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La Gazza Ladra

La Gazza Ladra

9 GioachinoRossini La gazza ladra

La gazza ladra tgoedOea21 2017 / 2016 d’Opera Stagione

Stagione d’Opera 2016 / 2017 Fondazione di diritto privato

ALBO DEI FONDATORI

Fondatori di Diritto

Stato Italiano

Fondatori Pubblici Permanenti

Fondatori Permanenti

Fondatori Sostenitori

Fondatori Emeriti Stagione 2016 - 2017

con il sostegno di

Sponsor principale della Stagione artistica La gazza ladra

Melodramma in due atti

Libretto di Giovanni Gherardini

Musica di Gioachino Rossini

Nuova produzione Teatro alla Scala

EDIZIONI DEL TEATRO ALLA SCALA Il soggetto

Claudio Toscani*

Atto I

Il ricco fittavolo Fabrizio Vingradito e sua moglie Lucia preparano i festeggia- menti per accogliere il figlio Giannetto di ritorno dalla guerra. Al loro servizio si trova Ninetta, una ragazza povera, orfana di madre e figlia di un vecchio soldato che si trova ancora in guerra. Nel cortile della fattoria è appesa una gabbia in cui è rinchiusa una gazza. Fabrizio vorrebbe dare Ninetta in sposa al figlio Giannetto, ma Lucia è con- traria al fidanzamento dei due giovani e sospetta che la ragazza sia colpevo- le della sparizione di una forchetta d’argento. Ninetta, rientrando con un pa- nierino di fragole, pensa all’amato Giannetto che tra poco rivedrà. Intanto il merciaiuolo Isacco si annuncia elencando la sua mercanzia. Accompagnato dai contadini festanti arriva Giannetto, che va incontro a Ninetta e l’abbrac- cia felice. Al termine di un lieto brindisi, il padrone di casa congeda i suoi ospiti. Ninetta rimane sola in casa; d’improvviso entra Fernando, il militare suo pa- dre, che cerca un luogo in cui nascondersi: è fuggito dal carcere, dopo esse- re stato condannato a morte per un diverbio con un suo superiore. Ninetta, commossa, lo cela alla vista non appena vede arrivare il podestà. Questi con- ta di trovare la ragazza sola in casa e si ripromette di approfittare di lei, ma scorge in casa Fernando, vestito da mendicante, che finge di dormire. Ninet- ta cerca di far fuggire il padre; questi, privo di denaro, le consegna una po- sata e la incarica di venderla, portandogli poi il ricavato nel bosco. Una volta uscito, Fernando assiste dall’esterno alle avances del podestà e rientra, invi- tandolo a rispettare l’innocenza della ragazza. Il podestà, respinto da Ninet- ta, promette di vendicarsi. Nel frattempo la gazza esce dalla sua gabbia, ru- ba una posata e se ne vola via. Arriva Isacco e Ninetta gli vende la posata ricevuta dal padre. Rientrata in ca- sa, Lucia si accorge che dalle posate d’argento manca un cucchiaio. Il pode- stà, che nel frattempo è ritornato per salutare Giannetto, le insinua il dubbio che qualcuno di casa abbia commesso un furto; al che Ninetta scoppia a piangere, temendo di essere accusata. Quando la ragazza trae di tasca un fazzoletto per asciugare le lacrime, le cade a terra il denaro ricevuto da Isac- co. Poiché Ninetta tace, non potendo dare spiegazioni senza tradire il padre, viene convocato come testimone Isacco. Le circostanze accusano la ragazza e subito il podestà ne approfitta per formalizzare l’accusa. Ninetta viene con- dotta in carcere.

40 Atto II

Nel vestibolo della prigione il carceriere Antonio, commosso dalla sorte di Ni- netta, la fa uscire un attimo dalla cella perché respiri; la ragazza gli chiede di andare a chiamare il giovane contadino Pippo, al quale vorrebbe affidare il denaro che non ha potuto consegnare al padre. Bussa alla porta del carcere Giannetto, che Antonio lascia solo con Ninetta. La ragazza dichiara la sua innocenza e il giovane la invita a ribattere all’accu- sa, rivelando la provenienza della posata venduta a Isacco. Ma Ninetta non può farlo senza tradire il padre. Rientrata in cella, Ninetta riceve la visita del podestà, che tenta inutilmente di sedurla offrendole la salvezza. Al rifiuto della ragazza, e al rullo dei tamburi che lo chiamano al tribunale, si allontana irritato. Intanto Fernando, ignaro della sorte della figlia, si reca all’appunta- mento nel bosco, ma non vi trova nessuno. Chiede allora notizie a Lucia – che ha già iniziato a pentirsi dell’accusa lanciata a Ninetta – e questa lo informa su quanto è accaduto. Nella sala del tribunale il processo si conclude con la condanna a morte di Ni- netta. Mentre Giannetto interviene, accennando a un segreto che Ninetta non vuole rivelare, compare Fernando, che offre la sua vita in cambio di quel- la della figlia; ma il militare viene riconosciuto e arrestato come disertore. Pippo, nel frattempo, ha portato nel luogo dell’appuntamento il denaro per Fernando; mentre sta contando le monete rimaste, la gazza gliene ruba una. Si mette allora a inseguirla insieme ad Antonio e scopre che l’uccello ha na- scosto nel campanile della chiesa la posata rubata. I due cercano allora, suo- nando una campana, di fermare il corteo che sta portando Ninetta al patibo- lo. La ragazza, di fronte alla prova della sua innocenza, viene liberata; l’esul- tanza generale è accresciuta dalla notizia che il re ha concesso la grazia a Fernando. Tra acclamazioni festose, Giannetto e Ninetta vengono uniti in matrimonio.

* Claudio Toscani (1957) ha compiuto gli studi musicali e musicologici presso i conservatori di Par- ma e di Milano e la Hochschule für Musik und darstellende Kunst di Vienna, e ha conseguito il dottorato di ricerca in Musicologia presso l’Università di Bologna. Ha preso parte a numerosi con- vegni musicologici internazionali e ha pubblicato saggi sulla storia del teatro d’opera italiano del Settecento e dell’Ottocento. Ha curato, tra le altre, l’edizione critica dei Capuleti e i Montecchi di Bellini e della Fille du régiment di Donizetti; è membro dei comitati scientifici per l’edizione delle opere di Bellini, Pergolesi e Rossini. È direttore dell’Edizione Nazionale delle Opere di Giovanni Bat- tista Pergolesi. Ha fondato e dirige il Centro Studi Pergolesi. È docente di Storia del e di Filologia musicale all’Università degli Studi di Milano.

41 Synopsis

Act One

Fabrizio Vingradito, a rich tenant farmer, and his wife Lucia are preparing the celebrations to welcome their son, Giannetto, back from the war. One of their servants is Ninetta, a poor motherless girl whose father is an old sol- dier still at war. In the farmyard hangs a cage containing a magpie. Fabrizio would like his son, Giannetto, to marry Ninetta, but Lucia is op- posed to the match, and she suspects the girl is to blame for the disappear- ance of a silver fork. Ninetta returns with a basket of strawberries, thinking of her beloved Giannetto who will soon be back. In the meantime, Isacco, a pedlar, arrives announcing his wares. Then, accompanied by joyful peasants, Giannetto enters and he goes straight to Ninetta, happy to embrace her again. After proposing a toast, the master of the house bids goodbye to his guests. Ninetta is alone in the house when her father, Fernando, enters unexpected- ly. He has been condemned to death following a fight with one of his supe- rior officers and is now on the run, after escaping from prison, and in need of a place to hide. Ninetta is moved and, seeing the mayor approaching, she conceals him. The mayor hopes to find the girl alone in the house in order to force his attentions on her, but he sees Fernando, disguised as a beggar and pretending to be asleep. Ninetta tries to help her father escape, but first, be- cause he has no money, he gives her a silver spoon, asking her to sell it and to bring him the proceeds later in the woods. Once out of the house, Fer- nando observes the mayor’s advances towards his daughter. He returns and invites the mayor to respect the girl’s innocence. When Ninetta rejects him, the mayor promises to have his revenge. In the meantime, the magpie leaves its cage, steals a spoon and flies away. Isacco returns and Ninetta sells him the spoon that her father has given her. When Lucia returns to the house, she realises that a silver spoon is missing. The mayor, who has returned to see Giannetto, insinuates that a member of the household has committed the theft. Ninetta bursts into tears as she is afraid that she will be blamed. When she takes a handkerchief from her pocket to dry her eyes, the money that Isacco has given her falls onto the floor. Ninetta says nothing since she is unable to provide any explanation without betraying her father. Isacco is summoned to testify. The circum- stances point to the girl and the mayor immediately takes advantage of the situation to formalise the accusation. Ninetta is led off to jail.

44 Act Two

The prison warder, Antonio, is moved by Ninetta’s fate and he lets her out of the cell to take some air. She asks him to fetch a young peasant called Pippo: she wants to give him the money that she has not been able to take to her father. Giannetto knocks on the jail door and Antonio leaves him alone with Ninet- ta. The girl tells him that she is innocent and the youth encourages her to defend herself from the accusation and to reveal how she came in posses- sion of the spoon she sold to Isacco. But Ninetta cannot tell without betray- ing her father. When she returns to her cell, the mayor calls to see her and tries again to seduce her by offering her salvation. The girl refuses and, called to the court by a drumroll, he leaves in anger. In the meantime, Fer- nando, who knows nothing of his daughter’s situation, goes to the woods but finds no one. He asks Lucia for news, and she, already repentant of hav- ing accused Ninetta, tells him what has happened. In the courtroom, the trial concludes with Ninetta being sentenced to death. While Giannetto mentions that Ninetta is keeping something secret, Fernan- do enters, offering to sacrifice his own life in exchange for his daughter’s, but he is recognised and arrested for desertion. Pippo has by now reached the woods with the money for Fernando. While he is counting the coins, the magpie steals one of them. Together with An- tonio, he sets off in pursuit of the bird. They discover that it has hidden the stolen silver in the bell tower of the church, terefore they ring the bells in an attempt to stop the procession that is leading Ninetta to her execution. The girl is proved innocent and is freed. The overall exultation is further height- ened by the news that the king has granted Fernando a pardon. Amidst scenes of great joy, Giannetto and Ninetta are married.

(Traduzione di Chris Owen)

45 L’opera in breve

Claudio Toscani

Presentata alla Scala nella primavera del 1817, La gazza ladra offriva al pubblico milanese uno spettacolo di genere relativamente nuovo. Si tratta infatti di un’o- pera semiseria, o di “mezzo carattere”: un’opera, cioè, che presenta tratti inter- medi fra quelli di un dramma serio e quelli di un’opera buffa. Ambientata nella contemporaneità e tra personaggi umili e reali (contadini, valligiani, borghesi) anziché tra eroi mitici o personaggi storici, fondata su sentimenti umani e natu- rali anziché sulle nobili e sublimi passioni e sulle situazioni eccezionali del dram- ma serio, l’opera di mezzo carattere punta a suscitare il senso della commisera- zione, della partecipazione alla sventura – sottolineando implicitamente la di- gnità morale dei ceti non aristocratici, la virtù del popolo contrapposta alla ribal- deria della classe nobiliare – e ama coinvolgere i suoi protagonisti in peripezie romanzesche: incarcerazioni, liberazioni inattese nelle quali il pubblico dell’epo- ca poteva facilmente riconoscere gli eventi dei recentissimi, e turbolenti, anni ri- voluzionari. Nella Gazza ladra non manca nessuno degli ingredienti tipici del ge- nere semiserio: ci sono l’ambientazione agreste, il realismo e l’attualità della vi- cenda, la raffigurazione di classi sociali distinte, la tematica del potere affrontata da un’angolazione morale, con la ragazza insidiata da un potente di rango su- periore e l’immancabile lieto fine, nel quale il personaggio ingiustamente perse- guitato vede riconosciuta la sua innocenza e il persecutore è smascherato o umiliato. Il della Gazza ladra, approntato da Giovanni Gherardini, è tratto da un mélodrame francese, La pie voleuse ou La servante de Palaiseau, che sulle scene del Théâtre de la Porte Saint-Martin di Parigi aveva ottenuto un successo strepi- toso. Pare che la vicenda fosse ispirata a un fatto realmente accaduto, conclu- sosi tragicamente con la condanna e l’esecuzione capitale di una ragazza inno- cente. Rossini riconobbe subito l’eccellenza del soggetto drammatico, del quale fu entusiasta; l’intreccio della Gazza ladra è in effetti ben congegnato, la vicen- da è movimentata e calibra accuratamente entrate e uscite dei personaggi, che si susseguono in un meccanismo dal funzionamento perfetto. Si spiegano così l’impegno con il quale Rossini dovette applicarsi alla composizione e il tempo – per lui insolitamente lungo – dedicato alla preparazione della partitura, ma an- che il fatto che non fece ricorso ai soliti autoimprestiti: tutta la musica della Gazza ladra è originale. Di comico, l’intreccio della Gazza ladra non ha molto; Rossini ne accentuò piut- tosto il lato drammatico. Non è un caso, per esempio, che l’apice emotivo del- l’opera sia costituito dalla grande scena del giudizio e dalla successiva marcia funebre, poco prima della conclusione. Gli elementi comici si riassumono nella figura del podestà (il vecchio smanioso di conquistare una fanciulla è, da sem- pre, figura tradizionale del teatro comico), nel testo verbale del brindisi (“Il nap- po è di Pippo, / la pipa e la poppa: / il pecchero accoppa / le pene del cor”), nei versi sproporzionatamente enfatici pronunciati dai giudici nella sala del tribuna- le (“Tremate, o popoli, / a tale esempio! / Questo è di Temide / l’augusto tem- pio: / diva terribile, / inesorabile, / che in lance pondera / l’umano oprar”). Il re- gistro espressivo vira a volte, invece, verso il patetico: la di Ninetta “Di

58 piacer mi balza il cor” (che divenne ben presto pezzo favorito di molte cantanti) assume un tono decisamente sentimentale e persino malinconico. Ma una volta esauriti, con le scene iniziali, i debiti nei confronti del comico e del patetico, la musica della Gazza ladra aderisce a una più alta temperatura dram- matica, rivelando così la sua vera vocazione. Già l’arrivo di Fernando porta con sé un evidente cambiamento d’atmosfera: la musica, agitata, tradisce l’affanno di un personaggio fiero (il soldato offeso, il padre oltraggiato), che si esprime in uno stile vocale diverso, fratto, scopertamente affettivo e improntato a un’ir- ruente passionalità romantica. Non a caso Stendhal ravvisava nel terzetto “Oh Nume benefico”, del quale Fernando è protagonista assieme a Ninetta e al po- destà, “un brano di magnifico stile tragico”. Per accentuare la tensione dram- matica di alcuni momenti cruciali dell’azione, Rossini non esita a ricorrere a quell’espediente realistico che è il parlato vero e proprio: così Ninetta legge al podestà, che ha lasciato a casa gli occhiali, il mandato di cattura del padre; così uno dei giudici legge a Ninetta la sentenza che la condanna alla pena capitale. Accenti autenticamente tragici tocca, poi, il secondo Atto, sul quale la musica getta lampi oscuri. Tre numeri (un duetto, un’aria e un nuovo duetto) compon- gono l’ampia scena del carcere; poi interviene l’aria di Fernando “Accusata di furto... oh rossore!”, improntata a quell’affetto paterno che Rossini privilegia spesso quale motore del dramma tragico. L’espressione qui si fa intensa, lo stile vocale predilige la declamazione e la forma aperta anziché l’articolazione rego- lare e il classico arco della melodia all’italiana. L’aria prepara emotivamente la memorabile scena del giudizio, nella quale l’oppressione degli animi e la tensio- ne drammatica raggiungono il colmo. La lugubre marcia funebre e la preghiera di Ninetta che aprono il Finale si rovesciano infine, allo scioglimento felice della vicenda drammatica, nel tripudio belcantistico del vaudeville conclusivo, dall’ef- fetto catartico: l’azione è terminata e i cantanti se ne distaccano, sfoggiando un virtuosismo canoro che è astrazione somma e sublimazione liberatoria.

Manifesto per La gazza ladra, opera inaugurale del Nuovo Teatro di , 10 giugno 1818. Particolare (Pesaro, Casa di Rossini). In occasione dell’apertura del Teatro, ricostruito dall’architetto Piero Ghinelli, Rossini volle farvi rappresentare La gazza ladra che diresse e ampliò con aggiunte musicali, e di cui curò anche la messinscena.

59 La musica

Antonio Rostagno*

La gazza ladra è il testimone più noto e significativo del “terzo genere” dell’opera , il semiserio. I fondamenti dell’estetica neoclassica ri- mangono vigenti: l’azione è condotta soprattutto dal ritmo, dall’ordine pro- porzionato degli elementi, secondo i principi di periodicità, simmetria, astra- zione; quindi rifiuto del caratteristico e della rappresentazione musicale di precisi eventi o di reazioni emozionali individualizzate. Tuttavia il genere se- miserio si distingue per un maggiore realismo, senza i grandi personaggi del- la tragedia o le situazioni della convenzione comica, a favore di un’ambien- tazione borghese o persino umile e di caratteri più modesti (in posizione pro- tagonistica, non per semplice contrasto o per caricatura). I titoli che possono rientrare in questa esigua categoria, insieme alla Gazza, sono soprattutto (1821), (1815) e in parte la farsa gio- vanile L’inganno felice (1812). Occorre però notare che il semiserio, almeno a partire dalla Gazza, è per Rossini più distante dal comico e più prossimo semmai al tragico. Le scelte musicali s’inquadrano nella medesima cornice stilistica: tratti di stile comico risultano minoritari davanti alle costanti linguistiche di tutto il teatro di Rossini, indifferentemente dal genere. Eppure qualche elemento distintivo del semiserio si può trovare. S’è già detto del ritmo dell’azione; se nei due stili comico e tragico tale ritmo non si differenzia, e non è concepito per seguire momenti specifici, rallentamenti e accelerazioni dell’azione, nel semiserio la- scia campo in alcuni momenti a un’azione più realistica, a fratture del tempo astratto per accogliere elementi drammatici, segnare momenti patetici o svol- te dell’azione. All’astratta dinamica del ritmo teatrale subentra in alcuni punti la commozione emotiva suscitata nello spettatore da singoli momenti scenici, dove la musica non segue la sua logica autonoma, ma le ragioni dell’azione, del dramma. In questo senso l’opera semiseria di Rossini prefigura qualcosa che, con le dovute differenze, sarà realizzato dalla successiva generazione, che pure Rossini sentirà tanto estranea da scegliere il precoce e definitivo riti- ro dalle scene. D’altronde La gazza ladra è scritta per la Milano in cui si stan- no muovendo le prime scintille del romanticismo italiano, scatenate dal pas- saggio di Madame De Stäel, e dal polverone ch’ella suscitò fra i giovani del “Conciliatore” e il gruppo della “Biblioteca italiana” di Paride Zajotti. Giuseppe Radiciotti, pur velatamente tiepido verso il “terzo stile”, notava che dall’arrivo in scena di Fernando, alla fine del primo Atto, “è tutta una serie di scene stupende [...] se si eccettuano [le] convenzionali strette, le quali per al- tro, considerate come musica pura, sono ammirevoli per il magnifico sviluppo e l’irresistibile effetto”. Il commento coglie nel segno; le scene sono sviluppa- te secondo convenzione, cabalette e strette arrivano regolarmente dove le ri- chiede l’architettura della scena (il “magnifico sviluppo”), non dove il senso dell’azione le richiederebbe. Nel duetto dell’incontro padre-figlia (“Come fre- nare il pianto”), per esempio, il riconoscimento avviene nel recitativo, in dialo- go dimesso e in una manciata di secondi; poi il cantabile è tripartito e nella

60 sua parte mediana le agilità in dialogo fra soprano e basso assumono sfuma- ture di patetiche tonalità minori; dopodiché la cabaletta è inutile dal punto di vista del plot, è puro sviluppo della forma, ritmo necessario all’architettura della scena, non al suo significato. Il terzetto, dopo la cavatina del Podestà (“Oh nume benefico”), è uno dei pezzi celebrati della Gazza: brano a sezioni molteplici, dove la tecnica del “parlante” predomina nelle parti d’azione. Per tal motivo Fedele D’Amico ha parlato di “spirito decisamente drammatico”, ossia tendenza inusuale a sottomettere la musica all’azione, l’architettura al dramma, soprattutto nell’articolato cantabile e nell’ampia sezione di mezzo dove i due bassi (Podestà e Fernando) si oppongono. Equilibrio fra livelli stilistici, alternanza e simmetria sono le componenti dei due grandi finali d’atto; nel secondo, in particolare, Rossini tocca un aspetto nuovo del suo teatro. La sequenza inizia con la grande scena del processo, questa sì davvero aderente all’azione, con la condanna a morte che innesca l’attonito quintettino a voci sole (“Un padre, una figlia”) e l’amplissima stret- ta; segue l’aria del pentimento di Lucia e, subito dopo, lo scoprimento della vera ladra. L’apparizione della gazza che ruba la moneta è un vero colpo di scena, ma la musica, quanto mai astratta, prosegue il suo decorso e non rile- va alcunché: la gazza, in musica, non esiste. Ma a questo punto inizia la se- quenza finale, dove Rossini costruisce lo stato d’animo, il senso di sollievo con cui manderà a casa l’ascoltatore compartecipe: il classico effetto liberatorio. La grande marcia funebre in do minore (“neoclassicismo eroico” alla Gluck, secondo Fabrizio Della Seta) non è solo un tableau da mélodrame francese; dopo il prolungato color funereo, acuito dal breve arioso di Ninetta al suo centro (“Deh, tu reggi in tal momento”), l’Allegro in do maggiore nel suo leggero andamento di 6/8 che accompagna l’ingresso di Pippo e Antonio con la scoperta della refurtiva, “basta ad aprire un paesaggio di festa” (D’Amico). E finiamo in una festa paesana, che l’ascoltatore inevitabilmente ricollega alla Sonnambula e all’Elisir d’amore. In un attimo dal dramma piombiamo in pie- no vaudeville, dal patetico alla “leggerezza” che il Novecento tanto apprez- zerà nel teatro rossiniano. La sinfonia, uno dei pezzi principali dell’opera, ri- specchia questa collocazione ambivalente: se l’introduzione (Maestoso) ab- bandona ogni convenzione, a partire dal leggendario rullo di tamburi, all’op- posto l’Allegro principale non deroga in alcun modo a una forma da manua- le, rendendo quel “ritmo” architettonico con un’efficacia ineguagliata.

* Antonio Rostagno (1962), musicologo e pianista, è professorie associato di Storia della musica presso l’Università “La Sapienza” di Roma. Ha prodotto importanti studi su Verdi, Puccini e Doni- zetti. A questo campo associa l’interesse per la musica del romanticismo tedesco (in particolare di Schumann, a cui ha dedicato diversi libri, e di Liszt), e lo studio di alcuni aspetti della musica del secondo Novecento (soprattutto Ligeti, Kurtág, Rihm). Fra le collaborazioni con le maggiori enci- clopedie musicali del mondo, quella con The Cambridge Verdi Encyclopedia (2014) e The Cambrid- ge Encyclopedia of Historical Perfomance in Music (2017).

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La gazza ladra

Melodramma in due atti

Libretto di Giovanni Gherardini

Musica di Gioachino Rossini

PERSONAGGI

Fabrizio Vingradito, ricco fittaiuolo basso Lucia, moglie di Fabrizio mezzosoprano Giannetto, figlio di Fabrizio, militare tenore Ninetta, serva in casa di Fabrizio soprano Fernando Villabella, padre di Ninetta, militare basso Gottardo, Podestà del villaggio basso Pippo, giovane contadinello al servizio di Fabrizio Isacco, merciaiuolo tenore Antonio, carceriere tenore Giorgio, servo del Podestà basso Ernesto, compagno e amico di Fernando, militare basso Il Pretore del villaggio Gregorio, cancelliere Un Usciere Una gazza

Coro: Giudici del tribunale. Genti d’arme. Contadini e Contadine. Famigli di Fabrizio.

La scena si finge in un grosso villaggio non molto distante da Parigi.

Prima rappresentazione assoluta: Milano, Teatro alla Scala, 31 maggio 1817

(Edizione critica della Fondazione Rossini di Pesaro in collaborazione con Casa Ricordi, Milano a cura di )

5 ATTO PRIMO Pippo Brutta gazza maledetta, che ti colga la saetta! [Sinfonia]

[N. 1 Introduzione] La gazza Pippo? Pippo? Scena prima Ampio cortile della casa di Fabrizio. Sul dinanzi Pippo domina un portico rustico con pergolato; ad un Taci là, taci là! pilastro è appesa una gabbia aperta, dentro della quale si vede una gazza. Nel fondo e verso Coro il mezzo è collocata una porta con cancello, per (deridendo Pippo) cui si entra nel cortile. Al di là la scena rappre- Pippo? Pippo? Ah ah ah! senta alcune collinette. Diversi Abitanti del villaggio; alcuni Famigli re- [Cavatinetta] canti le cose necessarie per apparecchiare una Lucia mensa; subito Pippo; indi Lucia con un canestro Marmotte, che fate? di biancherie; finalmente Fabrizio ed altri servi Così m’obbedite? con bottiglie di vino. Movetevi, andate; la mensa allestite Coro là sotto alla pergola Oh, che giorno fortunato! che invita a mangiar. Oh, che gioia si godrà! Che flemma! Sbrigatevi: pigliate, stendete. Pippo Mio figlio, il sapete, Dopo tanti e tanti mesi dee tosto arrivar. spesi in guerra e fra gli stenti, oggi alfine a’ suoi parenti Pippo e Coro il padron ritornerà. Che giorno beato dobbiamo passar! Parte del Coro e Pippo Vieni, vieni, o padroncino! Lucia Alfine cessato Tutti avrò di tremar. Vieni a noi, Giannetto amato! Oh, che giorno fortunato! Lucia Oh, che gioia si godrà! Ehi, Ninetta?... Quand’io chiamo, La gazza tutti perdono l’udito. Pippo? Pippo? E colui di mio marito Pippo dove adesso se ne sta? Chi ha chiamato? Pippo e Coro Coro Tuo marito eccolo qua. (essendosi accorti della gazza e deridendo Pippo) Non so niente. Ah ah ahà! Fabrizio Egli viene, o mia Lucia, La gazza come Bacco trionfante; Pippo? Pippo? egli reca l’allegria, reca il nettare spumante Pippo che mantiene nelle vene Ancora? il vigor, la sanità.

Coro Tutti (additandogli la gazza) Viva Bacco e la cantina, Ve’ chi è stato. medicina d’ogni età!

6 Lucia a suo padre, alla sposa vicino, (a Fabrizio) Ah che alfin col suo congedo Lucia oggi arriva il figlio amato! Là seduto l’amato Giannetto a sua madre, alla sposa vicino, Fabrizio Certamente; ed ammogliato Pippo lo vorrei ben’io veder. Là seduto l’amato Giannetto a suo padre, alla sposa vicino, Lucia A me tocca il dargli moglie; Fabrizio, Lucia e Pippo questo affare a me s’aspetta. Or d’orgoglio brillar lo vedremo, Egli dee sposar... or di bella pietà sospirar. noi l’udremo narrar con diletto La gazza le battaglie, le stragi, il bottino; Ninetta, Ninetta. Tutti e Coro Fabrizio E fra i brindisi intanto faremo Ah! La gazza ha indovinato. i bicchieri ricolmi sonar.

Lucia (partono gli abitanti del villaggio) Insensato! [Recitativo, dopo l’Introduzione] Fabrizio Si vedrà. Brava, brava! Fabrizio (s’avvicina alla gazza, l’accarezza e ne resta bec- (guardando l’oriuolo) cato) Oh cospetto! Undici ore già passate. Ahi, ahi! E Giannetto ne scrive che sarà qui sul mezzogiorno. Lucia Che è stato? Lucia Oh diavolo, già così tardi! Fabrizio E la Ninetta ancora non veggo. M’ha beccato. Ov’è costei? Pippo, rispondi.

Lucia Pippo E ben ti sta. Per la collina, io credo, a cogliere le fragole. Fabrizio Ma la gazza ha indovinato. Lucia Ah Fabrizio, da qualche tempo Lucia son molto scontenta Insensato! di questa tua Ninetta. Pippo, Ignazio, Antonio, andate Fabrizio tutti a preparar il resto. Si vedrà. (Pippo e gli altri famigli si ritirano) Tutti gli altri Se la gazza ha indovinato Lucia ogni core esulterà, sì, sì. Ah, se la colgo quella smorfietta!... [Seguito dell’Introduzione] Fabrizio Fabrizio Eh via, cessa una volta! (additando la mensa) Tu sempre la rimbrotti, Là seduto l’amato Giannetto e sempre a torto.

7 Lucia finalmente io rivedrò. A meraviglia! E quando L’uno al sen mi stringerà; ridendo e civettando ella mi perde l’altro, l’altro... ah che farà? le forchette d’argento, dimmi, allora Dio d’amor, confido in te; se mi viene la bile, ho torto ancora? deh tu premia la mia fé! Tutto sorridere Fabrizio mi veggo intorno; Gran cosa! Finalmente più lieto giorno è una forchetta sola brillar non può. che si smarrì per caso; Ah già dimentico e chi sa forse i miei tormenti: che un dì non si ritrovi. quanti contenti Orsù, Lucia, bada a trattare alfin godrò! con maggior dolcezza quella fanciulla. (va a deporre il suo panierino sulla mensa)

Lucia [Recitativo] (in aria di sprezzo) Ah, ahà! Fabrizio (uscendo dall’orto con alcune pere che va a de- Fabrizio porre sulla mensa) Rispetta in lei le sue sventure. Oh come il mio Giannetto Sai ch’ella è pur figlia gradirà queste pere! di quel bravo e onesto Fernando Villabella Ninetta che fra le schiere incanutisce; e s’ella, (a Fabrizio) orfana della madre e senza doni Addio; buon giorno! della fortuna, colle sue fatiche qui si procaccia una meschina vita, Fabrizio non debb’esser perciò da noi schernita. Alfin sei giunta, amabile Ninetta. Hai raccolte le fragole? Lucia E chi dice il contrario? Ma finiamola. Ninetta Il tempo vola: io corro Un intero panierin n’ho ricolmo. Eccole. un momento in cucina; e poi, se credi, andremo insieme ad incontrar Giannetto. Fabrizio Oh belle, e fresche al par di te! (via) Senti, mia cara; quest’oggi vo’ che tutto spiri d’intorno a noi Fabrizio gioia, letizia e amore. Dici ben; vò nell’orto, e là ti aspetto. Ninetta (via) Oh sì, lo spero. Vostro figlio...

Fabrizio Scena seconda Ah, ahà! Mio figlio, il so, ti piace... Basta... Ninetta con un panierino di fragole, che scende dalla collina ed entra nel cortile; poscia Fabrizio; Ninetta e finalmente la Lucia col canestro delle posate. Come! Che dite?

[N. 2 Cavatina] Fabrizio Già da un pezzo io leggo Ninetta in quegli occhi, in quel core. Di piacer mi balza il cor; ah, bramar di più non so: Ninetta e l’amante e il genitor (Oh Dio!)

8 Fabrizio Fabrizio Sta lieta; non t’arrossire. Al padre suo Non pianger, mia fanciulla; abbi pazienza. [Giannetto non v’è cosa che asconda: ei t’ama; ed io (Lucia e Fabrizio escono, e prendono la via della questo amor non condanno. collina. Ninetta chiude il cancello, e poi rientra nell’abitazione.) Ninetta Oh me felice! Scena terza Fabrizio Isacco, prima di dentro, e poscia affacciandosi Taci, chè vien Lucia. al cancello, colla sua cassa di merci; e subito Pippo, arrecando qualche cosa per la mensa. Ninetta Caro Fabrizio! [N. 3 Cavatina] (gli bacia la mano; ed egli le fa una carezza) Isacco Lucia Stringhe e ferri da calzette, (alla Ninetta) temperini e forbicette, Ma brava! E tu, quando farai giudizio? aghi, pettini, coltelli, Prendi queste posate, e bada bene esca, pietra e zolfanelli. che non si perda nulla. Avanti, avanti chi vuol comprar, e chi vuol vendere o barattar. Ninetta Ah no! Vorrei [Recitativo dopo la Cavatina] in pria morir, che ancora mancar dovesse... Pippo Oh, senti il vecchio Isacco. Lucia Andate, galantuomo; Solite proteste. risparmiate una voce si bella: Ma intanto la forchetta se n’è ita. quest’oggi abbiamo vuota la scarsella.

Ninetta Isacco Io non ci ho colpa! Io compro, se volete; baratto, se vi piace: Lucia guardate che bei capi, Ma però... che belle mercanzie tutte di moda Fabrizio e più che mai perfette. Che vita! (prende la Lucia per un braccio, mostrandosi al- Pippo quanto adirato) Andate, vi ripeto. Andiamo. Isacco Lucia Salutatemi la signora Ninetta: Andiamo pure. se per sorte ella bisogno avesse de’ fatti miei, ditele che mi trovo Fabrizio fino a dimani nell’Albergo nuovo. (si stacca dalla Lucia, e va a parlare nell’orecchio alla Ninetta) (parte.) Addio, Ninetta.

Lucia Scena quarta (tirando a sé Fabrizio) Pippo e Ninetta con de’ fiori per adornar la Eh quante tenerezze! Ad una serva mensa. non bisogna dar tanta confidenza.

9 Ninetta Scena quinta (a Pippo) Ninetta, Pippo, Giannetto, Fabrizio, Lucia, Con- Mi par d’aver udito la voce tadini e Contadine che si veggono discendere di quel vecchio merciaiuolo dalla collina, ed i Famigli di Fabrizio che escono che suole tutti gli anni nel cortile. passar di qua. Giannetto, vedendo la Ninetta, si spicca dalla comitiva, corre, e trovasi alla porta che dalla Pippo strada mette al cortile, nel momento che vi Non v’ingannaste: è desso; giunge la Ninetta per riceverlo. e mi chiamò di voi. Coro Ninetta Bravo! Ben tornato! Gli son tenuta assai. Qui dovete ognor restar.

Pippo [Cavatina] Un usuraio egual non vidi mai. Giannetto [N. 4 Coro e Cavatina] (alla Ninetta) Vieni fra queste braccia... (s’ode dietro alla collina una sinfonia campe- Mi balza il cor nel sen! stre) D’un ver amor, mio ben, quest’è il linguaggio. Ninetta Anche al nemico in faccia Ma qual suono! m’eri presente ognor: tu m’inspiravi allor [Coro] forza e coraggio e valor. Ma quel piacer che adesso, Coro di Contadini o mia Ninetta, provo, (da lontano) è così dolce e nuovo Viva, viva! che non si può spiegar.

Ninetta Pippo, Fabrizio e Coro Ma quai grida! Mi sembrano due tortore: mi fanno giubilar! Coro di Contadini (da lontano) (tutti fanno festa a Giannetto. Ad un cenno di Ben tornato! Lucia, Pippo e gli altri Famigli rientrano in casa)

Pippo [N. 5 Brindisi] (saltando per gioia) È Giannetto! (alcuni Famigli portano fuori delle sottocoppe coperte di bicchieri, e mescono ai Contadini. Ninetta Pippo esce con un nappo in mano, e si mette in Oggetto amato, mezzo alla festosa turba, e fa il seguente brin- deh, mi vieni a consolar! disi) Ah, momento fortunato! Oh, che dolce palpitar! Pippo Tocchiamo, beviamo Pippo a gara, a vicenda: (correndo sulla soglia dell’abitazione e chiaman- il petto s’accenda di dolce furor. do i famigli) Fuori, fuori! È ritornato: Coro deh, venitelo a mirar! Tocchiamo; e discenda la gioia nel cor.

10 Pippo Giannetto Se il nappo zampilla, (alla Ninetta) se spuma, se brilla, A rivederci, mia cara! e ricchi e pitocchi esultano allor. Ninetta Sì; ma ritornate presto. Tutti Beviamo; e trabocchi Lucia di gioia ogni cor. (alla gazza) Povera bestiolina, vien qua; Pippo bacia la mano: addio, carina. Il nappo è di Pippo, la pipa e la poppa: (Fabrizio, Lucia e Giannetto escono dalla porta il pecchero accoppa che mette alla strada. le pene del cor. Intanto ch’essi dilungansi al basso, Fernando compare sulla collina, e ne discende guardan- Tutti dosi sempre dintorno in aria di sospetto.) Che pipa, che poppa, che pretto sapor! Scena sesta (finiscono le danze, e tutti si levano da tavola. Ninetta, e subito Fernando. Pippo e i Contadini escono) Ninetta [Recitativo dopo il Brindisi] Idolo mio!... Contiamo queste posate. Oh come, come sento ch’io l’amo! Giannetto O madre, ancor non mi diceste nulla Fernando del caro zio. Che fa? (riconoscendo la casa di Fabrizio) No, non m’inganno. Lucia Sempre trafitto Ninetta dalla sua gotta. Il conto è giusto.

Giannetto Fernando Ah voglio Oh, Dio! Quella certo è mia figlia!... vederlo ed abbracciarlo. Ahi, di qual colpo a ferire ti vengo! Fabrizio Ninetta E ben, possiamo Oh, cielo! Un uomo: par ch’egli pianga. or tutti in compagnia (se gli accosta timidamente) andar da lui. Che te ne par, Lucia? Dite, in che poss’io?... Lucia Fernando Andiamci pur. Ninetta, (scoprendosi, e con dolore) tien l’occhio a tutto. Pippo?... Adorata mia figlia! Pippo (uscendo subito) Ninetta Signora... (con trasporto, e gettandosi fra le braccia di suo padre) Lucia Oh, padre mio! Là in cucina raccogli la mia gente e mangiate e bevete allegramente. Fernando Zitta! Non mi scoprir. Pippo Oh, vi faremo onore! Ninetta (rientra in casa) Come! Che dite?

11 Fernando [Insieme] Ascolta, e trema. Ninetta [N. 6 Recitativo e Duetto] Per questo amplesso, o padre... (Ah regger non poss’io! Fernando Chi vide mai del mio Ieri, sul tramontar del sole, più barbaro dolor!) giunse a Parigi la mia squadra. Fernando Io tosto del capitano imploro Per questo amplesso, o figlia... di vederti il favor. (Ah regger non poss’io! Bieco e crudele ei me lo niega. Chi vide mai del mio Con ardir, con fuoco, più barbaro dolor!) a’ detti suoi rispondo. “Sciagurato!” ei grida; Fernando e colla spada già m’è sopra. Deh! M’ascolta. Agli occhi mi fa un velo il furor; la sciabla impugno, m’avvento, Ninetta e i nostri ferri già suonano percossi; Sì, parlate. quand’ecco a noi sen viene pronto un soldato Fernando e il braccio mio trattiene. Fra l’orror di tante pene, se sapessi... Ninetta E allora, padre mio? (si vede in questo momento arrivare dalla colli- na il Podestà) Fernando Ninetta Barbara sorte! Oh Dio, chi viene! Fui disarmato, e condannato a morte. Fernando Ninetta Chi mai dunque? Misera me! Ninetta Fernando Il Podestà! Gli amici procurar la mia fuga. Il prode Ernesto di questi cenci mi coperse, Fernando e scorta mi fu fino al primiero villaggio Ah, che dici? Son perduto. dove entrambi piangendo, ci lasciammo. Come far? “Amico mio”, ei disse; e dir non mi poteva: “Addio!” Ninetta (conducendolo verso la mensa) [Duetto] Qui, qui sedete.

Ninetta Fernando Se mi scopre... Come frenar il pianto! Io perdo il mio coraggio!... Ninetta E pur di speme un raggio Nascondete quelle vesti. ancor vegg’io brillar. Fernando Fernando Ma se mai... No, non v’è più speme; è certo il mio periglio: Fernando e Ninetta solo un eterno esilio, Oh crudel fatalità! oh Dio! Mi può salvar.

12 Ninetta e Fernando [Recitativo dopo il Duetto] Io tremo… pavento… Che fiero tormento! Ninetta Che barbara sorte! (versando a suo padre un altro bicchiere di vino) Il nembo è vicino! Un altro, un altro: questo Tremendo destino, vi darà forza a camminar. mi sento gelar! Podestà (Fernando si ravviluppa nel suo gabbano, e si (avendo udita la voce di Ninetta, e solo accor- colloca nell’angolo più lontano della tavola. La gendosi di lei in questo punto) Ninetta si occupa a sparecchiar la mensa.) Buon giorno, bella fanciulla.

Scena settima Ninetta Il Podestà, Ninetta e Fernando. Vi son serva.

[N. 7 Cavatina] Podestà (a parte alla Ninetta) (Il Podestà, avviandosi verso l’abitazione, dice Ditemi: chi è quell’uomo? quanto segue. Frattanto la Ninetta versa da be- re a suo padre, e lo conforta in segreto) Ninetta Un povero viandante Podestà che mi chiedea soccorso... Il mio piano è preparato, e fallire non potrà. Podestà Pria di tutto, con destrezza, E voi gli deste a bere. le solletico l’orgoglio. Oh brava, brava! (contraffacendo Ninetta) Anch’io, mia cara, “No, non posso... ohimè!... non voglio... ho una gran sete. Deh partite, o Podestà!” Ciance solite e ridicole; Ninetta formolario omai smaccato! Subito vi servo. Ma frattanto il cor piagato un bel sì dicendo va. Podestà Il mio piano è preparato, (trattenendola) e fallire non potrà. No, no; per la mia sete non ci vuole del vin. Sì, sì, Ninetta sola soletta Ninetta ti troverò. Dunque dell’acqua? Quel caro viso brillar d’un riso Podestà io ti farò! (accarezzandole la mano) E poi che in estasi Tu non mi vuoi capir. di dolce amore ti vedrò stendere Ninetta la mano al core, Lasciate. rinvigorito, ringiovanito, (a suo padre) ringalluzzito, rimbaldanzito Ebbene, come lo ritrovaste? trionferò. (e poi sottovoce) Ah tutto in giubilo Fingete di dormire. Io già men vo. (ritornando verso il Podestà) Oh, voi saprete ch’è arrivato Giannetto.

13 Podestà Fernando Ed ero appunto (a parte e con ispavento) venuto a salutarlo. Un birro!

Ninetta Podestà Mi rincresce Giorgio, dammi una sedia. che sono tutti usciti. Vediamo che cos’è. Vattene pure.

Podestà (Giorgio parte.) Eh non importa! Ci siete voi, mi basta! Scena nona (accennando Fernando, il quale finge di dormi- Il Podestà, Ninetta e Fernando. re, ma di tempo in tempo alza la testa per os- Il Podestà, assiso verso il mezzo della scena, si servare che cosa succede) leva di tasca un portafogli, ne toglie le forbici onde tagliare il sigillo del piego; poi cerca gli Podestà occhiali, e, non trovandoli, s’impazientisce di Ma colui perché non se ne va? non poter riuscire a leggere. Intanto succede in Cacciatelo. disparte fra la Ninetta e suo padre il seguente dialogo, che viene a suo tempo interrotto dal Ninetta Podestà. Vedete, è tanto stanco che già s’è addormentato. Ninetta Ah! Caro padre, udiste? Io tremo! Podestà Intanto ch’ei legge, deh! fuggite. (Can che dorme non dà molestia.) Ah, se sapeste, o cara, Fernando da quanto tempo io cerco E come, o figlia? di ritrovarvi sola... Sono senza denari.

Ninetta Ninetta Andate, andate; non vi fate burlare. Oh cielo! Ed io non ho più nulla. Podestà Ah, mia Ninetta, Fernando perché così ritrosa? Ebben, prendi questa posata, Rispondi, anima mia. unico avanzo di quanto io possedea. Deh, tu procura di venderla dentr’oggi, ma in segreto! Là dietro al colle io vidi Scena ottava un gran castagno, a cui la lunga etade Giorgio e detti. scavato ha il sen.

Giorgio Ninetta Il cancellier Gregorio a voi m’invia. Me ne sovvengo.

Podestà Fernando Un corno. (Uh! maledetto) Quivi cela il denaro che potrai ritrarne. Giorgio Nel folto della selva Questo piego pressante è a voi diretto. io mi terrò nascoso: e come il cielo imbruni, fa che in quel castagno io trovi Podestà almen questo sussidio. Ah! Ah! Chi l’ha recato? Ninetta Giorgio (Ah! Se tornasse quel merciaiuolo che pur dianzi...) Un birro. O padre, farò di tutto. Andate...

14 Fernando Ninetta Figlia mia, abbracciami! Fer... Fer... Fernando... (Suggeritemi, o Dei, Podestà qualche pietoso inganno!) (alzandosi) Ninetta? Podestà (Oh, come il duolo Ninetta la rende ancor più bella!) (Giusto cielo!) Ninetta Podestà Ei chiamasi Fernando Vi... Vinella... (a Fernando che faceva per uscire) (guardando a suo padre, come per indicargli la Galantuomo, restate. bugia ch’ella proferisce) Fernando Podestà (Io tremo!) Continuate. Ninetta Ninetta (Io gelo!) (Oh, Dio! Se leggo ancora, tutto è perduto.) Ninetta (piano a suo padre il quale torna a sedersi, e “Età: quarantott’anni; finge ancora di dormire) statura: cinque piedi...” Traetevi in disparte. Podestà Podestà Ebben, che avete? (a parte alla Ninetta) Non sapete più leggere? Son questi, almen suppongo, i contrassegni d’un disertor. “Fernando” par che dica. Fernando (Infelice!) Ninetta (volgendo un guardo a suo padre) Ninetta (Fernando!...) È una mano diabolica!

Podestà Podestà Ma il resto, senza occhiali (in atto di toglierle il foglio, e cercando nelle è impossibile a leggere. sue tasche) Mia cara, fate il piacer, leggete voi. Ah, se avessi gli occhiali!

Ninetta Ninetta (prendendo il foglio, trascorrendolo, e treman- (ritenendo il foglio) do) Permettete! (Il ciel m’inspira.) (Gran Dio! O m’uccidi, “Età: venticinqu’anni; statura: o mi salva il padre mio!) cinque piedi, undici pollici.”

[N. 8 Scena e Terzetto] Podestà Peccato! Andate avanti. [Scena] Ninetta Ninetta “Capei biondi, occhi neri, M’affretto di mandarvi i contrassegni ampia fronte, e tondo il viso.” d’un mio soldato... condannato a morte, e fuggito pur or dalle ritorte. Podestà Ei chiamasi... Cospetto! egli debb’essere un Narciso! E tondo il viso!... E poi? Podestà Su via.

15 Ninetta Ninetta e Fernando (guardando di mano in mano a suo padre per (Oh nume benefico nominar de’ colori diversi da quelli di esso) che il giusto difendi, “Divisa gialla con mostre rosse; propizio ti rendi; stivaletti bianchi. soccorso, pietà!) Se mai costui passasse sul vostro territorio, a dirittura Podestà fatelo imprigionar...” (L’istante è propizio! Amore, discendi; Podestà se il core le accendi, (facendosi rendere il foglio dalla Ninetta, e ripo- che gioia sarà!) nendolo in tasca) (dopo aver veduto uscire Fernando) Sarà mia cura. Siamo soli: Amor seconda Vediam se mai per caso... le mie fiamme, i voti miei: Olà, buon uomo? ah! se barbara non sei, fammi a parte del tuo cor. Ninetta (Ohimè!) Ninetta Benché sola, vi potrei Fernando far gelare di spavento: (fingendo di risvegliarsi) Signor. traditor! Per voi non sento che disprezzo e rabbia e orror. Podestà Alzatevi. Cavatevi il cappello. (Fernando è rientrato nel cortile)

Ninetta Ninetta, Fernando e Podestà (Io muoio!) (Già mi bolle nelle vene il furore e la vendetta! Podestà Freme il nembo; e la saetta (ridendo) già comincia a balenar.) Ah! Ah! (alla Ninetta) [Insieme] Venticinqu’anni; è vero? Capei biondi, occhi neri, ampia fronte, e tondo il viso. Podestà No, no, sì vago Adon qui non ravviso. (Ma frenarsi qui conviene: colle buone vo’ tentar.) [Terzetto] Ninetta Ninetta (Ma frenarsi qui conviene (Respiro.) egli sol mi fa tremar.)

Podestà Fernando (prendendo per mano la Ninetta) (Ma frenarsi qui conviene Mia cara! ella sol mi fa tremar.)

Fernando Podestà (alla Ninetta in atto di voler dirle qualche cosa) Via, deponi quel rigore; Signora... vieni meco, e lascia far.

Podestà (a Fernando con severità) Fernando Partite! (avanzandosi con impeto) Udite? Vituperio! Disonore! Uscite di qua! Abbastanza ho tollerato. (Fernando esce, ma sta in agguato dietro ad un Uom maturo, e magistrato, pilastro della porta; la Ninetta lo accompagna vi dovreste vergognar. collo sguardo)

16 Podestà Podestà (contro a Fernando) (Trema, ingrata! Presto o tardi Ah per Bacco!... te la voglio far pagar.)

Fernando Fernando e Ninetta (al Podestà) (Infelice! Tu mi guardi, Rispettate il pudore e l’innocenza. e ti debbo, oh Dio! lasciar.)

Ninetta Ninetta, Fernando e Podestà (a parte a Fernando) (Non so quel che farei; Caro padre, oh Dio! Prudenza. smanio, deliro e fremo. A questo passo estremo Podestà mi sento il cor scoppiar.) (a Fernando) (Intanto che esce il Podestà, e che la Ninetta pro- Temerario! tende le braccia a suo Padre, il quale si vede salir la collina, la gazza scende sulla tavola, rapisce un Fernando cucchiaio e se ne vola via. In questo momento (con impeto) cala la tela e si cambia scena come segue.) Non gridate.

Ninetta Scena decima (a parte a Fernando) Stanza terrena in casa di Fabrizio: nel fondo una Vi volete rovinar! porta con finestre che guardano sulla strada. Pippo; quindi Ninetta che viene dal cortile col Podestà canestro delle posate; e in fine Isacco. (alla Ninetta) Vieni meco... [Recitativo dopo il Terzetto]

Ninetta Pippo (respingendo) O pancia mia, tu dei Sciagurato! quest’oggi esser contenta; e cibi e vino io te ne diedi Fernando a così larga mano che un ministro (al Podestà) sembrava, anzi un sultano. Rispettate l’innocenza. Isacco Podestà (dalla strada) (a Fernando) Stringhe e ferri da calzette, Cos’è questa impertinenza? temperini e forbicette, aghi, pettini, coltelli, Ninetta esca, pietre e zolfanelli. (a parte a Fernando) Avanti, avanti Ah, partite! chi vuol comprar, e chi vuol vendere Fernando o barattar. (a parte alla Ninetta, e poi si ritira lentamente) Sì, t’intendo. Pippo Vattene alla malora. Podestà Brutto vecchio, se più tardi... (alla Ninetta in atto di prenderla per mano) Ninetta E tu senti. (entrando in scena) Il merciaiuolo! Ninetta Come opportuno ei viene! (respingendolo) (aprendo la porta che mette alla strada) Mostro orrendo! Isacco! Isacco?

17 Isacco Scena undicesima Son qua, mia cara signorina. Ninetta, e Pippo recante la gabbia della gazza.

Ninetta Ninetta (con imbarazzo) (mettendosi il denaro in una tasca del grembiale) Pippo, mi par che voglia piovere; Oh povero mio padre! e però sarà bene di ritirare in casa la gabbia della gazza. Pippo Ecco la gabbia; (Pippo esce) ma quella scellerata d’una gazza, chi sa dove n’è andata? Ninetta (depone la gabbia al suo luogo solito) (ad Isacco, togliendosi da una tasca del grem- biale la posata datale da suo padre) La gazza Orsù, vorrei vender questa posata. (sulla finestra) Pippo? Isacco Ed io la compro. Ninetta Vedila là che ti canzona. Ninetta Quanto mi date? Pippo Mi vuol fare impazzir quella stregona. Isacco È assai leggera; pure (la gazza dopo qualche istante vola nella sua vi do due scudi. gabbia)

Ninetta Pippo Oh indegnità! Nemmeno Ma perché mai, se la domanda è lecita, un terzo del valore. faceste entrar quel sordido avaraccio? Ninetta Isacco Avea bisogno di denaro; Via, non andate in collera. e quindi gli ho venduto... Vi do un zecchino, perché siete voi. Pippo Ninetta Ah! capisco: qualche galanteria... Non basta. Ninetta Isacco Sì, che per ora Ebbene, voglio fare uno sforzo. non m’era necessaria. Questi son tre scudi: siete alfine contenta? Pippo Oh che sproposito! Ninetta Perché non dirlo a me? Cara signora, Eh sì, per forza! voi dovete disporre in tutto e sempre del mio salvadanaio. Isacco Uno... due... tre: tenete; ma ci perdo. Ninetta (Ne vale più di quattro.) Ti ringrazio. Ma lasciami; tu sai Ninetta che ho tante cose a fare... Andate, andate; e non dite a nessun... Pippo Ed io, per Bacco, Isacco ne ho da fare altrettante, Non dubitate. e son già stracco.

(parte.) (via.)

18 Scena dodicesima Ninetta Ninetta; subito Giannetto, e poscia Fabrizio, Come? ambedue dalla porta che metta alla strada. Lucia Ninetta Sì, un cucchiaio. Andiam tosto a deporre entro il castagno Conta pure tu stessa. questo denaro. Oh se potessi ancora rivederti, o mio padre... (la Ninetta si pone a contare le posate) (incontrandosi in Giannetto e Lucia, mentre fa per uscire) (rivolgendosi agli altri) Ah! Eh! che ne dite? Oggi manca un cucchiaio; l’altro giorno si perse una forchetta. Ah, questo è troppo! Scena tredicesima Lucia che riconduce la Ninetta; il Podestà, il Podestà Cancellier Gregorio, e detti; infine Pippo. È giusto il vostro sdegno: qui ci sono de’ ladri. Lucia Esaminiamo, processiamo. Brutta fraschetta, Gregorio... in casa, in casa. Se ti colgo ancora… Fabrizio Eh, ch’io non voglio Ninetta processi in casa mia. Ninetta? (Pazienza! È d’uopo rinunziar per ora.) Ninetta Lucia È vero; uno adesso ne manca: (presentando suo figlio al Podestà e al Cancel- e pur, credete, poc’anzi c’eran tutti. liere) (piange) Eccovi, o miei signori, quel Giannetto che si fe’ tanto onor. Fabrizio Eh via, non piangere! (la Lucia si fa recar dalla Ninetta il paniere delle Lo troveremo. posate, e si mette a contarle) Giannetto Podestà (chiamando verso le quinte) (a Giannetto) Pippo?... Me ne rallegro. Io lessi nei giornali più volte il vostro nome; e ben rammento (Pippo accorre subito) e la bandiera che di mano toglieste all’inimico, e i due cavalli uccisi Giannetto sotto di voi. Sì giovine, e sì prode... Corri a veder se mai là sotto al pergolato Giannetto sia caduto un cucchiaio. Degno ancor non son di tanta lode. (Pippo esce) Fabrizio Bravo! Lucia (al Podestà ed al Cancelliere) Io ci scommetto Che ve ne pare? che non si troverà.

Lucia Podestà (contando le posate) Non dubitate; lo troveremo noi. E nove, e dieci, ed undici. (Voglio che almeno tremi l’indegna.) (alla Ninetta) (alla Lucia) Stordita! Ecco qui manca Carta e calamaio. ora un cucchiaio.

19 Lucia La gazza Vi servo sul momento. Ninetta!

Fabrizio Ninetta (al Podestà) (volgendosi alla gazza) Vi ripeto ch’io non voglio processi. Crudel! Tu pur m’accusi?

Lucia Giannetto (alla Ninetta) Eh taci, sciocco! Oh Dio, tu piangi! L’innocente è sicuro; e se v’è il reo, giova scoprirlo e castigarlo. Ninetta (additando la gazza) Giannetto Ma non l’avete udita? Oh cielo! Per sì piccola cosa... Giannetto Ah non temere! Podestà Nessun vi bada. E pur la legge in questo è assai severa, ed i ladri domestici (la gazza vola via) condanna alla morte. Fabrizio Tutti (al Podestà) Alla morte! Insomma, vi scongiuro, lasciate, desistete!

Scena quattordicesima Podestà Pippo e detti. Non posso.

Pippo Giannetto E sopra e sotto, (con risentimento al Podestà) ho cercato e frugato, Ma... ma nulla ho ritrovato. Podestà Ninetta Silenzio! (Oh me infelice!) (al cancelliere) E voi scrivete. Podestà Dunque c’è furto. [N. 9 Finale I]

Pippo Podestà Io non so niente. In casa di Messere Ninetta Fabrizio Vingradito Anch’io sono innocente. è stato oggi rapito...

Podestà Giannetto Or si vedrà. Rapito, no; smarrito.

(il Podestà e il Cancelliere siedono ad un tavolino) Podestà Zitto! Vuol dir lo stesso. Fabrizio “Rapito.” Ma quale esser potrebbe mai (al Cancelliere) la persona sospetta? Avete messo? “Un cucchiaio d’argento Giannetto per uso di mangiar.” Un ladro in casa! E chi sarà?

20 Ninetta, Giannetto e Fabrizio Lucia (additando il Podestà) Eh! Tu mentisci. (Che bestia! Che giumento! Mi sento a rosicar.) Podestà (al Cancelliere) Pippo Presto, scrivete. (idem) (Che testa! Che talento! Ninetta Mi fa trasecolar.) Ve lo giuro; è mio, è mio signora. Podestà (La rabbia ancor mi sento; Pippo mi voglio vendicar.) È suo, ve l’assicuro: Isacco a lei lo diè. Lucia (idem) Podestà (Pentita già mi sento; (con stupore) colui mi fa tremar.) Isacco!

Podestà Podestà (alla Ninetta) (a Pippo) Di tuo padre qual è il nome? Ed a quel titolo?

Ninetta Pippo Ferdinando Villabella. Per certe cianciafruscole che a lui pur or vendè. Podestà Villabella! Come, come? Podestà Ora intendo, furfantella: (ironicamente alla Ninetta) quel briccone era tuo padre. Per certe cianciafruscole!... Cioè? Ma paventa! le mie squadre lo sapranno accalappiar. Ninetta Parlar non posso. Lucia, Pippo, Giannetto e Fabrizio Quale enigma! Podestà Caduta sei nel fosso. Podestà Eh, nulla, nulla. Giannetto Questa semplice fanciulla (con ira al Podestà) ne vuol tutti corbellar. Tacete. (con passione alla Ninetta) Ninetta Scopri il vero. Più non resisto, oh Dio! (si leva dal grembiale il fazzoletto per asciugarsi Ninetta le lagrime, e rovescia in terra il denaro ricevuto Non posso! da Isacco) Giannetto Lucia (insistendo con viva passione) (con meraviglia) Deh, rispondi. Ma che denaro è questo? Lucia Ninetta Tu tremi; ti confondi. (raccogliendo affannosamente il denaro) È mio, signora; è mio. Ninetta Io, no, signora... io spero...

21 Podestà [Insieme] (si alza) Inutile speranza. Podestà Rimedio più non v’è! (additando la Ninetta) La superbia e l’ardimento Ninetta ti farò ben io passar. (Io perdo la costanza. Già vicino è il mio momento Che mai sarà di me!) di godere e trionfar.

Lucia, Giannetto e Fabrizio Ninetta (Ah, questa circostanza (Padre mio, per te mi sento mi porta fuor di me!) questo core a lacerar; e per mio maggior tormento, Pippo non ti posso, oh Dio, giovar!) (Oh, fiera circostanza! Io sono fuor di me!) Lucia, Giannetto e Fabrizio (idem) Podestà (Quel pallor, quel turbamento (con visibile gioia) mi fa l’alma in sen tremar: (Omai più non t’avanza ora spero, ed or pavento; che di venir con me.) che mai deggio, oh Dio, pensar!)

Giannetto Ninetta (con impeto) (e per mio maggior tormento, Si chiami Isacco. non ti posso, oh Dio, salvar.)

Pippo (in atto di partire) Scena quindicesima Subito. Pippo con Isacco e detti.

Fabrizio Isacco (a Pippo che parte immediatamente) (con umiltà) In piazza il troverai. Isacco chiamaste.

Lucia, Giannetto e Fabrizio Podestà Possano tanti guai (ad Isacco additandogli la Ninetta) alfine terminar! Che cosa compraste da lei poco fa? (intanto il Podestà esamina il processo) Isacco Podestà (titubando) (alla Ninetta) Un solo cucchiaio Quel denaro a me porgete. con una forchetta.

Ninetta (Che pretende? O numi, aiuto!) Giannetto (consegna il denaro al Podestà) (coll’accento della disperazione) Ninetta! Ninetta! Podestà Tu dunque sei rea? Questo al fisco è devoluto. (Ed io la credea (si pone in tasca il denaro) l’istessa onestà!)

Ninetta Lucia, Fabrizio e Podestà Oh crudel fatalità! Convinta è la rea; più dubbio non v’ha.

22 Pippo Tutti Ah, s’io prevedea! (fuorché il Podestà) Ma come si fa? La forza armata!

Ninetta Lucia, Pippo, Giannetto e Fabrizio (ad Isacco con risolutezza) (al Podestà) Ov’è la posata? Mostrate; Ah mio signore, soccorso, pietà! (agli altri) e vedrete. Scena sedicesima Isacco I suddetti; Gregorio alla testa della Gente d’ar- Che mai mi chiedete? me; molti abitatori del villaggio, e tutti i Famigli di Fabrizio. Venduta l’ho già. Podestà Ninetta (alla Gente d’arme, accennando la Ninetta) Destin terribile! In prigione costei sia condotta. Podestà Giannetto (al Cancelliere dopo avergli parlato all’orecchio) (opponendosi alle Guardie) Ma fate presto. Giuro al cielo! Fermate, temete...

(il Cancelliere parte subito) Podestà (alla Gente d’arme) Giannetto Obbedite. (con impeto ad Isacco) Quai cifre v’erano? Ninetta Gran Dio! Ninetta (coll’accento della disperazione) Lucia, Pippo e Fabrizio (Ancora questo! (al Podestà supplicando) Le stesse lettere!... Sospendete. Misera me!) Podestà Isacco No, nol posso. (dopo aver alquanto pensato) (alla Gente d’arme) Eravi un “F” I miei cenni adempite. ed un “V” insieme. Ninetta, Lucia, Pippo, Fabrizio, Isacco Tutti Oh, destin! (fuorché il Podestà e Isacco) Mi sento opprimere; (le Guardie circondano la Ninetta) non v’è più speme; sorte più barbara, Giannetto oh Dio, non v’è! Questo è troppo! (al Podestà) Podestà Sentite! Bene, benissimo! [Insieme] Non v’è più speme. (Tu stessa chiedermi Podestà dovrai mercé!) Son sordo! (Ora è mia; son contento. Ah, sei giunto, felice momento! Giannetto Lo spavento piegare la fa.) Ma qual rumore! Ninetta Mille affetti nel petto mi sento; lo spavento gelare mi fa.

23 Lucia, Pippo, Giannetto, Fabrizio e Coro Podestà (additando la Ninetta) Mille furie nel petto mi sento; (Ah la gioia mi brilla nel seno! lo spavento gelare mi fa. Più non perdo sì dolce tesor.)

Ninetta (il Podestà e il Cancelliere escono colle Genti Ah, Giannetto! d’arme, le quali conducono via la Ninetta, attra- versando la folla de’ Contadini. Giannetto Lucia rimane immobile col viso nascosto nel suo Mio ben! grembiale. Fabrizio trattiene a forza suo Figlio che vuol correr dietro alla Ninetta. Pippo e tutti (i due amanti si abbracciano) gli altri Famigli manifestano la loro costernazio- ne; e su questo quadro cala il sipario.) Podestà (alla gente d’arme) Separateli!

Ninetta e Giannetto Oh, crudeli!

Tutti gli altri (fuorché il Podestà) Che orrore!

Podestà (alla gente d’arme) Legatela!

Lucia, Pippo, Giannetto e Fabrizio Ah, signore!...

Podestà (alla gente d’arme) Non più. Trascinatela.

Ninetta (a Giannetto, Fabrizio e Lucia) Io vi lascio!

Lucia, Giannetto e Fabrizio Ninetta!

Podestà (con impeto) Finiamola.

Tutti (fuorché Ninetta e il Podestà) (additando il Podestà) Chi gli vibra un pugnale nel seno! Vorrei far tutto a brani quel cor.

Ninetta (a Giannetto, Fabrizio e Lucia) Ah, di me ricordatevi almeno; compiangete il mio povero cor.

24 ATTO SECONDO Giannetto Apritemi! Scena prima Ninetta Vestibolo delle prigioni nella Podesteria. Qual voce! Antonio e subito Ninetta. Antonio [Recitativo] Che volete? (osservando per lo sportello) Antonio (additando il carcere di Ninetta) In quell’orrendo carcere rinchiusa Voi qui, signor Giannetto? geme la poveretta! Ah, chi potria del misero suo stato Ninetta non sentire pietà? Cara fanciulla, Giannetto! io vo’ cercare almeno d’alleviare i tuoi strazi. Ehi, mia signora... Giannetto Vi scongiuro, apritemi. (Antonio dice queste ultime parole aprendo la porta del carcere di Ninetta, e chiamandola dal- Antonio la soglia.) Impossibile. Ninetta Scena seconda (prendendo affettuosamente per mano Anto- Ninetta, Antonio e infine Giannetto di fuori. nio) Ah, mio benefattore! Ninetta (di dentro) Ahimè! Antonio (Eh, chi potrebbe resister mai?) Antonio (alla Ninetta affettando serietà) Deh! non temete: Restate. sono Antonio; sorgete... (Infin che male c’è?) (entrando nel carcere) (apre a Giannetto) Venite qui, Signore, entrate. (uscendo dal carcere colla Ninetta per mano) venite a respirare, ed a godere Scena terza almeno un po’ di luce. Giannetto e detti.

Ninetta Antonio Ah quanto vi son grata! (riceve da Giannetto una moneta, e si ritira per Conoscete voi Pippo? la porta onde quegli è entrato) Oh, troppe grazie! Antonio Il servo... Giannetto (stringendole la mano) Ninetta Cara! Appunto. Se poteste, di grazia, Ninetta farlo tosto avvertito Ed è pur vero? ch’io gli vorrei parlar? Ah! Dunque ancora tu non m’hai del tutto abbandonata! Antonio Uhm! Non saprei... Giannetto Vedrem... Procureremo... Abbandonarti? Oh, cielo! Tu sì m’abbandonavi allor... Che dico? (s’ode battere alla porta) No no, perdona... io non lo credo... eppure... Ah, se caro ti sono, Chi va là? se veder non mi vuoi morir d’affanno,

25 ah togli i dubbi miei! Ninetta e Giannetto m’apri il tuo cor; dimmi se rea tu sei. No che la morte istessa tanto non fa penar! Ninetta Troppo è quest’alma oppressa; (con dignità) non posso più respirar! Sono innocente.

Giannetto Scena quarta E perché dunque, o cara, Antonio frettoloso, e detti. non ti discolpi? Antonio Ninetta (a Giannetto) Perché nulla io posso O mio signor, partite: addurre in mia difesa: il Podestà sen viene. tacer m’è forza, se tradir non voglio Giannetto chi già dall’empia sorte (alla Ninetta) è percosso abbastanza. Idolo mio!

Giannetto Ninetta Ma sperar non poss’io?... (a Giannetto) Mio bene! Ninetta Vana speranza! Antonio (alla Ninetta) Giannetto E voi tornate in carcere. (Più non so che pensar!) Ah mia Ninetta, Ninetta e Giannetto tu sei perseguitata: Crudel necessità! il Podestà crudele la tua sentenza affretta! Giannetto Tu conosci il rigor delle leggi. Parto; ma per salvarti Ah! Se non parli, tutto farò, ben mio. se il tuo fatale arcano Spera frattanto. a nasconder ti ostini... io tremo! Forse in questo giorno istesso... Ninetta Oh giorno orrendo! Addio!

Ninetta Ninetta e Giannetto Condannata sarò... non più! T’intendo. Che barbaro dolor! Più non resisto, o Dio! [N. 10 Duetto] Sento mancarmi il cor.

Ninetta [Insieme] Forse un dì conoscerete la mia fede, il mio candore: Giannetto piangerete il vostro errore; O cielo rendimi al caro ben; ma quel pianto io non vedrò: o scaglia un fulmine che m’arda il sen. là fra l’ombre allor sarò! Ninetta Giannetto O cielo rendimi il caro ben; Taci, taci; tu mi fai o scaglia un fulmine che m’arda il sen. l’alma in sen gelar d’orrore. (No, la colpa in sì bel core, (Giannetto esce; Ninetta ritorna nel suo carce- no, ricetto aver non può. re.) Ed io perderla dovrò!)

26 Scena quinta Ninetta Antonio; subito il Podestà; poscia Ninetta, e in- Chi m’aita? fine alcune Guardie. Podestà [Recitativo dopo il duetto] Sta tranquilla, e t’affida a chi t’adora: io salvarti posso ancora, Antonio se t’arrendi al mio pregar. Ah destino crudel! Ma perché mai tanto rigore questa volta ostenta Ninetta il Podestà?... No, mormorar non voglio: No giammai. ma qui certo s’asconde un qualche imbroglio. Podestà Podestà Paventa, ingrata! Antonio? Conducetemi la prigioniera. No, non fia mai vero che a tollerare Coro di Guardie io m’abbia sprezzi e rifiuti. (di dentro) (ad Antonio che ha condotto la Ninetta) Ah Ninetta sventurata! Andate. (All’arte.) Orsù, mia povera Ninetta, Podestà t’accosta. A te me guida tenerezza e pietà. Quali accenti! Più non rammento i tuoi torti con me: (con trasporto) vorrei salvarti; ma come mai, Un solo amplesso... se tutto rea ti condanna? Senti ascolta.

Ninetta Coro Io rea! E creder lo potete? (entrando) Radunato è il gran consesso; Podestà manca solo il Podestà. Ah sì, pur troppo! (a queste voci esce fuori Antonio il qual si tiene Ninetta in disparte) Tutto, è vero, congiura a danno mio; ma, lo sanno gli Dei, rea non son io. Podestà Podestà (Oh mia sorte maledetta!) Ebbene, io spero ancor. Tutto tu puoi, (alle Guardie) amabile Ninetta, Ho capito; vengo in fretta. aspettarti da me. Sì, non temere; (alla Ninetta) voglio quest’oggi istesso Hai sentito? E ancora adesso... toglierti di prigione. Ninetta Ninetta Sì, vi replico lo stesso. O mio signore, se non mi promettete che intero mi sarà reso l’onore, Podestà e innanzi agli occhi altrui Ma la morte? sciolta ritornerò d’ogni sospetto, voglio qui rimaner. Ninetta Non la temo. Podestà Te lo prometto. Podestà Vanne, indegna; [N. 11 Aria] quell’orgoglio alfin cadrà. Udrai la sentenza, Sì, per voi, pupille amate, perdon chiederai; tutto far desio: ma invan pregherai, ma per me, tu pur, ben mio ma tardi sarà. qualche cosa devi far.

27 Podestà Ah cara amica! In odio e furore cangiato è l’amore; Ninetta pietà nel mio petto (a Pippo) più luogo non ha. Ho bisogno di te.

(in questo punto s’ode da lontano il suono de’ Antonio tamburi con cui s’annunzia al popolo che s’apre (a Ninetta) la sessione del Tribunale) Poche parole, vedete: io vo frattanto Coro a far la sentinella. Udiste? (via) Podestà Vi seguo. Pippo Andiamo. In ciò che posso, quel poco ch’io possiedo, Coro volentieri ve l’offro. È questo l’avviso. Ninetta Podestà (togliendosi frattanto dal collo la croce) (alla Ninetta) Ah no, mio Pippo, Ebbene? abusarmi non voglio del tuo buon cuor! Solo ti chiedo in presto Ninetta tre scudi, che andrai tosto Ho deciso. a portare là dove or ti dirò. Questa mia croce in pegno... Coro Andiamo. Pippo Adagio, adagio. Dove Podestà portar debbo il denaro? Qual sorte l’attende l’ingrata non sa. Ninetta (parte) Hai tu presente quel grande castagno che si trova dietro al vicin colle?... Coro e Antonio (Quel torbido aspetto paura mi fa.) Pippo E che scavato è in modo (il Coro parte insieme col Podestà.) che un uom vi si potrebbe quasi quasi appiattar...

Scena sesta Ninetta Antonio, Ninetta e subito Pippo. Sì, quello appunto. Là dentro ti scongiuro [Recitativo dopo l’Aria] di riporre il denaro innanzi sera.

Antonio Pippo Podestà, Podestà! tu me l’hai fatta. (maravigliato) Le cose questa volta Dentro il vecchio castagno!... in regola non vanno. Ah piaccia al cielo!... Ninetta Sì; ma che niun ti vegga. Pippo (ad Antonio) Pippo (in atto di partire) Chiamar voi mi faceste. Siamo intesi. (vedendo la Ninetta e correndo verso di lei)

28 Ninetta Pippo Ma Pippo? E questa croce (Tanta fede, eguale affetto, che ti scordavi! ah, veduto mai non ho!)

Pippo Ninetta Io non mi scordo nulla; Digli insieme che lui solo tenetela, vi prego. fino all’ultimo respiro; ma non dirgli che il mio duolo... Ninetta questo core... Ah, ch’io deliro! Se la ricusi non accetto Il mio ben più non vedrò. anch’io l’offerta tua. Pippo Pippo Per carità, cessate! Vi sfido. (in atto di partire) Ora che so quello che far io debbo, Sì, sì... non dubitate... nessun più mi trattiene. tutto farò... dirò. (in atto di partire) È pure un gran piacere il far del bene! Ninetta Non t’obliar. [N. 12 Recitativo e Duetto] Pippo [Recitativo] (vivamente commosso) Che dite! Ninetta Sapete chi son io. (trattenendolo) Deh pensa che domani, Ninetta oggi fors’anco, non sarà più mio Povero Pippo, addio. quest’ornamento! Pippo Pippo Addio!... (Se ancor qui resto Ohibò! Non lo credete: mi scoppia in seno il cor.) esser non può; mel dice il cor... tenete.

[Duetto] Ninetta L’ultimo istante è questo Ninetta che ci vediamo ancor. E ben, per mia memoria la serberai tu stesso: Ninetta e Pippo non hai più scuse adesso (Vedo in quegli occhi il pianto. di rifiutarla ancor. Dove si trova, oh Dio! un più sincero amor?) Pippo (baciando la croce) (Ninetta entra nella sua carcere, e Pippo se ne Pegno adorato, ah sempre parte.) con Pippo resterai: compagno mio sarai finché mi batte il cor. Scena settima Stanza terrena in casa di Fabrizio, come nell’at- Ninetta e Pippo to primo. Lucia sola. (Mi cadono le lagrime; m’opprime il suo dolor! [N. 13 Scena e Aria] Un’anima sì tenera mi fia presente ognor.) [Scena]

Ninetta Lucia A mio nome, deh, consegna Infelice Ninetta!... Ed è poi certo quest’anello al mio Giannetto. ch’ella sia rea? Qual dubbio!...

29 Il tempo, il luogo, le prove, i testimoni, [Aria] è ver, la colpa sua fanno evidente; Ma pure, chi sa mai, forse è innocente. Accusata di furto... Oh rossore! Condannata, punita mia figlia?... Ah qual nube m’ingombra le ciglia! Scena ottava Freddo il sangue mi piomba sul cor. Lucia e Fernando. Condannata!... Ah si vada, si cerchi... Ma che fo?... Son confuso e perplesso: Lucia se mi scopro, oh Dio! Io perdo me stesso; Chi è? Fernando! Oh Dio! se più tardo, ella forse... Oh, spavento!... Che cimento! Che fiero dolor! Fernando Mia cara amica, (riscuotendosi) che nessuno ci ascolti! Ov’è Ninetta? Ah lungi il timore! Si tenti la sorte: Lucia coraggio, mio core; Ninetta!... Deh fuggite! si sprezzi la morte: (piange) la figlia diletta si corra a salvar. Fernando Coraggio, mio core; Ma che vuol dir quel pianto? vo’ tutto rischiar.

Lucia (esce precipitosamente) Ah, non m’interrogate! [Recitativo] Fernando Voi mi fate gelar!... (Entro il castagno Lucia ancor non pose... un nero Sventurato Fernando!... Ed io pur sono presentimento... Che pensare?...) di tanto duolo la cagione! Ah possa Ebbene, che fa? Deh rispondete! a’ voti miei secondo allontanare il ciel sì ria tempesta! Lucia L’unica grazia ch’io domando, è questa. Ah, se sapeste! Accusata di furto... (parte.)

Fernando Scena nona La mia figlia? Sala del tribunale nella Podesteria. Pretore, Giu- dici, un Usciere; il Podestà, Giannetto; Fabrizio; Lucia popolo; Guardie alle porte. Sì dessa. I Giudici sono assisi sui loro sedili; in mezzo ad essi è il Pretore, innanzi al quale è collocato un Fernando tavolino. Il Podestà, presente alla sessione, oc- Come?... Esser non può. Seguite. cupa una sedia a parte. Da un lato si vede il po- polo spettatore, fra cui si distinguono Giannet- Lucia to e Fabrizio. Innanzi al tribunale forse in questo momento [N. 14 Recitativo, Coro e Quintetto] è giudicata. All’alzarsi della tenda, si vede l’Usciere che va a Fernando raccogliere i voti nell’urna. Eterni Dei, che sento! Una musica tetra annunzia questo terribile mo- mento. L’Usciere, raccolti i voti, consegna l’urna al Pre- tore, il quale, trovato che tutte le palle sono ne- re, esclama:

30 [Recitativo] ed a delle vigenti leggi, il regio Tribunale Pretore la condanna alla pena capitale. A pieni voti è condannata. [Quintetto] Giannetto Oh cielo, e tu lo soffri? Tutti (fuorché il Pretore e i Giudici) Pretore Ahi, qual colpo!... Già d’intorno Zitto! sibilar la morte ascolto. Già dipinto nel suo volto Fabrizio miro il duolo ed il terror! Abbi prudenza! Giannetto Pretore (slanciandosi verso i Giudici) (all’Usciere, che parte subito) Aspettate; sospendete: Venga la rea. voi punite un’innocente; (ad uno de’ Giudici) un arcano, ah non sapete! Stendete la sentenza. La meschina chiude in cor.

[Coro] Tutti (fuorché il Pretore e i Giudici) Pretore e Giudici Un arcano! Tremate, o popoli, a tale esempio! Pretore e Giudici Questo è di Temide (alla Ninetta) l’augusto tempio: Ebben, parlate! diva terribile, inesorabile Ninetta che in lance pondera Rispettate il mio silenzio. l’umano oprar: Il giusto libera, Giannetto protegge e vendica; Ah, Ninetta! ma sempre il fulmine sovra il colpevole Pippo e Fabrizio giugne a scagliar. Palesate.

Ninetta Scena decima Non crescete il mio dolor! Ninetta e detti. Ninetta entra accompagnata da alcune Guardie Podestà che subito si ritirano, e preceduta dall’Usciere il (Maledico il mio furor.) quale le indica il luogo ov’ella debba fermarsi. Giannetto e Fabrizio [Recitativo] Mi si spezza a brani il cor!

Pretore Pretore Infelice donzella, Ella tace. omai più non vi lice che sperare nel ciel. Pretore e Giudici (facendosi dare la sentenza dal Giudice che l’ha (alle Guardie) stesa) Ebben, sia tratta Signor, porgete. al supplizio. Considerando che la nominata Ninetta Villabella è rea convinta di domestico furto; a pieni voti,

31 Scena undicesima ma il sangue risparmiate Fernando, e detti. d’un’innocente vittima che non si sa scolpar. Fernando (entrando impetuosamente) Pretore e Giudici Ah no! Fermate! La sentenza è pronunziata; più nessun la può cambiar. Ninetta Voi qui, padre? Fernando Ma dunque?... Giannetto, Fabrizio e Podestà Chi vegg’io? Pretore e Giudici L’uno in carcere, Fernando e l’altra sul patibolo. (a’ giudici) La legge è inalterabile; Vengo a voi col sangue mio, nessun la può cambiar. la mia figlia a liberar. Ninetta, Giannetto, Fernando, Ninetta Fabrizio e Podestà (Infelice! Possa il cielo Ah! Che abisso di pene! i suoi giorni or serbar!) Mi perdo, deliro. Più fiero martiro Fernando l’Averno non ha. (I miei sforzi, il mio zelo Un padre, una figlia possa il cielo coronar!) fra’ ceppi, alla scure!... A tante sciagure Giannetto e Fabrizio chi mai reggerà! (Oh, coraggio! Possa il cielo tanto zelo secondar!) Pretore e Giudici Guardie, olà. Podestà (alzatosi) Giannetto Signori, è quello Più non poss’io tollerar... il disertor che preme: ecco gl’indizi, e insieme Fabrizio vi troverete l’ordine Son fuor di me! di farlo imprigionar. (consegna al Pretore un foglio) Ninetta Che faceste, padre mio! Pretore e Giudici Per voi solo io vado a morte; Guardie. e voi stesso alle ritorte volontario offriste il piè. Ninetta, Giannetto e Fabrizio Gran Dio! Fernando Che dicesti? Pretore e Giudici Fermatelo. Fabrizio Parla… (le Guardie circondando Fernando) Giannetto Ninetta, Giannetto e Fabrizio Spiegati! E fia pur vero? Pretore e Giudici Fernando Via, si tronchi ogni dimora; Son vostro prigioniero; alla carcere, al supplizio. il capo mio troncate:

32 Ninetta Ninetta (in atto di volere da lui un amplesso) Padre… Ah, mio padre, in pria che mora!... Fernando Fernando Barbari! Figlia! (ai satelliti che lo trattengono) Ninetta Barbari, lasciatemi. Crudeli!

Pretore e Giudici Fernando Eseguite! No… (ai satelliti, i quali fanno subito per istrascinar via Ninetta e Fernando) Ninetta Ah… Ninetta e a Fernando Oh Dio, soccorso! (le Guardie dall’una parte conducono Fernando alla carcere; dall’altra la Ninetta al luogo del Giannetto e Fabrizio supplizio. Il Pretore, i Giudici ed il Podestà si riti- Ah, Ninetta! rano. Tutti gli altri partono costernati.)

Podestà (Qual rimorso!) Scena dodicesima Piazza del villaggio. Alla destra dello spettatore Ninetta si vede il campanile ed una parte della chiesa: Mio Giannetto! Mio Fabrizio! verso la cima del campanile sporge in fuori un piccolo ponte ad uso di far delle riparazioni. Al- Pretore e Giudici la sinistra è collocata la porta maggiore della (ai satelliti) Podesteria. Al di là della Podesteria c’è una con- Alla carcere; al supplizio! trada, e dirimpetto un’altra che mette dietro al- la chiesa. Parimente alla sinistra, si vede una Tutti (fuorché il Pretore ed i Giudici) piccola porta, che è quella dell’orto della casa di Ah, neppur l’estremo amplesso! Fabrizio. Lucia. Questa è troppa crudeltà. [Recitativo dopo il Quintetto] Fernando Figlia! Barbari. Lucia (uscendo dalla chiesa) [Stretta del Quintetto] Ora mi par che il core sia meno oppresso. Tutti Ah, se benigno il cielo (fuorché il Pretore, i Giudici e il Podestà) le preci udì dell’alma mia pentita, Sino il pianto è negato al mio ciglio; no, l’infelice non sarà punita. entro il seno s’arresta il sospir. Dio possente, mercede, consiglio! [N. 15 Aria] Tu m’aita il mio fato a soffrir. A questo seno Pretore, Giudici e Podestà resa mi fia; (Ah già il pianto mi spunta sul ciglio! qual figlia mia Tanto strazio mi fa impietosir. io l’amerò. Ma la legge non ode consiglio; Saprò corregger noi dobbiamo alla legge ubbidir.) i miei trasporti: gli antichi torti Fernando riparerò. Figlia… (entra nella propria casa per la porta dell’orto.)

33 Scena tredicesima me la diè Ninetta un certo giorno; Ernesto, indi Pippo. dunque a parte: insieme tu starai colla croce. [Recitativo dopo l’Aria] (mette a parte la lira e in questo momento compare la gazza sulla porta dell’orto) Ernesto Ah brutta diavola, Che razza di villaggio! che fai lì? Se ti colgo... Neppure un cane che additarmi possa la casa di codesto Podestà, Giorgio e quella di Fabrizio... Ah spero bene Con chi l’hai? di ritrovarvi ancora, il mio caro Fernando. Oh quanta gioia Pippo ei proverà vedendo (alzandosi e raccogliendo il denaro) il suo fedele Ernesto, ed ascoltando Con quella gazza infame. Oh! ecco Antonio la felice notizia!... Il ciel ti arrida, (ad Antonio) o clemente mio Re, che la sua grazia E ben, che nuove abbiamo? col tuo nome segnasti! E la Ninetta?

(si vede arrivar Pippo dal fondo della piazza) Antonio (piangendo) Ernesto Aimè! Tutto è finito. Ah, finalmente ecco un uomo: egli certo saprà dirmi... Pippo Amico, una parola: Podestà scellerato! ov’è la casa del Podestà? (qui, la gazza discende sulla panchina, rapisce la Pippo lira messa in disparte, e se ne vola sul campani- La casa sua? Guardate: le) laggiù, dopo il palazzo c’è una contrada: entrate: Giorgio alla sinistra la prima porta. (additandogli la gazza) Oh guarda, guarda! Ernesto E quella di ser Fabrizio? Pippo Briccona! E giustamente Pippo rubarmi la moneta Dopo breve tratto vien essa; che tanto mi premeva. ed è la quarta appunto. Ah birba, birba! Eccola là sul ponte. Ernesto Oh se potessi arrampicarmi, Grazie. forse troverei la mia lira. Vo’ provarmi. (parte.) Antonio Scena quattordicesima Andiamo insiem. Pippo, quindi Giorgio; e in fine Antonio. Pippo Pippo Gazzaccia maledetta! Ora che nel castagno ho riposto il denaro, veder bramo (Pippo e Antonio corrono via) quanto mi avanza ancor. (siede sovra una panchina di sasso presso l’orto Giorgio di Fabrizio e conta il suo denaro) Ah ahà, non correr tanto, che ti aspetta. Son più ricco di quel che mi credeva... Ah questa lira, nuova di zecca

34 Scena quindicesima Pippo Ninetta in mezzo alla Gente d’arme; Contadini, Tutto, tutto ho ritrovato: e Giorgio che s’è ritirato in un angolo e ch’e- (mostrandogli la posata) sprime il suo dolore. guarda; avvisa. Alcuni Satelliti fanno riparo alla calca de’ Conta- dini nel fondo; Ninetta in mezzo ad altre Genti Antonio d’arme discende dalla gradinata della Podeste- Non lasciatela ammazzar! ria e s’avvia lentamente verso la contrada che gira dietro alla chiesa; essa è preceduta e segui- Giorgio ta dagli abitatori del villaggio. Sei tu pazzo?

[N. 16 Finale II] Pippo e Antonio (vedendo da lungi il convoglio, e gridando a Coro tutta voce) Infelice, sventurata Olà, fermate: ti rassegna alla tua sorte: dove andate? Cosa fate? no, crudel non è la morte Non mi vogliono ascoltar. quando è termine al martir. Inumani, andrò ben io...

Ninetta (Pippo e Antonio rientrano nel campanile) (soffermandosi davanti alla chiesa) Deh tu reggi in tal momento Giorgio il mio cor, pietoso Iddio! Ti compiango, amico mio: Deh proteggi il padre mio, il cervello se n’è andato. e ti basti il mio morir! (Pippo e Antonio suonano una campana a tutta (ai satelliti) forza) Or guidatemi alla morte. Si finisca di soffrir. Giorgio Che fracasso indiavolato! Coro e Giorgio Oh che pazzo da legar! Ah farebbe la sua sorte anche un sasso impietosir! Giannetto (uscendo precipitosamente dall’orto) (la Ninetta prosegue il suo cammino, seguita Che vuol dir? dal popolo, e ben tosto si toglie agli sguardi de- (idem, e dietro loro alcuni Famigli) gli spettatori. Terminata la funebre marcia, Giorgio attraversa la scena lentamente e coster- Fabrizio e Lucia nato.) Che cosa avvenne?

Antonio e Pippo (ricomparendo sul ponte) Scena sedicesima Innocente è la Ninetta! Giorgio; Pippo ed Antonio nel campanile; e po- scia Giannetto, Fabrizio, Lucia e diversi Famigli. Tutti (fuorché Pippo e Antonio) [Seguito del Finale II] Innocente!

(sul ponte del campanile, tirando a sé qualche Pippo e Antonio cosa da un buco in cui egli aveva intruso il brac- Innocentissima! cio. Intanto la gazza è volata via) Pippo Pippo Un cucchiaio, la forchetta, Giorgio, Giorgio! Oh me felice! una lira, è tutto qua.

Giorgio Antonio E così, che cosa è stato? Quella gazza maledetta fu la ladra.

35 Lucia, Giannetto, Fabrizio e Giorgio Lucia Giusto cielo! Ah, qual rimbombo! Oh Dei! Caso eguale non si dà. È morta, è morta! (s’abbandona svenuta fra le braccia di Giorgio) Pippo Padrona, spiegate Podestà il vostro grembiale! Qual fremito, qual gelo mi piomba sovra il cor! (Pippo getta giù la posata nel grembiale della Lucia) Pippo e Antonio Io la vedo. Viene, viene. Giannetto e Fabrizio È desso; mirate! Coro (di dentro) (l’uno prende subitamente la forchetta, e l’altro Viva, viva la Ninetta, il cucchiaio, che mostrano alla Lucia) la sua fede, il suo candor!

I suddetti e Coro Podestà e Giorgio Il colpo fatale corriamo a impedir. Oh che sento!

(Fabrizio e Giannetto, colla posata, corrono via, Giorgio e dietro ad essi i Famigli. Pippo e Antonio rien- (alla Lucia che s’è riscossa) trano nel campanile e suonano di nuovo a mar- Avete inteso? tello.) Alcuni Famigli Viene, viene, non temete! Scena diciassettesima Il Podestà e suddetti, fuorché Giannetto e Fabri- Lucia zio. Dite il vero?

Podestà I suddetti e i Famigli Che scampanare è questo! La vedrete. Che cosa è mai successo? Podestà Lucia (correndogli incontro) Ma lo sparo? Del mio piacer l’eccesso non vi saprei spiegar. I suddetti e i Famigli Fu allegria. Podestà Io non capisco niente. Pippo, Antonio e i Famigli Ecco! Ecco! Lucia La povera Ninetta Scena ultima scoperta era innocente. I suddetti, Ninetta, Fabrizio, Giannetto, Abitan- (a Giorgio e al Podestà) Andiamola a incontrar. ti, Gente d’arme; e poscia Ernesto con Fernan- do. Giorgio La Ninetta è assisa sopra un carro, adornato al- Andiamola a incontrar. l’infretta di rami e di fiori, e tratto da alcuni contadini. Giannetto, Fabrizio ed altri Contadini Podestà le fanno corteggio. Diversi contadinelli si arram- Mi sembra di sognar! picano qua e là per vedere.

(mentre Lucia insieme con Giorgio fa per in- camminarsi, s’ode di lontano una scarica di fu- cili. Pippo ed Antonio sul campanile stanno os- servando attentamente verso la campagna)

36 [Stretta del finale II] Tutti (fuorché il Podestà) Lucia Ah chi provato ha mai (correndo incontro alla Ninetta) tanta felicità? Figlia mia! Podestà Giannetto (accennando a Fernando) (leggendo ciò che sta scritto in una carta ch’egli Ma in che modo fu costui consegna al Podestà) dal suo carcer liberato? Si rilasci la Ninetta. Questa è mano del Pretor. Fernando Per un ordine firmato Lucia, Giannetto e Fabrizio dal monarca mio signor. Quanto meno il cor l’aspetta, sembra il giubilo maggior. (Ernesto ne fa testimonianza co’ suoi cenni)

Podestà Tutti gli altri (Quanto costa una vendetta! (fuorché il Coro e il Podestà) Di rimorsi ho pieno il cor.) Viva il principe adorato che sol regna coll’amor! Giorgio, Pippo, Antonio e Coro Viva, viva la Ninetta, Podestà la sua fede, il suo candor! (Son confuso e strabiliato; di me stesso sento orror.) (Pippo e Antonio discendono dal campanile) Coro Ninetta (additando il Podestà) Queste grida di letizia È confuso, strabiliato, danno tregua al mio tormento: e già cambia di color. ma il mio cor non è contento; ma con voi, miei fidi amici, Ninetta no, gioir non posso ancor! E il buon Pippo? Non lo vedo.

Lucia, Giannetto e Fabrizio Pippo Mia Ninetta, che mai dici? (accorrendo verso la Ninetta, la quale gli fa È svanito ogni timor. grande accoglienza; dietro ad esso viene Anto- nio) Ninetta Cara amica, sono qua. No, no!... Dov’è mio padre?... Nessun risponde: oh, Dio! Lucia Vive? Che fa? (unendo la mano di Ninetta con quella di Gian- netto) (comparendo improvvisamente, accompagnato Mia Ninetta, ecco il tuo sposo. da Ernesto) Ninetta Fernando Oh momento avventurato! Ben mio, sì vive e a te sen vola; Lucia (abbracciando la figlia) Ma perdona alla Lucia. sempre con te starà. (Ninetta e Giannetto l’abbracciano)

Ninetta Fabrizio Ah padre! Or sì che tutto oblio Brava, brava, moglie mia! tutti i passati guai: ah che perfetta è omai la mia felicità!

37 Ninetta e Giannetto Ah mio ben, fra tanto giubilo sento il cor dal sen balzar.

Tutti (fuorché il Podestà) Una scena così tenera fa di gioia lagrimar.

Podestà (Una scena così tenera mi costringe a lagrimar.)

Ninetta Ecco cessato il vento, placato il mare infido: salvi siam giunti al lido; alfin respira il cor.

Tutti (fuorché il Podestà) In gioia ed in contento cangiato è il mio timor.

Podestà (Sordo sussurra il vento, minaccia il mare infido: tutti son giunti al lido; io son fra l’onde ancor!)

Tutti (fuorché il Podestà e il Coro) Ecco cessato il vento, placato il mare infido: salvi siam giunti al lido; alfin respira il cor.

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