Copia Di Estratto Il Caso Marcinkus
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© Chiarelettere 2018 La storia si ripete Una commissione troppo scomoda «Santo padre, abbiamo analizzato una parte di docu- mentazione sullo Ior e siamo arrivati alla conclusione che all’interno dell’istituto ci sono alcune anomalie da sistemare…» «Perché, eminenza, lei dice “una parte di documen- tazione”?» «Perché lo Ior, nonostante la nostra insistenza, non ci ha mai fornito i documenti che abbiamo richiesto.» Il dialogo tra il porporato e papa Francesco si svolge nella residenza di quest’ultimo, la Domus Sanctae Marthae, nell’autunno del 2013. Attorno al tavolo sono seduti, oltre al papa e a qualche altro stretto collabora- tore, i membri della Pontificia commissione referente sull’Istituto per le opere di religione, un gruppo di lavoro costituito dallo stesso Bergoglio nel giugno di quell’anno per fotografare la situazione dello Ior e formulare delle proposte di riforma al fine di «consentire una migliore armonizzazione del medesimo [istituto, nda] con la missione universale della Sede apostolica». © Chiarelettere 2018 22 Il caso Marcinkus Ci sono il cardinale Raffaele Farina, presidente della commissione, il cardinale Jean-Louis Tauran, mon- signor Juan Ignacio Arrieta Ochoa de Chinchetru, coordinatore, monsignor Peter Wells, segretario, e Mary Ann Glendon, una diplomatica americana che da lì a qualche mese sarà nominata membro del Consiglio di sovrintendenza dello Ior (lascerà l’incarico nel febbraio del 2018). La riunione, l’unica fatta dalla commissione alla presenza di Francesco, dura poco più di venti minuti, durante i quali viene spiegato a voce al pontefice cosa potrebbe fare per migliorare lo Ior e risolvere, allo stesso tempo, tutti i problemi che lo affliggono dai tempi di Paul Marcinkus. A riferircelo è uno dei partecipanti laici all’incontro, che ha chiesto di rimanere anonimo per ragioni di sicurezza. «Santo padre, in Vaticano servirebbe una “banca centrale” senza sportelli che curi gli investimenti dello Stato, che dovrebbero essere secretati. E poi una banca con gli sportelli, lo Ior, per pagare soltanto gli stipen- di dei dipendenti ed espletare tutte le altre questioni finanziarie interne. In questo modo si risolverebbero molti problemi. Inoltre crediamo che lo Ior debba modificare il proprio statuto, perché quello attuale è ancora fermo al 1990 e risulta obsoleto rispetto alle novità successive che sono arrivate negli anni, come la nascita dell’Aif [l’authority vaticana che vigila sulle finanze d’oltretevere, nda]. Andrebbe rivista soprattutto la parte che riguarda i revisori e il bilancio. Serve una riforma dello Ior e, in attesa del nuovo statuto, l’istituto © Chiarelettere 2018 La storia si ripete 23 dovrebbe fare riferimento al Regolamento generale della curia romana.» «Bene, lavoriamo allora in questo senso: informate il direttore generale dello Ior che si metta subito al lavoro per la stesura di un nuovo statuto dell’istituto. Nel frattempo facciano riferimento al Regolamento generale.» Dopo aver indicato la linea da seguire, Francesco ringrazia a uno a uno i membri della commissione referente e li congeda. Da quella riunione sbrigativa è emersa una questione delicata: un clima all’interno e intorno allo Ior del tutto simile a quello che si respirava ai tempi di «Chink» (uno dei nomignoli con cui era noto nell’ambiente monsignor Marcinkus) e soprattutto una tenace resistenza, da parte dell’Istituto per le opere di religione, a fornire documenti alla commissione pontificia. Il gruppo, pur lavorando in nome di papa Francesco, è stato ripetutamente ignorato e ogni sua richiesta di accesso a documenti è stata rispedita al mittente, con il pretesto che si trattava di materiale confidenziale. Non senza un certo fastidio, da parte dei vertici dell’Istituto, dovuto all’atteggiamento poco ortodosso adottato da qualche membro della commis- sione che agiva in totale autonomia. Per redigere il nuovo statuto, come richiesto dal pontefice, la commissione interpella Rolando Marranci, l’allora nuovo direttore generale, il quale vi si dedica alacremente. «Marranci aveva già sulla scrivania una bozza del nuovo statuto su cui stava lavorando» ci svela la fonte. Poi, però, all’improvviso, tutto si arena. © Chiarelettere 2018 24 Il caso Marcinkus Nel 2015 Marranci lascia la direzione dell’istituto e a tutt’oggi non c’è ancora un nuovo statuto: su questo fronte lo Ior è ancora fermo al 1990. «La commissione voluta da Bergoglio era scomoda» ci dice il testimone diretto di quella riunione. «Sembrava andare in una direzione non gradita, per questo si è dovuta scontrare con il muro di gomma eretto dallo Ior. Ma era come se, oltre ai vertici dell’istituto, ci fosse dietro una rete di persone che faceva in modo che la commissione non arrivasse alla fine. E infatti, dietro sollecitazione del cardinale Jean-Louis Tauran, si decise di chiudere il gruppo di lavoro, perché non riusciva più ad andare avanti. Era tutto inutile, il gruppo era stato immobilizzato. Una mattina il cardinale Raffaele Farina e il cardinale George Pell andarono dal papa che comunicò loro la decisione di sciogliere la commissione referente.» È la primavera del 2014 e qualche giorno dopo accade di nuovo qualcosa di strano. «Ci fu una riunione della commissione, l’ultima» prosegue la nostra fonte. «Era una riunione di commia- to, non operativa. Ma monsignor Arrieta si presentò carico di documenti su cui lavorare perché non era stato messo al corrente. E come lui, anche altri. Era come se qualcuno avesse voluto evitare che la notizia si sapesse in giro. Fu molto imbarazzante.» Ancora una volta, tutto rimane immutato e la riforma dello Ior sfuma nel nulla. Da allora non si è più parlato del nuovo statuto e la banca vaticana ha continuato a operare come se nulla fosse accaduto. © Chiarelettere 2018 La storia si ripete 25 A una nostra richiesta di avere un colloquio per- sonale per comprendere la nuova linea di condotta dell’istituto rispetto al passato, il presidente Jean- Baptiste de Franssu ha risposto con un «No, grazie». Forse perché poco è cambiato, e le nuvole di fumo della pipa di Paul Marcinkus aleggiano ancora nelle stanze della banca vaticana, soprattutto in quella che per diciotto lunghi anni è stata la seconda casa del Gorilla americano. La finestra antispie L’ufficio di presidenza dello Ior non si trova, come si potrebbe immaginare, nel torrione di Niccolò V, bensì all’interno del Palazzo apostolico. È situato all’altezza delle statue del colonnato di Bernini e vi si accede grazie a un ascensore posto nella piazzetta di Sisto V. All’interno di quell’ufficio, vicino alla postazione della segretaria, vi è l’unico accesso per entrare nel passetto di Borgo, il camminamento sopraelevato lungo ottocento metri, fatto costruire da papa Niccolò III per collegare il Vaticano a Castel Sant’Angelo e predisporre una via di fuga in caso di necessità. In quell’enorme stanza oggi rimane soltanto un’unica traccia tangibile della presenza di Marcinkus all’interno dello Ior. Una finestra chiusa. Una delle due presenti nell’ufficio di presidenza. Ogni tanto Mavi Marigonda, la fedelissima segretaria dell’arcivescovo americano, per far circolare un po’ d’aria apriva la finestra che dà .