IL “GRAZIE” dei BUSSANESI AL “SENATORE DEL REGNO D’ITALIA” GIUSEPPE BIANCHERI INAUGURO’ LA TOPONOMASTICA DEL NUOVIO PAESE

Nella sua prima seduta avvenuta l’11 ottobre 1891 il Consiglio Comunale della Nuova Bussana mise, tra l’altro, all’ordine del giorno la toponomastica del Nuovo Paese proposta, allo scadere del proprio mandato, dal Commissario Prefettizio Annibale Berti. Dopo una prima provvisoria lettura i consiglieri ritennero opportuno rimandare ad altra occasione l’esame approfondito di detta proposta, riservando tuttavia l’assegnazione immediata della Piazza principale del paese al benemerito Senatore Giuseppe Biancheri con la seguete motivazione: «per il grande impegno, le indefesse costanti cure e l'estremo interessamento presosi per il risorgimento, e per la prosperità della nuova Bussana, nonché per l'affettuosa devozione addimostrata in verso di questa disgraziata popolazione». Con la successiva sistemazione della stradario, avvenuta pochi anni dopo, in luogo della Piazza fu assegnata al Biancheri la via fiancheggiante la Chiesa sul lato sinistro.

La revisione della toponomastica proposta dal Berti avvenne, dunque, più tardi con la nomina di una Commissione che presentò la propria relazione al Consiglio Comunale il 25 novembre 1895 con le proposte che qui trascriviamo desumendole dal volume di Nilo Calvini: Bussana, dall'antico al nuovo paese (Casabianca Ed. 1987, p. 259): «mantenere i nomi dei "principali fattori della nostra patria italiana"; di quelli che, come S. Ecc. Giuseppe Biancheri, "nella luttuosa circostanza del terremoto, d'infausta memoria, in modo speciale ci furono larghi di aiuto". Quelli "delle città più benefiche e prodighe nelI'elargire sussidi" come Roma, Genova, Milano e Torino». «E perché poi la memoria resti ‑ proseguiva la proposta ‑ di quelli che, o per liberale munificenza si resero benemeriti del paese, o che lo illustrarono col loro ingegno e possano essi servire di esempio e speranza ai presenti, si è stabilito di ricordare il Dottore Gio Battista Soleri istitutore del Collegio che da lui prende il nome ..., I'Avv. Pasquale Donetti fondatore d'un altro istituto che, sebbene più modesto, può rendere in avvenire non piccoli vantaggi al paese; il Padre Martino Natali celebre Professore di Teologia della Impenale Università di Pavia; ed infine il Comm. Gianstefano Geva, il quale mediante il suo ingegno pervenne all'alta onorifica carica di Presidente della Corte d'Appello». Dobbiamo osservare che alcuni dei nomi proposti scomparvero poi, per evitare doppioni, con il passaggio di Bussana, come frazione, al di : cosi fu delle denominazioni di Roma, Cavour e Garibaldi, e, tra i benefattori, di Vittorio Emanuele e della Regina Margherita. A via Garibaldi si sostituì via Marsala, quattro vie furono dedicate a Giukia Cesare, Enrico Toti, Luigi Galvani e Alfredo Oriani, si volle poi ricordare la Grande Guerra del 15-18 con le vie Brigata e Vittorio Veneto. Alcune vie restarono denominate in base alla collocazione: così , Circonvallazione a Levante, Rustici Superiori e Rustici Inferiori, Bastioni, Tre Fontane, Castelletti, Monto, Lavatoi, al Santuario, Rondò e Marine (salite), Frantoi Canai ecc. Successivamente fu dedicata a Don Lombardi (+ 1922) la Piazza del Santuario, al Dott. Giovanni Chiappe (+ 1930) la Piazza del Municipio (oggi delegazione) ed ebbero rispettivamente l'intestazione di una via: Giovanni Ceriolo (+ 1944), Fra Galdino (Mons, Vincenzo Novella + 1956), Alessandro Calvini (+1956). Alfine fu dedicata la Piazza della Scuole allo storico bussanese Prof. Nilo Calvini (+ 1998).

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Don Francesco Lombardi. Il suo nome era già presente nella toponomastica provvisoria indicata dal Berti e certo non ne sarebbe stato escluso al momento della revisione e della ufficializzazione, se non vi fosse stato un insuperabile impedimento da parte del designato: non perché vivente (anche Biancheri lo era), ma per quella stessa discrezione ed umiltà per cui egli mandò in soffitta, a suo tempo, il diploma di "cavaliere" che la nipote aveva appeso in bella vista su una parete della canonica. E pensare che il Berti riteneva che tra le denominazioni da lui scelte, ma lasciando al sopravveniente Consiglio Comunale piena libertà di sostituirle, quella di Don Lombardi fosse l'unica da non escludere: lo sappiamo dallo scrittore Baccio Emanuele Maineri che nel suo libro Liguria Occidentale (1887‑1893) Gite Storie ‑ Ricordi (Roma, Civelli, 1894) riferisce questa dichiarazione fattagli dal diligente Commissario a proposito di quel suo intento: «AI futuro consiglio il denominare le nuove strade e luoghi a me quest'atto che è un'intima compiacenza e un semplice dovere». Maineri non si limita a riferire, ma ampiamente approva: «Quale più onorifica attestazione? Don Lombardi è l'angelo di Bussana». Il che fa chiosa a quanto si legge poco innanzi nello stesso libro «Sarebbe diffìcile (di Don Lombardi) tessere i meritati elogi: è l'uomo della modestia, dello zelo e della carità. Il vero pastore del Vangelo».

E' superfluo, in questo contesto, tessere un profilo anche breve del grande Parroco di Bussana e rievocare le sue benemerenze, anche perché la sua figura e la sua opera è ben nota ai nostri lettori. Ai Bussanesi quell'insegna, che spicca al limitare della facciata, parla di un uomo che li ha tanto amati: l'uomo che disse nel giorno del suo ingresso in parrocchia: «d'ora in avanti essa sarà l'unico oggetto dei miei pensieri, l'unico palpito del mio cuore», l'uomo che esclamò, nella circostanza del terremoto, «Io resto con voi!», l'uomo che scrisse di sé nel testamento (parole scolpite nel marmo della sua tomba) «nei 47 anni di parrocchia ha amato sempre i suoi cari bussanesi». Per tutti, inoltre, quella targa può essere vista come un segno di benvenuto: simboleggia l'accoglienza dell'Apostolo del Sacro Cuore nel tempio dedicato all'Amore divino che è stato e resta il suo "messaggio".

Giuseppe Biancheri. Nacque a Ventimiglia il 2 dicembre del 1821. Frequentò l'Università di Nizza e poi quella di Torino dove conseguì la laurea in legge. Nel 1853 fu eletto deputato al Parlamento del Regno Sabaudo e durante il suo mandato disapprovò la partecipazione alla spedizione di Crimea perché la riteneva dannosa al mondo marittimo ligure e si unì poi a Garibaldi nella fiera opposizione alla cessione del Nizzardo alla Francia, gettando l'allarme «sulle gravissime conseguenze economiche per l'intera Liguria Occidentale ridotta in quel modo a estrema periferia del nascente Regno

Con l'unità d'ltalia, Ventimiglia fu retrocessa a distretto del Collegio elettorale di Sanremo ed ivi alle elezioni politiche generali per la formazione del primo Parlamento italiano, Biancheri presentò la sua candidatura entrando in lizza con Giuseppe Amelio: vinse al primo scrutinio con 752 voti contro 18. Nel 1867 gli viene assegnato il Ministero della Marina: «E' il riconoscimento della sua competenza e del peso della regione che gli sta alle spalle» (Così scrive Leone Pippione nel periodico della Famja Sanremasca “A GARDIORA”, n. 4, 2008, dal quale attingiamo le presenti notizie). Nel 1870 viene eletto Presidente della Camera e tale carica gli sarà riassegnata, con vari intervalli, per ben sei volte fino ad un anno dalla morte. Fu lui a scegliere il palazzo di Montecitorio come sede ideale per il Parlamento, dopo l'avvento di Roma Capitale ed il conseguente trasferimento dalla sede di Firenze, scelta apprezzata dall'On. Gianfranco Fini, nella commemorazione centenaria tenuta appunto a Montecitorio, nella sala della Lupa, nel dicembre 2008. Egli ha definito il Biancheri autentico "uomo del Parlamento … sempre coerente nella sua scelta di porsi a servizio dell’Istituzione parlamentare, rinunciando anche a prestigiosi riconoscimenti ministeriali”, Moltissime le sue benemerenze in rapporto alla nascente nazione italiana e, in particolare, alla sua terra d'origine come ben puntualizza L. Pippione nel citato articolo che signifitivamente si intitola: «Le battaglie in Parlamento a favore del Ponemte Ligure». Ma qui vogliamo soprattutto sottolineare il motivo principale per cui la popolazione ponentina si sentì in dovere di esprimere al conterraneo parlamentare la più profonda gratitudine: si tratta dell'opera da lui svolta a favore dei terremotati In occasione del disastroso evento del 1887. Tempestivo ed efficace fu il suo intervento per ottenere dal Ministero degli Interni solleciti finanziamenti a favore dei Comuni colpiti. Si adoperò inoltre per l'approvazione della legge (31 maggio 1887) che prevedeva sussidi a fondo perduto, esoneri e sospensione di imposte e creò una Commissione Reale per l'attuazione dei piani di ricostruzione e la distribuzione dei sussidi, Commissione alla Presidenza della quale fu Egli stesso deputato. Valutazioni, pareri e suggerimenti della Commissione Biancheri confluirono nella legge del 19 giugno 1888, n. 5447 che apriva l'accesso a prestiti a basso interesse da estinguersi in 25 anni decorrenti dal quinto anno dopo il terremoto. Sollecitò per i paesi colpiti tempestivi progetti di ricostruzione, ma di fronte al disastro di Bussana non esitò a sostenere la necessità di abbandonare il vecchio paese per costruirlo ex novo, come di fatto avvenne, in altra sede.

Giovanni Battista Soleri. La casata dei Solerio, o Solero, o Soleri come si cominciò a scrivere verso la fine del '500 fu caratterizzata per circa un secolo dall'esercizio della professione notarile. Ultimo di questa "dinastia" di notai come la denomina N. Calvini (I bussanesi, famigiie, tradizioni, dialetto, cit. p. 150) fu Antonio, da cui nacque Giovanni Battista (1599) il quale si avviò invece allo studio della medicina divenendo l'iniziatore di una nuova professione nel casato dei Soleri, quella del medico. E occorre dire egli cominciò assai bene, in questo ruolo, dal momento che divenne molto celebre per l'esercizio dell'arte della medicina a Genova e a Savona. Ma ben più celebre divenne il suo nome per la sua generosità e benemerenza sociale. Egli disponeva infatti, che, dopo la sua morte (avvenuta nel 1683), i suoi rilevantissimi beni servissero alla fondazione di un collegio che avrebbe dovuto ospitare e mantenere agli studi quindici giovani, due dei quali dovevano essere scelti a Bussana, sua patria, due a Savona, dove aveva svolto parte della sua attività e dove vivevano tre Suore, sue figlie, gli altri a , patria della moglie e del genero Giovanni Curlo sposo della quarta figlia. Egli volle che fossero i Gesuiti di Genova, ad eseguire la sua volontà e questi la misero in esecuzione utilizzando un edificio presso la Chiesa di san Pancrazio e apponendovi la scritta "Collegio Soleri". L'istituzione divenne ben presto prestigiosa al punto tale che i Gesuiti avrebbero voluto trasferirla nella miglior parte della città, a Piazza Acquaverde, il che fu loro impedito per motivi banali dettati forse da gelosie. Il lascito restò fruibile per oltre due secoli nonostante i contraccolpi di successivi crolli economici, che ne diminuirono progressivamente le prestazioni ma non le compromisero totalmente. Restò dunque in funzione malgrado tante avverse vicende (cfr. N. Calvini, Storia di Bussana, Enal Bussana, 1978, pp. 599‑613): la soppressione dei gesuiti (che però tornarono); la sopravvenuta ostilità del governo filo‑giacobino con la chiusura (ma di breve durata); le contestazioni dei Comuni interessati; l’accorpamento con altri collegi (salve restando le finalità dei singoli lasciti) per cui si ebbe la nuova denominazione di "Collegio Imperiale" in epoca napoleonica e poi di "Collegio Reale" con l'annessione della Liguria al Piemontc. Il lascito fu gestito alfine dall'Università di Genova.

Pasquale Donetti. Nato a Bussana nel 1831 e morto a Genova nel 1884, anch'egli è ricordato con onore per aver disposto che si costituissero, con tutte le sue rendite, quante possibili borse di studio presso l'Università di Genova per agevolare gli studenti Bussanesi meritevoli, ma bisognosi. L'esecuzione del suo testamento ebbe un notevole ritardo e subì anche delle interruzioni per diverse plausibili ragioni (cfr Storia di Bussana, cit. pp.615‑617); il lascito potè tuttavia portare benefici apprezzabili benché inferiori alle previsioni del generoso benefattore. Egli, laureato in legge, ricoprì varie cariche nella magistratura e da ultimo fu procuratore del Re nel Tribunale di Tortona. Di lui si ricorda anche l'energica determinazione con cui difese l'autonomia di Bussana facendo interrompere le pressanti pratiche per la pretesa annessione a Taggia.

Padre Martino Natali. Nato a Bussana nel 1730 gli fu dato a battesimo il nome di Carlo. Dotato di grande intelligenza e di straordinaria capacità mnemonica, si distinse fin da ragazzo per una spiccata propensione agli studi. Entrò nel Collegio degli Scolopi a Finalmarina donde, per le sue doti eccellenti, fu mandato a Roma per intraprendervi gli studi teologici. Entrato come religioso nella Congregazione degli Scolopi assunse il nome di Martino. Prima ancora di laurearsi destò con alcune sue tesi l'interesse di celebri teologi e suscitò, ad un tempo le prime avvisaglie di una disputa che si sarebbe ampiamente sviluppata specie coi Gesuiti. Ma non sono le dispute dottrinali quelle che vogliamo porre in rilievo nel tracciare il profilo del Teologo bussanese: ci interessa invece la notorietà da lui raggiunta con l'attività accademica, che lo portò ad occupare la cattedra di Teologia dogmatica nell'università di Pavia, una delle più celebri d'Europa. La profondità e l'ampiezza dei suoi studi gli conquistarono al di là delle dispute, la stima dei maggiori esponenti della cultura del tempo non esclusi alcuni dei suoi stessi oppositori. Il Natali era pure molto apprezzato dalle autorità austriache che governavano la Lombardia e dalla stessa corte di Vienna: persino l’Imperatore Giuseppe II, recatosi a Pavia, volle conoscere il celebre professore e, in segno di omaggio, assistere a qualche sua lezione,

Gian Stefano Geva. Una via gli era già stata dedicata nella vecchia Bussana pochi anni prima del terremoto. Laureatosi in legge intraprese la carriera della magistratura e la esercitò con esemplare onestà e grande competenza prima a Brescia poi a Milano. Passò poi a Messina dove rivestì l'alto grado di Presidente della Corte d'appello. Mori improvvisamente a Genova nel 1878 e fu sepolto a Bussana dove si svolsero eccezionali funzioni funebri.

Dott. Giovanni Chiappe. Vinse il concorso a medico condotto per il nuovo paese di Bussana il cui Consiglio Comunale aveva pubblicato il relativo Bando sul finire del 1891. I1 quarantennale esercizio del suo ruolo gli conquistò la stima ed anche l'affetto della popolazione bussanese. «Egli ha assistito come amico e fratello i nostri infermi - leggiamo su l'Eco del Sacro Cuore (

Il Dott. Chiappe (al centro dietro Don Lombardi) dicembre 1930, nella triste circostanza della sua morte ) ‑, ha lenito i dolori fisici e morali della nostra gente con la sua esperienza di buon medico. Con encomiabile scelta ha voluto restare il "medico condotto" del paese anche quando una nuova legge gli prospettò più lucrose alternative... In apparenza tanto modesto, possedeva sovrana la passione della medicina. Amava i suoi infermi per i quali non si dava tregua né riposo. Ci pare ancora di vederlo correre per le vie del paese e dei dintorni: ha camminato per quarant'anni a piedi come San Francesco, lieto e sereno, soddisfatto di compiere il suo dovere senza il miraggio di altri compensi». Egli fu molto sollecito, come amico e come medico, nei riguardi di Don Lombardi cui rimproverava il troppo lavoro. Lo pianse come si piange un padre al suo letto di morte.

Giovanni Ceriolo. Giovane bussanese ventitreenne partecipò alla Resistenza ligure nella 'prima zona" con il nome "Dino" (cfr. G. Gimelli, La resistenza in Liguria, Carocci Ed. 2005, p. 528). L'estremo Ponente ligure era «di vitale importanza per le truppe germaniche che operarono sul confine e sulla costa... Secondo un calcolo aritmetico le brigate della prima zona risulterebbero tra quelle che hanno subito il maggior numero di rastrellamenti rispetto alle altre regioni operative della regione» (La resistenza in Liguria, cit. p. 517). Bussana viveva in quell'epoca in una atmosfera da incubo: vi era dislocato un Comando tedesco e postazioni antisbarco erano collocate tra Bussana Vecchia e la nuova.

Poggio di Sanremo, “Piazza Martiri”, la lapide

In quel torno di tempo il Parroco, Mons. Francesco Buffaria, fu minacciato di arresto per il rifiuto di rivelare i nomi di eventuali partigiani della parrocchia: generosamente si offerse in suo luogo Don Francesco Moro, allora vice parroco, che fu carcerato con il confratello di Arma di Taggia Don Angelo Nanni. Essi «assumono nel carcere "pur col pianto nel cuore" atteggiamenti di serenità o di allegria per tener viva la speranza negli altri prigionieri ed impedire che siano sopraffatti dal panico e dalla disperazione» (G. Strato, C. Rubando, F. Biga Storia della resistenza imperiese I Zona Liguria, Sabatelli Ed. 1992, Vol. 2•, p. 71). Il Ceriolo fu arrestato a seguito di una irruzione nella sua casa e dopo dieci giorni, il 24 novembre 1944, fu sottoposto a fucilazione a Poggio di San Remo insieme ad altri nove compagni. A loro fu dedicata la piazza del triste evento col titolo "Piazza Martiri" e una lapide con la seguente scritta: Qui / la rabbia teutonica spegneva la giovinezza / di undici Martiri. / Perché il loro ricordo non muoia / e sia di esempio alle generazioni future / Poggio / incise sul marmo i loro nomi (cfr. M. Bottero, Memorie nella pietra, monumenti alla resistenza ligure, 1945‑1996, Ist. Storico della Resistenza Ligure. 1996, p. 219). Si narra un triste episodio collegato a questa esecuzione: una conoscente di Giovanni, Maria Ceriolo, che si rivolse a lui da una finestra pronunciando il suo nome, fu punita con l'incendio della sua casa.

Fra Galdino (Mons. Vincenzo Novella). Aveva appena otto anni quando Bussana fu distrutta dal terremoto: gli occhi del piccolo "Cencio" videro Don Lombardi soccorrere i feriti «ritto sugli spalti dei muri crollati, come un capitano intrepido che non abbandona la sua nave». (Fra Galdino, Il parroco del Terremoto, Ed. del Santuario, 1953). Una visione che, come scrisse egli stesso, gli rimase impressa per tutta la vita.

A nostra volta possiamo dire che proprio il riferimento a Don Lombardi, educatore e guida, si impresse non tanto nella sua memoria quanto piuttosto nelle sue scelte di vita. A lui, infatti, Don Novella attribuirà la propria vocazione al sacerdozio; a lui i ragionevoli ripensamenti nei giovanili entusiasmi per le ventate del "modernismo", pur indici di un'appassionata ricerca; a lui la sollecitazione per il debutto nel campo giornalistico; a lui, alfine, la promozione al ruolo graditissimo di collaboratore prediletto in Bussana. Prima, però, di questo definitivo ritorno nel proprio amato paese accanto al "santo" apostolo del Sacro Cuore, Don Novella, nell'esordio del suo ministero, ebbe modo di confrontarsi con altre due figure di "santi": lo affascinò infatti a Camporosso la mistica presenza del "Padre santo" (San Francesco Maria) di cui era in corso la causa di Beatificazione e si impegnò, a Bordighera Alta, a difendere con la sua penna, fattasi vibrante e all'occorrenza graffiante, la bella figura di francescano e di sacerdote del Padre Giacomo Viale (per il quale è in corso la Causa di Beatificazione), di cui fu coadiutore. Fu così che cominciò ad apparire lo pscudonimo manzoniano di "fra Galdino" cui offrì poi largo spazio l'Eco del Sacro Cuore, che, fondato da Don Lombardi, passò poi alla sua intelligente gestione. Perché "Fra Galdino"? Lasciamolo dire a lui: «eccomi dunque presentato ai bravi lettori de "L'Eco": com'essi si sono accorti dalla bisaccia che mi pende a tracolla, io sono uno che vado in cerca non di noci ma di ... " notizie" ... e arrivo dappertutto» (L'Eco del Sacro Cuore, gennaio 1908, p. 623). Cosi il "Fra Galdino" nostrano, apostolo della penna, versò largamente dalla sua umile "bisaccia" la buona semente del Vangelo, con spirito francescano ed eleganza manzoniana ed anche, come ebbe a scrivere, con «la carità del natio loco» (cfr. L'Eco, febbraio 1932, p. 2). Con lo stesso pscudonimo scrisse la biografia di Don Lombardi tanto apprezzata da quanti hanno avuto modo di scorrerla. Ma anche un altro titolo gli fu caro e con esso si presentava ai visitatori quando, vecchio e canuto (morì nel 1956) per lunghe ore si tratteneva in chiesa pronto ad improvvisarsi "cicerone": "sono il Curato del Sacro Cuore" diceva loro: poi si prodigava ad illustrare le beliezze del Santuario.

Alessandro Calvini. La decisione dei bussanesi di dedicare una via in suo onore fu dovuta soprattutto allo sbocco spontaneo, dopo la sua morte, di una stima, di un affetto ampiamente condivisi, suscitati dal calore della sua "presenza" in paese, esempio efficace di convivenza fraterna in una comunità solidale. Si voleva ricordare la sua eccezionale disponibilità verso tutti, il pacato senso di equilibrata vitalità che ispirava tanto ottimismo e all'occorrenza, allegria, l’entusiasmo del suo trascinante coinvolgimento nelle iniziative care al paese. Queste doti ebbero larga e benefica incidenza nell'ufficio a lungo esercitato di impiegato comunale per la delegazione di Bussana. Nipote di Don Lombardi coadiuvò lo zio in tante circostanze, ed in particolare si occupò con rilevante impegno della gestione della "Tipografia del Sacro Cuore" allestita dal Servo di Dio per la stampa del L'Eco del Sacro Cuore e la diffusione di opuscoli edificanti. Si distinse anche come giornalista: molti suoi articoli sono apparsi sul citato periodico del Santuario e sulla stampa locale con la firma "Acal". Con la sua bella voce baritonale onorò il Sacro Cuore nel Santuario facendosi inoltre animatore di una robusta cantoria. Il suo sorriso aperto e cordiale si spense nell'ottobre del 1956.

Prof. Nilo Calvini. Nato a Bussana nel 1914 da Alarico, amico e collaboratore di Don Lombardi ("Riguccio" nell'epistolario del Servo di Dio), si è laureato in Lettere all'Università di Genova ed ivi ha occupato per molti anni la Cattedra di Archivistica. Ricercatore fecondissimo nell'ambito storico, particolarmente interessato alla Liguria e. segnatamente, al Ponente, ha al suo attivo numerosi libri e miriadi di articoli sparsi su riviste varie, ivi compreso il nostro periodico. Alla sua Bussana egli ha fatto dono dell'interessante e nutritissima trilogia di volumi che abbiamo già qua e là citato: Storia di Bussana (pp. 692), I bussanesi, famiglie, tradizioni, dialetto (pp. 316), Bussana dall'antico al nuovo paese (pp. 348).

Due grossi volumi antologici di scritti editi ed inediti sono stati pubblicati postumi a cura della Provincia di col titolo Un cinquantennio di attività per la storia del ponente ligure e ad essi ne sono stati aggiunti altri due a cura sia della Provincia di Imperia che del Comune di Sanremo. Di questi ultimi, per iniziativa della Famija Sanremasca, è stata fatta la presentazione a Villa Nobel il 12 ottobre 2007, vigilia della festa di San Romolo, tanto cara al Calvini. «Nella sua lunga militanza ‑ scrive di lui A. Avena presidente delI'Associazione culturale "Comunità di Villaregia" ‑ ha saputo trasmettere a generazioni di lettori e studenti una dedizione al documento che in tempi di offuscamento della memoria non può non venire ricordata come lezione etica altissima. Calvini è stato per più di cinquant'anni un infaticabile scopritore e divulgatore di fonti. Una bella persona che pur professava l'umiltà scientifica come una divisa».

F.P.