PROSPETTOGRAFO DI BALDASSARRE LANCI. (Fonti: “Le due regole della Prospettiva Pratica di M° Jacomo Barozzi da Vignola”, 1583

Baldassarre Lanci fu soprattutto un pratico. Nato ad agli inizi del ‘500, lavorò a molte importanti fortificazioni della seconda metà del secolo a Lucca, , Nettuno, Paliano, Civitavecchia, Roma, . Costruì la fortezza di (1561) e quelle di San Martino al Mugello (1569) e di Radicofani. Progettò anche la chiesa di S. Maria della Rosa a Chianciano (1565). Morì a Firenze nel 1571. Il suo prospettografo sostituisce alla “parete di intersezione piana del cono visuale” una “parete circolare equidistante all’occhio”: più esattamente, una parete cilindrica tangente a una sfera di cui l’occhio (materializzato nel perno del punteruolo) occupa il centro. Un esemplare dell’apparecchio (nella sua forma originale) si trova al museo della Scienza di Firenze ( catalogo Electa, MI 1968, fig.90); qui ne è esposta una ricostruzione in base alle indicazioni fornite da C. Maltese in “La prospettiva Rinascimentale”, a cura di M. Dalai Emiliani, FI 1980, pag. 417.

Lo strumento è citato nella “Pratica della Perspectiva” di D. Barbaro (Venezia, 1569) e nelle “Due regole della Pro- spettiva Pratica” di J. Barozzi (com- mentari di E. Danti, Roma 1583). Questa la descrizione del Danti, con riferimento a una FIGURA da lui abbozzata e riportata qui a fianco col n° 1: “Ad un tondo simile a un tagliere è attaccata una tavoletta ricurva, come sarebbe un pezzo della cassa di un tamburo o della parete di una grande scatola circolare (HLKI nella figura, attaccata alla tavola tonda GHSI). Nel

Fig 1 centro della tavola è conficcato un piede girevole attorno ad A; nei punti C, B è inchiodato il regolo SE, il quale potrà girare insieme al piede e al chiodo; alla sommità del regolo si mette una piccola canna o un altro regoletto con due mire ad angolo retto fra loro, per poter con queste traguardare le cose (vicine o lontane) da mettere in Prospettiva; più in basso, cioè quasi a metà del cerchio di legno, si attacca al predetto regolo SE un’altra canna di rame DF che sia parallela a quella che si è posta di sopra nel punto E: in modo tale che quando quella di sopra gira o s’alza o s’abbassa, anche quella di sotto DF giri o s’alzi o s’abbassi allo stesso modo. Dopodichè si attacca nel pezzo di cerchio HLKI una carta, e traguardando per le mire ET quello che si vuol vedere, si spinge un filo di ferro che è dentro alla canna DF e si fa un punto sulla carta che è attaccata al cerchio, seguitando poi di mano in mano finché si sia finito di segnare ogni cosa”.

Il Danti fa una dura critica a questo strumento, osservando che esso (quando il foglio su cui è stato fatto il disegno viene disteso in piano) offre immagini false: perché, “svolgendo (srotolando) sul piano la parete curva LKIGH su cui sia proiettato il segmento AB (cfr. la FIGURA n° 2, dove QM è lo “sviluppo” di LH) si avranno intervalli che appariranno contratti verso le estremità; Fig 2 mentre intervalli crescenti verso le estremità come AF o DB appariranno uguali a FE ed ED. Nell’intersezione tradizionale mediante la parete piana SR invece gli intervalli uguali appariranno uguali e quelli dissimili appariranno dissimili allo stesso modo” (Maltese, op. cit.) Sfugge al Danti (anche se era un esperto cartografo) “che sulla parete cilindrica del Lanci veniva resa fedelmente una categoria importantissima di rapporti, cioè quella delle grandezze angolari orizzontali” (citiamo ancora dal Maltese) “Gli sfugge cioè che questo apparecchio è una materializzazione del principio della proiezione cilindrica con punto proiettante al centro di una sfera e una notevole approssimazione, almeno fino ai paralleli non troppo lontani dall’equatore, alla proiezione isogonica ortogonale equatoriale del Mercatore” (Questa tecnica cartografica risale al 1569, ma fu divulgata assi più tardi, dopo il 1599). L’incomprensione è probabilmente dovuta al fatto che nel Lanci predominavano interessi pratici (triangolazioni), mentre il Danti “subiva maggiormente l’influenza delle necessità scenografiche, che richiedevano il colpo d’occhio e il bell’effetto percettivo piuttosto che utilizzazioni pratiche delle immagini”.