Il Giro D'italia Tra Letteratura E
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Storia e Futuro Il Giro d’Italia tra letteratura e giornalismo Convegno di studi, Bologna 22 settembre 2009 Rivista di Storia e Storiografia Contemporanea online http://storiaefuturo.eu/giro-ditalia-letteratura-giornalismo-convegno-studi-bologna-22-settembre-2009/ IL GIRO D’ITALIA TRA LETTERATURA E GIORNALISMO CONVEGNO DI STUDI, BOLOGNA 22 SETTEMBRE 2009 Posted on 4 Agosto 2014 by Storia e Futuro Categories: Agenda, Numero 21 - Agenda, Numero 21 - Novembre 2009, Numero 21 - Rubriche Page: 1 Storia e Futuro Il Giro d’Italia tra letteratura e giornalismo Convegno di studi, Bologna 22 settembre 2009 Rivista di Storia e Storiografia Contemporanea online http://storiaefuturo.eu/giro-ditalia-letteratura-giornalismo-convegno-studi-bologna-22-settembre-2009/ Carlos Caracciolo Lo scorso 22 settembre si è svolto nella sala dello Stabat Mater dell’Archiginnasio di Bologna, il convegnoIl Giro d’Italia, tra letteratura e giornalismo. L’incontro, promosso dal Comitato nazionale per i cento anni del Giro, dalla fondazione “Corriere della Sera”, dalla “Gazzetta dello Sport”, e dalla Scuola di giornalismo Ilaria Alpi dell’Università di Bologna, è stato molto più di una “giornata di studio”, come ufficialmente si presentava. Mentre un giovane espositore (Mirko D’Adamo) parlava con grande precisione su fatti avvenuti molto prima della sua nascita, una simpatica anziana signora che si è definita una fan del Giro mi ha detto a voce bassa: “Ma tutte queste cose gliele ha raccontato suo padre, o magari suo nonno… Non può mica sapere, lui, tutte quelle cose!”. Infatti lo studioso non poteva ricordare, nondimeno “sapeva”. Invece, la celebrazione di un anniversario è l’occasione per ricordare. A volte, però, ed è il caso delle società complesse e dei centenari, la singola memoria non basta. Il ricordo ha bisogno della ricerca storica. E la memoria e la ricerca possono darsi la mano e aiutarsi a vicenda. Il Giro d’Italia è uno di questi “luoghi” della storia in cui memoria e ricerca si incontrano in modo fecondo, come in occasione del convegno bolognese. Il filo “rosa” che in questa occasione è stato scelto per celebrare i cento anni del Giro d’Italia è stato quello della narrazione: giornalistica, letteraria, televisiva, anche radiofonica. Il professor Andrea Battistini ha affrontato le grandi firme della letteratura che si sono occupate del Giro come inviati speciali delle principali testate giornalistiche. Battistini ha ricordato la concorrenza che esisteva tra i giornalisti sportivi, conoscitori della disciplina ciclistica, e i letterati, considerati come intrusi, sprovveduti che si soffermavano sui particolari (apparentemente) banali e marginali della grande corsa: il pubblico, le emozioni, l’ambiente. Erano quelli che dovevano dare “colore” alle cronache. Tra gli scrittori più ricordati vi erano Achille Campanile, Anna Maria Ortese, Dino Buzzati, Vasco Pratolini, Curzio Malaparte, Alfonso Gatto (il quale nemmeno sapeva andare in bicicletta, ma che fece lo sforzo di comprendere gli arcani della gara e del velocipede). Negli anni difficili del dopoguerra, quando lo scontro sociale si era reso acuto, perfino i corridori si trovarono a scioperare e il fiorentino Pratolini si mise dalla loro parte. Tuttavia, tra gli scrittori e i semplici corridori, con i quali a volte condividevano gli stessi alberghi, vi era una grande distanza culturale, ma non solo. Le grandi firme si interessavano soprattutto dei corridori più famosi, dei “campionissimi”, dei “toscanacci”: così ha raccontato, durante la tavola rotonda finale, Alfredo Martini, ex commissario tecnico e corridore Page: 2 Storia e Futuro Il Giro d’Italia tra letteratura e giornalismo Convegno di studi, Bologna 22 settembre 2009 Rivista di Storia e Storiografia Contemporanea online http://storiaefuturo.eu/giro-ditalia-letteratura-giornalismo-convegno-studi-bologna-22-settembre-2009/ ciclista di quegli anni. I giornalisti “puri”, interessati alle strategie di gara, allo stile del ciclista, alle sue caratteristiche anatomiche, non sempre dimenticavano gli aspetti “umani”. Anzi, Gianni Brera osservava che i ciclisti erano, tra tutti gli sportivi, quelli più pensierosi e riflessivi. Forse per questo motivo i gregari si meritarono la poesia/filastrocca di Gianni Rodari: Filastrocca del gregario corridore proletario Che al campione di mestiere devi fare il cameriere E sul podio, senza gloria servi a loro la vittoria Al traguardo quando arriva non ha applausi, né evviva, col salario che si piglia fa campare la famiglia e da vecchio poi si acquista un negozio da ciclista o un baretto, anche più spesso, con la macchina dell’espresso. Il professore Ezio Raimondi ci ha riportato al mondo della vita quotidiana di un ciclista “comune”, come egli si è definito. Non a torto il professore bolognese si è riferito al recentissimo lavoro di Marc Augè, Éloge de la bicyclette, nel quale l’antropologo francese sottolinea che la bicicletta è parte della nostra vita, della nostra identità personale. L’accademico bolognese ben ricordava dei suoi anni giovanili quanto importante fosse per un ragazzo avere o meno una bicicletta, nonché la marca e il modello. Ezio Raimondi ha raccontato di essere figlio di un calzolaio che, dopo avere avuto un incidente in bicicletta, non volle che i suoi figli la usassero più. Quindi, il giovane Ezio doveva fare le gite con gli amici di nascosto, e con biciclette prestate. Solo quando finì il ciclo magistrale poté avere la propria bicicletta. Tra i suoi ricordi spiccava una corsa ciclistica di resistenza al giardino bolognese della Montagnola, ma soprattutto la volta che andò a vedere il passaggio del Giro. È lì che ebbe l’esperienza dei “colori in movimento”: era in realtà la carovana pubblicitaria, che però ai suoi occhi rappresentava il flusso del vivere, dell’andare in là, e al di là. Riguardo ai grandi corridori, il professor Raimondi ha detto di preferire quelli silenziosi, introversi, come Alfredo Binda. Quindi tra Bartali-Coppi, sceglieva il corridore piemontese, che percepiva anche triste. Il legame con la bicicletta, comune ai giovani di tante generazioni di italiani, è servita al professor Raimondi per ridurre le distanze con gli allievi del Collegio Irnerio, quando ne fu direttore. Ezio Raimondi ha regalato molte immagini di quello che per lui (come per tanti della sua generazione) significava andare in bicicletta. In primo luogo, si trattava di entrare in un altro mondo. Era come navigare nell’aria e ancora molto di più: era scoprire il vento nell’aria. Inoltre, per i ragazzi nati nel mondo della civiltà contadina, inforcare una bicicletta significava entrare nel flusso della modernizzazione e scoprire un nuovo rapporto con il proprio corpo. Page: 3 Storia e Futuro Il Giro d’Italia tra letteratura e giornalismo Convegno di studi, Bologna 22 settembre 2009 Rivista di Storia e Storiografia Contemporanea online http://storiaefuturo.eu/giro-ditalia-letteratura-giornalismo-convegno-studi-bologna-22-settembre-2009/ Ezio Raimondi ha accennato pure ad alcune differenze di quel mondo rispetto al nostro che è bene non dimenticare. Ad esempio che ancora negli anni Venti-Trenta, per l’esistenza quotidiana della gente comune era prevalente la “vita vissuta” rispetto a quella mediata dagli strumenti della cultura, dai giornali dell’epoca. Sembrano lontanissimi quegli anni, rispetto ai nostri in cui buona parte della “esperienza” è mediata dalla televisione, la grande produttrice di significati degli ultimi decenni del secolo scorso. Tuttavia del Giro visto alla televisione, il professor Raimondi riscattava i volti dei ciclisti, i primi piani della loro fatica. Il rapporto televisione-Giro d’Italia è stato un tema importante del Convegno bolognese, e non poteva essere altrimenti, considerato che la televisione, dal gennaio 1954, ha cominciato il suo progressivo penetrare in un numero sempre maggiore delle case italiane, e a marcare il ritmo della sociale italiana, dando temi di conversazione e discussione all’interno delle famiglie, nei bar e nei circoli, negli uffici e nelle fabbriche. Il primo ad affrontare l’argomento Giro d’Italia-Televisione è stato Aldo Grasso. Il docente e critico televisivo milanese non dice di essere, come Ezio Raimondi, un “ciclista comune”, bensì, un ciclista “contro il Comune” di Milano, il quale, secondo Grasso, fa tutto il possibile per contrastare l’uso della bicicletta, e anzi pare vergognarsi di questo mezzo. Aldo Grasso osserva che ogni sport ha il suo mezzo di espressione: l’atletica e il box hanno il teatro; il ciclismo ha la carta stampata, il giornalismo scritto. Con la televisione, il ciclismo sviluppa la “corsa alla italiana”, ossia la strategia dei corridori di “passeggiare” durante la corsa, tranne quando sono ripresi dalle telecamere. Allora affrettano la pedalata perché è il momento in cui devono far vedere la marca della bicicletta. Quindi, il ciclismo non è adatto alla televisione, ma alla carta stampata. Anzi, il ciclismo è l’unico sport che riesce a far diventare un giornalista un buon scrittore, e viceversa. Per Aldo Grasso esiste un momento chiave, in cui il ciclismo si trasforma sotto l’effetto della televisione: è il 20 maggior 1962, quando comincia il “Processo alla tappa”, il programma di Sergio Zavoli, in cui corridori, giornalisti, intellettuali dibattono insieme, mescolando codici comunicativi e inserendo innovazioni tecnologiche come la “moviola”, ma anche modificando la natura stessa dello sport. Forse questa vivisezione dello sport è il motivo per cui il ciclismo televisivo, secondo Aldo Grasso, è diventato bellissimo, ma senza anima, senza cioè l’epos popolare. Per il docente milanese la televisione pone il problema di come combinare la “suggestione” del ciclismo sportivo di ieri, con i mezzi tecnologici di oggi. La televisione, conclude Aldo Grasso, ha reso e rende il Giro drammatico, ma non riesce a renderlo epico. In altre parole, la televisione sa come mostrare le tragedie (il doping), ma non sa “raccontarle”. Pure Mirko d’Adamo, il giovane studioso cui abbiamo inizialmente accennato, si è occupato del rapporto Giro d’Italia-televisione, offrendo un quadro preciso di come la televisione coprì, dalla sua nascita nel gennaio 1954, lo svolgimento della corsa.