ISBN 978-88-6719-136-9 NAPOLI UNIOR 2016 PUTEOLI. STUDI DI STORIA ED ARCHEOLOGIA DEI CAMPI FLEGREI Studi distoriaedarcheologiadeiCampiFlegrei UNIVERSITÀ DEGLISTUDIDINAPOLI Giuseppe Camodeca-MarcoGiglio PUTEOLI “L’ORIENTALE” a curadi NAPOLI 2016

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Lo stadio di Cuma 3

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI “L’ORIENTALE” DIPARTIMENTO ASIA, AFRICA E MEDITERRANEO

PUTEOLI. STUDI DI STORIA ED ARCHEOLOGIA DEI CAMPI FLEGREI

a cura di GIUSEPPE CAMODECA - MARCO GIGLIO

NAPOLI 2016

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L’immagine di copertina è tratta da A. M. Bejarano Osorio, Una Ampulla de vidrio decorada con la planta de la ciudad Puteoli, in Memoria, Mérida Excavaciones Arqueológicas, 8, 2002 (2005), 513-532

Volume pubblicato con i fondi del progetto PRIN 2010-2011, Unità B, Colonie e Municipi della romana, diretta dal prof. G. Camodeca, Università degli studi di Napoli “L’Orientale”

ISBN 978-88-6719-136-9

Prodotto da IL TORCOLIERE • Officine Grafico-Editoriali d’Ateneo UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI “L’Orientale” finito di stampare nel mese di Dicembre 2016

Lo stadio di Cuma 5

INDICE

G. CAMODECA Presentazione ...... 7

Puteoli G. CAMODECA Nuove dediche puteolane di età augusteo-tiberiana poste da un gruppo di liberti ...... 11

Puteoli - G. CAMODECA Unguentarii e turarii in Campania: nuovi dati da Puteoli e Cumae ...... 23

Cumae S. IAVARONE Tra pubblico e privato: funzione ed evoluzione dei marciapiedi alla luce di un nuovo contesto dall’abitato di Cuma ...... 43 G. SORICELLI Terra sigillata "puteolana" al Museo Civico "Giuseppe Barone" di Baranello (Cb) ...... 67

Baiae e Bauli S. IAVARONE – M. STEFANILE Il relitto di età augusteo-tiberiana nei fondali di (NA) ...... 89

Misenum A. PARMA Le epigrafi recuperate nel porto di presso Punta Terone ...... 123 A. CUDEMO Miseno. Il complesso termale di via Dragonara ...... 135

Liternum P. GARGIULO – M. GIGLIO , villa romana in loc. Pagliarone ...... 181

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Tra Neapolis e Puteoli T. BUSEN L’odeion della Villa Imperiale del Pausilypon: nuove ricerche sulla progettazione architettonica in epoca romana ...... 211 M. GIGLIO et alii Nuove indagini presso il complesso archeologico di età romana delle Terme di Agnano ...... 233 R. CATUOGNO Integrazione e sviluppo di nuove metodologie per il rilievo archeologico. Il complesso delle Terme di Agnano ...... 259 G. FERRARI della Campania: lo speco di Macrinus ...... 273 A. PALMENTIERI Un sarcofago a ghirlande di produzione campana dal territorio di Pianura. Considerazioni sulle officine regionali d'età imperiale ...... 297

Schede epigrafiche 1. Puteoli (G. Camodeca) ...... 320 2. Puteoli (A. De Carlo) ...... 323 3. Puteoli (U. Soldovieri) ...... 325 4. Puteoli (M. Castiglione) ...... 327 5. Puteoli (M. Castiglione) ...... 330 6. Puteoli (U. Soldovieri) ...... 333 7. Misenum (A. Parma) ...... 335 8. Misenum (A. Parma) ...... 338 9. Misenum (A. Parma) ...... 340 10. Misenum (U. Soldovieri) ...... 344 11. Misenum (U. Soldovieri) ...... 348 12. Misenum – ma Roma (A. Parma) ...... 351 13. Incertae originis (Puteoli?) (G. Corazza) ...... 355 14. Neapolis (Pausilypum) (S. Russo) ...... 357 15. Neapolis (Pausilypum) (S. Russo) ...... 359

PRESENTAZIONE

Nell’ambito del programma dell’unità PRIN dell’Orientale su colonie e municipii della Campania romana chi scrive ha voluto dedicare un volume alle città dei Campi Flegrei (Puteoli, Cumae, Misenum e zone limitrofe), invitando a collaborare al progetto alcuni studiosi, fra i quali non pochi giovani e meno giovani suoi allievi, per cui si può ben sperare in una continuità di ricerche in questo campo, svolte con passione e rigore di metodo. In tal modo si riprende, dopo un silenzio di molti anni, negli scopi e nei temi di studio la Rivista Puteoli. Studi di Storia antica. Questa Rivista nacque per iniziativa di un gruppo di persone, fra cui il sottoscritto, e per la lungimiranza e la sensibilità culturale dell’avv. Mario Manduca, allora Presidente dell’Azienda del Turismo di . Nata a Pozzuoli, quella Rivista seppe superare nei suoi tredici anni di vita (1977-1991) ogni localismo e guadagnarsi la stima scientifica internazionale, come fu riconosciuto persino in una sede notoriamente non tenera nei suoi giudizi come il Journal of Roman Studies in una recensione del 1993 all’ultimo volume allora apparso (p. 194 s.). Purtroppo gli elogi della prestigiosa rivista inglese suonarono come un necrologio, perché già dall’anno precedente Puteoli aveva definitivamente cessato le pubblicazioni. Non si ripeteranno qui i motivi, per lo più finanziari e burocratici, che portarono alla fine di quell’importante iniziativa culturale, che ha lasciato un vuoto finora non colmato. Chi scrive, unico superstite tra i fondatori di quella Rivista, con la pubblicazione di questo volume, che, come detto, di Puteoli riprende i temi di studio e in parte anche il titolo, ha inteso farla rinascere in forme nuove, con collaboratori per lo più giovani, che non di rado sono stati suoi allievi. Si tratta, per così dire, di un numero zero, nella speranza che iniziative ora in corso consentano di riprendere con continuità, al limite in rete, il programma con cui Puteoli nacque anni fa e mantenerne il livello e l’interesse scientifico. Sono sicuro che a queste notizie gli amici con cui realizzammo la prima serie di studi (in primis Mario Manduca e Angelo D’Ambrosio) saranno soddisfatti.

Giuseppe Camodeca Liternum, villa romana in loc. Pagliarone 209

Tra Neapolis e Puteoli 210 PATRIZIA GARGIULO – MARCO GIGLIO

GRAZIANO FERRARI – RAFFAELLA LAMAGNA

AQUA AUGUSTA DELLA CAMPANIA: LO SPECO DI MACRINUS

Introduzione

In età antica la presenza di ottimi porti, di sorgenti termali e di suolo fertile attrasse l’attenzione dei coloni greci e romani sui Campi Flegrei. Negli ultimi decenni del I secolo a.C. l’area era occupata da grandi ville nobiliari, peschiere, porti commerciali, impianti termali, e dalle strutture della flotta militare del Tirreno. I romani realizzarono numerosissime cavità, fra cui gallerie, acquedotti, cisterne, captazioni di acque termali e di vapori per riscaldare le strutture di superficie. Il principale svantaggio dei Campi Flegrei era l’assenza di fonti di acqua dolce. Il sottosuolo vulcanico era ricco solo di sorgenti minerali, inadatte ad un uso potabile. Per rifornire la popolazione in crescita e le flotte civili e militari, i romani progettarono un lunghissimo acquedotto in gran parte sotterraneo, denominato Aqua Augusta o Acquedotto Augusteo, captando le sorgenti di Serino, provenienti dai massicci calcarei dell’Appennino. Varie diramazioni portavano acqua alle città di , , e forse . Il ramo principale circuiva Napoli e raggiungeva Pozzuoli, Baia e Miseno, oltre a lasciare una diramazione per Cuma. Lo sviluppo dell’asse principale era di 105 km1, e ciò lo rendeva il più lungo acquedotto romano dell’epoca e l’unico a servire numerose città. A partire dal 2010 abbiamo in corso ricerche speleologiche sul percorso dell’Aqua Augusta nei Campi Flegrei2. Tali ricerche ci hanno permesso di riconoscere e documentare l’acquedotto che corre parallelo alla , un imponente traforo stradale che in età romana metteva in

1 La lunghezza dell’ Aqua Augusta è argomento dibattuto, a causa della scarsa conoscenza del tracciato reale. Keenan-Jones (2010, 130) presenta una sintesi dei valori apparsi in bibliografia: non considerando il valore di 35 miglia (63 km?) di Lettieri (c. 1560), relativo al solo tratto fra le sorgenti e la città di Napoli, risulta che il primo dato per la lunghezza di tutto l'asse principale dalle sorgenti a Miseno, pari a 92,592 km, venga fornito da Abate (1864, 28). In seguito molti commentatori adottarono la misura fornita da Sgobbo (1938, 89), pari a circa 96,5 km. I valori più recenti, forniti da Keenan-Jones (2010, 130), sono pari a 105 km per l’asse principale ed a 135 km comprendendo anche i rami laterali. Se si verificasse l’esitenza, al momento attestata solo da Lettieri (c. 1560), di una diramazione anche per Pompei, l’Aqua Augusta raggiungerebbe la lunghezza totale di 149 km. 2 I risultati ottenuti fino alla fine del 2012 sono sintetizzati in Ferrari - Lamagna 2013b. 274 GRAZIANO FERRARI – RAFFAELLA LAMAGNA collegamento Puteoli con Neapolis, sottopassando il costone di (Johannowsky 1953). Le ricerche bibliografiche e d’archivio hanno messo in evidenza il fatto che a poca distanza dalla Crypta era stato scoperto un altro tratto di acquedotto probabilmente pertinente all'Aqua Augusta, che conteneva una serie di iscrizioni di grande interesse, risalenti al 65 d.C. Abbiamo perciò dato inizio ad una ricerca sul campo volta a reperire nuovamente tali iscrizioni, per il momento senza esito, ma con interessanti risultati collaterali. La presenza di iscrizioni nell'acquedotto risalenti all'epoca di Nerone riveste un notevole interesse storico. Infatti, mentre la Crypta Neapolitana risulta citata da Seneca (Epist. VI, 57, 1-2) e probabilmente da Strabone (V, 4, 5) e Petronio (Satyricon, fr. XVI), non risultano riferimenti degli scrittori antichi relativi all'Aqua Augusta, se si eccettua una scarna citazione contenuta nel Codex Teodosianus (401 d.C.): forma, cui nomen Augusta est, quae in Campania sumptu publico reparata est (XV, 2, 8) (Camodeca 1997). Sono invece note due altre iscrizioni direttamente correlate all'Aqua Augusta della Campania. In comune di Bacoli (NA), località Scalandrone, si trova una galleria romana poco nota. Essa contiene un’iscrizione parietale che celebra l’apertura di un cunicolo di collegamento fra la galleria stessa ed un ramo dell’antica Aqua Augusta3. L’iscrizione riporta una data corrispondente al 30 dicembre 10 d.C. ed il nome del curator Aquae Augustae Decimo Satrio Ragoniano. Si tratta del più antico riferimento ante quem relativo all’Aqua Augusta. Proprio alle sorgenti dell'acquedotto, in comune di Serino (AV), venne ritrovata un'altra iscrizione che attesta il restauro dell'acquedotto negli anni 323-324 d.C. da parte dell'imperatore Costantino con i propri fondi (sua pecunia). L’iscrizione elenca anche le comunità cittadine servite: Puteolana, Neapolitana, Nolana, Atellana, Cumana, Acerrana, Baiana, Misenum (Sgobbo 1938), in ordine non topografico ma probabilmente di importanza. Le iscrizioni di Scalandrone e di Serino permettono di attribuire l’acquedotto all’età augustea, e più precisamente dopo il 27 a. C. e prima del 12 a. C. (Camodeca), e quindi non in diretta relazione con l’istituzione del Portus Iulius nei laghi di Averno e Lucrino, che è databile all’epoca della guerra contro Sesto Pompeo. Pertanto da questo punto di vista non si può ipotizzare un progetto unitario, legato al nome dell'architetto Lucio Cocceio Aucto, citato da Strabone (V 4, 5).

3 Camodeca 1997; cfr. Varriale 2011; Ferrari - Lamagna 2013a. Aqua Augusta della Campania: lo speco di Macrinus 275

Il rinvenimento

Nel 1882 la Société Anonyme des Tramways Napolitain stava realizzando una tranvia a vapore fra Napoli e Pozzuoli. Per fare ciò, era necessario aprire una nuova galleria parallela alla Crypta neapolitana, che fin dall'età antica metteva in collegamento Mergellina con Fuorigrotta evitando l'impervio costone di Posillipo. Lo scavo della nuova galleria intercettò una cavità, costituita da un lungo cunicolo rivestito di intonaco idraulico. Si trattava evidentemente di uno speco di acquedotto. Esso fu esplorato per circa 100 metri in direzione sud, verso la Crypta, e per una distanza imprecisata in direzione nord. Il 30 dicembre 1882 il cunicolo venne visitato dalla Commissione Municipale dei Monumenti, composta dai professori Gennaro Aspreno Galante, Giulio De Petra,

Direttore del Museo Archeologico Fig. 1− sezione dell'acquedotto (Bassel 1883) Nazionale di Napoli, e Giulio

Minervini, insieme al sindaco di Napoli Girolamo Giusso. All'interno del cunicolo vennero ritrovati importanti graffiti, incisi sull'opus signinum quando esso era ancora fresco. Il Comune di Napoli dispose la rimozione dei depositi sciolti che ostruivano lo speco ed i funzionari archeologi poterono così approfondire le ricerche. La sezione del cunicolo era rettangolare voltata con pareti verticali rivestite di opus signinum, a sua volta ricoperto di abbondante deposito di concrezione. Le misure riportate variano fra 1,7 m di altezza per 0,8 m di larghezza (Ruggiero 1883) e 1,5 – 2,0 m di altezza per 0,6 m di larghezza, che alla base si restringeva fino a 0,3 m a causa del deposito di concrezione (Bassel 1883, fig. 1). Viene anche riportata una misura minima di 0,90 x 0,47 m (Colonna 1898, 71). 276 GRAZIANO FERRARI – RAFFAELLA LAMAGNA

Nel ramo nord era stata segnalata la presenza di un graffito e la Commissione, nonostante la ristrettezza degli spazi e la scarsa illuminazione, fu in grado di reperire ben tre varianti della stessa iscrizione, una sul lato di destra dello speco e due sulla sinistra. In esse, la lettera E era realizzata mediante due linee verticali, la F mediante una linea e mezza, la L con una linea verticale ed una obliqua. Le parole erano separate da linee oblique. Le erano alte 0,25 metri. La prima iscrizione, lunga 9,35 metri (Colonna 1898, 72), venne trascritta come segue: Macrinus • Diadumeni • Aug(usti) • l(iberti) • proc(uratoris) • Antoniani • disp(ensator) • hic • fuit • Nerva • et • Vestino • co(n)s(ulibus) • pr(idie) • idus • Ianuarias. [Macrinus, dispensator del liberto imperiale e procurator Diadumenus Antonianus, fu qui durante il consolato di Nerva e Vestino, il giorno precedente le idi di Gennaio] (trascrizione e scioglimento di questa e delle successive iscrizioni da Eph. Ep. VIII, 335-337) Si tratta quindi di un’operazione effettuata il 12 gennaio 65 d.C. da un Macrinus, che percorse il condotto probabilmente durante una visita ispettiva, lasciando il proprio messaggio graffito sull'intonaco ancora fresco. Il secondo graffito differiva dal precedente per una sola parola: ambvlavit invece di fuit, ma era seguito dal disegno di una fronda di palma.

Fig. 1 − segni grafici incisi sulle pareti (Le Blant 1883)

Fra il secondo ed il terzo graffito si trovava anche una scritta a carminio: liberi vivas, apparentemente un'acclamazione ad un Liberio. La terza iscrizione, lunga ben 14,35 metri (Colonna 1898, 73), comprendeva alcuni interessanti riferimenti topografici: Macrinus • Diadumeni • Aug(usti) • l(iberti) • proc(uratoris) • Antoniani • disp(ensator) • hic • ambulavit • a • villa • Polli • Felicis • quae • est • Epilimones • usque • ad • emissarivm • Paconianvm • Nerva • et • Vestino • co(n)s(ulibus). [Macrinus, dispensator del liberto imperiale e procurator Diadumenus Antonianus, giunse qui dalla villa di Pollio Felice, che è epilimones, fino all’emissario Paconiano, durante il consolato di Nerva e Vestino] Aqua Augusta della Campania: lo speco di Macrinus 277

Fig. 3 − ricostruzioni di strumenti per la livellazione (Vitruvius 1511)

È doveroso ricordare che in un primo momento la parola emissarium (IIMISSARIVM) era stata interpretata come II MILIARIVM (Minervini 1883a). Solo una seconda ricognizione da parte dei proff. De Petra e Sogliano (Ruggiero 1883) permise di stabilire la lezione che fu poi adottata da tutti i commentatori. Nella stessa ricognizione fu possibile identificare altri graffiti incisi sull'intonaco, posti a 100 piedi romani di distanza (29,57 metri), interpretabili come misure progressive di lunghezza. Altre misure di lunghezza furono reperite sul tufo della parete in un tratto in cui l'intonaco idraulico era caduto. Infine, fu notata la presenza di vari segni grafici di problematica interpretazione. L'unica descrizione di tali segni ci viene fornita da Michele Ruggiero: “delle croci o dei tridenti e ... una figura formata di una lunga retta verticale con quattro denti a destra, e con entro un disegno di aspetto singolare, che pare voglia raffigurare una specie di scaletta obliqua chiusa in un rettangolo e svolgentesi a destra; le cui branche il disegnatore pretese forse di tracciare in alcune linee parallele prospettiche” (Ruggiero 1883). 278 GRAZIANO FERRARI – RAFFAELLA LAMAGNA

L'abate Cosimo Stornaiuolo, discepolo del Galante, effettuò uno studio su questi segni grafici e lo espose in una conferenza presso l’Accademia pontificia di archeologia. Purtroppo lo studio e la conferenza rimasero inediti. Solo l’archeologo e storico francese Edmond-Frédéric Le Blant, direttore dell’École Française de , pubblicò una breve nota sulle ricerche di Stornaiuolo, riportando anche una figura (fig. 2) che rappresentava questi segni (Le Blant 1883). Secondo Le Blant, Stornaiuolo interpretava i primi quattro segni come rappresentazioni di libellae, mentre gli ultimi tre erano raffigurazioni di librae aquariae. Un’incisione da un’edizione di Vitruvio del 1511 (fig. 3) permette di confrontare i segni riportati da Le Blant con le ricostruzioni moderne degli strumenti di livellazione descritti da Vitruvio (chorobates, libra aquaria, dioptra). L'interpretazione dei riferimenti personali e topografici nelle iscrizioni di Macrinus è argomento di una certa complessità e merita una trattazione specifica che non ricade nei settori di nostra competenza. È qui sufficiente ricordare che la villa napoletana di Pollio Felice risulta citata come limon da Stazio (Silvae, II, 2, 81-82; III, 1, 148-149), mentre la posizione dell'emissario paconiano è rimasta del tutto indeterminata. Gli studiosi napoletani pubblicarono immediatamente le prime considerazioni sul ritrovamento (Minervini 1883a; 1883b; Ruggiero 1883). Ad essi fecero eco gli studiosi tedeschi e francesi (Bassel 1883; Le Blant 1883; Mommsen 1883; Ihm 1889; Beloch 1890, 466). Ferdinando Colonna di Stigliano, segretario della Commissione Municipale dei Monumenti, descrisse ulteriori ricerche da lui compiute nel 18874, accedendo non più dalla galleria della tranvia ma dalla Crypta neapolitana, con lo speco finalmente in gran parte libero dal riempimento. Robert Günther, descrivendo ricerche svolte fra il 1893 ed il 1907, riportò precise misure di localizzazione dello speco all'interno della galleria della tranvia5, ma non è chiaro se abbia potuto percorrere effettivamente lo speco, dal momento che la sua descrizione della sezione ricalca quella fornita da Ruggiero6. Purtroppo, fin dal 1885 la Galleria della Tranvia manifestò lesioni interne (Landi 1932, 2), che indussero a sospendere il transito più volte. Nel 1912, per evitare il pericoloso incrocio di tram e pedoni all'interno della galleria, fu scavata a breve distanza una galleria minore, destinata al solo transito dei tram, ma ciò contribuì ad aggravare le condizioni statiche dei trafori, con un

4 Colonna 1898, pagg. 67-77. 5 Günther 1913, pagg. 131-132. 6 Ruggiero 1883. Aqua Augusta della Campania: lo speco di Macrinus 279 crollo importante nel 1919. Nel 1920 la galleria maggiore fu rivestita di muratura (fig. 4) ma subì un nuovo grave crollo nel 1925 (Landi 1932, 4), mentre fra il 1939 ed il 1940 le due gallerie furono unificate e trasformate nell’attuale Galleria 4 Giornate, nel quadro dei lavori per la realizzazione del Rione Fuorigrotta e della Mostra d’Oltremare. Queste operazioni però fecero sì che si perdesse rapidamente memoria dello speco dell’acquedotto e delle iscrizioni in esso contenute.

Fig. 4 − Le due Gallerie della Tranvia all'ingresso di Mergellina (Landi 1932)

Il problema della localizzazione

A partire dal 2012 abbiamo intrapreso uno studio speleologico sulla Crypta neapolitana (Ferrari – Lamagna 2015b), la grande galleria stradale, già citata in età romana, che costituiva l'opera più imponente della viabilità fra Puteoli e Neapolis (Johannowsky 1953). Le nostre ricerche si sono concentrate in particolare sul tratto di Aqua Augusta posto all'interno della parete nord della Crypta e ad essa parallelo. Oltre a documentarne i tratti di acquedotto sopravvissuti ai dissesti, abbiamo voluto verificare se fosse ancora possibile reperire il tratto intercettato dalla Galleria della Tranvia e le sue iscrizioni. 280 GRAZIANO FERRARI – RAFFAELLA LAMAGNA

Purtroppo, le indicazioni riportate nella bibliografia risalente all'epoca della scoperta erano assai lacunose e contrastanti, al punto da far affermare a Johannowsky: “Purtroppo il Colonna che esplorò quel tratto di cunicolo, attiguo alla crypta, ce ne ha lasciato una descrizione così piena di errori, dovuti forse in parte alla stampa, che non siamo in grado di precisare il luogo dove la scritta era incisa e la relazione del Ruggiero non è molto più chiara”7. I successivi dissesti e le operazioni di recupero relative hanno poi aggravato la situazione ed impedito di verificare le informazioni d'archivio. In effetti, le prime relazioni (Minervini 1883a; 1883b) riportano solamente la seguente indicazione: "Poco prima di giungere alla fine [della galleria]", senza però specificare a quale ingresso ci si riferiva. Nel seguito delle relazioni, le direzioni dei due tratti di speco tranciati dalla galleria fanno pensare che il punto di riferimento per la descrizione fosse l'ingresso di Mergellina. Ruggiero non riporta alcuna localizzazione dello speco rispetto alla galleria8, mentre Bassel fornisce la seguente indicazione: "Etwa 100 m von dem nördlichen Tunneleingang entfernt“9 [A circa 100 metri dall'ingresso nord del tunnel]. In realtà, la galleria è orientata approssimativamente Est-Ovest, più precisamente ENE (Mergellina) – WSW (Fuorigrotta), così come l’adiacente Crypta neapolitana. È quindi difficile stabilire con certezza a quale ingresso Bassel si riferisse. Colonna percorse lo speco nel 1887 provenendo dalla Crypta neapolitana, e riferì che esso sbucava nella galleria della tranvia: "A passi 140 dalla uscita al Villaggio Fuorigrotta"10. Il valore di 140 passi è singolare, poiché nelle sue misure Colonna impiegò uniformemente il sistema metrico decimale, salvo in alcuni valori relativi allo speco di Macrinus. Supponendo che Colonna intendesse il passo napoletano, pari a circa 1,85 metri, il valore di 140 passi equivarrebbe a 259 metri, cioè a poco più di un terzo della lunghezza della galleria da Fuorigrotta. Questo valore si accorderebbe bene con quanto riportato da Enrico Cocchia: l'acquedotto "S'incontra a due terzi della nuova galleria in vicinanza di Fuorigrotta"11. Robert Günther riportava però un valore diverso: "From its eastern entrance, … At a distance of 690 yards the southern wall intersects the aqueduct"12 [Dall'ingresso orientale ... Alla distanza di 690 yard la parete sud interseca l'acquedotto]. L'ingresso orientale era

7 Johannowsky 1953, 141. 8 Ruggiero 1883. 9 Bassel 1883, 27. 10 Colonna 1898, 72. 11 Cocchia 1888, 556, nt. 1. 12 Günther 1913, 131. Aqua Augusta della Campania: lo speco di Macrinus 281 situato a Mergellina, e la distanza di 690 yard corrisponde a 631 metri, cioè a 81 metri dall'ingresso di Fuorigrotta, dal momento che la Galleria della Tranvia risultava lunga 711,9 metri (Colonna 1898, 77). Günther riferì di aver ottenuto le misure dell'intersezione fra l’acquedotto e la Galleria della Tranvia grazie al “Signor Panunzi”13, che possiamo figurarci come il responsabile della manutenzione della linea tranviaria e quindi della galleria. L'incertezza delle misure ed il fatto che già pochi anni dopo la scoperta non era più possibile verificare direttamente l'effettiva posizione dello speco ha indotto col tempo a ritenere che il cunicolo dell'acquedotto fosse situato sul lato di Mergellina e fosse stato distrutto dalle evidenti attività di cava successive, legate alla realizzazione dapprima della stazione ferroviaria di Mergellina, ed in seguito della Galleria 4 Giornate. Cocchia puntualizzò in modo netto il possibile equivoco: “[L’acquedotto] non va punto confuso coll'altro principale che si scorge nell'entrata delle due grotte dalla parte di Napoli”14. Anche per quanto riguarda le direzioni e le lunghezze dei tratti dello speco disponiamo di informazioni non molto chiare ed a volte contrastanti. Sicuramente la Galleria della Tranvia aveva diviso l'acquedotto in due sezioni: una verso sud, cioè sulla parete sinistra della galleria provenendo dall'ingresso di Mergellina, ed una verso nord, sulla parete destra. La sezione di sinistra si dirigeva verso la Crypta neapolitana, piegando verso Mergellina e biforcandosi (Ruggiero 1883), fino a percepire distintamente il rumore del traffico nella galleria antica. Colonna nel 1887 percorse questo tratto penetrandovi da uno spiraglio della Crypta, posto 4,1 metri sopra il piano stradale15. Procedette quindi nel cunicolo parallelamente alla Crypta, per poi piegare a sinistra verso nord e poi a destra, fino a sbucare nella Galleria della Tranvia, a 4,4 metri dal piano di calpestio16. In questa sezione erano presenti misure di lunghezza incise sull'intonaco: poco dopo l'accesso dalla Galleria della Tranvia era visibile il numero 1000 in caratteri romani; dopo 29,57 metri, equivalenti a 100 piedi romani, si trovava il numero 900 e dopo altri 29,57 metri il numero 800. Si tratta quindi di almeno 60 m di sviluppo, oltre i quali l'intonaco era caduto e non vi era la possibilità di

13 Günther 1913, 131. 14 Cocchia 1888, 556, nt. 1. 15 Colonna 1898, 70. 16 Colonna 1898, 71-72. 282 GRAZIANO FERRARI – RAFFAELLA LAMAGNA reperire altre misure. In effetti, la Galleria della Tranvia distava dalla Crypta circa 100 metri.

Fig. 5 − schema dell'intersezione fra galleria ed acquedotto

Anche la sezione di destra presentava regolari misure di lunghezza ogni 100 piedi romani, a partire dal valore 100, poco lontano dall'accesso, fino al valore 500. Si tratterebbe quindi di almeno 120 metri di speco, con percorso tortuoso e sezioni di dimensioni variabili (Colonna 1898, 72). Il fatto che poco lontano dall'imbocco della sezione di sinistra si trovasse il numero 1000, mentre vicino all'imbocco di destra si trovasse il numero 100 fa pensare che lo scavo della galleria non abbia causato la distruzione di una misura intermedia fra le due. Ciò però costituirebbe un indizio contrario all'ipotesi che Colonna abbia impiegato il passo napoletano nelle misure relative all'intersezione fra speco e galleria. Infatti Colonna riferisce che gli imbocchi delle due sezioni dell'acquedotto erano disassati di 25 passi (Colonna 1898, 72). Se questo valore fosse espresso in passi napoletani, esso corrisponderebbe a 46,25 m. Dato che la galleria era larga 10 m è agevole comprendere (fig. 5) che un triangolo rettangolo avente cateti lunghi 10 m e 46,25 m (X in fig. 5) avrebbe ipotenusa pari a 47,3 m (Y in fig. 5). Tale sezione, distrutta dallo scavo della galleria, avrebbe dovuto contenere almeno un valore numerico di distanza, dal momento che essi erano intervallati da 29,57 m. È possibile che Colonna intendesse usare il piede Aqua Augusta della Campania: lo speco di Macrinus 283 napoletano almeno per questa misura, che corrisponderebbe quindi a 6,61 m. Ciò si accorderebbe meglio con la affermazione di Ruggiero: “[il cunicolo] traversa un po’ a sbieco il cennato traforo”17, ed implicherebbe che il tratto distrutto fosse stato lungo solo 11,99 m. Anche sulla posizione delle tre iscrizioni vi sono alcune discordanze. I tre testimoni diretti (Minervini, Ruggiero e Colonna) sono concordi nell'affermare che esse si trovavano tutte nella sezione di acquedotto a nord della galleria; Colonna aggiunge che la prima iscrizione era situata oltre la metà del percorso dello speco18. Essa era caratterizzata dal verbo fuit ed era situata sulla parete destra, mentre l'iscrizione con il verbo ambulavit era sulla parete sinistra. La terza iscrizione, con i riferimenti topografici, era posta sulla parete sinistra per Minervini e Ruggiero, mentre era sulla parete destra per Colonna, a 10 passi di distanza dall'iscrizione con fuit19. Colonna riferisce inoltre che poco dopo l'ultima iscrizione si apriva sulla volta un pozzo ostruito del diametro di 0,89 metri. Il cunicolo proseguiva ancora, parzialmente interrato, per altri 50 passi in linea quasi retta, fino ad un'altra galleria, secondo Colonna appartenente alla Ferrovia Cumana20. Purtroppo Colonna non fornisce ulteriori dettagli su questo estremo, ma se egli aveva utilizzato il passo napoletano è possibile calcolare approssimativamente la distanza percorsa come segue: lunghezza prima iscrizione (9,35 metri) + distanza fra la prima e la terza iscrizione (10 passi, 18,5 metri?) + lunghezza della terza iscrizione (14,35 metri) + lunghezza residua (50 passi, 92,5 metri?). Tale distanza, pari a 134,7 metri, andrebbe almeno raddoppiata dato che le iscrizioni secondo Colonna si trovavano oltre la metà del percorso21, ottenendo quindi una distanza totale superiore ai 270 metri, in buon accordo con il fatto che la Galleria della Cumana dista dalla Galleria 4 Giornate da un minimo di 230 ad un massimo di 290 metri. In ogni caso, è evidente che le misure precedenti devono essere considerate del tutto ipotetiche, a causa dell'eccessivo livello di incertezza nella documentazione da cui sono ricavate.

17 Ruggiero 1883, 20. 18 Colonna 1898, 72. 19 Colonna 1898, 73-74. 20 Colonna 1898, 75. 21 Colonna 1898, 72. 284 GRAZIANO FERRARI – RAFFAELLA LAMAGNA

I terremoti del 62 e del 64 d.C.

Il fatto che il tratto di acquedotto fosse oggetto di restauro nel 65 d.C. ha indotto a ritenere che le cause dell'intervento manutentivo fossero da ricercare in lesioni causate dai terremoti vesuviani. Quando si parla dei danni subiti in età romana dall’acquedotto augusteo si pensa sempre all’eruzione del 79 d.C. che certamente è stato un grande evento catastrofico. Tuttavia la stessa eruzione era stata annunciata negli anni precedenti da numerosi terremoti di intensità ignota. Una completa rassegna delle informazioni note sulle eruzioni vesuviane e sui terremoti ad esse correlati è stata realizzata da Giovanni Ricciardi, da cui sono estrapolate anche le citazioni seguenti degli autori antichi22. Dai pochi testi rimasti sappiamo che la condotta principale dell’acquedotto stava già subendo lavori di riparazione prima del 79 d.C. Nessun testo ci parla dell'acquedotto, mentre dei restauri del 65 d.C. sappiamo solo dalle iscrizioni di Macrinus. Terremoti importanti descritti da alcuni autori classici si verificarono tra il 62 ed il 64 d.C. In particolare Tacito riferisce che: “Si verificarono in Italia disastri non mai prima veduti e riapparsi dopo una lunga serie di anni„ (Hist., I 2), riferendosi ad attività sismica dell'intera penisola; in particolare riporta il terremoto del 5 febbraio 62 d.C. e definisce l’evento come un ‘disastro’. Seneca, in modo più preciso, oltre a riportare la data dell’evento descrive un primo epicentro dicendo che il terremoto fu percepito nell’area vesuviana ma anche a Napoli; inoltre riferisce che: “Il terremoto è avvenuto nei giorni invernali quando, secondo le informazioni dei nostri esperti, tali tempi sono esenti da questo fenomeno“ (Nat. Quaest., VI). Anche Plinio riferisce circa il terremoto del 62 d.C. ed aggiunge che: “Le Alpi e gli Appennini spesso hanno tremato; nell'autunno e nella primavera sono più spesso i terremoti, che d'inverno e d'estate. Il terremoto ha desolato la Campania che del resto non è mai sicura da simili disastri„ (Nat. Hist. II, 80) sottolineando come l'intera regione si fosse spaventata ed avesse percepito il terremoto. Un secondo terremoto importante avvenne nel 64 d.C.; di esso possediamo informazioni riportate da Svetonio. La precisione della datazione dell’evento è legata alla concomitanza con un’esibizione di Nerone a Napoli presso il teatro di Via dell'Anticaglia (Suet., Nero 20, 3). Tacito conferma che Napoli subì danni a causa di tale evento naturale ma anche che nessuna città vesuviana registrò danni (Ann. XV, 34). Seneca dello stesso evento sismico fornisce una descrizione relativa ai danni subiti dall'intera regione ed alle città principali

22 Ricciardi 2009. Aqua Augusta della Campania: lo speco di Macrinus 285 della romanità, con queste parole: “Abbiamo sentito dire che Pompei, …, è sprofondata a causa di un terremoto che ha devastato tutte le regioni adiacenti, ... Questo terremoto si è verificato alle None di febbraio, durante il consolato di Regolo e di Virginio, e ha devastato con gravi distruzioni la Campania, regione che non era mai stata al sicuro da questa calamità. … anche Napoli ha subito perdite, molte fra le proprietà private, nessuna fra quelle pubbliche, essendo stata toccata leggermente dall'enorme disgrazia. Alcune ville sono crollate, altre qua e là hanno tremato senza essere danneggiate. A questi danni se ne aggiungono altri, infatti, è morto un gregge di seicento pecore, alcune statue si sono rotte, alcuni dopo questi fatti sono andati errando con la mente sconvolta e non più padroni di sè„ (Nat. Quaest. VI). Dalle fonti storiche ricaviamo quindi che nel 62 e nel 64 d.C. l'area vesuviana-napoletana subì terremoti di notevole intensità. È molto probabile che numerosi altri terremoti si siano verificati come precursori della grande eruzione del 79 d.C., anche se di essi non è rimasta traccia nei testi antichi. Keenan-Jones ipotizza quindi che l'operazione del 65 d.C. sia stata causata dalla necessità di restaurare i danni provocati da tali eventi sismici23. Le strutture nel sottosuolo mostrano in genere una notevole resilienza nei confronti di eventi catastrofici che colpiscono il territorio. Vari tratti dell'Aqua Augusta da noi identificati potrebbero tuttora essere pienamente funzionali una volta svuotati dai depositi sciolti che vi si sono accumulati in oltre 15 secoli di abbandono, nonostante i cataclismi subiti nel frattempo. Tuttavia, anche un danno limitato può rendere necessario un intervento di restauro. Nella sezione dello speco compresa fra la Galleria della Tranvia e la Crypta neapolitana vi era un lungo tratto in cui l’intonaco idraulico edificato nel 65 d.C. era caduto, esponendo la roccia retrostante (Ruggiero 1883, 22). Un evento simile precedente avrebbe potuto quindi imporre il rifacimento del tratto interessato. Allo stesso modo, l'operazione che Macrinus era venuto a verificare poteva semplicemente essere legata alla periodica asportazione del deposito calcareo, necessaria per ripristinare la pienezza della portata di progetto. Nel tratto in esame, Bassel ricorda che la metà inferiore della sezione era ricoperta da una potente incrostazione che restringeva il lume fino a 0,3 metri alla base del condotto24, mentre a poca distanza, a lato della Crypta neapolitana, abbiamo riscontrato l’esistenza di spessori relativamente limitati di incrostazione.

23 Keenan-Jones 2010, 180. 24 Bassel 1883, 27. 286 GRAZIANO FERRARI – RAFFAELLA LAMAGNA

Fig. 6 − sezione della Crypta neapolitana con l'andamento dell'acquedotto (tratto continuo: accertato; puntinato: presunto) e la posizione degli spiragli

Le ricerche recenti

Come accennato in precedenza, riteniamo che l’Aqua Augusta corresse parallela alla Crypta neapolitana, all’interno della parete nord. La presenza dell’acquedotto era nota già nel XVI secolo. Pietro Antonio Lettieri così ne sintetizza il tracciato: “andava giusta la volta della detta Grotta [la Crypta] dove appajono li spiracoli che corrispondano dentro la Grotta sino all’esito di detta Grotta; ed in detto esito della Grotta similmente si spartiva in due rami; ... e l’altro ramo del pred. aquedotto piglia a man dritta, per l'altro e tira verso del monte che sta sopra il lago di Agnano” (Lettieri c. 1560, c. 178r). Anche in età moderna la presenza dell'acquedotto era nota (Amato et al. 2002), ma non risulta che esso sia mai stato documentato in modo specifico, se si eccettua un rilievo inedito del tratto di Mergellina, realizzato dall'ing. Clemente Esposito. Con il traforo del costone di Posillipo, l'acquedotto poteva mantenere la quota necessaria all'andamento altimetrico voluto. Infatti, mentre la Crypta sale da Mergellina (quota 33,8 metri s.l.m.) a Fuorigrotta (44,6 metri, quote da Carta tecnica del Comune di Napoli), l'acquedotto dovrebbe discendere leggermente da Mergellina verso Fuorigrotta, partendo da una quota iniziale di 40,71 metri s.l.m., da noi rilevata all'ingresso di Mergellina. Qui l'acquedotto si trova circa 7 metri sopra la platea attuale della Crypta, mentre a Fuorigrotta dovrebbe essere situato a 4 / 6 metri sotto il basolato. Aqua Augusta della Campania: lo speco di Macrinus 287

Fig. 7 − l'Aqua Augusta sezionata dal crollo della parete della Crypta, in corrispondenza dello spiraglio n. 13 (foto di B. Bocchino)

Sulla parete nord della Crypta abbiamo identificato 18 spiragli equamente spaziati di 38,5 metri in media, pari a 130 piedi romani (fig. 6). Essi costituivano gli accessi ai fronti di scavo paralleli ed in seguito servivano per la manutenzione dello speco; sono attualmente ostruiti da riempimenti di polveri tufacee o da rozze murature tardo-ottocentesche. Partendo dal lato di Fuorigrotta, i primi tre sono costituiti da pozzetti rettangolari, ostruiti da detrito fine; i successivi due sono sepolti sotto una coltre di depositi alluvionali, per cui sono al momento irraggiungibili. Gli spiragli successivi si aprono sulla parete, come cunicoli sub-orizzontali ostruiti. Fra gli spiragli 13 e 14, il crollo di vari tratti della parete ha esposto sezioni dell'acquedotto (fig. 7) riempite da materiale di risulta. Gli ultimi quattro spiragli, verso l'ingresso di Mergellina, sono posti in alto sulla parete e corrispondono ad un tratto di acquedotto ancora conservato e percorribile con tecniche speleologiche, lungo circa 120 metri. L'ultimo ingresso si apre all'interno di una grande nicchia accessibile anche ai turisti, che in antico aveva la funzione di camera di manovra per una diramazione verso Posillipo e Gajola. 288 GRAZIANO FERRARI – RAFFAELLA LAMAGNA

Caputo descrive la Grotta di Cocceio25, situata fra il Lago d’Averno e Cuma, e da Strabone (V, 4, 5) esplicitamente attribuita all’architetto Cocceio. Anche sul lato nord di questa galleria è presente un lungo tratto di acquedotto, diretto a Cuma. Viene sottolineata la forte analogia fra la e la Crypta neapolitana. Nel caso della Grotta di Cocceio, i pozzetti risultano equispaziati di 120 piedi romani. Queste informazioni costituiscono quindi un indizio molto forte a favore dell’esistenza di un progetto unitario relativo al sistema gallerie stradali – Aqua Augusta. Colonna afferma di aver percorso lo speco di Macrinus nel 1887 provenendo dall’interno della Crypta, precisamente da uno spiraglio posto a 4,1 metri dal suolo, vicino al fanale a gas numero 2326. Colonna ci informa inoltre che la Crypta era dotata di 42 fanali, numerati da 4 (Fuorigrotta) a 42 (Mergellina). Si tratta quindi in realtà di 39 fanali interni alla galleria. Poiché la Crypta risultava lunga 697 metri27, il fanale n. 23 doveva aprirsi a circa 350 metri dall'ingresso di Fuorigrotta, cioè intorno a metà grotta. In questa zona si trovano gli spiragli n. 9 e n. 10, ma la situazione attuale della Crypta è molto diversa da quella del 1887, a causa degli imponenti lavori effettuati fra la fine dell'800 ed i primi decenni del '900 per cercare di contenere i fenomeni di crollo delle pareti, che ne hanno poi causato la definitiva chiusura al transito nel 1917. Lo spiraglio n. 9 è situato dietro un muraglione di contenimento che è a sua volta crollato. È intasato da un riempimento misto di frammenti tufacei e trachitici inglobati in terriccio tufaceo. Lo spiraglio n. 10 si apre sopra un analogo muraglione che sorreggeva archi di sostegno della volta, anch'essi crollati. È raggiungibile con difficoltà ed è a sua volta intasato dal riempimento. Nel 1887 era possibile percorrere il tratto di acquedotto retrostante tali spiragli, che era stato svuotato a spese del Comune di Napoli dal deposito antico che lo occupava. Evidentemente lo spazio così ricavato venne utilizzato per scaricarvi i materiali di risulta durante i lavori di restauro eseguiti attorno al 1900; attualmente una nuova operazione di svuotamento si preannuncia assai impegnativa. Le prime ricognizioni all'interno dell'attuale Galleria 4 Giornate e della Galleria Corso Vittorio – Fuorigrotta della Ferrovia Cumana hanno dato esito negativo, dal momento che sono entrambe rivestite da spesse pareti in calcestruzzo, senza evidenti accessi a cavità retrostanti.

25 Caputo 2004. 26 Colonna 1898, 70-71. 27 Colonna 1898, 77. Aqua Augusta della Campania: lo speco di Macrinus 289

Lo speco di acquedotto che corre a lato della Crypta (fig. 8) presenta morfologie molto simili a quelle riportate per lo speco di Macrinus. Si tratta infatti di una sezione rettangolare con volta a pieno centro o ribassata, senza rivestimento in muratura ma con un sottile intonaco sulla volta ed uno spesso strato di opus signinum sui piedritti e sulla platea, posato direttamente sulla roccia tufacea e ricoperto da depositi con-crezionari. Queste caratteristiche vengono riportate anche dagli autori che esaminarono lo speco di Macrinus nel 1882-1887 (Minervini 1883a; 1883b; Ruggiero 1883; Bassel 1883; Colonna 1898, 71). All'intersezione di piedritti e platea è inoltre presente un pulvino a quarto di cerchio. Lo speco a lato della Crypta, in corrispondenza dello spiraglio 16, ha altezza pari a 1,88 metri e larghezza pari a 0,77 metri, mentre l'opus signinum è alto 1,47 metri (Ferrari - Lamagna 2015a). L'altezza è coerente con quelle dello speco di Macrinus: Fig. 8 − lo speco dell'Aqua Augusta a lato della 1,7 metri (Ruggiero 1883), 1,5-2,0 Crpyta neapolitana metri (Bassel 1883), 1,61 metri (Colonna 1898, 71). Per la larghezza disponiamo di dati non omogenei, che però potrebbero essere influenzati dalla presenza dello spessore di intonaco idraulico e di concrezione: 0,8 metri (Ruggiero 1883), 0,5-0,6 metri (Bassel 1883), 0,52 metri (Colonna 1898, 71). Colonna riporta anche dimensioni minime „in qualche tronco“ di 0,9 x 0,47 metri28, ma non è chiaro se ciò sia dovuto all'esistenza di rami secondari od alla presenza di riempimento. Colonna dichiara anche un'altezza dell'opus signinum pari a 0,59 metri29, e ciò sembra differire in modo significativo dalle misure superiori da noi riscontrate alla Crypta ed in alcune sezioni nei Campi Flegrei (Agnano, La Pietra). Solo a

28 Colonna 1898, 71. 29 ibidem. 290 GRAZIANO FERRARI – RAFFAELLA LAMAGNA valle di Pozzuoli abbiamo riscontrato un'altezza del signinum pari a 0,58 metri, su una larghezza di 0,57 metri (Ferrari - Lamagna 2015a). Infine, per quanto riguarda le quote di scorrimento, è possibile osservare che la quota riportata da Günther, pari a 40,2 metri s.l.m.30 si accorda con le quote da noi osservate a lato della Crypta. Infatti, in corrispondenza dello spiraglio 18 abbiamo potuto quotare la platea dello speco a 40,71 metri s.l.m. Naturalmente è necessario tenere presente che tali misure sono state prese in tempi diversi e con metodi diversi, per cui il loro confronto potrebbe essere scarsamente significativo.

Conclusioni

Sulla base delle considerazioni esposte in precedenza, pare ragionevole concludere che la Galleria della Tranvia nel 1882 abbia intercettato un segmento dell’Aqua Augusta soggetto ad un intervento di restauro nel 65 d.C. Purtroppo tale segmento non è attualmente più reperibile e le informazioni finora disponibili non permettono di determinarne in modo univoco la posizione e le relazioni con le altre cavità, antiche e moderne, che perforano il costone di Posillipo. La figura 9, basata su una cartografia di poco successiva allo scavo della Galleria della Tranvia, rappresenta le ipotesi più ragionevoli che è possibile avanzare sulla base delle attuali conoscenze. Il tratto continuo identifica il percorso accertato dell’Aqua Augusta parallelo alla Crypta, mentre le linee punteggiate rappresentano il percorso ipotizzato dell’Aqua Augusta e le due ipotesi di tracciato dello speco di Macrinus. Il percorso obliquo più orientale si basa sull'ipotesi che lo speco sia stato intercettato a circa un terzo della lunghezza della Galleria della Tranvia31; il percorso verticale più occidentale si basa sulle misure riportate da Günther32. In entrambi i casi, è ancora prematuro avanzare ipotesi affidabili sulle relazioni di questo speco con la prosecuzione dell’Aqua Augusta verso i Campi Flegrei e con un'ipotetica direzione di scorrimento. Il sito più vicino in cui è stato reperito uno speco attribuito all’Aqua Augusta si trova lungo la via Terracina33, circa 1900 metri in linea d'aria ad est dello sbocco della Crypta. Qui abbiamo potuto verificare che

30 “132 feet” (Günther 1913, 131). 31 Cocchia 1888, 556 nt. 1; Colonna 1898, 72. 32 Günther 1913, 131. 33 Lo speco è stato scoperto negli anni '30 del XX secolo, durante i lavori per la realizzazione della Mostra d'Oltremare; il primo riferimento appare in Mallardo 1939 (tav. 7), ma non risulta che lo speco sia mai stato oggetto di studi specifici. Alcune informazioni morfologiche sono reperibili in Mariniello 1981, 22. Aqua Augusta della Campania: lo speco di Macrinus 291 l'estradosso della volta dello speco è posto a circa 39,6 metri s.l.m. (quota da Carta Tecnica del Comune di Napoli). Anche questa quota risulta compatibile con quella di 40,2 metri s.l.m. dello speco di Macrinus34. Purtroppo non abbiamo indicazioni sul percorso intermedio, ma riteniamo, in accordo con Keenan-Jones35, che dalla Crypta l’acquedotto percorresse le falde est e nord della conca di Fuorigrotta, allo scopo di mantenere la quota desiderata restando in sotterraneo. L'ipotesi alternativa di un percorso a fianco della via Puteolis-Neapolim avrebbe implicato la realizzazione di un lungo tratto in elevato, dal momento che la quasi totalità del percorso diretto fra la Crypta e via Terracina è posta sotto l'isoipsa di 40 metri s.l.m. Vi è quindi la ragionevole possibilità che lo speco di Macrinus costituisse il primo tratto del percorso dell’asse principale a valle della Crypta, in particolare se venisse confermata la misura di Günther. Un indizio a sfavore di questa ipotesi è però costituito dalla minore altezza dell'intonaco idraulico nello speco di Macrinus36 rispetto ai segmenti più prossimi dell’Aqua Augusta.

Fig. 9 − le gallerie di Posillipo, l'Aqua Augusta a lato della Crypta e le ipotesi sul tracciato dello speco di Macrinus (da tavoletta I.G.M. 184 II NO – Napoli sud, ed. 3, 1906, agg. 1932, scala originale 1:25.000)

34 Günther 1913, 131. 35 “The main line turned north and passed around the depression of Fuorigrotta by hugging the slopes to its east and north” (Keenan-Jones 2010, 92). 36 Colonna 1898, 71. 292 GRAZIANO FERRARI – RAFFAELLA LAMAGNA

Le relazioni dello speco di Macrinus con la Crypta neapolitana, più evidenti, sono rese incerte dall’ambiguità delle fonti, che in ogni caso ci attestano la presenza di diramazioni (Ruggiero 1883; Le Blant 1883). In definitiva, riteniamo probabile che nello speco parallelo alla Crypta sia esistito un diversorium, destinato a separare il flusso che proseguiva lungo la Crypta diretto a Nisida da quello che percorreva l'asse principale, diretto verso Puteoli e Baia. Tale diversorium avrebbe potuto essere analogo a quello che è ancora possibile riconoscere sopra l’ingresso di Mergellina della Crypta, da cui si dipartiva la diramazione per Posillipo e Gaiola37. La scoperta delle iscrizioni di Macrinus aveva generato un forte interesse fra gli studiosi europei dell'epoca, a causa delle importanti informazioni storiche e topografiche in esse contenute. La Commissione Municipale dei Monumenti aveva ottenuto che il Comune procedesse alla ripulitura dello speco, in modo da agevolarne lo studio e da consentirne la stesura di un rilievo grafico: “Questa ed ogni altra particolarità sarà messa più in chiaro dalla pianta e dalla livellazione già cominciata dell'ingegnere cav. Tascone, che non può esser finita se prima il municipio, come ha promesso, non avrà fatto sgombrare il cunicolo dalla parte dell'antica grotta” (Ruggiero 1883). Ricerche preliminari nell'archivio della Soprintendenza per i Beni Archeologici hanno permesso di reperire vari solleciti indirizzati al Comune anche da parte del Direttore Generale delle Antichità presso il Ministero della Pubblica Istruzione, Giuseppe Fiorelli, ma non hanno ancora consentito di reperire il rilievo dello speco. Esso permetterebbe di risolvere numerose incertezze sulla posizione e direzione dell'acquedotto, ma di esso non risulta notizia alcuna in altri studi sull'Aqua Augusta (ad esempio Sgobbo 1938). Dal punto di vista puramente epigrafico riscoprire le iscrizioni di Macrinus significherebbe poter effettuare un'analisi dei testi e dei segni grafici con metodologie moderne. Allo stesso modo, poter determinare con certezza il percorso dello speco potrebbe fornire informazioni molto importanti sulle direzioni di scorrimento, sulle diramazioni e sulle relazioni fra acquedotto e trafori, eventualmente ricavando dati utili alla definizione dei riferimenti topografici contenuti nelle iscrizioni ed ancora assai nebulosi.

37 L'esistenza della diramazione è asserita da Lettieri: „ed in questo luogo [la cappella all'imbocco della Crypta] il formale si spartiva in due rami, ed uno andava per la falda della montagna di Posilipo, dalla parte d'Oriente, sino ad una parte nominata la Gajola, quale stà nella punta di Posilipo“ (Lettieri c. 1560, c. 178r). Keenan-Jones (2010, 101-102) osserva i resti delle strutture che costituivano l'inizio della diramazione per Gaiola, nelle quali abbiamo potuto documentare livelli orizzontali di depositi calcarei all'interno dei resti di una vasca. Aqua Augusta della Campania: lo speco di Macrinus 293

Allo stato attuale delle conoscenze, appare però molto improbabile riuscire ad identificare gli accessi dall'attuale Galleria 4 Giornate o dalla Galleria della Cumana. Per quanto riguarda gli accessi dalla Crypta neapolitana, dalla figura 9 risulta poco probabile che la diramazione dell'acquedotto fosse situata nelle vicinanze della zona centrale della Crypta, come sembrerebbe di poter ricavare dalla descrizione di Colonna38. Tuttavia, anche gli spiragli che abbiamo identificato nella zona più prossima a Fuorigrotta sono stati ostruiti da materiali di risulta nei restauri eseguiti fra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX secolo. Intendiamo comunque proseguire nelle ricerche. Sulla base di quanto esposto, rivolgiamo un appello alle autorità di governo del territorio ed alle istituzioni di tutela dei beni culturali affinché i progetti di recupero e riqualificazione della Crypta neapolitana in discussione tengano in debita considerazione l'esistenza dell'Aqua Augusta e dello speco di Macrinus e ne prevedano opportune azioni di ricerca e valorizzazione.

Ringraziamenti

Le ricerche all'interno della Crypta neapolitana sono state possibili grazie alle autorizzazioni ed all'entusiasmo assicurati dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici di Napoli (ispettori Giuseppe Vecchio ed Enrico Stanco) e dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici, Paesaggistici, Storici, Artistici ed Etnoantropologici per la Provincia di Napoli, alla collaborazione del Servizio Patrimonio Artistico e Beni Culturali del Comune di Napoli, ed al supporto di numerosi speleologi, che ringraziamo con calore. Fra essi è doveroso citare almeno Berardino Bocchino, Rossana D'Arienzo ed Elena Rognoni. La ricognizione all'interno della Galleria della Ferrovia Cumana è stata effettuata grazie alla collaborazione della società Ente Autonomo . Le informazioni bibliografiche sono state ricavate grazie alle seguenti biblioteche, reali o virtuali: arachne.uni-koeln.de, Biblioteca di Archeologia e Storia dell'Arte (periodici.librari.beniculturali.it), www.archive.org, www.e-rara.ch, Biblioteca della Fondazione delle Ferrovie dello Stato, gallica.bnf.fr, books.google.it, www.hathitrust.org, Kooperative Bibliotheksverbund Berlin-Brandenburg, Biblioteca Nazionale di Brera, Biblioteca Nazionale di Napoli, www.persee.fr, www.unesco.org, Biblioteca dell'Università Cattolica di Milano, Biblioteca Universitaria di Napoli. Si

38 Colonna 1898, pagg. 70-72. 294 GRAZIANO FERRARI – RAFFAELLA LAMAGNA ringrazia infine l'archeologa Serena Russo per aver effettuato ricerche bibliografiche e d'archivio.

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362 Puteoli. Studi di storia ed archeologia dei Campi Flegrei

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ISBN 978-88-6719-136-9 NAPOLI UNIOR 2016 PUTEOLI. STUDI DI STORIA ED ARCHEOLOGIA DEI CAMPI FLEGREI Studi distoriaedarcheologiadeiCampiFlegrei UNIVERSITÀ DEGLISTUDIDINAPOLI Giuseppe Camodeca-MarcoGiglio PUTEOLI “L’ORIENTALE” a curadi NAPOLI 2016