Storia Dell' Ordine Camilliano

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Storia Dell' Ordine Camilliano PIERO SANNAZZARO STORIA DELL’ ORDINE CAMILLIANO (1550 - 1699) I Edizioni Camilliane 1986 Strada S. Margherita, 136 – 10131 Torino II STORIA DELL’ ORDINE CAMILLIANO (1550- 1699) III IV PRESENTAZIONE Dopo la pubblicazione de « I primi cinque capitoli generali dei Ministri degli Infermi » (1979) e dell’edizione critica della « Vita manoscritta » del Cicatelli (1980), il P. Piero Sannazzaro ci offre ora il primo volume della Storia dell’Ordine camilliano. Come gli storici che lo hanno preceduto in questa difficile impresa, anche lui riparte dalle origini. Ma, a differenza di loro che, o non hanno pubblicato le proprie ricerche o si sono fermati alle prime decadi dalla morte di san Camillo, il P. Sannazzaro arriva fino alla soglia del secolo XVIII e si ripromette di arrivare ai nostri giorni, avendo per ciò già schedato buona parte del materiale. Come ci descrive l’autore nel primo capitolo, fu sempre vivo nell’Ordine il desiderio di avere tra le mani la propria storia. Ed oggi lo è ancora di più. Grazie ai pochi studi già pubblicati prima del concilio Vaticano II, abbiamo avuto la possibilità di ritornare alle nostre origini, conoscere meglio il carisma come sgorgò dal cuore del Fondatore abitato dallo Spirito Santo e come fu vissuto dalla prima comunità camilliana. A partire dalle fonti a disposizione e dalla visione della realtà di oggi, abbiamo potuto ripensare e rielaborare la nostra costituzione. Ma non basta questa conoscenza per capire bene il nostro presente e sapere esattamente chi siamo e come dobbiamo essere per essere noi stessi. Anche se racchiudono in se stesse l’esperienza privilegiata della primavera dello Spirito, le origini non rimangono ferme e chiuse come in un serbatoio, non formano il mar Morto; sono piuttosto come il lago di Genesaret, che riceve le acque dalle fonti, le trasforma nel Giordano e va a rinverdire il deserto. Se lungo il fiume le acque possono inquinarsi, possono anche crescere, essere rivisitate da Cristo e rivivificate dalla sua presenza. Bisogna perciò ripercorrere tutto il corso del fiume, dalle origini ad oggi, per renderci più perfettamente conto degli arricchimenti e delle perdite, degli sviluppi veri e dei gonfiamenti patologici frutto di mancanza di visione o ispirati a criteri del mondo, sia civile che ecclesiastico. V Questo primo tratto ripercorso del fiume è già illuminante, sia per quanto ci insegna a distinguere la vera fedeltà - dinamica e creativa, che fa rivivere con nuovo slancio l’ispirazione fontale - dalla fedeltà concepita come una ripetizione di atti e gesti, staccati dal contesto e regolati nei minimi dettagli, come se avessero un fine in se stessi; sia perché ci dimostra quanto un conformismo acritico alla mentalità corrente, anche ecclesiastica, a scapito dell’originalità del carisma, può portare allo svuotamento di valori essenziali e all’appiattimento dell’istituto, al punto da metterne in pericolo se non l’esistenza, almeno l’utilità per il regno di Dio. I nostri confratelli si sono trovati dinanzi ad una missione più grande di loro. Avevano ereditato un grande carisma piantato in terreno arido, irto di difficoltà. Il Fondatore aveva lottato come un leone per far capire e riconoscere il dono di Dio che era caduto addosso a lui, povero laico, e che superava di molto la visione teologica e giuridica del periodo post-tridentino. Ma se troviamo momenti di smarrimento che l’onestà dello storico non nasconde - perché nel cuore degli avvenimenti si cela il messaggio di Dio - il primo secolo ci mette dinanzi anche una fedeltà profonda che va oltre le mentalità e gli schemi, che è vissuta e sofferta in tutta sincerità, che porta i suoi frutti e che assicura all’istituto la presenza del Signore. Sappiamo che la storia è più ampia dei fatti. Essi sono segni ed espressioni di una realtà che si continua nel presente e si prolunga nel futuro, in modo che il passato spiega il presente e il presente non cessa di svelare il passato. La selezione dei documenti nel vasto magazzino della memoria storica di una istituzione e la loro lettura dipendono in grande parte dall’esperienza e dalla cultura dello storiografo. I documenti parlano secondo le sollecitazioni che ricevono dal ricercatore, e questo a sua volta è debitore al momento storico che vive e obbedisce alle sollecitazioni della coscienza comune che lo circonda. P. Sannazzaro si dimostra molto consapevole del suo compito. Non vuole essere soltanto testimone di quanto è avvenuto, ma s’impegna in un serio lavoro di comprensione e di valutazione. Alla fine di ogni periodo, egli mette in luce figure di fratelli e padri che più si sono distinti, imponendosi alla pubblica attenzione, soprattutto coloro che hanno saputo incarnare l’ideale camilliano rendendolo vivo e splendente alla generazione del loro tempo; e alla conclusione del libro sconfina perfino nel presente come ad indicarci i criteri di lettura usati nella ermeneutica del passato. VI Se la grandezza di una comunità sta nel produrre persone capaci di morire per gli altri, possiamo dire che - nonostante tutti i limiti, interni ed esterni, dell’Ordine - la schiera dei martiri della carità e praticamente la totalità dei nostri confratelli che si offrivano a servire gli appestati sapendo di rischiare la vita, è la più bella prova che il « pusillus grex » del gigante della carità, in questo suo primo secolo di vita, si è mostrato degno erede del suo grande padre. CALISTO VENDRAME Superiore generale Roma, 25 maggio 1986. VII VIII PREFAZIONE Il decreto conciliare sul rinnovamento della vita religiosa, « Perfectae caritatis », indicando gli elementi di un conveniente rinnovamento, fa presente: « fedelmente si interpretino e si osiervino lo spirito e le finalità proprie dei Fondatori, come pure le sane tradizioni, poiché tutto ciò costituisce il patrimonio di ciascun istituto ». Questa indicazione, tra l’altro, è stata fonte di un’attenta indagine e ricerca storica da parte dei singoli Ordini e Congregazioni, che, nel periodo postconciliare, sono stati impegnati a rivedere i propri codici costituzionali ed aggiornare le proprie attività apostoliche e pastorali. In conformità ai segni dei tempi, ogni istituto s’è sforzato di approfondire e chiarificare la propria identità, il proprio carisma, l’esempio e l’insegnamento del proprio Fondatore. A questo fine vennero pubblicate non poche opere sulle origini dei singoli istituti, le quali sono state alla base di studi per un genuino aggiornamento, di una fedeltà dinamica al carisma del Fondatore e degli istituti. Ma non ci si è fermati al periodo delle origini, ai primi tempi delle fondazioni; ma si è anche indagato sull’evoluzione, a volte secolare, dei singoli istituti, per individuarne e mettere in evidenza le « sane » tradizioni, il proprio patrimonio. Può avvenire, ed è avvenuto, che in tale evoluzione, si siano infiltrate ed abbarbicate, tradizioni « non sane », che, quasi sempre, in una susseguente riforma, sono state espunte. È conveniente e doveroso individuarle per evitarne la rinascita, forse sotto diverse apparenze. Occorre compiere un’indagine seria, onesta, spassionata, aliena sia da enfatici trionfalismi che da crude dissacrazioni. A questo lavoro di ricerca e di rievocazione non è stato estraneo il nostro Ordine. La personalità di s. Camillo, dell’ambiente in cui è vissuto ed ha operato, il periodo delle origini era già stato debitamente investigato ed illustrato dall’opera preziosa ed insostituibile di p. Vanti. Però essa ha ricevuto una maggiore luce dalla pubblicazione degli « scritti di IX S. Camillo », compiuta dallo stesso padre; come dall’edizione della « Vita del p. Camillo » (la cosiddetta « vita manoscritta ») del Cicatelli, e degli atti dei primi cinque capitoli generali. È auspicabile che la pubblicazione delle fonti camilliane sia arricchita dall’edizione dei processi di beatificazione del Santo. Alla storia dell’Ordine è dedicato questo primo volume che va dall’inizio dell’istituto al 1699. In esso si nota un primo periodo, che è dominato dalla figura del Fondatore ed è pervaso da un’alta spiritualità, che si traduce in una totale dedizione agli ammalati. Non sono mancate divergenze, diversità di mentalità e di posizioni che, a volte, hanno raggiunto punte acute, anche di scontro; però la figura carismatica del Santo affascinava i suoi religiosi e li trascinava all’azione ed al sacrificio. Dopo di Lui il clima di alta temperie spirituale s’intiepidisce. L’ampio orizzonte, che abbracciava tutto il malato e tutti i malati, si restringe; l’assistenza diviene settoriale. Si ha la preferenza e la prevalenza di quella spirituale, in particolare ai moribondi nelle case private. Il nuovo indirizzo veniva espresso, in chiari termini, dal p. Giovanni Battista Novati, che fu generale dell’Ordine. « La nostra Religione - afferma - dei Chierici Regolari dei Ministri degli In fermi fa professione di accorrere ogni volta che si è richiesti, sia di giorno che di notte, presso gli infermi agonizzanti, anche appestati, e di aiutarli con salutari avvisi e con preghiere ed orazioni a Dio e ai suoi Santi e, se ‘necessario con l’amministrazione del Sacramento della Penitenza. Con tali aiuti i moribondi sono muniti e corroborati per vincere i Demoni e rendere vane le loro tentazioni ».1 Tale concezione aveva la conseguenza di una accentuata e progressiva clericalizzazione. I fratelli vennero declassati dalla loro primitiva e genuina funzione di servizio immediato al malato. La loro opera fu ridotta ai servizi domestici e di culto. Il loro numero si ridusse sensibilmente. Le varie costituzioni, emanate nella seconda metà del Seicento sono lo specchio di tale mentalità ... Se anche non si vuole affermare che vi è stata una deviazione dall’ideale del Fondatore, si deve però ammettere che si tratta di un restringimento della visione di un servizio globale al malato, che S. Camillo ha voluto e perseguito fino alla morte. Quando poi sopraggiungevano le epidemie pestilenziali, stati di emergenza, allora tutti si offrivano spontaneamente e senza eccezioni, gareggiavano per essere prescelti Non badavano a sacrifizi e fatiche, 1 G.
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