All'ombra Delle Querce Di Monte Sole
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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI FERRARA FACOLTA’ DI LETTERE E FILOSOFIA Corso di laurea in Filosofia ALL’OMBRA DELLE QUERCE DI MONTE SOLE riflessioni sulla kenosi del monaco Giuseppe Dossetti al cospetto della storia e del mistero di Israele laureando Giambattista Zampieri relatore correlatore prof. Piero Stefani prof. Mario Miegge Anno Accademico 2006-2007 Indice INTRODUZIONE AL COSPETTO DELLA STORIA p. 1 Premessa 1 Vita 5 Piano di lavoro 25 CAPITOLO I DA MONTE SOLE A SIGHET (l’idolatria e la città) 29 Le querce testimoni del martirio 30 La Shoah come unicum 34 Un delitto castale 41 Gemeinschaft e città 49 CAPITOLO II IL MISTERO DI ISRAELE (il silenzio e l’elezione) 67 Dopo Auschwitz, dopo Cristo 68 Chi è come Te fra i muti? 73 Scrutando il mistero della Chiesa 78 L’impossibile antisemitismo 94 L’elezione del popolo mediatore 102 CAPITOLO III LA KENOSI DEL MEDIATORE (la croce e la Chiesa) 128 Questo è Dio 129 Fino alla morte e alla morte di croce 140 La kenosi della Chiesa 148 Già e non ancora: un confronto con Sergio Quinzio 157 CONCLUSIONE L’OMBRA DELLE QUERCE 175 Memoria sapienziale 176 L’azione preveniente dello Spirito 182 BIBLIOGRAFIA 187 Scritti e discorsi di Giuseppe Dossetti (ordine cronologico) 187 Nota bibliografica (ordine alfabetico per autore) 199 INTRODUZIONE AL COSPETTO DELLA STORIA Premessa Questo lavoro si propone di enucleare alcuni aspetti del pensiero sviluppato da Giuseppe Dossetti soprattutto nella seconda parte della sua esistenza, quando assecondò l’improcrastinabile chiamata a realizzare nella vita monastica quanto sentiva impellente già dagli anni giovanili. Nel 1939 scriveva: “In che cosa la mia vita si caratterizza per quella di un’anima consacrata al Signore, più precisamente consacrata a Cristo Re, nel mondo? Per il fatto che scrivo così dei libri? No, certo. Per il fatto che non ho moglie e non penso ed escludo di prenderla? Nemmeno. Per il fatto che mi sacrifico (umanamente parlando) in una vita di studio? No. E allora? Ciò che può caratterizzarla non può essere altro che la continua vissuta presenza di questa realtà: il Signore Gesù, nonostante che avesse milioni di anime più generose, più serie e più fedeli, più feconde della mia, ha scelto la mia per sua sposa. Egli vuole che io immoli me stesso in una offerta continua e ardente di carità, per offrirsi sempre più, Lui l’infinita realtà e l’infinito Amore, alla mia miseria. Solo dunque l’immolazione nell’amore […]”1. Un’anima consacrata “nel mondo”. Uno scritto del 1944 è ancora più esplicito: “… consacrare alla carità specialmente il mio lavoro e la mia preghiera […], perché altri ne abbiano bene: temporale ed eterno, naturale e soprannaturale. Perché questa nostra civiltà non presenti più orrori e dolori tanto immani, non offra più tanti pericoli e tante resistenze alla virtù, perché si nobiliti nella conquista di quel minimo di ordine, di tranquillità, di giustizia, che consenta alle anime di elevarsi a Dio, di conoscere e di amare Gesù in questa terra e di goderlo in cielo”2. Una consacrazione nella storia e per la storia, non fuori e contro di essa. Fuori dalla storia Giuseppe Dossetti non fu mai, ed addentrandosi con la necessaria cautela 1 Giuseppe Dossetti, La coscienza del fine, in Note Personali, Archivio Giuseppe Dossetti (AGD) I b/15, citato nell’introduzione di Agnese Magistretti a Giuseppe Dossetti, La Piccola Famiglia dell’Annunziata. Le origini e i testi fondativi 1953-1986, a cura della Piccola Famiglia dell’Annunziata, Paoline, 2004, p. 7; cfr. anche Giuseppe Dossetti, Note autobiografiche e appunti spirituali, trascriz. da manoscritti originali a cura di G. Alberigo (Carte Alberigo, Bologna), riportato in E. Galavotti, Il giovane Dossetti. Gli anni della formazione 1913-1939, il Mulino, Bologna, 2006. 2 Scritto della vigilia di Pentecoste, in AGD I b/17, citato da Agnese Magistretti nell’introduzione a La Piccola Famiglia dell’Annunziata, cit., p. 7. - 1 - nella sua esperienza monastica (anche se egli stesso direbbe meglio “orante” 3 ) si comprende come nell’abbandono della vita politica, avvenuto già nel 1952, sia assente l’elemento della fuga 4 , non quello di una consapevole presa di coscienza dell’impossibilità di portare a compimento il progetto politico che aveva ispirato la sua opera all’interno della Democrazia Cristiana: “Ho cercato la via di una democrazia reale, sostanziale, non […] di quella liberaldemocrazia di cui tutti, sembra, oggi, si sono fatti seguaci e realizzatori: con un nominalismo sempre più corroso di ogni sostanza fattiva, operante, concreta, reale e schietta, non ingannevole. Ho cercato la via di una democrazia reale, sostanziale, non nominalistica: che voleva innanzitutto cercare di mobilitare le energie profonde del nostro popolo, e cercare di indirizzarle in modo consapevole verso uno sviluppo democratico sostanziale, cioè in larga misura favorente non solo una certa eguaglianza, una certa solidarietà, ma favorente soprattutto il popolo: non nel senso di solo oggetto dell’opera politica, ma di soggetto consapevole dell’azione politica”5. Proseguendo Dossetti precisa quali fossero le “ragioni bloccanti” che impedivano di perseguire questo progetto politico: da un lato la situazione internazionale e la divisione in due blocchi, che ostacolavano un “discorso politico più fine”; dall’altro lato “la coscienza che la nostra cristianità, la cristianità italiana, non consentiva le cose che io auspicavo nel mio cuore” 6. 3 Cfr. Giuseppe Dossetti, Un itinerario spirituale – conversazione con il clero della diocesi di Concordia- Pordenone, 17 marzo 1994, in id., I valori della Costituzione, San Lorenzo, 1995; spiega Dossetti: “Noi non siamo monaci, conduciamo una vita molto simile, o quasi integralmente uguale, alla vita dei monaci, però negli istituti monastici tradizionali non mi riconosco, […] la vita orante non la penso, non la pensiamo, in forma di sottrazione alla giurisdizione del vescovo, come negli ordini monastici almeno da un certo periodo in poi” (p. 16). Emerge qui in maniera chiara il riferimento alla dottrina ignaziana sul ruolo del vescovo. Ad Ignazio d’Antiochia (oltre che a san Francesco, san Benedetto e santa Teresa del Bambin Gesù) fa infatti riferimento la Piccola Regola della Piccola Famiglia dell’Annunziata, scritta da Dossetti l’8 settembre 1955. La comunità diede fin da subito obbedienza al vescovo di Bologna. 4 Cfr. Giuseppe Dossetti, Discorso dell’Archiginnasio, pronunciato in occasione del conferimento dell’ “Archiginnasio d’oro” da parte del Comune di Bologna il 22 febbraio 1986, pubblicato a cura del Comune di Bologna, quindi nel volume G. Dossetti, Con Dio e con la storia. Una vicenda di cristiano e di uomo, a cura di A. e G. Alberigo, Marietti, Genova 1986, e infine in Giuseppe Dossetti, La Parola e il Silenzio. Discorsi e scritti 1986-1995, a cura della Piccola Famiglia dell’Annunziata, Paoline, Milano, 2005 (prima edizione il Mulino, 1997): “Una terza conclusione concerne la vita che da sei lustri conduco. Essa è stata spesso in tesi generale – e ancor più nel mio caso particolare – rappresentata come una fuga dal mondo o, più banalmente, come conseguenza di delusioni e di amarezze patite. […] Psicologicamente non credo di aver mai patito delusioni di nessuna sorta. Ho sempre pensato che tutto mi sia stato ripagato oltre i miei meriti e i miei sforzi. Considero tutti gli anni precedenti e tutti gli impegni relativi come anni preziosi, ricchi di doni e di frutti: non rinnego nulla…”(La Parola e il silenzio, pp. 45 s.). 5 Giuseppe Dossetti, Un itinerario spirituale – conversazione con il clero della diocesi di Concordia- Pordenone, in id., I valori della Costituzione, cit., p. 10. 6 Ibi, pp. 12 s.: “Non mi interessa – aggiunge Dossetti – ma quante volte sono stato accusato di filocomunismo! Cosa che è diametralmente opposta al mio spirito, e lo è sempre stata…”. Sulle posizioni - 2 - Mai fuori dalla storia, nemmeno dopo la scelta “orante” e la successiva consacrazione sacerdotale: don Dossetti avrà infatti un ruolo importante e influente, accanto al cardinale Lercaro, arcivescovo di Bologna, anche durante i lavori del Concilio Vaticano II. Ma dentro la storia s’iscrivono soprattutto i lunghi anni di silenzio, trascorsi tra Monteveglio, la Terra Santa fino all’approdo a Monte Sole. Nel già citato discorso dell’Archiginnasio egli afferma: “[…] la vita monastica – proprio perché distaccata da ogni «curiosità» verso il transeunte, verso la «cronaca», verso gli «avvenimenti quotidiani» – è per eccellenza sempre comunione non solo con l’Eterno, ma con tutta la storia, quella vera, non curiosa, non frantumata nella pura quotidianità, non cronachistica, la storia della salvezza: di tutti gli uomini e soprattutto la storia degli umili, dei poveri, dei piccoli, di coloro che non hanno «creatività» o sono impediti dall’esplicarla (e sono certo la maggior parte degli uomini) che sono dei «senza storia». E quindi è anche comunione con quelli che non si vedono, che non si conoscono, che non si qualificano, ma veramente con tutti: gli ignoti, i morenti, i morti, che sono al di là di ogni qualifica (come i morti di Monte Sole)”7. Il monaco Dossetti fece di tutto per tagliare i ponti con il suo passato politico; come scrisse in una lettera all’arcivescovo Poma nel 1967: “In tutti questi anni ho sempre rifiutato qualsiasi manifestazione esterna di opinione: mi sono sottratto a incontri, interviste di ogni genere. Mille volte sollecitato non ho scritto un articolo, non ho pubblicato una pagina. Questo controllo assoluto e incessante e la inibizione frequentissima dei sentimenti più forti e delle convinzioni più maturate, non mi sono suggeriti da una prudenza umana o da un doveroso riserbo sacerdotale (che potrebbe essere ben compatibile con un’attività magisteriale o scientifica, seria e rigorosa, anche in campi delicati e controversi), ma mi sono piuttosto imposti dalla mia stessa scelta monastica, che è scelta di nascondimento e di silenzio. Se fossi soltanto sacerdote di Dossetti in politica estera cfr.