A Midsummer Night's Dream

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A Midsummer Night's Dream FONDAZIONE TEATRO LA FENICE DI VENEZIA A Midsummer Night’s Dream (Sogno di una notte di mezza estate) opera in tre atti libretto di Benjamin Britten e Peter Pears musica di Benjamin Britten Teatro Malibran venerdì 20 febbraio 2004 ore 19.00 turno A domenica 22 febbraio 2004 ore 15.30 turno B martedì 24 febbraio 2004 ore 19.00 turno D giovedì 26 febbraio 2004 ore 19.00 turni E-I sabato 28 febbraio 2004 ore 15.30 turni C-H La Fenice prima dell’Opera 2004 2 Kenneth Green (n. 1916), Benjamin Britten e Peters Pears, 1943. Londra, National Portrait Gallery. La Fenice prima dell’opera 2004 2 Sommario 5 La locandina 7È sogno? o realtà … di Michele Girardi 9 A Midsummer Night’s Dream, libretto e guida all’opera a cura di Riccardo Pecci 91 A Midsummer Night’s Dream in breve a cura di Gianni Ruffin 93 Argomento – Argument – Synopsis – Handlung 101 Julian Budden Britten e Shakespeare 109 Davide Daolmi «Amanti, a letto! È ormai l’ora delle fate» 133 Benjamin Britten Il Sogno del compositore 139 David Pountney Appunti per un’interpretazione registica di A Midsummer Night’s Dream 141 Guido Paduano La realtà e i suoi contrari 169 Cecilia Palandri Bibliografia 181 Online: Great Britten a cura di Roberto Campanella 191 Benjamin Britten a cura di Mirko Schipilliti 198 Britten in Venice La pagina con l’elenco dei personaggi nell’esemplare del Dream (Penguin) posseduto da Britten, con le sue annotazioni. Aldeburgh, Britten-Pears Library. Da The Cambridge Companion to Benjamin Britten, Cambridge, Cambridge University Press, 1999. Si noti tra l’altro che accanto a Flute non com- pare il nome di Pears, ma quello di H. Cuénod (il primo Sellem nel Rake’s Progress di Stravinskij). A Midsummer Night’s Dream (Sogno di una notte di mezza estate) opera in tre atti libretto di Benjamin Britten e Peter Pears musica di Benjamin Britten Editore Boosey & Hawkes, Londra personaggi ed interpreti Oberon William Towers Tytania Susan Gritton Puck Richard Gaunlett Theseus Mark Beesley Hippolyta Julie Mellor Lysander Matthew Beale Demetrius William Dazeley Hermia Alison Hagley Helena Joanne Lunn Bottom Conal Coad Quince Roger Bryson Flute Ryland Davies Snug Geofrry Moses Snout Francis Egerton Starveling Adrian Clarke Cobweb, Peaseblossom, Mustardseed, Moth Solisti del Coro «Pueri cantores» maestro concertatore e direttore Sir John Eliot Gardiner regia David Pountney scene Stefanos Lazaridis costumi Sue Blane scenografo collaboratore Alison Nalder assistente alla regia Mary Anne Kraus light designer Rick Fischer Orchestra del Teatro La Fenice Coro «Pueri cantores» di Vicenza direttore del Coro Roberto Fioretto in lingua originale con sopratitoli in italiano nuovo allestimento prima rappresentazione a Venezia 6 LA LOCANDINA direttore musicale di palcoscenico Giuseppe Marotta direttore di palcoscenico Paolo Cucchi responsabile allestimenti scenici Massimo Checchetto maestro di sala Joice Fieldsend aiuto maestro di sala Yoyce Lee Fieldsen aiuto maestro del coro Ulisse Trabacchin altro direttore di palcoscenico Lorenzo Zanoni maestri di palcoscenico Jung Hun Yoo maestro rammentatore Pierpaolo Gastaldello maestro alle luci Alberto De Piero macchinista Vitaliano Bonicelli capo elettricista Vilmo Furian capo attrezzista Roberto Fiori capo sarta Rosalba Filieri responsabile della falegnameria Adamo Padovan coordinatore figuranti Claudio Colombini attrezzeria Laboratorio Teatro La Fenice (Venezia) costumi e calzature Nicolao Atelier (Venezia) parrucche Mario Audello (Torino) trucco Fabio Bergamo (Trieste) sopratitoli Studio GR (Venezia) È sogno? o realtà … E [nel Midsummer] ci sono i vecchi strambi – gli artigiani – che sono ormai al di là della sperimentazione erotica e sono passati con naturalezza al teatro come strumento per capire chi si è, fin- gendo di essere ciò che non si è. DAVID POUNTNEY La Fenice vanta una lunga consuetudine con il teatro di Benjamin Britten, che inizia nel lontano settembre 1946, quando i veneziani udirono i Quattro pre- ludi marinari dal Peter Grimes nell’ambito del IX festival di musica contem- poranea, per toccare l’apice meno di dieci anni dopo, con la prima assoluta del suo capolavoro The Turn of the Screw, il 14 settembre 1954, e giungere fino alla prima europea di un’opera ‘lagunare’ come Death in Venice nel 1973. La si trova documentata nella breve rassegna Britten in Venice che chiude con straordinaria vivezza questo volume di «La Fenice prima dell’opera», allestita da Marco Riccucci con le immagini fornite da Luigi Ferrara, e siglata da una commovente istantanea di Britten nel 1976, l’anno della morte. Mi piace par- ticolarmente quando l’occhio del fotografo si posa su una pausa dalle prove per ritrarre uno spuntino molto britannico sui gradini del ponte dietro al tea- tro, dove il tenore Peter Pears, smessi i panni dell’implacabile Quint, offre da bere alla piccola Olive Dyer (Flora) mentre l’altro bimbo, Miles sulla scena, se ne sta un po’ in disparte, ed è poi David Hemmings, futuro protagonista di Blow-up di Michelangelo Antonioni. Il corredo iconografico si presenta particolarmente ricco e, quel che più con- ta, in piena sintonia con i saggi e le rubriche di questo volume, che offrono al lettore una panoramica tanto vasta quanto pluralistica sul compositore che ha riportato l’opera inglese ai fasti dei tempi di Purcell. Non era un innovatore del linguaggio, Britten, anzi era proprio alieno al flusso delle avanguardie del se- condo dopoguerra, limitandosi a coltivare una dichiarata passione per la musi- ca di Alban Berg, in particolare. Per dirla con Davide Daolmi, autore di un sag- gio a tutto campo sull’intonazione del Midsummer shakespeariano, «negli anni di trincea dell’avanguardia musicale, fra il totalitarismo di Darmstadt e l’epi- gonismo populista del dopo Puccini, Britten sembra non prendere posizione e non inserirsi nemmeno nel dialogo. Sembra forse voler mediare, ma in fondo, il suo, è un isolarsi in un’idea di musica che orecchia la nascente Neue Musik giusto per recuperarne gli effetti più esteriori, ma rimane ancorata alla consoli- data tradizione di sempre». 8 MICHELE GIRARDI Britten possedeva peraltro un talento naturale per il teatro, che gli ha consen- tito di varare alcuni tra i titoli operistici di maggior successo del secolo passato, a maggior gloria del regno di Sua Maestà la Regina d’Inghilterra: Great Britten, ap- punto, come scrive Roberto Campanella, «che, tuttavia, dovette sopportare tutto il peso del perbenismo e di certi preconcetti, che vedevano nell’omosessualità una sorta di vergognosa malattia». Davide Daolmi affronta con finezza ermeneutica anche questa tematica, provando a quantificarne l’incidenza sulla creazione arti- stica. Occhieggia sulle sue pagine una Titania lasciva, ritratta da Füssli mentre ab- braccia Bottom (Nico Chiappa, nella vivace traduzione di Carlo Vitali che pub- blichiamo a fronte del libretto originale), a cui il folletto Puck ha imposto una testa d’asino. Lasciamo al lettore il piacere di scoprire quali sfumature di significato si nascondano dietro a tali situazioni drammatiche: Britten valorizza il mondo di am- biguità ereditato da Shakespeare coi mezzi della musica, e un esempio tangibile lo offre Riccardo Pecci, autore di una guida all’opera di insolita ricchezza, quando nota, ad esempio, «l’inatteso carattere marziale» dei soli della fate nel finale pri- mo. Gli risponde il compositore stesso, nell’intervista rilasciata in occasione della prima di Midsummer (che pubblichiamo qui, per la prima volta in italiano): «le fate, dopotutto, costituiscono la guardia di Titania, e quindi, in certi punti, sono accompagnate da una musica marziale. Come nel mondo reale (sia detto per inci- so) anche nel mondo degli spiriti c’è il male e c’è il bene». O piuttosto, come nota David Pountney spiegando la sua regìa, «ci sono i bambini – le fate – e i loro ge- nitori/maestri Oberon e Titania (Benjamin Britten e Peter Pears, ovviamente) spa- ventati e inefficienti che impartiscono un’educazione inquietante sul mondo delle emozioni e del matrimonio con il loro cattivo esempio». Apre la sezione saggistica Julian Budden, che si concede una pausa dagli stu- di verdiani e pucciniani per affrontare, da compatriota, la posizione eccezionale di Britten, che ha provocato la rinascita del teatro musicale inglese in una «na- zione di scrittori», dove la grande poesia «possiede una musicalità intrinseca che resiste all’intonazione, a causa della ricchezza di vocali brevi che si distorcono se prolungate». «Toccò a Peter Grimes» scrive Budden «il compito di mostrare co- me una “grande opera inglese” non fosse una contraddizione in termini». Guido Paduano, autore dell’importante ultimo saggio, affronta direttamente A Midsummer Night’s Dream di Shakespeare, orientando il lettore in un gioco di specchi, tra realtà e fantasia, dove trova una collocazione centrale la posizione delle coppie di amanti nel contesto dei diversi piani narrativi del play, «per con- cludere che quell’inseparabile amalgama di gioia e precarietà che brilla alla fine nelle parole di Elena (“And I have found Demetrius like a jewel, / mine own and not my own”, 4.1.190-191) è in realtà una situazione universale, una cifra del- l’esistenza. Giustamente Britten l’ha trasformato nel suo canone ascendente che coinvolge tutti e quattro i soggetti e tutti e quattro gli oggetti del desiderio». Michele Girardi Libretto di Benjamin Britten e Peter Pears dalla commedia di William Shakespeare Musica di Benjamin Britten Edizione a cura di Riccardo Pecci con guida musicale all’opera William Blake (1757-1827), Ritratto di William Shakespeare, particolare. Inchiostro e tempera su tela. Manchester, Manchester City Galleries. A Midsummer Night’s Dream libretto e guida all’opera a cura di Riccardo Pecci Presentiamo un’edizione del libretto del Midsummer Night’s Dream op. 64 di Britten che tiene conto sia del libretto che della partitura a stampa.1 Per quanto riguarda la traduzione italiana, si è optato per quella – vivida e scor- revole – di Carlo Vitali, alla quale sono state apportate minime modifiche per armonizzarla con il testo inglese da noi stabilito.
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