Universita Degli Studi Di Udine
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UNIVERSITA DEGLI STUDI DI UDINE CORSO DI DOTTORATO DI RICERCA IN STORIA DELL’ARTE CONTEMPORANEA CICLO XXII TESI DI DOTTORATO DI RICERCA BOURDELLE, BERNARD, MAILLOL: INFLUENZE FRANCESI NELLA SCULTURA ITALIANA DEGLI ANNI VENTI DOTTORANDA FABIANA SALVADOR RELATORE FLAVIO FERGONZI INDICE Introduzione I. Bourdelle e l’Italia p. 7 I bronzi di Bourdelle nella collezione Ojetti p. 26 Il rilievo p. 34 L’Héraklès archer p. 43 Il Monument de Montauban p. 51 Il Centaure mourant p. 60 Il Monument du général Alvéar p. 66 II. Bernard e l’Italia p. 72 A Parigi i primi influssi nell’opera di Andreotti: ritmi bilanciati e arcaismo orientale p. 78 La recezione in ambito romano e la fortuna nelle arti decorative p. 83 Grazia e arcaismo p. 90 III. Maillol e l’Italia p. 99 Suggestioni a Parigi prima del 1914: Andreotti e Romanelli p. 110 Attilio Selva: un Maillol mediato da Mestrovic e dalla stampa tedesca p. 117 Martini e Maillol: il mondo visto plasticamente p. 127 Maillol: l’affermazione di un linguaggio scultoreo attraverso le esposizioni p. 139 I. Bourdelle e l’Italia. Illustrazioni p. 153 II. Bernard e l’Italia. Illustrazioni p. 191 III. Maillol e l’Italia. Illustrazioni p. 209 APPENDICE A. Opere di Bourdelle esposte in Italia p. 231 APPENDICE B. Opere di Bernard esposte in Italia p. 253 APPENDICE C. Opere di Maillol esposte in Italia p. 267 Corrispondenza Emile Antoine Bourdelle e Ugo Ojetti p. 271 Bibliografia p. 295 Tesi di dottorato di Fabiana Salvador, discussa presso l’Università degli Studi di Udine Introduzione Il catalogo della mostra La sculpture française au XIX siècle, curata da Anne Pingeot nel 1986, segna un cambiamento fondamentale nell’approccio agli studi della scultura. Vengono affrontate sezioni tematiche che mettono in rilievo la formazione degli scultori, l’evoluzione delle tecniche, le commissioni e il rapporto con gli architetti, le esposizioni e i generi scultorei. Se fino a quel momento la storia della scultura italiana è stata scritta perlopiù da critici militanti che si soffermano sul lavoro di artisti prediletti o sulle correnti artistiche ritenute più significative, da allora in avanti anche in Italia si capisce che studiare gli scultori attraverso il semplice punto di vista formalistico, quello della sequenza delle opere nel loro catalogo ragionato, ammesso sia disponibile e attendibile, è limitativo; per comprendere di più è necessario ampliare il campo della visione e le tecniche dell’indagine. Risulta dunque fondamentale considerare la storia sociale dell’arte, per capire a esempio lo status di mestiere di scultore nell’ambiente in cui l’artista si forma; la ricerca d’archivio, per trovare i documenti relativi alle committenze e ai concorsi pubblici e capirne sviluppi ed eventuali condizionamenti; la storia delle istituzioni e in modo particolare quelle espositive per ricostruire in modo capillare la diffusione di modelli internazionali; la storia dell’editoria artistica per rilevare l’informazione visiva della scultura coeva. Vengono così pubblicati studi monografici che offrono prospettive originali (Giovanni Lista e Paola Mola su Medardo Rosso e su Adolfo Wildt, Nico Stringa su Arturo Martini, la mostra della scuola di Udine su Marcello Mascherini a Trieste nel 2007); mentre altri lavori affrontano questioni che si allontanano dagli artisti stessi e pongono l’accento sulle fonti visive antiche e su quelle coeve internazionali, sui contatti e scambi stilistici con i pittori e sui rapporti epistolari con uomini di potere nel sistema delle arti del tempo (a esempio le ricerche di Sandra Berresford su Leonardo Bistolfi, di Franco Sborgi e Caterina Olcese Spingarda su Eugenio Baroni, di Silvia Lucchesi e di Claudio Pizzorusso su Libero Andreotti, di Giuseppe Appella sugli scultori della Scuola Romana). L’interesse rivolto allo studio della scultura italiana si intensifica a partire dagli anni Novanta ed è documentato anche Tesi di dottorato di Fabiana Salvador, discussa presso l’Università degli Studi di Udine 1 dalla pubblicazione di contributi specifici riguardanti singole opere (soprattutto monumenti pubblici), che sono stimolati dalla valorizzazione delle raccolte museali e dal riordino degli archivi di istituzioni pubbliche e private. L’argomento della mia tesi, l’assimilazione delle opere di Emile Antoine Bourdelle, Joseph Bernard e Aristide Maillol nella scultura italiana degli anni Venti, viene proposto come un possibile approccio allo studio del periodo. Bourdelle, Bernard, Maillol sono gli artisti che in Francia, in reazione all’arte di Rodin, esprimono in modo determinante il ritorno alla forma e a uno stile che nell’arte greca ricerca le proprie componenti strutturali. Nel 1905 Aristide Maillol espone al Salon d’Automne una grande Femme, la Méditerranée, emblema della sua statuaria statica, concentrata sulla manifestazione della bellezza attraverso forme piene e tondeggianti; tra il 1907 e il 1911 Joseph Bernard realizza il Monument à Michel Servet, che mostra l’evoluzione dell’artista dalle premesse rodiniane di un’estetica violenta verso concezioni più calme e delicate; e nel 1910 la presentazione dell’Héraklès di Emile Antoine Bourdelle al Salon de la Société Nationale appare come il manifesto della forma esaltata e pensata come un’architettura. Di recente un’importante mostra organizzata dal Musée d’Orsay, Oublier Rodin?, ha trattato la questione legata alla scultura a Parigi fra il 1905 e 1914, puntualizzando la difficoltà e il significato del superamento della lezione dello scultore che alla fine dell’Ottocento in Francia aveva focalizzato in modo esclusivo il panorama scultoreo e all’Esposizione Universale del 1900 aveva raggiunto l’apoteosi, conquistando un posto stabile fra le glorie artistiche mondiali. Se il rapporto di Rodin con gli scultori italiani è stato studiato da Flavio Fergonzi, e un ulteriore approfondimento ha interessato la tesi dottorale di Barbara Musetti, la reazione all’impressionismo e l’assimilazione di una plastica moderna di matrice francese nel classicismo scultoreo italiano risulta essere un argomento poco investigato. La mostra dedicata a Bourdelle nel 1994, tenutasi in Italia e curata da Bruno Mantura, rappresenta il contributo più importante sul tema; in particolare il saggio di Silvia Lucchesi, che spiega la fortuna dello scultore negli scritti di Ugo Ojetti, offre spunti bibliografici che mettono in luce la varietà degli stimoli innovativi forniti dallo scultore. Fra questi di fondamentale rilievo sono il libro di Rossella Campana su Romano 2 Tesi di dottorato di Fabiana Salvador, discussa presso l’Università degli Studi di Udine Romanelli, i saggi di Giovanna De Lorenzi sulla scultura monumentale di Arturo Dazzi e quello di Cristina Frulli sul monumento di Silvio Canevari ai caduti di Pistoia. Lo studio di Claudio Pizzorusso e Silvia Lucchesi sulle lettere di Libero Andreotti restituisce l’esperienza dell’artista nella capitale francese e il determinante rapporto con Ojetti. Per una campionatura delle opere interessanti prodotte nel periodo considerato, il libro di Francesco Sapori, Scultura italiana moderna del 1949 rappresenta ancor oggi la più ricca antologia di statue del primo quarantennio del secolo, anche se priva di ogni storicizzazione. Tuttavia è lo spoglio delle riviste italiane del tempo, in particolare “Emporium” e “L’Illustrazione Italiana”, e dei cataloghi delle maggiori esposizioni, a fornire le immagini delle sculture più discusse dalla critica del tempo. La consultazione delle schede bibliografiche nel dizionario degli scultori italiani di Alfonso Panzetta risulta poi imprescindibile. L’identificazione delle opere degli artisti francesi transitate in Italia restituisce un repertorio fondamentale di modelli osservati direttamente dagli scultori italiani; altre fonti visive di rilievo vengono offerte dallo spoglio delle riviste d’arte, in particolare quelle francesi, come “L’Art et les artistes”, “Art et décoration”, “L’Amour de l’Art”, la cui diffusione è documentata in Italia. La plastica solida, concisa e architettonica proposta dagli artisti francesi si osserva innanzitutto negli scultori italiani che nel periodo dell’anteguerra dimorano a Parigi o hanno comunque interesse a esporre al Salon d’Automne. Fra questi spiccano i nomi di Andreotti, Romanelli, Cataldi, Biagini, Baroni e Martini che negli anni Venti rielaboreranno la suggestiva esperienza. Nell’Italia del postimpressionismo, un ruolo fondamentale viene riconosciuto al critico Ugo Ojetti che, abbracciando le teorie neotradizionaliste di Maurice Denis e mosso da sentimenti nazionalistici, invoca un rinnovamento dell’arte, basato sulle tradizioni e su un’idea di classicità. Ojetti sostiene il ritorno al mestiere, la chiarezza comunicativa, l’equilibrio fra la sintesi ideale della forma e l’amore per la natura. E’ fondamentalmente un arbitro del gusto che educa grazie a una fervente attività di promozione culturale, realizzando mostre, intervenendo nelle acquisizioni di musei e gallerie e guidando molti concorsi pubblici. La rivista “Dedalo” da lui fondata e diretta dal 1920, la rassegna d’arte di maggior attualità e apertura internazionale uscita negli Tesi di dottorato di Fabiana Salvador, discussa presso l’Università degli Studi di Udine 3 anni tra le due guerre, promuoverà la conoscenza dell’arte contemporanea, con un occhio particolarmente attento a quella francese. L’opera di Bourdelle viene valorizzata e proposta da Ojetti grazie a un’importantissima mostra individuale alla Biennale veneziana del 1914, ricostruita attraverso lo studio della corrispondenza fra l’artista e