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INDICE Premessa, di Manuela Ceretta e Mario Tesini pag. 7 Parte prima – Il liberalismo di Beaumont Gustave de Beaumont, l’amico di Tocqueville, di Mario Tesini » 13 Riflessioni su una categoria imprecisa: il “liberal-nazionalismo” del XIX secolo, di Françoise Mélonio » 31 La prigione possibile. Tocqueville, Beaumont e la stesura del Système pénitentiaire aux États-Unis, di Adolfo Noto » 55 Marie, romanzo? Le lezioni letterarie di Gustave de Beaumont, di Laurence Guellec 71 Il «fait étrange» dell’aristocrazia della pelle. Beaumont, Tocqueville, su libertà e schiavitù, di Sandro Chignola » 85 Leggi e costumi nell’opera di Gustave de Beaumont, di Michela Nacci » 107 Parte seconda – L’Irlanda tra dispotismo e democrazia Da O’Connell al “Good Friday agreement”: Beaumont, la leadership carismatica e l’emergere di un ordine costituzionale in Irlanda (1800-2000), di Tom Garvin » 133 L’Irlande di Beaumont fra storia e politica francesi, di Manuela Ceretta » 144 5 L’Irlande di Gustave de Beaumont ed i timori in materia di corruzione e delle forme di governo, di Michael Drolet pag. 160 La cause storiche della “miseria” irlandese nella ricostruzione di Gustave de Beaumont, di Diana Thermes » 180 Il traduttore italiano dell’Irlande, Celestino Bianchi, di Matteo Truffelli » 208 Oltre Beaumont. L’immagine dell’Irlanda in Germania, tra esotismo e Realpolitik, di Marzia Ponso » 217 Parte terza – Dall’Irlanda alla crisi del colonialismo e degli imperi Les injustices révoltantes: Gustave de Beaumont e la preistoria dei crimini contro l’umanità, di Cheryl Welch » 245 Le questioni irlandesi viste da esponenti del movimento nazionale dell’Ottocento: Cavour, Cattaneo and Mazzini, di Guido M.R. Franzinetti » 264 John Stuart Mill: studioso dell’Irlanda e interlocutore di Beaumont e di Tocqueville, di Maria Teresa Pichetto » 272 Marx ed Engels. Riflessioni sull'Irlanda e su Beaumont, di Gian Mario Bravo » 298 Beaumont e i nuovi spazi della politica moderna: Stati Uniti, Irlanda e Algeria, di Domenico Letterio » 316 Gli Autori » 325 Indice dei nomi » 327 6 PREMESSA di Manuela Ceretta e Mario Tesini «[About Beaumont] probably no book would ever be written»: il libro che il lettore ha ora tra le mani smentisce questa previsione di George W. Pierson, l’importante studioso cui si deve l’analitica, davvero monumentale, ricostru- zione del viaggio americano di Tocqueville...e di Beaumont. Ancora nelle parole di Pierson, «nel 1866 era morto in Francia un uomo che nello spazio di una vita di durata ordinaria (era nato nel 1802) aveva visto l’interno di tredici prigioni americane, era andato a caccia nelle foreste del Tennessee in compagnia degli indiani Chickasaw, aveva studiato la popola- zione nera di Baltimora e l’underworld mulatto di New Orleans; condiviso il pasto con gli irrequieti irlandesi nelle loro catapecchie, alla vigilia della gran- de carestia della patata; sostenuto i pionieristici avvii dell’impero coloniale francese in Nord Africa; ricoperto il posto di ambasciatore a Londra ed a Vienna, sposato la figlia di Georges-Washington Lafayette e dunque la nipote del Generale, ed aveva avuto l’onore di assolvere, per più di trent’anni, alle funzioni di amico, collaboratore e infine editore delle opere di Alexis de Toc- queville. Il suo nome, Gustave de Beaumont, era dimenticato. E questo perché egli era stato quello che una volta veniva definito un liberale». Questa pagina appartiene alla metà degli anni Trenta: altro momento di e- clissi della cultura del liberalismo classico, che idealmente rimandava al tra- monto degli ideali testimoniati da Beaumont, negli anni culminanti dell’autoritario regime di Napoleone III. Soltanto nella seconda metà del XX secolo, il pensiero politico liberale – l’opera in particolare di Tocqueville – si sarebbe affrancato dall’immagine di una dignitosa, ma anche piuttosto polve- rosa sconfitta. Beaumont (l’amico, il collaboratore, in un certo senso il primo studioso di Tocqueville) avrebbe indubbiamente beneficiato di tale renaissance. Il suo nome, i tratti essenziali della sua biografia intellettuale e politica, sarebbero quantomeno divenuti familiari a coloro che, in misura sem- 7 pre più rilevante, avevano occasione di confrontarsi o di interessarsi all’autore della Démocratie en Amérique. Nulla di più, peraltro. Nonostante il libro importante di Seymour Drescher (New York, 1968) – ove venivano, tra l’altro presentati alcuni inediti testi di Beaumont, relativi alla questione sociale – e l’anno prima, l’ampia introdu- zione di André Jardin ai tre volumi di corrispondenza con Tocqueville, la fi- gura di Beaumont avrebbe a lungo mancato di suscitare una specifica atten- zione. Eppure, al suggestivo ritratto di Pierson, è possibile aggiungere alcune im- portanti integrazioni. Beaumont, negli anni della Monarchia di Luglio e della Seconda Repubblica, avrebbe svolto un ruolo parlamentare di un’indubbia e- videnza: dopo un decennio passato nella Camera censitaria di Luigi Filippo, sui banchi della cosiddetta gauche dynastique, sarebbe stato eletto a suffragio universale (maschile) all’Assemblea Costituente del 1848 e poi alla Legislati- va del 1849. Della prima sarebbe anche divenuto vice-presidente, e avrebbe fatto parte della commissione incaricata di redigere il testo della costituzione. La sua carriera politica, come quella di Tocqueville e di tutto il ceto parlamen- tare liberale dell’epoca sarebbe stata troncata dal colpo di stato bonapartista del 2 dicembre. Dell’attività parlamentare e della vita pubblica Beaumont, riti- ratosi nelle sue modeste proprietà nella Sarthe, avrebbe conservato una perdu- rante nostalgia. Ancora nel 1863, in una delle occasioni di apertura istituzio- nale di un regime prossimo a trasformarsi nel cosiddetto Empire libéral, a- vrebbe tentato (in raccordo con i vecchi amici liberali: non Tocqueville, però, da quattro anni scomparso) di essere eletto come deputato di opposizione: senza successo, peraltro. Ma il Beaumont che qui a noi particolarmente interessa, è il più dimentica- to di tutti: il Beaumont autore, lo studioso e l’écrivain politique. Al di là infat- ti delle sue pur rilevanti funzioni politiche, Beaumont sarebbe stato l’autore di opere accolte con favore dai contemporanei, tali da aprirgli l’accesso all’Institut, nella Académie des sciences morales et politiques, assieme a rico- noscimenti di rilievo quali il prix Montyon dell’Académie française. Sia il Système pénitentiaire (1833), opera firmata congiuntamente a Tocqueville ma nella cui stesura ebbe un ruolo precipuo, sia Marie, ou de l'esclavage aux E- tats-Unis (1835), singolare esperimento di mélange tra il genere narrativo e il saggio di denuncia sociale, che infine L’Irlande (1839) ampia ricostruzione in prospettiva storica e di descrizione della realtà contemporanea irlandese nei suoi aspetti sociali, politici, religiosi avrebbero avuto diverse edizioni nel cor- so della vita dell’autore, e ottenuto qualcosa di più di quello che si suole defi- nire un successo di stima. Per poi tuttavia venire, anch’esse – se pur con alcu- ne più o meno recenti, significative eccezioni – consegnate all’oblio. 8 Personalità aliena da ogni eccesso di auto-considerazione (il che con ami- chevole confidenza gli veniva talvolta rimproverato da Tocqueville), Beau- mont avrebbe probabilmente condiviso, circa il destino della sua futura me- moria, il giudizio di Pierson. E tuttavia, all’osservatore di oggi, l’insieme dell’opera di Beaumont, del suo liberalismo come ci appare dalle pagine qui oggetto per la prima volta di un’estesa e organica considerazione critica, toc- cano un punto nevralgico della riflessione politica a noi contemporanea: quel- lo del rapporto tra le premesse del pensiero liberale (l’individuo, la libertà, le istituzioni, la proprietà, il carattere espansivo di un processo di civilizzazione fondamentalmente, nel bene e nel male, eurocentrico) e le dinamiche planeta- rie, ove i rapporti tra le civiltà e le culture, gli interrogativi circa la possibilità di migliorare i costumi (les mœurs) attraverso l’opera delle istituzioni e in vir- tù della riflessione politica, della capacità di quest’ultima di incidere nelle in- crostazioni della storia e la spontaneità degli eventi, costituiscono per noi mo- tivo di interesse – ed anche indubbiamente di assillo – del tutto attuale. Ripensare l’opera di Beaumont, liberale francese ed europeo, significa dunque misurare distanze e affinità. Affinità, anzitutto: come si è appena ac- cennato, gran parte dei problemi che egli aveva fatto oggetto di vaste e accu- rate ricerche sono ancora, sia pure come ovvio in forme mutate, alla nostra at- tenzione. Ma, anche, distanze. Un secolo e mezzo – lo spazio di sei genera- zioni – hanno trasformato l’Irlanda della generalizzata oppressione e della Great Famine, in un paese a pieno titolo partecipe di quella costruzione euro- pea che costituisce una delle grandi intraprese intellettuali e politiche del XX e del XXI secolo. E con una certa emozione i curatori hanno letto le pagine di Marie, il romanzo-saggio forse non pienamente riuscito sul piano letterario ma appassionante per documentazione e contenuto, nei giorni stessi in cui successore di Washington veniva eletto un candidato che nel suo sangue ave- va ben più di qualche goccia rivelatrice di un’ascendenza razziale diversa, cir- costanza che tante e dolorose traversie aveva valso all’infelice eroina di Be- aumont. La misura delle distanze, non solo meramente cronologiche ma relative al procedere di mentalità e costumi, di istituzioni sociali a volte all’apparenza irreformabili, è un grande servizio