più autentica dell’«Eco- proprio ambiente di vita, a partire dal te- Museo» sta nella sua dimensione relazio- ma dell’acqua. nale, nel riuscire a mettere in comunica- zione ambiti e soggetti che altrimenti pro- babilmente non lo sarebbero (relativa- L’«EcoMuseo» mente a determinate tematiche). La me- diazione, la prefigurazione, la definizione L’«EcoMuseo» del Casentino 6 è ubicato di ipotesi sperimentali, rappresentano al- nella prima Valle dell’Arno, in Provincia cune delle attività messe in atto dal servi- di Arezzo. L’iniziativa è nata alla fine de- zio CRED dell’Unione dei Comuni mon- gli anni Novanta su iniziativa della Co- tani del Casentino, che dal 2004 ha as- munità Montana del Casentino (oggi Unio- sunto il ruolo di Centro Servizi e coordi- ne dei Comuni Montani del Casentino) namento della rete ecomuseale. con finanziamenti comunitari e il coin- volgimento diretto di alcune amministra- zioni comunali. Attualmente, il progetto si «La Via dei Mulini ad acqua» articola in quindici antenne 7 diffuse sul territorio a stretto contatto con le comu- Uno dei sistemi, così sono state definite nità locali. Raccogliere, documentare, le macro tematiche 8 attraverso le quali ri- conservare, interpretare, mettere a con- percorrere il rapporto tra uomo ed am- fronto, comunicare, educare, sono alcu- biente nel tempo storico in Casentino, è ne delle funzioni esplicitate dalle struttu- l’acqua. re tutte concorrenti, tuttavia, al raggiungi- L’acqua, insieme al manto boschivo, rap- mento della medesima missione: la tute- presenta la componente primaria del pae- la e la salvaguardia del patrimonio terri- saggio casentinese. I segni del mutevole

184 La grande alluvione rapporto tra l’uomo e le acque si individuano in- nanzi tutto nelle struttu- re dei ponti, più o meno arditi e ampi, sorti in prossimità delle strettoie dove l’alveo di torrenti e fiumi era soggetto a mi- nore variabilità e desti- nati a collegare i versanti vallivi e ad assicurare il transito di uomini e mer- ci per tutto l’arco del- l’anno. Ma accanto a queste strutture legate ai per- corsi di terra, si trovano i manufatti connessi all’utilizzo dei corsi specifico la sede del polo è l’antica casa d’acqua, come altrettante idrovie adatte del custode della Centrale idroelettrica, al trasporto del legname fornito dalle sel- attualmente automatizzata, di proprietà di ve e dai boschi montani che confluiva nei «Enel Green Power». Il «Polo didattico del- porti della Badia di Pratovecchio e di Pon- l’Acqua» è visitato in particolare dalle te a Poppi. scuole primarie 10. Le attività svolte grazie Utilizzavano invece l’acqua come forza alla presenza dell’«EcoMuseo» si incen- motrice e costituivano una rete di opifici e trano proprio sulla valorizzazione della strutture produttive gli edifici «andanti ad cultura dell’acqua nella comunità. Sono acqua» come mulini, ferriere, gualchiere state promosse nel corso degli anni spe- diffusi in tutta la valle. A questo proposi- cifiche ricerche poi restituite in quaderni to, è stato predisposto uno specifico itine- didattici 11. Il coinvolgimento della parte rario: «La Via dei Mulini ad acqua» del Ca- più anziana della popolazione è giustifi- sentino 9 che comprende alcune strutture cato dal fatto che sono i custodi di un sa- ancora funzionanti o interessate da parti- pere antico e particolareggiato che ogni colari progetti di recupero o valorizzazio- anno è in via di scomparsa. Questa pre- ne promossi dai singoli proprietari. Il per- ziosissima fonte di sapere è raccolta e do- corso rappresenta un vero e proprio viag- cumentata grazie alla «Banca della Me- gio nel tempo, nella storia della tecnica, moria» di Poppi (vedi paragrafo successi- alla riscoperta di luoghi suggestivi, di ar- vo). chitetture tradizionali, di antiche sapienze Anche per il caso della Raccolta rurale ma anche dei prodotti derivanti dalla mo- «Casa Rossi» di Soci, al tema principale è litura che potranno essere acquistati diret- collegata una tematica idrica inerente al- tamente presso alcuni mulini. le opere di bonifica, uniche in Casentino. Un ideale punto di partenza per la visita Il territorio agricolo circostante è ricco di ai mulini del comprensorio è rappresen- segni da interpretare e riconnettere, segni tato dal «Polo didattico dell’Acqua» al- legati alla storia del paesaggio agrario del l’interno della Centrale idroelettrica La fondovalle («Archian rubesto» di dantesca Nussa, nel comune di Capolona. Nello memoria) e alla pratica delle bonifiche

185 fondiarie. In questo contesto è stato at- namente al disastro epocale che avrebbe trezzato un apposito percorso di visita lun- coinvolto il capoluogo Toscano. Ad aiu- go l’argine di bonifica, con pannelli espli- tarci nella ricostruzione dei fatti relativi cativi che consentono la comprensione di all’alluvione del 1966 è la testimonianza alcuni antichi manufatti realizzati per fa- di Giorgio Lucatello, al tempo Vigile del cilitare le operazioni di bonifica dei cam- Fuoco del Distaccamento di Pratovecchio. pi «per colmata», già sperimentate dal Fos- sombroni in Valdichiana. Prima nel Casentino…

La «Banca della Memoria» «Verso le ore 20 la chiamata per i Vigili del Fuoco fu: “Allagamento!”. L’allarme La «Banca della Memoria del Casentino» riguardava alcune case coloniche nella è un archivio audiovisivo, nato e promos- piana di Campaldino, ma soprattutto l’a- so grazie all’Unione dei Comuni Monta- bitato di Ponte a Poppi. L’acqua abbon- ni del Casentino, relativo alle tradizioni e dante del torrente Roiesine non riusciva a alla memoria orale ed immateriale della confluire nell’Arno, allagando così le aree Toscana. circostanti. Ma agli occhi dei Vigili del L’attività della «Banca della Memoria» si Fuoco e dei paesani era evidente che la fonda sull’assunto progettuale che la me- situazione si stava aggravando; il livello moria orale, l’interpretazione narrativa e dell’Arno preoccupava tutti. Così a notte la poetica della propria storia (come la fonda, verso le 2 del mattino del 4 no- cultura materiale espressa nella vita quo- vembre, il fiume impetuoso con rumori tidiana e nei mestieri della montagna), rap- assordanti trasportava di tutto: animali sot- presentano un patrimonio complessivo di tratti alle loro stalle, sassi e fango, rami ed saperi diffusi ancora vivo tra la popola- alberi che con fatica superavano lo sbar- zione. Questo può essere riletto ed inter- ramento del ponte che porta a Poppi e al pretato come possibile risorsa nei proces- suo castello. Fu un albero gigantesco a si di sviluppo condiviso, nella direzione di rompere gli argini con la forza dell’acqua, una reale valorizzazione del patrimonio penetrando attraverso una lavanderia in culturale delle aree rurali della Toscana. piazza Garibaldi a ridosso del ponte. Il li- Una sezione speciale dell’archivio è de- vello dell’acqua salì rapidamente, mentre dicata all’alluvione del fiume Arno nel da Arezzo, sede centrale dei Vigili del Fuo- 1966, di cui di seguito vengono riportate co, partiva per il Casentino un camion che alcune memorie tratte dai materiali au- trasportava una barca, una “chiatta” per diovisivi conservati. l’esattezza, una zattera dal fondo piatto». Nel tardo pomeriggio del 3 novembre a Il racconto di Giorgio è entusiasmante e ric- Stia, il paese dove nasce l’Arno, le piog- co di dettagli freschi e chiari. La zattera ge insistenti avevano ingrossato un af- senza motore, fu trasportata lungo la mas- fluente, lo Staggia, che allagava le stradi- sicciata della linea ferroviaria, più in alto ne a ridosso dell’Arno. A Firenze, nelle rispetto alla carreggiata della strada allagata stesse ore, forse in molti ancora non im- da oltre un metro di acqua. L’Arno aveva maginavano quello che sarebbe successo invaso tutti i locali al piano terreno, in mol- di lì a poco. ti avevano già trovato riparo ed assistenza Il ricordo di quei giorni è ancora vivo in presso parenti o amici in luoghi più sicu- molte persone che non pensavano lonta- ri, ma tante erano le persone da soccorre-

186 La grande alluvione re. Nel racconto emerge l’immagine della larme colse i Vigili del Fuoco del Distac- banca completamente allagata e di una camento di Pratovecchio. Altri luoghi del- marea di fogli e fogliettini galleggianti, non la Toscana erano in pericolo e furono chia- sembravano banconote, ma chissà... mati ad intervenire in Valdarno, ma du- I soccorritori a bordo della zattera con gros- rante lo spostamento arrivò l’ordine di di- si remi, spinta dalla sola forza umana, si rigersi a Firenze. Così, dopo molte ore di attivarono per l’evacuazione della popo- lavoro ininterrotto in Casentino, ai Vigili lazione rifugiata ai piani alti. Con molta fa- di Pratovecchio fu assegnato l’intervento tica le persone venivano caricate e tra- di soccorso alla Biblioteca Nazionale. An- ghettate verso la stazione, posta più in al- che in questo caso il racconto di Giorgio to, in zona sicura. Tutte le manovre della Lucatello non tralascia alcun dettaglio, an- barca, per garantire il massimo della sicu- che quando questo può sembrare secon- rezza e vincere la corrente, venivano fatte dario o irrilevante. Giorgio ci descrive le con una lunga corda, una specie di anco- operazioni di recupero degli antichi ma- ra per impedire che i passeggeri fossero noscritti collocati su enormi scaffali di me- spinti alla deriva. A questo punto gli occhi tallo, ci racconta delle procedure di recu- di Giorgio si illuminano e riemerge come pero dei testi allagati e della sua sorpresa un senso di paura che si traduce nel rac- nel verificare che, nonostante l’acqua, i conto, al momento in cui la fune si spezzò libri di grandi dimensioni, stipati nei ri- e la barca vacillò. Solo la prontezza di piani, si erano miracolosamente salvati. Giorgio e il suo coraggio furono determi- La squadra di Pratovecchio si occupava di nanti per impedire che la furia dell’acqua estrarre i testi dagli scaffali, allentando pro- facesse ribaltare il barcone abbandonan- gressivamente la struttura per recuperare dolo alle acque ormai fuori dell’alveo na- spazi di movimento e rimuovere i libri turale. Giorgio, buttatosi, afferrò la mani- gonfiati dall’acqua, poi li spostavano fino glia del portone dell’ultima casa soccorsa alle scale verso l’uscita, dove giovani vo- e con tutta la forza che aveva trattenne la lontari li avrebbero messi al sicuro. In se- barca, mentre i suo colleghi si aggrappa- guito molti di quei testi sarebbero stati tra- vano al suo corpo immerso in acqua. Si sportati in Casentino per un lungo perio- formò una corda umana che trattenne la do di bonifica e asciugatura prima del lo- zattera, fino a quando i Vigili di supporto ro ritorno alla sede della Biblioteca Na- a terra riuscirono ad assicurarli con una zionale di Firenze. Ancora una volta gli oc- nuova fune. Un piccolo gesto eroico tra i chi di Giorgio recuperano lucentezza, tanti di quei giorni drammatici, che per quando ci mostra una foto che ritrae i Vi- molti anni sembrava dimenticato. Il lavo- gili del Fuoco del Distaccamento di Pra- ro di Giorgio e dei suoi colleghi non ter- tovecchio, sporchi e stanchi ma con tan- minò, però, con le operazioni di Ponte a to orgoglio, in posa con Ted Kennedy e la Poppi. moglie Virginia.

I Vigili di Pratovecchio Le memorie di Poppi

Dopo la messa in sicurezza della popola- Il racconto di Giorgio come del suo col- zione, nel primo pomeriggio del 4 no- lega Mario Salvatori è conservato presso vembre, e quando sembrava che la furia la «Banca della Memoria del Casentino» del fiume si stesse placando, un nuovo al- a Poppi; un archivio audiovisivo che con-

187 serva molti frammenti della memoria col- dramma di Firenze, delle auto galleggianti lettiva Toscana come appunto l’alluvione e del gasolio misto al fango nel centro di del 1966. Firenze. Queste sono solo alcune delle Nelle prime ore del 4 novembre a Poppi testimonianze che fanno della «Banca del- Carlo Siemoni con la sua cinepresa fil- la Memoria del Casentino» una fonte pre- mava la devastazione dopo il ritiro delle ziosa per ricomporre la storia del nostro acque, così come Giuseppe Tondelli fece territorio, a disposizione di tutti gli inte- sull’affluente Salutio, dopo il crollo del ressati per la visione presso la sede di Pop- ponte lungo la confluenza dell’Arno. La pi o per la consultazione on line sul por- testimonianza di Giuseppe Corsi ci resti- tale «Banca della Memoria di Poppi» su tuisce una visione inedita e personale del Youtube.

1 I principali reperti della stipe votiva, rinvenuta nel presente legge è definito ecomuseo l’istituto cultu- XIX secolo, in seguito alla loro vendita, sono con- rale, pubblico o privato, senza scopo di lucro che, servati in alcuni musei europei. Alcuni esemplari, tra ai fini dello sviluppo culturale ed educativo locale, cui alcuni rinvenuti in recenti campagne di scavo, assicura, su un determinato territorio e con la parte- sono conservati presso il «Museo Archeologico del cipazione della popolazione, le funzioni di ricerca, Casentino» a Bibbiena. conservazione e valorizzazione di un insieme di be- 2 Si vedano ad esempio le località di Santa Maria in ni culturali, materiali e immateriali, rappresentativi Bagno a Salutio, la chiesa di S. Agata ad Orgi. di un ambiente e dei modi di vita che vi si sono suc- 3 Narra il Villani che nel 1333, anno in cui l’Arno ceduti e ne accompagnano lo sviluppo». aveva sommerso oltre ogni ricordo d’alluvione Fi- 7 Per maggiori informazioni si rimanda al sito: renze e la sua piana, anche il Falterona avrebbe ri- www.ecomuseo.casentino.it. sentito della sfavorevole congiunzione di astri che era 8 Il sistema dell’Acqua, del Bosco, quello Agro-pa- stata causa di quel grande disordine di acque. Così storale, della Civiltà castellana, dell’Archeologia e uno smottamento rovinoso trascinò a valle per più delle Attività manifatturiere. di quattro miglia la terra della montagna, travolgen- 9 Mulin di Bucchio, Stia; Mulino Grifoni, Paglieric- do con sé gran copia di serpenti e due strani sauri cio, Castel San Niccolò; Mulino di Morino, Raggio- (G. Villani, Cronaca, L.XI, c. xxxvi). CFR Anna Ben- lo, Ortignano Raggiolo; Mulino del Bonano, Salutio, venuti, Illud tempus, memoria, storia, leggenda, in Castel Focognano; Mulini di Falciano, Falciano, Sub- AAVV, Il Casentino, Octavo, Firenze 1995. Mostri, biano. quindi, a titolo di capro espiatorio, per giustificare 10 Tra le attività didattico-educative si evidenzia an- eventi inspiegabili o direttamente connessi ad una che quella legata al monitoraggio della qualità del- sconsiderata gestione delle foreste da parte dell’uo- le acque dei torrenti locali attraverso l’analisi dei ma- mo. croinvertebrati presenti. 4 Significativo, tra gli altri, quello che impediva il ta- 11 Tra i titoli ricordiamo: M. Morbidelli, A. Rossi,Viag- glio degli alberi entro un miglio dal crinale. gio intorno all’acqua – Il quaderno didattico sull’ac- 5 Musei di carattere territoriale, ecomusei ma anche qua; M. Baccianella, Aqua et Sacra – Il simbolismo associazioni, comitati ed enti promotori di «contrat- delle acque nel Basso Casentino; M. Baccianella, M. ti di fiume», istituti di ricerca. Gatto, Uno sguardo dal ponte. Emergenze storiche, 6 L’«EcoMuseo» del Casentino, dal 2014, è stato ri- memorie e toponomastica del territorio di San Mar- conosciuto quale progetto di rilevanza regionale. Ca- tino Sopr’Arno a Capolona; F. Tosi, R. Tosi, S. Mugnai, ratteristiche e funzioni dell’«EcoMuseo» sono defi- Viaggio lungo l’Arno. Le pubblicazioni sono scarica- niti nella Legge regionale n. 21 del 25/02/2010. Te- bili al seguente indirizzo: http://www.ecomuseo.ca- sto unico delle disposizioni in materia di beni, isti- sentino.toscana.it/ricerche%2C%20pubblicazioni%2 tuti e attività culturali in cui si legge: «Ai fini della C%20convegni/pubblicazioni-e-collane.

188 UNA DATA IMPRESSA NELLA MEMORIA di Paolo Capezzone

Un territorio, quello dell’empolese-valdelsa, con i suoi fiumi, l’Arno, l’Elsa e la Pesa, ricco di attività agricole e produttive che fu gravemente danneggiato dalla furia di quelle acque nel drammatico novembre del 66. Un territorio che ancora si interroga su quanto possa essere possibile l’evenienza di un’altra alluvione e di quanto si sia fatto per prevenirne gli effetti devastanti. E il ricordo di Siro Terreni, partigiano, che seppe trasmettere alle nuove generazioni l’amore e la cura per la memoria, quella della Resistenza e quella dell’alluvione.

Una cerimonia surreale attonito di fronte alle immagini di quel- l’acqua limacciosa, nera, piena di fango e Il 4 novembre del 1966 è una di quelle da- di nafta che distruggeva la città più rap- te che ha lasciato il segno nella memoria presentativa dell’arte e della civiltà uma- collettiva degli abitanti dell’empolese-val- nistico-rinascimentale italiana, seminan- delsa e nel territorio caratterizzato dal per- do lutti e rovine. L’imponente massa d’ac- corso del fiume Arno e dai due affluenti qua del fiume, quel mattino, fece sentire più importanti di quella zona, la Pesa e la sua forza sorda e violenta anche ad Em- l’Elsa. I due affluenti immettono le loro ac- poli. Cominciarono verso le sei i primi al- que rispettivamente all’altezza di Monte- lagamenti, causati dal sistema fognario che lupo Fiorentino e di Ponte a Elsa. La mat- non riusciva più a far confluire i suoi li- tina di quel giorno le acque dell’Arno, do- quami nel letto del fiume. Essendo troppo po giornate di pioggia intensa che aveva- alto il livello delle acque, la violenza del- no martoriato l’intera Toscana, strariparo- la corrente cominciava ad impedire al si- no a Firenze, portando dolore e distruzio- stema fognario e agli innumerevoli rii che ne fra gli abitanti. Il mondo intero rimase caratterizzano la zona e al bacino della

189 Pesa a Nord e dell’Elsa a Sud di scaricare, vista «Empoli», del 1967, parlano di un come normalmente accade da secoli, il piccolo drappello, due assessori, un paio loro contenuto in Arno. Questi primi alla- di consiglieri, due vigili, i portatori del gamenti causati dai rigurgiti delle fogne Gonfalone del Comune e pochissimi altri. colpirono le parti più basse della città, il Probabilmente fu una cerimonia surreale villaggio INA-casa, la zona sportiva e Pon- quella del 4 novembre 1966. torme, la frazione di Avane e anche il cen- tro storico. Furono allagate piazza Farina- ta degli Uberti, nota agli empolesi come I rintocchi della «Santa Caterina» «piazza dei leoni», via Spartaco Lavagni- ni e via del Giglio, quella zona che nor- Nel frattempo, dopo che erano giunte in malmente viene definita «il giro d’Empo- città le notizie drammatiche che proveni- li». È la zona dei negozi più famosi, del vano da Firenze, una moltitudine di citta- passeggio nei giorni di festa e il 4 novem- dini allarmati si recò lungo gli argini del- bre, che era un giorno di festa, le scuole l’Arno per scrutarne le intenzioni. La for- rimanevano chiuse, il paese intero si fer- za della corrente faceva paura, la forza mava per festeggiare le forze armate e la del fiume sembrava incontenibile, strap- vittoria della prima guerra mondiale. Quel- pava con violenza tutto quello che si op- la mattina qualcuno cominciò a mettere in poneva al corso delle acque. Ma la vera salvo tutto quello che poteva nei piani più minaccia per la città e i suoi abitanti ve- alti, ma in molti non sospettarono la tra- niva da un’altra direzione. L’Elsa, ingros- gedia che sarebbe arrivata dopo il tra- sato sempre di più dalle piogge dei gior- monto, anche perché le notizie di tutto ni precedenti, reso irriconoscibile dalla quello che stava accadendo, il collasso di grande quantità di acqua che raccoglieva un intero territorio, non furono divulgate durante il suo percorso, non riusciva ad en- dalle autorità nazionali. Verso le 10-11 si trare più in Arno. La corrente del fiume più ebbero le rotture di alcuni rii, il rio dei grande, la forza devastante delle acque li- Cappuccini, il rio della Piovola, il rio Mo- macciose, avevano costruito una diga che sca e il rio del Romito che provocarono al- impediva all’Elsa di scaricare tutto quello lagamenti nelle frazioni circostanti la città. che aveva raccolto in un territorio dove la In questa prima fase dell’alluvione le al- pioggia era caduta in una quantità che non tezze dell’acqua non superarono i trenta- si era vista mai fino ad allora. Nel frat- quaranta centimetri, solo nel quartiere tempo era calato il buio, alle 18 nella zo- INA-casa ci furono punte di poco più di na di Brusciana, una frazione che come un metro. La situazione era molto seria ma quella di Ponte a Elsa si trova nelle im- non era ancora drammatica. mediate vicinanze dell’affluente dell’Ar- Quella mattina si svolse in Collegiata, nel no, si sentirono i lugubri rintocchi della Duomo, come era nella tradizione, una «Santa Caterina», la campana che dall’al- Messa in suffragio dei caduti della Prima to del campanile della Chiesa di Bruscia- guerra mondiale. Subito dopo si era svol- na avvertiva la popolazione che il fiume ta, sotto una pioggia battente, la cerimo- invadeva le case e i terreni e che biso- nia civile di deposizione di una corona di gnava proteggersi e proteggere al più pre- alloro sul monumento che ricorda il sa- sto se stessi, i propri cari, le proprie cose crificio dei caduti della Grande Guerra. dalla violenza estrema del fiume. Una vio- Le testimonianze, raccolte da Giuseppe lenza resa distruttiva dall’azione degli uo- Tofanelli in un numero speciale della ri- mini che avevano costruito sul «territorio»

190 La grande alluvione

del fiume, e dalla natura degli eventi che via sentendosi così più sicuro, ma fu pro- avevano provocato piogge continue non prio lungo il tragitto della ferrovia che fu solo sul bacino dell’Elsa ma in tutta la re- sollevato e scaraventato via dalla furia del- gione. Le acque dell’Elsa impossibilitate a le acque. Il suo corpo sarà ritrovato tre confluire in Arno scesero con una violen- giorni dopo coperto di melma sotto un za impressionante lungo le frazioni di Fon- pioppo piegato dalla forza delle acque. tanella e Molin Nuovo. A Brusciana la for- Da Brusciana l’acqua dell’Elsa, alimenta- za della corrente che tracimava scavò del- ta senza posa, raggiunse il Terrafino, la zo- le vere e proprie buche sul terreno, le au- na di Pratovecchio, S. Maria, Marcignana, tomobili venivano scaraventate sulle pa- Pagnana, raggiungendo in alcuni punti tre reti delle case e diventavano irriconosci- metri e mezzo di altezza. bili. Proprio a Brusciana ci sarà la prima vittima dell’alluvione, Palmiro Mancini, di 66 anni, un mediatore di vino molto co- Quando viene distrutto il lavoro di nosciuto nella zona che aveva appena ac- generazioni compagnato alcuni camionisti di La Spe- zia in un albergo, perché le condizioni del Era il disastro, venivano distrutte attività tempo sconsigliavano un loro ritorno a ca- agricole ed industriali che erano costate il sa. Mentre tornava alla sua abitazione de- lavoro di generazioni. Nel comune di Em- cise di passare lungo i binari della ferro- poli saranno allagati complessivamente

191 2216 ettari di terreno, furono danneggia- go» venuti da tutto il mondo, ad Empoli te 1273 abitazioni, 203 aziende industriali ricordano i loro giovani che senza distin- e artigiane, 182 aziende commerciali, 410 zione si impegnarono nell’opera genero- aziende agricole, affogarono 92 bovini, sa di spalare il fango e di portare sollievo 71 suini, 68 ovini, 1 equino, 40.000 ani- alle persone. Quella del 4 novembre 1966 mali da cortile. Quella notte si sentirono sarà ricordata come una delle alluvioni nelle campagne colpi di fucile, era l’uni- più drammatiche nella storia che inter- co modo per molte famiglie di avvertire corre tra Empoli e il suo fiume; nel corso che erano in pericolo, che avevano biso- di mille anni sono state registrate dagli stu- gno di aiuto. Molte erano state costrette, diosi 56 piene, una ogni 18 anni. Otto di soprattutto nelle abitazioni di un solo pia- queste piene sono state disastrose, in par- no, a rifugiarsi sui tetti dove rimasero l’in- ticolare quelle del 1333, 1557, 1844, tera notte impaurite ed infreddolite. In que- 1966, una ogni 125 anni. Le leggi della sta situazione si ebbe la seconda vittima statistica sembrerebbero proteggerci da dell’alluvione ad Empoli, Agostino Bini, una imminente alluvione come quella del un pensionato raggiunto dalla piena nel- 1966, purtroppo però, i cambiamenti cli- la sua abitazione. Fu colpito immediata- matici in atto allarmano studiosi e tecni- mente da una grave forma di broncopol- ci che si occupano degli equilibri idro- monite che lo portò alla morte due giorni geologici del nostro territorio. dopo, il 7 novembre. In città, nel frattem- po, si mise in moto immediatamente la macchina dei soccorsi, coordinata dal sin- «L’Arno, seconda emergenza nazionale daco Mario Assirelli: l’istituzione comu- (dopo il Vesuvio)» nale in quei momenti fu l’unica istituzio- ne capace di funzionare. La centrale del- Ci ha fatto una certa impressione sentire l’attività di aiuto alla popolazione fu or- le dichiarazioni del segretario dell’Auto- ganizzata presso il comando della Polizia rità di Bacino dell’Arno Gaia Checcucci, municipale in piazza del Popolo, l’attività in un incontro tenuto a Firenze il 26 ot- del sindaco e di tutto il Consiglio comu- tobre del 2013 per fare il punto della si- nale fu ostacolata dall’impossibilità di riu- tuazione sui danni e le problematiche scire a comunicare con Firenze e in par- create dal maltempo: «Lo stato dell’arte ticolare con la Prefettura. L’unico canale è migliorato, ma non mi considero sod- di comunicazione con le prefetture di Li- disfatta se penso che ci sono a disposi- vorno e di Lucca fu reso possibile attra- zione 104 milioni di Euro del famoso ac- verso i canali di comunicazione dell’Enel. cordo del 2005 per la messa in sicurez- Nei giorni successivi emerse, di fronte ad za di tutto il corso del fiume. Rispetto ai uno scenario apocalittico lasciato dalle 104 milioni solo il 50% è stato utilizzato acque che defluivano, la necessità di ri- perché mancano ancora alcune progetta- pristinare un territorio reso irriconoscibi- zioni definitive e soprattutto siamo indie- le dalle distruzioni e dal fango e di porta- tro con la realizzazione delle opere, do- re conforto ed aiuto ad una popolazione, vendo recuperare un ritardo storico e su- in particolare quella anziana, piegata dal perare complessità e burocrazia che tutt’o- dolore. Proprio in questa occasione si mi- ra rallentano la realizzazione di queste se in evidenza nel territorio comunale e opere. C’è bisogno dell’assunzione di re- in quello circostante il ruolo dei giovani. sponsabilità da parte di tutti per la più Se a Firenze ricordano gli «angeli del fan- grande opera strategica infrastrutturale del

192 La grande alluvione nostro Paese, che è la lotta al dissesto idro- il governo dei cambiamenti climatici ri- geologico, con l’Arno che continua ad es- sulta di una notevole complessità, ci spin- sere la seconda emergenza nazionale do- ge a ritenere che l’opera di sensibilizza- po il Vesuvio». Ancora più preoccupanti zione su queste problematiche è impor- ci sono apparse le considerazioni del dott. tante, il ruolo della scuola è decisivo per Carlo Pagliai, empolese classe 1977, in- mantenere la memoria di quello che è ac- gegnere edile, urbanista, geometra lau- caduto e per capire i tantissimi fattori che reato, esperto di analisi geologiche ap- possono provocare un dissesto idrogeo- plicate alla pianificazione territoriale del logico. Dobbiamo tener presente che, ipo- sistema collinare empolese. In una inter- teticamente, oggi un’alluvione provoche- vista che ci ha rilasciato, il dott. Pagliai ci rebbe danni molto maggiori di quelli del ha fatto notare come le quantità di piog- passato, a causa dello sviluppo urbanisti- gia degli ultimi anni in occasione di nu- co ed economico che ha avuto l’area che bifragi (comunemente definiti bombe unisce Firenze e Pisa dal fiume che na- d’acqua) sono drasticamente aumentate, sce sul monte Falterona. Ci preme segna- nella stessa unità di tempo la quantità di lare a questo proposito l’attività che ne- pioggia che cade nel terreno è pratica- gli ultimi anni della sua vita ha avuto su mente raddoppiata. Ma le strutture che questo tema Siro Terreni. Siro è un nome sono state costruite negli ultimi anni, co- importante per tanti empolesi, soprattut- me le casse di espansione, sono state pro- to per le studentesse e gli studenti di tut- gettate e realizzate tenendo conto delle te le scuole medie e superiori. Siro ha te- quantità di pioggia che sono cadute nel stimoniato la sua esperienza di internato 1966! A rendere particolarmente compli- nei campi di concentramento nazisti, ha cato il governo del fiume e del suo inte- raccontato la storia della Empoli operaia ro bacino non sono però, a detta del dott. e contadina, ha costruito tanti aquiloni Pagliai, solamente i cambiamenti clima- per insegnare ai giovani che ascoltavano tici, ma anche un certo tipo di consumo le sue storie a volare. Nei suoi ultimi in- che ostacola la realizzazione di una agri- contri con gli studenti ha raccontato la coltura a chilometro zero. I consumi di storia dell’alluvione del 1966, il suo in- frutta e ortaggi «fuori stagione», in parti- tento era quello di riuscire a formare una colare nella grande distribuzione, rendo- coscienza civile attraverso la riappropria- no il nostro territorio assente di un lavo- zione della conoscenza del territorio e ro e di una presenza umana capace di della sua storia che gli uomini hanno co- controllare in maniera più capillare i com- struito con la terra e con l’acqua. Dal suo plessi equilibri di un territorio collinare e insegnamento possiamo affermare che pianeggiante che ha bisogno di una cura non c’è futuro senza la conoscenza del- continua da parte dell’uomo. Scoprire che la storia degli uomini, ma anche senza la il bacino dell’Arno può essere considera- conoscenza dell’ambiente naturale in cui to la seconda emergenza nazionale, che viviamo.

193 MA LA COLPA NON ERA DELLE DIGHE di Remo Chiarini

L’alluvione di Firenze e i drammatici momenti del passaggio della piena dell’Arno alla diga Enel della Penna, la notte del 3-4 novembre 1966, nel racconto di Alvaro Pippucci, ultimo dei testimoni oculari di quella notte, in cui emerge la volontà di riscattarsi dal sospetto, che ha perseguitato lui e gli altri protagonisti della vicenda, di aver contribuito all’eccezionale portata di acqua che avrebbe provocato l’alluvione di Firenze. D’altra parte, la Magistratura, dopo un lungo procedimento giudiziario, scagionò completamente l’Enel e gli uomini che avevano manovrato gli scarichi delle dighe dall’ingiusta accusa.

Quella diceria sulle dighe dell’Enel lità del disastro che si verificò a Firenze il 4 novembre 1966. Sento oggi il dovere di riproporre questa Il mio personale disappunto per questa in- testimonianza che pubblicai già dieci an- giuriosa «leggenda metropolitana» si è poi ni fa su un quotidiano locale, «Il corriere nel tempo acuito da quando ebbi modo di Arezzo» del 4-11-2006, perché allora, di conoscere la reale sofferenza che, per come ora, non riuscivo a tollerare che si una tale infamante e ingiusta accusa, ave- perseverasse nella distorsione della verità vano dovuto sopportare per lungo tempo dei fatti (accertati perfino dalla Magistra- i protagonisti di quella drammatica notta- tura) e si continuasse ad alimentare, ad- ta, trascorsa quasi eroicamente al loro po- dirittura a mezzo stampa, la diceria infon- sto, mettendo a repentaglio la propria stes- data che imputò alle dighe dell’Enel di La sa vita, nel tentativo di governare un even- Penna e di Levane la maggior responsabi- to di fatto pressoché ingovernabile.

194 La grande alluvione

Rileggendo una perizia

Una decina d’anni fa, proprio come ora, mentre fervevano i pre- parativi delle tante ini- ziative dedicate al ri- cordo dell’immane tra- gedia che quaranta an- ni prima aveva colpito Firenze, frugando tra le carte che avevo nel tempo raccolto intorno a questa catastrofe, eb- bi modo di rileggere le conclusioni della peri- zia che all’indomani dell’alluvione la Pro- cura di Firenze affidò al collegio di esperti formato dal professor Giovanni Cocchi (Ordinario di Idraulica santissima accusa che le voleva colpe- all’Università di Bologna) e dagli inge- voli, o almeno corresponsabili, dell’i- gneri Alessandro Giani e Giorgio Haut- nondazione di Firenze e di un’ampia par- man di Firenze. I quesiti posti ai periti da- te del Valdarno aretino e fiorentino. In gli allora giovani sostituti procuratori Ca- quella rilettura mi impressionò e incu- ponnetto e Vigna, vertevano tutti sulla ne- riosì soprattutto la sintesi della risposta cessità di stabilire se le manovre effettuate dei periti ai quesiti 4, 13 e 14, dove si leg- sugli organi di scarico delle dighe di Le- ge: «(…) (omissis) (…) gli inconvenienti vane e La Penna avessero contribuito ad verificatisi al comando oleodinamico di aggravare gli effetti di quella devastante apertura delle paratoie di “La Penna”, piena dell’Arno. Il tremendo sospetto che, non sono attribuibili a difetti o guasti del- infatti, incombeva sulla testa degli inda- l’impianto, ma ad errori materiali nelle gati era che ad essi potesse essere ascrit- manovre eseguite dal personale (…) to il reato di «disastro colposo» o anche (omissis) (…) è però doveroso obiettiva- quello, non certo meno grave, di «procu- mente osservare che le condizioni am- rata alluvione» e persino quello gravissi- bientali erano tali da giustificare incer- mo di «strage», visto che nel corso di quel- tezze ed orgasmo del personale in servi- la alluvione, purtroppo, si erano contate zio». Così il mio pensiero corse istinti- ben 23 vittime a Firenze e altre 16 in pro- vamente all’assurda vicenda di quegli uo- vincia. mini che per aver messo addirittura la Ma la mia attenzione non si soffermò tan- propria vita a rischio nel tentativo di com- to sul fatto già noto (seppur ignorato dai piere il proprio dovere fino in fondo, si più), che la perizia degli esperti aveva erano poi visti ripagare con accuse così ampiamente scagionato le dighe dalla pe- terribili e infamanti.

195 La testimonianza di Alvaro Pippucci «L’incubo di Firenze si chiama La Penna»), avevano contribuito purtroppo a innesca- E allora, attraverso le mie conoscenze tra re il solito iniquo processo mediatico, che il personale a riposo dell’Enel, cercai di allora come oggi, tende sempre ad antici- rintracciare qualcuno dei superstiti di quel- pare la sentenza sulla base di indizi, ma- la drammatica avventura. Ebbi così la for- gari sensazionali, ma che poi al vaglio dei tuna di conoscere e intervistare a più ri- fatti si rilevano tanto spesso infondati. Ave- prese il signor Alvaro Pippucci, all’epoca va voglia di raccontare come erano anda- dei fatti perito industriale dipendente Enel te realmente le cose e poter così riabilita- e responsabile dell’Impianto Idroelettrico re anche la memoria dei suoi colleghi che, della Penna. ormai scomparsi, non avevano fatto in Il Pippucci, che all’epoca dei fatti era un tempo ad ottenere questo giusto risarci- giovane di trentadue anni, è recentemen- mento morale. te mancato. Quando lo incontrai per la prima volta aveva settantadue anni ed eb- bi subito l’impressione di trovarmi di fron- In una situazione drammatica te una persona affabile e sincera. Alla mia richiesta di aiutarmi a sfatare pubblica- E così il Pippucci mi raccontò che la sera mente quella ingiusta diceria che ancora del 3 novembre, verso le 20, fu richiama- lo indicava come colpevole insieme ai to in centrale alla Penna dai suoi colleghi, suoi colleghi, non nascose affatto il suo le- già allertati dell’imminenza di una piena gittimo desiderio di riscatto. Ovviamente di un certo rilievo dal tecnico della cen- sentiva soprattutto la necessità di un ri- tralina Enel della Nussa, sempre sull’Arno, scatto di tipo morale e sociale, visto che più a monte, a Subbiano. quello professionale non gli era stato fat- Già verso le 22 la portata in ingresso al- to mancare da parte dell’Enel che, nel- l’invaso aveva raggiunto valori eccezio- l’ultima fase della sua carriera, per la lun- nali e, come prescritto dal protocollo di ga e impeccabile esperienza maturata su- gestione della piena, il Pippucci aveva già gli impianti idroelettrici, lo aveva inviato dato avvio alle operazioni di scarico. Dap- in giro per l’Italia a formare altri giovani prima attivando l’apertura degli scarichi tecnici impegnati nelle dighe. di superficie controllati dalle paratoie a Il suo accento fiorentino mi fece subito settore poste sulla soglia tracimabile del- intendere il grave imbarazzo con cui per la diga (le cinque bocche con paratoie, tanto tempo il Pippucci si era rapportato posizionate in alto, sotto la passerella di ai suoi concittadini dopo il disastro che li coronamento, poi facendo sollevare le pa- aveva colpiti e di cui, insieme ai suoi col- ratoie degli scarichi di fondo. Ma, ciò no- leghi, era stato ingiustamente accusato. nostante, il livello dell’invaso continuava Dalla premura di rincontrarmi dopo un a salire, quasi noncurante delle portate nostro primo breve colloquio telefonico, scaricate. Intanto il rumore della pioggia percepii chiaramente la sua urgenza di ac- scrosciante diventava sempre più intenso, cedere finalmente a quegli stessi mezzi sebbene fosse completamente assorbito d’informazione, anche se solo di rilievo lo- da quello ben più assordante dell’enorme cale, che quarant’anni prima, con titoli a portata d’acqua scaricata, che precipitava sensazione (che mi mostrò con sincero di- a valle con un salto di circa venti metri. spiacere - indimenticabile per lui una lo- Ormai non era più possibile comunicare candina a caratteri cubitali con la scritta: con i compagni di lavoro se non urlando

196 La grande alluvione ai colleghi gli ordini di- rettamente nelle orec- chie. In questa fase già di per sé drammatica, intorno alle 23 un im- provviso black-out fece piombare nel buio tut- te le aree operative del- la diga: locali di mano- vra e passerelle; com- presa quella superiore che, collegando le due sponde, permetteva di raggiungere le saraci- nesche dei circuiti oleodinamici di aper- tura dello scarico di- versivo in destra. Fu un momento di as- tava la sponda destra del lago, investito di soluta disperazione nel quale gli operai e tanto in tanto dalle cascate dei rivoli tor- i tecnici si mossero a tentoni, completa- renziali che con forza venivano giù dal mente persi nell’oscurità e nel rombo as- pendio, raggiunse a stento il pozzetto del- sordante della piena, investiti dagli spruz- le saracinesche. Ce ne erano tre del tutto zi d’acqua gelida che il vento rimandava simili, ma solo una era quella di apertura indietro dagli scarichi di superficie. Ma le dello scarico. Azionò quella sbagliata e manovre di apertura dovevano essere an- quell’apertura fu ritardata di qualche ora. cora completate e intanto il livello del- Temendo qualche strascico a causa di que- l’invaso non accennava a scendere. sta e di altre modeste incertezze, nei gior- ni successivi da Firenze fu chiesto di «ag- giornare» i registri di centrale sui quali, pe- Sentirsi trattati come terroristi raltro, nella giustificata concitazione del momento, non c’era stato il tempo mate- Mi ha confessato il Pippucci che a quel riale di registrare tutte le manovre effet- punto si sentì del tutto impotente di fron- tuate. Quelle correzioni non sfuggirono, te a quel cataclisma di una violenza inim- però, agli inquirenti e finirono per aumen- maginabile; ormai rassegnato a subire il tare i loro iniziali sospetti. I tecnici e gli ope- corso degli eventi. Per fortuna dopo nep- rai della Penna e di Levane furono allora pure un minuto tornò la luce. Si ripresero sottoposti a ripetuti ed estenuanti interro- le manovre di apertura, nella fatica, lo gatori. Ricorda il Pippucci che nel corso di smarrimento, il terrore di finire in acqua. uno di essi uno degli operai addetti alle E, come rileveranno poi i periti, non fu dif- manovre sugli scarichi della diga di Leva- ficile commettere qualche errore. Un ope- ne, sentendosi trattato alla stregua di un ratore fu inviato sulla sponda opposta ad terrorista, vessato dalle domande incalzanti azionare il circuito d’apertura dello scari- e con la lampada puntata in faccia, perse co diversivo. Dopo aver di fatto sfidato la la calma e gridò la sua innocenza ricor- morte camminando, nella penombra, su dando ai magistrati la sua ferrea lealtà al- un esigua passerella metallica che rasen- lo Stato, che gli era già costata la campa-

197 gna di Russia e un disperato viaggio di ri- sull’inquadratura della valanga d’acqua in torno di 1500 chilometri a piedi. uscita dagli scarichi di Levane.

Il proscioglimento degli indagati I momenti di panico nel Valdarno

Le indagini si protrassero per circa cinque La mattina del Sabato 5 novembre 1966 anni, ma alla fine tutti gli indagati per la que- la notizia dell’imminente crollo della di- stione delle dighe furono prosciolti e sca- ga di Levane (di lì a poco rivelatasi del gionati. I periti avevano accertato che il ri- tutto infondata) si diffuse a Montevarchi e tardo nelle manovre degli scarichi della Pen- San Giovanni Valdarno. Sembra che l’al- na, trattenendo più a lungo l’onda di piena larme fosse stato originato dalla fortuita nell’invaso, aveva paradossalmente dimi- intercettazione di una conversazione ra- nuito sia la portata che l’altezza dell’acqua diofonica tra le forze di polizia e, non ap- a Firenze «(…) alle soglie della città la por- pena la notizia cominciò a diffondersi, tata è stata inferiore di circa 80 mc al se- scatenò immediatamente il panico tra la condo ed il livello massimo di 5 cm circa». popolazione che visse scene apocalitti- Le dighe erano innocenti e, tutto sommato, che: «I genitori accorrevano a scuola a non poteva essere diversamente, visto che prelevare i figli, li caricavano in auto e il volume complessivo d’acqua che esse scappavano verso le colline portandosi erano in grado di trattenere era valutabile dietro l’indispensabile. Le auto si scontra- in circa 16 milioni di mc nell’invaso della vano nel traffico impazzito, ma non si fer- Penna e in circa 5 milioni di mc nell’inva- mavano neppure a constatare i danni. Da- so di Levane, mentre a Firenze, nel corso vanti ai passaggi a livello chiusi qualcuno della piena, l’Arno aveva scaricato oltre 400 proseguiva a piedi. Malati in pigiama o milioni di metri cubi d’acqua e fango, dei con gli arti ingessati si precipitavano in quali almeno 80 erano transitati e ristagna- strada fuori dagli ospedali». Troppo vici- ti per le strade e le piazze della città. no era il ricordo della tragedia del Vajont Le dighe e il personale preposto al loro del 9 ottobre 1963 che aveva lasciato sul controllo erano finalmente scagionati. Al- terreno quasi duemila vittime e questo la Penna si era fatto fronte, senza riporta- drammatico dato forse spiega da solo il re alcun apprezzabile danno agli impian- terrore che si era potuto propagare quel ti ed alle strutture, ad una piena catastro- mattino in Valdarno tra la gente. fica di circa 2645 mc al secondo, sebbe- Accaddero cose inaudite che ci danno la ne gli scarichi fossero stati progettati per misura degli effetti incontrollabili che può smaltire al massimo 2300 mc al secondo. originare nell’emergenza la mancanza di Ciò nonostante, pur dopo un così defini- una vera e propria strategia di protezione tivo e chiaro pronunciamento degli orga- civile. Qualcuno del personale della sta- ni giudiziari, nell’immaginario collettivo zione di Laterina si recò trafelato alla di- persiste ancora un’ombra di colpevolez- ga della Penna a sincerarsi di persona che za che talora riaffiora in qualche articolo la diga non fosse crollata. La mattina del di giornale o nei vari resoconti di volta in 5 novembre perfino un ministro della Re- volta pubblicati. In realtà questa convin- pubblica telefonò personalmente al Pip- zione si formò proprio nei giorni del di- pucci per essere rassicurato dalla sua vi- sastro, anche grazie ad un servizio del te- va voce che la diga era ancora stabile al legiornale Rai che a lungo si era soffermato suo posto.

198 ACQUA DAL CIELO, ACQUA DALLA TERRA: I RICORDI DI PONTE A EMA di Giorgio Valentino Federici e Lorenzo Giudici

A colloquio con un gruppo di persone, riunite nella Casa del popolo di Ponte a Ema, piccolo paese a Sud di Firenze soggetto a rischio alluvionale, che raccontano l’esondazione del 1966, nell’ambito del lavoro di ricerca e di memoria del Progetto «Firenze2016». Di seguito, il resoconto dei ricordi che riaffiorano, in un clima di intensa partecipazione, e la testimonianza scritta di una signora, all’epoca dodicenne, che rievoca con immagini vivide quella esperienza indimenticabile.

Un borgo diviso fra due comuni sa del popolo di Ponte a Ema, alcune per- sone che sono state interessate da quella Ponte a Ema è un borgo nei pressi del- alluvione. l’autostrada Firenze Sud. È diviso fra i co- Hanno partecipato all’incontro, oltre a muni di Firenze e Bagno a Ripoli. È zona Giorgio Federici e Lorenzo Giudici per il a rischio alluvionale (oltre che nel 1966, Comitato, le signore Imperia Benvenuti e è stato alluvionato nel 1991) e per que- Teresa Biagiotti, ed i signori Alfredo Be- sto, nel 2015, il Governo nazionale ha nedetti, Massimo Masini e i fratelli Andrea stanziato risorse per una cassa di espan- e Stefano Pampaloni. sione per ridurre il rischio. All’inizio dell’incontro Massimo Masini ci Nell’ambito delle interviste che Lorenzo ha consegnato uno scritto della moglie Giudici – borsista del Comitato «Firen- Maria Silvia Marradi, che riportiamo, e la ze2016» – sta realizzando agli alluviona- cui cronaca degli eventi è stata confer- ti del 1966, abbiamo incontrato, nella Ca- mata dagli intervenuti.

199 All’epoca avevo dodici anni ni in maniera elettrizzante, come senten- domi parte di una grande avventura, sul «Nel 1966 avevo 12 anni, quindi il ricor- modello di quelle che capitavano alle ra- do che ho dell’alluvione è un ricordo fil- gazzine protagoniste dei grandi romanzi trato attraverso occhi, sentimenti e sensa- che divoravo a tonnellate e che l’idea del- zioni di bambina. Allora abitavo con la la tragedia non mi ha mai minimamente mia famiglia qui a Ponte a Ema , in via Pia- sfiorato, nemmeno quando, il giorno do- na (Comune di Bagno a Ripoli, perché, po mi sembra, si diffuse la notizia che la come si sa, questa metropoli è divisa in diga di Levane si stava rompendo e che sa- due dall’Ema, appunto); in casa nostra, un rebbe arrivata un’ondata tale da sommer- piccolo appartamento di 50mq al primo gerci tutti. Ricordo però che uno dei figli piano, vivevamo in quattro: babbo, mam- della famiglia che avevamo ospitato e che ma, nonna ed io. Non avevamo la televi- era stato mandato a fare la fila al forno del sione e nemmeno il telefono e per riscal- Lallino (al secolo Emilio Saccardi), alla no- dare la casa c’era una vecchia cucina eco- tizia della diga, si terrorizzò a tal punto che nomica; noi bambini avevamo sempre gio- afferrò il primo filone di pane che ebbe a cato per strada, una volta fatti i compiti di tiro e, senza pagarlo, corse di volata a ca- scuola, ma quell’inizio di novembre 1966 sa. A quel punto tutti quanti, compresi noi, ci aveva reso dura la vita perché da gior- dovemmo lasciare la nostra casa per quel ni pioveva ininterrottamente a dirotto, per- giorno e passare la notte ospiti di una fa- ciò eravamo costretti in casa. miglia loro parente che abitava in alto, su In famiglia vedevo facce un po’ preoccu- per via del Carota. pate, in ansia, c’era la radio sempre accesa Nei giorni seguenti fu un succedersi di at- e si parlava di piogge straordinarie e in tività insolite: lavare pavimenti, ripulire qualche modo di allerta, ma io franca- dal fango oggetti, procurarsi cibo (soprat- mente non percepivo nessun pericolo im- tutto pane, pasta, acqua) e stivali di gom- minente. ma, aiutare chi aveva più bisogno. Noi ra- Finché l’acqua non arrivò. Non solo dal gazzi di via Piana, ad esempio, passam- cielo, ma anche dalla terra. Quell’alba del mo giornate intere a lavare e tirar via il fan- 4 novembre diventerà indimenticabile: via go da tante paia di scarpe provenienti da la luce elettrica e accese le candele, ve- un negozio di Gavinana che era stato som- demmo l’acqua che cominciava ad inva- merso dall’acqua dell’Arno, appartenente dere l’ingresso e salire sempre di più. La alla sorella di Cesare Grifoni, nostro vici- famiglia che abitava al piano terreno (bab- no di casa. E fino a dopo Natale non si bo, mamma, nonna e due figli un po’ più tornò a scuola». grandi di me) ne aveva già qualche deci- na di centimetri in tutte le stanze. Aprire la nostra porta d’ingresso sulla strada si- «Salviamo l’oro» gnificò far arrivare un metro d’acqua sul- le scale e precluderci la possibilità di ri- A integrazione, ecco altri ricordi degli in- chiuderla, ma ovviamente questo pensie- tervenuti. ro non ci sfiorò neppure e accogliemmo L’annuncio del crollo della diga di Leva- questa famiglia in casa nostra, che diventò ne (cfr. Beccastrini in questo numero) fu per alcuni giorni una specie di accampa- accolto in vario modo. Un’auto delle for- mento. ze dell’ordine verso le 10 della mattina Devo confessare che ho vissuto quei gior- del 5 novembre percorreva il borgo e con

200 La grande alluvione

un megafono annunciava il crollo della mente restituire. diga di Levane. Alcuni pensavano che il Ci sono stati segnalati, in un quadro ge- crollo della diga fosse riferito a quella a nerale di grande solidarietà e collabora- monte di Ponte a Ema sull’omonimo cor- zione, alcuni episodi di sciacallaggio. Ad so d’acqua, la paratia di Castel Ruggero. esempio, a Firenze, alcune persone nella Altri non reagirono considerando l’avviso zona di Campo di Marte vendevano l’ac- una «bufala». Ma parecchi, invece, terro- qua, ma i cittadini inferociti reagirono rizzati, scapparono sulle alture vicine. Ci spaccando i loro fiaschi. hanno raccontato che una nonna, molto Le famiglie di Ponte a Ema manifestarono autorevole e benestante, appena sentito grande solidarietà fra di loro e anche ver- l’allarme chiamò le nipoti e al grido «Sal- so i fiorentini che non potevano più stare viamo l’oro!», lo dette a una nipote che nelle loro abitazioni cittadine, ospitando- lo mise in saccoccia e scappò sulle altu- li per vari giorni. I ricordi di quelle con- re. Dopo qualche ora, scampato il peri- vivenze sono stati rievocati con emozio- colo, la nonna provvide a farselo veloce- ne e allegria: «Come ci si divertiva!!!».

201 ERA DI NOTTE, QUANDO ARRIVÒ LA PIENA di Miriana Meli

Come un paese può cambiare fisionomia nel giro di una notte. Quella drammatica del 4 novembre 1966, quando l’Arno straripò e invase la piccola frazione di Compiobbi, per buona parte adagiata sulle sue rive, e come la strada e la piazza divennero un solo fiume impetuoso che trascinò con sé, oltre alle cose e alle speranze di tante persone, anche i luoghi dove si svolgevano le scorribande e i giochi di chi all’epoca era fanciullo o appena adolescente.

Sulle rive di un fiume «quasi» amico ad esempio, che un ragazzo poco più grande di noi ci sarebbe morto davvero, Prima dell’alluvione del 66, a Compiob- l’anno prima, e quindi si aveva molto ri- bi c’era un boschetto di pioppi (o per lo spetto per quell’acqua scura, sempre mar- meno, io ricordo così quelle piante che rone, anche se ci si divertiva un sacco a crescono ai margini del fiume e che al- giocare nelle pozze che si formavano fra l’epoca non venivano tagliate), appena sot- le pietre, dove era molto bassa nelle esta- to la pescaia di Ellera, sulla riva opposta ti secche. Dall’altra parte del fiume ci si dell’Arno e ci si andava d’estate a pren- arrivava con la zattera, traghettata da Pal- dere il fresco e a bagnarsi i piedi in ac- lucce, il nostro Caronte, che fra vino e be- qua. Di più non si faceva, perché nessu- stemmie portava la gente da una riva al- no di noi ragazzi all’epoca sapeva nuota- l’altra, ritto sulla rudimentale imbarcazio- re e perché le mamme si procuravano ne e arretto al canapo, sul quale faceva d’impaurirci con storie macabre di morti scorrere le grosse mani callose. Il fiume era affogati nelle acque infide del fiume, che un punto di riferimento fisso anche di not- proprio in quel tratto forma gorghi mel- te in estate, quando sulla riva, seduti sui mosi e bisogna esser parecchio bravi per massi, ci si raccontavano storie di paura, non farsi trascinare dentro. Si raccontava, nel buio rischiarato appena dalla lampa-

202 La grande alluvione

dina fioca della strada, o, appena adole- prio dove il Sambre si getta nell’Arno e os- scenti quali eravamo, ci si immaginava servavano con preoccupazione le acque uno splendido futuro fatto di grandi viag- di quel torrente, anch’esso in piena, che gi, amori, matrimoni, figli, occupazioni invece di scorrere si fermavano per il mu- importanti e improbabili. ro formato dalla corrente impetuosa del fiume. Allora tornavano indietro scuoten- do la testa, come a dire che, se la si scam- Tutto finì di colpo pava, sarebbe stato proprio un miracolo. Tutti avevamo paura, non si era mai vista Quel mondo finì improvvisamente nella una cosa simile e correvano già voci che notte del 4 novembre del 66. Pioveva or- la diga a monte non avrebbe retto, e allo- mai da un sacco di tempo e pioveva tan- ra sì che sarebbe avvenuto il disastro. tissimo, sembrava che non dovesse finire Compiobbi si snoda fra l’Arno e la ferro- mai e il livello dell’Arno cresceva in ma- via, con due lunghe file di case, fra le qua- niera paurosa. In piazza, sotto l’acqua che li scorre la via Aretina, ma prima di arri- scrosciava, appena riparati dagli ombrel- vare alla ferrovia, il terreno comincia a sa- li, erano ormai giorni che c’era un costante lire un po’ e lì ci sono altre case, poi gli peregrinare degli uomini a controllare il orti, la strada ferrata e subito la collina. La livello della piena. Guardavano la distan- mia casa sta proprio lungo la ferrovia, do- za dell’acqua dal colmo del ponte, pro- ve il terreno rialza e quindi ci si sentiva

203 più al sicuro. Ma quelli che abitavano sul- formato nel letto della via Aretina, passa- l’Arno avevano una paura tremenda e già va di tutto: tronchi d’albero, suppellettili, la sera del tre novembre cominciarono a piccola mobilia. Ricordo che mio fratel- sfollare, trovando rifugio nelle nostre ca- lo ed io ci avventurammo con nostro pa- se. Anche noi ospitammo una famiglia, dre lungo la ferrovia, che era ormai l’u- quella di una mia compagna di scuola che nica strada percorribile per raggiungere abitava proprio nell’ultima casa più vici- l’altra parte del paese, perché quel gior- na all’acqua. Ricordo che la sera del tre no di treni non ne passavano. Arrivammo di novembre, tutti accampati in cucina, così fino sul ponte, il punto dal quale si non si parlava d’altro che della piena, poi domina la piazza. Lo spettacolo era im- i grandi ci mandarono a letto e loro re- pressionante: il tetto dell’edicola spunta- starono a veglia, aspettando il precipitare va appena dal lago che si era formato al- degli eventi, che già si sapeva era comin- la confluenza dei tre fiumi, l’Arno, l’Are- ciato a Pontassieve e alle Sieci. tina e il Sambre e gli oggetti vi frullavano Ci si svegliò di soprassalto quando si sentì e poi ripartivano vertiginosamente verso un gran tramestio e si vide che i grandi Firenze. Un po’ più avanti, poco oltre la scendevano in strada a vedere cosa stava stazione ferroviaria, dove c’era uno spiaz- succedendo. Sapemmo allora che l’acqua zo vuoto fra le case che sorgono lungo il aveva guadagnato già la via Aretina, che fiume, si era formato un altro laghetto più ormai era un altro fiume, altrettanto im- piccolo, dove l’acqua formava un gorgo petuoso e terribile come l’Arno. profondo, nel quale gli oggetti sprofon- Coloro che non avevano voluto abbando- davano dopo aver vorticato disperata- nare le proprie case erano rimasti intrap- mente. Ricordo chiaramente un manichi- polati sui tetti, al buio, sotto l’acqua che no che sembrava dibattersi nella corren- continuava a cadere. La situazione era te, fino a che anch’esso fu risucchiato. drammatica, gli uomini cercarono di im- Mio fratello invece ricorda che, un po’ provvisare salvataggi di fortuna, con un più in là, all’altezza della fabbrica del canapo e una barca, per unire le due rive Chelazzi, una pila di grossi bidoni si piegò dell’Aretina all’altezza della scuola, ma la e cadde, venendo trascinata via dalla cor- corrente era troppo forte e i soccorsi era- rente in una incredibile fila indiana che no difficilissimi. Poi arrivarono gli elicot- avanzava «ordinatamente» verso l’igno- teri, ma non saprei dire quanto tempo do- to. Ricorda anche che l’immagine gli re- po e portarono via chi ancora era rimasto stò impressa così vividamente che la de- appollaiato sul tetto. Fu messo su anche, scrisse con ricchezza di particolari in un da subito, un coordinamento di volontari suo tema, tanto da guadagnarsi un bel che si occupò dei primi soccorsi e degli dieci e i complimenti della maestra. Io aiuti agli alluvionati, provvedendo coper- sognai a lungo, negli anni a venire, quel te, medicine, e poi pale, stivali ecc. gorgo pauroso e montagne d’acqua che mi perseguitavano. Per giorni non an- dammo a scuola, la Masaccio, a Campo Fra due fiumi di Marte, a Firenze, non era alluvionata, ma noi non potevamo raggiungerla e co- Alla luce del giorno del 4 novembre, sì fu una strana vacanza, con la mia mi- Compiobbi aveva cambiato fisionomia. I gliore amica in casa, a darsi daffare per fiumi erano due, di eguale forza e poten- aiutare i grandi che di daffare ne aveva- za distruttiva, e nel nuovo fiume che si era no in gran quantità.

204 La grande alluvione

Giorni frenetici va che era scoppiata la diga di Levane e che un’altra onda di piena, più grande di Quando l’acqua cominciò a defluire, re- quella appena passata, avrebbe di nuovo stò il fango. La melma si era depositata invaso la valle dell’Arno. Improvvisamen- ovunque e il pian terreno e il primo pia- te si cominciò a vedere persone in preda no delle case della via Aretina, soprattut- al panico correre disperatamente verso la to sul lato dell’Arno, erano inagibili, co- ferrovia e poi su per la collina con i bim- me pure i negozi. Quando già si poteva- bi in braccio e qualche poca cosa raccat- no raggiungere le case sul fiume, anche la tata frettolosamente. Noi ci ritrovammo, famiglia della mia amica ritornò al suo ap- insieme a molti altri fuggiaschi impauriti partamento che, pur essendo al primo pia- e ansimanti per la corsa, alla casa coloni- no, aveva avuto diversi danni. Noi per- ca del Gerini, sulla collina andando ver- demmo la nostra gloriosa 1100 e fu una so Torri e, siccome era più o meno ora di grave perdita, ma niente in confronto a pranzo, ci venne offerto anche qualcosa quella dei nostri compaesani più sfortunati. da mangiare. La gente, ancora traumatiz- Alcuni parenti, ad esempio, avevano una zata dall’esperienza appena passata, non merceria che andò tutta distrutta. Ricordo si era data il tempo di riflettere sull’enor- i rotoli di tela intrisi d’acqua e di fango e mità dello sproposito che era stato vocia- la fatica delle donne, che durò mesi, per to ma, a mente fredda, quando, finita la lavare quelli recuperabili. Un disastro. Al corsa si poté riflettere, sembrò un avverti- principio non si capiva come si sarebbe mento dato a puro scopo di spaventare e potuti tornare ad una situazione minima- trarre magari vantaggio dall’improvvisa fu- mente vivibile, era un caos totale, ma un ga dei compiobbesi. po’ alla volta, con grande fatica, impegno Il dopo alluvione durò a lungo, impresso e la solidarietà di molti, il fango fu spala- nella memoria e soprattutto nelle membra to e cominciarono a formarsi cumuli di doloranti di chi tanto aveva spalato nel fan- oggetti irrecuperabili. go e nell’umidità in quei giorni faticosi. Il giorno dopo che l’acqua era defluita, Inutile dire che l’alluvione si portò via il mentre fervevano i lavori di recupero del boschetto di pioppi sulla riva dell’Arno, i recuperabile, dall’altoparlante di una mac- nostri giochi sul fiume e anche la nostra china che circolava sull’altra riva dell’Ar- fanciullezza: di colpo ci ritrovammo cre- no, giunse la voce di un uomo che dice- sciuti.

205 LE VITTIME DI REGGELLO di Sandro Bennucci

Nella notte fra il 3 e il 4 novembre 1966, a Reggello, una frana provocata da un minuscolo torrente, affluente dell’Arno, il Resco, travolse e spazzò via le case delle Lastre provocando sette morti, otto se si conta il bambino che stava per nascere e che morì con la madre. Una tragedia dimenticata, e come offuscata nella memoria dalla catastrofe che aveva coinvolto Firenze, ma che rimane impressa nel cuore dei sopravvissuti. E dire che il Resco era considerato un torrente «amico», tanto da dare il suo nome alla locale squadra di calcio.

Quel minuscolo affluente dell’Arno devastava e uccideva. Un minuscolo af- fluente dell’Arno, il Resco, torrente rite- C’è qualcosa di misterioso, anche cin- nuto amico al punto da dedicargli perfi- quant’anni dopo, che continua ad avvol- no la squadra di calcio locale, d’improv- gere l’alluvione e tutto quanto avvenne viso s’ingigantì fino a travolgere tutto e a nella notte fra il 3 e il 4 novembre del devastare la terra nelle viscere, provocan- 1966. Non si è mai saputo con precisio- do una frana che spazzò via le case delle ne quanto tempo abbia impiegato a for- Lastre, poco sopra il paese. Sette i morti. marsi quell’impressionante massa d’acqua In realtà otto. Perché sotto le macerie ri- calcolata in 4100 metri cubi al secondo. mase anche Bruna Bigazzi, giovane e bel- Chi dice otto ore, chi dice tre. In ogni ca- la signora di 32 anni, incinta di sette me- so niente, a quel punto, avrebbe potuto fer- si. Era a letto con il marito, Giuseppe No- mare la catastrofe. Firenze moriva e il centini, quando una valanga di fango mondo non lo sapeva. Firenze moriva e il spaccò i muri. Lei venne inghiottita dalla novanta per cento dei fiorentini ancora voragine che si era aperta sotto l’abitato. non lo sapeva. Ma anche a monte della Lui si trovò miracolosamente arrampicato città c’erano drammi già esplosi. A Reg- a un cavo d’acciaio e rimase lì, in mu- gello, sulle colline e fra gli olivi, l’acqua tande canottiera, impotente, ad assistere

206 La grande alluvione alla morte della donna che aveva amato mentre cercavano Bruna e gli altri morti, fin da ragazzina, con la quale si era spo- mi portarono all’ospedale di Montevarchi sato 14 mesi prima, ma che non sarebbe con altri sopravvissuti. Venne a trovarci mai diventata la mamma di suo figlio. Uc- Amintore Fanfani, disse che lo Stato non ciso prima di poter uscire dal grembo ma- ci avrebbe abbandonato… Mesi dopo sep- terno. E morì anche colei che non diventò pi che avrei potuto avere un’altra casa, ma nonna: Carolina, 79 anni, madre di Bru- quella distrutta dalla frana non era mia: na Bigazzi. Viveva lì vicino, in una di quel- così non ebbi nulla. Passai dieci anni da le case costruite sulla roccia, travolte dal- incubo, fra un malessere e l’altro. Poi ca- la frana e dall’«amico» Resco, torrente ge- pii che la vita doveva continuare. Sono un neralmente minuscolo, insignificante, cre- muratore, ricominciai a lavorare e mi ri- sciuto di 4 metri, gonfiato da quella piog- sposai… Ora sono più sereno, ma un pez- gia maledetta caduta per tante ore sul Pra- zo di me è rimasto sepolto lì, alle Lastre, tomagno. il 4 novembre del 1966». Ce ne furono altri come il Nocentini. Per esempio Angiolo Bigazzi, che in paese Un dramma meno conosciuto chiamavano Oscar, uscì dalla casa delle Lastre per andare a caccia. Non immagi- Quando, una decina d’anni fa, chiesi a nava che cosa sarebbe successo lì, a Reg- Giuseppe Nocentini di ricordare questo gello, come in tutto il Valdarno, come in dramma meno conosciuto, rimasto per de- due terzi della Toscana. Il Bigazzi perse la cenni nascosto e quasi soffocato dalla gran- moglie, Rosina Merciai, detta Vera, 43 an- de tragedia di Firenze, lui sembrò uscire ni, e le figlie, Guidalma e Donatella, di 9 dall’oblìo, o da un tunnel in fondo al qua- e 6 anni. Oscar rimase come prigioniero le, nonostante l’inesorabile scorrere del della sua vicenda, quasi un ribelle per la tempo, ha faticato a ritrovare la luce. Parlò condanna a vita: morì, a 90 anni, il 10 ot- con voce rotta dall’emozione, quasi fosse tobre del 2005. ancora in presa diretta con l’evento che gli La frana provocata dal Resco alle Lastre cambiò la vita: «Rivedo mia moglie che non risparmiò Pasquale Gonnelli, 79 an- grida aiuto. Io, attaccato a quel cavo, non ni, che viveva solo. E nemmeno un eroi- potevo far niente… Quando finalmente mi co giovane, Lorenzo Bigazzi, 31 anni. Era staccai corsi in paese, a Reggello, ma era riuscito a mettere in salvo il babbo, an- ancora buio, non trovai nessuno. Nudo ziano, ma non ce la fece a tirarsi fuori da com’ero andai dai carabinieri. Mi chiuse- quella porzione di paese nel momento in ro in caserma. Scappai da una finestra. Un cui finì nelle fauci del torrente «amico», amico che abitava vicino al Comune, Gior- il torrente della squadra del cuore: la «Re- gio Vannucci, mi dette i suoi vestiti. Poi, sco Reggello».

207 La grande alluvione

(Volume monografico speciale a cura di Giorgio Valentino Federici, Miriana Meli, Lucio Niccolai, Severino Saccardi, Simone Siliani e Vincenzo Striano) Beni culturali e restauro: il «laboratorio Firenze»

Cristina Acidini Giulia Coco e Magnolia Scudieri Marco Ciatti Giuseppe de Micheli Gisella Guasti Irene Foraboschi e Anna Mieli Carla Guiducci Bonanni Loredana Maccabruni e Luca Nannipieri

208 IL RESTAURO DEL PATRIMONIO ARTISTICO, DOPO IL DISASTRO: MEMORIE E PROTAGONISTI di Cristina Acidini

La ricostruzione avvincente dello svolgersi delle frenetiche attività di messa in sicurezza del patrimonio artistico compromesso dall’alluvione ci offre un quadro drammatico di quelle ore, nelle quali si adoperarono istituzioni pubbliche e private, nonché i singoli cittadini e tanti volontari venuti da ogni dove. Fu un’opera immane, che ha lasciato un bagaglio prezioso di conoscenze, della cui importanza è stata data testimonianza nel tempo con periodici convegni e pubblicazioni e che si rinnova ora, in occasione del cinquantenario, soprattutto a beneficio delle giovani generazioni, alle quali, peraltro, la consapevolezza specifica di abitare in un territorio connotato da un marcato rischio idrogeologico dev’essere inculcata attraverso un apposito e costante lavoro di educazione e formazione.

Un simbolo supremo: vate ebbe a soffrire più volte nei secoli a Il Crocifisso di Cimabue causa delle ricorrenti esondazioni del- l’Arno, e per venire in prossimità del no- L’immenso patrimonio culturale conser- stro tempo e alla portata della nostra me- vato a Firenze in musei, chiese, bibliote- moria individuale e collettiva, dimostrò la che, archivi, palazzi pubblici e dimore pri- sua fragilità nell’alluvione del 4 novembre

209 1966. Il ripristino degli edifici si svolse po: «Alle sette del mattino il caposervizio con relativa rapidità, mentre si protrasse della Galleria degli Uffizi, Antonio For- nei decenni, né può dirsi ultimato, il re- zan, telefonò alla direttrice Luisa Beche- cupero di migliaia di manufatti mobili, rucci [...] per annunziarle che l’acqua sta- compresi settori ingenti del patrimonio sto- va varcando le sacre soglie». rico artistico. Ai due estremi opposti di Insieme a Becherucci accorsero Procacci un’incommensurabile quantità di beni ar- e Baldini e iniziarono, con i restauratori e tistici danneggiati, vi sono capolavori som- col personale presente, a salvare le opere mi – dei quali il Crocifisso di Cimabue in in deposito presso il Gabinetto Restauri Santa Croce fu e resta il simbolo supremo della «Vecchia Posta» al piano terreno, – e modesti manufatti, come le suppellet- spostando in alto, per le scale progressi- tili liturgiche di fattura seriale. vamente invase dall’acqua e dal fango, Aiuti in presenze attive («angeli del fango») decine di opere. «Furono trascinati su per e in denaro sarebbero giunti da tutto il centinaia di gradini il Polittico di Giotto mondo. Nelle ore della catastrofe e subi- dell’altare di Badia, il Masaccio di San to dopo, per mesi e anni. Giunsero aiuti Giovenale di Cascia, i due Simone Marti- da tutta l’Europa, dall’America e da altri ni della collezione Berenson, l’Incorona- Stati extraeuropei; le offerte provenienti zione di Filippo Lippi (...)» 1. Altre, non dal settore privato vennero convogliate trasportabili, rimasero sott’acqua: e para- presso il Comitato del «Fondo Internazio- dossalmente, dipinti in attesa di restauro nale di Firenze». In seguito, altre iniziati- provenienti da piani alti dei musei o da zo- ve contribuirono in termini culturali alta- ne del territorio che non furono alluvio- mente simbolici al risarcimento della va- nate, subirono invece i danni devastanti sta ferita, e tra queste merita ricordare l’ap- dell’esondazione fiorentina. pello rivolto da Carlo Ludovico Ragghian- ti agli artisti affinché donassero (come in effetti molti fecero) loro opere d’arte alla Se avesse ceduto Ponte Vecchio città colpita e impoverita. Rispose anche Pablo Picasso, che donò un’opera da met- Nelle ore seguenti, quando si cominciò a tere all’asta – Donna sdraiata, dal 1967 temere che il Ponte Vecchio cedesse, Pro- nel Museo di Fort Worth a Dallas, TX –, ri- cacci e gli altri si dedicarono a svuotare il sposero Francis Bacon e molti altri. Corridoio Vasariano (che tremava sotto i Alla tutela dei beni artistici a rischio e col- loro piedi, come l’intera struttura del pon- piti provvidero, nell’immediato e per me- te, per l’impeto dell’acqua carica di detriti) si ed anni dopo, i funzionari delle «Gal- e trasportarono altrove gli autoritratti ivi ap- lerie fiorentine». pesi. Il ponte poi resistette ancorché sven- Nelle ore dell’esondazione, furono prota- trato, ma non potevano esserne certi. gonisti della messa in sicurezza di quan- Quando le acque si ritirarono, alle cinque te più opere fu loro possibile il soprinten- del mattino del 5, incominciarono a con- dente Ugo Procacci e i funzionari delle statare i danni enormi e a dirigere i primi «Gallerie» Luisa Becherucci, Umberto Bal- interventi di arresto del degrado, con i ma- dini, Luciano Berti, Paolo Dal Poggetto, teriali e i metodi al momento reperibili e Maria Fossi con tutti i dipendenti in servi- accessibili. Tutti gli esperti presenti a Fi- zio al momento. renze, italiani e stranieri, furono convo- Così ricostruì l’inizio delle operazioni quel cati e accorsero, sobbarcandosi i compiti 4 novembre Wanda Lattes, venti anni do- più diversi. Ricordò poi la storica dell’ar-

210 La grande alluvione te americana Eve Borsook: «In quel pe- il degrado bloccando lo status quo (qua- riodo insegnavo in diverse università ame- le che esso sia), si passi al recupero vero ricane a Firenze e il 3 novembre, il gior- e proprio attraverso processi diversificati no prima dell’alluvione, stavo andando ad nei metodi, articolati secondo le priorità Ognissanti ad incontrare i miei allievi del- via via individuate e in molti casi differiti la Stanford University quando mi sono im- nel tempo, così da avvalersi dei continui battuta nell’esercito perché già quel gior- avanzamenti nel campo dei materiali e no erano iniziati i primi disagi. Nella not- delle tecniche. Non sempre l’attesa è un te tra il 3 e il 4 novembre ho ricevuto la fattore negativo, mentre può esserlo un in- telefonata di Ugo Procacci (...), che mi tervento improvvisato e dannoso: per pa- chiedeva aiuto per il trasporto di decine rafrasare il Qoelet, o Ecclesiaste, c’è un di migliaia di negativi del Gabinetto foto- tempo per la fretta e c’è un tempo per la grafico degli Uffizi, uno degli ambienti più lentezza. danneggiati dall’alluvione, per trasportar- Per il soccorso immediato delle opere nel- li a Villa I Tatti. Ci sarebbero voluti oltre le ore e nei giorni seguenti al ritiro delle dieci giorni per lavarli ed asciugarli». acque «(…) si improvvisarono cantieri a Più tardi sarebbero arrivati gli «angeli del Palazzo Pitti, agli Uffizi, al Bargello, al fango», e con loro, i restauratori italiani e Museo Archeologico, a Palazzo Davanza- stranieri, che condivisero esperienze e ti e questi laboratori “da campo” dove si know-how destinati a sedimentare come confrontavano persone, culture e meto- un patrimonio permanente di saperi nel dologie diventarono, per forza di cose, le mondo del restauro fiorentino. Ma quelle accademie di restauro più avanzate del prime ore furono decisive per la salvezza mondo» 2. A Palazzo Pitti la palazzina del- di ciò che ancora si poteva salvare, che si la Meridiana ospitò sculture, materiali car- trattasse di sparsi frammenti di colore o di tacei e tessili, mentre altre sculture anda- intere superfici: e la velinatura della su- rono al Museo di Palazzo Davanzati. Nel perficie con Paraloid B53 e carta giappo- contempo, con la sorveglianza delle So- nese – fissando in un tutto unico prepara- printendenze si svolgevano le operazioni zione, colore, vernice, fango e nafta – su di salvataggio nel territorio, al patrimonio tante tavole e sculture dipinte, nonché su dell’arte sacra colpito nelle chiese, nei sculture lignee e pitture murali, si rivelò conventi, negli oratori dentro e fuori il cen- salutare per il recupero da effettuarsi poi tro storico fiorentino, nelle province di Fi- nei mesi e negli anni successivi. renze e Pistoia, che includevano l’area di Prato non ancora autonoma. La concentrazione maggiore di opere d’ar- L’Ultima Cena te ebbe luogo alla Limonaia di Boboli, do- ve i dipinti e specialmente quelli su tavo- L’ultima grande tavola rimasta in attesa di la lignea, arrestate le perdite degli strati restauro fino al 2006, l’Ultima Cena di superficiali e del colore, ebbero il tempo Giorgio Vasari da Santa Croce, ha rivela- di rilasciare gradualmente l’umidità as- to la permanenza di ampie superfici del- sorbita nelle fibre nell’arco di sette mesi. lo strato pittorico sotto la carta, pur a di- Per il mancato ricovero invernale, la col- stanza di quarant’anni dall’applicazione. lezione di agrumi subì delle perdite, rite- È infatti inevitabile, anzi salutare, che dai nute tuttavia collaterali rispetto al danno provvedimenti immediati necessari per al patrimonio artistico. A Boboli affluiro- mettere in sicurezza le opere e arrestarne no oltre 300 tavole e 1500 tele. Quando

211 Umberto Baldini comunicò alla Commis- rivelò la policromia originaria, comprese sione «Restauri Opere d’Arte» il pro- le lumeggiature d’oro sui capelli, prima gramma dei lavori ai dipinti ricoverati nel- coperte da strati pittorici posteriori. la Limonaia, dopo aver inquadrato luci- La quantificazione definitiva dei beni col- damente i danni e i possibili rimedi, sot- piti costituisce tuttora una sfida aperta. Bru- tolineò l’unicità della situazione: «Non si no Molajoli scrisse: «Furono travolti e dan- tratta di opere che hanno bisogno di ope- neggiati dall’alluvione: 320 dipinti su ta- razioni normali ma si tratta di opere che vola; 692 dipinti su tela; 495 sculture (184 hanno subito, rispondendo in vario modo, in marmo, 8 in bronzo, 63 lignee, 25 in un danno eccezionale e che non ha dati terracotta, le restanti in stucco o in gesso); sicuri di esperienza». Quell’esperienza 64 affreschi nelle pareti d’origine, molti mancante, che si venne costruendo, ri- dei quali di grandi dimensioni; 8 interi ci- mase patrimonio della città, nonché fon- cli di pitture murali; 60 affreschi staccati e damento di una avanzata cultura della riportati su telai; 47 corali miniati; 5 cora- conservazione e del restauro caratteriz- li non miniati; 16 disegni; 51 stampe; 27 zante l’identità delle Soprintendenze e so- arazzi; 7 cartoni per arazzi, tutti di grandi prattutto dell’odierno Opificio delle Pietre dimensioni; 288 arredi sacri di stoffa (pi- Dure, istituito nel 1975. Infatti, una deci- viali, pianete, paliotti ecc.); 1810 armi e ar- sione che era stata immediatamente pre- mature antiche. E non si contano le mi- sa e condivisa, e che risultò strategica, fu gliaia di quegli oggetti, arredi, mobili, sup- quella di trattenere i beni danneggiati a pellettili, cui si è accennato più sopra» 3. Firenze, tranne per alcuni nuclei da trat- tare all’insegna del massimo specialismo internazionale, come le armi che andaro- Le ore dell’emergenza no in parte a Londra e a Vienna e alcuni arazzi che andarono ad Amsterdam. I dati si vennero precisando nel tempo, cosicché venti anni dopo «La Nazione Fi- renze» 4 informava i suoi lettori che i ci- I numeri del patrimonio compromesso cli di affreschi erano 11, gli affreschi sin- goli 130, i vasi e reperti etruschi 12.000. Si torna a dire che nell’alluvione andaro- Il numero degli arredi sacri continuava a no perduti o danneggiati centinaia di ope- essere imprecisabile, così da risolversi con re d’arte, migliaia di metri quadri di pit- l’aggettivo «infinito». E venivano calcola- ture murali, migliaia di oggetti d’arredo, te in un migliaio le opere giacenti in atte- migliaia di manufatti cartacei, e tra questi sa di restauro nei depositi della Fortezza, alcuni capolavori di altissimo valore arti- Pitti, Villa Corsini, Cenacolo di Fuligno. stico e simbolico. Fra i dipinti su tavola c’e- Oltre al soprintendente Ugo Procacci, pen- ra il Crocifisso di Cimabue, divenuto l’im- sionato nel 1972, avevano vissuto le ore magine-chiave della tragedia e del riscat- dell’emergenza e i primi anni del recupe- to; fra i bronzi la Porta del Paradiso del Bat- ro i funzionari Luisa Becherucci, Umber- tistero di Lorenzo Ghiberti, fra le statue in to Baldini, Paolo Dal Poggetto, Luciano marmo il Bacco di Michelangelo nel Mu- Berti, Maria Fossi con tutti i dipendenti. In seo Nazionale del Bargello, fra le scultu- particolare Baldini e Dal Poggetto affron- re lignee la Maddalena di Donatello pure tarono l’emergenza del restauro coordi- nel Battistero. Quest’ultima, ricoverata al nando le attività dei restauratori locali, de- Museo di Palazzo Davanzati, col restauro gli specialisti dell’Istituto Centrale di Re-

212 La grande alluvione stauro di Roma capeggiati da Pasquale Ro- stauro italiano e internazionale, coglien- tondi, dei ricercatori del CNR e degli Isti- do dall’intensa operosità del passato re- tuti universitari. Nell’ambito scientifico fu- moto e recente, cito ancora una volta, rono fondamentali i contributi di Enzo Fer- «(…) quei motivi che, al di là di una me- roni e di Franco Piacenti, con le loro strut- ra cronaca da consuntivo, possano servi- ture di ricerca e di sperimentazione. re a fare una storia di problemi, di impo- Il lungo percorso di recupero del patri- stazioni, di tecnica come di teoria». A quel monio artistico colpito fu costellato di mo- punto, nel mondo del restauro fiorentino menti pubblici di notorietà e di condivi- si erano individuati luoghi e competenze; sione. Dopo che in un anno e mezzo di si erano stabilite alleanze, come quella lavoro erano stati staccati oltre 2.300 me- destinata a crescere e a diversificarsi, con tri quadri di pitture murali, per evitarne la l’universo della ricerca scientifica; si era perdita, e riattaccati su nuovi supporti, a profilata con chiarezza la necessità di po- restauri ultimati fu organizzata la mostra tenziare e regolare la formazione dei re- di affreschi staccati Da Giotto al Pontor- stauratori, che trovò risposta nella Scuola mo, patrocinata dalla «Olivetti», che fu per restauratori – dal 1998, di Alta For- presentata in varie sedi d’Europa e a New mazione – presso l’Opificio delle Pietre York fra il 1968 e il 1971, come segno di Dure. ringraziamento per l’aiuto ricevuto dalla L’attività di restauro proseguì nei decenni città di Firenze. successivi, impegnando committenti e operatori tanto nel pubblico quanto nel privato. Un disastro di proporzioni bibli- Firenze restaura che quale era stato l’alluvione di Firenze – e quale per fortuna la comunità inter- Nel 1972 ebbe luogo la grande mostra Fi- nazionale lo aveva percepito – non pote- renze restaura, nel padiglione della For- va che richiedere tempi biblici di recupe- tezza da Basso, che nel presentare i nu- ro. Il recupero del patrimonio artistico fu merosi e vari risultati raggiunti dal Labo- attuato attraverso innumerevoli interventi ratorio di restauro delle «Gallerie fioren- specialistici e grazie a finanziamenti so- tine» nel quarantennale della sua attività prattutto ministeriali, purtroppo sempre (essendo stato fondato da Ugo Procacci più esigui. Non sarà mai abbastanza va- nel 1932), poneva specialmente l’accen- lorizzato lo straordinario avanzamento to sui restauri post-alluvione. Per la prima scientifico e tecnico nel campo del re- volta il grande pubblico fu attratto e coin- stauro che – consolidatosi non solo nel- volto da quello che apparve il «miracolo» l’Opificio ma anche nelle scuole e nei la- compiuto a Firenze da squadre di esperti boratori stabili, delle Soprintendenze e di locali e stranieri, nonostante che nell’in- ditte private – ha fatto e fa di Firenze una troduzione alla Guida alla mostra i cura- riconosciuta capitale del restauro. tori Baldini e Dal Poggetto raccomandas- sero di non voler legare all’esposizione «(…)neppure come intenzione lontana, al- Una memoria che non si perde cun potere taumaturgico o tantomeno cat- tedratico». Per una cultura che si è acquisita, innega- In realtà la mostra e la sua Guida, come bilmente altre se ne sono perse. Così An- con modestia fu definito il catalogo, si pro- tonio Paolucci descriveva in sintesi l’irri- posero come una pietra miliare nel re- mediabile lacerazione di un tessuto so-

213 ciale, economico e creativo dalle radici to fiorentino, una giornata di studi ricordò antiche: «(…) l’alluvione ha fatto saltare un la figura e l’opera di Ugo Procacci a 100 intero sistema, ha cancellato una città plu- anni dalla nascita, e in particolare il suo rale, fatta di arte, turismo, metalmeccani- ruolo di Soprintendente durante l’alluvio- ci, grandi assicurazioni, artigiani, musei e ne, con atti pubblicati nel 2006. Non si tantissime attività economiche. Dal 1966 contano le pubblicazioni di e su Umber- in poi Firenze, diventa quella che i manuali to Baldini, ultimo in ordine di tempo l’in- di economia chiamano one company town contro su Il ruolo di Umberto Baldini per (...) questa città si regge solo sull’essere la conservazione del patrimonio cultura- una Rimini del Rinascimento» 5. le: una prospettiva storica, organizzato dal- Le testimonianze, i commenti a caldo e a l’Opificio delle Pietre Dure nella Biblio- freddo, gli instant book, le pubblicazioni teca degli Uffizi (pubblicazione degli at- scientifiche, i convegni corredati da atti ti, Firenze 2013). Relativamente recente su questi temi non si contano, tanto da la pubblicazione di Firenze 1966. Appunti dar luogo a una sterminata bibliografia, di diario sull’alluvione (in appendice: «Fa- anche di difficile reperibilità, che deve es- lene autobiografiche») di Pasquale Roton- sere, in vista del cinquantenario, censita di, del 2013: Rotondi, storico dell’arte, in e riordinata. In quest’ambito hanno un rappresentanza dell’Istituto Centrale del ruolo di testimonianza e insieme di nuo- Restauro di Roma (ICR) fu tempestiva- va fonte (di immagini e di dati) i cataloghi mente presente nelle operazioni di soc- delle mostre tenute dalle Soprintendenze corso del patrimonio culturale fiorentino, e dagli Istituti culturali a cadenza decen- e nel suo diario appuntò dati tecnici e os- nale, dalle valenze molteplici: reviviscen- servazioni personali. Il suo ruolo, e quel- za del ricordo, comunicazione dello «sta- lo di Cesare Brandi che dirigeva l’ICR, so- to dell’arte» nel recupero e nel restauro, no stati valorizzati nel convegno del CNR incoraggiamento per la partecipazione at- Beni Culturali e conflitti armati, catastro- tiva di istituzioni e cittadini alla conti- fi naturali e disastri ambientali. Le sfide e nuazione dei restauri per quei manufatti i progetti tra guerra, terrorismo, genocidi, spesso di modesta fattura e qualità, che criminalità organizzata (Roma, novembre con felice sintesi Magnolia Scudieri ha de- 2013). finito «gli ultimi». Ultimamente, una monografia dedicata al Meritoriamente nel 2006 furono anche ri- restauratore Guglielmo Galli ha ripercor- stampati gli Atti del Convegno sul Restauro so, attraverso il suo operato, i lunghi e delle Opere d’Arte danneggiate dall’allu- complessi interventi di recupero della sta- vione che si era tenuto a Firenze (Palazzo tuaria antica e moderna in marmo, terra- dei Congressi) tra il 2 e il 7 novembre cotta, cera, già in parte presentati negli 1976, promosso dall’Opificio delle Pietre scritti di Luciano Berti, direttore del Bar- Dure a cura di Anna Maria Giusti. Il con- gello nel 1966 e degli Uffizi dal 1969 6. vegno comprese, fra gli altri, interventi di Umberto Baldini, Paolo Dal Poggetto, Francesco Gurrieri, Antonio Paolucci, Fran- Dotarsi di adeguati co Piacenti e partecipanti internazionali, «piani di emergenza» e gli atti uscirono nel 1981. Ai protagonisti sono state dedicate, negli E per tornare ai restauri: ancora nel qua- ultimi anni, attenzioni di vario tipo. Il 31 rantennale del 2006 non erano completa- marzo 2005 nell’aula magna del rettora- ti i restauri del patrimonio colpito, sempre

214 La grande alluvione ragionando di quello artistico e non di sive, con un protocollo sottoscritto nel quello archeologico e cartaceo. L’Opificio 2010 d’intesa con le autorità aventi com- restituì a Santa Croce ben otto dipinti su piti specifici, tra le quali la Prefettura e la tavola, di dimensioni anche monumenta- Protezione Civile. li. Mancava all’appello l’Ultima Cena di Ogni museo e luogo culturale nell’area a Giorgio Vasari, un grande dipinto su tavo- rischio è dotato o progetta di dotarsi di ade- la, che era rimasto nello stato in cui si tro- guati «piani di emergenza». Nelle situa- vava all’indomani del ritiro delle acque dal zioni intermedie tra il radicale mutamento refettorio del Museo di Santa Croce; e fu dell’assetto museale e la permanenza del- la Protezione Civile, quell’anno, a rende- lo status quo, situazioni che sono poi pre- re disponibile la cifra che consentì l’avvio senti nella larga maggioranza dei musei, si dell’impegnativo progetto di recupero, fi- è lavorato per contenere gli effetti deleteri nanziando inoltre il restauro del David di di un’eventuale inondazione. Donatello nel Museo Nazionale del Bar- La consapevolezza del rischio e le misu- gello, mai alluvionato, ma scelto a simbo- re di contenimento, per gli addetti ai la- lo delle raccolte di statuaria così duramente vori così come per la cittadinanza, sono colpite. Dunque, nel 2016, per il cin- in stretta dipendenza dalla memoria degli quantenario, Vasari tornerà a Santa Croce: eventi trascorsi. Il mezzo secolo che ci se- un complesso ecclesiastico a rischio, che para dal 1966 fa sì che quell’esperienza ha nel frattempo adeguato la sistemazione sia stata vissuta direttamente ormai solo da delle opere d’arte del museo con un in- chi è nato negli anni 50 o prima. Nei cit- tervento pionieristico ed esemplare. La so- tadini più giovani in Firenze e in Toscana, luzione prescelta fu infatti lo spostamento la consapevolezza specifica di abitare in e la risistemazione delle opere d’arte al di un territorio connotato da un marcato ri- sopra del livello raggiunto nel 1966, crean- schio idrogeologico dev’essere inculcata do un nuovo percorso inaugurato il 16 di- attraverso una formazione apposita, che cembre 2013: in particolare il Crocifisso di comprende quella scolastica ma anche il Cimabue fu installato in alto nella sagre- tramando familiare, gli organi d’informa- stia della basilica, mentre importanti di- zione, i momenti di rievocazione, le evi- pinti su tavola furono sistemati alle pareti denze testimoniali. Le tecnologie odierne del Corridoio del Noviziato. potranno agevolare la disseminazione dei Nel corso degli anni gli istituti periferici dati, in modo da far percepire anche tra- del Ministero oggi dei Beni e delle Attività mite semplici strumenti individuali (App su Culturali e del Turismo hanno messo a cellulare, ecc.) la portata immensa e la ca- punto misure di prevenzione attive e pas- pillare incidenza del disastro.

1 W. Lattes in «La Nazione Firenze», supplemento al novembre 1986, p. 21. n. 296, 2 novembre 1986, p. 29. 5 Intervista rilasciata da Antonio Paolucci a Pino di 2 A. Paolucci, Il laboratorio del restauro a Firenze, Blasio, «La Nazione Firenze», 3 gennaio 2009. Istituto bancario San Paolo, Torino 1986, p. 136. 6 D. Mignani (a cura di), Guglielmo Galli. Venti an- 3 B. Molajoli, Firenze salvata, ERI Edizioni Rai, Tori- ni di restauro delle sculture a Firenze 1968-1987, no 1970, dalla premessa. Edifir, Firenze 2015. 4 «La Nazione Firenze», supplemento al n. 296, 2

215 PER LA SALVEZZA DELLE OPERE D’ARTE* di Marco Ciatti

La drammatica situazione del patrimonio artistico del capoluogo toscano, a seguito degli ingentissimi danni arrecati dall’alluvione, trovò immediata risposta grazie all’organizzazione delle operazioni di salvataggio delle opere d’arte messa in atto, con grande capacità e competenza, da un gruppo di restauratori che seppero fronteggiare l’emergenza con scelte oculate e fare del dramma un’occasione di crescita delle tecniche conservative, creando un laboratorio straordinario che ha reso Firenze la capitale internazionale del restauro.

Un laboratorio straordinario ti furono oltre mille. Tale vicenda ha rap- presentato un laboratorio straordinario per L’alluvione di Firenze rappresenta un ca- la conservazione, sia come tecniche di re- so interessantissimo per la storia del re- stauro sia come conservazione preventi- stauro e della conservazione perché portò va: si tratta, in sostanza, del caso di un in- ad un livello quasi parossistico tutta una tero centro storico del valore di quello di serie di problematiche che esistono nor- Firenze minacciato costantemente da un malmente nella conservazione delle ope- simile pericolo, e ciò dovrebbe ovvia- re, ma mai con una intensità così grave, mente spingere verso sistemi di preven- sia qualitativamente, come tipologia di zione, di previsione e protezione am- danno, sia quantitativamente, con un nu- bientale. mero così alto di opere danneggiate si- Alle prime ore del mattino del 4 novem- multaneamente: si pensi che solo i dipin- bre 1966 l’acqua iniziò a salire e a salta-

* Il presente testo è tratto dal volume M. Ciatti, O.P.D. Quarant’anni di attività 1975 – 2015: conservazio- ne, ricerca, formazione, Edifir, Firenze 2015.

216 La grande alluvione re le spallette dell’Arno presso gli Uffizi, naci, pietre e legno, dai quali fu poi un dove il fiume si fa più stretto, e da lì di- problema estrarlo del tutto. lagò per la città, soprattutto nelle zone più basse, che includono gran parte del cen- tro e la zona di Santa Croce, dove l’acqua In buone mani raggiunse livelli tra i cinque e i sei metri di altezza. Essa poi defluì lentamente, la- Per nostra fortuna, l’emergenza dell’allu- sciando una situazione a dir poco disa- vione trovò a fronteggiarla delle strutture strosa per il tessuto sociale della città e che si occupavano del patrimonio artisti- per i suoi beni culturali. Quando si parla co, piccole, ma ben funzionanti e soprat- di alluvione può sembrare che si parli so- tutto competenti. La Soprintendenza era al- prattutto della risalita dell’acqua; in realtà lora diretta da Ugo Procacci, mentre nel- bisogna tenere conto di altri due fattori la direzione del Laboratorio di Restauro, che contribuirono ad aumentare l’impat- già dalla metà degli anni Cinquanta, egli to negativo. Per esempio, la Chiesa di San- era stato prima affiancato e poi sostituito ta Croce, pur essendo sopraelevata dalla quando, nel 1958, era diventato Soprin- piazza, venne invasa dalle acque, che ar- tendente, da Umberto Baldini. Pertanto si rivarono con una forza tale da riuscire a poté contare su due persone molto attive spalancare l’enorme portale chiuso. Va e capaci che seppero organizzare i soc- quindi ricordato che si registrò anche una corsi immediatamente, ed ebbero la for- forte azione meccanica d’urto che causò za, l’intelligenza e la capacità di assumersi una serie di danni. La citata violenza del- delle grandi responsabilità e di prendere l’acqua fece sbattere ripetutamente le due tutte le necessarie decisioni. Va anche det- ante della Porta del Paradiso del Battiste- to che le competenze non erano allora co- ro, producendo il distacco di alcune for- sì frammentate come oggi, e che a Pro- melle, che fortunatamente vennero tratte- cacci faceva capo sia la struttura della So- nute dal cancelletto di protezione che le printendenza, secondo la vecchia e tal- racchiudeva. Si pensi che nel moderno re- volta rimpianta impostazione, che vede- stauro della Porta, uno dei problemi prin- va saldamente uniti i musei ed il territo- cipali è stato costituito proprio dalla diffi- rio, sia quella del Laboratorio di Restau- coltà di staccare le formelle, per poterle ro. Inoltre, la sua riconosciuta autorevo- trattare individualmente; in alcuni casi, lezza e competenza, sommata alla capa- nei rilievi minori, si è preferito lasciare la cità di coinvolgere con il suo appassiona- formella nella sua sede, in quanto è sem- to impegno tutti i collaboratori e le istitu- brata troppo forte l’azione che si sarebbe zioni, accresceva ancora l’efficacia della dovuta compiere per distaccarla. Ma non sua azione. In un primo momento Pro- si trattava solo di acqua, il fiume aveva in- cacci pensò di affiancare a Baldini, for- vaso i sotterranei ed aveva perciò portato malmente incaricato di seguire il restauro in superficie il materiale delle fognature e delle pitture quale suo successore alla gui- dei depositi di idrocarburi, soprattutto da del laboratorio, altri due colleghi, Lu- quelli per il riscaldamento delle case che, ciano Berti, per il primo cantiere di re- data la stagione, erano tutti pieni. Il tutto stauro delle sculture del Bargello e Giu- formò pertanto un fango maleodorante che seppe Marchini, per il settore delle arti ap- non si limitò a bagnare ciò che incontra- plicate. Questa ripartizione è infatti ri- va, ma macchiò, intrise, sporcò, venendo specchiata negli interventi che vennero assorbito dai materiali porosi, quali into- presentati nel Convegno sul restauro te-

217 nutosi nel 1968 a Pistoia 1. Passata la pri- mente un provvedimento d’urgenza che si ma fase di emergenza, e soprattutto a se- attua per evitare la perdita di parti del co- guito della riforma del 1975, tutto il re- lore, come protezione prima di uno spo- stauro finì poi sotto la gestione ed il coor- stamento, o in previsione di azioni po- dinamento di Baldini. Alla struttura loca- tenzialmente pericolose, anche durante il le fu affiancata una Commissione per la restauro stesso. Ciò fu importantissimo per conservazione delle opere d’arte alluvio- i dipinti mobili perché, soprattutto nelle ta- nate che consigliava Procacci nell’impo- vole, le tipologie dei danni principali era- stazione delle operazioni: era presieduta no due. La prima è connessa all’assorbi- da Bruno Molajoli ed era composta, oltre mento di acqua che provoca inizialmen- che dai fiorentini Procacci e Baldini, che te un rigonfiamento del legno, una dila- fungeva da segretario, da Cesare Gnudi, tazione; infatti nelle foto scattate subito Cesare Brandi e Pasquale Rotondi. Per le dopo il ritiro delle acque i dipinti sem- decisioni tecniche i restauri erano coor- brano in buone condizioni, con superfici dinati da una Commissione tecnica di piane e regolari, perlomeno in quelli che esperti restauratori: Gaetano Lo Vullo, Vit- non avevano subito danni meccanici. torio Granchi, Paolo Mora, Ottorino Non- Questo accade perché il colore segue la farmale, Leonetto Tintori e Augusto Ver- dilatazione del supporto, allargando la sua mehren. Accanto ai membri della già ri- crettatura. Quando poi il legno si asciu- cordata commissione vi era la continua ga, cedendo all’ambiente l’umidità tratte- collaborazione dei massimi esperti nazio- nuta, si ha una contrazione che in casi di nali delle discipline scientifiche e tecniche assorbimento d’acqua a livelli così eleva- come, per esempio, per la conservazione ti può essere estremamente violenta, sca- del legno il celebre studioso Guglielmo tenando deformazioni e fratture, a secon- Giordano, il cui manuale di tecnologia da della sua costruzione. A quel punto il costituisce ancor oggi un punto fermo ne- colore, che non possiede l’elasticità del gli studi su tale materia. legno, al momento di rientrare si comporta come se fosse costituito da zolle rigide che entrano in contrasto, con la possibi- Le «velinature» di protezione lità di distacchi e cadute. Questo feno- meno è aggravato dalla seconda patologia, Tra le scelte da considerarsi storiche che e cioè l’azione dell’acqua sulla prepara- furono assunte, alcune possono essere sin- zione. Essa è composta sostanzialmente teticamente ricordate: una prima e fonda- da gesso e colla: il gesso assorbe l’umidità, mentale riguardò i dipinti mobili, tele e ta- la colla animale è solubile in acqua, per- vole, che furono protetti immediatamen- tanto avviene una sorta di dilavamento, e te con velinature sulla superficie pittorica così quello che dovrebbe essere un mate- per evitare future perdite di colore 2. Si riale elastico, forte e tenace sul quale il co- tratta di una tecnica di protezione che si lore deve rimanere adeso, diventa incon- attua comunemente nel restauro, che con- sistente, e più si bagna, più perde la com- siste nel far aderire sulla superficie pitto- ponente adesiva. Così, il movimento del rica, con un blando adesivo, della carta ve- legno, sommato alla decoesione della pre- lina, possibilmente carta di riso, in modo parazione, può provocare come risultato che essa, aderendo alla pellicola pittori- lo staccarsi di scaglie di colore che si sol- ca, eviti la possibile caduta di frammenti levano e poi cadono. La velinatura servi- di colore che si siano distaccati. È ovvia- va proprio a tenere insieme il colore ed

218 La grande alluvione evitare che, quando i dipinti si fossero lestiti in tempi da record. Lo spazio fu or- asciugati, si verificassero enormi perdite di ganizzato in due sezioni con diverse ca- colore. Evidentemente la buona cono- ratteristiche ambientali di umidità relativa, scenza del comportamento dei materiali destinate ad accogliere i dipinti secondo artistici aveva immediatamente fatto com- il grado di assorbimento di acqua che es- prendere tutta questa problematica e ci si si avevano avuto, che si cercava di misu- affannò pertanto ad affrontarla in manie- rare per mezzo di apposite sonde. Quelli ra integrata: proteggendo il colore e cer- che ne avevano assorbita in quantità mi- cando di controllare la delicatissima fase nore vennero fatti asciugare sempre in ma- di asciugatura. niera controllata, ma più rapidamente, mentre quelli che risultavano più bagnati furono lasciati asciugare lentamente, con Alla Limonaia di Palazzo Pitti un progressivo calo dell’umidità relativa, in due anni di tempo, costantemente mo- La seconda grande decisione assunta da nitorati e tenuti sotto controllo dai restau- Baldini e Procacci, che avevano previsto ratori con prove di svelinatura, elimina- questa vicenda conservativa, fu quella di zione delle traverse fisse, tentativi di fer- lasciare inizialmente le opere nei luoghi matura del colore e così via. Questa ri- dove erano collocate e si erano bagnate, partizione era dovuta all’ovvia preoccu- ponendole in orizzontale, perché, oltre al pazione di non apportare inutilmente ul- fatto che l’acqua andò via lentamente, per teriore umidità nei dipinti che non ne ave- settimane restò a terra una fanghiglia umi- vano assorbita molta, perché ciò avrebbe da, che manteneva alto il tasso di umidità provocato un incremento del loro degra- dell’ambiente, impedendo alle opere di do. Come è evidente, questa impostazio- subire un brusco sbalzo di umidità, che ne ha rappresentato in effetti uno dei più avrebbe provocato una forte contrazione grandi cantieri di conservazione preven- del legno con le conseguenze soprade- tiva applicata alle opere d’arte mai attua- scritte. Nel frattempo fu individuato un lo- ti nel nostro Paese, in quanto il controllo cale idoneo, posto nel giardino di Bobo- delle condizioni ambientali e la loro in- li, la così detta Limonaia di Palazzo Pitti, terazione sulle opere fu giustamente pri- che venne appositamente attrezzata e do- vilegiata rispetto al compimento delle nor- tata di un impianto di condizionamento in mali operazioni di restauro. Stupisce che modo da poter mantenere artificialmente molti esperti di questa nuova disciplina un tasso di umidità controllata. A dimo- non abbiano sviluppato i dati emersi da strazione della costante collaborazione tale esperienza. con l’ISCR (Istituto Superiore per la Con- servazione e il Restauro), va ricordato che ciò avvenne con il suo aiuto e che l’isti- Restauratori da tutto il mondo tuzione inviò a tale scopo il giovane Gio- vanni Urbani, di modo che alla Limonaia Un’ulteriore fondamentale decisione as- furono progressivamente trasportati tutti i sunta da Procacci fu il cortese rifiuto al- dipinti alluvionati, velinati. All’arrivo essi l’offerta di trasferire le opere all’estero venivano innanzitutto disinfestati a spruz- nei laboratori che, da tutto il mondo ave- zo, per evitare la proliferazione di attac- vano offerto il proprio aiuto per il restauro chi biologici, e quindi deposti in orizzon- delle opere danneggiate, scegliendo, in- tale in questi ambienti appositamente al- vece, di farle rimanere a Firenze, tranne

219 che nel caso della collezione medicea di Sinergie fondamentali armi che fu trasferita ai laboratori spe- cializzati del Waffensammlung di Vienna. Questo evento drammatico, come talvol- Questa scelta fu dettata dalla volontà di ta succede, ebbe anche dei risvolti «posi- garantire una omogeneità di intervento, tivi». La gravità dei problemi da affronta- di metodo, ed il controllo su tutti i re- re spinse a stringere rapporti molto più stauri. A tutti coloro che volevano colla- stretti tra il mondo del restauro e quello borare, Procacci chiese di inviare a Fi- scientifico. In precedenza i contatti erano renze operatori specializzati, restaurato- stati saltuari, occasionali, non erano di ri, materiali e attrezzature. Il mondo ri- certo costanti come attualmente, tanto che, spose con generosità, ci fu una vera ga- se oggi diamo per scontata la fondamen- ra di solidarietà, e l’UNESCO creò un ap- tale interazione tra restauro e scienza, que- posito fondo, CRIA (Committee to Rescue sta è stata, a Firenze, una positiva conse- Italian Art), per aiutare le due città col- guenza dell’alluvione. Fu in quella occa- pite in quel novembre dall’alluvione, Fi- sione che molti docenti dell’università mi- renze e Venezia. sero a disposizione del disastrato patri- A Firenze giunsero circa 150 restauratori monio artistico le proprie capacità e com- da tutto il mondo per prestare il loro con- petenze per trovare una soluzione all’im- tributo in questa circostanza, provenienti mane disastro. Un famoso esempio è rap- da ben 17 diversi paesi. Per poter far la- presentato dall’innovativo sistema di con- vorare tutti nelle condizioni più adegua- solidamento degli intonaci dal degrado te, si decise di trovare una sede per crea- portato dai sali, problema amplificato dal- re un nuovo grande laboratorio, dato che l’alluvione, messo a punto in questa oc- quello della Soprintendenza, che si trova- casione da Enzo Ferroni, docente di chi- va al piano terra degli Uffizi, era stato an- mica dell’Università di Firenze, che in- ch’esso distrutto dall’alluvione, ed anche ventò il metodo dell’idrossido di bario. In- le opere che si trovavano lì in corso o in vece di applicare degli adesivi per fissare attesa di restauro erano state gravemente superficialmente il colore, come si era danneggiate. Lo Stato cedette alla Soprin- sempre tentato senza successo (e come tendenza un grande magazzino che si tro- qualcuno si ostina ancor oggi a fare), il vava all’interno della Fortezza da Basso, nuovo modo per risanare la superficie con- allora gestita dai militari, che venne ri- sisté nel far interagire gli intonaci con ma- strutturato velocemente e dotato di un mo- teriali inorganici, in modo da provocare derno sistema di climatizzazione, in mo- una reazione di nuova riaggregazione del- do da essere funzionante già nell’aprile la materia. Questo metodo ha fatto dav- del 1967, quando lo si iniziò a dotare di vero voltare pagina alle tecniche di re- attrezzature e vi si trasferirono le prime stauro delle pitture murali, in quanto risa- opere. na dall’interno, lasciando le pitture tra- Queste tre decisioni furono fondamentali spirare, e soprattutto evita la necessità di per la storia e lo sviluppo successivo del dover staccare gli affreschi più gravemen- restauro a Firenze, ma anche per la sicu- te danneggiati dalla pericolosa solfatazio- rezza e la salvaguardia delle opere d’ar- ne. Infatti, prima della messa a punto del te: la protezione e la velinatura delle ope- nuovo sistema, che venne applicato dopo re; mantenere le opere alluvionate a Fi- la fase sperimentale, dal restauratore Di- renze; creare un nuovo grande laborato- no Dini per la prima volta ad un capola- rio, là dove ancor oggi si trova. voro, la Crocifissione dell’Angelico nella

220 La grande alluvione sala capitolare di San Marco ed agli altri ponenti acquose su opere già così bagna- affreschi del piano terreno, con ottimi ri- te, ammesso che potessero essere effica- sultati, erano già partite delle gigantesche ci. Per una incredibile casualità, poco tem- campagne di strappi, in quanto era evi- po prima dell’emergenza, era arrivato nel dente che senza un tale intervento le pit- laboratorio di Restauro di mobili di Otel- ture murali sarebbero andate inevitabil- lo Caprara in Bologna, uno dei massimi mente perdute nel giro di pochi mesi. Con esperti italiani del restauro di opere in le- l’occasione dell’alluvione nacque così un gno, un nuovo materiale proveniente da- nuovo approccio scientifico ai metodi di gli Stati Uniti, uno dei primi materiali di restauro, che richiedeva però nuove ca- sintesi, una resina acrilica, che veniva pro- pacità, competenze e nuove conoscenze posta come consolidante del legno. Fu a coloro che dovevano applicarli, spin- molto opportunamente suggerito, per ese- gendo verso una sempre maggiore quali- guire la velinatura, di adoprare questa re- ficazione i restauratori, che da allora do- sina, commercialmente chiamata Paraloid, vevano necessariamente avere delle no- materiale che poi ha avuto una enorme zioni di chimica. fortuna nel restauro. Inoltre, il restauro fiorentino venne total- mente sprovincializzato, trovandosi a la- vorare insieme restauratori provenienti da Il Cristo itinerante, tutto il mondo, appartenenti alle più sva- simbolo dell’alluvione riate scuole, e quindi all’opera con meto- di e tecniche completamente diversi; tut- La necessità di potenziare le strutture del ti ebbero così modo di osservare quanto restauro per far fronte ad un disastro di di meglio ciascuno poteva offrire, e nel questa portata trovò una risposta soprat- concreto dei casi danneggiati ognuno mi- tutto negli anni immediatamente succes- se a disposizione le proprie conoscenze e sivi l’alluvione, che furono molto positivi competenze, alcune più appropriate di al- sia a livello internazionale, con molti fi- tre, attuando così una sorta di selezione nanziamenti, sia a livello nazionale, ve- delle tecniche di intervento. Quindi la tra- nendosi a sommare alle importanti pro- dizionale abilità manuale, la sensibilità, poste di riforma del settore che erano per- l’esperienza dei restauratori locali fu ar- venute dalla Commissione Franceschini ricchita, ad esempio, dalla maggiore im- (1964-1967). Tutto ciò spinse alla crea- postazione scientifica e tecnologica dei zione di uno specifico Ministero per i Be- restauratori di altre tradizioni, che i fio- ni Culturali, cosa che avvenne fra il 1974- rentini seppero recepire ed assorbire. E 1975 grazie all’azione di Giovanni Spa- questo ha concorso a rendere Firenze dav- dolini, e alla formazione a Firenze di una vero una capitale internazionale del re- nuova realtà istituzionale, cioè alla strut- stauro perché ha saputo assimilare quan- turazione del moderno Opificio delle Pie- to di meglio ognuno aveva da insegnare e tre Dure e Laboratori di restauro, così co- fonderlo con il proprio bagaglio tradizio- me oggi lo conosciamo e che stiamo qui nale. celebrando a distanza di quarant’anni. Fu necessario riuscire ad aprirsi verso nuo- L’alluvione, ovviamente, costituì un even- vi materiali e nuove tecniche: ad esempio, to di portata ben più ampia delle sole con- per effettuare la citata velinatura, tutti gli seguenze sulle opere d’arte. Fu una vera adesivi tradizionali erano a base acquosa, e propria catastrofe naturale con danni al- e non era certo opportuno impiegare com- la città e che provocò anche delle vittime.

221 Rimanendo, invece, nel campo dei beni di consolidamento, fermatura del colore e culturali, l’emozione del disastro provocò così via, con la conservazione di tutti i anche una grande partecipazione di pub- materiali costitutivi originari. Una secon- blico alle vicende delle opere d’arte, mol- da categoria riguardava le opere dove la to più di quanto non fosse mai avvenuto possibilità di ricostituire la corretta coe- in passato. Ad esempio, quando nel 1976 sione dei tre materiali principali, suppor- fu nuovamente presentato in Santa Croce to, preparazione e colore, e la reciproca il Crocifisso di Cimabue dopo il restauro, adesione era incerta. Esse erano poste in un’opera che era stata assunta come il sim- sicurezza e periodicamente monitorate e bolo dell’alluvione e l’emblema stesso del sottoposte a dei test, in modo da definire disastro di Firenze danneggiata, ci fu una nel prosieguo del tempo il più corretto si- enorme partecipazione popolare. Il Cro- stema di restauro. Il terzo raggruppamen- cifisso era finito sui giornali di tutto il mon- to concerneva i dipinti più gravemente do all’epoca, e persino il papa era venu- danneggiati dove era evidentemente im- to in visita al deposito della Limonaia e si possibile, dopo i test e le prove compiu- era inginocchiato in preghiera dinanzi al te, riuscire a restituire la coesione e l’a- grande dipinto sofferente. Per questa va- desione necessaria ai materiali antichi. Per lenza simbolica, le autorità fiorentine de- questo esse venivano avviate ad un estre- cisero di inviare negli anni 1982 e 1983 mo intervento di restauro costituito dal già il Crocifisso in varie parti del mondo: al descritto trasporto del colore, al fine di Metropolitan Museum di New York, al salvare almeno la pellicola pittorica. Louvre di Parigi, alla Royal Academy di Anche l’organizzazione interna del labo- Londra, al Museo del Prado di Madrid e ratorio fiorentino dovette tenere conto del- alla Alte Pinakothek di Monaco, in segno la nuova realtà. Sotto la direzione di Um- di ringraziamento per l’aiuto ricevuto. berto Baldini, Gaetano Lo Vullo svolgeva Via via che le opere venivano ritenute in le funzioni di direttore tecnico, Augusto grado di lasciare il deposito della Limonaia Vermehren, per le sue caratteristiche, si ed essere trasferite al Laboratorio della For- occupava del settore delle ricerche, ed i tezza, esse venivano valutate dalla com- restauratori erano coordinati tramite la sud- missione tecnica dei restauratori e divise divisione in due gruppi. Edo Masini gui- in tre categorie a seconda dell’intensità dava il lavoro di tutti i restauratori interni, del danno. Quelle nelle quali i fenomeni mentre Vittorio Granchi si occupava degli patologici, soprattutto di decoesione del- esterni e dei volontari giunti ad aiutare i la preparazione e di brusca contrazione colleghi fiorentini. I più consistenti grup- del supporto, non erano gravissimi, erano pi nazionali dei restauratori stranieri co- destinate a ricevere un intervento di re- stituirono talvolta delle vere e proprie unità stauro costituito dalle normali operazioni operative parzialmente autonome.

1 V. i contributi di U. Procacci, Le tecniche e il re- 2 Per il problema del restauro dei dipinti alluviona- stauro degli affreschi, pp. 41-70; U. Procacci, Le tec- ti si veda M. Ciatti, Quaranta anni dopo: i problemi niche ed il restauro dei dipinti su tavola e su tela, pp. conservativi dei dipinti alluvionati, in Angeli, santi e 71-84; L. Berti, Il restauro delle sculture, pp. 173-190; demoni: otto capolavori restaurati. Santa Croce qua- G. Marchini, Il restauro degli oggetti delle arti mino- ranta anni dopo (1966-2006), a cura di M. Ciatti, C. ri, pp. 239-250, in Il restauro delle opere d’arte, Atti Frosinini, C. Rossi Scarzanella, Edifir, Firenze 2006, del Convegno Internazionale di Studi (Pistoia, 15-21 pp. 13-52. settembre 1968), Editografica, Rastignano (BO) 1977.

222 E ALLA BIBLIOTECA NAZIONALE CAMBIÒ IL CONCETTO STESSO DI RESTAURO di Gisella Guasti

L’attività del Laboratorio di restauro, istituito a seguito dell’emergenza dettata dall’alluvione del 66, che aveva colpito in maniera drammatica il patrimonio librario della Biblioteca Nazionale di Firenze, cambiò il concetto di restauro del libro e il ruolo stesso del restauratore. Purtroppo, l’eccezionale esperienza e la prospettiva che il Laboratorio diventasse un centro di ricerca e di riferimento nazionale e internazionale si sono ridimensionate negli anni, ma il cinquantennale può essere l’occasione per un suo rilancio e perché esso diventi un nucleo di riferimento stabile per il salvataggio dei beni librari e archivistici, ufficialmente riconosciuto.

Un grande avvenire dietro le spalle 1 rare la fine nel senso letterale del termi- ne. Personalmente, ne ho «celebrato» il Parto dalla fine. Cioè da oggi. Non solo per decennale appena assunta, con un entu- l’ordine cronologico che sarebbe banale siasmo e un senso di appartenenza fin da ma piuttosto perché del Laboratorio di re- subito fortissimo; poi, via via, di dieci an- stauro della Biblioteca Nazionale, sorto ni in dieci anni, ho guardato alle scaden- all’indomani dell’alluvione del 4 novem- ze con sempre maggiore disillusione, nel- bre 1966 2, si rischia oggi di commemo- la consapevolezza del suo lento declino.

223 All’opposto di quello che, a un certo pun- Il primo investimento fu utilizzato per far to, si pensò potesse diventare un punto di compilare le schede-progetto di restauro riferimento italiano e non solo, per la for- e far eseguire la collazione 5 dei Grandi mazione nel campo del restauro, tramite Formati Palatini e Magliabechiani, allo sco- il progetto di costituire a Firenze un gran- po di creare un deposito di volumi im- de Centro internazionale di formazione e mediatamente pronti da mettere a gara, restauro del libro 3. «Centro internaziona- non appena fossero stati concessi gli ul- le del restauro? Ma figuriamoci! Li rimet- teriori stanziamenti promessi. Nel 2003, teranno al loro posto». L’ironia cattiva del- infatti, fu indetta una gara dal pregiato no- la burocrazia romana e di alcune frange me di Leopoldo, per circa 2 miliardi di del vecchio personale che guardavano con vecchie Lire. Già allora il sogno del «Cen- malcelato disprezzo alle «gabbanelle bian- tro di restauro internazionale» era quasi che» che circolavano in Biblioteca dopo tramontato; gli orizzonti infatti, erano or- l’alluvione, sembra proprio che, alla fine, mai confinati entro le mura della Biblio- abbia avuto ragione. Gli «intrusi» erano teca e si aveva la consapevolezza che il operai giovani (già volontari e studenti) e Laboratorio, nato per il recupero dei libri meno giovani (disoccupati, ex dipenden- alluvionati, non sarebbe stato in grado, ti della fabbrica di birra «Wührer» che ave- col personale già fortemente diminuito e va chiuso i battenti rovinata dall’alluvio- col «non alluvionato» che incombeva, ri- ne) assunti nella Cooperativa LAT 4 e che, chiedendo attenzione e cure, di conclu- alla fine degli anni 60, sfiorarono quasi le dere i lavori in tempi meno che biblici. 120 unità. Da allora, il collocamento a ri- Motivo per cui il restauro dei volumi «al- poso di molti di loro, avanti negli anni già luvionati» fu appaltato sempre più spesso al momento dell’assunzione, ne ha dimi- a imprese esterne, decretando, di fatto, nuito in modo costante il numero senza una sorta di sconfitta rispetto agli obietti- che, da parte del Ministero, evidentemente vi iniziali. più attratto dalle «figure» che dallo «scrit- to», si mostrasse più che un blando inte- resse verso il Laboratorio della Naziona- Con regole salde le. Interesse che culminò nel bando di un concorso per assistenti restauratori nel Un peccato per un Laboratorio nato sul- 1998 (6 unità per Firenze, già ridotta a l’onda delle circostanze che però, guida- quello che allora si credeva l’osso, ulte- to fin dalla sua costituzione con regole riormente spolpato invece, da ben 3 tra- salde 6, sulla base di principi nuovi e del- sferimenti concessi subito dopo la nomi- la sperimentazione di materiali inediti, fu na), preceduto da uno per operai qualifi- tale da modificare radicalmente il con- cati nel 1985, anch’essi in gran parte di- cetto stesso di restauro del libro che, fino spersisi fra le varie regioni, negli anni suc- a quel momento, era stato di tipo anti- cessivi. Nel 1999, un altro guizzo di at- quariale. Un restauro cosiddetto di botte- tenzione verso i libri, quando, nella nobi- ga, il cui obiettivo era liberare le carte dal- le intenzione di risolvere una volta per tut- le macchie, ricucire il libro rotto e rimet- te, dopo più di trent’anni, l’affaire allu- tere una nuova coperta oppure rimontare vione di Firenze, fu deciso l’accredita- quella originale, purché decorata; nessun mento di finanziamenti consistenti che indugio a riflettere, su come perché e fi- avrebbero dovuto ripetersi fino al com- no a che punto fosse opportuno condur- pletamento del restauro dei fondi storici. re un intervento; in ciò, adeguandosi pas-

224 La grande alluvione

sivamente alla comune considerazione del vello possibile, senza indulgere in scale ge- libro, così bassa da non essere ritenuto rarchiche dettate dalla sua soggettività cul- neppure degno di essere annoverato tra le turale e tecnica: solo un discreto, rispet- opere d’arte 7. Nel novello Laboratorio del- toso e abile operatore. Infatti a Firenze, la Nazionale di Firenze, invece, senza ce- qualunque libro, anche insignificante o dere alla pressione di un’emergenza di «brutto», che si trovò a varcare le soglie portata e qualità mai viste, si lavorò in un del Laboratorio fu considerato come inconsueto «rispetto» nei confronti delle «un’unità» costituita da componenti di- componenti materiali del libro, ribadito verse, nessuna delle quali poteva essere re- anche da Francesco Barberi 8 in un noto staurata a sé, senza tener conto di tutte le articolo. Le nuove legature non dovevano altre 10, ovvero un unicum, insostituibile essere scimmiottamenti dell’originale né testimonianza della sua particolare storia costituire un tributo all’estetica ma ri- individuale 11. Inoltre, non è certo da sot- spondere a criteri di funzionalità, come tovalutare il fatto che Luigi Crocetti e Tony sosteneva Emanuele Casamassima già nel Cains 12, le anime del Laboratorio di Fi- 1957 9, temperata dalla storia. Per effetto renze, non si fecero scudo dei grandi nu- di questo nuovo approccio, mutò anche meri per privilegiare la «quantità», a de- la figura del restauratore che cominciò a trimento della «qualità» del lavoro 13, de- prefigurarsi non più come un artista o co- cisione per nulla facile da sostenere di me un approssimativo legatore ma come fronte a una catastrofe come quella fio- un professionista capace di restituire al li- rentina. Come non fu semplice stabilire e bro la sua funzione, nella piena consape- mantenere procedure rigorose, come il volezza di dover conservare e trasmettere compilare per ogni volume, all’inizio del tutte le sue componenti, al massimo li- ciclo di restauro, una scheda che ne de-

225 scriveva la struttura originale e i danni e cora peggiore di quello che si verificò die- forniva una puntuale prescrizione degli in- ci anni fa, al quarantennale dell’alluvio- terventi (materiali e tecniche). ne tanto per citare l’ultima ricorrenza: in- In ultimo, a Firenze, si rinsaldò, ammes- terviste, articoli, documentari, mostre, so e non concesso che ci fosse stata pri- convegni «in onore di», abbracci agli «an- ma, la volontà di collaborazione fra bi- geli del fango» riuniti a Palazzo Vecchio, bliotecario (in quanto storico del libro) e commozione, rimpianti, buoni proponi- tecnico, cooperazione che è diventata an- menti per il futuro. Tutto miracolosamen- ch’essa un momento imprescindibile nel- te cessato il 5 novembre. Non sarebbe la conduzione del restauro odierno 14. male perciò, questa volta, invertire la rot- Oggi, come già detto, non c’è (quasi) più ta e piuttosto che una «mitizzazione» po- personale, non c’è ottimismo e non si ve- stuma ormai «passata di cottura», per ci- de la luce in fondo al tunnel. Da tempo: tare una espressione cara ad Emanuele parole tante (peraltro sempre più rade e Casamassima, sarebbe miglior tributo al- confinate nelle occasioni pubbliche) ma, l’impegno profuso, alla fatica, alla soli- alla fine, una sostanziale indifferenza che darietà «senza che, senza forse, e senza tende a ridurre, più o meno consapevol- ma» dei famosi «angeli», non lasciar sci- mente, il restauro fiorentino solo a retori- volare via il Laboratorio di restauro ma ca del passato e, per il presente, a rimet- restituirgli il lustro che si era conquistato tere addosso ai restauratori la gabbanella con ammirevole grinta dopo l’alluvione. come cinquant’anni fa. In concreto, agganciandosi alla riforma del ministro Franceschini in cui è previ- sto un polo bibliotecario di cui la Biblio- Un’ammirevole grinta teca Nazionale dovrebbe costituire il ful- cro, si potrebbe sviluppare il ruolo del La- Anche la sede distaccata e di grande im- boratorio riconoscendolo come referente patto dell’ex Convento di S. Ambrogio, per la conservazione, la tutela e il restau- inaugurata nel 1997 e cercata per dare ro, mettendogli in carico gli interventi ne- una sede dignitosa al Laboratorio che ave- cessari, quantomeno come progettazione va soggiornato per lungo tempo nei sot- e controllo, per gli istituti che sono privi tosuoli della Biblioteca e frammentato in di strutture interne e di personale qualifi- uffici e depositi provvisori nella cosiddet- cato; previo il consistente incremento, è ta «ala nuova» prospiciente via Maglia- ovvio, dell’organico attuale. Inoltre, po- bechi, non è stata sfruttata per sviluppar- trebbe organizzarsi al suo interno, senza lo e trasformarlo, ad esempio, in un cen- scalfire il ruolo delle scuole di alta for- tro di riferimento a livello cittadino o re- mazione, anzi, proseguendone ed affian- gionale 15. Peraltro, gli anni trascorsi dal- candone, in un certo senso, le attività, oc- l’inizio della ricerca di una sede alterna- casioni ben strutturate di istruzione, di tiva fino all’acquisto dell’ex Convento di preparazione, una sorta di stage perma- S. Ambrogio, insieme al graduale ma co- nente per restauratori. Allargato a momenti stante smagrimento dell’organico, l’hanno di educazione alla conservazione per i bi- ormai reso sovradimensionato. bliotecari e per le altre figure afferenti al Ma eccoci di nuovo prossimi alla gran- settore. Infine, insistendo sulle specializ- cassa mediatica che si sta approntando zazioni acquisite dal Laboratorio, questo per il 2016, della quale già si distinguo- potrebbe divenire un centro di addestra- no gli echi e che, temo, sarà un delirio an- mento non di guerriglieri ma di caschi blu

226 La grande alluvione per l’arte, come pensati dall’attuale mini- conosciuto, sia a livello regionale che na- stro Franceschini per la tutela del patri- zionale, che potrebbe occuparsi sia della monio culturale nelle zone di guerra, con- gestione operativa degli interventi sul ter- vertendo magari il blu in viola, quale af- ritorio sia della formazione del personale fettuoso tributo al colore della maglia del- per renderlo capace di affrontare l’emer- la locale squadra di calcio. Si potrebbe, genza in una biblioteca in modo orga- insomma, creare al suo interno un nucleo nizzato e professionale. Oppure approfit- di riferimento stabile per il salvataggio dei tiamo del suo cinquantennale per dirgli beni librari e archivistici, ufficialmente ri- gloriosamente addio.

1 V. Gassman, Un grande avvenire dietro le spalle, blemi sulla conservazione e del restauro che dalle Longanesi, Milano1981. esigenze del lavoro giornaliero quale si svolge in 2 L’acqua travolse circa un terzo del patrimonio del- un’“officina” dovrebbero essere tradotti nei loro ter- la Biblioteca Nazionale che ammontava allora a cir- mini più generali; e potrebbe fornire il necessario ca 3 milioni di libri oltre a cataloghi, attrezzature, supporto di studi storici sulla tecnica e sulla struttu- suppellettili, impianti. Dalla Relazione sulla BNCF del ra dei libri da conservare e restaurare, studi che ven- 4 febbraio 1967 a firma del direttore, Emanuele Ca- gono condotti ora, per necessità di cose, soltanto samassima: «Materiale librario: 1.200 mila unità bi- empiricamente nei nostri laboratori», L. Crocetti, bliografiche così suddivise: libri 300 mila (collezio- Un’esperienza di cooperazione in La cooperazione ne Magliabechiana, collezione Grandi formati Ma- internazionale per la conservazione del libro, in- gliabechiani e Palatini, opere moderne, duplicati); contro di studi organizzato dalla Biblioteca Nazio- circa 20 mila titoli di giornali e quotidiani (per circa nale centrale di Firenze, sotto gli auspici dell’UNE- 400.000 volumi); circa 10 mila riviste (per circa 60 SCO e del Ministero della Pubblica Istruzione, Fi- mila volumi); la collezione delle miscellanee (19 mi- renze, 12-14 marzo 1970, in «Bollettino dell’Istitu- la cassette per circa 400 mila pezzi tra opuscoli ed to di patologia del libro», 29 (1970) 1-4, numero estratti); la raccolta delle tesi francesi e tedesche (cir- speciale, p. 49. ca 50 mila volumi); la collezione dei manifesti. Ca- 4 Acronimo della cooperativa dei Lavoratori Ausiliari taloghi ed inventari: gravemente danneggiati sono del Traffico, addetti alle pulizie delle carrozze fer- tutti i cataloghi, sia a volumi che a schede, e gli in- roviarie che, proprio in quegli anni, era in liquida- ventari; si tratta complessivamente di circa 8 milio- zione poiché i dipendenti erano stati assunti dal- ni di schede». E prosegue con l’elenco dei danni a l’Ente Ferrovie. Fu quindi piuttosto sconcertante Altro materiale e Impianti, e con i Danni all’edificio quando la Cooperativa e la Commissione interna e agli infissi. della Nazionale, giunti a Roma, nel 1971, per chie- 3 «E sarà anche chiaro il contributo che il grande la- dere il finanziamento di 300 milioni di Lire per il boratorio “pratico” sarà in grado di offrire al Centro nuovo contratto, si sentirono chiedere da un alto internazionale» che «(…) potrebbe costituire la sede funzionario della Direzione generale delle Accade- più appropriata per lo studio e il dibattito dei pro- mie e Biblioteche «Ma che ve ne fate a Firenze di

227 tutto questo latte?». In effetti, i soldi servivano per è insita nella rispondenza stessa dell’oggetto alla pro- pagare stipendi agli operatori e per l’acquisto dei ma- pria funzione», E. Casamassima, Nota sul restauro teriali per il restauro e non, appunto, per comprare delle legature, in «Bollettino AIB» 3(1957)1-2, p. 21: latte o suoi derivati. pp. 13-21. 5 Un sistema alfanumerico (lettere e numeri), utile 10 «(…) qualunque operazione facciamo dobbiamo a testimoniare la sequenza del testo e delle parti ac- tener conto di tutto il complesso del libro, che dev’es- cessorie come le carte di guardia o le veline, al fine sere una struttura funzionante, organica e armonica», della ricomposizione puntuale del volume, dopo le L. Crocetti Il restauro del libro come attività norma- operazioni di restauro. le, p. 7, in «Antologia Vieusseux» 9(1974)3, p. 7: pp. 6 Non si concesse nulla all’improvvisazione, si pre- 2-8, ripubblicato col titolo Il restauro del libro: un dispose un sistema organizzato con protocolli di in- problema della conservazione dei beni culturali, Fi- tervento rigorosi, coniugando la celerità dell’inter- renze 1975. vento e la coerenza storica nella progettazione del- 11 «(…) per definizione ciascun manoscritto è un le nuove legature scelte sulla scorta della tradizione: unicum. (…) ma sembra (…) che altrettanto bene si tracce sul volume, sue dimensioni, sua appartenen- debba considerare un unicum, ciascun libro, sia pu- za ad un certo fondo, separazione dell’originale dal- re a stampa, sia pure emesso in più copie, quando le aggiunte. questo libro ha avuto una sua storia particolare den- 7 Per molti anni non si svolse alcun dibattito relati- tro una certa biblioteca, o anche dentro una certa ca- vamente al restauro del libro: in un’indagine sul pa- sa», ivi, p. 6. trimonio artistico italiano, condotta da Giovanni Bat- 12 Luigi Filippo (Lufi) Crocetti era un bibliotecario tista Cavalcaselle, ispettore generale delle Belle Ar- della Nazionale che si occupava di Soggetti, a cui, ti, nel 1875, il libro non veniva contemplato fra le dopo l’alluvione, fu affidata la direzione del Labo- opere d’arte. Anche la Legge di tutela n.1089 del 1 ratorio di restauro. Anthony (Tony) Cains giunse in giugno1939, considerava solo i manoscritti e gli in- BNCF insieme a Peter Waters, Roger Powell e Do- cunaboli come beni artistici da tutelare; solo in se- rothy Cumpstey inviato come esperto dal British Mu- guito, con la Commissione Franceschini, dal nome seum. Fu responsabile tecnico del Laboratorio di re- del presidente della Commissione d’indagine per la stauro dal 1967 al 1971 quando fu chiamato dal Tri- tutela e la valorizzazione del patrimonio storico, ar- nity College di Dublino. cheologico, artistico e del paesaggio (Per la salvez- 13 «Fu detto che era ingenuo e scarsamente realisti- za dei beni culturali in Italia, Colombo, Roma, 1967) co insistere sull’elevata qualità, su “standard” così al- anche il libro diventa una «testimonianza avente va- ti; che l’importante era rimettere bene o male i libri lore di civiltà». a disposizione degli studiosi. Invece noi non siamo 8 «I libri da restaurare sono per lo più antichi e ap- ancora soddisfatti dei nostri “standards”, e probabil- partenenti a biblioteche. Ciò significa in concreto mente non lo saremo mai (…). È sembrato talvolta che essi hanno valore non soltanto di testi letterari, strano, di fronte al compito di restituire all’uso pub- ma, talvolta in modo preminente, di documenti: ma- blico una così grande massa di materiale restaurato, teria scrittoria (pergamena o carta), scrittura e mi- e magari fermassero per mesi il lavoro della legato- niatura i manoscritti; caratteri di stampa e incisioni ria perché non riuscivano temporaneamente a trovare i libri stampati, legatura tutti. Sostenere che tali ele- pelli e pergamene del tipo desiderato», L. Crocetti- menti meritano rispetto solo quando abbiano un ri- A. Cains, Un’esperienza di cooperazione, in «Bol- conosciuto, particolare valore artistico o storico e lettino dell’Istituto di patologia del libro», 29(1970) facciano dei libri altrettanti cimeli, sarebbe come so- 1[-4], p. 48: pp. 16-57. stenere che debbono conservarsi nelle biblioteche le 14 «Tutte le prescrizioni, ma in particolar modo quel- sole opere dei grandi scrittori trascurando quelle dei le “finali”, sono decise in strettissima associazione minori. Come debbono conservare i testi secondari da bibliotecari e tecnici, che lavorano insieme. (…). o affatto sconosciuti, perché appartenenti tutti alla sto- La fiducia reciproca tra bibliotecari e conservatori ria della cultura, così le biblioteche hanno il com- non è un dato frequentissimo; ma la diffidenza che pito di conservare tutti gli elementi del libro a cui spesso esiste tra persone che reclamano l’esclusività accennavamo, prodotti anch’essi dell’ingegno uma- in fatto di cura dei libri dovrebbe essere superata no. Pertanto non si restaura solo il testo (che può tro- comprendendo che gli interessi delle due categorie varsi nella stessa biblioteca in migliori edizioni), ma non s’escludono a vicenda ma sono complementa- il documento anzi l’insieme dei documenti che si ri. Non vogliamo, nel nostro lavoro di restauro e con- trovano in un libro antico; si restaura il libro-ogget- servazione, trovarci nella situazione della scienza to, ricco di un maggiore o minore numero di conte- medica ai tempi di Vesalio, quando i chirurghi par- nuti, di valori più o meno noti», F. Barberi, Il restauro lavano il volgare e i medici il latino», ivi, p. 46. nel rispetto del libro, in «Bollettino dell’Istituto di 15 Il Laboratorio di restauro, dal 2001 al 2015, è sta- patologia del libro», 26(1967)1-2, p. 83-88. to consulente della Regione Toscana per la conser- 9 «Il principio di restauro-conservazione non potrà vazione e il restauro del patrimonio librario delle bi- avere pertanto che un’unica conseguenza: la crea- blioteche non statali, in base ad una Convenzione zione di una legatura puramente funzionale; la qua- firmata dalla Regione Toscana con la Biblioteca Na- le cioè soddisfi tutte le esigenze di consolidamento zionale. Riconoscendogli un ruolo che facilmente e di conservazione del volume ma non abbia alcu- avrebbe potuto estendersi anche al patrimonio sta- na pretesa estetica, alcuna bellezza, salvo quella che tale.

228 LA MEMORIA COME FUTURO DEI LIBRI di Carla Guiducci Bonanni (a cura di Luca Nannipieri)

Il racconto dell’esperienza di Carla Giuducci Bonanni alla Biblioteca Nazionale di Firenze durante i giorni dell’alluvione è tratto dal libro-conversazione a cura di Luca Nannipieri dal titolo La memoria è il futuro dei libri *. La Biblioteca, infelicemente costruita sulle rive del fiume, fu travolta dall’onda di piena e un patrimonio enorme di volumi di inestimabile valore venne danneggiato. Essa deve la sua rinascita tanto all’intervento tempestivo e competente di illustri studiosi quanto alla determinazione dei semplici impiegati che faticarono duramente per amore del luogo in cui avevano trascorso gran parte della loro vita oltreché di tanti giovani che dettero il loro contributo volontario. Un’esperienza tragica, che ebbe come felice conseguenza la consapevolezza e dell’importanza del restauro e della conservazione del patrimonio librario.

Una lunga conversazione sto tragedia nazionale e internazionale, e il soccorso alle vittime, alle opere d’arte, L’alluvione dell’Arno del 1966 ebbe mol- agli edifici colpiti, divenne soccorso par- ti testimoni. Da tragedia cittadina, vista la tecipato, coordinato, come se oggi una fama planetaria di Firenze, divenne pre- tragedia colpisse Pompei o il Louvre di Pa-

* C. Guiducci (a cura di L. Nannipieri), La memoria è il futuro dei libri, Ets, Pisa 2011.

229 rigi o il Moma di New York o le Piramidi è stata raccontata, narrata, studiata, in- d’Egitto. terpretata in tanti modi. Se dovessimo di- Tra i testimoni principali di questo grave re dei nomi, verrebbero subito a mente trauma, vi fu sicuramente Carla Guiduc- personaggi noti come Emanuele Casa- ci Bonanni (1929-2013), col tempo di- massima, che allora era direttore della rettrice storica della Biblioteca Naziona- Nazionale, o il bibliotecario Giorgio de le e di molte importanti biblioteche pub- Gregori, padre del cantautore, giunto da bliche italiane, nonché successivamente Roma, generosamente, per aiutare al me- sottosegretario ai Beni Culturali. L’amici- glio la direzione della Biblioteca: nomi zia che mi legava a lei la spinse a scri- appunto entrati ormai nella storia della vere con me e a consegnare all’eredità il ricostruzione di quello spaventoso even- suo unico volume mai pubblicato in vi- to. Ma l’alluvione mise in luce lo straor- ta. Era un lungo dialogo sulla conserva- dinario valore di un altro uomo di cui po- zione dei volumi e sulle biblioteche, dal chi hanno parlato, di cui forse non si ri- titolo emblematico: La memoria è il fu- corda il nome. Lo ricordo io perché è al- turo dei libri. meno doveroso: Ivaldo Baglioni. Era im- Nell’anno dell’alluvione Carla Guiducci piegato d’ordine, ma aveva sempre svol- Bonanni era responsabile della redazione to un lavoro intenso e intelligente di to- della Bibliografia Nazionale Italiana pres- tale impegno e competenza. Ebbene è sta- so la Biblioteca Nazionale, per cui la sua to proprio lui che, per l’alluvione, ha pre- esperienza nel recupero e nel restauro dei so in mano le redini di tutti, ci comandava volumi è una testimonianza ineludibile a bacchetta e ha salvato, coordinandoci, per la comprensione di quel dramma fio- buona parte del patrimonio danneggiabi- rentino e italiano. le o già danneggiato: il generale sul po- I brani che qui seguono sono un’estrapo- sto è stato lui. Adesso che sono passati lazione di quella nostra lunga conversa- quasi 50 anni, resteranno pochissimi a ri- zione tradotta in libro. cordare il suo impegno: fu apprezzato ma non così tanto come altre persone, me compresa, che hanno avuto la possibilità Come l’alluvione cambiò il di emergere e di ricoprire prestigiosi in- nostro modo di pensare carichi istituzionali. Una delle convin- zioni che ho maturato con l’alluvione è Il 4 novembre 1966 l’alluvione dell’Arno stata la consapevolezza che la storia del- che devastò Firenze non cambiò soltanto la Biblioteca Nazionale deve sì tanto a il- la storia d’Italia. In generale cambiò il mo- lustri studiosi e grandi menti, ma niente do con cui pensavamo il nostro rapporto si sarebbe potuto fare senza la determi- ormai dominante e sicuro sulla natura. nazione di gente senza fama, che ha fa- Niente poteva far pensare che in una città ticato duramente per amore del luogo do- così dominata dall’uomo, dalla storia, dal- ve ha lavorato per buona parte della vita. le sue architetture, dai suoi studi, dai suoi La Biblioteca ha la capacità misteriosa di milioni di libri e di opere d’arte, potesse coinvolgere nella sua «missione» educa- essere proprio la Natura il nemico più im- tiva e memoriale tutto il personale che è pressionante e cieco. L’alluvione fu mae- integrato: da chi è preposto alla direzio- stra in molte cose. Riuscì nella sua forza ne a chi ti potresti aspettare meno coin- devastatrice a sprigionare una serie im- volto nella struttura perché meno gratifi- pressionante di conseguenze. L’alluvione cato.

230 La grande alluvione

Decisioni fondamentali perché la carta moderna non ha retto la commistione con la melma. Quando l’Arno esondò, mi occupavo del- Anche Diego Maltese, che fu poi diretto- la redazione della Bibliografia Nazionale re della Biblioteca Nazionale ed è tutt’og- Italiana, il fascicolo mensile in cui veni- gi uno dei maggiori esperti europei per la vano descritte le nuove acquisizioni del- catalogazione dei libri, dette un aiuto fon- la Biblioteca Nazionale arrivate per dirit- damentale: infatti, nel sottosuolo della bi- to di stampa. Il 4 novembre 1966 non mi blioteca, con uno scaleo sconnesso e con resi conto immediatamente dell’enormità un volontario che lo tratteneva per i pan- della catastrofe. C’era così tanto fango che taloni, riuscì a salvare l’Inventario a sche- bisognava reggersi alle spallette per so- de dei Fondi Palatini e Magliabechiani. stenere il passo. C’era un odore mefitico, Salvare l’inventario è come salvare il cer- di cadaveri, e difatti pensavamo che ci fos- vello di un uomo, la memoria di un com- sero delle carcasse di animali trascinate lì. puter: è la parte più importante. In realtà scoprimmo poi che i vecchi libri La grande intuizione di Emanuele Casa- di carta patinata venivano fatti con il mi- massima, contrariamente a quello che vo- dollo delle bestie, per cui emanavano odo- leva il Ministero, fu quella di mandare i re di putrefazione. Entrando nella stanza libri nelle fornaci per mattoni e negli es- dove lavoravo, la mia vecchia scrivania di siccatoi del tabacco in tutto il circondario legno navigava in mezzo all’acqua. di Firenze e oltre. I libri presi dal fango pas- Tutti i libri però del mio ufficio, fino al- savano di mano in mano grazie ai volon- l’altezza della marea, erano stati travolti tari accorsi da tutto il mondo – i cosiddetti dal fango e furono quasi del tutto perduti «angeli del fango» – e caricati nei camion

231 dai militari. Da lì venivano trasportati al- ters con la moglie Sheila, Roger e Rita la Centrale Termica della Stazione dove Powell, Doroty Campbell, Anthony Cains, un gruppo di bibliotecari e volontari lavava Christopher Clarkson, ma anche restaura- i volumi con una soluzione di disinfet- tori da tante altre nazioni: Germania, Gha- tante. Poi venivano estratti e con i pen- na, Cecoslovacchia, etc…. nelli si cercava di togliere il fango; infine Fu la loro straordinaria e impeccabile espe- venivano stesi su fili per aria per asciuga- rienza a condurci nel territorio, finora del re più rapidamente. Successivamente ve- tutto sconosciuto, del restauro e del ripri- nivano portati nei forni o negli essiccatoi: stino del materiale danneggiato. Il loro lin- lì venivano aperti e messi ad asciugare ad guaggio era molto funzionale. Proposero alta temperatura, dopodiché venivano im- di inserire in ogni volume una striscia di car- pilati e rimandati a Firenze. Il Comune de- ta idonea che portasse un numero pro- cise di mettere a disposizione immediata- gressivo (collocazione temporanea), ma an- mente il Forte Belvedere e aprire i suoi sa- che alcuni segni che costituissero quasi un loni per accogliere i volumi che erano sta- «esperanto del recupero». Qualche esem- ti asciugati. Cominciò così l’allestimento pio: C equivaleva a libro completo; ( ) si- del Forte Belvedere, che in quel momen- gnificava libro non completo; un’ondulina to stava ospitando una mostra di affreschi (~) indicava fango; due onduline (~~) indi- staccati. I militari montavano gli scaffali cavano più fango; tre onduline (~~~) indi- che un’azienda straniera aveva mandato cavano molto fango. Da questa simbologia ma occorreva, pur nella precipitosità e nel- prese forma una «scheda di restauro», pre- la concitazione degli eventi, tenere alta ziosa guida per tutti i cicli di lavorazione. l’attenzione affinché la sistemazione de- Ma un’altra persona fu decisiva: Renzo gli scaffali e dei volumi che, via via so- Daddi, il distributore della Biblioteca, che praggiungevano numerosissimi, non an- lavorava adesso con noi al Forte Belvede- dasse a intaccare o ledere la delicatezza re. Ebbe il grosso merito di ricostruire già di quegli affreschi. Di istanza all’entrata del negli scaffali del Forte un principio di se- Forte c’era ad ogni ora un battaglione dei quenza e di ordinamento dei volumi, per- Bersaglieri. Per scaricare e ricollocare i ché, per la sua esperienza di distributore, volumi si formavano catene di studenti e conosceva bene le segnature; cosicché militari, in sostanza il «negativo» di quan- quando i volumi furono ritrasportati in Na- to avveniva nella biblioteca. zionale, c’erano già delle grossolane, ma Fui incaricata dal direttore Casamassima di utilissime, sezioni di riferimento che indi- coordinare il recupero del materiale e dun- rizzavano la ricollocazione. E tutto ciò va que, dal 6 novembre, mi rinchiusi pratica- ricordato che si deve ad una sola persona. mente nel Forte Belvedere. Il lavoro era im- Il lavoro fu completato dal 5 novembre fi- pressionante e incalzante, ma un po’ di sol- no a tutto marzo dell’anno successivo. La- lievo ci veniva dal fatto che i volumi essic- vorammo senza sosta, con militari, studenti cati nei forni avevano riacquistato una par- ed esperti, senza lamentarsi, forse senza te della loro originaria fisionomia. percepire tutti i disagi. Non c’è dubbio che quella data di novembre 1966 dette un in- dirizzo chiarissimo alla mia vicenda: rese Dal mondo, arrivarono i restauratori più solido il mio amore per i libri, il mio attaccamento, la mia affezione, la mia con- Nel frattempo arrivarono dall’Inghilterra e sapevolezza del valore straordinariamente dall’Irlanda i restauratori privati Peter Wa- «sottovalutato» che ha una biblioteca, la

232 La grande alluvione sua funzione di memoria e di educazione zioni o sono mancanti ai bordi, si prende per la società che le vive attorno. una carta sottile, di fattura giapponese e Tutto il Fondo Magliabechiano fu molto di spessore equivalente o più leggero ri- colpito: costituisce la raccolta più antica spetto a quello delle pagine del libro, e poi della Biblioteca Nazionale grazie al pre- con vari passaggi si ritagliava un pezzet- zioso lascito che, come abbiamo detto, to pressappoco equivalente alla lacuna. fece nel Settecento Antonio Magliabechi. Questo «pezzetto» veniva soprammesso Anche la raccolta Palatina ricevette dei al bordo mancante con una colla specia- danni gravosi: era composta da volumi e le, non acida. Infine veniva aggiunto lun- atlanti botanici e faunistici di grande for- go tutto il confine di contatto tra la pagi- mato. In generale furono seppelliti dal fan- na e la pezza una piccolissima strisca di go un milione e duecentomila volumi. Pur- carta giapponese – ricordo ancora: era lo troppo, durante la Seconda guerra mon- 01 – a saldare. In questo modo venivano diale, i materiali ritenuti preziosi furono recuperate le lacune di ogni pagina. Non messi nel sottosuolo per preservarli dai avevamo una tradizione di restauro «di bombardamenti. Ne uscirono illesi. Però, massa», perché fino ad allora il problema dopo la fine del conflitto, furono lasciati del restauro riguardava solo i pochi libri lì perché si pensò che se avevano resisti- antichi danneggiati dal tempo. Per la pro- to bene in tempo di guerra potessero far- duzione contemporanea, al massimo, ve- lo anche in tempo di pace. Si ritenne che nivano rilegati i volumi più consultati. Vi il sottosuolo della biblioteca fosse il luo- sono tuttora, a 40 e più anni di distanza, go più protetto. Nessuno poteva immagi- molti volumi ancora alluvionati e da re- nare che il luogo più sicuro dalle bombe cuperare, senza tener conto delle stermi- divenisse il luogo più pericoloso perché nate raccolte di giornali e periodici. più esposto ad essere sommerso dal fan- Dopo Forte Belvedere, i volumi furono go quando arrivò l’alluvione. Quei Fondi pian piano riportati nella Biblioteca Na- hanno perso molto del loro colore. Ad zionale, dove fu istituito un Laboratorio esempio il segno di una pianta acquerel- articolato di restauro, che per fortuna è poi lata a mano è spesso passato in offset nel- divenuto permanente. Il Laboratorio era la pagina accanto. Se oggi mettiamo a con- composto inizialmente dalle persone più fronto un volume scampato all’alluvione disparate, operai, studenti, carpentieri, e uno alluvionato, ci si rende conto del- meccanici, cioè dalle persone che erano l’irrimediabile perdita di colore. rimaste senza lavoro e spesso senza soldi Sempre il team straniero di Waters, Powell, o casa a causa dell’alluvione e cercavano Cains, Clarkson, insegnò un fissaggio del un’occupazione per continuare a vivere. colore davvero notevole. I nostri restaura- Pochissimi tra loro avevano qualche spe- tori, lo ricordiamo, erano per la massima cifica nozione, per cui il nostro lavoro fu parte assunti a quel lavoro in modo occa- di organizzare questa catena umana di non sionale e i pochi già del mestiere usava- professionisti che lavavano i libri, li cura- no tecniche antiquate. vano, li rattoppavano, li legavano e ricol- locavano sugli scaffali seguendo un ordi- ne di segnatura. Io stessa ero del tutto a di- Rattoppare le pagine di un libro giuno di che cosa significasse «restaurare» avendo fino ad allora prestato la mia ope- Se ad esempio si deve rattoppare delle pa- ra nel settore della soggettazione. Lo im- gine di un libro che hanno grosse lacera- parai sul luogo, nell’azione, lavorando,

233 mettendo in pratica i consigli preziosissi- dità della carta, la nascita di muffe e fun- mi dell’esperto team inglese. L’Inghilterra ghi sulla pagina), rischi di non vedere una era e forse è tutt’ora molto avanti a noi degradazione incipiente. È vero che si ap- nella conservazione. Con l’alluvione era- prendono sul posto queste competenze, vamo a digiuno di qualsiasi conoscenza ma una certa attitudine di base all’atten- pratica e tecnica nella conservazione del- zione di questi fattori ambientali e fisiolo- la carta. Dovevamo improvvisare con gici deve essere richiesta. Il bibliotecario quanto si sapeva superficialmente: ad non deve curare le muffe ma deve saper- esempio per rinforzare la carta si usavano le identificare: non si deve fare il medico pesanti velature e colla non reversibili. Era dei propri figli, ma essere pronti a consul- inoltre nostra consuetudine curare soltan- tare il medico se si sentono male. to i pezzi più importanti e rari, trascuran- Al di là delle Alpi, oltre all’Inghilterra, an- do del tutto il restante materiale. La cura che la Francia e la Germania hanno sal- era mirata soltanto ad opere-icona, non vato la loro identità in modo ecceziona- era a largo raggio, con la conseguenza che le. Quando cominciò il secondo conflitto le opere ritenute di maggior pregio erano mondiale, pensarono bene di riparare an- abbellite e sorvegliate, le altre erano pian zitutto i libri e le opere d’arte in luoghi im- piano offese dall’incuria e dal tempo. L’al- pensabili. Comunque è la cultura anglo- luvione ci insegnò a salvare anche il fo- sassone ad essere stata sempre maestra. glietto promozionale, perché la memoria L’Inghilterra non ha mai buttato via nulla, di una civiltà passa anche attraverso i ma- ha sempre conservato e conservato bene. teriali ritenuti di passaggio o minori. Inol- È considerata la patria d’eccellenza della tre – e fu una lezione che mettemmo a conservazione, perché ha conservato il frutto – i restauratori inglesi ci insegnaro- conservabile. Vi è anche una ragione sto- no che tutti i passaggi nel restauro devo- rica: gli inglesi non hanno avuto le nostre no essere reversibili. guerre, le nostre divisioni di potere, le vio- lente spartizioni e i predomini sempre mu- tanti come è accaduto nella penisola ita- Un concetto apripista lica. Anche nelle nostre terre vi sono luo- ghi di altissima concentrazione per i ma- L’idea della reversibilità fu un concetto teriali conservati: ad esempio, la Bibliote- apripista nella conservazione, perché si ca di Mantova è ricchissima perché i si- capì che ogni azione sul pezzo originale gnori dominanti furono illuminati e co- è per necessità invadente ma non deve es- struirono pian piano salvaguardandola una sere un’aggiunta incontrovertibile. In ogni biblioteca eccezionale. Non così si può di- momento occorre che il pezzo possa ri- re di Bologna, presso cui vi sono raccol- tornare alla sua originaria integrità. te stupende, ma sono state più acquisite La figura del bibliotecario conservatore si che costruite nei secoli: raccolte di spiri- è ampliata: non era necessaria soltanto una to universitario, tipicamente accademiche, competenza bibliografica – umanistica o dunque selettive. Mentre invece Modena scientifica che fosse – ma anche una con- possiede una grande Biblioteca di con- sapevolezza nella conservazione del ma- servazione perché i grandi signori della teriale. Un volume antico ha le sue ma- città emiliana, gli Estensi, erano come i lattie, come tutti i vecchi, e perciò deve es- Medici: acquistavano e poi, per prestigio, sere monitorato. Se non sei preparato sui rango sociale ed esibizione, tutelavano il dati che devi rilevare (ad esempio l’umi- materiale che avevano comprato. Firenze

234 La grande alluvione fin dall’età dei Medici ha raccolto e con- colpevole svista di costruire già dal 1911 servato sempre tutto. E infatti il suo giaci- la più grande biblioteca italiana proprio in mento librario è qualcosa di unico non in faccia al fiume. L’errore primo dell’idea- Italia ma nel mondo. tore, l’architetto Cesare Bazzani, fu proprio quello di costruire la biblioteca in quel punto. Le altre biblioteche non hanno L’errore di aver costruito subìto danni gravosi: la Marucelliana, la la Biblioteca in faccia al fiume Riccardiana, la Laurenziana, pur essendo nel centro storico di Firenze, non hanno Facendo la collazione dei libri del Fondo avuto perdite. Una delle consapevolezze Magliabechiano, scoprii che le alluvioni che sono sorte dopo l’alluvione è stata a Firenze sono state ricorrenti, ogni due o quella di non far affacciare sull’Arno – e trecento anni circa. Se guardi una stampa in genere su un elemento della natura da che riproduceva un’alluvione ottocente- noi non comandabile com’è un fiume – sca, puoi vedere la stessa chiesa di Santa opere o giacimenti di opere che possono Croce «galleggiante» sull’acqua come lo essere spazzati via dalla furia incontrolla- fu nel 1966, con la differenza che allora ta della natura. Adesso sembra un’ovvietà, c’erano meno ostacoli al deflusso dell’ac- ma tale non era per chi ha costruito la bi- qua, c’erano meno impedimenti a che il blioteca a ridosso del fiume. Nella Na- fango potesse ritrovare uno sbocco di ri- zionale proprio il Catalogo si trovava al torno verso l’Arno. Nel 1966, a causa dei piano terra e ha subìto danni enormi. Ac- maggiori intoppi che l’esondazione ha in- corsero bibliotecari da tutta Italia per aiu- contrato, il livello dell’acqua ha raggiun- tare a ricostruire l’organo principale di un to un’altezza più consistente e dunque la corpo librario. La conservazione inizia nel quantità di libri e opere danneggiate è sta- momento in cui una pubblicazione entra ta maggiore. Abbiamo dovuto restaurare in una biblioteca e si opera per renderla molti più libri anche perché, nonostante disponibile. Le biblioteche non sono han- Firenze fosse per morfologia una città al- gar, sono musei del pensiero e della pa- luvionale, gli architetti ebbero la grave e rola.

235 PER UN CENTRO DI DOCUMENTAZIONE VIRTUALE di Giulia Coco e Magnolia Scudieri

Un progetto di ricerca, promosso nell’ambito del cinquantennale dell’alluvione dal Comitato «Firenze2016», prevede il censimento del patrimonio storico artistico fiorentino colpito dall’alluvione, tramite la conservazione, la digitalizzazione e la conseguente valorizzazione e fruibilità dei materiali del fondo «Firenze alluvionata», giacente presso il Gabinetto Fotografico e l’Ufficio Restauri del Polo Museale Regionale della Toscana.

Censire il materiale sulla «Firenze quale possano essere consultabili imma- alluvionata» gini, notizie e documenti, relativi all’allu- vione, prodotti e conservati in archivi di- Dal 15 ottobre 2015, presso il Gabinetto versi della Soprintendenza, così da ren- Fotografico e l’Ufficio Restauri del Polo dere questa notevole documentazione, Museale Regionale della Toscana, è in cor- pressoché inedita o comunque poco no- so un progetto di ricerca, in particolare un ta, maggiormente fruibile e meglio orga- censimento del materiale fotografico ine- nizzata. Ciò inoltre, attraverso una digita- rente il patrimonio storico artistico fio- lizzazione, garantirà la conservazione dei rentino colpito dall’alluvione del novem- materiali, in particolare i negativi conser- bre 1966, reso possibile grazie a una bor- vati presso il Gabinetto Fotografico nel sa di studio assegnata dal Comitato «Fi- Fondo «Firenze alluvionata». renze2016». Questo progetto è concepito in un’ottica Il lavoro, svolto da chi scrive sotto la gui- di collaborazione con tutti gli enti ed isti- da di Magnolia Scudieri, responsabile del- tuti culturali, pubblici e privati, detentori l’Ufficio Restauri e referente del progetto, di opere d’arte alluvionate nel 1966. Una e di Marilena Tamassia, responsabile del collaborazione, questa, che si rende tan- Gabinetto Fotografico, ha come scopo to più necessaria a seguito delle trasfor- principale quello di contribuire alla crea- mazioni istituzionali che si sono susse- zione di un centro di documentazione nel guite nel tempo e che hanno favorito la

236 La grande alluvione frammentazione e la di- spersione degli archivi, con conseguenti diffi- coltà a tenere unito il percorso storico, con- servativo e documenta- rio delle opere d’arte. Il rapporto più stretto sarà con l’Opificio delle Pie- tre Dure, che detiene gran parte della docu- mentazione fotografica dei più importanti re- stauri delle opere allu- vionate e i cui saperi e professionalità ai tempi dell’alluvione coincide- vano con quelli del La- boratorio Restauri della Soprintendenza 1.

Un Centro di documentazione virtuale cumentari del Polo Museale Regionale del- condiviso la Toscana (Gabinetto Fotografico e Ar- chivio Ufficio Restauri) e dell’Opificio del- Una condivisione dei materiali ed una in- le Pietre Dure, ricchi di informazioni com- tegrazione dei dati raccolti permetterà, in- plementari, non rappresenta l’unico am- fatti, non solo di avere un quadro ancora bizioso obiettivo di questo progetto. più completo della situazione, rico- L’altra aspirazione del lavoro in corso, che struendo le vicende, nelle loro varie fasi, intende tracciare, dove possibile, la storia di alcune delle opere e degli ambienti conservativa di questo patrimonio violato, coinvolti, ma anche di valorizzare la con- gli interventi svolti e i loro protagonisti, dal nessione tra il settore fotografico e quello novembre 1966 ad oggi, è quella di rico- dei restauri, già fortissima nel 1966, quan- struire la successione degli eventi, a parti- do i due uffici, non a caso guidati dal me- re dalle immagini scattate agli ambienti e desimo direttore, Umberto Baldini, erano alle singole opere nei giorni dell’alluvione situati nello stesso edificio e strettamente e nei mesi immediatamente successivi al collegati, essendo la documentazione fo- disastro, ripercorrendo – almeno nei casi tografica dei lavori compiuti presso il La- più significativi – le varie fasi: dagli inter- boratorio un indispensabile strumento per venti d’urgenza alle prime misure conser- l’attività di restauro. vative, passando per quelle intermedie, fi- La creazione di un Centro di documenta- no al completo restauro. Una ricostruzio- zione virtuale condiviso, nel quale con- ne necessariamente parziale, che non sarà fluisca l’immenso patrimonio di immagi- possibile per tutte le oltre 1500 opere d’ar- ni e informazioni sulle opere alluvionate te alluvionate, ma che potrà rappresenta- contenute negli archivi fotografici e do- re, attraverso «casi di studio» e campioni

237 significativi, quanto è stato fatto in questi lezza che ancora molto doveva essere fat- cinquant’anni, diventando anche materia- to, anche relativamente ad opere di gran- le utile ai fini di mostre documentarie. de importanza 3. Quella mostra fu occa- sione per richiamare l’attenzione sul pro- blema e cercare nuovamente la parteci- Fin dai primi drammatici momenti… pazione di tutti al risarcimento dei danni.

Sin dai primi drammatici momenti di quel novembre 1966 l’impegno di funzionari e Salvati dalle acque restauratori della Soprintendenza per il sal- vataggio delle opere d’arte e dei luoghi L’ attività di restauro è continuata nel de- colpiti dalle acque fu, come noto, altissi- cennio successivo e nel 2006, a qua- mo e ben testimoniato dalle molte imma- rant’anni dall’alluvione, l’Ufficio Restauri gini relative ai primi interventi di messa in della Soprintendenza curava una nuova sicurezza e soccorso del patrimonio, gran mostra, stavolta concentrata sul patrimo- parte delle quali sono conservate presso il nio delle cosiddette arti minori: Piccoli Gabinetto Fotografico. Questo sforzo, si- grandi tesori alluvionati. Un patrimonio lenzioso ma costante, ha prodotto negli da non dimenticare, ospitata presso il Mu- anni e nei decenni successivi, anche gra- seo di San Marco. In quell’occasione si zie alla fondamentale collaborazione del- volle rendere pubblica la generosa rispo- l’Opificio delle Pietre Dure e di generosi sta dei fiorentini – privati, artigiani del set- restauratori privati, risultati sempre più nu- tore, associazioni culturali, scuole di re- merosi e importanti, regolarmente pre- stauro private – all’appello lanciato nel sentati al grande pubblico già tra il 1967 1996. Si esposero, infatti, sculture lignee e il 1968 al Museo Nazionale del Bargel- e molti oggetti e arredi liturgici, già se- lo, con l’esposizione curata da Luciano gnalati nella precedente mostra Salvati dal- Berti e Cristina Aschengreen Piacenti, nel le acque, che erano stati, nel frattempo, 1972 con la mostra Firenze restaura, alle- «adottati» e restaurati gratuitamente. L’e- stita per i 40 anni di attività del Gabinet- sposizione voleva così sottolineare la sen- to Restauri, e poi a partire dal secondo de- sibilità dimostrata dalla cittadinanza ver- cennale dell’alluvione, attraverso pubbli- so la necessità di recuperare anche il pa- cazioni ed esposizioni relative alle opere trimonio cosiddetto «minore» e mostrare, via via restaurate 2. Nel 1986 Palazzo Vec- attraverso i notevoli risultati ottenuti, quan- chio ospitò la mostra Capolavori e restau- to fosse importante per la nostra storia riac- ri, curata da diversi istituti operanti nel set- quisire anche questa tipologia di oggetti. tore del restauro, nella quale erano presenti La mostra fu corredata da un catalogo nel dipinti ed altre tipologie di manufatti al- quale si pubblicava per la prima volta, a luvionati; dieci anni dopo la Soprinten- cura di Francesca Fiorelli Malesci, Gli al- denza fiorentina, in particolare Cristina luvionati, ovvero l’elenco delle opere d’ar- Acidini, Magnolia Scudieri e Monica Biet- te mobili del territorio colpite dall’allu- ti, curavano, nella Sala d’Arme di Palazzo vione, stilato nei giorni, nelle settimane e Vecchio, la mostra Salvate dalle acque. nei mesi immediatamente successivi al 4 Opere d’arte restaurate e da restaurare a novembre 1966. L’elenco, compilato ma- trent’anni dall’alluvione, dando conto di nualmente nell’emergenza del momento alcuni dei principali restauri compiuti fi- – e come tale soggetto a errori e impreci- no a quel momento, con la consapevo- sioni – fu, in occasione della sua pubbli-

238 La grande alluvione cazione, riordinato, sistematizzato e ag- 2006. L’urgenza dell’operatività ha rin- giornato, cercando di fotografare al 2006 viato un lavoro di ricerca sui fondi foto- la situazione delle opere restaurate e del- grafici e archivistici che può colmare le la- la loro ricollocazione nei luoghi d’origine cune esistenti nelle vicende conservative o presso i depositi della Soprintendenza 4. di questo genere di opere e offrire, come Contemporaneamente, lo stesso Ente di auspichiamo, un panorama più completo tutela dava conto dei restauri compiuti tra delle loro storie. il 2002 e il 2006 alle opere e alle chiese A distanza di tanti anni, infatti, gli archivi della città e delle zone circostanti, attra- della Soprintendenza possono ancora for- verso schede compilate dai funzionari di nire un’incredibile quantità di materiali re- territorio, mentre nel 2010 Marilena Ta- lativi all’alluvione, al momento non frui- massia curava la piccola ma significativa bili, quasi tutti da studiare e da ricollega- mostra dedicata alle fotografie dell’allu- re alle situazioni, ai luoghi, alle opere, ai vione e, un anno dopo, nel primo nume- personaggi e alle documentazioni esisten- ro dei «Quaderni dell’Ufficio e Laborato- ti in altre sedi. È questo il caso dei circa rio Restauri della Soprintendenza», Mar- 6000 negativi del Fondo «Firenze alluvio- co Marchi, Antonella Nesi e Maria Grazia nata», conservati presso il Gabinetto Foto- Vaccari presentavano i risultati di uno dei grafico 6, ricchissima documentazione sto- restauri più complessi, lunghi e particola- rica che la presente ricerca ha come obiet- ri condotti su un’opera alluvionata: il mo- tivo primario di valorizzare, non solo ren- numentale Modello ligneo della Chiesa di dendola fruibile alla collettività, attraverso San Firenze, già esposto a San Marco nel la sua digitalizzazione, ma anche identifi- 2006 a intervento quasi concluso 5. candone e interpretandone i contenuti. La prima operazione che ci è sembrato utile attuare per avere una mappatura re- 6000 negativi in attesa di lativa alla quantità e alla tipologia dei ma- valorizzazione teriali è stata quella di verificare la consi- stenza dei negativi, utilizzando l’inventa- Cosa resta ancora da fare dopo mezzo se- rio cartaceo del Fondo redatto all’epoca, colo di incessante attività? Nonostante sia- oltre al numero e al contenuto delle stam- no innumerevoli i restauri compiuti sul pa- pe fotografiche esistenti, tratte dagli stessi trimonio alluvionato ci sono ancora ope- negativi 7. Queste ultime, conservate in re, soprattutto arredi sacri e oggetti di «ar- scatoloni suddivisi secondo un criterio to- te minore», che aspettano di essere recu- pografico, sono in quantità nettamente in- perati e restituiti agli originari luoghi di feriore rispetto ai negativi, probabilmente appartenenza. Per avere, tuttavia, un qua- perché in gran parte non sono state svi- dro completo di quanto è stato fatto e di luppate e in qualche caso sono andate for- quanto resta ancora da fare, occorre ef- se perdute o confluite nell’archivio del- fettuare la ricognizione dei dati informa- l’Opificio delle Pietre Dure 8. tivi e la loro collazione, come già indica- to. La grande mole di materiale prodotto in questi decenni necessita, inoltre, di una Operazioni preliminari verifica sulla correttezza dei dati degli elenchi stilati nel 1966 e di un aggiorna- La revisione dell’inventario e la progressi- mento della situazione, dopo le fonda- va scansione dei negativi sono operazioni mentali puntualizzazioni e ricerche del preliminari quanto fondamentali per la co-

239 noscenza di questa vastissima documen- di identificare il più possibile correttamente tazione iconografica, materiale prezioso persone, opere e luoghi, questi ultimi non per capire l’entità dei danni subiti, rin- indicati nelle immagini di David Lees. Le tracciare le principali personalità che ope- situazioni di emergenza e la particolare rarono in quei giorni e identificare le ope- condizione delle opere al momento in cui re d’arte colpite. I negativi, infatti, raffigu- furono fotografate (tavole velinate, arredi rano non solo manufatti artistici ma anche sacri infangati e raggruppati senza un cri- interni di chiese, musei, locali della So- terio o situazioni di lavoro nelle quali le printendenza danneggiati dall’alluvione, persone non sono propriamente in posa) vedute della città in quei drammatici gior- restituiscono perfettamente la situazione ni, operazioni di primo soccorso al patri- della città e del patrimonio in quei mo- monio cittadino, oltre all’attività dei re- menti ma rendono particolarmente diffi- stauratori nei mesi immediatamente suc- coltoso il riconoscimento. Qualche risul- cessivi al novembre 1966. Si tratta, dun- tato, in questo senso, è stato comunque que, di immagini dall’alto valore docu- già raggiunto, anche se al momento non è mentario più che artistico, scatti realizza- possibile prevedere quanto materiale po- ti sul momento, allo scopo di documenta- trà essere identificato e in quali tempi. re la situazione della città e del patrimo- Data la grande quantità di negativi, inven- nio artistico, con tutta l’urgenza e le diffi- tariati secondo un numero progressivo ma cili condizioni della situazione (molte del- senza un criterio specifico, e la moltepli- le apparecchiature del Gabinetto Fotogra- cità di soggetti e luoghi fotografati, al fine fico erano state danneggiate dalle acque), di dare un metodo e dei parametri di base su pellicole 6x6, che permettono di agire che orientassero l’andamento del lavoro, si più velocemente nel lavoro di ripresa. è proceduto organizzando le immagini se- condo un criterio topografico, che ha per- messo di suddividere le foto per chiese, Al fine di dare un metodo musei e istituzioni cittadine e del territorio.

Dopo questa prima ricognizione si è de- ciso di procedere con la digitalizzazione Un archivio fotografico continuamente dei negativi, scansionandoli ad alta riso- aggiornabile luzione, e con la loro schedatura nel da- tabase del Gabinetto Fotografico, opera- Si è quindi iniziato col compilare un in- zione questa, che richiede una identifica- dice dei luoghi colpiti, ricavato dall’elen- zione dei soggetti, dei luoghi e delle si- co delle oltre 1500 opere alluvionate pub- tuazioni rappresentate agevolata solo in blicato nel 2006, poi si sono individuati parte dal sintetico inventario, redatto tra il alcuni luoghi rappresentativi, per diverse novembre 1966 e il febbraio 1968 9. Im- motivazioni, da prendere in considera- prescindibile punto di riferimento e di par- zione per primi e quindi, dall’intero in- tenza, questo strumento è infatti molto ge- ventario dei negativi conservati al Gabi- nerico, talvolta non del tutto corretto e netto Fotografico, si sono estrapolate le spesso non fornisce le indicazioni princi- immagini relative ai siti prescelti, così da pali relative al soggetto rappresentato, li- averle riunite luogo per luogo. Attualmente mitandosi a indicare il luogo raffigurato o (gennaio 2016) sono state inserite oltre di conservazione dell’opera fotografata. La 1300 schede nel database e sono stati difficoltà, spesso, consiste nella necessità scansionati oltre 1200 negativi e le 35

240 La grande alluvione stampe di Lees. Si è conclusa, inoltre, la condo un criterio topografico, presso l’Uf- scansione e la schedatura delle immagini ficio Restauri. Ad esso potrà essere fatto ri- appartenenti ai primi nuclei scelti: due ferimento in un database, in attesa della chiese di Oltrarno (San Niccolò Oltrarno possibile ricostruzione virtuale completa e Santa Felicita) e quattro della sponda op- dell’intera documentazione. posta (SS. Apostoli, Oratorio di San Nic- L’indispensabile raccolta e riordino del colò al Ceppo, Ognissanti e San Giusep- materiale fotografico per nuclei (scan- pe), due musei piccoli e non statali (Mu- sione e schedatura dei negativi), che ci seo di Casa Buonarroti e Museo Horne) e proponiamo di realizzare mira, dunque, un museo grande e statale come il Museo a creare un grande archivio iconografico Nazionale del Bargello. Sono dunque in digitalizzato, un vero e proprio work in corso il riscontro presso l’Ufficio Restau- progress, continuamente aggiornabile, ri e la digitalizzazione del nucleo relativo data la possibilità di integrarlo, arric- ai locali della Soprintendenza. chirlo, correggerlo e migliorarlo con sem- La ricostruzione della documentazione pre nuove e diverse informazioni prove- esistente sulle vicende conservative delle nienti dalle più svariate sedi. Ciò con- singole opere alluvionate nei luoghi pre- sentirà, inoltre, la possibilità di organiz- scelti (e via via in tutti gli altri) potrà es- zare le immagini in differenti categorie, sere, infatti, integrata, e auspicabilmente consentendo i più diversi temi di ricerca, completata dove possibile, dal materiale con criteri alternativi a quello topografi- fotografico e cartaceo relativo all’iter di co, a seconda delle esigenze e degli in- restauro delle opere, che è conservato, se- teressi del momento.

1 L’Opificio delle Pietre Dure divenne una autono- 4 Piccoli grandi tesori alluvionati. Un patrimonio da ma scuola di alta formazione e centro di eccellenza non dimenticare, Catalogo della mostra a cura di M. nel restauro, indipendente dal Laboratorio Restauri Scudieri, M.G. Vaccari, F. Fiorelli Malesci, Sillabe, Li- della Soprintendenza, soltanto nel 1975. Cfr. il con- vorno 2006, in part. «Gli Alluvionati». Elenco delle tributo di Irene Foraboschi ed Anna Mieli e quello di opere alluvionate, a cura di F. Fiorelli Malesci con la Marco Ciatti in questo volume. collaborazione di A. Rensi ed E. Prandi, pp. 34-78. 2 Catalogo della mostra di restauri a sculture e og- 5 A quarant’anni dall’alluvione. Restauri 2002-2006, getti d’arte minore, a cura di L. Berti, L. Boccia, O. a cura della Soprintendenza per il Patrimonio Stori- Caprara, Firenze 1967; Firenze restaura. Guida alla co, Artistico ed Etnoantropologico per le province di mostra, a cura di U. Baldini, P. Dal Poggetto, Firen- Firenze, Pistoia e Prato, Firenze 2006; 4 novembre ze 1972. Tra il 1968 e il 1970 varie capitali europee 1966. Fotografie dell’alluvione a Firenze, Catalogo e la città di New York ospitarono mostre di affreschi della mostra a cura di M. Tamassia, Livorno 2010; staccati, mentre nel 1982 l’esposizione La Città de- M. Marchi, A. Nesi, M.C.G. Vaccari, Vicende di un gli Uffizi ospitò una sezione, a cura di Giorgio Bon- recupero straordinario: il modello della chiesa di San santi, nella quale si denunciava quanto lavoro dovesse Firenze, in «Quaderni dell’Ufficio e Laboratorio Re- ancora essere fatto per il recupero del patrimonio al- stauri della Soprintendenza di Firenze», a cura di M. luvionato; nello stesso anno l’Opificio delle Pietre Scudieri, M. G. Vaccari, n.s. 1, Livorno 2011, pp. Dure allestì, a Palazzo Vecchio, la mostra Metodo e 59-65. scienza, nella quale furono presentate alcune opere 6 Cfr. 4 novembre 1966, cit., pp. 7-11. alluvionate restaurate. Per una sintesi di tutte le mo- 7 Firenze, Gabinetto Fotografico, Inventario 134000- stre, iniziative e pubblicazioni realizzate dal 1966 ad 140037. oggi, cfr. M. Scudieri, M. Bietti, … Ed è sempre emer- 8 Gli scatoloni individuati sono 11. Tra questi uno genza, in Salvate dalle acque. Opere d’arte restau- contiene le immagini scattate tra il novembre e il di- rate e da restaurare a trent’anni dall’alluvione, Cata- cembre 1966 dal fotografo americano David Lees logo della mostra a cura di C. Acidini, M. Scudieri, per «Life» e da lui donate al Gabinetto Fotografico. M. Bietti, Firenze 1996, pp. 10-16 e il testo di Cri- 9 Nella scheda si indicano i dati principali della fo- stina Acidini nel presente volume. tografia (misura, autore e data dello scatto, b/n) e del 3 Capolavori e restauri, Catalogo della mostra, Fi- soggetto rappresentato (luogo, tipologia di soggetto. renze 1986; A. Paolucci, Il laboratorio del restauro Autore, datazione, materia e tecnica nel caso di ope- a Firenze, Torino 1986; Salvate dalle acque, cit. re d’arte, con uno spazio per eventuali note).

241 SANTA CROCE: UNA MEMORIA CHE SI FA GUIDA PER L’AZIONE di Giuseppe De Micheli

Tutto, nella Basilica di Santa Croce, è memoria che si fa monumento. Così accade anche per la memoria delle alluvioni che l’hanno afflitta nel corso dei secoli, le cui tracce sono rimaste impresse in pietre, documenti e opere d’arte, delle quali il Cristo dipinto dal Cimabue rappresenta la testimonianza simbolica più alta. Il legno di questa croce diventerà, infatti, il simbolo stesso delle devastazioni prodotte dall’alluvione del 1966, per i danni che esso ricevette e per come è stato possibile restaurarlo. Il percorso per la riorganizzazione della Basilica e la messa in sicurezza delle opere d’arte ha preso da lì le mosse, guidato dalla consapevolezza che, se la memoria diventa guida ragionata per l’azione, essa può trasformarsi in impegno per il presente e in garanzia di tutela del nostro patrimonio artistico per il futuro.

Tempi storici e tempi meteorologici aleatorie di quanto è in uso consentito al- l’essere umano. Le alluvioni, come ricorsi della storia e Nell’ultimo decennio del Tredicesimo se- non come imprevisti della cronologia, so- colo, per prevenire gli effetti di quei fre- no quanto sta segnato nelle pietre di que- quenti diluvi che l’Arno provocava alle sto Tempio della memoria. Fatti, cronache strutture e alle attività del nuovo popolo e storia diventano, in Santa Croce, monu- di Firenze, fu dato inizio all’edificazione menti. Del passato ci rimangono, così, me- dell’attuale Basilica in una posizione no- morie fossili, lapidee, pietrificate, meno tevolmente più elevata, rispetto alla sot-

242 La grande alluvione tostante chiesa di pochi decenni precedente. Cinque alluvioni nella seconda metà del Due- cento avevano finito per suggerire una scelta che potesse prevenire l’e- mergenza, quella sem- pre inattesa ma preve- dibile di una nuova inondazione. Di lì a poco, sarà la cro- naca del 1333 di Gio- vanni Villani a descrive- re il diluvio capitato in quell’anno il 4 di no- vembre: «Per l’alza- mento fatto del letto del- l’Arno, per la cattiva provvidenza del Comu- ne di lasciar alzare le pescaie a quelli che avevano i mulini sul fiume, la città fu più stanza di sette secoli da quando venne tra- allagata e con maggior danno del prece- sportato sulle acque dell’Arno dai boschi dente diluvio; ma a chi vuol male, Dio to- di pioppo del Casentino per essere dipin- glie la ragione». to, come una manifestazione ultima del- Da allora, ogni secolo ha vissuto le ricor- l’Apocalisse. Per la sua resurrezione, per il renze di un diluvio, frutto di impazzimenti recupero di quanto fu possibile recupera- fluviali quanto di improvvidenza umana. re, prese nuova vita e scienza quel centro E da allora, per quanto nuovamente ac- di restauro che è oggi l’Opificio delle Pie- caduto, difficilmente potremmo attribuire tre Dure. E divenne, questa, l’occasione di un valore simbolico più alto di quel che salvezza di infinite altre opere d’arte. sta racchiuso nella parabola del Crocifis- so dipinto da Cimabue. Per la francescana Santa Croce, l’opera fu Il punto di convergenza di un dramma creata come suo primo simbolico vessillo: una grande croce pensata, prima che co- Saranno le parole di Umberto Baldini, con me oggetto devozionale, come testimone i suoi silenzi intercalati, come in un testo di un percorso, di una missione, di un im- di teatro dove reale e surreale converga- pegno militante col Cristo non più dipin- no, a descrivere quanto Santa Croce, con to alla maniera bizantina, distaccato, regale la sua croce, sia stata punto centrale di e trionfante, ma come uomo sofferente e convergenza del dramma di quelle ore: morente, partecipe di una sorte comune «Cimabue moriva. E si portava dietro, via agli altri comuni mortali. Il legno di que- via che si andava frugando tra musei e sta croce diventerà simbolo di quella che chiese, intere centurie di opere d’arte of- apparve, nel novembre del 1966, a di- fese, spaccate irriconoscibili, sulle quali il

243 fango, l’acqua, la nafta, avevano infierito pazientemente un centinaio, ma ahimè senza distinzione, in un folle abbraccio di solo di pochi millimetri), mentre altri grup- morte. Cimabue moriva. Quella specie di pi provvedevano al distacco dalle pareti entusiasmo volontaristico che mi aveva e di tutte le altre opere del museo, dove nul- ci aveva sorretto per quarantotto ore e più; la, assolutamente nulla, era stato rispar- forse anche la convinzione orgogliosa che miato». mi faceva e ci faceva un po’ fieri di esse- Prosegue Baldini col lungo censimento re stati presenti al momento del dramma delle vittime: Taddeo Gaddi, Maso di Ban- e di avere compiuto fino in fondo il no- co, Orcagna, Lorenzo di Niccolò, Bicci di stro dovere nell’opera di salvataggio; quel- Lorenzo, Domenico Veneziano, Carlo Por- la tensione dell’inedito che ancora non mi telli, Francesco Salviati, Battista Naldini, faceva e non ci faceva riflettere e som- Cigoli, Alessandro Allori, Giorgio Vasari, mare, perché non c’era sosta da fare, crol- Ridolfo del Ghirlandaio, Bronziono, San- larono d’un tratto. Il Cristo quasi ormai ti di Tito, Stradano, Domenico di Miche- senza volto, quasi ormai senza corpo, era lino, Bugiardini, Bernardo Daddi, Ugoli- ancora eretto sul suo alto supporto che no Lorenzetti, Andrea del Brescianino, Ne- aveva resistito alla furia delle acque; ma ri di Bicci, Giovanni del Biondo e, anco- la carne, la sua epidermide dipinta, ai mar- ra, le opere lapidee, le statue, le pitture gini bianchi degli squarci sull’imprimitu- murali, gli arredi lignei. ra e sulla tela, era come devastata da un’e- Infine, ancora Baldini: «Basterebbe solo splosione, accartocciata, sollevata, come Santa Croce, dunque, a dire la gravità del- ustionata, a brandelli che sembravano do- le perdite e dei danni subiti dal nostro pa- vessero ancora cadere da un momento al- trimonio artistico, solo Santa Croce per l’altro. Gli uomini che erano con me non farci sentire tutta la tragicità di quanto è parlavano: mi guardavano, attendevano, accaduto. E invece non era che una pic- pronti all’inizio del lavoro. Ma non fu che cola parte di quanto aveva sofferto l’arte silenzio: non udirono la mia voce; videro a Firenze». solo lacrime (e furono le prime) sul mio volto, così come le rividero poco dopo su quello pallidissimo di Procacci che tor- Una messianica attesa di prognosi nava lì per la seconda volta, a incontrar- mi, a rivedere, quasi che la sua prima vi- Lunghi decenni sono seguiti a quel 4 no- sione del Cristo squarciato potesse modi- vembre del 66, con grandi opere di San- ficarsi, non equivalesse ancora alla più do- ta Croce ad occupare gli spazi dei labo- lorosa delle realtà. Furono gli studenti a ratori di restauro dell’Opificio delle Pietre rompere il silenzio: “Se piange lei, mi dis- Dure, nella messianica attesa di progno- se uno, noi che si fa?”. E si iniziò la di- si, di tecniche adeguate e di risorse fi- scesa della Croce. Lenta e complessa, pe- nanziarie; altre sue parti, invece, disperse santissima: dalle otto alle tre del pome- tra depositi di Soprintendenza, insieme a riggio, in sette ore di duro lavoro, con i innumerevoli opere orfane di provenien- mezzi e i materiali che si potevano repe- za e di storia. rire sul posto (si trovò anche un colino da A tempi recenti ci avvicina, invece, l’e- tè per setacciare tra il fango nella vana ri- sercitazione svolta nella ricorrenza del cerca di qualche frammento di colore che trentennale dell’alluvione. Nel 1996, le ancora potesse essere recuperabile nella attività di protezione civile furono l’occa- zona circostante la base; e Masini ne cavò sione fortunata per il recupero in Santa

244 La grande alluvione

Croce di un legno dipinto che Beatrice nella grande sagrestia della Basilica ven- Paolozzi Strozzi, allora funzionaria di zo- ne portata a termine nel dicembre 2013; na della Soprintendenza, aveva fatto ri- nel maggio 2014, altre grandi opere furo- porre, con profetica cautela, in deposito no collocate in spazi attigui alla Basilica. dopo le movimentazioni svolte: nel de- A sottolineare il senso di quelle operazio- cennio successivo, la lunga trave ancora ni fu chiamato il capo Dipartimento del- coperta di fango apparirà essere quella la Protezione Civile, Franco Gabrielli, che predella considerata ormai perduta e di- ebbe parte importante nel testimoniare in pinta dal Bronzino che fu parte dell’alta- quell’occasione quanto la cultura del- re per il quale lo stesso dipinse la Disce- l’impegno civile dovrebbe essere di rego- sa di Cristo agli Inferi. la un pre-occuparsi degli scenari possibi- Una successiva ricorrenza segnerà, infi- li, un fare prima, un farsi coinvolgere per ne, l’avvio di una fase di convinta acce- non farsi travolgere. lerazione verso momenti conclusivi delle lunghe attese, delle intenzioni espresse, dei progetti mai riusciti a realizzare. Nel Verso la gestione di una memoria del 2006, il ritorno nel Museo dell’Opera di futuro otto importanti capolavori restaurati ven- ne accompagnato da nuove simulazioni di Testimoni muti di queste vicende in San- scenari di emergenza che confermarono ta Croce, due figure ricordano, con i loro un’oggettiva distanza tra le competenze monumenti, quanto la Firenze ancora acquisite nel settore riparativo del restau- granducale già avesse considerato emer- ro e la cultura del rischio, le pratiche or- genze e filosofie idrauliche: Vittorio Fos- dinarie e i piani per la conservazione e tu- sombroni e Pio Fantoni, scienziati che sul- tela del patrimonio. Nella consapevolez- la cultura del territorio fondarono fama e za di tempi di preallerta realisticamente ri- risultati storici. stretti, si moltiplicheranno, negli anni se- Quanto ancora di opere d’arte è da recu- guenti, incontri e propositi nuovi. Nel perare lascia oggi, in parallelo, la rifles- 2010 viene controfirmato, presso la Pre- sione da farsi sulle condizioni per una ef- fettura di Firenze, un protocollo di inten- ficace manutenzione della memoria. Qua- ti tra le principali realtà ed istituzioni fio- li percorsi narrativi possano far vivere at- rentine per la stesura di piani di emer- tivamente questa enciclopedia di pietra genza e protezione delle opere d’arte. San- che è il complesso di Santa Croce, luogo ta Croce ne farà conseguire la compila- memoriale illustre dell’identità di una co- zione di un inventario delle proprie ope- munità costruita sulla geografia del suo re esposte ed a rischio esondazioni, con territorio e quali le forme, gli strumenti e registrazione dei sistemi di aggancio, dei gli spazi per far comprendere in che mi- loro livelli di posizionamento, dei pesi sti- sura la cronaca sia materia prima della mati, delle priorità, della effettiva loro mo- storia: questi gli aspetti di funzione di un vimentabilità. Sarà questo il momento ul- luogo che è, di per sé, museo diffuso del- timo di presa d’atto di quell’unica prag- le sue secolari vicende e non solo conte- matica soluzione che condurrà al defini- nitore prestigioso di inestimabili opere. Il tivo trasferimento in area più elevata del- ricordo come ragione di azione rimane, in le opere custodite da oltre un secolo nel buona sintesi, una prospettiva concreta di Museo dell’Opera. La nuova collocazio- impegno presente e una garanzia di tute- ne in sicurezza del Crocifisso di Cimabue la per il nostro futuro.

245 IL «PROGETTO ALLUVIONE» ALL’ARCHIVIO DELL’OPIFICIO DELLE PIETRE DURE di Irene Foraboschi e Anna Mieli

Un «Progetto Alluvione», presso l’Archivio Restauri e Fotografico dell’Opificio delle Pietre Dure a Firenze, per mettere in sinergia tutti gli operatori impegnati nell’opera di razionalizzazione dell’attività organizzativa nella conservazione dei documenti, che risale agli anni Trenta del Novecento, ma che si trovò, e si trova, a fronteggiare un carico di lavoro enorme a seguito dell’alluvione del 66. E la creazione di un sito Web, implementabile nel tempo, per mettere a disposizione di un pubblico più vasto possibile le informazioni e le immagini relative alle opere alluvionate.

Una mole di lavoro di proporzioni cumenti si può far risalire a circa la metà gigantesche degli anni Trenta dopo la Iª Conferenza In- ternazionale sul Restauro di Roma e a se- L’Archivio Restauri e Fotografico dell’Opi- guito delle direttive emanate dalla Com- ficio delle Pietre Dure è costituito da un missione speciale dell’Office International aggregato documentario di notevole im- des Musées 2. Dal 1975, con la nascita del portanza per la qualità e la quantità del moderno Opificio è proseguita, senza so- materiale, rappresentato da immagini, re- luzione di continuità, un’attività di archi- lazioni di restauro, verbali, perizie ed elen- viazione che si era già evoluta sul finire de- chi 1. L’inizio di una razionale attività or- gli anni Cinquanta, secondo canoni più ganizzativa nella conservazione dei do- attuali, per volontà di Umberto Baldini.

246 La grande alluvione

Dall’Alluvione e l’emergenza ad essa se- Il sito Web guita scaturì, per l’archivio, l’esigenza di far fronte ad una mole di lavoro di proporzio- Successivamente, verrà costruito un sito ni gigantesche, paragonabili solo alle con- Web implementabile nel tempo, che per- seguenze di una guerra, come testimonia metterà di mettere a disposizione, trami- la stessa documentazione prodotta fin dal- te uno strumento di divulgazione univer- l’arrivo delle opere alluvionate nei centri sale come il Web, tutte le informazioni e di raccolta. Infatti, al di là del tentativo di le immagini relative alle opere alluviona- creare un fondo speciale per gli «alluvio- te, coinvolgendo un pubblico il più vasto nati», abbiamo in realtà una quantità di possibile, che va dal semplice cittadino opere ancora in corso di identificazione, genericamente interessato, agli studenti, sfuggite per vari motivi all’inventariazione agli storici dell’arte e ai restauratori. o restaurate negli anni successivi e quindi Al momento sono stati presi in esame i con un numero identificativo (G.R.) assai 1500 numeri degli «alluvionati ufficiali», più alto di quelli (5001-6500) tradizional- gli affreschi privi di numero di G.R. ed è mente riconducibili all’alluvione. in corso la ricognizione di un fondo pre- Il progetto dell’Opificio «Ricostruzione del- valentemente fotografico in cui si ritiene le dinamiche di sviluppo nel settore del re- di poter individuare documentazione, sep- stauro dei beni culturali a seguito dell’allu- pur lacunosa, di opere rimaste nell’om- vione di Firenze del 1966» mira in una pri- bra. Sono stati inoltre censiti circa 16.000 ma fase a fare un punto definitivo di tutti i positivi, mentre è in corso di digitalizza- restauri eseguiti dal Gabinetto Restauri e zione il fondo di diapositive a colori, il poi dall’Opificio delle Pietre Dure. Preve- cui numero non è ancora certo. de infatti: la ricognizione di tutte le opere Per poter razionalizzare il lavoro di tutti restaurate nel corso di questi cinquant’an- i partecipanti al «Progetto Alluvione» è ni; la raccolta di tutta la documentazione stata avanzata la proposta di lavorare in esistente sui restauri (relazioni, appunti, pe- sinergia al fine di evitare inutili repliche rizie, verbali di consegna e immagini); la ri- o dispersioni di informazioni. Sarebbe cognizione e digitalizzazione delle diapo- augurabile, infatti, che venisse creata una sitive a colori e di fotografie, prevalente- «piazza» virtuale in cui tutti i parteci- mente in bianco e nero; la creazione di un panti al progetto possano aggiornare i database in cui vengano via via inseriti tut- colleghi sullo stato di avanzamento dei ti i dati delle opere alluvionate rintraccia- lavori. bili nell’Archivio OPD, con collegamenti Terminata la fase di raccolta e pubblica- ipertestuali a una scheda creata per cia- zione dei dati ne dovrà cominciare una fi- scuna opera, nella quale convergano tutti i nalizzata allo studio dell’evoluzione del- dati di restauro reperiti e una normalizza- le tecniche di restauro applicate alle ope- zione dei dati identificativi originari. re alluvionate, dal 1966 ad oggi.

1 L. Di Mucci, A. Mieli, S. Giordano, E pluribus unum. 2 A. Mieli, I. Foraboschi, Della mancata istituzione I fondi documentari dell’antico e del moderno Opi- di un Gabinetto di Pinacologia a Firenze … Sulle ficio delle Pietre Dure, OPD Restauro 25 (2013), p. tracce del Gabinetto Restauri, OPD 26 (2014), p. 355. 376-378.

247 LA LUNGA MARCIA DELL’ARCHIVIO DI STATO di Loredana Maccabruni

Il 4 novembre 1966 anche l’Archivio di Stato, all’epoca situato nella sede degli Uffizi, fu invaso dalle acque, che sommersero sette chilometri di scaffalature comprendenti circa 70.000 documenti risalenti fino al XIII secolo. Un danno enorme a un patrimonio storico e culturale di inestimabile valore. La nuova sede di piazza Beccaria, progettata per resistere alle periodiche piene dell’Arno, fu inaugurata nel 1989 e ha al suo interno un moderno laboratorio che ha finora restaurato il 65% dei documenti recuperati. La scarsità dei finanziamenti ha limitato la prosecuzione e il completamento delle opere di protezione dell’edificio, ma adesso è in arrivo uno stanziamento ministeriale, del 2015, finalizzato alla conclusione dei lavori di restauro.

La vasta gara di solidarietà mondiale stato istituito fino dal 1852 dal granduca Leopoldo II d’Asburgo Lorena. Non tutti A Firenze, il 4 novembre 1966, anche l’Ar- sanno che tutto il piano terreno, i mezza- chivio di Stato fu tra gli istituti culturali nini e il primo piano degli Uffizi, da via che, per l’ubicazione più prossima all’Ar- della Ninna alla Loggia dei Lanzi, erano in- no, subirono maggiormente i danni del- teramente occupati dalla documentazio- l’acqua al preziosissimo patrimonio docu- ne storica di oltre 600 fondi archivistici, dal mentario ivi conservato. All’epoca, infatti, tempo del Comune di Firenze e della Re- era situato nella sede degli Uffizi, dove era pubblica fiorentina (secc. XIII-XIV), al Gran-

248 La grande alluvione ducato toscano medi- ceo e lorenese (secc. XV-XIX), al Regno d’I- talia e Repubblica ita- liana (secc. XIX-XX). Le acque invasero ben 40 sale del piano terreno, sommergendo sette chi- lometri di scaffalature che comprendevano circa 70.000 documen- ti, risalenti fino al XIII secolo, di inestimabile valore per la storia e la cultura universale, fra i quali Capitano del Scongiurare il pericolo della Popolo, Podestà, Nove Conservatori del dispersione delle carte dominio e della giurisdizione fiorentina, Magistrato dei Pupilli, Otto di Guardia e L’evento dell’alluvione del 66 funse infat- Balia, numerosi archivi di Compagnie e ti da stimolo a nuove sperimentazioni e ri- Conventi soppressi (diversi contenenti do- cerche di alto valore scientifico nel cam- cumenti millenari) e inoltre l’ottocentesco po del restauro dei documenti, e si deve Catasto Generale Toscano, e fondi conte- proprio a questo evento la creazione del nenti antiche piante, come quello dei Ca- primo Laboratorio di restauro presso l’Ar- pitani del Bigallo, etc.. L’Archivio di Stato chivio di Stato di Firenze, che si è poi spe- conservava già allora 60.000 metri di do- cializzato e sviluppato come uno dei più cumentazione (oggi sono 80.000), e quin- importanti in Italia. Allora contribuirono di ne era stato danneggiato il 10%. La va- al restauro dei preziosi documenti dan- sta gara di solidarietà mondiale organizzata neggiati, specialmente pergamenacei, an- per soccorrere Firenze ebbe fra i primi che numerosi laboratori di archivi centra- obiettivi anche l’Archivio di Stato. Gli «an- li stranieri sparsi in tutta Europa (Belgrado, geli del fango» provenienti da tutto il mon- Zagabria, Budapest, Copenhagen, Bruxel- do cercarono di estrarre dalle acque il mag- les, Oslo). Subito dopo il disastroso even- gior numero di filze che poterono, nelle to, il CRIA (Committee to Rescue Italian precarie e disastrose condizioni in cui si Art) per tre anni retribuì giovani ricercato- trovavano. Tutti ricordano le famose foto- ri stranieri che schedarono i documenti grafie con le lunghe teorie di grosse filze danneggiati uno a uno, predisponendo ol- di documenti stese una accanto all’altra tre 10.000 schede; e crearono un elenco- sotto i porticati degli Uffizi. Successiva- inventario delle carte riconosciute riu- mente quei volontari, pur non essendo scendo a identificare la quasi totalità dei esperti di restauro, tentarono di pulire e di documenti alluvionati. Per gli archivi, in- dividere i fogli umidi e sporchi di nafta. Al- fatti, il pericolo maggiore di un simile even- cuni documenti intrisi di fango mescolato to, oltre al danno fisico ai singoli pezzi, è a nafta, nonostante gli sforzi di cui sopra, la dispersione delle carte, con la conse- andarono completamente persi, mentre al- guente difficoltà a ricostruire la loro iden- tri furono successivamente salvati da un tità e il loro reciproco collegamento e quin- sapiente restauro. di con la perdita del loro ordinamento.

249 Questa operazione di riconoscimento e attrezzato, ha dato nuovo impulso alla ri- recupero è proseguita nel tempo con il nascita dell’Istituto. Poiché la decisione di personale scientifico interno anche nella intraprendere con grande tempestività il nuova sede di piazza Beccaria, dove il ma- trasferimento dell’Archivio in una sede teriale che necessitava di lavori di restau- nuova era dovuta soprattutto ai gravissimi ro o di semplice ricondizionamento, rico- danni che la documentazione aveva subito nosciuto e suddiviso per fondi di apparte- dall’inondazione degli Uffizi, occorreva nenza, era stato collocato in dodici box nei che il nuovo edificio, seppure dovesse sor- tre piani più alti dell’edificio, da dove vie- gere ugualmente vicino all’Arno, fosse co- ne via via ricollocato nell’ordine preesi- struito in modo da resistere alle esonda- stente all’interno dei fondi archivistici. In- zioni del fiume. L’area dove si trova ora fatti la documentazione residua dell’allu- l’Archivio di Stato, nella carta della peri- vione in attesa di restauro è perfettamen- colosità idraulica elaborata dall’Autorità te conservata alla giusta climatizzazione, di Bacino, è indicata a livello 2: cioè pe- tenuta costantemente sotto controllo con ricolosità media in caso di «evento cata- apposita strumentazione digitale, e poiché strofico» fino al battente di m. 2,6 (tempo fin da subito era stata sottoposta a opera- di ritorno ogni 500 anni); nella stessa zo- zioni di risanamento dall’umidità, non ri- na nel 1966 il battente dell’acqua era a schia di deteriorarsi ulteriormente sotto il quota m. 1,4, classificato come «evento profilo degli agenti fisici. eccezionale» (con tempo di ritorno ogni 200 anni). Il progetto architettonico origi- nario prevedeva la protezione dei depo- Nella nuova sede siti in caso di esondazioni fino a quota di m. +2,55, ma per realizzare gli impianti Conseguenza immediata della valutazio- tecnici, con varianti in corso d’opera, si ne del grande disastro dell’alluvione fu la dovettero perforare le pareti in cemento ar- necessità di trovare una nuova colloca- mato, abbassando il livello di protezione zione per l’Archivio di Stato. Il 18 no- dall’acqua inizialmente previsto, con la vembre 1966, a brevissima distanza dal di- conseguenza di esporre al rischio la do- sastro, era stato infatti emanato il decre- cumentazione conservata nei depositi a to-legge che autorizzava la spesa di 2 mi- quota 0,00. Gli adeguamenti dell’edificio liardi e 500 milioni di Lire per la costru- alle normative di sicurezza imposte poi zione del nuovo Archivio di Stato. Nel lu- dalla Legge 626/94 e del d.lgs. 81/2008 glio 1971 lo Stato acquisì l’area di piazza hanno dato modo di eseguire nel tempo Beccaria dove dal 1934 sorgeva il palaz- altri lavori che consentissero di risolvere zo della GIL di Aurelio Cetica, che sareb- questo difetto di costruzione e compensare be stato demolito, e nell’ottobre 1971 fu il rischio di allagamento dei depositi, pre- bandito il concorso nazionale per il pro- vedendo la realizzazione di misure passi- getto del nuovo edificio. Nel gennaio 1974 ve e attive di contenimento ed estrazione la gara fu vinta dal progetto di Italo Gam- dell’acqua di infiltrazione. berini, Loris Macci, Franco Bonaiuti e Ri- no Vernuccio. Nel 1989, dopo oltre di die- ci anni di lavori, l’inaugurazione della nuo- L’altalena dei finanziamenti va sede di piazza Beccaria, con le sue strutture moderne e funzionali ed un la- I finanziamenti ministeriali concessi nel boratorio di restauro molto più ampio ed 2008 consentirono la realizzazione del

250 La grande alluvione

50% delle opere previste. Successivamente Beni Culturali del 2004 la definisce tale fin non è stato possibile ottenere ulteriori stan- dal suo formarsi presso gli uffici dell’am- ziamenti per completare il progetto e re- ministrazione corrente e quindi sottoposta stano quindi da compiere altre opere di alle stesse modalità di tutela e conserva- contenimento passivo e di protezione at- zione. tiva per riportare fino a quota +2,55 m. il livello di protezione. Allo stato attuale i de- positi a quota 0 non sono completamen- Salvare la fascia «rossa» te garantiti dal rischio di parziale som- mersione, per cui è stato necessario pre- Nella messa a punto del Piano si sono in- vedere ulteriori misure di mitigazione del dividuate le misure per affrontare l’emer- rischio con interventi logistici sulla docu- genza e quelle per reagire all’emergenza mentazione, che sono state inserite nel nel tempo di preavviso di 18 ore prima Piano di emergenza per la salvaguardia dell’evento, poiché allo stato attuale non del patrimonio culturale dell’Archivio di sarebbe possibile procedere alla misura Stato di Firenze in caso di esondazione preventiva di spostare, anche solo tem- dell’Arno, elaborato nel 2010 da perso- poraneamente, in aree sicure ai piani su- nale tecnico e funzionari archivisti dell’I- periori tutta la documentazione del pia- stituto, in base alle linee-guida del Proto- no 0. Si è stabilito un criterio di priorità collo d’intesa relativo alla messa in sicu- fra i documenti da salvaguardare in base rezza dei BB.CC. fiorentini in caso di eson- alla maggiore rilevanza per la tutela di si- dazione del fiume Arno, sottoscritto nel tuazioni giuridicamente rilevanti di pri- gennaio 2010 dal prefetto di Firenze, dal- vati e di enti, e si è suddivisa la docu- l’Autorità di Bacino, dal dirigente regionale mentazione in quattro fasce, dalla meno BB.CC., dal soprintendente al Polo Mu- rilevante contrassegnata con codice gri- seale Fiorentino, e dalle autorità dell’Am- gio, poi verde, arancio e rosso per la più ministrazione regionale, provinciale e co- rilevante (come ad es. le sentenze della munale. I Beni Culturali soggetti a rischio Corte di Cassazione dell’800, la Procura idraulico consistono in documenti d’ar- della Repubblica fino agli anni 50, il Tri- chivio del periodo posteriore all’Unità d’I- bunale di Firenze, la Corte d’Assise, la talia, fino agli anni 80 del Novecento, che Corte d’appello, etc.). Si è calcolato quin- per ragioni di spazio e continuo incre- di che la capacità di intervento in co- mento della documentazione contempo- stanza di allarme debba limitarsi allo spo- ranea versata dagli uffici periferici del- stamento in aree sicure ai piani superio- l’amministrazione statale hanno dovuto ri di almeno 300 metri lineari di docu- essere collocati nei depositi posti al pia- menti appartenenti alla fascia «rossa» cor- no terra a quota 0 rispetto al piano stra- rispondente al 5%. Periodicamente si spe- dale. Si tratta di 60 fondi archivistici per rimenta la fase esecutiva di tale sposta- 6.000 metri lineari, documentazione che mento temporaneo con esercitazioni del- per la sua contemporaneità si potrebbe la «squadra di emergenza in caso di eson- pensare che abbia minore rilevanza stori- dazione» appositamente costituita fra il ca rispetto a quella di epoche più antiche, personale, monitorando i tempi e le mo- ma che guardando al presente e al futuro dalità di svolgimento dell’intervento. Si è degli interessi della ricerca deve essere pensato anche a soluzioni permanenti di ascritta a pieno titolo nella categoria dei prevenzione passiva del materiale dal Beni Culturali, così come il Codice dei danno alluvionale attraverso un pro-

251 gramma per la conservazione sottovuoto fondo, dopo un preventivo lavoro di pro- delle serie archivistiche dei depositi a quo- gettazione e schedatura svolto dai funzio- ta 0 secondo le priorità indicate nel pia- nari e dai tecnici interni. Dopo i tagli ai no di emergenza. Per realizzarlo è ne- finanziamenti pubblici nella PA, sempre cessario acquistare una macchina per sot- più incisivi negli ultimi sette anni, e con tovuoto con relativi sacchetti termosal- la diminuzione costante del personale tec- danti assorbitori d’ossigeno contro il re- nico interno (attualmente ridotto ad un so- siduale rischio microbiologico e di infe- lo restauratore), i lavori di restauro sul- stazione interna delle carte. Questa solu- l’alluvionato sono molto diminuiti. Gli ul- zione dovrebbe essere accompagnata da timi finanziamenti risalgono al 2010, con una parallela e altrettanto estesa opera di cui è stato possibile ultimare il restauro di riproduzione digitale delle carte, che per- 77 filze del Fondo del Monastero di Ca- metterebbe la consultazione con mezzi maldoli Appendice, al costo di € 75.000. informatici limitando a casi eccezionali Da allora, soltanto nel novembre 2015 il l’apertura delle buste sigillate, con evi- MiBACT (Ministero dei Beni e delle Atti- denti risparmi economici e procedurali. vità Culturali e del Turismo) ha finalmen- te deciso di stanziare la cifra di 500.000 Euro per proseguire la realizzazione del re- Per restaurare una filza pergamenacea stauro del materiale restante, ed è già sta- ta avviata la fase iniziale della progetta- Fino a due anni fa i finanziamenti mini- zione dei lavori. steriali della programmazione triennale Tutte queste vicende hanno fatto sì che sono andati soltanto sul restauro e recu- l’Archivio di Stato abbia accumulato una pero della documentazione alluvionata notevole esperienza in questo campo, e nel 1966, e attualmente, sui 7 km di do- poiché nel 1996 e nel 2006 ha organiz- cumentazione alluvionata, ne sono stati zato eventi espositivi e convegni interna- recuperati 4,5 km, cioè il 65%, di cui con zionali sulla materia, possiede molta do- operazioni di completo restauro il 60%. cumentazione, anche iconografica (come Restano ancora da restaurare 2,5 km (es. nei Fondi bibliografici Procacci e Sanso- Catasto Generale Toscano, Prefettura). Tut- ni), che può essere utile alla ricerca stori- to questo ha avuto dei costi molto alti. In- ca, scientifica e tecnica sui danni alluvio- fatti, per restaurare una filza pergamena- nali in campo archivistico. Senza consi- cea si parte dal costo minimo di circa derare che, all’interno degli archivi delle 1.000 Euro (per una cartacea da 800-900 istituzioni del passato, moltissimo mate- Euro) fra manodopera e materiali, perché riale di studio si trova anche sui più anti- riportarle al loro aspetto originario com- chi eventi alluvionali e sulla problemati- porta una lavoro tecnico specialistico, lun- ca dell’idraulica e della regimazione del- go e accuratissimo, fatto carta per carta. le acque in varie epoche precedenti. Quin- Stante la grande mole dei lavori di restauro di l’Archivio di Stato di Firenze costituisce da effettuare, specialmente dopo l’inse- uno dei poli dell’area cittadina dove po- diamento nella nuova sede, dai primi an- trebbero utilmente indirizzarsi studiosi del- ni 90 al 2008, la maggior parte dei restauri la materia di tutto il mondo, nel caso si sono stati affidati a ditte esterne, con le intendesse dar vita ad un progetto del ge- procedure di appalto per i LL.PP., a tran- nere in collaborazione e sinergia con al- ches di centinaia di pezzi di uno stesso tre istituzioni presenti sul territorio.

252 La grande alluvione

(Volume monografico speciale a cura di Giorgio Valentino Federici, Miriana Meli, Lucio Niccolai, Severino Saccardi, Simone Siliani e Vincenzo Striano) Il progetto «Firenze2016» - «Toscana2016»

Francesco Alberti e Marco Massa Lorenzo Giudici Giuliano Bianucci Francesco Niccolini Concetta Bianca Salvatore Siano Michele Ercolini Vincenzo Striano Simona Francalanci, Giuseppe Vallario Enio Paris e Luca Solari

253 LA CITTÀ E IL FIUME: ALLA RICERCA DI UNA «INTERFACCIA AMICHEVOLE» di Francesco Alberti e Marco Massa

Delle tante ipotesi risolutive del problematico rapporto dell’Arno con il suo territorio e con la città di Firenze (a partire da quella del Poggi di fine 800, e soprattutto a seguito dell’alluvione del 66), fatta eccezione per la realizzazione della diga di Bilancino, poche hanno visto la luce. Negli ultimi anni sono stati prodotti una serie di interessanti progetti, promossi dall’Università, che vogliono rilanciare il tema dell’Arno, non solo in relazione alla questione-sicurezza, ma anche rispetto alla vivibilità del fiume da parte dei cittadini, lungo tutto il suo percorso, ispirati ad una visione organica dei problemi su scala regionale, con interventi integrati per le singole zone interessate.

In una sorta di Limbo Nord, l’uso «metropolitano» delle ferrovie esistenti) è sembrato in alcuni momenti La messa in sicurezza dell’Arno è uno dei che, nel bene o nel male, si fosse giunti a problemi cronici che hanno attraversato una soluzione definitiva: ad esempio, la di- l’ultimo mezzo secolo di storia urbana fio- ga di Bilancino, realizzata tra gli anni 80 rentina, ritornando periodicamente d’at- e 90 in Mugello è stata a lungo presenta- tualità per poi rientrare in una sorta di lim- ta all’opinione pubblica come l’opera ri- bo. Come per altre questioni rilevanti (l’ae- solutiva per prevenire il rischio di nuove roporto, lo sviluppo – o non sviluppo – del- esondazioni catastrofiche nel capoluogo. l’area di Castello, la circonvallazione Ma si trattava di soluzioni parziali – è il

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caso della diga – o destinate a rimanere Riverfronts da valorizzare sulla carta. È stata questa la sorte dei mol- tissimi piani, progetti, studi elaborati a di- Le sole operazioni di una certa consisten- versi livelli di approfondimento allo sco- za urbanistica realizzate lungo il fiume – po di restituire per tratti o punti, al di là ovvero il nuovo Teatro Tenda (oggi OBI delle problematiche idrauliche, un’«inter- Hall) e il polo ricreativo (discoteca e cen- faccia amichevole» tra l’Arno e la città, tro fitness) a Rovezzano, a cui si possono dopo che gli eventi del 66 avevano can- aggiungere l’impianto a «volume zero», cellato ogni residua attività rivierasca 1. ma di notevole estensione, del campo da Pochi gli interventi concreti, che hanno golf all’Argingrosso e la sistemazione co- comunque avuto il merito di favorire un me parco acquatico dell’area dei Renai a cauto riavvicinamento dei fiorentini al fiu- Signa, si sono tradotte in altrettanti episo- me, legati alla manutenzione degli argini, di isolati (e, anzi, la seconda in un’encla- alla realizzazione di piste ciclabili, a si- ve priva di relazioni tanto col fiume che stemazioni temporanee (come la spiaggia con l’abitato), mettendo in evidenza la urbana allestita annualmente dal 2007 perdurante mancanza, a fronte delle tan- presso piazza Poggi), nonché alle inizia- te proposte giacenti negli uffici comuna- tive di alcune associazioni (gli storici ca- li, di una strategia complessiva per la va- nottieri, i nuovi «renaioli» che fanno ser- lorizzazione dei riverfronts. Un tema che vizio turistico sui barchini un tempo uti- pure, da almeno trent’anni, ha assunto un lizzati per dragare i fondali, i giovani land- ruolo centrale nei programmi di rinnovo artists che recentemente hanno dato vita di città grandi, medie e piccole in tutta al progetto «RIVA», riallacciandosi alle Europa, offrendo l’occasione per interventi performances di Mario Mariotti del 1989). coordinati nel segno della sostenibilità am-

255 bientale, della vivibilità urbana, della ri- di finanziamento per la ricerca («Horizon qualificazione dello spazio pubblico, del- 2020»), la sostenibilità e resilienza urba- l’adattamento ai cambiamenti climatici na («Life+»), le smart cities, ecc.. (necessità, quest’ultima, della cui impel- lenza hanno dato dolorosa testimonian- za, a Firenze e nel resto della Toscana, le L’appuntamento con il 2016 devastazioni prodotte dai nubifragi del set- tembre 2014 e dell’agosto 2015). Con questi presupposti, è quindi vitale che Per trovare, a livello di pianificazione ge- la ricorrenza dei cinquant’anni dall’allu- nerale, un approccio integrato tanto alle vione del 66 diventi l’occasione per ri- problematiche che alle potenzialità della lanciare il tema dell’Arno secondo una di- fascia fluviale occorre tornare indietro al versa prospettiva del progetto, con l’o- Piano Poggi, di cui si sono da poco cele- biettivo di rimettere Firenze e la Toscana brati i 150 anni, al quale si devono, in- al passo delle esperienze europee più sieme alle opere di riorganizzazione idrau- avanzate: per prima cosa, allargando lo lica del territorio conseguenti all’alluvio- sguardo all’intero bacino idrografico – è ne del 1844, l’ipostatizzazione dell’im- infatti soltanto a una scala regionale che magine dei Lungarni, la sistemazione, ir- è possibile affrontare in modo pertinente rimediabilmente perduta, del piazzale del- il rischio idraulico e idrogeologico, rendere le Cascine come punto di snodo fra due incisive le azioni di tutela del paesaggio diversi paesaggi fluviali e l’idea, mai at- e formare il quadro di riferimento neces- tuata, di un grande bagno pubblico ali- sario per una pianificazione e una pro- mentato dall’Arno alle spalle di piazza gettazione efficaci degli interventi; a un Beccaria 2. Il contributo dei piani vigenti livello di maggior dettaglio, prevedendo sotto questo aspetto è invece assai relati- l’elaborazione di master plans per i diversi vo, se non potenzialmente negativo. Se ambiti locali in cui è possibile «scompor- infatti da un lato il Piano Strutturale (2011), re» l’asta fluviale (in prima approssima- lo strumento che definisce gli obiettivi fon- zione: Valdarno Superiore, Area fiorenti- damentali da perseguire nel territorio co- na, Valdarno Inferiore, Area pisana); indi- munale, sottolinea l’importanza dell’Arno viduando, infine, sia a livello di bacino come corridoio ecologico, il Regolamen- che di ambiti locali, alcune azioni strate- to Urbanistico (2014), che dovrebbe dare giche o «progetti faro», quali catalizzato- operatività agli indirizzi del PS, suddivide ri del processo di rigenerazione integrata la fascia in tante piccole aree con speci- dei contesti fluviali. fiche destinazioni d’uso (verde pubblico, I paragrafi che seguono sviluppano sinte- parcheggi, riuso di immobili dismessi per ticamente questi punti essenziali, attin- attività commerciali, ecc.) senza vincoli gendo a studi, consulenze, esperienze di- di coerenza tra l’una e l’altra: un’impo- dattiche portate avanti dai primi anni 2000 stazione che rischia di compromettere per ad oggi da alcuni gruppi di ricerca del Di- sempre la possibilità sia di un disegno uni- partimento di Architettura di Firenze. tario che di caratterizzare il sistema come L’obiettivo è quello di presentarsi all’ap- infrastruttura verde multifunzionale – e va- puntamento del 2016 con una visione ar- le la pena di sottolineare che quello del- ticolata sulle diverse scale d’intervento le blue-green infrastructures è uno dei te- che, in una prospettiva necessariamente in- mi su cui l’UE sta maggiormente inve- terdisciplinare, faccia tesoro delle cono- stendo negli ultimi anni, attraverso i canali scenze acquisite e del lavoro svolto nei

256 La grande alluvione campi della pianificazione territoriale e nomica e culturale del paesaggio nel ri- della progettazione urbana e paesaggisti- spetto delle direttive fissate dal Piano Pae- ca, nonché – per quanto riguarda più spe- saggistico Regionale (2015) – non si può cificamente Firenze – con una serie di pro- evidentemente limitare alla sistemazione poste concrete, in grado di avviare opere delle sole sponde, ma dovrà estendersi a durevoli e non solo eventi contingenti, fi- un sistema molto più ampio di spazi aper- nalizzate su altrettanti problemi particolari, ti, naturali o ad uso agricolo, nonché alle come campioni esemplificativi di un me- reti infrastrutturali, alle funzioni pubbli- todo al contempo coerente col quadro ge- che e ai «capisaldi urbani» variamente re- nerale e in grado di generare interventi re- lazionati all’asta fluviale, diventando il te- lativamente autonomi, che potrebbe es- ma unificante della pianificazione strut- sere poi esteso ad altri ambiti territoriali e turale dei comuni interessati. Lo strumen- ad altri problemi. to di governance con cui è possibile coin- volgere i numerosi soggetti pubblici inte- ressati, gli stakeholders privati e l’ampia Criteri per un master plan del bacino gamma di competenze necessarie in un dell’Arno processo di pianificazione-gestione basa- to su scelte condivise è il «contratto di fiu- La tesi di partenza è che l’Arno costitui- me», già introdotto in Italia da alcuni go- sce un sistema territoriale da valorizzare verni regionali o locali e recentemente in- nella sua interezza. Entro questa dimen- serito nel Piano di Gestione del Rischio Al- sione geografica l’Autorità di Bacino del luvioni del bacino dell’Arno 3. fiume Arno ha svolto dalla sua istituzione (1989) la funzione di pianificazione e pro- grammazione degli interventi di difesa del «Lungarno di Toscana» suolo e gestione delle risorse idriche, at- traverso previsioni di tipo strutturale (cas- Nonostante la riconosciuta importanza se di laminazione, casse di esondazione, dell’Arno come matrice dell’identità e del- aree golenali) e non (individuazione del- la struttura insediativa regionale, il fiume le aree «di pertinenza fluviale»): entram- resta un ambiente isolato in molte delle be potenzialmente di grande interesse an- aree urbane attraversate. Assicurarne la che ai fini dell’uso e gestione dello stesso percorribilità lungo le sponde, dalla sor- bacino come parco o sistema di parchi. La gente alla foce, e un’accessibilità «dolce» sfida progettuale che si pone oggi è la tra- (a piedi e in bicicletta) dai centri più pros- sformazione delle opere di difesa in in- simi è l’obiettivo della proposta per una terventi a valenza paesaggistica, in una lo- «ciclopista dell’Arno» studiata nel 2010 gica di pianificazione integrata fondata dalla FIAB per conto della Regione To- sulle qualità fisiche dei territori che supe- scana, a cui ha fatto seguito il «Progetto ri la frammentazione di disposizioni, re- di fruizione lenta lungo l’asta fluviale» in- gimi, vincoli, previsioni, che si affianca- serito come allegato nel Piano Paesaggi- no e sovrappongono alle prescrizioni del stico Regionale e finanziato con uno stan- PAI (Piano stralcio Assetto Idrogeologico). ziamento rivolto ai Comuni. Un’infra- D’altra parte, la costituzione di un «par- struttura di questo genere appare strategi- co dell’Arno» – da intendersi a questa sca- ca sotto diversi punti di vista: il migliora- la come ordinamento strategico teso alla mento dell’abitabilità dell’intero sistema conservazione e valorizzazione socio-eco- insediativo della Toscana centrale; la pos-

257 sibilità di trasferire sulla mobilità dolce Il sistema si immagina composto da più quote rilevanti degli spostamenti locali luoghi specializzati, in parte esistenti (pic- giornalieri di breve/media distanza; il con- coli musei dedicati ad aspetti particolari solidamento e la diversificazione dell’at- della vita sul fiume), in parte da creare, cia- trattività turistica della regione attraverso scuno riferito a un pezzo di territorio e di lo sviluppo del cicloturismo. Su questo fi- fiume o a un argomento, integrati fra loro lone si inserisce il progetto di ricerca «Lun- e coordinati da una sede centrale posta a garno di Toscana» 4, finalizzato a: defini- Firenze o a Pisa (una sorta di «River Mu- re le condizioni di coerenza tra il proget- seum Center», che elabori il programma to, gli strumenti di pianificazione genera- delle iniziative e ne verifichi la serietà le e di settore incidenti sul corridoio flu- scientifica). viale e le modalità di esecuzione dei ma- Al fine di illustrare efficacemente il ruolo nufatti in ragione dei diversi contesti, per dell’Arno nella costruzione storica della ci- evitare il rischio che una realizzazione del viltà toscana, prototipo del rapporto città- percorso per frammenti ne comprometta fiume per la civiltà urbana europea, oc- la leggibilità come sistema unitario; inte- corre pensare ad una forma museale che grare il progetto alla valorizzazione del vada oltre la collezione/esposizione di og- patrimonio storico e ambientale; coordi- getti in senso tradizionale per ricompren- nare le previsioni di nuovi spazi pubblici dere anche aree ambientali e valori stori- e proporne di nuovi alle diverse scale (re- co-artistici esterni, in grado di arricchire gionale, intercomunale e locale); pro- sia il processo «narrativo» di conoscenza muovere un modello «allargato» di ac- del fiume, sia i legami identitari tra co- cessibilità alla risorsa fiume, sia materia- munità e patrimonio territoriale: aree agri- le – mediante l’interazione fra il «Lungar- cole e naturalistiche, forme degli insedia- no», le reti sentieristiche, le ferrovie esi- menti, modelli di attività economiche le- stenti e i programmi di navigabilità del fiu- gate al fiume, tradizioni e spazi di lavoro, me – che immateriale, con la previsione itinerari rivieraschi e verso i monumenti e della copertura wi-fi di tutta la fascia, ab- i centri storici presenti nel territorio, ecc.. binata alla costruzione di un portale di Un modello che, come si comprende, può web mapping interattivo; approfondire le entrare facilmente in sinergia col proget- possibili strategie economiche e gestiona- to del «Lungarno di Toscana». li per rendere operative le previsioni, a co- minciare dall’individuazione dei soggetti coinvolgibili (istituzioni, enti locali, mon- Nell’articolazione interna del master do imprenditoriale, terzo settore). plan

Per quanto riguarda l’area fiorentina, oc- «Museo Arno» 5 corre ripartire dallo schema del «Parco metropolitano dell’Arno» 6, elaborato per La proposta intende sviluppare il tema del- conto del Comune di Firenze negli anni l’Arno visto come «monumento» a un tem- 2000-2004, comprendente un sistema di po naturale, etnografico, storico e artisti- spazi aperti, gerarchizzati e differenziati co, da veicolare attraverso la realizzazio- per destinazioni d’uso e ruoli paesistico- ne di un Museo diffuso, che incorpori il ambientali, la cui struttura portante è for- fiume stesso come il principale documento mata dai corsi d’acqua (l’Arno, conside- da esibire. rato nel tratto compreso fra Pontassieve e

258 La grande alluvione

Signa, e i suoi affluenti, che assumono il del Galluzzo lungo la Greve, la riqualifi- ruolo di altrettante greenways) e da un mo- cazione e messa a sistema dei parchi ur- saico di aree sottoposte a forme di prote- bani a Est di Firenze e dei parchi territo- zione rigorose (boschi, zone umide, ecc.). riali a Ovest (compreso il completamento Su questo telaio, gli aspetti da sviluppare del parco dei Renai), il contratto di fiume riguardano in particolare le interazioni fra per l’area perifluviale tra Firenze e Lastra il parco fluviale e, rispettivamente, i tes- a Signa, che unisca il fronte d’acqua col suti urbani nell’area più densamente edi- territorio agricolo retrostante. ficata (tra il parco dell’Anconella e le Piag- ge) e il sistema agroambientale nelle par- ti esterne (soprattutto a Sud-Ovest) 7. L’o- «Il Lido di Firenze» biettivo è dotare la Città Metropolitana di un’infrastruttura verde, in cui le opere di L’ambito considerato è la striscia di 3 km, difesa idraulica siano incorporate nel di- profonda dai 50 ai 150 m, compresa tra il segno di un sistema continuo di spazi pub- Ponte all’Indiano, il viadotto dell’A1, l’Ar- blici «resilienti», spina dorsale della rete no e il rilevato ferroviario che, svolgendo dei parchi e degli spazi pubblici dell’in- anche la funzione di argine idraulico, se- tera città ed elemento ordinatore delle fun- para nettamente il fiume dal quartiere del- zioni pubbliche e private, dei servizi e de- le Piagge. La proposta di realizzarvi una gli interventi di trasformazione previsti sia grande spiaggia urbana, complementare al all’interno che ai margini della fascia flu- piccolo impianto di piazza Poggi, si inne- viale (secondo una logica opposta, come sta sullo schema previsto nel progetto gui- si è visto, a quella seguita dal Regolamento da di rigenerazione del quartiere predi- Urbanistico). Nell’articolazione interna del sposto nel 2003 da Giancarlo De Carlo 8, master plan, un caposaldo fondamentale che prevede l’aumento e la riqualifica- è costituito dall’ambito delle «Grandi Ca- zione dei varchi di accesso al fiume in scine» (parco storico e area di espansio- corrispondenza di sei percorsi che lo at- ne fluviale dell’Argingrosso), che per di- traversano. Qui potranno essere colloca- mensioni e collocazione ben si presta a di- te, sul lato interno, piccole architetture- ventare il «cuore verde» della città con- landmark destinate a servizi commerciali temporanea sviluppatasi al suo intorno, in e di ristoro aperti tutto l’anno; le stesse at- continuità con il «cuore antico» costitui- tività gestirebbero poi, nel periodo estivo, to dal centro UNESCO, ospitando in un le attrezzature temporanee del Lido: pas- contesto ad alto valore ambientale attrez- serelle, chioschi, pedane, pontili, campi da zature di livello metropolitano – sportive, gioco, solarium, piscine, per un bacino di ludiche, per manifestazioni, ecc. – in- utenza stimabile intorno alle 5-6.000 per- compatibili con la città compatta. sone al giorno. Gli interventi strutturali, Altri progetti legati al fiume, con valenza oltre all’adeguamento dei sottopassaggi strategica per la Città Metropolitana, ri- ferroviari, si limiterebbero alla rimodella- guardano l’uso dell’area golenale delle zione della sponda mediante movimenti Piagge come spiaggia urbana (v. sotto), la di terra, da conciliare con le esigenze navigabilità del fiume a monte e valle del- idrauliche. le pescaie (v. progetto «Porta d’Acqua di La configurazione ed estensione dell’area, Firenze»), l’individuazione di una sede per le sue caratteristiche naturali, la colloca- il «Museo Arno», la creazione di un col- zione tra il parco delle Cascine e quello legamento dolce fra l’Arno e la Certosa dei Renai, baricentrica rispetto alla città

259 metropolitana, la facile accessibilità con e «belvedere mobile» sulla città. la bicicletta e il treno (fermata Le Piagge Gli elementi salienti, con molteplici pos- della linea Firenze-Empoli-Pisa) e, in pro- sibilità di articolazioni e sviluppi succes- spettiva, con la tranvia (Linea 4) e i servi- sivi, sono: la localizzazione di un termi- zi fluviali, sono altrettanti fattori che ren- nal per pullman e auto sulla sponda me- dono il «Lido delle Piagge» particolar- ridionale del fiume, raggiungibile dal rac- mente interessante come ampliamento cordo autostradale Firenze Sud tramite lo dell’offerta di servizi della città sia a li- svincolo di viale Europa; l’istituzione di vello metropolitano sia rispetto ai flussi un servizio fluviale lungo il tratto di 3 km turistici provenienti dall’esterno, senza gra- fra il terminal turistico e il ponte S. Nic- vare ulteriormente sul centro. colò, punto di partenza degli itinerari nel centro città (che andranno riorganizzati e riqualificati con interventi mirati sullo spa- «La Porta d’acqua di Firenze» 9 zio pubblico). Condizioni irrinunciabili: una progetta- Il progetto si propone di correggere l’uso zione architettonica e paesaggistica alta- improprio dei lungarni orientali come in- mente qualificata del terminal in riva d’Ar- frastruttura di transito e di sosta (presso il no e del suo percorso di accesso dalla via- Ponte S. Niccolò) dei bus turistici, che pro- bilità principale e una forte caratterizza- duce forti impatti sulla vivibilità e l’im- zione del servizio in senso ecologico, sul magine urbana senza fornire un servizio modello ad esempio dei traghetti a ener- adeguato ai visitatori, valorizzando il ruo- gia solare impiegati sul fiume Neckar ad lo dell’Arno come via di comunicazione Heidelberg.

1 Tra questi, il concorso internazionale per architet- 4 Progetto di ricerca interdisciplinare presentato nel ti under 30 sulle aree delle Piagge, S. Bartolo a Cin- 2012 alla Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze toia-Argingrosso e Rovezzano bandito in occasione (M. Massa, F. Preti, G. V. Lombardi, F. Alberti, F. Luc- del ventennale dall’alluvione (1986), il contempora- chesi, S. Signanini). neo progetto di Richard Rogers per una passeggiata 5 Progetto di ricerca in corso di elaborazione da par- a bordo d’acqua tra Bellariva e l’Indiano, le diverse te di ricercatori delle Università di Pisa e di Firenze proposte di «raddoppio» del parco delle Cascine al- (coord. M. Massa). l’Argingrosso (le cosiddette «Grandi Cascine»: la pri- 6 Gruppo di ricerca: B. Guccione (coord.), S. Marti- ma, e più completa, elaborata da Guido Ferrara ri- ni, G. Paolinelli, A. Valentini. Lo schema contempla sale al 1989) e quelle di sistemazione dell’area go- il territorio dei comuni di Firenze, Bagno a Ripoli, lenale delle Piagge (progetto guida di Giancarlo De Campi Bisenzio, Fiesole, Lastra a Signa, Pontassieve, Carlo del 2003 e studio di fattibilità del 2007). Rignano sull’Arno, Scandicci, Sesto Fiorentino, Si- 2 Il PRG di Firenze del 1962 («Piano Detti»), per gna. quanto privo di un vero e proprio approccio integrato, 7 Sul tema di un parco agricolo in riva destra, tra Fi- prevedeva lungo il fiume fasce di spazi pubblici a ver- renze, Scandicci e Lastra a Signa è in corso la ricer- de e per questa via configurava un nuovo affaccio ca «Coltivare con l’Arno» (resp. A. Magnaghi, coord. unitario della città sull’acqua, a Est (con i quartieri D. Poli). lungo il viale Dalla Chiesa) e a Ovest del centro (con 8 La proposta del «Lido», nata come tema di ricerca il quartiere delle Piagge). Le realizzazioni non han- universitaria (M. Massa, F. Alberti, con E. Barthel, no però seguito un disegno coerente e si sono fran- 2006) è stata sviluppata da F. Alberti e M. Massa nel- tumate in pezzi scomposti e senza il ruolo ordina- lo studio di fattibilità per l’implementazione del pro- tore dello spazio pubblico sul fiume. getto De Carlo (coord. Soc. Nomisma, 2007) e ripresa 3 La pianificazione del sistema delle acque ha subi- nella tesi di laurea Il lido di Firenze (J. Carlini, 2009). to una profonda riforma non ancora conclusa. Il Pia- 9 Progetto di ricerca (F. Alberti, 2014), ripreso nella no di Gestione del Rischio Alluvioni è lo strumento tesi Firenze 2050: visoni di una città sostenibile (A. che sostituirà il PAI. Germano, 2014).

260 UNA MEMORIA VIVA, UN’OPPORTUNITÀ DI RINASCITA di Giuliano Bianucci

Come fare perché la memoria rimanga viva e si trasformi in progettualità per il futuro? Il Comitato promotore del Progetto «Firenze2016» ha messo in campo una serie di attività, eventi e proposte, aventi come filo rosso la solidarietà e la resilienza, volte non solo a commemorare la grande alluvione del 1966, ma anche a sostenere una comunità attiva, diffusa sul territorio e coinvolgente gli ambiti della cultura, della scuola, dell’università e dell’impresa: un «Museo/Community» dal nome MemoriaViva/LivingMemory per il rilancio, nazionale e internazionale, del Sistema Toscana.

261 «Noi siamo la memoria che abbiamo e la re- delle acque e del territorio, insieme a Ma- sponsabilità che ci assumiamo. Senza me- rio Primicerio, accademico di fama in- moria non esistiamo e senza responsabilità ternazionale, si è posto tre anni fa e che forse non meritiamo di esistere». è stata la spinta propulsiva per la costitu- (José Saramago) zione del Comitato organizzatore del Pro- getto «Firenze2016», oggi co-presieduto Una data che non si dimentica dal Sindaco di Firenze, Dario Nardella, e dal presidente della Regione Toscana, En- Il 4 novembre del 1966 è una di quelle da- rico Rossi, e composto da oltre cinquan- te che non si dimenticano. Non a Firen- ta enti ed organizzazioni pubbliche e più ze. Non in Toscana. E nemmeno in qual- di trenta associazioni e organizzazioni che altra città del Nord – Venezia e Tren- private. to su tutte – che condivisero gli effetti tra- Fin dalla sua costituzione nel 2012, il Co- gici di un maltempo che in poche ore mitato, di cui Mario Primicerio era presi- sconvolse il quotidiano di un grandissimo dente e Giorgio V. Federici segretario, ha numero di persone. Nel 2016, ricorre il lavorato alacremente alla costruzione del- cinquantesimo anniversario di quei fatti. la rete di stakeholder fiorentini e toscani, Molti muri, un’infinità di opere d’arte, di guadagnando l’adesione di entità di pri- volumi di pregio e non, di suppellettili, di mordine nell’ambito della tutela del terri- arredi portano ancora oggi il segno, più o torio, della prevenzione dei rischi, della meno visibile, secondo gli interventi di ri- cultura, del ripristino, del restauro, della pristino e restauro, dell’onda d’acqua, fan- solidarietà, che hanno fatto propria la ne- go, nafta che li investì, che li mutò per cessità di condividere l’obiettivo posto dal sempre. Comitato di aprire un dialogo e un con- Quei segni sono sotto gli occhi di tutti ogni fronto con la città e il territorio sulla con- giorno, ma: bastano per ricordare? servazione e diffusione del ricordo delle Le celebrazioni di qualunque accadimen- alluvioni e sulla possibilità di coinvolge- to in genere durano un giorno, tra discor- re le nuove generazioni in tale processo. si, eventi e allori. Ventiquattro ore dopo tut- Attraverso la costituzione di un Comitato to torna alla normalità del quotidiano. La Tecnico Scientifico Internazionale, pre- memoria diventa mera eco e si colora nuo- sieduto da Gerald Galloway dell’Univer- vamente di grigio. Il numero di quanti han- sità del Maryland, deputato alla ricerca no vissuto in prima persona i fatti, di an- sul campo e alla produzione di un rap- no in anno, inevitabilmente, si assottiglia porto, La Carta di Firenze, che fotograferà e lo spettro dell’oblio avanza. lo stato dell’arte di quanto avvenuto in questi anni in tema di prevenzione dai ri- schi di alluvione nel bacino dell’Arno e Un Progetto lungimirante prospetterà soluzioni e impegni da sotto- scrivere. Soprattutto attraverso l’apertura Come si può tenere viva la memoria? O a tutta la cittadinanza della discussione meglio, come si può attualizzare la me- sul percorso progettuale che via via si sta moria e in tal modo mantenerla viva di delineando, il Comitato ha avviato un pro- generazione in generazione? cesso partecipativo che, per lungimiranza È questa la domanda che il professor Gior- e affinità concettuale e progettuale con la gio Valentino Federici dell’Università di Fi- mia esperienza di comunicatore sociale renze, riconosciuta autorità nello studio di lunga data, non poteva che colpirmi

262 La grande alluvione fortemente, tanto da decidere di entrare e la protezione civile, del patrimonio e, ça prendere parte attivamente al progetto co- va sans dire, della solidarietà. me delegato all’Area Comunicazione e Impresa. Un filo rosso: la solidarietà

Dagli eventi al Grande Evento La solidarietà è, appunto, il filo rosso del- l’intero progetto. È il valore che emerge In accordo e collaborazione costante con principe dalla memoria e che la guiderà il Comitato organizzatore del Progetto «Fi- alla sua attualizzazione e al suo futuro. renze2016», ci siamo dedicati nel corso di Nel 1966 il mondo intero raccolse il gri- quest’anno alla costruzione e messa a pun- do di aiuto di Firenze: oltre sessanta pae- to di un modello di comunicazione e ma- si parteciparono in vari modi alla rico- nagement che partisse dalla prima fase di struzione, al restauro, alla messa in sicu- condivisione dell’obiettivo in maniera par- rezza, alla ripresa della vita quotidiana. tecipata – raggiunta anche attraverso la Molte personalità internazionali contri- realizzazione di numerose attività (even- buirono a diffondere la notizia e la gravità ti, convegni, iniziative pubbliche) in vari della situazione, invitando all’azione e al ambiti (scuola, musei, università, ecc.) –, contributo attivo, ognuno per quanto pos- per arrivare a una condivisione reale e fat- sibile. E la risposta, corale, concreta, non tiva della vision e della governance del si fece attendere. progetto da parte di tutti gli aderenti e, in Dal canto loro i fiorentini, i toscani tutti, previsione, dei futuri partner. cittadini, imprenditori e lavoratori, insie- La concretizzazione del processo di con- me a tanti volontari giunti da ogni ango- divisione si è avuta il 23 novembre scor- lo d’Italia e del mondo, si rimboccarono so, in occasione della presentazione del le maniche per riportare la città alla nor- Progetto «Firenze2016» presso l’Aula Ma- malità e far ripartire le attività economi- gna dell’Università di Firenze, alla pre- che, grandi e piccole, sin dalle immedia- senza dei rappresentanti delle varie entità te ore dopo il disastro. L’alluvione di Fi- che compongono il Comitato, delle isti- renze fu quindi uno dei momenti più tre- tuzioni, delle associazioni di categoria e mendi per il patrimonio della città e del- di alcune aziende fiorentine. l’intero Paese, ma anche uno dei momenti La vision comune del Comitato e di tutti più alti in termini di solidarietà e di par- i partecipanti è quindi oggi riassumibile tecipazione della storia italiana. Da quel- nella volontà di considerare il cinquante- l’esperienza, grazie al contributo di tutti, simo anniversario dell’alluvione come Firenze, la Toscana, uscirono più forti e punto di partenza, e non di arrivo, di un più consapevoli del proprio ruolo inter- percorso che si propone di coinvolgere nazionale, e quel preciso modo di affron- tutti i soggetti attivi del territorio (cittadi- tare l’emergenza fece scuola nel mondo, ni, istituzioni, comunità scientifica, azien- per non essere più dimenticato. de, associazioni e soprattutto giovani e È in quest’ottica che stiamo attivamente scuole) nella realizzazione di spazi di me- lavorando alla preparazione, per il pros- moria viva, per creare una coscienza este- simo autunno, di alcuni eventi interna- sa e duratura nel tempo negli ambiti del- zionali di ringraziamento per quanti, a va- la cultura dell’acqua (come risorsa, ma an- rio titolo, aiutarono Firenze: per i paesi che come pericolo), dell’ambiente e del- che supportarono la rinascita, ognuno se-

263 condo le proprie possibilità (la Somalia zione per i docenti finalizzate all’inseri- inviò una nave carica di banane, non po- mento nelle discipline curriculari della te- tendo far di più, ma volendo rendersi uti- matica del rispetto dell’acqua e in gene- le e sentirsi vicina a quanti soffrivano in rale dell’ambiente. La volontà è far dive- quel momento); per gli «angeli del fan- nire il «Progetto Scuola» un appuntamen- go», esempi assoluti di cittadinanza atti- to annuale della didattica regionale. va e solidarietà, emulati in seguito in oc- casione di altri disastri naturali; per i Vi- gili del Fuoco, le Forze Armate, le assi- A partire da settembre 2016 stenze e il volontariato tutto, che si ado- perarono senza sosta al fianco della po- A partire da settembre 2016 e fino a mag- polazione. gio 2017, coinvolgeremo il grande pub- È altresì allo studio la realizzazione di uno blico, residente e in visita, attraverso una o più eventi negli Stati Uniti per ripercor- serie di grandi eventi finalizzati a rende- rere il roadshow che il sindaco di Firenze re attuale la memoria dell’alluvione. di allora, Piero Bargellini, compì per rin- Palazzo Medici Riccardi ospiterà una mo- graziare le personalità, i cittadini, le azien- stra incentrata sulla ricostruzione crono- de e le istituzioni che aiutarono fattiva- logica degli avvenimenti attraverso docu- mente Firenze e per rilanciare l’immagi- menti, immagini e testimonianze, con un ne e il ruolo internazionale della città. Ta- focus sui danni al patrimonio culturale e li eventi saranno l’occasione per rinnova- sui relativi restauri. Santa Croce sarà tea- re l’attenzione del mondo sul Sistema To- tro di una ricostruzione dell’evento sim- scana e la sua Capitale della Cultura, sim- bolo dell’alluvione – la furia delle acque bolo della memoria: Firenze. che si abbatte sul Cristo del Cimabue – e vedrà il ritorno dell’Ultima Cena del Va- sari, dopo l’ultimo restauro. In più città Il «Progetto Scuola» del territorio saranno organizzati eventi si- gnificativi per la storia locale: le alluvio- Il valore della solidarietà permeerà anche ni del 1966 allagarono circa i tre quarti del il «Progetto Scuola», il cui obiettivo è pro- territorio di pianura della Toscana per qua- prio quello di coinvolgere i giovani in pro- si 1.500 km2. Non solo Firenze e l’area grammi legati alla cittadinanza attiva e in fiorentina ma Grosseto, Pisa, il Valdarno, una serie di attività che li porteranno a co- Pontedera, Castelfiorentino, il Casentino noscere e a fare proprio il ricordo dell’al- sperimentarono sulla propria pelle la pe- luvione come momento di memoria atti- ricolosità dell’acqua. va e per trovare stimoli e spunti legati al- La memoria raccolta su così ampia scala, la cultura del patrimonio, della solidarietà, con la collaborazione di una tale pluralità del lavoro per l’ambiente, della protezio- di soggetti, in forme quanto mai dissimili ne civile, del restauro, della prevenzione. tra loro – dalle fotografie ai racconti, dal- In accordo con gli organi della scuola stia- le immagini agli scritti, dai filmati alle re- mo creando un modulo didattico che con- gistrazioni – come potrà sopravvivere e senta di entrare in contatto diretto con i costituire un patrimonio vivo per le futu- giovani, di stimolare laboratori scuola/fa- re generazioni? miglia che stimolino la raccolta di mate- Torna la domanda che si era posta il prof. riali inediti e di testimonianze. Sono in Federici tre anni fa. Ora, però, abbiamo programmazione anche attività di forma- la risposta.

264 La grande alluvione

Il «Museo/Community» ambientali e della solidarietà con la par- tecipazione di tutti gli interessati. Fortemente voluto e sostenuto dal Comi- Memoria Viva/Living Memory – tale il no- tato nella sua totalità e cuore delle attività me che ci è apparso più significativo per di tutto il Progetto, il nostro obiettivo è rappresentarne e sintetizzarne la funzione realizzare un «Museo/Community» per la – diverrà così archivio attivo degli archi- nuova internazionalizzazione del Sistema vi, community di communities, conteni- Toscana. tore di forum ed eventi, museo diffuso del Non sarà un Museo nel senso di teca im- territorio. La metafora del reale consen- mutabile, ma uno spazio vivo che con- tirà al «Museo/Community», che si svi- sentirà agli attori del territorio e alla co- luppa su mega byte invece che su metri munità culturale e scientifica di aggiorna- quadrati, una crescita senza limiti e l’ac- re i contenuti, fornire nuovi contributi, uti- cesso a ogni tipologia di archivio (docu- lizzare i materiali per fare del Museo lo menti, immagini, video, registrazioni au- spazio per la «memoria viva» e la cultura dio, ecc.). All’interno dello spazio, reale delle alluvioni, della prevenzione, della e virtuale, ogni partner potrà allestire il ricostruzione. proprio spazio, esporre le proprie memo- Tutti i materiali raccolti nelle attività rea- rie e le proprie eccellenze, contribuire in lizzate e grazie al contributo di cittadini e maniera autonoma all’aggiornamento dei partner, saranno resi accessibili in uno propri contenuti, usare lo spazio come ve- spettacolare database di immagini, saggi, trina rimandando al proprio sito istituzio- documenti divulgativi, testimonianze. nale o al proprio archivio per approfon- Il «Museo/Community» sarà realizzato in dimenti, condividere il proprio archivio in collaborazione con l’Università di Firen- toto o in parte per alimentare un Archivio ze, ispirandosi alle eccellenze internazio- generale divulgativo, collaborare con il nali in grado di attrarre milioni di contat- proprio archivio alla realizzazione di una ti e di visitatori reali (uno su tutti: le Smith- App che sarà basata su una Bibliografia ge- sonian Libraries contano 28 milioni di vi- nerale organizzata per temi e sottotemi, sitatori reali l’anno e 99 milioni di contatti consultabile in maniera semplice e chia- sul Web), puntando a creare il primo gran- ra da tutti gli interessati. de Repository italiano degno del confron- to con illustri esempi quali il Louvre, il British Museum, il Moma e molti altri e a La grande risorsa della resilienza farlo divenire il primo Repository mon- diale in materia di acqua, alluvioni, soli- I grandi temi cardine del «Museo/Com- darietà e memoria. munity» acquisteranno sempre maggior Il «Museo/Community», plurilingue, sarà visibilità e valore, man mano che i part- costruito con l’apporto di tutti i soggetti del ner aderiranno al progetto. Il ruolo del tes- Comitato e con alcuni grandi alleati capaci suto produttivo, del mondo economico, di supportare un percorso di internazio- delle aziende, delle imprese, delle indu- nalizzazione improntato alla Corporate strie, delle associazioni di categoria che le Social Responsibility. Oltre ai tradiziona- rappresentano, sarà rilevante sotto molti li partner nazionali puntiamo a creare una punti di vista. rete interuniversitaria internazionale lega- Innanzitutto da quello della raccolta del- ta alla resilienza, alla difesa dall’acqua, la memoria. In quei primi giorni di no- alla cultura del patrimonio, alle tematiche vembre del 1966, oltre a Firenze buona

265 parte della pianura Toscana finì sott’acqua 10mila dipendenti, perfino alcune scuole e migliaia di aziende, grandi e piccole si promossero una raccolta fondi tra inse- ritrovarono in ginocchio nel fango, esat- gnanti e studenti. Potremmo continuare tamente come la maggior parte dei nego- all’infinito, elencando contributi, dona- zi e delle attività fiorentine. Per citare so- zioni in denaro, interventi di manuten- lo alcuni esempi, l’editore «Giunti» do- zione, sostituzioni di merci danneggiate. vette buttare 500 camion di libri ormai Esemplare fu il caso di ANIBO. L’«Asso- inutilizzabili e i pavimenti dei magazzini ciazione Nazionale Italiana Buying Offi- erano talmente compromessi da rischiare ces», grazie al coinvolgimento in prima il crollo totale. Furono devastate grandi persona del suo presidente, Enzo Tayar, aziende come «Piaggio» e «Menarini», i del grande stilista Emilio Pucci (allora par- cui dipendenti furono determinanti per ri- lamentare) e del presidente della Camera prendere al più presto l’attività, e un’infi- di Commercio Americana a Firenze, Giu- nità di ditte di ogni categoria. Molte, sep- seppe Fantacci, che si recarono apposita- pure in alcuni casi avendo nel corso de- mente a New York, si fece tramite per una gli anni cambiato denominazione e ra- raccolta di somme presso aziende statu- gione sociale, hanno certamente conser- nitensi che intendessero finanziare la ri- vato documenti e testimonianze che po- presa di circa 300 imprese artigiane allu- tranno contribuire ad arricchire e rendere vionate che non disponevano di mezzi sempre più interessante il padiglione inti- propri necessari per poter ricominciare a tolato al tema dell’Economia del «Mu- lavorare. L’adesione al progetto fu tale che seo/Community». in pochi giorni furono raccolti Il medesimo padiglione accoglierà anche 836.900.000 di Lire, pari a circa le aziende, nazionali ed estere, che allo- 1.350.000 Dollari. La somma confluì in un ra si adoperarono in vari modi a sostene- fondo appositamente istituito e denomi- re la ripresa dando vita, di fatto, sponta- nato «A.L.F.A. Fund» (American Loans to neamente, a uno dei primi grandi esempi Florentine Artisans – Prestiti americani per di Responsabilità Sociale d’Impresa su lar- gli artigiani fiorentini), che erogò, per il ga scala, modello che poi avrebbe fatto tramite di alcune banche, i prestiti. Alla scuola per codificare la cosiddetta CSR – scadenza, le somme prestate furono resti- Corporate Social Responsibility. Gli esem- tuite per la quasi totalità. La solidarietà e pi da raccontare sono numerosissimi. «Eli la fiducia erano state ben riposte e ono- Lilly» sostituì a proprie spese tutti i far- rate. maci ormai inutilizzabili, «Marzotto» so- Quando il Sindaco Bargellini si recò, co- stituì tessuti e articoli danneggiati, «Bui- me già accennato in precedenza, negli toni» distribuì gratuitamente 50mila va- Stati Uniti nella primavera del 1967, visi- setti di omogeneizzati e 20mila succhi di tando una decina tra le città più importanti, frutta per i bambini, la società francese lo fece in primis per ringraziare quanti «Ente Zuccheri» inviò 10mila scatole di avevano aiutato tanto generosamente Fi- zucchero, «Olivetti» riparò gratuitamente renze in uno dei più difficili momenti del- tutte le macchine per ufficio, «Shell» Ita- la sua storia, ma anche per rilanciarne liana permise l’allacciamento per il fab- l’immagine a livello internazionale. Fi- bisogno di energia elettrica, Esso fornì renze era più bella di prima. Grazie alla 120mila litri di gasolio al Comune di Fi- solidarietà del mondo intero la città e la renze, «Ignis» donò una somma in dena- regione non solo si erano risollevate dal ro pari a mezza giornata di lavoro dei suoi disastro, ma si presentavano nuovamente

266 La grande alluvione per quello che erano state in passato, cul- fusione dei messaggi, dei contenuti, dei le del Rinascimento, incarnando così un valori, delle opportunità. Nella condivi- antesignano esempio di ciò che oggi vie- sone. Senza la quale la solidarietà non ne chiamato «resilienza», termine mutua- guadagna la forza necessaria a raggiun- to dalla capacità di un materiale di assor- gere gli obiettivi che si pone. bire un urto senza rompersi. Proprio alla Memoria Viva/Living Memory sarà il luo- resilienza delle città d’arte sarà dedicato go in cui poter trovare tutto questo, in cui un convegno organizzato a Roma, nel- poter fruire di ciò che contiene in varie lin- l’ottobre 2016, cui interverranno tutte le gue, promuovere discussioni, aderire a accademie scientifiche del mondo, invitate communities per temi, contribuire all’ag- dall’Accademia dei Lincei, illustre mem- giornamento e all’implementazione di bro del Comitato promotore del Progetto quanto vi è contenuto, organizzare even- «Firenze2016». ti virtuali e reali, prendere parte a sessio- ni di aggiornamento, presentazioni, lanci di iniziative, progetti partecipativi. Una nuova stagione di Rinascimento La rete degli attori toscani crescerà sem- pre più all’avvicinarsi di novembre. Alle Quello che ci proponiamo – traguardo am- istituzioni e associazioni territoriali si so- bizioso, non c’è che dire, ma non ci piace no aggiunte le reti dei comunicatori, che vincere facile – è di far rivivere, a partire hanno supportato, nel febbraio 2016, l’e- dal cinquantesimo anniversario dell’allu- vento su comunicazione e resilienza al vione, a Firenze e alla Toscana una nuova «Politecnico» di Milano, mettendo a si- stagione di Rinascimento, di riportarle al stema, col supporto di «Prima Comunica- centro della scena internazionale quali me- zione», gli strumenti di network («Memo- te privilegiate, uniche, per la capacità di riaviva2016» su Facebook e Twitter), le offrire, diffondere, promuovere Cultura, Am- università, le organizzazioni dei giovani biente, Produttività di prim’ordine. che si offrono come «angeli 4.0» a rac- Quale modo migliore se non quello di cogliere il modello di solidarietà e parte- mettere a sistema un’esperienza come cipazione simboleggiato nel 1966 dagli quella nata nel 1966, acquisirne la com- «angeli del fango». A questi si aggiungo- plessità della memoria e trasformarla in no giorno dopo giorno le grandi aziende, un modus operandi stabile e condiviso tra le ambasciate, le scuole in un grande pro- tutti gli attori di un territorio che parte da cesso di inizio di un nuovo racconto. Firenze, si allarga alla Toscana, all’Italia, Ecco, è in questo modo, secondo noi, che al mondo? Le tecnologie di oggi, la faci- la memoria non muore, che si attualizza lità di connettersi e mantenersi in contat- e che diventa costante opportunità. Noi, to in modalità multicanale e attraverso una per ritornare all’apertura di questo artico- pluralità di strumenti, non potranno che lo, con Saramago, ce ne prendiamo la re- agevolare il lavoro, soprattutto nella dif- sponsabilità.

267 L’ACQUA NEMICA di Concetta Bianca

Il Convegno L’acqua nemica, tenutosi a Firenze all’inizio dello scorso anno, ha avuto l’obiettivo di ricostruire storicamente le vicende legate alle alluvioni che hanno colpito la città nel corso dei secoli, sulla base dei documenti, delle fonti storiche e narrative, delle iscrizioni lapidarie. Sono stati focalizzati alcuni interessanti temi di ricerca per cercare di individuare le reazioni degli abitanti delle zone colpite e di ricostruire i progetti e le opere per arginare la pericolosità del fiume. Un primo passo verso la realizzazione di un Centro di documentazione bibliografica e di studi sulle alluvioni che possa costruttivamente lavorare sul tema, al di là della dimensione puramente commemorativa legata all’anniversario del disastro del 1966.

Un Convegno per riflettere SAGAS 1: lo scopo è stato quello di rico- struire storicamente, fin dalla testimo- In occasione del cinquantesimo anniver- nianza di Tito Livio, che segnalava la pe- sario dell’alluvione del 1966 a Firenze, le ricolosità del fiume Arno, le alluvioni che iniziative rivolte a ricordare e a raccogliere nel corso dei secoli hanno colpito la città testimonianze orali e scritte di quell’evento di Firenze, sulla base delle fonti storiche hanno già iniziato a moltiplicarsi. In tale narrative, dei documenti, delle iscrizioni contesto è stato organizzato il Convegno lapidarie, ecc., nel tentativo di capire qua- L’acqua nemica, che si è svolto il 29 e 30 li siano state le reazioni dei fiorentini, qua- gennaio 2015 presso la Biblioteca Uma- li i progetti per arginare la pericolosità del nistica dell’Università di Firenze, su ini- fiume, quali le realizzazioni. Gli interventi ziativa del Dipartimento di Lettere e Filo- del Convegno hanno dunque ripercorso sofia in collaborazione con il Dipartimento episodi e situazioni molteplici e differen-

268 La grande alluvione ziate, a partire dalla prolusione di Ales- stica, che coordina un gruppo di ricerca sandra Bartolomei Romagnoli rivolta al te- sul tema, è quella di istituire un Centro di ma biblico delle acque tra la fine del mon- documentazione bibliografica e di studio do antico e i primi secoli del monachesi- delle alluvioni, che dovrebbe avere la sua mo, a cui ha fatto seguito il richiamo al- sede all’interno della Biblioteca Umani- l’atteggiamento variegato degli umanisti, stica: la realizzazione di questo Centro di e di Leonardo in particolare (Claudio Pe- studio, non legato ad anniversari o singo- lucani). Facendo un bilancio del Conve- le manifestazioni, potrebbe costituire uno gno, i cui atti sono in corso di pubblica- stabile punto di riferimento per le ricerche zione presso la rivista «Medioevo e Rina- e gli studi sulle alluvioni, comprese quel- scimento» dell’Università di Firenze, è le delle città d’arte. emersa in primo luogo la non ecceziona- Qui di seguito i titoli delle relazioni: Ales- lità dell’alluvione del 1966 se raffrontata sandra Bartolomei Romagnoli, L’acqua alle innumerevoli testimonianze delle al- nell’immaginario dei monaci tra tardo an- luvioni precedenti, come ad esempio quel- tico e alto medio evo (secoli IV-IX); Fran- la del 1333, sulla quale sono intervenuti cesco Salvestrini, Le inondazioni a Firen- Francesco Salvestrini, Marco Frati e, sulla ze e nella valle dell’Arno dal XII al XVI base delle testimonianze epigrafiche, secolo; Gerit Kaspar Schenk, Friends or Tommaso Gramigni; di pari passo è emer- For? Negotiating the future on the exam- sa anche la tendenza, nel corso dei seco- ple of dealing with the rivers Arno and li, a dimenticare facilmente, rimuovendo Rhine in the Renaissance (ca. 1300-1600); da un lato la memoria e dall’altro affi- Marco Frati, L’assetto dell’Arno a monte dandosi all’ala protettrice dei santi. So- e a valle di Firenze nel 133: ecofatti, ma- prattutto è stato importante mettere a con- nufatti e misfatti intorno al «Grande dilu- fronto l’esperienza fiorentina con altre ana- vio»; Tommaso Gramigni, La memoria loghe situazioni, come ad esempio le inon- epigrafica dell’alluvione dell’Arno del dazioni dell’Arno nel contado fiorentino 1333; Concetta Bianca, Gli umanisti e le (Francesco Ricci), le alluvioni del Tevere alluvioni; Claudio Pelucani, Leonardo: (Anna Esposito), le alluvioni del Reno in l’acqua, i diluvii, il diluvio; Anna Esposi- Germania (Gerit Kaspar Schenk), in quan- to, Le alluvioni del Tevere a Roma tra Me- to solo cercando di incrociare le fonti e dioevo e Rinascimento; Francesco Ricci, mettendo a confronto situazioni geografi- Taglio del bosco, dilavamento delle acque che e temporali diverse è possibile indivi- e inondazioni nel bacino dell’Arno du- duare i connotati di un determinato pro- rante la seconda metà del Cinquecento; blema; altrettanto importante è stato ana- Leonardo Rombai, Saida Grifoni, L’Arno lizzare il fenomeno in un arco temporale e le sue inondazioni fra Sei e Ottocento; lungo, dal Cinquecento al XIX secolo (Leo- Ignazio Becchi, L’alluvione del 1966 a Fi- nardo Rombai e Saida Grifoni, Ignazio renze. Appunti sulla percezione; Floriana Becchi). La proposta, avanzata al termine Tagliabue, Il progetto di documentazione del Convegno ed illustrata da Floriana Ta- per il Cinquantenario dell’alluvione del gliabue, direttore della Biblioteca Umani- 1966.

1 Dipartimento SAGAS (Storia, Archeologia, Geografia, Arte e Spettacolo) dell’Università di Firenze (n.d.r).

269 ACQUA E PAESAGGIO: UNA RELAZIONE INSCINDIBILE di Michele Ercolini

Affrontare il tema dell’acqua è affrontare il tema del paesaggio. Il paesaggio fluviale rappresenta una fonte straordinaria di informazioni e racchiude il senso del legame fra comunità, città e territorio. Un legame identitario che permane nonostante le scriteriate politiche di sfruttamento del territorio e che giustifica la crescente esigenza di una riconoscibilità dei luoghi da parte della popolazione. È in sintonia con tale sensibilità, la formulazione di un «Decalogo progettuale» per uno sviluppo più equilibrato, vivo e dinamico di un sistema complesso com’è quello del paesaggio.

«Fiume, valle, gente, caro tutto, e voi La questione dei paesaggi fluviali lettori credete a un vecchio, non aspet- tate la vecchiaia per conoscere questi Affrontare la questione dei paesaggi fluviali spazi orizzontali sempre irraggiungibili e significa confrontarsi – anzitutto – con la raggiunti, ogni mezzo è buono, a piedi, complessità dell’elemento acqua, liquido in auto, una barca, l’eterna bicicletta, incolore e insapore, alla base del diveni- col sole e con la nebbia, ma sì, con la re geologico, origine dell’umanità, «oro nebbia, che inventa essa stessa paesaggi blu» del pianeta, protagonista dinamico e e dona qualche cosa in più alla nostra camaleontico del territorio e del paesag- dimensione». gio, con valenze simboliche, rituali e me- (Cesare Zavattini) moriali difficilmente eguagliabili.

270 La grande alluvione

Così come non è immaginabile l’uomo proprio fiume, generoso portatore di vita, senz’acqua, è altrettanto impensabile un suoni e colori, imprevedibile elemento del paesaggio senz’acqua: «(…) tutte le fonti paesaggio mai eguale a se stesso. sono concordi nell’indicarla come ele- All’origine di tutto c’è sempre e comun- mento principale del paesaggio insieme que l’acqua, un fiume, un affluente. alla terra con la quale costituisce la cop- La carta degli insediamenti umani corri- pia terrestre della vita, che dà origine al sponde a quella dei fiumi nel mondo. Dal- cosmo, a sua volta risultato di un’arte. Non la forza di un fiume, dal timore di alluvioni esiste arte senza l’acqua: è la lezione del dipendeva la potenza delle città e la loro or- mito. Sia divina che antropica, essa è sem- ganizzazione. I fiumi hanno strutturato nei pre umana» 1. secoli il paesaggio, hanno rappresentato im- Così come non è immaginabile l’uomo portanti vie di comunicazione e allo stesso senz’acqua, è altrettanto impensabile un tempo ostacoli. Scrittori, pittori e poeti han- paesaggio senz’acqua, acqua che assume no descritto i fiumi, li hanno amati e fatti le forme più svariate: dai fiumi, ai torren- amare, rivelandone le forme agli sguardi. ti, ai rii, dai laghi grandi e piccoli racchiusi All’origine di tutto c’è sempre e comunque in un perimetro netto e regolare alle zo- l’acqua, un fiume, un affluente: «(…) l’ac- ne lacustri e di palude, ove non esiste un qua che andava era tutto. (…) Prima di es- vero confine fra acqua e terra. sere dimenticata dalla politica, intubata, All’origine di tutto c’è sempre e comun- (…) imprigionata, prosciugata (…), rettifi- que l’acqua, un fiume, un affluente. cata dai signori del cemento, inquinata dal- Ogni storia dei popoli è legata ad un cor- le industrie (…), l’acqua era il luogo del- so d’acqua, e il futuro di ogni comunità non l’amore, della pesca, dei giochi dei bambi- avrebbe senso senza la salvaguardia del ni, della villeggiatura e della bicicletta» 2.

271 Un «documento storico vivente» che oggi si riflette nella sempre più cre- scente «domanda di paesaggio» e nella Il paesaggio fluviale, con il suo accumu- conseguente richiesta di qualità e ricono- lo di segni passati e presenti, può inter- scibilità dei luoghi (d’acqua, ma non so- pretarsi come «fonte di informazioni», «re- lo) da parte di strati sempre più ampi di gistro aggiornato di storia sociale», «do- popolazione. cumento storico vivente» che racchiude e A guardar bene, la ricerca di identità e riassume il senso del legame fra comu- senso d’appartenenza ci segnala un «ma- nità, città e territori. lessere» più profondo, riconducibile (an- Leggere il paesaggio fluviale attraverso la che) «(…) ai processi di globalizzazione e memoria, per riconoscere il ruolo del fiu- ai loro contraddittori effetti di omologa- me nelle vicende storiche, economiche, zione, (...) in grado di recidere i legami del- artistiche, culturali, nelle vocazioni e nei la gente coi luoghi, di minare il radica- condizionamenti dei territori, dei paesag- mento territoriale delle formazioni socia- gi e delle città che attraversa. li, di accelerare i processi di de-territoria- Leggere il paesaggio fluviale attraverso la lizzazione» 3. «Malessere» che colpisce – memoria, per meglio comprendere la sto- sempre più spesso – le realtà fluviali pros- ria e le ragioni del divenire dei luoghi e sime alle centralità urbane ed extraurbane. del loro dare forma ai caratteri che ne fan- Se quando parliamo di progetto di pae- no dei paesaggi. saggio pensiamo «(…) a un principio di Leggere il paesaggio fluviale attraverso la appartenenza alla cultura di una comu- memoria come indagine sui perché e sui nità, che si esprime nella ricerca di valori modi in cui si stabilisce, lievita e muta il primari di identità (…)» 4, è altrettanto ve- rapporto di una città con il proprio terri- ro come tali valori siano oggi del tutto igno- torio, il proprio fiume. rati proprio entro la pianificazione dei pae- Leggere il paesaggio fluviale attraverso la saggi fluviali, che tende a ridurre il corso memoria significa interpretare il paesag- d’acqua a semplice «sfondo», «retro», im- gio dei corsi d’acqua come risultato di un pedendogli di possedere quella forza in- processo dinamico guidato dalle forze del- dispensabile per farne crescere il ruolo nel- la natura (legate ad una data condizione le politiche urbanistiche e territoriali e, più morfologica, climatica, vegetale, eccete- in generale, nella cultura del quotidiano. ra) ma influenzato, anche e soprattutto, da quelle scaturite dalla società, dalla sua sto- ria, dai condizionamenti interni ed ester- Come riappropriarsi dei corsi d’acqua ni, presenti e passati. Ecco perché, di fronte a questo quadro (de- solante e preoccupante), il primo passo non Senso d’appartenenza può che muoversi verso il rafforzamento, il ripristino o la costruzione ex-novo del sen- Per indagare il rapporto «acque – fiumi – so di appartenenza delle comunità verso i paesaggi» è indispensabile partire da un corsi d’acqua, attraverso una serie di azio- contesto più ampio, uno «sguardo» in gra- ni dirette a tal fine: la ricucitura di quel si- do di includere problematiche ancora stema di connessioni funzionali, identitarie aperte e complesse. e percettive tra gli spazi fluviali e i luoghi Mi riferisco, in particolar modo, alla ri- dell’abitare e dell’agire, recuperando e ri- cerca di identità e senso d’appartenenza qualificando, in particolare, gli ambiti pros-

272 La grande alluvione simi alle città; l’innesco di «effetti volano» comune di riferimenti culturali-disciplinari per la tutela dei valori identitari e memoriali e di opzioni strategiche per favorire l’e- che il corso d’acqua esprime, anche con il mergenza dei caratteri identitari ricondu- coinvolgimento diretto delle comunità lo- cibili ai paesaggi fluviali, consentendone cali e dei maggiori portatori di interesse pub- la riscoperta, il governo, la valorizzazio- blici e privati; la promozione delle cosiddette ne nell’ottica di uno sviluppo più equili- «consuetudini ricreative» in grado di far ri- brato, vivo e dinamico dell’intero sistema. scoprire attività come la navigazione (in bar- L’apparato di criteri, strategie e approcci ca, canoa, kayak) e di stimolare la pratica alla base di tale «piattaforma» può ricon- (oggi perduta) dell’«andar per fiumi» (a pie- dursi entro un sistema di azioni chiave di, in bicicletta, a cavallo, eccetera). (una sorta di «Decalogo progettuale») co- Solo così si può riscoprire il corso d’ac- sì strutturato. qua e l’universo articolato delle sue di- 1. Promuovere politiche in grado di inci- versità. dere sui processi di conoscenza e di ri- Solo così si può restituire alle comunità scoperta dei sistemi fluviali (realtà spesso una storia in cui identificarsi, un segno at- ignote o trascurate, ma ancora straordina- torno a cui riunirsi. riamente ricche di risorse e di valenze cul- Solo così si può leggere il fiume quale fat- turali), incoraggiando strategie atte a faci- tore di sviluppo, volano e baricentro di un litare l’ascolto e la partecipazione. diverso e più «sano» modo di intendere il 2. Favorire la comprensibilità, oggi sem- rapporto uomo-territorio-paesaggio, «(…) pre più sbiadita, del senso e del valore del irrinunciabile marchio morfologico che corso d’acqua, «segno» che per secoli ha connota l’identità storica e culturale dei rappresentato la spina dorsale del pae- territori attraversati, (…) suggestivo accu- saggio, «generatore di territorialità», «ri- mularsi di scenari che esprimono il com- ferimento culturale collettivo», «bene co- plesso interagire tra condizioni naturali e mune», elemento predominante della sce- interventi umani» 5. na paesaggistica. 3. Riscoprire nei corsi d’acqua «(…) non solo il significato insostituibile di connes- Un «Decalogo progettuale» sione ed organizzazione ecologica, non solo di strutturazione del paesaggio, ma Quello che sfugge (ancora oggi) nella pia- anche essenziali e riconoscibili “infrastrut- nificazione dei corsi d’acqua sono le re- ture culturali”. Cogliere insomma le istan- gole e, soprattutto, le motivazioni che col- ze di una nuova Civiltà delle acque basa- legano la risorsa acqua agli equilibri am- ta sulla consapevolezza delle poste in gio- bientali, ai risvolti socio-economici, alle co, sulla condivisione degli obiettivi e de- scelte urbanistiche, alla progettazione di gli interessi vitali e sulla partecipazione col- nuovi paesaggi. lettiva alle scelte di gestione e di tutela» 6. Essendo il paesaggio, e in particolar mo- 4. Far emergere il valore del fiume quale do il paesaggio fluviale, un sistema com- sovrapposizione di assetti sviluppatisi nel plesso non riconducibile alla semplice tempo, in un continuo accordarsi tra forze sommatoria delle parti, l’apparato di cri- naturali ed esigenze dell’uomo, capace di teri, strategie e approcci necessario per ri- modificare/condizionare i territori e i pae- spondere (concretamente) alla «questione saggi e, al tempo stesso, a far parte di essi. progettuale» deve muoversi in una preci- 5. Leggere il fiume non come semplice sa direzione: costruire una «piattaforma» striscia d’acqua ma quale sistema com-

273 plesso di relazioni (visive, ecologiche, fun- mo, città, fiume, imponendo, fin dove pos- zionali, ambientali, paesaggistiche, urba- sibile, la restituzione al corso d’acqua de- ne, storico-culturali) che conserva una for- gli spazi che gli competono. A guardar be- te presenza strutturante il territorio, siste- ne non si tratta proprio di una novità. Un ma che può/deve interferire-interagire con esempio: anno 1797, autore Giovanni Tar- tutte le attività di pianificazione. gioni Tozzetti, destinatario il Granduca di 6. (Ri)Collocare il corso d’acqua al centro Toscana Pietro Leopoldo, questione del- dei programmi, dei piani urbanistici e pae- l’alluvione dell’Arno del 1333: «(…) Una sistici, e più in generale, in ogni tipo di in- legittima vendetta del fiume; l’imprevi- tervento correlato a processi di trasforma- denza dell’uomo aveva fatto il possibile zione del territorio, così da restituire al per portar via all’Arno una striscia del suo fiume il ruolo di fattore guida nella defi- giusto e necessario letto, pretendendo di nizione del sistema delle scelte. obbligarlo a camminare per una fossa au- 7. Prendere atto delle rilevanti intercon- gusta e strozzata. (…) Ma l’Arno seppe nessioni che nei tempi della storia sono esi- vendicarsi ed armata mano ricuperare il stite (e esistono tuttora) tra il governo dei suo necessario letto. Il rapporto con le fiumi e il governo della società e dello Sta- inondazioni non deve essere di opposi- to. Del resto, «(…) chi governa le acque di- zione, bensì di adattamento (…)» 8. rige lo Stato; e quando manca un governo 9. Trovare un giusto equilibrio tra le stra- del fiume si ha carenza di Governo nel Pae- tegie che vogliono il territorio e il paesag- se. (…) Che al dissesto idrogeologico, al di- gio fluviale al «servizio» delle infrastruttu- sordine idraulico, allo sfasciume geologico, re e quelle che, al contrario, vorrebbero far al ricorrente dramma delle alluvioni corri- dipendere le infrastrutture dalle esigenze sponda (e ne sia causa principale, o addi- del territorio e del paesaggio. «Questo pun- rittura una sconvolgente diretta manifesta- to di equilibrio non può che essere l’esito zione) un vero dissesto istituzionale del no- di una sapiente cultura progettuale (…) in stro Paese, è ormai convinzione in via di grado di individuare, volta per volta, le me- diffusione in diversi ambienti» 7. diazioni più accettabili culturalmente e condivisibili socialmente» 9. 10. Mettere a sistema tutte le eccellenze Indispensabili azioni strategiche storico-culturali e paesistico-ambientali connesse al corso d’acqua (i «paesaggi ec- Le sempre più frequenti e devastanti tra- cezionali» della Convenzione Europea del gedie svelano, oggi come ieri, un fatto evi- Paesaggio-CEP), coniugandole sia con la dente quanto indiscutibile: si è costruito e valorizzazione e riscoperta dei paesaggi si costruisce troppo e, cosa ancora più gra- della quotidianità («paesaggi ordinari», cfr. ve, si è costruito e si costruisce dove non CEP), sia con opportunità di rilancio e svi- si dovrebbe; si è costruito e si costruisce luppo socio-economico e ambientale per dove e come prima e, cosa ancora più gra- i «paesaggi degradati» (cfr. CEP). ve, si è costruito e si costruisce senza una visione sistemica e a lungo termine. Preso atto di tutto ciò, il «Decalogo pro- Un lungo cammino gettuale» non poteva non includere tre ul- teriori e indispensabili azioni strategiche. Indubbiamente, il cammino da compiere è 8. Sollecitare un cambiamento radicale ancora lungo, ma questo non ci deve inti- nel modo di intendere il rapporto tra uo- morire perché se non possiamo farci carico

274 La grande alluvione di cambiare tutto entro domani, possiamo, in L. Verdelli (edited by), Sustainability in o meglio, dobbiamo sentirci responsabili di heritage protected areas, Ed. Drukarnia sviluppare o di (ri)creare dal nulla, se ce ne JAKS, Wroc_aw 2015. fosse bisogno, una Cultura dell’acqua ade- M. Ercolini (a cura di), Acqua! Luoghi / guata, una metodologia d’intervento appo- Paesaggi / Territori, Aracne, Roma 2012. sita, unitamente ad un rinnovato sistema di M. Ercolini, Cultura dell’acqua e proget- governo che permetta al fiume di riconqui- tazione paesistica, Gangemi, Roma 2010. stare il suo ruolo di protagonista, la sua lo- M. Ercolini, Dalle esigenze alle opportu- gica di catalizzatore delle politiche di svi- nità. La difesa idraulica fluviale occasio- luppo urbano e, soprattutto, una rinnovata ne per un progetto di «paesaggio terzo», dinamicità ambientale, spaziale e percetti- Firenze University Press, Firenze 2006. va, tornando ad essere parte integrante e R. Gambino, Difesa del suolo e pianifica- strutturante del paesaggio storico ed identi- zione territoriale: il caso del Po, in M. Er- tario delle nostre città. colini (a cura di), Fiume, paesaggio, dife- In questo senso, «luoghi dell’eccellenza» sa del suolo. Superare le emergenze co- (associazioni, centri di ricerca, fondazio- gliere le opportunità, FUP, Firenze 2007. ni, network) nonché iniziative di interes- P. Rumiz, Quelle gloriose vie d’acqua che se nazionale ed internazionale – come il hanno fatto la nostra storia, «la Repubbli- Progetto «Firenze2016», assumono un ca», 16 luglio 2005. ruolo chiave. Anzi, le loro sfide, il loro im- S. Schama, Paesaggio e memoria, Mon- pegno, la loro visione (a lungo termine) e dadori, Milano 1997. i traguardi raggiunti e da raggiungere in- A. Silvestri, Il governo della risorsa fiume, dicano quanto la strada verso un (buon) in V. Calzolaio (a cura di), La risorsa fiu- governo del «sistema fiume» sia percorri- me, Il Lavoro Editoriale, Ancona 1983. bile e con successo. E. Turri, La conoscenza del territorio. Me- todologia per un’analisi storico-geografi- ca, Marsilio, Venezia 2002. Riferimenti bibliografici M. Venturi Ferriolo, L’acqua nel paesaggio tra mito e storia, Atti del Convegno L’ac- A. Clementi, Infrascape. Infrastrutture e qua nel paesaggio costruito: mito, storia, paesaggio, Mandragora, Firenze 2003. tecnica, Ed. TEMI, Trento 2002. M. Ercolini, Culture de l’eau et projet de F. Zagari, Questo è Paesaggio. 48 definizio- paysage: annotations pour une réflexion, ni, Gruppo Mancosu Editore, Roma 2006.

1 M. Venturi Ferriolo, L’acqua nel paesaggio tra mi- «Architettura del Paesaggio», n. 17, Ottobre/Dicem- to e storia, Atti del Convegno L’acqua nel paesaggio bre 2007, Supplemento «Overview». costruito: mito, storia, tecnica, Terme di Comano, 6 R. Gambino, Difesa del suolo e pianificazione ter- 29-30 settembre 2000, Ed. TEMI, Trento 2002, pagg. ritoriale: il caso del Po, in M. Ercolini (a cura di), Fiu- 6 e 12. me, paesaggio, difesa del suolo. Superare le emer- 2 P. Rumiz, Quelle gloriose vie d’acqua che hanno genze cogliere le opportunità, Firenze University fatto la nostra storia, «la Repubblica», 16 luglio 2005. Press, Firenze 2007, pag. 217. 3 R. Gambino, I paesaggi dell’identità europea, Prolu- 7 A. Silvestri, Il governo della risorsa fiume, in V. Cal- sione all’Inaugurazione dell’Anno Accademico 2003- zolaio (a cura di), La risorsa fiume, Il Lavoro Ed., An- 2004, Politecnico di Torino, Torino 19 gennaio 2004. cona 1983, pagg. 46-47. 4 F. Zagari, Questo è Paesaggio. 48 definizioni, Grup- 8 G. Targioni Tozzetti in G. Forneris, G. Perosino, M. po Mancosu Editore, Roma 2006. Trassero, L’imbroglio Idrogeologico, Ciriè 2000. 5 F. Vallerani, Le acque interne come patrimonio: 9 A. Clementi, Infrascape. Infrastrutture e paesaggio, dalla qualità ambientale agli usi turistico-ricreativi, Mandragora, Firenze 2003.

275 MONITORANDO L’ARNO di Simona Francalanci, Enio Paris e Luca Solari

Quanto è stato fatto a distanza di mezzo secolo dal disastroso evento del 1966 per proteggere la città di Firenze dalle alluvioni? È anche per dare una risposta a tale domanda che il Progetto «Firenze2016» ha istituito un Comitato di Monitoraggio dell’Arno. Sono state messe in opera una serie di misurazioni nel tratto metropolitano del fiume con lo scopo di comprenderne correttamente il comportamento durante le piene e i periodi di magra e capire lo stato del suo alveo. Conoscere il fiume, quindi, è la via maestra per prevenire i danni di future esondazioni.

Un fiume ancora poco conosciuto timato nel 1998, e le casse di espansione in corso di costruzione a monte di Firen- A distanza di 50 anni dall’alluvione di Fi- ze, non forniscono ulteriori contributi si- renze del 1966, un evento tragico il cui gnificativi alla riduzione del rischio nei ricordo è ancora vivo nella memoria col- confronti dell’evento di piena del 1966. lettiva, è naturale guardare indietro e fare Tuttavia, le valutazioni dell’efficacia degli il punto della situazione su ciò che è sta- interventi già realizzati e di quelli futuri si to fatto per proteggere la città di Firenze basano ancora oggi su una conoscenza da future alluvioni. del fiume che non risulta adeguata a com- Negli anni 70 sono stati eseguiti interven- prenderne correttamente il comporta- ti relativi all’abbassamento delle platee del mento durante le piene e a capire lo sta- Ponte Vecchio e del Ponte a Santa Trinita, to del suo alveo e dei manufatti storici in finalizzati ad accrescere la capacità di esso presenti. transito delle piene del fiume Arno nel trat- Nella fase iniziale del Progetto «Firenze to cittadino, dal valore di 2700 mc/s a cir- 2016» è stato evidenziato come la cono- ca 3300 mc/s. Altri interventi successivi, scenza idraulica e morfologica del fiume come per esempio la realizzazione del- Arno sia limitata ai rilievi topografici del- l’invaso di Bilancino sul fiume Sieve, ul- le sezioni fluviali aggiornati al 2000, che

276 La grande alluvione tuttavia non consentono una descrizione di det- taglio del comporta- mento delle traverse, o pescaie, e dei ponti, ne- cessaria a capire l’effet- tivo comportamento del fiume durante l’attraver- samento delle portate di piena nel tratto urbano.

Conoscere la morfologia dell’alveo

Per questo motivo nel- l’ambito del Progetto «Firenze2016» è stata elaborata una pro- fondo dell’alveo. Infatti, dai dati del rilie- posta di attività di misure e di rilievi fina- vo batimetrico è possibile conoscere la lizzata a colmare, almeno in parte, le at- morfologia dell’alveo, la localizzazione di tuali lacune conoscitive. La proposta è sta- zone di erosione e di deposito, lo stato di ta finanziata da parte del Comune di Fi- conservazione delle opere di fondazione renze, «Publiacqua», l’Autorità Idrica To- dei ponti, dei muraglioni di contenimen- scana, l’Università di Firenze, il CERAFRI to e delle pescaie. Anche i dati delle zo- (Centro per la Ricerca e l’Alta Formazio- ne emerse sono acquisiti ad altissima ri- ne per la prevenzione del Rischio Idro- soluzione e consentono da una parte di in- geologico), che hanno dato vita ad un Co- tegrare il fiume con le opere costruite là mitato di Monitoraggio con l’obiettivo di dove presenti, dall’altra di avere informa- coordinare e realizzare il programma di at- zioni dettagliate sulla presenza della ve- tività di rilievo del fiume Arno nel tratto getazione ripariale, sul suo ingombro e cittadino. sulla sua interazione con i deflussi duran- La prima importantissima attività svolta te le piene. nel corso dell’anno 2015 è stato il rilievo Il tratto complessivamente rilevato si esten- batimetrico dettagliato del fiume Arno, af- de dal ponte di Varlungo fino a Ponte a Si- fidato alla ditta «Oikos Engineering», at- gna, in corrispondenza dell’immissione del traverso una tecnica di rilievo multi-beam fiume Bisenzio, per una lunghezza di qua- e laser-scanner ad altissima precisione: in si 18 Km. Il rilievo è stato suddiviso in sot- pratica gli strumenti sono posizionati su un to-tratti in funzione della navigabilità, del- mezzo natante che si muove lungo il fiu- le condizioni di accesso al fiume, della pre- me, il multi-beam acquisisce i punti del senza di rampe per consentire la calata del fondo alveo sommerso dall’acqua sfrut- gommone con la strumentazione con l’au- tando l’effetto acustico Doppler, mentre il silio di un braccio gru meccanizzato per il laser-scanner acquisisce i punti delle zo- sollevamento e la messa in acqua. ne emerse. Con questa tecnica di rilievo La conoscenza dettagliata della geometria è possibile ottenere una topografia molto del fiume Arno costituisce un importan- dettagliata e ad altissima risoluzione del tissimo passo avanti verso una modella-

277 zione idraulica accurata, in grado di ana- che misure della portata di magra del fiu- lizzare il contenimento o meno delle pie- me Arno, al fine di verificare il deflusso ne nel tratto cittadino, e di studiare gli ef- idrico minimo effettivamente presente nel fetti della vegetazione ripariale, del tra- fiume, soprattutto in periodi di scarsità del- sporto solido, e delle opere idrauliche qua- la risorsa idrica come quello estivo. Le mi- li ponti e traverse, sulla dinamica dell’al- sure sono state effettuate sia nella sezione veo e la stabilità dei manufatti. Lo studio di ponte alle Grazie con il metodo di ca- è attualmente in fase di sviluppo, attra- lata da ponte, che nella sezione a valle verso la collaborazione scientifica che si della traversa dell’Isolotto, dove il fiume è creata con il Comitato Tecnico Scienti- risulta facilmente guadabile in condizioni fico Internazionale (ITSC) e alcune uni- di magra. I valori di portata di magra mi- versità europee, quali il KTH in Svezia, e surati a luglio e settembre del 2015 con- l’Università di Berna in Svizzera. I primi fermano quanto la scorsa estate sia stata ec- risultati saranno presentati e discussi nel cezionalmente siccitosa. In alcuni casi, in- convegno che si terrà a maggio 2016. fatti, le portate misurate sono risultate in- feriori al valore di soglia di riferimento (no- to come Deflusso Minimo Vitale) previsto Il fiume in piena e in magra per il fiume Arno in centro a Firenze. Infine sono stati effettuati anche campio- Il programma del monitoraggio prevede namenti sedimentologici finalizzati a ca- inoltre una campagna di misure della por- ratterizzare le dimensioni del materiale tata liquida e del trasporto solido che mai del fondo alveo e delle aree di deposito prima erano state effettuate nel tratto citta- presenti. I campionamenti hanno interes- dino. Tali misure sono state avviate a par- sato sia lo strato superficiale presente nel- tire dal febbraio 2014 in occasione dei due l’alveo, ad es. corpi sedimentari ghiaiosi, eventi di piena significativi che hanno in- sia il sottostrato, che si è rivelato di di- teressato l’Arno. In corrispondenza della mensioni inferiori al previsto. Anche que- sezione del Ponte alle Grazie, una squadra sti dati sono fondamentali per una ade- di operatori specializzati ha effettuato mi- guata modellazione idraulica che tenga surazioni della velocità della corrente e del- conto della mobilità dei sedimenti che ca- la concentrazione dei solidi sospesi attra- ratterizzano il fondo alveo e del trasporto verso un metodo di calata degli strumenti solido durante le piene. da ponte. I dati ottenuti risultano molto pre- Le attività descritte concorrono ad una più ziosi per tarare i modelli idraulici e per co- approfondita conoscenza sia idraulica che noscere la portata solida trasportata dal fiu- morfologica del fiume Arno, in un conte- me anche ai fini della valutazione della sto storico e culturale di importanza in- qualità della risorsa e delle esigenze di trat- ternazionale quale quello della città di Fi- tamento ai fini idropotabili. renze, il cui patrimonio artistico e cultu- Oltre alle misure in condizioni di piena, rale deve essere preservato dal rischio del- nell’estate del 2015 sono state avviate an- le future alluvioni.

278 VEDI ALLA VOCE «RESILIENZA» di Lorenzo Giudici

In caso di disastro le comunità colpite reagiscono mettendo in atto risposte comportamentali che rendono evidenti le loro caratteristiche di fondo, sia in relazione all’ambito spaziale e temporale in cui l’evento avviene, sia per il grado di resilienza che esse manifestano. Il Progetto «Firenze2016», in collaborazione con l’Archivio Storico della Città di Firenze, ha messo in atto un percorso di studio sulla risposta della città all’alluvione del 1966. La pronta capacità di reagire che la città dimostrò in quella occasione sembra legata ad una particolare situazione economica e sociopolitica, che vedeva un grande protagonismo delle reti sociali costituite dalle parrocchie e dalle case del popolo. La domanda che oggi si pone è quale sarebbe, nella mutata situazione attuale, la resilienza della città ad un evento simile.

La «sociologia dei disastri» rezza e delle condizioni materiali di una comunità. Il «disastro» è una categoria fondamenta- Il principale obiettivo della «sociologia dei le delle scienze sociali: designa una serie disastri» consiste nello spiegare i proces- di avvenimenti che, pur se fortemente di- si che permettono di affrontare la rico- somogenei tra loro, condividono la capa- struzione di un ambiente che la calamità cità di produrre la percezione di una du- rischia di gettare «(…) nella confusione, ratura e sostanziale frattura dell’ordine so- nell’incertezza, nel conflitto interiore, nel- ciale, delle pratiche ordinarie, della sicu- l’isolamento psico-sociale, nell’ansia acu-

279 ta e inconoscibile, insieme ai vari sintomi ciali per indicare la risposta positiva di della depersonalizzazione» (Garfinkel una comunità colpita da una grave cata- 2011). strofe: quando un trauma sottopone a for- Dopo i primi pioneristici studi di Prince te tensione gli ordinari processi economi- all’inizio degli anni Venti, la disciplina si ci e sociali, la «comunità resiliente» è quel- è sviluppata negli Stati Uniti a partire da- la che riesce a trovare le energie e le ri- gli anni Cinquanta del Novecento. Se le sorse per reagire e avviare una rinnovata prime ricerche empiriche sono state effet- fase di sviluppo. tuate in ambito militare, con l’obiettivo di La resilienza, allora, convoca una serie di ricavare dalle indagini sui disastri avve- dimensioni fondamentali della ricerca so- nuti in tempo di pace indicazioni sulle ciale, come il regime socio-economico di conseguenze di un attacco militare con- una comunità; le diseguaglianze sociali; tro gli Stati Uniti e la sua popolazione ci- le caratteristiche delle reti sociali cui gli vile, in seguito la disciplina si è diffusa individui appartengono; il rapporto tra cit- nelle principali università statunitensi e, tadini e istituzioni; la capacità delle istitu- di lì, nel resto del mondo. Enrico L. Qua- zioni, dei corpi intermedi, dei gruppi di in- rantelli (1993) ne descrive così i princi- teresse e di altri gruppi informali, di orga- pali oggetti di studio: «Tra i problemi di nizzare gli sforzi della popolazione colpi- comportamento individuale studiati in mo- ta; il rapporto tra la scala locale e la scala do più approfondito vi sono state le rea- regionale, nazionale, globale: ognuna di zioni agli allarmi, i luoghi comuni circa il queste dimensioni concorre a determina- comportamento in caso di disastro, il com- re il grado di resilienza di una comunità. portamento nell’evacuazione e le conse- guenze dei disastri sulla salute mentale dei sopravvissuti. A livello di gruppo, mol- Firenze, un «caso di studio» to lavoro è stato svolto su come le orga- nizzazioni si adattino in modo differen- Una catastrofe rende evidenti le caratteri- ziato alle emergenze, sulle caratteristiche stiche della cornice spaziale e storica den- dei gruppi informali che si creano, la re- tro cui si manifesta. Alcuni eventi dram- lazione tra pianificazione, risposta orga- matici, incrociando un tessuto sociale già nizzativa e direzione delle emergenze di fragile, sono fonte di smisurato lutto per massa, i problemi inerenti alla mobilita- una comunità, mentre altre calamità, col- zione e alle comunicazioni in tali occa- pendo contesti più resilienti, si innalzano sioni e il coordinamento della comunità ben presto a momento esemplare dell’i- sulla base delle risposte fornite dalle di- dentità cittadina. A proposito scrive Sait- verse organizzazioni». ta (2015): «Il Grande incendio di Chica- In questo contesto, ha assunto un peso ri- go del 1871, che, nel giro di poco più di levante un concetto originariamente co- un giorno, uccise circa trecento persone niato in ambito psicologico: la resilienza. e lasciò priva di casa un terzo della po- Nelle discipline psicologiche, infatti, la re- polazione locale, composta all’epoca da silienza è descritta come la capacità di un circa 300.000 abitanti, è entrato a fare par- individuo di affrontare eventi traumatici te dei “miti fondativi” della città (Sawi- senza abbandonarsi alla disperazione, rior- slack 1995). La città post-incendio, infat- ganizzando tenacemente la propria vita ti, tramanda la narrazione di una popola- di fronte alle difficoltà. zione, di una economia e di un sistema di La categoria è così passata alle scienze so- scambi inscalfibili, sorretti dalla fiducia e,

280 La grande alluvione

per questo, immuni agli effetti del disa- ria di deprivazione che ha annientato una stro. Al contrario, il Terremoto di Messina città monumentale e ricca (Baglio e Bot- del 1908 colpisce una delle città portua- tari 2010)». li più importanti del Mediterraneo in una Il caso dell’alluvione che ha colpito Fi- fase di decadenza di quegli stessi scambi renze nel 1966 appartiene evidentemen- che ne avevano decretato la grandezza si- te alla prima specie. Inoltre, la resilienza no a poco prima. Complice certamente dimostrata dalla città in quell’occasione l’estensione del numero delle vittime (tra non appare un fatto isolato e contingen- 50 e 65.000 su un totale di circa 140.000 te, in quanto nell’ultimo millennio si con- abitanti), che determina, di fatto, l’an- tano almeno 56 alluvioni dell’Arno nel nientamento della borghesia imprendito- tratto urbano fiorentino, e numerose sono riale locale, la città dello Stretto precipita le testimonianze di contemporanei am- in una morsa di dipendenza inedita. E mirati dalla velocità e dalla tenacia con cui com’è ovvio, la memoria locale messine- i fiorentini hanno reagito alle avversità: la se, al contrario di Chicago, ricorda quel straordinaria continuità nei secoli del tes- sisma come l’evento da cui origina l’at- suto economico, architettonico e artistico tuale marginalità cittadina e come una sto- ne è la prima riprova.

281 La ricerca che il Progetto «Firenze2016», che, nella maggior parte dei casi, gli in- assieme all’Archivio Storico del Comune dividui reagiscono alle calamità con com- di Firenze, mi ha affidato riguarda innan- portamenti intrisi di responsabilità socia- zitutto la memoria del novembre 1966 e le e solidarietà. Firenze non è un caso ati- dei mesi successivi. Il tema è quello del- pico, al contrario, è un caso esemplare di la resilienza alle catastrofi da parte del tes- questa tendenza più volte riscontrata. La suto sociale fiorentino. La metodologia pronta e tenace opera di messa in sicu- scelta è la ricerca qualitativa: una raccol- rezza e di pulizia messa in atto dalla po- ta di storie orali dei testimoni dell’allu- polazione fin dalle prime ore, in assenza vione, con la volontà di cogliere quali for- di una forte regia istituzionale, compresa me di socialità esistenti hanno permesso la distribuzione di acqua e viveri e l’ospi- la resilienza dimostrata dalla città di Fi- talità riservata ai bisognosi, rappresenta renze in occasione dei drammatici even- una conferma a quanto raccolto dagli stu- ti del 1966. di sui disastri in merito ai comportamen- ti dei gruppi e degli individui. Ma, come accennato in precedenza, que- Attraverso il recupero delle memorie sta tendenza alla solidarietà e all’impegno necessita per attuarsi di alcune condizio- Attraverso il recupero delle memorie, cer- ni che hanno a che vedere principalmen- cheremo di descrivere le particolari con- te con le caratteristiche delle reti sociali dizioni storiche, economiche e sociali che che compongono il territorio. L’alluvione hanno garantito una pronta reazione del- del 1966 è arrivata in un momento di svi- la cittadinanza e delle istituzioni e l’atti- luppo delle forze produttive e ha colpito vazione di una rete di solidarietà locale, una comunità che era organizzata secon- nazionale e internazionale tanto efficace. do le forme di socialità tipiche dell’età for- Esploreremo con particolare attenzione il dista. nesso tra resilienza e partecipazione. Gra- Le memorie raccolte ci stanno confer- zie alla collaborazione con l’«Istituto Sto- mando i punti di forza di una simile or- rico della Resistenza» e all’«Archivio Sto- ganizzazione sociale nel fronteggiare un rico dei Movimenti di Quartiere» rico- evento drammatico. La letteratura, infatti, struiremo, in una prospettiva storica più ci dice che i caratteri dominanti del ciclo ampia – dal Comitato Toscano di Libera- fordista sono: il legame tra l’aumento del- zione Nazionale ai partiti di massa, dalle la produttività e della domanda aggrega- esperienze sindacali fino all’associazioni- ta; lo sviluppo di forme di segmentazione smo – la formazione di reti di socialità sul del mercato del lavoro e di selezione dei territorio e il loro ruolo nella «duplice ri- lavoratori a seconda dell’inserimento in costruzione di Firenze», dopo la Seconda processi a diversa produttività; l’istituzio- guerra mondiale e dopo l’alluvione del ne di un welfare state che garantisce una 1966, chiarendo la relazione di dipen- divisione sociale del lavoro orientata alla denza tra le forme di socialità e la capa- produzione di beni di consumo durevoli; cità di resilienza. l’istituzionalizzazione selettiva dei gruppi Da questo punto di vista, i materiali fino- di interesse (Mingione 1996). In questo ra raccolti ci consegnano due indicazioni scenario, è ben comprensibile il ruolo ege- ben collegate tra loro. In primo luogo, no- mone dei corpi intermedi raccolti su ba- nostante gli stereotipi che circolano in me- se associativa nel definire i contesti so- rito, la letteratura sui disastri documenta ciali: i sindacati, i partiti di massa, i con-

282 La grande alluvione sorzi, le associazioni, le organizzazioni Uno straordinario spartiacque padronali occupano una posizione fon- damentale all’interno di una regolazione Ma studiare l’alluvione del 1966 non può basata sul corporativismo e sulla concer- limitarsi a evidenziare le condizioni che tazione, sull’organizzazione politica de- hanno reso possibile tale resilienza. La gli interessi, la burocratizzazione e l’in- memoria dell’alluvione, continuando a po- tervento diretto degli stati nell’economia polare i racconti dei fiorentini, contribui- in funzione della crescita economica. La sce a custodire la memoria di storie, rela- socialità associativa – sia nelle forme uni- zioni ed eventi altrimenti molto lontani versalistiche della redistribuzione pubbli- negli anni che possono costituire un ma- ca e dei diritti civili che nella forma dei teriale prezioso per chi sia intenzionato a conflitti e della cooperazione tra classi so- comporre una storia sociale ed economi- ciali, gruppi di interesse e di status – coin- ca del centro storico di Firenze e dell’in- volge una larga maggioranza dei cittadini tera area metropolitana: l’analisi dell’al- in quanto è decisiva nella funzione di gui- luvione deve essere inserita dentro uno da e di garante della vita quotidiana degli sguardo più generale sulla storia della città. attori sociali, ottenendo una discreta de- La domanda da porsi è la seguente: l’al- dizione a carriere lavorative a produttività luvione del 66 ha trasformato la fisiono- crescente e assicurando un crescente li- mia della città? vello di benessere e di consumi alle fami- È fuor di dubbio che il centro di Firenze glie. Non sorprende, dunque, come nelle ha conosciuto una dinamica molto simi- testimonianze il ruolo delle parrocchie, le a quella della maggior parte dei centri della case del popolo, delle organizzazioni urbani delle più importanti città d’arte eu- territoriali dei partiti di massa, dei sinda- ropee: una dinamica che la letteratura ha cati, delle associazioni di categoria, sia un compendiato come processo di gentrifi- filo rosso che unisce i diversi racconti. La cation (Diappi 2009), descrivendo l’arri- resilienza dimostrata dalla città ha molto vo di persone appartenenti alle classi me- a che vedere con il radicamento nel terri- dio-alte in alcune aree centrali di una città torio di queste forme associative di socia- fino ad allora abitate in parte da famiglie lità, per altro promotrici di una grande vi- proletarie, trasferitesi altrove; la ristruttu- talità politica e culturale che il successivo razione delle case in condizione di de- Sessantotto ha solo reso più manifesta. grado e la creazione di un maggior numero Un capitolo fondamentale della ricostru- di servizi e negozi; un forte aumento del- zione della resilienza di Firenze deve es- la rendita fondiaria, l’apertura del territo- sere infine dedicato alla capacità delle rio a consistenti flussi turistici e una radi- istituzioni, dei restauratori e dei maestri cale trasformazione della vocazione pro- artigiani fiorentini di proteggere e recu- duttiva dell’area. Questi fenomeni sono, perare gran parte dei tesori artistici della appunto, comuni a molte altre aree urba- città. Anche in questo caso, ricostruire la ne e non possono esclusivamente essere rete di relazioni, le pratiche istituzionali imputati all’alluvione. e popolari, il patrimonio di conoscenze Ma le trasformazioni avvenute nel centro e di valori tramandati, che hanno per- di Firenze possiedono una loro forte spe- messo un simile livello di reazione, for- cificità: il processo di rigenerazione, av- nisce indicazioni preziose sulle variabili viato nel 1861 e proseguito durante il pe- sociali che garantiscono la resilienza di riodo fascista e nel secondo dopoguerra, una città d’arte. ha subito una fortissima accelerazione pro-

283 prio negli anni successivi all’alluvione, Firenze, permanendo una forte esposizio- contemporaneamente alle necessità di ri- ne che risulta inaccettabile, sia per il ri- sanamento degli antichi edifici toccati dal- schio di perdite di vite umane sia per il va- la piena. Questa accelerazione ha effetti- lore dei tesori d’arte che la città ospita». vamente dato al fenomeno di rigenera- Il testo prosegue così: «È importante no- zione urbana un ritmo inedito rispetto a tare che sebbene la popolazione di Firen- quanto avvenuto altrove in Europa, fa- ze sia diminuita, a partire dagli anni 70 la cendo di Firenze un caso privilegiato an- densità di insediamento nelle aree a ri- che per lo studio delle trasformazioni ur- schio è cresciuta. Contemporaneamente, bane delle città europee, dal momento la rilevanza sociale e culturale di Firenze che esse hanno potuto dispiegarsi in un pe- è ulteriormente cresciuta nel mondo pro- riodo molto ristretto di tempo e, quindi, ducendo un notevole contributo del turi- ben indagabile. smo all’economia della città. Se, in que- L’alluvione è così da intendere come uno ste condizioni, un evento del tipo di quel- straordinario spartiacque per la composi- lo del 1966 dovesse accadere di nuovo, zione sociale, la vocazione produttiva e la le conseguenze per le vite umane, il pa- storia urbanistica del centro di Firenze, aspet- trimonio artistico, gli immobili e le infra- ti che ancora attendono di ricevere un’ade- strutture sarebbero ben più catastrofiche di guata e organica elaborazione da parte de- quelle che si realizzarono nel 1966». gli studiosi e che, con questa ricerca, inten- Queste considerazioni ci portano all’ulti- diamo contribuire a mettere in luce. mo obiettivo della ricerca: contribuire al- la comprensione delle criticità che le tra- sformazioni del tessuto sociale ed econo- E oggi? mico di Firenze – che proprio negli anni post-alluvione hanno subito una grandis- Lo studio di queste dimensioni, appena ri- sima accelerata – potrebbero consegnare chiamate, non ha solo un valore storio- alla resilienza della città. Come è cam- grafico, ma è essenziale per aggiornare il biata la struttura sociale? Esistono delle si- tema della resilienza di Firenze. Indagare tuazioni di vulnerabilità differenti da quel- la resilienza della città al rischio idrauli- le riscontrate nel 66? La partecipazione co vuol dire, infatti, analizzare la condi- potrebbe ancora essere un motore di resi- zione attuale della città e dei suoi rapporti lienza? La crisi dei vettori di partecipa- con il fiume. Significa verificare quanto le zione più attivi nel 66 (in prima istanza le trasformazioni degli ultimi cinquanta an- organizzazioni legate al mondo cattolico ni abbiano modificato le caratteristiche di e comunista) è stata colmata da altre for- resilienza del tessuto sociale fiorentino. me di socialità adeguate alla sfida? Il Progetto «Firenze2016» si è dotato di Un esempio che riguarda una criticità ine- un Comitato Tecnico Scientifico Interna- dita portata dalle ristrutturazioni urbane è zionale che nelle scorse settimane ha sti- la forte presenza di popolazione immi- lato un rapporto, pubblicato in questo stes- grata e di turisti in quei locali seminterra- so numero di «Testimonianze», che av- ti che al tempo dell’ultima alluvione si al- verte sugli elevati rischi ancora corsi da Fi- lagarono immediatamente, provocando renze, dal momento che «(…) il livello di dei danni relativamente esigui dato il lo- protezione attuale non assicura una ridu- ro utilizzo come cantine. Ancora, la nuo- zione del rischio di inondazione a livelli va vocazione economica della città ha al- commisurati al valore di una città quale lontanato una parte della residenza dal

284 La grande alluvione centro storico, allentando i legami di re- ciente interesse nell’impegnarsi nelle at- ciprocità del tessuto sociale, che appare tività di previsione e prevenzione. In se- dunque molto più «liquido» del passato. condo luogo, l’immagine che una società Ben più faticoso rispetto al 66 potrebbe ri- si forma dei disastri è quella fornita prin- sultare anche il protagonismo dimostrato cipalmente dai resoconti e dalle immagi- da presidi territoriali come le parrocchie ni proposte dai mass-media, in quanto e le case del popolo, per i mutamenti ac- gran parte della popolazione (e delle or- corsi alle due istituzioni e alla società più ganizzazioni) potrebbe non essersi mai in generale. imbattuto in disastri significativi. Sono solo pochi e frettolosi esempi, ma do- Da questo punto di vista, dato il ruolo nel- vrebbero essere sufficienti a cogliere la po- la comunicazione pubblica e privata eser- sta in palio: la messa in sicurezza del ter- citato oggi dai social network, è impen- ritorio passa per la realizzazione di grandi sabile non prevedere tra gli strumenti pre- opere idrauliche, ma anche per un’opera di disposti per l’intervento un adeguato uti- prevenzione e di riduzione del danno da lizzo degli stessi, che devono servire sia pianificare insieme alla popolazione, regi- come canale di sensibilizzazione e di con- strandone le attuali condizioni di vita e il sapevolezza nei confronti della popola- grado di consapevolezza del pericolo e, so- zione, sia come canale di raccolta di infor- prattutto, educandola alle best practices mazioni per le istituzioni nell’attività di fondamentali per mitigare i rischi. prevenzione e di intervento. Affinché lo strumento possa sperare di aver presa sul corpo sociale, è necessario prevedere Nuovi strumenti di prevenzione e un’intensa attività di story-telling, di cui le sensibilizzazione memorie della scorsa alluvione costitui- scono la componente essenziale. I programmi di protezione civile devono Anche per quest’ultimo motivo, ma non fare i conti con queste questioni, dotan- solo, l’obiettivo che ci proponiamo è di al- dosi da una parte di strumenti comunica- lestire una ricerca capace di tenere insie- tivi e di mobilitazione adatti alla maggio- me la dimensione della memoria con quel- re «liquidità» dei legami sociali, dall’altra la della protezione civile. parte acquisendo la necessaria consape- volezza della realtà delle reti sociali pre- senti sul territorio, dal momento che la Riferimenti bibliografici forza dei legami sociali nel passato si è ri- velato un decisivo vettore di resilienza. L. Diappi, Rigenerazione urbana e ricam- In questo senso, occorrono degli sforzi bio sociale. Gentrification in atto nei quar- per coinvolgere le parti di popolazione tieri storici italiani, Franco Angeli, Milano più vulnerabili attraverso l’identificazio- 2009. ne di broker in grado di diffondere le co- H. Garfinkel, Studies in Ethnomethodo- noscenze all’interno del proprio network. logy, Polity, Cambridge 2011. Inoltre, è necessario considerare altri due E. Mingione, Sociologia della vita econo- fattori. In primo luogo, il rischio viene mica, Carocci, Roma1997. sentito dalla popolazione solo quando da E. L. Quarantelli, Disastri, in «Enciclope- potenziale diventa effettivo e si verifica dia delle scienze sociali», Treccani, 1993. un disastro: quando la minaccia è solo P. Saitta, Fukushima, Concordia e altre ma- potenziale non viene registrato un suffi- cerie, Editpress, Firenze 2015.

285 L’ ALLUVIONE DEL 66, UN ARTISTA DEL 65 EUN’IDEA DI UNDICI ANNI FA di Francesco Niccolini

Nacque undici anni fa l’idea di raccontare in teatro le storie dell’alluvione di Firenze, ma anche della Toscana e dell’Italia tutta. Per non dimenticare. Da qui, la realizzazione dello spettacolo teatrale di Francesco Niccolini, Il filo dell’acqua, prodotto da «Arca Azzurra Teatro» con la collaborazione di «Toscana Spettacolo onlus» e del Progetto «Firenze2016», che andrà in scena a Pisa, in prima nazionale.

«Esistono dunque, senza dubbio, invisibi- Il mitico Lorenzo Luzzetti li corpi di vento / che spazzano il mare, le terre e alfine le nuvole in cielo, / im- Tutto è iniziato undici anni fa quando in- perversando rapidi fra di esse le rapisco- contrai, per caso, Lorenzo Luzzetti, miti- no in un turbine, / scorrono e spargono co organizzatore teatrale fiorentino del strage, / quando la molle natura dell’ac- Teatro Puccini. Mi chiese se ci stavo a la- qua / s’avventa in straripante fiume: / un vorare sull’Alluvione del 66. gran defluire d’acque la ingrossa giù da- Bello, per un drammaturgo nato nel 1965, gli alti monti, / scaglia rottami di piante e che in questi ultimi vent’anni si è abitua- alberi interi; / né solidi ponti possono re- to a raccontare in teatro le storie di altre sistere / all’improvvisa violenza dell’ac- terre e altre genti, e che una volta tanto qua che incalza: / tanto il fiume, torbido poteva provare a tenere i piedi nella sua per grandi piogge, / si scaglia con irresi- terra, fangosa, magari, e alluvionata. stibile forza contro gli argini, / tutto tra- Ne venne fuori un oratorio a tre voci. Vo- volge, semina strage / e abbatte ogni osta- ci molto speciali: Sandro Lombardi, Anna colo / ovunque si opponga ai suoi flutti». Meacci, Marco Paolini. E soprattutto una (Lucrezio, De Rerum Natura, libro I) splendida esperienza umana con tutte le

286 La grande alluvione

persone che furono coinvolte in quella e prevenire altra distruzione. Senza fatali- grande avventura, autentica esperienza di smo. Senza dare colpa all’acqua, i piedi nel comunità in una Firenze che mai come presente e lo sguardo rivolto al futuro. nei giorni del quarantennale dell’alluvio- ne sentii vogliosa di «ricordare». Da allora l’idea di «alluvione» non mi ha Insieme a Marco Paolini più lasciato. Purtroppo per un motivo sem- plice: che l’Italia ha continuato ad anda- Abituato dai molti lavori insieme a Marco re sott’acqua, e con una frequenza sem- Paolini a ricostruire nel dettaglio vicende, pre più alta e una geografia di devasta- biografie e casi processuali, per racconta- zione furiosamente più vasta. re l’alluvione del 66 ho voluto percorrere Così, dieci anni dopo, siamo di nuovo qui, una strada molto diversa e il titolo di que- insieme agli attori di «Arca Azzurra Tea- sta nuova versione, levigata dall’uso, am- tro» e una nuova versione di quel poema, pliata e arricchita dalla vergogna della cro- a sgolarci contro l’acqua assassina che in- naca, ne è l’emblema: «fili che si intrec- vade le città e distrugge ogni bene e la ciano». Il filo della storia. Quello della ter- speranza: Genova, Carrara, Milano, Parma, ra e del popolo. Astronomia e scienza. Po- Vicenza, Padova, Olbia, Pontremoli. Tutti litica e processi. Ma soprattutto il filo del sott’acqua. canto e della poesia 1. Come Firenze, cinquant’anni fa, quando «In quali cosmici silenzi / le nuvole si pre- l’Arno fu protagonista di un’autentica guer- parano all’irreparabile? / Sotto quale cie- ra, che non abbiamo più smesso di com- lo, e da quali altezze, / tutto precipita? / battere. Raccontare oggi quella storia, sto- Quale rumore accompagna le alte e bas- ria d’acqua e resurrezione, non è una ba- se pressioni, / i sistemi nuvolosi, le correnti nale cerimonia del ricordo, ma un rito col- fredde, quelle calde, / nel loro perenne lettivo e fondamentale, per chi – non di- inseguirsi e scontrarsi? / Quale maestosa menticando – vuole cercare i veri problemi quiete precede gli stati di tempesta? / E da

287 lassù, l’imperturbabile indifferenza dei usare la prima versione di questo raccon- venti / come sceglie l’oggetto della propria to per raccogliere fondi – guarda un po’ – furia?». per l’alluvione in Lunigiana. Sotto un cielo che corre veloce, immersi Da tutto questo lavoro è scaturito un rac- in una scena che incombe e si colora di conto in forma di poema. Quando abbia- nubi, tre presenze umane e vocali intrec- mo fatto i primi giorni di prova, ho avuto ciano poesia, storia e la memoria di chi un brivido molto particolare: senza nulla c’era. Insieme alla musica, alle immagini, togliere alla prima splendida edizione con- le parole di allora, i telegiornali, le opere divisa con tre fraterni amici quali Paolini, d’arte, le prime pagine dei giornali, le vo- Lombardi, la Meacci, e con il Teatro Puc- ci, il pianto, tutto mischiato, vicino e lon- cini, a distanza di dieci anni lavorare con tano, in quel momento spaventoso in cui il meraviglioso impasto linguistico tosca- tutto quello che è normalità e quotidia- no degli attori di «Arca Azzurra», ha fat- nità salta e diventa incubo, solitudine e to di quel racconto corale, una emozio- abbandono. nante sinfonia «toscana», un rito colletti- «Casa dopo casa: il telefono tacque, la lu- vo che parla di cinquant’anni fa come fos- ce si spense, i rubinetti s’inaridirono, il gas se oggi, perché l’alluvione di Firenze, quel se ne andò. I fiorentini ancora svegli ac- 4 novembre 66, non fu la prima e non è cesero le candele, la città tornò indietro stata l’ultima. Perché l’alluvione di Firen- di secoli, molti si accorsero, con spaven- ze è stata anche l’alluvione di tutta la To- to improvviso, della loro fragilità, e si sen- scana, dal Casentino a Pisa a Grosseto, e tirono indifesi». al tempo stesso l’acqua alta di Venezia, l’allagamento di mezza Italia: tutto in una notte. Sull’«arca»

Ma questa non è solo una storia di deso- «La città di cui tutti abbiamo bisogno» lazione: perché a Firenze, cinquant’anni fa, l’Italia sperimentò anche la solidarietà A me piace dire che ogni spettacolo ha una e il coraggio delle genti, pur in presenza forma (non è una intuizione mia ma di di uno Stato assente e inadeguato: da que- uno dei miei grandi maestri: Giuliano Sca- sta sensazione nasce uno spettacolo che bia), e questo lavoro ha la forma dell’ac- si nutre di una forte coralità umana e ar- qua che corre furiosa: l’incedere del fiu- tistica. A bordo di questa «arca» sono in- me diventa ritmo vocale e cronaca di quei fatti saliti amici artisti di grandissimo spes- giorni, incalzante, ora dopo ora; di più: mi- sore: un regista teatrale giovane ma già nuto dopo minuto. Cronaca ed epopea al espertissimo e molto rigoroso come Ro- tempo stesso di come in ventiquattr’ore berto Aldorasi, lo scenografo e videoarti- piovve l’acqua di 100 giorni, di come la sta Antonio Panzuto, il compositore e mu- città non fu avvertita. L’ultima notte sen- sicista Paolo Coletta. Insieme a loro, tre dei za sapere, un risveglio da incubo, e ot- cinque attori della storica compagnia di tanta ore di follia, raccontate mischiando «Arca Azzurra»: Dimitri Frosali, Massimo ricordi, testimonianze, lettere, la voce di Salvianti, Lucia Socci. Più, con segnale Sergio Zavoli in Rai, i titoli di giornali che forte e chiaro, il sostegno di Patrizia Co- mai arrivarono in edicola, semplicemen- letta, direttrice della Fondazione «Tosca- te perché le edicole, in strada, non c’era- na Spettacolo», che cinque anni fa volle no più. «(…) un mare di colore spavento-

288 La grande alluvione so e immondo, fatto d’acqua melma e naf- E Firenze è fede, è una realtà altissima del- ta: ormai, ai primi di novembre, ogni ca- lo spirito. È come l’Everest, è come l’Hi- sa, ogni condominio ha fatto il pieno di malaya. Ci prende lo sbigottimento a pen- gasolio da riscaldamento e ora l’Arno, pe- sare che possa essere stata sommersa, ma netrando nei serbatoi, se lo porta via, mi- è destinata a risorgere. Presto, presto!, tut- schiandolo schifosamente con tutto il re- to il mondo ora è con Firenze». sto. Alberi, pietre, automobili, motorini, animali, biciclette, edicole, porte, porto- ni, mobili, scarpe, borse, ombrelli, cartel- Suoni, rumori, immagini, tutto che li stradali, libri, giornali, crocefissi, mo- scorre numenti, opere d’arte, lampioni, escre- menti, rifiuti, cadaveri, carcasse. Tutto mi- Scandito dal ritmo perenne dell’acqua e schiato, secondo il più democratico dei della pioggia, il poema prende corpo: in criteri: la distruzione indistinta del tutto». scena due uomini, una donna e un im- Giorni che sconvolsero l’Italia, da Vene- menso aggrovigliarsi di oggetti travolti dal- zia a Firenze. E la tragedia di una città ab- l’acqua. Suoni, rumori, immagini, tutto bandonata, che ogni cent’anni finisce che scorre. Insieme raccontano e restitui- sott’acqua, senza rimedio. scono il ricordo di giorni orribili e mera- Questo «filo» è la storia di cinque metri vigliosi. Sì, perché incredibilmente – nel- d’acqua che sommersero ogni bellezza, la mente di tutti i protagonisti – quei mo- che distrussero chiese e crocifissi, e cen- menti restano allo stesso tempo i giorni tinaia di migliaia di libri. La storia di una dell’umiliazione e della meraviglia, del fu- lorda riga nera, fatta di nafta e fango. La rore e dell’entusiasmo, dell’indignazione storia di un popolo che seppe mettere da e della solidarietà. Del lutto e della rina- parte divisioni e polemiche e lavorò per scita. Come al solito, tutto mischiato, tut- la resurrezione civile e morale di una città to insieme. che per quattro giorni restò in balia del- «Neanche i Tedeschi avevano osato tanto. l’acqua. La storia di un mondo intero che Fu un console, nazista ma civile, e inna- – passati quei primi giorni – seppe offrir- morato di Firenze, ad aver misericordia. Il si generosamente per salvare la città e l’ar- 4 novembre 66, misericordia non l’ha avu- te, libro dopo libro: angeli, nel fango. Su ta nessuno. Al mercato di Sant’Ambrogio tutti, le voci di Richard Burton e di Gior- l’odore è insostenibile, tonnellate di mer- gio La Pira: «Firenze ha bisogno di tutti – ci avariate attendono di essere distrutte. dice in Tv l’attore americano – perché Fi- Migliaia di animali morti in putrefazione renze appartiene al mondo e tutto quello fanno il resto. Alle Cascine hanno potuto che noi riusciremo a fare è ancora troppo mettere in salvo soltanto i cavalli più pre- poco per ciò che questa città ci ha dato. giati, tutti gli altri – e sono centinaia – so- Tutto quello che faremo lo faremo perché no stati travolti dalle acque. Proveranno a possa tornare presto la città di cui tutti ab- bruciarli, proveranno addirittura con il na- biamo bisogno». Gli fa eco l’ex sindaco palm, ma impregnati d’acqua come sono fiorentino: «È così che si risorge un mat- non c’è niente da fare: ci vorrà la calce vi- tone per ciascuno, senza discriminazioni. va per cancellare quell’incubo di morte Firenze è un’isola, un esperimento nuovo, putrefatta». prezioso, i parroci e i comunisti lavorano Il filo dell’acqua è la cronaca di una guer- fianco a fianco. Il fango risorge, è come il ra nemmeno troppo metafisica, perché – male, ma l’uomo se ha fede è superiore. come troppe volte accade dalla fine del-

289 la Seconda guerra mondiale in poi – la Inghilterra, Spagna. Sacco in spalla, ca- nostra storia è scandita da invasioni inat- pelli lunghi e autostop. Non chiedono nul- tese e occupazioni striscianti, ambigue, la, vogliono solo mettersi a disposizione venefiche, alle quali non abbiamo saputo per quello che serve: spalare nei musei, opporci. Viceversa, quella volta, dopo quel nelle chiese, nelle biblioteche, salvare ar- maledetto 4 novembre, a Firenze, i fio- redi sacri, libri, riviste, ripulire le facoltà rentini e i cittadini del mondo seppero rea- universitarie e poi le case, le cantine, le gire e dimostrarono che il bene comune botteghe». e valori universali di cultura, solidarietà e «E si coprono di fango / Il fango della Bi- impegno, non sono teoria e possono es- blioteca Nazionale. / Il fango dell’Archi- sere condivisi e vissuti da tutti gli uomini vio di Stato. / Il fango di Santa Croce. / Il di buona volontà. fango del Gabinetto Viesseux. / Il fango «Tutto il mondo, preoccupato e commos- degli Uffizi. / Il fango della Sinagoga.» so, dall’Unione Sovietica al Sud Africa, «Di San Frediano, di piazza del Carmine, dall’Australia agli Stati Uniti, tutto il mon- del Duomo, della Pergola. Dormono nei do invia aiuti. I migliori specialisti corro- treni messi a disposizione dalle ferrovie. no a restaurare i capolavori offesi e mi- Lavorano quindici ore al giorno per sot- gliaia di volontari, ragazzi e studenti di trarre l’arte alla melma, e la cultura all’o- tutta Italia e mezza Europa, vengono a sal- blio della barbarie. La più lunga catena vare i libri della Biblioteca Nazionale, uno umana mai vista per mettere in salvo ogni per uno, pagina per pagina. Lavati e mes- singolo pezzo di una città d’arte a un pas- si ad asciugare come il più grande buca- so dalla resa». to dell’umanità, disteso su chilometri di «Angeli. / Nel fango. / Senza ideologia. sostegni, essiccatoi, tabaccaie, altre bi- Senza fazioni. / Solo gratitudine. E un’idea: blioteche, archivi, fili, tubi per restituire al bene comune. / Per non diventare tutti più mondo secoli di conoscenza. Arrivano so- poveri. / Per non dimenticare. / Per quel li, a coppie, a gruppi, da tutte le univer- bene immateriale che di lì a poco tutti sità, dalle scuole italiane. Arrivano da Fran- scordammo per ben altra alluvione. / Be- cia, Svezia, Germania, Austria, Svizzera, ne comune. Solo cinquant’anni fa».

1 Il filo dell’acqua. L’alluvione, le alluvioni, di Fran- seri, una produzione «Arca Azzurra Teatro» in col- cesco Niccolini, regia di Roberto Aldorasi e France- laborazione con Fondazione «Toscana Spettacolo sco Niccolini, con Dimitri Frosali, Massimo Salvian- onlus» e Progetto «Firenze2016», prima nazionale a ti, Lucia Socci, scene e video di Antonio Panzuto, mu- Pisa, Teatro Verdi, novembre 2016. I brani sono trat- siche originali di Paolo Coletta, luci di Marco Mes- ti dal testo teatrale.

290 QUEL FIORIRE DI LABORATORI E SCUOLE DI RESTAURO di Salvatore Siano

La lunga storia del coinvolgimento delle scienze naturali e tecnologiche nella conservazione del patrimonio materiale, che prende le mosse nell’Ottocento con le prime scuole di restauro soprattutto all’estero, riceve una spinta determinante con l’alluvione di Firenze del 1966 e con gli enormi problemi posti dal recupero delle opere e dei beni materiali danneggiati. Ricerca e innovazione nell’analisi materica e nel restauro di beni culturali fanno fiorire così laboratori e scuole di restauro che hanno dato al nostro Paese la leadership mondiale, con il contributo di studi e di ricerche teoriche e applicate, promosse, come viene qui documentato, da istituti e studiosi di prim’ordine.

Origini lontane canismi di degrado e altro. Com’è noto, dopo i lavori di pionieri illustri (Klaproth, Il coinvolgimento delle scienze naturali e Rayleigh, Pasteur e altri), il primo labora- tecnologiche nella conservazione del pa- torio per lo studio materico di reperti ar- trimonio materiale ha origini lontane. Già cheologici (diretto dal chimico F. Rathgen) nel corso dell’Ottocento, infatti, in coin- fu creato nel 1888 presso il Museo Reale cidenza col delinearsi delle diverse scuo- di Berlino, mentre il secondo è stato quel- le di restauro, troviamo numerosi contri- lo del British Museum, che è entrato in buti scientifici finalizzati all’analisi di ma- piena operatività nel 1924, sotto la dire- nufatti metallici, comprensione dei mec- zione di H. Plenderleith. Alla fine del-

291 l’Ottocento, la letteratura scientifica dedi- ad arricchire con ulteriori sviluppi, a par- cata agli aspetti materici della conserva- tire dalla sua ricca tradizione, cultura uma- zione comprendeva già un centinaio di nistica e scientifica. articoli e il volume di Rathgen (1896). Quest’ultimo sarà superato solo nel 1956 da quello a più ampio spettro di Plender- Da custodi «distratti» a leader nella leith, dopo circa quattro anni dalla pub- conservazione blicazione del primo numero della rivista «Studies in Conservation», che segna l’i- Il disastro prodotto dall’alluvione del 1966 nizio della scienza della conservazione ha drammaticamente accelerato il pro- contemporanea. Qualche anno dopo pren- cesso, liberando un’intensità di idee e de il via il Congresso internazionale Ar- azione verso la salvaguardia dei Beni Cul- chaeometry e l’omonima rivista del Labo- turali (BBCC) che non si era mai vista pri- ratorio di datazione di Oxford che, oltre ma. La grave ferità alla memoria dell’u- che sui problemi di datazione si concen- manità, di cui rimane ancora oggi viva te- treranno principalmente su quelli di pro- stimonianza nelle opere che devono essere venienza ed esecutivi. ancora restaurate e traccia indelebile nel- In questo contesto, gli studiosi italiani si le lacune pittoriche e altri danni perma- sono mossi con leggero ritardo, preferen- nenti, ha improvvisamente innalzato il li- do inizialmente (com’era successo all’e- vello di attenzione delle scienze naturali stero) gli aspetti esecutivi a quelli conser- e tecnologiche e ha stimolato cin- vativi, mentre la tradizione della tutela e quant’anni di impegno crescente nella co- quella degli artisti/artigiani restauratori ave- noscenza materica e intervento sul bene. va poco da invidiare alle scuole straniere. Così, da consapevoli, ma un po’ «distrat- L’esigenza di un rapporto più stretto tra ti» o «smemorati» custodi di un enorme conservatori e studiosi di materiali e tec- patrimonio, Firenze e l’Italia sono diven- nologie si è concretamente manifestata tate leader nella conservazione di BBCC per la prima volta con gli interventi del Ga- e sono riuscite a trasmettere all’Europa e binetto dei Restauri della Soprintendenza a larga parte del mondo i principi fonda- alle Gallerie, fondato da U. Procacci ne- mentali della tutela del patrimonio cultu- gli anni 30 e da lui diretto fino al 1949, rale. Un tale risultato è maturato a partire dove si cominciò ad utilizzare la micro- dalla sostanziale crescita di sensibilità a li- scopia e la radiografia e a studiare le tec- vello accademico e politico verso la ne- niche artistiche. Una tale esigenza di dia- cessità di un approccio scientifico siste- logo disciplinare fu efficacemente testi- matico al restauro, in risposta alla straor- moniata nella mostra Firenze restaura, rea- dinaria mobilitazione sociale e alle istan- lizzata da U. Baldini nel 1972 (successo- ze di storici dell’arte, archeologi e restau- re di Procacci alla guida del Gabinetto e ratori impegnati a fronteggiare quotidia- dal 1970 direttore dell’Opificio delle Pie- namente problematiche materiche molto tre Dure), dedicata ai quarant’anni di at- complesse. tività del Gabinetto. Parallelamente, alla fi- A valle della messa in sicurezza delle ope- ne degli anni 30, su iniziativa di C. Bran- re danneggiate, funzionari, ricercatori e di e G. C. Argan veniva fondato a Roma politici fiorentini si adoperarono per la l’Istituto Centrale del Restauro (ICR), get- creazione di centri di restauro e annessi tando così le basi del modello italiano del laboratori scientifici attrezzati con ade- restauro moderno, che Firenze era pronta guate strumentazioni analitiche, in cui gli

292 La grande alluvione esperti di materiali potessero sinergica- versità e organismi di ricerca che hanno mente lavorare con umanisti e restaurato- dedicato uno sforzo notevole per il conti- ri, come anche di centri di ricerca in gra- nuo miglioramento di dispositivi, mate- do di sviluppare nuovi materiali, disposi- riali e metodi. Gran parte di quelli che tivi analitici, strumenti di intervento e re- sentirono il dovere morale di intervenire, lative metodologie applicative ottimizza- infatti, hanno poi dato vita a linee di ri- te, sempre in collaborazione con umani- cerca che col tempo hanno raggiunto al- sti e restauratori. Tra le varie iniziative sca- ti livelli di specializzazione nei propri am- turite da un tale impegno e dalla crescita biti di indagine e stimolato la formazione complessiva di consapevolezza, basti ci- di nuovi nuclei di attività. tare la realizzazione del Laboratorio di Re- Tra i contributi pioneristici di chi si trovò stauro della Biblioteca Nazionale (su ini- a lavorare accanto a storici e restauratori, ziativa di E. Casamassima), del Centro di avviando nuovi studi e risolvendo una mol- Restauro Archeologico di Firenze (su ini- teplicità di problematiche interpretative e ziativa di G. Maetzke) e dei Centri di Stu- di trattamento, di particolare rilievo nel pri- dio sulle Cause di Deperimento e sui Me- mo decennio (1966-75): l’applicazione del- todi di Conservazione delle Opere d’Arte le fotogrammetria per il controllo delle del Consiglio Nazionale delle Ricerche deformazioni dei dipinti su tavola di M. (CSCOA-CNR) di Milano (1970), Roma Fondelli e altri (Facoltà di Architettura); la (1971) e Firenze (1974), per i quali si im- prima utilizzazione del Paraloid B72 nel re- pegnarono G. Bozza, G. Parolini, F. Pia- stauro (inizialmente come adesivo reversi- centi e altri. Questi processi istituzionali, bile, trasparente su superfici umide) dei stimolati da personalità di primo piano im- chimici G. Speroni e G. Rapi; l’impiego pegnate sulle opere danneggiate dall’al- del tributilfosfato per staccare il Cenacolo luvione, culmineranno nel 1975 con la di Matteo Gaddi e il «metodo del bario» trasformazione dell’Opificio delle Pietre per la desolfatazione e il consolidamento Dure in un moderno centro di restauro e superficiale di dipinti murali di E. Ferroni formazione, in continuità con Gabinetto (Istituto di Chimica Fisica) e D. Dini (re- dei Restauri e, soprattutto, con un Labo- stauratore); i contributi sul controllo del ratorio Scientifico all’avanguardia che sarà biodegrado di G. Gargani (Microbiologia guidato da M. Matteini fino al 2001. Que- Clinica), poi sviluppati dal CSCOA-CNR sto risultato, frutto del lavoro di Baldini, di Firenze (P. Tiano e altri); quelli sul de- fu ottenuto contestualmente all’istituzione grado lapideo del Dipartimento di Scien- del Ministero per i Beni Culturali ad ope- ze della Terra (P. Malesani e altri) e dei ra di un altro fiorentino: Giovanni Spado- CSCOA-CNR (C. Manganelli Del Fa, G. lini. Alessandrini e altri); una serie di studi e trattamenti sulle opere provvisoriamente ricoverate presso la Limonaia del giardino Contributi pionieristici di Boboli condotti dal CSCOA-CNR di Ro- ma; la lunga serie di studi e sviluppi con- Accanto alle dinamiche istituzionali e al- dotti da vari gruppi di ricerca per la solu- la creazione di moderni laboratori scien- zione dei problemi conservativi della Por- tifici che hanno assicurato pratiche dia- ta del Paradiso di Lorenzo Ghiberti e altri gnostiche e restauri basati su strumenta- contributi. Questo impegno è documenta- zione e metodologie moderne, vanno con- to da diverse decine di articoli scientifici siderate quelle di gruppi all’interno di Uni- nel periodo 1966-1975.

293 In questo modo, l’Italia non solo poneva ri- va sull’opera con la consulenza di una medio a qualche peculiare ritardo, ma get- Commissione Scientifica composta da: Fer- tava le basi per assumere la leadership in- roni, Leoni e C. Panseri. Dal 1971, il ternazionale della scienza della conserva- CSCOA e il Dipartimento di Chimica-Fi- zione, che acquisterà corpo e si consoliderà sica di Milano (G. Dassu, G. Alessandri- tra gli anni 80 e i primi anni 2000 attraverso ni, P. Pedeferri e altri) affrontarono il pro- studi su nuove tecnologie, contributi ai re- blema della corrosione galvanica dei bron- stauri e progetti di ricerca dedicati alle tec- zi dorati formulando un’ipotesi di inibi- nologie per i BBCC banditi a livello Euro- zione fisica in situ. peo, nazionale e regionale. Basti pensare Un decennio dopo, con l’avvio del pro- che nel solo anno 2000 i gruppi di ricerca getto di restauro, fu svolta una nuova cam- fiorentini hanno pubblicato oltre 150 la- pagna diagnostica su indirizzo di Ferroni vori su archeometria e restauro. e P. Parrini. L’Istituto «Donegani» di No- vara estese le indagini chimiche, micro- strutturali ed eseguì una campagna radio- La Porta del Paradiso del Ghiberti grafica da cui vennero derivate interpre- tazioni conservative e tecnologiche (P. Par- Tra le opere danneggiate dall’alluvione, rini, E. Mello). Il Laboratorio Scientifico che si sono trasformate nei decenni suc- OPD e l’ICR (Matteini, A. Moles, Marabelli cessivi in cantieri di conoscenza, buone e P. Fiorentino) misero a punto il protocollo pratiche e innovazione, la Porta del Para- di pulitura basato su una serie di bagni diso di Lorenzo Ghiberti rappresenta sen- chimici, che fu applicato per la prima vol- za dubbio il caso più esemplare nel qua- ta sulla formella intitolata Storie di Giu- le, a fronte della necessità oggettiva di una seppe e di Beniamino. Un’altra parte del- molteplicità di competenze, si è realizza- la ricerca riguardò la fotogrammetria (Fon- ta la più ampia ed efficace pratica del prin- delli e altri), l’elaborazione digitale e gli cipio di multidisciplinarietà auspicato da aspetti termomeccanici, indagati attraver- Brandi e Baldini, sotto la guida dello stes- so imaging olografico realizzato dall’Isti- so Baldini, dei successivi otto soprinten- tuto Nazionale di Ottica (D. Bertani, M. denti dell’OPD, di L. Dolcini, S. Francoli- Cetica, G. Molesini). Un tale volume di ef- ni, e A. Giusti (OPD). ficace multidisciplinarità, fu presentato or- In estrema sintesi, subito dopo l’alluvio- gogliosamente da Baldini nella mostra del ne, l’Istituto Sperimentale dei Metalli Leg- 1982 dal titolo Metodo e Scienza Opera- geri (M. Leoni e collaboratori) condusse tività e Ricerca nel Restauro, celebrazio- uno studio di caratterizzazione dello sta- ne di un traguardo e nuova prospettiva to di conservazione preliminare al ripri- metodologica che la seconda generazio- stino delle due porte del Battistero dan- ne di ricercatori del dopo alluvione saprà neggiate dall’alluvione (dalla Porta del Pa- interpretare al meglio. radiso caddero nel fango cinque delle die- A partire dal 1997 viene affrontato e risol- ci formelle principali, la Porta Sud di An- to il delicato problema dell’estrazione non drea Pisano fu scardinata). Negli stessi an- invasiva di alcune delle formelle principa- ni, R. Cesareo (UNI Sassari) e M. Marabelli li dal Dipartimento Elettronica e Teleco- (ICR) eseguirono pioneristiche misure XRF municazioni di Firenze (L. Masotti e altri). sulle leghe metalliche delle porte del Bat- Nel 1999 arrivano le prime prove di puli- tistero. Il Ministero incaricò l’ICR di con- tura mediante ablazione laser e relativi stu- durre un’indagine diagnostica complessi- di modellistici interpretativi dell’Istituto di

294 La grande alluvione

Elettronica Quantistica-CNR. Da questo nato Horizon 2020. Da queste misure so- studio è seguito lo sviluppo di un sistema no derivate diverse azioni nazionali e re- laser dedicato, ingegnerizzato da «El.En. gionali tra le quali va innanzitutto citata S.p.A.» e numerose applicazioni della tec- quella del Progetto Finalizzato (PF) Beni nica, accrescendo enormemente l’impat- Culturali del CNR (1997-2001) ideato da to dell’approccio laser nel restauro. A. Guarino (presidente del progetto) e di- Da ricordare infine l’ultimo atto dello retto da Baldini, protagonista dell’emer- straordinario fermento scientifico ruotato genza e del dialogo disciplinare. Un’ar- attorno alla Porta del Paradiso, in cui è chitettura complessa, presa a modello da stato definitivamente interpretato il pro- altri Paesi: contributo di 80 miliardi di Li- cedimento esecutivo, sfruttando indagini re, 345 unità operative (ca. 3500 studio- radiografiche e rilievo 3D, è stata costi- si) appartenenti a università, CNR, altri en- tuita una commissione per la valutazione ti di ricerca e di tutela, tra cui OPD e ICR. della protezione in museo dove la porta è Il PF ha consolidato e moltiplicato i nuclei stata collocata nel 2012. Tutto rigorosa- di ricerca e insieme alle iniziative regio- mente documentato in una recente mo- nali avviate pressoché simultaneamente nografia (2015) curata da Giusti. hanno permesso all’Italia di acquistare una posizione di leadership nei bandi europei a partire da FP5. In Toscana, molti sono sta- Un primato da conservare ti i progetti di ricerca e innovazione che, a partire dal 1996, hanno fortemente con- Questa è solo una delle tante storie di suc- tribuito ad aumentare l’eccellenza italia- cesso nate dalla straordinaria reazione del- na nel restauro e nell’archeometria. Non la cultura ai danni dell’alluvione del 1966 c’è spazio qui per illustrarne i contenuti e che, tenendo viva l’attenzione sulla cen- i molti risultati, ma solo per citare qualche tralità del scienza nella salvaguardia del titolo: OPTOCANTIERI, ST@rT, Visito Tu- patrimonio, hanno fortemente stimolato scany, TeCon@BC, TEMART e molti altri, la politica della ricerca. La conservazione per un valore complessivo di alcune de- dei BBCC è entrata, infatti, nell’agenda cine di milioni di Euro. della ricerca europea già dal primo Fra- La risposta della ricerca al fango sulle ope- mework Programme (1984-1987) con l’a- re fiorentine e tutto quanto riassunto so- zione Effects of air pollution on historic pra hanno permesso di realizzare in To- buildings (1986–90). Seguirono una serie scana e in Italia una concentrazione di at- di programmi collocati sotto la tematica tività e di risultati nell’ambito delle tec- generale dell’ambiente: Protection and nologie per i BBCC unica al mondo. A conservation of the European cultural he- fronte della crescente valenza sociale ed ritage (1989–92), Environmental protec- economica del patrimonio, la nostra Re- tion and conservation of the European cul- gione e il nostro Paese sapranno conser- tural heritage (1991-94), Technologies to vare un tale primato per i decenni a veni- protect and rehabilitate the European cul- re, continuando a valorizzare le proprie tural heritage (1994–98) e così via, fino eccellenze scientifiche, mettendo in ope- ad arrivare agli argomenti di ricerca e in- ra strategie organiche di rilancio della ri- novazione dell’attuale ottavo FP denomi- cerca e innovazione nel settore.

295 ALLAVORO, CON I GIOVANI di Vincenzo Striano

In un contesto contraddittorio come quello attuale, nel quale si è dibattuti fra emergenze di varia natura, uno dei temi di maggiore interesse a livello globale è quello della tutela dell’ambiente, che acquista quest’anno particolare attualità, in coincidenza con la ricorrenza del cinquantesimo anniversario dell’alluvione del 1966 a Firenze e in altre zone d’Italia. Il Comitato «Firenze 2016», che commemora l’evento insieme ad istituzioni, enti ed associazioni, ha organizzato, fra l’altro, un dialogo diretto con i giovani studenti delle scuole superiori, coinvolgendoli, insieme ai loro professori di scienze, in un percorso di conoscenza e di memoria che li vede protagonisti attivi.

Quell’intuizione di Hannah Arendt sità. Non va sottovalutato che si tratta di fenomeni che crescono in sinergia con L’anniversario dell’Alluvione non è solo mass media potenti e veloci. Già Hannah opportunità per celebrare un rito della me- Arendt segnalò che una delle differenze moria, può essere anche una straordina- fondamentali tra moderni totalitarismi e ria occasione per riflettere sulle contrad- regimi autoritari tradizionali era che i pri- dizioni della contemporaneità. mi si sviluppavano in stretto rapporto con C’è un gran bisogno di trovare nuovi e il diffondersi di nuovi sistemi di comuni- condivisi punti di vista. Nella nostra so- cazione di massa. Poche cose sono para- cietà si assiste alla crescita di sentimenti gonabili all’apparire della radio negli an- irrazionali, rancori sociali. Aumentano di ni 20 e 30. In una società in cui pochissi- peso in tutta Europa formazioni populiste mi sapevano leggere, il giornale e il libro che esaltano micropatrie etniche e un ap- si rivolgevano a minoranze. La radio im- proccio alla realtà semplificato e corrosi- provvisamente permise di parlare in con- vo, intollerante a ogni forma di comples- temporanea a masse variegate di individui,

296 La grande alluvione veicolando, come mai prima, contenuti emoti- vi coinvolgenti. Altro esempio, seppure assai meno drammatico, è sta- to il nesso tra il potere di Berlusconi e lo svi- luppo di una cultura na- zionalpopolare trasmes- sa dalla Tv commercia- le. Oggi la rete di Inter- net che ha capacità mondiale, è difficilmen- te controllabile ed è am- piamente utilizzata da formazioni estreme che arrivano fino al fonda- mentalismo violento e al razzismo xenofobo. Naturalmente i media hanno anche effetti estre- mamente utili, anzi la positività è di gran lunga prevalente. D’altronde va riconosciuto che il po- pulismo si sviluppa spes- so come reazione a clas- si dirigenti incapaci e corrotte e a una crisi profonda di valori. Inoltre, aspetti di fon- cetti astratti di bene e male Non bastano do del nostro modello economico e so- neanche principi giusti o corretti. Servo- ciale producono effettivamente ingiustizie, no temi fondanti, concreti, che riguardi- disuguaglianze, degrado ambientale. no tutti gli uomini, ovunque essi siano. La La questione non è attaccare i media o di- tutela dell’ambiente è uno di questi. fendere idee o apparati inadeguati, ma im- «Global Footprint Network» è un’orga- pegnarsi a ricostruire sistemi nuovi capa- nizzazione internazionale indipendente, ci di modificare la realtà, rispondere a che si occupa specificamente di impron- nuove esigenze e ricostruire sistemi di re- ta ecologica e biocapacità. Misura la do- lazione solidali. manda e l’offerta di risorse naturali. De- finisce l’Earth Overshoot Day, il giorno in cui l’umanità esaurisce le risorse rinno- Non servono ideologie vabili dell’anno e inizia a produrre debi- e concetti astratti to ecologico e accumulo di anidride car- bonica in atmosfera. Nel 1987 l’Earth Però non tutti i temi sono efficaci. Non Overshoot Day è stato il 19 dicembre, nel servono le ideologie e nemmeno i con- 2014 il 19 agosto. Oggi esauriamo le ri-

297 sorse naturali che il pianeta è in grado di mezzo secolo, di suscitare attenzione. Par- rigenerare in meno di 8 mesi. Non è un tendo da questa consapevolezza, «Water ragionamento astratto. Tra gli effetti ci so- Right Foundation», con la sezione fioren- no la scomparsa di grandi fiumi e laghi e tina dell’ANISN (l’associazione degli in- il cambiamento climatico ormai sempre segnanti di scienze), il Comitato di coor- più percepibile. Il tema dell’ambiente è dinamento del Progetto «Firenze2016» e fuori ogni dubbio drammatico, concreto, la collaborazione di Consorzio «LaMMa», urgente e obbliga in maniera evidente a UNIFI (Università di Firenze), «Publiac- modifiche radicali dei comportamenti e qua», rivista «Testimonianze» hanno or- delle priorità. È un tema che appartiene ganizzato un percorso didattico pilota de- a tutti i paesi. Non solo poteri forti e ap- dicato al cinquantennale. È previsto per parati economici voraci di guadagni han- l’anno scolastico 2015-16 il coinvolgi- no ignorato le emergenze ambientali. C’è mento di classi di sei istituti fiorentini (Li- una autocritica trasversale che dovrebbe ceo Scientifico «Leonardo da Vinci», Liceo riguardare il modo con cui molti settori Scientifico «G. Castelnuovo», ISIS «Go- chiave che determinano i comportamen- betti – Volta», ISIS «Leonardo da Vinci», ti umani hanno, spesso in buona fede, Educandato della «SS Annunziata» e IC sottovalutato la centralità di questo tema. «Primo Levi» di Impruneta). La finalità del Lo sciagurato primato dell’uomo sulla na- percorso è stimolare riflessioni e consa- tura è stato sostenuto da ideologie, tradi- pevolezza nei giovani, con una particola- zioni, religioni, mondi autorevoli della re attenzione a tutto ciò che si intende con cultura, dell’arte. Non è facile, perché il concetto di «resilienza» alle catastrofi emergono contraddizioni di difficile so- naturali. Gli studenti saranno sollecitati a luzione. Il caso dell’«Ilva» di Taranto è effettuare indagini, a documentarsi e a pre- emblematico. Si sono spesso scontrate la sentare il frutto delle loro attività in un difesa dei posti di lavoro e la tutela della momento conclusivo alla fine dell’anno salute dei cittadini. scolastico in corso. Sono previsti produ- zione di materiali didattici, ricerche e ap- profondimenti da parte degli studenti coor- Un nuovo protagonismo dinati dagli insegnanti, lezioni su temi spe- cifici nelle scuole e visite guidate e labo- Ma, nello stesso tempo, salvare il pianeta ratori in luoghi significativi della città, qua- può diventare l’occasione per ricostruire li gli impianti di potabilizzazione del- il nuovo patto tra le donne e gli uomini l’Anconella e le strutture per le previsioni della Terra. È prioritario rivolgersi soprat- meteo del Consorzio «LaMMA». tutto alle nuove generazioni. Il progetto è già iniziato e sembra smen- Per questo è sempre più importante edu- tire l’ipotesi ricorrente di tanti commen- care al corretto uso delle risorse naturali tatori che descrivono le ragazze e i ragazzi e la ricorrenza dell’alluvione di Firenze è di oggi come disinteressati. Naturalmen- una occasione da non perdere, perché si te, e per fortuna, il loro protagonismo si tratta del più famoso evento alluvionale del esprime in maniera assai diversa da quel- Novecento capace, anche a distanza di lo della mia generazione.

298 «FIRENZE2016», A DISPOSIZIONE DELLA SCUOLA di Giuseppe Vallario

Il Comitato «Firenze2016» si mette a disposizione della scuola, nell’ambito delle commemorazioni del cinquantesimo anniversario dell’alluvione, con la finalità di recuperare la memoria di quel tragico evento, valorizzare le dinamiche che resero possibile la ripresa della città di Firenze e degli altri territori danneggiati, migliorare la cultura della resilienza. A tal fine è stato predisposto un «Progetto Scuola» che, coinvolgendo direttamente studenti e insegnanti, possa addentrarsi nelle tematiche sviluppate da «Firenze2016», favorendo un approccio laboratoriale e ludico basato sulla condivisione e sulla l’interdisciplinarietà, secondo le più moderne pratiche pedagogiche, e facilitando l’alternanza scuola-lavoro, nell’ambito delle disposizioni della recente riforma della scuola.

Parola-chiave: «resilienza» dinamento del Progetto ha avviato un am- pio piano di interventi, tutti concorrenti a Il Progetto «Firenze2016» ha la finalità di questo scopo. migliorare la resilienza della comunità to- Da una parte vi sono gli interventi volti a scana alle catastrofi. Dato che la resilien- recuperare la memoria dell’alluvione e a za è di fatto la risultante di un notevole nu- ricostruire e valorizzare le dinamiche so- mero di fattori (infrastrutturali, sociali, cul- ciali e i valori che sostennero la risposta turali ed economici) il Comitato di Coor- nell’immediatezza dell’evento, dall’altra

299 vi sono gli interventi rivolti a ricostruire e mi anche in denaro, nei quali si realiz- valorizzare l’immane lavoro di recupero e zino opere e manufatti attinenti al tema restauro dei beni culturali danneggiati; vi alluvione (è già stato avviato il concor- sono poi iniziative che vogliono essere di so Le alluvioni di oggi nei disegni dei stimolo all’irrobustimento delle infrastrut- bambini per scuole elementari, sono in ture e dei sistemi, fatto fondamentale per fase di definizione un concorso per la ridurre l’entità dell’emergenza in caso di realizzazione di spot video-grafici per catastrofe. scuole secondarie e per prototipi di og- È chiaro però che gli interventi specifici getti di artigianato artistico in memoria programmati potranno tradursi in miglio- dell’alluvione del 1966 per licei artistici rata resilienza solo se vi saranno cambia- e scuole orafe, da affidare per la produ- menti positivi nelle prassi dei soggetti isti- zione su larga scala a botteghe orafe); tuzionali ed economici e nei comporta- coinvolgimento delle scuole in tutti gli menti delle persone, aspetti questi che im- eventi culturali sostenuti dal Progetto, da plicano la diffusione sia di sensibilità sia spettacoli teatrali a mostre tematiche e di competenze. performance artistiche live; percorsi for- La scuola è, per il Progetto «Firenze2016», mativi da avviare con testimonianze di un ambito di azione importantissimo, pro- esperti dell’Università, dell’Autorità di prio perché è nella scuola che inizia qual- Bacino, di «LaMMA» ed di altri soggetti siasi cambiamento culturale e strutturale circa i fattori di rischio alluvione, le al- della società. luvioni nella storia, le tecniche di previ- sione meteorologica, la gestione della ri- sorsa acqua, e da proseguire nelle scuo- Le azioni di sensibilizzazione le con lavori di approfondimento con- dotti da studenti e insegnanti dentro e Sono già in corso azioni di sensibilizza- fuori la scuola. zione al tema alluvioni e rischio idrogeo- Nelle azioni di sensibilizzazione, quelle logico. Questi fenomeni, e l’impatto che appena elencate e le altre che saranno ne deriva, nella percezione comune, ten- messe in campo, sono presenti alcuni dono ad essere confinati nel passato o in aspetti particolarmente interessanti per le territori circoscritti e lontani. Di fatto le finalità di «Firenze2016» che è utile qui alluvioni e il dissesto idrogeologico in ge- citare anche senza approfondirli: la col- nerale, agiscono invece con crescente fre- laborazione tra docenti della scuola ed quenza e riguardano ampi territori in To- «esperti» esterni, spesso questi ultimi pro- scana. Nel 1966, quella che passò alla venienti da contesti di ricerca o di presi- cronaca come l’alluvione di Firenze di fat- dio e quindi in grado di fornire contenuti to riguardò i tre quarti delle aree pianeg- aggiornati e specialistici, con cui gli stu- gianti toscane e l’elenco di frane e di al- denti avrebbero potuto confrontarsi solo lagamenti importanti si allunga anche ai nel prosieguo degli studi; l’inevitabile giorni nostri. coinvolgimento dei genitori e del conte- Si tratta di alimentare la consapevolezza sto esterno, con la conseguenza di rag- di quanto il problema sia reale, si tratta di giungere, nell’azione di sensibilizzazio- chiarirne i contorni, aiutare a trasferirli al ne, target più ampi; il collegamento tra proprio ambito di vita sia per prevenire percorsi scolastici organizzati «per disci- che per reagire. plina» e attività organizzate, invece, per Si prevedono pertanto: concorsi, con pre- ambito applicativo.

300 La grande alluvione

Secondo il paradigma delle ta saranno proposti dagli enti aderenti a Open Educational Resources «Firenze 2016», che quindi assumeranno il ruolo di content provider mentre il Co- Il Progetto «Firenze2016» attiverà una mitato di Coordinamento agirà da sogget- collaborazione più profonda con la scuo- to facilitatore o da partner tecnologico (ve- la finalizzata alla messa a punto di con- di p.e. nel Serious Games). tenuti formativi organizzati in singoli mo- Lo sviluppo di un modulo del Kit Scuola duli, ciascuno focalizzato su uno speci- sarà cosa sicuramente complessa. Si trat- fico contenuto; i singoli moduli saranno terà di sviluppare un’ampia gamma di te- componibili, in una organizzazione mo- mi afferenti a: protezione civile ed auto- dulare, probabilmente in collane rese di- protezione, cultura della solidarietà, rap- stinguibili da elementi di raccordo; l’in- porto corretto con l’ambiente, attenzione sieme andrà a costituire il cosiddetto Kit al patrimonio culturale, fattori strutturali di Scuola. resilienza. L’obiettivo è raggiungere target Si tratterà di una offerta formativa pac- numerosi, nell’ambito della Toscana, ed chettizzata, ma il più possibile «aperta» ad eterogenei: studenti, famiglie, personale interventi integrativi e personalizzazione insegnante. Si pone quindi il problema di da parte delle scuole che vorranno adot- individuare prima ancora che i contenu- tarla, sviluppata secondo il paradigma del- ti, le metodologie didattiche, gli strumen- le Open Educational Resources (OER), fa- ti e le tecniche da adottare a sostegno del- cilmente trasferibile, basata su tecnologie l’apprendimento. multimediali ed elearning. La prima scelta di campo di «Firenze I temi da trattare e le competenze di usci- 2016», che peraltro connoterà tutti i futu-

301 ri sviluppi aventi valenza formativa, è la problemi dell’ambiente immediatamente scelta di mirare allo sviluppo di compe- vicino all’alunno; il metodo si deve apri- tenze, cioè di perseguire sempre l’obietti- re alle forme di insegnamento aperto, al vo di mettere in grado le persone di svol- lavoro per progettazione e riprogettazio- gere (anche intellettualmente) compiti o ne in itinere, al lavoro con gli esperti, al attività in modo efficace ed osservabile ed circuito di apprendimento, al training per in relazione ad un obiettivo. tappe o stazioni, ai progetti, alle escur- Potrebbe sembrare azzardato approccia- sioni o visite guidate ecc. Si deve tener re lo sviluppo di valori sociali facendo ri- conto dell’eterogeneità degli alunni. La corso ad interventi che mirano a trasmet- proposta di attività si orienta quindi al pro- tere competenze, ma dobbiamo richia- blem solving, all’autonomia dell’appren- mare in merito a questa linea di azione il dente, all’autoriflessione e alla coopera- consenso, ormai diffuso nella comunità zione; l’insegnamento si deve aprire dal educativa, di quanto sia importante ac- punto di vista organizzativo e superare il quisire «competenze» per gestire effica- rigido schema orario; è necessaria un’a- cemente le relazioni interpersonali, le in- pertura organizzativa dell’insegnamento e comprensioni, i conflitti, sia nella sfera pri- della scuola in genere verso l’ambiente vata che in quella lavorativa, che sono sociale e verso altre istituzioni pedagogi- performances chiaramente collegate alla che; l’insegnamento deve diventare più espressione di valori 1. aperto sotto l’aspetto personale, cosa che Ma quali metodiche e strumenti adottare richiede un cambiamento del ruolo del- per la messa a punto del Kit Scuola? I sin- l’insegnante (insegnante come risorsa). goli moduli del Kit Scuola saranno realiz- In base a questi principi, nell’insegnamento zati in forma di laboratori didattici e di sotto forma di laboratorio agli alunni è Serious games, come descritto nei para- consentito di apprendere in modo: situa- grafi seguenti. zionale, poiché non deve essere affronta- to alcun elenco di obiettivi e di contenu- ti rigidi; individuale, poiché si può proce- Apprendere facendo esperienze dere per percorsi differenziati; interdisci- plinare, dal momento che i contenuti ven- Questa metodica di insegnamento 2 parte gono trattati globalmente e non per mate- dal presupposto che l’apprendimento non ria; cooperativo, che significa che idee, è il prodotto di un processo di insegna- sollecitazioni e aiuti si possono manife- mento, bensì un processo in cui l’ap- stare in modo comunicativo, senza spiri- prendente si attiva facendo direttamente to concorrenziale; creativo, perché nel pro- delle esperienze. In base a ciò l’insegna- cesso di apprendimento vengono solleci- mento non porta automaticamente e in tate idee prodotti scoperte e invenzioni. modo lineare all’apprendimento, la rice- zione dell’insegnamento si deve distin- guere dal processo di assimilazione di un Un esempio di percorso laboratoriale determinato contenuto disciplinare. Tutto l’apprendimento è un processo di costru- Con la realizzazione di laboratori didatti- zione individuale e attivo. ci pre-impostati sui temi propri di «Firen- Se ne traggono quattro deduzioni: i con- ze2016» si contribuirà ad arricchire di tenuti dell’insegnamento si devono orien- contenuti l’offerta formativa a disposizio- tare alle esperienze, alle tematiche e ai ne degli studenti, senza necessariamente

302 La grande alluvione generare un «carico» formativo aggiunti- in un ambiente simulato e protetto. vo, dato che questa offerta potrà essere in- I serious games oggi trovano applicazioni tegrata nei percorsi disciplinari. in numerosi contesti quali campagne di Un esempio pratico di Laboratorio didat- educazione e di sensibilizzazione, attività tico: promozionali e campagne sociali 3, ri- Tema: vengono proposti temi che gli in- chiedono per la loro realizzazione rile- segnanti e gli allievi saranno chiamati ad vanti risorse economiche, ma possono rap- analizzare con tecniche di brainstorming presentare un investimento necessario per per poterli cogliere da prospettive diverse raggiungere target numericamente rilevanti e poterne organizzare la trattazione in mo- e diffusi. do interdisciplinare. Problemi: vengono proposte problemati- che, collegate al tema-argomento, che in- Progetti formativi con la scuola segnanti ed allievi dovranno analizzare con tecniche di problem solving e risol- «Firenze2016» prevede la messa a punto vere durante il percorso formativo. di progetti congiunti con la scuola, anche Materiali: vengono forniti materiali didat- collegati a bandi del MIUR o della Co- tici, fonti bibliografiche, modelli di riferi- munità Europea. Tali progetti potranno mento, strumenti, quali punti di partenza coinvolgere il Comitato di Coordinamen- per il percorso di apprendimento; inse- to di «Firenze2016» o un sottoinsieme di gnanti ed allievi saranno chiamati ad am- enti che potranno aderire ad essi per atti- pliare ed integrare questa base e a condi- nenza della propria attività ai temi da svi- viderla nelle sue elaborazioni. luppare. Lavoro: vengono fornite delle linee guida Questa linea di azione potrebbe rivelarsi su come organizzare il lavoro, con una di particolare efficacia nell’attrarre risorse «regia» di massima che fornirà indicazio- economiche esterne, attivare collabora- ni circa il ruolo dell’insegnante (tenden- zioni di livello internazionale, lanciare si- zialmente facilitatore) e le modalità di la- nergie di lungo periodo, a partire dal con- voro degli allievi (in autonomia, con un testo toscano. partner o in un piccoli gruppi), linee gui- Sono allo studio, tra gli altri, progetti sul da per la realizzazione di attività pratiche restauro, conservazione e valorizzazione e per le attività di verifica circa le com- di beni artistici che prevedono il coinvol- petenze apprese. gimento di partner quali l’Opificio delle Pietre Dure, UNIFI, l’Archivio di Stato, la Biblioteca Nazionale, il Polo Museale, l’O- Serious Games pera di Santa Croce, e percorsi formativi- esperienziali in campo artistico (arti visi- I serious games (lett. «giochi seri») sono gio- ve e performative) legati al tema alluvio- chi a tutti gli effetti, sono realizzati con tec- ne con UNIFI e Accademia delle Belle Ar- niche digitali che, oltre ad aspetti di intrat- ti di Firenze. tenimento, contengono elementi educativi. Essi creano un’esperienza formativa effica- ce e piacevole e hanno lo scopo fonda- Progetti di alternanza scuola-lavoro mentale di sviluppare abilità e competen- ze applicabili nel mondo reale attraverso un «Firenze2016» si è posta il problema di apprendimento realizzato con l’esercizio cooperare con la scuola raccordandosi con

303 le dinamiche evolutive in atto al suo in- l’interno del Comitato di coordinamento terno. Sicuramente, tra queste, un terreno «Firenze 2016» è stata di proporsi alla di incontro è l’alternanza scuola-lavoro. scuola quali interlocutori per l’avvio di L’alternanza scuola-lavoro è una modalità cluster di progetti di alternanza, dato che: didattico-formativa trasversale a tutti i ca- gli enti membri del Comitato, ad oggi ol- nali del sistema scolastico-formativo (si- tre 50, e i soggetti associati, circa 10, rap- stema dei licei, dell’istruzione e della for- presentano uno spaccato del mondo del mazione professionale) e si rivolge a stu- lavoro di sicuro interesse per gli studenti, denti che abbiano compiuto i 15 anni di quali che siano gli orientamenti profes- età. È regolamentata dal Decreto legisla- sionali verso i quali vorranno rivolgersi; tivo n. 77/2005, attuativo dell’art. 4 della molti di questi soggetti si occupano di ri- Legge n. 53/2003 di riforma del sistema cerca, formazione e divulgazione scienti- scolastico, e si propone di «orientare e so- fica, quindi rappresentano contesti sicu- stenere un ingresso consapevole degli al- ramente adatti ad un efficace orientamento lievi nella realtà lavorativa», mediante l’ac- lavorativo e trasferimento di competenze; quisizione di competenze spendibili nel lo sviluppo della resilienza implica com- mercato del lavoro. petenze specialistiche che offrono buone L’alternanza scuola-lavoro consiste nella prospettive lavorative (gestione delle ri- realizzazione di percorsi progettati, attua- sorse idriche e del territorio, previsioni ti, verificati e valutati, sotto la responsabi- meteorologiche, restauro, conservazione e lità dell’istituzione scolastica o formativa, valorizzazione di beni artistici ecc). sulla base di apposite convenzioni con le «Firenze2016», quindi, propone alla scuo- imprese, o con le rispettive associazioni di la i seguenti ambiti di collaborazione: rea- rappresentanza, o con le camere di com- lizzare un raccordo tra gli enti aderenti a mercio, industria, artigianato e agricoltu- «Firenze2016», associazioni e soggetti im- ra, o con gli enti pubblici e privati, ivi in- prenditoriali disponibili ad attivare dei pro- clusi quelli del terzo settore, disponibili ad getti di alternanza; gestire i rapporti con accogliere gli studenti per periodi di ap- stakeholder territoriali; dare supporto ai prendimento in situazione lavorativa. soggetti ospitanti nell’accoglienza e ge- In attesa che il registro nazionale per l’al- stione degli allievi; rappresentare alle scuo- ternanza scuola-lavoro assuma la piena le i contenuti di progetto alternanza pos- operatività, le scuole potranno avvalersi sibili nel contesto «Firenze 2016»; attua- delle collaborazioni già esistenti o atti- re forme di monitoraggio sull’intera ini- varne di nuove in sintonia con l’offerta di- ziativa per il suo miglioramento in itine- sponibile sul territorio. re; diffondere le migliori pratiche delle Date queste premesse, la riflessione al- scuole.

1 Nel 1993 l’O.M.S., per porre rimedio alla violen- 2 H. Hagstedt, Lernen anders erfahren – Unterricht za nel mondo, alla caduta di valori umani ed etici neu entwerfen. in «Pädagogische Welt», 1995; H. ha individuato un nucleo fondamentale di dieci abi- Kasper, Lernwerkstätten neue Hoffnungsträger für die lità per la vita (Life Skills) da insegnare alle nuove Lehrerbildung?, in «Grundschule», 26, 1994; W. Wal- generazioni: consapevolezza di sé, gestione delle lrabenstein, Offene Schule – offener Unterricht, Rein- emozioni, gestione dello stress (emotive); risolvere bek 1992 (III edizione); W. Wiater, G. Schönknecht, problemi, prendere decisioni, senso critico, creatività (Hrsg.), Forschung und Berichte zur Lernwerkstatt, (cognitive); empatia, comunicazione efficace, rela- Heft 1-3, Augsburg 1994-1997. zioni efficaci (sociali). Il nucleo è stato ripreso dalla 3 Ma, Minhua, Oikonomou, Andreas, Jain, Lakhmi Comunità Europea con la Responsabilità Sociale C. (Eds.), Serious Games and Edutainment Applica- d’Impresa (C.S.R.) e in Italia dal M.I.U.R. con il Pat- tions, Springer, 2011. to di Corresponsabilità Educativa.

304 La grande alluvione

(Volume monografico speciale a cura di Giorgio Valentino Federici, Miriana Meli, Lucio Niccolai, Severino Saccardi, Simone Siliani e Vincenzo Striano) Ripensare l’alluvione, a scuola

Studenti della classe 4ªG del Liceo Scientifico «Il Pontormo» di Empoli (coordinati dal prof. Paolo Capezzone) Studenti della classe 5ªC del Liceo Scientifico «L. da Vinci» di Firenze (coordinati dal prof. Stefano Zani) Studenti e insegnanti dell’ITI di Manciano (coordinati da Leonardo Gabrielli e Niccolò Meloni) Studenti delle classi 4ªA e C dell’ITE «E. Balducci» di Pontassieve (coordinati dalla prof.ssa Cristina Di Nardo) Studenti della classe 5ªC del Liceo Scientifico «E. Balducci» di Pontassieve (coordinati dalla prof.ssa Simona Giani)

305 IL SESSANTASEI A EMPOLI: STUDENTI DEL «PONTORMO» A COLLOQUIO CON I CITTADINI degli studenti della classe 4ªG del Liceo scientifico «Il Pontormo» di Empoli (coordinati dal prof. Paolo Capezzone)

Una serie di interviste curate dagli studenti del Liceo scientifico «Il Pontormo» di Empoli e realizzate con i cittadini della zona dell’empolese che hanno vissuto in prima persona l’esperienza dell’alluvione del 1966. Ne risulta un quadro ricco di sfumature: prima la sorpresa, poi lo sconcerto e la paura, infine la consapevolezza della necessità di darsi da fare per ritornare alla normalità, insieme al sorgere di uno spontaneo spirito di solidarietà nei confronti di coloro che si trovavano in maggiori difficoltà.

L’Arno è come se si fosse racconta: «Certo che mi ricordo di quel- infuriato e ribellato l’alluvione, iniziò all’alba del 4 novem- bre, giorno della festa nazionale. C’é chi L’alluvione avvenuta il 4 novembre 1966 racconta che tolsero delle dighe e chi dà a Firenze, Empoli e nei dintorni fu causa- la colpa all’incessante pioggia, io le cau- ta non solo dall’Arno, ma anche da altri se precise non le conosco però posso te- affluenti e riguardò, così, oltre al bacino stimoniare le conseguenze. Le persone idrografico del fiume, alcune cittadine pe- erano disperate, non sapevano dove scap- riferiche. pare, l’acqua era ovunque, le poche mac- Intervistando alcuni anziani della zona chine galleggiavano. Un mio amico che possiamo riscoprire un pezzetto della sto- abitava a Cerreto, in quei giorni si trova- ria locale. va a Firenze e quando tornò a casa mol- Nonno Duilio, nato a vinci il 19/07/1926, to spaventato, mi raccontò che lì aveva

306 La grande alluvione

l’acqua fino all’ultimo scalino e riuscì a Intervista al signor Salvatore, pensionato, salvare la sua auto per la fortuna di aver- nato nel 1939, che adesso abita a Vinci. la parcheggiata in un posto dove la piena D. Cosa si ricorda dell’alluvione dell’Ar- non arrivò». no del 1966? Nonna Mara, classe 1933, nata a Lampo- R. In quel periodo non abitavo in Tosca- recchio, ricorda un altro episodio: «Un na, io sono nato in Basilicata e mi sono amico di mio padre che abitava a Pagna- trasferito a Vinci solo negli anni 70. Arri- na, salì fino al secondo piano della sua abi- vato qui successivamente all’accaduto, ne tazione per sfuggire all’acqua che aveva ho sentito parlare e ho sentito testimo- già sommerso il primo piano. Riuscì a sal- nianze ma non ho vissuto direttamente varsi salendo sul davanzale della finestra nelle zone colpite. con sua figlia piccola in braccio e saliro- So che in quel periodo era piovuto mol- no sull’elicottero che era arrivato in soc- to, probabilmente in quei giorni le condi- corso, insieme alla moglie e un altro figlio. zioni atmosferiche erano cambiate rispet- C’erano persone che non hanno mangia- to alle settimane precedenti e questo pro- to per tutto quel 4 novembre, altre che si vocò l’aumento dell’acqua nel fiume, il sono sfamate con quel poco che avevano suo livello iniziò a crescere in maniera ra- in casa. L’allagamento durò alcuni giorni, pida. Questa alluvione portò le strade, le ma per ripulire ci vollero mesi: i danni fu- case, gli edifici, i campi a essere sommersi rono tantissimi». da acqua e fango. Ho sentito persone che

307 cercavano di salvare il possibile e rifugiarsi vigliana, che non era abitata come oggi. ai piani più alti. Ricordo che era tutta acqua e nel mezzo D. Cosa conosce del fiume prima di que- c’era una concimaia con delle papere che sta tragedia? galleggiava come fosse una barchetta. L’Ar- R. I tempi oggi sono cambiati, prima pro- no trasportava detriti, mobili e materiali. babilmente nell’Arno come in altri fiumi, Passammo da Bassa, dove le persone era- negli anni in cui non c’era tutto questo in- no sui tetti e chiedevano aiuto. Andammo quinamento e le acque erano pulite, si po- poi al ponte di Poggio a Caiano, al di là teva fare il bagno, le donne che abitava- di questo era tutto un mare, faceva effet- no nelle zone vicine sicuramente saranno to. Ci raccontarono che, per non far tra- andate a lavare gli abiti lì, prima non c’e- boccare l’Arno a causa delle piogge sem- rano tutte le possibilità che ci sono oggi pre più frequenti, dettero il via alle chiu- nelle case. Nel fiume si poteva anche na- se e le acque arrivarono con forza tutte in- vigare. sieme. Dopo diversi giorni arrivarono gli D. È stato l’uomo a causare l’alluvione? angeli, dei volontari, per ripulire tutto, por- R. Sarà sicuramente avvenuto per colpa tare via il fango ed aiutare le persone». di cambiamenti atmosferici, ma anche il Tra le nostre fonti abbiamo trovato un vi- comportamento dell’uomo penso abbia deo-testimonianza del signor Siro Terreni, influito. A causa di questo oggi non ab- un sopravvissuto della prigionia nella Ger- biamo più la possibilità di fare il bagno co- mania nazista, morto a 89 anni dopo aver me facevano i ragazzi molti anni fa. Le speso una vita a raccontare le sue espe- acque dell’Arno hanno rotto gli argini e rienze. Tra queste anche il racconto del- hanno allagato le campagne. Nella zona l’alluvione nell’empolese. Il suo appello va empolese non abbiamo avuto solo la pie- ai giovani di oggi pronunciando queste na dell’Arno ma sono straripati anche al- parole: «Vi racconto di mio nonno Ore- tri fiumi minori come l’Elsa. ste, che dietro casa aveva un orticello che Pietro, nato nel 1924, racconta: «L’estate irrigava tramite solchi che permettevano di del 1966 era stata molto arida, mentre far scorrere l’acqua. Era mio compito con- l’autunno era piovoso. Era novembre e le trollare che l’acqua non traboccasse, ma acque dell’Arno si avvicinavano sempre non sempre ci riuscivo. Lui si infuriava di- di più ai ponti. Avevo sentito che da qual- cendomi che l’acqua non si spreca. In quei che giorno alcuni uomini erano diventati tempi infatti all’acqua si portava profon- guardiani dell’Arno. Ciò non era conside- do rispetto, utilizzandola solo per bisogni rato un segno di pericolo perché special- essenziali. Veniva tirata su con secchi dai mente i più anziani avevano l’abitudine di pozzi delle piazze e portata a mano fino vedere il fiume in piena. Una mattina, tra a casa, che si poteva trovare al primo co- le facce sbalordite dei miei genitori e de- me all’ultimo piano. Sull’Arno, nei tempi gli zii, sentii che nella notte il fiume ave- precedenti alla Seconda guerra mondiale, va inondato una gran parte di Firenze ed operavano funaioli, pescatori, barcaioli e anche le zone empolesi di Avane e S. Ma- le donne lavavano i panni in quelle acque ria. In seguito, da racconti di altri, venni non inquinate. I ragazzi ci facevano ad- a conoscenza che in quelle zone l’acqua dirittura il bagno. Il fiume era curato e era iniziata a entrare nelle case anche la amato. Dopo la guerra però non ci fu più sera precedente ed erano stati costretti a questo rispetto. L’Arno é come se si fosse salire ai piani superiori. Così partii con il infuriato e ribellato. Da ogni posto prove- babbo da Vinci e andammo prima a So- nivano pianti, grida e richiami laceranti,

308 La grande alluvione in quella dannata notte regnò il terrore e va colpita da un onda. Ho avuto paura an- la paura. La mattina seguente si videro che quando il mi’ fratello ha percorso 50 animali affogati, tombini saltati e acqua metri sui tetti per portare cibo caldo a una sporca in ogni minima fessura. Dopo l’al- famiglia con una signora malata che si era luvione si dava e si riceveva solidarietà, le rifugiata in soffitta. Infatti noi almeno ave- persone scendevano dalle terre dove non vamo la stufa. era arrivata la piena per aiutare gli altri, si D. Cosa vedevate dal terrazzo? recuperavano libri e opere, si cercava di R. Vedevo il campo davanti a noi com- salvaguardare il patrimonio culturale». pletamente allagato. Ogni tanto vedevo (Interviste e rielaborazione di passare animali morti e una volta al gior- Elisa Serangeli, Lucrezia Nelli e no arrivava una barca dei «soccorritori» Linda Florenti) che portava del latte e un po’ di pane. D. Alla fine cosa è rimasto? R. Dopo la prima mezza giornata l’acqua «Tu vedrai, non succederà nulla…» cominciò ad abbassarsi e dopo 2-3 giorni andò via del tutto. Rimase uno spesso stra- D. Ti aspettavi che ci sarebbe stata l’allu- to di fango e la nostra macchina rotta. In- vione? fatti non riuscimmo a portarla sul rialzo R. Anche se l’Arno arrivava quasi alla stra- della chiesa come avevano fatto altri e il da non avrei mai pensato a una cosa del mi marito la legò al cancello. L’acqua non genere. Appena il giorno prima andai con la portò via ma entrò nel motore e lo una mia amica a fare una passeggiata sul- sciupò tanto che dovemmo ricomprarla. Il l’Arno e incontrai uno dei tanti contadini fango inoltre lo pulimmo noi, prima dal no- che prima coltivava le sponde che mi dis- stro giardino, ma poi anche dalla strada. se «Da quando e son qui l’Arno era arri- (Intervista a Teresa Pigniatiello vato molte volte a questa altezza e un’è di Saverio Bargiacchi) mai straripato, tu vedrai non suderà nulla anche ‘esta volta». D. Quando è arrivata l’acqua ve ne siete Dopo, non rimaneva altro che pulire accorti subito? R. Eravamo in casa e sintivamo un gran ca- D. Come si chiama, dove è nata, che fa- sino di metallo provenire dalle fabbriche ceva di lavoro nel 66? vicino. Quando ci siamo affacciati, perché R. Bendoni Giuseppa, sono nata a Loro noi abitavamo al 1° piano, abbiamo visto Ciuffenna in provincia di Arezzo, nel 66 un mare d’acqua, a occhio 10 cm, che facevo la casalinga. Avevo 33 anni. continuava a salire molto velocemente. Le D. Dove stava all’epoca? persone che abitavano al piano sotto il no- R. In via 4 Novembre in Carraia. stro fecero appena in tempo a salire da D. Che cosa si ricorda dell’alluvione del noi che poi arrivò tanta di quell’acqua che 66? il livello salì fino sotto il terrazzo, saran- R. Abitavamo, io mio marito Viviano e i no stati 2 metri anche di più. suoi genitori, in una casa con la viareggi- D. Hai avuto paura? na (al piano terra), l’acqua arrivava circa R. Si ho avuto paura, ma non tanto per fino alle ginocchia. La zona era molto al- l’acqua ma soprattutto perché sentivamo lagata e, in tutto il circondario, l’acqua la bombola del gas dei nostri vicini pic- aveva raggiunto un metro di altezza ed era chiare contro il muro ogni volta che vini- venuta fuori dall’Elsa. Ricordo che un gior-

309 no per portarmi in un’altra casa usarono macchine, tutte allagate erano inagibili. una barca. Quei giorni eravamo tutti bloccati in ca- D. Che cosa provava lei e le altre perso- sa, a dormire dormivamo in soffitta e i ne in quei momenti? giorni dopo che defluì l’acqua dovevamo R. Eravamo preoccupati, tutti, noi spe- pulire tutto ciò che era stato portato dal- cialmente che avevamo la casa, come al- l’acqua. Ricordo la preoccupazione delle tre persone che erano al piano terra, era- persone, soprattutto chi aveva figli era in no giorni di forte disagio. difficoltà. Ricordo che da mia sorella, a D. Lei invece si chiama? E cosa faceva nel Marcignana, l’acqua allagò tutto il pian 66? terreno fino al soffitto, stessa cosa successe R. Mi chiamo Vignozzi Viviano e nel 66 a Santa Croce e poi anche nella zona di ero meccanico in una piccola fabbrica, la Pratovecchio. Mostardini, a Pontorme, che poi si spostò Finito tutto fui chiamato per circa due me- al Terrafino. Avevo 35 anni si per far rifunzionare le macchine delle D. Lei cosa si ricorda dell’alluvione nel fabbriche. 66? D. Che successe poi? R. Ricordo che Pontorme era tutta allaga- R. Dopo 7 giorni di pioggia ininterrotta, ta, e per circa 3-4 giorni era impossibile tre di alluvione, dopo non rimaneva altro raggiungere il posto di lavoro. che pulire per poi tornare alla vita nor- D. Si ricorda molti morti? male, furono giorni difficili, ma ci fu mol- R. No i morti furono molto pochi, soprat- ta solidarietà tra le persone. tutto ce ne furono a Firenze, da dove non (Intervista a Vignozzi Viviano e arrivavano buone notizie. Da noi l’acqua Giuseppa Bendoni arrivò a circa un metro di altezza cau- di Vignozzi Giacomo, Borchi Chiara, sando preoccupazione, disagio e paura, Maria Sole Iacopini) ma non molti morti, fortunatamente. D. Come andarono i fatti? R. Piovve ininterrottamente per circa una Ha tirato fuori l’altruismo settimana e i fiumi non ressero più. Un da ognuno di noi tempo non c’erano zone di espansione per i fiumi e argini così alti, e i paesi più bas- Esattamente 50 anni fa Empoli, proprio si con dei fiumi vicini come Montelupo ne come Firenze e tutti quei paesini che si af- risentirono di più. Lì l’acqua, in delle zo- facciavano sulle acque del fiume Arno e ne, arrivò anche a 2 metri di altezza. dei suoi affluenti, fu inondata da un’ina- D. Giuseppa, cosa ha pensato quando ha spettata e cruenta alluvione. Per racco- visto l’acqua dentro casa? gliere informazioni di ciò che avvenne R. Si sta al fresco! No, a parte gli scherzi, esattamente, abbiamo deciso di intervi- fui molto preoccupata, visto che non ave- stare proprio quelle persone che vissero in vamo acqua in casa per cucinare e rag- prima persona l’alluvione. Come può te- giungere la fonte era molto difficile e il ci- stimoniarci Enzo, 77 anni adesso, 27 al bo in quei giorni scarseggiava. Un ma- momento dell’inondazione, la nostra città cello! Alla gente giravano le scatole. fu bagnata principalmente nelle zone di D. Viviano in quei giorni i lavori delle fab- campagna come Santa Maria e Avane. Ec- briche si bloccarono? co le varie domande che più ci incuriosi- R. Eh oh! L’acqua restò più giorni a se- vano: conda delle zone, ma le fabbriche e le D. Dove si trovava al momento dello stra-

310 La grande alluvione ripamento delle acque? R. Nel momento più critico mi tro- vavo a Empoli, ma che subito abban- donai per recarmi a Firenze dove l’associazione di beneficenza di cui facevo, e faccio parte, fu chiamata per offrire un pron- to aiuto agli sfolla- ti. Regalammo let- ti e materassi e demmo una mano a spalare la «mo- ta» dalle strade. D. Ebbe paura in quei giorni? zo più, ovviamente, la quantità infinita di R. Non tanto la paura, quanto l’impres- pioggia che era caduta. sione di vedere correnti d’acqua scorrere D. Ai giorni d’oggi saremmo in grado di per le vie di Empoli; fu talmente inaspet- prevederlo e evitarlo? tato che ci prese di sprovvista e inesperti R. A mio parere no, l’acqua è indomabi- nell’agire di conseguenza. Furono giorni le, non la ferma nessuna precauzione. di tensione, ma che unirono profonda- Effettivamente, nei video e nelle foto che mente tutti gli abitanti: ci aiutavamo a vi- siamo riusciti a vedere, l’acqua passava, cenda facendo il possibile, ha tirato fuori prendeva e portava via con sé pezzi di l’altruismo di ognuno di noi. città e di storia. Ascoltare testimonianze dirette ci ha por- Infine abbiamo le risposte del Signor Bol- tati molto vicini a quei giorni, rendendo drini. più realistica la nostra ricerca. Anche Ri- D. Dove si trovava quel giorno, nel mo- no, che quell’anno aveva appena 7 anni, mento dell’avvento delle acque? ci raccontò di quanto ancora ricordasse R. Mi trovavo a Isola. Qui le strade erano bene quel momento così anomalo e la pe- completamente allagate e l’acqua conti- na negli occhi delle persone. nuava a salire, tanto che a un certo pun- D. Si sarebbe aspettato, anche dopo tanti to fummo talmente impauriti che eravamo giorni di pioggia, uno straripamento? pronti a sfondare il muro della casa per sa- R. No, non pensavamo che il fiume fosse ar- lire poi su in soffitta, dove almeno lì pen- rivato al suo limite. Colse tutti di sorpresa. savamo di essere al riparo. Per fortuna in D. Perché, secondo lei, è avvenuto un fat- serata l’acqua defluì. to di questo genere? D. Quale è stata la parte peggiore del- R. Da quello che abbiamo letto e sentito l’accaduto? dopo alcuni giorni dall’alluvione, la cau- R. Fu in tutto e per tutto una catastrofe: ve- sa potrebbe essere stata una cattiva ge- devamo animali e macchine portati via stione di due dighe in provincia di Arez- dalla forza della corrente, non riuscimmo

311 neanche a raggiungere Empoli dove si tro- portarci: se salire sul tetto oppure no. Fum- vavano miei cari di cui non avevo avuto mo costretti a passare l’intera notte al se- più notizie. Anche lei conobbe una gran- condo piano. de ondata e pure nella zona del Terrafino D. L’alluvione vi ha colto di sorpresa? colpì alcune fabbriche e sbarrò il passag- R. Non ci aspettavamo così tanta acqua. gio della ferrovia. Nel 1906 e nel 1948 c’erano state altre al- D. Alla fine riuscì a raggiungere Empoli e luvioni, ma non venne mai così tanta ac- a contattare i suoi familiari? qua, in casa mia il livello dell’acqua non R. Qualche giorno dopo, quando l’acqua superò gli 80-90 cm. fu sgorgata, raggiunsi i miei cugini e mi D. Hai contribuito ad aiutare gli altri e a mostrarono la loro casa che era comple- riportare la normalità? tamente ricoperta dalla melma. Fummo su- R. Certo, come tutti. Per prima cosa pen- bito consapevoli che era tutto da buttare. savamo a ripulire le nostre case, poi sia- Gran parte della colpa ce l’ha pur sempre mo passati a togliere il fango dalle strade. l’uomo, che fino a che non cambierà le D. Quale è stata la scena che ti ha colpi- sue cattive abitudini, la natura, per legit- to maggiormente? tima difesa, gli si rivolterà contro causan- R. Vicino casa mia c’era un mulino dove do questi disagi. abitava un mio amico; quando casa sua (Interviste a Matteo Boldrini e fu inondata eravamo lì con alcuni amici: Davide Varricchio della Misericordia noi riuscimmo a rifugiarci al secondo pia- di Empoli, no, mentre lui non ce la fece. Quando ini- di Sofia Fiumalbi e Ilaria Pieragnoli) ziò a vedere che l’acqua stava salendo, è montato sopra un mobile, ma alla fine l’ac- qua lo ha raggiunto. Così ha iniziato ad San Miniato: praticamente, un’isola urlarci di sfondare il soffitto in modo che anche lui potesse salire con noi; però non L’Alluvione del 1966 a Ponte a Elsa, in- c’erano mezzi per farlo. Per fortuna alla tervista a Corrado Scali, anni 70, mestie- fine si è salvato, perché l’acqua non è riu- re idraulico. scita a portarlo via. D. Dove abitavi quando ci fu l’alluvione? D. Quanto tempo avete impiegato per ri- R. Abitavo a Molin Novo (una località vi- solvere i danni dell’alluvione? cino a Ponte a Elsa) a circa 2Km da dove R. Abbiamo impiegato quasi tutto l’inver- è «strappato» (straripato) l’Elsa. Dentro ca- no per ripulire tutto. Solo a marzo è tor- sa mia l’acqua è arrivata fino ad 1,80m. nato tutto alla normalità. D. Quali furono i danni recati agli animali? D. (A Romana Scali) Cosa si vedeva da R. La mattina seguente iniziammo a vede- San Miniato? re i primi danni: sotto casa mia passavano Quando mi affacciavo dalla finestra sem- molte mucche morte trasportate dalla cor- brava di vedere un lago enorme. San Mi- rente. Alcune bestie furono portate al se- niato era diventata praticamente un’isola. condo piano delle case per essere salvate L’acqua arrivò fino a San Miniato Basso. e per la paura non volevano più scendere. Anche nella località di Isola l’alluvione fe- D. Hai avuto paura? ce molti danni, anche perché lì erano pre- R. Inizialmente no. Ma, durante la notte, senti anche altri canali che esondarono. quando il livello dell’acqua continuava a (Intervista a Corrado e Romana Scali salire sì, perché non sapevamo come com- di Tommaso Bellotti e Alberto Biondi)

312 QUANDO FIRENZE DIVENTÒ COME VENEZIA degli studenti della classe 5ªC del Liceo Scientifico «L. Da Vinci» di Firenze (coordinati dal prof. Stefano Zani)

Attraverso i ricordi dei protagonisti, gli studenti dello Scientifico «L. Da Vinci» di Firenze ripercorrono le ore e i giorni dell’alluvione di Firenze: la furia dell’acqua e, dopo l’acqua, il fango e il puzzo persistenti per giorni, l’indifferenza iniziale delle istituzioni, il patrimonio artistico danneggiato, la paura e la rabbia, il coraggio e la capacità immediata dei fiorentini, e di tanti che vennero ad aiutare da fuori, di rimboccarsi le maniche per far rinascere la città. Un dialogo in cui emergono anche tante domande che i ragazzi si pongono e ci pongono sullo svolgersi dei fatti allora e sulla capacità attuale di fronteggiare un evento simile.

«È probabile che l’improbabile accada». gnifica che «ciascuno è artefice della pro- (Aristotele) pria sorte» ed è proprio questo, secondo noi, il significato di essere razionale. La ra- gione, infatti, permette all’essere umano di Lo aveva già detto Aristotele essere artefice del proprio destino perché lo rende capace di conoscere e modifica- Aristotele definisce l’uomo come animale re il mondo, di avere opinioni proprie e di razionale, ma raramente viene esplicitato poterle esprimere; ma essa informa di sé an- che cosa voglia dire essere razionale. La che le nostre emozioni permettendoci di famosa espressione latina Faber est suae ricordare tutto ciò che in qualche modo ci quisque fortunae 1, tradotta letteralmente, si- ha colpiti, bello o brutto che sia.

313 Dalle 26 interviste che noi della 5ªC ab- ne», afferma Giuseppina 5. Molte persone biamo fatto ai testimoni dell’alluvione del si trovarono costrette a condividere la lo- 1966 abbiamo ricavato una memoria che ro casa, il loro cibo, la loro acqua pota- ha lasciato tracce indelebili nella nostra bile e i loro vestiti con tutti coloro a cui il mente. fiume non aveva lasciato nulla; ma lo fe- La furia irrazionale degli elementi, che co- cero senza rammarico, nella consapevo- stituisce una delle fonti di maggior peri- lezza che in un momento di difficoltà l’aiu- colo per l’uomo, cinquant’anni fa si sca- to reciproco è ciò che di più auspicabile tenò nella forma di una catastrofica allu- ci possa essere. vione che si abbattè su una delle più bel- le e popolose città d’Italia: Firenze. «L’atmosfera era surreale, si sentiva solo il Perché i fiorentini non furono avvertiti? vociare delle persone che cercavano di sovrastare il rumore dell’acqua, la cui cor- Ma come può essere che i fiorentini non rente era sempre più forte. L’acqua era siano stati avvertiti per tempo dell’immi- gialla 2, la giornata era grigia e pioveva, nenza del disastro che, di lì a poco si sa- pioveva e pioveva», afferma uno dei te- rebbe abbattuto su di loro? stimoni che abbiamo intervistato . Le gior- È questo il pensiero che sgomenta e at- nate erano cupe e umide, sembrava non terrisce ancora oggi. Un preavviso, un al- volesse più smettere di piovere. «Erano le larme, non avrebbe certamente fermato 18:00 del 4 novembre 1966, all’improv- l’onda distruttrice, ma avrebbe probabil- viso mancarono luce, mezzi di comuni- mente evitato molti morti e molti danni. cazione gas e acqua», ricorda Elena, che «Se invece che un giorno di festa, fosse sta- allora era una ragazzina di 10 anni 3. Fi- to un giorno lavorativo, centinaia di per- renze, all’insaputa di tutti, era stata occu- sone si sarebbero riversate negli uffici, nel- pata da un invasore di inarrestabile po- le fabbriche, nei negozi, nelle scuole, ri- tenza: l’acqua. Una catastrofe come quel- schiando di fare la fine dei topi in trap- la non era stata prevista e di conseguen- pola», ci dice Maurizio, che allora aveva za non fu presa nessuna precauzione. La 10 anni 6. bellezza, la storia e il cuore di Firenze fu- Le ondate di piena avevano investito cit- rono devastati. tadine e paesi del Valdarno superiore di- I danni causati dall’alluvione furono in- verse ore prima di scaricarsi con tutta la numerevoli: molte famiglie persero la lo- loro violenza su Firenze. Pensare che le ac- ro casa, altre persero il loro lavoro, altre que dell’Arno si sarebbero rovesciate al- ancora amici o parenti. Nel volgere di po- trove era assurdo; esse non potevano che che ore i cittadini si trovarono immersi in seguire il corso naturale di fondo valle, una miscela viscida di acqua, terra, nafta debordando e devastando le località dis- e di tutti gli oggetti che l’indomabile fiu- seminate ai lati. La piena si sarebbe dun- me aveva trascinato con sé. «Affaccian- que abbattuta di lì a poco su Firenze e doci alla finestra – afferma Maria Grazia l’alveo dell’Arno non l’avrebbe in alcun – si vedevano passare a forte velocità fri- caso contenuta. Nella notte tra giovedì e goriferi, armadi, cucine, macchine e mo- venerdì 4 novembre, le comunicazioni te- bili; quindi cercavamo di capire quello lefoniche si erano interrotte con i vari cen- che stava succedendo» 4. Di lì a poco la tri del Valdarno, ma si sapeva ugualmen- situazione si sarebbe rivelata tragica: «Po- te che la situazione in diversi paesi era ca acqua, poco cibo, poca comunicazio- gravissima, quasi disperata.

314 La grande alluvione

Alla redazione de «La Nazio- ne», dopo sva- riate e preoccu- pate telefonate con il genio ci- vile, emerse che nessuno aveva competenza sul corso cittadino del fiume, né con esattezza chi lo stesse te- nendo sotto controllo. Purtroppo tutti, mancando da più di un secolo esperienze così apocalittiche a Firenze, non presero neanche in considerazio- ne, all’alba del 4 novembre1966, la possibilità di una inondazio- ne di quelle proporzioni. Fatto sta che la larme per tempo, ma non lo fu. Dobbia- gente fu sorpresa nelle proprie case. mo avere il coraggio di ricordarlo. Si sa- Se nel pieno della notte la «martinella» rebbero potuti raggiungere con notizie pre- della Torre d’Arnolfo di Palazzo Vecchio cise, e senza inutili allarmismi, commer- avesse cominciato a diffondere i suoi rin- cianti, artigiani, direttori di gallerie, abi- tocchi, gli abitanti del centro storico avreb- tanti delle zone che l’Arno allaga da se- bero compreso che stava accadendo qual- coli. cosa di eccezionale. In poco tempo la vo- «Le prime notizie le avemmo la sera, at- ce del pericolo, anche solo attraverso il traverso la radio, la cui sede della Rai era passa parola, si sarebbe diffusa. Invece que- in via Vecchietti», dice con rammarico Mi- sto non avvenne: «Più tardi cominciarono chele, allora diciassettenne 8. ad arrivare notizie tramite il passa parola Si sarebbe salvato il Cristo di Cimabue, se di persone che avevano fatto in tempo a vogliamo scegliere il simbolo più doloro- mettersi in salvo dalle zone più inondate so di quella alluvione. E non solo. Oltre e tramite un radioamatore che abitava vi- la città stessa, ricordiamo i suoi preziosi cino a noi, cominciammo a percepire la libri, le opere d’arte, i tanti piccoli e pre- gravità di ciò che era accaduto», dice An- ziosi luoghi la cui storia ha attraversato i tonio, che all’epoca aveva 21 anni 7. secoli. Chi aveva poco, lo avrebbe messo Firenze avrebbe potuto essere messa in al- in sicurezza, chi aveva molto avrebbe sal-

315 vato il meglio. Tutto il resto sarebbe ugual- non volevano lacrime, fu dura: pale e non mente accaduto, ma i danni sarebbero sta- parole. Il sopralluogo di Saragat servì in ti meno gravi. parte a correggere questo errore di valu- L’allora sindaco Piero Bargellini, anni do- tazione. po, spiegò che non ci fu modo di dare L’unico aiuto finanziario del governo fu nessun allarme, in quanto non era mai sta- una somma di 500 mila lire ai commer- ta prevista alcuna forma di prevenzione cianti, erogata a fondo perduto e finan- per tali avvenimenti. La tesi della difesa fu ziata con l’usuale sistema dell’aumento che se i fiorentini avessero udito il suono del prezzo della benzina (10 lire al litro). delle sirene, come in tempo di guerra, «Alla fine ad ognuno di noi diedero 500 mi- avrebbero pensato a un’incursione aerea. la lire come risarcimento dei danni subiti», Si sarebbero forse potute suonare le cam- ricorda un altro dei nostri intervistati 9. pane, si replicò, ma la risposta fu che il 4 E i fiorentini come riuscirono a tirare Fi- Novembre era festa e i fiorentini si sareb- renze fuori dal fango? bero limitati a rigirarsi nel letto. «Vennero camion e camion per portare via i libri irrecuperabili. Sette, otto camion. E la nostra libreria, ovviamente, non è stata Pale e non parole l’unica a doverli buttare via. Non faceva- mo altro che buttare fuori libri. Non ave- La tragedia di Firenze non fu capita in tem- vamo più materiale», ci dice Rossella Vet- po né prima, né subito dopo. Da Roma sul- tori, proprietaria della libreria «I Giorni», le prime quegli allarmi furono considera- collocata in un sottosuolo di via Martelli 10. ti come frutto di un’esagerazione a sfon- Quando la vita quotidiana delle persone do campanilistico. Indifferenza prima e è assediata dal fango e l’acqua s’infiltra inefficienza poi della macchina burocra- tra le pagine dei loro ricordi, spesso tra- tica statale, allora totalmente sprovvista di sformandosi in incubo, inzuppando gli og- qualsiasi forma di protezione civile. Fu getti, allagando i posti in cui si è vissuti proprio a partire da quella tragica espe- per anni, dove si può trovare la forza di rienza che si cominciò a pensare di do- riemergere, di ricominciare? tarsi di una protezione civile. Amara le- «La forza dei fiorentini sta nella luce che zione della storia. brilla nei loro occhi quando parlano del- Si penò che il dramma di Firenze fosse so- la loro città. Sono loro la vera forza del luo- lo una disavventura comune a tante co- go in cui vivono. Hanno tirato Firenze fuo- munità cittadine colpite da calamità na- ri dal fango», afferma con orgoglio la non- turali. Ci furono polemiche, proteste e rab- na di Lorenzo 11. bia per gli aiuti che arrivavano da mezzo Effettivamente Firenze è stata tirata fuori mondo, ma non da Roma. Almeno non dal fango in primo luogo dalle braccia dei immediatamente. Lo Stato centrale, so- suoi cittadini; a onor del vero occorre però prattutto nelle sue compagini governati- anche ricordare che Firenze, centro pul- ve, latitò per sei giorni, e furono quei ma- sante della cultura internazionale, è stata ledetti sei giorni i più lunghi e i più tristi aiutata moltissimo da migliaia di giovani della storia di Firenze. che vi sono accorsi da tutto il mondo. Quando domenica 6 Novembre a Firen- Tutti dovettero armarsi di santa pazienza ze giunse in visita il presidente della Re- e rimboccarsi le maniche. Per recuperare pubblica Saragat, la richiesta spontanea pagine e documenti bastavano alcune mol- dei fiorentini, che non avevano pianto e lette e un filo: si stendevano come i pan-

316 La grande alluvione ni, e si lasciavano asciugare. Gli oggetti ba- I fiorentini non si sono però limitati a rim- nali, ma irrecuperabilmente infangati, boccarsi le maniche per pulire la strada di spesso andavano a costituire un ricordo fronte a casa, a recuperare gli oggetti pre- preziosissimo di quei giorni spaventosi: si ziosi custoditi nei musei e a sdrammatiz- organizzarono perciò tante piccole ban- zare la situazione per rendere il triste la- carelle, che all’epoca si trovavano in tut- voro di recupero del salvabile meno pe- ti gli angoli di Firenze, sulle quali si pote- sante, ma hanno dovuto affrontare e con- va acquistare a poco prezzo un «ricordo vivere con le conseguenze di lungo pe- dell’alluvione». riodo della devastazione; col tempo in- Perché un tratto forte dei fiorentini, è pro- definito in cui l’acqua potabile non c’era prio quello di essere capaci di trovare il e bisognava farsi le passeggiate nella mo- lato semplice e divertente nelle difficoltà, ta con la propria stagnina da riempire; con per riderne e farne ridere gli altri, insom- le «strisciate nere» sui monumenti delle ma quello di sconfiggere la paura con l’i- piazze, i segni rimasti sull’intonaco delle ronia, anche quando scherzare è l’ultima case e ricordati ancor oggi dalle targhet- cosa che verrebbe in mente di fare. te sui muri esterni delle strade che recita- no: «Il 4 novembre 1966 l’acqua dell’Ar- no raggiunse questa altezza». E dopo l’acqua, il fango «Ho visto la sofferenza delle persone, la disperazione di chi ha perso veramente «Il problema nei giorni successivi non fu tutto. È una delle cose più tremende, l’ac- l’acqua ma il fango: il fango che è terribi- qua, e sì anche il fuoco, ma ciò che di- le, e quell’odore nauseabondo dovuto a strugge l’acqua secondo me è più im- tutto il gasolio che ha trascinato con sé. pressionante: è il suo bello e insieme il Terribile la puzza che si avvertiva nell’av- suo brutto», sottolinea la nostra preside 13. vicinarsi al centro storico. Un terribile, ter- ribile odore, che per tanto tempo non si è potuto mandare via», ricorda la nostra vi- Un guadagno in solidarietà e cepreside, allora poco più che una ragaz- spirito di collaborazione zina 12. Ricordiamoci, infatti, che se dopo un’al- Il mondo intero aiutò Firenze a risollevar- luvione alle porte dell’inverno si è tutti si: «I fiorentini e gli stranieri, afferma En- sconvolti e le case sono fredde e umide, rico, erano diventati un unico popolo» 14 quando l’acqua smette di essere protago- che si batteva per un obiettivo comune; an- nista indiscussa della scena si iniziano a che Antonio sostiene che «Centinaia e cen- fare i conti con tutto ciò che si è trascina- tinaia di persone, come un esercito di for- ta nella sua corsa sfrenata. Il fango che non miche, lavoravano nel fango per cercare si asciuga, che è difficile da mandare via, di ripulire la città» 15. L’Arno strappò via ha rappresentato il nemico più grande per ai cittadini tutto fuori che la volontà di la bella città d’arte; ha rovinato le cose, ha reagire. I nemici avevano inflitto un grave impastato tutto. Per non parlare di tutto colpo alla popolazione, ma questa reagì quello che il fango ha trascinato dentro di con tutte le proprie forze. sé: sporco di ogni genere, nafta, pietre; e «I fiorentini non si diedero per vinti (…) e del cattivo odore che aveva impregnato la decisero di ricostruirla da soli, con le pro- città e che, a detta degli intervistati, rima- prie mani, la loro Firenze. Usando ogget- ne uno dei ricordi più vividi e indelebili. ti inadatti e frugando tra la melma. In quei

317 casi, se si decide di lottare, c’è solo una lo, malgrado tutti i lavori di messa in si- cosa da poter fare: devi solo rimboccarti curezza già eseguiti e quelli che sono an- le maniche e decidere di ricominciare da cora in programma. Nel frattempo però, capo, tutto, di nuovo, dall’inizio», dice zone che all’epoca erano di campagna so- Enrico con la forza tipica del ventiseien- no state urbanizzate e antropizzate, con ne che rivive in lui mentre ci racconta que- conseguenze difficilmente prevedibili di ste cose 16. fronte all’eventualità di un’altra alluvione. «Guardando Firenze adesso – prosegue Siamo ancora lontani dal poter dire con ancora Enrico – posso affermare che quel- certezza che siamo in grado di fermare ro- la guerra l’abbiamo vinta, nonostante i ca- vinose alluvioni da milioni di metri cubi duti, le opere d’arte rovinate e il dolore che di acqua, qualora un evento del genere ci ha pervaso l’anima per molti anni se- dovesse ripresentarsi; che cosa ci diranno guenti; da quella catastrofe abbiamo gua- i nostri amministratori quando gli chiede- dagnato solidarietà, unità e spirito di col- remo ciò che è stato fatto, ad esempio, laborazione. C’è rimasto l’amore e il ri- per mettere al riparo il patrimonio artisti- spetto per la città che ci ospita e abbiamo co e culturale per cui la nostra città è da fatto risorgere Firenze con la forza delle sempre amata in tutto il mondo? nostre braccia». Avranno il coraggio di dire ai propri con- Cercare di comprendere ciò che provaro- cittadini che può bastare un temporale no i Fiorentini, probabilmente, è solo una estivo per mettere la città in ginocchio e mera speranza perché Firenze in cin- far filtrare l’acqua persino agli Uffizi, co- quant’anni è cambiata in maniera sensi- stringendo gli addetti a trasferire le opere bile; ma qualcosa crediamo proprio di in altre sale? Oppure confesseranno che averla comunque capita; ovvero che non nonostante tutti siano dotati dell’ultimo possiamo dimenticare. modello di cellulare, perfettamente fun- Il 4 novembre 2016, celebreremo il cin- zionante e sempre online, in caso di al- quantesimo dell’alluvione del 1966; ma larme dovremo contare ancora sul suono l’Arno, che a partire dal 1177 è entrato più delle campane? (Rielaborazione di Noe- volte in città senza chiedere il permesso, mi Gagliano, Sara Gilioni, Caterina Picci- rappresenta ancora oggi un grave perico- ni e Sara Vannelli)

1 La locuzione è presente nella seconda delle due 8 Lungonelli Michele, 17 anni, Via Mercati. Epistulae ad Caesarem senem de re pubblica (De 9 Ciccone Debora, 17 anni, San Mauro a Signa. rep., 1, 1, 2) attribuite a Sallustio, ma di autenticità 10 Rossella Vettori, 18 anni, libreria «I Giorni» in Via molto discussa. Martelli. 2 Abruzzo Anna e D’Anna Franca, 39 e 8 anni, via 11 Nonna di Lorenzo Macchiarini, 25 anni, Piazza San Niccolò. D’Azeglio. 3 Anselmo Elena, 10 anni, via Fiume. 12 Bartolini Sandra, 12 anni, viale Redi. 4 Cassola Maria Grazia, 15 anni, via Ponte alle Mos- 13 Frilli Donatella, 9 anni, zona Careggi. se. 14 Nuti Enrico, 26 anni, via Baracca. 5 Meli Giuseppina, 24 anni, via dei Neri. 15 Faccani Antonio, 21 anni, via Paisiello. 6 Piccini Maurizio, 10 anni, via Nigra. 16 Nuti Enrico, 26 anni, via Baracca. 7 Faccani Antonio, 21 anni, via Paisiello.

318 DAL PUNTO DI VISTA DEI RAGAZZI degli studenti e insegnanti dell’ITI di Manciano (coordinati da Leonardo Gabrielli e Nicolò Meloni)

La ricostruzione, effettuata da alcuni ragazzi e professori dell’ITI di Manciano, in Maremma, delle esperienze vissute direttamente nelle alluvioni che hanno colpito il territorio nel 2012 e nel 2014: la forza distruttrice delle piogge torrenziali, le cosiddette «bombe d’acqua» che si manifestano improvvisamente e violentemente, il dramma degli alluvionati e la soddisfazione di poter dare una mano come volontari, chiamati dalla «Consulta dei Giovani» a prestare opera di pulizia nelle zone maggiormente colpite.

L’alluvione del novembre 2012, che ha in- vato direttamente sulla nostra pelle quello teressato la Toscana meridionale compresa che la forza della natura può provocare. tra gli alvei dei fiumi dell’Albegna (da Mar- La nostra classica giornata scolastica pre- siliana fino al mare, colpendo in particola- se una piega inaspettata quando, saliti sul re Albinia) e la Fiora, è stata vissuta diret- pullman e in procinto di ritornare a casa, tamente dai ragazzi di Manciano. Di nuo- ricevemmo una telefonata dai funzionari vo, nel 2014, un’altra devastante alluvione del comune di Montalto, per informarci interessò il territorio di Manciano, provo- che le ininterrotte piogge, che si erano ri- cando, tra l’altro, due morti. Di seguito, al- versate sulla Maremma in quei giorni, ave- cune brevi testimonianze raccolte tra gli al- vano provocato una pesante esondazione lievi e gli insegnanti dell’ITI di Manciano. del fiume Fiora che, oltre ad avere allagato completamente Montalto Marina, aveva Provare sulla propria pelle la forza della anche invaso un tratto di ponte che col- natura lega il paese alla strada che porta a Man- ciano. Arrivati in prossimità dell’esonda- Nel novembre del 2012, io e i miei com- zione, ci trovammo davanti ad uno sce- pagni frequentanti l’Istituto, abbiamo pro- nario a dir poco agghiacciante: la forza

319 dell’acqua aveva fatto crollare i margini e metri di acqua e fango in casa che ha ro- invaso la carreggiata trascinando con sé vinato gran parte dell’arredo del piano ter- enormi tronchi di alberi che avevano cau- ra che si è dovuto rimuovere e buttare. sato ulteriori danni alla viabilità. Proprio Con il mio amico ci recammo nel primo per questo motivo, tutti i miei compagni dei due giardini della famiglia, che risul- non potevano ritornare a casa fino al ter- tava coperto da una ventina di centimetri mine della piena e la messa in sicurezza di melma. Ci vollero all’incirca due ore per del ponte. Dato che io abito nelle cam- sgomberare i residui lasciati dall’alluvio- pagne prima di Montalto, decisi di ospi- ne. Dopo di ciò passammo al secondo tare tutti i miei amici fino a sera, quando giardino, dove già stavano lavorando gli al- tutto si calmò e la viabilità, pur con diffi- tri due ragazzi volontari con i quali era- coltà, riprese. vamo partiti la mattina. In quest’ultimo Abbiamo vissuto la giornata, in un clima giardino, l’alluvione, aveva portato un me- sospeso tra agitazione e timore, sperando tro di terra coprendo buona parte degli che le cose non peggiorassero e che tutto olivi. Servirono alcune ore per ripulire quel si tranquillizzasse il prima possibile. Il gior- disastro, al termine delle quali ritornam- no seguente abbiamo potuto notare me- mo al campo base stremati ma fieri del glio i danni provocati dall’esondazione nostro operato. (Leonardo Gabrielli, clas- del fiume Fiora, in particolare nel territo- se 5ª) rio di Montalto di Marina: una distesa di acqua aveva ricoperto la maggior parte della zona, danneggiando, gravemente, le Al campo base organizzato dalla diverse abitazioni, le strutture turistiche e «Consulta giovani» le attività commerciali presenti. (Simone Fabi, classe 5ª) Quella mattina mi alzai come al solito per andare a scuola, ma mia madre mi rac- contò cosa era successo durante la notte, Come il nonno ovvero il fiume Albegna, ingrossato dalle piogge ininterrotte delle ore precedenti, Mio nonno andò a Grosseto nel 66 a da- era esondato, allagando il paese di Albi- re una mano come volontario. Così an- nia e le campagne di Marsiliana. Una vol- che io, la domenica mattina dopo l’allu- ta che la situazione si era «tranquillizza- vione, con un mio compagno di classe, ta» venimmo a sapere del campo base or- Michele, sono andato a Marsiliana dove ganizzato dalla «Consulta dei Giovani» di la «Consulta dei Giovani» di Manciano Manciano a Marsiliana e quindi io con al- aveva allestito un campo base adibito al- tri miei amici decidemmo di andare ad l’organizzazione del lavoro e alla divisio- informarci su come poter dare anche noi ne dei volontari. Da questo punto di ritrovo una mano. L’indomani ci recammo a Mar- le squadre partivano per andare nei poderi siliana e venimmo indirizzati nella zona e nelle abitazioni dislocate nelle zone li- del Quarto Albegna, dove gli abitanti si mitrofe al paese di Albinia. Michele ed io, erano ritrovati con circa due metri di ac- muniti di pale e stivali, ci ritrovammo con qua. Ci divisero in altri due gruppi: uno altri due ragazzi per recarci in un podere che si sarebbe occupato della casa ed un vicino alla «Barca». In questa casa abita- altro che avrebbe ripulito il cortile ed i ca- vano due famiglie, entrambe vittime di- pannoni adiacenti ad essa. Io ero in que- rette del disastro avendo avuto circa tre st’ultimo; la stalla era stata sommersa di

320 La grande alluvione

acqua che aveva lasciato un metro di fan- pur vivendo nella zona interessata dal- go, sommergendo tutto ciò che si trovava l’alluvione, avendo la casa sopra un’altu- davanti, infatti ritrovammo molte carcas- ra non sono stato danneggiato da questo se di galline e conigli morti, ad eccezio- evento catastrofico. (Leonardo Vestri, clas- ne di uno che a nostra sorpresa si era sal- se 4ª) vato. Fu una scena agghiacciante vedere come la gente, in una notte, avesse perso tutto ciò che aveva costruito con il lavoro La bomba della Seconda guerra di una vita. Il pomeriggio ci spostammo mondiale in un podere nella zona del Priorato do- ve l’acqua aveva distrutto l’intero piano Pitigliano non ha subito direttamente l’al- terra, l’arredo era stato accatastato tutto luvione, ma i disagi, a seguito della piog- nel cortile, dove un camion sarebbe poi gia ininterrotta e del maltempo, non sono passato per raccoglierlo e per portarlo ad mancati: molte strade erano state chiuse una discarica. Il giorno seguente si andò a causa di una frana situata pochi chilo- nel paese di Albinia, dove ci rendemmo metri prima di Pitigliano che ha bloccato conto che la situazione, lì, era molto più il passaggio per circa tre settimane, un’al- grave, ma il lavoro più grande era già sta- tra interruzione era situata nella località La to compiuto. Mi ritengo un ragazzo mol- stellata, dove un ponte era crollato. I ra- to fortunato perché molte persone a me ca- gazzi che dovevano andare a scuola era- re erano in situazioni molto gravi, ma io, no costretti a passare per la strada che por-

321 ta a Farnese, allungando di molto il tragitto. minciai, facendomi da una parte, ad Oltre al fatto dell’alluvione, ci fu il ritro- asciugare l’acqua che era filtrata da ogni vamento di una bomba risalente alla Se- parte... Dopo un paio di ore, risolte le si- conda guerra mondiale che ha causato la tuazioni di emergenza, e asciugati i pa- chiusura del ponte sul fiume Fiora per ben vimenti, tornai a casa mia per controlla- due volte. (Pietro Giustacori, classe 4ª) re che l’acqua, nel frattempo non avesse fatto qualche danno anche da me: ne era filtrata un po’ dalla porta inzuppandomi Tutte le nubi si erano concentrate su la borsa con cui venivo ogni mattina a Manciano scuola (e meno male che non ci avevo la- sciato dei compiti, dentro). Tolsi tutto, Il 14 ottobre 2014, più o meno all’ora di asciugai, misi qualche straccio per tam- pranzo, il cielo cominciò a incupirsi, fol- ponare le fessure della porta. Poi tornai ti strati di nuvole sembravano distender- da mia madre per completare l’opera di si sul paese come una coperta. Poi co- «difesa» dall’acqua che continuava a ca- minciò a piovere a dirotto, una pioggia dere incessantemente e penetrare da ogni violenta, incessante. I vicoli del centro dove. Rimanemmo lì fino a sera, quando storico, si trasformarono rapidamente in finalmente, la violenza delle precipita- torrenti in piena. Uno scroscio continuo zioni cominciò un po’ a calare. uniformava l’intero orizzonte; rivoli d’ac- La mattina dopo, la scuola era chiusa e c’e- qua scorrevano scendendo verso il bas- ra il sole. Andai tranquillamente all’edicola so, da ogni lato delle strade. Telefonai a a prendere i giornali. C’era Carletto e lo mia madre per sapere come andava, ero salutai, ma lui aveva un’aria quasi truce, un po’ preoccupato per via dei tuoni e che non conoscevo in lui, era arrabbiato. dei lampi che si stavano succedendo inin- «Ciao Carlo, come stai?» chiesi. «Come terrottamente, e per la prepotenza della vuoi che stia? Ieri sera un altro po’ mori- pioggia che non cessava a diminuire. Co- vo. Ero al podere, volevo tornare al pae- me prevedevo, il telefono era staccato, le se. Ma la macchina m’è presa via nel fan- linee telefoniche interrotte. Uscire non go. L’ho lasciata lì e sono tornato al po- era proprio ciò che più desideravo, ma, dere a piedi!». Il giornale non era arriva- non potevo fare diversamente. Indossato to, le comunicazioni erano interrotte, ma un indumento impermeabile (l’ombrello la gente parlava delle due donne che, la con quell’acqua non serviva a niente) e sera prima, erano state portate via dal fiu- scarponi pesanti, mi avventurai su per i me d’acqua e fango di un torrente che, vicoli del paese vecchio inzuppandomi, normalmente, e per la maggior parte del- in men che non si dica, almeno fino al l’anno, è asciutto. ginocchio. Arrivato, non senza fatica, da Leonardo, un mio allievo, qualche gior- mia mamma, la trovai intenta a racco- no dopo diceva che – secondo informa- gliere l’acqua che cadeva dalla canna fu- zioni meteorologiche assunte da Internet maria e che penetrava dagli infissi con- – nubi per uno spessore di centinaia e tro i quali la pioggia batteva violenta. Pri- centinaia di metri di si erano concentra- ma ancora di poterle dare una mano, do- te sopra Manciano e avevano scaricato vetti cambiarmi le scarpe, le calze, i pan- tutta l’acqua che contenevano sul paese taloni e mettere ad asciugare la giacca e e la campagna circostante. I paesi intor- l’impermeabile. Poi, fatto il giro di tutta no neppure se ne erano accorti. Ma l’on- la casa e chiuse tutte le persiane, co- data di piena aveva gonfiato gli affluen-

322 La grande alluvione ti dell’Albegna che, di nuovo, come due evento. Quel pomeriggio ci ritrovammo anni prima, aveva inondato la campagna nella piazza di Saturnia, eravamo una ven- di Marsiliana e il paese Albinia. (Un in- tina, attrezzati di pale e scarponi, per or- segnante) ganizzare e dividerci il lavoro: divisi in due squadre, andammo prima al com- plesso «Il Gorello» dove alcune donne ri- La furia del torrentello masero per dare una mano a ripulire le camere. Il resto del gruppo, più consi- Ottobre 2014. La «bomba d’acqua» che stente, si diresse verso gli stabilimenti ter- ha colpito Manciano, ha provocato anche mali: alcuni si occuparono delle piscine, gravi danni nella zona di Saturnia. La po- mentre gli altri andarono verso l’Hotel. Io tenza del flusso d’acqua del torrente Gat- mi trovavo nel secondo gruppo, quello taia aveva fatto cedere il ponte situato da- destinato alle piscine, precisamente nel- vanti all’hotel delle Terme di Saturnia, iso- la «zona relax». Il fosso lì vicino, eson- lando parzialmente il paese. Solo grazie dato in modo violento, aveva distrutto il alla disponibilità dello stabilimento ter- cancello e reso inservibile l’ingresso, por- male, che aprendo i propri cancelli aveva tando all’interno fango, terra, rami e tut- creato una via interna per la circolazione to ciò che aveva incontrato lungo il suo del traffico locale, si è potuto garantire un cammino. Dopo circa tre ore di lavoro livello essenziale di comunicazione e per- ininterrotto, stanchi ma soddisfatti del ri- corribilità degli automezzi. sultato ottenuto, ci spostammo all’inter- Il Gorello, un piccolo torrente che racco- no delle piscine verso la biglietteria. Ar- glie le acque delle sorgenti in uscita dal- rivati, trovammo i nostri compagni già al- lo stabilimento termale di Saturnia, in- l’opera, decidemmo di aiutarli a conclu- grossato dalla pioggia incessante delle ore dere il lavoro così da finire prima e poter precedenti, aveva provocato il cedimento tornare a casa. L’indomani, nel primo po- di una delle principali vasche delle Ca- meriggio, ci dirigemmo verso i campi da scate del Molino. Sconvolti all’inizio dal- golf, particolarmente colpiti dall’esonda- la notizia e preoccupati per l’economia zione del torrente Gattaia. Eravamo circa del paese venimmo rassicurati in seguito trenta persone a ripulire, supportati dai dall’Amministrazione comunale e dagli responsabili di quel settore. Impiegammo enti competenti, che promisero di impe- tutto il tempo a nostra disposizione per gnarsi a «ristrutturarle»: oggi, infatti, un riordinare e togliere il grosso dei residui anno dopo, le cascatelle sono aperte di di fango e di altri materiali dal prato. Al nuovo al pubblico. calare del sole, riunita la squadra, ci sa- Il giorno dopo, io ed altri ragazzi del mio lutammo, soddisfatti e consapevoli di aver paese ci siamo mobilitati per andare ad fatto la cosa giusta. (Niccolò Bartolini, aiutare le persone coinvolte nel tragico classe 5ª)

323 A MONTE DI FIRENZE degli studenti delle classi 4ª A e C dell’ITE «E. Balducci» di Pontassieve (coordinati dalla prof.ssa Cristina Di Nardo)

Le testimonianze qui raccolte dai ragazzi dell’ITE «E. Balducci» di Pontassieve abbracciano una zona piuttosto vasta a monte di Firenze che, durante l’alluvione del 66 venne duramente colpita, le cui vicende, a differenza di quanto avvenuto per la realtà di Firenze, sono state poco raccontate. Qui, i ricordi che fanno rivivere quelle ore drammatiche, raccolti presso i propri nonni o conoscenti che ne furono i protagonisti. Uno dei più impressionanti è quello che narra la frana di Reggello, avvenuta prima dell’inondazione, resa con parole semplici ma con grande forza drammatica da una donna scampata miracolosamente alla morte.

Restituire un’«alta definizione» lo: questa operazione ha permesso di guar- dare cosa accadde oltre le mura cittadine, Rievocare l’alluvione di Firenze del 4 no- nelle campagne e nei paesi «a monte» di vembre 1966 e coinvolgere in questa ope- Firenze, dove abitano i nostri alunni; an- razione studenti nati nel 1998 è cosa ben che queste zone furono inondate dalla Sie- complessa: significa ricorrere a filmati d’e- ve, dal Resco, dall’Arno, o investite da fra- poca in bianco e nero, a inserti speciali ne che seminarono morte, ma l’accaduto dalle immagini color seppia, ben lontane non trovò altrettanto spazio nelle pagine dall’alta definizione a cui sono abituati i di cronaca: come accade in questi casi, i ragazzi di oggi. Abbiamo così cercato di riflettori si accesero soprattutto su quel pa- restituire «un’alta definizione» a quelle trimonio artistico mondiale che rischiava immagini sbiadite «colorandole» con i ri- di uscirne gravemente compromesso, cordi, quelli sì ancora vivi, di nonni, zii e quindi sulla città di Firenze. Il nostro ten- persone care che quella terribile vicenda tativo è stato quello di restituire un piccolo l’hanno vissuta in prima persona. Non so- spiraglio di luce agli eventi accaduti nel

324 La grande alluvione lontano novembre 1966, attraverso le te- prese Michelangelo con il mio figliolo, stimonianze raccolte dai nostri alunni del- erano le otto di sera. A quei tempi per an- l’Istituto Tecnico Economico «E. Balduc- dare di là dall’Arno bisognava passare su ci» a Pontassieve, Rufina, Dicomano, Ri- un ponte di legno (…) l’acqua non ci pre- gnano, Reggello e Bagno a Ripoli. Inutile se, ma dietro di noi, appena si passò, la dire che oltre ad arricchire la memoria del portò via tutto, anche il ponte. Mi dissi tra passato, l’operazione ha anche contribui- me: il Signore m’ha voluto bene, sareb- to a condividere emozioni e quindi a riav- bero bastati pochi minuti e insieme al vicinare generazioni apparentemente lon- ponte ci saremmo stati anche io e il mio tane nel tempo. figliolo». (Testimonianza di Speranza Buz- zichini, Meleto, raccolta da Giulia Ben- cistà, 4ªC) Il punto più spettacolare «(…) a un tratto mi affacciai alla finestra, era tutto allagato, i campi, le strade (…) «A Pontassieve il punto più spettacolare e ma fu traumatizzante vedere il ponte di pauroso era dove la Sieve confluiva nel- fronte a casa mia (…) ero abituato a ve- l’Arno (…). Si vedeva passare di tutto, per- derci scorrere l’acqua circa quattro metri sino un’autobotte sbattuta dalla corrente sotto, ora invece l’acqua lo ricopriva di come un ramoscello. I due muri d’acqua almeno un metro». (Testimonianza di An- si scontravano e siccome la quantità di ac- na Innocenti, Montebonello, raccolta da qua dell’Arno era più imponente, quella Alessandro Grifoni, 4ªC) della Sieve non riusciva ad entrare e così «(…) erano giorni che pioveva a dirotto si spandeva intorno, allagando Pontassie- (…) la diga di Levane dicevano che non ve (…). A quei tempi non c’era ancora la sopportasse più la quantità di acqua (...) diga di Bilancino perciò tanta acqua cad- la aprirono ma alla pioggia battente si ag- de dal cielo e tanta ne arrivò. Mai come giunse troppa pressione (…) l’acqua del- in quel caso si rivelò tragicamente vero il l’Arno cominciò a entrare nella strada pro- detto popolare “L’Arno non cresce se la prio da quei fori nel muro dell’argine che Sieve non mesce”». (Testimonianza di Lu- servivano per far defluire la pioggia ec- ciano Rio, Pontassieve, raccolta da Rebe- cessiva (…) e in poco tempo il paese di ca Griegoras, 4ªA) Vallina fu sott’acqua. Mancava tutto: lu- «Abitavo a Rufina, nei “Piani” e insegna- ce, gas, cibo (…) e acqua dappertutto! Co- vo a Colognole, un paesino per andare a sì sembrò strano quando si sentì gridare “al Masseto (…) allora ci si moveva in bici- fuoco, al fuoco” e si vide un gran fumo cletta o a piedi (…) ricordo che tornavo da uscire da una casa! Un tipo un po’ strano scuola, scendevo in bicicletta e vedevo aveva preso delle stagne di gasolio e visto che la Sieve saliva, saliva, saliva sempre che non c’era la luce, le travasò alla luce di più (…) aumentai il passo in bicicletta di una candela, ma la candela incendiò il (…) arrivai a casa e gli uomini cercavano gasolio (…) fu un miracolo che non saltò di costruire una barriera di mattoni, in fret- tutto per aria (…) l’incendio divampò men- ta, ce la fecero prima che arrivasse l’ac- tre tutto intorno non c’era che acqua!! Una qua». (Testimonianza di Cecilia, Rufina, beffa (…) l’alluvione che brucia!!! Meno- raccolta da Laura Sarti, 4ªC) male che tutti si salvarono». (Testimo- «Mi ricordo quel giorno come fosse oggi nianza di Guido e Grazietta, Vallina, rac- (…). Abitavo a Meleto, vicino a Rosano colta da Chiara Brazzini e Clarissa Giam- (…) stavo tornando dal cimitero di Ca- bi, 4ªA)

325 Scene di interni sì si capì che era inutile (…) allora si portò via per le scale il frigorifero, si mise la la- «Mi ricordo come fosse oggi (…) alle quat- vatrice sulla tavola di cucina e solo allo- tro di notte il mio vicino mi bussò alla por- ra la tua nonna mi disse che aveva lasciato ta con insistenza, mi urlò che stava arri- i soldi nell’armadio! Dovetti prendere due vando la piena (…) io non capivo e lui, al- seggiole e camminare sopra a quelle spo- lora, mi disse di non stare a pensare ma di standole una davanti all’altra, perché per uscire di casa prima possibile. Qualche terra c’era acqua e fango (…) e ormai che istante dopo dalle mattonelle del pavi- c’ero misi tutti i vestiti sopra l’armadio, mento cominciò a uscire l’acqua con pre- sperando che l’acqua non ci arrivasse». potenza (…) corsi in camera per mettere (Testimonianza di Vezio Toci, Pontassieve, in salvo le mie figliole e mentre mio ma- raccolta da Giulia Toci, 4ªC) rito prese la Susy, di tre anni, vidi l’altra mia «(…) avevo partorito da poco quella che figlia di sei mesi, nella culla che galleggiava ora è la tua mamma, avevo 23 anni e abi- (…) ci siamo salvati salendo ai piani su- tavo con tuo nonno a Pontassieve, ai Vil- periori (…) l’acqua arrivò fino a un metro lini (…) erano le tre di notte e sentii un gran e mezzo e perdemmo tutto» (Testimo- trambusto per le scale del condominio. nianza di Gabriella Pinzani, Montebonel- “L’Arno e la Sieve stanno straboccando”, lo, raccolta da Celeste Poggiolini, 4ªC) mi disse il vicino di casa, così presi la tua «Io e tuo nonno ci eravamo sposati da po- mamma, la rinvoltai in una coperta e si co (…) avevamo comprato tutto il corredo scappò dalla mia zia (…) la mattina se- in un negozio di Firenze, asciugamani, len- guente la nostra casa era completamente zuola, tutto quello che ci vuole per la ca- ricoperta di fango e acqua». (Testimo- sa e non eravamo benestanti, così l’aveva- nianza di Piera Cesari, Pontassieve, rac- mo preso a rate, un tanto al mese da pa- colta da Sara Papini 4ªC) gare al negozio. L’alluvione fu un disastro: «(…) la casa della Maria, accanto all’Arno, tra quello che ci portò via e quello che ri- era invasa dall’acqua: si vedevano i mobi- mase sotto il fango, il corredo non si poté li uscire dalle finestre e gli animali trasci- più utilizzare, ma noi purtroppo si dovet- nati via dalla corrente insieme alle zucche te continuare a pagarlo, fino all’ultima ra- gialle strappate ai campi e all’orto». (Testi- ta!» (Testimonianaza di Laura Ruzziconi, monianza di Speranza Buzzichini, Meleto, raccolta da Consuelo Coniatini, 4ªC) raccolta da Giulia Bencistà, 4ªC) «(...) l’acqua della Sieve cominciò a usci- re dagli argini e a entrare in Piazza della Vittoria. Ancora era poca ma non si pote- «Tornavo con il mio compagno di va sapere (…) così corsi a spostare la mac- lavoro…» china dal garage per metterla al sicuro in Via Montanelli (…) ma quando tornai in «Tornavo a casa con il mio compagno di casa l’acqua cominciò a salire tutto d’un lavoro da un viaggio a Torino, con l’auto- colpo, forse perché era riuscita a buttar treno, erano circa le 4.30 di notte, da Bar- giù il muro del piazzale dietro il palazzo. berino del Mugello verso Dicomano, Con- Allora si cercò di mettere i comodini con tea, pioveva tantissimo e la Sieve era qua- il marmo alla porta per cercare di murar- si al pari della strada. Volevamo telefona- la, ma l’acqua cominciò a passare sotto i re a casa per avvisare, ma era tutto salta- comodini, li fece saltare (…) ”si muore tut- to, tutto buio, si vedeva appena la strada. ti, si muore tutti”, gridava Giovanni (…) co- Al passaggio a livello della via Forlivese

326 La grande alluvione un camion ci ha battuto i fari, ma era trop- di raccolta da Christian Longo e Klavjan po tardi (…) l’acqua ci è entrata in cabi- Selimi, 4ªA) na. Il mio compagno ha aperto il cofano «(…) per fortuna a Rignano non è succes- del motore (perché allora il motore era in so nulla perché c’erano gli argini alti e il cabina), ha staccato il tubo dell’aria per paese è tutto in salita, però, dalla parte di non fare attirare il fango e l’acqua torba San Clemente e delle fabbriche l’Arno uscì (…) riuscii a mettere una marcia bassa e, fuori dagli argini e allagò tutto, anche la slittando, la buona sorte ci aiutò a supe- falegnameria del babbo (…) si cercò di rare la zona allagata. Quando si arrivò a salvare il possibile, a cominciare dai mac- Pontassieve era tutto spento, ma c’erano chinari, ma la fabbrica fu tutta allagata». tanti lumicini qua e là: erano quelli dei vo- (Testimonianza di Franca Bigazzi, Rigna- lontari e dei Vigili del Fuoco che portava- no, raccolta da Alessandro Focardi e An- no in salvo le persone perché la Sieve ave- drea Turrini 4ªA) va allagato la parte bassa del paese. Non «(…) andammo a vedere cosa stava acca- potevamo portare il camion al garage di dendo a Dicomano, dove avevamo la no- deposito nella zona Sud di Pontassieve, stra azienda agricola (…) ci tranquilliz- era troppo rischioso, decidemmo di la- zammo perché l’acqua era molto lontana sciarlo nella piazza della stazione dove e ipotizzammo che non sarebbe arrivata abitava il principale della ditta (…) non fino lì (…) ci sbagliavamo! La mattina se- credevo però che la situazione fosse così guente vedemmo che anche il nostro ri- grave, tanto che arrivando in piazza sta- storante era stato devastato dall’alluvio- zione suonai le trombe perché era il se- ne». (Testimonianza di Paolo Grazzini, rac- gnale per avvisare in casa che eravamo ar- colta da Tommaso Boninsegni, 4ªC) rivati (…) poi la prima brutta notizia: l’ac- «Eravamo tutti impauriti a pensare a quel- qua era entrata nei garage dove si tenevano lo che sarebbero stati i danni, sia per l’a- gli autotreni e levando gli autotreni ci si rea circostante che per le famiglie (…) per- metteva le nostre vetture e la mia era ri- ché, come per tanti altri, anche mio ma- masta sotto l’acqua (…)». (Testimonianza rito non poteva andare a lavorare perché di Marcello Azzirri, raccolta da Claudia la fabbrica dove lavorava era completa- Masi, 4ªC) mente allagata e di fatto chiusa (…) chis- «Abitavo a Figline Valdarno, dove mio pa- sà se dopo avrebbe riaperto l’attività! Per dre aveva una fabbrica di mattonelle e la noi fu un momento abbastanza duro an- sera, mentre si tornava dal circolino ci sia- che perché avevamo tre bocche da sfa- mo accorti che l’acqua era cresciuta a tal mare!!!». (Testimonianza di Anna Inno- punto da cominciare a bagnare i sacchi di centi, Montebonello, raccolta da Alessan- cemento (…) così li abbiamo sistemati su dro Grifoni, 4ªC) una banchina più alta, ma l’acqua conti- «I danni furono enormi per tutti (…) si- nuava a salire e abbiamo avuto una gran curamente quelli più danneggiati furono paura perché, scendendo le scale, l’acqua i piccoli commercianti, i piccoli artigia- ci arrivava allo stomaco (…) così pren- ni; molti di loro non riaprirono le loro at- demmo la zia, che era anziana, mio pa- tività e decisero di andare a lavorare nel- dre e mia madre e ci mettemmo in salvo le fabbriche (…) si rischiò così di perde- (…) la fabbrica rimase preda dell’alluvio- re attività che erano esistite da sempre». ne. Poi, passata l’acqua, ci rimboccammo (Testimonianza di Milena Mazzini e Pie- le maniche e ripulimmo tutta la fabbrica ra Pieri, raccolta da Gilberto Innocenti, dal fango». (Testimonianza di Aldo Bion- 4ªA)

327 I salvataggi in una coperta, potesse scivolarmi dalle braccia (…) ma andò tutto bene perché «(…) avevo trentatré anni e vivevo a Pon- gli uomini che tenevano la cima della cor- tassieve, nella zona del Fossato, un quar- da dall’altra parte riuscirono a tirarci ver- tiere sulle sponde del fiume Sieve (…) ri- so di loro (…). Le strade ormai erano di- cordo che mio babbo, per salvare le per- ventate come i canali di Venezia e ci si po- sone dalle case invase dall’acqua del fiu- teva muovere solo in gommone o in bar- me, utilizzava delle assi (…) le posizio- ca. Mi è rimasto impresso che tutti zuppi nava sulle finestre dei palazzi davanti, co- non sentivamo freddo e il giorno dopo sì da utilizzarle come ponte, come pas- nessuno aveva il raffreddore». (Testimo- saggio, dato che la strada e anche le case nianza di Aldo Biondi, raccolta da Chri- erano sommerse dall’acqua. Era l’unico stian Longo e Klavjan Selimi, 4ªA) modo per abbandonare le case sulla spon- da del fiume e cercare riparo nei palazzi più in alto e da lì trovare scampo nelle zo- I falsi allarmi ne alte del paese». (Testimonianza di Ro- mano Mazzoni, raccolta da Bianca Maz- «(…) ma lo spavento più grande l’ho avu- zoni, 4ªC) to quando l’acqua stava cominciando a «(…) accanto a noi, a Figline, abitava una diminuire e il peggio sembrava passato famiglia con un bambino piccolo (…) l’ac- (…) si cominciò a divulgare la voce che qua arrivava già alla terrazza e chiedeva- la diga di Levane stava per cedere e l’ac- no aiuto perché temevano che la casa po- qua avrebbe spazzato via tutto il paese! Al- tesse crollare (…) mi ricordai che poco lora, con la mia famiglia, siamo scappati tempo prima ero stato in gita al Lago Tra- di corsa sulle colline sopra Pontassieve». simeno con un mio amico che possedeva (Testimonianza di Romano Mazzoni, rac- un gommone (…) ricordavo che lo tene- colta da Bianca Mazzoni, 4ªC) va in garage (…). lo raggiunsi e in fretta e «(…) a Pontassieve si sparse una notizia furia prendemmo il gommone e andam- che gettò l’intero paese nel panico. Dice- mo a salvare quella famiglia. Quando sei vano che fosse “scoppiata” la diga di Le- in queste situazioni e l’adrenalina comin- vane (…). Tutti si misero a correre all’im- cia a circolare nel sangue non si sente più pazzata, alla ricerca di un posto più in al- la paura e il freddo, perché era novembre to possibile. Qualcuno uscì di casa per e con l’acqua fino allo stomaco attac- mettersi, credendosi al sicuro, pochi me- cammo il gommone a una corda e con tri più in alto. Il sottopassaggio ferroviario l’aiuto di altri andammo a prendere que- era pieno di persone che correvano e non ste persone, inconsapevoli del pericolo a mancarono scene tragicomiche (…) un ti- cui si andava incontro perché nel frat- po con la gamba ingessata era stato mes- tempo si erano rotte le cisterne del gaso- so su un carretto e veniva spinto di corsa lio che si mescolava con l’acqua (…) non da due suoi parenti (…) poi l’altoparlante solo (…) con il gommone passammo so- della stazione smentì la notizia (…) forse pra il muro di cinta, sulla cui sommità era- uno scherzo per seminare il panico (…) no stati messi dei pezzi di vetro per im- forse fu opera di sciacalli che approfitta- pedire ai ragazzi di oltrepassarlo (…) il ri- rono delle case aperte per rubare ciò che schio di squarciare il gommone e affoga- si era salvato dall’acqua». (Testimonianza re tutti (…) ma andammo avanti e ricordo di Luciana Rio, Pontassieve, raccolta da ancora il timore che il bambino, avvolto Rebeca Griegoras, 4ªA)

328 La grande alluvione

Ospitalità e solidarietà giovani, non solo toscani, per dare una mano alla gente bisognosa, “gli angeli del «La sorella del mio amico stava ai Villini, fango”. C’era così tanta solidarietà tra di aveva la casa allagata, così venne da noi noi che ci consideravamo fratelli, il fatto alla Pievecchia e il giorno successivo ospi- bello era che la gente c’era nel momento tai pure mia sorella che stava a Firenze e del bisogno ed è ciò che io vorrei vedere aveva la cantina allagata. Ci rimase una oggi in questo mondo». (Testimonianza di decina di giorni, poi l’aiutai a svuotare la Aldo Biondi, raccolta da Christian Longo cantina dai mobili e dal fango». (Testimo- e Klavjan Selimi, 4ªA) nianza di Pierino Bulli, raccolta da Elisa Bulli, 4ªC) «(…) la notte si dormì ai piani alti del pa- La frana di Reggello lazzo, nelle case degli altri e il giorno do- po, dato che l’acqua s’era ritirata, si cercò «(…) si vedevano i tronchi degli alberi che di togliere la roba dal fango e la si portò si fermavano contro il ponte sul fiume Re- a Nipozzano dove c’era l’altra casa, si an- sco (…) era pericoloso perché le arcate dava su e giù, a pranzo si andava nel ga- avrebbero potuto cedere (…) così tutti gli rage e la notte si tornava a Nipozzano. uomini erano impegnati a cercare di diri- Nei giorni successivi noi uomini si ripuli- gerli in direzione della corrente (…) la se- va Pontassieve insieme a quelli del Co- ra stessa mio padre disse che bisognava mune, cercando di far tornare il prima pos- mettere delle assi in garage perché il Re- sibile tutto a posto». (Testimonianza di Ve- sco sarebbe esondato (…) e così fu, ma le zio Toci, Pontassieve, raccolta da Giulia To- assi non servirono a niente perché l’ac- ci, 4ªC) qua era alta un metro e mezzo e la Sei- «Il tuo nonno ci portò a Colognole dai cento che era nel garage toccava il soffit- miei nonni per stare al sicuro e tornò a ca- to (…) anche le damigiane di vino galleg- sa nostra per levare l’acqua e aiutare le giavano per colpa dell’acqua (...) riuscim- persone (…) mi ricordo che portò con sé mo a recuperarle e la sera ci ospitarono a Colognole due persone anziane che non dei conoscenti che abitavano più in alto». sapevano dove andare perché non aveva- (Testimonianza di Fabio Ricci, raccolta da no parenti che potessero ospitarle». (Te- Cosimo Ricci e Lorenzo Faustino, 4ªA) stimonianza di Piera Cesari, Pontassieve, «Erano alcuni giorni che pioveva tanto (…) raccolta da Sara Papini, 4ªC) gli argini dell’Arno non reggevano più (…) «(…) ho avuto tanta solidarietà dalle per- il nonno Giancarlo era uscito per andare sone (…) sia da parte del datore di lavoro a San Clemente al bar e tornò a raccon- che mi ospitò a mangiare a casa sua, sia tarci che l’acqua era già alle arcate del da parte del mio cognato e questo ci ha ponte e che le persone che avevano i pol- fatto andare avanti». (Testimonianza di li, i conigli negli orti vicino all’Arno ave- Marcello Azzirri, raccolta da Claudia Ma- vano portato via tutto (…) l’acqua entra- si, 4ªC) va nei fondi, nelle case, era tutto un sub- «(…) ero studente universitario e dopo aver buglio di persone, carabinieri (…) non si aiutato a ripulire la fabbrica di mio padre, pensava che fosse successa una grave di- andai a Firenze, con gli amici dell’Uni- sgrazia anche su, a Reggello (…) era ve- versità, a salvare i libri della Biblioteca nuta giù una frana dalla montagna e ave- Nazionale (…) la cosa bella, dopo quella va trascinato via le case e c’erano stati catastrofe naturale, era la solidarietà dei morti. Noi l’abbiamo saputo dopo alcuni

329 giorni perché si stette tre o quattro giorni scorreva il Resco, tant’è vero che due bam- senza luce, radio, televisione (…) s’era bine e la mamma l’hanno ritrovate nel- fuori dal mondo». (Testimonianza di Rita l’acqua al Matassino (dieci chilometri a Cellai, raccolta da Tommaso Romanelli, valle) e allora io dicevo “Liberatemi, libe- 4ªC) ratemi” e poi invece dicevo “Andate via, «(…) la notte mi sono svegliata con la sen- l’acqua la porta via anche voi, salvatevi sazione che la casa si apriva (…) e le quat- voi”, insomma è stato uno strazio. Ho du- tro pareti della casa si sono aperte come rato mesi e anni a dire che il 4 novembre un ventaglio, una in qua, una in là, una non volevo andare a dormire, per la pau- di sotto, una di sopra (…) e volavo giù, vo- ra che succedesse di nuovo (…) ora mi fa lavo giù, volavo giù, dalla parte dove c’e- paura anche l’acqua della vasca, sono os- rano gli scantinati e dove scorreva il Re- sessionata dall’acqua. Ritorno un passo sco (…) gl’era altissimo, sicché sono vo- indietro (…) quanto a salvarci non fu una lata tanto (…) questa smotta mi ha porta- cosa semplice: non sapevano da dove pas- ta giù perché l’acqua del Resco scavava sare, la strada non c’era più, c’erano spac- sotto la casa e l’ha fatta girare (…) la ca- chi enormi e uno di questi aveva una pie- sa per fortuna l’è girata nel posto più lar- tra enorme che faceva da ponte ma ave- go (…) s’è avuto fortuna perché ci sono sta- vo paura che sprofondasse (…) capisci co- ti otto morti (...) e noi siamo girati lì e sia- sa avevo provato di paura (…) allora ho mo rimasti fra queste macerie con l’acqua fatto andare avanti due ragazzini e pensavo che si sentiva scorrere di sotto. C’ero io, se fosse sprofondato (…) me ne sono an- la mamma, il babbo e un fratello senza che confessata dopo, ma quando si passa una gamba, gliel’avevano amputata per queste cose!! Nella casa dove mi hanno un incidente in motorino, e ho comincia- portato c’era un nipotino che aveva quat- to a chiamarli perché non vedevo nessu- tro anni e quando mi vide cominciò a gri- no (…) il babbo era rimasto più in super- dare “Mamma, manda via quel cane ne- ficie di tutti (…) io ero tutta sepolta fino ro!”, sì, perché io ero tutta nera e questo quasi al collo da calcinacci, macerie e ho gonfio che ho ancora qui, sul sopracci- cominciato a chiamare mio fratello, sa- glio, è il segno che mi ha lasciato, come pevo che lui la sera si toglieva la gamba ricordo, la trave del soffitto. Sono stati del- di legno (…) ero preoccupata (…) la si- le nottate intere a tenermi per le mani per- tuazione non era bella e dopo poco ho ché gridavo “la casca, la casca, piove, pio- sentito la sua voce (…) saliva dalle mace- ve, la casca, la casca” non è che l’ho pas- rie, dal Resco, finché l’ho sentito che s’è sata proprio semplice, eh!?». (Testimo- aggrappato a me (…). Intanto cercavano nianza di Giulia B., raccolta da Tommaso di liberarmi dalle macerie perché sotto Romanelli, 4ªC)

330 MONTALE, L’ALLUVIONE E UNA CLASSE DEL LICEO «BALDUCCI» degli studenti della classe 5ªC del Liceo scientifico «E. Balducci» di Pontassieve (coordinati dalla prof.ssa Simona Giani)

I versi di Montale dedicati all’alluvione e le riflessioni di un gruppo di studenti della 5ªC del Liceo scientifico «E. Balducci» di Pontassieve. Giovani nati molto dopo l’evento che ha colpito la nostra città, ma capaci di mettersi nei panni di chi lo ha vissuto e di interpretarne il senso attraverso il commento di un testo dedicato all’enorme disastro da Eugenio Montale, che con Firenze aveva sempre avuto un rapporto molto stretto.

«L’alluvione ha sommerso il pack dei mobi- Con pesanti e vivide parole li, / delle carte, dei quadri che stipavano / un sotterraneo chiuso a doppio lucchetto. / Montale, con pesanti e vivide parole, de- Forse hanno ciecamente lottato i marocchi- scrive uno dei drammatici scenari della ni / rossi, le sterminate dediche di Du Bos, / Firenze del 66, dopo che il fiume l’aveva il timbro a ceralacca con la barba di Ezra, / il Valéry di Alain, l’originale / dei Canti Or- travolta. L’acqua con sé aveva portato via fici – e poi qualche pennello / da barba, vite, opere d’arte e oggetti personali. Com- mille cianfrusaglie e tutte / le musiche di presa l’identità del poeta, il quale sente il tuo fratello Silvio. / Dieci, dodici giorni sot- peso della cultura andata persa nel fango to un’atroce morsura / di nafta e sterco. in quei fatidici giorni. Migliaia di ricordi Certo hanno sofferto / tanto prima di perde- ed oggetti di famiglia scomparsi nella re la loro identità. / Anch’io sono incrostato melma, case distrutte, strade allagate. fino al collo se il mio / stato civile fu dub- Questo clima di esasperazione lascia spa- bio fin dall’inizio. / Non torba m’ha asse- diato, ma gli eventi / di una realtà incredi- zio solamente all’angoscia e all’abbatti- bile e mai creduta. / Di fronte ad essi il mio mento. Ma è proprio di fronte a questa coraggio fu il primo / dei tuoi prestiti e for- catastrofe che Montale trova il coraggio se non l’hai mai saputo». («prestatogli» dalla defunta moglie) di af- (Eugenio Montale, L’alluvione ha sommerso frontare gli eventi con dignità e forza. (Em- il pack dei mobili, in «Satura», 1971) ma Baroncini)

331 In un batter di ciglia rentino non lo è: Eugenio Montale. Un evento così drammatico che suscitò nel La poesia L’alluvione ha sommerso il pack poeta una riflessione sulle memorie e i ri- dei mobili di Eugenio Montale è dedicata cordi di famiglia perduti ma, soprattutto, all’evento che il 4 novembre 1966 colpì Fi- sulla propria identità poetica e la cultura renze con l’esondazione del fiume Arno. di massa. Con questa opera l’autore descrive l’espe- Su quest’ultimo punto si sofferma nella rienza vissuta nel vedere gli oggetti perso- parte centrale della poesia. Montale si sen- nali e quelli da collezione venire sommersi te in dovere di difendere la cultura (rap- da acqua e fango che nel tempo li hanno presentata da Pound, Valéry, e Campana): corrosi. Montale descrive i tentativi inutili tali poeti sono colpiti dagli eventi, proprio delle persone di aggrapparsi ai più cari ave- come gli oggetti dello scrittore devastati ri pur di non farli affogare nelle acque tra- dall’alluvione. Ma quali sono le cause che volgenti dell’Arno e lascia solo immagi- inondano inesorabili la nostra cultura? nare al lettore i sentimenti di disperazione Consistono, ad esempio, nelle atrocità del- e paura di tutti quelli che hanno vissuto le due guerre mondiali ma anche nella quella sconvolgente esperienza. Fu il co- mercificazione delle nostre identità. Ed è raggio di molti a salvare le vite di tanti ed evidente il parallelismo tra la forza deva- anche il poeta ammette che, se non aves- stante dell’alluvione e la nuova ondata di se avuto il coraggio, donatogli dalla mo- «mal-cultura»; difatti Montale elenca nu- glie morta alcuni anni prima, non sarebbe merosi libri e ricordi che col tempo an- riuscito ad affrontare quella situazione di dranno persi, dediche, timbri e le musiche sconforto. Fu così che la natura quel 4 no- di suo cognato. vembre riuscì a cambiare in un attimo la Ai vv. 14-15 il poeta stesso si trova incro- vita dei fiorentini con le violente acque stato di fango, forse simbolo dell’ignoran- dell’Arno che avanzarono diffondendo ter- za. Ma è questa la giusta scelta? No! Dob- rore e distruzione su tutto ciò che incon- biamo lottare e non perdere il coraggio e travano. Innumerevoli furono le opere d’ar- la forza di combattere. Come gli oggetti te che andarono distrutte, la maggior par- hanno lottato contro la furia dell’acqua, te degli averi delle persone coinvolte fu anche Montale non si arrende e non lo devastata o dispersa, in molti persero la farà mai, per difendere i propri amori e casa ed alcuni anche la vita. Montale cer- ideali, in particolare per il sentimento che ca quindi di esprimere attraverso la sua nutre nei confronti di sua moglie, quasi ri- poesia molti aspetti che caratterizzarono promettendosi di continuare ad essere se quell’evento e fa riflettere sulla forza del- stesso. Il coraggio che l’autore avverte in la natura, che riesce a mutare l’esistenza sé ci sia dunque di esempio per far cono- di un uomo in battito di ciglia; essa è lì in scere le nostre idee, la nostra vita e so- agguato, che si ribella ad ogni torto che le prattutto noi stessi al mondo. Il coraggio viene fatto dallo sviluppo evolutivo del- trasmesso dalla moglie al poeta è l’unico l’essere umano. (Elisa Bianchi) valore possibile, l’unica certezza, l’unico appiglio che gli consente di non lasciarsi schiacciare dall’assoluta insignificanza Pound, Valéry e Campana della vita. È la luce, è – ci piace pensare – la salvezza. Quante volte il fango della È il 1996 e l’alluvione colpisce Firenze: vita ha inondato e sommerso anche noi; ne rimane tanto sconvolto anche chi fio- quante volte abbiamo cercato invano di

332 La grande alluvione raffazzonare le logore esperienze della no- denziando che il suo coraggio gli è stato stra vita, per comporre un mosaico capa- trasmesso dalla moglie. Bisogna infatti sot- ce di regalarci la felice illusione di una tolineare che questa è l’ultima poesia del- vaga identità…e quante volte abbiamo fal- la sezione degli Xenia, termine che indi- lito, confidando nella nostra presunta au- ca i regali fatti all’ospite quando abban- tosufficienza, senza vedere, senza capire dona chi lo ha ospitato; Montale analo- che il coraggio che è in noi a volte non gamente omaggia sua moglie con queste basta, ma va ricercato nell’amorevole ge- poesie dopo la sua scomparsa. (Federico sto di chi vuole, può e sa offrircelo. (Nic- Coppari) colò Ceraolo)

La cantina sommersa del poeta «Hanno ciecamente lottato» I primi anni 60 segnarono per l’Italia e per Questa poesia è stata scritta da Eugenio tutto il mondo un punto di svolta sia tec- Montale il 27 novembre 1966 e pubblicata nologica (basti pensare al primo «perso- prima in «Strumenti critici» nel 1967, poi nal computer» della «Olivetti») sia cultu- in «Satura» nel 1971. L’avvenimento de- rale. Furono gli anni dello sviluppo del scritto è l’alluvione di Firenze, tragico capitalismo nonché di una grande cresci- evento che ha scosso un po’ tutto il mon- ta economica e demografica. La cultura do, anche quello intellettuale, di cui faceva degli anni 60 divenne sempre meno in- parte Montale stesso, il quale ha elabora- centrata sulla letteratura e sempre più sui to questa poesia in meno di un mese dal- beni materiali. l’accaduto. Eugenio Montale si trovò inevitabilmente Nella prima parte del testo troviamo un in una situazione di incertezza, il suo sta- elenco degli oggetti e delle opere che era- tus sociale, le sue convinzioni erano mes- no rimasti sommersi nella cantina della se in discussione in un mondo dove stava sua casa fiorentina. Si nota subito la per- cambiando tutto. sonificazione delle carte attraverso l’uso di Durante il mese di novembre del 1966, do- verbi come lottare e soffrire («hanno cie- po diversi giorni di pioggia torrenziale, il camente lottato», «hanno sofferto»). fiume Arno, tra le 24:00 del 3 e le 20:00 Il soggetto della seconda parte è invece il del 4 novembre, esondò in una serie di al- poeta, il quale paragona la sua vita a quel- luvioni attraverso tutto il Valdarno, la più lo che è successo alle opere sommerse. In devastante a Firenze. Durante questa ca- particolare, come scrive lo stesso poeta, tastrofe, una enorme quantità di beni cul- egli è stato assediato da «eventi di una turali venne irrimediabilmente sfregiata, i realtà incredibile e mai creduta», riferen- magazzini della Biblioteca Nazionale ven- dosi alla società di massa di quegli anni, nero ricoperti di fango come anche i de- che minacciava di travolgere la cultura che positi degli Uffizi. Anche la cantina di Montale stesso cercava di difendere. L’al- Montale venne sommersa dall’alluvione, luvione, infatti, metaforicamente rappre- tutti i mobili, fogli, quadri che lui aveva senterebbe questa società di massa che tenuto da parte. Profondamente colpito, il travolge l’autore e la cultura (le opere) che poeta decide di immortalare le sue emo- difendeva coraggiosamente («sotterraneo zioni in un testo rivolto alla moglie, Dru- chiuso a doppio lucchetto»). silla Tanzi, soprannominata «Mosca», mor- Infine, negli ultimi due versi, conclude evi- ta nel 1963. L’acqua aveva trasformato la

333 cantina in un mare, i mobili galleggianti le si pone una serie di domande e inter- evocavano il pack polare. I libri, tutti i ri- rogativi riguardo alla propria identità che cordi della sua carriera e della sua fami- sembra andata perduta, come se anche lui glia, comprese le cianfrusaglie che, no- fosse stato sommerso dalle acque del fiu- nostante lo scarso valore intrinseco, gio- me che gli hanno portato via la sua esi- cavano un ruolo molto importante nei suoi stenza. Non si riconosce più, sente den- ricordi, erano rovinati, digeriti dalla fame tro di sé che la sua vita è stata cancellata, dell’alluvione. Montale si immagina come come i libri dopo essere stati trascinati via possa essere stato straziante, per i suoi ri- dall’alluvione. Montale è stato cancellato cordi, venire cancellati, con una lentezza dagli eventi storici che lo hanno circon- inesorabile, dalla faccia della Terra. Im- dato, privandolo della propria identità e, medesimatosi nei suoi ricordi, compren- ormai stanco dei continui interrogativi sul- de che anche lui è sommerso fino al col- la propria vita e sul mondo, preferisce vi- lo da un’alluvione, non di fango, bensì di vere nel dubbio. Nella parte finale della eventi che gli stravolgono la vita, cosa che poesia, riferendosi alla moglie, dice che non avrebbe mai potuto immaginare. Si per fare la scelta che ha fatto ci è voluto rende conto, però, che l’unico modo per coraggio, il primo dono che lei ha fatto a proteggersi da essi è avere il coraggio per lui. (Alessia Giannelli) andare avanti. Coraggio che gli è stato do- nato dalla moglie, in quanto unico pen- siero che lo spinge ad affrontare la vita. (Fi- Poesia travolta lippo Crocchini) Nella poesia L’alluvione ha sommerso il pack dei mobili è documentato un fatto Identità perduta realmente accaduto, ovvero lo straripa- mento dell’Arno a Firenze del 1966. In que- L’alluvione ha sommerso il pack dei mo- sto testo Montale descrive il vano impegno bili è la poesia di Montale scritta nel no- delle persone a recuperare gli oggetti persi vembre del 1966, in seguito all’alluvione durante la catastrofe, soprattutto i libri, tan- che, la notte del 4 novembre, travolse la to che fa riferimenti a nomi di autori di li- città di Firenze. Nella parte iniziale della bri e lettere come se fossero in quel mo- poesia l’autore descrive il disastro che lo mento vivi e cercassero di salvarsi. Il dan- straripamento delle acque del fiume Arno no agli oggetti rimanda a una crisi della cul- aveva provocato nella sua casa a Firenze. tura umanistica che turba molto Montale. I mobili, i libri e gli oggetti sono quasi In particolare rimanda alla crisi della con- umanizzati. Montale ipotizza che proba- cezione simbolista della poesia, richiama- bilmente hanno tentato di resistere alla ta da Pound, Campana e Valéry. A ciò l’au- forza dell’acqua, hanno provato a non far- tore contrappone il suo coraggio, un dono si travolgere, a non farsi portare via, pro- di sua moglie. (Larissa Gomes Nunes) prio come hanno fatto le persone. I mo- bili e, in particolare, gli oggetti sono stati immersi nell’acqua per diversi giorni e si Anche un pennello da barba sono in questo modo rovinati, la cultura in un certo senso è stata cancellata dalla L’alluvione di Firenze fu una vera cata- disastrosa alluvione e i libri hanno perso strofe per la città e per i suoi abitanti. An- la propria identità, come l’autore. Monta- cora oggi, passeggiando per le vie del cen-

334 La grande alluvione tro, si possono vedere le targhe che indi- Questa poesia, secondo me, racchiude un cano dove l’acqua arrivò quel giorno. elemento romantico, quello del sublime, Montale nella sua lirica non si sofferma poiché, raccontando di questa furia im- tanto sul disastro ambientale ma sul disa- pazzita, si sottolinea come l’uomo, nono- gio e l’angoscia delle persone. stante la sua intelligenza, nulla possa con- All’inizio del testo Montale descrive la si- tro la natura e le sue violente e repentine tuazione della città: i mobili sommersi dal- trasformazioni. (Eleonora Migliori) l’acqua, i suoi quadri nella cantina anda- ti persi. Pensa ai suoi libri, si immagina che quest’ultimi abbiano lottato per resistere Ad ogni lettura un nuovo significato alla furia del fiume; addirittura rimpiange la perdita di un pennello da barba. Questa poesia racconta una terribile ca- Questa lirica è dedicata alla moglie, co- tastrofe naturale del ventesimo secolo: l’al- me se lui stesse dialogando con lei; le di- luvione di Firenze. Essa è tristemente no- ce di aver perso anche le musiche di suo ta per le numerose perdite umane, ma an- fratello Silvio. L’autore le racconta che tut- che culturali. Nel testo poetico la metrica ti hanno sofferto, anche gli oggetti som- è libera, i versi sono lunghi alternati soli- mersi dal fango prima di perdere la loro tamente da endecasillabi. La figura retori- identità. (Martina Masi) ca più utilizzata dal poeta è indubbia- mente la personificazione: le opere, i li- bri, la storia, la cultura sono umanizzate. Inutile chiudere con un doppio I temi trattati sono molteplici, dei quali lucchetto molti nascosti, pronti a sorprendere il let- tore. Con questo piccolo spaccato di una can- Leggendo più volte questa opera mi sono tina allagata, Montale prova a raccontare reso conto di scorgere ogni volta un nuo- quella che è stata l’alluvione che colpì Fi- vo significato. renze nel 1966, quando, oltre che dalle ac- I lucchetti, per esempio, che custodisco- que del fiume, la città fu invasa dal fango no la storia, racchiudono con sicurezza la e dalla nafta. Il poeta, attraverso l’imma- cultura e possono assumere sia valore di gine dei libri e dei mobili alluvionati, che conservazione, quindi mezzo tramite il giacciono da qualche tempo sotto questa quale è possibile tramandare ai posteri la coltre di fango, sembra quasi fare un pa- cultura del passato, ma possono assume- rallelo con le persone che hanno dovuto re anche il valore di sicurezza che l’uo- fronteggiare questa situazione ma soprat- mo percepisce all’interno della società. tutto resistere alla fame e al freddo, con la Tuttavia i lucchetti non bastano a trattenere città e le case ancora invase dall’acqua e la forza impetuosa dell’acqua, che rap- dal fango. La figura del sotterraneo chiu- presenta una natura concepita alla ma- so con il doppio lucchetto, quasi fosse una niera di Leopardi ma allo stesso tempo ri- roccaforte inespugnabile, ci fa capire con chiama il concetto del sublime, ovvero la quanta forza e rabbia l’acqua sia penetra- piccolezza dell’umanità nei confronti del- ta in ogni dove senza fermarsi di fronte a la natura stessa. Un altro concetto molto nulla e ovviamente questo moto imbiz- importante è quello che esprime la fan- zarrito ha catturato con le sue onde tutti ghiglia. Inizialmente, leggendo la poesia coloro che, inutilmente, cercavano di ag- «alla lettera», ho semplicemente notato la grapparsi agli averi più cari. perdita culturale e la potenza della natu-

335 ra, la quale attraverso il fango corrode la perdita di valori che va di pari passo con storia dell’umanità racchiusa nei libri. An- l’esaltazione di tutto ciò che è materiale che le opere di Montale e la sua vita, rac- e quindi di un consumo incontrollato di chiusa nei documenti di nascita, sono per- beni che niente hanno a che vedere con dute. «Forse con ciò il poeta vuole iden- la spiritualità o l’intelletto ma solo con il tificarsi nella collettività», ho pensato. Ri- puro soddisfacimento dei propri istinti. Co- leggendo accuratamente, però, ho notato si come gli oggetti della sua cantina, i vec- un nuovo tema, nascosto fra le righe, co- chi valori sono stati sottoposti a una len- me se l’autore cercasse di comunicare a ta corrosione prima di essere spazzati via noi lettori una sorta di bilancio della pro- e, come dice Montale, hanno sofferto mol- pria vita. Una perdita culturale non este- to prima della fine. Nei versi rimanenti, dal sa alla collettività come inizialmente ave- 14 al 19, il poeta parla in prima persona vo capito, ma semplicemente limitata a se di se stesso. L’alluvione lo ha infatti fatto stesso. Montale cerca di paragonare la riflettere sulla sua situazione: egli si sen- morte della storia e della cultura con la te simile a quegli oggetti sommersi dal- morte della propria identità. È proprio la l’acqua e dal fango, sommerso dalla realtà perdita dei suoi libri, quadri ed oggetti per- che lo circonda, una realtà che egli non sonali che sottolinea questo nuovo con- riesce a comprendere e a cui non sa co- cetto. Il fango è quindi non solo opera del- me reagire. Solo il prezioso dono del co- l’alluvione, bensì opera della società che raggio da parte della moglie riuscirà a far- cerca di far scomparire il poeta, quasi iso- gli affrontare questi dubbi e questa in- landolo e travolgendolo come un fiume comprensione sul mondo, la società e an- in piena. (Riccardo Nanni) che su se stesso. (Andrea Olzi)

Il prezioso dono del coraggio Cose immagazzinate e inutilizzate

La lirica fu scritta in occasione della fa- Parlando dell’alluvione del 66, Montale si mosa alluvione di Firenze del 4 novem- sofferma subito sull’idea delle cose im- bre 1966. Per i primi 13 versi Montale de- magazzinate e inutilizzate. E chi non può scrive l’alluvione, certo non in modo pu- vantarsene? Intere stanze piene di libri, ramente oggettivo, ma quasi dando vita vecchi giocattoli, quadri evidentemente agli oggetti che, inermi, hanno subito la non proprio amati da chi ha arredato le pa- catastrofe ambientale. L’acqua ha ormai reti di casa, cimeli di famiglia che non ser- travolto la residenza fiorentina di Monta- vono di fatto a nulla, ma sono i nostri ri- le e in particolare la sua cantina; il poeta cordi e in qualche modo l’unico segno cita determinati oggetti, ovviamente non tangibile del nostro passaggio e della vita a caso, egli menziona soprattutto libri e dei cari che ci hanno lasciato. E proprio spartiti musicali. La loro distruzione pro- su questo gioca il poeta, sul parallelismo babilmente simboleggia la distruzione del- tra la nostra testa, la cantina, e ciò che la cultura letteraria e musicale dei perio- colma l’una e l’altra. La mente è un gran- di passati ad opera di una nuova incal- de magazzino di emozioni e ricordi stipati, zante realtà, quella della massificazione. proprio come le cantine di Firenze. Come Essa pervade ogni ambito e dall’inizio del il vino che invecchia, con l’età gli ogget- 1900 il suo sviluppo si fa sempre più in- ti diventano davvero utili, poiché rappre- calzante. Questo fenomeno comporta una sentano le uniche chiavi capaci di aprire

336 La grande alluvione nuovamente i cassetti sigillati della me- za che attenta alla nostra felicità. Questo moria remota. Per questo l’alluvione ha concetto è sicuramente più chiaro se lo av- devastato tanto gli animi, perché, oltre che viciniamo ai periodi di guerra che Mon- portare via vite umane, ha anche distrut- tale ha vissuto, se immaginiamo gli sforzi to i ricordi che le persone avevano dei pa- che l’uomo ha compiuto per tentare di di- renti e delle loro stesse esistenze. Insom- struggere se stesso, la sofferenza di quan- ma, per molti perdere quello che aveva- ti sono stati chiamati all’obbedienza e han- no guadagnato e accumulato in numero- no pagato con la vita, la paura di coloro sissimi anni di lavoro è significato scom- che hanno visto le rovine e i corpi dila- parire dal mondo, non riconoscere più sé niati che i bombardamenti si lasciavano al- stessi né un posto di appartenenza. Esat- le spalle. La guerra con il suo orrore è tamente come se lo smarrimento fosse an- tutt’altra cosa rispetto ad una alluvione, dato di pari passo con lo sfigurarsi ed il eppure entrambe hanno tratti comuni, en- logorio degli oggetti personali. La soffe- trambe hanno qualcosa da comunicare. renza che i cimeli hanno sopportato men- Montale individua proprio questo aspetto tre impotenti venivano sommersi da un della distruzione che è espressione di vio- bagno acido, è la stessa che adesso ognu- lenza gratuita, autoinferta o subita suo mal- no ha dentro di sé mirando la miseria che grado dall’uomo, ed in ogni caso non se l’Arno ha portato davanti casa. Perdere la ne riesce a trovare una causa che ne giu- bottega, il lavoro, vedere le stesse vie in stifichi la crudeltà. Per dieci giorni la piog- cui si era soliti passeggiare e ridere, i mer- gia ha tenuto in una stretta morsa la città cati e le piazze in cui il chiasso era ben- bloccandone ogni traffico e attività, chiu- venuto, sfigurati dalla melma fetida che so le persone nelle loro case e costretto i ingrossava il fiume. I muri e le statue in- più sfortunati a chiedere riparo agli ami- zaccherati, oggetti rovinati, rubati a qual- ci, costretto ognuno a vedere la città tan- cuno, riversi in ogni angolo. E ancora pa- to amata affondare sotto l’assordante fra- gine di libri, quadri, opere famose, nem- gore della pioggia nelle scure correnti che meno la cultura è stata risparmiata dal fan- si infrangono agli angoli delle case e gor- go. Le perdite economiche sono state in- gogliano nei vicoli come sporche onde di genti, i danni all’arte e ai monumenti di marea tra gli scogli. In quei tristi giorni Firenze hanno macchiato profondamente l’acqua ha lavato via gioia e speranza, l’orgoglio dei cittadini. Ma non è un caso sbiancato identità, reso ricchi e poveri isolato, e Montale ce lo fa capire prima uguali vittime della furia naturale. Come della fine della sua lirica. Cos’è stata que- difendersi da questi eventi tragici che col- sta alluvione? Un cataclisma che ha de- piscono tutti, senza distinzioni di alcun ti- vastato strade e case, rovinando magazzi- po? Montale ci spiega che la sua reazio- ni e pellicce, mobili in legno, i vini nelle ne è quella di affrontare ogni situazione locande, il pane dei fornai, i tessuti e le con fermezza e coraggio, virtù che lui stes- scarpe nelle botteghe, i macchinari delle so ammette di aver avuto in dono dalla industrie? Sicuramente. Una semplice ven- moglie scomparsa, ma allo stesso tempo detta della natura sulla città? Potremmo cerca di isolarsi e rifugiarsi nella sua si- anche vederla così, ma il poeta fa un pas- curezza, una dimensione al riparo dalle so avanti e ci invita a seguirlo. L’alluvio- incessanti domande senza risposta: «per- ne è solo una metafora della distruzione ché?». Nell’alluvione il poeta non identi- nel suo senso più assoluto, del caos che fica solo una catastrofe naturale ma la ca- si insinua nelle nostre vite e della violen- tastrofe della sua vita, quella che inizia

337 con la guerra, la morte della moglie, i pro- to, ma ricostruisci te stesso dalle macerie blemi personali, lo smarrimento. Non è per essere sempre più in alto della corrente stata la terrificante corrente a metterlo in che cerca di strapparti via di casa. Non a ginocchio ma tutti quei piccoli e grandi caso una giorno qualcuno disse: «finché c’è ostacoli che ogni giorno si mettono tra noi vita c’è speranza», ed io aggiungo: «non e il mondo, tra noi e la felicità, nel loro scordatelo mai». (Giulio Pierini) insieme. E la reazione deve essere sempre la stessa, forza e coraggio: dopo l’alluvio- ne la città non è decaduta, ma soltanto «Una realtà incredibile e mai creduta» caduta e necessita di rialzarsi. Sono pro- prio le vittime a desiderare il riscatto, i pri- La poesia di Montale presenta diversi pun- mi a rimettersi in piedi, uscire timidamente ti di vista dai quali si possono trarre più dalle porte e cominciare a togliere il fan- interpretazioni. Infatti da un lato l’opera ri- go dalle strade prosciugate, rimettere in- chiama gli «eventi di una realtà incredi- sieme i pezzi sparsi delle loro vite e rico- bile e mai creduta», ovvero i drammatici minciare da capo. Tutti gli altri, tutti colo- eventi, rappresentati allegoricamente dal- ro che hanno assistito da lontano, hanno l’alluvione, che colpirono il sapere uma- il compito più importante, quello di so- no dritto in petto soprattutto in epoche dit- stenere e aiutare in tutti i modi che pos- tatoriali (anni Trenta). La preoccupazione sono. E a questo ci sprona ogni diluvio, per la perdita perenne di alcuni libri, ve- ogni ingiustizia, ogni abuso, che dovreb- ri e propri custodi di conoscenza, richie- be essere occasione di solidarietà e col- derebbe un «doppio lucchetto» sulla por- laborazione tra uomo e uomo, anche se, ta delle loro biblioteche. Dall’altro lato al giorno d’oggi, queste due parole sem- esiste una conseguenza a questa preoc- brano aver perso rilievo. cupazione che infierisce sulla sicurezza Inoltre il poeta, nella sua immensa e forse psicologica dell’uomo, inceppandone i in parte involontaria saggezza, ci lascia un meccanismi di ricerca della propria iden- ultimo importantissimo insegnamento: per tità. Perché se l’identità sociale o storica, quanto duramente la catastrofe della vita così come quella individuale, risiede nel- possa colpire, avremo sempre un luogo le pagine di un libro e questo viene mal- mistico e sicuro in cui rifugiarci, una stan- trattato, mercificato come un qualsiasi og- za chiusa a chiave in cui conserviamo l’a- getto da collezione, allora quelle tracce more per le persone care e ogni ricordo che che prima rappresentavano una cultura, le riguarda, dove inconsciamente immagi- una storia e una vita di altri tempi perdo- niamo come reagirebbero ai nostri com- no il prezioso valore che avevano, lette- portamenti, cosa risponderebbero alle no- rario e non. Montale decide di affrontare stre domande, come tratterebbero le nostre con coraggio la disperazione che lo assa- insicurezze. E in ogni caso la risposta è le e di vivere nel dubbio piuttosto che es- sempre la stessa: continua ad andare avan- sere succube di una falsa identità. (Save- ti, non dimenticare chi sei e chi hai ama- rio Tacconi)

338 La grande alluvione

(Volume monografico speciale a cura di Giorgio Valentino Federici, Miriana Meli, Lucio Niccolai, Severino Saccardi, Simone Siliani e Vincenzo Striano) In tema di sicurezza del territorio

Valdemaro Baldi, Giorgio Valentino Federici, Bernardo Gozzini Gabriella Montagnani ed Enio Paris Mauro Grassi Fabio Bellacchi Giovanni Massini Marco Bottino Titti Postiglione Gaia Checcucci Lorenzo Tilli Comitato Tecnico Scientifico Internazionale (ITSC)

339 L’ ALLUVIONE DEL 1996 EIL «MODELLO VERSILIA» di Valdemaro Baldi, Giorgio Federici, Gabriella Montagnani ed Enio Paris

L’alluvione che colpì l’Alta Versilia nel 1996 ebbe una portata devastatrice, tanto da distruggere un intero paese. Per definire il fenomeno, si parlò, forse per la prima volta, di «bomba d’acqua». Quel che avvenne nella ricostruzione fu comunque rimarchevole, perché si realizzò un sistema virtuoso di collaborazione fra Stato, enti locali, associazioni di volontariato, comitati della popolazione colpita, chiamato poi «Modello Versilia» e ripreso dalla Protezione Civile Nazionale. Un modello che si basa fondamentalmente sulla sinergia fra diversi fattori: risorse adeguate, organizzazione efficiente, tempi rapidi, niente corruzione, promozione della resilienza nella popolazione colpita. Per quest’ultimo aspetto è stato importante il contributo dell’Università di Firenze attraverso il CERAFRI (Centro per la Ricerca e l’Alta Formazione per la prevenzione del Rischio Idrogeologico), che ha lavorato sulla memoria dell’evento e ha sviluppato attività di ricerca e formazione, e che quest’anno, nell’ambito del Progetto «Firenze2016», sta preparando il Progetto «Versilia2016», per il ventennale di quella alluvione.

340 La grande alluvione

Una tempestiva risposta Comuni più colpiti, Stazzema, Seravezza, Pietrasanta, Vergemoli, nonché delle Co- Il 19 giugno di venti anni or sono il terri- munità Montane del territorio, fu prezio- torio dell’Alta Versilia e dell’attiguo ver- sa e indispensabile. sante della Garfagnana furono colpite da Si deve dare atto all’allora ministro del- una alluvione la cui carica devastatrice è l’Interno On. Giorgio Napolitano ed al- sintetizzata da alcuni numeri: 475 milli- l’allora sottosegretario alla Protezione Ci- metri di pioggia in 12 ore; 15 vittime; 3 vile prof. Franco Barberi di un impegno milioni di metri cubi di materiale terroso concretamente decisivo per la rapida ema- e lapideo movimentato dalla pioggia; 1 nazione dei provvedimenti amministrati- milione di metri cubi di detriti che som- vi e dell’iniziativa legislativa. mersero il paese di Cardoso; 15.000 alberi Il presidente della Regione Vannino Chiti sradicati prevalentemente dai boschi di fu nominato commissario straordinario per castagno. la messa in sicurezza del fiume Versilia, Oggi questo evento è ricordato nella pub- dei torrenti esondati, dei versanti di valle blicistica come il primo forte segnale dei e per la ricostruzione delle infrastrutture e «cambiamenti climatici» poiché per esso degli abitati distrutti o danneggiati. fu usata forse per la prima volta l’espres- Il presidente della Regione nominò come sione «bomba d’acqua». sub-commissario l’assessore regionale Pao- L’intervento delle istituzioni, lo Stato e la lo Fontanelli per le funzioni operative e co- Regione Toscana, furono eccezionalmen- stituì in Pietrasanta l’Ufficio Regionale per te tempestivi rispetto alle altre analoghe si- gli eventi alluvionali con il compito di or- tuazioni verificatesi in Italia e la collabo- ganizzare gli interventi in tre direzioni: razione degli enti locali, in particolare dei l’assistenza alle famiglie ed alle imprese

341 colpite, la programmazione degli inter- analitica dei danni individuali subiti. venti infrastrutturali, il controllo e la sor- Fu stabilito anche che il contributo che veglianza dei lavori. sarebbe stato erogato in relazione ai dan- Nel giro di quindici giorni la struttura ope- ni non avrebbe avuto il carattere di un ri- rativa entrò in funzione. sarcimento di tipo assicurativo, ma ap- Nessuno della Direzione Politica e della punto di un contributo di solidarietà ver- Direzione Amministrativa Regionale ave- so persone e aziende colpite dall’evento va alcuna esperienza acquisita sul campo alluvionale. né tanto meno un modello da seguire; tut- I Comuni collaborarono attivamente a que- ti sapevano però che dovevano far presto sta operazione e collaborarono i Comita- a soccorrere le popolazioni, ripristinare le ti degli alluvionati che sorsero sponta- viabilità, ricostruire l’alveo del fiume Ver- neamente sul territorio con intenti parte- silia e dei torrenti, bloccare le frane, rico- cipativi; con i Comitati si stabilì un dialo- struire argini e ponti, condizione essen- go, una discussione ed un confronto che ziale per la ricostruzione degli abitati. fu prezioso per i risultati di consenso e L’intervento si sviluppò contemporanea- condivisione delle scelte che si stavano mente su due filoni: l’assistenza imme- facendo. diata a famiglie e imprese per un verso, e, A quel punto si erano consolidati i prin- per l’altro la programmazione strategica cipii dell’urgenza dell’intervento, della pia- degli interventi, la progettazione genera- nificazione e del finanziamento degli aiu- le dell’intervento sull’asta del fiume Ver- ti e delle opere, il principio del coinvol- silia e sui torrenti e l’avvio dei lavori di gimento delle strutture tecniche regiona- messa in sicurezza del territorio. li, degli enti locali e del colloquio con le La Regione mise immediatamente a di- popolazioni. sposizione 21,5 miliardi di lire. Riguardo alla pianificazione furono fatte Il 15 luglio, a un mese dalla alluvione, si alcune scelte risultate fondamentali. riuscì a presentare il Piano degli interven- La prima fu quella di creare una pianifi- ti pubblici più urgenti, l’elenco delle in- cazione aperta. Il Piano cioè fu gestito at- frastrutture pubbliche da ripristinare e del- traverso una serie di «rimodulazioni» del le prime sistemazioni idrogeologiche. Piano stesso con aggiunte di nuovi progetti di intervento. Erano escluse le varianti pro- gettuali che, se necessarie, dovevano ri- Il lavoro di pianificazione manere nell’ammontare complessivo del- l’opera variata. Le rimodulazioni di Piano Il lavoro di pianificazione fu affidato al erano legate all’ammontare dei fondi pub- prof. Enio Paris con il supporto degli Uf- blici che venivano man mano stanziati e fici del Genio Civile di tutta la Toscana e resi concretamente disponibili dallo Stato del Dipartimento regionale competente e dalla Regione; in questo modo ogni in- nella persona della dott.ssa Maria Sar- tervento veniva realizzato con la sicurez- gentini. za che l’opera era coperta dalla disponi- Si iniziò a corrispondere alle famiglie ed bilità finanziaria e la spesa immediata- alle imprese danneggiate somme suffi- mente liquidabile subito dopo il collaudo. cienti per far fronte alle esigenze imme- E così avvenne. diate, sulla base di elenchi che i Comuni Anche gli enti locali potevano partecipa- stilarono, ma secondo un ammontare pru- re al Piano con opere finanziate con fon- denziale in attesa della successiva stima di propri derivati da disponibilità o da mu-

342 La grande alluvione tui contratti al bisogno. Alcuni Comuni non poco conto perché dovemmo far riu- parteciparono e così le Province di Lucca nioni, incontri pubblici, discussioni, di- e Massa Carrara. battiti, ma considerammo questo impegno un fatto di grande importanza sociale. L’esperienza dei Comitati degli alluviona- Scelte condivise ti fu un fatto inedito in Italia e fu impor- tantissima per l’apporto da essi dato al la- La seconda scelta fu quella di affidare la voro dei tecnici e dell’amministrazione re- progettazione esecutiva e la gestione de- gionale con una partecipazione convinta gli interventi agli «Enti attuatori del Piano» fatta di idee, di segnalazioni, di consigli ed che furono gli Uffici del Genio Civile del- anche di richieste e di vivaci confronti. la Toscana, le Province, i Comuni e le Co- Ma il valore principale di questa espe- munità Montane del territorio interessato rienza è dato, prima che dal fatto parteci- dalla pianificazione. pativo (che ha consentito peraltro di rea- In questo sistema pianificatorio non c’era lizzare azioni condivise), dalla tenuta psi- posto per l’affidamento di un unico ap- cologica delle popolazioni colpite dalla palto per l’esecuzione delle opere, ma si tragedia. postulava tutta una serie di appalti e que- Quando si verifica una calamità che coin- sto generò alcune conseguenze: la parte- volge intere popolazioni si sviluppa sem- cipazione di molte imprese locali, l’e- pre accanto allo sconvolgimento dei luo- sclusione dei subappalti, un aiuto all’oc- ghi anche quello delle coscienze e su- cupazione diretta e dell’indotto (in un con- bentra fra la popolazione lo sgomento e testo di imprese del lapideo messe fuori la disperazione. Allora avvengono due fat- uso dall’alluvione), un aumento della cir- ti, ambedue dannosi: il primo è che le isti- colazione monetaria ed infine l’accelera- tuzioni, anche quando sono presenti, re- zione della realizzazione delle opere. A stano isolate, appaiono estranee e la loro questo scopo fu deciso di non assegnare azione diviene burocratica, debole e fiac- ulteriori appalti a quella ditta che non ave- ca; il secondo è che si pensa all’esodo ver- va ancora terminato i lavori assegnati con so altri luoghi come prospettiva e si avvia l’appalto precedente e per ogni opera fis- l’abbandono di paese, borgo, comunità. sammo un termine tassativo per la con- Alla distruzione delle cose si accompagna clusione dei lavori misurato sulla com- quella del tessuto sociale, ma mentre le plessità dei lavori da eseguire. Escludem- prime si possono ricostruire, l’altro si per- mo infine dai contratti di appalto le varianti de irrimediabilmente. onerose, la revisione prezzi, gli incerti so- La partecipazione attiva al processo di ri- pravvenuti nel corso d’opera che furono costruzione consente di evitare l’uno e ricompresi nel «rischio di impresa» ac- l’altro danno. cettato dagli appaltatori in corrisponden- za della garanzia del pagamento imme- diatamente dopo l’avvenuto collaudo del- L’esperienza di Cardoso le opere. La terza scelta fu quella di far partecipa- Il problema della ricostruzione del tessu- re le istituzioni locali ed i Comitati degli to urbanistico ed edilizio del paese di Car- alluvionati nello studio della pianifica- doso si pose fin dall’inizio del nostro la- zione e nel controllo dell’andamento dei voro: ne parlò il prof. Franco Barberi in una lavori. Questo determinò un impegno di riunione dove disse che l’investimento ri-

343 costruttivo dell’abitato nel medesimo luo- conda delle fasi (formazione dei piani, fi- go del disastro da un punto di vista eco- nanziamento, progettazione ed esecuzio- nomico appariva molto pesante ed anche ne delle opere, monitoraggio e controllo); rischioso riguardo a futuri eventi naturali. disporre di una struttura gestionale sem- Aggiunse tuttavia che una decisione al pro- plice, ma dotata di poteri reali ed auto- posito avrebbe dovuto essere presa in ac- nomia decisionale con corrispondente re- cordo con i cittadini del Cardoso. Fu po- sponsabilità di risultato; avere disponibi- sto il problema ai cittadini in maniera di- lità certa di risorse in modo che sia assi- screta, ma molto aperta e la risposta fu curato il pagamento delle opere subito do- che il paese doveva essere ricostruito lad- po il collaudo. dove era; e così facemmo. La funzione di controllo è molto impor- Dopo poco più di due anni dall’alluvione tante per più versi: a quello tecnico sulle il territorio era in sicurezza almeno per opere ed a quello amministrativo-contabile eventi di periodo di ritorno duecentenna- sui contratti di appalto si deve aggiunge- le e si compivano i primi interventi rico- re una forma di controllo popolare, una struttivi dell’abitato di Cardoso. forma di vigilanza sulla condotta dei sog- Sono state realizzate complessivamente getti, sulla esecuzione dei lavori, sulla tra- opere per 464 miliardi di Lire (oggi sa- sparenza degli atti amministrativi e delle rebbero circa 232 milioni di Euro) ed ero- operazioni. gato contributi alle famiglie e alle impre- È comprensibile che vi sia una certa resi- se per 46 miliardi di Lire (26 milioni di Eu- stenza, anche culturale, ad accettare l’idea ro), il tutto in assoluta trasparenza ammi- di un controllo popolare nella gestione nistrativa e condivisione sulle scelte fatte. pubblica dei lavori perché tradizional- Questo modo di operare venne definito mente è considerata una anomala intro- poi «Modello Versilia»; successe come missione, ma in realtà rappresenta una di- succede nella storia alle battaglie di guer- fesa estremamente efficace per la pubbli- ra che prendono il nome «dopo» essere ca amministrazione da interferenze obli- state compiute. I protagonisti di questa vi- que ed una garanzia di buona riuscita del- cenda tuttavia non si proposero mai di la propria attività. creare un modello, ma di raggiungere sem- Da rilevare, dal punto di vista della tipo- plicemente uno scopo e non si stupirono logia delle opere, che per la prima volta che quel modello non sia stato più segui- vengono costruite opere del tutto nuove to nonostante avesse funzionato. per l’ambiente appenninico, come le bri- Quella esperienza tuttavia permise di ma- glie selettive realizzate in tutto il bacino turare alcune convinzioni riguardo ad ogni dell’Alta Versilia in varie forme. Di note- intervento pubblico che voglia essere tem- vole importanza è stato anche il ricorso pestivo, efficace, risolutivo, corretto, in estensivo alle tecniche di ingegneria na- presenza di calamità di qualsiasi natura, turalistica per la sistemazione dei versan- e cioè che occorre: un impegno organiz- ti erosi dalla violenza delle acque. zativo forte delle istituzioni; una pro- grammazione condivisa delle opere ne- cessarie nel senso che ad essa partecipi- Resilienza, una parola di moda no tutti gli enti istituzionali che hanno competenze sull’assetto territoriale in stret- Oggi la parola di moda è la resilienza, in ta collaborazione con il mondo scientifi- questo contesto intesa come capacità di co, con ruoli definiti e molto precisi a se- reagire alla catastrofe e raggiungere un

344 La grande alluvione nuovo buon equilibrio sociale. Sono stati Il contributo del CERAFRI resilienti gli abitanti della Versilia a segui- to dell’alluvione del 1996? Sicuramente sì In questa sede ricordiamo il contributo avendo potuto usufruire di condizioni eco- alla resilienza che ha potuto dare l’Uni- nomiche favorevoli che hanno molto aiu- versità degli Studi di Firenze attraverso il tato la reazione delle istituzioni e della CERAFRI (www.cerafri.it) che ha operato popolazione. Il post emergenza della Ver- non solo in riferimento alla memoria del- silia può essere considerato un successo l’evento ma ha sviluppato attività di ri- sia in termini di risarcimento delle popo- cerca e formazione. Il CERAFRI – Centro lazione che della messa in sicurezza del per la Ricerca e l’Alta Formazione per la territorio. Indubbiamente il rischio idrau- prevenzione del Rischio Idrogeologico – lico è diminuito nelle aree alluvionate. è una Società Consortile senza fini di lu- Anche le modalità di gestione della rico- cro partecipata dall’Università degli Stu- struzione hanno avuto successo. Si è par- di di Firenze e dal Comune di Stazzema lato come ricordato in precedenza di «Mo- (Lucca) con lo scopo di promuovere atti- dello Versilia» che ha visto per la prima vità a carattere scientifico e formativo nel volta le decisioni per la ricostruzione spo- campo della prevenzione del rischio idro- state a livello locale, consentendo di uti- geologico. Esiste dal 2002 (nella prima lizzare al meglio le risorse disponibili. Es- fase il socio di riferimento era l’Istituto so fu preso come esempio per la nuova or- Nazionale per la Montagna a cui è su- ganizzazione della Protezione Civile Na- bentrata nel 2011 l’Università degli Stu- zionale in particolare appunto per l’aspetto di di Firenze) e ha realizzato numerosi sopra ricordato della gestione locale del progetti in particolare di monitoraggio flu- post emergenza, con un forte coinvolgi- viale, realizzando misure di portata soli- mento della comunità locale e del volon- da e liquida in numerosi corsi d’acqua to- tariato. Siamo dunque di fronte alla rico- scani. struzione, a una forte riduzione del rischio, Le sue attività sono state anche collegate alla «resilienza perfetta»: risorse adegua- al «Progetto Università della Montagna» te, organizzazione efficiente, tempi rapi- coordinato dall’Università Statale di Mi- di, niente corruzione. Su quest’ultimo lano e al quale partecipa l’Università de- aspetto è da rilevare come il ruolo dello gli Studi di Firenze. Stato e delle sue risorse si sia rivelato es- In particolare il CERAFRI ha sviluppato senziale per la resilienza in riferimento sia attività di monitoraggio dei corsi d’acqua a quella del 1966 a Firenze che a quella realizzando misure di portate e di tra- della Versilia 1996, che sono accumuna- sporto solido nei corsi d’acqua toscani in te appunto da un aspetto oggi da sottoli- particolare per il Centro Funzionale del- neare: in entrambi i casi, nella ricostru- la Regione Toscana. Da segnalare di re- zione e nei risarcimenti non sono emersi cente, il monitoraggio dal 2014 e ancora significativi fenomeni di corruzione. in corso nell’ambito del Progetto «Firen- Oltre alla ricostruzione infrastrutturale la ze2016» del tratto urbano dell’Arno a Fi- resilienza si è manifestata in Versilia in renze descritto in altro articolo di questo questi anni in altri modi. Prima di tutto volume. nel ricordo periodico dell’evento, in par- Il CERAFRI è segreteria operativa dal 2013 ticolare per i giovani che sono nati dopo del Progetto «Firenze2016» e sta prepa- il 1996, attraverso attività nelle scuole e rando il Progetto «Versilia2016», per il esercitazioni per l’emergenza. ventennale dell’alluvione del 1996.

345 LA LEZIONE DEL PASSATO EL’IMPEGNO DEI CONSORZI TOSCANI di Fabio Bellacchi

L’alluvione del novembre 1966 fu devastante per la Maremma che, da poco bonificata e popolata di poderi, si vide ripiombare alle condizioni di cento anni prima. Ci sono state in seguito altre alluvioni, ma il riordino istituzionale con la creazione dei nuovi Consorzi di Bonifica – in particolare, per la zona, il Consorzio Bonifica 6 Toscana Sud – e con la rinnovata attenzione verso la cura del territorio, fanno ben sperare in un futuro più sicuro.

Onda di piena sull’Ombrone brone che aveva già superato gli otto me- tri, e la città di Grosseto fu allagata com- Cinquanta: un’importante numero di an- pletamente; le campagne, faticosamente ni ci divide da un evento drammatico che bonificate nei precedenti 40 anni, ebbero sconvolse la Toscana, quando campagne di nuovo l’aspetto della Maremma di 100 e città subirono una disastrosa alluvione. anni prima, come commentò l’allora sin- Anche la Maremma e Grosseto furono vit- daco di Grosseto Renato Pollini. L’effica- time di una straordinaria concomitanza di cia degli impianti idrovori andò pian pia- fattori: trombe d’aria, 300 mm di pioggia no spegnendosi con il salire del livello del- in 12 ore, scirocco che flagellava le coste l’acqua, fino a che essi furono sommersi. ed impediva ai fiumi di defluire in mare. Il Consorzio Bonifica Grossetana si attivò Queste le caratteristiche del cataclisma immediatamente per ripristinare il retico- che colpì il nostro territorio: alle 7,55 del lo idraulico del comprensorio, devastato 4 Novembre 1966 una potente piena del- da metri cubi di acqua e fango e dalla in- la spaventosa portata di 3200 metri cubi capacità del mare di ricevere; si era for- al secondo si abbatté sugli argini del- mato infatti un invaso che ricordava l’an- l’Ombrone, frantumandoli in cinque pun- tico lago Prile, con la differenza che nel ti. L’onda di piena investì un fiume Om- 1966, a bonifiche ultimate, le campagne

346 La grande alluvione

erano punteggiate dai poderi dell’Ente Ma- nale n. 79, è stato istituito il nuovo Con- remma, dato che la Riforma Agraria ave- sorzio Bonifica 6 Toscana Sud, il cui com- va reso la pianura popolosa. Un silenzio prensorio, il più vasto in Toscana, è di tragico ed irreale accolse prima i soccor- 611.000 ettari, ed include i due principa- ritori, poi i tecnici e gli operai del Con- li bacini imbriferi delle province di Gros- sorzio Bonifica, delle imprese e delle coo- seto e Siena: l’Ombrone e l’Albegna. Nel- perative locali che per ben due anni la- lo stesso anno una spaventosa alluvione vorarono senza sosta per riportare allo sta- colpì la valle del fiume Albegna, causan- to di normalità le campagne, ripristinan- do vittime ed incalcolabili danni: scon- do gli alvei dei corsi d’acqua, le loro ar- certo, rabbia e desolazione fecero di nuo- ginature, gli acquedotti rurali ed anche la vo sentire i maremmani in balìa dei cata- canalizzazione irrigua che permise di re- clismi a cui la storia purtroppo li ha abi- stituire il territorio alla produttività. tuati, e contemporaneamente li fece sen- tire forti non solo del loro temperamento e della capacità di gestire e risolvere i pro- La spaventosa alluvione dell’Albegna blemi, ma anche di strumenti e tecniche all’avanguardia, per poter scongiurare ta- Nei decenni successivi l’azione del Con- li eventi. Con il riordino istituzionale e i sorzio Bonifica si è concentrata sulla ma- nuovi compiti delle Province, la compe- nutenzione ed il miglioramento struttura- tenza per l’assetto del territorio è nelle ma- le delle opere di competenza, fino agli an- ni della Regione e dei Consorzi Bonifica. ni 2000, quando un nuovo assetto ammi- È da qui che inizia una nuova sfida per i nistrativo ed organizzativo, gli incarichi Consorzi toscani che dovranno dimostra- dalla Regione Toscana e dal Ministero del- re come le esperienze fatte nel passato le Politiche Agricole, nonché le nuove tec- hanno contribuito alla costruzione di strut- nologie informatiche e strumentali hanno ture specializzate di cui la Toscana del fu- dato un fondamentale impulso all’attività turo non potrà fare a meno. Sono certo dell’Ente. Nel 2012, con la Legge Regio- che ce la faremo.

347 L’ OCCASIONE PER CAMBIARE PASSO di Marco Bottino

Il 2016 chiama fiorentini e toscani al ricordo di quanto accadde cinquanta anni fa e alla riflessione su ciò che è stato fatto e su ciò che resta ancora da fare. Alle note negative della cementificazione del territorio, con il conseguente rischio idrogeologico, si affiancano elementi di speranza, suffragati dall’invio di finanziamenti dopo anni di stallo e dall’opera dei Consorzi di Bonifica per la manutenzione del territorio. Nel 2016 si terrà, proprio a Firenze, una loro conferenza, per ribadire l’urgenza di una svolta e la necessità di politiche di prevenzione piuttosto che di risarcimento dei danni, provocati dal dissesto dovuto a un’irresponsabile gestione del territorio.

Un anno che si apre con la speranza stici e culturali; ricordiamo con infinita gratitudine la dedizione con la quale, gio- Apriamo il 2016 con la consueta speran- vani e meno giovani da tutto il mondo, i za che contraddistingue l’inizio di ogni cosiddetti «angeli del fango» spesero le anno, pensando subito che questo sarà per loro fatiche nel cercare di «salvare il sal- i fiorentini e per i toscani anche un anno vabile» dando un segno di grande spe- di memoria e di riflessione in merito ai ranza e lasciando intuire, già in quelle me- tragici eventi dell’alluvione del novembre desime ore di disperazione, che non tut- 1966. E immediatamente giungono agli to era perduto, almeno in termini di tenuta occhi le immagini di quei tragici giorni e sociale e di passione umana, in contrasto al cuore una fitta per le perdite di vite al manifestarsi così brutale della forza na- umane e di valori economici, storici, arti- turale. Come in ogni anniversario, è pro-

348 La grande alluvione prio l’impegno di coloro che in quei giorni dedicarono la propria opera a rimediare ai danni dell’al- luvione che ci obbliga ad un bilancio e a qualche ripen- samento. A di- stanza di cin- quanta anni abbiamo fatto abbastanza per onorare il loro impe- gno?! A che punto siamo con la difesa della città e di tutti quei ter- ressato la città, l’intera area metropolita- ritori che insieme con Firenze conobbero na fiorentina e larga parte del territorio re- nel 66 acqua e fango nei campi, nelle fab- gionale e nazionale. Voltandosi indietro, briche e tra le case?! Da operatori fonda- gli eventi del 4 novembre 1966 sembra- mentali del settore della difesa del suolo, no non averci insegnato abbastanza. In così come ribadito anche dalla recente nome di uno sviluppo spesso purtroppo normativa regionale (LRT 79/2012), que- cieco e senza limiti abbiamo costruito e sto Consorzio di Bonifica territorialmente intendiamo continuare a costruire, sprez- competente, insieme a tutti gli altri rinno- zanti del rischio idrogeologico. Un re- vati consorzi della Toscana, ha il dovere cente rapporto ISPRA sull’uso del territo- di elaborare alcune considerazioni in me- rio ha nuovamente ricordato i dati della rito e volentieri le affidiamo a questa pre- cementificazione, e quindi dell’imper- stigiosa rivista fiorentina che ci onora di meabilizzazione del suolo, che vede rad- ospitare questo nostro contributo. doppiata la propria incidenza per abitan- te rispetto agli anni 50: da 178 a 369 me- tri quadrati, con il risultato che il suolo ur- Cominciamo con una critica seria banizzato occupa oggi il 7,3% della su- perficie nazionale (60 anni fa era il 2,9%), Cominciamo con le note negative, non ben oltre la media europea, pari al 4,6% con la solita «polemica», a tratti sterile e e che sono stati sottratti all’assorbimento vana, quasi fosse un gioco o un vezzo naturale della pioggia e all’agricoltura che caratterizza i fiorentini e più in ge- 1,32 milioni di ettari. Tanto che numero- nerale tutti i toscani, ma una vera e pro- se altre sono state le occasioni, anche re- pria seria critica al «sistema», ovvero al- centi, in cui i corsi d’acqua hanno volu- lo sviluppo urbanistico e infrastrutturale to riprendersi il loro spazio. Troppo lun- che negli ultimi cinquanta anni ha inte- go è l’elenco delle alluvioni a cui spesso

349 abbiamo dovuto assistere inermi, in To- 140mmc) e lungo gli affluenti (per un to- scana come nel resto del Paese. Perché tale stimato di circa 157mmc). Anche in non si è saputo cogliere il messaggio e lo questo caso i consorzi di bonifica sono sta- spirito di quei giovani al lavoro nel fango ti chiamati dalle istituzioni pubbliche a di Firenze per perseguire o pretendere un mettere in campo le loro migliori profes- diverso modello di sviluppo? Perché non sionalità per gli studi e la progettazione si è saputa promuovere e far affermare delle previsioni, in particolare per quan- una diversa cultura ambientale che sol- to riguarda le valli della Greve e della Pe- tanto oggi, dopo molto «latte versato» e sa, in sinistra idrografica. Il rinnovato in- comunque ancora a fatica, sembra anda- teresse che il cinquantesimo anniversario re affermandosi? porterà sulla materia potrebbe costituire l’occasione giusta per dare nuovo impul- so e applicazione concreta al Piano e an- Un quadro non solo a tinte fosche che in questo caso, se i soggetti deputati alla pianificazione e decisione vorranno, Fortunatamente, pur davanti a simili in- potranno trovare nei consorzi partner di- terrogativi, lo scenario attuale non cono- sponibili, preparati ed affidabili. sce soltanto tinte fosche; grazie ad alcu- ne politiche consapevoli ed illuminate, messe in atto da diversi soggetti impegnati Finanziamenti in arrivo nell’ambito della prevenzione, qualcosa di importante è stato fatto contro il rischio Intanto registriamo con favore una certa in- idrogeologico della città di Firenze. Già versione di tendenza per quanto riguarda negli anni 70 e 80, ma in particolar mo- i finanziamenti di nuove opere idrauliche do a seguito di una rinnovata consapevo- attese da tempo anche in Toscana, da par- lezza dei rischi conseguente ai significa- te di tutti i livelli istituzionali. Innegabile tivi e diffusi allagamenti dei primi anni la particolare attenzione che il Governo 90, sono stati realizzati una serie di in- nazionale, nell’ambito del programma na- terventi strutturali sia sull’asta dell’Arno zionale contro il rischio idrogeologico che sui suoi affluenti principali. Molti di #italiasicura, sta ponendo sulla preven- questi sono stati finanziati dai Comuni o zione dal rischio idrogeologico. Alla fine altre istituzioni pubbliche, ma in quasi tut- dello scorso anno sono state messe a di- te queste opere idrauliche i consorzi di sposizione le risorse per i primi 33, dei bonifica hanno fatto la loro parte: spesso 132 cantieri complessivi che compongo- in termini di progettazione tecnica o di fa- no il Piano Città Metropolitane e alla To- se esecutiva oppure, non di minore im- scana, per opere ricadenti nell’area me- portanza, ai consorzi di bonifica è stata tropolitana fiorentina, andranno circa 106 affidata ed è affidata tutt’oggi la gestione milioni di Euro dei quali circa 40 di pro- e/o il mantenimento in esercizio. Dal 1999 venienza regionale. Il 2016 potrebbe es- esiste un Piano di Bacino del Fiume Arno sere dunque, quasi sicuramente, l’anno di che ad oggi, tuttavia, ha trovato solo par- avvio dell’importante sistema di casse di ziale applicazione, sia in termini di nor- espansione sul torrente Mensola, appena me, regole ed azioni operative, sia in ter- fuori dal centro cittadino. È stato proprio mini di interventi per il potenziamento il Consorzio, allora Area Fiorentina, a rea- della capacità di laminazione lungo l’Ar- lizzare i primi studi relativi alla pericolo- no (il totale previsto sarebbe di circa sità idraulica del torrente Mensola già nel

350 La grande alluvione

1999 a seguito dell’attribuzione delle com- rea Nord della provincia di Siena. Un com- petenze sul comprensorio 16 così come prensorio di circa 3360 kmq entro il qua- identificato dalla LRT 34/1994. Di fronte le scorrono oltre 5600 km di reticolo, com- alle fortissime criticità rilevate la soluzio- posto dai bacini idrografici di Ema, Gre- ne della cassa di espansione individuata ve, Pesa, Vingone, Elsa, Orme, Staggia, Bi- dal Consorzio è stata avvalorata dall’Au- senzio, Marina, Fosso Reale, Terzolle, Mu- torità di Bacino dell’Arno e fatta propria gnone, Mensola, Sambre, Falle, Sieci, Sie- dal Comune, che l’ha inserita nei propri ve, Carza, Stura, Levisone, Bosso, Om- strumenti urbanistici. Da qui il Protocol- brone Pistoiese, Vincio, Brana, Stella, etc. lo d’Intesa del 2013 con il quale è stata Ma grazie all’intuizione della Regione To- affidata al Consorzio quella progettazio- scana, con importanti leggi in materia co- ne preliminare che, grazie anche all’im- me le sopra già citate LRT 34/1994 e LRT pegno di AdB, Regione e Comune, ha ot- 79/2012, ogni porzione del territorio re- tenuto il finanziamento di #italiasicura. A gionale è parte di un comprensorio di bo- livello regionale invece, una certa rinno- nifica ed ha un soggetto gestore di riferi- vata attenzione nei confronti dei consor- mento. La recente riforma ha voluto affi- zi di bonifica toscani si misura nei quasi dare a solo 6 nuovi consorzi di bonifica 3 milioni di Euro per la manutenzione or- la competenza della manutenzione del re- dinaria delle opere idrauliche in carico al- ticolo idrografico cosiddetto «minore», la fiscalità generale e negli 11,5 milioni di quello con la classificazione ufficiale di III, Euro di fondi residui del PSR 2007-2013 IV e V categoria idraulica, lanciando loro affidati ai consorzi per un totale di 55 pro- un’importante sfida di ammodernamento. getti su tutto il territorio regionale, anche Per essere all’altezza di tanta fiducia e per se ancora i meccanismi, e le relative ri- ribaltare quelle infondate credenze di chi sorse, previsti dalla nuova architettura del continua a parlar male dei consorzi sen- settore, devono trovare, per diversi aspet- za nemmeno conoscerli, ogni nuovo en- ti, maggiore e migliore attuazione. te sta facendo sforzi significativi e consi- stenti passi avanti verso una gestione più efficace ed efficiente delle strutture, dei L’orgoglio e l’umiltà mezzi e delle proprie funzioni. Già nel re- cente passato abbiamo dimostrato in di- Da ultimo restano l’orgoglio e l’umiltà, verse occasioni di saper far bene il nostro qualità tipiche dei consorzi di bonifica, mestiere, abbiamo dimostrato lealtà isti- enti tecnico-operativi che in maniera pro- tuzionale e spirito di sacrificio per onora- fessionale hanno raccolto l’eredità di pas- re il principio di sussidiarietà tra enti, per sione di tutti coloro che nel 66 erano al superare le inevitabili difficoltà dovute al- lavoro nel fango lungo l’Arno. la generale e necessaria riorganizzazione Per quanto riguarda Firenze, oggi è il Con- dei vari livelli istituzionali dello Stato. Nel sorzio di Bonifica Medio Valdarno, terri- 2015, anno di Expo, abbiamo avuto mo- torialmente competente, ad occuparsi do di presentarci anche sotto il punto di quotidianamente con grande umiltà e per vista delle nostre eccellenze ed innova- l’orgoglio del sottoscritto che lo presiede, zioni, grazie ad una mappa interattiva pre- della manutenzione ordinaria e in quota parata e presentata proprio per l’occasio- parte straordinaria delle opere idrauliche ne. Il 2016 sarà l’anno in cui la redistri- esistenti sul comprensorio oltre che fio- buzione delle competenze e delle funzioni rentino, anche pratese, pistoiese e dell’a- entrerà a regime, con un rinvigorito pro-

351 tagonismo dell’ente regionale in materia 500.000 aziende e 1.200.000 edifici resi- di difesa del suolo. Il 2016 sarà l’anno in denziali e non. Con riferimento alla po- cui tutti i nuovi consorzi si doteranno di polazione si calcolano 6.154.011 abitan- un nuovo Piano di Classifica secondo le ti in aree ad elevata criticità idraulica (da- nuove linee guida regionali e dunque sarà ti ISPRA) e circa 22 milioni di abitanti su richiesta una contribuzione più omoge- territori a rischio medio. Da una stima nea su tutto il territorio regionale, anche sommaria, riferita all’anno 2014, i danni in città e zone rurali dove finora non era derivati dalle piogge ammonterebbero a stata richiesta, in modo da garantire risor- oltre 4 miliardi di Euro. Fra il 2010 e il se ben definite e certe per l’esecuzione 2012 il costo del dissesto idrogeologico è delle lavorazioni necessarie, così come stato stimato in 7,5 miliardi di Euro (in d’accordo con il medesimo livello deci- media 2,5 miliardi l’anno), mentre nei 65 sionale regionale. Il 2016, per i consorzi anni precedenti era stato, in valore attua- di bonifica, sarà anche l’anno delle ge- le, di 54 miliardi di Euro (in media 0,83 stioni associate, l’occasione di far fuori miliardi l’anno). Per il 2015 gli interventi ogni riserva o «campanile» per affrontare oltre l’ordinaria manutenzione raccolti da in modo coordinato, sotto la guida di AN- ANBI nel proprio Piano nazionale sono BI Toscana (l’Associazione Regionale dei stati 3.335, per un importo complessivo di Consorzi di Bonifica), numerosi aspetti or- 8,4 miliardi di Euro. Investimento che per- ganizzativi e servizi per i cittadini con- metterebbe di ridurre notevolmente il ri- sorziati. schio su tutto il territorio nazionale e dun- que, in prospettiva, di risparmiare al mo- mento della conta dei danni. L’auspicio è Una conferenza organizzativa proprio a che la riunione di febbraio di tutti i con- Firenze sorzi di bonifica italiani, con i rappresen- tanti europei e le più alte cariche e auto- Il 2016, già nel prossimo febbraio, sarà rità dello Stato e delle istituzioni locali, anche l’anno in cui l’Associazione Na- proprio nell’anniversario e nella città che zionale dei Consorzi di Bonifica, l’ANBI ha conosciuto una delle più drammatiche appunto, terrà la propria annuale confe- alluvioni dell’epoca moderna, sia la cir- renza organizzativa proprio a Firenze. Una costanza adeguata e proficua per una re- scelta ricaduta sulla nostra città per omag- visione delle decisioni strategiche e fun- giare degnamente la triste ricorrenza e per ga da megafono per una presa di co- fare in modo che dalla memoria di quan- scienza collettiva in materia. to accaduto si rinnovi la voglia di fare, Nel cinquantesimo anniversario dell’allu- l’urgenza di cambiare passo, la necessità vione di Firenze, per concludere, la mia delle politiche di prevenzione piuttosto vicinanza e i miei più sinceri ringrazia- che di risarcimento dei danni da frane e menti vanno a tutti coloro che ieri come alluvioni. Da anni ANBI rende noti dati e oggi, dentro e fuori dal Consorzio, nelle lancia appelli per la prevenzione e non la istituzioni così come nel sistema della Pro- cura del rischio idrogeologico. Secondo tezione Civile, dedicano la loro attività la- dati del Ministero dell’Ambiente, il 9,8% vorativa o volontaria alla ricerca di un del territorio italiano è costituito da aree equilibrio virtuoso o alla riparazione de- a elevata criticità idrogeologica: si tratta gli errori, che speriamo ed esigiamo sia- dell’82% dei comuni, dove si stimano a no sempre meno frequenti, nel rapporto tra rischio 6.250 scuole, 550 ospedali, circa uomo e natura.

352 IL BACINO DELL’ARNO E IL NUOVO PIANO DI GESTIONE DEL RISCHIO DI ALLUVIONI di Gaia Checcucci

La difesa del suolo e l’assetto idrogeologico sono temi centrali della programmazione degli interventi di messa in sicurezza del territorio e di mitigazione del rischio. Per quanto nel nostro Paese si sia consolidato un patrimonio di conoscenze e normative in materia, la recente legislazione europea, trasferita poi nella giurisdizione italiana, con lo strumento del Piano di Gestione del Rischio Alluvioni (PGRA), mette ordine nel settore sulla base di una visione unitaria, per garantire efficienza e un razionale utilizzo delle risorse. La Regione Toscana ha adeguato la propria normativa, mettendo a punto una Disciplina di Piano, basata sul concetto chiave della gestione del rischio idraulico, che costituirà la base sulla quale definire l’ammissibilità o meno degli interventi sul territorio.

Dal 1989 in poi da mappe e pianificazioni di dettaglio, a cui si è fatto riferimento in questi decen- Dal 1989 in poi nel nostro Paese si è con- ni sia per l’individuazione degli interven- solidato un patrimonio di conoscenze e ti di messa in sicurezza e di mitigazione normative in materia di difesa del suolo e del rischio, che per la pianificazione ur- di assetto idrogeologico, accompagnato banistica e il governo del territorio.

353 Tutti i più recenti studi condotti a livello mente riesce ad intercettare, è infatti di- nazionale confermano che l’Italia presen- ventato prioritario aggiornare e, se neces- ta purtroppo numerose situazioni ad ele- sario, ripensare metodi e modi per «gesti- vata criticità idrogeologica e che queste so- re» il rischio di alluvioni in coerenza con no destinate ad aumentare e ad aggravar- quanto previsto dalle direttive europee so- si a causa di un clima sempre più incle- pra richiamate. L’adeguamento alla filo- mente e di una gestione e manutenzione sofia e alle prescrizioni di tali direttive ha del territorio che, specie in alcune zone e rappresentato per l’Italia, e nello specifi- in certi periodi, ha determinato il verificarsi co per il bacino del fiume Arno, un’op- di veri e propri disastri, con tragiche con- portunità sostanziale più che un mero seguenze anche in termini di perdita di adempimento formale. numerose vite umane. Siamo ormai tutti consapevoli che un qual- siasi evento, innescato da fattori climatici Una direttiva europea innovativa non sempre estremi, può manifestarsi og- gi in tutta la sua forza determinando allu- Con la direttiva 2000/60/CE, l’Europa com- vioni, allagamenti e smottamenti ed è pro- pie la scelta innovativa di affrontare e trat- prio in queste circostanze che non solo tare il governo della risorsa idrica nella gli addetti ai lavori ma i mass-media e la propria interezza, attraverso il supera- popolazione si rendono conto della gra- mento della storica tripartizione che ha vità del problema e al tempo stesso della caratterizzato da sempre questo settore (da sua complessità. In altri termini, si tratta un lato la tutela delle acque, dall’altro la di una tematica «centrale» per il Paese, difesa dalle acque e quindi dalle alluvio- sulla quale non ci si può più permettere ni, infine la gestione della risorsa idrica), di rimandare al futuro o ad altri le even- al fine di ricondurlo ad un’unica cornice tuali decisioni da prendere: per preveni- normativa e pianificatoria di riferimento: re, affrontare e gestire questi «disastri» oc- la gestione deve essere svolta alla scala corre attuare sin da subito un approccio del bacino idrografico e/o del distretto integrato in grado di tener conto, rispetta- idrografico (inteso come raggruppamento re e valorizzare le diverse esigenze del ter- di più bacini); tale gestione deve far capo ritorio e, in generale, dell’ambiente. ad un soggetto unico competente (che nel È in questa cornice che si inserisce oggi il d.lgs. 152/2006 viene individuato nel- nuovo Piano di Gestione del Rischio di Al- l’Autorità di Bacino distrettuale) e deve at- luvioni che rappresenta il punto di arrivo tuarsi attraverso un nuovo strumento di di un articolato processo pianificatorio, pianificazione rappresentato appunto dai prefigurato a livello europeo già nel 2000 piani di gestione. con la direttiva quadro in materia di acque La scelta di agire sulla base di una visione e che ha poi trovato la sua espressa codi- unitaria è sottolineata anche nel conside- fica nella successiva direttiva 2007/60/CE rando 17 della direttiva alluvioni, nel qua- (cd. «direttiva alluvioni») recepita nell’or- le si esplicita chiaramente che l’elabora- dinamento giuridico italiano con il decre- zione dei piani di gestione previsti dalle to legislativo 23 febbraio 2010, n. 49. due direttive costituisce il fulcro della «ge- Di fronte al continuo ripetersi di gravi stione integrata dei bacini idrografici». Non eventi alluvionali, anche di tipologie e con a caso anche i processi di formazione dei modalità che la pianificazione di assetto due masterplan devono essere condotti idrogeologico ad oggi prodotta difficil- «(…) in modo tale da sfruttare le recipro-

354 La grande alluvione

che potenzialità di sinergie e benefici co- gato gli elementi fondamentali che devo- muni, tenendo conto degli obiettivi am- no figurare nei primi piani di gestione e bientali della direttiva 2000/60/CE, anche nei successivi aggiornamenti, individuan- per garantire l’efficienza e un razionale uti- do gli step pianificatori preliminari e in- lizzo delle risorse», pur riconoscendo le termedi funzionali alla costruzione di una specificità e particolarità proprie di cia- solida base conoscitiva necessaria per de- scuno dei due ambiti di azione. finire priorità e obiettivi appropriati per la Sulla base di ciò, per evitare e ridurre gli gestione dei rischi di alluvione e conse- impatti negativi delle alluvioni, la diretti- guentemente per adottare e supportare tut- va 2007/60/CE richiama l’opportunità di te le decisioni e le scelte di carattere tec- predisporre piani di gestione del rischio di nico, finanziario e politico contenute nel alluvioni che dovrebbero tener conto del- PGRA e nei correlati strumenti program- le specifiche caratteristiche delle zone da matori e attuativi riguardo alla gestione di essi coperte e proporre soluzioni mirate in tale rischio. base alle esigenze e priorità delle mede- Appare dunque evidente come la diretti- sime, garantendo sempre il coordinamen- va 2007/60/CE, in questa logica di gestio- to appropriato all’interno dei distretti idro- ne integrata del bacino idrografico, inte- grafici. In particolare all’art. 7 si stabilisce gri la direttiva acque (cd. extending the che «(…) gli Stati membri provvedono a scope) affrontando nello specifico il tema ultimare e pubblicare i piani di gestione della mitigazione degli effetti delle inon- del rischio di alluvioni entro il 22 dicem- dazioni, che nel 2000 era unicamente ri- bre 2015» e si dettaglia in apposito alle- chiamato tra le finalità generali.

355 I concetti chiave prima volta organizzato e inserito in un’u- nica cornice pianificatoria, appunto il I concetti chiave a cui si ispira la stessa so- PGRA. no essenzialmente tre: valutazione, rischio La gestione implica poi di compiere del- e gestione. Per sapere come intervenire e le scelte che possono essere anche gra- quindi per scegliere le misure (strutturali vose: si può/deve scegliere di rilocaliz- e non strutturali) per mitigare il rischio di zare elementi a rischio (case, fabbriche, alluvione è indispensabile avere un qua- etc.) invece di difenderli; si può/deve sce- dro conoscitivo della pericolosità solido, gliere di non difendere qualcosa di mi- puntuale e aggiornato. nor valore perché così si limitano i dan- Senza la conoscenza non si può pianifi- ni per altri elementi di maggior valore: si care bene e gestire efficacemente. Questo tratta in definitiva di essere consapevoli è in sostanza tutto ciò che sta dentro il ter- che essendo la coperta troppo corta per mine «valutazione». Conoscere quanta po- mettere in sicurezza tutto il territorio, la polazione è esposta a «rischio» di allu- «priorizzazione» diventa fondamentale. vioni e quanti beni (come scuole, ospedali, Per far ciò occorre in primo luogo una infrastrutture, attività economiche) siano dettagliata fase di analisi (che porti alla localizzati in aree pericolose significa di- definizione di un nuovo e unico quadro sporre delle informazioni necessarie per conoscitivo della pericolosità e del ri- pianificare le misure di prevenzione e pro- schio idraulico alla scala del bacino idro- tezione più idonee e per gestire l’evento grafico, individuando gli scenari possibi- qualora accada. I concetti sopra richia- li o più probabili di accadimento degli mati tracciano la nuova filosofia del PGRA eventi), in secondo luogo una fase di in- che è, appunto, quella della gestione del dividuazione degli obiettivi da raggiun- rischio: non tutto può essere difeso e non gere (basata su una robusta valutazione tutto, a volte, è opportuno e necessario di- costi/benefici che dovrà stabilire cosa as- fendere. Si deve però fare tutto quanto ra- solutamente difendere e cosa solo par- gionevolmente e responsabilmente possi- zialmente difendere, cosa realizzare e bile per limitare i danni. cosa demolire) ed infine, una fase di pre- Ciò implica un vero e proprio cambio di disposizione del Piano seguita dalla sua impostazione rispetto anche al più recen- attuazione per step successivi. Ciò in una te passato dei PAI (Piano Assetto Idrogeo- continua e costante attività di informa- logico). È infatti di tutta evidenza che ap- zione, comunicazione e condivisione plicando il concetto di gestione alla dife- delle scelte, delle certezze e delle incer- sa dal rischio di alluvioni cambiano, al- tezze, con gli stakeholder e la popola- meno in parte, alcuni concetti fondamen- zione tutta che, come richiesto dalle di- tali fino ad ora ritenuti basilari. Innanzi- rettive europee in materia, devono poter tutto diventa imprescindibile gestire sia la partecipare sin dalle fasi iniziali all’ela- fase del «tempo differito» (prima dell’e- borazione del Piano. vento) che la fase del «tempo reale» (du- In questa prospettiva il PGRA rappresen- rante l’evento) in un’unica catena di ana- ta davvero il nuovo masterplan di riferi- lisi ed azioni conseguenti. Ciò vuol dire mento ai fini della pianificazione e ge- che un evento si affronta sia con la pre- stione del rischio idrogeologico ed ha una venzione e la realizzazione delle opere di natura intrinsecamente dinamica, proprio protezione che con le azioni di protezio- in ragione dei suoi contenuti e delle sue ne civile; e tutto questo deve essere per la finalità.

356 La grande alluvione

Una sfida ambiziosa spetto all’esistente, nel bacino dell’Arno e in tutti i bacini regionali toscani, il PGRA Una delle sfide più ambiziose del PGRA, è stato interpretato come un’ulteriore sfi- tenendo conto del suo carattere di piano di- da condotta nel corso del 2015, anche be- rettore, è stata quindi quella di fissare un neficiando dei contributi e delle pertinenti «quadro comune e unico di riferimento» in osservazioni derivanti dalla consultazio- cui mettere a sistema, razionalizzare e in- ne, per tendere ad una semplificazione e tegrare tra loro le azioni e gli interventi ne- riorganizzazione dell’assetto pianificatorio cessari per la gestione degli eventi possibi- e normativo e del quadro delle compe- li, senza abbandonare completamente i tenze del settore. contenuti tecnico-giuridici derivanti dalle Alla luce di quanto sopra, l’Autorità di Ba- pianificazioni di assetto idrogeologico, ma cino del fiume Arno e la Regione Toscana aggiornandoli con scenari ed elaborazioni hanno condiviso la necessità di superare nuove, inquadrandoli all’interno della cor- lo sdoppiamento e l’ambivalenza tra la nice comunitaria. Partendo da un comune cartografia di pericolosità idraulica dei PAI quadro di conoscenze rappresentato dalle e le mappe di pericolosità del PGRA, in mappe della pericolosità, il PGRA ha indi- modo che queste ultime costituiscano dal viduato la catena di misure che si ritengo- 2016 in poi il riferimento unico su cui svi- no necessarie per il raggiungimento di que- luppare le politiche di gestione del rischio gli obiettivi «(…) appropriati per la gestio- idraulico e la base per la definizione del- ne del rischio di alluvioni (…) ponendo le priorità alla scala del bacino. l’accento sulla riduzione delle potenziali A ciò si è accompagnata, nel corso del conseguenze negative che un simile even- 2015, pur nella consapevolezza della sua to potrebbe avere per la salute umana, l’am- complessità ma nella convinzione che biente, il patrimonio culturale e l’attività questo in definitiva poteva essere il valo- economica e, se ritenuto necessario, su ini- re aggiunto del nuovo Piano, un’attività di ziative non strutturali e/o sulla riduzione reinterpretazione, attualizzazione e ri- della probabilità di inondazione». scrittura delle norme dei PAI in nuove Il decreto legislativo 49/2010, pur ribaden- norme e indirizzi di PGRA, valevoli su tut- do espressamente in più articoli «(…) che to il territorio del bacino del fiume Arno sono fatti salvi gli strumenti di pianificazio- e dei bacini regionali toscani per quanto ne già predisposti nell’ambito della pianifi- riguarda gli aspetti relativi alla pericolosità cazione di bacino in attuazione della nor- e al rischio idraulico. È stata, quindi, ela- mativa previgente», non indica in maniera borata e messa a punto una Disciplina di sufficientemente chiara come dovranno o Piano, che supera quella dei PAI, relati- potranno coesistere i «vecchi» strumenti del- vamente alla pericolosità idraulica, e co- la pianificazione di bacino e il PGRA. stituisce parte integrante del PGRA, la cui In ragione di ciò, il richiamo compiuto dal attuazione rappresenta una delle princi- decreto 49 agli strumenti di pianificazio- pali misure di prevenzione del nuovo Pia- ne già predisposti è stato inteso nel di- no di gestione. stretto idrografico dell’Appennino Setten- trionale in modo articolato. Per dare so- stanza alla natura di Piano direttore del La gestione del rischio idraulico PGRA, in una prospettiva di sovra-ordi- nazione finalistica dello stesso e non di Tale Disciplina si basa su un concetto chia- mera sovrapposizione contenutistica ri- ve che è quello della «gestione del rischio

357 idraulico» (gestione che può essere attua- hanno purtroppo caratterizzato il settore, ta attraverso interventi tesi a ridurre la pe- in parallelo con l’analoga razionalizza- ricolosità e interventi tesi a ridurre la vul- zione che, sul piano della programmazio- nerabilità degli elementi a rischio anche ne degli interventi e dei finanziamenti con- mediante azioni di difesa locale e piani di tro il rischio idrogeologico, si sta perse- gestione dell’opera collegati alla pianifi- guendo a livello nazionale attraverso la cazione di protezione civile comunale e predisposizione del Piano nazionale con- sovracomunale, rispettando le condizioni tro il rischio idrogeologico, introdotto dal- di funzionalità idraulica) che ha ispirato, lo Sblocca Italia che, non a caso, prevede complessivamente e sostanzialmente, i a fronte di ciascun intervento individuato contenuti più innovativi delle norme e de- proprio il legame con le mappe della pe- gli indirizzi, costituendo il criterio, che ricolosità e del rischio del nuovo Piano. verrà dettagliato negli atti regolamentari Una sfida quella del PGRA ma anche, co- della Regione, sulla cui base dovrà esse- me già detto, un’opportunità e una solu- re per il futuro definita l’ammissibilità o zione, sia dal lato ambientale che dal la- meno degli interventi sul territorio. to pianificatorio, programmatorio e finan- Tale Disciplina persegue finalità di sem- ziario, a cui nessuno di noi può o vuole plificazione (in quanto dal 2016 per il ter- più sottrarsi, se è vero com’è vero che la ritorio delle UoM interessate ci sarà una protezione dell’ambiente e la salvaguardia sola mappa della pericolosità di alluvioni delle caratteristiche del nostro territorio ed una sola e coerente normativa appli- sono la garanzia non solo del manteni- cabile alla stessa) e di snellimento delle mento della vita delle persone e della qua- procedure, e al contempo presuppone e lità dei nostri stili di vita, ma anche di pre- favorisce una maggiore chiarezza dei ruo- servazione delle peculiarità dell’ambien- li e delle responsabilità degli stessi enti lo- te «antropico e culturale» che ci derivano cali nelle politiche di gestione del territo- dalla nostra storia e dalla nostra cultura. rio e nell’aggiornamento del quadro co- In occasione della ricorrenza dell’allu- noscitivo nonché una maggiore certezza vione di Firenze del 1966, la Toscana e, nelle tempistiche procedurali. nello specifico, il bacino dell’Arno po- Questa «rivoluzionaria» operazione con- tranno quindi portare all’attenzione di tut- sentirà d’ora in poi di stabilire con chia- to il Paese, questo nuovo approccio alla rezza cosa si può e non si può fare sul ter- gestione del rischio di alluvioni e l’espe- ritorio e chi fa cosa, superando le sovrap- rienza maturata, nel corso di questo an- posizioni di competenze che fino ad oggi no, attraverso lo strumento del PGRA.

358 RAPPORTO SULL’INCONTRO DEL 26-28 OTTOBRE 2015 del Comitato Tecnico Scientifico Internazionale (ITSC)

L’ITSC riconosce l’importanza della città di Firenze per i suoi cittadini, per l’Italia ed il Mondo. Sottolinea il significativo rischio di inondazione al quale Firenze è esposta e l’esiguità delle azioni che sono state realizzate per contrastare la minaccia di un’alluvione catastrofica simile al tragico evento del 1966. L’ITSC pone in evidenza come, sebbene negli ultimi anni siano stati fatti progressi nei confronti della difesa dalle alluvioni dell’Arno, risulti ora più che mai importante formulare un piano unitario, che dovrebbe integrare interventi strutturali e non-strutturali, da sottoporre al Governo nazionale prima del cinquantesimo anniversario dell’alluvione del 1966. Il piano dovrebbe definire gli interventi necessari e la loro reale possibilità di realizzazione, basandosi su un’accurata analisi costi-benefici e su una tempistica realistica per la loro implementazione.

Un grande privilegio 1966 e la comunità si interroga su quali azioni siano state intraprese o debbano L’ITSC considera un grande privilegio par- essere intraprese al fine di evitare il ripe- tecipare alla valutazione del problema tersi di un simile disastro. L’ITSC si è riu- del rischio di inondazione dell’Arno a Fi- nito nei giorni 26, 27 e 28 ottobre a Fi- renze mentre si avvicina il cinquantesi- renze e nel bacino del fiume Arno con l’o- mo anniversario del tragico evento del biettivo di analizzare ed esprimere una

359 valutazione sullo stato attuale delle atti- cora la città di Firenze, ma quando ciò ac- vità svolte o in atto per la prevenzione cadrà. Il livello di protezione attuale non delle alluvioni nel bacino dell’Arno. Que- assicura una riduzione del rischio di inon- sta riunione ha fatto seguito a quella ini- dazione a livelli commisurati al valore di ziale, che si svolse nei giorni 23-25 giu- una città quale Firenze, permanendo una gno 2014 a Firenze. forte esposizione che risulta inaccettabi- le, sia per il rischio di perdite di vite uma- ne sia per il valore dei tesori d’arte che la Ringraziamenti città ospita. a. È importante notare che sebbene la po- L’ITSC desidera porre in evidenza che, polazione di Firenze sia diminuita a par- nell’arco degli ultimi 15 mesi, sono stati tire dagli anni 70, la densità di insedia- fatti alcuni progressi per la mitigazione mento nelle aree a rischio è cresciuta. del rischio alluvionale nel bacino del fiu- Contemporaneamente, la rilevanza so- me Arno. Il Comitato ha apprezzato mol- ciale e culturale di Firenze è ulterior- to l’opportunità di incontrare, nel corso mente cresciuta nel mondo, producendo del meeting, il dott. Mauro Grassi, dele- un notevole incremento del contributo gato della Presidenza del Consiglio dei del turismo all’economia della città. Se, Ministri per il Piano Nazionale 2015-2020 in queste condizioni, un evento del tipo contro il dissesto idrogeologico, l’ing. Gio- di quello del 1966 dovesse accadere di vanni Massini della Regione Toscana, il nuovo, le conseguenze per le vite uma- dott. Marcello Brugioni dell’Autorità di ne, il patrimonio artistico, gli immobili e Bacino del fiume Arno, il dott. Alessan- le infrastrutture sarebbero ben più cata- dro Mazzei dell’Autorità Idrica Toscana strofiche di quelle che si realizzarono nel ed il prof. Luigi Dei, Rettore dell’Univer- 1966. sità degli Studi di Firenze. L’ITSC ha ap- b. L’importanza storica di Firenze è stata preso con soddisfazione che sono state riconosciuta dall’UNESCO, che nel 1982 stanziate risorse per l’avvio dei primi in- ha inserito Firenze fra i siti Patrimonio del- terventi. Agli occhi dell’ITSC questo sem- l’Umanità. Non dobbiamo dimenticare bra rappresentare un significativo cambio che, sebbene la conservazione dei suoi di passo nell’approccio con cui il Gover- tesori costituisca un’importante preoccu- no italiano intende affrontare le annose pazione non solo per la cittadinanza fio- problematiche connesse al dissesto idro- rentina e per l’Italia ma per il mondo in- geologico. tero, tuttavia la responsabilità principale della protezione di Firenze è affidata ai so- li governi della Città, della Regione To- Una dichiarazione centrale scana e dell’Italia. È inoltre importante es- sere consapevoli del fatto che i tempi e le L’ITSC desidera ribadire, all’inizio di que- risorse che sarebbero necessari alla città sto rapporto, che, così come aveva messo per superare lo shock di un’altra alluvio- in evidenza nelle sue conclusioni al ter- ne sarebbero molto maggiori rispetto al mine del meeting del 2014, Firenze rima- passato e pertanto il danno economico ne ad elevato rischio di alluvione e che per la città perdurerebbe a lungo. Ciò ri- questo rischio cresce ogni giorno. Il pro- sulta ancora più preoccupante alla luce blema non è se un’alluvione di pari entità dell’attuale crisi economica internazio- o superiore a quella del 1966 colpirà an- nale.

360 La grande alluvione

Sulla Pianificazione sto scopo essendo ora protetta da argini. Ciò implica che la portata di picco nel L’ITSC, dopo aver analizzato i documenti Basso Valdarno e nella Piana fiorentina relativi alla pianificazione degli interven- (Firenze inclusa) potrebbe ora risultare de- ti previsti per la mitigazione del rischio di cisamente maggiore di quella dell’evento alluvione a Firenze, dopo aver ricevuto te- del 1966 a parità di altre condizioni; que- stimonianze di importanti funzionari ed sto aspetto non emerge in modo chiaro effettuato visite tecniche in alcuni siti del dal PRI. bacino del fiume Arno, rileva quanto se- b. Utilizzando come eventi di piena di gue: riferimento per la mitigazione del rischio a. Il Piano Stralcio Riduzione del Rischio di alluvione sia la piena del 1992 sia Idraulico del Piano di Bacino (nel seguito quella ben più intensa del 1966, il PRI denominato Piano Rischio Idraulico - PRI) indica che: al fine di garantire il deflus- elaborato dall’Autorità di Bacino del fiu- so in sicurezza di un evento di piena qua- me Arno (nel seguito AdB) nel 1996 e ap- le quello del 1966 a Firenze è necessa- provato nel 1999 (più di trenta anni dopo rio accumulare un volume complessivo la grande alluvione) indica che: per rag- di circa 140 milioni di m3 a monte di Fi- giungere sufficiente protezione da un renze. Questo volume è stato individua- evento alluvionale quale quello del 1966 to applicando modelli idrologici e idrau- potrebbe essere necessario invasare nel lici che, almeno in parte, sarebbe op- bacino del fiume Arno un volume del- portuno aggiornare alla luce dei recenti l’ordine di 350-400 milioni di m3, di cui progressi delle scienze idrologiche e circa 200 milioni di m3 a monte di Firen- idrauliche. L’ITSC mette in evidenza la ze (pag. 19 del PRI); gli esperimenti di la- notevole incertezza anche nella stima di boratorio su modello fisico dell’Arno, ese- questo volume che svolge un ruolo cru- guiti dall’Università di Bologna nel 1972, ciale nella pianificazione; è stata quindi indicano che l’abbassamento delle platee pianificata la costruzione di diverse cas- del Ponte Vecchio e di Santa Trinita, in- se di espansione e nuovi invasi distribuiti sieme con il rialzo delle spallette, do- nel bacino oltre al rialzo della diga di La vrebbero aver prodotto un incremento del- Penna; il progetto generale che recepiva la capacità di deflusso dell’Arno a Firen- le misure di mitigazione di cui sopra (o ze da 2500 m3/s a 3100 m3/s circa (che una di quattro possibili varianti proposte) diventano circa 3400 m3/s senza franco avrebbe dovuto essere completato entro di sicurezza) (pag. 14 del PRI). Tuttavia, le 15 anni. simulazioni idrauliche riportate nello stes- c. Il passo successivo è stata la formula- so PRI suggeriscono che la massima por- zione del Piano stralcio per l’Assetto Idro- tata che può defluire in sicurezza nell’al- geologico (nel seguito PAI) adottato del- veo non supererebbe i 2800 m3/s (pag. 90 l’AdB il 15 febbraio del 2005. La prima PRI). Di conseguenza, l’ITSC desidera por- importante novità introdotta dal PAI, se- re in evidenza la notevole incertezza che guendo le linee guida del Ministero del- caratterizza le stime ad oggi disponibili l’Ambiente, è stata l’inclusione dell’am- per le portate transitabili in sicurezza nel biente e dei beni culturali tra i cinque ele- centro cittadino; la pianura a valle delle menti da considerare nell’analisi di ri- dighe di Levane e La Penna, che veniva na- schio. Un’altra novità è stata la mappa- turalmente inondata in occasione dalle tura della pericolosità idraulica nel baci- piene, non risulta più disponibile a que- no. Questo costituisce un importante pas-

361 so in avanti, ma va sottolineato che l’e- cipio l’approvazione dell’ITSC, è enun- sposizione e la vulnerabilità (e quindi il ciato nel PGRA, tuttavia non sembra che, rischio) di queste aree non è stato ana- per il momento, ne sia stata data appli- lizzato. Il risultato è che il centro urbano cazione pratica. La lista degli interventi della città di Firenze non ricade tra le aree da realizzare contenuta nel PGRA è, in- a rischio elevato o molto elevato, sebbe- fatti, analoga a quella del PAI con alcu- ne le perdite economiche che si avrebbero ne modifiche che tuttavia non sembrano a seguito di un’alluvione quale quella del dettate dalla necessità di proteggere aree 1966 siano state stimate nello stesso PAI di enorme valore come Firenze (o Pisa). dell’ordine di 15.5 miliardi di Euro (esclu- Al contrario, interventi che dapprima ri- dendo le vite umane ed il patrimonio ar- sultavano ad alta priorità per la mitiga- tistico). zione del rischio, risultano ora a priorità Un’analisi di rischio riportata nel PAI in- moderata. Esempi sono la rimozione dei dica che il costo complessivo degli inter- depositi di sedimenti dagli invasi di Le- venti di protezione dalle piene nel baci- vane e La Penna, le modifiche allo scari- no sarebbe circa equivalente al rischio co di fondo della diga di La Penna, alcu- connesso ad una piena con periodo di ri- ne casse di espansione e il serbatoio di torno pari a 25 anni. Inoltre, l’investimento Castello di Montalto nel bacino del fiu- complessivo per realizzare gli interventi me Ambra, alcune casse di espansione progettati per le dighe di Levane e La Pen- nel Casentino e sugli affluenti dell’Arno. na (71 milioni di Euro) sarebbe recupera- E, inoltre, nuovi interventi, quali «aree di to, in termini di riduzione del rischio, do- espansione naturali» o «infrastrutture a po solo 5 anni. Si noti che gli interventi verde» nel Casentino, alto Valdarno e sul- principali previsti dal PAI per ridurre il ri- la Sieve, sono inclusi senza alcuna valu- schio idraulico nel bacino dell’Arno sono tazione del loro impatto sulla mitigazio- uguali a quelli individuati dal PRI, eccet- ne del rischio. In sintesi: sebbene il PGRA to per il rialzo della diga di La Penna. Nel dichiari che la mitigazione del rischio per PAI, questo intervento è stato definitiva- i beni culturali sia uno dei suoi principa- mente rimosso dalla lista degli interventi li obiettivi, gli interventi pianificati risul- da realizzare. tano inadeguati per raggiungere questo d. L’ultimo documento reso disponibile fine. all’ITSC è il Piano di Gestione del Rischio e. Come indicato nei paragrafi preceden- Alluvioni (PGRA) formulato nel 2015 in ti, gli sforzi di pianificazione degli inter- ottemperanza ai decreti 152/2006, venti non sono mancati. Ciò nonostante, 49/2010 e 219/2010. Il PGRA introduce vista la mancanza di una fondata valuta- un nuovo approccio che può essere sin- zione del rischio nei documenti esamina- tetizzato come segue: «dalla rimozione ti, l’ITSC suggerisce una attenta revisione del rischio alla gestione del rischio». «La degli interventi proposti, al fine di formu- gestione e il non incremento del rischio lare una chiara e unitaria visione di lun- possono essere perseguiti, qualora ve ne go termine per la riduzione del rischio siano i presupposti, anche attraverso azio- idraulico nel bacino del fiume Arno, in ni tali da ripartire eventuali effetti nega- termini di priorità, individuazione di obiet- tivi su aree in cui, a parità di pericolosità, tivi e definizione degli interventi. Una vi- si ha presenza di elementi a rischio di mi- sione nella quale la protezione di Firenze nor valore economico». Questo nuovo dal rischio di alluvione sia considerata una approccio, che riscuote in linea di prin- priorità.

362 La grande alluvione

Interventi in corso a. Il progetto di innalzamento della quo- ta di sfioro della diga di La Penna, per da- a. L’ITSC vede con favore i progressi fatti re luogo ad un aumento del suo volume dalla Regione Toscana nell’implementa- di invaso, deve essere riconsiderato, per zione del progetto delle casse di espan- valutare adeguatamente la possibilità di sione nell’area di Figline. Ciò nonostante, coniugare l’impiego di questi invasi per ITSC osserva che questi progressi sono sta- laminazione delle piene e per scopi idroe- ti soggetti a forti ritardi a seguito di osta- lettrici. L’ITSC è a conoscenza delle preoc- coli burocratici legati alla necessità di ap- cupazioni espresse dalle comunità locali provazione da parte di molteplici enti. a riguardo dell’implementazione di tale Emerge un chiaro bisogno di uno sforzo, progetto, ma ritiene che esse debbano es- da intraprendere a livello nazionale, per sere riconsiderate alla luce degli enormi riesaminare le procedure legate alla rea- danni che potrebbero essere indotti a val- lizzazione di questi interventi nell’ottica di le in assenza di interventi a monte, fra i semplificare le procedure stesse, così da quali quello dell’innalzamento della diga ridurre i tempi di approvazione e di rea- di La Penna. lizzazione. b. La realizzazione di ulteriori invasi sul b. L’ITSC ritiene che il proposto interven- fiume Sieve costituisce un ulteriore logi- to di innalzamento della quota di sfioro co e possibile approccio per ridurre il ri- della diga di Levane darà luogo ad un au- schio idraulico a Firenze. Tuttavia, mag- mento del volume di invaso che appare al- giore è il ritardo dei tempi di attuazione quanto necessario e che la realizzazione di questi interventi, maggiore è la proba- di questo intervento debba essere accele- bilità che lo sviluppo della regione renda rata. Le risorse messe a disposizione dal l’utilizzo delle aree previsto per la realiz- Governo italiano permetteranno di far pro- zazione degli invasi non più possibile. gredire questo intento. c. Il piano di ricavare ulteriori volumi di in- vaso lungo l’affluente Ambra, che diede un contributo importante durante la piena del Priorità degli ulteriori interventi 1966, dovrebbe essere realizzato, consi- derando anche quanto espresso dal ben no- Priorità deve essere assegnata ad accele- to Rapporto dalla Commissione De Marchi rare la realizzazione degli interventi già (1969) che stimò che l’Ambra aveva con- progettati. tribuito significativamente alla piena del Il dott. Grassi, della Presidenza del Con- 1966 con una portata di ben 1030 m3/s. siglio dei Ministri, ha illustrato il progetto d. L’impiego delle casse di espansione sul- attraverso cui il governo ha recentemente l’Arno e sui suoi affluenti richiederà una messo a disposizione le risorse. Ciò rap- gestione esperta delle operazioni da ef- presenta un notevole progresso ed un im- fettuare su queste strutture nel caso di un portante cambio di passo nell’approccio evento di piena ed il coordinamento fra per mitigare il rischio di alluvione. Inol- tutti gli attori di questo processo. Tale pro- tre, l’appello del dott. Grassi a sottoporre gramma di gestione non sembra sia stato progetti chiari e in fase avanzata, tali da ad oggi formulato. poter essere finanziati rapidamente, va ac- e. Occorre aggiornare gli studi idrologici- colto con favore poiché prelude ad una fu- idraulici. Come indicato nel successivo tura continuità d’azione. Ciò premesso, paragrafo, dati i significativi avanzamenti l’ITSC afferma quanto segue: nell’ambito del monitoraggio di campo e

363 della modellistica e considerati i cambia- L’ITSC esprime pieno accordo con la con- menti avvenuti nel bacino nelle ultime de- vinzione espressa dal dott. Grassi, secon- cadi, le analisi espresse da studi ormai da- do cui il Distretto Idrografico dell’Appen- tati risultano di limitata utilità. nino Settentrionale dovrebbe svolgere il ruolo di catalizzatore delle conoscenze espresse dalle diverse Istituzioni. Un’ade- Approfondimenti necessari guata soluzione per ridurre il rischio di inondazione a Firenze deve essere piani- a. I Piani qui richiamati individuano gli ficata e progettata mettendo insieme l’e- interventi ritenuti necessari per la mitiga- sperienza delle amministrazioni locali, av- zione del rischio idraulico quale veniva valendosi delle conoscenze scientifiche percepito circa 20 anni fa, impiegando più avanzate ed impiegando i più recenti una modellazione idrologica e idraulica sviluppi della tecnologia e delle tecniche che può essere decisamente migliorata. di monitoraggio del nostro secolo. L’ITSC Per mitigare il rischio idraulico nella città ritiene che un oculato utilizzo di infor- di Firenze, è indispensabile addivenire ad mazioni territoriali avanzate potrebbe per- una stima attendibile della massima por- mettere passi avanti significativi nello svi- tata al colmo di piena, e dei volumi idri- luppo di tecniche di previsione delle pie- ci associati, che possono essere veicolati ne del fiume Arno e nella loro mitigazio- in sicurezza dall’alveo del fiume Arno nel ne. In particolare, l’ITSC suggerisce di va- tratto cittadino. Anche la definizione del- lutare le opportunità offerte da informa- l’evento di piena di riferimento rispetto al zioni territoriali a scala globale, ed in par- quale la città dovrà essere posta in sicu- ticolare quelle offerte dai sistemi di infor- rezza non risulta chiaramente definito. mazione ambientale della Comunità Eu- La comunità scientifica potrà dare il suo ropea, al fine di raggiungere l’efficiente contributo per risolvere le complessità che integrazione di informazioni ed esperien- detta stima comporta, mediante l’impiego ze a scala locale ed a scala comunitaria. di strumenti modellistici avanzati e tecni- c. Ogni soluzione per Firenze dovrà pren- che moderne di visualizzazione e sup- dere in considerazione l’opportunità di porto progettuale. A questo proposito di- interventi di modifica dell’alveo del fiu- spiace osservare che gli studi e le ricerche me Arno e delle sue strutture di controllo sull’idrologia ed idraulica del fiume Arno nel tratto urbano. Poiché esistono nume- prodotte dall’Accademia Italiana negli ul- rose diverse potenziali soluzioni, appare timi 50 anni sono piuttosto limitate. Ciò necessario che esse siano verificate me- risulta in netto contrasto con l’enorme at- diante lo sviluppo di modelli avanzati, sia tenzione che invece è stata dedicata nel- fisici che matematici, che dovranno esse- lo stesso periodo a Venezia da parte di Isti- re sostenuti finanziariamente. Infatti, il fiu- tuzioni scientifiche ed agenzie di finan- me Arno a Firenze ha diverse infrastruttu- ziamento, con l’obiettivo di individuare le re che ne limitano la capacità di convo- soluzioni più appropriate per proteggere gliare in sicurezza le portate di piena. Se la città dalle acque alte. ulteriori modifiche strutturali ai ponti ap- b. La disponibilità espressa dal dott. Gras- paiono di complessa attuazione, è tutta- si a prendere in esame e finanziare un pos- via importante considerare attentamente sibile piano per la protezione di Firenze gli effetti di possibili modifiche alle altre costituisce un’importante opportunità che strutture presenti in alveo, le cosiddette dovrebbe essere velocemente esplorata. pescaie, il cui ruolo è ai nostri giorni di

364 La grande alluvione prevalente carattere paesaggistico. Educazione al rischio d. L’ITSC ritiene che debba anche essere studiato attentamente il potenziale impat- L’ITSC ritiene che i cittadini di Firenze ab- to delle modificazioni dell’alveo e delle biano consapevolezza dell’esistenza di un misure strutturali di monte, sulla falda sot- rischio di esondazione del fiume Arno, ma terranea ripariale della regione. ritiene anche che non vi sia una piena co- e. Modificazioni del letto del fiume, con noscenza della potenziale gravità di un particolare riguardo al tratto urbano, han- tale evento. Appare quindi indispensabi- no un impatto sia sull’ecosistema fluviale le, per la sicurezza dei cittadini stessi, che che sulla sua capacità di deflusso. Esse i diversi enti nazionali, regionali e locali debbono quindi essere prese in attenta con- lavorino insieme per diffondere la neces- siderazione. Durante il meeting del 2014, saria cultura del rischio. In questa pro- l’ITSC non era stato in grado di accertare spettiva: quali azioni fossero state intraprese al fine a. L’ITSC ritiene che l’installazione a Fi- di indagare i) gli effetti sia idrodinamici renze di un Museo permanente sull’Arno, che ambientali della rimozione delle bar- dedicato alla storia dell’alluvione del re di sedimenti, delle isole e della vegeta- 1966, potrebbe contribuire significativa- zione dal letto fluviale, e ii) le alternative mente alla diffusione della cultura del ri- possibili per dar luogo ad un tempo ad un schio innanzi menzionata. Il Museo met- incremento della capacità di deflusso e a terebbe in luce gli sforzi della comunità un rafforzamento della qualità dell’ecosi- nel periodo successivo al disastro, gli aiu- stema fluviale. L’ITSC ritiene che gli studi ti nazionali e internazionali per il recu- ingegneristici in corso presso l’Università pero della città e le successive attività vol- di Firenze daranno un notevole contribu- te alla riduzione del rischio idraulico. Sa- to all’insieme delle conoscenze sui possi- rebbe quindi utile non soltanto per pro- bili interventi geomorfologici che dovran- muovere la cultura del rischio, ma anche no essere realizzati nel futuro per garanti- come importante attrazione turistica. Il re il deflusso in condizioni di sicurezza. Museo potrebbe essere il luogo ideale per f. L’ITSC ribadisce la sua preoccupazione l’installazione del necessario modello fi- sulla mancanza di dati idraulici affidabili sico dell’Arno nella città di Firenze. Que- relativi alle stazioni di misura nel bacino sto avrebbe uno scopo non solo di carat- dell’Arno. In particolare, le scale di de- tere scientifico – tecnico a supporto del- flusso risultano spesso non affidabili e ciò l’analisi idraulica, ma potrebbe anche es- impedisce un’adeguata validazione delle sere utilizzato a scopo educativo per illu- capacità predittive dei modelli idrologici strare le misure finalizzate alla riduzione e idraulici. Inoltre, le scale di deflusso di del rischio idraulico che vengono intra- ponti e traverse nel tratto urbano del cor- prese dalla città. so d’acqua non sono note e ciò rimanda b. L’ITSC inoltre suggerisce che la pubbli- all’esigenza di realizzare esperimenti di cazione di una nuova edizione di alcuni laboratorio insieme con una modellistica libri e film sull’alluvione del 1966 (ad idrodinamica di tipo 3D per la loro de- esempio il libro di Batini 4 novembre 1966: terminazione. Sforzi dovrebbero essere il Fiume Arno nei musei di Firenze, oppu- compiuti per acquisire risorse sia a livel- re il film di Zeffirelli Per Firenze) in con- lo regionale sia a livello nazionale, per comitanza dell’anniversario potrebbe es- ovviare a queste mancanze e promuove- sere un’ottima iniziativa per ravvivare la re ricerca avanzata nel settore. memoria delle conseguenze disastrose di

365 quella alluvione. Questa iniziativa potreb- Günter Blöschl, PhD be aiutare i cittadini, ed in particolare le University Professor generazioni più giovani, a comprendere Head, Institute of Hydraulic Engineering, appieno la misura del rischio di alluvione and Director, Centre for Water Resource per Firenze e gli impatti devastanti che una Systems grande piena può avere se adeguati inter- Vienna University of Technology, Austria venti non verranno realizzati. Tali pubbli- cazioni potranno essere rese disponibili in Gerald E. Galloway, PhD (Presidente) formati anche digitali, nel «Museo del Fiu- Glenn L. Martin Institute Professor of En- me Arno» e nei negozi in città. gineering Affiliate Professor of Public Policy University of Maryland, USA In sintesi Marcelo H. Garcia, PhD L’ITSC riconosce l’importanza della città M.T. Geoffrey Yeh Chair & Director di Firenze oggi per i suoi cittadini, per l’I- Ven Te Chow Hydrosystems Lab talia ed il mondo. Sottolinea il significati- Dept. of Civil and Environmental Engi- vo rischio di inondazione che permane e neering l’esiguità delle azioni che sono state rea- University of Illinois, USA lizzate per contrastare la minaccia di un Alberto Montanari, PhD catastrofico evento alluvionale. L’ITSC ri- Professore di Costruzioni Idrauliche e Idro- tiene che si debba formulare al più presto logia un piano che integri i sopra citati interventi Dipartimento di Ingegneria Civile, Chimi- strutturali e non-strutturali, da sottoporre ca, Ambientale e dei Materiali al Governo nazionale prima del cinquan- Università di Bologna, Italia tesimo anniversario dell’alluvione. Il pia- no dovrà definire gli interventi necessari Giovanni Seminara, PhD e la loro reale possibilità di realizzazione, Professore di Meccanica dei Fluidi basandosi su un’accurata analisi costi-be- Dipartimento di Ingegneria Civile, Chimi- nifici e su una tempistica realistica per la ca e Ambientale loro implementazione. Università di Genova, Italia L’ITSC continuerà a fornire il suo suppor- to agli sforzi dei governi per affrontare Luca Solari, PhD (Segretario) queste difficili sfide. Professore di Idraulica Dipartimento di Ingegneria Civile e Am- (Il Comitato Scientifico Internazionale - bientale ITSC - Firenze, 26 Dicembre, 2015) Università di Firenze, Italia

366 ALLUVIONI, CAMBIAMENTI CLIMATICI E METEOROLOGIA: IERI E OGGI di Bernardo Gozzini

Le conoscenze scientifiche nell’ambito della possibile previsione degli eventi meteorologici sono cambiate negli ultimi decenni rendendone più affidabile la predicibilità, grazie ad una serie di innovazioni tecnologiche, alla capacità di elaborare sempre maggiori quantità di dati, e alla capillarità dei mezzi informativi. Rispetto all’anno 1966, preso a riferimento per questa analisi, è cambiata anche la struttura organizzativa per la prevenzione e l’intervento in caso di emergenze, con l’istituzione della Protezione Civile che, dal 1998, offre un sistema di previsione e monitoraggio dei rischi, sempre più frequenti a causa degli ormai irreversibili cambiamenti climatici.

Il primo d’agosto del 2015 Per adattarsi a questo contesto, anche le previsioni meteorologiche devono riusci- Il cambiamento climatico ha determinato re a fornire informazioni sempre più det- in questi ultimi anni un aumento nella fre- tagliate, puntuali e in continuo aggiorna- quenza e nell’intensità degli eventi inten- mento nell’ottica di incrementare la resi- si quali nubifragi violenti o alluvioni lam- lienza della società. Il cambiamento cli- po che quando si abbattono sulle nostre matico, infatti, influisce indirettamente ed città sono capaci di causare anche danni in modo sinergico con altri fattori sulla ca- ingenti, come nel caso dell’evento di Fi- pacità di resilienza, generando fattori di renze del primo d’agosto di quest’anno. stress sull’ambiente e sul sistema produt-

367 tivo e sociale che modificano la vulnera- zioni iniziali. Il matematico inglese Lewis bilità e l’esposizione degli ecosistemi. Fry Richardson nel libro Weather Predic- tion by Numerical Process (1922) con no- tevole spirito visionario immaginava un Bernacca arrivò solo nel 1968 enorme laboratorio dove il globo era di- viso in «celle» al cui centro era descritto Nel 1966, sul primo canale della Rai, an- lo stato delle variabili atmosferiche in un dava in onda ogni giorno la rubrica «Le determinato istante. Poiché non esisteva previsioni del tempo», in cui le annun- (e non esiste tutt’oggi) una formula per ri- ciatrici Rai leggevano le temperature in solvere le equazioni che regolano i flussi Italia e in Europa. Il colonnello Bernacca, tra celle adiacenti, l’altra opzione rimasta che con la striscia quotidiana Che tempo era trovare una soluzione per via nume- fa avrebbe portato la meteorologia nelle rica, utilizzando cioè la capacità di cal- case degli italiani, arrivò solo nel 1968. colo di un computer; al tempo di Ri- Quindi, la sera del 3 novembre 1966, i fio- chardson i computer erano i suoi studen- rentini non videro nessun bollettino tele- ti. I primi tentativi di previsione numeri- visivo che li avvisava delle condizioni me- ca del tempo furono disastrosi, ma la stra- teo avverse per il giorno successivo né fu- da era segnata e, seppur con strumenti rono avvisati del rischio di una possibile molto più potenti, le previsioni del tem- piena dell’Arno. po odierne vengono realizzate secondo Bisogna tenere presente che nel 1966, in la «visione» di Richardson. Tuttavia quat- Italia, le previsioni meteo venivano rea- tro aree critiche dovevano essere svilup- lizzate con metodi e conoscenze ben dif- pate prima che l’dea di Richardson di- ferenti da quelli utilizzati oggi. Non esi- ventasse praticabile: una migliore com- stevano i satelliti meteorologici dedicati prensione e modellizzazione dei feno- all’osservazione delle nubi, non esisteva- meni fisici e delle reciproche interazioni; no i radar per la stima della precipitazio- algoritmi stabili ed efficienti per la risolu- ne in atto e la rete di stazioni meteorolo- zione delle equazioni della fluidodina- giche a terra era molto sparsa. I calcola- mica; la disponibilità di osservazioni re- tori avevano una potenza di calcolo di golari e affidabili dell’atmosfera; calcola- molti ordini di grandezza inferiore rispet- tori efficienti e veloci. to a qualsiasi cellulare odierno. Le previ- sioni meteo si limitavano alla trasmissio- ne di bollettini (costituiti da rilevazioni del- Quando una simulazione si calcolava in le variabili atmosferiche) tra gli osservato- 24 ore ri meteorologici sparsi sul territorio e le previsioni venivano realizzate con il me- Negli anni 50 la prima previsione del tem- todo degli analoghi: una configurazione po per via numerica fu realizzata negli simile a una passata avrà un’evoluzione USA con il computer ENIAC (Electronic analoga a quanto osservato nel passato. Numerical Integrator And Computer, co- Tuttavia, già da alcuni decenni i ricerca- struito e sviluppato per scopi bellici) sot- tori avevano capito come affrontare il pro- to la spinta di Jule Charney e John von blema della previsione meteorologica che, Neumann tra gli altri. Malgrado una si- in estrema sintesi, si presenta come un mulazione di 24 ore richiedesse poco me- problema sottoposto alle leggi della flui- no di 24 ore di calcolo, l’operazione fu ac- dodinamica e determinato dalle condi- colta come un enorme e significativo pas-

368 La grande alluvione

so in avanti nella previsione del tempo «Può il battito d’ali di una farfalla in Bra- dell’era moderna. sile determinare un tornado in Texas?», Un ulteriore e determinante contributo al- coniato nel 1972, riassume e insieme de- la comprensione della natura dell’atmo- finisce i limiti della previsione meteoro- sfera e delle regole che la reggono fu data logica per via numerica. da Edward Lorenz. Nei primi anni 60, ela- Parallelamente allo studio degli aspetti teo- borò un modello non lineare estremamente rici della predicibilità delle condizioni at- semplificato della circolazione atmosferi- mosferiche, gli uffici meteo sparsi nel mon- ca, detto appunto il sistema di Lorenz. do, hanno investito nell’osservazione del Grazie all’uso di un calcolatore dell’epo- sistema accoppiato terra/atmosfera. Da cir- ca, egli notò come piccole variazioni nel- ca 20-25 anni, in Europa dal 1992 presso le condizioni iniziali del sistema potesse- il centro europeo ECMWF (European Cen- ro condurre a evoluzioni estremamente tre for Medium-range Weather Forecasts) diverse (Lorenz 1963). Il popolare detto di Reading, in Inghilterrra, ogni giorno,

369 due volte al giorno, vengono prodotte pre- in ogni punto della terra e della troposfe- visioni secondo l’idea di Richardson risa- ra) la strada è quella di produrre non una lente a quasi 100 anni fa. simulazione numerica bensì simulazioni Ogni giorno, ogni minuto, diversi stru- che possano rappresentare l’incertezza as- menti di osservazione del tempo in atto sociata allo stato del sistema al tempo ini- quali satelliti, stazioni meteo a terra, pal- ziale. Si parla in questo caso di previsio- loni sonda, boe, radar e altri rilevano i ni d’ensemble, ovvero di previsioni pro- principali parametri meteo (temperatura e babilistiche e non deterministiche. umidità dell’aria, direzione e velocità del vento, radiazione solare, etc…) e trasferi- scono queste osservazioni ai centri meteo Con le attuali conoscenze tecniche internazionali che elaborano in velocissi- avrebbero potuto prevedere l’alluvione mi computer i dati per fornire un quadro del 66? della situazione meteo in atto a livello glo- bale e la sua evoluzione suddividendo il Alcuni studi scientifici si sono posti la do- globo in celle della larghezza di alcuni manda se le attuali tecniche e conoscen- chilometri di lato (circa 10:20 km). Negli ze meteorologiche e numeriche sarebbe- ultimi 20-30 anni gli sforzi dei centri me- ro state capaci di prevedere l’intensità del- teo operativi sono stati rivolti alla miglior l’evento del 1966 che interessò non solo comprensione dei fenomeni fisici, in par- Firenze (120 mm medi su tutto il bacino ticolare quelli legati alla convezione at- dell’Arno) ma anche il grossetano, con l’e- mosferica responsabile delle precipitazio- sondazione dell’Ombrone, e il Nord-Est ni più intense (temporali), all’ampliamen- italiano, con accumuli di precipitazione to della rete di osservazione utilizzando osservata in 48 ore (dalle 9:00 del 3 no- anche strumenti innovativi e non conven- vembre alle 9:00 del 5 novembre) attorno zionali (ricevitori GPS, radar profilatori del a 200-400 mm in ampie zone delle Preal- vento, etc...) e, non ultima, alla condivi- pi e nel bacino dell’Adige con esonda- sione a livello globale dei dati disponibi- zione di alcuni affluenti minori. li secondo le direttive e gli standard defi- Confrontando la piena del 1966 con le niti dall’Organizzazione Mondiale della grandi piene dell’Arno degli ultimi 23 an- Meteorologia (OMM). ni (1992-2014) attraverso i dati degli idro- Inoltre, per ovviare all’intrinseca impredi- metri di Pisa Sostegno, Pontedera e Firen- cibilità della circolazione atmosferica de- ze Uffizi si rileva che nel periodo dal 1992 terminata dalla dipendenza sensibile dal- al 2014 il secondo livello di guardia è sta- le condizioni iniziali (è impossibile cono- to superato 5 volte e soltanto a Pisa e Pon- scere lo stato delle variabili atmosferiche tedera (a Firenze il picco assoluto è del 21

Idrometro Livello toccato Livelli di picco toccati Differenza nel 1966 di recente Firenze Uffizi 8,8 metri 4,8 metri (1992) 4 metri Pontedera 9,2 metri 7,3 metri (1993) 1,9 metri Pisa Sostegno 6,3 metri 5,2 metri 1,1 metri

Tabella 1: Confronto tra valori toccati nell’evento del 4 novembre 1966 e i valori di picco registrati ne- gli ultimi 23 anni

370 La grande alluvione ottobre 1992 con 4,84 metri, circa 70 cm plici anche gli smartphone e le App che al di sotto del livello critico). ci consentono di accedere alle previsioni Dal paragone emerge chiaramente l’ec- in qualunque momento della giornata. Ab- cezionalità delle altezze raggiunte dal- biamo a disposizione una pluralità di mez- l’Arno nel 1966, in particolare a Firenze, zi e fonti per consultare il meteo, fino a quando l’idrometro raggiunse un livello di veri e propri canali televisivi dedicati. Nel 4 metri superiore rispetto all’evento, sep- 1966 invece non solo non esistevano i cel- pur notevole, del 21 ottobre 1992. lulari, ma sui canali televisivi, cioè quelli Il lavoro più esaustivo sulle capacità di Rai, il meteo era ancora poco presente. prevedere l’evento del 1966 è stato pub- blicato da Malguzzi e coautori nel 2006 e mostra come il modello meteorologico Nello scenario dei cambiamenti abbia dato buoni risultati in termini di lo- climatici calizzazione della pioggia, con tuttavia una evidente sottostima dei quantitativi di Sebbene siano stati fatti molti progressi ri- pioggia per la Toscana. spetto a cinquant’anni fa, la meteorologia È quindi verosimile che le previsioni del è chiamata oggi a sempre nuove sfide, per modello meteo avrebbero portato ad emet- poter far fronte a nuove tipologie di even- tere un avviso con un livello di allerta mas- ti intensi in uno scenario di cambiamenti simo secondo le procedure adottate dalla climatici. Protezione Civile. Nel 1966 però non esi- Alcuni dati sul cambiamento climatico. steva ancora un sistema nazionale di pro- Dal 1900 ad oggi la temperatura della Ter- tezione civile come lo conosciamo oggi. ra è aumentata di circa 0.9°C di cui 0.6°C Esisteva una struttura governativa che ave- concentrati negli ultimi 40 anni. Il 2014 è va il compito di intervenire in caso di stato l’anno più caldo dal 1880 con un’a- emergenza ma non esisteva un sistema di nomalia di +0.69°C e il 2015, con uno previsione e monitoraggio dei rischi, che scarto di ben +0.90°C tra gennaio e set- fu istituito solo nel 1998, dando il via al- tembre, rischia di battere tutti i record pre- la costituzione delle attuali strutture dei cedenti. Anche in Toscana, nell’ultimo se- Centri funzionali regionali. Questi, in coor- colo, la temperatura media è aumentata di dinamento con il Centro Funzionale Cen- circa 1.2°C; il grosso dell’anomalia è sta- trale del Dipartimento Nazionale di Prote- to osservato negli ultimi 50 anni ed in par- zione Civile, hanno oggi in carico le atti- ticolare in estate e in primavera (rispetti- vità di sorveglianza meteorologica a livel- vamente +2.1°C e +1.2°C). Questo ri- lo territoriale; in Toscana questa funzione scaldamento riguarda anche la superficie viene svolta dal Consorzio «LaMMA» e del mare: aumentando considerevolmen- dal Servizio Idrologico della Regione To- te l’evaporazione dell’acqua, si accumu- scana. Nel 1966 queste strutture non esi- la maggiore energia in atmosfera che vie- stevano e pertanto non fu emanata nessu- ne scaricata dal sistema sotto forma di fe- na allerta meteo. nomeni estremi come i cosiddetti flash Infine, occorre sottolineare la differenza floods (alluvioni lampo) caratterizzati da abissale tra il contesto informativo sul me- tanta pioggia in poche ore (da 1 a 3 ore). teo presente nel 1966 e quello attuale. Ne- Fenomeni che, soprattutto in ambito ur- gli ultimi anni abbiamo assistito ad un ve- bano, causano molti danni e notevoli pro- ro e proprio boom dell’interesse del gran- blemi. Insieme a questo evidente segnale de pubblico verso la meteorologia, com- di cambiamento occorre considerare che

371 la distribuzione media delle piogge nel capace di raccogliere e integrare i dati pro- corso dell’anno non sembra mostrare va- venienti da fonti eterogenee (satelliti, sta- riazioni significative se non per una pic- zioni meteo, radar, ...) rendendoli facil- colissima riduzione. Quindi, in un anno mente e rapidamente fruibili e compren- piove la stessa quantità di acqua, con qual- sibili. che variazione nelle stagioni, ma è au- Nell’ottica della previsione degli eventi mentata la sua intensità oraria, la quota di estremi diventano centrali, infatti, proprio acqua meno utile per rimpinguare la fal- quelle attività legate al monitoraggio e al da. Inoltre è aumentata in modo signifi- cosiddetto nowcasting, ovvero la previ- cativo la variabilità interannuale, vale a sione a brevissimo termine (a 0-6 ore) che dire, ad anni particolarmente piovosi se- utilizza in modo combinato i modelli me- guono anni particolarmente siccitosi evi- teo locali ad alta risoluzione e le osserva- denziando in modo netto come la gestio- zioni in tempo reale, provenienti dai ra- ne sostenibile della risorsa acqua sia un dar, dai satelliti, dalle stazioni meteorolo- elemento cruciale nelle strategie di rispo- giche e dalle reti di rilevazione delle ful- sta al cambiamento climatico in atto. minazioni. Tutte queste informazioni in- Il clima che cambia sta inoltre avendo i tegrate fra loro permettono di fornire un suoi impatti sui nostri ecosistemi, basti quadro quanto più completo possibile e pensare alla moria di pesci della laguna di seguire l’evoluzione dei nuclei di pre- di Orbetello, alla perdita economica che cipitazione e prevederne lo spostamento ha comportato, dovuta soprattutto all’au- a distanza di poche ore. mento consistente della temperatura del Stanno altresì diventando importanti si- mar Tirreno dalla fine di giugno e per tut- stemi low-cost in ambito urbano di moni- to il mese di luglio 2015. Ma si potrebbe toraggio della pioggia (sia su piattaforma ricordare anche l’annata 2014, che con il fissa che mobile) che consentono di inte- suo andamento climatico ha provocato il grare a scala locale il dato proveniente proliferare della mosca dell’olivo con una dalle reti di osservazione tradizionali per perdita quasi totale della produzione di produrre mappe di precipitazione in tem- olio in Toscana e si potrebbero enumera- po reale più affidabili e dettagliate. re una serie infinita di conseguenze sul- Infine, parlando di sistemi di monitorag- le attività produttive in campo agrofore- gio non possiamo dimenticare come le stale. nuove tecnologie e i modelli di comuni- cazione cosiddetti 2.0 consentano oggi di trasformare i cittadini in potenziali «sen- «Occhi» tecnologici sulle emergenze sori» distribuiti su tutto il territorio. La dif- fusione degli smart phone e delle piat- Il problema dei cambiamenti climatici va taforme social media, come Facebook, affrontato attraverso un approccio inte- Twitter, You Tube o di altre App dedicate, grato che riesca a coniugare il mondo consente oggi a chiunque di condividere scientifico con quello dei decisori politi- in tempo reale informazioni preziose; tut- ci per la gestione dei rischi e la pianifica- ti questi «occhi», durante un’emergenza, zione del territorio, nell’ottica di ridurne possono essere utili ad arricchire lo sce- la vulnerabilità ed aumentare la resilien- nario informativo di tutti i soggetti e gli za. Elemento determinante in questo qua- enti che quell’emergenza devono gestirla dro è rappresentato dal monitoraggio dei e che possono trovare nei cittadini degli fenomeni ambientali, con un approccio alleati preziosi.

372 POLITICHE E STRUMENTI CONTRO IL RISCHIO IDROGEOLOGICO: UNA NUOVA IMPOSTAZIONE di Mauro Grassi

Con l’istituzione della Struttura di Missione da parte del Governo in carica, si è cambiata impostazione alla politica per la mitigazione del dissesto idrogeologico. In un campo caratterizzato da grande inefficienza, dovuta all’eccessiva parcellizzazione e alla conseguente sovrapposizione delle competenze degli organi finora preposti alla protezione del territorio, si è istituita una sorta di task force con l’obiettivo di migliorare la gestione e l’attuazione della policy. Di fatto si è strutturata una nuova governance che prevede un solo centro e una sola periferia, passando dai tanti monitoraggi e dai tanti strumenti di gestione ad uno solo, secondo i principi della semplificazione e dell’introduzione del Piano come metodo di programmazione di medio-lungo periodo, per migliorare la quantità e la qualità degli interventi.

373 Partiamo dalla fine: il nuovo Governo e lia di un problema così complesso, dove la Sttuttura di Missione ci sono tanti soggetti istituzionali coinvol- ti, dove esistono governance che quasi mai Dopo pochi mesi dall’insediamento del parlano lo stesso linguaggio e dove l’inte- Governo, il presidente del Consiglio Mat- resse istituzionale e mediatico è legato al- teo Renzi, all’interno di una delle prime l’alternarsi degli eventi disastrosi è, alla fi- Conferenze Stampa di tipo programmati- ne, una vera e propria avventura. Negli an- co, individuava nel dissesto idrogeologi- ni si è attuata solo, o prevalentemente, l’e- co uno dei principali problemi del Paese. mergenza e quasi mai si sono messe in pro- Problema importante che interessa tanti gramma e in pratica opere di prevenzione. cittadini dal Nord al Sud del Paese e che E quando lo si è fatto, come vedremo, i ri- si è incancrenito nel corso degli anni cer- sultati operativi sono risultati insufficienti sia to per una cattiva gestione del territorio e per dotazione delle risorse sia per effica- per una destinazione di fondi pubblici in- cia e tempestività delle realizzazioni. sufficiente ed episodica ma anche per l’in- Ma di avventura si tratta anche perché, ac- garbugliamento amministrativo fra gli en- canto al dissesto idrogeologico, chi si tro- ti competenti alla programmazione e alla va a lavorare dentro questo Stato e in rap- gestione delle opere necessarie. porto con le autonomie trova un altro, di- E che era un problema rilevante e presente verso e per certi versi più importante, dis- nell’esperienza italiana ci hanno pensato sesto. Che è quello dello Stato, dei suoi i mesi immediatamente successivi a ri- meccanismi di funzionamento, delle sue cordarlo. Ecco, infatti, le alluvioni di Si- regole e della sua burocrazia che, al di là nigallia, del Gargano, di Milano e di Ge- spesso della volontà singola delle perso- nova, solo per ricordarne alcune, con tut- ne, porta il sistema a non funzionare. E to il dramma di ferite inferte alle persone porta tutti a pensare che in Italia non è e alle cose. E con tutto il dramma di dan- possibile risolvere quelle cose che nelle al- ni economici molto più imponenti delle tre parti del mondo si sono risolte senza risorse pubbliche destinate sia al ripristi- grandi sforzi. Si va dall’Europa, con le sue no dei danni che alla prevenzione di tali regole, la sua filosofia di approccio ai te- fenomeni. mi dell’investimento pubblico e la sua ri- Il 27 maggio 2014 il Governo Renzi isti- gidità nelle modalità operative di rientro tuiva la Struttura di Missione contro il dis- dal debito, che sembrano fatte apposta per sesto idrogeologico e per lo sviluppo del- tenere al guinzaglio chi vuol far crescere le infrastrutture idriche. Una sorta di task il sistema. Al sistema di regole ambienta- force chiamata a svolgere una funzione di li, sugli appalti e sulla gestione dei can- coordinamento dei tanti soggetti istituzio- tieri che non appaiono capaci di blocca- nali, centrali e periferici dello Stato, delle re una corruzione crescente, una illegalità regioni e degli enti locali, e a realizzare diffusa nei lavori e una gestione dell’am- una programmazione più integrata e una biente deficitaria, ma che sembrano fatte operatività più efficace e tempestiva. apposta per rendere sempre più difficile Prima come collaboratore stretto di Erasmo l’apertura in tempi certi e tempestivi dei D’Angelis, poi passato a fare il direttore cantieri. Ed infine alla farraginosità dei li- dell’Unità, e poi come responsabile unico velli di governo centrale e locale che, lad- della Struttura ho vissuto questa vera e pro- dove presuppone non l’agire isolato di pria avventura. Sì. perché, come si è capi- ognuno ma l’integrazione e il coordina- to fin dal primo momento, occuparsi in Ita- mento reciproco, diventa un freno conti-

374 La grande alluvione nuo e, a volte, in- superabile nell’a- zione di governo pubblico del terri- torio.

Troppa regolazione, uguale grande complicazione

E accanto a questa difficoltà ad opera- re si accompagna, in parte come cau- sa e in parte come effetto, l’incapacità dello Stato di co- noscere in maniera ordinata, aggiorna- ta e precisa cosa fa. Tanti monitoraggi, ognuno che riferi- sce a se stesso, ma completamente slegato da quelli fatti dagli altri; dif- ferenti pezzi dello Stato o delle regio- ni, e quindi, alla fi- ne, nessun quadro completo e certo dell’intervento pubbli- tiere bloccato» da un ricorso amministra- co. E in questa nebbia è evidente che si tivo piuttosto che come si interviene per sono annidate inefficienze e irresponsa- regolare un fiume, per gestire una piena bilità oltre a fenomeni di illegittimità e di o per delocalizzare costruzioni realizzate corruzione a tutti i livelli e in tutte le fasi in aree a rischio. Cioè si parla tanto e in dei procedimenti operativi. tanti, e fra mezzo a mille difficoltà opera- E non è quindi un caso se, in un tema co- tive, dello strumento di attuazione delle me il dissesto idrogeologico, ma la stessa politiche e così rimane poco tempo e po- cosa vale per tanti altri problemi del Pae- ca attenzione al merito, e quindi all’effi- se, gli addetti ai lavori si trovino a parla- cacia delle politiche. re tanto più spesso di come funziona un Allora emerge, anche nel caso del disse- «accordo di programma» o di come si può sto idrogeologico, la verità italiana. L’ec- fare la revoca di un «progetto bloccato» o cesso di regolazione e quindi di compli- di come si può mandare avanti un «can- cazione. Chi vuole semplificare non in-

375 tende togliere i «lacci e laccioli» al «Si- steri dell’ambiente e delle Infrastrutture e stema Paese» per consentire una maggio- in continua cooperazione con la Prote- re libertà di speculare, di rubare e di im- zione Civile Nazionale, che dialoga a li- pattare negativamente sull’ambiente. An- vello locale con un referente unico rap- zi, è proprio il contrario. La burocrazia presentato dal presidente della Regione eccessiva, la scarsa trasparenza e la diffi- con ruolo e poteri di commissario di Go- coltà degli uomini e degli imprenditori co- verno. Insomma un sistema chiaro (un «so- muni a districarsi fra le mille e mille re- lo» centro e una «sola» periferia) e tra- gole che la PA impone a chi opera sono sparente, dotato di efficienza operativa e proprio l’elemento che garantisce a chi sa di legittimazione dal punto di vista della come aprire le porte giuste l’impunità e il scelta delle strategie. Tutte le scelte di pro- privilegio. E che limita l’ingresso di forze grammazione e di strumentazione opera- nuove e fresche a vantaggio dei «soliti no- tiva dell’ultimo anno e mezzo di attività ti». A tutti i livelli. del Governo nazionale sul tema della mi- Pertanto, in questa avventura è risultato evi- tigazione del rischio idrogeologico hanno dente che lavorare contro il dissesto idro- teso a rafforzare, sia dal punto di vista nor- geologico non poteva che portare a contatto mativo che da quello della prassi istitu- con il dissesto dello Stato e con la sua cap- zionale, questo asse strategico, che ha por- pa di regole che, così come sono, non por- tato nello stesso tempo semplificazione, ef- tano molto di buono ma servono alla fine ficienza ed efficacia nell’azione politico- solo a mantenere l’Italia nella sua, oramai amministrativa. da più anni, endemica arretratezza. Risul- ta quindi evidente che solo lavorando su tut- ti i dissesti dello Stato è possibile migliora- La definizione di un orizzonte di medio re la gestione e l’attuazione della politica periodo: il Piano di mitigazione del rischio idrogeologico. Insieme alla semplificazione della gover- nence sia a livello nazionale che locale si Un solo Centro, una sola Periferia è puntato anche ad aggiungere una im- postazione strategica all’azione di gover- La semplificazione della governance, te- no. Troppo spesso nel passato gli inter- sa anche ad evitare la moltiplicazione del- venti sono risultati scarsamente legati ad le responsabilità che portava alla tradi- una strategia di medio-lungo periodo e so- zionale e spiacevole sceneggiata dello sca- no apparsi eccessivamente rispondenti al- ricabarile in occasione dei continui e ri- la imprevedibilità delle disponibilità fi- petuti eventi disastrosi nel Paese, doveva nanziarie del tutto episodiche. Anche in se- riportare al centro dello Stato la program- guito a questa episodicità, spesso i criteri mazione e il controllo della prevenzione di selezione degli interventi sono apparsi del dissesto idrogeologico. E necessitava, poco rispondenti a criteri tecnici di tipo d’altra parte, di un riferimento a livello lo- oggettivo, fra cui quelli derivanti dall’a- cale che fosse il più possibile chiaro, uni- nalisi costi benefici, e più rispondenti a tario ed efficace. La soluzione è stata quel- priorità di tipo politico, di emergenza o la di costruire un coordinamento stretto a presuntivamente tecnica. Per questo, pri- livello statale, con la Struttura di Missio- ma attraverso al Piano Stralcio sulle città ne dipendente direttamente dalla Presi- metropolitane, e poi attraverso il succes- denza del Consiglio, integrata con i Mini- sivo lavoro per il Piano Nazionale si è cer-

376 La grande alluvione cato di introdurre lo strumento, e ovvia- timi anni sicuramente al di sopra dei quat- mente la logica, del Piano di medio pe- tro miliardi, è facile apprezzare l’inade- riodo come risposta strategica al proble- guatezza della mole di interventi realizzati ma del dissesto idrogeologico e la defini- nel recente passato. Da una difficile, ma zione di parametri oggettivi per la sele- abbastanza esaustiva ricostruzione delle zione delle priorità di intervento (DPCM diverse fonti di finanziamento gestite da 25 luglio 2015). La logica del Piano ha in- strumenti statali, si può dire che l’inter- trodotto la necessità di un continuo rap- vento statale si è situato negli ultimi 15 an- porto tecnico operativo e l’interscambio di ni intorno ad un valore di 400 milioni al- informazioni fra il centro e la periferia te- l’anno. Si può dire che la spesa per pre- si alla formazione di un «Parco Progetti» venzione non ha superato il 10-15% dei (circa 7000 interventi per oltre 23 miliar- danni causati al Paese dall’azione deva- di di Euro), improntati alla messa a punto stante delle frane e delle alluvioni. Se poi di un «Piano Programmatico» e quindi, si considera anche il ritardo con cui gli in- sulla base di disponibilità finanziarie de- terventi sono stati attuati, specialmente al dicate alla attuazione del Piano, di un Sud, il dato quantitativo peggiora ulte- «Piano Operativo» da realizzare nel me- riormente. Senza puntare a «libri dei so- dio periodo. L’individuazione di un Piano gni», belli nel momento della proposta ma ha portato con sé anche l’esigenza-obiet- completamente inattendibili nella fase rea- tivo dell’integrazione delle diverse fonti di lizzativa, abbiamo posto come obiettivo finanziamento (Ordinarie Stato, Fsc, Por, minimale del Piano 2015-2023 almeno 1 Ordinarie Regioni) 1 e di un solo monito- miliardo e 200 milioni all’anno. Si tratta raggio che è del Piano e non delle singo- di una cifra del tutto alla portata del Pae- le fonti di finanziamento o dei diversi ap- se e che deve rappresentare il limite mi- parati amministrativi di gestione delle ri- nimo di intervento da superare, e non di sorse. Dai tanti monitoraggi ad uno solo. poco, nel momento in cui il Paese potrà Dai tanti strumenti di gestione ad uno so- presentare, nei prossimi anni, un sistema lo: il Piano. di conti pubblici meno critico di quello Il primo periodo di gestione della politica odierno. Attualmente, per il periodo 2015- per la mitigazione del rischio idrogeolo- 2018, siamo in grado di poter disporre di gico, oltre al principio della semplifica- due Piani Stralcio per circa 3 miliardi/3 zione e all’introduzione del Piano come miliardi e mezzo (di cui 1,3 miliardi il metodo di programmazione, ha suggerito Piano città metropolitane e 2/2,5 miliardi altri due importanti obiettivi di medio pe- lo Stralcio del Piano Nazionale attual- riodo. E cioè la quantità e la qualità degli mente in formazione). Il finanziamento già interventi. previsto è ad oggi di circa 1,8 miliardi. È facile comprendere, anche da questi bre- vi accenni, che la logica perseguita nel- La Quantità l’attuale processo di programmazione va dal Piano programmatico al Piano opera- Se si considera che una valutazione di lun- tivo: il Piano programmatico di 3/3,5 mi- go periodo sui danni al patrimonio pub- liardi prevede la scala degli impegni e pre- blico e privato del Paese da eventi causa- cede, anche logicamente, il finanziamen- ti da dissesto idrogeologico in Italia porta to, che è attualmente intorno a 1,8 mi- a valori oltre i tre miliardi e mezzo l’an- liardi. Il Piano programmatico viene ad no, con una tendenza crescente negli ul- essere quindi il punto di riferimento uni-

377 tario (non si prevedono finanziamenti ex- levata dal rischio in un evento duecen- tra-piano) ed anche lo strumento di atti- tennale), meno impattanti dal punto di vi- vazione delle risorse (il piano «giustifica sta della sostenibilità naturale e dal pun- e sorregge» il finanziamento e non vice- to di vista del consenso della comunità e versa). che necessitano di minore attività di ma- nutenzione futura. Questa capacità, che dipende dal livello La Qualità del sapere scientifico e tecnico delle isti- tuzioni di ricerca e delle professioni, de- Di per sé l’aumento della dotazione fi- ve poter risiedere nell’organo di supporto nanziaria del Piano è una condizione ne- tecnico per lo Stato e per le regioni che è cessaria per un buon intervento di miti- attualmente l’Autorità di Bacino (oggi, con gazione. Ma da solo non basta. Occorre il Collegato Ambientale, Distretto Idro- anche che accanto alla quantità cresca la grafico) e deve poter essere sviluppata al- qualità degli interventi. L’aumento della lorquando si passa dal Bisogno di Inter- qualità dipende in primo luogo dal con- vento alla definizione di un Progetto di testo all’interno del quale si origina la ne- fattibilità e di un Progetto preliminare cessità dell’intervento. E il contesto è la va- (quindi con l’analisi di tutte le alternative lutazione del rischio di un’area (di un ba- tecnicamente possibili) per poi passare al- cino) e non il rischio di un punto di quel- le ulteriori fasi progettuali all’interno pri- l’area. E se si parla della valutazione ge- ma di un Piano programmatico e quindi nerale del rischio, allora, oltre al tema del- di un Piano attuativo. l’intervento strutturale da realizzare nel- L’Autorità di Bacino o meglio l’attuale Di- l’ottica di bacino, c’è da tenere presente stretto rappresenta quindi lo snodo tecni- la tematica della manutenzione ordinaria co e scientifico di riferimento sia come e straordinaria del territorio e delle opere «assemblatore» del sapere diffuso nel si- (condizione necessaria per non rendere stema della conoscenza sia lo «strumen- inefficaci o depotenziati gli interventi strut- to di applicazione» di questa conoscenza turali), il tema degli interventi non strut- nel processo di progettazione degli inter- turali (tipici della politica della Protezio- venti. È quindi un elemento insostituibile ne Civile: allerta, gestione dell’emergen- di supporto tecnico per le scelte strategi- za, educazione al rischio e all’emergen- che dello Stato e delle Regioni. za, ecc.) e, da ultimo, la costruzione di una Queste impostazioni fanno oggi parte del comunità resiliente, cioè di una comunità normale processo di formazione del Pia- che si sa difendere, che sa prevenire al- no 2015-2023, ma saranno ulteriormente cuni fenomeni critici anche in termini di e più precisamente perfezionate a livello tipo assicurativo. normativo dalla Commissione istituita Quindi la qualità è data dalla capacità di presso la Struttura di Missione su incarico selezionare, nell’ambito degli interventi della Presidenza del Consiglio per mette- strutturali a scala di bacino, quegli inter- re ordine e completezza alle norme in ter- venti più efficienti (minor spesa per «unità mini di politiche per la mitigazione del ri- di risultato»: per esempio popolazione sol- schio idrogeologico.

1 Fsc=Forest Stewardship Council (certificazone relativa alla sostenibilità del legno e derivati); Por=Pro- gramma operativo regionale del Fondo comune europeo (ndr).

378 IL MODELLO DELLE 3P: PREVENZIONE, PROTEZIONE, PREPARAZIONE di Giovanni Massini

L’alluvione del 66 rese evidente l’assenza di una strategia nazionale di prevenzione del rischio idraulico. I ripetuti tragici eventi naturali degli ultimi anni hanno spinto verso una revisione delle leggi e delle procedure, per accelerare gli interventi sul territorio. La Regione Toscana, particolarmente a rischio e non solo per il bacino dell’Arno, al riguardo, ha varato una serie di leggi che semplificano e snelliscono le competenze in materia e stanziano, sulla base anche delle nuove direttive nazionali, i fondi necessari alla realizzazione delle opere più urgenti, con una visione integrata che inserisce anche l’educazione ambientale dei cittadini fra gli obiettivi dell’azione di prevenzione.

Sfogliando la letteratura tecnica che un determinato evento meteo generi una piena del corso d’acqua che possa al- Cos’è il rischio idraulico? Per parlare di ri- lagare un’area, un territorio) e il danno at- schio idraulico per prima cosa è necessa- teso (ovvero gli elementi che ricadono in rio spiegare il suo significato. Sfogliando quella determinata area). L’Unione Euro- la letteratura tecnica, il rischio idraulico è pea, con la direttiva 2007/60/CE relativa definito come la combinazione fra la pe- alla valutazione ed alla gestione dei rischi ricolosità idraulica (ovvero la probabilità di alluvioni, per la prima volta prova a de-

379 finire una strategia sul tema alluvioni e dà rischio diventa lo scambio d’informazio- anche una definizione di «rischio allu- ni e comunicazioni con tutti i soggetti, vioni» in cui il termine «idraulico» è so- pubblici e privati, potenzialmente inte- stituito dal termine «alluvioni». In questo ressati da un evento alluvionale. Si arriva modo si pone l’accento sui risvolti antro- pertanto al concetto di «resilienza», ovvero pici prodotti da un evento idraulico estre- la capacità di adattamento di una polis ad mo. In sostanza, con la direttiva si crea un un evento estremo. collegamento fra le cosiddette attività di L’Europa ci impegna ad impostare il lavo- prevenzione con quelle di gestione del- ro per la mitigazione del rischio alluvioni l’emergenza (protezione civile). su poche e condivisibili strategie di azio- ne. In Italia, dalla seconda metà del secolo scorso, sono state intraprese molte azioni Come affrontare il rischio idraulico? ma senza un vero coordinamento e una vera strategia, producendo pertanto risul- Come è stato affrontato il tema del rischio tati molto inferiori agli sforzi economici e idraulico e quali sono i principi da tene- umani messi in campo. Anche perché la re presenti? Finalmente anche in Italia, ma prevenzione, la protezione e la prepara- per la verità in buona parte di Europa, si zione sono state affrontate in strumenti di- è creata una cornice di azioni coordinate stinti, gestiti da numerosi enti, generando per la riduzione e gestione del rischio al- talvolta sovrapposizioni o mancanze. L’im- luvioni con un modello che si potrebbe de- postazione fin qui seguita si è basata su finire delle «3P» ovvero prevenzione, pro- un approccio fondato unicamente sul con- tezione e preparazione. Con il termine mi- cetto di pericolosità senza includere in sure di prevenzione si intendono inter- maniera sistematica nelle valutazioni del- venti ed azioni di regolamentazione e di le strategie gli elementi presenti sul terri- governo del territorio tese a mitigare sia la torio. Questo ha portato a sviluppare un pericolosità idraulica che le conseguenze approccio alquanto rigido nella gestione negative per l’ambiente, i beni culturali, il del rischio di alluvioni. sistema sociale e le attività economiche. Con il termine misure di protezione ci si riferisce a interventi di carattere prevalen- La mancanza di una chiara strategia temente strutturale o in ogni caso connessi nazionale alla realizzazione di opere. Le misure di preparazione sono interventi ed attività Perché Firenze non è ancora idraulica- orientate a fronteggiare la fase di evento mente sicura? Perché è mancata una chia- delle calamità alluvionali; comprendono ra strategia nazionale di prevenzione sia le azioni di preannuncio che la predi- idraulica e idrogeologica. Solo all’indo- sposizione della pianificazione di emer- mani dell’alluvione di Firenze del 4 no- genza che le azioni durante la fase di even- vembre del 1966 lo Stato, con la Com- to vero e proprio. A queste si aggiungono missione De Marchi, ha provato a fare un le misure di risposta e ripristino ovvero le piano organico a scala nazionale. Quel azioni e gli interventi che si attuano in fa- tentativo ha portato solo parziali risultati se post-evento e comprendono sia la fase perché l’attuazione del Piano, almeno per di ricostruzione che quella di rianalisi de- la Toscana, è stata di fatto rinviata fino al- gli eventi alluvionali. la fine degli anni 90 con l’approvazione Un elemento cardine nella gestione del dei primi Piani di Bacino la cui effettiva

380 La grande alluvione attuazione si osserva proprio in questi an- sone (di cui madre e figlio sorpresi dalla ni. Tanto per citare l’Arno, dopo l’alluvio- frana nel letto della propria casa) hanno ne del 66 le uniche opere realizzate sul portato in primo piano la questione, a vol- corso d’acqua principale sono lo sbassa- te drammatica, del rischio idrogeologico. mento delle platea di Ponte Vecchio, lo In questo contesto, insieme alla constata- scolmatore di Pontedera e l’invaso di Bi- zione della difficoltà di spendere le risor- lancino (che in modo residuale svolge an- se per la difesa del suolo, prende corpo la che funzioni di laminazione delle piene). LR 35/2011 sulle «opere strategiche» che La mancanza di una strategia nazionale ha dà la possibilità al presidente della Re- fatto sì che i localismi e i veti incrociati gione di nominare commissari ad-acta per fossero ostacoli insormontabili alla rea- velocizzare la realizzazione delle opere. lizzazione degli interventi. Anche la Re- La prima applicazione della LR 35/2011 gione Toscana, fino al 2010, non ha mai è stata per le casse di espansione di Figli- ritenuto necessario intervenire diretta- ne, per le quali è stato nominato un com- mente, ma ha sempre lasciato l’attuazio- missario per sbrogliare la matassa di bu- ne delle opere idrauliche agli enti locali. rocrazia e inefficienza che ha visto pare- La conseguenza economica, a livello na- ri e autorizzazioni di oltre venti enti isti- zionale, di questa situazione è stata quel- tuzionali e non. Nel settembre del 2014 i la di non ridurre il rischio idraulico e idro- lavori della cassa di espansione a Figline geologico del nostro territorio. Dal 1944 hanno preso effettivamente avvio e nella a oggi il valore dei danni annuali è di 1- prossima primavera potrà essere final- 1,5 miliardi di Euro; inoltre, negli ultimi mente tagliato il nastro. venti anni, non sono stati spesi oltre 2 mi- Il 25 ottobre del 2011 si presenta la terri- liardi di Euro per realizzare gli interventi bile alluvione della Lunigiana. Il fiume di prevenzione 1. Magra si è ripreso tutte quelle aree dove Tutto questo deriva anche dal fatto che il l’uomo ha insensatamente costruito. Na- dissesto idrogeologico ha poca appetibi- sce allora la LR 21/2012 che blocca le co- lità politica; infatti, la realizzazione di una struzioni nelle aree ad alta pericolosità cassa di espansione o di un’arginatura di idraulica. Ma la Regione si spinge anche un fiume comporta espropri, tempi lunghi oltre e per la prima volta si avvia un’a- di realizzazione, costi elevati, in poche zione di «delocalizzazione». Il quartiere parole scarsa accettazione sociale che la Matteotti di Aulla verrà delocalizzato in rende politicamente poco attraente. In ge- zone più sicure e nessuno potrà più abi- nere l’evento «duecentennale» si reputa tare i palazzi ERP costruiti dentro l’alveo che non debba accadere durante il quin- del Fiume. quennio del proprio mandato politico. Nello stesso periodo si lavora anche alla riforma dei consorzi (LR 79/2012) per estendere a tutti i corsi d’acqua l’attività Sul fronte delle leggi regionali di manutenzione, con la conseguente estensione a tutta la Toscana del tributo di Cosa è stato fatto concretamente in To- bonifica e la riduzione del numero dei scana? In Toscana dal 2010 ad oggi la te- consorzi da 26 a 6. matica della difesa del suolo ha assunto Nella stessa Legge, per la prima volta, si una priorità politica particolare. Alla fine introduce anche un programma annuale del 2009 l’alluvione del Serchio, nel 2010 della difesa del suolo (il Documento an- la frana di Massa con la morte di tre per- nuale) con l’individuazione e il finanzia-

381 mento dei soli interventi cantierabili, in li- guardia dell’attuale conformazione fisica nea con quelle che saranno le prerogati- e naturale del torrente. In termini tecnici ve del Piano Nazionale di #italiasicura. Il è la prima «infrastruttura verde» di natura primo Documento annuale viene appro- idraulica che viene realizzata nella città di vato il 22 dicembre del 2013 e nel 2014 Firenze. prenderanno avvio cantieri per un con- Gli altri cinque interventi sono relativi a trovalore di oltre 50 milioni di Euro pro- lavori urgenti su corsi d’acqua o zone di venienti esclusivamente dai fondi regio- elevata pericolosità idraulica del territorio nali. toscano: la risagomatura del torrente Car- rione a Carrara, le casse di espansione sul fiume Era a Pontedera e sul torrente Bic- Molte opere in cantiere chieraia ad Arezzo. Nel prossimo quinquennio la Regione To- Dal 2014 l’attività della Regione si coor- scana, in coordinamento con il Piano na- dina con quelli che sono i nuovi input na- zionale, investirà ogni anno 40 milioni di zionali ed in particolare con la Struttura Euro attivando lavori per complessivi 700 di Missione contro il dissesto idrogeolo- milioni di Euro (sommando alle risorse del gico della Presidenza del Consiglio dei bilancio regionali anche quelle statali e Ministri. L’attività della Struttura di Mis- quelle delle contabilità speciali). sione con le varie Regioni ha portato a Il completamento delle casse di espan- sottoscrivere lo scorso 4 novembre il pri- sione di Figline rappresenta l’impegno più mo Stralcio del Piano Nazionale ovvero importante per quanto riguarda la mitiga- L’Accordo per le aree metropolitane che zione del rischio idraulico sull’asta del- destina 106 milioni di Euro alla riduzione l’Arno. Nel 2016 partiranno le gare per del rischio idraulico a Firenze e altre zo- l’affidamento dei lavori degli ulteriori tre ne altamente critiche della Toscana, fi- lotti delle casse di Figline denominate «Re- nanziando dieci interventi cantierabili le stone», «Prulli» e «Leccio». Con il com- cui gare dei lavori saranno avviate nel cor- pletamento delle casse di Figline la capa- so del 2016. cità di deflusso dell’Arno, crescerà di 250 Tra gli interventi individuati cinque ri- mc/s rispetto alla situazione attuale, cioè guardano l’Arno nella città di Firenze e un 8% in più. La portata in arrivo a Fi- nella Città Metropolitana e sono il com- renze sarà ridotta da 3770 a 3500 mc/s, pletamento delle casse di espansione di Fi- consentendo un abbassamento medio dei gline e l’adeguamento dell’alveo del tor- livelli idraulici nel tratto cittadino di circa rente Mugnone alle Cure di Firenze. An- 40-50 cm tra il ponte S. Niccolò e il pon- che il torrente Mensola, affluente destro di te alla Grazie. Questo comporterà anche primo ordine dell’Arno, il cui bacino idro- un rilevante miglioramento della sicurez- grafico si estende a Nord Est della città di za degli abitati dell’Alto Valdarno. Le quat- Firenze nei comuni di Fiesole e Firenze, tro casse di espansione possono definirsi ha evidenziato ormai da molti anni criti- come la prima grande fase per la tutela del cità in caso di eventi piovosi di frequen- centro urbano di Firenze, mitigando no- za medio-elevata. Pertanto, per mitigare il tevolmente il rischio; l’innalzamento del- rischio idraulico, sono state progettate, in la diga di Levane è il secondo importan- un contesto prettamente urbano, due cas- tissimo passaggio, che potrà eliminare le se di espansione e interventi sulle argina- aree potenzialmente allagabili dal centro ture, tra i cui obiettivi vi è anche la salva- di Firenze per un evento con tempo di ri-

382 La grande alluvione torno duecentennale; l’obiettivo finale sarà a migliorare e integrare il modo in cui i raggiunto dalla realizzazione di ulteriori corpi idrici sono gestiti. casse sull’asta della Sieve, nonché ulte- Il coordinamento tra le direttive «alluvio- riori opere di laminazione nel tratto a mon- ni» e «acque» è espressamente previsto te della diga di Levane. dalla direttiva 2007/60. Il cuore della si- nergia è l’individuazione di misure tra lo- ro correlate che mirano a ridurre i rischi Nuove sinergie per la green economy di inondazione e che al contempo gene- rano benefici sulla qualità dell’acqua, sul- Ma la strategia dei prossimi cinque anni la natura e sulla biodiversità consentendo non si fermerà solo alla realizzazione de- la ricarica delle falde. gli interventi e alla manutenzione dei fiu- Le misure integrate tra direttiva acque e di- mi. Anche la Toscana farà la sua parte per rettiva alluvioni sono in linea con il con- attuare il concetto di resilienza. Saranno cetto di green economy, inteso come il attivati e potenziati strumenti per diffon- nuovo modello economico di sviluppo dere la conoscenza dei rischi e del rischio ambientalmente sostenibile che punta ad idraulico: in particolare, saranno poten- una elevata qualità ecologica e alla rico- ziati e valorizzati i «contratti di fiume» e struzione/valorizzazione del capitale na- saranno sensibilizzati i cittadini sulle buo- turale. ne pratiche di «auto-sicurezza». Tra le misure trasversali, sono comprese le Infine, sembra utile ricordare che proprio cosiddette «infrastrutture verdi», uno stru- in questi giorni si sta concludendo il lun- mento che sta ricevendo un’attenzione go percorso di formazione del Piano di crescente a livello mondiale, europeo e gestione del rischio alluvioni, attuativo del- recentemente anche a livello nazionale. In la direttiva 2007/60/CE. Entro la fine del- Italia la realizzazione delle infrastrutture l’anno verrà approvato dallo Stato e dalla verdi ha trovato incentivi e forme di ac- Regione, il Piano che detterà le strategie celerazione nel D.L. 133/2014 Sblocca contro le alluvioni. Solo la Toscana nei ba- Italia il quale destina risorse prioritaria- cini dell’Ombrone, del Toscana Nord e mente a interventi integrati di mitigazio- nel Toscana Costa e l’Autorità di Bacino ne del rischio/tutela e recupero biodiver- dell’Arno hanno scelto di abolire tutti gli sità nonché individua procedure sempli- altri piani che governano la materia (PAI, ficate ed accelerate per la realizzazione Piano stralcio rischio idraulico, ecc…), degli interventi. riassumendo tutto nel Piano Alluvioni, cer- In sintesi, l’Europa, l’Italia (ancora in mo- cando di perseguire la semplificazione, do molto timido) e la Toscana, da qualche anche amministrativa, in un’ottica di pro- anno, sulla questione del rischio idrauli- mozione della gestione del rischio. co, stanno finalmente parlando la stessa Parallelamente è stato approvato il primo lingua, che si basa su meno burocrazia, aggiornamento del Piano di gestione ac- maggiore semplificazione, maggiore coor- que ai sensi della direttiva 2000/60/CE, la dinamento tra gli enti e soprattutto più ca- quale istituisce un quadro per l’azione co- pacità di attivazione di nuovi cantieri per munitaria in materia di acque finalizzata la mitigazione del rischio alluvioni.

1 E. D’Angelis, Un Paese nel Fango, Rizzoli, Milano 2015.

383 CULTURA DELLA SICUREZZA E PROTEZIONE CIVILE: MOLTA STRADA È STATA FATTA di Titti Postiglione

La coscienza di che cosa fosse davvero un’alluvione, in quel novembre del 1966, in Italia non c’era, come non c’era previsione e prevenzione dei rischi ambientali. Ne sono testimonianza le risposte improvvisate date dallo Stato in occasione delle grandi catastrofi naturali che hanno afflitto il nostro Paese. La strada percorsa nel frattempo è stata molta e l’Italia oggi ha un Sistema di Protezione Civile policentrico e coordinato, basato sul principio della sussidiarietà, che vede coinvolti i vari livelli dell’amministrazione statale, enti e privati e un esercito di volontari: cittadini di tutte le età che hanno compreso l’importanza di conoscere per poter intervenire correttamente nella protezione del territorio e nelle attività di riduzione del rischio.

Come disse Umberto Baldini stauri della Soprintendenza di Firenze, in- tervistato per una delle puntate de La Sto- «Credo che nessuno dei fiorentini avesse ria siamo noi di Giovanni Minoli. in testa l’idea dell’alluvione», disse lo sto- Vorrei partire da qui, o meglio da lì, da al- rico dell’arte Umberto Baldini, all’epoca lora, dalla conoscenza che i fiorentini, i dell’alluvione direttore del Gabinetto Re- toscani e gli italiani (non) avevano del ter-

384 La grande alluvione

ritorio, dell’uso che ne era stato fatto, dei del Governo di Firenze, a fare sintesi del- rischi che esistevano per parlare di oggi, le diverse forze dello Stato, i Vigili del Fuo- della nostra consapevolezza, della nostra co, il volontariato organizzato e l’Univer- preparazione, del sistema di protezione sità degli studi di Firenze in rappresen- civile che all’epoca, evidentemente, non tanza di tutta la comunità scientifica, ov- esisteva. vero tutti soggetti che riproducono, in que- La scelta del Comitato Organizzatore «To- sta iniziativa, lo spaccato del Sistema di scana2016» - «Firenze2016» di mettere Protezione Civile italiano così come si è in relazione con il Sistema della Prote- andato configurando nella sua evoluzio- zione Civile tutte le aree di lavoro avvia- ne. Un sistema policentrico coordinato, te (da quella sulla Società ad Acqua In- basato sul principio della sussidiarietà san- frastrutture Territorio Ambiente, da Re- cito dalla nostra Costituzione: quando il stauro a Documentazione, da Education livello comunale, più prossimo al cittadi- a Impresa) è determinante anche nel mes- no, non ha conoscenze, mezzi e risorse saggio che si vuole lanciare, così come sufficienti per affrontare una situazione importante è la partecipazione che si è chiede il supporto degli altri livelli istitu- voluto dare all’Area Sistema di Protezio- zionali, partendo da quello provinciale, ne Civile: oltre al Dipartimento della pro- per passare a quello regionale, al nazio- tezione civile e alla Regione Toscana, ci nale e, se necessario, all’internazionale. sono il Comune di Firenze ma anche l’As- Proprio ciò che si mise in piedi, in parte sociazione Nazionale Comuni Italiani in inconsapevolmente e senza pianificazio- rappresentanza degli altri comuni toscani ne, anche in quei drammatici istanti, in che vennero coinvolti dagli eventi allu- quei giorni e settimane che sconvolsero vionali, la Prefettura - Ufficio territoriale l’intero Paese.

385 L’ultima alluvione era stata nel 1844 eventi calamitosi, dobbiamo essere in gra- do di trasmetterla attraverso la memoria, Le cronache dei telegiornali di quei gior- per prepararli a ciò che inesorabilmente ni, le storie dei quotidiani locali del 5 e 6 prima o poi accadrà. novembre 1966, i racconti dei testimoni e dei protagonisti di quelle ore ci restitui- scono, da una parte, l’improvvisazione nei Contro l’improvvisazione soccorsi e nell’organizzazione degli in- terventi, l’impreparazione delle istituzio- Dall’alluvione di Firenze del 1966, dal ter- ni e l’incredulità dei cittadini, dall’altra remoto del Friuli Venezia Giulia di dieci l’incredibile solidarietà umana, una mo- anni dopo, da quello devastante in Irpinia bilitazione senza precedenti in Italia con del 1980 nacque la moderna protezione «volontari» provenienti anche dall’estero, civile che dopo pochi anni, nel 1996, si non solo per supportare le famiglie colpi- dovette confrontare in territorio toscano te da acqua e fango ma soprattutto per re- con la terribile alluvione della Versilia. Si cuperare tutto quanto era possibile di un iniziò a insinuare la consapevolezza che patrimonio artistico inestimabile come la gestione dell’emergenza non potesse es- quello conservato a Firenze. sere improvvisata, che serviva una prepa- L’ultima grande alluvione era stata nel razione della macchina. Che non era più 1844, il 3 novembre, quando l’idrometro accettabile avere titoli di quotidiani che, a monte di Firenze raggiunse i 6,90 metri, a distanza di giorni dall’evento, urlavano altezza segnata nella notte tra il 3 e il 4 Fate Presto. Che per tutelare l’integrità del- novembre 1966, evidentemente senza che la vita, i beni, gli insediamenti e l’ambiente ciò facesse scattare alcuna allerta. La me- dai danni o dal pericolo di danni derivan- moria, allora, con il tempo si era eviden- ti da calamità fondamentale avrebbe po- temente sbiadita, se non del tutto cancel- tuto rivelarsi una fase di previsione degli lata. «La cosa che faceva più paura era la eventi stessi, intesa come l’attività diretta forza dell’acqua» si ascolta dalla voce di a determinare le cause dei fenomeni ca- chi, in quelle ore, affacciato alle finestre lamitosi, a identificare gli scenari di rischio di casa assisteva a uno «spettacolo» che probabili, a delimitare il territorio interes- mai avrebbe immaginato, con gente che sato dal rischio stesso e, ove possibile, a cercava di guadare le strade diventate fiu- preannunciare, monitorare, sorvegliare e mi o che, letteralmente, nuotava nel fan- vigilare in tempo reale gli eventi e i con- go. Anche i frati francescani, coloro che seguenti livelli di rischio attesi. custodivano i tesori della Basilica di San- Si crearono, quindi, le basi per quelle che ta Croce, non credevano ai loro occhi. la legge chiama «attività e compiti di pro- Ecco, tutto quello che non vogliamo ac- tezione civile», ovvero quelle volte alla cada oggi, o in futuro, né per i fiorentini previsione e alla prevenzione dei rischi, al né per tutti gli italiani. L’esperienza vissu- soccorso delle popolazioni colpite e a ogni ta deve diventare memoria perché altri- altra attività, necessaria e indifferibile, di- menti inevitabilmente e in poco tempo si retta al contrasto e al superamento dell’e- perdono le consapevolezze maturate nel- mergenza e alla mitigazione del rischio. la catastrofe e le buone prassi trovate. E Da quelle emergenze emerse in modo laddove non ci può essere esperienza per- chiaro come non si trattava più solo di in- ché popolazioni e territori non sono stati tervenire a soccorrere, ma di pianificare, toccati – o toccati marginalmente – da in modo coordinato e congiunto, inter-

386 La grande alluvione venti, attività, prospettive, obiettivi. Ecco Oggi, quando si parla del volontariato or- il ruolo del presidente del Consiglio dei ganizzato di protezione civile si parla di Ministri che, avvalendosi del Dipartimen- uno dei pilastri della moderna protezione to della Protezione Civile, «(…) promuo- civile italiana, non solo per intervenire in ve e coordina le attività delle amministra- emergenza, ma sempre di più per far cre- zioni dello Stato, centrali e periferiche, scere cittadini consapevoli dei rischi che delle regioni, delle province, dei comuni, insistono sui territori, di come ci si può pre- degli enti pubblici nazionali e territoriali parare, di come si può fare prevenzione; e di ogni altra istituzione e organizzazio- in sintesi, per fare nascere comunità resi- ne pubblica e privata presente sul territo- lienti. rio nazionale» per il conseguimento del- La grande mobilitazione spontanea di cit- le finalità del Servizio nazionale della Pro- tadini di cinquant’anni fa rese chiaro che tezione Civile. a mancare non era la solidarietà della gen- Ed ecco perché a questo straordinario si- te, ma un sistema organizzato che sapes- stema partecipano tutti: non solo le am- se impiegarla e valorizzarla. Il volontaria- ministrazioni dello Stato, le Regioni, le to di protezione civile è proprio l’unione Province, i Comuni, ma anche la comu- della generosità, della gratuità del servizio nità scientifica, enti pubblici e privati, or- per gli altri con una grandissima profes- dini e i collegi professionali, i cittadini. E, sionalità: oggi sono oltre ottocentomila ovviamente, le strutture operative: il Cor- persone, su tutto il territorio nazionale, po Nazionale dei Vigili del Fuoco, le For- che aderiscono a migliaia di organizza- ze Armate e quelle di Polizia, le strutture zioni che operano in molteplici settori spe- del Servizio Sanitario Nazionale, le Or- cialistici. Sono centinaia di migliaia di no- ganizzazioni di Volontariato. stri concittadini, di tutte le età, che prima e meglio di altri hanno compreso l’im- portanza di conoscere, informarsi, prepa- Il volontariato organizzato di rarsi, essere protagonisti nel quotidiano e protezione civile sul proprio territorio nelle attività di ridu- zione del rischio. Sì, perché dall’esperienza degli «angeli del Partendo da qui, dalla consapevolezza che fango» fiorentini, quei ragazzi giunti non di strada in Italia ne è stata fatta tanta da solo da tutta Italia ma da tutto il mondo quel 4 novembre 1966 ma che ancora mossi da una straordinaria spinta solidari- molta è da compiere, sono convinta che stica, è nato il volontariato organizzato di la memoria di quanto accadde cin- protezione civile. Allora, nonostante pas- quant’anni fa stimolerà l’intero sistema a sione, generosità e desiderio di essere uti- crescere ulteriormente. Sarà l’occasione li, non esisteva una preparazione per ac- per riflettere tra operatori, per avvicinare coglierli, per organizzare adeguatamente i giovani, per coinvolgerli da subito nel e fin da subito il lavoro di questi ragazzi mondo del volontariato organizzato, per volontari; si improvvisò, inevitabilmente, dare un’accelerazione all’aggiornamento sul campo, usando anche i cartelli strada- della pianificazione e alle opere di pre- li per indicare zone vietate all’accesso al- venzione strutturale non ancora concluse. l’interno delle biblioteche, o sensi unici Sarà l’occasione per ricordare il sacrificio come indicatori delle direzioni da seguire di chi non c’è più, per ringraziare chi in- nei locali dove vennero temporaneamen- tervenne e per decidere insieme gli obiet- te trasferiti volumi e opere da salvare. tivi per il futuro.

387 VERSO IL TEMPO DELLA RESPONSABILITÀ? di Lorenzo Tilli

Le riflessioni di un giovane (nato ventuno anni dopo l’alluvione, che ripercorre la memoria di quei giorni nel suo paese, Incisa Valdarno, e riflette, con l’ottica del politico e dell’amministratore locale che ha la responsabilità della cosa pubblica) sulle cause delle sempre più frequenti «catastrofi naturali», su quel che si è fatto per scongiurarle o mitigarle, su cosa ha impedito finora di procedere alla sistemazione del territorio e sui segnali di cambiamento che, fortunatamente, sembrano determinare un’inversione di tendenza, in un tempo in cui ulteriori ritardi ed errori non sono più ammissibili.

Nato 21 anni dopo monte, sia a valle. Quei giorni portarono devastazione ovunque, dal Casentino al- Sono nato 21 anni dopo l’alluvione di Fi- la Piana fiorentina e al Pisano, dal Mu- renze. gello al Valdarno. Proprio qui fu chiuso il Le cose che mi vengono in mente quan- tratto della neonata Autosole e bloccata la do ne sento parlare sono i racconti dei ferrovia: l’Italia era divisa in due e rimase nonni, la graffiante ironia di Riccardo Ma- così per giorni. rasco e le tacche sui muri che indicano Quest’anno si celebrerà il cinquantesimo l’altezza raggiunta dall’acqua per le vie di anniversario, toglieremo la polvere da Incisa, il paese dove sono nato. qualche album di foto, ascolteremo rac- Già, perché nel mondo sono famose le conti, guarderemo filmati, ci emozione- immagini del fiume di fango per le strade remo, perché, anche se i paesi sono cam- della città de’ Medici ma straripamenti, biati, conosciamo quelle strade, quegli morte e distruzione si sono verificati sia a scorci, quelle case: ci siamo nati e cre-

388 La grande alluvione

sciuti, lì abbiamo i nostri ricordi d’infan- consolante risposta «Questo non accadrà zia e il solo pensiero di vederli spazzati mai più». via dall’onda di fango fa correre un brivi- Sono nato 21 anni dopo l’alluvione di Fi- do freddo lungo la schiena. renze (e di mezza Toscana). Faccio l’As- Ricorderemo e faremo raccontare quei sessore in un Comune del Valdarno fio- giorni, le ansie e i timori, il tempo che rentino e anche se sono passati cinquanta sembrava essersi fermato; chi saliva sui tet- anni, tocca a me e ai miei colleghi ammi- ti, chi si rifugiava in collina, chi provava nistratori di oggi, seguire le opere lungo il a salvare qualcosa da casa, non sapendo bacino dell’Arno, perché ciò che è suc- nemmeno cosa fosse più utile prendere in cesso non accada mai più per davvero. quei momenti concitati e densi di paura. Ci tufferemo (ahinoi, le metafore che al- ludono all’acqua, così comuni nel nostro Le quattro casse di espansione linguaggio, fanno male in questo contesto) nelle vite di chi in poche ore ha perso tut- L’alluvione del 66 commosse e mobilitò il to ma non la dignità e la forza d’animo che mondo, migliaia di giovani armati di badi- hanno spinto poi a ricominciare e a rico- li, stivali e scorte di viveri e medicinali, rag- struire la propria vita. giunsero Firenze per salvare il nostro ine- Ci faremo la fatidica domanda «E se que- stimabile patrimonio e per aiutare una città sto succedesse a me?» e ci augureremo la in ginocchio. Lavorarono per giorni e gior-

389 ni, fianco a fianco, salvarono opere d’arte, Una questione non solo monetaria libri e testi antichi, ripulirono vicoli e stra- de, cantine e case, vissero a stretto contat- Pizziconi è in fase di realizzazione, per Re- to coi fiorentini, si conobbero e in qualche stone ci sono i progetti definitivi, per Prul- caso si innamorarono, della città e dei suoi li e Leccio ancora no. Queste sono alcu- abitanti, tanto da rimanerci per sempre. ne delle opere che dovranno mettere in si- A queste persone, agli «angeli del fango», curezza la città di Firenze, fornendo al fiu- e a tutto il resto del mondo che nell’au- me Arno lo spazio necessario per un’e- tunno del 2016 ci guarderà attento, do- sondazione diffusa e controllata. Fanno vremo anche raccontare cosa è stato fat- parte del ventaglio di interventi di mitiga- to per evitare che questo succeda di nuo- zione del rischio che verranno presentati vo, per dimostrare che abbiamo capito la al mondo nel corso dell’anniversario del- lezione e che ciò che loro hanno contri- l’alluvione ma che in alcuni casi sono an- buito a salvare, noi lo abbiamo custodito cora dei buoni propositi. e messo al sicuro; dovremo spiegare però Per fortuna però negli ultimi anni il pro- come mai, a distanza di cinquanta anni, cesso ha subito un’importante accelerata. molte opere sono arrivate in ritardo, tanti Il clima sta cambiando, le città sono sem- lavori sono appena iniziati mentre tanti al- pre più in sofferenza ma le istituzioni stan- tri sono rimasti solo disegni nei cassetti. no voltando pagina e comincia sempre Nel solo Valdarno fiorentino avremo quat- più a passare il messaggio che «preveni- tro casse di espansione (Pizziconi, Resto- re è meglio che curare». Finalmente pare ne, Prulli e Leccio); se è indubbio che ne- esserci coscienza del pericolo, unità di in- gli ultimi anni la vicenda ha subito una de- tenti tra i vari soggetti preposti a interve- cisa accelerazione per mano della Regio- nire e volontà politica di farlo. ne Toscana e del Governo, è altrettanto Nel novembre scorso, ad esempio, il pre- vero che stona trovarsi nel 2016 alla rea- sidente Enrico Rossi e il sindaco di Fi- lizzazione solo dei primi lotti funzionali. renze Dario Nardella hanno firmato Inizialmente affidato al Comune di Figli- l’«Accordo di programma quadro» tra Re- ne Valdarno il compito di redigere i pro- gione Toscana, Ministero dell’Ambiente, getti preliminari di tutti i lavori, nel 2012 Presidenza del Consiglio dei Ministri con la Regione Toscana procede col commis- la struttura #Italiasicura e Città Metropo- sariamento di tutte le opere riguardanti il litana di Firenze per l’assegnazione dei «sistema casse». È un modo per accentra- fondi previsti dalla prima parte del Pia- re le decisioni, sbloccare situazioni di stal- no nazionale contro il dissesto idrogeo- lo, evitare il rimpallo di responsabilità, ca- logico nelle aree metropolitane. Grazie nalizzare le risorse disponibili. Nel solo alla spinta di Regione e Governo, arriva- primo lotto di Pizziconi, quello oggi in fa- no in Toscana circa 106 milioni di Euro, se di realizzazione, si sono susseguiti ri- di cui 74 destinati al completamento del- tardi per bonifiche, espropri di terreni, de- le casse di espansione; secondo il cro- finizioni di protocolli di intesa tra più en- noprogramma, la fine dei lavori è previ- ti, accordi con «Società Autostrade» e «Fer- sta per il 2019. È una svolta importante, rovie» che vedono le loro infrastrutture attesa da anni, decenni, visto l’argomen- passare proprio di lì: estenuanti trattative to trattato; con questa si vogliono porta- per trovare soluzioni sicuramente neces- re a termine lavori progettati da tempo, sarie ma dai tempi incomprensibilmente arenati nelle paludi della burocrazia, lunghi. bloccati dai veti incrociati e soprattutto

390 La grande alluvione imbrigliati dai rimpalli di competenze. no. Anche perché, oltretutto, non esisto- Portare a termine un’opera pubblica è sem- no solo Firenze e l’Arno o Roma e il Te- pre complicato, fosse anche solo una pi- vere, ma anche gli altri seimila comuni sta ciclabile o la riqualificazione di una italiani classificati a rischio idrogeologico piazza: figuriamoci opere per la mitiga- potenziale elevato o molto elevato, che zione del rischio idraulico. Non è neces- hanno bisogno di cure e attenzione, in- sariamente una questione di risorse, non sieme ai rispettivi torrenti di campagna sempre. Ed è questo che spesso fa più ar- che si contano a migliaia in tutto il Paese. rabbiare; soprattutto in tempo di crisi eco- Mettere in sicurezza un territorio è già di nomica, sentir dire (o doverlo fare) «I sol- per sé complicato. Diventa un’impresa ti- di ci sono ma non li posso spendere» è un tanica farlo in periodi di ristrettezze eco- insulto all’intelligenza umana. nomiche e all’alba di una fase importan- Però, dicevo che non è solo una questio- te di cambiamenti climatici, dopo anni di ne monetaria. Se è vero che la legislazio- non curanza in ambienti ormai comple- ne passata presentava molte «maglie lar- tamente antropizzati dove in barba a nor- ghe» nelle quali si sono inseriti illeciti pri- me di sicurezza e buon senso si sono ri- vati e deturpazioni ambientali, nel corso stretti gli alvei, interrati i corsi d’acqua e del tempo questa non ha saputo adeguar- costruito in zone di esondazione natura- si a un mondo che cambiava e a esigen- le e dove nel tempo il progressivo abban- ze sempre più stringenti. Per ogni cosa c’è dono delle terre da parte di chi prima le una legge, per ogni legge due regolamenti, coltivava ha reso vulnerabili molte aree. per ogni regolamento un ente predisposto Per i Comuni oggi diventa impossibile far- a redigerlo e quattro a controllare e ognu- cela da soli; lo avrebbero potuto e dovu- no deve esprimere un parere vincolante. to fare nei decenni scorsi, «quando Berta I tempi? Lunghissimi. Numeri di fantasia, filava» e le procedure erano più snelle. Era chiaramente...ma non troppo. Il risultato quello il periodo da sfruttare per sistema- di questo continuo aggiornamento nor- re l’Italia, per costruire le grandi opere e mativo è stata l’ingessatura del sistema, un per portarsi avanti con le piccole, per in- insieme di Agenzie, Autorità, tavoli di la- vestire denaro e per governare il territorio, voro, un groviglio di protocolli, accordi, nel rispetto della tutela ambientale e del- intese e soprattutto strascichi legali. Ci sia- la sicurezza pubblica. Ora tutto sembra mo trovati fermi, impantanati per anni a avere il sapore dell’occasione mancata e, guardare l’acqua che scorreva e a spera- nonostante i fondamentali provvedimenti re che non accadesse niente di dramma- governativi (locali e nazionali) presi per tico ai nostri cittadini, salvo poi accorger- costruire un futuro diverso, come i recen- si che sempre bene non poteva andare e ti piani del paesaggio e di prevenzione del che era necessario mettere mano alla ta- rischio idraulico, viene da pensare che si sche sempre più vuote degli enti pubblici arriva a chiudere il recinto quando gli ani- per ripagare i danni e per ricostruire ciò mali sono già scappati. È vero, in molte che era andato distrutto. parti d’Italia abbiamo messo un punto sul- l’urbanistica fai da te e siamo andati a ca- po, Toscana in testa, e questo era indi- Il sapore dell’occasione mancata spensabile. Tuttavia ciò non toglie che ri- maniamo uno dei paesi industrializzati ed Ora il vento pare cambiato ma la bac- economicamente sviluppati più franosi al chetta magica ancora non ce l’ha nessu- mondo, più fragili e vulnerabili dal punto

391 di vista idraulico; l’80% dei Comuni è a po l’alluvione che colpì la zona delle Cin- rischio e la maggior parte delle aree coin- que Terre e della Lunigiana, «A distanza volte deve essere messa in sicurezza. Non di decenni possiamo dire che si è trattato si tratta solo di quello che succederà da qui di una lunga storia di piani, di stanzia- in avanti con costruzioni, urbanizzazioni menti, di progetti, via via disgregatisi, per- e cementificazioni scellerate: questo, sin- sisi per strada, non portati a compimento. ceramente, è un capitolo che speriamo di (…) Oggi bisogna dire che quel rischio an- archiviare quanto prima sotto l’etichetta tico si è fatto più acuto, ha assunto di- «Mai più»; piuttosto sarà da tenere sotto mensioni diverse, forme più violente per- la lente d’ingrandimento quanto realizza- ché siamo nell’epoca del cambiamento to finora, perché non crolli sotto l’azione climatico. (…) Sono le alluvioni, ma non incessante di piogge sempre più intense o le alluvioni di sempre; sono le frane, ma perché non venga spazzato via da fiumi e non le frane di sempre. E abbiamo biso- torrenti che hanno ormai perso il loro scor- gno di un impegno ancora più forte, an- rere naturale. cora più determinato». Queste parole devono risuonare come un accorato monito alla classe dirigente di Come disse Napolitano oggi, ma soprattutto a quella di domani. Chi si trova e si troverà d’ora in avanti a È necessario intervenire dunque ma l’ap- prendere decisioni in merito al governo proccio deve essere diverso rispetto al pas- del territorio, alla tutela dell’ambiente e al- sato. Un impegno non di facciata ma se- la sicurezza pubblica, dovrà farlo cam- rio e risolutivo, consapevole che le cosid- biando modo di pensare, di agire, di pia- dette «catastrofi naturali» sono oggi figlie nificare. Dovranno essere messe in cam- di condizioni climatiche completamente po misure e strumenti nuovi, che valoriz- nuove che imperversano su gestioni del zino i numerosi progressi scientifici fatti, territorio scellerate e di lunga data: un mix tengano conto dello straordinario patri- micidiale che si argina solo con program- monio artistico e culturale che dobbiamo mi di investimento di ampio respiro, sa- difendere e non dimentichino che tutto pendo oltretutto che le precipitazioni sa- quello che si poteva scaricare sulle spal- ranno sempre più intense, frequenti e dif- le delle generazioni future lo ha già sca- ficilmente prevedibili. ricato chi ci ha preceduto. Tocca a noi Come disse in un suo intervento l’allora cambiare marcia, senza più alibi, senza presidente della Repubblica Giorgio Na- più scuse e soprattutto senza ulteriori pos- politano nel marzo 2012, pochi mesi do- sibilità di sbagliare.

392 La grande alluvione

(Volume monografico speciale a cura di Giorgio Valentino Federici, Miriana Meli, Lucio Niccolai, Severino Saccardi, Simone Siliani e Vincenzo Striano) Acqua: un bene da rispettare

Mauro Perini Giancarlo Ceccanti Giuseppe Sardu Alessandro Mazzei

393 NOUS SOMMES EN TERRASSE di Mauro Perini

«Water Right Foundation» ha partecipato alla Conferenza mondiale sul clima, Cop 21, che si è tenuta a Parigi nel dicembre 2015, a pochi giorni dal barbaro attacco terroristico alla città. Nell’incontro, svoltosi in una Parigi profondamente scossa, ma che ha saputo reagire con grande civismo, il dibattito sulla gestione comunitaria della risorsa acqua, al quale aderisce WRF, si anima intorno al tema dell’ambiente, coniugato con quello della partecipazione popolare e della democrazia, senza le quali non c’è cambiamento possibile. Spontaneo, viene il riferimento a padre Balducci e alle sue profetiche intuizioni che anticiparono i temi che sono al centro del dibattito odierno.

In una Parigi ancora scossa il servizio idrico della capitale francese che recita: «(…) dietro questa fontana c’è La città di Parigi è ancora scossa, si affac- un impegno quotidiano contro il cambia- ciano tricolori e timidi slogan di reazione mento climatico (…)» e che ritrae una gio- accorata a quell’attacco barbarico che ha vane donna che a passo svelto si sovrap- segnato la «generazione Bataclan». pone al nostro amato fontanello, eh sì, Nous sommes en terrasse è uno dei poster perché la memoria conduce alla felice autoprodotti dal civismo e dalla parteci- scelta operata a Firenze e dintorni di pun- pazione dei parigini e a fare da eco alla teggiare il nostro territorio di erogatori pub- conferenza mondiale sul clima campeg- blici di acqua di qualità, nelle piazze, nei gia un magnifico poster prodotto da «Eau giardini, nei quartieri. De Paris», l’azienda pubblica che gestisce A Parigi si pensa anche oltre. Complice

394 La grande alluvione l’appuntamento della Cop 21, enti e azien- via, che conoscerà una vera e propria me- de gareggiano in progetti ed innovazioni, diterraneizzazione del suo clima: altro che dalla verticalizzazione verde nel pro- Corrente del Golfo e Kattegat e Skager- gramma di rivegetalizzazione della me- rak... uno scenario inquietante e quella tropoli, agli orti pensili, ingredienti fra gli cartografia, così dissonante verso la no- altri della ristrutturazione dei tetti della stra conoscenza della geografia, ci evoca città nel segno dell’efficientamento ener- una Terra del Tramonto, per così dire, in getico, fino alla produzione di energia elet- chiave ecoteologica. trica sfruttando la pressione generata da- La definizione è di Leonardo Boff. Sorri- gli impianti di distribuzione di acqua, re- de si diverte e si anima quando affiora nel- cuperando così energia in eccesso dagli la sua memoria l’incontro con padre Er- stessi tubi dell’acquedotto. nesto Balducci alla Badia Fiesolana di chis- La conferenza per il clima è concentrata sà quanti anni fa… dove i due si affronta- a Le Bourget, parco espositivo dove si ce- rono con ironiche metafore su San Paolo, lebra, per la verità adesso con aspetto un San Pietro, Vecchio e Nuovo Mondo, Vec- po’ dimesso e incerto, la grandeur della chia e Nuova Chiesa. «Conservo una co- conquista aerospaziale. pia del tuo Chiesa carisma e potere» gli Ora gli eventi costringono le delegazioni faccio; l’uomo si schermisce sorridendo, a soffermarsi su temi più terra terra... e, ma con una punta di soddisfazione mi rac- mentre gli sherpa delle trattative climati- conta di come quel libro gli sia valso la che si fronteggiano a colpi di tabelle sta- condanna a un anno di «silenzio osse- tistiche e simulazioni, le imprese le asso- quioso» da parte di un Vaticano, distante ciazioni e i militanti dello sviluppo soste- anni luce da quello che oggi ci è offerto nibile rappresentano le proposte, le de- da Jorge Bergoglio, in arte Francesco. nunce gli impegni verso la transizione Leonardo Boff definisce il Programma Cul- energetica. tivando agua boa promosso anch’esso dal- l’infaticabile management militante di «Itaipù Binacional», «(…) una miniatura Anche «Water Right Foundation» della carta della terra concretamente rea- a Cop 21 lizzatasi».

«Water Right Foundation» ci partecipa, si confronta ed aderisce al network interna- Non c’è cambiamento senza zionale sulla gestione comunitaria della partecipazione popolare risorsa acqua, particolarmente animato e sostenuto dagli attori latinoamericani. Estraggo da questa multiforme ed esem- Il resto è meno incisivo della rappresen- plare esperienza di politica ambientale e tazione mediatica che lo ha preceduto; di inclusione sociale nel segno della so- l’appuntamento è attraversato da testimo- stenibilità e della cultura carbon free un nianze e rapporti, dall’immancabile esi- paio di concetti propulsori che sono nel- bizione folcloristica dei nativi di turno con le corde di quel movimento e che devo al- l’iphone in mano come dalla ostinata ri- la competenza, alla passione e alla luci- cercatrice della Lapponia che evidenzia da militanza di Jorge Samek e Nelton Frie- come tra cinquant’anni appena, il Global drich: non c’è cambiamento senza parte- Warming without Global Warning, pro- cipazione popolare, non c’è partecipa- durrà effetti inimmaginabili in Scandina- zione senza una democrazia ad alta in-

395 tensità; i programmi di transizione verso cui ricordo adesso una appassionata in- un modello sostenibile di sfruttamento del- tervista alla Rai dove commentava i prov- le risorse naturali, nel segno della ripro- vedimenti legislativi per «arginare» i primi ducibilità e conservazione responsabile, tenui segnali dell’immigrazione dall’Africa: non possono non essere basati sulla sca- «(…) vogliono fermare la piena dell’Arno la elementare di pianificazione della na- con un cannicciato di paglia secca!». tura, e cioè il bacino idrografico; «L’era Come commentare tutto ciò oggi, dal di che si apre con la rivoluzione energetica dentro di una così feroce crisi epocale? che si impone non è solo un’era di tran- Affidandosi strenuamente a quei segni di sizione, è la fine della fine del mondo». speranza che Balducci sapeva cogliere sot- Ce n’è di che provare a raccogliere. to i cumuli di foglie secche, dove germi- «Water Right Foundation» vede cadere nel navano verdoline le nuove foglie, o appi- cinquantesimo dell’alluvione di Firenze il gliandosi ai ricordi e agli insegnamenti di proprio decennale, ed è impegnata nel de- chi, da bambino, ti conduceva per i ru- lineare il suo profilo per il prossimo de- scelli a togliere i cumuli di foglie secche cennio attualizzando nei confronti delle at- che ostruivano il flusso dell’acqua che tuali sfide globali il proprio foglio di rot- scendeva lungo i pendii negli autunni pio- ta: non più soltanto mera cooperazio- vosi: «In questo modo, con una pedata, si ne&solidarietà per affermare il sacrosan- salva Firenze dall’alluvione…». Era una to diritto di ogni essere umano a disporre generazione ingenua e saggia, in questo di acqua di qualità e servizi igienici sicu- episodio rappresentata da un guardabo- ri, ma un allargamento di visione e di par- schi amico di famiglia, sarà stato il 1970. tecipazione per assumere gli ammoni- L’alluvione non era un ricordo da album menti che gli squilibri ambientali e socia- in bianco e nero, era una spaventosa ca- li ogni giorno ci sottopongono come mo- tastrofe naturale che mostrava ancora aper- nito costante ad agire e praticare quel cam- te e vivide le ferite inferte, ma verso la biamento possibile, quella nuova visione quale, ostinatamente e privi di modelli planetaria alla ricerca di una recuperata matematici e conferenze mondiali, gli abi- sintonia con la Madre Terra, che, anche di tanti di quella terra sapevano di poter fa- fronte al suo tramonto invoca il nostro ri- re qualcosa: non avevano voltato le spal- spetto e la nostra ammirazione. le alla terra e ai suoi continui segnali e ri- chiami che hanno, nel reticolo idrografi- co, quella unità elementare di pianifica- «Con una pedata, si salva Firenze zione territoriale che è indispensabile ri- dall’alluvione» prendere ad esercitare. Ci tocca questo fra le altre cose: ricon- Ho raccolto, durante un convegno ad Ex- nettere l’ingenua e perduta saggezza po- po Milano 2015, un amaro sfogo di Leo- polare con le feconde visioni profetiche. nardo Boff per cui l’impegno per il cam- Diffondere e praticare la Carta della Terra biamento risulta ancora più sacrosanto ora può essere un buon esercizio, «Water Ri- che gli equilibri sono irrimediabilmente ght Foundation» intende farlo e ricerca dei saltati e che la Terra esaurisce la propria ca- buoni compagni di viaggio. pacità di autorigenerare le proprie risorse Ringrazio la redazione di «Testimonian- ogni anno con qualche settimana di anti- ze» per questo spazio e per il sostegno a cipo. Profetico. Come profetico in molte in- questi propositi che nel tempo ha contri- tuizioni lo era padre Ernesto Balducci, di buito ad ispirare ed alimentare.

396 A MONTE DI PISA di Giuseppe Sardu

L’alluvione del 4 novembre 1966 ebbe un impatto devastante nel tessuto produttivo, agricolo e industriale della zona a monte di Pisa, particolarmente ricco in quel periodo di boom economico. Da allora, molte cose sono state fatte e molte se ne devono ancora fare per scongiurare le conseguenze di un’altra alluvione di quella portata, sempre possibile. Tramite il Progetto «Wiz» (di cui è promotore anche l’Autorità di Bacino dell’Arno), «Acque», Gestore del servizio idrico della zona, mette a disposizione del territorio il suo patrimonio di tecnologie e di conoscenze acquisite negli anni, per affrontare in modo organico diverse problematiche legate alla risorsa idrica.

La crescita inesorabile dell’acqua in Sardegna, sembra ancora oggi di rivi- vere, attraverso le testimonianze docu- L’alluvione del 66 nella valle dell’Arno è mentali e i racconti degli amici un po’ più un avvenimento che, per i lutti patiti dal- grandi, quei giorni drammatici. le persone, i danni e i pericoli accorsi al Tra le testimonianze dirette degli avveni- patrimonio culturale e artistico, oltre che menti di allora, mi ha colpito particolar- quelli alle attività economiche e la noto- mente quella di un amico, con qualche an- rietà e la vicinanza affettiva dei territori no più di me, che all’epoca aveva tredici colpiti, è entrato nella memoria collettiva, anni e viveva proprio accanto all’Arno, divenendo un emblema del carattere di- nel Comune di Montopoli. struttivo e pauroso che possono assume- Il fiume, nella prima mattina del 4 no- re in alcune circostanze i fenomeni natu- vembre, invade le golene in tutta la Pro- rali. vincia di Pisa, e fin qui non ci sarebbe A me che non ho vissuto in prima perso- nulla di eccezionale. Tutti i contadini in na l’alluvione, perché allora ero bambino, quelle aree erano allora abituati a convi-

397 vere con le piene dell’Arno: avevano la gio l’acqua inizia a tracimare dalle cate- barca, le stalle erano leggermente rialza- ratte e dalle paratie collocate sui lungar- te rispetto alla pianura e poi l’acqua arri- ni e continua a salire; ci si prepara al peg- vava e cresceva lentamente. gio. Ma a salvare la città da danni ben più Ma quella mattina c’è qualcosa di ano- gravi di quelli pur consistenti patiti (il crol- malo. L’acqua s’innalza in modo più so- lo del Ponte Solferino, il cedimento del stenuto del solito, quasi visibile a occhio Lungarno Pacinotti) interviene un fatto nudo; continua a piovere incessantemen- nuovo e drammatico. te e da Firenze, ad accrescere l’inquietu- La sera del 4 novembre, racconta il mio dine, arrivano notizie drammatiche circa amico, «(…) livello dell’acqua iniziò im- l’alluvione in corso. Il 4 novembre è fe- provvisamente a scendere nella casa dei stivo e bambini e ragazzi possono dormi- miei genitori, sulla riva sinistra del Fiu- re qualche ora in più, ma quella mattina, me». Contemporaneamente, su tutto il cor- racconta il mio amico, «(...) fui svegliato so terminale dell’Arno, la pressione del- presto da mio padre e, prima che l’acqua l’acqua si allenta, Pisa è salva. lo impedisse, fui mandato con mia sorel- Cosa sta accadendo? L’Arno ha rotto l’ar- la più grande da uno zio che abitava in col- gine a San Donato, nel Comune di Santa lina. Mio padre cercò poi di salvare gli Maria a Monte (qualcuno sospetta in mo- animali che erano nella vicina capanna do non accidentale). Sta di fatto che de- (galline e conigli) e mettere al riparo un cine di milioni di mc di acqua si stanno po’ delle cose che erano al piano terra, as- riversando dall’enorme falla nella pianu- sistendo poi impotente, per tutto il gior- ra, che si estende tra S.Maria a Monte, Ca- no, alla crescita inesorabile dell’acqua che stelfranco, Santa Croce e Fucecchio. L’ac- invase il piano inferiore fino a un’altezza qua arriva e cresce con velocità impres- di oltre un metro». sionante fino a raggiungere in alcuni pun- ti i quattro metri di altezza. Migliaia sono le case e le fabbriche allagate. Gli abitanti Quando l’Arno rompe l’argine sono costretti e rifugiarsi ai piani superio- ri e in alcuni casi sui tetti. Centinaia sono Nel frattempo si diffonde l’allarme in tut- le mucche e i capi bovini affogati nelle ta l’asta dell’Arno della Provincia di Pisa. stalle delle campagne. Ingenti i danni al- Le acque limacciose giungono nel pome- le attività economiche, in particolare al- riggio a lambire la sommità degli argini. l’industria, in pieno boom economico Ovunque si cerca di tamponare i fonta- (concerie e calzaturifici soprattutto). nazzi e rafforzare le difese con sacchetti L’acqua impiegherà più di una settimana di sabbia e altri mezzi di fortuna, ma la per ritirarsi da tutti i punti. sensazione è che non si possa tenere a Fin dal primo giorno scatta l’opera di so- lungo. lidarietà, per portare soccorso e aiuto, con- Nel primo pomeriggio l’Era, gonfio all’in- segnare derrate alimentari alle famiglie verosimile, anche per l’impossibilità di de- isolate. Per spostarsi sull’acqua la gente fluire regolarmente nell’Arno troppo pie- riattiva vecchie barche e «vara» improba- no, rompe gli argini all’altezza del ponte bili zattere. Seguono i giorni in cui biso- della ferrovia e invade la città di Pontedera gna spalare, ripulire, raccogliere carcasse e tutta l’area della Piaggio, la fabbrica più e detriti. Reparti dell’esercito, ditte priva- grande di tutta l’Italia centrale. te, volontari, danno una mano, ma la gen- A Pisa sale la paura. Nel tardo pomerig- te è abituata a lavorare sodo, si rimbocca

398 La grande alluvione

le maniche e in poche settimane la mag- sistema di Protezione Civile, che allora era gior parte delle fabbriche è in grado di ri- assente. Opera da tempo, inoltre, l’Auto- prendere l’attività. I comuni sono il cen- rità di Bacino del fiume Arno, che adesso tro di coordinamento delle attività di soc- svolge anche le funzioni di coordinamento corso e aiuto. all’interno del Distretto Appennino set- tentrionale per l’attuazione delle disposi- zioni comunitarie discendenti dalla diret- Sarebbe sbagliato dire che non è stato tiva Acque (2000/60/CE) e dalla direttiva fatto nulla Alluvioni (2007/60/CE). Di recente il Comitato Istituzionale Inte- Da allora molto tempo è passato. Sareb- grato ha adottato il Piano di gestione del- be sbagliato dire che non è stato fatto nul- le Acque (PGA) e il Piano di gestione del la per prevenire eventi così disastrosi, ba- rischio da alluvioni (PGRA) che integrano sti pensare al completamento dello scol- e aggiornano i precedenti atti di pro- matore, alla costruzione della diga di Bi- grammazione, divenendo i punti di riferi- lancino, all’innalzamento di alcuni tratti mento per tutti gli atti pianificatori in ma- d’argine, alla realizzazione di alcune cas- teria. se d’espansione. Ma tutti gli esperti con- È auspicabile che i due atti contribuisca- cordano nell’affermare che il ripetersi di no a dare maggiore impulso e coerenza situazioni meteo e climatologiche come agli interventi per un’efficace prevenzio- quelle del 1966 avrebbe effetti ugualmente ne delle alluvioni dell’Arno, all’interno di disastrosi, soprattutto per la parte del ba- un’organica politica di tutela del territo- cino a valle di Firenze. rio e di governo dell’utilizzo delle risorse C’è da dire che, rispetto al 1966, dispo- idriche. Perché questo avvenga è neces- niamo di sistemi di previsione e monito- sario che siano destinate a questi inter- raggio enormemente più potenti e di un venti adeguate risorse economiche e che

399 tutti i soggetti coinvolti abbiano compor- acqua per i sistemi acquedottistici e/o per tamenti assolutamente coerenti con gli ob- gli usi agricoli e produttivi. biettivi individuati, ponendo fine ad at- Per questo, «Acque» è disponibile a met- teggiamenti contradditori e alle scelte sba- tere a disposizione di un’efficace politica gliate del passato (aree urbanizzate in go- di governo delle risorse idriche anche il pa- lena, restringimento progressivo degli al- trimonio di tecnologie e di conoscenze vei e delle golene, manutenzione inade- acquisite in tanti anni di gestione del ser- guata degli argini ecc.). vizio idrico. Con il Progetto «Wiz», ad esempio, che vede tra i promotori anche l’Autorità di Uno sguardo unitario e organico Bacino dell’Arno, «Acque» ha messo a di- sposizione un modello informatico con il Come Gestore del Servizio idrico integra- quale i soggetti proposti alla programma- to, siamo particolarmente interessati a una zione urbanistica possono valutare l’im- gestione razionale, oculata e lungimiran- patto delle proprie scelte sulla disponibi- te dell’acqua, che guardi in modo unita- lità della risorsa idrica e i costi conse- rio e organico alle diverse problematiche: guenti. Il modello, probabilmente, con la tutela della risorsa, la regimazione e un’integrazione adeguata dei dati, po- conservazione dell’acqua, la disciplina del trebbe funzionare anche per valutare l’im- suo uso (a fini potabili, agricoli, industriali, patto delle scelte di governo del territorio ludici). sul sistema drenante delle acque meteo- È a tutti evidente, ad esempio, che inter- riche. venti organici, che trattengano la risorsa In fin dei conti, ai fini di un’efficace pre- idrica a monte, servono non solo ad atte- venzione delle catastrofi naturali e della nuare l’ondata massima delle piene, ma gestione delle emergenze, diventa sempre anche a favorire un rilascio graduale del- più centrale, oggi, la costruzione di un l’acqua e assicurare al sistema fluviale un adeguato sistema di raccolta, monitorag- minimo vitale, che può tornare molto uti- gio e gestione dei dati e delle informa- le, nei periodi di siccità, come riserva di zioni.

400 LA «SVOLTA ANTROPOLOGICA» E GLI EQUILIBRI IDROGEOLOGICI di Giancarlo Ceccanti

La terra va trattata con rispetto, come sanno fare da sempre i contadini a qualsiasi latitudine essi lavorino; questo atteggiamento si è purtroppo perso nelle nostre società urbanizzate e il prezzo dell’incuria del territorio lo paghiamo sempre più spesso in termini di degrado ambientale e di dissesto idrogeologico. L’anniversario dell’alluvione del 1966 offre, in questo senso, uno spunto di riflessione in più.

Combattere contro il degrado sulta sicuramente maggiore di quanto ci saremmo dovuti aspettare se nei passati Mentre scrivo, al passaggio della seconda cinquant’anni ci fossimo curati delle no- o terza perturbazione di ottobre, sta pio- stre montagne e dei nostri fiumi. Non è sta- vendo e pare che a Roma faccia un caldo to così e proprio per questo, anche senza anomalo per la stagione, mentre il Sud è l’estremizzazione dei fenomeni atmosfe- flagellato dalla pioggia. I cinque morti la- rici, per varie ragioni ci troveremo co- sciati sul campo non si sono meritati la no- munque a dover fronteggiare queste av- tizia d’apertura del giornale radio. versità e a combattere contro il degrado e Ma purtroppo è sufficiente osservare la il disfacimento del nostro territorio. frequenza e l’intensità delle piogge che in questi ultimi anni si sono abbattute sulle nostre regioni per convincersi che il cli- Il «lubrificante tettonico» ma è cambiato. Gli effetti prodotti da que- sto mutamento sono i danni che siamo co- Certamente, questo dipende dalla natura stretti a contare con regolarità cronome- delle nostre montagne e dalla loro storia trica al passaggio di ogni perturbazione. geologica. Le rocce che formano l’Ap- Un prezzo altissimo che dobbiamo paga- pennino cominciarono a depositarsi due- re anche in termini di vite umane che ri- cento e passa milioni di anni fa nell’O-

401 ceano della Tetide dove ora si trovano l’I- aeree, colpisce il confronto tra le diverse sola Còrsa e la Sardegna, più o meno in situazioni, prima e dopo questa trasfor- mezzo a quello che oggi è il Mar Tirreno. mazione; appare chiaro ed evidente quan- Un succedersi di materiali granulometri- to questo processo sia stato aggressivo e camente molto fini che da una ventina di maldestro, rallentando se non addirittura milioni di anni, spinti dalla deriva tettoni- impedendo in maniera inevitabile il natu- ca, si muovono verso Est, si frantumano e rale fluire ed espandersi dei corsi d’acqua. si accavallano formando ammassi di stra- In collina poi, nel passato, le coltivazioni ti disarticolati e particolarmente plastici erano impostate a «girapoggio» o a «ca- che i geologi, che da anni cercano di fa- valcapoggio», termini ormai in disuso che re un po’ d’ordine intorno a questo mara- indicavano con immediatezza un paesag- sma indistinto, hanno definito come un gio che oggi è difficile vedere. Si riusciva vero e proprio «lubrificante tettonico», sul a mettere in atto un sistema di conduzio- quale falde rocciose più rigide hanno tro- ne agricola in grado di coniugare l’effica- vato agevole staccarsi e proseguire la lo- cia degli interventi con l’equilibrio esteti- ro strada verso Est. co dei luoghi e quindi capace di svolgere Sono proprio terreni di questa natura e con un’azione efficace di controllo del terri- queste caratteristiche che formano gran torio. parte del nostro territorio, condizionando Del resto, da tempo immemorabile, i con- inevitabilmente, anche a scala più ridotta, tadini di tutte le parti del mondo si sono il comportamento di montagne e colline e ingegnati per ostacolare l’erosione del suo- di ogni singolo versante, all’interno di un lo e il suo progressivo e inevitabile impo- contesto complesso e dinamico. verimento, sapendo che da questo sareb- Per capire qual è la situazione, bastereb- be dipesa addirittura la loro sopravviven- be anche solo consultare le vecchie carte za. Seguendo testardamente e faticosa- geologiche per vedere estese plaghe, di- mente questa filosofia si sono inventati il stinte da una tenue colorazione pastello, terrazzamento d’intere coste montuose per classificate a suo tempo come «caotiche» cercare di rallentare la corsa dell’acqua o «indifferenziate» proprio per indicare verso valle e di controllarne l’infiltrazio- quanta fosse la difficoltà di capire la strut- ne. Avevano imparato che il rischio di fra- tura del nostro sottosuolo. ne e di alluvioni può essere controllato solo attraverso la conservazione della col- lina e della montagna. Essendoci progres- L’involuzione nella concezione del sivamente dimenticati di questo assioma territorio basilare, le priorità – durante gli ultimi de- cenni – sono state sempre di altro tipo; di Oltre a questo, il modo che abbiamo di fatto si è passati gradualmente a una più concepire il territorio si è involuto giorno redditizia coltivazione a «rittochino», se- dopo giorno, in maniera direttamente pro- guendo la strada più breve, quella che cor- porzionale al grado di abbandono delle re da monte a valle, lungo la massima pen- aree agricole e all’avanzare del progresso denza del terreno. Anche perché le anti- tecnologico. La progressiva urbanizzazio- che pratiche agrarie, pur essendo ottima- ne ha rappresentato uno dei tanti effetti li per la regimazione dell’acqua e il con- collaterali del «miracolo economico» de- trollo dell’erosione, oggi risulterebbero de- gli anni 50 e 60, da tempo studiato in tut- cisamente controindicate in termini di ti i suoi risvolti. Analizzando le immagini operatività e sicurezza.

402 La grande alluvione

I rischi della movimentazione to a lavorare come geologo, più di meccanica del terreno trent’anni fa. Col tempo ho dovuto con- statare che a fronte delle tante parole spe- I primi mezzi meccanici cominciarono ad se intorno alla necessità di preservare e arrivare nel secondo dopoguerra quando i valorizzare la risorsa idrica, in realtà quan- caterpillar americani contribuirono non po- do si tratta di intervenire, molto spesso ci co a portare avanti la frenetica ricostru- si muove con approssimazione e scarse zione che sarebbe seguita di lì a poco. Da basi tecniche e scientifiche, nonostante in allora le macchine da lavoro sono diven- questi ultimi anni siano stati fatti indubbi tate sempre più potenti e tecnicamente so- progressi. fisticate: all’interno di cabine pressurizza- Per qualche tempo ho pensato che le co- te e climatizzate, uno dei nemici più sub- se potessero evolversi grazie a una presa doli è rappresentato dalla ripetitività e dal- di coscienza graduale che avrebbe potu- la monotonia di un lavoro che, avendo la to formarsi anche attraverso una normati- potenzialità di dislocare in breve tempo va sempre più attenta e incisiva, mirata volumi notevoli di materiale, senza le do- specificamente a sostenere a tutti i livelli vute cautele e attenzioni e soprattutto un questo doveroso processo di crescita che attento e continuo controllo, porta ad in- sarebbe dovuto passare principalmente da cidere spesso in modo irrimediabile sul ter- un generale cambio di cultura. Finora non ritorio. Livellando i terreni e andando a è stato così, come è possibile verificare modificare le forme originarie, le condi- anche dal quadro di leggi e regolamenti zioni di equilibrio raggiunte dopo secoli di che regolano questa materia che non ce fatica, si è aperta la strada non solo al de- la fanno né a tenere il passo con le con- grado idrogeologico ma anche a processi tinue innovazioni, né a raccogliere la sfi- più o meno spinti di desertificazione rife- da sempre più pressante rappresentata dal- ribili specificamente a quelle trasforma- la sovrappopolazione e dal sovrasfrutta- zioni che gli sono correlate, come l’inevi- mento delle risorse. tabile incremento dell’erosione del suolo Il tema acqua, com’è giusto che sia, viene e la sua degradazione. Non a caso la mo- costantemente affrontato dalle più diverse vimentazione meccanica del terreno vie- angolazioni e a maggior ragione proprio ne considerata oggi la prima tra le cause per questo, duole dover notare che dalla di alterazione del territorio. discussione risultano assenti, in maniera singolare, coloro che si occupano di idro- geologia a livello professionale e per di più La presenza dell’acqua constatare quanto questa disciplina conti- nui ad essere surrogata da luoghi comuni Un elemento ulteriore di disturbo è rap- e credenze popolari, quanto sia difficile presentato dalla presenza dell’acqua che affrancarsi da questo stato di arretratezza scorre, si infiltra e fluisce nel sottosuolo tra e da questa mentalità polverosa. fratture e meati, seguendo modalità e per- corsi mai sufficientemente studiati perché la vulgata (anche tra tecnici) li considera Cambiare mentalità addirittura misteriosi e di conseguenza per definizione, impenetrabili e indecifrabili. Arrivati a questo punto c’è da augurarsi di Posso dire questa cosa perché mi occupo voler tornare sui nostri passi, se non per di ricerca idrica da quando ho comincia- convinzione almeno per necessità, con-

403 vinti che per voler far questo dovremo af- nel tentativo di ridurre la frammentazione frontare un’impresa addirittura titanica per e l’incoerenza di interventi spesso più dan- intervenire alla radice, cercando di inci- nosi che inutili. Altrimenti, di nuovo, do- dere sui principi fondamentali del nostro vremo solo prendere atto dell’inutilità del- modo di essere. Si tratta addirittura di su- le posizioni demagogiche e scontate che perare i nostri limiti antropologici. Non è vengono sostenute di volta in volta ri- purtroppo uno stereotipo quello dell’Ita- guardo a questi argomenti, in occasione lia dei campanili e non ci possono essere del dibattito pubblico e politico. tanti dubbi sui mali che affliggono la no- stra società civile, prosciugata e mortificata dagli interessi di lobby e congreghe che Una ricorrenza piena di significato alla ricerca continua di nuovi spazi di ma- novra, attraverso ostruzionismi e indebite Qualche anno fa sono stato in un villag- pressioni, hanno contribuito a mettere in- gio dell’Africa equatoriale all’interno del- sieme un sistema normativo inutilmente la foresta, dove si vive con poco e la po- pletorico. In ragione di questo, durante il vera economia si regge sul lavoro della percorso accidentato di un qualsiasi tipo terra. Olio di palma e cacao vengono com- di progettazione, per affrontare le forche mercializzati e ci si nutre di banane, pa- caudine di procedure impossibili e di una paie, ananas e arachidi, che sembrano cre- burocrazia asfissiante, si è costretti a pro- scere un po’ disordinatamente ma con durre mucchi di elaborati al solo fine di grande facilità nel sottobosco di alberi gi- raggiungere una correttezza formale in ganteschi. molti casi, assolutamente vuota. Perché Stavamo aspettando il capo villaggio, che nella realtà, rispetto alle tesi progettuali, intanto rientrava dal lavoro indossando una quello che può accadere in un cantiere di rigorosa grisaglia e poggiando sulla spalla lavoro è veramente un’altra storia. Figu- l’inseparabile machete. Al suo arrivo era riamoci poi quando si interviene sotto ter- bagnato di sudore e strideva molto l’inap- ra, dove si pensa di potersi muovere in un puntabile e per quei luoghi anche strava- regime di totale franchigia e proprio per gante eleganza dell’abito di taglio occi- questo in assoluta libertà d’azione. dentale rispetto alla natura selvaggia che Saremmo veramente fortunati se in un avevamo intorno. Ciò che ci convinse fu prossimo futuro si arrivasse perlomeno a la sua risposta ai nostri sguardi pieni di me- definire con chiarezza il quadro genera- raviglia: «La Terra va trattata con rispetto». le, per poter intervenire con decisione e Un ammonimento che, a maggior ragio- soprattutto con convinzione nei vari am- ne, in una ricorrenza piena di significato biti che necessariamente dovranno essere come il cinquantenario dell’alluvione del affrontati. Potendo confrontarsi con profitto 1966 (importante sotto il profilo della me- per cercare di avvicinare tra di loro i di- moria ma anche come elemento di rifles- versi settori di indagine e i diversi piani del- sione sugli equilibri idrogeologici ai no- la progettazione, in maniera da arrivare al stri giorni) dovremmo tener presente e me- massimo risultato in termini ambientali, ditare con attenzione.

404 SUL GRANDE TEMA DELL’ACQUA di Alessandro Mazzei

Nei cinquant’anni che ci separano dall’alluvione di Firenze, l’evoluzione dell’approccio dell’Italia alla risorsa acqua da utilizzare a fini idropotabili e dei servizi idrici, trova un punto di svolta nella cosiddetta «Legge Galli», nel 1994, che introdusse il concetto di Servizio idrico integrato. In Toscana, esso ha trovato applicazione con la Legge regionale n. 81 del 1995, che mette ordine nel governo della risorsa. Ma molte cose sono ancora da fare, come illustra dettagliatamente l’esempio della, lungamente dibattuta ma ancora irrealizzata, sistemazione della rete fognaria della città di Firenze.

cinquanta anni dalla grande alluvione sorsa idrica come fonte essenziale della vi- Adi Firenze e dalle minori, se non altro ta e delle attività dell’uomo. per risonanza mediatica, alluvioni delle al- tre zone della Toscana, diventa essenziale allargare la riflessione sui fatti di quegli an- Una riflessione su due piani ni considerando l’acqua anche come una risorsa da utilizzare, oltre che come un ele- Come tutti sappiamo, l’acqua svolge di- mento naturale da temere e da regimare. verse funzioni fondamentali, ma fra tutte E, come è fondamentale capire cosa ab- la più importante da ogni punto di vista è biamo fatto da allora ad oggi per difendere quella legata all’uso idropotabile e al con- le nostre città e i nostri territori da un nuo- sumo umano per scopi alimentari e igie- vo rischio alluvione, così diventa impre- nici. Analizzando il tema dell’uso idro- scindibile analizzare cosa è cambiato, in potabile dell’acqua, la riflessione non può meglio o in peggio, nella gestione della ri- che svilupparsi su due piani distinti ma

405 strettamente collegati tra loro, ovvero quel- In materia di risorsa idrica per l’uso idro- lo della gestione della risorsa naturale e potabile nel nostro Paese, e soprattutto in quello della gestione dei servizi idrici ne- Toscana, c’è un «prima della Legge Gal- cessari a garantire l’uso umano di tale ri- li», caratterizzato da un approccio disor- sorsa. Non bisogna infatti mai dimentica- ganico e frammentato, e un «dopo della re che l’acqua, che è sicuramente un be- Legge Galli», in cui prevale il tentativo, ne comune dell’umanità, ha bisogno di non sempre riuscito, di avere una visione consistenti interventi umani, di varia na- sistemica della risorsa e dei servizi ad es- tura e in varie fasi del ciclo, per poter es- sa collegati. In una parola, oggi si cerca sere disponibile all’uso effettivo da parte di realizzare una vera e propria gover- dell’uomo stesso. Il complesso di tali in- nance dell’acqua. terventi umani volti a captare l’acqua, a renderla potabile, a trasportarla per lunghi tratti e distribuirla agli utenti, a raccoglierla Un salto di scala nella governance dopo il loro uso e restituirla all’ambiente, possibilmente depurata, questo comples- Le novità legislative contenute nella Leg- so di interventi umani costituisce l’insie- ge Galli e nella prima legge regionale di me dei servizi idrici o, come si usa defi- attuazione, la Legge della Regione Tosca- nirlo oggi, il servizio idrico integrato. na n. 81/1995, hanno determinato un nuo- Ebbene, se vogliamo analizzare come è vo assetto delle istituzioni preposte al go- cambiato l’approccio nel nostro Paese e verno della risorsa e dei servizi idrici: so- nella nostra Regione alla risorsa acqua, no state così definite le competenze del- intesa come risorsa da utilizzare a fini idro- le Regioni e delle Autorità di Bacino in potabili, non possiamo non esaminare an- materia di programmazione dell’uso del- che l’evoluzione dei servizi idrici. la risorsa, di tutela delle acque superficiali Nei cinquant’anni che ci separano dai tra- e sotterranee e sono nati gli ambiti terri- gici fatti di Firenze, il vero spartiacque può toriali ottimali per la gestione dei servizi essere considerato il 1994, anno in cui il idrici. Con l’evolversi della normativa, nel Parlamento italiano vara una delle riforme corso del primo decennio del Duemila fi- più avanzate e, come spesso succede nel no ai giorni nostri, si è verificato un salto nostro Paese, meno applicate in campo am- di scala nella governance dell’acqua: da bientale, la Legge n. 36 del 5/01/1994 «Di- Autorità di Bacino si è passati ad Autorità sposizioni in materia di risorse idriche», di Distretto idrografico, dalle competenze molto più famosa come «Legge Galli». comunali alle autorità di ambito territo- Molti sono i meriti che già a poco più di riale ottimale (molte delle quali oggi, co- venti anni potremmo definire storici di me in Toscana, hanno una dimensione re- questa Legge, a cominciare dell’afferma- gionale) ed è stata introdotta un’Authority zione del principio della pubblicità di tut- nazionale nella regolazione del servizio te le acque, superficiali e sotterranee, con- idrico integrato. tenuta nel primo comma del primo arti- In questo quadro evolutivo, la Toscana ha colo. E fu proprio questa legge ad affer- svolto spesso un ruolo da «apripista» ri- mare – forse per la prima volta in modo spetto alle altre regioni, credendo sin da così esplicito nel nostro ordinamento – la subito nel nuovo assetto istituzionale pro- priorità dell’uso umano rispetto a tutti gli posto dalla Legge Galli e dalle sue suc- altri usi e ad introdurre il concetto stesso cessive evoluzioni ed oggi può legittima- di servizio idrico integrato. mente proporsi come modello sia nel cam-

406 La grande alluvione po della programma- zione che nel campo della gestione della ri- sorsa idrica. L’Autorità di Distretto ha molto recentemente approvato il Piano di gestione delle Acque, lo strumento principale di pianificazione dell’uso delle risorse idriche vo- luto dalla disciplina co- munitaria (direttiva eu- ropea 2000/60), e la Regione Toscana ha isti- tuito l’Autorità Idrica Toscana, come naturale evoluzione di li- circa 80 Euro ad abitante, finanziati prin- vello regionale delle precedenti autorità cipalmente dalle tariffe e fino al 2021 si di ambito territoriale ottimale. Quest’ulti- prevede di spenderne altri 325 milioni. ma ha appena terminato la fase di elabo- Questa enorme mole di investimenti do- razione del nuovo Piano di ambito regio- vrebbe garantire il rispetto degli obblighi nale, che definisce il quadro degli inve- comunitari, evitandoci le relative sanzio- stimenti necessari per il servizio idrico per ni, e contribuire a migliorare (o almeno i prossimi 20-30 anni, con l’obiettivo di as- non peggiorare) la qualità dei corpi idrici sicurare un servizio idrico con standard superficiali e sotterranei della nostra re- europei a tutti i cittadini toscani, non au- gione. mentando i prelievi di acqua dall’am- Soprattutto, questi investimenti non sa- biente, ottimizzando al contempo anche rebbero stati neanche lontanamente im- la qualità della risorsa stessa e la garanzia maginabili se non ci fosse stata la «rivo- del servizio in contesti siccitosi e portan- luzione copernicana» promossa dalla Leg- do la depurazione al punto di rimuovere ge Galli e se la Toscana non avesse intra- il 97-98% del carico inquinante derivan- preso la strada della sua attuazione. te dagli scarichi civili e industriali. Ecco perché possiamo affermare che, al- meno nel Servizio idrico integrato, gli ul- timi venti anni non sono passati invano e, Vent’anni non passati invano nel suo complesso, la tutela delle risorse idriche e dell’ambiente ha fatto significa- Proprio gli investimenti realizzati e previ- tivi passi in avanti. sti nelle fognature e nella depurazione Tuttavia, ancora molto resta da fare: le hanno svolto e svolgeranno ancora un ruo- consistenti carenze infrastrutturali e, tal- lo centrale nella tutela ambientale e nel- volta, anche gestionali, soprattutto nel set- la salvaguardia delle risorse idriche della tore delle fognature, richiedono un impe- nostra regione. gno maggiore rispetto al passato. Sempre In questi due settori del servizio idrico in- più risulta necessario far fronte anche al- tegrato, dal 2002 ad oggi, si è speso oltre le precipitazioni piovose più intense e con- 300 milioni di Euro, che equivalgono a centrate nel tempo, soprattutto a causa dei

407 cambiamenti climatici che riguardano an- vede che ciascuna utenza allacciata alla che la nostra regione. fognatura sia dotata di fosse settiche, le I sistemi di raccolta dei reflui in Toscana, cosiddette «fosse biologiche», finalizzate almeno nel 70% dei casi, risultano esse- ad effettuare un primo livello di tratta- re sistemi misti, ovvero destinati a racco- mento degli scarichi a piè di utenza. gliere anche le acque meteoriche in area Le caratteristiche della rete fognaria fio- urbana. Il restante 30% di sistemi separa- rentina risentono fortemente di scelte pro- ti in realtà spesso risulta comunque mol- gettuali e realizzative che prendono il via to influenzato, per scarsa qualità di rea- alla fine dell’Ottocento e che, in un per- lizzazione delle tubature, da acque me- corso storico spesso tortuoso, hanno por- teoriche. In tale contesto, essere in grado tato ad una configurazione che oggi ap- di ridurre il rischio di allagamento dovu- pare piuttosto singolare. Tale configura- to a fenomeni di piovosità molto intensa zione è sicuramente da superare, soprat- è diventato un requisito essenziale che ri- tutto a seguito della piena operatività del- chiede un approccio più consapevole e lo schema depurativo della città, comple- organico rispetto al passato. tato con l’entrata in funzione dell’emissa- Oggi, dobbiamo, e con rapidità, essere in rio in riva sinistra d’Arno. grado di mappare tutte le situazioni di cri- Ripercorrendo per sommi capi la storia ticità del sistema fognario e di drenaggio della rete fognaria del capoluogo toscano, delle città toscane, individuando i possi- si possono individuare le tappe fonda- bili punti di crisi in caso di eventi piovo- mentali di seguito riportate 1. si via via più intensi e programmare, in- sieme a tutti i soggetti coinvolti nella ge- stione del territorio – enti locali, consorzi Fine Ottocento di bonifica, etc., vista peraltro la promi- scuità con il sistema idraulico – gli inter- Sulla spinta della diffusione delle epide- venti necessari sia in termini di progetta- mie coleriche, le principali città italiane ed zione e realizzazione di investimenti fo- europee avevano concentrato gli sforzi gnario-depurativi sia in termini semplice- verso la realizzazione di una rete di ac- mente gestionali e di ordinaria manuten- qua potabile per ogni abitazione e di una zione. fognatura a canalizzazione per lo smalti- mento delle acque luride dalle stesse abi- tazioni. Un esempio di nuovo approccio Firenze, con una delibera dell’11 ottobre 1887 sul riordino ed il risanamento del Un esempio di nuovo approccio nella pro- centro storico all’art. 16, prescriveva: «Che gettazione e gestione di una rete fognaria ogni edifizio destinato ad abitazione de- che assolve anche funzioni di drenaggio ve essere provveduto di acqua e di un suf- urbano è rappresentato da quanto si po- ficiente numero di latrine, munite di val- trà fare nella città di Firenze. La rete fo- vole e collocate in appositi ambienti, in gnaria fiorentina, specie per quanto ri- modo da ricevere aria direttamente», men- guarda l’area del centro compresa nella tre all’art. 18 «(…) Che i condotti delle la- cerchia dei viali, presenta due caratteri- trine dovranno essere di ghisa o di terra- stiche essenziali: è una rete mista, desti- cotta invetriata internamente, e, in ogni nata quindi a raccogliere ed allontanare sia caso, racchiusi in cassette di muratura. reflui urbani sia acque meteoriche; pre- Questi condotti dovranno far capo a poz-

408 La grande alluvione zi neri che saranno costruiti a perfetta te- lettori vennero poi successivamente im- nuta, situati nel sottosuolo e muniti di dop- messe le nuove fogne che l’estendersi del- pia lapide». le città obbligava di costruire, sempre però Tornando qualche anno indietro nel tem- tenendo per norma di smaltire delle fogne po, si possono esaminare vari passaggi da soltanto le acque di pioggia, ed adottan- cui si evince che Firenze non aveva mai do per le materie di rifiuto, fino a circa smesso di dibattere il problema sulla scel- vent’anni fa, la fossa fissa o quella mobi- ta della fognatura, ma la conclusione in le, indi la fossa Muras, e da dieci anni occasione del risanamento del centro sto- concedendosi l’applicazione delle fosse rico contraddiceva ogni criterio di mo- biologiche». dernità. Fin dal 1868 Il Comune di Firen- Nello stesso documento il Tognetti ag- ze aveva istituito una commissione tecni- giungeva: «Certo però, e questo più spe- ca per lo studio della fognatura, di cui cialmente nella grande zona abitata già però non fece mai parte l’architetto Giu- racchiusa dalla cinta Medicea, le vecchie seppe Poggi, che pure influenzò notevol- fogne e tombini per la loro forma, co- mente le scelte progettuali di tutte le in- struzione, pendenze e contropendenze, frastrutture del periodo, compreso le scel- comunicazione diretta con l’esterno, ac- te sulla fognatura. Infatti, il Poggi riteneva qua non sufficiente ad imprimere una de- che la tipologia di fognatura a canalizza- finitiva velocità, non sono in condizioni zione fosse la più adatta e suggeriva di ve- da poter essere usufruite per canali di rificare attraverso uno studio attento del- smaltimento di tutti i liquidi di rifiuto do- la Commissione l’ipotesi di immettere nel- mestici, il che facendo si cadrebbe in con- la fognatura la parte liquida delle latrine. dizioni assai peggiori di quelle attuali, Ciò per il Poggi era ormai possibile visto quindi ecco sorgere il problema della scel- che Firenze aveva raggiunto un sufficien- ta del metodo da adottarsi per la nuova te sviluppo della rete fognaria. Il Poggi ag- fognatura». giungeva che si trattava di un sistema che Il far confluire ogni tipo di liquame alla fo- prima o poi doveva essere adottato e che gnatura a canalizzazione per poi essere riguardava lo scarico della parte liquida e allontanato dal centro abitato non era pos- «(…) foss’anco della parte solida, secon- sibile nel centro di Firenze per una serie do il sistema seguito da altre città rispet- di motivi tecnici: pendenze inadeguate o tabili». contropendenze; forma delle sezioni; co- struzione; comunicazione diretta con l’e- sterno (si riferiva probabilmente alle con- Primi decenni del Novecento dizioni delle caditoie ed alla non perfetta tenuta dei tombini stradali); necessità di di- Negli anni 1916-1917 il direttore dell’Uf- sporre di molta acqua per il lavaggio. ficio tecnico Comunale, ing. Vittorio To- Se da un lato i vari sistemi disponibili di gnetti, nel documento La fognatura di Fi- fogne fisse, mobili, latrine, pozzi neri etc. renze scriveva: «Firenze in fatto di razio- erano gli unici sistemi usati e conosciuti nale smaltimento dei liquami di rifiuto è fino alla seconda metà del XIX secolo, or- rimasta molto indietro, essendosi soltanto mai la fognatura a canalizzazione pro- limitata per ora a risolvere il problema grediva dando la possibilità di ridurre la idraulico di difesa del centro urbano (…). fase di svuotamento manuale. Il processo Si sono cioè ben studiati i canali colatori di ammodernamento della rete fognaria si intercettanti le acque alte (…), ai quali col- completava quando si riusciva a smaltire,

409 attraverso la canalizzazione, tutta la com- legamento diretto degli scarichi domesti- ponente dei liquami. A Firenze, però, il ci alla rete fognaria e la realizzazione del- processo di ammodernamento non si era l’impianto di depurazione della acque di concluso (e non lo è tuttora!). fogna su modello Degremont di Parigi, da Il Tognetti conclude il documento con il realizzarsi nella zona di Peretola. Ovvia- progetto del completamento della fogna- mente sappiano che nulla fu realizzato an- tura comunale in cui erano appunto pre- che del progetto Bellincioni. visti gli interventi per eliminare le vecchie canalizzazioni non praticabili con cana- lizzazioni ovoidali, oltre che una serie di La buona volontà degli utenti opere per la cacciata e nuove canalizza- zioni per lo smaltimento finale. La tipolo- L’attuale assetto del sistema fognario del gia di canalizzazione prescelta era quel- capoluogo toscano appare ampiamente la mista o unitaria. superato (e d’altra parte lo era già più di un secolo fa!) perché progettato in totale assenza di sistemi di depurazione e per- Anni del Dopoguerra ché basato su fosse biologiche che non garantiscono sulla effettiva tenuta, il cui Il progetto Tognetti viene ripreso in consi- svuotamento è affidato alla buona volontà derazione dall’ing. Giovanni Bellincioni dei singoli utenti e la cui corretta gestio- che, nel 1941, elabora il documento Rior- ne presenta costi non irrisori. Oggi, per dino e completamento della fognatura di motivi economici e soprattutto ambienta- Firenze e studia nuovamente il problema. li, è possibile se non doveroso prevedere Bellincioni formula una soluzione a ca- un nuovo assetto della rete fognaria di Fi- nalizzazione separata, concludendo che renze, che punti ad eliminare le fosse bio- per ottenere gli stessi risultati del proget- logiche e a risolvere le principali criticità to Tognetti la soluzione separata risultava connesse al drenaggio delle acque me- più conveniente. Ovviamente Bellincioni teoriche. Sicuramente questi aspetti però prevedeva nella sua soluzione anche la non possono essere relegati ad una di- depurazione, che nel frattempo aveva già scussione e progettazione nell’ambito del diverse applicazioni in Europa e special- solo Servizio idrico integrato, ma richie- mente in Inghilterra. dono un approccio integrato e coordina- Quindici anni più tardi, nel 1956, lo stes- to da parte di tutti i soggetti interessati, so Bellincioni realizza il Progetto esecuti- Comune di Firenze, Consorzio di Bonifi- vo della fognatura nera. Il progetto preve- ca, etc.: quale migliore occasione per far de la realizzazione della rete fognaria se- ciò se non il cinquantesimo anniversario parata nera, quindi con l’obbligo del col- dell’alluvione fiorentina!

1 Per un’analisi dettagliata e molto accurata della l’ing. Colasurdo, nell’ambito di un progetto di inter- storia della rete fognaria di Firenze, si rimanda ad uno vento sulla rete medesima. studio effettuato da «Ingegnerie Toscane», a cura del-

410 La grande alluvione

(Volume monografico speciale a cura di Giorgio Valentino Federici, Miriana Meli, Lucio Niccolai, Severino Saccardi, Simone Siliani e Vincenzo Striano) Rassegna bibliografica sull’alluvione

Riccardo Ciliberti ed Elisa di Renzo

411 ALLUVIONE/ALLUVIONI: PERCORSI TEMATICI E BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE di Riccardo Ciliberti ed Elisa Di Renzo

Il Comitato «Firenze2016» - «Toscana2016» ha promosso una ricerca sulla documentazione, sulle fonti e sulla bibliografia relative all’alluvione, ricerca, dei cui risultati viene qui dato conto in due sezioni riguardanti, l’una spunti di lettura sulle alluvioni storiche cui la città di Firenze è stata soggetta nei secoli, l’altra un’analisi della mole di materiali, fra cronaca e storia, relativi al disastroso evento del 1966, particolarmente conosciuto dal punto di vista mediatico, ma per il quale è carente una ricostruzione particolareggiata che vada oltre il ricordo aneddotico ed emozionale, se non per gli aspetti tecnici legati al restauro delle opere d’arte. Segue una aggiornata Bibliografia sull’alluvione fiorentina.

La ricerca sulla documentazione ziata a ottobre del 2015 e si concluderà ad agosto 2016. Gli obiettivi del progetto Il presente contributo si inserisce all’in- prevedono la redazione di una Bibliogra- terno delle iniziative promosse dal Comi- fia e una prima ricognizione sulle fonti (in tato «Firenze2016» - «Toscana2016» per special modo giornalistiche). In questa se- il Cinquantenario dell’alluvione del 1966. de si presentano i risultati parziali dell’in- Il Comitato ha promosso la ricerca sulla dagine inerente le fonti e la bibliografia documentazione dell’alluvione che è ini- sull’alluvione fiorentina. Abbiamo deciso

412 La grande alluvione di suddividere il presente testo in due se- Le indagini condotte con metodi propri zioni, presentando un primo orientamen- delle scienze naturali e collegate a fina- to inerente le alluvioni storiche della città lità pratiche di enti o istituti che intendo- di Firenze e la possibilità di un approccio no prevenire future calamità sono domi- storico all’ultima grande alluvione. (R. Ci- nanti. In questi casi si tratta di individua- liberti) re misure atte a governare meglio il rischio nel futuro, cercando di accertare danni a persone o cose delle calamità storiche e Le alluvioni storiche: spunti di lettura considerando, dunque, una calamità non nel singolo evento, ma nell’insieme delle La storiografia sulle alluvioni della città di sue manifestazioni sulla lunga durata 6. Firenze si inserisce nel filone più genera- Superfluo sottolineare come, in mancan- le degli studi sulle calamità ambientali. Il za di dati archeologici e a causa della na- termine calamità in italiano ha significa- tura diversa delle altre tipologie di fonti to più generico e meno drammatico di ca- (perlopiù letterarie), spesso si tratti di sti- tastrofe (catastrophe in francese; disaster me e non di effettive misurazioni. Altro fi- in inglese). Tale sostantivo ha anche il pre- lone meno sviluppato è quello della sto- gio di non limitare temporalmente l’e- ria delle mentalità e della cultura 7, nel vento, collegandolo ad un’idea di imme- quale si sottolineano gli effetti psicologi- diatezza, ma di sottolinearne gli effetti e ci o le attribuzioni simboliche delle cala- sul lungo periodo (eventi calamitosi). «Na- mità. Il sovrannaturale venne inteso non turale» è stato un aggettivo criticato per- solo come causa di eventi catastrofici (stre- ché tende a minimizzare la componente goneria o punizione divina), ma anche co- umana e culturale, per questa ragione è me uno strumento valido per potersi pro- stato scelto il termine «ambientale», ben- teggere 8. ché dagli studiosi siano stati presi perlo- Tuttavia bisogna sottolineare che per le al- più in esame casi in cui le calamità non luvioni non è possibile limitare un primo siano immediatamente riconducibili al- orientamento bibliografico alla sola sto- l’uomo (come ad esempio gli incendi) 1. riografia sulle calamità, poiché notizie e Tale settore risulta più studiato nella let- studi inerenti tali eventi sono inseriti al- teratura francese ed anglosassone rispetto l’interno delle indagini che riguardano a quella italiana. In Francia la tradizione l’uomo e l’ambiente. I fiumi in maniera di studi risale alla scuola de Les Annales particolare non furono solo fonte di «sven- ed in particolare alla monografia sul cli- ture» per i centri abitati, ma contribuiro- ma di Le Roy Ladurie 2 ed è proseguita fi- no alla loro crescita economica, instau- no ad oggi 3. Tale divario con la storio- rando così un rapporto bilaterale nel qua- grafia straniera è facilmente percepibile le non furono solo gli uomini ad adattar- dalla presenza di opere di sintesi 4 ed in si alle condizioni ambientali, ma gli stes- generale è possibile affermare che queste si corsi d’acqua subirono antropizzazioni tematiche in Italia si siano sviluppate co- a diversi livelli 9. me conseguenza di eventi calamitosi con- Passiamo ora a trattare in maniera più spe- temporanei (terremoto in Friuli e in Irpi- cifica delle alluvioni storiche della città di nia). Tuttavia bisogna sottolineare come, Firenze. Così come per la storiografia sul- recentemente, non siano mancati ap- le calamità naturali, nel corso del XX se- profondimenti nel panorama italiano 5. colo l’attenzione per la dimensione dia- I percorsi di ricerca principali sono due. cronica delle esondazioni dell’Arno è sor-

413 ta in seguito ad un singolo evento, ovve- e i governanti del tempo. Per la ricchezza ro l’eccezionale piena del 1966 10. Il con- di testimonianze, ampio spazio è stato de- testo dell’epoca influenzò gli studi, por- dicato all’alluvione del 1333 la quale rap- tandoli a sottolineare soprattutto l’aspetto presentò la prima calamità grave di que- pericoloso e negativo del fiume, metten- sto tipo e lasciò molti segni nella docu- do dunque in secondo piano il ruolo eco- mentazione coeva 13. Un altro settore in- nomico e simbolico che l’Arno aveva rap- dagato è stato quello della storia del dirit- presentato per la città di Firenze nel cor- to, ed in particolare sulla controversia che so dei secoli. coinvolse le possessioni vallombrosane del Un primo approfondimento più sistema- monastero di San Salvi e quelle della chie- tico su questa tematica venne affrontato sa di Varlungo, situate nella località di Gi- negli anni 90 del secolo scorso. Questi rone. In questo luogo, un mulino fatto co- contributi risultano essere fondamentali struire dal rettore della chiesa aumentava per la bibliografia successiva. Infatti, ben- la velocità della corrente del fiume che, ché non si prendesse in considerazione dunque, andava a corrodere le terre dei l’alluvione in sé come evento calamitoso, monaci. Il caso ha suscitato interesse an- si indagarono i rapporti tra uomo e terri- che a causa della sua utilizzazione duran- torio e le politiche adottate dal ceto diri- te il processo del De alluvione di Bartolo gente nel corso dei secoli. L’oggetto prin- da Sassoferrato 14. (R. Ciliberti) cipale d’indagine venne individuato nel rapporto tra città e fiume, inteso come un legame a tutto tondo, superando, dunque, Ripensare il 1966: dalle storie alla storia una visione prettamente catastrofista. Que- ste scelte, oltre ad essere influenzate dal- L’alluvione del 4 novembre 1966 è stata la tradizione di studi istituzionali caratte- un evento mediatico di grande portata: Fi- ristica dell’ambiente accademico fiorenti- renze – e con essa Venezia, travolta dal- no, è comprensibile a causa della natura l’acqua nei medesimi giorni – hanno di- delle fonti sopravvissute (cronache, carte mostrato di essere patrimonio comune del- geografiche, leggi, ecc…) 11. Inoltre, biso- l’umanità, simbolo di un’arte e di una cul- gna sottolineare come la maggior parte tura che, come ebbe a dire René Maheu, degli studi prenda in esame l’arco crono- all’epoca direttore generale dell’UNESCO, logico che va dal tardo Medioevo fino al- appartiene non solo a chi le ha visitate, ma l’epoca moderna e contemporanea, la- anche a chi non ne ha mai avuto la pos- sciando in disparte il periodo antico e tar- sibilità: «(...) Finally, I also call on all tho- do antico 12 a causa del fatto che Firenze se who have never been to or Ve- si ampliò verso l’altra sponda dell’Arno nice, and many of whom may never have tra il pieno e il tardo Medioevo. that chance, to contribute something: be I contributi degli ultimi anni hanno man- it money or work – something of theme- tenuto l’indagine su un piano istituziona- selves. Each one of us knows himself to be le ed economico, che si è mostrato un ap- a member of the family of Man. How then proccio ancora proficuo per nuove ricer- could any one of us remain indifferent to che. A questo si è aggiunto il tema delle the fate of these most precious jewels of calamità ambientali inteso sia come studio our common human heritage?» 15. delle misure di prevenzione delle alluvio- Le notizie sui tragici eventi di Firenze han- ni, sia come indagine delle rappresenta- no conquistato così per giorni le prime pa- zioni che di questi eventi fecero i cronisti gine dei giornali di tutto il mondo, con

414 La grande alluvione continui aggiornamenti, non tanto sul tes- del fango»: il prodotto più famoso di tali suto economico cittadino sconvolto o sul- riprese è il documentario di Franco Zaffi- la perdita di vite umane, che – per quan- relli Per Firenze, che già a fine novembre to grave – è stata limitata, complice il fat- era stato reso disponibile nella versione to che le acque siano esondate all’alba di italiana e in quella inglese perché, porta- un giorno di festa, ma sul degrado dei mo- to per il mondo, grazie anche alla carica numenti, delle opere d’arte e dei libri e sul- emotiva della voce di Richard Burton e – lo stato di avanzamento dei lavori di re- nella sola versione inglese – di Elizabeth cupero e di restauro. Taylor, invitasse gli spettatori a donare «al- La commozione suscitata dall’evento, meno un dollaro» per la rinascita della però, e le sue potenzialità narrative han- città. no fatto sì che la maggior parte della let- Purtroppo però il valore documentario del- teratura incentrata su questo tema abbia le immagini non sempre è stato ricono- avuto per lo più o un carattere memoria- sciuto a pieno titolo: il patrimonio icono- listico ed impressionistico od un deciso grafico dell’alluvione è stato utilizzato nel taglio militante, quest’ultimo in forte op- tempo per lo più per suscitare stupore od posizione nei confronti del potere politi- emozione, o per supportare un ricordo, co centrale, dimostratosi incapace di ge- raramente per ricostruire gli eventi in mo- stire in modo efficace l’emergenza 16. So- do analitico. lo negli ultimi anni si è cercato di colma- La Bibliografia dedicata all’alluvione pre- re la mancanza di ricostruzioni storiche di senta inoltre la problematica di riprodur- più ampio respiro, dedicate talvolta a sin- re nel tempo, in modo particolare nei te- goli istituti culturali, grazie anche all’op- sti pubblicati in occasione di ricorrenze ed portunità offerta dalle raccolte di fotogra- anniversari, le medesime strutture, rical- fie. Il valore documentario degli scatti fo- cando griglie interpretative che si erano tografici appare, infatti, determinante per originate già a poca distanza dagli even- la ricostruzione di quanto accaduto: a ti. Un caso emblematico appare ad esem- metà degli anni Sessanta era diffuso l’uso pio la costante riproposizione negli anni delle macchine fotografiche e tutti corse- dell’impianto narrativo offerto dal volume ro alle finestre a immortalare le impres- di Franco Nencini Firenze: i giorni del di- sionanti immagini dei luoghi consueti stra- luvio, uscito a stampa già nel dicembre del volti dalla piena. A questi scatti diffusi si 1966 17: alla prefazione di Enrico Mattei, sono aggiunti poi quelli dei numerosi fo- all’epoca direttore de «La Nazione», il tografi attivi in città, che fin dalle prime quotidiano che più di tutti in quei giorni luci dell’alba hanno percorso le vie non aveva fatto propria la battaglia per la ri- ancora allagate documentando non solo nascita di Firenze, seguiva un’ampia ras- il diseguale avanzamento della piena, che segna fotografica affiancata da una sezio- ricalcava quello del livello stradale, ma ne di testo suddiviso in racconti di episo- anche le auto ridotte ad ammassi informi di vissuti dall’autore in prima persona e in di lamiere e le prime reazioni dei fioren- aneddoti da lui raccolti; questa sezione tini. La diffusione delle cineprese permi- era seguita quindi da una relazione sche- se inoltre una ricca produzione di filma- matica e di taglio emotivo sui danni subi- ti, che ci permettono di rivivere il pro- ti dal patrimonio culturale cittadino, per rompere delle acque alluvionali, ma an- terminare con una ricostruzione delle al- che e soprattutto il lavoro delle persone co- luvioni vissute da Firenze nel corso della muni, dei soldati e dei cosiddetti «angeli sua storia, corredata da ampi stralci cro-

415 nachistici dell’epoca, ed in modo parti- pubblico di nicchia, di cui assume la for- colare da brani tratti dalla Cronica del- ma e il linguaggio, ha conosciuto una scar- l’alluvione del 1333 di Giovanni Villani. sa diffusione. I giornali italiani non offrono poi che li- Per cercare di ricostruire la storia dell’al- mitate risorse per chi voglia ricostruire in luvione del 1966 è quindi necessario pas- modo accurato i mesi che seguirono al- sare attraverso lo spoglio dei giornali, l’a- l’alluvione: lo sforzo governativo di far nalisi delle fonti iconografiche, il confronto rientrare gli eventi sotto canoni di «nor- dei testi disponibili e – quando ancora malità» fece sì infatti che solo i quotidia- possibile – la registrazione dei ricordi di ni locali trattassero con continuità l’argo- chi ha visto ed ha avuto un ruolo nella ri- mento e, anche questi, soprattutto nei gior- nascita di Firenze, ma soprattutto è indi- ni immediatamente seguenti al disastro. spensabile analizzare i fondi archivistici La situazione appare aggravata dall’aspet- dei comitati internazionali attivi in città, to di libello e dal carattere occasionale dei loro rappresentanti e dei restauratori presentato dalla maggior parte della lette- che più a lungo hanno lavorato sul mate- ratura esistente e dal fatto che le maggio- riale alluvionato. (E. Di Renzo) ri biblioteche cittadine non abbiano rac- colto in modo sistematico tali volumi nel costruire l’apparato bibliografico relativo Riferimenti bibliografici alla storia di Firenze. Le notizie tecniche che riguardano in mo- L’acqua nei secoli altomedievali, Atti del- do specifico i beni culturali sono, invece, la 55a Settimana di studio, Spoleto 12-17 più facilmente reperibili, sia per il gran aprile 2007, CISAM, Spoleto 2008. numero di soggetti interessati alle opera- G. Aiazzi, Narrazioni istoriche delle più zioni di recupero, sia per il lungo protrar- considerevoli inondazioni dell’Arno, Piat- si di queste ultime, sia infine per le gran- ti, Firenze 1845 (rist. 1996). di novità che si vennero affermando in tut- L’alluvione di Firenze [DVD], «La Nazio- ti i campi del restauro, grazie alle colla- ne», Rai trade, Firenze 2006. borazioni nate dalla necessità di fronteg- L’alluvione lunga un anno, numero mo- giare un evento unico per qualità e di- nografico de «La Regione», 13, 1967, n. mensioni. L’alluvione rappresentò infatti 16/18. un’occasione unica di confronto fra scuo- Arno ‘66: fango e ideali, numero mono- le di restauro diverse, per origine e per grafico di «Doc Speciale», 5, 2006, n. 20. storia, visto che i maggiori restauratori del A. Arnoldus-Huyzendveld, Tra terra e ac- mondo – sia del blocco occidentale che qua: trasformazioni geo-ambientali, in Fi- di quello sovietico – accorsero al capez- renze prima degli Uffizzi, a cura di F. Can- zale della città ferita, inviati dai comitati tini, C. Cianferoni, R. Francovich, E. Scam- che sorsero in gran numero per finanzia- poli, Firenze 2007. re le operazioni di recupero del patrimo- D. Balestracci, La politica delle acque ur- nio culturale cittadino; importante fattore bane nell’Italia comunale, «Mélanges de di avanzamento delle tecniche di restau- l’École Française de . Moyen Âge», ro fu il fatto di dover lavorare parallela- 104, 1992, n. 2, pp. 431-479. mente e in velocità su grandi quantità di G. Batini, L’Arno in museo: gallerie, mo- tipologie diverse di materiale. La lettera- numenti, chiese, biblioteche, archivi e ca- tura tecnica è quindi molto ricca ed è sta- polavori danneggiati dall’alluvione, Bo- ta aggiornata negli anni; rivolta però ad un nechi, Firenze 1967.

416 La grande alluvione

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1 G. M. Varnini, Presentazione, in Le calamità am- medievali, pp. 1-41. bientali nel tardo Medioevo, pp. I-VII; F. Manuel- 9 R. Delort, La vita quotidiana nel Medioevo, pp. 3- shagen, Defining Catastrophes; Cities and Cata- 46; R. Delort, F. Walter, Storia dell’ambiente euro- strophes: coping with emergency in European Hi- peo, pp. 17-18; V. Fumagalli, L’uomo e l’ambiente story. nel Medioevo; V. Fumagalli, Paesaggi della paura. Vi- 2 E. Le Roy Ladurie, Tempo di festa, tempo di care- ta e natura nel Medioevo; L. Febvre, Il Reno. Storia, stia. Storia del Clima dall’anno mille. miti, realtà; G. P. Givigliano, Civiltà fluviali nell’Ita- 3 Si citano a titolo esemplificativo le seguenti opere lia antica e altomedievale. J. Berlioz, Catastrophes naturelles et calamités au 10 P. Ciullini, Le piene dell’Arno; U. Losacco, Noti- Moyen Âge; Les catastrophes naturelles dans l’Euro- zie e considerazioni sulle inondazioni d’Arno a Fi- pe médiévale et moderne renze; G. Cavina, Le grandi inondazioni dell’Arno at- 4 J. P. Leguay, Les catastrophes au Moyen Âge; M. Ju- traverso i secoli: saggio storiografico; E. Camarlinghi, neja, F. Manuelshagen, Disasters and pre-industrial- Ripensare Firenze. societies: historiographic trends and comparative per- 11 Cfr. La legislazione medicea sull’ambiente. spectives. 12 A. Arnoldus-Huyzendveld, Tra terra e acqua: tra- 5 Le calamità ambientali nel tardo Medioevo euro- sformazioni geo-ambientali. peo; Acque e territorio nel Veneto medievale; P. Squa- 13 G. Ortalli, «Corso di natura» o «giudizio di Dio». triti, I pericoli dell’acqua nell’alto medioevo italia- Sensibilità collettiva ed eventi naturali, a proposito no, in L’acqua nei secoli altomedievali, pp. 683-618. del diluvio fiorentino del 1333, in ID., Lupi genti cul- 6 M. Matheus, L’uomo di fronte al clima, in Le cala- ture. Uomo e ambiente nel Medioevo, pp.155-188; mità ambientali nel tardo Medioevo, pp. 1-22. G. J. Schenk, , «…prima ci fu la cagione de la mala 7 Per i contributi in lingua italiana si veda V. Fuma- provedenza de’ Fiorentini…» Disaster and ‘Life galli, La pietra viva; ID., L’uomo e l’ambiente nel me- World’-Reaction in the Commune of Florence to the dioevo; G. Ortalli, Lupi genti culture. Uomo e am- Flood of November 1333; M. Frati, «Questo diluvio biente nel Medioevo. fece alla città e contado di Firenze infinito danno». 8 M. Blöcker, Wetterzauber. Zu einem Glauben- Danni, cause e rimedi nell’alluvione del 1333, in skomplex des frühen Mittelalters; J. Delumeau, Ras- Acque amiche, acque nemiche: una storia di disastri surer et protéger. Le sentiment de sécurité dans l’Oc- e di quotidiana convivenza, pp. 41-60. cident d’autrefois; R. Kieckhefer, Magie im Mittelal- 14 O. Cavallar, The Wheels of Watermills and the ter, pp. 202-215; P. Jansen, Littérature hagiographi- Wheel of Fortune; ID., Quod de Tibere dicetur: fiu- que et catastrophes aux XIIIe-XIVe siècle: les raisons mi, incrementi fluviali, mulini ad acqua e giuristi, in d’une réalité absente; P. Ernst, Wetterzauber. Più spe- La civiltà delle acque tra Medioevo e Rinascimento, cificatamente, per quello che riguarda l’elemento ac- pp. 91-120. quatico A. Benvenuti, Riti propiziatori e di espiazio- 15 R. Maheu, For Florence and Venice, p. 4. ne, in Le calamità ambientali nel tardo Medioevo, 16 Di taglio militante ad esempio Firenze perché; Tra- pp. 77-86; R. Quinto, Fiumi, mare e laghi moraliz- versando l’alluvione in Toscana; L’alluvione lunga un zati. Il tema dell’acqua nei repertori di Distinctiones anno. e in alcuni commentari biblici tra XII e XIII secolo, 17 F. Nencini, Firenze: i giorni del diluvio. Presenta- in Acque e territorio nel Veneto medievale, pp. 147- no il medesimo impianto narrativo, ad esempio, Il di- 163; T. Gregory, Le acque sopra il firmamento gene- luvio su Firenze; Firenze anno zero; L’Arno straripa si e tradizione esegetica, in L’acqua nei secoli alto- a Firenze.

420 La grande alluvione

421 Autori

Velio Abati, scrittore Cristina Acidini, presidente della Accademia delle Arti del Disegno di Firenze, già soprintendente della Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze Francesco Alberti, ricercatore di Urbanistica, Dipartimento di Architettura (DiDA) Alessandro Angeli, scrittore grossetano Valdemaro Baldi, consigliere di Amministrazione del CERAFRI, Centro di Ricerca e Alta Formazione per la protezione dal Rischio Idrogeologico, Stazzema (LU), già dirigente della Regione Toscana Ernesto Balducci, (1922-1992), padre scolopio, teologo e scrittore, fondatore di «Testimonianze» e delle Edizioni Cultura della Pace Antonina Bargellini, figlia del sindaco di Firenze all’epoca dell’alluvione, Piero Bargellini Corrado Barontini, «Coro degli Etruschi», Archivio Tradizioni popolari, saggista e scrittore Stefano Beccastrini, pedagogista e scrittore, studioso di Storia del Cinema Ignazio Becchi, professore emerito di Costruzioni idrauliche e marittime e Idrologia, Università di Firenze Fabio Bellacchi, presidente del Consorzio di Bonifica 6 Toscana Sud Sandro Bennucci, presidente dell’Associazione Stampa Toscana, già redattore capo de «La Nazione», direttore di «FirenzePost» Concetta Bianca, docente di Filologia della Letteratura italiana, Dipartimento di Lettere e Filosofia, Università di Firenze Giuliano Bianucci, Comitato Organizzatore del Progetto «Firenze2016» - «Toscana2016», amministratore delegato di M&C Adriana Billi, insegnante Pier Angelo Bonazzoli, Unione dei Comuni Montani del Casentino, Servizio CRED – Mediateca «Banca della Memoria» Marco Bottino, presidente del Consorzio di Bonifica 3 Medio Valdarno e di ANBI Toscana (Associazione Nazionale Consorzi Gestione e Tutela del Territorio e Acque Irrigue, Unione Regionale della Toscana) Luca Brogioni, direttore dell’Archivio Storico del Comune di Firenze Aldo Buoncristiano (1919-2006), prefetto di Firenze dal 1973 al 1977 Paolo Capezzone, professore di Storia e Filosofia, Liceo scientifico «Il Pontormo» di Empoli Giancarlo Ceccanti, geologo, membro della Onlus «Acquifera» Gaia Checcucci, direttore generale «Direzione Salvaguardia del Territorio e delle Acque» del Ministero dell’Ambiente, già segretario generale Autorità di Bacino del fiume Arno Remo Chiarini, ingegnere idraulico, libero professionista, «Chiarini Associati», Ingegneria civile e ambientale, Arezzo Marco Ciatti, soprintendente dell’Opificio delle Pietre Dure e Laboratori di Restauro di Firenze Riccardo Ciliberti, borsista di ricerca Progetto «Firenze2016», Università di Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale Giulia Coco, borsista di ricerca Progetto «Firenze2016», Polo Museale Regionale della Toscana Comitato Tecnico Scientifico Internazionale (ITSC), Progetto «Firenze2016» Silvia Costa, presidente della Commissione Cultura e Istruzione del Parlamento Europeo

422 Mauro Cozzi, professore di Storia dell’Architettura, Dipartimento di Ingegneria civile e ambientale, Università di Firenze Valeria D’Agostino, segretaria del «Robert F. Kennedy Center for Justice and Human Rights» di Firenze Erasmo D’Angelis, direttore de «l’Unità», già presidente di «Publiaqua s.p.a», già responsabile della struttura di missione contro il dissesto idrogeologico «ItaliaSicura» presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri Fabio Dei, docente di Antropologia culturale, Università di Pisa, Consiglio di redazione di «Testimonianze» Giuseppe De Micheli, segretario generale dell’Opera di Santa Croce Cristina Di Nardo, insegnante di Lettere, ITE «E. Balducci» di Pontassieve (FI) Elisa Di Renzo, bibliotecaria, Biblioteca del Museo «Galileo» di Firenze Michele Ercolini, architetto, Dipartimento di Architettura, Università di Firenze Giorgio Valentino Federici, segretario del Comitato «Firenze2016» - «Toscana2016», professore di Costruzioni idrauliche, Dipartimento di Ingegneria civile e ambientale, Università di Firenze, Consiglio direttivo di «Testimonianze» Irene Foraboschi, borsista di ricerca Progetto «Firenze2016», Opificio delle Pietre Dure (OPD) Simona Francalanci, ricercatrice presso il Centro di Ricerca CERAFRI-LAV, Centro per la Ricerca e l’Alta formazione per la prevenzione dal Rischio Idrogeologico Leonardo Gabrielli, studente dell’ITI di Manciano Erika Ghilardi, responsabile dell’Archivio Storico «Foto Locchi» Eugenio Giani, presidente del Consiglio Regionale della Toscana Simona Giani, insegnante di Lettere, Liceo Scientifico «E. Balducci» di Pontassieve (FI) Davide Giovannuzzi, componente del Comitato consultivo dell’«EcoMuseo» del Casentino Lorenzo Giudici, borsista di ricerca Progetto «Firenze2016», Archivio Storico del Comune di Firenze Bernardo Gozzini, ricercatore, Consorzio «LaMMA» Mauro Grassi, direttore della Struttura di Missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche Gisella Guasti, responsabile del Settore Tutela Conservazione Prevenzione e Restauro della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze Carla Guiducci Bonanni (1929-2013), direttrice della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (1988-1995) Anna Iuso, docente di Antropologia, Facoltà di Lettere e Filosofia, Università La Sapienza, Roma Giorgio La Pira, (1904-1977), storico, «sindaco santo» della città di Firenze Loredana Maccabruni, Archivio di Stato, Firenze Giovanni Massini, dirigente Difesa del Suolo e Protezione Civile, Regione Toscana Marco Massa, già professore di Urbanistica, Dipartimento di Architettura, Università di Firenze Alessandro Mazzei, direttore generale dell’Autorità Idrica Toscana Miriana Meli, Consiglio direttivo di «Testimonianze» Niccolò Meloni, studente dell’ITI di Manciano, Grosseto Piero Meucci, libero professionista «Media online» Anna Mieli, direttrice dell’Archivio Restauri e Fotografico dell’Opificio delle Pietre Dure (OPD) Gabriella Montagnani, coordinatrice CERAFRI s.c.r.l., segretaria del Comitato «Firenze2016» Roberto Mosi, presidente dell’Associazione culturale «Testimonianze» Luca Nannipieri, giornalista e saggista

423 Dario Nardella, sindaco di Firenze Lucio Niccolai, Consiglio di redazione di «Testimonianze» Francesco Niccolini, autore e drammaturgo Enio Paris, professore di Idraulica, Dipartimento di Ingegneria civile e ambientale, Università di Firenze Mauro Perini, presidente di «Water Right Foundation» Claudia Petrucci, ex studentessa del Liceo «Doria» Genova Pietro Piussi, già professore di Ecologia e Selvicoltura generale, Facoltà di Agraria, Università di Firenze Titti Postiglione, Dipartimento della Protezione Civile – Presidenza del Consiglio dei Ministri Mario Primicerio, già sindaco di Firenze, professore emerito di Meccanica razionale, Università di Firenze, accademico dei Lincei Franco Quercioli, «Archivio del Movimento di Quartiere», Firenze Redazione di «Testimonianze» (dicembre 1966) Andrea Rossi, Unione dei Comuni Montani del Casentino, coordinatore dell’«EcoMuseo» del Casentino Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana Severino Saccardi, direttore di «Testimonianze» Giuseppe Sardu, presidente del CdA di «Acque» SpA Mauro Sbordoni, studioso di Antropologia, Consiglio direttivo di «Testimonianze» Magnolia Scudieri, Polo Museale Regionale della Toscana Salvatore Siano, Istituto di Fisica applicata «Nello Carrara», Consiglio Nazionale delle Ricerche, Sesto Fiorentino Simone Siliani, condirettore di «Testimonianze» Luca Solari, professore di Idraulica, Dipartimento di Ingegneria civile e ambientale, Università di Firenze Vincenzo Striano, responsabile delle Relazioni istituzionali di «Water Right Foundation», Consiglio direttivo di «Testimonianze» Studenti della classe 4ªG del Liceo scientifico «Il Pontormo» di Empoli Studenti della classe 5ªC del Liceo scientifico «L. da Vinci» di Firenze Studenti e insegnanti delle classi 4a e 5a delll’ITI di Manciano Studenti delle classi 4ªA e C dell’ITE «E. Balducci» di Pontassieve Studenti delle classe 5ªC del Liceo scientifico «E. Balducci» di Pontassieve Sandra Teroni, professore di Lingua e Letteratura francese, Università degli Studi di Cagliari Lorenzo Tilli, assessore nel Comune di Incisa Valdarno-Figline Valdarno Giuseppe Vallario, project manager del progetto «Firenze2016» - «Toscana2016» Filippo Vannoni, presidente del Gestore del Servizio Idrico Integrato «Publiacqua» Giampietro Wirz, ingegnere forestale, già professore di Scienze e Informatica, Scuola media, Bellinzona (Svizzera). Stefano Zani, insegnante di Storia e Filosofia, Liceo scientifico «Leonardo da Vinci» di Firenze, vicepresidente dell’Associazione culturale «Testimonianze»

424 Immagini

Copertina Vista della piena dell’Arno dal Piazzale Michelangelo, Firenze (©Archivio Foto Locchi Firenze - www.fotolocchi.it) p. 5 Arno in piena alla Chiesa del Cestello, Firenze (foto di Luciano Gori) p. 7 Chiesa di Sant’Antonio, via Minghetti, Firenze (foto di Giuliano Miniati) p. 11 Lavori in corso in riva all’Arno, Firenze (foto di Swietlan Kraczyna) p. 15 Sgombero di una cantina nel viale Segni, Firenze (foto di Angiola Bertacchi) p. 21 Articolo della «Nazione» sui danni alla Sinagoga di Firenze p. 29 Gorgo (particolare da foto di Luciano Gori) p. 31 Approvvigionamento d’acqua alla fontana del «Nettuno», piazza della Signoria, Firenze (foto di Massimo Pratellesi) p. 38 Ponte Vecchio dopo l’alluvione, Firenze (foto di Swietlan Kraczyna) p. 49 Ugnano allagata, Firenze (foto di Pollastri) p. 61 Auto accatastate in piazza Santa Croce, Firenze (foto di Swietlan Kraczyna) p. 69 Bambino e il fango, Firenze (©Archivio Foto Locchi Firenze - www.fotolocchi.it) p. 77 Osservando il livello dell’acqua sull’argine dell’Arno all’Isolotto, Firenze (foto di Massimo Pratellesi) p. 81 Distribuzione dell’acqua in una piazza fiorentina (foto di Swietlan Kraczyna) p. 85 In coda, Quartiere 4, Firenze (foto di Franco Quercioli) p. 93 Organizzazione dei soccorsi alla Casa del popolo «Buonarroti», Firenze (fotogramma da DVD di Nicola Melloni) p. 99 Il senatore americano Ted Kennedy con gli «angeli del fango» della Biblioteca Nazionale, Firenze (foto «Centro Kennedy») p. 103 Prima pagina de «La Nazione» di Firenze del 6 novembre 1966 p. 109 Giorgio La Pira incontra gli alluvionati, Firenze (foto dell’Archivio «Giorgio La Pira») p. 115 Giorgio La Pira e papa Paolo VI a Firenze nel Natale del 1966 (foto dell’Archivio «Giorgio La Pira») p. 125 Abbassamento delle platee a ponte a Santa Trinita, Firenze (foto del Comitato «Firenze2016») p. 127 Le strade come fiumi, Firenze (foto di Swietlan Kraczyna) p. 131 Carcerati in fuga dal Carcere delle «Murate» nuotano in via Ghibellina, Firenze (foto di Adriana Billi) p. 139 «Angeli del fango» sul Lungarno, Firenze (©Archivio Foto Locchi Firenze - www.fotolocchi.it) p. 141 La motonave «Fiorenza» in una cartolina d’epoca (cartolina di Mauro Cozzi) p. 147 Misurazione dell’altezza raggiunta dalla piena in Borgo la Croce, Firenze (foto dell’Archivio Storico del Comune di Firenze) p. 151 Campagna toscana alluvionata, Empoli (foto del Fondo Caponi) p. 153 L’alluvione a Grosseto p. 157 La Maremma alluvionata p. 167 Il fiume Ombrone in piena p. 177 Dopo la piena a Montevarchi (foto di Stefano Beccastrini) p. 183 Vigili del Fuoco al lavoro (foto di Angelo Bonazzoli) p. 185 Il senatore americano Ted Kennedy con i Vigili del Fuoco, Firenze (foto di Angelo Bonazzoli) p. 191 La piazza di Empoli alluvionata (foto del Fondo Caponi) p. 195 Danni alla diga di Levane dopo l’alluvione (foto di Remo Chiarini) p. 197 La coda della piena defluisce dalle paratoie della diga di Levane (foto di Remo Chiarini) p. 201 L’acqua fra le case a Ponte a Ema (foto di Massimo Masini) p. 203 Salvataggio con la carrucola alle Sieci (foto di Giampiero Chiarantini) p. 208 Fasi del salvataggio e del restauro del Cristo di Cimabue (foto dell’Opificio delle Pietre Dure) p. 225 Recupero dei libri della Biblioteca Nazionale, Firenze (foto di Swietlan Kraczyna) p. 231 Imbrattati dal fango (foto di Swietlan Kraczyna) p. 237 Recupero delle formelle della Porta del Paradiso di Lorenzo Ghiberti, Battistero, Firenze (foto dell’Opificio delle Pietre Dure) p. 243 Cenacolo di Santa Croce alluvionato, Firenze (foto dell’Opificio delle Pietre Dure) p. 249 «Angeli del fango» a riposo, Firenze (foto di Swietlan Kraczyna) p. 253 Misurazioni dell’Arno a Firenze nell’ambito del Progetto «Firenze2016» (foto del Comitato «Firenze2016») p. 255 Disegno di Giovanni Michelucci per la ricostruzione degli edifici distrutti al passaggio del fronte a Firenze (foto dell’Archivio «Fondazione Michelucci» di Fiesole) p. 261 Due giovani al termine della pulizia di una cantina in Viale Segni, Firenze (foto di Angiola Bertacchi) p. 271 La piena del fiume Sieve dal ponte Mediceo di Pontassieve (foto di anonimo) p. 277 Monitorando l’Arno a Firenze nell’ambito del Progetto «Firenze2016» (foto del Comitato «Firenze2016») p. 281 Militari a soccorso della popolazione civile, Firenze (foto di Franco Zavattaro) p. 287 Disegni preparatori per lo spettacolo Il filo dell’acqua di Francesco Niccolini (Foto di Francesco Niccolini) p. 297 Sedia (foto di Luciano Gori)

425 p. 301 Disegno di Giampiero Bernini (anni 8), Pontassieve, raccolto nell’ambito del Progetto «Firenze2016» (foto del Comitato «Firenze2016») p. 305 Disegno di Alessandro Pelosini (anni 10), Trinità, raccolto nell’ambito del Progetto «Firenze2016» (foto del Comitato «Firenze2016») p. 307 Empoli alluvionata (foto del Fondo Caponi) p. 311 Alluvione nell’empolese (foto del Fondo Caponi) p. 315 Acqua nel cuore di un isolato, Firenze (foto di Maurizio e Caterina Piccini) p. 321 Alluvione in Maremma p. 339 La diga di Bilancino (foto del Comitato «Firenze2016») p. 341 Il disastro di Cardoso in Alta Versilia p. 347 La Maremma invasa dall’acqua p. 349 Distribuzione del pane alla popolazione alluvionata, Firenze (foto di Luciano Gori) p. 355 Sul gommone per le vie di Firenze (foto di Luciano Gori) p. 369 Militari al lavoro durante l’alluvione, Firenze (foto di Franco Zavattaro) p. 375 Mezzo anfibio in via Gioberti, Firenze (foto dell’Enoteca Bonatti) p. 385 Acqua, fango e nafta (foto di Luciano Gori) p. 389 Distribuzione dell’acqua alla popolazione alluvionata, Firenze (foto di Luciano Gori) p. 393 Fontana di Pietro Tacca in Piazza della Santissima Annunziata, Firenze p. 399 Analisi della potabilità dell’acqua, Laboratorio di «Acquespa», Pisa p. 407 Rete fognaria, Firenze p. 411 Pile di libri alluvionati, Firenze (foto di Swietlan Kraczyna) p. 421 Restauro della Maddalena penitente di Donatello (foto dell’Opificio delle Pietre Dure) Si ringraziano gli amici e le istituzioni qui sotto elencate per il gentile contributo offerto alla realizzazione di que- sto volume, mettendo a disposizione le proprie foto personali o d’archivio: Stefano Beccastrini, Adriana Billi, Angelo Bonazzoli, Remo Chiarini, Massimo Masini, Francesco Niccolini; Luca Brogioni, per le foto dell’Archivio Storico del Comune di Firenze; Berlinghiero Buonarroti, Archivio «Compihobby», Compiobbi (Fi), per le foto di Giuliano Mianiati, Giampiero Chia- rantini, Anonimo, Enoteca Bonatti; Mauro Cozzi per la cartolina d’epoca e la foto dell’Archivio «Fondazione Michelucci» di Fiesole; Valeria D’Agostino per la foto del «Robert F. Kennedy Center for Justice and Human Rights» di Firenze; Erika Ghilardi per le foto dell’Archivio «Foto Locchi» (©Archivio Foto Locchi Firenze - www.fotolocchi.it) Giorgio Valentino Federici per le foto del Comitato «Firenze2016» e di Franco Zavattaro; Anna Mieli, per le foto dell’Opificio delle Pietre Dure (OPD) di Firenze; Riccardo Monni (già direttore della rivista «Doc Toscana») per le foto di Swietlan Kraczyna, già pubblicate nello spe- ciale della rivista «Doc Toscana», Arno ‘66, fango e ideali, Le Lettere, Firenze 2006, consultabile in www.ilmonito- delgiardino.it.; Carlo Pagliai, Archivio «Della Storia d’Empoli», per le foto del «Fondo Caponi»; Mario Primicerio per le foto dell’Archivio «Giorgio La Pira» (www.giorgiolapira.org); Franco Quercioli, l’«Archivio del Movimento di Quartiere» e Donatella Gori per le foto del Quartiere 4, Luciano Gori, Pollastri, Massimo Pratellesi, e il fotogramma tratto dal DVD Le radici della partecipazione di Nicola Melloni; Adalberto Scarlino per le foto di Angiola Bertocchi; Stefano Zani per la foto di Maurizio e Caterina Piccini; L’editore si dichiara disponibile a regolare eventuali spettanze per quelle immagini di cui non è stato possibile re- perire gli aventi diritto.

Librerie presso cui è in vendita «TESTIMONIANZE» • «Testimonianze» è in vendita nel circuito delle librerie Feltrinelli nelle città di Bari, Firenze, Milano e Roma. • È presente nelle principali librerie di Firenze: Alfani Editrice (Via degli Alfani, 84/86r), Alzaia (Viale Don Minzoni, 25/E), Claudiana (Borgo Ognissanti, 14r), Colonna (Via F. D’Antiochia,13/15), Libreria dei Lettori, al Teatro della Pergola (Via della Pergola, 12), Nardi- ni (Via delle Vecchie Carceri, 3), San Paolo (Piazza Duomo, 32/33r), Toscana (Via del Madonnone, 13/17). • È in vendita inoltre in altre librerie specializzate a: Assisi (PG) (Zubboli Maurizio, P.zza del Comune), Catanzaro (Tavella, Via Crati, 15/17), Città di Castello (PG) (Sacro Cuore, Piazza V. Gabriotti, 105; Paci Tifernate, P.zza G. Matteotti, 2), Empoli (FI) (Rinascita, Via Ridolfi, 53; San Paolo, Via del Giglio, 53), Figline VA (FI) (La Parola, Corso G. Mazzini, 26), Grosseto (Pao- line, Piazza Duomo,1), Gubbio (PG) (Libri e Idee, Piazza G.Bruno, 4; Fotolibri, Corso Garibaldi, 57), Mi- lano (Claudiana, Via F. Sforza, 12/A; Coop Libreria Popolare, Via Tadino, 18), Orvieto (TR) (Valente, Via dei Gualtieri, 7), Perugia (L’Altra, Via U. Rocchi, 3; Filosofi, Via Dei Filosofi, 20), Roma (Claudiana, Piazza Cavour, 32), San Gimignano (SI) (Francigena, Via Mainardi, 12), San Giovanni VA (AR) (Fahrenheit 451, Piazza della Libertà, 12/c), San Sepolcro (AR) (Del Frattempo, V.le Diaz, 2, Galleria Bis), Siena (Mondado- ri Gulliver, Via Montanini, 112).

426 INDICE PER AUTORI 2015

VELIO ABATI, Franco Fortini: l’eco lontana di una voce solitaria e forte (498-499) 138 – e LUCIO NICCOLAI (introduzione a cura di), L’acqua veniva giù tal- (504-505-506) 157 mente grossa che non si vedeva a due passi… CRISTINA ACIDINI, Il restauro del patrimonio artistico, dopo il disastro: (504-505-506) 209 memorie e protagonisti FRANCESCO ALBERTI e MARCO MASSA, La città e il fiume: alla ri- (504-505-506) 254 cerca di una «interfaccia amichevole» LUCIANO ALBERTI, Amore per la parola (498-499) 149 SAURO ALBISANI, Poeta in classe (498-499) 152 LAZLO ANDOR, Il tempo delle scelte (502-503) 93 ALESSANDRO ANDREINI, Variazioni sul Cantico dei Cantici (498-499) 31 ALESSANDRO ANGELI, Il timore di un «nuovo 1966» (504-505-506) 162 –, La furia dell’Ombrone (504-505-506) 164 CLAUDIA APEL e MAURO MEGGIOLARO, Il passo della cancelliera (502-503) 108 LUCIANO ARTUSI, Quando a Firenze parlò Garibaldi (500-501) 46 VALDEMARO BALDI, GIORGIO VALENTINO FEDERICI, GABRIELLA MON- (504-505-506) 340 TAGNANI ed ENIO PARIS, L’alluvione del 1996 e il «Modello Versilia» ERNESTO BALDUCCI, «Testimonianze», novembre 1966 (504-505-506) 6 ANTONINA BARGELLINI, Piero Bargellini, «sindaco dell’alluvione», (504-505-506) 39 mio padre CORRADO BARONTINI, L’acqua fa livello (504-505-506) 166 ROBERTO BARZANTI, Di fronte ad una mutazione antropologica (502-503) 42 STEFANO BECCASTRINI, Se un’antologia letteraria parla di sport (502-503) 151 –, Ricordi e riflessioni di un «angelo del fango di periferia» (504-505-506) 175 IGNAZIO BECCHI, Raccontare un’alluvione (504-505-506) 41 –, La percezione dell’alluvione (504-505-506) 60 FABIO BELLACCHI, La lezione del passato e l’impegno dei Consorzi (504-505-506) 346 toscani MARIO BENCIVENNI, Una Capitale e il suo Architetto (500-501) 40 SANDRO BENNUCCI, Le vittime di Reggello (504-505-506) 206 CONCETTA BIANCA, L’acqua nemica (504-505-506) 268 GIULIANO BIANUCCI, Una memoria viva, un’opportunità di rinascita (504-505-506) 261 ANDREA BIGALLI, In un transito epocale (502-503) 64 ADRIANA BILLI, Su tutto pesava lo stupore (504-505-506) 133 GIANLUCA BOCCHI e MAURO CERUTI, Il «Progetto Europa» (502-503) 30 REMO BODEI, L’amore per le cose (498-499) 107 PIER ANGELO BONAZZOLI, DAVIDE GIOVANNUZZI e ANDREA ROS- (504-505-506) 182 SI, Il Casentino: un laboratorio a cielo aperto GUIDALBERTO BORMOLINI, Nel fuoco delle passioni (498-499) 34 MARCO BOTTINO, L’occasione per cambiare passo (504-505-506) 348 LUCA BROGIONI, L’Archivio della Città e l’alluvione «in digitale» (504-505-506) 145 ENNIO BROVEDANI, Una riflessione culturale sull’amore umano (498-499) 50 ALDO BUONCRISTIANO, Un prefetto testimonia (504-505-506) 123 UGO CAFFAZ, Gli ebrei e l’Europa (502-503) 126 PAOLO CAPEZZONE, Una data impressa nella memoria (504-505-506) 189 –, (coordinati dal prof.) e STUDENTI DELLA CLASSE 4ªG DEL LICEO (504-505-506) 306 SCIENTIFICO «IL PONTORMO» DI EMPOLI, Il Sessantasei a Empo- li: studenti del «Pontormo» a colloquio con i cittadini GIANCARLO CECCANTI, La «svolta antropologica» e gli equilibri idro- (504-505-506) 401 geologici COSIMO CECCUTI, Quei sei anni cruciali (500-501) 48

427 MAURO CERUTI e GIANLUCA BOCCHI, Il «Progetto Europa» (502-503) 30 GAIA CHECCUCCI, Il bacino dell’Arno e il nuovo Piano di gestione del (504-505-506) 353 rischio di alluvioni REMO CHIARINI, Ma la colpa non era delle dighe (504-505-506) 194 VANNINO CHITI, Pluralismo, tolleranza, valori dell’intera «famiglia umana» (498-499) 23 –, L’Unione Europea vista in un’ottica (politica) italiana (502-503) 35 MARCO CIATTI, Per la salvezza delle opere d’arte (504-505-506) 216 ZEFFIRO CIUFFOLETTI, Firenze anni 2000, fra modelli ideali e di- (500-501) 51 mensioni vitali della città RICCARDO CILIBERTI ed ELISA DI RENZO, Alluvione/alluvioni: per- (504-505-506) 412 corsi tematici e bibliografia essenziale GIULIA COCO e MAGNOLIA SCUDIERI, Per un Centro di documen- (504-505-506) 236 tazione virtuale GIORGIO COLLURA, La famiglia degli affetti (498-499) 81 GIANNI COLZANI, L’amore, un eterno tema dello spirito (498-499) 61 COMITATO TECNICO SCIENTIFICO INTERNAZIONALE (ITSC), Rap- (504-505-506) 359 porto sull’incontro del 26-28 ottobre 2015 GILBERTO CORBELLINI, Il corpo e le sue età (498-499) 97 LAURA COSER, Un angolo dell’Europa: «Rondine, Cittadella della Pace» (502-503) 134 SILVIA COSTA, Due liceali a scuola di solidarietà (504-505-506) 135 MAURO COZZI, Una città e il suo fiume (504-505-506) 140 PAOLO CUGINI, Dal punto di vista dei poveri (498-499) 120 VALERIA D’AGOSTINO, Quando venne Ted Kennedy (504-505-506) 99 ERASMO D’ANGELIS, Erano giovani e si sentivano parte della «città uni- (504-505-506) 67 versale» MASSIMO D’ANTONI, Crisi dell’Euro, fine dell’Europa? (502-503) 100 ROSALBA DE FILIPPIS, L’aspra poesia dell’ora di lezione (498-499) 144 GIUSEPPE DE MICHELI, Santa Croce: una memoria che si fa guida per (504-505-506) 242 l’azione FABIO DEI, Vedere alla voce «Amore» (498-499) 41 –, Le catastrofi e le loro rappresentazioni (504-505-506) 46 CRISTINA DI NARDO (coordinati dalla prof.ssa) e STUDENTI DELLE (504-505-506) 324 CLASSI 4ªA e C DELL’ITE «E. BALDUCCI» di Pontassieve, A monte di Firenze ELISA DI RENZO e RICCARDO CILIBERTI, Alluvione/alluvioni: percorsi (504-505-506) 412 tematici e bibliografia essenziale MICHELE ERCOLINI, Acqua e paesaggio: una relazione inscindibile (504-505-506) 270 MARIA FANCELLI, Dedicato al priore di Barbiana (502-503) 157 GIORGIO VALENTINO FEDERICI, Ricordare le alluvioni del 1966, af- (504-505-506) 18 frontare le alluvioni di oggi – e LORENZO GIUDICI, Acqua dal cielo, acqua dalla terra: i ricordi di (504-505-506) 199 Ponte a Ema –, VALDEMARO BALDI, GABRIELLA MONTAGNANI ed ENIO PARIS, (504-505-506) 340 L’alluvione del 1996 e il «Modello Versilia» GABRIELLA FIORI, Grazia Livi o della ricerca dell’armonia (500-501) 126 –, L’Eden ritrovato (500-501) 130 IRENE FORABOSCHI e ANNA MIELI, Il «Progetto alluvione» all’Archi- (504-505-506) 246 vio dell’Opificio delle Pietre Dure SIMONA FRANCALANCI, ENIO PARIS e LUCA SOLARI, Monitorando (504-505-506) 276 l’Arno LEONARDO GABRIELLI, NICCOLO’ MELONI (coordinati da) e STU- (504-505-506) 319 DENTI e INSEGNANTI DELL’ITI DI MANCIANO, Dal punto di vista dei ragazzi MONICA GALFRÈ, LODOVICO GRASSI e PIERLUIGI ONORATO, Ri- (500-501) 132 pensando gli anni di piombo e l’uscita dell’Italia dal terrorismo ERIKA GHILARDI, Archivio «Foto Locchi»: la storia di Firenze in 5 mi- (504-505-506) 149

428 lioni di immagini EUGENIO GIANI, Un dramma di tutta la Toscana (504-505-506) 36 SIMONA GIANI (coordinati dalla prof.ssa) e STUDENTI DELLA CLAS- (504-505-506) 331 SE 5ªC DEL DEL LICEO SCIENTIFICO «E. BALDUCCI» DI PONTAS- SIEVE, Montale, l’alluvione e una classe del Liceo «Balducci» DAVIDE GIOVANNUZZI, ANDREA ROSSI e PIER ANGELO BONAZ- (504-505-506) 182 ZOLI, Il Casentino: un laboratorio a cielo aperto LORENZO GIUDICI e GIORGIO VALENTINO FEDERICI, Acqua dal (504-505-506) 199 cielo, acqua dalla terra: i ricordi di Ponte a Ema –, Vedi alla voce «resilienza» (504-505-506) 279 WLODEK GOLDKORN, Se il cuore dell’Europa ha paura dello straniero (502-503) 105 BERNARDO GOZZINI, Alluvioni, cambiamenti climatici e meteorolo- (504-505-506) 367 gia: ieri e oggi LODOVICO GRASSI, MONICA GALFRÈ e PIERLUIGI ONORATO, Ri- (500-501) 132 pensando gli anni di piombo e l’uscita dell’Italia dal terrorismo MAURO GRASSI, Politiche e strumenti contro il rischio idrogeologico: (504-505-506) 373 una nuova impostazione GISELLA GUASTI, E alla Biblioteca Nazionale cambiò il concetto stes- (504-505-506) 223 so di restauro CARLA GUIDUCCI BONANNI e LUCA NANNIPIERI, La memoria co- (504-505-506) 229 me futuro dei libri FRANCESCO GURRIERI, È sempre e comunque una questione di cul- (500-501) 70 tura (del territorio) LEILA EL HOUSSI, Se l’Europa dimentica le sue radici mediterranee (502-503) 122 AGNES HELLER, La terra del latte e del miele (502-503) 60 SILVIA HUOBER, Suggestioni, simboli e storia del Cimitero degli inglesi (500-501) 93 PIETRO INGRAO, Quando Pietro Ingrao andò a Barbiana (502-503) 24 ANNA IUSO, Angeli alla conquista del fango (504-505-506) 54 ALFREDO JACOPOZZI, Laudato sì. L’ambiente come «casa comune» (502-503) 9 ALESSANDRO JAFF, Appunti per Firenze (500-501) 87 GIORGIO LA PIRA, La visita di Paolo VI a Firenze nel Natale del 1966 (504-505-506) 113 LOREDANA MACCABRUNI, La lunga marcia dell’Archivio di Stato (504-505-506) 241 CORRADO MARCETTI, Indicazioni per la città contemporanea (500-501) 81 MANLIO MARCHETTA, Firenze al futuro (500-501) 76 MARCO MASSA E FRANCESCO ALBERTI, La città e il fiume: alla ri- (504-505-506) 254 cerca di una «interfaccia amichevole» GIOVANNI MASSINI, Il modello delle 3P: prevenzione, protezione, (504-505-506) 379 preparazione GIUSEPPE MATULLI, Cultura e rendita: dove è finito l’antico coraggio? (500-501) 54 PAOLO MAUGERI, Procreazione tecnologica, tra amore genitoriale e (498-499) 68 desiderio egoistico ALESSANDRO MAZZEI, Sul grande tema dell’acqua (504-505-506) 405 MAURO MEGGIOLARO e CLAUDIA APEL, Il passo della cancelliera (502-503) 108 MIRIANA MELI, Era di notte, quando arrivò la piena (504-505-506) 202 NICCOLÒ MELONI, LEONARDO GABRIELLI (coordinati da) e STUDENTI (504-505-506) 319 e INSEGNANTI DELL’ITI DI MANCIANO, Dal punto di vista dei ra- gazzi PIERO MEUCCI, I media, l’alluvione e la lezione della «città sul monte» (504-505-506) 102 ANNA MIELI e IRENE FORABOSCHI, Il «Progetto alluvione» all’Archi- (504-505-506) 246 vio dell’Opificio delle Pietre Dure GIOVANNI MOMIGLI, Uno «Spazio Reale» in terra di confine (498-499) 129 GABRIELLA MONTAGNANI, VALDEMARO BALDI, GIORGIO VALENTINO (504-505-506) 340 FEDERICI ed ENIO PARIS, L’alluvione del 1996 e il «Modello Versilia» SIMONE MORANDINI, Parole potenti, per la cura della terra (502-503) 15 ROBERTO MOSI, Se l’«Area di Broca» va in Rete (498-499) 135 –, La nuova sede di «Testimonianze» alle «Murate» (500-501) 118

429 –, L’Alluvione e «Le Murate» (504-505-506) 129 VALERIA MULEDDA, Raccontare «Le Murate» con l’audio-documentario (500-501) 122 LUCA NANNIPIERI e CARLA GUIDUCCI BONANNI, La memoria co- (504-505-506) 229 me futuro dei libri DARIO NARDELLA e SEVERINO SACCARDI, Firenze, città del mondo (500-501) 26 –, Quel microfono calato dalla finestra (504-505-506) ????? LUCIO NICCOLAI, Maremma alluvionata! (504-505-506) 152 – (introduzione a cura di) e VELIO ABATI, L’acqua veniva giù talmente (504-505-506) 157 grossa che non si vedeva a due passi… FRANCESCO NICCOLINI, L’alluvione del 66, un artista del 65 e un’i- (504-505-506) 286 dea di undici anni fa SARA NOCENTINI, Un anniversario ben usato (500-501) 36 PIERLUIGI ONORATO, MONICA GALFRÈ e LODOVICO GRASSI, Ri- (500-501) 132 pensando gli anni di piombo e l’uscita dell’Italia dal terrorismo GABRIELE PARENTI, Quel fatidico 24 maggio (500-501) 5 ENIO PARIS, SIMONA FRANCALANCI e LUCA SOLARI, Monitorando (504-505-506) 276 l’Arno –, VALDEMARO BALDI, GIORGIO VALENTINO FEDERICI e GABRIEL- (504-505-506) 340 LA MONTAGNANI, L’alluvione del 1996 e il «Modello Versilia» MAURO PERINI, Nous sommes en terrasse (504-505-506) 394 CLAUDIA PETRUCCI, Un’occasione mancata? (504-505-506) 137 LAPO PISTELLI, Toga, bandiera, spada e moneta (502-503) 77 PIETRO PIUSSI e GIAMPIETRO WIRZ, Il Bosco degli Svizzeri (504-505-506) 170 TITTI POSTIGLIONE, Cultura della sicurezza e protezione civile: mol- (504-505-506) 384 ta strada è stata fatta MARIO PRIMICERIO, SEVERINO SACCARDI e SIMONE SILIANI (in- (500-501) 29 tervista a cura di), Abbattere i muri, costruire ponti –, SEVERINO SACCARDI e SIMONE SILIANI (intervista a cura di), Im- (504-505-506) 107 magini che ancora ci parlano da lontano FRANCO QUERCIOLI, Non siamo angeli (504-505-506) 72 RODOLFO RAGIONIERI, Fondamentalismo e «tempo messianico» (498-499) 14 –, La vexata quaestio del nucleare iraniano (500-501) 108 REDAZIONE DI «TESTIMONIANZE», «Viandante nello sconfinato pa- (504-505-506) 121 norama della vita» ELIGIO RESTA, Il linguaggio del diritto e il linguaggio dei sentimenti (498-499) 91 FRANCESCA RINALDI, Cambiare forma mentis (502-503) 143 GIUSEPPE RIVA, Se le nuove tecnologie trasformano il nostro «Io» (498-499) 114 ANDREA ROSSI, DAVIDE GIOVANNUZZI e PIER ANGELO BONAZ- (504-505-506) 182 ZOLI, Il Casentino: un laboratorio a cielo aperto ENRICO ROSSI, L’attesa della povera gente (502-503) 113 –, L’antico consiglio di Machiavelli (504-505-506) 32 GIUSY ROSSI, Giovani sguardi sul vecchio continente (502-503) 131 SEVERINO SACCARDI, Gli anonimi samaritani degli anni Duemila (498-499) 28 –, Una città del mondo (500-501) 22 – e DARIO NARDELLA, Firenze, città del mondo (500-501) 26 –, MARIO PRIMICERIO e SIMONE SILIANI, Abbattere i muri, costruire (500-501) 29 ponti – e SIMONE SILIANI, Hiroshima 1945: quando ebbe inizio l’«era atomica» (502-503) 5 –, Le giovani speranze di un «vecchio continente» (502-503) 28 –, Nel segno della memoria e della speranza (504-505-506) 12 –, MARIO PRIMICERIO E SIMONE SILIANI (intervista a cura di), Im- (504-505-506) 107 magini che ancora ci parlano da lontano MARCO SALUCCI, Pulizia linguistica e questioni della fede (500-501) 14 GIUSEPPE SARDU, A monte di Pisa (504-505-506) 397 MAURO SBORDONI, Tu quoque, Europa? (502-503) 70 –, Il Sessantasei e la cassetta «civica» degli attrezzi (504-505-506) 81

430 EMANUELE SCAMARDELLA, Un venticinquennio di «Erasmus» per i (502-503) 148 giovani cittadini europei MAGNOLIA SCUDIERI e GIULIA COCO, Per un Centro di documen- (504-505-506) 236 tazione virtuale BARBARA SETTI, Unire due sponde: il progetto «Nostoi» (502-503) 138 SALVATORE SIANO, Quel fiorire di laboratori e scuole di restauro (504-505-506) 291 SIMONE SILIANI, Le «magnifiche» sorti del mondo dei diseguali (498-499) 5 –, MARIO PRIMICERIO e SEVERINO SACCARDI, Abbattere i muri, co- (500-501) 29 struire ponti –, Di cosa si parla, quando si parla di cultura? (500-501) 60 – e SEVERINO SACCARDI, Hiroshima 1945: quando ebbe inizio l’«era (502-503) 5 atomica» – e NADIA URBINATI, Se l’Europa rinuncia all’universalismo (502-503) 48 –, MARIO PRIMICERIO e SEVERINO SACCARDI (intervista a cura di), (504-505-506) 107 Immagini che ancora ci parlano da lontano CRISTINA SIMONELLI, Se la sessualità è «pluralità» di generi (498-499) 76 LUCA SOLARI, ENIO PARIS e SIMONA FRANCALANCI, Monitorando l’Ar- (504-505-506) 276 no VALDO SPINI, Un messaggio «ad ogni persona che abita questo am- (502-503) 21 biente» –, Cultura, valori, principi: ecco da dove ripartire (502-503) 90 JOHN STAMMER, Firenze vista da Monte Morello (500-501) 66 ALDO STELLA, Eros nella storia (498-499) 54 VINCENZO STRIANO, Quando a Firenze c’era il Social Forum (500-501) 101 –, Al lavoro con i giovani (504-505-506) 296 STUDENTI DELLA CLASSE 4ªG DEL LICEO SCIENTIFICO «IL PONTOR- (504-505-506) 306 MO» DI EMPOLI (coordinati dal prof. Paolo Capezzone), Il Sessanta- sei a Empoli: studenti del «Pontormo» a colloquio con i cittadini STUDENTI DELLA CLASSE 5ªC DEL LICEO SCIENTIFICO «L. DA VIN- (504-505-506) 313 CI» DI FIRENZE (coordinati dal prof. Stefano Zani), Quando Firenze diventò come Venezia STUDENTI e INSEGNANTI DELL’ITI DI MANCIANO (coordinati da (504-505-506) 319 LEONARDO GABRIELLI e NICCOLÒ MELONI), Dal punto di vista dei ragazzi STUDENTI DELLE CLASSI 4ªA e C DELL’ITE «E. BALDUCCI» DI PON- (504-505-506) 324 TASSIEVE (coordinati dalla prof.ssa Cristina Di Nardo), A monte di Firenze STUDENTI DELLA CLASSE 5ªC DEL LICEO SCIENTIFICO «E. BAL- (504-505-506) 331 DUCCI» DI PONTASSIEVE (coordinati dalla prof.ssa Simona Giani), Montale, l’alluvione e una classe del Liceo «Balducci» MASSIMO TARDUCCI, Se, partendo da Firenze, un viaggiatore… (500-501) 106 SANDRA TERONI, Dalla «Buonarroti» al «Manifesto» (504-505-506) 88 LORENZO TILLI, Verso il tempo della responsabilità? (504-505-506) 388 MARCO TRABUCCHI, La mente e le sue età (498-499) 102 NADIA URBINATI e SIMONE SILIANI, Se l’Europa rinuncia all’universa- (502-503) 48 lismo GIUSEPPE VALLARIO, «Firenze2016», a disposizione della scuola (504-505-506) 299 FILIPPO VANNONI, Carlo Maggiorelli, un eroe sconosciuto (504-505-506) 127 MARCELLO VERGA, Uno spazio comune di civiltà (502-503) 56 ALESSANDRO VOLPI, Se la «vecchia Europa» diventa periferia (502-503) 82 JOSEPH H.H. WEILER, Di nuovo sonnambuli? L’Europa e la fine della (502-503) 116 Pax americana (1914-2014) GIAMPIETRO WIRZ e PIETRO PIUSSI, Il Bosco degli Svizzeri (504-505-506) 170 STEFANO ZANI (coordinati dal prof.) e STUDENTI DELLA CLASSE 5ªC (504-505-506) 313 DEL LICEO SCIENTIFICO «L. DA VINCI» di Firenze, Quando Firen- ze diventò come Venezia

431 Il presente volume di «Testimonianze» si inserisce nel quadro delle attività del Comitato di Coordinamento del Progetto «Firenze2016» - «Toscana2016»,

è realizzato con il contributo di: «Acque» SpA; Consorzio di Bonifica 3 Medio Valdarno; Consorzio di Bonifica 6 Toscana Sud; «Publiacqua»

e in collaborazione con Si ringrazia «Foto Locchi» per la foto di copertina «Water Right Foundation». e le altre due immagini presenti nel volume.

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