INDICE

1 PREMESSA ...... 3

2 QUADRO DI RIFERIMENTO PROGRAMMATICO...... 4

3 QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE ...... 5 3.1 Caratteristiche del paesaggio...... 6 3.1.1 ...... 6 3.1.2 Cellole ...... 7 3.1.3 ...... 11 3.2 Ecosistemi Presenti...... 15 3.2.1 La Flora...... 15 3.2.1.1 Ontano napoletano ...... 16 3.2.1.2 Olmo...... 17 3.2.1.3 Farnia o Quercia ...... 18 3.2.1.4 Acero...... 19 3.2.1.5 Ginestra...... 20 3.2.1.6 Mirto ...... 20 3.2.1.7 Ginepro ...... 21 3.2.2 La Fauna...... 22 3.2.2.1 Picchio Rosso ...... 22 3.2.2.2 Airone...... 23 3.2.2.3 Anatra...... 24 3.2.2.4 Lontra...... 24 3.3 Il sistema geologico...... 25 3.4 Il sistema idrogeologico...... 28 3.5 Il sistema insediativo storico...... 30 3.6 Lettura della qualità e della criticità paesaggistica ...... 32 3.7 Lettura del rischio paesaggistico antropico ambientale...... 33 4 IL PROGETTO...... 34 4.1 Tipologia e descrizione delle opere...... 34 4.1.1 Impianti di depurazione...... 34 4.1.2 Sistemi di collettamento...... 35 4.2 I criteri progettuali in coerenza con gli obiettivi della conservazione e valorizzazione paesaggistica...... 38 4.3 L’Impatto sul paesaggio ...... 39 4.4 Le opere di mitigazione e di compensazione ...... 40 4.4.1 Riorganizzazione dello schema fognario...... 40

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4.4.2 Minore impatto ambientale – Consumo di suolo ...... 42 4.4.3 Minore impatto ambientale – Scarico in corpi Idrici...... 45 4.4.4 Minore impatto ambientale – Emissioni odorigene e rumore ...... 48 4.4.5 Minore impatto ambientale – Interferenze con il paesaggio...... 48 4.4.6 Alberature perimetrali ...... 49 5 CONCLUSIONI ...... 52

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1 PREMESSA La presente Relazione Paesaggistica è redatta in stretta osservanza alle linee guida definite dal DPCM del 12.12.005. Essa correda, unitamente al progetto definitivo proposto, l’istanza di autorizzazione paesaggistica di cui all’art. 146, comma 2 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio di cui al D.Lgs 42/2004 e m.i. Il progetto che si illustra di seguito è parte di ben più ampio intervento denominato “Interventi di adeguamento e di riqualificazione del sistema di drenaggio urbano del territorio comunale e relativa depurazione”, parte integrante del “Grande Progetto la Bandiera Blu del Litorale Domitio”. La valutazione, redatta ai sensi del D.Lgs 22 gennaio 2004, n. 42 e del DPCM 12 dicembre 2005, ha riguardato una prima fase di analisi sia del contesto paesaggistico che del contesto programmatico ed una seconda fase di analisi delle opere in progetto. In fine la relazione si conclude con la valutazione degli effetti dell’opera sullo stato di fatto e l’individuazione degli eventuali interventi di mitigazione. 1. Analisi del quadro di riferimento programmatico, ovvero: - Pianificazione Territoriale. - Pianificazione di Settore. 2. Analisi del quadro di riferimento ambientale: - Caratteri del paesaggio; - Ecosistemi; - Caratteri Geomorfologici, - Patrimonio Storico Culturale; 3. Analisi degli interventi progettuali 4. Valutazione della compatibilità e individuazione delle eventuali mitigazioni. Quanto detto consente di valutare in maniera compiuta la compatibilità paesaggistica dell’opera in oggetto. Nelle conclusioni si riportano quindi le risultanze dell’intero iter valutativo.

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2 QUADRO DI RIFERIMENTO PROGRAMMATICO Il Quadro di Riferimento Programmatico ha il compito di verificare la correttezza programmatica del Progetto verificando che esso sia congruente e non in contrasto con gli atti di programmazione e di pianificazione approvati, adottati o in itinere. Fornisce, cioè, gli elementi conoscitivi sulle relazioni tra l’opera progettata e gli atti di pianificazione e programmazione. In realtà le finalità sono maggiori e strettamente integrate con una parte del Quadro di Riferimento Progettuale e del Quadro di Riferimento Ambientale, orientate a stabilire la sostenibilità ambientale del Progetto. Sono stati analizzati: - i caratteri funzionali e dimensionali del progetto in relazione agli stati di attuazione degli strumenti pianificatori nei quali è inquadrabile il progetto stesso; - il sistema territoriale‐urbano di riferimento e le caratteristiche strutturali ed infrastrutturali dell’area in cui il Progetto si colloca; - gli strumenti di piano, le relazioni tra gli obiettivi dei piani ed il Progetto; - i rapporti di coerenza o disarmonia tra strumenti di programmazione e pianificazione e Progetto. Questa parte della Relazione Paesaggistica fornisce gli elementi conoscitivi necessari all’individuazione delle possibili relazioni tra gli interventi di progetto e gli atti di pianificazione e programmazione territoriale e settoriale. Nel corso della presente sezione verrà dunque esaminato il quadro urbanistico e vincolistico di riferimento relativamente ai comuni interessati e all’area territoriale in cui gli interventi in progetto sono inquadrabili. Ciascun piano territoriale e settoriale sarà analizzato preventivamente in sé stesso, sintetizzandone contenuti e obiettivi, e poi in relazione al progetto proposto, in modo da evidenziare gli eventuali rapporti di coerenza o le eventuali disarmonie di previsione. Alcuni degli strumenti di pianificazione analizzati sono in fase di elaborazione o devono concludere l’iter di approvazione. Si è scelto di riportare i loro contenuti perché tali strumenti risultano contenere, anche se in alcuni casi in forma non definitiva, informazioni, linee guida e orientamenti di indiscusso interesse.

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3 QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE Il Quadro di Riferimento Ambientale contiene una descrizione delle componenti dell’ambiente potenzialmente soggette ad un impatto significativo da parte del progetto proposto. Pertanto il Quadro di Riferimento Ambientale fa riferimento alla popolazione, agli elementi culturali e paesaggistici, agli ecosistemi, alla fauna e alla flora, al suolo, all’acqua, all’aria, ai fattori climatici, ai beni materiali, compreso il patrimonio architettonico e archeologico, nonché il patrimonio agroalimentare, e all’eventuale interazione tra questi vari fattori. Si è stabilito di suddividere le informazioni da fornire all’interno del Quadro di Riferimento Ambientale in due sezioni: - Analisi e descrizione dell’ambiente; - Analisi e descrizione dei possibili impatti. Nella prima sezione sono stati descritti i sistemi ambientali interessati dalla realizzazione del progetto, così come appaiono oggi, preventivamente all’attuazione degli interventi, individuandone gli elementi maggiormente significativi, di pregio e valore ambientale, nonché gli elementi maggiormente sensibili, di degrado e di criticità ambientale, documentando quindi gli usi cui sono attualmente destinate le risorse e le priorità negli usi delle medesime e documentando altresì i livelli di qualità preesistenti all’intervento per ciascuna componente ambientale interessata e gli eventuali fenomeni di degrado delle risorse in atto. Nella seconda sezione sono stati descritti i probabili impatti rilevanti sull’ambiente dovuti alla realizzazione del progetto (diretti ed eventualmente indiretti, secondari, cumulativi, a breve, medio e lungo termine, permanenti e temporanei, positivi e negativi) dovuti essenzialmente: a) all’esistenza del progetto; b) all’utilizzazione delle risorse naturali; c) all’emissione di inquinanti, alla creazione di sostanze nocive e allo smaltimento dei rifiuti. Le componenti ed i fattori ambientali sono stati così suddivisi: a) paesaggio (aspetti morfologici e culturali); b) suolo e sottosuolo (sotto il profilo geologico, geomorfologico e pedologico); c) ecosistemi, flora e fauna (emergenze più significative, specie protette ed equilibri naturali); d) ambiente idrico (acque sotterranee e acque superficiali, dolci, salmastre e marine); e) atmosfera (caratterizzazione meteoclimatica e qualità dell’aria);

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f) agenti fisici (rumore e vibrazioni; radiazioni ionizzanti e non ionizzanti); g) salute pubblica h) criticità ambientali. Al termine di questa sezione sono stati quindi inseriti: a) una descrizione delle Misure di Mitigazione, cioè delle misure previste per ridurre e se possibile evitare gli eventuali rilevanti impatti negativi del progetto sull’ambiente; b) una descrizione Piano di Monitoraggio, cioè delle misure previste per misurare e controllare l’evoluzione degli impatti sull’ambiente.

3.1 CARATTERISTICHE DEL PAESAGGIO

3.1.1 Carinola L'area oggetto della presente progettazione, ricadente nel di Carinola, è classificata sismica (S=9) dalla Delibera di Giunta Regionale della n° 5447 del 07.04.2002, pubblicata sul B.U.R.C. n° 56 del 18.11.2002. Per quanto concerne i Vincoli archeologici non risultano presenti nelle aree Interessate dagli interventi preesistenze archeologiche o monumentali. In relazione alle ricadute sulle componenti ambientali e sulla popolazione, è da sottolineare che il Progetto prevede interventi miglioramento della rete delle acque reflue. In quest'ottica, la realizzazione dell'intervento favorirà il miglioramento delle condizioni ambientali del territorio interessato, assicurando maggiore sicurezza alla popolazione interessata. In particolare, le ricadute del Progetto possono essere sintetizzate così come segue: . prevenzione di allagamenti e mitigazione di eventuale idraulico; . recupero e riqualificazione ambientale; . miglioramento delle condizioni di vivibilità del territorio; . aumento dei livello di sicurezza dei centri abitati e delle infrastrutture rispetto ad eventuale rischio idraulico; . salvaguardia e promozione della qualità dell'ambiente;

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3.1.2 Cellole Il Comune di Cellole, nell’ottica della salvaguardia delle condizioni ambientali territoriali, si è dotato negli anni di un impianto di depurazione in grado di soddisfare la domanda di depurazione del territorio comunale. Nella buona sostanza gran parte del territorio comunale interessato da insediamenti abitativi è dotato di rete fognaria collegata all’impianto di cui sopra, fatta eccezione per le borgate e per l’area in località Fontanavecchia ubicata all’ingresso della località di Baia Domitia.

Nei confini territoriali comunali, oltre al centro cittadino, si individuano due borgate, Casamare e Borgo Centore, situate rispettivamente sulla SS Appia e sulla SS Domitiana. Entrambe le località, come si può notare, sono ubicate in prossimità di importanti assi viari, e fungono da “ingresso”, per chi giunge da direzione nord, nel Comune di Cellole e nella la località turistica di Baia Domitia.

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La particolare posizione all’interno del territorio comunale offre una rilevante potenzialità nell’ambito dello sviluppo economico del territorio, dal momento che sono punto obbligato per coloro che dal litorale sud pontino entrano in “Terra di Lavoro” e viceversa. L’intenzione dell’Amministrazione Comunale è quella di attuare, in tali località, interventi mirati a colmare le carenze di dotazioni infrastrutturali che inevitabilmente incidono in modo negativo sulla qualità dell’ambiente. La località di Casamare è una borgata caratterizzata da un aggregato di abitazioni e diverse attività di natura commerciale ed agricola ubicate in parte sulla SS Appia ed in parte sulla Prov.le Campo Felice (SP115) che collega la citata statale alla SS Domitiana. Alcune delle abitazioni della borgata ricadono nel territorio comunale di Sessa Aurunca. Allo stato, dal punto di vista infrastrutturale, emergono delle forti criticità legate alla totale assenza di un adeguato sistema convogliamento e di depurazione delle acque reflue, costituendo ciò elemento contrastante con la tutela dell’ambiente e, quindi, con le aspirazioni turistiche del territorio. La località Borgo Centore è situata al chilometro 2,2 dell'antica via Domiziana, SS7 quater. Il Borgo fu edificato agli inizi degli anni cinquanta, rappresentava l’opera di chiusura dell’intervento di bonifica, iniziato negli anni ‘30 del più vasto territorio denominato “pantano di Cellole”. Borgo Centore rappresenta una tappa fondamentale nella storia urbanistica del territorio domitio, rappresentando una testimonianza della riforma agraria e nel suo insieme un esempio di architettura ed urbanistica caratterizzanti il primo dopoguerra e gli anni della rinascita dell’Italia, necessariamente da tutelare e salvaguardare. Il sistema di depurazione a servizio del Borgo era inizialmente costituito da un consistente impianto di depurazione biologico, probabilmente sovradimensionato in previsione di uno sviluppo residenziale che nei fatti non si è realizzato, tale impianto fu completamente dismesso e fu sostituito da una struttura compatta in acciaio posta fuori terra in prossimità del depuratore dismesso. Attualmente anche questo sistema descritto non è più in esercizio e nel presente progetto si prevede il completo “revamping” del sistema. Il centro cittadino è servito da un impianto di depurazione, denominato depuratore di Baia Domizia Sud, realizzato circa 30 anni or sono che è stato oggetto di un intervento di ampliamento a seguito del progetto di “Depurazione delle acque reflue in Sessa Aurunca, Baia Domitia”, redatto nel 1997. L’obiettivo principale è quello di pervenire attraverso l’analisi della pianificazione vigente

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ad una lettura aggregata ed integrata della stessa in grado di verificare la compatibilità del progetto e gli indirizzi ai quali lo stesso dovrà rispondere. I principali strumenti di pianificazione territoriale di riferimento sono da ricondurre alle seguenti scale di pianificazione: Piani territoriali di area vasta , rappresentati da:  Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (P.T.C.P.)  Piano Stralcio per l’assetto idrogeologico (P.A.I) Piani territoriali di scala locale, rappresentati da:  Piano Regolatore Generale (P.R.G)

Il P.T.C.P., previsto con la legge di riforma delle Autonomie Locali (L. 142/90), confermato nel T.U. sugli Enti Locali (L. 267/2000) e rafforzato nella sua funzione dalla L. Bassanini (L. 59/97) e dal relativo decreto legislativo di attuazione (n. 112/98), rappresenta lo strumento di riferimento sovracomunale, con riferimento al quadro delle infrastrutture, agli aspetti di salvaguardia paesistico – ambientale, di assetto idrico, idrogeologico ed idraulico – forestale, previa intesa con le autorità competenti in tali settori. Il Piano è stato adottato ed è attualmente in vigore. Il P.A.I., in vigore, viene costantemente aggiornato sulla base degli eventi che si verificano in tema di difesa del suolo. A livello di pianificazione locale, lo strumento di riferimento utile è il P.R.G. oggi superato dalla evoluzione rappresentata dai P.U.G., Piani Urbanistici Generali risalente al 1984. Ai fini della valutazione delle interferenze tra le opere in progetto e i vincoli esistenti sul territorio, si rileva che: . Tutte le opere di progetto (rete fognaria e impianti di depurazione) ad esclusione della fognatura e impianto di Casamare ricadono in area denominata ‐ fascia costiera da sottoporre a tutela per la profondità di 5.000 m dalla linea di battigia ‐ così come individuato dalla regione Campania nel Piano Territoriale Regionale;

. Parte della rete fognaria di Baia Domizia ricade in Aree di tutela paesistica individuate per legge ai sensi dell'art.142 del d.lgs. 42/2004 e s.m.i; territori costieri compresi in una fascia di profondità di 300 m dalla battigia;

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. Parte della rete fognaria di Casamare e parte della rete fognaria di Baia Domizia ricade in Aree di tutela paesistica individuate per legge ai sensi dell'art.142 del d.lgs. 42/2004 e s.m.i;, i corsi d'acqua iscritti negli elenchi del regio decreto 11 dicembre 1933, n.1775, e le relative sponde per una fascia di 150 metri ciascuna.

. Parte della rete fognaria di Baia Domizia ricade in Aree di notevole interesse pubblico individuate per legge ai sensi dell'art.136 del d.lgs. 42/2004 e s.m.i; area costiera panoramica caratterizzata dalla presenza di una pineta.

L’area oggetto di intervento ricade nel territorio di competenza dell’Autorità di Bacino Liri, Garigliano, Volturno e pertanto, ai fini della valutazione delle interferenze con il relativo

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strumento vigente, sono state analizzate le Norme di Attuazione del Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico che costituisce Piano Stralcio del Piano di Bacino, ai sensi dall’articolo 12 della legge 4 dicembre 1993, n. 493, e possiede, per effetto dell’articolo 17 della legge 18 maggio 1989, n. 183, e dell’art.9 della legge della Regione Campania 7 febbraio 1994, n. 8, valore di piano territoriale di settore. Gli interventi di progetto non ricadono in nessuna area classificata a rischio frana o rischio idraulico. Per quanto riguarda il Piano Regolatore Generale (PRG) Le aree oggetto di intervento ricadono in zona B2 (aree residenziali) o in zona E (aree agricole) del piano regolatore dove sono consentiti gli interventi inerenti le opere di progetto.

3.1.3 Sessa Aurunca Il Comune di Sessa Aurunca, il primo Comune della provincia di per estensione, è collocato al confine Nord‐Ovest della Campania e conta una popolazione di 22.734 abitanti (dati ASMEZ 2006). Il territorio comunale confina con i seguenti comuni: ad est con , a nord‐est con , am nord con e Rocca D’Evandro, a sud‐est con Carinola e , a sud‐ovest con Cellole. È separato dal Lazio, Provincia di Latina, dal fiume Garigliano. Il dentro cittadino che da il nome alla municipalità è collocato sul pendio di tufo vulcanico a Sud‐Ovest del vulcano spento di Roccamonfina. Il centro storico della città fa parte del Parco regionale di Roccamonfina‐Foce Garigliano. La sua posizione sulla S.S. Appia e la vicinanza alla S.S. Domitiana, i collegamenti con l'Autostrada del Sole (uscite a Cassino e ) e la stazione ferroviaria sulla linea Roma‐Formia‐Napoli, i notevoli monumenti di tutte le epoche, le moderne attrezzature alberghiere e per il tempo libero della zona litoranea, ne fanno un grosso centro turistico della costa tirrenica ma anche uno dei punti di riferimento culturale e commerciale dei numerosi centri minori della zona.

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Il Servizio Ambiente, a seguito di uno studio del territorio che ha evidenziato la precarietà delle rete fognaria esistente e la mancanza di presidi depurativi , anche per effetto della notevole popolazione fluttuante presente nel periodo estivo, ha intrapreso una attività di programmazione volta ad un organica e definitiva sistemazione del sistema fognario e depurativo del territorio comunale. I problemi depurativi del Comune di Sessa Aurunca sono notevoli a causa della pressoché totale assenza di depuratori in un’area molto vasta e popolosa. Gli scarichi sono al suolo, in ruscelli che vanno in secca per gran parte dell’anno e in canali di bonifica che confluiscono in mare lungo un tratto costiero a chiara vocazione turistica e su cui insistono i numerosi e rinomati centri balneari della litoranea. L’analisi che segue è rivolta alla verifica della compatibilità degli interventi con i caratteri del sito di pertinenza, nonché del rispetto, nella progettazione, di quanto previsto dagli strumenti urbanistici e dalle normative vigenti in materia di sicurezza. Nella fase della redazione del progetto, sono state effettuate valutazioni di fattibilità, in termini di:  Norme e prescrizioni degli enti gestori delle aree interessate dall’intervento di progetto;  Norme urbanistiche in vigore ed eventuale esistenza di vincoli (storici, ambientali, archeologici, idrogeologici ecc...);  Inserimento ambientale dell’opera nel territorio di appartenenza, in relazione alle condizioni storiche, culturali, sociali ed economiche del medesimo territorio;  Collegamento del sito di intervento rispetto alla rete viaria esistente;  Condizioni tecniche e tecnologiche relative al cantiere;

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 Norme vigenti in materia di sicurezza;  Verifica di assoggettabilità secondo l’All.IV parte II del D. Lgs. 152/2006 p.7lett. V e l’All. B della VIA regionale n. 2/1010 p. 7 lett. X. Nello specifico si ha:  Dal punto di vista sismico Il territorio del Comune di Sessa Aurunca interessato dall’intervento di cui all’oggetto ricade in zona classificata sismica la cui “pericolosità sismica di base” va determinata ai sensi del D.M. 14/01/08 “Nuove Norme Tecniche per le Costruzioni”  Per quanto riguarda gli aspetti paesistico‐ambientali, gli interventi ricadono al di fuori della perimetrazione del Parco Regionale Roccamonfina‐Foce del Garigliano.  Per il “Progetto di Piano Stralcio per l’assetto idrogeologico” dell’Autorità di Bacino dei fiumi Liri‐Garigliano e Volturno le aree interessate dall’intervento ricadono in:  Area a rischio medio per parte del tracciato ricadente nel Centro Urbano di Piedimonte  Area a rischio nullo o basso per gli altri interventi di progetto.  Non vi sono attraversamenti su aree sottoposte a vincoli di tutela architettonico o archeologica L’area del centro storico di Sessa Aurunca è un’area notevolmente interessante dal punto di vista archeologico. L’intervento proposto, da ubicarsi su aree già pavimentate con posizionamento di essendo le strutture autoportanti, prevede scavi limitati ai terreni già rimaneggiati e comunque non profondi. Comunque in sede di definitivo sarà contattata, se necessario, la locale soprintendenza. Sono previsti interventi su viabilità gestite attualmente dall’ANAS e dalla Provincia di Caserta. In conclusione si può affermare che gli interventi progettuali possono considerarsi compatibili, salvo l’attuazione delle specifiche procedure di autorizzazione e variante da richiedere ad Enti e/o Amministrazioni deputate al rispetto dei vincoli in base alle norme vigenti, sia con i caratteri ambientali del sito di appartenenza sia con le norme imposte dagli strumenti e dalle leggi urbanistiche vigenti. Il bacino idrico della zona in esame è da considerare come una porzione dell’enorme bacino delimitato dalle propaggini dell’Appennino Centro‐Meridionale interessante tutta la piana la cui circolazione idrica defluisce verso il mare. Il bacino idrografico di appartenenza è quello del fiume

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Garigliano. La falda di base trae principale alimentazione dal complesso vulcanico del Roccamonfina con preferenziale asse di drenaggio NW‐SE alimentando gli interstrati permeabili della coltre piroclastica e sedimentaria, e parziale alimentazione dai complessi rocciosi mesozoici ubicati nelle aree orientali. I complessi detritico‐alluvionali e piroclastico, risultano essere, nel contesto generale scarsamente permeabili. Essi contribuiscono a tamponare la falda mentre le formazioni arenaceo‐argillose mioceniche fungono da soglia di permeabilità sovrimposta sull’acquifero; le formazioni calcaree mesozoiche sono invece caratterizzate da elevata permeabilità per fatturazione e carsismo. I complessi alluvionali e piroclastici, sono caratterizzati da una falda superficiale la quale trae alimentazione anche da apporti idrici supplementari dovuti alle acque piovane di infiltrazione. Idrogeologicamente le rocce attraversate costituiscono diversi complessi idrogeologici con permeabilità variabile sia, in senso verticale che orizzontale,separati da strati costituti dalle piroclastiti nel complesso da considerare impermeabili rispetto alle sabbie e ghiaie sia pur sempre di origine vulcanica ma notevolmente più permeabili rispetto alle prime. In modo particolare, dalla consultazione delle indagini geognostiche effettuate a corredo del P.r.g. comunale, nonché dall’esame di alcuni pozzi esistenti nell’area, è possibile rilevare la presenza di una falda acquifera posta a ca 8 metri dal piano campagna nelle zone pianeggianti mentre nelle zone collinare la falda è molto più profonda e che comunque, in ogni caso,non influisce sui manufatti a realizzarsi. Dal punto di vista sismico, il territorio Comunale in esame, presenta un rischio sismico derivante dalla sua posizione rispetto alla catena appenninica. La catena appenninica, ancora in fase di prevalente sollevamento rispetto al margine tirrenico, è caratterizzata dalla presenza di strutture sismogenetiche lungo le quali si distribuiscono maggiormente i principali eventi sismici. Le isosisme dei maggiori terremoti dell’Appennino Centrale mostrano che le aree a più elevata intensità sono allungate secondo l’asse della catena, così come si evince nelle figure di seguito riportate:

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3.2 ECOSISTEMI PRESENTI La successiva descrizione di Flora e Fauna, rappresenta un caratterizzazione generale delle aree interessate dagli interventi.

3.2.1 La Flora Le particolari condizioni microclimatiche e la conformazione del luogo hanno fatto sì di avere in loco essenze tipiche delle zone più alte e fredde. Il territorio presenta una vegetazione tipica delle zone lacustri come canne, giunchi, tife e salici. Invece sul fondo del cratere e le pendici interne dello stesso presentano il singolare ed interessante fenomeno della “inversione vegetazionale” di un attecchimento invertito rispetto all’altitudine tale da far crescere specie botaniche di naturale insediamento di specie submontano quali il castagno, la rovere, la farnia, l’olmo il carpino, la robinia, alla quali si sono venute aggiungendo per l’intervento dell’uomo, esemplari a rapido accrescimento quali il pioppo canadese e la quercia rossa. Le pendici e la parte superiore sono ricoperte da una tipica macchia mediterranea sempre verde tra cui lecci ed erica. Il territorio offre un ricco campo di osservazioni al cultore della botanica.

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La diversa natura dei terreni che costituiscono il territorio, la pendenza e l’esposizione dei versanti insieme con i caratteri del clima in fluiscono sulla composizione, sull’aspetto e sul rigoglio del mantello vegetale. La Campania riserva poco meno della quinta parte della sua superficie territoriale alle formazioni boschive e poco più della decima parte alle formazioni erbacee spontanee. La macchia è costituita in prevalenza da corbezzolo, leccio, lentisco, mirto, alloro, olivastro e da altri arbusti e piante aromatiche. La macchia è molto diversa da luogo a luogo per composizione, floridezza e aspetto. Prevalgono piante a radici molto profonde, ombrellifomi, sempreverdi e talvolta spinose, con foglie piccole, coriacee e lanuggiose, che possono assumere forma di aculei, sopportando bene la stagione asciutta. Dove è più rigogliosa assume l’aspetto di una formazione arbustiva, che per la presenza di alcune specie più alte come il leccio, presenta l’aspetto di un bosco a due piani, di cui la parte inferiore è molto fitta per la presenza di rovi e di piante rampicanti, invece la parte superiore è costituita dalla chioma degli alberi, tra i quali non è raro il pino ed il leccio. Nella zona in cui il terreno diviene più argilloso e nei rilievi calcarei incontriamo alberi come la quercia, la farnia, il cerro ecc. La flora data l’affinità dell’ambiente biologico e con una certa continuità del territorio che la circonda, presenta specie simili alla regioni confinanti come l’Abruzzo e il Molise; se ne riportano alcune di seguito.

3.2.1.1 Ontano napoletano Famiglia: Betulacea È un albero di media grandezza che può raggiungere 15‐20 m di altezza con chioma non molto espansa. Il fusto è eretto, la corteccia grigiastra. Le foglie sono semplici, alterne, con apice acuto e base tronca. Il margine fogliare è dentato. decidue, inserzione alterna, lungo picciuolo, ovate ad apice accuminato, margine dentato. E'specie monoica con infiorescenze unisessuali portate sulla stessa pianta, le maschili costituite da amenti pendentidi 7‐10 cm, riunite a gruppi di 3‐6, le femminili

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sono corte 1‐2 cm e di colore rossastro . La fioritura avviene a fine inverno. I frutti sono contenuti in strobili, prima verdi ,poi grigio marrone scuro, legnosi e quando si aprono liberano piccoli acheni alati di 3 mm circa. È una specie endemica del Sud Italia dove però non presenta diffusione omogenea. È frequente nell'Appennino campano e sulla Sila. Si associa frequentemente con altre latifoglie (dalla fascia delle querce a quella del faggio). È originario dell'Italia meridionale dove si trova dalla pianura fino a 1300 m.

3.2.1.2 Olmo Famiglia: Ulmaceae E’ un albero che può raggiungere i 20‐30 metri di altezza, con chioma densa eirregolare, tronco diritto molto ramificato, soprattutto in alto. Il tronco, che supera facilmente il metro di diametro, ha raggiunto in esemplari secolari, come quello vissuto in Francia dal 1200 fino al secolo scorso, i 9 metri. Alla base del tronco spesso ci sono dei polloni. La corteccia, di colore grigio‐ bruno, è molto suberificata escrepolata verticalmente. I rami giovani sono coperti da peli che perdono già nel secondo anno di vita diventando suberosi. E' un albero molto longevo, infatti può superare i 600 anni di vita. E’ attaccato da una malattia fungina, la Grafiosi, dovuta ad un fungo, il Graphium ulmi, diffuso da coleotteri che vivono sotto la corteccia e che provocano la morte delle piante. Notevole è l’olmo di Campagnola (RE),l’"OLMA", esemplare stupendo ed evidentemente resistente alla Grafiosi. Le foglie sono caduche, semplici, ovali, lunghe da 5‐10 cm con margini doppiamente seghettati; hanno apice acuminato e base asimmetrica. La lamina superiore è lucida, quella inferiore è leggermente pelosa; il picciolo è molto corto. Le foglie hanno inserzione alterna. I fiori sono riuniti in fascetti sessili di 20‐30 elementi di colore rosso scuro; si trovano sui rami vecchi. Sono ermafroditi, hanno un pistillo e numerosi stami contenuti con l'ovario in un involucro campanulato. Compaiono all'inizio della primavera prima delle foglie. I frutti sono samare ovoidali di 1‐2 cm di diametro con il seme spostato verso il basso dove la membrana alata che lo circonda è profondamente incisa. Le samare di colore giallastro sono riunite in fascetti che permangono sull'albero pochi mesi poi vengono trasportati facilmente dal vento anche per lunghe distanze e,

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una volta a terra, germinano in poco tempo. Cresce in pianura e in collina fino a circa mille metri d’altitudine. Raramente forma boschi puri; si trova facilmente associato ad ontani, pioppi e farnie.

3.2.1.3 Farnia o Quercia Famiglia: Fagaceae E’ un albero alto circa fino a 35 metri ma esemplari isolati possono raggiungere anche i 40 metri. La farnia è una pianta molto longeva che raggiunge e supera i 500 anni. La chioma è irregolarmente ovale, globosa e molto ampia, con macchie dense di foglie che si interrompono, lasciando penetrare la luce. E’ per questo motivo che nei boschi di farnie cresce sempre un sottobosco, ricco di arbusti. Il tronco è robusto e ramoso con rametti glabri. La corteccia è grigio‐verde e liscia da giovane, spessa, solcata, con lunghe fessure longitudinali da vecchia. Il tronco produce un legname pregiato; la quercia viene anche usata come ornamento nei giardini. Sui rametti, sulle foglie o sulle gemme delle querce può capitare di trovare delle galle, cioè escrescenze di aspetto legnoso che hanno forme diverse: a sfera, a cappellino, a stella. Le galle sono reazioni che la pianta ha quando viene punta da certi insetti. Le foglie sono semplici, obovate, lobate, di 10 cm circa, a superficie ondulata, strette alla base con due orecchiette; hanno un picciolo brevissimo (0,5 – 1 cm), glabro; l’inserzione è alterna. Sono coriacee e di consistenza pergamenacea, da giovani sono pubescenti, poi la superficie superiore diventa glabra mentre quella inferiore rimane coperta da piccoli peli stellati. I fiori sono separati ma sulla stessa pianta; quelli maschili sono inseriti su amenti penduli, hanno un involucro diviso in 5 lobi lineari e 8 stami con antere giallo‐brune; i femminili, in numero di 2‐5, sono anch’essi inseriti su un peduncolo pendulo e sono formati da numerose brattee che avvolgono l’ovario. Il frutto è un achenio detto ghianda, ovale–oblungo, racchiuso alla base delle brattee del fiore che, accrescendosi, formano una coppetta, detta cupola. Le ghiande sono riunite in gruppetti da due a quattro, hanno un lungo peduncolo da 2 a 4 cm di lunghezza (da cui il nome di peduncolata); quando matura da verde diventa marrone e cade a terra.

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3.2.1.4 Acero Famiglia: Aceraceae Albero alto fino a 15‐20 m, ha un tronco spesso e contorto, breve, diviso e ramificato, talvolta inclinato. La pianta assume, non di rado, un portamento arbustivo. La chioma è rotondeggiante, con fitti rami; le estremità dei rami tendono prima verso il basso, poi verso l’alto. I giovani rami presentano spesso espansioni suberose e radiali. La corteccia è grigia o marrone, solcata da leggere fessure che delimitano piccole placche. La crescita dell’albero è lenta; può vivere fino a quasi 200 anni. Le foglie semplici, lungamente picciolate, si presentano simili ad una zampa d’anatra, poiché palmate. Presentano da 3 a 5 lembi con apici smussati. Sono larghe al massimo 10 cm, hanno margini interi e base cuoriforme con inserzione opposta. Il colore è verde intenso di sopra e verde chiaro nella pagina inferiore che è più o meno pelosa, vellutata, specie lungo le nervature. Le foglie sono caduche, si presentano rosso‐dorate in autunno, mentre le nuove sono rosate. I fiori sono unisessuali, cioè distinti in maschili e femminili; essi sono riuniti in corimbi terminali eretti, di circa 10 fiorellini, ciascuno con 5 sepali e 5 petali. Sono piccoli e di colore giallo verdognolo. La fioritura è in aprile‐ maggio durante la fogliazione. I frutti sono delle samare. Le samare hanno un aspetto molto particolare che le rende inconfondibili: i semi sono racchiusi in due frutti, detti acheni, privi di polpa, uniti alla base e dotati ciascuno di una lunga ala membranosa. Tale ala divergente orizzontalmente, forma un angolo di quasi 180°; queste ali contribuiscono a fare ruotare il seme vorticosamente quando cade, facendolo allontanare dalla pianta che lo ha prodotto, favorendo in tal modo la disseminazione. L’acero predilige terreni soleggiati, non troppo umidi e si adatta a suoli argillosi.

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3.2.1.5 Ginestra famiglia:Leguminosae Arbusto fiorifero a foglie caduche. Raggiunge i 2‐3 metri di altezza ed ha portamento eretto, tondeggiante, con chioma molto ramificata; i fusti sono sottili, legnosi, molto flessibili, di colore verde scuro o marrone; le foglie sono piccole, lanceolate o lineari, di colore verde scuro, molto distanziate le une dalle altre, cadono all'inizio della fioritura. Produce numerosissimi fiori di colore giallo oro, delicatamente profumati, sui fusti spogli; ai fiori fanno seguito i frutti che sono lunghi baccelli pubescenti, che contengono 10‐15 semi appiattiti. Il periodo di fioritura è la primavera ed estate. Vengono solitamente coltivati in giardino, si possono tenere anche in vaso, ma poi devono essere trapiantati. Le ginestre sono molto comuni nella nostra penisola, dove crescono come piante selvatiche; grazie al loro apparato radicale molto sviluppato vengono utilizzate per consolidare scarpate e bordi di strade. Viene utilizzata nei rimboschimenti di zone degradate o nude per le sue caratteristiche di portamento ed ecologiche. Dato l'apparato radicale molto sviluppato trova impiego nel consolidare dune, pendii e scarpate; in particolare è molto utilizzata nelle scarpate autostradali e ferroviarie. Inoltre trova impiego nei giardini per vari motivi: migliora il terreno in qualità di leguminosa contribuendo ad arricchirlo di azoto; inoltre è molto apprezzata come pianta ornamentale. Cresce spontanea in prati radi e boschi soleggiati.

3.2.1.6 Mirto famiglia: Myrtaceae Il mirto è una pianta arbustiva della famiglia delle Myrtaceae, tipica della macchia mediterranea. E’ una pianta rustica, si adatta abbastanza ai terreni poveri e siccitosi ma trae vantaggio sia dagli apporti idrici estivi sia dalla disponibilità d'azoto manifestando in condizioni favorevoli uno spiccato rigoglio vegetativo e un'abbondante produzione di fiori e frutti. Vegeta preferibilmente nei suoli a reazione acida o

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neutra, in particolare quelli a matrice granitica, mentre soffre i terreni a matrice calcarea. Ha portamento arbustivo o di piccolo alberello, alto da 50 a 300 cm, molto serrato. La corteccia è rossiccia nei rami giovani, col tempo assume un colore grigiastro. Ha foglie opposte, persistenti, ovali‐acute, coriacee, glabre e lucide, di colore verde‐scuro superiormente, a margine intero, con molti punti traslucidi in corrispondenza delle glandole aromatiche. I fiori sono solitari e ascellari, profumati, lungamente peduncolati, di colore bianco o roseo. Hanno simmetria raggiata, con calice gamosepalo persistente e corolla dialipetala. L'androceo è composto da numerosi stami ben evidenti per i lunghi filamenti. L'ovario è infero, suddiviso in 2‐3 logge, terminante con uno stilo semplice, confuso fra gli stami e un piccolo stimma. La fioritura, abbondante, ha luogo nella tarda primavera e all'inizio dell'estate, da maggio a luglio. Un evento piuttosto frequente è la seconda fioritura che si può verificare in tarda estate, da agosto a settembre e, con autunni caldi, in ottobre. Il fenomeno è dovuto principalmente a fattori genetici. I frutti sono bacche globoso ovoidali di colore nero‐azzurrastro, rosso‐scuro o più raramente biancastre, con numerosi semi reniformi. Maturano da novembre a gennaio persistendo per un lungo periodo sulla pianta.

3.2.1.7 Ginepro Famiglia: Cupressaceae Il genere Juniperus raggruppa una quarantina di specie di alberi e arbusti di dimensioni variabili, dalle specie nane a quelle arborescenti. Vi appartengono tutti i ginepri. Il ginepro comune è un alberello che viene mantenuto intorno ai 2 m di altezza, ma se lo si lascia crescere liberamente arriva fino a 6 ‐7 metri. Si tratta di una specie originaria dell’Europa, che vive nelle zone subalpine, tra faggi, querce, pini silvestri e pini. Il giovane ginepro ha portamento eretto, talora con cima espansa; le foglie sono aghiformi, superiormente appiattite, pungenti e sempreverdi. Tollera qualsiasi esposizione. Alcune varietà sono usate per abbellire i cortili interni, tuttavia questa pianta preferisce una buona illuminazione. Pianta molto rustica, che si adatta ai climi più freddi come pure al grande caldo. I fiori sono unisessuali, verdognoli. I frutti globosi (coccole) sono simili a bacche pruinose, blu‐viola

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3.2.2 La Fauna Le particolari condizioni microclimatiche di tale area hanno costituito un’oasi di protezione della fauna stanziale migratoria determinando una ricca varietà di specie animali. La fauna della Campania ha un numero modestissimo di specie endemiche o esclusive al suo territorio, è interessante sotto l’aspetto bio‐geografico perché tanto in pianura quanto in montagna, essa è attraversata da parecchie specie. La posizione del territorio porta specie anche ormai in via di estinzione, infatti in passato vi erano molte specie come il cervo, iol capriolo, i cinghiali cioè grossa selvaggina e di inverno nei cieli si potevano notare varie specie di uccelli acquatici e di ripa ed il nostro territorio era anche ricco di una microfauna svariata in quanto territorio presentava un’interessate habitat per questi svariati endemismi. Abbondante ed estremamente varia è la fauna marina del golfo, ricca di non solo di pesci ma di molluschi e crostacei. Tra gli insetti, non è facile soffermarsi su specie che non siano largamente distribuite in tutta l’Italia. Nulla di particolare si deve segnalare per quanto riguarda gli uccelli, troviamo il picchio rosso i falchi,gli aironi, i fenicotteri, le anatre, i limicoli, i castori e le lontre e in primavera è notevole il passaggio delle quaglie.

3.2.2.1 Picchio Rosso Specie: Dendrocopus major Il picchio rosso maggiore (Dendrocopus major), lungo circa 23 cm, è nero con le parti inferiori, le spalle ed alcune zone del capo bianche. Il vertice è nero negli adulti e rosso nei giovani, le copritrici inferiori della coda sono rosse, e rossa nel maschio è anche la nuca. Vola a sbalzi e con una velocità notevole, però è poco resistente; sul terreno scende di rado, ma quando lo fa vi saltella con una certa disinvoltura. Vive in tutta l'Europa ad eccezione dell'Irlanda e delle regioni più settentrionali della penisola scandinava e della Russia. In Asia non manca in nessuna delle zone boscose della Siberia.In Italia è frequente, stazionario ed erratico, sia nei boschi delle pianure che in quelli montani. In Sardegna e Corsica è rappresentato da una razza particolare, il

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Dendrocopus major harterti.In Campania è presente nel Parco Nazionale del Vesuvio in particolare nell'area di Ottaviano e fra Terzigno e Torre del Greco fino alla reggia di Portici. Abita i boschi estesi di latifoglie e conifere, i campi alberati ed i parchi e d'inverno compare anche nei giardini. Ha una particolare predilezione per i boschi di pioppi, olmi e salici. Di regola è sedentario, ma ogni tanto si possono osservare massicce migrazioni a sud da parte degli individui che abitano la zona più settentrionale dell'area di distribuzione della specie. Per il nido utilizza spesso le buche scavate da altri picchi. L'accoppiamento avviene agli inizi della stagione primaverile, e la femmina depone da 4 a 6 uova piccole, allungate e molto fragili che cova alternandosi con il maschio per circa 16 giorni. La prole viene accudita con grande affetto finché non sia in grado di procurarsi il cibo da sola . Il picchio rosso maggiore si ciba di insetti e delle loro larve, di nocciole e anche di bacche. In alcuni casi i picchi depredano le uova di altre specie e se si presenta l'occasione anche i nidiacei. In agosto comincia a raccogliere pigne e ne fa delle riserve di cibo per i mesi invernali. Il picchio è protetto in Italia ed è vietata la detenzione e la vendita dei soggetti non anellati e sprovvisti di certificato di nascita in cattività.

3.2.2.2 Airone famiglia dei Ciconiiformes Appartengono alla famiglia degli ardeidi gli Aironi: uccelli di grandi dimensioni, con becco, zampe e colli lunghi, code lunghe e grandi ali. Il piumaggio è di colore variabile. Alcune specie hanno sul dorso un ciuffo di penne molto allungate, le aigreetess, ricercate in tempo per ornare le acconciature femminili. Distribuiti in tutto il mondo, a eccezione delle zone polari, sono perfettamente adatti a una vita in paludi, acquitrini, risaie: le lunghe zampe consentono di muoversi agilmente nell'acqua bassa alla ricerca di cibo. Gli uccelli s'accoppiano e nidificano in grandi gruppi: le garzaie. La maggior parte delle specie costruisce il nido poco compatto, piatto e simile ad una piattaforma sui rami alti degli alberi delle paludi. I tarabusi rappresentano un'eccezione: sono animali solitari.

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3.2.2.3 Anatra Famiglia: Anatidi La famiglia degli Anatidi comprende circa 145 specie distribuite in tutto il mondo, di taglia molto variabile (dai 30 ai 160 cm) e con abitudini di vita molto diverse. Le specie più allevate presentano un notevole dimorfismo sessuale. Molte specie compiono lunghe migrazioni. A questa famiglia appartengono anatre, oche e cigni. Quasi tutte le specie di Anatidi sono monogame in libertà, mentre in cattività sono necessarie più femmine per maschio. Le coppie sono legate da grande affetto. Costruiscono i nidi all'asciutto, nel fitto dei cespugli. Di solito la cova e la cura della prole sono a carico della femmina, anche se spesso il maschio collabora. Si cibano di tutto ciò che riescono a filtrare nell'acqua e nella melma, oltre che di erba e di bacche acquatiche.

3.2.2.4 Lontra Famiglia: Mustelidi La lontra comune o di fiume (Lutra lutra) può essere lunga 120 cm, compresi i 45 cm della coda, ed è caratterizzata da testa tondeggiante ed allungata, muso arrotondato e occhi piccoli, le orecchie sono corte e tondeggianti quasi del tutto nascoste dal pellame. Le zampe sono cortissime e palmate, mentre il pellame è folto e corto di colore bruno. Possiede lunghi baffi sensibilissimi che le permettono di localizzare pesci e anguille individuandone anche i movimenti più lievi. Ha i sensi acutissimi ed in particolare vede, fiuta e sente ottimamente. Le lontre dedicano molto del loro tempo al gioco, che viene per importanza subito dopo la caccia e il In Campania è presente nella maggior parte dei corsi d'acqua del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano ed in particolare nei fiumi Calore, Tanagro, Bussento, Lambro e negli affluenti dell'Alento, del Bodolato, del Palistro e del Mingardo. Un'altra colonia di lontre è presente, al di fuori del Parco, lungo il corso del Sele. Per vivere ha bisogno di acque pulite e non frequentate dall'uomo, con le rive coperte da ampi tratti di foreste, dove vive

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scavando gallerie sotterranee che sboccano sempre sott'acqua, in genere a un metro e mezzo circa di profondità. Da questo sbocco parte una galleria lunga circa due metri che salendo obliquamente nel terreno conduce alla camera principale della tana, che è sempre assai spaziosa e tappezzata di erba asciutta. Una seconda galleria più stretta conduce dalla camera principale all'aperto sulla iva del fiume, favorendo il ricambio dell'aria. Per costruirsi la tana approfitta quasi sempre delle buche che le acque dei fiumi lasciano sulle rive; raramente utilizza le cavità naturali tra le radici di vecchi alberi o le tane abbandonate da tassi o volpi. I piccoli possono nascere in qualsiasi periodo dell'anno, sebbene il periodo degli amori abbia luogo in genere tra febbraio e marzo. Dopo nove settimane la femmina dà alla luce 2 o 4 piccoli che nascono con gli occhi chiusi, e dopo tre anni sono perfettamente adulti. Gli esemplari adulti vivono isolati, tuttavia le femmine tengono presso di sé la prole per molto tempo.

3.3 IL SISTEMA GEOLOGICO Carinola Il territorio comunale di si estende dalla fascia pedemontana del Massiccio del Monte Massico alla piana del Volturno. L’area in esame risulta pianeggiante ed è rappresentata da prodotti di disfacimento dei litotipi vulcanici sia lavici che vulcanoclastici, frammisti a depositi alluvionali, con pendenze da base a nulle. La rete idrografica superficiale risulta ben individuata. In effetti si evidenziano vie preferenziali di deflusso delle acque superficiali per cui il deflusso delle acque meteoriche risulta in generale regimato. L’area in esame, nonché quella limitrofa è caratterizzata da pendenze da basse a nulle, ove non si riscontrano, né si sono riscontrati in passato, fenomeni gravitativi sia superficiali che profondi. L’area in esame non ricade nel fasce di zonizzazione ritenute a rischio frane individuate nel PAI redatto dall’Autorità di Bacino dei Fiumi Liri, Garigliano e Volturno. Pertanto l’area si ritiene stabile dal punto di vista geomorfologico.

Cellole Il territorio del comune di Cellole, a nord della provincia di Caserta, ha un'estensione di 35 Kmq ed è situato nella distesa pianeggiante degradante fino al litorale, compresa tra il monte Massico, il

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Massiccio di Roccamonfina e il fiume Garigliano, all’interno di un confine ritagliato artificialmente sulla carta in occasione del distacco avvenuto nel 1975 dall’originario comune di Sessa Aurunca da cui è delimitato su tre lati, mentre a ovest confina con il mar Tirreno. Tutto l’Appennino è caratterizzato dalla presenza di grossi lineamenti che hanno dislocato e smembrato intere parti della nostra penisola. Nella porzione della Campania di nostro interesse è presente uno dei lineamenti più importanti per la geodinamica dell’Appennino meridionale cioè la Linea Ortona‐Roccamonfina che secondo alcuni Autori rappresenterebbe lo svincolo tra due archi della catena appenninica. L’area in esame risulta pianeggiante ed è rappresentata da prodotti di disfacimento dei litotipi vulcanici sia lavici che vulcanoclastici, frammisti a depositi alluvionali, con pendenze da base a nulle. La rete idrografica superficiale risulta ben individuata. In effetti si evidenziano vie preferenziali di deflusso delle acque superficiali per cui il deflusso delle acque meteoriche risulta in generale regimato. L’area in esame, nonché quella limitrofa è caratterizzata da pendenze da nulle, ove non si riscontrano, né si sono riscontrati in passato, fenomeni gravitativi sia superficiali che profondi. L’area in esame non ricade nel fasce di zonizzazione ritenute a rischio frane individuate nel PAIredatto dall’Autorità di Bacino dei Fiumi Liri, Garigliano e Volturno. Pertanto l’area si ritiene stabile dal punto di vista geomorfologico.

Sessa Aurunca Il territorio comunale di SESSA AURUNCA rientra nel distretto provinciale di Caserta e confina: a nord con i comuni di Galluccio e Roccamonfina, a est con il comune di Teano, a sud e a sud est con i comuni di , Mondragone e Carinola, sud ovest con i comuni di Cellole e Minturno (LT), a ovest con i comuni di Santi Cosma e Damiano (LT) e Castelforte (LT), a nord ovest con il comune di Rocca d’Evandro. Il territorio comunale risulta morfologicamente distinto in tre unità principali: . la prima, zona montuosa, rappresentata dal versante occidentale e sud‐occidentale del Vulcano del Roccamonfina, ove è impostato parte del centro urbano di Sessa Aurunca e sue frazioni, si presenta da poco acclive a molto acclive, con locali tratti a profilo sub‐verticale, occupata da formazioni vulcaniche da litoidi (colate di lave) a

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semilitoidi (lave alterate, scorie vulcaniche , piroclastiti addensate) a sciolte ( copertura superfiale piroclastica rimaneggiata, prodotti di disfacimento di lave e piroclastiti, precedentemente esposte). . la seconda, collinare, ove è impostato parte del territorio comunale di Sessa Aurunca, è rappresentata dalla fascia cha fa da raccordo tra la zona montuosa e la zona pianeggiante, costituita quasi esclusivamente da litotipi vulcanici da semilitoidi a sciolti pleistocenici ed olocenici, ha una morfologia da poco acclive a sub‐ pianeggiante; . la terza, pianeggiante è rappresentata da prodotti di disfacimento dei litotipi vulcanici sia lavici che vulcanoclastici, frammisti a depositi alluvionali, con pendenze da base a nulle. L’area in esame, nonché quella limitrofa è caratterizzata da pendenze da medio‐basse a nulle, ove non si riscontrano, né si sono riscontrati in passato, fenomeni gravitativi sia superficiali che profondi.

Figura 1. Inquadramento dei Comuni oggetto degli interventi

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3.4 IL SISTEMA IDROGEOLOGICO Carinola L’area in esame ricade nell’unità idrogeologica della Piana del Volturno ‐ Regi Lagni (settore a nord del fiume Volturno). L’unità idrogeologica della piana del Volturno‐Regi Lagni é delimitata a nord‐ovest dal Roccamonfina e dal monte Massico, a sud‐est dal Campi Flegrei e dal Somma‐Vesuvio, a nord‐est dal massicci carbonatici e a sud‐ovest dal mare. Dal punto di vista strutturale si tratta di una porzione del graben delta piana Campana individuatosi durante il Pliocene superiore e successivamente ribassatosi per diverse migliaia di metri. Basti considerare che nell'area centrale, prossima alla foce del Volturno, i sondaggi profondi peforati dalla SAMET hanno accertato uno spessore di oltre 3.000 metri di depositi quaternari, prevalentemente piroclastici e alluvionali, con frequenti episodi marini e palustri. Dal punto di vista idrogeologico in questa enorme pila di sedimenti (il cui spessore diminuisce progressivamente man mano che ci si avvicina al massicci carsici), si possono distinguere alternanze di livelli a vana litologia e granulometria, il cui andamento é spesso lenticolare. La circolazione idrica sotterranea avviene quindi per falde sovrapposte contenute nei livelli piu grossolani. In questa unitå idrogeologica possibile rinvenire una prima falda freatica, che viene alimentata preferenzialmente dagli apporti zenitali diretti e nei settori topograficamente depressi anche per «drenanza». La falda superficiale é generalmente poco produttiva perché specie nelle aree di basso morfologico, in affioramento si rinvengono prevalentemente depositi limoso‐argillosi. Al contrario, nelle stesse aree, le falde sottostanti presentano in genere una buona produttività e sono spesso caratterizzate dal fenomeno dell'artesianesimo. Nel settore posto a nord del fiume Volturno, dall'andamento delle curve isopiezometriche si può, innanzitutto osservare che le acque sotterranee vengono drenate preferenzialmente dalla rete dei canali di bonifica e dall’alveo del fiume Savone. Lungo la fascia settentrionale dell'unità idrogeologica, la piana é difficilmente alimentata dal massiccio del monte Massico. lnfatti, la falda delta struttura carbonatica é tamponata, almeno parzialmente, dall'innalzamento del flysch sottostante al depositi quaternari e, pertanto, trova recapito preferenziale nella coltre recente della piana del Garigliano Spostandosi verso est, é

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visibile (a sud di Carinola) un'ampia fascia in cui la piana riceve alimentazione dal Roccamonfina. Si tratta di quantitativi d'acqua vatutabili in circa 10 milioni di metri cubi all'anno, al netto delle aliquote intercettate dalla parte sudoccidentale dell'alveo del Savone. Nella zona topograficamente depressa, prossima alla costa si incontra generalmente una falda superficiale pressoché affiorante, la cui produttività è scarsa per la presenza di depositi limo‐ sabbiosi‐argillosi.

Cellole Il bacino idrico della zona in esame è da considerare come una porzione dell’enorme bacino delimitato dalle propaggini dell’Appennino Centro‐Meridionale interessante tutta la piana la cui circolazione idrica defluisce verso il mare. Il bacino idrografico di appartenenza quello del fiume Garigliano. La falda di base trae principale alimentazione dal complesso vulcanico del Roccamonfina con preferenziale asse di drenaggio NW‐SE alimentando gli interstrati permeabili della coltre piroclastica e sedimentaria, e parziale alimentazione dai complessi rocciosi mesozoici ubicati nelle aree orientali. I complessi detritico‐alluvionali e piroclastico, risultano essere, nel contesto generale scarsamente permeabili. Essi contribuiscono a tamponare la falda mentre le formazioni arenaceo‐argillose mioceniche fungono da soglia di permeabilità sovrimposta sull’acquifero; le formazioni calcaree mesozoiche sono invece caratterizzate da elevata permeabilità per fatturazione e carsismo. I complessi alluvionali e piroclastici, sono caratterizzati da una falda superficiale la quale trae alimentazione anche da apporti idrici supplementari dovuti alle acque piovane di infiltrazione nonché dal Fiume Volturno.

Sessa Aurunca Le peculiarità stratigrafiche dell'apparato del Roccamonfina sono sintetizzabili in una successione complessa di depositi vulcanici primari, di età pleistocenica, rappresentati da colate piroclastiche clitoidi, lave e prodotti piroclastici di ricaduta, intercalati a depositi vulcano‐clastici rimaneggiati che acquistano maggiore spessore nelle aree distali. La sequenza vulcanica è sovrapposta a calcari e dolomie di piattaforma carbonatica subsidente del Triassico‐Cretacico superiore (da 225 a 65 M.A. fa), senza interposizione (se non in aree molto

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limitate e per limitati spessori) delle classiche unità marnoso‐argillose cenozoiche che risultano non deposte o erose. Tale assetto stratigrafico determina l'esistenza di più acquiferi separati da livelli che raramente diventano dei veri e propri acquicludi; sono, invece, assai diffusi depositi con spessore e caratteristiche di permeabilità assai variabili lateralmente, che possono agire di volta in volta sia come vie preferenziali che come ostacoli per la circolazione idrica sotterranea. Le diverse unità stratigrafiche assumono un particolare significato idrogeologico, sulla base delle caratteristiche fisiche e fisiografiche proprie delle litologie che le rappresentano e sono, perciò, raggruppabili in complessi idrogeologici, caratterizzati da un comportamento omogeneo nei riguardi della circolazione idrica sotterranea; va comunque sottolineato, che anche all'interno di ciascun complesso possono esistere estese aree di disomogeneità rappresentate, ad esempio, da fasce cataclastiche a bassissima permeabilità o da grossi spessori di colate piroclastiche litoidi a bassa fratturazione o, infine, da depositi di ricaduta pliniana dotati di alta permeabilità primaria.

3.5 IL SISTEMA INSEDIATIVO STORICO Carinola Il Comune di Carinola si disloca in una ampia fascia collinare compresa tra convergenza dei ruscelli Pozzano e Malerba, affluenti nel rio Fontanelle, alle pendici nord orientali del Monte Massico. IL territorio è suddiviso in nove frazioni :Casale di Carinola; Casanova; Nocelleto; San Bartolomeo; San Donato; San Ruosi; Sant'Anna; Santa Croce; Ventaroli. L’area dell’insediamento era a forma trapezoidale misurante circa 5 ettari, delimitato da una cinta muraria che sembra assecondasse le variazioni morfologiche del terreno, correndo lungo il ciglio di un leggero pendio a sud e lungo una scarpata occidentale, che prospettava sulla valletta del Rio Fontanella Le fortificazioni, meglio conservate in elevato (m. 1 ca.) nei tratti occidentali e sud‐ orientale, sono costituite da un muro spesso m. 15 ca., realizzato in opera a sacco di calcare con paramento in opera incerta, databile tra la fine del II a.C. e inizi del I a.C.. Cellole Il territorio di Cellole è ubicato nella piana del Garigliano, alla sinistra del Monte Massico, con un’estensione di Km.² 33. L’area, confinante con il Comune di Sessa Aurunca, comprende anche la parte sud della fascia costiera di Baia Domizia e di Baia Felice.

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L’area è caratterizzata da una serie di paludi e lagune costiere, che si estendono presso Minturnae, tra la foce del Garigliano e, più a sud, nell’area costiera di Cellole, il c.d. “Pantano di Sessa”, bonificato dall’età romana. Il distretto, confinante con le aree di Suessa e Sinuessa, ubicati rispettivamente nella fascia collinare alle pendici del Roccamonfina e nella piana tra il mar Tirreno a ovest e le ultime propaggini del Massico ad est, costituisce la sede storica degli Aurunci. La maglia catastale inclinata e basata su un modulo di 13 actus è localizzata tra il Monte Massico e la direttrice Cellole‐Suessa: tale originale deduzione catastale è da riferire con la deduzione graccana. Infatti, gli assi longitudinali, che dal mare si dirigono verso Suessa, sono numerosi e più evidenti rispetto a quelli ortogonali, mentre vi sono maglie costituite da grandi quadrati misuranti 39 actus per lato. Nei pressi dei rilievi collinari questa suddivisione si interrompe in corrispondenza dei rilievi collinari, ma risulta delimitato, verso il litorale, dall’andamento della via Appia. È da sottolineare che l’area del territorio di Cellole è inserita in una maglia stradale complessa che consentiva le comunicazioni dirette sia con i maggiori centri collocati sul litorale sia con le aree montane e dell’entroterra. I collegamenti ai maggiori assi viari dell’antichità sono assicurati da strade più interne che ricalcano in parte tracciati più antichi.

Sessa Aurunca Nel territorio di Sessa Aurunca è ancora visibile parte della cinta muraria nella quale si possono distinguere due fasi di costruzione. La prima, in opera isodomica a grossi blocchi di tufo, è della seconda metà del IV a.C., e risale o all'opera di fortificazione degli Aurunci nel 337, oppure, al più tardi, all'insediamento della colonia romana nel 313 a.C.; altri tratti, in opus reticulatum, sono da riportare al I a.C.. Dopo che gli Aurunci furono sconfitti nel 340 e nel 315 a.C. la città di Suessa, entrò a far parte dell’orbita romana. Nel 313 a.C. ricevette una colonia di diritto latino con l’immissione di 6000 coloni a sostituzione della declassata popolazione del luogo. Questo evento le conferì, comunque, una notevole autonomia e indipendenza sicché dispose di proprie leggi e magistrati ed acquisì diritto di conio.

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3.6 LETTURA DELLA QUALITÀ E DELLA CRITICITÀ PAESAGGISTICA I parametri per la lettura della qualità e della criticità paesaggistica specifici per l’area in argomento, in analogia con quanto previsto al punto 3 (Contenuti della relazione paesaggistica) dell’Allegato al D.P.C.M. del 12.12.2005 sono i seguenti: - Diversità. Il territorio in esame è dotato di “caratteri distintivi” su più piani. Sul piano ambientale, esso si evidenzia per la forte presenza di aree naturalistiche e di aree di verde privato annesse ai fabbricati. Sul piano antropico, esso si evidenzia per processi di natura alquanto invasiva ed al contempo disordinati con episodi di edilizia a carattere anche abusivo piuttosto alti; - Integrità. Sul piano dell’integrità l’area conserva uno stretto rapporto con il sistema naturale. La topografia dell’area continua ancora a mantenere i caratteri del paesaggio così come si presentava sin dall’antichità. Inoltre le permanenze storiche – antichi tracciati murari e antichi percorsi, manufatti storici ed archeologici ‐ contribuiscono a rendere l’area una testimonianza assai rilevante del paesaggio storicizzato. Le stesse foci dei bacini lacustri testimoniano diverse epoche storiche e relativi reperti. - Qualità visiva. Gli ambiti dei due bacini lacustri presentano entrambi elevati livelli di qualità visiva, anche perché posti su territorio costiero che si affaccia su visuali aperte e panorami di incomparabile bellezza, sebbene caratterizzati da episodi di degrado e di urbanizzazioni non sempre di livello adeguato. Degrado. Il lago Fusaro ed il lago Miseno presentano attualmente un discreto livello di degrado dovuto al cattivo funzionamento dello scambio di acque mare/lago, conseguente all’insabbiamento delle rispettive foci verso il mare. Il fenomeno è conseguenza della disordinata urbanizzazione del contesto circostante e del cattivo stato e/o della carenza del sistema dei collettori fognari al contorno. L’insabbiamento dei bacini lacustri veri e propri, oltre a quelli delle foci, provoca altresì una carente o poco corretta circolazione idrodinamica delle masse d’acqua da ossigenare, con conseguenti fenomeni di alterazione e degrado del naturale habitat lacustre. Lievemente degradato è anche l’ambiente naturalistico circostante il lago che, sebbene caratterizzato ancora da essenze tipiche della macchia mediterranea lacustre, risulta privo di manutenzione adeguata e spesso oggetto di scarico abusivo di rifiuti solidi urbani.

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3.7 LETTURA DEL RISCHIO PAESAGGISTICO ANTROPICO AMBIENTALE I parametri per la lettura del rischio paesaggistico, antropico ed ambientale specifici per l’area d’intervento, in analogia con quanto previsto al punto 3 (Contenuti della relazione paesaggistica) dell’ Allegato DPCM 12.12.2005 sono i seguenti:  Sensibilità. Le aree dei due bacini lacustri mostrano grande sensibilità ad assorbire i cambiamenti all’interno del sistema. Il progetto in esame asseconda tale caratteristica in quanto non prevede alcuna alterazione dell’assetto morfologico delle aree, né tantomeno dei caratteri distintivi naturalistici, storici ed ecologici delle stesse.  Vulnerabilità/Fragilità. Definita con questo termine la condizione di facile alterazione e distruzione dei caratteri connotativi, le aree d’intervento presentano una bassa tenuta alla alterazione. Essa si trovano in una condizione di facile alterazione/distruzione dei caratteri connotativi, fenomeni ai quali, il presente intervento cerca di porre rimedio ripristinando condizioni biotiche, ambientali e paesaggistiche adeguate.  Capacità di assorbimento visuale. Definita con questo termine l’attitudine ad assorbire visivamente le modificazioni, senza diminuzione sostanziale della qualità, le aree presentano una buona attitudine nella suddetta direzione. Questo carattere è assecondato dal progetto in esame, dal momento che l’intervento di progetto non prevede modificazioni né di visuale né dell’intero scenario morfologico.  Stabilità. Definita con questo termine la capacità di mantenimento dell’efficienza funzionale dei sistemi ecologici o situazioni di assetti antropici consolidati, le aree presentano una buona stabilità su tale versante. La situazione non verrà in alcun modo alterata dalle nuove opere, in quanto l’intervento previsto rispetta e conserva l’orografia dei luoghi migliorando le condizioni di stabilità globale dell’area in esame ed incrementandone il grado di sicurezza.

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4 IL PROGETTO

4.1 TIPOLOGIA E DESCRIZIONE DELLE OPERE Le tipologie delle opere previste in progetto riguardano:  Impianti di depurazione  Collettori fognari

4.1.1 Impianti di depurazione Il progetto in esame riguarda il recupero ambientale dell’area Domitia. Gli interventi si concentrano prevalentemente nel settore del trattamento delle acque reflue e della depurazione dell’acqua sia nel territorio comunale che in quello sub comunale. Gli interventi hanno come principale obiettivo il miglioramento della qualità dell’acqua e, al contempo, l’innalzamento degli indici d’idoneità alla balneazione. La proposta progettuale individua una soluzione che prevede 8 impianti di depurazione di nuova realizzazione e 2 impianti da adeguare. A ciò si aggiunge il sistema di collettamento a tali impianti (fognature e sollevamenti). ID Comune Frazione a.e. a.e. di Tipo impianto Linee serviti progetto 001 Sessa Aurunca Centro 10.000 10.000 2 x 5.000 2 101 Sessa Aurunca S. Sebastiano 20.000 20.000 2 x 10.000 2 201 Sessa Aurunca S. Castrese 5.000 5.000 2 x 2.500 2 301 Sessa Aurunca Fasani 1.000 1.000 Prefabbricato 2 ** 401 Cellole Casamare 500 500 Prefabbricato 2 ** 501 Cellole Comunale 48.700 48.700 esistente 3 601 Cellole Borgo Centore 100 100 esistente 1 701 Carinola Santa Croce 7.500 7.500 3 x 2.500 3 801 Carinola Nocelleto 3.000 5.000* 2 x 2.500 2 901 Carinola Casanova 2.000 2.000 Prefabbricato 4 ** * tenuto conto di un potenziale sviluppo demografico della zona essendo la frazione comunale a maggiore potenzialità di espansione ** moduli prefabbricati in CLS interrati Tabella 1. Elenco impianti di depurazione previsti dal Progetto Definitivo.

Sul territorio di Sessa Aurunca sono stati previsti i seguenti impianti di depurazione:  un impianto da 10.000 a.e a servizio del centro capoluogo;  un impianto da 20.000 a.e. ubicato in zona San Sebatiano e a servizio anche delle frazioni Sorbello e Carano, nonché della fascia litoranea progettato in modo tale da sopportare un carico variabile di popolazione attraverso un’elevata affidabilità ed una elevata flessibilità

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di esercizio, in considerazione del carico stagionale ad esso inviato, così come richiesto in sede di progetto preliminare;  un impianto da 5.000 a.e. a servizio dell’area Nord (impianto di S.Castrese);  un impianto da 1.000 a.e. a servizio della frazione Fasani. Sul territorio di Carinola sono stati previsti i seguenti impianti di depurazione:  n. 1 impianto da 7.500 a.e. presso la frazione Santa Croce, che raccoglie gli abitati dell’omonima frazione nonché quelli di Carinola Capoluogo, Ventaroli, San Donato, Casale e parte di Casanova;  n. 1 impianto da 5.000 a.e. a valle di Nocelleto, previsto di potenzialità superiore ai 3.000 abitanti incidenti in considerazione di un potenziale ampliamento dei carichi della zona, conseguente ad uno sviluppo della stessa sia in termini demografici sia in termini commerciali/artigianali, come evidenziato dalla documentazione relativa alla redazione del Piano Urbanistico Comunale;  n. 1 impianto da 2.000 a.e. presso la frazione Casanova, che raccoglie gli abitati dell’omonima frazione a meno della parte incidente su Santa Croce. Sul territorio di Cellole sono stati previsti i seguenti impianti di depurazione:  un impianto da 48.700 a.e. (esistente) da adeguare e in cui è stata prevista, in aggiunta a quanto definito dal Progetto Preliminare, una linea fanghi completa, con stazione di disidratazione al servizio di tutto il comprensorio;  un nuovo impianto da 500 a.e. ubicato nella frazione Casamare;  un impianto da 100 a.e. (esistente) ubicato nella frazione Borgo Centore, da adeguare.

4.1.2 Sistemi di collettamento SESSA AURUNCA La rete di collettamento di progetto nel comune di Sessa Aurunca prevede in sostanza tre differenti sottoreti principali sostanzialmente indipendenti, in relazione ai relativi impianti di recapito, Sessa Aurunca‐Centro, Sessa Aurunca San Castrese e Sessa Aurunca‐San Sebastiano. Sessa Aurunca‐Centro La rete di Sessa Aurunca‐Centro, si basa su un collettore che muovendosi parallelamente al Corpo Idrico Ricettore (Rio Travata), lambisce sul lato sud‐orientale il centro abitato. Il collettore, con

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verso di percorrenza nord‐est, sud‐ovest, riceve in destra idraulica gli apporti provenienti da Sessa Aurunca Capoluogo, e raggiunge il nuovo impianto di depurazione posto a sud del centro abitato in destra idraulica del Rio Travata. Sessa Aurunca‐San Sebastiano Il collettore principale parte dalla frazione di Cascano ad est di Sessa Aurunca Capoluogo, sulla sponda opposta della valle formata dal Rio Travata e dal Rio Pretalemmice. Il collettore con verso di percorrenza nord‐est, sud‐ovest, attraversa le frazioni nell’ordine di Sant’Agata, Avezzano, Sorbello, Carano (in tale zona il collettore riceve in sinistra idraulica anche il contributo della frazione Piedimonte) e località Stazione FS prima di arrivare al nuovo impianto di depurazione in località San Sebastiano. Il collettore è dotato di una serie di collegamenti su entrambi i lati per il recapito delle varie frazioni e di una serie di sollevamenti sia sui collegamenti laterali sia sul collettore principale. Da sud i reflui della parte costiera raccolti in parte dalla rete esistente ed in parte dalla rete di progetto, sono convogliati all’impianto mediante la nuova stazione di sollevamento di San Sebastiano 05. Sessa Aurunca‐San Castrese Il collettore principale afferente all’impianto di Sessa Aurunca‐San Castrese, con verso di percorrenza nord‐est, sud‐ovest, parte dalla frazione Lauro, attraversa l’abitato di San Castrese, in parte mediante rete esistente, e scarica nel nuovo impianto di depurazione, previsto a poche centinaia di metri dal fiume Garigliano a ovest degli abitati serviti. CELLOLE La rete di collettamento di progetto nel comune di Cellole prevede in sostanza due differenti sottoreti principali sostanzialmente indipendenti, fascia costiera e Casamare. Fascia Costiera La rete costiera serve tutto il territorio comunale della frazione di Baia Felice, ed attraverso tre diversi sollevamenti, i due nuovi di Baia e Fontanavecchia‐Nuovo ed il sollevamento esistente di Fontanavecchia‐Esistente (oggetto di ristrutturazione). I primi due convogliano nel terzo che carica l’intera portata all’esistente impianto di depurazione di Cellole‐Comunale (oggetto di ristrutturazione). Casamare

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La rete di Casamare comprende un unico collettore principale che si sviluppa dapprima lungo la SS7 in direzione nord‐ovest, lungo la frazione di Casamare, successivamente piega verso sud‐ovest oltrepassa le abitazioni e convoglia i reflui verso il nuovo piccolo impianto di Cellole‐Casamare. CARINOLA La rete di collettamento di progetto nel comune di Carinola prevede in sostanza tre differenti sottoreti principali sostanzialmente indipendenti, in relazione ai relativi impianti di recapito, Carinola‐Casanova, Carinola Santa Croce e Carinola Nocelleto. Carinola‐Casanova La rete di progetto afferente l’impianto di Carinola‐Casanova, comprende essenzialmente alcune stazioni di sollevamento, ed il collettore che dal vertice meridionale della frazione si muove in direzione sud, sino a raggiungere il sito dell’impianto di depurazione, in prossimità del corpo idrico ricettore, un affluente in destra idraulica del Rio Fontanelle. Carinola‐Nocelleto La rete di progetto afferente l’impianto di Carinola‐Nocelleto, comprende il nuovo collettore di completamento che dal vertice meridionale del collettore esistente, si muove in direzione sud, sino a raggiungere il sito dell’impianto di depurazione. Il collettore esistente raccoglie i reflui della frazione per dirigersi in direzione sud verso il corpo idrico ricettore Rio dei Lanzi. Oltre al collettore di collegamento è previsto un nuovo sollevamento al margine occidentale della frazione, che raccoglie i reflui della parte sottoposta, per rilanciarli alla rete fognaria esistente collegata al collettore principale. Carinola‐Santa Croce La rete di progetto afferente l’impianto di Carinola‐Santa Croce comprende tre collettori secondari, tutti con direzione principale nord‐sud, che raccolgono i reflui rispettivamente da:  Casanova, margine settentrionale, Carinola centro, dove il collettore secondario si immette sul collettore principale;  Ventaroli, San Ruosi, ove si inserisce anche la nuova tubazione proveniente da San Donato e Sant’Aniello, ed infine Santa Croce, dove il collettore secondario si immette sul collettore principale;  Casale, Croce di Casale e Santa Croce margine orientale, dove il collettore secondario si immette sul collettore principale.

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Il collettore principale, invece, si muove in direzione ovest‐est lungo Corso Umberto I, patendo da Carinola centro, sino al margine orientale della frazione di Santa Croce dove si colloca il nuovo impianto di depurazione, pochi centinaia di metri a sud del tracciato stradale.

4.2 I CRITERI PROGETTUALI IN COERENZA CON GLI OBIETTIVI DELLA CONSERVAZIONE E VALORIZZAZIONE PAESAGGISTICA. Il progetto ha tenuto conto dei criteri di tutela ambientale e paesaggistica previsti dalla normativa vigente in materia, privilegiando tecniche e soluzioni a prevalente carattere conservativo che tutelassero e preservassero l’alta valenza paesaggistica, naturalistica, ambientale e biologica dei luoghi di intervento. Il paesaggio è una risorsa la cui valorizzazione rappresenta una delle sfide più attuali che si pongono all’attenzione delle politiche nazionali ed internazionali. Esso infatti non costituisce più solo un fenomeno estetico‐culturale, isolato dal contesto socioeconomico, ma si configura piuttosto come un nuovo paradigma di riferimento per la definizione di un modello di sviluppo adeguato a rispondere ai cambiamenti globali che interessano il pianeta, rappresentando il risultato dell’integrazione nello spazio e nel tempo di processi economici, ambientali e sociali. I processi di modernizzazione e le potenzialità del paesaggio dal punto di vista economico, emergono con sempre maggiore importanza. Sembra sempre più necessaria una revisione critica dei modelli di sviluppo consolidati, senza nessuna concessione a nostalgiche condizioni preindustriali, ma prendendo atto che le risorse paesaggistiche costituiscono parte fondamentale di quel “capitale” su cui si fondano le possibilità di sviluppo, concorrendo a produrre un “valore aggiunto” che riconosce il ruolo delle diversità e della identità storica come fattore di competitività. In questo quadro è errato ritenere che la conservazione sia contrapposta allo sviluppo, al contrario, la conservazione costituisce sempre più spesso uno dei nuovi volti dell’innovazione per la società contemporanea. In realtà, ogni autentica innovazione comporta l’arricchimento continuo del patrimonio di valori lentamente sedimentato nel passato, e allo stesso tempo non si può realizzare una autentica conservazione senza la contemporanea produzione di nuovi valori.

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4.3 L’IMPATTO SUL PAESAGGIO L’impatto degli interventi sullo stato del contesto paesaggistico e delle aree interessate viene valutato mediante l’analisi, con appositi parametri, del complesso delle modificazioni e delle alterazioni (cfr. nota n.9 del paragrafo 3.2 Documentazione tecnica di valutazione del citato Allegato al D.P.C.M. 15.12.2005). Anticipando la conclusione principale di questa parte dello studio, si può affermare che gli interventi proposti non producono alterazioni o modificazione negativa dell’attuale assetto paesaggistico delle aree. Viceversa ne migliorano più d’un aspetto: un sensibile miglioramento della qualità biologica dell’habitat lacustre e delle emergenze naturalistiche vegetazionali e di fauna, soprattutto quella avicola presente. Gli interventi, conformemente alle indicazioni contenute all’art. 37 del P.T.C.P., migliorano ed incrementano la accessibilità ciclo‐pedonale con il recupero ambientale, paesaggistico e naturalistico delle sponde dei canali delle foci, che allo stato attuale versano in condizioni di estremo degrado, attraverso la creazione di percorrenze pubbliche collegate ad itinerari esistenti, già oggetto di riqualificazione. I parametri presi in considerazione ai fini della valutazione dell’impatto sul paesaggio sono: ‐ Modificazione della morfologia: l’intervento non prevede significanti modificazioni in questa direzione, al contrario gli interventi mirano a recuperare l’originaria morfologia, ripristinando i vecchi tracciati ritrovati. ‐ Modificazione della compagine vegetale: non si avranno modificazioni in questa direzione; il progetto in esame prevede infatti una serie di interventi tesi alla riqualificazione della compagine vegetale, mediante interventi conservativi e di recupero delle essenze arboree ed arbustive presenti e l’implementazione delle stesse con nuove piantumazioni della flora tradizionale tipica dell’area; per i tratti di canneto da estirpare per la realizzazione dei percorsi è previsto il recupero con ripiantumazione dei rizomi delle essenze presenti; ‐ Modificazione dello skyline naturale o antropico: lo skyline delle aree non risulterà modificato in quanto gli interventi non prevedono modifiche morfologiche dei luoghi. Gli interventi di pulizia, restauro e recupero dei manufatti lacuali esistenti ed il ripristino delle condizioni ottimali biologiche delle masse d’acqua possono solo convergere verso un miglioramento degli skyline esistenti; ‐ Modificazione della funzionalità ecologica, idraulica e dell’equilibrio idrogeologico:

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l’intervento è finalizzato proprio a ripristinare il naturale equilibrio biologico, idraulico e idrogeologico dei due bacini lacustri, allo stato notevolmente alterati; pertanto se modifiche si avranno in tal senso saranno di natura assolutamente migliorativa e positiva; ‐ Modificazione dell’assetto percettivo, scenico o panoramico: l’intervento progettuale ha la volontà di migliorare la qualità visiva del paesaggio conservando le vedute e i panorami esistenti, ma riqualificati. Le opere previste rispettano l’attuale assetto in tal senso; la riqualificazione generale delle zone d’intervento si rifletterà positivamente sullo scenario naturale e paesaggistico al contorno; ‐ Modificazione dei caratteri tipologici, materici, coloristici, costruttivi: non si avranno modificazioni in questa direzione; il progetto in esame prevede infatti il restauro ed il recupero dei manufatti delle foci nel pieno rispetto degli elementi materici, estetici e storici preesistenti. Le nuove percorrenze si inseriscono, matericamente, nei caratteri dei luoghi, con materiali naturali. ‐ Modificazione dell’assetto fondiario e agricolo: il progetto interviene in aree di proprietà pubblica – i due bacini lacustri sono di proprietà del Comune di Bacoli, pertanto non prevede alcuna modifica dell’assetto fondiario e/o agricolo delle aree interessate. Accanto ai parametri della modificazione, l’analisi paesaggistica pone quelli della alterazione dei sistemi paesaggistici in cui sia ancora riconoscibile l’integrità e coerenza di relazioni funzionali, storiche, visive, ecologiche, ecc. L’alterazione può essere in genere determinata da azioni di inserimento di funzioni o elementi non compatibili con i caratteri del paesaggio esistente, o essere indotta da artificiosi frazionamenti, riduzioni e suddivisioni di unità di paesaggio inscindibili con l’alterazione dei caratteri dell’area. Nel caso dell’intervento in esame, nessuna di queste alterazioni sarà determinata dalla realizzazione del progetto, non sono infatti previsti inserimenti di elementi estranei all’ambiente ed al paesaggio o frazionamenti e riduzioni di unità di paesaggio.

4.4 LE OPERE DI MITIGAZIONE E DI COMPENSAZIONE

4.4.1 Riorganizzazione dello schema fognario Il Progetto Preliminare è stato completamente verificato nella sua concezione generale, sulla base di approfondite e dettagliate verifiche effettuate sulle infrastrutture fognarie e depurative esistenti, nonché sulla effettiva disponibilità di aree, con particolare riferimento alle distanze

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minime previste dalle normative vigenti tra impianti di depurazione ed abitazioni (Del. 4/2/1977 del Comitato dei Ministri per la Tutela dall’Inquinamento – All.4 punto 1.2). Il Progetto Preliminare, infatti, soprattutto per il comune di Carinola, prevedeva una soluzione basata su numerosi piccoli impianti di depurazione distribuiti a pioggia sul territorio servito.

ID Comune Frazione a.e. a.e. di Tipo impianto Linee serviti progetto 1 Sessa Aurunca Centro 10.000 10.000 2 x 5.000 2 2 Sessa Aurunca S. Sebastiano 10.000 10.000 2 x 5.000 2 3 Sessa Aurunca S. Castrese 5.000 5.000 2 x 2.500 2 4 Sessa Aurunca Sorbello 5.000 5.000 2 x 2.500 2 5 Sessa Aurunca Carano 5.000 5.000 2 x 2.500 2 6 Sessa Aurunca Fasani 1.000 1.000 Prefabbricato 2 ** 6 Cellole Casamare 500 500 Prefabbricato 2 ** 7 Cellole Comunale 48.700 48.700 esistente 3 8 Cellole Borgo Centore 100 100 esistente 1 9 Carinola Santa Croce 01 500 500 Prefabbricato 10 Carinola Santa Croce 02 3.000 3.000 Prefabbricato 11 Carinola Nocelleto 3.000 3.000 Prefabbricato 12 Carinola Casanova 01 500 500 Prefabbricato 13 Carinola Casanova 02 500 500 Prefabbricato 14 Carinola Casanova 03 500 500 Prefabbricato 15 Carinola Casanova 04 1.000 1.000 Prefabbricato 16 Carinola Casale 01 500 500 Prefabbricato 17 Carinola Ventaroli 01 500 500 Prefabbricato 18 Carinola San Donato 01 500 500 Prefabbricato 19 Carinola Carinola 01 500 500 Prefabbricato 20 Carinola Carinola 02 1.500 1.500 Prefabbricato * tenuto conto di un potenziale sviluppo demografico della zona essendo la frazione comunale a maggiore potenzialità di espansione Tabella 2. Elenco impianti di depurazione previsti dal Progetto Preliminare.

Alla luce delle verifiche effettuate, e tenuto conto anche della necessità ed opportunità di ottimizzare la gestione e la manutenzione degli impianti, la presente proposta progettuale individua una soluzione che in pratica dimezza il numero di impianti presenti sul territorio, passando da 20 a 10, che prevede di passare da 18 a soli 8 impianti di nuova realizzazione e riduce drasticamente da 14 a 3 il numero dei micro impianti (sotto i 3.000 a.e.). L’accorpamento è stato possibile anche grazie alla capillare mappatura dello stato di consistenza della rete fognaria esistente (descritta nel dettaglio nell’elaborato RS.A6 ‐ Relazione di Sintesi criterio A6), necessaria a comprendere le potenzialità dei collettori presenti in relazione alle portate derivanti dalle modifiche previste. La mappatura ha previsto non solo il censimento puntuale dei diametri e della condizione di conservazione degli spechi, ma anche la valutazione

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dell’effettiva pendenza che li caratterizza, per fornire delle verifiche dello stato di fatto puntuali e realistiche nelle condizioni di esercizio derivanti dalle scelte progettuali adottate.

ID Comune Frazione a.e. a.e. di Tipo impianto Linee serviti progetto 001 Sessa Aurunca Centro 10.000 10.000 2 x 5.000 2 101 Sessa Aurunca S. Sebastiano 20.000 20.000 2 x 10.000 2 201 Sessa Aurunca S. Castrese 5.000 5.000 2 x 2.500 2 301 Sessa Aurunca Fasani 1.000 1.000 Prefabbricato 2 ** 401 Cellole Casamare 500 500 Prefabbricato 2 ** 501 Cellole Comunale 48.700 48.700 esistente 3 601 Cellole Borgo Centore 100 100 esistente 1 701 Carinola Santa Croce 7.500 7.500 3 x 2.500 3 801 Carinola Nocelleto 3.000 5.000* 2 x 2.500 2 901 Carinola Casanova 2.000 2.000 Prefabbricato 4 ** * tenuto conto di un potenziale sviluppo demografico della zona essendo la frazione comunale a maggiore potenzialità di espansione ** moduli prefabbricati in CLS interrati Tabella 3. Elenco impianti di depurazione previsti dal Progetto Definitivi.

Si precisa, che l’accorpamento condotto non ha comportato l’occupazione di nuove aree, oltre quelle già previste nel Progetto Preliminare, lasciando pertanto invariati i piani particellari di esproprio dei vari comuni, a meno, ovviamente, di tutte le aree per le quali non è più necessario provvedere alla procedura espropriativa, in quanto non più oggetto di interventi progettuali. Tali aree, come descritto nel seguito, ammontano a circa 20.000 mq. Inoltre, sempre in merito alle modalità con cui è stato condotto l’accorpamento, le potenzialità in termini di AE degli impianti del Progetto Definitivo risulta dalla mera somma aritmetica degli AE dei corrispondenti impianti del Progetto Preliminare, a valle, tuttavia, di una capillare verifica come riportata nella “Relazione Generale di Coordinamento”.

4.4.2 Minore impatto ambientale – Consumo di suolo L’impatto ambientale dei piccoli impianti appare decisamente maggiore, in primo luogo proprio per il consumo di suolo che ne deriva, come palesemente evidenziato dalle tabelle comparative sugli ingombri sotto riportate. Il confronto sviluppato, che non tiene conto dell’ottimizzazione degli spazi effettuata nei singoli lotti dalla presente proposta migliorativa (

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Figura 2, Figura 3 e Figura 4), in quanto considera l’impianto proposto occupante l’intero lotto a disposizione, evidenzia in ogni caso una riduzione del consumo di suolo che passa da oltre 53.000 mq a meno di 35.000 con un risparmio netto di quasi 20.000 mq, che in percentuale corrisponde ad una riduzione di quasi il 36 % delle aree occupate.

ID Comune Frazione a.e. Superficie di serviti ingombro (mq) 1 Sessa Aurunca Centro 10.000 10.363 2 Sessa Aurunca S. Sebastiano 10.000 7.500 3 Sessa Aurunca S. Castrese 5.000 7.280 4 Sessa Aurunca Sorbello 5.000 5.500 5 Sessa Aurunca Carano 5.000 3.996 6 Sessa Aurunca Fasani 1.000 2.300 6 Cellole Casamare 500 450 7 Cellole Comunale 48.700 Esistente 8 Cellole Borgo Centore 100 Esistente 9 Carinola Santa Croce 01 500 557 10 Carinola Santa Croce 02 3.000 2.655 11 Carinola Nocelleto 3.000 2.810 12 Carinola Casanova 01 500 827 13 Carinola Casanova 02 500 446 14 Carinola Casanova 03 500 1.385 15 Carinola Casanova 04 1.000 1.160 16 Carinola Casale 01 500 1.530 17 Carinola Ventaroli 01 500 535 18 Carinola San Donato 01 500 1.208 19 Carinola Carinola 01 500 865 20 Carinola Carinola 02 1.500 2.500 TOTALE 53.867 Tabella 4. Elenco impianti di depurazione previsti dal Progetto Preliminare e relativo consumo di suolo.

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Figura 2. Rendering dell’impianto di Sessa Aurunca‐Centro, con evidenziate in verde le aree del lotto non interessate dall’ingombro dell’impianto di depurazione.

Figura 3. Rendering dell’impianto di Sessa Aurunca‐San Sebastiano, con evidenziate in verde le aree del lotto non interessate dall’ingombro dell’impianto di depurazione.

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Figura 4. Rendering dell’impianto di Sessa Aurunca‐San Castrese, con evidenziate in verde le aree del lotto non interessate dall’ingombro dell’impianto di depurazione.

ID Comune Frazione a.e. serviti Superficie di ingombro (mq) 001 Sessa Aurunca Centro 10.000 10.363 101 Sessa Aurunca S. Sebastiano 20.000 7.500 201 Sessa Aurunca S. Castrese 5.000 7.280 301 Sessa Aurunca Fasani 1.000 2.300 401 Cellole Casamare 500 450 501 Cellole Comunale 48.700 Esistente 601 Cellole Borgo Centore 100 Esistente 701 Carinola Santa Croce 7.500 2.655 801 Carinola Nocelleto 3.000 2.810 901 Carinola Casanova 2.000 1.160 TOTALE 34.518 Tabella 5. Elenco impianti di depurazione previsti dal Progetto Definitivo e relativo consumo di suolo.

4.4.3 Minore impatto ambientale – Scarico in corpi Idrici Altro aspetto fondamentale per l’impatto ambientale dell’opera in progetto riguarda la natura dei corpi idrici ricettori. Infatti, si evidenzia che molti degli impianti previsti dal Progetto Preliminare individuavano come corpi idrici ricettori, fossi a regime torrentizio per i quali per la gran parte dell’anno la portata effettiva è nulla. Pertanto l’impatto ambientale dello scarico dei reflui previsto, per altro non soggetto ne ad abbattimento dei nutrienti ne a trattamenti di affinamento, risulta nei fatti enorme, configurandosi il più delle volte come un vero e proprio scarico sul suolo. Mentre nella presente proposta migliorativa gli accorpamenti effettuati sono stati valutati, oltre che in relazione alle opere sostitutive da realizzare ed al raggiungimento di una taglia dimensionale tale da far emergere i benefici descritti in questa parte della relazione, anche in relazione alla presenza di corpi idrici di maggiore rilevanza e portata.

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Figura 5. Corpi idrici ricettori di impianti confermati da Progetto Definitivo, in alto Sessa Aurunca‐San Sebastiano, in basso Carinola‐Nocelleto.

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Figura 6. Corpi idrici ricettori di impianti non confermati da Progetto Definitivo, in alto Carinola‐Casanova02, in basso Sessa Aurunca‐Sorbello.

A titolo di esempio si riportano nella Figura 5 i corpi idrici ricettori degli impianti la cui ubicazione è stata confermata, rispettivamente di Sessa Aurunca‐San Sebastiano e di Carinole‐Nocelleto, mentre nella Figura 6 si riportano i corpi idrici ricettori di impianti eliminati dal quadro progettuale come Carinola‐Casanova02 e Sessa Aurunca‐Sorbello.

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4.4.4 Minore impatto ambientale – Emissioni odorigene e rumore Evidentemente l’impatto relativo a rumori ed emissioni odorigene si riduce in proporzione alla riduzione del numero di impianti, risultando minori i punti di emissione e potendo, in impianti centralizzati, mettere in campo accorgimenti tecnici e gestionali per la riduzione alla fonte di rumori ed odori, come ad esempio la copertura delle unità della linea fanghi prevista per l’impianto di Sessa Aurunca‐Centro. In particolare, per i rumori, la natura non additiva delle sorgenti sonore comporta un automatica riduzione dell’impatto indotto, anche se si trattasse esclusivamente di un mero accorpamento di sorgenti sonore. Tale assunzione appare evidentemente molto cautelativa essendo, ad esempio l’emissione di una grossa soffiante, molto più contenuta della somma di tante soffianti più piccole ed equivalenti in capacità.

4.4.5 Minore impatto ambientale – Interferenze con il paesaggio Anche dal punto di vista paesaggistico, la riduzione del numero di impianti, al pari del consumo di suolo, non può che comportare una riduzione dell’impatto complessivo indotto dall’intervento, e tale osservazione rimane valida anche considerando che i micro impianti risultavano per la quasi totalità interrati. Infatti se da un lato le unità di processo, nelle soluzioni del Progetto Preliminare, sono completamente interrate, dall’altro viabilità, parcheggi, pavimentazioni di servizio, locali tecnologici, illuminazione e recinzione del lotto, comportano in ogni caso un impatto decisamente significativo sul paesaggio circostante.

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Figura 7. Planimetria dell’impianto carinola01, previsto dal Progetto Preliminare, si noti l’impatto delle strutture in superficie, come viabilità, pavimentazioni, locali di servizio e recinzione.

L’accorpamento ha poi permesso di dedicare molta attenzione all’aspetto paesaggistico dei nuovi impianti di progetto, come ampiamente illustrato nello “Studio di inserimento urbanistico, ambientale, paesaggistico e di fattibilità ambientale”, e come palesato dallo studio dei rendering (

Figura 2, Figura 3 e Figura 4) e delle alberature (Paragrafo 4.4.6) che ha interessato tutti gli impianti.

4.4.6 Alberature perimetrali Si propone di ampliare la dotazione di verde dell’impianto con particolare riferimento alle aree perimetrali, infatti la piantumazione costituisce un fondamentale elemento per la riduzione dell’impatto paesaggistico e per l’attenuazione dei rumori, l’assorbimento dei composti odorigeni e degli aerosol. Le essenze sono state selezionate tra quelle autoctone ponendo particolare attenzione nel definire una corretta alternanza tipologica (essenze arboree e arbustive), al fine di perseguire due principali obbiettivi:

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 Ottenere un insieme di essenze gradevole ed articolato (privo di monotonia);  Creare una naturale barriera fonoassorbente nei confronti dei rumori e delle vibrazioni generate nel perimetro dell’impianto;  Creare una naturale barriera in grado di far condensare gli aereosol e, ove possibile, assorbire i composti odorigeni aereo dispersi. Dal punto di vista acustico lo scopo della barriera vegetale è quello di costringere l’onda sonora ad un percorso tortuoso tra i rami e le foglie della vegetazione lungo il quale possa dissipare la propria intensità. Ne consegue che dimensione e distribuzione degli ostacoli influenzano in modo determinante la quantità di energia dissipata e quindi la riduzione del rumore. Una barriera verde efficiente, per quanto compatta, non dovrà mai risultare del tutto impermeabile al vento; barriere impermeabili infatti deviano semplicemente la massa d’aria, mentre barriere dense ma permeabili fungono da filtro, con una conseguente attenuazione dell’onda sonora. Articolare la barriera con diverse essenze di diversa forma e dimensione risulta fondamentale per riuscire a creare un contrasto all’onda sonora, che agisca in maniera relativamente uniforme da terra fino alla quota desiderata.

Figura 8. Esempi di fasce tampone articolate su essenze diverse, per assicurare uniformità dell’abbattimento sonoro.

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Figura 9. a) Foglie di Q. ilex. b) Peli stellati della pagina inferiore delle foglie, a forte ingrandimento.

La configurazione ideale per l’abbattimento dell’onda sonora rappresenta anche un optimum per la condensazione dei aereosol e per l’assorbimento dei composti odorigeni. Infatti l’azione di filtro da parte dell’apparato fogliare si può esplicare in modo efficace solo se il flusso d’aria attraversa la barriera mentre diventa poco significativa se la massa d’aria e deviata in blocco da una barriera poco permeabile. Appare pertanto fondamentale riuscire ad articolare le varie essenze per ottenere una densità ottimale del filare che peraltro interessi tutta la verticale desiderata, a tale scopo l’utilizzo delle siepi ha proprio lo scopo di intervenire alle quote alle quali le piante arboree hanno una scarsa densità di rami e di foglie. Si segnala in particolare l’azione svolta da Pioppo, Eucalipto e soprattutto Leccio nella rimozione dall’atmosfera di svariati composti organici e inorganici tra cui si segnalano gli IPA, Ba, Cr, Fe, Mn, Pb, Zn (principali componenti dei PM10), e tanti altri (Alfani et al., 2001, 2005; De Nicola et al., 2005). Tali capacità sono legate alle caratteristiche morfologiche delle foglie, quali superficie, cere cuticolari, peli e numero di stomi, tutte proprietà che giocano un ruolo fondamentale nell’assorbimento e accumulo dei vari composti presenti in atmosfera (Jouraeva et al., 2002). La dotazione specifica prevista per tutti i nuovi impianti in progetto comprende un filare con interasse di un metro tra una piantumazione e l’altra, con l’alternanza continua di una essenza arbustiva ed un essenza arborea (Figura 8).

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5 CONCLUSIONI Il progetto in esame, si inserisce organicamente negli obbiettivi sanciti e ratificati dalla pianificazione paesaggistica delle zone, ponendo in essere, con interventi discreti e delicati, una serie di azioni tese al recupero ed alla riqualificazione dell’equilibrio idrogeologico dei due laghi ed al ripristino delle peculiari condizioni naturalistiche, paesaggistiche e panoramiche dei luoghi. Il progetto preserva l’originaria morfologia del terreno, compensando, recuperando e riqualificando in modo equilibrato la qualità del paesaggio circostante. Dal confronto tra l’intervento progettuale e i valori paesaggistici e naturalistici del contesto, risulta infatti che il contesto d’insieme dei due bacini lacustri così riqualificati si inseriscono in coerenza al contesto ambientale sia in quanto a forma sia in quanto ai materiali utilizzati recuperando e riqualificando quei vuoti spaziali e funzionali di zone che, a causa del vistoso degrado, oggi sono inaccessibili e/o poco fruibili.

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