Rassegna del 18/10/2016

FABI 18/10/2016 Corriere del Trentino 11 Equitalia, sciopero dei dipendenti I sindacati: «Stipendi più Voltolini Stefano 1 4.37.00 leggeri» - Equitalia tra sciopero e paure 18/10/2016 Corriere dell'Alto Adige 11 «Equitalia chiude, dateci garanzie» - Equitalia, dipendenti allarmati Ruggera Luigi 2 4.56.00 «Vogliamo garanzie da Roma» 18/10/2016 Corriere di Bologna 7 Equitalia, l'atto finale vale mezzo miliardo - Proteste e sollievo Giordano Mauro 3 7.01.00 L'addio a Equitalia 18/10/2016 Italia Oggi 29 Pulizie in Equitalia - Maxi pulizia in vista per i ruoli di Equitalia Stroppa Valerio 4 4.33.00 18/10/2016 Nordest Economia 13 Sindacati sul chi va là «Tutelare chi lavora» Dell'Olio Luigi 5 7.48.00 SCENARIO BANCHE 18/10/2016 Avvenire 19 Banche, il risiko riparte nel 2017 Saccò Pietro 6 4.26.00 18/10/2016 Corriere del Veneto 2 Bcc, Federazione veneta in stallo Rinvio-bis su presidenza e maxi- Nicoletti Federico 7 4.28.00 Edizione di Venezia e cda dopo la sfida tra i due gruppi bancari Mestre 18/10/2016 Corriere della Sera 6 Tre anni in più per gli esuberi delle banche ... 8 4.17.00 18/10/2016 Corriere della Sera 29 Unicredit, avanti con le cessioni Aumento verso quota 8 miliardi Massaro Fabrizio 9 4.21.00 18/10/2016 Corriere della Sera 29 Fabbisogno ridotto a 1 miliardo e zero cedole nel piano Passera De Rosa Federico 10 0.00.00 Siena: l'ipotesi di 3.000 tagli 18/10/2016 Corriere della Sera 33 Sussurri & Grida - Deutsche Bank e le ipotesi di riorganizzazione f. ch. 11 4.37.00 all'estero 18/10/2016 Corriere della Sera 41 Lettera. Compensi dei vertici Camilleri Pierfrancesco 12 4.49.00 18/10/2016 Eco di Bergamo 11 Cassa rurale Treviglio: 4 milioni dalla cessione di partecipazione Ps 13 4.44.00 Iccrea 18/10/2016 Foglio 3 La campagna d’Africa di Diamond incrocia quella di Passera su Bertone Ugo 14 2.32.00 Mps 18/10/2016 Gazzetta del 2 Banche, sostegno agli esuberi 100 milioni da gestire in tre anni ... 15 4.45.00 Mezzogiorno 18/10/2016 Gazzetta del 14 Ipotesi 3.000 esuberi per Monte Paschi ... 16 5.54.00 Mezzogiorno 18/10/2016 Gazzetta del 14 In 360 sceglieranno Roma o Trento L'incognita patrimonio da 1 D.PA. 17 5.53.00 Mezzogiorno miliardo 18/10/2016 Giornale 19 ***Pasticcio all'italiana sulle quote Bankitalia - Con le quote di Giacalone Davide 18 1.56.00 Bankitalia solito pasticcio all'italiana - aggiornato 18/10/2016 Giornale 19 Mps, altri 1.500 esuberi. Paga lo Stato Conti Camilla 19 1.13.00 18/10/2016 Giornale 19 La Borsa premia il Banco e frena Bpm. A novembre la struttura di Restelli Massimo 20 1.15.00 comando 18/10/2016 Giornale 19 Con le quote di Bankitalia solito pasticcio all'italiana Giacalone Davide 21 1.18.00 18/10/2016 Giornale 21 I lapilli di Pompeo - Fusioni si, con giudizio Locatelli Pompeo 22 1.22.00 18/10/2016 Giornale del Piemonte e 4 «Faremo di tutto per tutelare i dipendenti di Eurofidi» - «C'è un Sciullo Massimiliano 23 1.31.00 della Liguria valore da difendere, a cominciare dai dipendenti» 18/10/2016 Giorno - Carlino - 28 Bper Accordo con Amazon ... 24 4.52.00 Nazione 18/10/2016 Il Fatto Quotidiano 6 Mps, JP Morgan e il ricatto del referendum - JP Morgan, governo Mucchetti Massimo 25 1.48.00 e referendum L'intreccio che può stritolare Mps 18/10/2016 La Notizia 13 Nella nuova super banca del nord restano in sella i soliti dinosauri Sansonetti Stefano 26 2.25.00 della finanza vaticana - L'ultimo banchiere di Dio Sulla stessa poltrona da 17 anni 18/10/2016 La Verita' 1 L'editoriale - Ecco perché i banchieri tifano Renzi - Tutti i favori del Belpietro Maurizio 27 5.49.00 governo alle banche 18/10/2016 La Verita' 2 Tutti i favori del governo concessi alle amiche banche Antonelli Claudio - Baldini 28 5.53.00 Gianluca 18/10/2016 Libero Quotidiano 20 Deutsche Bank vuol tagliare l'Italia Sunseri Nino 29 2.43.00 18/10/2016 Messaggero 17 Mps, nel piano di rafforzamento anche 3.000 esuberi r.dim 30 1.54.00 18/10/2016 Messaggero 19 Deutsche Bank pensa a nuovi tagli negli Stati Uniti, in Italia e Ca.Sco 31 2.10.00 Spagna 18/10/2016 Messaggero 19 Banco Bpm, si lavora a un nucleo stabile di soci ... 32 2.13.00 18/10/2016 Mf 2 Mps, ecco il piano di Passera - Mps, su Passera palla a JP Gualtieri Luca 33 3.28.00 Morgan 18/10/2016 Mf 2 Poste Italiane si prepara al rush finale su Pioneer Messia Anna 34 3.30.00 18/10/2016 Mf 5 Piazza Affari non brinda alla fusione col Banco e punisce Bpm con Scotto Susanna 35 3.31.00 un -3% - Banco-Bpm, la borsa non brinda 18/10/2016 Mf 5 Tra Milano e Verona una fusione-pilota, vediamo chi seguirà De Mattia Angelo 36 3.33.00 18/10/2016 Mf 15 Cordusio nel palazzo Meliorbanca Follis Manuel 37 5.19.00 18/10/2016 Mf 19 Reddito Fisso - I subordinati Mps corrono in borsa Testi Valerio 38 5.49.00 18/10/2016 Repubblica 27 Banche sugli scudi la Borsa scommette sul nuovo risiko Greco Andrea 39 3.48.00 18/10/2016 Repubblica Torino 15 Vertice Crt Marocco forse anticipa l'addio - Vertice Crt, il lungo Longhin Diego 40 6.27.00 addio di Marocco 18/10/2016 Repubblica Torino 15 Tre milioni di utile netto e depositi in crescita La Banca del ... 41 6.27.00 Piemonte non conosce crisi 18/10/2016 Sole 24 Ore 2 Focus - Ue, dal Piano Juncker alle nuove cartolarizzazioni Bufacchi Isabella 42 0.59.00 obiettivo credito alle Pmi 18/10/2016 Sole 24 Ore 11 Bond sovrani sotto tiro sui mercati - Titoli di Stato globali sotto Cellino Maximilian 43 1.17.00 pressione 18/10/2016 Sole 24 Ore 11 L'analisi - BTp Italia sospeso fra retail e il palato sottile degli Bufacchi Isabella 44 1.18.00 istituzionali 18/10/2016 Sole 24 Ore 31 Mps pronto a valutare il piano Passera - Mps pronto a valutare il Ferrando Marco 45 1.27.00 piano di Passera e Atlas 18/10/2016 Sole 24 Ore 31 L'effetto della fusione tra Bpm e Banco si estende in Borsa al Paronetto Paolo 46 1.29.00 sistema-popolari - Popolari, effetto Bpm-Banco in Borsa 18/10/2016 Sole 24 Ore 33 UniCredit colloca bond senior per un miliardo ... 47 1.44.00 18/10/2016 Sole 24 Ore 33 CariVerona e Unipol guardano al nucleo stabile Zucca Paolo 48 1.45.00 18/10/2016 Sole 24 Ore 33 Parterre - Methorios e la fuga record dei vertici aziendali Fa.P. 49 1.48.00 18/10/2016 Sole 24 Ore 33 Parterre - Quando a maggio la fusione Bpm-Banco rischiò di R.Fio. 50 1.50.00 saltare 18/10/2016 Sole 24 Ore 33 Spafid rileva Fider e si allea con Carnelutti ... 51 1.52.00 18/10/2016 Sole 24 Ore 46 Credito a costi più alti con l'Ifrs 9 Rocca Renzo 52 1.54.00 18/10/2016 Stampa 18 Mps, nel piano 3 mila esuberi - "Nel piano Mps tremila esuberi" Paolucci Gianluca 53 2.57.00 Oggi il cda sul piano Passera 18/10/2016 Stampa 18 Bpm-Banco, la fusione accende il settore "Nuove aggregazioni Spini Francesco 54 2.58.00 l'anno prossimo" 01/10/2016 Technopolis 16 La rivoluzione è ora: banche, siete pronte? Rusconi Gianni 55 1.15.00 01/10/2016 Technopolis 18 La moneta legale vivrà oltre le valute virtuali P.A. 56 1.15.00 18/10/2016 Corriere di Siena 4 "Abbiamo aiutato 2.000 persone" - "Abbiamo aiutato duemila Groppa Gennaro 57 8.24.00 persone in dieci anni" WEB 17/10/2016 FORMICHE.NET 1 Ecco il nuovo piano di Bnl-Bnp Paribas ... 58 0.09.00 17/10/2016 PENSIONIOGGI.IT 1 Nella Manovra sostegno per il prepensionamento dei bancari in ... 59 7.36.00 esubero - Pensioni Oggi 17/10/2016 TUSCIAWEB.EU 1 “Ci mancava la sposa e abbiamo cercato tra le popolari… “ ... 60 0.09.00 Corriere del Trentino 18-ott-2016

Equitalia, sciopero dei dipendenti I sindacati: «Stipendi più leggeri» - Equitalia tra art sciopero e paure

TRENTO Di questi tempi, in pochi rifiuterebbero il passaggio da un contratto di tipo privato a uno nel pubblico. I dipendenti di Equitalia sembrano invece orientati sul no. I lavoratori della società che si occupa di riscossione coattiva dei crediti delle amministrazioni pubbliche, su cui pende la chiusura annunciata dal governo di Matteo Renzi, considerano una penalizzazione economica e previdenziale il trasferimento nelle posizioni dell’Agenzia delle entrate. Secondo la Uilca regionale comporta una perdita media in busta paga che sfiora il 25%. Il territorio partecipa quindi allo sciopero nazionale di 8 ore indetto da Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca e Ugl per giovedì, giorno in cui l’esecutivo presenterà il disegno di legge finanziario in Parlamento. In regione sono un centinaio gli addetti della spa, 70 a Bolzano e 37 a Trento. «Il personale si è sempre mosso con la massima serietà, ma non siamo disposti a farci “rottamare” per alcuna ragione, ancora meno sulla strade del populismo», affermano all’unisono i sindacati presentando l’agitazione. Criticato l’annuncio del premier di voler recuperare, con la manovra, 4 miliardi di euro. «A suo avviso non si realizza un condono, cioè un regalo agli evasori » pungono le organizzazioni che chiedono un incontro urgente con i ministri di lavoro e economia. In regione interviene Marco Di Renzo, segretario Uilca a Bolzano, responsabile per Equitalia nelle due province. «La prima criticità riguarda il fatto che Renzi ha annunciato la chiusura — tra circa sei mesi — durante una conferenza stampa (quella di sabato scorso, ndr). Noi — prosegue Di Renzo — eravamo rimasti alle ipotesi fatte dal sottosegretario Nannicini in un incontro, tra cui la creazione di un di partimento riscossioni nel Mef o di un’apposita agenzia, oppure ancora di un ente pubblico economico, come il Demanio. Renzi quindi si è spinto in avanti senza condividere la decisione con i sindacati. Per questo chiediamo che torni indietro e coinvolga le sigle, che hanno l’interesse a tutelare la categoria». A livello nazionale l’organico è di 7.700 unità, oltre 8.000 considerando Riscossione Sicilia. Le organizzazioni dei lavoratori vogliono parlare anche della questione economica, dato che comunque i posti non sono a rischio. «Equitalia — aggiunge Di Renzo — è una spa con contrattualistica di tipo privato. La categoria degli esattoriali ha delle peculiarità di tipo previdenziale, un fondo speciale. Si passerebbe da una gestione Inps all’ex Inpdap. Esiste una paura per la penalizzazione economica. In busta paga, facendo una media a spanne, si potrebbe arrivare al 25% in meno». Stefano Voltolini © RIPRODUZIONE RISERVATA

FABI 1 Corriere dell'Alto Adige 18-ott-2016

«Equitalia chiude, dateci garanzie» - Equitalia, dipendenti allarmati «Vogliamo art garanzie da Roma»

BOLZANO «Siamo preoccupati dalle notizie che arrivano da Roma, oltretutto parziali e contraddittorie, sulla chiusura di Equitalia». Marco Di Renzo, segretario responsabile della Uilca, segue da vicino gli sviluppi dell’annunciata chiusura di Equitalia, la Spa a totale controllo pubblico incaricata della riscossione dei tributi su tutto il territorio. «In Alto Adige ci sono 70 lavoratori, dislocati nelle quattro sedi di Bolzano, Merano, Bressanone e Brunico. Dovrebbero venire tutti accorpati all’Agenzia delle Entrate, anche se su questo non sono state ancora fornite garanzie assolute. In ogni caso, la differenza retributiva — prosegue Marco Di Renzo — a parità di qualifica è attualmente circa del 25% a favore dei dipendenti di Equitalia. Vorremmo sapere se verranno mantenuti gli attuali livelli retributivi». A livello nazionale le segreterie confederali del settore della riscossione dei tributi hanno proclamato uno sciopero per il 20 ottobre dei lavoratori di Equitalia e Riscossione Sicilia. «Anche noi aderiremo perché condividiamo le ragioni di questa protesta» afferma Di Renzo. «Nonostante fino a pochi giorni prima i più vicini collaboratori di Renzi — spiegano i sindacati — ci spiegassero che l’analisi è ancora aperta a tutto campo, sabato il primo ministro ha dichiarato che la chiusura di Equitalia consentirà di non pagare smisurati interessi e le more che Equitalia pretendeva, avendo Equitalia stessa sviluppato un modello inutilmente polemico e vessatorio nei confronti dei cittadini. Il capo del Governo ci informa che in questo modo conta di recuperare 4 miliardi. Qualora qualcuno dovesse essere colpevolizzato per scelte aziendali — aggiungono i sindacati confederali — oggi ritenute sbagliate, questi non possono essere i lavoratori dipendenti, ma eventualmente i vertici aziendali ed i governi che li hanno scelti». Le segreterie nazionali di Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Ugl Credito e Uilca, hanno chiesto un incontro urgente con i ministri del Lavoro e delle Finanze, proclamando un’intera giornata di sciopero per il 20 ottobre. «Il personale del settore si è sempre mosso con la massima serietà e compostezza , ma non siamo disposti a farci “rottamare” per alcuna ragione — concludono i sindacati — ancora meno sulla strada del populismo. Siamo orgogliosi di avere sempre fatto, con serietà, professionalità, correttezza e cortesia nei confronti dei contribuenti, il nostro dovere». Luigi Ruggera © RIPRODUZIONE RISERVATA

FABI 2 Corriere di Bologna 18-ott-2016

Equitalia, l'atto finale vale mezzo miliardo - Proteste e sollievo L'addio a Equitalia art La rivoluzione di Equitalia, con la conseguente eliminazione della società di riscossione dei tributi annunciata dal premier Matteo Renzi, mette già in allarme i 450 dipendenti dell'ente che lavorano in Emilia-Romagna, un centinaio a Bologna, e alimenta speranze per i «dannati» delle cartelle esattoriali, che aspettano maggiori dettagli per capire se potranno rientrare nella «rottamazione» prevista dal decreto legge ancora in corso di stesura e vedere così diminuire il proprio debito con il fisco.Due fronti opposti, ma entrambi in subbuglio e scettici verso il provvedimento. Tutte le sigle sindacali del settore riscossione e bancario (Fisac-Cgil,First-Cisl, Uilca-Uil, Ugl Credito e gli autonomi della Fabi) hanno già proclamato uno sciopero nazionale per giovedì, che in regione porterà assemblee durante i turni di lavoro. L'accorpamento all'Agenzia delle Entrate non convince i sindacati, duri soprattutto nei confronti dei toni usati da Renzi contro Equitalia, e in stato d'allerta perché l'inglobamento nell'Agenzia delle Entrate potrebbe portare la rottamazione, ovvero la cancellazione di sanzioni, interessi di mora e oneri di riscossione dalle cifre dovute al fisco (che non saranno condonate ma appunto «alleggerite») è ancora difficile quantificare l'impatto sulla regione e le Due Torri, ma di certo parliamo di cifre rilevanti. Basta pensare che al 31 dicembre 2015 le rateizzazioni di cartelle in corso in Emilia-Romagna erano 237.138 per un valore di 2 miliardi e 278 milioni. Per la provincia di Bologna si parla di un esercito di 5i.000 cartelle rateizzate che valgono 546 milioni. Soldi che gli emiliano-romagnoli stanno già pagando aspettando di capire cosa cambierà nelle prossime settimane: al momento non è nemmeno chiaro quali cartelle saranno coinvolte, ma secondo indiscrezioni si tratterebbe di quelle notificate entro il 31 dicembre 2016. L'incertezza è palese nel quartier generale di Equitalia in via Tiarini, di fianco al sede del Comune di Piazza Liber Paradisus. In un normale lunedì lavorativo, verso le 13 per prenotare il turno si staccava il numero 160, sintomo della mole di lavoro e pendenze accumulate negli anni. In fila i casi più disparati: Irpef comunicata male dal commercialista e causa di una multa da 168 euro, un artigiano in debito verso l'Inps di 20.000 euro («ma erano 10.000, le loro sanzioni mi hanno fatto raddoppiare la cifra»), un negoziante che dopo non essere stato pagato da un grosso cliente ha accumulato pendenze («e pensare che avrei crediti da riscuotere...»). Pochi sanno delle possibili novità in arrivo e la rabbia prevale anche sulla speranza, sono qui a rateizzare i loro debiti. Tra i più informati c'è la commercialista Manuela Spallanzani: «Stiamo aspettando le novità, di certo saranno comunque necessarie delle cifre importanti per mettersi in regola e conoscendo lo stato di tanti clienti che seguo sarà comunque difficile pagare».Il clima di sfiducia verso Equitalia, «alimentato in questi anni e usato con populismo da Renzi» è quello contro il quale puntano il dito i sindacati. «Parliamo di lavoratori che applicano le leggi dello Stato e per questo vengono accusati di essere usurai» attacca Silvano Righi coordinatore nazionale della Fisac-Cgil. Mauro Giordano RIPRODUZIONE RISERVATA

FABI 3 Italia Oggi 18-ott-2016

Pulizie in Equitalia - Maxi pulizia in vista per i ruoli di Equitalia art Maxi-pulizia in vista per il «magazzino crediti» di Equitalia. Dietro la rottamazione delle cartelle annunciata dal governo, che secondo le stime di palazzo Chigi dovrebbe portare maggiori entrate per 4 miliardi di euro, c'è anche la volontà di cancellare dai carichi pendenti centinaia di miliardi di euro di fatto inesigibili, come richiesto nei mesi scorsi dall'Ocse e dal Fmi. Con la soppressione del gruppo Equitalia, la funzione di riscossione sarà ricondotta all'interno di un'Agenzia delle entrate con più poteri e maggiore indipendenza dalla politica, in linea con le raccomandazioni dagli organismi internazionali. Ma dietro al riassetto dell'amministrazione fiscale c'è anche la preoccupazione delle migliaia di lavoratori del gruppo Equitalia, che in attesa di conoscere i testi definitivi della manovra annunciano per il 20 ottobre una giornata di sciopero sull'intero territorio nazionale. Queste le prime conseguenze della decisione dell'esecutivo, già anticipata dal premier Renzi nei mesi passati, di sopprimere la società che gestisce la riscossione, recata dal disegno di legge di bilancio per il 2017 (approvato dal consiglio dei ministri di sabato scorso). SANATORIA CARTELLE. Sul fronte della rottamazione dei ruoli, i dettagli tecnici sono ancora da definire. Secondo le ipotesi allo studio dei tecnici governativi, le cartelle interessate sarebbero quelle notificate entro il 31 dicembre 2016 e relative a ruoli formati entro la fine del 2015. I contribuenti risparmieranno su interessi, sanzioni e forse aggio di riscossione (per quest'ultimo, in alternativa, potrebbe essere prevista un'aliquota poco più che simbolica). Resterebbero interamente dovuti, invece, tasse e contributi pretese da Agenzia entrate, Inps e Inail, oltre agli interessi legali decorrenti dalla scadenza originaria del pagamento. Esclusa per il momento la sanatoria delle multe auto. «Siamo estremamente soddisfatti per la rottamazione delle cartelle di Equitalia che avevamo messo a punto e fortemente caldeggiato al presidente Renzi e agli alleati di governo», sottolinea il vice-ministro all'economia e segretario di Scelta civica, Enrico Zanetti, «le imposte si pagano ovviamente per intero, ma si fa piazza pulita di altre voci che spesso portano a raddoppiare e triplicare l'importo dovuto in cartella. Tantissime famiglie e piccole imprese respireranno e ne avranno vantaggio indiretto anche i loro creditori». La definizione agevolata delle cartelle non sarà automatica, ma potrà avvenire a domanda del contribuente. Con possibilità, è questa un'altra delle opzioni all'esame del governo, di dilazionare gli importi dovuti fino a 36 rate mensili. MAGAZZINO CREDITI. La legge di bilancio consentirebbe pure una procedura semplificata per il discarico dei ruoli inesigibili. L'attuale sistema «a scorrimento» prevede comunicazioni annuali, con un calendario dilatato del tempo che porterebbe a esaurire gli arretrati solo nel 2031. Si ricorda che dei 1.058 miliardi di euro affidati a Equitalia negli ultimi 15 anni, il 20% è stato ritenuto indebito dagli stessi enti creditori. Dei restanti 841 miliardi, 138 fanno capo a soggetti falliti, 78 a persone decedute e imprese cessate, 92 a nullatenenti, mentre per altri 28 miliardi di euro la riscossione è sospesa (in via amministrativa o giudiziale). Rimangono così 506 miliardi di euro, di cui oltre il 60% (314 miliardi) è già stato vanamente cercato dagli agenti di riscossione. Tenuto poi conto di tutte le norme pro-contribuente varate negli ultimi anni, lo stock dei crediti effettivamente lavorabili si riduce a 51 miliardi di euro (ossia il 5% del carico totale lordo iniziale). Una situazione censurata da Fmi e Ocse, che hanno invece chiesto al governo di «garantire che venga messa in atto un'efficace politica di stralcio del debito fiscale e che sia applicata come richiesto». PERSONALE IN AGITAZIONE. Mentre il governo procede spedito nel progetto «Equientrate», con la soppressione di Equitalia e l'incorporazione della struttura nell'Agenzia (come anticipato da ItaliaOggi del 9 giugno 2016) i sindacati del comparto riscossione lanciano l'allarme per il futuro dei lavoratori. In attesa di conoscere la tempisti-ca e le condizioni del transito nelle Entrate, le oo.ss. hanno chiesto un incontro urgente ai ministri del lavoro e dell'economia e proclamato una prima giornata di sciopero per giovedì 20 ottobre. «Il personale del settore si è sempre mosso con la massima serietà e compostezza», affermano in una nota unitaria Fabi, Cisl-First, Cgil-Fisac, Ugl e Uilca, «ma non siamo disposti a farci "rottamare" per alcuna ragione, ancora meno sulla strada del populismo». Valerio Stroppa ***

FABI 4 Nordest Economia 18-ott-2016

Sindacati sul chi va là «Tutelare chi lavora» art Per realizzare i cambiamenti necessari a tenere in vita le banche, occorre cambiare volto anche al profilo di chi lavora in banca. Oltre ai cambiamenti tecnologici, occorre fare i conti con una serie di innovazioni normative, introdotte per la gran parte come risposta alla grande crisi partita nel 2008. «In banca cresce il peso delle funzioni di controllo e compliance», ricorda Stefano Salvadeo, partner di Bernoni Grant Thornton. «Funzioni che comporteranno sempre di più l'introduzione di figure specializzate». La sfida organizzativa, sottolinea è la più difficile perché comporterà anche interventi drastici sul lato del personale. Una prospettiva che i sindacati vedono come il fumo negli occhi. «Pensiamo che l'innovazione dei servizi bancari debba passare attraverso la riqualificazione dei lavoratori e non possa prescindere dal mantenimento dei livelli occupazionali», dichiara Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, il sindacato più rappresentativo tra i bancari. Che non vogliono essere passivi di fronte al vento del cambiamento. «Recentemente abbiamo presentato ai banchieri le nostre proposte per un nuovo modello di banca, suggerendo un recupero delle attività un tempo svolte dagli istituti, una maggiore offerta di consulenza fiscale, tecnologica e gestionale, più specializzazione e creazione di nuovi mestieri», spiega. In attesa di capire se tutto questo basterà a minimizzare l'impatto occupazionale sulla categoria, cosa resta da fare a chi oggi lavora in banca? «La priorità è non stare fermi di fronte all'evolvere degli eventi», suggerisce Aldo Varenna, presidente di Efpa Italia, fondazione che promuove gli standard formativi di qualità e certifica corsi per i professionisti della consulenza. «Quindi formarsi, chiedendo al proprio istituto di programmare corsi sulle innovazioni di mercato o, in caso di rifiuto, organizzandosi in proprio». Nella consapevolezza che «la crescente complessità dei mercati riserverà ancora spazio per i consulenti capaci e al passo con l'evoluzione del mercato». Luigi dell'Olio ***

FABI 5 Avvenire 18-ott-2016

Banche, il risiko riparte nel 2017 art Il via libera dei soci alla fusione tra la Banca Popolare di Milano e il Banco Popolare veronese è stata una delle rare buone notizie arrivate in questi mesi dal mondo del credito italiano. Se il "sl" degli azionisti dell'istituto veneto era scontato, quello dei milanesi non lo era affatto, data la contrarietà dei soci pensionati all'operazione che apre la strada alla nascita del terzo maggiore polo bancario italiano, dopo Intesa Sanpaolo e UniCredit e davanti a Ubi. L'idea che all' Italia occorrano banche più grandi, e che quindi gli istituti debbano aggregarsi, è stata alla base della controversa riforma delle popolari calata dall'alto dal governo Renzi e anche dell'autoriforma delle Bec. La Banca centrale europea e anche la Banca d'Italia non hanno dubbi che questa sia la strada da seguire. Domenica Salvatore Rossi, direttore generale della Banca d'Italia, non ha voluto esporti troppo sull'operazione Bpm-Banco Popolare: «Tutti la considerano in modo positivo - ha detto Rossi intervistato da Sky-. È l'unica operazione di aggregazione e presumibilmente lo sarà fino alla fine dell'anno, ovvero quando scatterà la trasformazione forzosa delle popolari in Spa. Tutti pensavano che ne sarebbero scattate altre così non è stato, c'è stata questa, va bene». Nulla di sorprendente: il 2016 sta per terminare ed è difficile pensare che altre banche riescano a mettere in piedi in poco tempo operazioni di aggregazione da completare per fine anno. II risiko delle fusioni si riaprirà allora nel 2017 ed è su questo che già ragionano a Piazza Affari. In Borsa Bpm e il Banco non sono state festeggiate molto. Le azioni dell'istituto milanese sono scese del 3%, a 41 centesimi, perché sono terminate le speculazioni di chi sperava che il matrimonio saltasse e si riaprisse la partita per il controllo della banca. Quelle dell'istituto veneto hanno guadagnato (0,8%) recuperando parte dello "sconto" che pagavano per l'incertezza sull'esito dell'operazione. Hanno invece accelerato gli altri probabili protagonisti della prossima fase di fusione: la Popolare dell'Emilia Romagna ( 2,1%), il Credito Valtellinese (8,6%), la Popolare di Sondrio (5,3%). In un report diffuso ieri gli analisti di Intermonte scommettono su un fidanzamento tra le prime due. CreVal, come Pop Sondrio, deve però ancora completare la trasformazione in Spa. L'altra grande protagonista del risiko è Ubi, che fino all'ultimo ha sperato di potersi mettere in mezzo tra Bpm e Banco Popolare (per conquistare la seconda) e continua ad avere nel mirino tre delle quattro "good bank" che il governo fatica a cedere, a patto però che la Bce sia meno esigente sulla raccolta di capitale necessaria a portare avanti l'acquisizione. A fare da sfondo a queste partite c'è il Monte dei Paschi, grande malato tra le banche europee che ha bisogno urgente di investitori per la ricapitalizzazione, e c'è UniCredit, anch'essa chiamata a raccogliere nuovo capitale sul mercato nei prossimi mesi.

SCENARIO BANCHE 6 Corriere del Veneto Edizione di Venezia e Mestre18-ott-2016

Bcc, Federazione veneta in stallo Rinvio-bis su presidenza e maxi-cda dopo la art sfida tra i due gruppi bancari

PADOVA Credito cooperativo, la frattura in due gruppi bancari tiene in stallo la presidenza veneta. A giugno la nomina era stata rinviata ad oggi. E oggi pomeriggio, nella convocazione-bis dell'assemblea della Federazione veneta, lo scenario che si profila è di un nuovo rinvio a fine anno. Non è aria di mettersi a stabilire se confermare il presidente uscente, Ilario Novella, il commercialista vicentino attuale vicepresidente del Credito Trevigiano post- commissariamento dopo aver guidato la vicentina Quinto Valle Agno, o se puntare su un cavallo diverso. Non è aria, perché alle divisioni storiche si è aggiunto ora lo scenario di un credito cooperativo post-riforma diviso in due gruppi bancari, basati sulla centrale nazionale Iccrea e sulla trentina Cassa centrale. Scenario materializzatosi la scorsa settimana proprio in Veneto, tra il road show di Cassa centrale in Fiera a Verona, che ha lanciato la sfida del secondo gruppo, e la risposta, il giorno dopo a Padova, di Iccrea, che ha presentato il suo piano industriale. La frattura rischia di essere un muro di Berlino che taglia trasversalmente il Veneto, cristallizzando una frattura storica. Le prime proiezioni parlano di 15 banche pronte a schierarsi con Trento, di 9 con Iccrea e i 4 indecise, anche per fusioni trasversali ai due campi o a sostegni dati nei momenti di crisi di cui si deve tener conto. Mettersi in questo clima a discutere di presidenza è utopia. Sia per confermare Novella, il cui tentativo di tenersi equidistante e di insistere sul gruppo unico e un patto di sindacato tra le venete che ne rafforzi il ruolo, lo rende inviso ai più duri dei due schieramenti, sia per far emergere candidature alternative che resteranno coperte fino al momento giusto. Che sarà forse la conta di fine anno che stabilirà come si divideranno le Bcc nei due campi, stabilendo rapporti di forza e candidature possibili. Il nulla di fatto oggi rischia di estendersi anche all'altro punto in ballo: la proposta di passare da un cda a io ad uno con tutti i 28 presidenti. L'idea è di una sorta di «comitato di salute pubblica» che tenga unito il sistema in un passaggio storico, affiancato da un comitato esecutivo. Ma il lavoro che doveva esser istruito quest'estate, compresa le regole per la nomina del comitato esecutivo, è tutto da iniziare. Per arrivare a fine novembre a un'altra assemblea che approvi le modifiche statutarie. Che però non piacciono a tutti: il cambio rischia di creare un organo pletorico, tra l'altro da tenere in vita pochi mesi, visto che l'idea è di tornare a un cda a io una volta chiarito il quadro post-riforma. Insomma, i critici chiedono se valga la pena fare lo sforzo. Ma messa così in Federazione restano pochi spazi di manovra per gestire e non subire la riforma. Se non altro resta la soddisfazione sul fronte operativo. Come succede per la controllata assicurativa Assicra, che ha messo insieme 486 milioni di raccolta nel 2015 e 357 in 9 mesi nel 2016 che e si prepara a presentare il piano strategico.

SCENARIO BANCHE 7 Corriere della Sera 18-ott-2016

Tre anni in più per gli esuberi delle banche art Fino a 100 milioni di euro per alimentare il fondo esuberi del settore bancario. Lo stanziamento, inserito nella Legge di Bilancio attesa giovedì dal Parlamento, e sollecitato dalla stessa Banca d'Italia, dovrebbe essere spalmato su un arco temporale di 3 anni con una dotazione iniziale compresa tra i 70 e i 100 milioni. La misura risponde alle sollecitazioni delle ultime settimane da parte del comparto, in vista di una nuova stagione contrassegnata da ristrutturazioni e tagli. Il fondo esuberi, del resto, garantisce il sostegno al reddito in caso di prepensionamento, ma difficilmente basterà a fare fronte alle 50 mila uscite stimate per i prossimi anni. RIPRODUZIONE RISERVATA ***

SCENARIO BANCHE 8 Corriere della Sera 18-ott-2016

Unicredit, avanti con le cessioni Aumento verso quota 8 miliardi art Il mercato apprezza l'accelerazione nella vendita della banca polacca Pekao da parte di Unicredit, come elemento essenziale nel rafforzamento patrimoniale che è in corso da parte dell'istituto di Piazza Au-lenti. Ieri dopo le conferme del weekend sulle trattative in corso con la compagnia polacca Pzu e il fondo statale Polski Fundusz Rozwoju per la cessione del 33% di Pekao (sul 40,196 totale che Unicredit possiede), il titolo del gruppo guidato da Jean Pierre Mustier ha guadagnato in Borsa il2,396 a 2,154 euro. L'incasso potenziale — circa 2,5 miliardi di euro, secondo rumors della stampa polacca — farebbe accrescere il capitale di Unicredit (circa 6o punti base in più sul common equity tier 1, secondo le valutazioni di ), diminuendo di conseguenza l'ammontare della richiesta di capitali freschi al mercato attorno a 6-8 miliardi di euro. Anche Pekao ieri in Borsa ha guadagnato circa il 296: l'istituto di Varsavia capitalizza 7,5 miliardi. Una definizione della cessione potrebbe arrivare entro metà novembre, se non prima, anche se Unicredit ha precisato che «non vi è certezza» sull'esito delle negoziazioni in corso né sulle condizioni delle stesse. Pzu prenderebbe il 20%, mentre il fondo statale Pfr rileverebbe il restante 13%. Un annuncio dovrebbe arrivare comunque prima del nuovo piano industriale atteso per il 13 dicembre. Il rafforzamento atteso dal mercato e anche dalla Vigilanza della Bce — che secondo quanto circolato nei giorni scorsi potrebbe elevare i livelli patrimoniali con i nuovi esami Srep — per Unicredit potrebbe ammontare complessivamente a circa 13 miliardi di euro. Ma solo una parte di esso dovrebbe essere coperta con aumento di capitale (6 miliardi secondo Equita Sim). Una buona fetta di quel patrimonio aggiuntivo arriverà dalle cessioni, per le quali tutti gli asset sono stati messi in discussione. Pekao in questo contesto appare come un gioiello della corona, in quanto — come ha sottolineato Securities — ha un ritorno sul capitale tangibile rilevante, cui la banca rinuncerà, e una esposizione a un sistema bancario in crescita e con una buona qualità degli asset. Della banca polacca era stato ceduto a luglio un primo 109 per 750 milioni. Allo stesso modo è stata ceduta, in due fasi, il 3096 di Fineco Bank, per complessivi 88o milioni. Sul mercato potrebbe finire anche Pioneer: ci sono trattative aperte con Amundi (avrebbe offerto 4 miliardi) e con Poste-CdpAnima , anche se Mustier potrebbe anche scegliere alla fine di quotare la società di asset management. Ieri intanto Uni-credit ha collocato con successo un nuovo bond decennale senior a tasso fisso per 1 miliardo di euro presso 12o investitori con ordini totali per circa 1,8 miliardi.

SCENARIO BANCHE 9 Corriere della Sera 18-ott-2016

Fabbisogno ridotto a 1 miliardo e zero cedole nel piano Passera Siena: l'ipotesi art di 3.000 tagli

Il dossier è sul tavolo di Lazard, che dalla fine della scorsa settimana sta analizzando il piano di Corrado Passera per mettere in sicurezza il Montepaschi. Il consiglio che si è riunito venerdì scorso a Siena ha dato mandato all'amministratore delegato Marco Morelli di approfondire, convocando per oggi un nuove consiglio in cui verranno illustrati i dettagli della proposta presentata dall'ex numero uno di Intesa Sanpaolo. Che non è più quella messa a punto a luglio da Ubs e subito rispedita al mittente, ma una nuova proposta che, dice chi ha avuto modo di vederla, è simile a quella di Jp Morgan e Medio-banca su cui sta lavorando adesso Morelli. Sulla carta non sembrerebbe esserci ostilità. Sarebbe curioso che Passera si fosse ripresentato a Siena, dopo aver già incassato a luglio un «no grazie», senza essere sollecitato o per lo meno senza avere la ragionevole certezza di essere preso in considerazione. Tant'è che il board ha chiesto a Morelli di approfondire, mentre la volta scorsa la porta di Rocca Salimbeni non si era nemmeno aperta. Cosa è cambiato? Innanzitutto il vertice: c'era Fabrizio Viola ora c'è Morelli. Alla presidenza è rimasto Massimo Tononi ma è dimissionario. E, contrariamente alla precedente, questa volta Passera non chiede discontinuità al vertice. Dunque sembrerebbe una proposta «amichevole». La manovra di Passera, secondo quanto è filtrato, sarebbe innanzitutto condizionata all'esito di una due diligence sul Monte, porterebbe a 14,5 miliardi il fabbisogno di nuovo capitale grazie all'ingresso di nuovi investitori che porterebbero fmo a 2,5 miliardi di euro (è stato fatto il nome di Atlas Merchant Capital), e alla rinuncia alla distribuzione di dividendi per un certo numero di anni. Le sofferenze verrebbero poi smaltite con la creazione di una bad bank a cui verrebbero conferiti 31 miliardi di Npl. Sembra inoltre che il piano potrebbe non rendere necessaria, oppure ridurre, la conversione dei bond subordinati. Di tempo per decidere il Monte non ne ha molto. Lunedì prossimo il board dovrà approvare la manovra complessiva illustrata a grandi linee lo scorso venerdì da Morelli, che in serata ha già convocato i sindacati per spiegare il piano. Piano che, perla parte occupazionale, prevede 3.000 esuberi: 1400 già indicati dal vecchio piano, a cui se ne aggiungono altri 1.600. Appare al momento improbabile che oggi il consiglio del Monte possa prendere una decisione: andare avanti con Jp Morgan e Mediobanca oppure affidarsi a Passera. Vorrebbe dire rimettere in discussione anche i tempi dell'operazione, oltre che le modalità. E più probabile che il consiglio chieda ulteriori approfondimenti per capire se e come integrare il piano di Morelli con alcuni punti della proposta di Passera che potrebbero conciliarsi con l'impianto complessivo della manovra e accelerarla. Il board oggi dovrà anche convocare l'assemblea per l'approvazione del piano e la nomina del nuovo presidente del Monte, in seguito alle dimissioni di Tononi. La riunione dovrebbe tenersi il 18 novembre e, se le cose dovessero andare in un certo modo, il nome di Passera potrebbe diventare la prima scelta per la presidenza di Rocca Salimbeni.

SCENARIO BANCHE 10 Corriere della Sera 18-ott-2016

Sussurri & Grida - Deutsche Bank e le ipotesi di riorganizzazione all'estero art (f. ch.) Di fronte al rischio di una multa miliardaria negli Stati Uniti, Deutsche Bank starebbe valutando un ridimensionamento dell'attività di investment banking negli Usa e, secondo «Handelsblatt, forse anche nel retail banldng di altri Paesi quali Italia (il secondo mercato europeo dopo la Germania) e Spagna. La banca tedesca ha opposto un «no comment» alle voci. Il ridimensionamento di alcune aree geografiche sarebbe diventato «molto più probabile rispetto alla cessione di asset come la gestione patrimoniale», scrive «Handelsblatt». In particolare, sarebbe pensabile che Deutsche Bank continui l'attività di finanziamento e di accesso ai mercati di società tedesche negli Usa, ma non di società statunitensi. La decisione segnerebbe una svolta nella storia dell'istituto che da sempre ha coltivato l'ambizione di essere tra le «big» del settore al fianco di Goldman Sachs e JP Morgan. I vertici della banca «starebbero valutando altre opzioni alternative alla vendita di Postbank» e starebbero considerando anche la possibilità di tagli del personale più ampi rispetto a quanto annunciato. ***

SCENARIO BANCHE 11 Corriere della Sera 18-ott-2016

Lettera. Compensi dei vertici art Da tempo si assiste a un giro vorticoso dei vertici bancari, in conseguenza della crisi che ha colpito il settore a causa delle sofferenze e del processo generale di cambiamento che sta rivoluzionando banche e banchieri. La capitalizzazione di Borsa dei principali istituti è crollata a livelli inimmaginabili; eppure non risulta che abbiano «sofferto» — come le regole del mercato avrebbero richiesto — le remunerazioni dei vertici, vertici che, in ogni caso, una dose di responsabilità l'hanno avuta nel bruciare ricchezza. Plerfrancesco Camillerl [email protected] ***

SCENARIO BANCHE 12 Eco di Bergamo 18-ott-2016

Cassa rurale Treviglio: 4 milioni dalla cessione di partecipazione Iccrea art Quattro milioni di euro: a tanto ammonta la cessione, da parte della Cassa rurale di Treviglio, di una quota della partecipazione azionaria detenuta in Iccrea Holding, alla Bcc Banca Centropadana di Lodi La decisione è stata presa dal cda. Un'operazione che rientra in un più ampio progetto di riorganizzazione delle partecipazioni azionarie nell'Istituto centrale del credito cooperativo: alcune Bcc lombarde (come la Treviglio) hanno un numero di quote superiore al 10% del proprio patrimonio (è il limite di partecipazione stabilito per convenzione) quindi sono disponibili a cederle ad altre Bcc, come la Centropadana, che hanno quote più basse e che, anche alla luce della riforma del credito cooperativo, vogliono incrementarle. Le due banche, tra l'altro sono molto simili in termini di compagine sociale (oltre 20 mila soci), valore delle masse gestite (circa 3 miliardi di euro), e attenzione al territorio. «Avevamo 18 milioni di partecipazioni in Iccrea - spiega il presidente della Bce Treviglio, Giovanni Grazioli - quindi, avendo circa 150 milioni di capitale, potevamo liberarci di qualche milione, cosa che abbiamo fatto, con la collaborazione di Banca Centropadana, che ringrazio: dal presidente Serafino Bassanetti al cda e anche al direttore della Federazione lombarda Bcc Pietro Galbiati. Per noi è un'operazione importante che ci dà un'iniezione di liquidità». Dopo la perdita di esercizio del 2015 (24,3 milioni) e un primo semestre ancora in rosso, «l'obiettivo per la fine dell'anno -continua Grazioli - è il riequilibrio dei conti Rispetto a giugno abbiamo già un sensibile miglioramento. Abbiamo anche previsto una serie di operazioni straordinarie, come la vendita di alcuni immobili, che però attiveremo solo in caso di necessità. Se non saranno necessarie non le faremo». La Cassa rurale ha già comunque predisposto tutto quanto necessario ad attuare una simile eventualità entro la fine dell'anno. Ieri intanto, come previsto, hanno chiuso le filiali di Villa d'Adda, Medolago e Boltiere, ma, a bilanciare la cosa, il 27 ottobre ne saranno aperte altre tre, completamente innovative rispetto agli sportelli tradizionali: saranno infatti «virtuali» cioè senza personale fisicamente presente ma altamente automatizzate: il cliente potrà fare tutte le abituali operazioni che si fanno in una filiale normale ma collegandosi in video con il personale specializzato della sede centrale (solo nelle prime settimane, per dare le istruzioni ai clienti, ci saranno degli impiegati). Si tratta della filiale di Osio Sopra (ristrutturata) e di due nuovi sportelli a Treviglio (nell'immobile «A1 Centro» e presso lo sportello «Giovani e Famiglia»). Ed è in cantiere un'analoga trasformazione nella filiale di Osio Sotto (con apertura all'inizio del 2017). P.S. La posizione di Treviglio Riforma Bcc «I due gruppi si uniscano» Da una parte !area Banca, dall'altra Cassa centrale banca: sono due i progetti in campo per dare attuazione alla riforma delle Bcc dopo la legge approvata il 6 aprile. «Al di là delle diversità che riguardano aspetti organizzativi e di governance - risponde il presidente Giovanni Grazioli - i due progetti hanno in comune il fatto di porre al centro le Bcc, mantenendone le caratteristiche peculiari epreservandone la natura mutualistica, due aspetti che la Cassa rurale di Treviglio considera fondamentali ed inderogabili. II nostro auspicio è che si arrivi a una sintesi tra i due progetti e ad una soluzione unitaria, a vantaggio della forza e della sostenibilità di tutto il sistema del credito cooperativo». Intanto, nella Bcc di Treviglio è in corso l'aumento di capitale da 10 milioni di euro avviato il 17 luglio con chiusura il 18 febbraio 2017, legata al concorso a premi «Soci@ttivando», il cui scopo e favorire l'attivazione reciproca fra la Banca e i suoi soci. Ad oggi sono oltre 6 mila i soci che hanno ritiratola «cartolina fedeltà», alla quale hanno diritto tutti i soci in quanto tali, e più di 800 coloro che hanno ricevuto anche la «cartolina premio», assegnata a fronte di un incremento di quote da parte del socio. «Siamo a quota 600 mila euro - conclude Grazioli - e contiamo di arrivare ad almeno 1,5 milioni entro fine anno». '

SCENARIO BANCHE 13 Foglio 18-ott-2016

La campagna d’Africa di Diamond incrocia quella di Passera su Mps art Milano. Provaci ancora Bob. Nella squadra di banchieri e finanzieri disposti a seguire Corrado Passera nell’impresa Monte dei Paschi di Siena spunta il nome di Atlas Group, la finanziaria che fa capo a Bob Diamond, già ceo di Barclays, già protagonista nel 2008 di un ardito tentativo di salvare in extremis Lehman Brothers. Oggi la sua missione è di diventare il banchiere numero uno d’Africa, con l’obiettivo di cavalcare la crescita esponenziale del Continente Nero. Ma il progetto, complici alcuni infortuni in Zimbabwe e Nigeria, segna uno stop, solo temporaneo assicura il pirotecnico banchiere americano prestato alla City. Ma c’è tempo vero far rotta verso Rocca Salimbeni. Provaci ancora Corrado. Passera, già protagonista del rilancio delle Poste e, non meno importante, del decollo di Banca Intesa affidatagli in cattive acque dopo lo sciagurato incrocio con il Crédit Agricole, trasformata anche grazie al matrimonio con il San Paolo. Non c’è due senza tre, si è detto l’ex ministro, ansioso di guarire dai fiaschi accumulati in politica. Che c’è di meglio, per lenire le delusioni, che scalare una montagna ritenuta inviolabile, quale appare dopo tante fatiche (e 8 miliardi di aumenti di capitale finiti in fumo), la vetta di Rocca Salimbeni? Solo una sensazione? No, molto di più. Dalla City arriva a mezza bocca la conferma dello staff di Diamond all’anticipazione del Financial Times. Impenetrabile la cortina del silenzio attorno alla squadra di Passera, deciso a giocare le sue carte al momento della due diligence. Ma la squadra, Diamond compreso, c’è. Ne sono convinti anche a Siena visto che, dopo il primo incontro riservatissimo di sabato, l’esame del piano Passera proseguirà stamane, secondo quanto annunciato da Mps al termine dell’ultimo cda con un eloquente comunicato: “Il consiglio – si legge – ha analizzato accuratamente una lettera inviata dal dott. Passera e pervenuta alla banca in data 13 ottobre in cui viene illustrata una proposta non vincolante relativa al potenziale rafforzamento patrimonia- le della banca. Il consiglio di amministrazione ha conferito a riguardo uno specifico mandato all'amministratore delegato che ha avviato ulteriori approfondimenti”. In- somma, dal “no” senza esitazioni di luglio, si è passati all’esame “accurato” di una proposta che ha quasi il sapore di un’ultima spiaggia. O di un salvagente per il pre- sidente del Consiglio, Matteo Renzi, terrorizzato dall’idea che i debiti di Mps possano rappresentare il suo Vietnam. Ieri la Borsa sembrava sperarci. Non è difficile capire perché, dopo l’ironia iniziale, il pia- no Passera rischi di esser preso sul serio: l’offerta di partecipare all’aumento di capitale di Mps proposto in giro per le capitali della finanza da Mediobanca e dal colosso JP Morgan, al momento, è caduta nel vuoto. Nessuno, a qualsiasi latitudine, si è detto disposto a metter soldi a queste condizioni in un istituto che ha bruciato negli ultimi due anni 8 miliardi di mezzi freschi e che si accinge a chiedere al mercato una cifra dieci volte superiore al suo attuale valore di Borsa, comunque assai inferiore alle commissioni e alle penalità rivendicare dalla banca americana in caso di flop. Certo Jp Morgan e Mediobanca hanno ormai modificato la rotta: l’aumento di capitale sarà più modesto, in parte sostituito dalla conversione in azioni dei bond Mps, largamente trattati in Piazza Affari nelle ultime settimane dai gestori speculativi. E così il “nuovo” Mps rischia di finire nelle mani degli hedge fund, magari assieme a un investitore come il Qatar, cui è stata offerta una quota strategica della banca. Ci sono alternative? Da quel che si sa il piano che propone l’ex ministro dell’Industria è ben diverso: un aumento di capitale nell’ordine di 2,5 miliardi riservato ad un pool di nuovi investitori (radunato da Passera in questi mesi) più una tranche, attorno ad un miliardo per gli attuali soci. Un altro veicolo, sempre gestito dalla squadra dei cavalieri bianchi radunato dal banchiere (potenziale presidente della nuova compagine), si occuperà di sofferenze e incagli, non meno onerosi. Insomma, invece che donar sangue al Monte, privo di un socio di riferimento si potrebbe dar vita a una muova maggioranza attorno a un progetto di lungo termine, capace di dar fiducia a un management forte, sostenuto da un azionariato forte. E, cosa non meno importante, impermeabile ai destini della congiuntura politica. L’operazione Passera, dicono gli esperti, può essere condotta in tempi brevi, indipendenti dagli umori che accompagnano il referendum: i nuovi investitori devono avere una logica industriale di medio periodo o comunque impermeabile all’effetto di un “sì” o del temuto “no”. Anche questo potrebbe far pendere l’ago della bilancia verso Passera o, comunque, verso una soluzione condivisa. Del resto, il nuovo ad senese Marco Morelli, che fino al rientro in Mps ha vestito la casacca di rappresentante di JP Morgan in Italia, è stato a suo tempo scelto da Passera per guidare la Banca dei Territori, la provincia più importante di Intesa Sanpaolo, nel momento dell’uscita di Pietro Modiano. Senza dimenticare che certi incastri politici che

SCENARIO BANCHE 14 hanno segnato il passato delle banche italiane, oggi contano assai di meno, sotto l’urto dei mercati che non si curano più dei quarti di nobiltà. Anche per questo può essere il momento giusto per rivedere in azione Bob Diamond, il duro che non esitò a prendere in mano nel 2008 il dossier Lehman Brothers per evitare il default da cui ha preso il via la Grande Recessione. A fermarlo allora fu la Banca d’Inghilterra che tre anni dopo impose il suo allontanamento per lo scandalo del Libor in cui, parola del New York Times, “Diamond non era più colpevole degli altri rimasti al loro posto”. Per uno come lui Mps è poco più di una passeggiata. Oggi a Rocca Salimbeni viene esaminato il piano di ricapitalizzazione alternativo a quello di JP Morgan. Filtrano indiscrezioni sul quantum apportato dagli investitori, sulla compagine internazionale e sulla supposta resistenza di questa opzione a qualsiasi scenario post referendum.

SCENARIO BANCHE 15 Gazzetta del Mezzogiorno 18-ott-2016

Banche, sostegno agli esuberi 100 milioni da gestire in tre anni art ROMA. Arrivano le misure del Governo per aiutare la ristrutturazione del comparto bancario, alle prese con la crisi e i salvataggi di diversi istituti al suo interno. Come da attese, nella legge di bilancio verrebbero stanziati quale primo passo circa 70 100 milioni di euro, nel 2017 (ma sulle cifre c'è ancora incertezza) per il Fondo di categoria finanziato dal comparto che fino a ora ha evitato i licenziamenti ma che appunto si trova a corto di risorse. Per le uscite già annunciate e quelle in programma, si prospettano infatti circa 50mila bancari in meno nei prossimi tre anni mentre il premier Renzi di recente a Cernobbio aveva ipotizzato una riduzione di 150mila nei prossimi 10 anni. Un taglio al settore, frutto dell'arrivo delle nuove tecnologie, dei tassi a zero che erodono la redditività degli istituti e dei problemi più intrinseci delle banche italiane come le sofferenze e la mala gestio che ha colpito i 4 istituti (Etruria, Marche, Car ife e Carichieti) e le due venete. Per questo anche la Banca d'Italia vede una riduzione degli organici come inevitabile. E una spinta ulteriore dall'esecutivo arriverebbe anche dal riconoscimento del riscatto della laurea mentre per le banche che hanno già usufruito abbondantemente dei prepensionamenti e in difficoltà verrebbe introdotta la solidarietà difensiva e che prevede un taglio di ore di lavoro (e stipendi) in modo da evitare i licenziamenti. Certo le misure del governo sarebbero inferiori a quelle giudicate come necessarie dal settore e dai sindacati, individuate in circa 200 milioni di euro l'anno, per i prossimi tre anni. Le banche poi, che fmo a ora hanno sempre gestito in autonomia le proprie crisi, sono alle prese con una ripresa non brillante e con i salvataggi che hanno dovuto farsi carico prima dei 4 istituti e poi dell'impegno in Atlante, costati diversi miliardi in tutto. La proposta degli istituti di credito di attingere ai fondi che versano ogni anno alla Naspi e mai utilizzati (200 milioni annui) è stata però respinta sia dai sindacati confederali che dal governo. Da qui, e vista la pericolosità a dichiarare lo stato di crisi l'idea di ricorrere a un sostegno pubblico per il Fondo che possa ingenerare così un effetto levà e un risparmio per le casse dell'Erario. ***

SCENARIO BANCHE 16 Gazzetta del Mezzogiorno 18-ott-2016

Ipotesi 3.000 esuberi per Monte Paschi art MILANO. Il piano industriale di Mps, cui sta lavorando l'a.d Marco Morelli, potrebbe prevedere circa 3000 esuberi, dei quali 1500 residui del vecchio piano. Ieri, alla vigilia del Cda della banca senese, nel corso del quale sarà fatto un altro passaggio in vista del varo del piano lunedì 24 novembre, è questa la cifra riferita da fonti vicine al dossier. Inferiore rispetto alle ipotesi iniziali di stampa che collocavano a quota 5.000 i posti a rischio, ma non di poco peso per un istituto già impegnato da tempo a ridurre i costi del personale. Gli esuberi, il cui numero finale deve essere ancora definito per essere poi reso noto lunedì prossimo, quando dopo la presentazione del piano si terra anche un incontro dei sindacati, è solo uno capitoli della manovra per mettere in sicurezza l'istituto, che dovrebbe passere dal taglio di 27,7 miliardi di crediti deteriorati, da una conversione dei bond subordinati e da un aumento di capitale fino a 5 miliardi. A questo proposito sul tavolo del board tornerà la nuova proposta di salvataggio di Corrado Passera. Morelli, che l'ha esaminata con l'aiuto di Lazard, la illustrerà oggi durante la riunione, convocata a Milano. ***

SCENARIO BANCHE 17 Gazzetta del Mezzogiorno 18-ott-2016

In 360 sceglieranno Roma o Trento L'incognita patrimonio da 1 miliardo art TARANTO. Nel mondo del credito cooperativo italiano la nascita della seconda capogruppo potrà avvenire solo l'anno prossimo perché prima bisognerà effettuare una serie di passaggi e attendere soprattutto il via libera della Banca d'Italia, ma la decisione di costituire un altro poloè presa. In360 sono chiamati a schierarsi: se stare con Iccrea Roma oppure con Cassa Centrale Banca di Trento. Già prima dell'estate una quindicina di Bcc, preso atto della riforma approvata dal Parlamento, ha scritto a Banca d'Italia e chiesto un'applicazione «corretta» delle nuove norme osservando che una seconda capogruppo avrebbe evitato il monopolio e favorito la concorrenza. E questo a fronte della posizione assunta da Federcasse che, sin dall'inizio, ha promosso una capogruppo unica, Iccrea holding Bcc di secondo livello (per quest'ultimo si intende un'aggregazione che sta sopra alle banche che sono di primo livello), la quale offre servizi alle realtà del territorio. Al disegno unico si è così contrapposta Cassa Centrale Banche, che è l'altra Bcc di secondo livello con le caratteristiche per ambire a diventare capogruppo. Cassa Centrale non ha ancora il patrimonio di un miliardo chiesto dalla riforma, tuttavia può arrivarvi con le 180 Bcc che raggruppa. E così a fine settembre all'unanimità il consiglio di amministrazione di Cassa Centrale Banca ha detto sì al secondo polo e il 13 ottobre scorso c'è stata a Verona l'assemblea con le Bcc potenzialmente interessate ad entrarvi. Adesso le prossime tappe sono definizione del piano industriale entro fine anno, messa a punto del contratto di coesione da far sottoscrivere dalle Bcc partecipanti entro marzo e contestuale lancio di un aumento di capitale da 600 milioni, infine, a giugno, domanda di autorizzazione alle autorità competenti. ***

SCENARIO BANCHE 18 Giornale 18-ott-2016

***Pasticcio all'italiana sulle quote Bankitalia - Con le quote di Bankitalia solito art pasticcio all'italiana - aggiornato

Hanno messo la Banca d'Italia nei pasticci. Era l'ultima cosa di cui avevamo bisogno. Mancano poche settimane e c'è il rischio che la faccenda non sia più occultabile. Abbiamo un doppio rammarico: perché si tratta di un'istituzione importante e perché avevamo previsto che le cose sarebbero andate male. Ora rimane davvero poco tempo, per smentire quella nostra previsione. Nel 2013 si vollero rivalutare le azioni (quote) della Banca d'Italia, cambiandone l'assetto proprietario. Lo si fece nel peggiore dei modi. Fu Camillo Benso, conte di Cavour, a volere una banca emittente sabauda, allora posseduta da privati. Nel 1936, con la legge bancaria, quelle quote furono assegnate alle banche pubbliche, per un valore di 300 milioni di lire (156mila euro). La Banca centrale era in mano pubblica, perché posseduta da soggetti pubblici. E così in tutto il mondo, dove anche quando è quotata in Borsa (solo tre eccezioni) comunque il controllo è pubblico. Il problema lo vide già Enrico Cuccia, osservando che con la privatizzazione del sistema bancario il controllato si ritrovava a possedere il controllore. Intendiamoci: l'autonomia della Banca centrale è garantita dalle leggi e scolpita nel Sistema europeo delle banche centrali (Sebc). Non è in discussione. Appunto per questo sarebbe stato saggio rivalutare le quote in mano allo Stato. Nessuna banca aveva mai corso alcun rischio, investendo in quelle quote. Nessuno, del resto, lo aveva mai fatto per scelta. Erano un derivato della storia, sicché nessuno ne aveva meriti e poteva legittimamente trame dei guadagni. Bastava prenderle, al loro valore storico, e rimetterle da dove vennero, nel patrimonio pubblico. Con la legge del 2014 (numero 5), si fece il contrario: il loro valore si moltiplicò restando nel portafoglio di soggetti privati. Alcuni operarono rivalutazioni per i fatti propri, raggiungendo effetti miracolosi di vedere crescere il valore del 180.000%. La stessa legge, inoltre, stabiliva che entro il 31 dicembre 2016 nessuno avrebbe potuto possedere più del 3% di quelle azioni. Osservai all'epoca: e chi se le compra, posto che chi le vende non le ha pagate, mentre chi le compra non può farsene altro che tenerle in una bacheca? Le aggregazioni bancarie, del resto, avevano enormemente concentrato quelle quote, al punto che Intesa ne aveva più del 42% e Unicredit più del 22. Veniamo a oggi. II primo ottobre, secondo quanto stabilisce la legge, i primi cinque azionisti avrebbero dovuto possedere il 15% (3x5). Secondo quanto la Banca d'Italia, invece, possiedono il 59%. Una bella differenza. Intesa ha ancora il 26%, Unicredit il 18. Qualche cosa si è mossa, ma gli acquirenti sono casse previdenziali e assicurazioni. Soggetti che hanno tutta l'aria di avere agito spontaneamente. Vista la mala parata Banca d'Italia ha preso in considerazione l'acquisto di quote del proprio capitale. Ma il limite di tali operazioni è stato fissato a 500 milioni l'anno, mentre, secondo i dati disponibili a fine aprile, le vendite già effettuate erano pari a 1 miliardo e quelle da farsi entro l'anno ammontano a 4 miliardi. A via Nazionale ci mettono otto anni, per deglutire un boccone così grosso, non otto settimane. Non so se riusciranno a metterci una pezza, se si potrà indurre altri compratori a investire in titoli il cui valore è più onorifico che di mercato. So, però, che una cosa che poteva essere fatta in modo elegante e risolutivo è stata fatta in modo obliquo e capace di strascicarsi nel tempo. Il tutto per essersi piccati di aumentare in quel modo il patrimonio di alcune banche, salvo poi tassarle maggiormente per far fronte alle sempiteme esigenze dell'erario. Un classico della meno esaltante tradizione nazionale: far scemate supponendo siano furbate. ***

SCENARIO BANCHE 19 Giornale 18-ott-2016

Mps, altri 1.500 esuberi. Paga lo Stato art Stanno per arrivare i tagli in banca. A cominciare dal Monte dei Paschi: il piano industriale che verrà varato dal cda del 24 ottobre potrebbe contenere circa 3mila esuberi. Di questi, 1.500 sono residui del vecchio piano. Oggi, intanto, il board di Rocca Salimbeni si riunirà per esaminare la proposta di ristrutturazione targata Corrado Passera, che è stata fatta tornare sul tavolo del presidente Massimo Tononi la settimana scorsa, ma soprattutto fare un aggiornamento del maxi riassetto su cui sta lavorando il nuovo ad Marco Morelli. Nel frattempo, per attutire l'impatto della cura dimagrante su tutti i tagli allo sportello, compresi quelli che arriveranno per le popolari venete, nella legge di bilancio studiata dal governo verrebbero stanziati circa 70-100 milioni di euro nel 2017 per il fondo di categoria finanziato dal comparto che fino a ora ha evitato i licenziamenti ma che si trova a corto di risorse. Le big del credito sono anche alle prese con i salvataggi: hanno dovuto farsi carico prima di Etruria e C e poi dell'impegno nel Fondo Atlante, costati diversi miliardi in tutto. Proprio ieri l'ad di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, in un'intervista a un settimanale tedesco, ha sottolineato che il fondo Atlante «è abbastanza forte per sostenere le tre maggiori banche problematiche, Veneto Banca, Mps e Banca Popolare di Vicenza». Ma anche che il fondo «otterrà ancora denaro fresco» e Intesa ha «deciso di contribuire con ulteriori 150 milioni di euro in modo da raggiungere il miliardo, ma non di più». Tornando agli esuberi, secondo le stime, ci saranno 50mila bancari in meno nei prossimi tre anni. E non i 150mila in dieci anni ipotizzati da Renzi all'inizio di settembre. Nel paracadute aperto da Palazzo Chigi ci sarebbero altri provvedimenti come il riconoscimento del riscatto della laurea mentre per le banche che hanno già usufruito abbondantemente dei prepensionamenti e in difficoltà verrebbe introdotta la solidarietà «difensiva», ovvero un taglio di ore di lavoro e di stipendi in modo da evitare i licenziamenti. Da aggiungere a quella «espansiva» che prevede la concessione di part time per favorire i nuovi assunti. ***

SCENARIO BANCHE 20 Giornale 18-ott-2016

La Borsa premia il Banco e frena Bpm. A novembre la struttura di comando art Piazza Affari rifà i conti su Banco Popolare (0,78% a 2,57 euro) e Popolare Milano (-3% a 41 centesimi), entrambe in altalena per tutta la seduta e oggetto di forti arbitraggi dopo il via libera alla fusione concesso sabato dalle assemblee dei soci. Ma se la partita dei concambi, costo del recesso escluso, è decisa, bisogna ancora costruire la struttura di organizzativa del nuovo Banco-Bpm che nascerà ufficialmente a gennaio. L'organigramma, frutto dei cantieri in corso, è atteso a metà novembre: dettaglierà i responsabili di ciascuna funzione del terzo polo del credito italiano, tracciando gli equilibri di potere tra l'anima milanese e quella veronese. Sotto al terzetto di vertice composto da Giuseppe Castagna (ad) Carla Fratta Pasini (presidente) e Maurizio Faroni (direttore generale), ci sono comunque i condirettori Salvatore Poloni (Bpm) con supervisione sulle «operations» e Domenico de Angelis (Banco) con delega al «mercato». Compirà un passo indietro l'attuale ad del Banco Popolare, Pier Francesco Saviotti (che presiederà il comitato esecutivo) impegnato ieri a illustrare le nozze ai suoi addetti. Nel libro soci procedono intanto contatti e abboccamenti nel tentativo di costruire un «nocciolo» duro, anche come parziale deterrente alle mire di un eventuale scalatore esterno. Il nuovo gruppo, come imposto dalla riforma Renzi, sarà infatti una spa e a marzo 2017 dirà addio, su imposizione della Bce, anche al tetto del 5 percento. A Milano si guarda in particolare alla Fondazione CariAlessandria (1,1% di Bpm che dovrebbe diventare lo 0,6% dell'aggregato) e al finanziere Raffaele Mincione (4,8%); in Veneto agli imprenditori vicini al «papà» di Calzedonia Sandro Veronesi (che già aveva seguito l'ultimo aumento del Banco sborsando 16,5 milioni), alla Fondazione CariVerona (0,76% del Banco) e a CariLucca (2,8%). Entrambe comunque, come l'ente alessandrino, destinate a vedere dimezzato il proprio peso azionario, visto che il concambio assegna il 54% dell'aggregato ai soci ex Banco e il 46% a Bipiemme. In sostanza, come già avviene nella Ubi Banca di Victor Massiah, i nuovi pilastri nel capitale della public company Banco-Bpm saranno i signori dei fondi. A partire da BlackRock, il colosso del risparmio Usa sfrutta la norma che consente agli esteri di schermare le quote ma è accreditato di circa il 5% di Bpm e di un ingente pacchetto del Banco. BlackRock si candiada quindi a essere il primo azionista, così come avrà un ingente pacchetto Norges Bank. Quanto al recesso (all'assemblea Bpm ci sono stati 2.731 voti contrari alla fusione, 28% dei presenti), gli analisti stimano che nel caso arrivi al 5% l'esborso potrebbe arrivare a 238 milioni. Intanto tra la base sociale di Piazza Meda è in corso la caccia ai «cecchini» che, malgrado i sindacati nazionali fossero tutti pro-fusione, hanno ingrossato il fronte del «no» sostenuto dai soci-pensionati e dal colpo di coda della disciolta Associazione Amici: osservate speciali alcune correnti che si erano spese in prima linea per la presidenza Giarda.

SCENARIO BANCHE 21 Giornale 18-ott-2016

Con le quote di Bankitalia solito pasticcio all'italiana art Hanno messo la Banca d'Italia nei pasticci. Era l'ultima cosa di cui avevamo bisogno. Mancano poche settimane e c'è il rischio che la faccenda non sia più occultabile. Abbiamo un doppio rammarico: perché si tratta di un'istituzione importante e perché avevamo previsto che le cose sarebbero andate male. Ora rimane davvero poco tempo, per smentire quella nostra previsione. Nel 2013 si vollero rivalutare le azioni (quote) della Banca d'Italia, cambiandone l'assetto proprietario. Lo si fece nel peggiore dei modi. Fu Camillo Benso, conte di Cavour, a volere una banca emittente sabauda, allora posseduta da privati. Nel 1936, con la legge bancaria, quelle quote furono assegnate alle banche pubbliche, per un valore di 300 milioni di lire (156mila euro). La Banca centrale era in mano pubblica, perché posseduta da soggetti pubblici. E così in tutto il mondo, dove anche quando è quotata in Borsa (solo tre eccezioni) comunque il controllo è pubblico. Il problema lo vide già Enrico Cuccia, osservando che con la privatizzazione del sistema bancario il controllato si ritrovava a possedere il controllore. Intendiamoci: l'autonomia della Banca centrale è garantita dalle leggi e scolpita nel Sistema europeo delle banche centrali (Sebc). Non è in discussione. Appunto per questo sarebbe stato saggio rivalutare le quote in mano allo Stato. Nessuna banca aveva mai corso alcun rischio, investendo in quelle quote. Nessuno, del resto, lo aveva mai fatto per scelta. Erano un derivato della storia, sicché nessuno ne aveva meriti e poteva legittimamente trame dei guadagni. Bastava prenderle, al loro valore storico, e rimetterle da dove vennero, nel patrimonio pubblico. Con la legge del 2014 (numero 5), si fece il contrario: il loro valore si moltiplicò restando nel portafoglio di soggetti privati. Alcuni operarono rivalutazioni per i fatti propri, raggiungendo effetti miracolosi di vedere crescere il valore del 180.000%. La stessa legge, inoltre, stabiliva che entro il 31 dicembre 2016 nessuno avrebbe potuto possedere più del 3% di quelle azioni. Osservai all'epoca: e chi se le compra, posto che chi le vende non le ha pagate, mentre chi le compra non può farsene altro che tenerle in una bacheca? Le aggregazioni bancarie, del resto, avevano enormemente concentrato quelle quote, al punto che Intesa ne aveva più del 42% e Unicredit più del 22. Veniamo a oggi. Il primo ottobre, secondo quanto stabilisce la legge, i primi cinque azionisti avrebbero dovuto possedere il 15% (3x5). Secondo quanto la Banca d'Italia, invece, possiedono il 59%. Una bella differenza. Intesa ha ancora il 26%, Unicredit il 18. Qualche cosa si è mossa, ma gli acquirenti sono casse previdenziali e assicurazioni. Soggetti che hanno tutta l'aria di avere agito spontaneamente. Vista la mala parata Banca d'Italia ha preso in considerazione l'acquisto di quote del proprio capitale. Ma il limite di tali operazioni è stato fissato a 500 milioni l'anno, mentre, secondo i dati disponibili a fine aprile, le vendite già effettuate erano pari a 1 miliardo e quelle da farsi entro l'anno ammontano a 4 miliardi. A via Nazionale ci mettono otto anni, per deglutire un boccone così grosso, non otto settimane. Non so se riusciranno a metterci una pezza, se si potrà indurre altri compratori a investire in titoli il cui valore è più onorifico che di mercato. So, però, che una cosa che poteva essere fatta in modo elegante e risolutivo è stata fatta in modo obliquo e capace di strascicarsi nel tempo. Il tutto per essersi piccati di aumentare in quel modo il patrimonio di alcune banche, salvo poi tassarle maggiormente per far fronte alle sempiteme esigenze dell'erario. Un classico della meno esaltante tradizione nazionale: far scemate supponendo siano furbate. ***

SCENARIO BANCHE 22 Giornale 18-ott-2016

I lapilli di Pompeo - Fusioni si, con giudizio art La fusione Bpm-Banco Popolare è certo una buona notizia per il sistema bancario italiano. Un'aggregazione che va apprezzata anche, se non soprattutto, in chiave europea. Questa la doverosa premessa. Poi, è giusto fermarsi un attimo a ragionare. Di per sé la nascita del terzo polo bancario italiano, dopo Intesa Sanpaolo e Unicredit, non assicura un deciso cambio di passo. Con la ripresa che non si vede, l'economia reale necessita una vicinanza virtuosa da parte del sistema creditizio. La drammatica situazione in cui versano importanti sigle del settore rischia di fare da tappo. E superfluo ricordare quante risorse in questi mesi hanno avuto come unica destinazione proprio i quartier generali delle banche dissestate. Questa pratica ha sicuramente "distratto". Ragion per cui, la sfida che attende il nuovo gruppo è assai impegnativa: la trasformazione delle grandi banche cooperative in società per azioni, non deve in alcun modo far perdere di vista l'impegno concreto con i propri territori. Guai a volare alti in cerca di improbabili Eldorado! D'accordo conquistare la fiducia degli investitori esteri grazie alla maggiore redditività, ma tale passaggio non può avvenire a scapito del sostegno a famiglie e imprese. I vantaggi di una fusione devono essere tangibili e scanditi dalla velocità. Non è più il tempo di fusioni "sulla carta". Riduzione massiccia delle filiali e del personale (questione che va affrontata con spirito di collaborazione fra tutte le parti in un'ottica di riqualificazione e in quella fase lo Stato, cioè tutti noi, è chiamato a farsi carico delle necessarie garanzie) e concentrazione dei servizi devono caratterizzare il percorso di razionalizzazione del gruppo. Questo permetterebbe di misurarsi, in modo particolare, con le urgenze delle pmi. Sarebbe davvero un peccato per il Sistema Paese se tale aggregazione venisse meno alla sua missione naturale. www.pompeolocatelli.it ***

SCENARIO BANCHE 23 Giornale del Piemonte e della Liguria 18-ott-2016

«Faremo di tutto per tutelare i dipendenti di Eurofidi» - «C'è un valore da art difendere, a cominciare dai dipendenti»

E' stato senza dubbio un fine settimana di intenso lavoro, per i due liquidatori scelti perEurofidi, il confidi torinese nella bufera (politica oltre che economica) ormai da oltre un mese. Al professor Guido Canale, avvocato, e al dottore commercialista Lorenzo Ginisio, dunque, il compito di dipanare la matassa. O, quantomeno, di rendere il più indolore e lineare possibile un destino che appare segnato. Proprio alla fine della settimana scorsa, i due professionisti incaricati hanno ufficializzato l'ok all'impegno. «Abbiamo depositato venerdì la nostra accettazione dell'incarico, dopo l'approvazione del bilancio avvenuto da parte del cda», spiega Lorenzo Ginisio. Da ieri, dunque, è iniziata la prima settimana di lavoro «pieno», anche se tante operazioni preparatorie sono già state portate avanti. Regna sovrana, tuttavia, la prudenza: «Al momento si può dire ben poco - confida Ginisio - visto che siamo stati catapultati in una realtà molto complessa. Il nostro compito è quello di cercare una sistemazione a una situazione molto difficile, ma innanzitutto cercando di tutelare i dipendenti della struttura. E, insieme, minimizzare idanni per tutti coloro che sono coinvolti». Si parla di «liquidazione ordinata». «Si tratta di una definizione- spiega Lorenzo Ginisio - che nel caso di aziende che si trovano in questa situazione di difficoltà si propone di avviare una sistemazione "in bonis" della società. Una società, peraltro, che ha un suo valore intrinseco. A cominciare dalle risorse umane». Più in generale, l'impegno dei due liquidatori è totale. «Siamo risoluti a fare tutto quello che è nelle nostre possibilità per realizzare il risultato migliore», dice Ginisio, che sugli orizzonti temporali non si sbilancia: «Potrebbero esserci tempi lunghi, sappiamo per esperienza che non ci sono elementi assoluti in queste situazioni. L'impegno è di fare le cose per bene, con i tempi necessari. Certo, servirà anche un po' di fortuna, quella di imboccare magari al primo colpo la strada giusta, o quantomeno quella migliore». «In alcuni casi-prosegue - ci vogliono anni, mentre in altri casi può succedere subito. Ma la cosa più importante per noi, è quella di non voler disperdere il patrimonio della società, a cominciare proprio dalle risorse umane. Un tesoro da salvaguardare e da valorizzare in questa situazione».

SCENARIO BANCHE 24 Giorno - Carlino - Nazione 18-ott-2016

Bper Accordo con Amazon art Bper Banca ha siglato il programma di affiliazione di Amazon, leader delle vendite online. È una delle prime alleanze che il colosso dell'e-commerce stringe con un istituto italiano. ***

SCENARIO BANCHE 25 Il Fatto Quotidiano 18-ott-2016

Mps, JP Morgan e il ricatto del referendum - JP Morgan, governo e referendum art L'intreccio che può stritolare Mps

La partita di Mps entra nel vivo mentre si avvicina il referendum. á Incurante della sua cattiva reputazione, l'alta finanza annuncia il suo Si, con l'agenzia di rating Moody's al seguito. Un'armata Brancaleone, non troppo diversa da quella che nel Regno Unito ha scelto la Brexit come schiaffo alla City del Remain, ma anche non priva di alcuni pessimi soggetti, voterà No. Non mi stupirei se, nei prossimi giorni, JP Morgan facesse sapere che, il successo del No provocherebbe il rinvio sine die della ricapitalizzazione di Mps. Sarebbe una minaccia grave. Ma sarebbe anche una minaccia seria? Senza ricapitalizzazione la banca senese rischia la procedura del bail-in, che converte automaticamente in azioni svalutatissime le obbligazioni subordinate e accolla un'altra parte delle perdite ai depositi e ai conti correnti superiori ai 100 milaeuro. Madove sta scritto che per Mps debba esistere solo questa alternativa del diavolo tra l'amara minestra di JP Morgan e lo spegnersi per inedia? QUALCHE SETTIMANA fa, avevamo osservato come per Mps fossero disponibili due forni: quello di JP Morgan, sostenuto con prudenza da Medio-banca, e quello di Corrado Passera. Avevamo manifestato stupore per il supporto aprioristico che il governo aveva dato alla onerosa proposta della banca americana, fino al punto di costringere alle dimissioni il vertice di Mps per insediarne uno da questa suggerito. Uno stupore tanto maggiore quanto minore era ogni impegno reale da parte di JP Morgan ai fini della ricapitalizzazione di Mps. Avevamo perciò suggerito al consiglio di amministrazione di verificare anche la proposta Passera meglio di quanto era stato possibile alla fine di luglio. Analoga richiesta avevamo rivolto al ministero dell'Economia, azionista di riferimento sia pure con una partecipazione del 4%, sufficiente a ottenere il cambio della guardia a Siena. Nei giorni scorsi, Passera ha riproposto, riveduta e corretta, la sua soluzione. Questa volta, il cda non ha potuto accantonarla. Deputato all'analisi è l'amministratore delegato, Marco Morelli. I critici preconcetti della JP Morgan avranno da ridire. Sottolineeranno i rapporti di Morelli con l'uomo d'affari fiorentino, Marco Carrai, intimo del premier, il quale premier ha già scommesso pubblicamente sul la banca americana. Personalmente, non sostengo queste chiusure pregiudiziali sulle persone. Mi aspetto invece che gli esiti dell'analisi siano resi pubblici e, nel rispetto delle regole, posti in paragone con la linea JP Morgan. Quale che sia. Secondo il Fi nancial Times, l' ex banchiere di Intesa Sanpaolo (la prima banca italiana che di Mps proprio non vuol sapere) ha presentato un'offerta non vincolante. Del resto, nemmeno quella di JP Morgan lo è. Ma è facile immaginare che l'offerta di Passera possa diventare vincolante ove la due diligence confermi le assunzioni in base alle quali l'offerta medesima è stata formulata. La verifica dei conti è inevitabile quando ballano i miliardi. Il punto sono i tempi. Ilconsigliodi Mpsaccetterà di firmare un patto di riservatezza e aprire la data room anche a chi dispone del secondo forno o tirerà per le lunghe così da soffocare nella culla l'alternativa? Se Morelli e il consiglio daranno tale apertura, Passera dovrà svelare al vertice di Mps l'identità dei fondi che sarebbero pronti a investire subito 2-2,5 miliardi in contanti e a garantire l'altro miliardo di aumento di capitale destinato ai soci. La stampa ha scritto del fondo Atlas dell'ex boss di Barclays, Bob Diamond. Altri nomi verranno. In questa sede conta il principio. Si fa sul serio o si fa finta? La questione dei tempi appare essenziale anche in vista del referendum. Se avrà accesso alla data room e i conti di Mps non gli appariranno falsi, Passera formulerà un'offerta vincolante prima del referendum, qualunque sia il responso, o rinvierà a dopo il 4 dicembre? Certo è che chi si prende l'impegno adesso non potrà non impressionare il consiglio di Mps e il suo advisor, la Lazard, rappresentata da Massimo Pappone. Assumersi subito l'impegno diminuirebbe i rischi di esecuzione dell'intera manovra. Morelli valuterà, ma la soluzione Passera sembra costare parecchio meno di quella JP Morgan. Entrambe le soluzioni puntano a una ricapitalizzazione di 5 miliardi. Quella americana presentata a luglio non c'è più. JP Morgan non è riuscita a formare il consorzio bancario di garanzia. D'altra parte, perché il mercato dovrebbe scommettere 5 miliardi su Mps quando Ubi Banca, che è infinitamente meglio, vale in Borsa 2 miliardi?Orasi parla di un'offerta mista di conversione delle obbligazioni subordinate in azioni e di un aumento di capitale con esclusione del diritto di opzione. Si parla. Non c'è niente di scritto. PARADOSSALMENTE potrebbe rivelarsi più definita la soluzione Passera. Che prevede una ricapitalizzazione diretta di 3,5 miliardi e degli utili futuri per arrivare a 5, obiettivo possibile riacquistando sul mercato un po' di

SCENARIO BANCHE 26 obbligazioni subordinate e ristrutturando la banca sia dal lato della gestione sia dal lato dei costi di raccolta, che calerebbero assai. Non solo, ma Passera, come Unicredit del resto, pospone la cessione dei crediti in sofferenza all'aumento di capitale. E dunque non chiede alcun prestito ponte che si renderebbe invece necessario ove la cessione delle sofferenze precedesse la ricapitalizzazione. Ma è proprio sul prestito ponte e sulle speciali garanzie a esso connesse che JP Morgan e soci mirano per fare incetta di commissioni, premi upfront e interessi elevati. Inoltre, il veicolo che cartolarizzerà le sofferenze sarà posseduto dai soci di Mps e non da soggetti terzi indicati dall'onnipotente advisor. Infine, la società che curerà materialmente il recupero dei crediti sarà formata da personale ex Mps, magari guidato da un nuovo management, e sarà posseduta anch'essa dai soci della banca. Siamo a un passo dall'avere le carte in tavola. Ora, la parola passa al consiglio di Mps. E al governo.

SCENARIO BANCHE 27 La Notizia 18-ott-2016

Nella nuova super banca del nord restano in sella i soliti dinosauri della finanza art vaticana - L'ultimo banchiere di Dio Sulla stessa poltrona da 17 anni

Capacità di resistere a tutto. Sempre. Nel panorama bancario italiano, in cui longevità e resilienza vengono ascritte soprattutto ai vari Giuseppe Guzzetti e Giovanni Bazoli, spesso non si mette sufficiente a fuoco la figura di un banchiere che da ben 17 anni è imbullonato alla stessa poltrona. Ed è destinato a restarci almeno fino alla copertura di un ventennio. Si tratta di Carlo Fratta Pasini, sessantenne veronese che si appresta a ricoprire la presidenza di Banco Bpm, ovvero il terzo istituto di credito italiano nato dal matrimonio tra Banco Popolare e Bpm. LA SEQUENZA Per lui un vero record, se solo si considera che è il 1999 quando l'avvocato Fratta Pasini si insedia per la prima volta alla presidenza dell'allora Banca Popolare di Verona. Che a seguito dell'incorporazione della Popolare di Novara, qualche tempo dopo, diventa Bpvn, sempre con Fratta Pasini presidente. Passa qualche anno e la Bpvn, dopo la torrida estate dei furbetti del quartierino e non senza un bel po' di calcoli sbagliati sulla solidità della preda, fagocita la Popolare italiana, sepolta sotto dalle ceneri lasciate da Giampiero Fiorami. In quel momento, siamo nel 2007, nasce il Banco Popolare. E indovinate chi viene individuato come presidente? Sempre lui, Fratta Pasini. Un uomo capace di resistere a tutto quel sottile gioco di riequilibrio che a quel punto va trovato tra Verona, Novara e Lodi. Ma da dove gli viene tutta questa resistenza? Per orientarsi, forse, si può dare un'occhiata alle altre poltrone che ancora oggi riveste. Tra le altre è consigliere di amministrazione dell'Istituto Toniolo e a cascata componente dei Cda dell'Università Cattolica del sacro Cuore e della fondazione Policlinico Gemelli. Ruoli che dimostrano i suoi rapporti-chiave con il Vaticano, con l'Arcivescovo di Milano Angelo Scola e con Comunione e Liberazione. IL PRECEDENTE Anni fa, per dire, si era segnalata una convenzione tra l'allora Banca Popolare di Verona, presieduta da Fratta Pasini, e la Compagnia delle opere, il braccio economico di Cl. Per non dire dei buoni rapporti accreditati con l'Opus Dei, secondo alcuni derivati anche dal suo maestro Giorgio Zanotto, ex sindaco democristiano di Verona sempre citatissimo da Fratta Pasini, che non fa mistero di esserne un allievo. Adesso, dopo 17 anni dalla prima poltrona da presidente, è ancora lì. Sopravvissuto un'altra volta al Cencelli bancario tra Verona, Novara, Lodi e Milano. ***

SCENARIO BANCHE 28 La Verita' 18-ott-2016

L'editoriale - Ecco perché i banchieri tifano Renzi - Tutti i favori del governo alle art banche

Nei suoi pprimi giorni a Palazzo Chigi, Matteo Renzi annuncio agli italiani che avrebbe fatto una riforma al mese, promettendo di cambiare verso all'Italia. Dopo due anni e mezzo, di alcune di quelle riforme si è persa traccia, mentre di altre si è visto solo il titolo o il primo capitolo, ma quasi mai la fine. In compenso il presidente del Consiglio ha fatto una legge ogni due mesi per le banche, favorendole in ogni modo e spesso oltre il dovuto. È noto a tutti quanto successo con le Popolari, in particolare con la banca vice-presieduta dal papa del ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi: inserita tra le dieci da privatizzare, venne subito premiata da una fiammata speculativa, spenta solo dopo giorni, quando arrivo il momento della trasparenza e del cornmissariamento a causa di una serie di regolarità che l'hanno portata alla liquidazione. Meno noti rispetto alla riforma delle Popolari sono perd altri provvedimenti, che agli istituti di credito hanno fatto altri generosi regali. Il primo fu varato contestualmente al cosiddetto salvataggio della banca tanto cara al Giglio magico. Già, perché far intervenire gli istituti di credito ed evitare il fallimento della Popolare di Arezzo non è stato gratis per le finanze pubbliche. Renzi infatti ha dovuto consentire ai banchieri di poter dedurre le perdite dalle tasse in un solo anno, mentre prima la deduzione era spalmata su un decennio. Sintetizzato in due parole, significa che il Fisco ha rinunciato a un bel po' di quattrini e gli istituti di credito ne hanno risparmiati altrettanti, evitando di versarli nelle casse pubbliche. Una detiscalizzazione che vale quasi un miliardo, ma che era dovuta, come sostiene il premier ogni volta che qualcuno tocca il nervo scoperto del crac della banca in cui lavorava mezza famiglia Boschi. Pub darsi che lo sgravio fosse obbligato, ma certo oltre allo sconto non era necessaria la norma salvabanchieri, ossia una clausola che impedisce agli azionisti truffati di citare in giudizio i precedenti amministratori, assoggettando ad un via libera del governatore della Banca d'Italia il sacrosanto diritto di far causa ai consiglieri. Tuttavia, nonostante non si sentisse la mancanza di questo scudo, la salvabanchieri è diventata legge anche se non era prevista dall'ordinamento europeo. Come spiegano gli articoli in queste pagine, poi ci sono state la riforma delle banche cooperative di credito, che guarda caso sembra ritagliata su misura per alcuni istituti toscani, dopo di che è arrivata la garanzia statale sulla cartolarizzazione dei debiti morosi della cosiddetta bad bank, ovvero una specie di paracadute per chi si farà carico di liberare gli istituti di credito dal peso dei finanziamenti incagliati. Non è tutto. Di recente il governo ha consentito la reintroduzione dell'anatocismo, ovvero della pratica che fa pagare gli interessi sugli interessi, meccanismo già dichiarato fuorilegge nel passato ma voluto dalle banche, che hanno tentato in ogni modo di reintrodurlo a carico dei clienti. È tutto? Ma neanche per sogno. Per dare un aiuto agli istituti di credito, Renzi si prepara a finanziare gli ammortizzatori bancari. In pratica si tratta di una cassa integrazione (e anche di fondi per i prepensionamenti) a vantaggio degli impiegati allo sportello, ma soprattutto dei banchieri, i quali in questo modo potranno ridurre il personale a spese della collettività. Tra le novità che fanno piacere alle banche ci sono poi altre due misure appena annunciate dalla nuova finanziaria. La prima è la cosiddetta Ape, ovvero l'anticipo pensionistico, che sarà finanziato dagli istituti di credito e ovviamente non a tasso zero. Di fatto ci si è inventati il mutuo sulla pensione: una rata sicura a carico di chi si ritira dal lavoro. Poi viene il fondo di garanzia per le imprese, che serve certamente alle piccole e medie aziende, e tuttavia ai soliti banchieri, i quali potranno dormire tra due guanciali grazie ai nuovi affari. Dall'elenco dimenticavamo il codicillo che ha reso più facile mettere all'asta le case di chi non riesce a pagare la rata del mutuo. Basta ritardare di versare anche di pochi giorni per 18 volte nell'arco del periodo e l'alloggio finisce al miglior offerente senza neanche passare dal giudice. E ancora vi chiedete perché tutti i banchieri tifino Renzi e non vedano l'ora che gli italiani gli regalino una Costituzione fatta apposta per lui? RIPRODUZIONE RISERVATA ***

SCENARIO BANCHE 29 La Verita' 18-ott-2016

Tutti i favori del governo concessi alle amiche banche art Il sistema del credito è in crisi strutturale. Ci sono poi le emergenze, le sofferenze e i valori di Borsa ai minimi storici. Ma nessun governo in meno di tre anni aveva mai infilato una serie di interventi a sostegno delle banche, come ha fatto l'attuale. L'ultima mano amica è spuntata nella legge di Stabilità approvata sabato scorso. Nella manovra a deficit di 26,5 miliardi, già bocciata dall'Ufficio parlamentare di bilancio della Camera al di là delle numerose mance pre-elettorali, campeggia infatti l'Ape, la piattaforma che consente l'uscita anticipata dal mondo del lavoro. In realtà si tratta di un prestito pensionistico gratuito solo per una minuscola platea. Tutti gli altri che decideranno di chiedere l'assegno, prima di aver conseguito i requisiti indicati dalla legge For-nero, si troveranno a fare domanda di mutuo. Agevolato e pure garantito dallo Stato. Ma non sarà certo gratuito. Ecco che gli istituti si troveranno a incamerare commissioni, senza il rischio che l'importo vada in fumo, vanificato magari dall'eventuale morte precoce del pensionato. Non poco, visto che sui bilanci dei grossi istituti la voce costi e commissioni pesa anche il 5% del fatturato complessivo. Manna in tempi di tassi a zero e denaro che vale quasi nulla. I dubbi sull'Ape sono numerosi, a partire dal fatto che non molti aderiranno. E la scelta del Tfr in busta paga (utilizzata da meno dell'uno per cento degli aventi diritto) è indicativa di quanto potrà accedere sulle pensioni. Per questo emerge ancora più palese l'illogicità della direttiva. A meno che non la si inquadri in un lungo percorso, costellato da ben 12 provvedimenti, tutti a sostegno del si-sterna bancario. Vale la pena per ciò di passare in rassegna gli interventi varati da Renzi. Il primo in ordine di tempo è la riforma delle Banche popolari. La norma introduce un limite basato sulle dimensioni: le banche popolari che vantano un attivo superiore a otto miliardi di euro devono trasformarsi in società per azioni. Questa «legge. ha fatto aumentare le quote di diversi istituti, come ad esempio Banca Etruria prima che venisse commissariata. Il recepimento della norma Brrd, Banking recovery and resolution directive, quella ai più nota come bail in. In questo casi, la direttiva viene dall'Ue ma il governo Renzi l'ha messa in pratica a partire dal primo gennaio 2016. In poche parole, grazie alla norma, non sarà più lo Stato - e dunque i contribuenti (bail out) - a pagare le crisi degli istituti bancari ma gli azionisti, gli obbligazionisti e i correntisti della banca stessa. La Brrd è arrivata in Italia pochi mesi dopo l'altrettanto noto decreto Salva banche, quello grazie a cui sono state salvate Banca delle Marche, Banca popolare dell'Etruria e del Lazio, Cassa di risparmio di Ferrara, CariChieti. Con il decreto i titoli dei risparmiatori (130 mila secondo Adusbef, Associazione difesa utenti servizi bancari) sono letteralmente andati in fumo, ma i quattro istituti si sono salvati venendo divisi in «banca buona» e «banca cattiva (bad bank)». Ciò che è successo dopo è destinato a entrare nella storia. E le conseguenze ancora si vedono nel dossier delle 4 good bank, che nessuno vuole comprare. E non sono le uniche conseguenze. Ci sono anche quelle che toccano il gettito. Per salvare la banca di babbo Boschi e le altre tre piccole, il sistema ha contribuito a rifinanziare il Fondo di risoluzione, iniettando a titolo di anticipo sugli anni successivi circa 3,6 miliardi di euro. L'intero importo è stato defiscalizzato. Col risultato che il prossimo anno il bilancio dello Stato avrà un «ammanco. di i miliardo di euro. Tanto, soprattutto se si considera che a settembre nonostante questa agevolazione, alcuni istituti hanno alzato le commissioni sui conti correnti. Così prima pagano i contribuenti e poi i correntisti. Proseguendo, ad aprile 2016 Renzi ha detto sl alla riforma delle Banche di credito cooperativo. Il pilastro della riforma consiste nell'introduzione di un obbligo per le Bec: entrare a far parte di un gruppo bancario cooperativo che abbia come capofila una società per azioni, con un patrimonio superiore a un miliardo di euro. Chi non rispetta questo vincolo non può esercitare l'attività in forma istituto di credito cooperativo. Con l'introduzione di quest'obbligo, il governo vuole spingere le Bec ad aggregarsi e, in particolare, preme affinché si crei una holding unica nazionale che raggruppa quasi tutte le banche di credito cooperativo, con un patrimonio di quasi 20 miliardi di euro. Sempre su input europeo, Renzi ha creato la cosiddetta Gacs, la bad bank con la garanzia statale sulle cartolarizzazioni dei crediti morosi. In poche parole, attraverso questo meccanismo, verrà creata una bad banjo dove confluiranno i crediti deteriorati degli istituti che vi vorranno accedere. Per evitare l'aiuto di Stato, talia si farà garante solo di una parte dei crediti cartolarizzati. Non si pub dimenticare, poi, Atlante, il fondo alternativo di investimento privato, nato sotto impulso della Bce per intervenire nelle crisi bancarie provocate dalla grossa quantità di crediti deteriorati in pancia agli istituti, sostenendo la loro ricapitalizzazione e rilevando i crediti in sofferenza. Dopo Atlante (nato ad aprile 2016), ad agosto è nato Atlante 2 con finalità simili al

SCENARIO BANCHE 30 precedente. Tra i decreti più recenti, inoltre, va ricordato dal primo ottobre il ritorno dell'anatocismo bancario, la pratica di far pagare gli interessi sugli interessi, finora vietata anche se ampiamente praticata da molti istituti di credito. Sempre di recente, Renzi ha annunciato anche una serie di ammortizzatori volti a risolvere il problema degli esuberi bancari. Il governo, su richiesta degli istituti, si è detto pronto a stanziare circa tra i 70 e i 100 milioni l'anno per il prossimo triennio. Con le migliaia di uscite e prepensionamenti degli ultimi anni il fondo di solidarietà per i dipendenti del credito è rimasto senza risorse e Renzi ha deciso di rimpinguarlo con 300 milioni di euro. Veniamo ora ai decreti meno noti, ma non meno importanti. In primis, il decreto legge di riforma del diritto fallimentare approvato dal Consiglio dei ministri. Da un lato introduce novità che dovrebbero ridurre i tempi di riscossione dei crediti, dall'altro stabilisce che le banche possano dedurre quelle perdite dalle tasse (Ires e Irap) in un solo anno, come avviene nel resto d'Europa. All'appello, inoltre, non può mancare il decreto che conferma l'esproprio nel caso non vengano pagate 18 rate mensili del mutuo, anche non consecutive. Inizialmente il numero proposto era di sette rate, ma le associazioni di consumatori si sono opposte. «Renzi è troppo vicino ai banchieri., spiega il presidente di Adusbef Elio Lannutti a La Verità. «Basta vedere cosa è successo con Mps e la strana uscita di Fabrizio Viola. L'ultimo provvedimento in ordine di tempo è contenuto sempre nell'ultima legge di Stabilità. La manovra ha stanziato 1 miliardo al fondo di garanzia per le Pini «che significa fino a 25 miliardi di credito per le piccole e medie imprese e la proroga della cosiddetta "Nuova Sabatini", nonché misure di sostegno alle start-up innovative.. Rifinanziare il fondo ha un ottimo ritorno sulle aziende, ma è anche una boccata d'ossigeno per le banche. Che potranno più facilmente sottrarsi all'accusa che il denaro proveniente da Francoforte (il quantitative easing di ) non vada a finire nell'economia reale. E finita qui? C'è da aspettarsi dopo il referendum una nuova ondata di novità. Tutte riguarderanno le banche. E Mps sarà di nuovo il perno di tutte le manovre. Non escludiamo che se dovesse fallire la mossa di Jp Morgan, possa entrare nella partita direttamente il governo. Nonostante le smentite, la nazionalizzazione è dietro l'angolo. RIPRODUZIONE RISERVATA

SCENARIO BANCHE 31 Libero Quotidiano 18-ott-2016

Deutsche Bank vuol tagliare l'Italia art È cominciata la quaresima per Deutsche Bank. Ieri l'agenzia Bloomberg riprendendo un'indiscrezione della stampa tedesca, ha annunciato che la banca si prepara a tagliare l'attività di investimento in Usa e ridurre la presenza commerciale in Italia e Spagna. Vuol dire che saranno ridotti personale e sportelli. Se non addirittura imboccata la strada di Barclays che, pur di liberarsi delle agenzie italiane, ha offerto una dote di 230 milioni a Mediobanca. Al posto delle insegne azzurre del colosso britannico presto ci saranno quelle gialle di Che-banca. Faranno la stessa fine gli sportelli Deutsche? E possibile visto che il ministero della Giustizia Usa insiste sulla multa da 14 miliardi per il coinvolgimento del gruppo tedesco nello scandalo dei sub-prime. Da Francoforte propongono una mediazione a 5,5 miliardi che Washington ha respinto Ovviamente una soluzione verrà trovata perché è surreale pensare che l'amministrazione Usa voglia far fallire una delle più grande banche del mondo. Resta il fatto che la trattativa sarà lunga. Nel frattempo il conto economico soffre. Il ritiro dall'Italia sarebbe certamente una grave sconfitta per Deutsche. Lo sbarco in grande stile risale a trent'anni fa quando Deutsche rilevò le agenzie della vecchia Banca d'America e d'Italia nel frattempo diventata Bank of America. Poi aveva assorbito la Popolare di Lecco. L'ultimo investimento risale a quattro anni fa con la ristrutturazione di alcune agenzie e il lancio del modello Easy che rappresenta lo sportello multicanale del gruppo. Poi più nulla ma nel frattempo i tempi si erano fatti difficili. Oggi il colosso tedesco conta su 627 sportelli e quattromila dipendenti oltre a 1.500 promotori. Dopo la Germania è l'Italia il secondo mercato del gruppo. L'eventuale ritiro avrebbe effetti rilevanti su tutto il sistema bancario nazionale e segnerebbe una sconfitta grave per tuna la banca. Una ritirata che rappresenta la fine di un sogno imperiale: diventare la banca più grande del mondo. La crisi di Deutsche è precedente alla multa del governo Usa. Le difficoltà sono legate all'insuccesso del modello di business adottato una decina d'anni fa che puntava a far concorrenza ai colossi Usa e scalare la classifica del credito D'altronde perchè stupirsi: Volkswagen che era un medio produttore europeo è diventato il più grande fabbricante d'auto del mondo. Perchè Deutsche non poteva fare lo stesso nel credito? Da qui l'accelerazione della presenza sui mercati finanziari mettendo da parte il resto. Non c'era più grande operazione nel mondo che non vedesse Deutsche in prima fila: dai subprime negli Usa alla collaborazione con Mps nella sciagurata acquisizione di Antonveneta. Per non parlare ovviamente del cerchio di fuoco dei derivati. Il risultati si vedono: da sette anni i bilanci sono sempre peggiori. Il nuovo amministratore delegato John Cryan ha annunciato un piano di ristrutturazione sanguinoso. Verrà mandato a casa un dipendente su quattro: ventitremila su un totale di centomila. Il taglio dell'investment bank negli Usa vuol dire che tutte le ambizioni imperiali nutrite da Joseph Ackermann, il ceo che voleva conquistare il mondo, sono finite in cantina. Ora c'è da mettere ordine e, soprattutto, evitare un aumento di capitale che, vista la situazione, avrebbe dimensioni considerevoli. Non meno di otto miliardi. Dove trovarli? II fondo sovrano del Quatar è pronto a salire dal 10 al 25% . Ma forse non basta.

SCENARIO BANCHE 32 Messaggero 18-ott-2016

Mps, nel piano di rafforzamento anche 3.000 esuberi art ROMA Giornata cruciale per la ristrutturazione di Mps. In mattinata si riunisce a Milano il cda presieduto da Massimo Tononi per dare una valutazione sull’offerta presentata da Corrado Passera venerdì scorso. Poi dare un aggiornamento sul piano industriale a supporto della manovra complessiva e convocare l’assemblea per venerdì 18 novembre con all’ordine del giorno il varo dell’aumento di capitale fino a 5 miliardi, deliberare la vendita fino a 27,7 miliardi lordi di npl e nominare il nuovo presidente. Siccome il rafforzamento si muove su un sentiero molto stretto, è possibile che il piano alternativo di Passera, subordinato all’effettuazione di una diligence, al benestare di Bce, all’accordo con Atlante e al gradimento delle banche guidate da JpMorgan e Mediobanca (quest’ultima fredda) resti in piedi ma che comunque la banca vada avanti. LA PROPOSTA ALTERNATIVA Per tutto il week end l’ad Marco Morelli affiancato da Lazard, ha messo a fuoco la proposta di Passera, elaborata assieme a una boutique finanziaria e allo studio Cleary Gottlieb. Morelli e Passera avrebbero avuto un colloquio a quattr’occhi a Milano. Il piano, secondo quanto ricostruito dal Messaggero, rassomiglia alla vecchia proposta. Sicuramente prevede la destinazione a patrimonio dell’intero utile maturato al 2017 stimato a 1,5 miliardi e un aumento di capitale dell’ordine di 3-3,5 miliardi che potrebbe essere sottoscritto da anchor investor. Un passaggio quest’ultimo che alcuni istituti guidati da Mediobanca ritengono molto difficile da realizzare. In più ci sarebbe la vendita di npl per un ammontare in aumento da 27,7 miliardi del piano JpMorgan e Mediobanca a 31 miliardi perchè comprende anche una quota di unlikely to pay (incagli) trasformatisi nel frattempo in sofferenze. La cessione dovrebbe avvenire sempre in un’operazione guidata da Atlante che non si sarebbe ancora pronunciata al pari di JpMorgan che nel piano principale deve concedere un finanziamento bridge da 5 miliardi. A differenza dalla vecchia proposta dove si faceva espresso riferimento alla discontinuità per l’esecuzione del piano, questa volta non se ne fa cenno. Tra le valutazioni che Morelli illustrerà stamane c’è l’eventualità di combinare le due operazioni, in un mosaico comunque di difficile esecuzione perchè subordinato a una serie di condizioni. Parlando ieri sera con banchieri del consorzio, Morelli avrebbe manifestato scetticismo sulla possibilità di far convergere le due operazioni. Salvo colpi di scena, il cda dovrebbe varare la ma- novra di rafforzamento da sottoporre ai soci, con la richiesta di disporre di un mandato per articolare l’aumento in varie tranche, con la possibile conversione volontaria di bond subordinati. Questa liability management dovrebbe avvenire più o meno nei dieci giorni da lunedì 21 fino a mercoledì 30 novembre. Subito dopo si procederà alla vendita di npl e quindi nella settimana dopo il referendum del 4 dicembre, potrebbe partire l’offerta sul mercato senza diritti di opzione. Intanto il nuovo piano dovrebbe prevedere una forte spinta commerciale assieme a risparmi: si calcola che ai 2.500 esuberi del vecchio piano se ne possano aggiungere, come anticipato dal Messaggero, fino a 3 mila nuovi. r. dim. © RIPRODUZIONE RISERVATA

SCENARIO BANCHE 33 Messaggero 18-ott-2016

Deutsche Bank pensa a nuovi tagli negli Stati Uniti, in Italia e Spagna art ROMA Le difficoltà di Deutsche Bank cominciano a concretizzarsi in tagli delle attività, comprese quelle italiane. Secondo indiscrezioni riferite dalla stampa tedesca, infatti, il primo istituto di credito del paese starebbe valutando non solo un ridimensionamento dell’attività di investment banking negli Stati Uniti, ma anche tagli in altri Paesi, in particolare nella divisione della banca commerciale, in Italia e Spagna. Niente di concreto sarebbe ancora stato deciso, sostiene il quotidiano Handelsblatt, ma il progetto sarebbe già stato discusso in sede di consiglio di sorveglianza. Il ridimensionamento di alcune aree geografiche sarebbe diventato «molto più probabile rispetto alla cessione di asset come la gestione patrimoniale». Secondo il quotidiano, i vertici della banca «starebbero valutando altre opzioni alternative alla vendita di Postbank» e starebbero considerando anche la possibilità di tagli del personale più ampi rispetto a quanto finora annunciato. Da ricordare che all’inizio di ottobre Deutsche Bank ha raggiunto un accordo con Consiglio aziendale e sindacati interni sul taglio di altri mille posti di lavoro in Germania per quest’anno, come previsto da un piano di ristrut turazione. L’IPOTESI L’ipotesi al momento più plausibile è che Deutsche Bank continui l’attività di finanziamento e di accesso ai mercati di società tedesche negli Stati Uniti, ma non di società americane. La decisione rappresenterebbe una svolta radicale nella storia dell’istituto che, da sempre, ha coltivato l’ambizione di figurare tra le grandi banche d’affari del settore al fianco di Goldman Sachs e Jp Morgan. Un annuncio, anche riguardo ai tagli al personale, dovrebbe in ogni caso giungere a breve termine. Per il Welt am Sonntag, un’uscita dall’investment banking negli Usa, soprattutto dal segmento più speculativo, sarebbe una delle premesse necessarie per concludere con successo i negoziati con le Autorità Usa sulla multa da 14 miliardi di dollari comminata alla banca per le attività sui mutui subprime. Da ricordare, infatti, che la sanzione è arrivata proprio per operazioni svolte in qualità di banca d’investimento nel settore immobiliare all’epoca della crisi dei cosiddetti mutui subprime. Deutsche Bank mantiene circa un decimo dei dipendenti totali (100 mila) negli Usa e sarebbe intenzionata a chiudere la questione prima delle elezioni presidenziali in programma l’8 novembre. Ca. Sco. © RIPRODUZIONE RISERVATA

SCENARIO BANCHE 34 Messaggero 18-ott-2016

Banco Bpm, si lavora a un nucleo stabile di soci art MILANO Allo studio uno zoccolo duro di soci stabili per Banco Bpm, l’istituto che sabato ha avuto l’ok dai rispettivi soci. I due presidenti, Carlo Fratta Pasini e Mario Anolli, stanno studiando la possibilità di mettere insieme le fondazioni presenti nel capitale del Banco (Cariverona, Cassa Lucca, Crt, Carpi, Carimonte) e quella di Alessandria, azionista di Bpm. Visto che nasce la terza banca italiana, fortemente radicata in Lombardia, si vorrebbe coinvolgere anche la Cariplo. A questi enti potrebbero aggiungersi alcuni privati, come il patron di Calzedonia e il gruppo Rana. L’esito favorevole delle assemblee terrà banco oggi nelle riunioni dei consigli di Banco e Bpm: dall’1 gennaio 2017 nasce Banco Bpm al quale hanno lavorato Citi e Lazard per Milano, Mediobanca, Merrill e Colombo & Associati per Verona. In mattinata sono in calendario il cds di Bpm, l’esecutivo e a seguire l’esecutivo e cda del Banco. La Borsa ha reagito freddamente all’ok alle nozze, soprattutto nei confronti di Bpm che, dopo alcune sospensioni, ha chiuso al ribasso del 3% a 0,41 euro mentre il gruppo scaligero è salito dello 0,7% fermandosi a quota 2,57 euro. Tra qualche giorno tornerà a riunirsi il comitato dei responsabili dell’integrazione guidato da Maurizio Faroni, futuro dg della nuova banca, e da Salvatore Poloni, condirettore generale. C’è da proseguire l’attività che porterà alle nozze. Il nuovo gruppo partirà con due sistemi informatici distinti che confluiranno in uno solo a partire da luglio quando sarà assorbito il governo della Bpm, istituto che avrà la rete dell’attuale Milano.

SCENARIO BANCHE 35 Mf 18-ott-2016

Mps, ecco il piano di Passera - Mps, su Passera palla a JP Morgan art Il parere degli advisor Jp Morgan e Mediobanca potrebbe essere decisivo per l'esito della nuova proposta che Corrado Passera ha presentato ai vertici di Banca Mps. Oggi il consiglio di amministrazione dell'istituto senese dovrebbe essere relazionato sui contenuti del piano che l'ex numero uno di Intesa Sanpaolo ha messo sul tavolo lo scorso 13 ottobre. Il confronto potrebbe non rivelarsi decisivo, anche perché nel frattempo l'amministratore delegato Marco Morelli avrebbe coinvolto nel lavoro di valutazione JP Morgan e Mediobanca. La mossa è del tutto logica visto il ruolo che i due istituti hanno nel piano di ristrutturazione. Proprio nelle prossime settimane il cantiere entrerà nella fase decisiva con l'avvio di cartolarizzazione, conversione volontaria dei bond subordinati e individuazione degli anchor investor. Il problema è che la proposta non vincolante presentata da Passera differisce sotto diversi aspetti dal piano degli advisor. Nella lettera pervenuta la scorsa settimana l'ex numero uno di Intesa Sanpaolo avrebbe per esempio suggerito la costituzione di una bad bank che gestisca le sofferenze del Monte. Un progetto che sulla carta sembrerebbe alternativo alla cartolarizzazione messa in campo da JP Morgan, Medio-banca e Lazard. Se insomma il parere dei consulenti sarà molto importante, altrettanto preziose saranno le indicazioni della Bce. Nei mesi scorsi Francoforte ha infatti dato luce verde al piano di ristrutturazione di JP Morgan e Mediobanca e oggi rimettere in discussione il progetto significherebbe riaprire la trattativa. Ecco perché a Rocca Salimbeni i tempi potrebbero non essere ancora maturi per esprimere una valutazione definitiva sulla proposta. In generale, comunque, l'intenzione sembra quella di evitare nette chiusure e di incoraggiare il dialogo con tutti i potenziali investitori. Proprio quest'ultimo è indubbiamente il punto di forza del piano di Passera. Come già accaduto nel luglio scorso, il banchiere avrebbe raccolto l'interesse di alcuni fondi americani come Warburg Pincus e Atlas Merchant Capital (guidato dall'ex ceo di Barclays, Bob Diamond) potenzialmente disposti a investire nella banca senese ira 1,5 e 2 miliardi di euro attraverso un aumento di capitale riservato. L'offerta sarebbe condizionata all'esito di un'approfondita due diligence dalla durata prevista di un mese. Se il consiglio di amministrazione desse luce verde e non ci fossero intoppi, l'investimento potrebbe insomma aver luogo nella seconda metà di novembre, poco prima del via alla ricapitalizzazione. Di certo Passera e i suoi collaboratori hanno lavorato con grande attenzione alla proposta che oggi arriverà sul tavolo del cda del Monte. Il banchiere è stato affiancato dai professionisti di Boston Consulting Group che nelle scorse settimane hanno elaborato lo schema generale della proposta. Sugli aspetti legali invece hanno lavorato due professionisti di lungo corso dello studio legale Cleary Gottlieb. Fuori dalla partita, invece, il gruppo svizzero Ubs che a luglio si era mosso in condivisione di intenti con Passera, prestando di fatto una garanzia all'operazione di rafforzamento patrimoniale. «Vista la fase avanzata delle trattative con gli investitori», fa notare una fonte qualificata, «oggi il ruolo di Ubs sarebbe superfluo perché l'ingresso dei fondi nel capitale del Monte può avvenire in tempi relativamente brevi». Vista la delicatezza della partita in corso, fonti finanziarie suggeriscono che Consob starebbe seguendo con grande attenzione le mosse dei protagonisti. Se insomma oggi il cda della banca senese sarà chiamato a compiere un primo esame della proposta Passera, il lavoro sul piano di ristrutturazione non si ferma. Dopo la chiusura della doppia due diligence di Fonspa e Italfondiario sul portafoglio di sofferenze da 27,7 miliardi lordi, la maxi cartolarizzazione dovrebbe partire nei tempi prestabiliti. Nel frattempo per lunedì 24 è previsto l'annuncio del nuovo piano industriale, un elemento essenziale per sondare l'interesse del mercato e individuare i potenziali anchor investor nel corso del successivo road show. Nelle scorse settimane è già emerso l'interesse dei fondi sovrani del Qatar e del Kuwait, anche se l'intervento di questi investitori nella partita è ancora tutto da verificare. Per quanto riguarda l'aumento di capitale, l'intenzione sembra ormai quella di lanciarlo alla fine del 2016, a patto che la bocciatura della riforma costituzionale non crei un'eccessiva volatilità sui mercati finanziari. (riproduzione riservata)

SCENARIO BANCHE 36 Mf 18-ott-2016

Poste Italiane si prepara al rush finale su Pioneer art La partita per aggiudicarsi Pioneer sta entrando nel vivo e Poste Italiane ha deciso di presentarsi all'appuntamento delle offerte vincolanti, previste per il 3 novembre, con le mani libere da vincoli su Anima, suo partner in questa iniziativa. Venerdì il gruppo guidato da Francesco Caio, che di Anima ha il 10%, ha deciso infatti di sfilarsi dall'intesa con la Banca Popolare di Milano, proprietaria di un altro 14,6% della società di gestione. L'accordo prevedeva l'impegno di entrambe a non superare la soglia del 25% del capitale di Anima e di non vendere più del 5% per Bpm e più dello 0,5% per Poste fino ad aprile 2017. In quella data, poi, la partnership sarebbe stata tacitamente rinnovata per tre anni a meno che una delle due parti non avesse disdetto prima l'accordo, cosa avvenuto appunto venerdì da parte di Poste Italiane. «Una mossa preparatoria in vista dell'acquisto di Pioneer, per il quale il consorzio costituito da Poste-Anima e Cdp è in concorrenza con gli altri gruppi interessati, ovvero Amundi, Aberdeen e Macquaire» , hanno scritto ieri gli analisti di Kepler. A prescindere dall'esito finale della gara su Pioneer, l'intenzione di Poste sembra essere quella di dialogare direttamente con Anima per il futuro, proprio mentre la Banca Popolare di Milano sta per fondersi con il Banco Popolare. Poste e Anima del resto hanno già iniziato a lavorare insieme e Caio sembra intenzionato a utilizzare sempre più la sgr come fabbrica-prodotto del gruppo. Non solo; dall'eventuale unione di Pioneer (144 miliardi di masse gestite, secondo Assogestioni), Anima (71 miliardi) e Banco Posta Fondi Sgr (76 miliardi) nascerebbe un colosso da 290 miliardi di asset in gestione. Per Poste pert) non sarà facile aggiudicarsi la società di gestione messa in vendita da Unicredit. Si tratta di un'asta e quindi tutto si giocherà sul prezzo. I francesi di Amundi appaiono particolarmente agguerriti e pronti a presentare all' advisor Citi un'offerta fino a 4 miliardi di euro, mentre Aberdeen e gli australiani di Macquire non sono ancora usciti allo scoperto. Ma anche Poste Italiane ha carte da giocare: il gruppo ha a disposizione 3 miliardi di euro da utilizzare per fare acquisizioni senza correre il rischio di intaccare l'attuale rating della società. Certo, non tutto dovrebbe essere concentrato sul risparmio gestito (Poste ha dichiarato più volte di voler crescere anche nei settori dei pagamenti e della logistica) ma va anche ricordato che nell'operazione Pioneer il gruppo si presenta con due alleati, ovvero Cassa Depositi e Prestiti e Anima, che potranno aggiungere munizioni. Insomma, si preannuncia una competizione interessante, il cui esito sarà chiaro solo nelle prossime settimane. In ogni caso, non sarà probabilmente l'unico riassetto nel settore del risparmio gestito e Poste si sta già preparando a giocare altre eventuali partite, come quelle su Arca e Gestielle. «La scelta di Poste segnala che Anima è al centro di una fase di fusioni e acquisizioni che potrebbero presto concretizzarsi anche in vista dell'atteso processo di fusioni tra banche popolari, in grado di accelerare alcune aggregazioni nel risparmio gestito italiano tra operatori come Aletti-Gestielle e Arca», hanno osservato gli analisti di Banca Aleros. (riproduzione riservata)

SCENARIO BANCHE 37 Mf 18-ott-2016

Piazza Affari non brinda alla fusione col Banco e punisce Bpm con un -3% - art Banco-Bpm, la borsa non brinda

Piazza Affari ha accolto con freddezza il matrimonio tra il Banco Popolare e Bpm nella prima seduta borsistica dopo il via libera della assemblee alla fusione. Ieri, mentre Milano ha perso il 3,02%, Verona ha chiuso in rialzo dello 0,78% e si è di fatto allineata al concambio, recuperando lo sconto di circa il 6% a cui trattava venerdì a causa dell'incertezza sull'esito del voto. Piazza Meda invece è stata penalizzata dal venir meno dell'appeal speculativo che una banca scalabile avrebbe alimentato nel caso in cui la fusione fosse saltata. Entrambe le azioni per giunta hanno vissuto una seduta all' insegna della volatilità, che si giustifica anche alla luce dei giudizi degli analisti. Per Andrea Cuturi di Anthilia Capital Partners dopo l'approvazione della fusione tra le azioni di Banco Popolare e Bpm si è chiuso lo spread che si era creato rispetto al concambio previsto per il merger e infatti poco dopo l'inizio delle contrattazioni «il Banco saliva e Bpm era sulla parità». In generale, Cuturi invita «a guardare il tema industriale di questo nuovo gruppo che opera in regioni che sono tra le più ricche e produttive d' Europa. Quindi complessivamente da qui a 12 mesi la nuova entità avrà un netto re-rating in positivo alla luce di un piano credibile, un management coeso e un contesto di lavoro particolarmente virtuoso», ha concluso Cuturi. Anche Intermonte si aspetta «un'importante rivalutazione» delle azioni del nuovo gruppo, che promette 1,1 miliardi di utili al 2019 e una riduzione di 8 miliardi dei crediti deteriorati, confidando nel successo del piano industriale. Dopo l'ok alla fusione Equita sim ha confermato sulle azioni la raccomandazione buy (con target price rispettivamente a 4,6 e 0,72 euro). Gli analisti hanno evidenziato che la fusione «avrà validità dal 1 gennaio 2017. Il principale catalizzatore di re-rating del titolo a questo punto è rappresentato dall'esecuzione del piano di riduzione del rischio approvato dalla Ue, che dovrebbe portare gli npl al 17,9%. Il piano prevede la cessione a 10 centesimi di 6 miliardi di npl unsecured nei prossimi due anni e 3 miliardi secured a fine piano: venerdì il Banco ha già ceduto 600 milioni di npl unsecured». (riproduzione riservata) ***

SCENARIO BANCHE 38 Mf 18-ott-2016

Tra Milano e Verona una fusione-pilota, vediamo chi seguirà art Approvata l'aggregazione tra Banco Popolare e Popolare di Milano, ora isogna costruire la banca aggregata, che è un percorso non semplice, insieme con il decollo dell'operatività della nuova Bpm (la cui presidenza verrà attribuita a UmbertoAmbrosoli) all'interno dell'istituto risultante dalla fusione. I passi da compiere sui teneri istituzionale e organizzativo-funzionale richiederanno un impegno almeno pari a quello che è stato necessario per arrivare alla concentrazione e alla trasformazione in spa. Occorrerà però agire con rapidità, pur sapendo che la digestione dell'operazione richiederà tempo, dovendosi pervenire a un'integrazione che eviti duplicazioni e si giovi dell'apporto di tutti i dipendenti, fondamentale in un processo che mette insieme tradizioni, storie, stili di comando e di lavoro, sistemi organizzativi e informatici diversi ma comunque integrabili. Viene rilevato come sia stata la legge sulla trasformazione delle popolari ad aver reso possibile l'aggregazione, la prima post legem, che colloca il nuovo istituto al terzo posto in Italia dopo Intesa e Unicredit. Ma è anche vero che aggregazioni tra popolari erano pur sempre possibili anche in vigenza della precedente normativa e che decisioni del genere vanno assunte non solo per evitare i rischi di scalate ma anche, e innanzitutto, per la bontà del progetto. E attesa ora la trasformazione in spa di quattro istituti (Pop Sondrio, Bper, Creval e Pop Bari) entro fine anno, come prescritto dalla legge, per alcuni dei quali si parla anche di possibili aggregazioni, ajche se finora nulla di concreto consegue. E tuttavia immaginabile che l'operazione-pilota Banco-Bpm non resterà senza seguiti. I quali naturalmente debbono obbedire a solide ragioni e non certo all'eventuale scelta di cogliere un'onda presuntamente favorevole. Le agevolazioni all'esodo di dipendenti sono importanti, ma un processo di riorganizzazione e consolidamento richiederebbe misure ulteriori, pure sul terreno fiscale, che potrebbero evitare la contestazione della Commissione Ue, pronta more solito a considerare tutto come aiuto di Stato. Molto più complessa è la situazione delle quattro good bank, per la vendita delle quali a oggi non si registrano segnali di svolta a eccezione della continua ripetizione, da parte di Ubi Banca, del fatto che intende compiere solo operazioni che creino valore per gli azionisti e non men salvataggi. Tutto sta nel verificare a quale grado di creazione di valore Ubi si riferisca, non essendo immaginabile che essa voglia fare, con l'acquisizione di tre o quattro delle good bank, un grande affare. Quanto ai fondi che sarebbero interessati all'acquisizione, il problema della stabilità della futura proprietà non può essere trascurato: c'è il problema del prezzo di acquisto, ma non è secondario il motivo per il quale si acquista, quale futuro si intenda promuovere per le banche coinvolte, quali siano il piano industriale, gli indirizzi strategici e le decisioni sul personale. Sarebbe sbagliato considerare che, se si vuole vendere, occorra transigere sulla stabilità pro futura dell'assetto proprietario: sono in ballo non solo l'avvenire dei lavoratori, ma anche la stabilità aziendale. che deve stare a cuore all' Organo di Vigilanza. Resta sempre l'ipotesi dell'intervento del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi. Infine, a completamento di questi spunti su banche interessate alla riorganizzazione, c'è Mps. Ha fatto molto bene Alessandro Penati a reagire ai leggeri giudizi di Moody's su quel che potrebbe accadere ad Atlante se al referendum costituzionale vincerà il no. Ormai pronunce del genere in bocca a organismi finanziari internazionali stonano non poco: dovrebbe esserci una reazione di tutte le parti coinvolte nella prova referendaria, per la quale vale ciò che tempo fa ha detto Ignazio Visco ricordando che, quale che sarà il risultato del referendum, non si presenterà una situazione drammatica. Il 24 ottobre verificheremo quali saranno le variazioni da apportare al piano industriale che delibererà il cda di Mps, intanto resta ferma l'esigenza di chiarezza sull'intera vicenda. Quanto al nuovo presidente, la Fondazione ha sprecato un'occasione per tacere sull'eventualità della nomina di Fabrizio Saccomanni: è difficile dire se egli concorderebbe o no con una tale nomina, che dovrebbe essere ambita comunque dall'istituto e dai suoi partecipanti per l'apporto che Saccomanni potrebbe dare e per l'immagine di credibilità anche internazionale. Ma che solo per l'età si elevino dinieghi, in un Paese in cui si può essere capo dello Stato a 90 anni, è un ulteriore segnale che induce al pessimismo sull'affermazione di una lucida razionalità, dopo l'assurda estromissione di Fabrizio Viola, in una situazione in cui ve ne sarebbe massimamente bisogno. (riproduzione riservata) ***

SCENARIO BANCHE 39 Mf 18-ott-2016

Cordusio nel palazzo Meliorbanca art Cordusio sim è pronta a spostarsi nell'immobile di via Borromei 5 a Milano, la storica sede di Meliorbanca. Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza la divisione di Unicredit legata alla clientela ultra high net worth individual (ovvero quella con un patrimonio finanziario superiore ai 5 milioni di euro) avrebbe trovato una nuova collocazione nell'immobile di proprietà di Kryalos (la società fondata da Paolo Bottelli), che quest'ultima aveva rilevato alla fine del 2014 con un fondo interamente sottoscritto da Blackstone. Il passaggio in affitto nel nuovo palazzo procede in parallelo con una ristrutturazione societaria all'interno della banca. I clienti in questione, infatti, fino a oggi hanno fatto formalmente capo a Unicredit, anche se erano gestiti da Cordusio. Invece, secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, da novembre i rapporti dovrebbero passare del tutto in capo a Cordusio, che nel frattempo avrebbe compiuto tutti gli adeguamenti societari e ottenuto tutte le autorizzazioni necessarie. L'edificio nel 2004 era stato portato alla ribalta dalla maxi acquisizione (per poco meno di 90 milioni) effettuata dall'immobiliarista Stefano Ricucci. L'anno successivo lo stesso Ricucci fu costretto a vendere e successivamente, nel 2010, è subentrata nella proprietà Eurohypo. La banca aveva valutato lo stabile 50 milioni, con un prezzo ribassato del 25% rispetto all'ultimo tentativo di vendita (andato a vuoto) dell'inizio del marzo 2010. Kryalos, infine, ha concluso l'operazione per una cifra di poco superiore a 30 milioni e l'immobile è poi confluito in un fondo gestito da Bnp Paribas. (riproduzione riservata)

SCENARIO BANCHE 40 Mf 18-ott-2016

Reddito Fisso - I subordinati Mps corrono in borsa art Rally borsistico ieri da pate dei bond subordinati Lower Tier. II Mps, che già da alcune settimane hanno avviato un trend di recupero. Si punta su un'eventuale conversione favorevole dei bond subordinati in azioni nell'ambito del piano di rafforzamento patrimoniale di Mps. I prestiti obbligazionari con scadenza al 30 novembre 2017 sono saliti di oltre il 15% a un prezzo di 74,5 euro. Dal 26 settembre il rialzo è stato dell'11,2%. I bond con maturity 15 gennaio 2018 invece si sono attestati a 73,1 euro ( 5% da venerdì, 12,4% dal 26 settembre). I subordinati con scadenza 21 aprile 2020 sono saliti a 71,48 euro ( 2,8% e 12,5%) e quelli con maturity al 9 settembre 2020 si sono fermati a 71,3 euro ( 2,4% e 11,9%). II bond subordinato con scadenza 15 maggio 2018 dedicato agli investitori retail ha guadagnato il 10,5% dal 28 settembre (68 euro il prezzo attuale). II 26 settembre l'istituto aveva comunicato la possibilità di includere nel rafforzamento patrimoniale un'offerta diretta a titolari di stormenti di debito della banca per la loro conversione volontaria in capitale. (riproduzione riservata) ***

SCENARIO BANCHE 41 Repubblica 18-ott-2016

Banche sugli scudi la Borsa scommette sul nuovo risiko art ANDREA GRECO La prima notte di nozze forse la sognavano diversa, Bpm e Banco popolare. L'accoglienza del mercato a Piazza Affari è stata fredda. Meno 3 per cento per l'istituto milanese, tra le prede più ambite del 'settore creditizio. Rialzo frazionale (0,78 per cento) per i veronesi, mentre il favore degli investitori si riversava su altri titoli bancari. E' presto per dire se la nuova fase di consolidamento nel credito italiano, a un decennio dall'ultima, partirà davvero. Per un motivo politico e uno regolatorio. II primo vede tanti gestori guardare sospettosi al bivio del 4 dicembre, quando un referendum costituzionale dall'esito incerto potrebbe portare nuove turbolenze in Borsa e nei depositi bancari. Il secondo, citato come un refrain dai banchieri nostrani, riguarda la vigilanza di Francoforte, che invece di fare il regalo di nozze chiede alle banche che si fondono un sovrappiù di patrimonio: un miliardo a Verona prima di unirsi a Bpm, mezzo miliardo circa a Ubi se vorrà annettersi i tre monconi di Banca Marche, Etruria e Carichieti. Non pare un grande incentivo. Ma un indizio positivo, a guardare le quotazioni, s'intravede. Ieri i riflettori si sono accesi sulle banche a statuto cooperativo che - come chiede la riforma del governo di un anno e mezzo fa - ancora devono trasformarsi in spa entro dicembre, e che in seguito potrebbero proseguire nei solco delle aggregazioni. Quindi Bper ( +2,1 per cento ), Credito Valtellinese ( +8,6 per cento ) e Popolare di Sondrio ( +5,3 per cento ). Le prime due si vanno mandando segnali di stima e apprezzamento - la scommessa degli analisti di Intermonte è su un futuro comune - mentre in Valtellina le avances di Creval verso la più robusta Sondrio sono finora snobbate. «Abbiamo troppe banche, dobbiamo promuovere fusioni, creare sinergie», ha detto l'ad di Intesa Sanpaolo Carlo Messina, che vede fusioni per «non più di due o tre anni». Anche il leader designato di Bpm-Banco Giuseppe Castagna, ha detto: «Probabilmente l'anno prossimo vedremo altre aggregazioni, noi siamo un segnale che si può avere consolidamento e crescita in Italia». Idea condivisa da Davide Serra, gestore del fondo Algebris che vede «una seria fase di consolidamento». Ma c'è un altro ostacolo, alto, che si staglia sul cammino della ristrutturazione del settore: il Monte dei Paschi, da sabato quarta banca italiana (dopo Bpm-Banco ) ma sempre passibile di effetti sistemici e di contagio se fallirà il suo rafforzamento da 5 miliardi previsto a dicembre. Oggi a Siena si tiene un cda che esamina l'avanzamento del piano industriale, presentato il 24 e che sul lato costi porterà a chiudere filiali per parecchie decine, ed esuberi per poche migliaia. Nella riunione sarà poi illustrato ai consiglieri il piano di Corrado Passera, forte dell'assenso informale dei fondi investitori Warburg Pincus e Atlas, ma che vorrebbe 6-8 settimane per studiare le carte di Rocca Salimbeni. Tempi incompatibili con l'agenda dell'ad Marco Morelli che intende ricapitalizzare il 5 dicembre. Poiché pecunia non olet tuttavia l'offerta di Passera, ove si concretizzasse, potrebbe in futuro confluire nel piano di Jp Morgan, che prevede soci perno per 2 miliardi, 1,5 in arrivo dalla conversione di bond subordinati e il resto di aumento in Borsa.

SCENARIO BANCHE 42 Repubblica Torino 18-ott-2016

Vertice Crt Marocco forse anticipa l'addio - Vertice Crt, il lungo addio di Marocco art DIEGO LONGHIN Eun lungo addio quello del notaio Antonio Maria Marocco dalla tolda di comando della Fondazione Crt. Le voci di una sua volontà di lasciare da qualche settimana si fanno sempre più insistenti e c'è chi sostiene, dentro il palazzo di via XX Settembre e fuori, che è giunto il tempo per un passaggio di testimone. Un' accelerata dovuta al tentativo del cuneese Giovanni Quaglia, in predicato di diventare da mesi il prossimo presidente della Crt, di non mandare all'aria i faticosi equilibri trovati. Marocco ha di fronte a se più di due anni di mandato, visto che il presidente di Crt scade in con-temporane al Consiglio di Indirizzo, mentre tra aprile e maggio 2017 decadrà il consiglio di amministrazione e si dovrà rinominare anche il segretario generale Massimo Lapucci. L'occasione buona per innestare un cambio di presidenza. Un po' prima della scadenza del cda, com' è già successo per il cambio con Andrea Comba. Il past president si è dimesso il 26 novembre 2012 per fare spazio a Marocco nominato dal Consiglio di Indirizzo il 3 dicembre 2012. In anticipo rispetto alla scadenza dell'aprile 2013 quando sono stati rinnovati tutti gli organi. Ma il Consiglio di Indirizzo sta in carica sei esercizi, il Cda quattro esercizi. Svincolare il presidente dal resto degli organi è un classico nella gestione dei passaggi di testimone in Crt. Con il nuovo statuto l'organo di governo della fondazione bancaria, uno dei principali soci di Unicredit, passerà da nove a cinque membri e cinque degli attuali nove non potranno più essere nominati. Questo in linea di principio non sarà un problema e non influisce sulla presidenza e soprattutto sulle scelte. Non è il Consiglio di amministrazione che indica il numero uno, ma il Consiglio di Indirizzo. Vero. Ma con la formazione del nuovo cda alcuni membri del parlamentino di via XX Settembre potrebbero essere promossi e gli enti, ad iniziare da Comune e Città Metropolitana ora governati dalla sindaca pentastellata Chiara Appendino, potrebbero essere chiamati a nominare i sostituti nel Consiglio di Indirizzo. Cosa che cambierebbe i pesi e la maggioranza che si è costruita all'interno della Crt. Non è un mistero che il cuneese Giovanni Quaglia punti all'incarico e per per lui siano scaduti i termini di "freezer", dopo le dimissioni da consigliere Unicredit, dovuti alle nuove regole. Se ci fosse stato Fassino sindaco non ci sarebbero stati problemi, con Appendino la partita è aperta. La sindaca per le fondazioni bancarie magari vorrebbe qualche nuovo nome e non i soliti che passano da un incarico all' altro. Bruciata la possibilità di intervenire sulla Compaglia di San Paolo, ad Appendino rimane solo la riserva "democristiana" Crt. Quaglia lo sa. Il presidente dell'autostrada Torino-Savona lo sa così bene che si è già presentato al cospetto della giovane sindaca. Uno degli appuntamenti della Appendino nei primi cento giorni è stato proprio con lui. Colloquio cordiale, dove si è parlato del più e del meno, senza pigiare il piede sull'acceleratore da parte del cuneese aspirante presidente. fl tempo per Quaglia stringe. Se vuole tentare la scalata, garantendo così anche la permanenza in Unicredit dell'amico Fabrizio Palenzona, deve agire in fretta e con le maggioranze attuali. Sperando che il presidente della Regione, Sergio Chiamparino, non si metta di traverso e non cerchi alleanze trasversali con la sindaca Chiara Appendino nel nome del rinnovamento. I nomi che circolano? Patrizia Sandretto, una delle donne della cultura torinese.

SCENARIO BANCHE 43 Repubblica Torino 18-ott-2016

Tre milioni di utile netto e depositi in crescita La Banca del Piemonte non art conosce crisi

Tre milioni di utile netto e depositi in crescita per la Banca del Piemonte. L'istituto, amministrato e diretto da Camillo Venesio, ha chiuso il primo bilancio semestrale dell' anno con un rapporto tra fondi propri e attività di rischio ponderate (Ceti ) pari al 16 per cento, dunque in crescita rispetto al 15,69 per cento registrato a fine giugno 2015. Il patrimonio netto è aumentato di 5 milioni, superando quota 155 milioni. I depositi sono cresciuti dagli 1,184 miliardi rilevati dalla prima semestrale dell'anno scorso agli attuali 1,348 miliardi, mentre la raccolta diretta ammonta a 3,5 miliardi. Gli impieghi sono invece stabili, da 1,136 a 1,132 miliardi nell'arco dei 12 mesi. «L'assoluta indipendenza e la forte patrimonializzazione sono due valori fondamentali della Banca del Piemonte», evidenzia l'istituto di credito in una nota.

SCENARIO BANCHE 44 Sole 24 Ore 18-ott-2016

Focus - Ue, dal Piano Juncker alle nuove cartolarizzazioni obiettivo credito alle art Pmi

Isabella Bufacchi Gli strumenti di sostegno alla crescita in Europa devono passare sempre più per le piccole e medie imprese e per il potenziamento del credito a small-cap e Pmi. E un doppio passaggio obbligato, questo, soprattutto in Italia. Ed è proprio mirando a questo duplice obiettivo che Italia, Commissione europea, Bce e Bei si stanno muovendo con un' ampia gamma di interventi, consapevoli che molto è stato fatto per aumentare la liquidità disponibile - che ora è abbondantissima - ma molto resta da fare per liberare capitale nei bilanci delle banche, per fare spazio all'assorbimento di capitale per nuovi finanziamenti. Abbinando a questo sforzo prodotti di equity per rafforzare patrimonialmente le imprese più piccole che devono crescere. Si inseriscono in questo quadro, dunque, tutte le recenti iniziative europee. A cominciare dal Piano Juncker che dopo un anno e mezzo dal lancio ha già permesso di realizzare investimenti in 27 Stati membri, per quasi 140 miliardi su 315 previsti di investimenti già attivati, di cui in Italia 55 operazioni (prestiti, garanzie, equity) concluse a livello di Bei e Fei per un valore di 3,8 miliardi con 21 miliardi di investimenti attivati. Ma non esiste solo il Piano Juncker. Stanno partendo formule innovative di cartolarizzazione come quella annunciata ieri al Mise a favore del Mezzogiorno: l' Iniziativa Pmi Italia è un progetto complementare con il Piano Juncker che utilizza i Fondi strutturali e di investimento europei per attivare, mediante strumenti fmanziari innovativi, una leva ed offrire nuova (manza perle Pmi nel Mezzogiorno. L'Italia aderisce a questa Iniziativa insieme a Spagna (lo Stato spagnolo ha stanziato per questo 800 milioni di euro anche coinvolgendo le Regioni che in Italia sono invece rimaste a guardare), Malta, Bulgaria, Finlandia. L'Italia ha deciso di destinare per questa iniziativa risorse Fesr per 102,5 milioni di euro, unitamente a un contributo di 100 milioni di risorse nazionali dal Fondo sviluppo e coesione. La Commissione europea partecipa con 4 milioni di euro aggiuntivi dal programma Cosme. L'effetto leva di questa cartolarizzazione attiverà nei prossimi tre anni fmo a 1,2 miliardi di prestiti alle Pmi nel solo Mezzogiorno (contro i 3,2 miliardi smobilizzati dalla Spagna con la stessa Iniziativa). «Questo significa, secondo le stime Bei basate sull'ammontare del prestito medio per le Pmi in Italia tra i 200 mila e i 300 mila euro, che tra 4.000 e 5.000 Pmi potranno beneficiare di nuovo credito», ha detto il vicepresidente Bei Dario Scannapieco in conferenza stampa ieri, ricordando i quattro pilastri sui quali si basa la strategia del gruppo Bei di supporto alle Pmi, in linea con gli obiettivi europei: 1) prestiti alle banche a tassi competitivi e su durate più lunghe rispetto ai prestiti della Bce; 2) strumenti di condivisione dei rischi con le banche (risksharing) e di riduzione di assorbimento di capitale (capital release) per liberare capitale per nuovi prestiti anche nell'ambito del Piano Juncker volto ad alleggerire il rischio di credito; 3) sostegno all'equity con interventi su fondi di private equity e venture capital (settore nel quale l'Italia è molto indietro) attraverso il Fei; 4) stimolo a finanziamenti non bancari con la concessione di garanzie a fondi che investono in strumenti di debito, come per esempio i mini-bond. La liquidità abbondante e i tassi bassi ai minimi storici, dunque, sono stati un punto di partenza essenziale per rilanciare l'economia in Europa ma non sono bastati per aumentare il credito alle Pmi: per sostenere finanziariamente le small-cap, micro e piccole imprese, occorrono ora strumenti sempre più sofisticati per ridurre il capitale assorbito dai vecchi prestiti e che Bei e Fei sono in grado di offrire, sfruttando fondi europei e fondi pubblici nazionali. Pier Luigi Gilibert, amministratore delegato dal Fei, ha sottolineato ieri che le banche italiane non hanno bisogno di liquidità, di finanziamenti ma soprattutto di liberare capitale per far spazio a nuovi prestiti alle Pmi. Per questo, la cartolarizzazione con i fondi strutturali europei potrà essere anche "sintetica", senza vero e proprio funding per le banche aderenti che avranno come unico beneficio la riduzione dell'assorbimento di capitale. Come? Le banche potranno cedere un portafoglio di prestiti in essere in bonis concessi a Pmi e small-cap, per il 50 per cento nel Mezzogiorno: la cartolarizzazione prevede la sottoscrizione della tranche junior da parte dello Stato tramite i fondi strutturali europei, il mezzanine da Cosme e Fei, la tranche senior dalla Bei (che in futuro potrà essere sottoscritta da altre istituzioni italiane come per esempio la Cassa depositi e prestiti). Le banche partecipanti dovranno erogare prestiti alle sole Pmi nel Mezzogiorno nei prossimi tre anni. La cartolarizzazione si estende a prestiti anche con garanzia, per liberare capitale ai confidi stessi. Uno strumento in più: «In totale dallo scoppio della crisi, dal 2008 al 2015, il Gruppo Bei ha fatto arrivare il proprio

SCENARIO BANCHE 45 sostegno in Italia a 158.200 Pmi, in tutte le regioni italiane», ha enfatizzato ieri Scannapieco. II bando di gara partirà a giorni le prime operazioni sono attese per inizio 2017.

SCENARIO BANCHE 46 Sole 24 Ore 18-ott-2016

Bond sovrani sotto tiro sui mercati - Titoli di Stato globali sotto pressione art Maximilian Cellino Qualche tensione di troppo sui titoli di Stato dell'Eurozona non ha certo favorito ieri il debutto del nuovo BTp Italia nel decimo collocamento della serie delle obbligazioni legate all'inflazione del nostro Paese e a suo tempo espressamente ideate dal Tesoro per le esigenze della clientela privata. A poco evidentemente è servito il recupero inscenato nel pomeriggio dai bond sovrani (e guidato dal Bund tedesco) dopo una mattinata all'insegna delle vendite, visto che alla fine della prima giornata di offerta le richieste per il titolo con scadenza ottobre 2024 da parte della clientela retail si sono fermate a circa 1,2 miliardi di euro. Il quantitativo di ieri è inferiore a quanto registrato nelle altre sedute di esordio (se si esclude l'emissione del giugno 2012) e raggiunge più della metà anche rispetto allo scorso aprile, quando il lunedì si era chiuso a 2,3 miliardi di euro (e oltre 28 mila contratti contro i 15.110 di ieri) e il quantitativo complessivo aveva poi raggiunto quota 8 miliardi. I1 Tesoro, da parte sua, non ha però particolari motivi per preoccuparsi, perché per restare in linea con le ultime emissioni (cioè l'obiettivo «ufficioso» indicato la scorsa settimana dal direttore del debito pubblico del Mef, Maria Cannata) ha ancora a disposizione le giornate di oggi e di domani, oltre alla mattinata di giovedì riservata espressamente agli istituzionali. E anche perché nelle ultime operazioni (cioè a partire del 2014) l'intento pur non dichiarato del Ministero era stato semmai quello di arginare le richieste, divenute perfino eccessive per una più efficace gestione del debito italiano negli anni a venire. Il tasso cedolare minimo dello 0,35 per cento garantito dal BTp Italia in collocamento, al quale andrà poi sommata l'inflazione italiana, non è del resto valore in grado di attirare in modo particolare l'attenzione dei risparmiatori (al pari di tutte le altre obbligazioni di scadenza simile in circolazione), anche se potrebbe rappresentare motivo di attrazione per gli istituzionali sempre a caccia di rendimenti un minimo appetibili in un contesto di tassi prossimi (se non inferiori) allo zero. Il tema dell'inflazione sembra poi essere di nuovo di attualità sul mercato, complice il ritorno di fiamma delle materie prime. Anche ieri parte del rally mattutino dei rendimenti dei titoli di Stato si è accompagnato alla conferma del dato sull'indice dei prezzi al consumo del- l'Eurozona, che a settembre è aumentato dello 0,4 per cento dallo 0,2 per cento del mese precedente. E' vero che si resta ancora sensibilmente distanti dall'obiettivo Bce («al di sotto, ma vicino al 2 per cento »), ma è altrettanto vero che, in previsione di un effetto base favorevole esercitato dalla componente delle materie prime nei mesi a venire, sono diversi i trader che iniziano ad affilare le armi. Qualche analista frena le attese, come Fabio Fois di Barclays che avverte come «nonostante i rischi di essere distorta al rialzo dal prezzo del petrolio, la tendenza di fondo dell'inflazione rimane debole». Ma è soprattutto seguendo il movimento dei Treasury americani, i cui rendimenti sono ieri scesi correggendo in parte il balzo di venerdì dopo le parole del presidente Fed Janet Yellen e approfittando della debolezza dei dati relativi all'indice New York Empire Manufacturing e della produzione industriale Usa, che i titoli di Stato europei hanno cambiato direzione chiudendo tutto sommato non lontano dai valori della vigilia. Il Btp decennale è comunque salito di 3 centesimi all' 1,40 per cento e lo spread con la Germania si è portato a 135 punti base. Meglio, per quanto riguarda l'Italia, è andata a Piazza Affari: l'unica fra le principali Borse europee schiudere se pur marginalmente ( + 0,27 per cento ) in territorio positivo. In questo caso ha contato la buona intonazione del comparto bancario (+ 1,26% per cento l'indice di settore) in una giornata che ha visto comunque Banco Popolare ( + 0,78 per cento ) reagire inmodo contenuto e Bpm (-3 per cento ) ritracciare rispetto al balzo di venerdì dopo il via libera delle rispettive assemblee alla fusione, ma soprattutto UniCredit ( + 2,28 per cento ) avanzare su indiscrezioni legate a future cessioni di asset.

SCENARIO BANCHE 47 Sole 24 Ore 18-ott-2016

L'analisi - BTp Italia sospeso fra retail e il palato sottile degli istituzionali art Isabella Bufacchi Quest'anno scadono tre BTp Italia, per un totale elevatissimo, 27 miliardi: vengono rimborsati dal Tesoro tre Buoni indicizzati all'inflazione italiana, emessi attorno all'apice della crisi del debito sovrano dell'euro, con durata di quattro anni e cedola reale rispettivamente del 2,45 per cento (7,3 miliardi), 3,55 per cento (1,7 miliardi) e 2,55 per cento (18 miliardi). Il 2012 era anche l'anno in cui la Federal Reserve lanciava la terza ondata di QE, il "QE3". Da allora il mondo è cambiato. Il BTp Italia lanciato ieri entra in un contesto, sia pur controverso, di un mercato dominato dall'attesa dell'avvio di una tiepidissima politica di rialzo dei tassi negli Usa e dalle incognite sollevate da una Bce che per il suo QE ha un problema tecnico di scarsità di titoli acquistabili e un problema sostanziale in un'inflazione che stenta a riportarsi al target di "vicino ma sotto il 2 per cento". Il tasso reale minimo garantito del nuovo BTp Italia, fissato dal Tesoro allo 0,35 per cento, è il più basso finora messo in vetrina ma non è detto che sia confermato alla fine del collocamento: il tasso definitivo, come quello minimo, sarà dato da calcoli in linea con il mercato secondario (ieri 0,33 per cento) con l'aggiunta di un piccolo premio. Al di là del tasso reale minimo, questo BTp Italia deve fare i conti con un mercato - soprattutto il retail - scosso da venti che soffiano in tutte le direzioni: i rendimenti dei titoli di Stato italiani, toccati ripetutamente i minimi storici quest'anno, stanno lievemente risalendo anche se restano incredibilmente bassi. Questo rialzo non è dovuto alle aspettative sull'inflazione europea ma piuttosto su quella americana e incorpora semmai una tensione del rischio- Italia in vista del referendum sulla riforma costituzionale. Chi acquista un BTp Italia, un titolo indicizzato all'inflazione e non ai tassi, scommette principalmente sul rialzo dell'inflazione nei prossimi otto anni, mentre si protegge contro il rischio di deflazione per la particolare caratteristica di un bond che non consente al prezzo di scendere sotto la pari. Anche il premio fedeltà per chi detiene il titolo fino a scadenza, acquistandolo all'emissione, attrae il retail, come il prezzo di emissione sempre alla pari e senza commissioni: ieri la prima giornata di collocamento al dettaglio ha registrato una domanda per 1,2 miliardi (contro i 2,3 miliardi del BTp Italia lanciato lo scorso aprile e i 2,4 del BTp Italia collocato nel 2012 per 18 miliardi, di cui oltre 7 agli istituzionali). L'offerta per il retail può restare aperta fino a domani, poi sarà il turno degli istituzionali : resta da vedere se questo titolo, nato per attrarre il risparmiatore, diventerà sempre più un BTp per il palato più sottile degli investitori istituzionali, italiani ed esteri.

SCENARIO BANCHE 48 Sole 24 Ore 18-ott-2016

Mps pronto a valutare il piano Passera - Mps pronto a valutare il piano di Passera art e Atlas

Marco Ferrando A fine luglio il «no» era stato secco. Questa volta il piano B per il Monte dei Paschi targato Passera non solo è approdato in consiglio con tanto di dettagli, ma negli ultimi giorni è stato oggetti di un doppio approfondimento, a cura del ceo Marco Morelli e dell'advisor Lazard. Non è un caso: l'impalcatura progettata in estate da Jp Morgan e Mediobanca è messa alla prova da un mercato poco incline a investire sulle banche italiane, e al tempo stesso l'alternativa presentata dall'ex ministro è stata affinata. Tanto è vero che ora non è escluso possa rimanere sul tavolo ancora per qualche settimana, cioè il tempo necessario per compiere una scelta più approfondita, e valutare gli spazi per una convergenza con l'altro schema già avviato. Si deciderà oggi, nel board del Monte convocato a Milano. Un'ennesima riunione decisiva, anticipata da una raffica di incontri con gli advisor: ancora ieri sera Morelli è stato visto entrare in Piazzetta Cuccia. Sia il manager che Lazard riferiranno dell'esame compiuto nel corso del week-end, e poi i consiglieri decideranno come muoversi. Escluso un addio al piano A, che ha dalla sua il doppio avallo di Tesoro e Bce, da diverse fonti contattate ieri da il Sole sembra emergere la volontà di diversi consiglieri di non privarsi della possibilità di approfondire il piano B. E addirittura di valutare un mix tra i due, diversi per filosofia ma tecnicamente molto più vicini di quanto non sembrassero a giugno. La proposta di Corrado Passera, che sarebbe stata inoltrata per tempo al Governo e oggetto di una prima presentazione a Morelli nella metà della settimana scorsa, comprende una lettera d'intenti di alcuni investitori istituzionali - l'unico per ora noto è il fondo Atlas di Bob Diamond - per un ammontare di circa 2,5 miliardi: un impegno scritto ma condizionato a una due diligence sulla banca da realizzarsi nell'arco di poche settimane, dunque in tempo utile per rispettare le scadenze concordate con Bce; unaltro miliardo, si apprende, sarebbe previsto come aumento in opzione ai soci attuali, mentre non si prevederebbe alcuna conversione dei bond. Come nel piano A si punterebbe alla maxi-cartolarizzazione di crediti in tandem con il fondo Atlante (che avrebbe dato il proprio benestare, anche se non vi è conferma), per un importo superiore a 32 miliardi anziché 27,7- ma soprattutto in una fase immediatamente successiva, e non contestuale, all'aumento. Non è un aspetto secondario: in questo modo, secondo lo schema Passera, le quote (cioè la tranche junior dei titoli cartolarizzati) dell'Spv fmirebbero a tutti i nuovi azionisti del Monte, e non a quelli attuali (come invece prevede il piano Jp Morgan). Così si spiegherebbe l'interesse dei fondi contattati da Passera, istituzionali interessati alla partita degli Npl che alla fine dell'operazione si ritroveranno non solo azionisti della nuova Mps, ma anche della sua maxi bad bank e della piattaforma di gestione delle sofferenze, il cui processo di cessione sarebbe interrotto. Da fonti vicine a Passera, che ha lavorato al progetto insieme ad alcuni advisor finanziarie industriali, si fa notare che l'intenzione non è quella di arrivare allo scontro, ma semplicemente di entrare nella partita. Svolgendo la due diligence necessaria a sbloccare l'impegno dei fondi e consentendo al cda di decidere entro la metà di novembre, in modo da poter presentare la propria scelta ai soci in assemblea Il tempo è poco, ma sarebbe sufficiente a valutare anche una possibile convergenza tra i due piani, che però porrebbe anche un interrogativo a livello di governance quale ruolo per Corrado Passera nella nuova Mps? L'ipotesi più verosimile sarebbe quella di una presidenza esecutiva al fianco di Morelli ceo, ma non è detto che a entrambi - già compagni di strada ai tempi della neo nata Intesa Sanpaolo- sia gradita. Altri passaggi cruciali, i1 Tesoro e la Bce. Un ingresso in campo di Passera, necessiterebbe di un avallo polirico del Governo, che di Mps attualmente è primo azionista. E un via libera della Bce, che aveva messo ii timbro su un piano da 5 miliardi di ricapitalizzazione e ora si troverebbe a dover valutare in pochi giorni un'alternativa che almeno all'apparenza comporta un contributo più limitato di risorse fresche. Unica certezza, il tempo. Che è pochissimo: da ordine del giorno oggi il cda deve convocare l'assemblea straordinaria dei soci per il i8 novembre, una delle poche date utili per poter chiudere tutta l'operazione, tra (eventuale) conversione dei bond e aumento di capitale entro la fine dell'anno. Sulla convocazione sarà verosimilmente indicato come oggetto di delibera assembleare l'autorizzazione al cda per un aumento fino a cinque miliardi, una formulazione ampia che consentirebbe di procedere indifferentemente con i due piani. Al momento sarebbe confermata anche l'approvazione del nuovo piano industriale fissata per lunedì prossimo

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SCENARIO BANCHE 50 Sole 24 Ore 18-ott-2016

L'effetto della fusione tra Bpm e Banco si estende in Borsa al sistema-popolari - art Popolari, effetto Bpm-Banco in Borsa

Paolo Paronetto Il via libera alla fusione tra Banco Popolare e Bpm lascia il segno a Piazza Affari. In una giornata positiva per il settore bancario (+1,3% il sottoindice Ftse Italia Banks), l'esito delle assemblee di sabato, che hanno sancito la nascita della nuova Banco Bpm Spa, ha avuto ieri un impatto generalizzato su tutti i principali titoli del comparto e soprattutto su quelli delle altre Popolari. «Con l'approvazione delle nozze tra Bpm e Banco c'è stato un ritorno di interesse sulle Popolari in vista di possibili nuove operazioni di fusione», concorda Luigi Tramontana, analista di Banca Akros. « Sono titoli molto a sconto - aggiunge - e ci si è resi conto che le operazioni di aggregazione possono effettivamente essere realizzate, nonostante i limiti posti dalla governance di una cooperativa, e possono creare sinergie». Gli acquisti in Borsa hanno così premiato in primo luogo la Banca Popolare dell'Emilia Romagna(+2,11%) e il Credito Valtellinese (+8,63%), da tempo osservati speciali nell'ambito del consolidamento bancario: già in passato l'istituto modenese aveva tentato approcci, anche se dal lato Creval non si era andati oltre alle dichiarazioni di apprezzamento estima. « Riteniamo possano essere le prossime banche coinvolte in M&A», spiegano dal desk di una Sim milanese, tanto più che il processo potrà ricevere impulso dall'imminente trasformazione di entrambe in società per azioni: Bper convocherà a breve i soci per fine novembre, mentre in Valtellina l'appuntamento è già fissato per il 29 ottobre. Sotto i riflettori, del resto, anche la Popolare di Sondrio (+54%), fino a oggi molto restia ad affrontare qualsiasi discorso in tema di aggregazioni. Tornando alle protagoniste dirette della fusione che il primo gennaio 2017 farà nascere il terzo gruppo bancario italiano, la seduta di Piazza Affari è stata a due facce: se da una parte il Banco ha guadagnato lo 0,78 per cento a 2,57 euro, portando a +30,6 per cento la performance degli ultimi venti giorni, dall'altra Bpm ha chiuso con la peggiore prestazione del Ftse Mib lasciando sul terreno i1 3,02 per cento a 0,4113 euro. Per l'istituto milanese si tratta in primo luogo di realizzi, dopo il +27,8 per cento fatto registrare dal 27 settembre, ma a pesare sono stati anche altri fattori. Il primo, di natura tecnica, riguarda il necessario riallineamento dei valori di Borsa al rapporto di concambio previsto dal progetto di fusione. Banco Bpm Spa nascerà infatti con l'attribuzione di un'azione del nuovo istituto ogni titolo Banco Popolare e ogni 6,386 titoli Bpm, per un azionariato che sarà composto al 54,6 per cento da soci del Banco e per i1 45,4 per cento da azionisti di Piazza Meda. Alla chiusura di venerdì scorso i prezzi di mercato erano scostati del 5,8 per cento rispetto a questo rapporto, ma la forchetta si è già ridotta al 2,2 per cento dopo la seduta di ieri. In secondo luogo, su Bpm si è spento l'appeal speculativo che, per ammissione dello stesso consigliere delegato Giuseppe Castagna, le avrebbe potuto far guadagnare molto terreno in Borsa in caso di fallimento della fusione col Banco: una Bpm Spa stand alone, sono parole di Castagna, sarebbe stata infatti «un bocconcino prelibato per fondi e banche estere». Le prospettive, secondo gli analisti, sono comunque positive per entrambi gli istituti: «Dopo il forte calo degli ultimi mesi - notano gli esperti dell'Icbpi - il multiplo implicito di Banco Bpm (0,35 volte il patrimonio tangibile a fronte di un Roe 2019 stimato al 7-7,5 per cento contro un target ufficiale del 9 per cento) appare ora interessante e lascia spazio per un potenziale di upside in ottica di lungo termine». «Il principale driver di rerating del titolo a questo punto - nota d'altra parte Equita Sim - è rappresentato dall'esecuzione del piano di riduzione dei rischi» imperniato sulla riduzione dello stock di crediti deteriorati. Gli attuali prezzi di mercato, aggiungono gli analisti, scontano uno dei seguenti scenari, giudicati «eccessivamente conservativi»: « Zero sinergie di costo oppure che il Banco Popolare a regime non superi il break even o ancora un deficit patrimoniale superiore al miliardo». Tra i titoli che a Piazza Affari hanno risentito delle ricadute dell'ok definitivo alla fusione c'è infine Ubi Banca (invariata). Tramontata defmitivamente l'ipotesi di poter riallacciare le trattative con Bpm in caso di stop al matrimonio col Banco, il mercato si è concentrato sulla possibilità che l'istituto debba lanciare un aumento di capitale se procederà con l'acquisizione delle nuove Banca Marche, Etruria e Carichieti.

SCENARIO BANCHE 51 Sole 24 Ore 18-ott-2016

UniCredit colloca bond senior per un miliardo art UniCredit ha lanciato un nuovo bond senior a tasso fisso, con scadenza 10 anni per un importo pari a 1 miliardo di euro. L'operazione ha visto la partecipazione di oltre 120 investitori istituzionali con ordini totali per circa 1,8 miliardi. Il titolo paga una cedola pari al 2,125 per cento con un prezzo di emissione pari a 99,644 per cento. Il bond Unicredit rappresenta la prima emissione senior istituzionale con scadenza decennale emessa da una banca dei paesi periferici dal 2013.

SCENARIO BANCHE 52 Sole 24 Ore 18-ott-2016

CariVerona e Unipol guardano al nucleo stabile art Paolo Zucca La trasformazione in Spa che ha accompagnato il via libera alla maxi aggregazione Banco-Bpm, lascia emergere le prime posizioni consistenti all'interno del terzo gruppo bancario italiano. Unipol, il finanziere Raffaele Mincione, la Fondazione CariVerona, e alcuni fondi (Norgest ha il 3per cento circa) si presentano in prima posizione per una ridefinizione di quell'azionariato stabile che diventerà prevedibilmente più consistente e leggibile ad aprile, quando si concluderà il breve vincolo del 5 per cento di tetto azionario. Per conto degli investitori in Athena, Mincione detiene i1 4,8per cento destinato a dimezzarsi nella nuova compagine. Il fondo non si è presentato però in assemblea. CariVerona ha lo 0,76 per cento nel Banco che è frutto di più aggregazioni con la testa in città. Per Unipol, che ha sottoscritto la quota di competenza (2 per cento) con il Banco, la quota è anche collegata allo sviluppo delle attività di bancassurance. Unipol è partner anche della Popolare dell'Emilia. «Quello che abbiamo capito fino ad oggi - ha dichiarato recentemente Alessandro Vandelli, ad di Bper - è che ci sono molti nostri azionisti che vogliono incrementare il proprio peso, ma sperano di avere condizioni di mercato diverse». Le popolari alle prese con la trasformazione in Spa (Creval i1 29 ottobre e nelle settimane successive Popolare Sondrio e Bper) confidano in un assetto stabile dei soci. «Prima della trasformazione in spa o comunque dell'assemblea 2017 - secondo Vandelli - avremo una buona composizione della struttura azionaria, nel nostro libro soci vedo famiglie storiche legate al territorio, la Fondazione Banco di Sardegna e altri investitori istituzionali». Per ora esiste l'Associazione "Bper Valori e Valore" con un possesso azionario stimabile nel 6 per cento circa cui dovrebbero aggiungersi le fondazioni Banco di Sardegna e di Vignola. L'obiettivo è garantire una transizione con i soci già esistenti e assicurare continuità in una fase di trasformazione dell'assetto di controllo. Ha compiuto un anno la trasformazione in Spa di Ubi Banca che ha sperimentato il percorso di costituzione di noccioli duri e i nuovi pesi azionari quando non vengono più misurati per testa. Seguendo le matrici storiche (la componente bresciana, ex spa seppure con un tetto azionario, e i soci bergameschi legati alla popolare) sono stati costituiti due patti che, con la Fondazione di Cuneo , sono stati in grado di esprimere il 17 per cento dell'azionariato. Sufficienti, nell'assemblea di bilancio del 2 aprile scorso, per ottenere consenso sulla lista per il consiglio di amministrazioni. Dove però gran parte dei fondi istituzionali ha votato per la lista dei tre "pesanti" consiglieri di minoranza, (ottenendo un risultato percentualmente superiore), segnale che non può essere sottovalutato. Nella compagine degli istituzionali spiccano Silchester (6,88 per cento) e Blackrock (4,98 per cento). Dal giorno della trasformazione in Spa (in ottobre 2015) i titoli Ubi hanno ceduto il 65 per cento contro i1 51 per cento dell'indice di comparto. Affrontano la trasformazione in Spa le due banche valtellinesi: al momento non vi sono posizioni rilevanti di investitori istituzionali e Popolare Sondrio è poco seguita dagli analisti. Al momento non si avvertono strappi sui titoli o segnalazioni di ingresso consistenti . Per le due banche di Sondrio la presenza di imprenditori nell'azionariato permette - in teoria - la costituzione di noccioli di continuità.

SCENARIO BANCHE 53 Sole 24 Ore 18-ott-2016

Parterre - Methorios e la fuga record dei vertici aziendali art Sta per succedere qualcosa di grave su Methorias, la piccola "merchant tank" romana, che ha tra i suoi azionisti la società maltese Futura Funds e la ex Lujan di Alfio Marchini, il candidato sindaco di Roma. Almeno a giudicare dalla fuga dei vertici aziendali. Il nuovo Ad Maurizio Tondo ha battuto ogni record nominato i1 20 settembre si è dimesso il 6 ottobre. A fine settembre se ne erano andati in tre: l'ex ad Luca Perconti, il direttore generale Matteo Petti e l'investor relator Franceso Falconi. Un esodo di massa che non promette nulla di buono per la società che non è stata ancora in grado di approvare il bilancio semestrale (lo farà nell assemblea del 24 ottobre), ha problemi evidenti di continuità aziendale con i due soci forti che hanno immesso nei giorni scorsi 200 mila euro di finanza ponte per reggere fino all'assemblea il titolo da1 3 ottobre è sospeso in borsa e viene da un bilancio quello del 2015 bocciato dai revisori, che ha visto perdite per oltre 50 milioni che doppiano le perdite 2014 di 23 milioni. Sono state svalutate a zero partecipazioni (come la Astrim di Marchini) e ora ci si chiede cosa sia rimasto di valore vero nell'attivo della merchant romana. Tra una settimana il responso che potrebbe essere esiziale. (Fa.P.)

SCENARIO BANCHE 54 Sole 24 Ore 18-ott-2016

Parterre - Quando a maggio la fusione Bpm-Banco rischiò di saltare art Dopo nove mesi dall' avvio delle trattative, lafusione tra Bpm e Banco Popolare è giunta sabato scorso alla conclusione positiva. Molto tempo, trattandosi della prima operazione gestita sotto la nuova Vigilanza bancaria unica della Bce, che ha imposto un aumento di capitale e svalutazioni su crediti al Banco, pur dopo la promozione a pieni voti degli stress test condotti dalla medesima Bce con l'Eba. Altro tempo è stato perso per il tentativo del Ministero dell'Economia di esplorare un alternativa aggregazione tra Bpm, Ubi e Mps,non andata in porto per il rifiuto dei vertici di Bpm. L'unico momento in cui la fusione tra Banco e Bpm ha rischiato davvero di saltare è stato quando a maggio i sindacati dei dipendenti, che controllavano la maggioranza del consiglio, hanno tentato di boicottare l'operazione ipotizzando una Bpm autonoma e tentando di coinvolgere Andrea Bonomi. In quell'occasione, Mediobanca da advisor del Banco si è trasformata di fatto in regista della fusione e coinvolgendo le Autorità è riuscita a mandare in porto una fusione che investitori, Autorità italiane ed europee auspicavano da anni (R.Fio)

SCENARIO BANCHE 55 Sole 24 Ore 18-ott-2016

Spafid rileva Fider e si allea con Carnelutti art Spafid, fiduciaria del gruppo Mediobanca, espande l'attività con un'altra acquisizione mirata. Si tratta di Fider, fiduciaria milanese che fa riferimento agli avvocati Luca Arnaboldi e Alberto Rittatore Vonwiller e ai commercialisti Paolo Baruffi, Gilberto Comi e Andrea Rittatore Vonwiller, tutti partner dello studio Carnelutti. L'operazione, in sostanza, riguarda l'acquisizione di un portafoglio di mandati fiduciari per un valore, in termini di masse in amministrazione, di un centinaio di milioni, ma comprende anche l'avvio di una stretta collaborazione tra Spafid e lo studio Carnelutti per offrire servizi professionali alle rispettive clientele. Per Spafid è la seconda operazione di questo tipo, dopo l'acquisizione di Consul fiduciaria, rilevata come ramo d'azienda dal gruppo di professionisti veronesi Mercanti-Dono, che era stata l'occasione per la controllata di Mediobanca di aprire una filiale a Verona per seguire la clientela del Nord-Est. Nel 2014 Spafid aveva rilevato invece Ifid, terza fiduciaria italiana. Spafid - che fornisce anche servizi di amministrazione e pianificazione per grandi patrimoni (tipicamente famiglie imprenditoriali) e servizi corporate (tenuta fiduciaria del libro-soci, gestione assembleare, adempimenti societari)- ha oltre 4 miliardi di masse amministrate e circa 150 clienti quotati (la metà di Piazza Affari). La società guidata da Stefano Pellegrino è ora in attesa dell'ok a operare anche come family office, con una nuova Sim costituita a luglio.

SCENARIO BANCHE 56 Sole 24 Ore 18-ott-2016

Credito a costi più alti con l'Ifrs 9 art Renzo Rocca Il documento di consultazione emanato dal Comitato di Basilea l'11 ottobre, ai fmi del calcolo dei requisiti di capitale, propone l'introduzione di un regime transitorio per l'applicazione del nuovo principio contabile lfrs 9 relativoa a gli strumenti finanziari. Ciò al fine di diluire nel tempo gli effetti negativi attesi sul patrimonio di vigilanza delle banche, connessi in particolare all'utilizzo delle nuove regole di rilevazione delle perdite su crediti (incurred loss model) e alla loro prima applicazione prevista dal 1 gennaio 2018. Le ragioni di tale intervento discendono dal fatto che l'impatto potrebbe essere significativo. Inoltre, il Comitato non ha ancora definito le interazioni tra il nuovo regime contabile e le regole prudenziali. Infine, l'applicazione dell'analogo standard emanato dal Fasb per il mercato statunitense è prevista con due anni di ritardo, ossia dal 1 gennaio 2020. L'Ifrs 9 introduce un sistema di valutazione forward-looking. L'obiettivo è quello di misurare la perdita attesa (expected losses) dello strumento finanziario sulla base di informazioni ragionevoli e disponibile senza costi o sforzi eccessivi, includendo informazioni storiche, attuali e previsionali. Con il nuovo modello il valore del credito è aggiornato nel continuo e la rilevazione della perdita risulta più tempestiva. Una modifica significativa rispetto al vigente las 39, che considera solo le perdite derivanti da eventi passati e alle condizioni attuali (incurred losses); gli effetti di possibili futuri eventi di perdita non possono essere considerati, anche quando siano attesi. Il momento cruciale della valutazione è rappresentato dall'identificazione della qualità del credito. A tal fine gli asset sono classificati in tre fasi (stage) in relazione al loro stato di salute: stage i (performing), stage 2 (under performing) e stage 3 (non per-forming); tenendo in considerazione che il passaggio da un stage all'altro non è definitivo. La diversa classificazione implica una differente modalità di calcolo della perdita attesa. Allo strumento finanziario inizialmente classificato in stage 1 si è applicato un accantonamento che consideri la perdita attesa a 12 mesi (12-month expected credit losses). Per queste attività fmanziarie, gli interessi sono rilevati sul valore di carico al lordo delle perdite. II passaggio allo stage 2 si verifica quando il rischio aumenta notevolmente e la qualità del credito risultante non è considerata a basso rischio. In questo caso la perdita attesa è rilevata tenendo conto dell'intera vita del credito (life time expected credit losses). L'iscrizione a conto economico degli interessi rimane immutata rispetto allo stage 1. Nel momento in cui il credito è considerato completamente deteriorato (stage 3) la sua valutazione è effettuata singolarmente e la perdita è rilevata tenendo conto dell'intera vita del credito (life time expected credit losses). Gli interessi sono rilevati al costo ammortizzato che tiene conto del valore contabile rettificato dagli accantonamento per le perdita di valore. Rispetto al principio attualmente in vigore, l'Ifrs 9 anticipa la rilevazione delle perdite rendendo il costo del credito maggiormente sensibile alla variazione del rischio. L'impatto non è solo contabilemaanchesulbusinss.]1 prezzo dei fmanziamenti a imprese e privati sarà più correlato alla rischiosità della controparte. Ciò potrà comportare una revisione del pricing soprattutto nel caso di passaggio allo stage 2, ossia per i crediti in bonis che hanno subito un incremento significativo di rischiosità. Questa migrazione rappresenta il principale elemento di criticità; pertanto potranno essere riviste le modalità di gestione andamentale dei crediti in modo da intercettare e gestire anticipatamente tale fase. Inoltre, si potranno modificare le politiche del credito pervalutaregli effetti della riforma sui tipi di fmanziamento più penalizzati (ad esempio, il medio/lungo termine).

SCENARIO BANCHE 57 Stampa 18-ott-2016

Mps, nel piano 3 mila esuberi - "Nel piano Mps tremila esuberi" Oggi il cda sul art piano Passera

GIANLUCA PAOLUCCI Sarebbero tremila gli esuberi di Monte dei Paschi contenuti nel piano che sta elaborando l'ad Marco Morelli. Di questi, ricorda l'agenzia Ansa, la metà sono «residui» del vecchio piano. In realtà, spiegano fonti vicine alla vicenda, i numeri del piano non sono ancora stati definiti e, aggiunge un analista, se questa cifra venisse confermata «sarebbe inferiore alle aspettative sul taglio dei costi». Per i numeri definitivi si dovrà aspettare ancora fino al 24 ottobre, quando un consiglio della banca dovrà approvare il piano che sarà poi presentato al mercato. Oggi invece un altro cda dovrebbe convocare l'assemblea, prevista orientativamente per la fine di novembre. Dalla convocazione si capirà se la proposta di Corrado Passera, arrivata a Siena lo scorso 13 ottobre e esaminata dal consiglio il giorno successivo, sarà ancora sul tavolo. Secondo quanto ricostruito, la proposta non contiene ancora impegni vincolanti d'investimento, ma indicazioni preliminari fino a 2,5 miliardi di euro. La parte mancante per arrivare ai 5 miliardi annunciati in luglio da Mps arriverebbe dalla conversione di bond subordinati - in misura molto minore rispetto a quanto tentato da Jp Morgan e per questo più digeribile dal mercato -. E dalla destinazione a capitale degli utili futuri, opzione che però non è certo quanto possa essere gradita dalla Bce. Inoltre, Passera prevede di aumentare i crediti dubbi da cedere al veicolo che dovrà cartolarizzarli con la partecipazione di Atlante. L'intenzione del banchiere è quella di portare i crediti da vendere a circa 32 miliardi dai 27,7 annunciati in luglio, riclassificando a sofferenza una serie di posizioni da tempo classificate a incaglio. Tra i fondi contattati da Passera ci sarebbe Warburg Pincus e Atlas Merchant Capital, il fondo dell'ex numero uno di Barclays Bob Diamond. Morelli in questi giorni ha approfondito la proposta Passera con l'ausilio di Lazard. E dalla convocazione dell'assemblea si potrà capire se il piano avrà chances di essere accolto. La contropartita richiesta da Passera non sarebbe più il ruolo di amministrazione delegato, come nella proposta di luglio. Ma la presidenza, attualmente vacante. Di certo l'operazione prevista dal piano Morelli sarà con l'esclusione del diritto di opzione per gli azionisti attuali. E questo infatti l'unico modo, spiega una fonte, di accorciare i tempi di esecuzione consentendo di effettuare l'operazione entro la fine dell'anno. E proprio questo, spiegano alcune fonti, potrebbe rivelarsi un ostacolo per il piano dato che proprio gli azionisti attuali dovranno dare il via libera all'operazione in assemblea. Per questo, già nel piano di luglio era previsto per gli azionisti attuali la partecipazione agli utili della tranche junior della cartolarizzazione. L'altro passaggio chiave è la conversione dei bond subordinati. Alcuni grandi investitori istituzionali avrebbero già manifestato le proprie perplessità. Intanto la crisi Deutsche Bank potrebbe avere ripercussioni anche in Italia. Secondo alcune indiscrezioni l'istituto , oltre a tagli e cessioni, starebbe valutando anche l'uscita dal mercato retail di Spagna e Italia, il principale dopo la Germania per l'istituto di Francoforte.

SCENARIO BANCHE 58 Stampa 18-ott-2016

Bpm-Banco, la fusione accende il settore "Nuove aggregazioni l'anno prossimo" art FRANCESCO SPINI La fusione tra la Popolare di Milano e il Banco Popolare, con la nascita del Banco Bpm portata a compimento sabato nelle rispettive assemblee, si trasforma in Borsa in un'iniezione di fiducia su una nuova ondata di aggregazioni. Nella giornata di Piazza Affari brillano titoli come Popolare dell'Emilia Romagna (+ 2,1 per cento) insieme con Creval (+ 8,6 per cento), in vista di un possibile avvicinamento tra le due (lo rimarcano, in una nota di ieri, gli analisti di Intermonte); bene anche la Popolare di Sondrio (+ 5,3 per cento), nonostante quest'ultima sia ben decisa a perseguire la strada in solitaria. Si guarda poi a Ubi Banca (immobile a Piazza Affari), che - dopo aver tentato fidanzamenti sia col Banco, sia con Bpm - attende novità tra Roma e Francoforte sulla proposta di acquisto di Banca Marche, Etruria e CariChieti: «Non credo ci saranno novità in settimana», dice l'ad di Ubi, Victor Massiah. In attesa dell'unione tra Veneto Banca e PopVicenza, avversata dai sindacati, c'è attesa anche per le mosse di Unipol (+1,76 per cento), da tempo intenzionata ad accasare la propria banca in un gruppo più grande, si parla di Bper ma non solo. Insomma, qualcosa, dopo sabato, si ricomincia a muovere. «Probabilmente l'anno prossimo vedremo delle altre aggregazioni», vaticina a Bloomberg Tv l'ad di Bpm e futuro numero uno di Banco Bpm, Giuseppe Castagna. L'effetto dell'aggregazione lombardo-veneta (a cui per sette mesi hanno lavorato Mediobanca e BofA Merrill Lynch lato Verona, Citi e Lazard sul fronte milanese), in Borsa, vede Banco Popolare (+0,78%, a 2,57 euro) quasi allinearsi al concambio della fusione, mentre Bpm chiude in ribasso del 3 per cento, col venir meno della possibilità di una scalata. In futuro, chissà: il nuovo gruppo avrà una capitalizzazione importante (tra 4 e 5 miliardi) ma non proibitiva. Tra oggi e domani le due banche dovrebbero spedire ai sindacati la lettera con cui notificheranno la fusione: partiranno le trattative relative all'organizzazione (sono già stati concordati 1800 esuberi) della nuova struttura che sarà realtà dal primo gennaio. Entro l'anno ci sarà la scissione di Bpm Spa, alla cui presidenza siederà Umberto Ambrosoli, e la creazione di una Fondazione per il territorio milanese. A Verona il presidente Carlo Fratta Pasini e l'ad Pier Francesco Saviotti hanno spiegato l'operazione ai dipendenti collegati via streaming. Il consolidamento passa anche dalle manovre di Unicredit. La banca dopo la conferma delle trattative con Pzu su Pekao, sale del 2,28 per cento in Borsa. La competizione, ora, si accende per Pioneer. La società di risparmio fa gola ad Amundi che, finora, avrebbe presentato l'offerta più alta. Ma diversi osservatori (a cominciare da Kepler Cheuvreux) vedono nella disdetta del patto parasociale con Bpm su Anima data da Poste Italiane una mossa preparatoria in vista dell'affondo proprio su Pioneer, a cui il gruppo guidato da Francesco Caio guarda insieme con Anima e Cdp.

SCENARIO BANCHE 59 Technopolis 01-ott-2016

La rivoluzione è ora: banche, siete pronte? art Secondo una recente stima di Goldman Sachs, gli effetti della rivoluzione Fintech saranno estremamente rilevanti. Quanto? Le società che operano nei servizi finanziari rischiano di perdere 4,7 miliardi di dollari di ricavi l'anno a favore dei "new comer". Per questo i grandi attori del settore, dalle banche ai fondi d'investimento per arrivare ai colossi della gestione del risparmio, hanno iniziato ad adattarsi al nuovo verbo. Poco meno di un terzo degli istituti, secondo una recente indagine di Price Waterhouse Coopers, ha già in corso una partnership con startup Fintech, mentre il 22 per cento ne ha comprata o venduta una e il 15 per cento ha creato programmi di incubazione. Siamo solo all'inizio, è vero, ma la strada è tracciata e il passo forse più innovativo in questo percorso di cambiamento è la possibilità di annullare le distanze tra il risparmiatore e i mercati finanziari, di disintermediare il mondo del lending attraverso sistemi e servizi alternativi a quelli dei grandi operatori. Si parla dunque di banca agile, della necessità di far evolvere il mondo tradizionale e farlo convergere con quello innovativo delle Fintech. Si cerca la "ricetta" per massimizzare i benefici della trasformazione digitale, che le banche italiane, secondo molti addetti ai lavori, dovrebbero mettere in atto con urgenza per recuperare il tempo perduto. Significative, in tal senso, le parole spese da Silvio Fraternali, direttore area strategie operative integrate di Intesa Sanpaolo, al recente Banking Summit 2016 organizzato da The Innovation Group (Tig) a Milano. "La vera sfida", ha detto il manager, "consiste oggi nel trasformare il modello di generazione di valore con il digitale. La parte sommersa dell'iceberg della trasformazione è il cambiamento dei processi interni. Il digitale implica la revisione profonda del sistema informativo e l'azienda non deve perdere le competenze architetturali per governare la rapida obsolescenza delle tecnologie. E rompere le barriere per aprirsi al digitale richiede l'impegno anche operativo del top management". Una frontiera a cui tutto il settore finanziario sta guardando con estrema attenzione è sicuramente la tecnologia blockchain, cioè il registro distribuito per gestire le monete virtuali come i Bitcoin, che ha ricevuto pochi mesi fa il disco verde per la sperimentazione da parte della Banca d'Italia. Le sue peculiarità sono quelle di velocizzare i pagamenti e ridurre i costi e gli oneri delle transazioni. Una cinquantina di banche internazionali (fra cui Unicredit e Intesa Sanpaolo) hanno dato vita nel 2015 a un consorzio, R3, per definirne modalità d'uso e standard. Nel frattempo si osservano investimenti milionari: anche, se non soprattutto, in direzione delle star-tup che popolano a vari livelli l'universo del Fintech. Nei primi sei mesi del 2016, lo dice uno studio di Juniper Research, gli investimenti dei venture capital destinati alle nuove imprese innovative dei Bitcoin e della blockchain hanno sfiorato i 300 milioni di dollari. Canno passato il valore dei 131 round di finanziamento registrati nel mondo ha sfiorato i 500 milioni di dollari (la fonte è Cb Insights), mentre il volume delle risorse erogate dai venture capital alle startup dal 2012 a fine giugno scorso ha superato quota 1,2 miliardi. Ezio Viola, amministratore delegato di Tig, ha confermato che "l'interesse per il blockchain non è solo di banche, aziende finanziarie e società hi-tech che hanno sviluppato e stanno sviluppando prototipi di soluzioni e prodotti, ma anche di alcune banche centrali. Questo perché diverse analisi evidenziano come questa tecnologia possa cambiare il sistema con cui si gestiscono le transazioni finanziarie e come darà luogo a opportunità di sviluppo anche radicali in futuro". Ipotesi suffragata da alcuni numeri. Stando al "Fintech 2.0 Paper" redatto da Santander Inn Ventures, il solo settore del banking potrebbe ridurre i costi infrastrutturali delle transazioni interbancarie di 15-20 miliardi di dollari all'anno a partire dal 2022, mentre secondo il World Economic Forum il 10 per cento del Pil mondiale entro il 2025 transiterà attraverso una soluzione blockchain. E c'è un'ultima proiezione, alquanto indicativa, estratta da una recente indagine di Deloitte ("Out of the blocks: from hype to prototype"): lo sviluppo di prodotti e servizi finanziari basati su questa piattaforma è stato inserito nella lista dei "todo" dal 92 per cento degli istituti di credito. Gianni Rusconi

SCENARIO BANCHE 60 Technopolis 01-ott-2016

La moneta legale vivrà oltre le valute virtuali art Le cripto valute possano provocare una riduzione nell'utilizzo di quelle tradizionali? Il pensiero comune è per una risposta affermativa. In realtà, e a dirlo sono degli esperti in materia, questa ipotesi è da considerarsi improbabile. Uno studio dello Swift Institute ("Virtual currencies: Media of exchange or speculative assets?") ha analizzato la relazione in essere tra le monete virtuali, come il Bitcoin, e quelle a corso legale. Diverse le evidenze emerse, e la principale suona come una sorta di bocciatura: è improbabile, si legge nell'abstract dello studio, che le valute virtuali possano avere un impatto sul denaro in forma tradizionale, riducendone l'impiego. I fenomeni di speculazione che interessano le prime pregiudicano, infatti, la loro utilizzabilità come mezzo di scambio e rendono improbabile l'ipotesi di una sostituzione di valute legali come il dollaro americano. La ricerca ha quindi preso in considerazione (e di mira) il Bitcoin. L'analisi empirica dei valori e dei "wallet" della cripto valuta per eccellenza conferma come essa sia usata principalmente come investimento speculativo e non come mezzo di scambio. Non esiste, secondo gli esperti, alcuna correlazione tra i rendimenti dei Bitcoin e gli strumenti di investimento tradizionali (di tipo azionario, per esempio). Le valute virtuali, per contro, non rappresentano un rischio per la stabilità monetaria ed economica. Almeno nell'immediato. Rimane il fatto che "sono le monete tradizionali a scoraggiare l'utilizzo dei Bitcoin e non il contrario, come si crede comunemente", sottolinea KiHoon Hong della Hongik University College of Business, uno degli autori della ricerca. "Ed è lo stesso mercato del Bitcoin a impedire a questa valuta di divenire un effettivo mezzo di scambio". Erika Toso, head of and South East Europe di Swift, è dell'idea che siamo in uno stadio ancora iniziale, in cui "gli operatori tradizionali devono capire velocemente come evolvere, mentre i new-comer del Fintech devono raggiungere massa critica per diventare realmente competitivi sul mercato". Il settore dei servizi finanziari come l'abbiamo conosciuto finora, spiega la manager, "sta profondamente cambiando perché nuove tecnologie stanno mettendo in discussione modelli di business consolidati, aprendo a nuove opportunità. Crediamo che blockchain e gli strumenti distributed ledger rappresentino una grande risorsa nella definizione dell'offerta di servizi di domani. Pero occorre investire metodicamente ed evitare di farsi trascinare da facili entusiasmi, perché si tratta di tecnologie non ancora mature". La strada è dunque tracciata anche se, conclude Toso, "ci sono molte complessità da risolvere e domande a cui occorre dare risposta prima che sistemi come blockchain possano trovare applicazione su scala industriale nei mercati finanziari". P.A.

SCENARIO BANCHE 61 Corriere di Siena 18-ott-2016

"Abbiamo aiutato 2.000 persone" - "Abbiamo aiutato duemila persone in dieci art anni"

SIENA - Era l'ottobre del 2006 quando l'appena nato Microcredito di Solidarietà erogò il primo prestito sociale: a beneficiarne fu un ex carcerato che, appena uscito di galera grazie all'indulto, si ritrovò per sua fortuna libero ma al tempo stesso senza il becco di un quattrino. E allora intervenne il Microcredito di Solidarietà che dette all'uomo una cifra per consentirgli di prendere almeno una stanza in affitto. Quello è stato il primo di ben duemila casi che si sono registrati in dieci anni nel territorio senese Dall'ottobre del 2006 all'ottobre del 2016 sono trascorsi già due lustri. Il presidente del Microcredito di Solidarietà Mario Marzucchi può essere soddisfatto del lavoro portato avanti in un decennio da questo ente che fornisce prestiti sociali ad un tasso di solo i12% e che in pratica non chiede garanzie a coloro che ricevono il denaro. "Noi aiutiamo le persone in difficoltà, quelli che non riescono ad accedere ai prestiti bancari". La scusa per tornare a parlare dell'argomento è la nuova convenzione apnena stinula1 1 ta. Microcredito di Solidarietà, società di cui Banca Monte dei Paschi di Siena è socio fondatore e maggiore azionista con il 40% del capitale, e Cooperfidi Italia hanno infatti sottoscritto un accordo per favorire la patrimonializzazione delle cooperative associate attraverso prestiti ai soci lavoratori che si trovano in difficoltà per poterla sostenere L'accordo, firmato da Mario Marzocchi, presidente di Microcredito, e Mauro Frangi, presidente di Cooperfidi, è rivolto a persone residenti nelle province di Siena e Massa Carrara e nei comuni grossetani di Castel del Piano, Arcidosso, Seggiano, Civitella Paganico e Cinigiano, dove Microcredito di Solidarietà opera dal 2006 con una rete di centri di ascolto e di volontari dedicati. I finanziamenti saranno finalizzati alla sottoscrizione di quote di capitale della cooperativa a cui il richiedente è associato. Potranno essere erogati prestiti di importo fino a l Omila euro, con durata massima di 60 mesi. "L'accordo raggiunto con Cooperfidi Italia rappresenta un aiuto concreto ai lavoratori in difficoltà e un volano di sviluppo per le microimprese del territorio - dice Marzucchi -. Un passo avanti nel percorso di crescita del Microcredito di Solidarietà, che da sempreè impegnato a contrastare la povertà e il disagio sociale e favorire l'accesso al credito di soggetti che non sono in grado di soddisfare i requisiti richiesti dal tradizionale canale bancario. A dieci anni dalla sua nascita Microcredito si è trasformato e rafforzato, divenendo sempre più un punto di riferimento per tanti soggetti in difficoltà finanziaria". Questa convenzione è quindi indirizzata alle cooperative, con l'obiettivo di andare a fornire un contributo economico nel caso della necessità di una patrimonializzazione con un aumento di capitale. "Ce l'abbiamo messa tutta per dare vita a questa convenzione, ora vedremo quali saranno le risposte e le richieste". Un'attività in più, questa, che si aggiunge a quanto già scritto, e poi ai prestiti per gli studenti universitari che non riescono a pagare le rate dell'ateneo e al sostegno per la formazione professionale. Il Microcredito di Solidarietà, come afferma Marzucchi, nel corso degli anni siè rinforzato e oggi è una importante realtà del territorio senese. Anche se, si rammarica il suo presidente, "spesso non molte persone sembrano interessate a tutto quello che abbiamo fatto in questi dieci anni". Un lavoro encomiabile anche perché svolto completamente in maniera gratuita e volontaria. Un ente che esiste grazie al supporto fornito nel corso del decennio dalla Banca Mps, che detiene il 40% del capitale del Microcredito di Solidarietà, mentre Comune e Provincia di Siena detengono ciascuno un 15%. Le quote restanti sono di altri Comuni del territorio senese (10%), Diocesi di Siena (5%), Diocesi di Montepulciano (5%) e associazioni di volontariato (10%) dove sono presenti i centridi ascolto ai quali ogni persona può rivolgersi per avere informazioni e istruire la pratica per la richiesta del prestito.

SCENARIO BANCHE 62 FORMICHE.NET 17-ott-2016

Ecco il nuovo piano di Bnl-Bnp Paribas art La Banca nazionale del lavoro, principale controllata italiana del gruppo Bnp Paribas, rivede il proprio modello strategico puntando con decisione sui servizi a maggior valore aggiunto, a partire da corporate e private banking, pur senza trascurare il retail. LE NOVITA’ DEL PIANO Le nuove linee di sviluppo 2017-2020 presentate la scorsa settimana prevedono infatti una rifocalizzazione dell’attività alla luce del contesto macroeconomico caraterrizzato da bassissimi tassi di interesse e dell’evoluzione tecnologica del settore. Il piano messo a punto dall’amministratore delegato Andrea Munari si pone l’obiettivo di recuperare redditività, sostenendo i ricavi attraverso la crescita della base clienti e l’adozione di nuovi modelli di servizio. I NUOVI OBIETTIVI Nel private Bnl vuole aumentare la base clienti del 9,4 per cento con una crescita del 9,9 per cento degli asset under management, così da posizionarsi al terzo posto tra gli operatori italiani. Questo obiettivo sarà raggiunto attraverso un ampliamento della gamma di offerta con servizi non finanziari e la crescita nei segmenti dei grandi patrimoni e clienti chiave. Sulla finanza d’impresa invece si agirà focalizzando l’azione commerciale su finanza strutturata e operazioni di corporate banking e aumentando gli impieghi sui clienti migliori, il cosiddetto golden corporate. COSA CAMBIA NEL RETAIL Anche se l’impegno sui segmenti ad alto valore aggiunto sarà molto incisivo, il retail non verrà messo da parte. Il piano prevede infatti un’evoluzione del modello distributivo della rete, una forte attenzione alle nuove tecnologie e un ampliamento dell’offerta di prodotti e servizi. In particolare, si andrà verso una trasformazione dei modelli di agenzia con l’introduzione di nuovi formati. Non è escluso però che in futuro siano potenziate le sinergie intra-gruppo, sfruttando magari altre controllate italiane della galassia Bnp Paribas. Sul versante del credito deteriorato, l’obiettivo è accentrare la gestione specialistica in un centro di competenze unico per tutta la banca. Allo stesso tempo si lavorerà per assicurare la costruzione di competenze specifiche da sfruttare in caso di diversi sviluppi gestionali. LE RICADUTE OCCUPAZIONALI Sono stati annunciate ai sindacati le ricadute occupazionali del nuovo piano. Sono infatti previste 700 uscite, la riduzione del 30 per cento degli incentivi per il personale, la richiesta di 12 giornate di solidarietà e la chiusura di altri 100 sportelli. “Siamo in attesa di verificare come la banca intenderà gestire questi esuberi. Nel frattempo, diciamo chiaramente che non accetteremo mai prepensionamenti obbligatori o peggio licenziamenti. Se così fosse, scenderemo in piazza e bloccheremo il settore”, ha dichiarato ieri Lando Sileoni, segretario generale della Fabi a proposito del nuovo piano industriale della Bnl. Il 18 ottobre intanto ci sarà il primo incontro azienda-sindacati che aprirà ufficialmente la trattativa. (Pubblicato su Mf, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi) Luca Gualtieri

WEB 63 PENSIONIOGGI.IT 17-ott-2016

Nella Manovra sostegno per il prepensionamento dei bancari in esubero - art Pensioni Oggi

La manovra metterà a disposizione risorse pubbliche per sostenere il Fondo esuberi del comparto bancario fino a ora finanziato solo dalla categoria. Lo si apprende da diverse agenzie di stampa che citano fonti vicine al Governo. La novità fa seguito ad una serie di attenzioni rivolte dal Governo in questi ultimi tempi per consentire l'accompagnamento alla pensione dei lavoratori coinvolti in piani per la gestione delle eccedenze occupazionali nel settore bancario. La scorsa estate l'esecutivo ha sostenuto una misura per agevolare il pensionamento dei lavoratori del settore in occasione dell'approvazione del decreto legge sulle crisi bancarie (Dl 59/2016). L'articolo 12 del predetto provvedimento ha esteso, infatti, da cinque a sette anni il periodo di tempo entro il quale è possibile fruire dell'assegno straordinario di sostegno al reddito erogato alle imprese che aderiscono ai Fondi di solidarietà settoriali fino al conseguimento della pensione di vecchiaia o alla pensione anticipata. La misura, che vale per i soli anni 2016 e 2017, è finalizzata a spedire in pensione, a seguito di accordi sindacali, la forza lavoro in eccesso nel settore bancario coinvolto in questi anni da una massiccia crisi occupazionale. Ma ha messo in ulteriore crisi il Fondo già sotto pressione da alcuni anni a causa dell'innalzamento dei requisiti anagrafici disposti dalla Legge Fornero. E difficilmente da solo, ricordano i sindacati, riuscirà a gestire le circa 50mila uscite anticipate previste nei prossimi tre anni. Per questo i sindacati di categoria, soprattutto la FABI, hanno chiesto che il Fondo di solidarietà siano apportate risorse statali in modo da scongiurare il ricorso a licenziamenti collettivi del personale in esubero. Gli assegni straordinari di solidarietà, come noto, sono pagati formalmente dall'Inps ma non hanno una particolare incidenza sulle casse pubbliche in quanto la provvista viene fornita dal Fondo di Solidarietà per il credito a cui contribuiscono le aziende aderenti. La manovra dovrebbe ora stanziare delle risorse pubbliche aggiuntive per agevolare i processi di esodo bancario. Lo stanziamento sarebbe 'spalmato' su tre anni in maniera progressiva con una dote iniziale di 70-100 milioni di euro. Le associazioni del settore chiedevano uno stanziamento superiore, pari a 200 milioni di euro l'anno.

WEB 64 TUSCIAWEB.EU 17-ott-2016

“Ci mancava la sposa e abbiamo cercato tra le popolari… “ art Viterbo – “Ci mancava la sposa e abbiamo cercato tra le popolari… “. Mauro Paoloni, vicepresidente vicario viterbese di Banco Popolare – Banca popolare di Milano, spiega la fusione dei due istituti, appena avvenuta, con una battuta. Ma poi entra nel dettaglio della vicenda che ha dato vita al terzo polo bancario italiano, dopo Intesa Sanpaolo e Unicredit. “Siamo arrivati alla fusione con Banco popolare – racconta Paoloni – dopo un periodo travagliato della Banca popolare di Milano che, quando sono entrato nel 2011, risentiva di una serie di problemi notevolissimi derivanti dalla gestione Ponzellini. Abbiamo avuto una serie di ispezioni di Banca Italia e abbiamo chiuso in perdita per tre esercizi”. Cosa è successo poi? “Nel periodo che va dall’ottobre 2011 fino agli inizi del 2014, ci siamo ripuliti totalmente. Siamo riusciti a farlo prima degli altri, liberandoci delle partite in sofferenza. Eravamo pronti a fare utili con la nostra veste di popolare”. Poi è arrivata la legge con cui il governo Renzi ha deciso di “trasformare dieci banche popolari in società per azioni”. “Il decreto legge dà tempo fino al 27 dicembre 2016 per conlcudere questa operazione. Poi è successo il cataclisma delle quattro banche fallite che sono conferite nelle “good bank”, tra cui Etruria, le due banche Venete che sono saltate, Banco popolare che ha dovuto subire il peso delle acquisizioni che aveva fatto. In questo quadro, Bpm è diventata una specie di Cenerentola, perché crescevamo e facevamo utili, ripuliti dalle sofferenze. Abbiamo iniziato a guardarci intorno”. Fino alla fusione di questi giorni. In quali condizioni è avvenuta? “Siamo stati i primi a prospettare un’ipotesi nuova del diritto commerciale, ossia di trasformazione e fusione. Visto che il mercato ce lo consentiva, perché fino al 2015 il nostro titolo è salito tantissimo, fino al 70 per cento di incremento, la nostra scelta è ricaduta sul “merger of equals”, e cioè la fusione tra pari. Quello che, nel diritto italiano, è la fusione per unione, in cui due persone giuridiche si mettono insieme con gli stessi diritti”. Come siete riusciti a farlo. “Ci mancava la “sposa” e abbiamo cercato in giro tra le altre popolari. Siamo andati da quelle che avevano più o meno la nostra dimensione, come la Popolare di Emilia Romagna, che non ne ha voluto sapere”. Si spieghi. “E’ una banca localistica, noi siamo Milano, che, come si sa, è il centro della finanza ed è la banca popolare più antica, fondata da Luzzatti. Ci portavamo dietro un fardello pesante per gli istituti di periferia. Abbiamo anche approcciato con Ubi che però ci voleva comprare. Noi non volevamo anche perché la nostra tradizione sociale è molto forte”. Avete dunque scelto Banco popolare, e cosa è accaduto? “La fortuna ha voluto che, visto che il nostro titolo continuava a salire, il rapporto di composizione borsistica tra noi e Popolare, si è ribaltato. Bp è quattro volte noi, perché al suo interno ha cinque banche (Banca popolare di Verona, di Lodi, Novara, Bergamasco e Cassa di risparmio di Pisa-Verona- Lucca). Mentre all’inizio eravamo 35 a 65 per loro, siamo riusciti ad arrivare a 55 a 45 per noi. Questo perché hanno sofferenze e sono deboli sul mercato, condizioni che ci hanno consentito di negoziare una fusione alla pari”. Quindi? “Noi che siamo un terzo di Bp, come dimensione, abbiamo, come loro, nove consiglieri di governance. Avremmo, inoltre, l’amministratore delegato, che è il dottor Castagna, attuale ad di Bpm, e il vicepresidente vicario che sono io. A loro va il presidente del consiglio di amministrazione. Ci sarà quindi il cda e il collegio sindacale”. Quanto sono andate avanti le trattative. “Più di un anno, anche perché, nel percorso, ci sono stati una serie di intoppi paurosi, come il passaggio della vigilanza dalla Banca d’Italia alla Bce e poi la Brexit. Inotre, al momento degli accordi, avendo visto che il Bp era più in sofferenza, Bce gli ha chiesto, prudenzialmente, di fare un aumento di capitale di un miliardo. Un’operazione complicata e richiesta in un momento in cui la maggior parte degli aumenti di capitale fallivano. Loro invece sono riusciti a portare a casa il 100 per cento. Così siamo arrivati in fondo”. Con l’approvazione quindi… “Anche quella è stata problematica, perché BpM è una popolare spuria, in cui votano anche i dipendenti, che sono soci, e soprattutto c’è una compagine di pensionati, gli ex dipendenti, a cui lo statuto consente di avere 10 deleghe. In più, da noi, l’85/90 per cento dei dipendenti è iscritto al sindacato e quello più forte è la Fabi che, in questa operazione, è stato molto presente e attivo. Tra l’altro, il segretario generale Lando Sileoni è un viterbese come me. Il sindacato si è schierato in maniera forte per tutelare l’occupazione. E se è vero che, con l’aggregazione, sono usciti 1800 esuberi, va detto che sono tutti volontari”. Cosa intende? “Arriviamo al paradosso che la gente fa la fila per andare in esubero. A parte che i nostri erano già programmati, ma comunque, in tutti, fino al 2022 viene pagato l’accompagnamento fino all’età della pensione”. A quali problemi faceva riferimento prima riferendosi all’approvazione? “La nostra compagine

WEB 65 sociale è stata molto riottosa, specie quella dei pensionati. Quindi ce la siamo giocata fino all’ultimo. Nel frattempo, poi, col rinnovo del consiglio di sorveglianza dello scorso anno, i pensionati hanno voluto inserire un presidente esterno, quando noi ne avremmo presentato uno interno. E’ arrivato Nicola Rossi, ex consigliere di Massimo D’Alema, il quale ha remato a favore del gruppo dei pensionati. Con non poche difficoltà, specie sul voto straordinario per cui si devono raccogliere almeno due terzi del consenso e quindi almeno il 66% più uno. Noi abbiamo ottenuto il 72%, ma non è stato facile. La soddisfazione comunque è stata enorme perché tutti i dipendenti l’hanno accolta”. Quale sarà l’obiettivo della fusione? “Siamo di fronte a un mercato che è molto cambiato e l’obiettivo del nuovo gruppo è di conseguire 1,1 miliardi di utili al 2019, portare la redditività del capitale dal 5,5% al 9% e il Cet1, principale indicatore di solidità patrimoniale, dal 12,3% al 12,9%, spingendo al contempo su una forte riduzione dello stock di crediti deteriorati, destinati a ridursi da 31,5 a 23,9 miliardi. Dalla nostra abbiamo l’economia di scala e il fatto di essere i primi al Nord, per espansione e numero di filiali, e i primi in Lombardia insieme a Intesa. Essendo popolari, abbiamo anche un personale più attento al territorio e quindi con ricavi più buoni cioè che non portano sofferenze”. Nuove sfide? “Sarà quella di cercare delle fabbriche prodotto che le banche possono vendere attraverso la loro rete per avere elementi che creino commissioni e non interessi attivi”. Ci saranno risvolti per il Viterbese? “A oggi, non abbiamo niente in provincia, se non una filiale di Popolare. Essendo banche sane, noi, con Ubi e Intesa, potremmo essere una grande opportunità per il sistema, anche a Viterbo”. Lei fa questo mestiere da 30 anni… “Ho iniziato con la Cassa di risparmio di Viterbo nell’87, poi ho girato un po’, sono stato in Mediocredit, Banca di Roma, Unicredit e, dal 2011, in Popolare. Ho avuto incarichi di amministratore e sindaco e questo comporta un impegno maggiore e cioè di stare molto in banca e di essere in grado di valutare colui che è il numero uno e cioè l’amministratore delegato, che è al vertice della filiera. Una sorta di interlocutore con l’organo di vigilanza per comunicare anomalie, nell’ipotesi in cui ci siano. In questa nuova avventura, spero di poter dare una mano a Castagna e alla banca. Tengo anche al rapporto coi sindacati che hanno dimostrato maturità, difendendo razionalmente i lavoratori e buttandosi su questa operazione, reputandola la migliore per il mantenimento dell’occupazione”. Il curriculum di Mauro Paoloni pubblicato sul sito della BpM Nato a Viterbo il 17 aprile 1960. Vice Presidente del Consiglio di Sorveglianza di Banca Popolare di Milano. PERCORSO ACCADEMICO EDIDATTICO Professore Ordinario di Economia Aziendale presso l’Università degli Studi di Roma Tre facoltà di Economia “Federico Caffè”. 2000-2014: presso l’Università degli Studi di Roma Tre è titolare dell’insegnamento di “Economia Aziendale”, “Economia Aziendale Corso Avanzato” ed “Economia dei Gruppi e delle Concentrazioni Aziendali”. 1992-2000: presso l’Università degli Studi di Urbino ha insegnato “Ragioneria Generale e Applicata I”, “Ragioneria Generale e Applicata II” e “Economia delle Aziende e delle Amministrazioni Pubbliche”. 1999-2013: ha svolto incarichi di insegnamento nel Master di Diritto Tributario “A.Berliri” presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Bologna, nel Master di Revisione Aziendale presso la Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Pisa, nel Master per Giuristi d’Impresa presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma Tre, nel Master di Amministrazione, Controllo e Governance presso la Facoltà di Economia dell’Università di Roma Tre, nella Scuola di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza, presso la Scuola Superiore di Pubblica Amministrazione di Roma, nella Scuola Ufficiali dei Carabinieri di Roma. ATTIVITÀ PROFESSIONALE Dal 2015: è Sindaco effettivo dell’Agenzia Italiana del Farmaco. Dal 2014: è presidente del Consiglio di Amministrazione di BPM Vita S.p.A. (Gruppo Covea) Dal 2013: è Vice Presidente del Consiglio di Sorveglianza della Banca Popolare di Milano. È membro del Consiglio di Amministrazione di Unione Fiduciaria S.p.A.. È membro dell’Organismo di Vigilanza della Banca Popolare di Mantova. Dal 2012: è Sindaco Effettivo di Banca Akros S.p.A.; è Consulente Tecnico di Parte di Aerolinee Itavia S.p.A. in Amministrazione Straordinaria; è membro dell’Organismo di Vigilanza di Profamily S.p.A. Dal 2011: è membro del Consiglio di Sorveglianza e del Comitato di Controllo Interno della Banca Popolare di Milano; è Liquidatore Unico della Dahlia Tv S.p.A.; è Presidente del Collegio Sindacale dell’Associazione Nazionale Comuni d’Italia. Dal 2008: è Presidente del Collegio Sindacale di Cofiri S.p.A. (Gruppo Capitalia) oggi in liquidazione. Dal 2004: è Presidente del Collegio Sindacale di Credsec S.p.A., già operante nel settore della compravendita dei crediti. Dal 2010 al 2012: è stato Presidente del Collegio Sindacale di Hegemon S.p.A. operante nel settore del credito al consumo e cessione del quinto dello stipendio. Dal 2009 al 2010: è stato Consulente Strategico presso il Ministero dello Sviluppo Economico. Dal 2008 al 2014 è stato Presidente del Collegio Sindacale della Fondazione Policlinico Tor Vergata di Roma. Dal 2008 al 2011: è stato

WEB 66 Presidente del Collegio Sindacale di Cofiri SIM S.p.A. (Gruppo Capitalia). Dal 2008 al 2011: è stato Sindaco Effettivo della Unicredit Banca di Roma S.p.A. Dal 2007 al 2014: è stato Amministratore Indipendente Membro del Comitato di Controllo Interno e Capo degli Amministratori Indipendenti della Servizi Italia S.p.A., (Società quotata presso la Borsa Italiana). Dal 2007 al 2011: è stato Presidente del Consiglio di Amministrazione del fondo pensioni ESPERO. Dal 2006 al 2008: è stato Consulente Strategico al Ministero della Pubblica Istruzione. Dal 2006 al 2011: è stato membro del Consiglio di Amministrazione indipendente e Presidente dell’Organismo di Vigilanza della Selex Sistemi Integrati (Società del Gruppo Finmeccanica). Dal 2005 al 2010: è stato Presidente del Collegio Sindacale di Eurofiditalia S.p.A. operante nel settore del credito al consumo e cessione del quinto dello stipendio. 2005-2009: è stato consulente strategico del Presidente della Regione Lazio per le Aziende Sanitarie Locali e le Aziende Ospedaliere e per la scelta dei Direttori Generali delle stesse. Dal 2000 al 2008: è stato Sindaco Effettivo della Banca di Roma S.p.A. Dal 1990 al 1994: è stato Consigliere di Amministrazione della Cassa di Risparmio della Provincia di Viterbo e della Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia di Viterbo. È presidente del collegio sindacale e sindaco di numerose imprese operanti in diversi settori dell’economia. Svolge attività di consulenza per la finanza d’impresa, la ristrutturazione, le valutazioni e le operazioni straordinarie d’impresa. ATTIVITÀ SCIENTIFICA E PUBBLICISTICA dal 2011 è Giornalista Pubblicista e collabora con diverse testate giornalistiche per temi di ordine economico-aziendale e finanziario. È autore di oltre ottanta tra monografie ed articoli scientifici in tema economico- aziendale.

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